APAMEA (Siria)




Apamea sorge sulla riva destra del fiume Oronte, in Siria, a circa 50 chilometri a nord ovest di Hama e fu abitata fin dal Neolitico da una popolazione stanziale dedita all'agricoltura, proseguendo nell'età del bronzo antico e medio, come dimostrano i ritrovamenti di selci lavorate, frammenti ceramici a disegni geometrici e dalle tombe con ricchi arredi. 

La città venne costruita da Seleucos Nikator ( 358 a.c. circa –281 a.c.), primo re seleucida (300 a.c.), prima diadoco di Alessandro Magno e poi primo sovrano dell'impero seleucide, che da lui prese il nome.
Successivamente divenne una città greca con struttura ortogonale, struttura mantenuta anche quando divenne romana e poi bizantina.  Il centro può probabilmente essere identificato con Nija, località menzionata in testi egizi ed ittiti del XVI secolo a.c. e del XV secolo a.c.. 

PLANIMETRIA DEL SITO ARCHEOLOGICO
(INGRANDIBILE)
Nel corso degli scavi è stata scoperta una stele ittita su cui era scritto che la città era "stata fondata dal re Orhilina di Hamath" (oggi Hama). - In seguito, assieme a tutta la Siria, fu occupata dai Persiani, che la rinominarono Pharnake.

Dopo l'accordo di Triparadeiso, la spartizione dei territori conquistati da Alessandro Magno tra i suoi generali (diadochi), in cui stabilirono la ripartizione delle loro satrapie, Apamea fu occupata dai macedoni e ribattezzata per un breve periodo Pella (320-300 a.c.) divenendo la capitale di Apamene.

- Nel 300 a.c., dopo la Battaglia di Ipso, avvenuta tra i successori di Alessandro Magno nel 301 a.c., Seleuco I Nicatore, fondatore della dinastia seleucide, fece costruire nel 300 a.c. sulla cima della collina, dominante la valle del fiume Oronte, l'acropoli e qui fondò una nuova città, a cui diede il nome della moglie persiana, Apama (a cui dedicò diverse città). 

Sotto i Seleucidi la città venne utilizzata come base stanziale dell'esercito, per la presenza dell'acropoli fortificata e per l'abbondanza di risorse per l'approvvigionamento delle truppe. Apamea divenne in brevissimo tempo uno dei maggiori centri del regno seleucide, sede anche della cavalleria reale.

- Mantenne la sua importanza, come base militare e commerciale, anche durante il periodo romano, dopo che Pompeo l'aveva conquistata nel 63 a.c., distruggendone l'acropoli.

All'apogeo del proprio sviluppo poteva contare fino a 500.000 abitanti, inclusi gli schiavi.

MOSAICO DEI FILOSOFI - SOCRATE

- Probabilmente dopo un terremoto, l'imperatore Claudio intervenne nella ricostruzione e la rinominò Claudia  Apamea, come testimoniano alcune iscrizioni.

- Distrutta ancora da un terremoto nel 115, la ricostruzione fu iniziata da Traiano (53 - 117), che in quel periodo si trovava ad Antiochia.

L'imperatore predispose la riedificazione completa della città che, in quel periodo, vide erigere il teatro, le terme e vari templi favorendo la fioritura di arti, scienza ed economia.

- Sempre all'inizio del III secolo, sino al 231, Apamea ospitò il quartier generale della Legio II Parthica, impegnata nelle guerre contro i Sasanidi, che riuscirono a conquistare la città, nel 252/253, sotto la guida del re Shāhpur (Sapore). 

- All'inizio del IV secolo, Apamea divenne uno dei maggiori centri culturali dell'Oriente, anche per merito di Giamblico di Calcide (250 - 330 filosofo famoso) che vi diresse la scuola neoplatonica. 

- Tra il 384 e il 388 il prefetto Materno Cinegio, distrusse molti templi pagani di immenso pregio tra cui anche la sede dell'oracolo di Zeus Belos, famosissimo e meta di lunghi pellegrinaggi, che già l'imperatore Settimio Severo, all'inizio del III secolo, era uso interpellare. Nel suo fanatismo fece anche promulgare leggi antisemite.

- Dopo la divisione dell'impero, Apamea divenne capoluogo della provincia Syria Secunda e arcivescovado metropolitano, conobbe nel corso del V secolo un notevole sviluppo, ma poi, come tutte le città della Siria del nord, dovette subire vari assalti da parte dei persiani e, nel corso del VI secolo, fu colpita da due gravi terremoti e fu ricostruita da Giustiniano (482 - 565).

