Eroe e antieroe in letteratura: spiegazione, differenza tra i due, esempi

Cos'è l'eroe e chi è l'antieroe? Spiegazione, differenza ed esempi di queste due figure nella letteratura. Eroi e antieroi famosi.
Eroe e antieroe in letteratura: spiegazione, differenza tra i due, esempi
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1Gli eroi greci Achille, Ettore, Ulisse, e il brutto antieroe Tersite

Ira di Achille. Collezione di École nationale supérieure des beaux-arts, Parigi
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Nell’Iliade e nell’Odissea incontriamo molte tipologie di eroi: Achille è l’eroe dotato di una forza brutale, capace di segnare i destini della guerra che si combatte sotto i bastioni di Ilio.  

Agamennone è il pastore delle genti, colui che conduce la delegazione guerriera; è fratello di Menelao, marito di Elena, la donna più bella della Grecia.  

Achille rappresenta la forza, Agamennone il potere, Menelao a dire il vero è piuttosto in ombra.  

Ma c’è poi il grande Ulisse, uomo dal multiforme ingegno, guerriero provetto, abile stratega. È l’eroe più affascinante del mondo greco perché coniuga intelligenza e forza in uguale misura.

È poi il grande protagonista romanzesco, il personaggio che dà avvio a tutti i personaggi di avventura, che vaga e inventa, che combatte e soffre, che accetta il fato avverso tentando in tutti i modi di tornare ad Itaca.

Enea e i suoi seguaci
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C’è poi Enea che rappresenta invece l’onore e l’orgoglio anche nella sconfitta.

A lui Foscolo dedica il finale del carme Dei sepolcri. Il suo esempio di guerriero e di patriota sono da considerarsi l’esempio più alto di virtù

Ma andiamo adesso ad un personaggio assai particolare che fa la sua comparsa quasi a sproposito. A un certo punto, Ulisse interviene per mettere a tacere Tersite, il primo esempio di anti-eroe della storia della letteratura occidentale.

Tersite è bruttissimo, sciancato, gobbo, calvo. E ha una lingua tagliente, ma siccome è brutto – e per i Greci bellezza e virtù sono da mettere insieme – allora le sue sono solo farneticazioni di un insolente.

Dopo aver detto peste e corna di Agamennone e del suo egoismo (critica peraltro più che legittima e anche eroica, se vogliamo) Ulisse gli dà una sonora bastonata e lo lascia in lacrime.

Fisicamente, gli eroi, come dice Guccini, «son tutti giovani e belli» (La locomotiva), mentre Tersite è brutto in modo fin troppo preciso e realistico. Perché gli eroi sono idealizzati e le persone normali… be’ sono normali, appunto.

Achille
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Tuttavia gli stessi eroi greci diventano degli anti-eroi quando i loro miti vengono reinterpretati nelle tragedie di Eschilo, Sofocle ed Euripide. Nel dispositivo tragico le loro storie, le loro abilità diventano elementi che propiziano una sconfitta senza appello.  

Così accade ad esempio ad Agamennone, ucciso non appena tornato a Micene; ad Ulisse che non riesce a sottrarsi alla tentazione di ottenere con l’inganno le armi di Achille destinate ad Aiace; ad Antigone che applica la legge dell’amore, ignorando quella degli uomini.  

Dunque il confine tra eroi e anti-eroi è frutto spesso di una questione di prospettiva e di genere, ma nel mondo antico c’è un’equivalenza precisa: al soggetto eroico capitano necessariamente situazioni eroiche. Altrimenti si scivolerebbe nella parodia e nel comico, che costituiscono un altro genere con altre regole.  

2Enea e il doppio statuto letterario

Enea
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Abbiamo detto Virgilio ed eccoci allora ad Enea che nell’antichità è stato un eroe piuttosto problematico.

È un profugo troiano che, scampato alla rovina della sua città, è riuscito a raggiungere le coste italiche per fondare Alba Longa e dare inizio alla discendenza che un giorno sarebbe stata il popolo dei Romani.  

