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SCIENZA E POLITICA - I VOLTI DELL’ARROGANZA
Parte seconda
LA SCIENZA E LA RICERCA DELLA VERITA’
Abbiamo avuto modo di analizzare i motivi per i quali si possa ritenere
esistere una forma di arroganza nell’idea di “Politica”, a questo punto occorre
riflettere se esiste un’arroganza nella scienza e, soprattutto, nella sua
gestione e se questa ha una qualche corrispondenza con quella della politica.
Questo è ancora più urgente oggi, con una epidemia che si è trasformata
in pandemia e che ha determinato una sorta di abdicazione dei principi di
Democrazia Liberale e di Stato di Diritto a favore di una tecnostruttura
burocratica, costituita dai cosiddetti esperti.
Virologi, epidemiologi ed altri –logi sono assurti a dominus delle nostre vite,
molte volte in conflitto fra di loro, senza permettere una comprensione
oggettiva del problema, ma alimentando solo la Paura, di cui il Potere Politico
si è fatto megafono per approvare molte norme contraddittorie fra di loro, ma
aventi, come unico fine, la compressione dei nostri diritti e delle nostre libertà.
Occorre definire, intanto, quali possono essere i punti di contatto fra
scienza e politica.
Sicuramente dobbiamo notare come la Politica, intesa come dottrina e non
come azione, rappresenta un sottoinsieme dell’insieme più generale delle
discipline scientifiche.
Al di là di questo, l’aspetto che, in questo contesto, riveste un certo
interesse è quello che consente di verificare se, in ambito scientifico, si possa
parlare o meno di scienza assoluta, esattamente come parliamo di politica
assoluta.
Apparentemente le scienze, essendo basate sulla necessità di verifica
sperimentale delle teorie, dovrebbero risultare esenti da fenomeni di
assolutizzazione.
In realtà, come ci insegna la storia della scienza, molte volte il fattore
sperimentale si è trovato a scontrare con altri elementi apparentemente
estranei, ma determinanti nel condizionare lo sviluppo scientifico.
Basti pensare alla lettura dogmatica del pensiero aristotelico, dal quale
discendeva il famoso “ipse dixit”, frase che, di fatto, aveva la funzione di
troncare ogni discussione, riaffermando il dominio del pensiero del maestro
sopra ogni forma di opinione che divergesse da questo.
Nel corso dei secoli, poi, la comunità scientifica, popolata da uomini
comuni, non certo Dei, è vissuta nello scontro, anche caratteriale, delle
reciproche ambizioni degli studiosi.
Molte volte, basti ricordare Freud, teorie scientifiche che avrebbero avuto,
nei decenni e secoli seguenti, ampio sviluppo, sono state oggetto di salaci,
caustici, violenti attacchi.
Se Galileo fu costretto all’abiura, Giordano Bruno trovò la morte sul rogo,
altri vennero condannati all’ostracismo.
In tutti questi casi, il potere, costituito dall’establishment scientifico, tendeva
ad erigere le barriere contro le quali si sarebbero dovute infrangere tute
quelle concezioni e scoperte che potevano pregiudicare gli equilibri acquisiti.
Paul Davies, in un suo fortunato libro dal titolo “Gli ultimi tre minuti”, ricorda
come, fino agli anni cinquanta scarso credito fosse dato alla teoria del Big
Bang, formulata negli anni venti.
Tant’è che, come scrive, durante una lezione di cosmologia del 1968,
venero derisi coloro che, sulla base della scoperta della radiazione cosmica
di fondo e sui processi nucleari, tendevano a fornire una descrizione della
composizione chimica dell’Universo nei suoi primi tre minuti di esistenza.
Già nel 1977, comunque, prosegue Davies, quella risata non era più di
attualità, visto che i cosmologi erano andati avanti proprio nella descrizione
degli effetti del Big Bang, e la scienza va avanti, fino a Stephen Hawking,
l’autore del famoso libro “Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”.
Oggi potremmo pensare che l’ideologizzazione della scienza appartenga al
passato, che, semmai, altri siano i fattori, economici e politici, che
determinino dei legami per una scienza che, libera, sarebbe i grado di
spiegare tutti i fenomeni terreni.
