In tema di recupero sottotetto, due sentenze forniscono indicazioni sui possibili profili di illegittimità di interventi di recupero e modifica, con sopraelevazione e aumento della volumetria dell’edificio.
Recupero sottotetto: la modifica dell’altezza dell’edificio crea “nuova costruzione”
Sul primo aspetto, il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 7029 del 19 ottobre 2021, ha stabilito che laddove vi sia una modifica anche solo dell’altezza dell’edificio, sono ravvisabili gli estremi della nuova costruzione, da considerare tale anche ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui.
La sentenza risolve un contenzioso tra confinanti riguardante il recupero abitativo di un sottotetto che aveva realizzato un volume in sopraelevazione a meno di 10 metri dalla parete finestrata dell’edificio del vicino, con una veduta diretta, in contrasto con la disciplina civilistica di settore e violando l’art. 9 dm 1444/1968, che prescrive una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro.
La norma citata è una disposizione tassativa ed inderogabile, che impone al proprietario dell’area confinante con il muro finestrato altrui di costruire il proprio edificio ad almeno dieci metri da quello, senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella antistante.
Le distanze valgono anche per le sopraelevazioni
Il Consiglio di Stato, quindi, ha dato torto al Comune che riteneva legittimo l’intervento edilizio per modesta modifica di altezza non impattante sulla veduta del vicino, mantenendosi la sopraelevazione ad una quota più bassa, ribadendo che una modifica anche solo dell’altezza dell’edificio (come nel caso in esame) costituisce nuova costruzione, da considerare tale anche ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui.
La regola delle distanze legali tra costruzioni è applicabile anche alle sopraelevazioni; anche in caso di interventi di recupero dei sottotetti a fini abitativi, la distanza minima di dieci metri fra pareti finestrate deve essere rispettata, senza dover accertare se l’edificio, come sopraelevato, raggiunga la quota della finestra del vicino, in quanto ciò che rileva è che si è in presenza di una nuova costruzione, cui consegue l’effetto obbligatorio del rispetto delle distanze di dieci metri tra pareti finestrate e edifici antistanti.
Consiglio di Stato, sentenza n. 7029 del 19 ottobre 2021
Manutenzione ordinaria e straordinaria con mutamento di destinazione d’uso: ci vuole il permesso di costruire
Su un primo ricorso contro il diniego di Cila in sanatoria e il conseguente ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per lavori di ristrutturazione effettuati per il recupero di un sottotetto e per una baracca costruita in giardino, qualificati come interventi di manutenzione straordinaria “inerenti la diversa distribuzione degli spazi interni, tra cui anche l’apposizione di una piccola scala interna per un più comodo accesso a un sottotetto, precedentemente garantito da scala condominiale”, il Tar Campania (Napoli), con la sentenza n. 5446 del 4 agosto 2021, respingendolo, ha stabilito che la realizzazione di una diversa distribuzione degli spazi interni al locale sottotetto mediante tramezzature, nonché la realizzazione dell’impiantistica idrica, elettrica e di una cucina costituiscono opere di manutenzione ordinaria o straordinaria, comportano il mutamento di destinazione d’uso se, come nel caso trattato, il sottotetto non aveva in precedenza una destinazione di tipo abitativo; e sono perciò subordinate al permesso di costruire.
Una mera rimozione o spostamento degli arredi non incide sulla strutturazione del locale, che determina il permanere di una oggettiva destinabilità a fini abitativi, atteso che l’abuso realizzato resta sostanzialmente intatto.
Ampliamento volumetrico dell’edificio preesistente: è ristrutturazione edilizia
La sentenza rigetta anche un secondo ricorso contro il diniego della Cila in sanatoria per l’installazione del cappotto termico tra la perlinatura interna del piano sottotetto ed il manto di tegole, funzionale alla riduzione dei consumi energetici, poiché l’intervento ha realizzato una “modifica delle quote delle falde del locale sottotetto con conseguente aumento della quota di gronda di circa m. 0.40 per complessivi mc 11.87 circa, nonché di mutamento di destinazione dello stesso, da deposito in un’abitazione autonomamente utilizzabile mediante realizzazione di un locale cucina, due bagni, una camera da letto e ingresso soggiorno il tutto previo realizzazione di tramezzature interne, impiantistica e rifiniture per l’utilizzo ad abitazione”.
Dunque, le opere realizzate vanno ben oltre la mera installazione di un cappotto termico, hanno comportato un ampliamento volumetrico dell’edificio preesistente, per cui esse vanno qualificate come intervento di ristrutturazione edilizia, essendo l’aumento di volumetria non consentito nei casi di manutenzione straordinaria.