Virgilio narra le vicende di Enea nell’Eneide, suo massimo capolavoro che rischiò tuttavia di non vedere mai la luce perché il poeta non si sentì di pubblicarlo mentre era in vita: temporeggiava, nonostante i richiami del princeps Augusto, il quale voleva a tutti i costi che il poema fondativo della stirpe romana fosse conosciuto in ogni angolo dell’impero.  

Virgilio temporeggiava perché forse si era reso conto di quanto fosse strano il suo personaggio principale: un eroe in cui pietas, fides e clementia – tre massime virtù del vir romanus – risplendevano fulgide. Eppure Enea si mostra scisso, sente la fatica di corrispondere al disegno del Fato.

Avverte la sofferenza di chi è posto disgraziatamente sul suo cammino e vorrebbe fermarsi, trattenersi dalla violenza. Infatti Enea mostra un’empatia problematica verso questa violenza generata nel tentativo di progredire e fondare una nuova città: vibra forte nel suo spirito il ricordo di chi era stato spazzato via dal Fato (o dal caso?), delle persone che avevano ingiustamente sofferto e che magari erano morte in sacrificio perché altre potessero sopravvivere.

Enea salva Anchise da Troia in fiamme
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Nell’Eneide, il legame tra vivi e morti è molto problematico, e proprio per questo molto affascinante. Un eroe scisso non è concepibile nel mondo antico: Achille, Ulisse, Ettore non mostrano al lettore alcuna scissione.  

Essi accettano il loro destino come qualcosa di giusto, senza porre domande, senza insidiose fratture. Enea, invece, no. Quasi non accetta il Fato pur essendone il portavoce; lo corrisponde esteriormente per gli altri, mostrando al suo interno, davanti a sé stesso, la lacerazione. Gian Biagio Conte parla così di «doppio statuto letterario». 

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3Cristo e i martiri: un nuovo modello di eroe per il medioevo e dintorni

L’avvento del Cristianesimo ha segnato una svolta anche nella concezione dell’eroe e quindi anche dell’antieroe. L’eroe cristiano è prima di tutto un personaggio che deve umiliarsi, affrontare le prove più dure, affrontare l’incertezza e la crisi, la scissione, la lacerazione, il dubbio, la passione per poi risorgere, sfilare davanti a tutti ed essere messo in gloria.

Questa è la parabola di Cristo e su questo modello si fonda l’eroismo cristiano che vede nei martiri i campioni della fede.

Anche nell’Apocalisse di San Giovanni c’è un elemento eroico: la fedeltà fino alla fine dei tempi, cioè finché non arriverà l’eskaton. In quel testo così enigmatico, sta scritto: «Sii fedele fino alla fine e ti darò la corona della vita» (Apocalisse, 2,8).

Orlando, paladino di Carlo Magno
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Soprattutto nel medioevo questo eroe campeggia nelle opere letterarie e dà vita ad esempio a Orlando, paladino di Carlo Magno, che si sacrifica in battaglia per salvare l’avanguardia dell’esercito.

Muore per un ideale e torna a incarnare gli ideali dell’epica: virtù, fede, fedeltà, coraggio, bontà. È cambiato però il sistema dei valori. 

Mentre agli eroi classici potevano capitare solo cose eroiche, all’eroe cristiano – come il Dante-personaggio nella Commediasuccedono fallimenti e sconfitte; situazioni cioè antieroiche.

Chi è allora l’antieroe cristiano? L’antieroe cristiano è colui che imposta un paradigma del sapere basato intanto solo sulla conoscenza empirica, cioè sul modello dell’apostolo Tommaso, il quale crede a Gesù risorto solo perché ha messo le sue dita nelle ferite.

Dunque l’antieroe cristiano non si fida di Dio, e anzi si pone dinnanzi all’infinito non con l’umiltà di chi vuole contemplarne la grandezza, ma come chi osi sfidarlo, quasi con odio. 

