2. Sillaba
• La sillaba è una vocale o un insieme di fonemi che
includa almeno una vocale pronunciati con un’unica
emissione della voce.
• Possiamo distinguere le sillabe aperte, che finiscono in
vocale, e le sillabe chiuse, che finiscono in consonante.
• Nella scrittura poetica la divisione e il computo delle
sillabe differiscono da quelli della normale sillabazione.
La sillabazione metrica infatti considera come unità
ritmica il verso e per dividerlo si basa su figure metriche
come dialefe, sinalefe, dieresi, sineresi…
3. Sillabazione normale
Le regole per la normale divisione in sillabe (da conoscere per andare a capo quando
si scrive) sono le seguenti:
• Le vocali a, e, o + vocale tonica si dividono in due sillabe. (pa-e-se)
• Una vocale iniziale seguita da consonante (non laterale o vibrante) fa sillaba a sé.
(a-mo-re)
• Una consonante semplice fa sillaba con la vocale seguente. (ca-sa)
• Le consonanti doppie si dividono tra due sillabe. (cas-sa, ac-qua)
• I gruppi formati da s più consonante restano uniti (co-spi-ra-re, co-sto)
• I gruppi di più consonanti fanno sillaba con la vocale seguente solo se possono
trovarsi all’inizio di altre parole, altrimenti sono divisi in sillabe diverse.
es. Si divide ca-pra perché la sillaba pr- può essere l’inizio di altre parole, ma si divide cal-ma
perché lm- non può essere l’inizio di altre parole.
• Dittonghi, trittonghi, digrammi e trigrammi sono indivisibili. (a-iuo-la, pa-glia)
4. Sillabazione metrica
Oltre alle normali regole della sillabazione, in poesia (dove il
computo delle sillabe è essenziale) si applicano anche le
seguenti:
• I nessi vocale tonica + atona valgono come una sola sillaba
(sineresi) all’interno del verso, ma due alla fine (dieresi).
ma1 den2tro3 do4ve5 già6 mai7 non8 s’ag9gior10na11
pri1ma2ve3ra4 per5 me6 pur7 non8 è9 ma10i11
• Una vocale finale di parola seguita da una vocale iniziale di
parola vale come una sola sillaba (sinalefe).
Ahi1 quan2to^a3 dir4 qual5 e6ra^è7 co8sa9 du10ra11
6. Accento tonico
• A differenza del latino, dove l’accento era di tipo
melodico e determinava l’altezza tonale della voce,
l’accento in italiano è di tipo intensivo (o dinamico)
e determina l’intensità con la quale si pronunciano le
singole sillabe.
• Le sillabe accentate si chiamano toniche (e così le
vocali sulle quali cade l’accento tonico della voce).
• Le sillabe (e le vocali) non accentate si dicono atone.
7. Prosodia
Le parole di una lingua si possono classificare secondo
la posizione dell’accento rispetto alla loro ultima
sillaba:
• Parole tronche → accentate sull’ultima sillaba
• Parole piane → accentate sulla penultima
• Parole sdrucciole → accentate sulla terzultima
• Parole bisdrucciole → accentate sulla quartultima
• Parole trisdrucciole → accentate sulla quintultima
8. Metrica
In poesia il tipo di verso non deriva direttamente dal
numero delle sue sillabe, ma dai suoi accenti principali:
• Endecasillabo a maiore → su 6a e ultimo su 10a
• Endecasillabo a minore → su 4a e ultimo su 10a
• Novenario → su 2a, su 5a e ultima su 8a
• Ottonario → su 3a e ultima su 7a
• Settenario → su una delle prime quattro e ultimo su 6a
• Quinario → su una delle prime due e ultimo su 4a
9. Accento grafico
• L’accento grafico può essere scritto, per ragioni di
chiarezza, su alcune parole polisillabe per distinguerle da
altre omografe come àncora e ancòra o sùbito e subìto…
In italiano le regole ortografiche impongono l’accento
grafico obbligatorio nei seguenti casi:
• Parole tronche bisillabe e polisillabe
• Monosillabi uscenti in dittongo: può, più, giù, già, ciò
• Alcuni monosillabi che vanno distinti da omografi con
diverso significato grammaticale (vedi tabella seguente)
10. NON ACCENTATO ACCENTATO
preposizione → da dà ← verbo
preposizione → di dì ← nome
congiunzione → e è ← verbo
articolo / pronome → la là ← avverbio
pronome → li lì ← avverbio
pronome → ne né ← congiunzione
congiunzione → se sé ← pronome
pronome → si sì ← avverbio
pronome → te tè ← nome
Accento distintivo
sui monosillabi omografi
11. Accento grave, acuto, circonflesso
L’accento grafico si può distinguere in grave e acuto:
• L’accento grave (per es. è) viene messo sui grafemi che
rappresentano [a], [i], [u] e su [ɛ], [ɔ] aperte.
