Come già introdotto nell’articolo di Ruminantia “Caglio e dintorni: come calcolare l’attività coagulante?”, l’utilizzo dei cagli è fondamentale per completare la coagulazione enzimatica, o presamica, del latte e produrre formaggi.

In questo articolo, andremo a vedere la tecnologia di estrazione che c’è alla base della tipologia di caglio da sempre più utilizzata nel processo di caseificazione del latte, ovvero, il caglio animale e la sua applicazione nel settore lattiero-caseario.

Questa tipologia di caglio, come facilmente intuibile dal nome, deriva da matrice animale. Tale prodotto viene, infatti, estratto dallo stomaco, o abomaso, di ruminanti (bovini, ovini, caprini) giovani e non svezzati.

Perché un animale così giovane?

I giovani ruminanti non svezzati si nutrono esclusivamente con latte materno, caratterizzato da una ricchezza enzimatica gastrica, particolarmente elevata e, di conseguenza, un’elevata attività coagulante.

Nei mammiferi, solo gli enzimi secreti a livello gastrico risultano essere utili per l’applicazione nel settore lattiero-caseario, mentre gli enzimi pancreatici, ovvero tripsina e chimotripsina, non lo sono a causa del loro pH alcalino e della troppo elevata attività proteolitica, ovvero di degradazione delle proteine del latte.

Classificazione delle proteasi animali

Gli enzimi gastrici sono tre, chimosina, gastrina e pepsina, ma la principale componente del caglio animale è la chimosina.

Vediamoli meglio.

La chimosina è l’enzima che predomina nello stomaco di giovani ruminanti non svezzati; si ottiene in forma pura e cristallizzata ed il suo accumulo è dovuto alle varie precipitazioni in presenza di cloruro di sodio. L’attività coagulante della chimosina risulta essere molto elevata, circa 10 milioni di unità Soxhlet/grammo di proteina.

La secrezione della chimosina avviene nello stomaco dei ruminanti come prochimosina, la sua forma inattiva; tuttavia, l’attivazione dell’enzima proteolitico si sviluppa attraverso una reazione di catalisi accelerata per presenza di ioni H+, il tutto a pH molto acido di circa 2. Durante il processo di attivazione della prochimosina, i peptidi basici del proenzima si staccano dalla parte N-terminale causando un abbassamento del punto isoelettrico da 5.0 a 4.7.

Per poter compiere ottimamente la sua attività di degradazione proteica, la chimosina deve essere a pH 4, mentre la sua attività cessa quando il latte arriva ad avere un pH alcalino. Inoltre, questa proteasi animale risulta essere particolarmente idrofila allo stato amorfo, in presenza di Sali, mentre nella sua forma cristallina la solubilità si riduce.

A livello chimico è possibile andare a dividere la chimosina in tre iso-enzimi: la chimosina A, la chimosina B e la chimosina C, minore rispetto alle altre due. La forma A della chimosina, risulta essere la più attiva rispetto alla forma B, nonostante la difficile distinzione tra le due.

Il secondo enzima contenuto nell’abomaso è la pepsina, predominante nello stomaco dei ruminanti svezzati, principalmente bovini, nota nel caso di questi animali come pepsina II o pepsina A. La forma di pepsina I o B è minoritaria nei bovini, infatti, la sua estrazione copre appena il 15% dell’attività coagulante totale.

La terza tipologia di enzima riscontrabile nel caglio animale è la gastrina, ovvero la pepsina I, descritta in precedenza.

Estrazione dei cagli animali

Ma vediamo la tecnologia che c’è alla base del processo di estrazione di questo caglio.

Commercialmente è possibile ritrovare i cagli animali in forme diverse; in pasta, in forma liquida o in polvere, ma la tipologia più utilizzata rimane quella liquida, ottenuta attraverso la macinazione a freddo della mucosa gastrica con l’aggiunta di una soluzione acquosa contenente sali, conservanti e stabilizzanti. Le forme commerciali di caglio sono state ampiamente affrontate nell’articolo di Ruminantia “La coagulazione del latte e le tipologie di caglio“.