Sicuramente determinanti appaiono i problemi legati al finanziamento delle
ricerche scientifiche, in qualsiasi campo queste avvengano.
Poiché la tecnologia consente di abbattere barriere che sembravano
insormontabili, gli scienziati possono disporre oggi, teoricamente, di mezzi tali
da consentir loro di poter verificare tutto quello che vogliono.
In realtà, questi mezzi tecnologici sono disponibili, ma a costi esorbitanti,
creando così la necessità, da parte della scienza, di cercare un
compromesso con chi detiene i mezzi necessari per poter acquistare queste
tecnologie.
In definitiva, se prima il progresso della scienza poteva essere frenato da
fattori di ordine religioso e culturale, oggi il progresso o meno della ricerca
scientifica in determinati settori è strettamente legato alla possibilità di
accedere a fonti di finanziamento, siano esse di privati che di organismi
statali.
Ciò determina, di fatto, un asservimento dello scienziato alla
programmazione economica di questi enti.
Ma, al di là di questi condizionamenti, non sono del tutto caduti i
condizionamenti di carattere ideologico, seppur attenuati rispetto al passato.
Un esempio è dato dall’ingerenza della dottrina marxiana nella ricerca
scientifica.
Engels stesso, in nome del materialismo dialettico, riproponendo lo
schema hegeliano della tesi-antitesi-sintesi, rifiutò due grandi scoperte del
suo tempo, il secondo principio della termodinamica e l’interpretazione
puramente selettiva dell’evoluzione.
Ricordiamo che il secondo principio della termodinamica, nella sua
versione più semplice, afferma che il calore passa dal caldo al freddo, in
questo passaggio si ha comunque una condizione in virtù della quale
l’entropia (ovverosia il rapporto fra energia termica e temperatura) generale
non diminuisce mai.
Al tempo della rivoluzione russa, Lenin, Zdanov e Lysenko attaccarono
con violenza gli scienziati, come i genetisti, che andavano sostenendo e
dimostrando teorie incompatibili con il materialismo dialettico.
Si badi bene che queste teorie non riguardavano la scienza economica,
bensì la biologia e la fisica.
Ma al di là di queste ideologizzazioni estreme, dobbiamo prendere atto del
fatto che la scienza è sostanzialmente divisa in due distinti settori, quello
delle scienze cosiddette ufficiali e quelle ridotte alla semiclandestinità, non
riconosciute, fonte di sberleffi e battute di sufficiente alterigia da parte degli
Scienziati con la “S” maiuscola.
Non parlo delle cosiddette pseudoscienze legate a convinzioni non
documentate né documentabili (dai no-vax all’agricoltura biodinamica) quanto
a tutte quelle ricerche filosofiche, archeologiche, storiche, che tentano di
dimostrare che esistono altri punti di vista, altre verità, altri punti di partenza
per la ricerca della verità.
pensiamo all’ostracismo decretato per le teorie e le analisi di Rene
Guenon, al complotto del silenzio sulle reali fonti di ispirazione poetica di
Dante e del circolo dei Fedeli d’Amore, la totale cancellazione, da molti
manuali di storia, del ruolo e dell’importanza dei Templari.
Eppure le conoscenze scientifiche contemporanee trovano riscontro in tanti
scritti di autori passati.
Se solo riflettiamo su quanti libri sono stati distrutti, nel corso dei secoli e
dei millenni, ci rendiamo conto del fatto che la ragione e l’umiltà ci dovrebbero
indurre a ben altre valutazioni sulle scienze non ufficialmente accettate.
Leggiamo Simon Mago, quando parla della “Spada fiammeggiante che
roteando custodisce la via dell’albero della vita” e possiamo pensare alla
struttura del DNA.
Pensiamo all’Uovo Cosmico, al Fiat Lux, al Verbo e ritroviamo la teoria
del Big Bang; riflettiamo sulle nozze chimiche di Rosenkreutz e ritroviamo
la moderna tecnica dell’inseminazione artificiale, la manipolazione degli
embrioni.
