Il formaggio deriva dal processo di trasformazione del latte che deve essere prima convertito in cagliata, ovvero in una massa gelatinosa che forma un reticolo nelle cui maglie vengono intrappolati i globuli di grasso e il siero, che poi verrà espulso. Questo processo viene definito caseificazione, che prosegue con la maturazione della cagliata. Per ottenere tale procedimento si possono adottare varie tecniche di coagulazione (presamica, acida, acido-termica, acido-presamica) utilizzando diverse tipologie di caglio: animale, vegetale e microbico. 

Come Domus Casei, rubrica vicina all’ambiente lattiero-caseario, abbiamo deciso di offrire una panoramica  della realtà tecnologica che sta dietro un buon formaggio. In questo articolo tratteremo la coagulazione e i diversi tipi di caglio.

Coagulazione presamica e caglio animale

La coagulazione presamica è una delle modalità con cui si ottiene la cagliata. Tale processo consiste nell’aggiungere al latte (30-37°C) il caglio, il quale destabilizza e fa precipitare le micelle caseiniche, che si aggregheranno in presenza di Ca2+ (calcio), formando un coagulo compatto (cagliata). Il caglio animale (conosciuto anche come presame) è un complesso multi enzimatico composto da proteasi, ricavato dall’abomaso dei giovani ruminanti, quali vitelli, agnelli o capretti, che vengono abbattuti prima dello svezzamento. Il caglio animale è l’unico che può essere utilizzato per produrre le principali DOP di eccellenza italiane, quali Parmigiano Reggiano, Caciocavallo Silano, Pecorino Romano e Castelmagno. I principali enzimi contenuti nel caglio sono la chimosina (95%), che è l’agente coagulante più utilizzato, e la pepsina (5%). Queste proteasi vanno a rompere il legame nella micella caseinica fra la porzione idrofila (k-caseina, principale substrato su cui vanno ad agire) e quella idrofoba (caseina α e β), formando così la cagliata. Il caglio si può trovare sotto diverse forme:

  • In pasta: deriva dalla stagionatura dell’abomaso con all’interno il latte coagulato e un pool enzimatico, costituito da chimosina e pepsina, impastati con diversi ingredienti, fra cui NaCl, farina ed aceto. Possiede sia un elevato contenuto microbico che di lipasi; queste ultime vanno ad agire sul grasso del latte promuovendo la liberazione di acidi grassi liberi, che conferiscono al formaggio un caratteristico sapore piccante. 
  • Liquido: è un infuso acquoso di colore marrone ed aroma caratteristico, ottenuto dagli stomaci dei ruminanti, a cui viene aggiunto acido cloridrico o citrico per ridurre il pH, e i conservanti (sale e sostanze ad azione antisettica), per migliorarne la stabilità microbiologica e funzionale. 
  • In polvere: è un infuso acquoso concentrato ed essiccato. Si ottiene aggiungendo sale al caglio liquido finché non si raggiunge il punto di saturazione, consentendo alla chimosina di precipitare, per poi essere miscelata al sale ed essiccata. Questa tipologia di prodotto presenta un contenuto in chimosina molto elevato (>95%), che risulta particolarmente adatto a produrre formaggi duri a lunga stagionatura, come ad es il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano.

Caglio vegetale

Negli ultimi anni ha guadagnato sempre maggior visibilità il caglio vegetale, sia per una crescente richiesta di prodotti vegetariani, sia per motivazioni religiose, e anche perché la domanda di prodotti caseari è in continua crescita e l’industria non riesce a stare al passo nella produzione di cagli animali. Quella della coagulazione a partire da matrici vegetali è una metodologia antica, tradizionale dell’area mediterranea. Gli antichi Romani, infatti, utilizzavano il caglio proveniente dal cardo per ottenere formaggi freschi, da consumare in pochi giorni. Ad oggi sono molti gli studi (tra cui “Valutazione della capacità di coagulare il latte da parte di tre tipi di caglio vegetale“) che si occupano di verificare la qualità e le tempistiche di coagulazione del latte a partire dal caglio vegetale. Le proteasi ficina, cardosina e papaina, e recentemente anche la bromelina (ottenuta dalla pianta dell’Ananas) sono estratte a partire da lattice, radici, semi e fiori delle piante: Fico, Cardo e Papaya. I cagli vegetali hanno la capacità di idrolizzare la κ-caseina portando alla formazione della cagliata, ma anche in parte all’idrolisi della β-caseina. Si è constatato che tra gli estratti vegetali quello più funzionale è la cardosina, caratterizzata da una lunga storia, che permette l’ottenimento di formaggi ben formati, ma anche con la ficina si ottengono ottimi risultati prodotti diversi formaggi. È sicuramente vero che il caglio microbico o quello animale sono di più facile utilizzo e meno dispendiosi, ma è anche certo che il caglio vegetale possiede una valenza importante dal punto di vista delle tradizioni locali e del miglioramento del benessere animale. In particolare è in Spagna e Portogallo che la tecnica del caglio vegetale è maggiormente usata per la produzione di vari formaggi, specialmente di pecora e capra. Analizzando il caglio ottenuto dal cardo, la sua capacità coagulante è molto simile a quella del caglio animale. La preparazione inizia con il prelievo dalle foglie poste a contatto con l’acqua. L’estratto del cardo possiede due enzimi: cardosina A e cardosina B, che in termini di idrolisi hanno proprietà simili a quelle della chimosina e della pepsina, rispettivamente. Dunque il processo è analogo. I formaggi italiani più noti prodotti a partire dal caglio vegetale sono: il Caciofiore di Columella, di lunga storia e tradizione, diventato anche presidio Slow Food (per sapere cosa siano i presidi leggi l’articolo”Slow Food e il progetto di valorizzazione dei formaggi naturali“), e il Fiore Sardo DOP. La produzione di formaggio a partire dal caglio vegetale non è ancora molto diffusa a livello indistriale, per cui per assaggiare un formaggio totalmente vegetariano è necessario recarsi presso piccoli produttori artigianali e locali, che spesso conservano ricette antiche. 

