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Banchetto romano nell’antica Roma

Il banchetto romano, detto symposium o convivium, durava fino a tarda notte. Era un’occasione per gustare cibi e bevande elaborati e ricercati e stare insieme.

In età imperiale, la sobria alimentazione della Roma repubblicana basata su cereali, verdure e legumi (alimenti economici che per i poveri continuavano comunque a costituire la normalità) si era ormai trasformata in vera e propria gastronomia, ricerca di nuovi gusti e nuovi piatti.

Figura di spicco di questa tendenza fu, nel I secolo d.C., il famoso gastronomo Apicio, il cui ricettario venne rimaneggiato un paio di secoli dopo per dar vita al primo libro di cucina della nostra storia, il De re coquinaria. Da esso appare evidente l’importanza nella cucina romana, dei condimenti e delle salse, dolci e salate, per arricchire carne, pesce e verdure.

Ai Romani piaceva infatti mescolare gusti contrastanti. Si univano per esempio pepe e miele (lo zucchero era sconosciuto) o, per condire gli arrosti, miele e aceto.

Il condimento forse più apprezzato, già noto ai Cartaginesi, era il garum, una sorta di salsa dal sapore forte, ottenuta da una particolare lavorazione del pesce mescolato a sale ed erbe aromatiche.

Nei banchetti romani di lusso si faceva grande consumo di cibi rari e costosi, manipolati in modo da renderli irriconoscibili e stupire i convitati.

Il banchetto romano prevedeva tre momenti:

  • Gustatio. Una serie di antipasti (uova, insalata, funghi, olive, crostacei, salsicce, cetrioli, tartufi e salse varie), accompagnati dal mulsum, cioè da vino misto a miele oppure annacquato.
  • Prima mensa. Era costituita da varie portate di pesce, uccelli (gru, pavone, fenicottero, pappagallo), carni di manzo, agnello e maiale, oltre a tutti i tipi di cacciagione. Vi erano poi carne di orso e di ghiro, considerata una vera ghiottoneria.
  • Secunda mensa. Era più o meno un “dessert” , a base di frutta fresca e secca e dolci al miele.

Durante il banchetto, i commensali parlavano, discutevano di politica e di affari; assistevano alle recite e alle danze dei mimi; ascoltavano la musica dei suonatori di flauto e di cetra.

Si mangiava sdraiati sui letti, coperti con tappeti e cuscini, disposti su tre lati della sala da pranzo, detta triclinium. Gli schiavi servivano a tavola.

I cibi si prendevano con le punta delle dita per non ungersi troppo o con un cucchiaio.

Terminato il banchetto, i commensali si congedavano. Portavano con sè nel linteum (grande tovagliolo di lino) gli avanzi del pasto, insieme con i piccoli regali (apophoretea) avuti in dono dal padrone di casa.

 

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