Lingua inglese: italiani quasi ultimi in Europa

Inglese? No grazie! Gli italiani agli ultimi posti in Europa nella conoscenza e nell'uso della principale lingua veicolare
Inglese? No grazie! Gli italiani agli ultimi posti in Europa nella conoscenza e nell’uso della principale lingua veicolare

Gli italiani e le lingue straniere, un rapporto conflittuale

In Europa, l’italiano medio di certo non si distingue per la conoscenza della lingua inglese. Tutti i cittadini dei Pesi europei, infatti, si trovano davanti a noi, con l’unica importante eccezione dei francesi, che, si sa, della difesa della lingua di Molière hanno fatto un vessillo europeo e resistono strenuamente all’invasione dell’idioma d’oltremanica. Questo è il risultato, nemmeno tanto sorprendente per chi viaggia ed ha contatti con l’estero, che emerge dall’ultimo rapporto internazionale sull’Indice di conoscenza dell’inglese (English Proficiency Index). Da test approfonditi effettuati su un vasto campione di individui di 60 nazionalità, l’Italia risulta al 21′ posto su 22 nazioni europee esaminate, ed è seguita, appunto, solamente dalla Francia. Più dignitoso il risultato su scala mondiale, 32′ posto su 60 nazioni, ma consideriamo che il test è stato effettuato anche su paesi ancora in via di sviluppo e/o dove si parlano lingue estremamente diverse dall’inglese. I primi otto posti della graduatoria sono quasi tutti occupati da paesi del Nord Europa: nell’ordine Svezia, Norvegia, Olanda, Estonia, Danimarca, Austria, Finlandia e Polonia. Osserviamo che in alcune di queste nazioni le persone possono essere facilitate da somiglianze – neanche troppo forti – della loro lingua con l’inglese, ma in altre, come l’ Estonia e la Finlandia, assolutamente no.

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L’inglese per ampliare i propri orizzonti

Le dinamiche della società odierna conferiscono a chi ha una buona conoscenza della lingua inglese un discreto vantaggio rispetto agli altri. Oggigiorno, viaggiare è più facile rispetto a prima e, grazie ad Internet, comunicare con persone di altri paesi e molto più facile rispetto a prima; è possibile entrare in contatto con ogni parte del mondo, e la possibilità di comunicare con persone straniere consente di ampliare di parecchio i propri orizzonti dal punto di vista del lavoro, delle relazioni sociali e sentimentali, dello scambio di informazioni e di molte altre cose ancora. Adesso, è chiaro che l’unica possibilità realistica di comunicare tra gli italiani e un gran numero di altre etnie è l’ inglese; per comunicare con spagnoli e latino-americani può essere utilizzato lo spagnolo, lingua certamente più simile alla nostra rispetto all’inglese, ma che contrariamente a quanto pensano alcuni richiede anch’esso una certa quantità di pratica e di studio.

Una lingua meno difficile di altre

A ben vedere, neanche l’inglese è poi così difficile da imparare per un italiano, perlomeno lo è in misura molto minore rispetto ad altre lingue, ad esempio rispetto a tutte quelle parlate in Africa e Asia. La grammatica inglese è più semplice di quella italiana; il vocabolario tende ad essere diverso per quanto riguarda le parole più semplici, ma simile per quanto riguarda i concetti più complessi. Dall’inglese scritto a quello parlato il salto può essere notevole, perché l’inglese non obbedisce a regole di pronuncia fisse: sono molte le persone, in tutto il mondo, che scrivono in un inglese impeccabile ma che hanno una pronuncia difettosa.

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Perché l’Italia è indietro

Le cause delle difficoltà dell’italiano medio – beninteso, ci sono anche molti italiani con una conoscenza buona/ottima dell’inglese  – con la lingua inglese sono altre. A detta di molti, spesso nell’arco dei tredici anni di scuola i nostri studenti non ricevono una formazione adeguata. Prima di tutto, la percentuale di insegnanti madrelingua è scarsa, e così spesso bambini e ragazzi non hanno la possibilità di acquisire l’accento corretto proprio nel periodo nel quale hanno più facilità di apprendimento. La recente riforma Gelmini ha ulteriormente peggiorato la situazione: nelle elementari e nelle medie la figura dell’insegnante specialista, con competenze specifiche, ha perso importanza a scapito della figura dell’ “insegnante unico di riferimento” che insegna anche italiano, matematica, storia, ecc., e che spesso è abilitato all’insegnamento dell’inglese soltanto a seguito un corso di 150-200 ore.  Rispetto a molte altre etnie europee, gli italiani sono meno esposti alla lingua inglese anche in altri aspetti della vita quotidiana. Ad esempio, agli italiani spesso viene negata la possibilità di seguire film e telefilm in lingua inglese con sottotitoli, che è molto importante soprattutto ai fini di acquisire una pronuncia corretta; prevale la tradizione del doppiaggio, entrata in auge nell’era fascista e conservatasi negli anni.

Prendere coscienza del problema

Occorre insomma una presa di coscienza a livello istituzionale,culturale e individuale: la lingua inglese va riconosciuta nella sua importanza affinché chi nasce in Italia abbia la possibilità di comunicare, e di farsi valere, anche fuori dal territorio nazionale.