Il nostro malinconico AUTUNNO

Una poesia dialettale di Antonio Villani

di Luigi Ciavarella

Abbiamo avuto da sempre la percezione dell’autunno come la bella stagione che induce alla riflessione; potente e nostalgica, sobria e seducente, con un velo di tristezza ci trasporta nella quiete delle lunghe passeggiate sui viali dagli alberi spogli come nella campagna silenziosa, con tutto il peso di quell’afflato malinconico che ne deriva. Una percezione che fa da cornice alla nostra vita, che, avvolgendoti con passione, fa splendere la memoria di luce propria. Ed ecco che il passato, prepotente, ritorna puntuale ad occupare i nostri pensieri, a riannodare ogni interstizio del vissuto, a far confluire insomma in quel dedalo di stanze comunicanti che è la nostra mente ogni ombra del passato. L’autunno ci aiuta a mettere le caselle giuste ciascuno al proprio posto.

Con il suo magnetico intercalare di simboli e quella mitezza ariosa che la sovrasta, la riflessione avviene tra noi e il nostro tempo, il vissuto che accumuna il passato, le radici e le antiche tradizioni, che Tonino Villani, poeta vernacolare, sensibile al richiamo della musa, vuole ricordarci con questi versi (dal titolo “D’Autunno”) che profumano di cose buone. Una lirica che sembra voler giocare sul filo della memoria unendo in una sola voce i colori dell’autunno, i frutti di stagione e i sapori inebrianti della nostra terra.

La campagna in questa periodo è tutto un fiorire di melograni, castagne, noci, funghi, che troviamo in abbondanza nei boschi che circondano l’abitato.

E le castagne e i melograni (“li mmurejanate”) sono i frutti che Antonio Villani eleva a simboli della stagione per celebrare il suo autunno nostalgico (“Gialle e rusciazze/cu mmurejanate/nuce e castagne”), che poi sono le stesse che vengono assunte a valore allegorico (“pure se ppòncica/tutta vè recota”), e che verranno raccolte per abbrustolirle sull’”asckacastagne”, secondo tradizione, (“sénza farele bbruscià”), con tutta la bontà che vi lascio immaginare.

Nonostante la brace del cammino nel frattempo sia stata sostituita dal calore del fornello.

(Foto: Luigi Ciavarella)

 

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