Soprattutto nel Romanticismo sarà in voga la figura del titano: colui che innalza l’uomo a Dio, per sfidarlo. Sono eroi come Saul nell’omonima tragedia di Vittorio Alfieri o come Achab nel Moby Dick di Melville

4Orlando eroico e antieroico

Orlando innamorato
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Un antieroe è anche colui che tenta di comportarsi come un eroe, ma non ci riesce poiché diventa la caricatura di sé stesso.

Nell’Umanesimo, secolo che ha una sua particolare luminescenza perché vede nell’uomo il riflesso della perfezione divina, si trova il coraggio di ridere di ogni cosa,compresi gli eroi che si mostrano più umani, ridicoli

In questo periodo incontriamo nuovamente il personaggio di Orlando che era diventato ormai una leggenda propagata da chierici, giullari e poeti.

Orlando, da eroe irreprensibile e senza macchia, coraggioso e virtuoso, degno di onore, diventa una specie di antieroe: conosce prima le tentazioni dell’amore (Orlando innamorato di Boiardo), cosa di per sé meravigliosa, e poi addirittura la follia amorosa che lo rende brutalmente ridicolo (Orlando furioso di Ariosto). 

Orlando impazzisce di gelosia, illustrazione di Paul Gustave Dore
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In particolare l’obiettivo di Ariosto è quello di abbassare la figura di Orlando, lasciando che sia proprio l’impossibile idealismo eroico a farlo affondare nella mediocrità, per quanto anche nella follia esagerata Orlando manterrà un che di superlativo. 

I veri eroi dell’Orlando furioso sono i personaggi pragmatici che contrastano i personaggi sublimi (come Orlando appunto).

Astolfo, ad esempio, personaggio pragmatico, vede la realtà davanti a sé senza inganni, con genuina sete di conoscenza, con curiosità umanistica potremmo dire.

Recupera lui il senno di Orlando e vede davanti ai suoi occhi, sulla Luna, la realtà umana tristemente e favolosamente rivelata nella sua inconsistenza. 

5L’Adone di Marino, l’eroe della sensazione

Frontespizio dell'Adone di Giovan Battista Marino
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Se parliamo di inconsistenza, allora dobbiamo andare all’eroe inconsistente che non fa nulla e a cui – per sfida, gioco e paradosso – è dedicato uno dei poemi più lunghi della letteratura italiana: l’Adone di Giambattista Marino (1623). Guidato da Venere alla ricerca e all’esperienza dei piaceri più particolari, Adone non compie nulla di eroico. Anzi non compie proprio nulla e muore ucciso da un cinghiale.   

Nell’Adone manca infatti uno sviluppo narrativo e quindi rappresenta la negazione della forma romanzesca, che si sviluppa per analogie tematiche e digressioni e non per blocchi narrativi.

Infatti la vicenda è sommersa di lunghe descrizione in cui la realtà viene assaporata e descritta in ogni modo con digressioni e immagini di ogni tipo, come se il poeta si divertisse a nominare tutto il nominabile con oggetti, parole e segnali mitici, motivi religiosi, mistici, sensuali, erotici, digressioni scientifiche e cosmologiche, riferimenti politici, descrizioni di abiti, di acconciature, di architetture e di paesaggi.  

Adone è l’eroe della sensazione: un prototipo di filosofo sensista

6Amleto, l’eroe del dubbio

Scena dell'Amleto di Shakespeare al Lyceum Theatre con Henry Irving
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Questo eroe deve affrontare il rapporto conflittuale con la realtà che appare ambigua e illusoria, folle e grottesca.

In Amleto osserviamo il giovane principe di Danimarca confrontarsi con l’assenza di significato dell’esistenza, interrogarsi a proposito del suicidio, comprendere come tutto il mondo sia febbrilmente inquieto e fuori asse, in preda alle pulsioni più becere dell’umanità. 

