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Cos’è il peccato

mani legate

 

Nell’immaginario comune “peccare” significa venir meno agli standard morali di un sistema religioso consolidato nei secoli, un sistema che ha generato nel tempo contese, emarginazioni, scandali e in generale divisioni di pensiero.

 

Avendo paura di turbare la suscettibilità di chi ci ascolta, a volte risulta difficile parlare di grazia e di perdono senza trattare la “questione peccato”, ma omettere questa realtà è davvero una scelta opportuna?

 

Per comprendere meglio questa tematica essenziale della dottrina della salvezza e per evitare di trasmettere un messaggio di condanna ai nostri amici, cercheremo di rispondere alla domanda: che cos’è il peccato?

 

Origine e significato

 

Nella Bibbia troviamo vari termini per definire il peccato: violazione della legge divina (1 Giovanni 4:6), debito (Matteo 6:12), disubbidienza (Ebrei 2:2), empietà (Romani 11:12), caduta (Efesini 1:7); tuttavia, quello più usato deriva da una parola ebraica resa nel greco del Nuovo Testamento con hamartía, che significa letteralmente fallire il bersaglio. Dunque biblicamente il concetto di peccato non ci viene presentato soltanto come un’offesa a Dio, ma soprattutto come il venir meno al proposito di Dio per noi, allo scopo per cui siamo stati creati.

 

Nel libro di Genesi viene descritta l’intera creazione di Dio ma anche come il peccato vi si è introdotto. L’uomo è stato creato con lo scopo di avere una relazione con Dio e per questo gli è stata conferita una natura simile alla Sua: “poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza,…»” (Genesi 1:26).

 

Questa natura pura si è però corrotta a causa di quello che molti definiscono peccato originale, cioè quando i primi uomini, Adamo ed Eva, hanno rifiutato il proposito di Dio per loro: “mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai.” (Genesi 2:16,17).

 

Infatti questa prova non consisteva semplicemente nell’evitare di mangiare un frutto, quanto di scegliere di fidarsi di Dio e di avere comunione con Lui invece di credere alle insinuazioni del serpente che gli prospettò un futuro apparentemente più vantaggioso (Genesi 3:1-6). Tuttavia, com’è noto, essi scelsero di disubbidire e andarono incontro alla morte.

 

Effetti del peccato

 

Adamo ed Eva, avendo fallito il loro bersaglio, si resero colpevoli della rovina della creazione, una rovina che tuttora ha effetti sull’uomo.

 

Da quel momento il nostro essere è contaminato dal male: la morte fisica (Ebrei 9:27), spirituale ed eterna (Efesini 2:1; Romani 6:23; Giacomo 1:15; Apocalisse 21:8); la corruzione morale e fisica (Geremia 17:9; Genesi 6:12); la maledizione (Galati 3:10); l’inimicizia contro Dio (Romani 8:7-8), si sono insinuate nel mondo e tentano di allontanare l’uomo dal proposito per cui Dio l’ha creato.

 

Dunque il peccato è uno stato, proprio di ciascun uomo in quanto tale: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23); ma è anche un atto della volontà dell’individuo, motivi per cui non esiste nessun essere umano che sia giusto davanti a Dio (Romani 3:9-12).

 

E se peccare significa fallire il centro, per cui non importa di quanto lo si manchi per essere sconfitti, non esiste uomo che non abbia bisogno del perdono di Dio.

 

Vittoria sul peccato

 

Quando i primi uomini peccarono, soffrirono le conseguenze della loro disubbidienza ma non furono abbandonati da Dio. Prima ancora di essere cacciati dal giardino, Egli li vestì: “Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì.” (Genesi 3:21).

 

Quelle tuniche di pelle, frutto di un sacrificio animale, rappresentano la volontà di Dio di continuare ad amare l’uomo provvedendo sin da principio un piano di salvezza che gli consentisse finalmente di cogliere quel bersaglio: riconciliarsi con Dio e avere comunione con Lui per l’eternità.

 

Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. […] Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.” (Romani 5:8, 10).

 

Dunque questo piano si è compiuto perfettamente nel sacrificio sulla croce di Gesù Cristo, l’Unico che senza conoscere peccato ha potuto vincerlo, assicurando a chiunque crede in Lui il perdono di tutti i peccati e la vita eterna (2 Corinzi 5:21; I Giovanni 1:7; Ebrei 9:26).

 

Questo significa che il credente, attraverso la fede in quel sacrificio, non solo viene liberato dallo “stato di peccato” ma può essere liberato anche dalla potenza del peccato che continuerà a tentare l’uomo finché avrà vita per cercare di allontanarlo da Dio.

 

Cercando di cogliere il sentimento di Dio, realizziamo che il peccato non è un metro di giudizio né un criterio di esclusione, ma un problema da risolvere. Dio ama il peccatore e non desidera altro che ristabilire completamente l’immagine e la somiglianza divina e la comunione con Lui per cui siamo stati creati.

 

Il peccato ha separato l’uomo da Dio, ma Dio si è avvicinato all’uomo venendo sulla terra come vero uomo e vero Dio, cancellando ogni peccato grazie all’opera sulla croce del Calvario.

 

Luca Alboreto

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