Pensiamo alle parole che sono scritte nel Kybalion, testo ermetico, e che
ritroviamo nella Kabala:
“Come è al di sopra, così è al di sotto; come è al di sotto, così è
al di sopra.”
Riflettiamo sui rapporti fra microcosmo e macrocosmo, ritroveremo molte
delle scoperte della fisica nucleare e subatomica, il percorso degli elettroni
intorno al nucleo dell’atomo che è identico al movimento della luna intorno
alla terra, della terra intorno al sole.
In cosa, però, si distinguono le scienze antiche, l’alchimia dalla scienza
moderna?
Per limitarci ad un solo aspetto, vorrei ricordare la grande strage degli
innocenti consumatasi in Gran Bretagna, allorquando, alcuni anni fa, con
poche gocce di alcol si sono distrutti migliaia di embrioni, resi fertili e
congelati.
Nessun alchimista avrebbe mai commesso un simile gesto, dettato
dal più alto disprezzo per la vita umana.
L’alchimista sapeva che ciò che è in alto è anche in basso, come è il sopra
è il sotto, che se si manca di rispetto al piccolo si disprezza anche il
grande.
L’alchimista sapeva che non si gioca con la vita, che la terra è un luogo
di passione, non è il Paradiso in Terra e che nella sua lotta con la Natura,
l’Uomo deve scoprirne i segreti per controllarla, per non esserne dominato.
Gli Alchimisti ritenevano che la Terra fosse un luogo di espiazione, dove le
anime giungono per ritrovare la propria via nel grande ciclo del TUTTO e mai
avrebbero permesso che venisse generata vita per essere distrutta, per
gioco, per calcolo, per soldi.
Questo è uno dei principali aspetti dell’arroganza della scienza, la sua
pretesa di essere svincolata da ogni aspetto morale, etico, esattamente
come la politica, che teorizza il fine che giustifica il mezzo e che riconosce
eticità al fine, ma non ai mezzi utilizzati per raggiungerlo.
Ma una scienza senza morale, senza valori, senza il supporto di un’alta
consapevolezza del proprio ruolo, è solo tecnicismo mascherato da
efficientismo, apparentemente in grado di accompagnare l’umanità verso un
futuro di progresso, in realtà determinandone il degrado e l’impoverimento.
Come la politica, anche la scienza deve riflettere sul proprio ruolo, sul
proprio futuro, sulle proprie finalità, se vuole, realmente, contribuire al
progresso ed al benessere di tutti.
Oggi si dibatte molto sui temi della bioetica, cercando di discernere i confini
entro i quali debba essere mantenuta l’azione dello scienziato nella
manipolazione genetica, nella fecondazione artificiale ed altro ancora.
Forse sarebbe necessario andare più avanti, non limitandosi al solo
problema dell’etica legata a particolari settori scientifici.
Occorre definire il vero ruolo degli scienziati nella moderna società,
discutere sulla pericolosità della diffusione di conoscenze potenzialmente
distruttive, come quelle legate alle applicazioni militari di tipo nucleare,
biologico e chimico, senza, per questo, cadere nell’oscurantismo tipico di chi,
nei secoli scorsi, costringeva i medici a far ricorso ai commercianti clandestini
di cadaveri.
In definitiva, il dibattito sul ruolo della scienza deve coinvolgere l’intera
struttura scientifica, dalla scuola alla gestione applicativa, dai metodi alle
finalità, non tralasciando il recupero della dimensione morale dell’azione dello
scienziato, che deve essere consapevole della propria dimensione umana e
rifuggire dalla tentazione di giocare al demiurgo.
Una scienza senza valori, senza riferimenti morali e culturali
consapevolmente fondati sull’esempio più alto degli alchimisti e dei rosacroce
può essere solo tecnicismo fine a se stesso, evoluzione meccanica ma
potenzialmente distruttiva della natura umana.