Si domanda allora che senso abbia la sua vendetta, degna di un eroe greco, sì, ma a che pro se tanto tutto sarà destinato all’oblio e al silenzio? Cosa resterà di lui una volta che tutto sarà compiuto?

Amleto comprende il grave inganno della vita e vorrebbe tirarsi indietro, ma non ha il coraggio di arrendersi alla morte

Allora sceglie di morire vendicandosi almeno del torto commesso da suo zio, che aveva assassinato il fratello, cioè il padre di Amleto.

In questo modo, riscattandosi dal suo dubbio, Amleto si consegna alla morte, ma prega il suo fedele amico Orazio di non uccidersi: lui è l’unico sopravvissuto dell’immensa strage, l’unico che potrà raccontare: «Il resto è silenzio», afferma Amleto prima di morire. 

7Don Chisciotte: l’eroe dell’immaginazione

Don Chisciotte e Sancho Panza: incisione di Heliodore Joseph Pisan su disegno di Gustave Doré
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Immaginate di perdere la testa e di smarrirvi nella vostra fantasia al punto da non saper più distinguere cosa sia immaginario e cosa sia reale; al punto di deragliare per sempre dall’ordinarietà di una vita per vivere l’avventura più seducente di ogni tempo, dal medievale sapore di guerrieri, eroi, dame, cavalieri, principesse.   

Don Chisciotte è il protagonista del primo grande romanzo europeo, un eroe in fondo anti-eroico poiché gli capitano disgrazie e disavventure di ogni sorta proprio a causa del continuo fraintendimento della realtà e dell’inganno che gli altri personaggi, volenti o nolenti, perpetrano ai suoi danni.   

Tuttavia nella sua ostinazione a ignorare la normalità, la bruttezza, la prosaicità della realtà, c’è il lato più eroico di Don Chisciotte, sempre alla ricerca del lato poetico, bello e immaginoso, pazienza se non esiste o se esiste solo nella sua mente

Così Don Chisciotte diventa l’eroe dell’immaginazione: un eroe poetico, solitario, che combatte sfide impossibili e comiche. La sua vita nella letteratura non ha conosciuto fine. Ne hanno parlato tutti i più grandi filosofi e scrittori di sempre.   

8L’eroe tra Settecento e Ottocento

Robinson Crusoe
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A partire dal Settecento si succedono altri eroi nella letteratura. Non possiamo citare tutti gli esempi, ma possiamo prendere un esempio: Robinson Crusoe, l’esempio perfetto di uomo venuto su dal nulla (self-mad-man).  

Robinson è un gentiluomo scozzese che, dopo un sanguinoso duello per amore ed onore, è costretto a fuggire verso Edimburgo in esilio.

Tuttavia durante un viaggio navale, un'enorme tempesta si abbatte sull'oceano, distruggendo la sua nave e lasciandolo bloccato su un'isola sperduta con il cane del comandante.  

Robinson riesce in poco tempo a costruire un fortino, a seminare e coltivare, ad allevare le capre; insomma crea le condizioni necessarie per sopravvivere fino a che non sarà salvato. Tutto questo grazie ad inventiva e a spirito di adattamento, alla sua spiccata intelligenza e razionalità.  

Nel Settecento si impone l’eroe della razionalità, invece nell’Ottocento arriva in letteratura l’eroe sventurato, solitario, sempre in fuga dalla gente, capace di forti sentimenti.  

Renzo e Lucia, personaggi de I promessi sposi di Manzoni
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Per capire l’eroe romantico basta osservare il quadro di Caspar David Friedrich Viandante sul mare di nebbia. Ortis, Werther, Frankenstein sono tutti eroi tipici del Romanticismo: belli e dannati.

Anche Renzo nei Promessi sposi ha qualcosa dell’eroe romantico poiché in fondo conserva i tratti dell’eroe picaresco, girovago, in cerca del suo amore. 