Caglio microbico

Un’alternativa al caglio animale è quello microbico. Quest’ultimo è un ottimo sostituto del presame e viene facilmente prodotto mediante un processo di fermentazione, che consente di ottenerne una disponibilità illimitata ad un prezzo inferiore. Inoltre, con questo prodotto non vi è alcun rischio di trasmissione di zoonosi e viene anche apprezzato da chi persegue una dieta vegetariano/vegana.

I cagli microbici maggiormente utilizzati sono le proteasi derivate da diverse tipologie di muffa, quali:

    • Rhizomucor miehei, una muffa termofila del suolo di cui vengono utilizzati diversi ceppi per estrarre le aspartato-proteinasi. E’ stata la prima ad essere utilizzata come sostituta del caglio animale;
    • Rhizomucor pusillus, ovvero una muffa mesofila del suolo;
    • Cryphonectria parasitica.

Tali preparati commerciali sono essenzialmente sterili, e vengono sottoposti a rigidi controlli igienici e tossicologici per scongiurare la presenza di antibiotici e aflatossine. Esistono però anche cagli microbici ricombinanti, che sono quelli ottenuti da microrganismi geneticamente modificati, come Aspergillus niger var. awamori, Kluyveromyces lactis ed Escherichia coli, da cui è possibile ricavare coagulanti di ottima qualità, che vengono molto utilizzati nei processi di caseificazione per via del basso costo e perché l’attività di coagulazione è dovuta esclusivamente alla chimosina, che consente di ottenere un caglio pregiato.

Coagulazione acida

La coagulazione può anche avvenire in modo più spontaneo, ovvero non tramite l’utilizzo del caglio ma tramite acidificazione. Questo tipo di coagulazione viene definita acida nel caso di utilizzo di batteri lattici, acido-termica nel caso in cui sia svolta a partire dall’aggiunta di acidi organici e temperature elevate, acido-presamica nel caso di tipologia mista. In ogni caso il valore di pH da raggiungere è di 4.6, momento in cui la quantità di cariche negative e cariche positive sulla micella caseinica è la stessa, si perdono gli ioni calcio e si trattengono solo quelli fosforo, le micelle precipitano, coagulano e si forma la cagliata. Per quanto riguarda la coagulazione acida molte sono le possibilità, il latte può essere lasciato acidificare con la microflora originaria, può essere inoculato con colture starter naturali, ovvero lattoinnesto o sieroinnesto, oppure con colture starter industriali, preferibilmente batteri lattici omofermentanti. L’acidificazione del mezzo attraverso la fermentazione del lattosio in acido lattico permette la coagulazione del latte. Per quanto concerne la coagulazione acido-termica, l’acidificazione del mezzo non è condotta tramite fermentazione ma tramite inserimento di acidi organici, quali acido citrico e lattico, ed elevate temperature. Con la coagulazione acida, ad esempio, si trasforma per lo più il latte in formaggi freschi e a pasta molle, mentre con quella acido-termica vengono prodotti formaggi quale il mascarpone. Esiste anche una coagulazione acido-presamica, che consiste nell’aggiungere al latte degli starter microbici e caglio in quantità limitata. Questa tecnica viene utilizzata per ottenere diversi formaggi, quali robiola e tomini.

Autori

Eleonora Fiorucci e Angela Di Berardino, Redazione Ruminantia.