Come abbiamo già detto, per caglio animale si intende l’insieme di enzimi estratti da pellette di giovani ruminanti non svezzati. Industrialmente il caglio si estrae per un processo di macerazione dei frammenti gastrici essiccati o congelati con una salamoia al 10% di NaCl, con aggiunta di antisettici in bassissime quantità.

La velocità di estrazione dipende dal pH del mezzo: se il pH risulta essere acido, intorno a 4, l’estrazione risulterà rapida, tra 10 e 20 ore a temperatura ambiente, circa 20°C. La tempistica di estrazione è fondamentale: se il processo di macerazione risulta essere troppo lento, si potrebbe verificare il rischio di insorgenza di microrganismi.

Tuttavia, il succo grezzo viene purificato attraverso un processo di filtrazione che consente l’eliminazione dei metaboliti non necessari.

La purificazione è preferibile che avvenga come secondo step, a seguito di una prima chiarificazione chimica per l’eliminazione di proteine non attive contenute nel mezzo.

Il processo di estrazione prosegue con l’eluizione del succo con fosfato, in modo da consentire l’eliminazione anche dei microrganismi presenti. Da tale processo si ottiene un estratto grezzo di color oro, avente una elevata percentuale di chimosina, circa l’80%, e una percentuale più bassa di pepsina, circa il 20%.

Quali sono le fonti animali?

Il caglio di origine animale più commercializzato è sicuramente quello estratto da Bos taurus contenente varianti genetiche della chimosina, ovvero la A, B 15 e C, uguali tra loro dal punto di vista caseario.

I ruminanti sono, dunque, la fonte principale di chimosina, ma non sono gli unici animali da cui si estrae il caglio.

Da qualche anno è diffusa l’estrazione di pepsina di pollo che viene adoperata in molti paesi e che presenta un grande interesse economico per la elevata diffusione di pollame congelato. Il caglio da pollame presenta un’attività coagulante particolarmente spiccata; risulta infatti più proteolitico di quello da vitello, motivo per cui quando sostituito a quello bovino, il suo utilizzo deve risultare massimo del 30%.

Tra gli animali di derivazione degli enzimi proteolitici necessari al processo di coagulazione, sicuramente i suini occupano una posizione importante. Dal loro caglio si produce un formaggio particolare, il Pecorino di Farindola ottenuto utilizzando esclusivamente caglio di suino in forma liquida.

Un ulteriore caglio che sicuramente merita attenzione, è quello di cammello. Questo prodotto viene utilizzato per la realizzazione di formaggi particolari come quello derivato dall’utilizzo di latte d’asina, ovvero l’”Asinino Reggiano”.

Nonostante l’elevata efficacia di coagulazione dei cagli animali, la limitata disponibilità e il sorgere di nuove abitudini alimentari, come le diete vegane, sta portando alla diffusione dei cagli di origine vegetale.

Sono proprio i cagli vegetali l’argomento che tratteremo nel prossimo articolo del focus “Caglio e dintorni”.

 

Bibliografia:

Alais, C. (2000). Scienza del latte. Tecniche nuove.

Liburdi, K., Spinelli, S. E., Benucci, I., Lombardelli, C., & Esti, M. (2018). A preliminary study of continuous milk coagulation using Cynara cardunculus flower extract and calf rennet immobilized on magnetic particles. Food chemistry239, 157-164.

 

Leggi tutti gli articoli del focus:

  1. Caglio e dintorni: come calcolare l’attività coagulante?
  2. Caglio e dintorni: il caglio animale
  3. Caglio e dintorni: la frontiera dei cagli vegetali
  4. La fattoria Ottopassi si racconta a Domus Casei: il caglio vegetale per un prodotto tradizionale
  5. Caglio e dintorni: i microbici e da chimosina ricombinante
  6. Caglio e dintorni: Chr. Hansen da circa due secoli sviluppa caglio ed enzimi coagulanti adatti a numerose applicazioni casearie