E questo, senza alcuna arroganza o presunzione, ma con la semplice
consapevolezza dell’enorme eredità lasciataci dai nostri predecessori, senza
riuscire, purtroppo, a renderci immuni da un progressismo razionalista e
positivista che, pur con tanti pregi, ha determinato non pochi guasti nel
substrato morale della nostra società.

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L'arroganza della scienza 2 2020

  • 1. SCIENZA E POLITICA - I VOLTI DELL’ARROGANZA Parte seconda LA SCIENZA E LA RICERCA DELLA VERITA’ Abbiamo avuto modo di analizzare i motivi per i quali si possa ritenere esistere una forma di arroganza nell’idea di “Politica”, a questo punto occorre riflettere se esiste un’arroganza nella scienza e, soprattutto, nella sua gestione e se questa ha una qualche corrispondenza con quella della politica. Questo è ancora più urgente oggi, con una epidemia che si è trasformata in pandemia e che ha determinato una sorta di abdicazione dei principi di Democrazia Liberale e di Stato di Diritto a favore di una tecnostruttura burocratica, costituita dai cosiddetti esperti. Virologi, epidemiologi ed altri –logi sono assurti a dominus delle nostre vite, molte volte in conflitto fra di loro, senza permettere una comprensione oggettiva del problema, ma alimentando solo la Paura, di cui il Potere Politico si è fatto megafono per approvare molte norme contraddittorie fra di loro, ma aventi, come unico fine, la compressione dei nostri diritti e delle nostre libertà. Occorre definire, intanto, quali possono essere i punti di contatto fra scienza e politica. Sicuramente dobbiamo notare come la Politica, intesa come dottrina e non come azione, rappresenta un sottoinsieme dell’insieme più generale delle discipline scientifiche. Al di là di questo, l’aspetto che, in questo contesto, riveste un certo interesse è quello che consente di verificare se, in ambito scientifico, si possa parlare o meno di scienza assoluta, esattamente come parliamo di politica assoluta. Apparentemente le scienze, essendo basate sulla necessità di verifica sperimentale delle teorie, dovrebbero risultare esenti da fenomeni di assolutizzazione. In realtà, come ci insegna la storia della scienza, molte volte il fattore sperimentale si è trovato a scontrare con altri elementi apparentemente estranei, ma determinanti nel condizionare lo sviluppo scientifico. Basti pensare alla lettura dogmatica del pensiero aristotelico, dal quale discendeva il famoso “ipse dixit”, frase che, di fatto, aveva la funzione di troncare ogni discussione, riaffermando il dominio del pensiero del maestro sopra ogni forma di opinione che divergesse da questo. Nel corso dei secoli, poi, la comunità scientifica, popolata da uomini comuni, non certo Dei, è vissuta nello scontro, anche caratteriale, delle reciproche ambizioni degli studiosi.
  • 2. Molte volte, basti ricordare Freud, teorie scientifiche che avrebbero avuto, nei decenni e secoli seguenti, ampio sviluppo, sono state oggetto di salaci, caustici, violenti attacchi. Se Galileo fu costretto all’abiura, Giordano Bruno trovò la morte sul rogo, altri vennero condannati all’ostracismo. In tutti questi casi, il potere, costituito dall’establishment scientifico, tendeva ad erigere le barriere contro le quali si sarebbero dovute infrangere tute quelle concezioni e scoperte che potevano pregiudicare gli equilibri acquisiti. Paul Davies, in un suo fortunato libro dal titolo “Gli ultimi tre minuti”, ricorda come, fino agli anni cinquanta scarso credito fosse dato alla teoria del Big Bang, formulata negli anni venti. Tant’è che, come scrive, durante una lezione di cosmologia del 1968, venero derisi coloro che, sulla base della scoperta della radiazione cosmica di fondo e sui processi nucleari, tendevano a fornire una descrizione della composizione chimica dell’Universo nei suoi primi tre minuti di esistenza. Già nel 1977, comunque, prosegue Davies, quella risata non era più di attualità, visto che i cosmologi erano andati avanti proprio nella descrizione degli effetti del Big Bang, e la scienza va avanti, fino a Stephen Hawking, l’autore del famoso libro “Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”. Oggi potremmo pensare che l’ideologizzazione della scienza appartenga al passato, che, semmai, altri siano i fattori, economici e politici, che determinino dei legami per una scienza che, libera, sarebbe i grado di spiegare tutti i fenomeni terreni. Sicuramente determinanti appaiono i problemi legati al finanziamento delle ricerche scientifiche, in qualsiasi campo queste avvengano. Poiché la tecnologia consente di abbattere barriere che sembravano insormontabili, gli scienziati possono disporre oggi, teoricamente, di mezzi tali da consentir loro di poter verificare tutto quello che vogliono. In realtà, questi mezzi tecnologici sono disponibili, ma a costi esorbitanti, creando così la necessità, da parte della scienza, di cercare un compromesso con chi detiene i mezzi necessari per poter acquistare queste tecnologie. In definitiva, se prima il progresso della scienza poteva essere frenato da fattori di ordine religioso e culturale, oggi il progresso o meno della ricerca scientifica in determinati settori è strettamente legato alla possibilità di accedere a fonti di finanziamento, siano esse di privati che di organismi statali. Ciò determina, di fatto, un asservimento dello scienziato alla programmazione economica di questi enti.