- Nel 636 fu conquistata praticamente senza colpo ferire dagli arabi del califfo Khalid ibn al-Walid, che pian piano ripristinarono la cittadella fortificata sull'acropoli, che permise loro di resistere ai bizantini che tentarono invano di riconquistare Apamea. 
Divenne di nuovo al tempo dei crociati e dal XX secolo una quadruplice sede titolare cattolica.



LA STORIA

Dopo la conquista della regione da parte di Alessandro Magno e le successive guerre tra i suoi generali, e secondo la nuova interpretazione di un mosaico di Apamea scoperto nel 2011, proposta da Olszewski e Saad, la fondazione di Pella, il campo militare macedone (katoikia) ebbe luogo nell'autunno del 320 a.c., subito dopo il trattato di Triparadeisos (320 a.c.) su iniziativa di Antipatro, e l'ispirazione di Cassandro. 

Gli autori pertanto non concordano con le ipotesi precedenti che attribuiscono la fondazione di Pella ad Alessandro Magno o ad Antigonos I Monophtalmos. Comunque dal 300 a.c. circa, Pella divenne una polis, fu fortificata e stabilita come città (polis) da Seleuco che le diede il nome della sua moglie bactriana, Apama figlia del signore della guerra Sogdiano Spitamenes. 

Il sito era racchiuso in un'ansa dell'Oronte che, con il lago e le paludi, gli diede una forma peninsulare da cui il suo altro nome di Cherronêsos. Si trovava in un crocevia strategico per il commercio orientale e divenne una delle quattro città della tetrapoli siriana. 

Seleuco ne fece anche una base militare con 500 elefanti e un armamento equestre con 30.000 cavalle e 300 stalloni. Dopo il 142 a.c., il pretendente Diodoto Trifone fece di Apamea la base delle sue operazioni.

Q. Aemilius Secundus fece un'indagine sulla popolazione della città e del territorio che le apparteneva nel 6 d.c., in cui contò "117.000 hom(ines) civ(ium)" - 117.000 esseri umani cittadini, una cifra che è stata interpretata come una popolazione totale di 130.000 o 500.000, a seconda dei metodi utilizzati.

Nel 64 a.c., Pompeo marciò verso sud dai suoi quartieri d'inverno probabilmente ad Antiochia o nelle vicinanze e rase al suolo la fortezza di Apamea quando la città fu annessa alla Repubblica Romana. Nella rivolta della Siria sotto Quinto Cecilio Basso, resistette contro Giulio Cesare per tre anni fino all'arrivo di Cassio nel 46 a.c. 

Allo scoppio della guerra giudaica, gli abitanti di Apamea risparmiarono gli ebrei che vivevano in mezzo a loro e non volevano che fossero uccisi o condotti in cattività. Apamea fu brevemente catturata nel 40 a.c. dalle forze pompeiano-partiche. Gran parte di Apamea fu distrutta nel terremoto del 115 d.c., ma fu successivamente ricostruita.




IL MONOFISISMO

Apamea divenne un centro di studi filosofici e vi si affermò il monofisismo (affermazione della natura unica di Cristo) che dalla Chiesa di Roma venne dichiarato falso e quindi eretico, affermando il diofisismo come unica tesi vera della cristologia. 

E' considerato falso anche il titolo di christotokós (madre di Cristo) attribuito a Maria, che la Chiesa riconosce invece come theotókos (madre di Dio). L'appellativo di christotokós le veniva rivolto dai nestoriani, l'opposto dei monofisiti, in quanto nella loro dottrina le due nature, umana e divina, di Gesù Cristo non possono coesistere.

Alla fine del IV secolo Apamea divenne sede di un importante vescovado e vi fu costruito un santuario per custodire una reliquia ritenuta preziosissima: la Vera Croce (quella su cui sarebbe stato crocefisso il Cristo). Dopo i terremoti del VI secolo un nuovo complesso di edifici cristiani comprendente una cattedrale sostituì il santuario.

Nel 392 l'imperatore Teodosio dichiarò la fede cristiana l'unica religione dell'Impero Romano, facendone cioè la religione di stato, pena la morte e la confisca dei beni alla famiglia per chi non si convertiva nella convinzione che questa decisione avrebbe portato l'unità e rafforzato l'impero.

Ma non ottenne il successo sperato, perchè le diverse sottigliezze teologiche causarono tali animosità tra i seguaci di diverse dottrine, che gli arabi furono quasi ben accetti quando conquistarono Apamea e l'intera Siria dopo la battaglia di Yarmouk del 636.

