In rete sono diffusissimi, pagine facebook, profili instagram, addirittura interi siti tutti dedicati alle famigerate illusioni ottiche che stanno spopolando e tanto colpiscono l’interesse del pubblico per il senso di spaesamento che provocano. Persino importanti testate giornalistiche internazionali come Il Post o Indipendent hanno toccato l’argomento.
Ma cosa sono esattamente le illusioni ottiche e come funzionano?
Dunque, è detta illusione ottica una qualsiasi illusione che inganna l’apparato visivo umano, sono fenomeni che si verificano quando il cervello si lascia ingannare dai sensi e percepisce cose che non esistono o non possono esistere oppure interpreta in modo sbagliato ciò che vede.
La visione umana è paragonabile ad una macchina fotografica: la luce penetra negli occhi tramite la pupilla, che si dilata quando c’è poca luce e si contrae quando invece ce n’è troppa, mentre il cristallino garantisce la messa a fuoco come una lente che modifica la sua curvatura in modo che sulla retina si formi un’immagine ben definita. Il cervello analizza gli stimoli ricevuti dalla retina e li traduce in immagini. È proprio in questa fase che, talvolta, gli occhi ingannano la mente facendo percepire l’esistenza di qualcosa che in realtà non c’è. In base al meccanismo attraverso cui l’inganno si origina, si possono identificare tre categorie di illusioni:
ottiche, causate da fenomeni puramente ottici, ad esempio i miraggi;
percettive, generate dalla fisiologia dell’occhio. L’esempio più immediato sono le immagini che si possono percepire chiudendo gli occhi dopo avere fissato una figura molto contrastata e luminosa oppure l’impressione che la luna cambi dimensione, più piccola quando è sopra la nostra testa e più grande quando è vicina all’orizzonte;
cognitive, legate all’interpretazione che il cervello dà delle immagini come ad esempio le figure impossibili e i paradossi prospettici.
Gli esempi di illusione che si possono fare sono davvero tantissimi, anche semplicemente a partire dalla vita di tutti i giorni: pensiamo alla torre di Pisa, a come tutti i turisti si fanno fotografare mentre fingono di raddrizzarla o di tenerla in piedi oppure la Tour Eiffel, anch’essa immortalata spesso tra le mani dei visitatori o ancora la povera Sfinge, che a Il Cairo viene coperta di baci. La fotografia risultante non riesce a cogliere la profondità, così sia il monumento sia il turista sembrano trovarsi alla stessa distanza…più o meno!
La visione binoculare (letteralmente, con due occhi) permette invece di cogliere la distanza perché della stessa scena fornisce due immagini leggermente diverse che poi il cervello rielabora restituendo la sensazione di profondità; per lo stesso motivo è molto difficile valutare le distanze tenendo un occhio chiuso.
I miraggi
Abbiamo visto poi che alcune illusioni dipendono da fenomeni ottici e non dall’inganno dei sensi, è il caso dei miraggi o degli oggetti che sembrano spezzati quando sono immersi solo in parte nell’acqua: si tratta di fenomeni legati alla rifrazione dei raggi luminosi.
Un esempio pratico può essere una posata immersa per metà in un bicchiere d’acqua che sembra spezzarsi in corrispondenza della superficie, ma naturalmente se lo si estrae si può verificare che è integra. È l’effetto della rifrazione dei raggi luminosi: passando da dall’aria all’acqua e viceversa i raggi luminosi sono deviati con un angolo diverso e la percezione cambia di conseguenza.
Anche il miraggio è un fenomeno legato alla rifrazione dei raggi luminosi nell’aria; ad esempio percepire uno strato d’acqua sull’asfalto in una calda giornata estiva è un fenomeno conosciuto anche col bellissimo nome Fata Morgana (o anche Fatamorgana). Si tratta di un evento frequentemente osservato nello Stretto di Messina e tramandato fin dai normanni, per questo il nome italiano è conosciuto anche all’estero e fa riferimento alla fata Morgana della mitologia celtica, la maga che trascinava i marinai verso la morte inducendo visioni straordinarie. In realtà è dovuto agli strati d’aria che, vicino al suolo, sono più caldi e perciò fanno curvare i raggi della luce verso chi osserva.
La percezione
Ideata dallo psicologo italiano Mario Ponzo nel 1913, la cosiddetta Illusione di Ponzo gioca sull’errata percezione di profondità. Essa si può alterare disegnando sul foglio due linee rette divergenti e aggiungendo al disegno due rette identiche opportunamente distanziati: l’elemento più vicino alla convergenza delle rette sembra così più lontano e più lungo, mentre quello posto in prossimità della divergenza più ampia sembra più vicino e più corto.