Una particolare tipologia di eroe romantico è l’eroe byroniano, dal poeta George Gordon Byron. Tutti i suoi personaggi mantengono i tratti dell’eroe ribelle, orgoglioso, lunatico, cinico e sfuggente.

L’opera di Byron nella quale si delinea per la prima volta un personaggio di questo genere è Childe Harold’s Pilgrimage (Il pellegrinaggio del giovane Harold), pubblicata tra il 1812 e il 1818. 

Con il proseguire dei decenni, gli eroi romantici evolvono in eroi decadenti, anti-eroi in fondo, che difendono un mondo che evolve troppo velocemente.

Ad esempio nelle opere della Scapigliatura milanese tornano gli eroi romantici, ma la società è cambiata: la borghesia ha sistemato il mondo come un immenso mercato e non c’è più spazio per autenticità, purezza, virtù, autenticità. 

9Eroe e antieroe nel Novecento: lo strappo nel cielo di carta, l’inetto, il partigiano

Luigi Pirandello
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Nel Novecento l’eroe ormai ha cambiato volto. In una società malata è già tanto sopravvivere e capire quale sia lo scopo di tutto l’agire. Proprio in Luigi Pirandello, ne Il fu Mattia Pascal, c’è un passo emblematico, noto ormai come «Lo strappo nel cielo di carta». 

Scrive Pirandello che l’eroe della tragedia greca, Oreste, qui impersonato da una marionetta, sul punto di vendicarsi, si accorge che il cielo del fondale in cui recita è bucato.

In quel buco – una sorta di vero e proprio buco nero che risucchia tuttofinisce il senso dell’esistenza, finiscono i valori, gli eroismi, le virtù.

Dunque Oreste diventa così Amleto che, secondo Paleari (portavoce del pensiero di Pirandello nell’opera), è il primo vero eroe tragico della modernità. Dunque un eroe del dubbio, come abbiamo delineato prima. 

Chi sono gli eroi del Novecento? Osserviamo che i personaggi di Pirandello, Svevo, Joyce, Beckett, Pavese, Buzzati sono tutti antieroi che affrontano quel senso di alienazione e disadattamento emerso negli ultimi anni dell’Ottocento.

Si impone già verso la prima guerra mondiale (prima della seconda) la figura dell’inetto, tipico dei personaggi sveviani come Alfonso Nitti, Emilio Brentani e Zeno Cosini.

Dino Buzzati nel 1960
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Un personaggio particolare, che aspira all’eroismo ma fallisce nel tentativo di diventarlo, è Giovanni Drogo, protagonista di uno dei romanzi più importanti del Novecento: Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati.

Drogo tenta di diventare un eroe, ma è destinato come tanti altri ad una vita anonima, senza successo e senza gloria, sprecata vanamente nell’attesa dell’occasione di realizzarsi come soldato e come uomo. 

Infatti siamo alle porte della Seconda guerra mondiale, che produce una sua letteratura eroica che vede nel partigiano – ad esempio il famoso partigiano Johnny narrato da Beppe Fenoglioun eroe di guerra simile al già noto Orlando dei poemi cavallereschi, e proprio come Orlando assume anch’esso dei tratti antieroici. Si vede in lui l’alienazione, il senso di estraneità che però non ne impediscono il sacrificio. 

10Conclusione

Ogni letteratura ha i suoi eroi. Qui abbiamo tentato di dare una visione prospettica dei vari tipi di eroe e di come questa figura si sia evoluta almeno negli snodi più importanti della storia occidentale (con particolare focus sull’Italia, naturalmente).

La domanda su chi siano gli eroi e che cosa rappresentino per noi è sempre aperta: oggi abbiamo supereroi, personaggi dei fumetti e dei film e delle serie televisive Netflix. Eroi su eroi in cui possiamo riconoscerci. Ma alla fine sono gli antieroi ad esserci più simpatici, chissà.