ROMOLO E REMO


IL SITO

Molti dei resti di Aphamea, sono di epoca romana e bizantina. Il sito si trova a circa 55 km (34 mi) a nord-ovest di Hama, in Siria. Apamea è città greca, poi romana, persiana e dei Macedoni, che la ribattezzarono Pella; due terremoti la rasero al suolo nel 1100, e fu ritrovata dai belgi, dopo secoli di disinteresse, nel 1925. Conserva ancora importantissimi reperti.

I predatori non hanno trascurato un solo metro quadro di terreno. Si può solo immaginare l’immensa quantità di reperti accumulati in 25 secoli, dai primi insediamenti ai terremoti che rasero al suolo la città nel XII secolo, e ormai dispersi. Ittiti, persiani, macedoni, greci, romani, bizantini, arabi e crociati lasciarono sul posto il loro segno e i loro manufatti. Un altro tesoro polverizzato, sacrificato alla guerra.

Le campagne archeologiche hanno avuto un buon successo nel trovare mosaici pavimentali che, grazie alla solida tecnica di posa, hanno resistito alle ingiurie del tempo. Le province romane della Siria e dell'Africa (Tunisia) sono quelle dove la realizzazione di mosaici pavimentali colorati ha raggiunto i suoi migliori risultati. 

HELIOS

GLI SCAVI

Il sito antico, dopo secoli di disinteresse, iniziò ad essere riscoperto da una missione di scavo belga, nel 1925, e continua ancora oggi. Infatti sono stati fatti nuovi, importanti, ritrovamenti archeologici. Autori, gli archeologi di una nuova missione universitaria belga, che hanno ritrovato muri e pavimenti risalenti a diverse fasi storiche di Apamea.

 
I RESTI

La cittadella presenta vaste torri che guardano l'altopiano. Di interesse anche il caravanserraglio costruito dai Turchi nel XVI, trasformato oggi nel museo archeologico, dove sono conservati i mosaici.
La via colonnata era quasi sempre l’arteria principale della città e perciò vi si affacciavano gli edifici più importanti: templi, mercati, bagni, teatri, taverne, negozi.

Di relativamente intatto restano, forse, i monumenti più imponenti, certo non facili da trafugare: il colonnato che affianca il Cardo maximus, quello delle terme; le rovine del teatro, della Porta di Antiochia, della Casa delle mensole; il caravanserraglio; la cittadella fortificata. 

Le strade colonnate caratterizzarono molte città del Mediterraneo orientale tra l’età ellenistica e quella bizantina (fra I sec. a.c. e V-VI sec. d.c.), senz’altro per il loro appariscente ruolo estetico, ma anche per un’importante funzione nella vita sociale, politica ed economica.   

SARCOFAGO LUNGO IL COLONNATO

LE MURA

Le mura della città sono formate da piccole pietre del periodo omayyade ed abbaside, mentre la pavimentazione emersa è costituita da grandi lastre di pietra. Una serie di pilastri marcano un'antica distruzione e ricostruzione, risalente, con tutta probabilità, al VI secolo d.c..

La città di Apamea era protetta da un muro lungo 4 miglia che includeva l'acropoli. La cinta muraria venne edificata al tempo dell'Impero seleucide, ma venne più volte modificata; si sa che fu rafforzata all'inizio del III secolo d.c. e tuttavia nel 252 i Sassanidi riuscirono ad occupare per breve tempo Apamea. 

Le mura che proteggono la parte settentrionale di Apamea furono ricostruite dall'imperatore Giustiniano (482 – 565) dopo i due terremoti del 526 e del 528. Oggi le antiche mura sono visibili principalmente nel settore nord-orientale della città.
 

 
LA PORTA DI ANTIOCHIA

È l'unica rimasta delle sette porte della città, da cui partiva la strada diretta ad Antiochia, verso nord, per cui era detta anche porta nord. Nei pressi si possono ancora ammirare alcuni tratti delle mura cittadine, lunghe oltre 6 km, dal perimetro irregolare che un tempo includevano anche la cittadella. All'interno delle mura, ma soprattutto in quest'area si vedono anche numerosi esempi di conduttore idriche in cotto. Oggi la porta risulta ostruita da cumuli di macerie causate dai terremoti.



LE TERME ROMANE

Lungo il cardo, sulla destra si trovano le rovine delle terme, un tempo accessibili dalla strada tramite
un ingresso monumentale. Durante gli scavi sono state trovate tracce di una strada ricoperta di mosaici che conduceva al complesso delle terme.