Un altro psicologo italiano, Gaetano Kanizsa, nel 1955 ha illustrato per la prima volta il famoso triangolo che poi ha preso il nome di Triangolo di Kanizsa, in onore dello studioso. Si tratta di tre dischetti dai quali è stata ritagliata una piccola porzione, che vengono posti sullo stesso piano dando così l’illusione che sul foglio sia disegnato anche un triangolo bianco. In realtà questo triangolo non esiste, è opera della mente che completa in automatico l’immagine servendosi solo dei particolari, ciò avviene perché il cervello è estremamente logico, vuole trovare un senso ed un equilibrio a tutto ciò che vede e a tutti i dati che gli vengono inviati dai sensi, in questo caso la vista.
Il Cubo di Necker è un’altra illusione pubblicata per la prima volta dallo studioso di cristallografia svizzero Louis Albert Necker nel 1832. Si tratta nello specifico di una rappresentazione bidimensionale ambigua creata a partire da una proiezione isometrica di un cubo: gli incroci tra due linee non evidenziano quale linea si trovi sopra l’altra e quale sotto e perciò senza punti di riferimento non è possibile indicare quale faccia sia rivolta verso l’osservatore e quale si trovi dietro al cubo. Questa illusione viene anche utilizzata in neurofisiologia per valutare i deficit di attenzione in pazienti con lesioni cerebrali.
Il cubo di Necker è una rappresentazione bidimensionale ambigua, non un oggetto impossibile perché non ha alcuna incongruenza e può rappresentare perfettamente un cubo reale. Una rappresentazione paradossale di cubo è invece il famoso cubo impossibile, ritratto dal pittore olandese Maurits Cornelis Escher nel 1958 nella sua prima litografia dedicata alle costruzioni impossibili: il Belvedere, dove non solo uno dei personaggi tiene in mano il cubo in questione, ma tutta l’architettura del belvedere è basata sullo stesso. Escher è stato un maestro delle illusioni e dei paradossi grazie ai suoi disegni impossibili basati su principi matematici.
Nella sua Cascata del 1961 utilizza il concetto del triangolo impossibile di Penrose per simulare un corso d’acqua che va dal basso verso l’alto e ricade perpetuamente su se stesso. La figura in questione ha i lati coerenti a due a due e gli angoli di 90°, si tratta di un altro paradosso visto che la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre pari a 180°.
Tra il 1946 e il 1956 l’artista approfondisce lo studio della prospettiva concentrandosi sugli angoli di visione più insoliti: realizza così scene in cui l’orientamento degli oggetti dipende esclusivamente dalla posizione che l’osservatore decide di prendere. L’opera più significativa in questo senso è Alto e Basso, dove l’artista raffigura uno spazio impossibile, utilizzando diversi punti di fuga e fasci di linee parallele come linee curve e convergenti.
Un’operazione molto simile è stata fatta dal fotografo tedesco Michael Kai che con il progetto This Side Up propone una serie di scatti abilmente ritoccati dove le immagini, a prima vista coerenti, ad una seconda occhiata si sdoppiano su piani sovrapposti e incompatibili.
Il Trompe-l’œil inganna l’occhio
È un genere pittorico che consiste tipicamente nel dipingere un soggetto in modo realistico, tanto da far sparire alla vista la parete su cui è dipinto e far sembrare all’osservatore che esista una continuità tra l’arte e la realtà; per questo trova il suo maggiore campo nella rappresentazione di finestre, porte o atri, per dare così l’illusione che lo spazio interno di un ambiente sia più vasto. La tecnica prende nome dall’espressione francese che significa letteralmente inganna l’occhio e si è diffusa in Europa inizialmente all’interno del genere della natura morta, si è iniziato a chiamare trompe-l’œil questa tecnica dal periodo barocco, sebbene il genere pittorico sia di gran lunga precedente, infatti i primi esempi risalgono già all’antica Grecia, a Roma e continuano costantemente ad essere presenti anche nelle epoche successive, fino all’arte contemporanea. Ancora oggi, nelle ville di pompeiane si possono ammirare tantissime finte architetture d’interni e d’esterni che danno allo spettatore l’illusione di trovarsi in un ambiente molto più ampio se non addirittura all’aperto.
Le illusioni ottiche sono molto affascinanti e d’impatto e ne viviamo circondati quotidianamente, dopotutto, come scriveva lo scienziato Heinz von Foerster: “L’ambiente come noi lo percepiamo è una nostra invenzione”.
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