  • 3. Ma, al di là di questi condizionamenti, non sono del tutto caduti i condizionamenti di carattere ideologico, seppur attenuati rispetto al passato. Un esempio è dato dall’ingerenza della dottrina marxiana nella ricerca scientifica. Engels stesso, in nome del materialismo dialettico, riproponendo lo schema hegeliano della tesi-antitesi-sintesi, rifiutò due grandi scoperte del suo tempo, il secondo principio della termodinamica e l’interpretazione puramente selettiva dell’evoluzione. Ricordiamo che il secondo principio della termodinamica, nella sua versione più semplice, afferma che il calore passa dal caldo al freddo, in questo passaggio si ha comunque una condizione in virtù della quale l’entropia (ovverosia il rapporto fra energia termica e temperatura) generale non diminuisce mai. Al tempo della rivoluzione russa, Lenin, Zdanov e Lysenko attaccarono con violenza gli scienziati, come i genetisti, che andavano sostenendo e dimostrando teorie incompatibili con il materialismo dialettico. Si badi bene che queste teorie non riguardavano la scienza economica, bensì la biologia e la fisica. Ma al di là di queste ideologizzazioni estreme, dobbiamo prendere atto del fatto che la scienza è sostanzialmente divisa in due distinti settori, quello delle scienze cosiddette ufficiali e quelle ridotte alla semiclandestinità, non riconosciute, fonte di sberleffi e battute di sufficiente alterigia da parte degli Scienziati con la “S” maiuscola. Non parlo delle cosiddette pseudoscienze legate a convinzioni non documentate né documentabili (dai no-vax all’agricoltura biodinamica) quanto a tutte quelle ricerche filosofiche, archeologiche, storiche, che tentano di dimostrare che esistono altri punti di vista, altre verità, altri punti di partenza per la ricerca della verità. pensiamo all’ostracismo decretato per le teorie e le analisi di Rene Guenon, al complotto del silenzio sulle reali fonti di ispirazione poetica di Dante e del circolo dei Fedeli d’Amore, la totale cancellazione, da molti manuali di storia, del ruolo e dell’importanza dei Templari. Eppure le conoscenze scientifiche contemporanee trovano riscontro in tanti scritti di autori passati. Se solo riflettiamo su quanti libri sono stati distrutti, nel corso dei secoli e dei millenni, ci rendiamo conto del fatto che la ragione e l’umiltà ci dovrebbero indurre a ben altre valutazioni sulle scienze non ufficialmente accettate. Leggiamo Simon Mago, quando parla della “Spada fiammeggiante che roteando custodisce la via dell’albero della vita” e possiamo pensare alla struttura del DNA.