Esse furono donate alla città da Giulio Agrippa nel 116 d.c., per la splendida usanza romana dell'evergetismo, e cioè il dono al popolo di monumenti ed edifici pubblici, assieme ad un ricco corredo di statue. Esse si trovano nella zona nordorientale di Apamea, dove  sono state ritrovate quattro vasche, un gran numero di colonne circolari in mattoni e condotti termali ancora in situ sotto la superficie intatta del pavimento anch'esso in mattoni. 

Le terme, ricostruite da Traiano dopo un terremoto del 115 d.c., furono utilizzate fino al VII secolo d.c.. Sempre alla stessa epoca risale il cardo maximus di Apamea, che taglia la città in due per una lunghezza di due chilometri.



LA VIA COLONNATA

Era l'asse centrale della città ricostruita da Traiano come cardo maximus, una splendida via colonnata che tagliava Apamea da nord a sud, dalla porta di Antiochia a quella di Hama, per una lunghezza di
circa 2 km ed una larghezza di 37,5 m, maggiore delle vie di Palmira e di Antiochia.

La sola carreggiata, i cui lastroni conservano ancora i segni del passaggio dei carri, misura oltre 22 m; i portici laterali hanno una profondità di 7–8 m. Il tratto settentrionale, costruito durante i regni di Traiano e di Marco Aurelio, conserva ancora colonne con capitelli corinzi e fusti lisci, mentre il tratto meridionale ha colonne scanalate, una rarità per la Siria, che testimonia anche la ricchezza e il benessere dei suoi abitanti durante il III secolo. 



AGORA' E TEMPIO DI ZEUS BELOS

Poco prima dell'incrocio con il decumano massimo i porticati delle grandi colonne presentano scanalature a spirale con andamento inverso da una all'altra. Tre di queste colonne avevano mensole dove erano poste le statue degli imperatori Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio Vero, probabilmente in bronzo. 

Qui si trovava l'agorà su cui si affacciava il magnifico tempio di Zeus Belos. Nel 386 d.c., il tempio fu fatto radere al suolo dal vescovo Marcello, demolendo uno dei più belli monumenti dell'epoca.



NINFEO

Poco prima di raggiungere il decumano massimo si arriva al ninfeo.



DECUMANUS MAXIMUS

Oggi il decumano massimo coincide con una strada asfaltata, lungo la quale si trovano i resti di una
villa romana, La casa delle mensole, con imponente ingresso ed un cortile colonnato.

Dall'altra parte del decumano sorge una cattedrale del V secolo. Si tratta di una chiesa a pianta centrale quadrilobata, prolungata da una cappella sul lato orientale. La pianta ha la forma tipica dei martyrion ed effettivamente nella chiesa era conservata una reliquia della Santa Croce.
 


TEATRO

Trasformato in fortezza durante il Medioevo, fu poi usato come cava di pietra; ora ben poco delle
originarie gradinate, anche se la struttura è ancora visibile. Di dimensioni notevoli, circa 139 m di
diametro, era il più grande teatro della Siria romana ed uno dei maggiori del mondo antico, più grande
perfino di quello di Bosra, con una capacità stimata di oltre 20.000 posti.



MUSEO

Situato in un khan ottomano ben conservato che una volta offriva alloggio ai pellegrini in viaggio verso
la Mecca, questo piccolo museo mostra alcuni reperti della città vicina, tra cui diversi bei mosaici e
alcune sculture. Sul cortile, c'è una collezione di lapidi di legionari romani, che potrebbero essere stati
uccisi in azione durante la guerra civile tra Macrino ed Eliogabalo (218).

Il museo contiene una interessante raccolta di mosaici romani e bizantini, tra i quali i più significativi
sono Socrate che siede tra i sapienti e la Vittoria di Cassiopea sulle Nereidi, entrambi rinvenuti al di
sotto del pavimento della Cattedrale, appartenenti ad un precedente edificio non cristiano.

La simbologia dei due mosaici va interpretata nell'ottica della filosofia neoplatonica, che aveva in
Apamea una celebre scuola. Numerosi altri mosaici, provenienti anche dal vicino villaggio di Huarte, sono esposti nel museo. Come le rovine di Apamea stessa, il museo di Apamea potrebbe essere stato saccheggiato durante la guerra civile siriana. 



