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Chiare fresche et dolci acque- Petrarca

Analisi della canzone "Chiare fresche et dolci acque" di Petrarca
Materia

Lingua e Letteratura Italiana (Linguistico)

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Corso di laureaAnno

Liceo

3
Anno accademico: 2018/2019
Autorebaldi, giusso, razzetti
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Università degli Studi di Bari Aldo Moro

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IL CANZONIERE

Chiare, fresche et dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna; gentil ramo ove piacque (con sospir’ mi rimembra) a lei di fare al bel fiancho colonna; herba et fior’ che la gonna leggiadra ricoverse co l’angelico seno; aere sacro, sereno, ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse: date udÔenzia insieme a le dolenti mie parole extreme.

S’egli è pur mio destino, e ’l cielo in ciÚ s’adopra, ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda, qualche gratia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l’alma al proprio albergo ignuda. La morte fia men cruda se questa spene porto a quel dubbioso passo: chÈ lo spirito lasso non poria mai in pi ̆ riposato porto nÈ in pi ̆ tranquilla fossa fuggir la carne travagliata et l’ossa.

Tempo verr‡ anchor forse ch’a l’usato soggiorno torni la fera bella et mans ̧eta, et là ’v’ella mi scorse nel benedetto giorno, volga la vista disÔosa et lieta, cercandomi: et, o pieta!, gi‡ terra in fra le pietre vedendo, Amor l’inspiri in guisa che sospiri

sÏ dolcemente che mercÈ m’impetre, et faccia forza al cielo, asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da’ be’ rami scendea (dolce ne la memoria) una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo; et ella si sedea humile in tanta gloria, coverta gi‡ de l’amoroso nembo. Qual fior cadea sul lembo, qual su le treccie bionde, ch’oro forbito et perle eran quel dÏ a vederle; qual si posava in terra, et qual su l’onde; qual con un vago errore girando parea dir: Qui regna Amore.

Quante volte diss’io allor pien di spavento: Costei per fermo nacque in paradiso. CosÏ carco d’oblio il divin portamento e ’l volto e le parole e ’l dolce riso m’aveano, et sÏ diviso da l’imagine vera, ch’i’ dicea sospirando: Qui come venn’io, o quando?; credendo esser in ciel, non l‡ dov’era. Da indi in qua mi piace questa herba sÏ, ch’altrove non Ú pace.

Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia, poresti arditamente uscir del boscho, et gir in fra la gente.

O acque limpide, fresche e dolci, dove colei che sola sembra a me una donna bagnÚ le belle membra; o nobile ramo, dove a lei piacque (e lo ricordo tra i sospiri) appoggiare il bel fianco come a una colonna; o erba e fiori che la sua gonna leggiadra ricoprÏ col suo bellissimo seno; o aria sacra, pura, dove l'Amore mi colpÏ il cuore attraverso i begli occhi: date tutti insieme ascolto alle ultime mie parole addolorate. Se Ë davvero il mio destino, e il cielo si adopera per questo, che l'Amore chiuda i miei occhi [mi uccida] tra le lacrime, una qualche grazia ricopra il mio misero corpo tra di voi [possa essere sepolto in questo luogo] e l'anima ritorni nuda alla sua sede [in cielo]. La morte sar‡ meno crudele se conservo questa speranza in quel momento dubbioso: infatti il mio spirito affranto non

amore).

Il ricordo di Laura sulle rive del Sorga Ë una descrizione idilliaca e ricca di immagini tratte dalla tradizione classica, in cui Laura sembra pi ̆ una divinit‡ pagana che non la "donna-angelo" di ispirazione stilnovista: la donna siede morbidamente sull'erba con la "gonna / leggiadra", mentre dai rami degli alberi scende una pioggia di fiori simile a un "amoroso nembo" che si posano su di lei e sugli elementi del paesaggio con un leggiadro volteggiare, con una ripresa di immagini della mitologia classica (il dio Amore, la simbologia dei petali...) che, a differenza dei poeti precedenti, sono del tutto sganciate da qualunque spiritualizzazione, fanno da sfondo a un amore terreno e dalle implicazioni sensuali inequivocabili (al v. 9 l'"angelico seno" Ë proprio il seno di Laura appoggiato all'erba, per cui la donna Ë mostrata nella sua nudit‡ e con la bellezza seducente del suo giovane corpo). La scena sar‡ ripresa, pur con alcune varianti, da Poliziano nelle Stanze (I, 37 ss.), quando Iulio durante una battuta di caccia incontra una ninfa di cui si innamora per l'azione di Cupido.

(C’è una descrizione di Laura come donna crudele che non ricambia il poeta, qualificando l'amore di Petrarca come infelice e senza speranza)

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IL CANZONIERE
Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
date udïenzia insieme
a le dolenti mie parole extreme.
S’egli è pur mio destino,
e ’l cielo in cs’adopra,
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l’alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
ché lo spirito lasso
non poria mai in più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l’ossa.
Tempo verrà anchor forse
ch’a l’usato soggiorno
torni la fera bella et mansüeta,
et là ’v’ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disïosa et lieta,
cercandomi: et, o pieta!,
già terra in fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri
in guisa che sospiri