  • 4. Pensiamo all’Uovo Cosmico, al Fiat Lux, al Verbo e ritroviamo la teoria del Big Bang; riflettiamo sulle nozze chimiche di Rosenkreutz e ritroviamo la moderna tecnica dell’inseminazione artificiale, la manipolazione degli embrioni. Pensiamo alle parole che sono scritte nel Kybalion, testo ermetico, e che ritroviamo nella Kabala: “Come è al di sopra, così è al di sotto; come è al di sotto, così è al di sopra.” Riflettiamo sui rapporti fra microcosmo e macrocosmo, ritroveremo molte delle scoperte della fisica nucleare e subatomica, il percorso degli elettroni intorno al nucleo dell’atomo che è identico al movimento della luna intorno alla terra, della terra intorno al sole. In cosa, però, si distinguono le scienze antiche, l’alchimia dalla scienza moderna? Per limitarci ad un solo aspetto, vorrei ricordare la grande strage degli innocenti consumatasi in Gran Bretagna, allorquando, alcuni anni fa, con poche gocce di alcol si sono distrutti migliaia di embrioni, resi fertili e congelati. Nessun alchimista avrebbe mai commesso un simile gesto, dettato dal più alto disprezzo per la vita umana. L’alchimista sapeva che ciò che è in alto è anche in basso, come è il sopra è il sotto, che se si manca di rispetto al piccolo si disprezza anche il grande. L’alchimista sapeva che non si gioca con la vita, che la terra è un luogo di passione, non è il Paradiso in Terra e che nella sua lotta con la Natura, l’Uomo deve scoprirne i segreti per controllarla, per non esserne dominato. Gli Alchimisti ritenevano che la Terra fosse un luogo di espiazione, dove le anime giungono per ritrovare la propria via nel grande ciclo del TUTTO e mai avrebbero permesso che venisse generata vita per essere distrutta, per gioco, per calcolo, per soldi. Questo è uno dei principali aspetti dell’arroganza della scienza, la sua pretesa di essere svincolata da ogni aspetto morale, etico, esattamente come la politica, che teorizza il fine che giustifica il mezzo e che riconosce eticità al fine, ma non ai mezzi utilizzati per raggiungerlo. Ma una scienza senza morale, senza valori, senza il supporto di un’alta consapevolezza del proprio ruolo, è solo tecnicismo mascherato da efficientismo, apparentemente in grado di accompagnare l’umanità verso un futuro di progresso, in realtà determinandone il degrado e l’impoverimento.
  • 5. Come la politica, anche la scienza deve riflettere sul proprio ruolo, sul proprio futuro, sulle proprie finalità, se vuole, realmente, contribuire al progresso ed al benessere di tutti. Oggi si dibatte molto sui temi della bioetica, cercando di discernere i confini entro i quali debba essere mantenuta l’azione dello scienziato nella manipolazione genetica, nella fecondazione artificiale ed altro ancora. Forse sarebbe necessario andare più avanti, non limitandosi al solo problema dell’etica legata a particolari settori scientifici. Occorre definire il vero ruolo degli scienziati nella moderna società, discutere sulla pericolosità della diffusione di conoscenze potenzialmente distruttive, come quelle legate alle applicazioni militari di tipo nucleare, biologico e chimico, senza, per questo, cadere nell’oscurantismo tipico di chi, nei secoli scorsi, costringeva i medici a far ricorso ai commercianti clandestini di cadaveri. In definitiva, il dibattito sul ruolo della scienza deve coinvolgere l’intera struttura scientifica, dalla scuola alla gestione applicativa, dai metodi alle finalità, non tralasciando il recupero della dimensione morale dell’azione dello scienziato, che deve essere consapevole della propria dimensione umana e rifuggire dalla tentazione di giocare al demiurgo. Una scienza senza valori, senza riferimenti morali e culturali consapevolmente fondati sull’esempio più alto degli alchimisti e dei rosacroce può essere solo tecnicismo fine a se stesso, evoluzione meccanica ma potenzialmente distruttiva della natura umana. E questo, senza alcuna arroganza o presunzione, ma con la semplice consapevolezza dell’enorme eredità lasciataci dai nostri predecessori, senza riuscire, purtroppo, a renderci immuni da un progressismo razionalista e positivista che, pur con tanti pregi, ha determinato non pochi guasti nel substrato morale della nostra società.