I MOSAICI

Il grande mosaico di cui la figura sopra decorava il triclinio, la sala da pranzo di una ricca casa patrizia, molto probabilmente quella di un governatore della città. La sua forma rettangolare con un'abside, dove il padrone di casa e i suoi parenti più stretti o i suoi ospiti più importanti si sdraiavano sui divani, si può notare in molte altre parti dell'Impero Romano tra cui Francia, Germania e Gran Bretagna.

Le terme, ricostruite da Traiano dopo un terremoto del 115 d.c., vennero utilizzate fino al VII secolo d.c.. Sempre alla stessa epoca risale il cardo maximus di Apamea, che taglia la città in due per una lunghezza di due Km.

Gli archeologi raccomandano spesso la rimozione dei mosaici pavimentali nei musei per garantirne la conservazione. Per uno scherzo del destino, la decisione di spostare questo mosaico pavimentale a Bruxelles ha portato alla sua quasi totale distruzione nel 1946, quando quest'ala del museo fu ridotta in cenere da un incendio. 

L'ampia documentazione fotografica disponibile ha permesso, con una grande pazienza e abilità, la ricostruzione accurata del mosaico che, a causa delle sue dimensioni, non ha potuto essere rimosso in tempo.

Una cornice decorativa circonda una serie di scene di caccia che sono rappresentate in cinque file su uno sfondo bianco, simile a quello che si può notare nel mosaico pavimentale del Grande Palazzo di Costantinopoli. 

LA CASA DEI CONSOLI

Il mosaico è datato approssimativamente all'inizio del V secolo, quando Apamea aveva completamente adottato la fede cristiana, ma le scene di caccia, che erano molto spesso rappresentate nei mosaici pavimentali del periodo pagano, erano considerate adatte anche per una società cristiana.

La caccia era infatti considerata un'attività che evidenziava il coraggio del cacciatore e la sua abilità mentre le bestie selvatiche potevano essere ampiamente maltrattate e uccise per puro divertimento. I ricchi proprietari terrieri spesso decoravano le loro ville con scene simili in molte parti dell'Impero, per esempio in Algeria.

Queste scene di caccia non sono molto diverse da quelle che si possono vedere nei mosaici e nei sarcofagi della parte occidentale dell'Impero, se non fosse per la rappresentazione di cacciatori che usano l'arco per uccidere grandi animali. 

Questo modo di cacciare era radicato nella regione perché assiri e persiani erano arcieri molto abili e i Parti erano noti per i loro colpi all'indietro a cavallo. I Romani reclutarono arcieri nelle loro province orientali per integrare la potenza dei loro eserciti. Le ombre e alcuni alberi e cespugli sparsi danno un senso di prospettiva alle scene, simile a quello che si può vedere nei mosaici della "scuola africana".

IL MUSEO GIA' CARAVANSERRAGLIO

LA PERDITA INSANABILE

Tutto il resto di Apamea, in Siria, lungo il mitico fiume Oronte, è perduto. Le bande di predoni che la guerra civile nel Paese siriana ha lasciato libere di muoversi senza disturbo hanno razziato con meticolosità pressoché scientifica l’antichissima città greco-romana sulle rive dell’Oronte.

A rivelarlo sono due serie di foto satellitari scattate da Google Earth a dieci mesi di distanza: il 20 luglio 2011 e il 4 aprile 2012. Le ha confrontate e analizzate Ignacio Arce, responsabile della missione archeologica spagnola in Giordania. 

La prima mostra un’estensione di territorio uniforme, indisturbato, riarso dall’estate, su cui spiccano solo i rilievi dei monumenti maggiori. Nella seconda il terreno erboso appare perforato da migliaia e migliaia di buche, sconvolto, depredato da cima a fondo.


BIBLIO

- M. Titien Olszewski, H. Saad - Pella-Apamée sur l'Oronte et ses héros fondateurs à la lumière d’une source historique inconnue: une mosaïque d’Apamée - M. P. Castiglioni, R. Carboni, M. Giuman, H. Bernier-Farella (eds.) - Morlacchi University Press - Padoue - William Smith (editor) - 2018 -
- Finlayson, Cynthia - Uncovering the Great Theater of Apamea - Popular Archaeology - Archived from the original - 2012 -
- Giuseppe Flavio - Bellum Judaicum - II -
- Michael Peppard - Mosaics from a Church in the Diocese of Apamea, Syria - 2014 -
- A.D. Jean Ch. Balty - Apamea in Syria in the Second and Third Centuries  - The Journal of Roman Studies Vol. 78 - Published by: Society for the Promotion of Roman Studies - 1988 -



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