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L’identikit del passivo-aggressivo

Il comportamento passivo-aggressivo deriva dall’incapacità dell’individuo di esprimere e canalizzare le emozioni verso un’espressione assertiva.

Di Sonia Lisi

Pubblicato il 03 Nov. 2020

Vi è mai capitato di ascoltare frasi del tipo: “Non sono arrabbiato con te”, “Qualsiasi cosa ti occorra ti aiuto io”, “Stavo semplicemente scherzando”, “Io pensavo che tu fossi a conoscenza di…”, ma in realtà il comportamento adottato intendeva esprimere esattamente il contrario. Bene! Eravate in presenza di un tipico comportamento passivo-aggressivo.

 

Il comportamento passivo-aggressivo venne storicamente identificato dal colonnello William Menniger nel corso della Seconda guerra mondiale, egli identificò alcuni particolari comportamenti da parte dei suoi soldati differenti dai soliti “ribelli”, ma in egual modo aggressivi e disfunzionali, questi comportamenti si palesavano mediante misure passive come una spiccata caparbietà, temporeggiamento, il broncio e sabotaggio passivo rispetto ai loro doveri militari.

Ad oggi tale schema comportamentale non viene identificato come una vera e propria patologia, infatti il DSM 5 lo identifica come un aspetto collegato ad alcuni disturbi, sebbene esso possa essere collegato a notevoli problematiche a livello lavorativo e ad un pattern di relazioni disfunzionali.

Il comportamento passivo-aggressivo è definito come un

modo deliberato e mascherato di esprimere sentimenti di rabbia. (Long, Long & Whitson, 2008)

Esso deriva dall’incapacità dell’individuo di esprimere e canalizzare le emozioni verso un’espressione assertiva, quest’ultima viene sostituita da un’eccelsa mistificazione delle emozioni mediante l’immagine di una persona carismatica, ironica e da una forte personalità. Questo modus operandi conduce il passivo-aggressivo ad agire mediante una sorta di non azione, motivata da emozioni e motivazioni negative e una forte ostilità. La carta d’identità del passivo-aggressivo consta delle seguenti caratteristiche:

  • Sarcasmo e ironia pungente sono estremamente spiccati;
  • Il linguaggio è caratterizzato da “frecciatine”, ma sono largamente usati anche i messaggi confusi e contradditori al fine di evitare intimità emotiva, un esempio è il famoso “Come vuoi” durante quella che si appresta a diventare una discussione. Oppure usano il silenzio come arma di difesa per far comprendere il “torto” eseguito dall’altro nei confronti del nostro passivo-aggressivo;
  • Ostilità e procrastinazione: l’aurea della persona amorevole e disponibile crolla nel momento in cui si svela la loro ostilità alimentata da un forte orgoglio, una tendenza a criticare tutto ciò che lo circonda e un malumore costante ma celato, per non parlare della tendenza continua al rimando e al lasciare incompleto quanto iniziato;
  • Quando vogliono qualcosa dall’altro, non avranno problemi a mostrarsi affabili premurosi e pieni di attenzione;
  • Tendono a fingere di dimenticare o a “fare il finto tonto” per non assumersi la responsabilità del caso;
  • Mostrano una spiccata propensione al vittimismo e a dare la colpa alle persone intorno;
  • A livello lavorativo sebbene appaiano ben disposti e collaborativi, tendono a resistere alle richieste dell’autorità in maniera indiretta, per esempio sabotando il lavoro richiesto sperando in una ripercussione sull’autorità;
  • Sono tipicamente pessimiste e tendono a ipotizzare solo l’esito negativo di qualsiasi azione, sono le classiche persone che ad una chiamata invece di dire “come stai” ti chiedono “cosa è successo”. Questo li porta a non essere mai sereni e soddisfatti di ciò che stanno vivendo, ogni momento è offuscato dal timore che qualcosa andrà male;
  • Probabilmente disporranno di una scarsissima autostima mistificato da un’immagine sicura di sé e persone da un “carattere forte”;
  • La connotazione più spiccata del comportamento passivo-aggressivo si riscontra all’interno delle relazioni, caratterizzate da un sottofondo di dipendenza affettiva e controllo manipolatorio al fine di portare l’altro a fare quello che vuole lui. Alla base di ciò pullula una forte conflittualità tra la voglia di indipendenza, il bisogno di essere accuditi e la paura dell’autonomia, in quanto temono che una volta raggiunta l’indipendenza rimarranno in balia dei pericoli in grado di ostacolare il loro finto equilibrio. Dunque, questo andamento oscillatorio porta il passivo-aggressivo a manipolare le persone vicine con un fare quasi borderline al fine di non farle andare via e ottenere sicurezza e protezione.

Ognuno di noi può assumere atteggiamenti di tipo passivo-aggressivi, ma il problema sorge nel momento in cui queste modalità diventano le uniche modalità di interazione con l’altro.

Dunque, queste persone sono come in un limbo destinati a perseverare nel circolo vizioso che va dalla ricerca dell’altro al bisogno di manipolarlo privandolo di una propria autonomia relazionale, un buon percorso di psicoterapia può aiutare queste persone a comprendere le ragioni del perenne malessere e raggiungere una consapevolezza circa i propri stati interni.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Long, J.E., Long N.J., Whitson, S. (2008). The Angry Smile. The psychology of passive aggressive behavior in families, schools and workplaces. Austin, USA: Pro Ed.
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