• L’accento acuto (per es. é) viene messo sui grafemi che
rappresentano [e] e [o] chiuse (perché, finché, sé, né…).
• L’accento circonflesso (per es. î), ormai in disuso, segnala
graficamente la vocale [i] alla fine di nomi e aggettivi con
plurali terminanti in -io (principio/principî; vario/varî).
Raramente si può trovare anche in prestiti dal francese (crêpe)
o in parole poetiche (tôrre, verbo togliere).
12. Intonazione
• Nella lingua parlata anche l’intonazione degli
enunciati può mediarne il significato. L’andamento
intonativo di una frase è detto tonìa.
Si possono distinguere almeno tre diverse tonìe:
• Tonìa discendente → per es. enunciati assertivi
• Tonìa ascendente → per es. enunciati interrogativi
• Tonìa sospensiva → per es. enunciati continuativi
Editor's Notes
La definizione di sillaba è molto difficile da stabilire scientificamente: può essere considerata “l’unità ritmica del linguaggio” o “un gruppo stabile e ricorrente nella catena parlata”.
In poesia si dicono dieresi i nessi tra due vocali entro una parola che valgono due sillabe e sineresi i nessi tra due vocali interne che ne valgono una sola.
La dialefe è il caso in cui la vocale finale di parola e l’iniziale della successiva valgono due sillabe e la sinalefe è il caso in cui ne valgano una sola.
La regola per i gruppi consonantici è in realtà spiegata dalla regola “muta più liquida” per indicare i gruppi consonantici costituiti da un’occlusiva (p, b, t, d, k, g) o da una fricativa labiale (f, v) che precede una consonante liquida (l, r).
il nucleo di una sillaba è sempre una vocale. Le consonanti che la precedono sono dette attacco; quelle che la seguono sono dette coda.
Dittonghi e trittonghi sono gruppi di vocali che indicano rapidi passaggi fonetici. In italiano si formano con [i] e/o [u] in posizione atona e una vocale in posizione tonica.
Digrammi e trigrammi sono gruppi di grafemi che rappresentano singoli fonemi, dunque sono indivisibili foneticamente.
Un’altra importante figura metrica è la dialefe (che spesso si realizza con una vocale tonica a fine fine di parola davanti a una vocale atona che contano come due sillabe). Tale figura è stata evitata da Petrarca in poi, soprattutto dal Cinquecento.
Esistono altre e complesse le regole per il computo metrico delle sillabe che qui non si trattano per necessità di sintesi.
Il lessico di ogni lingua tende in prevalenza ad una di queste categorie. L’italiano, per esempio è una lingua piana, perché la maggior parte delle sue parole ha l’accento tonico sulla penultima sillaba.
Le parole bisdrucciole sono molto rare in italiano (per es. scìvolano) e quelle trisdrucciole sono limitate alle forme verbali composte con pronomi atoni enclitici (per es. vìncolameli).
Si dicono anche ossitone (tronche), parossitone (piane), proparossitone (sdrucciole).
La nostra versificazione italiana non deriva direttamente da quella latina, bensì da quella provenzale e francese medievale.
Per esempio l’endecasillabo italiano deriva dal décasyllabe francese e ne ricalca l’ultimo accento sulla 10a sillaba (che in francese, lingua tronca, è l’ultima, mentre in italiano, lingua piana, è la penultima). Infatti esistono(soprattutto nella poesia popolare) endecasillabi di 10 sillabe (se finiscono con parola tronca) o di 12 (se finiscono con parola sdrucciola).
Decasillabo (3a-6a-9a), novenario (2a-5a-8a) e senario (2a-5a) si sono stabilizzati su accentazioni fisse intorno al Settecento, prima i loro accenti erano variabile ma il loro uso molto scarso.
L’accento acuto (/) si scrive sulla [e] chiusa e quello grave (\) in tutti gli altri casi.
Qui e qua non vanno accentati perché non includono dittonghi e non hanno omografi.
Va, fa, sta non vanno accentati perché non hanno omografi.
I nomi delle note musicali non vanno accentati.
Normalmente l’uso obbligatorio dell’accento acuto è limitato alla è chiusa a fine parola.
La segnalazione grafica di accenti gravi/acuti all’interno di parola è opzionale e serve a distinguere parole altrimenti omografe (come bótte, il contenitore, e bòtte, le percosse; chiése, verbo e chièse, plurale di chiesa).
Ogni enunciato che pronunciamo si compone di tratti o gruppi tonali che oltre a segnalare l’atteggiamento del palante (e determinare quindi il tipo di enunciato) evidenziano il tema (ovvero la parte “nuova” dell’informazione) e indicano la chiave interpretativa del tono (scherzoso, lamentoso, iroso…).
L’intonazione delle diverse tipologie di frasi è strettamente legata alla variabile diatopica (toni e cadenze variano di regione in regione).