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Il perdono e lo sradicamento

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 13 settembre 2020

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Scarica il testo della meditazione 

IL PERDONO E LO SRADICAMENTO

Eccoci giunti a Domenica 13 settembre, abbiamo ascoltato questo brano del Vangelo di San Matteo, cap. XVIII, il Vangelo della Domenica di oggi. E’ importante credo comprendere bene che cosa voglia dire:

Perdonare.

Come già vi ho detto altre volte, la Parola di Dio va letta nel suo complesso, non si può mai prendere un’espressione, un testo e farlo ritenere il tutto, va sempre letto nell’insieme. Soprattutto sul tempo del perdono, alle volte mi sembra che ci sia il rischio di cadere in qualche fraintendimento, per questo mi sembra utile leggere con voi un testo di San Francesco d’Assisi:

“Un giorno il Sultano d’Egitto, sottopose a Francesco d’Assisi un’altra questione, dicono le Fonti Francescane:

Il vostro Signore insegna nei Vangeli che voi non dovete rendere male per male e non dovete neppure rifiutare il mantello a chi vuol togliervi la tonaca,dunque voi cristiani non dovreste imbracciare armi e combattere i vostri nemici”.

Rispose San Francesco: “Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Il perdono di cui Cristo parla non è un perdono folle, cieco, incondizionato, ma un perdono meritato.

Gesù infatti ha detto: Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le calpestino e, rivoltandosi, vi sbranino. Infatti il Signore ha voluto dirci che la misericordia va dispensata a tutti, anche a chi non la merita, ma che almeno sia capace di comprenderla e farne frutto, e non a chi è disposto ad errare con la stessa tenacia e convinzione di prima.”

A me sembra che queste parole di San Francesco siano così belle, vere, chiare, così coerenti col Vangelo che è impossibile non capirle all’istante e non farle diventare la nostra vita.

Il perdono di cui parla Gesù non è un perdono a caso, non è come l’acqua che esce dall’innaffiatoio e va a bagnare tutto e tutti, non è folle, non è cieco, non è incondizionato, ma va meritato. Questo “va meritato”, vuol dire che devo almeno, dice San Francesco, avere il merito di comprendere ciò che ricevo e farne frutto, perché se io voglio continuare a fare male, se io voglio continuare la mia vita di peccato, di offesa, di tutto ciò che c’è di sbagliato, questo perdono non ha senso per me. Se questo vale nel rapporto tra Gesù e me, questo vale anche nel rapporto tra me e gli altri. Noi dobbiamo sempre essere disposti a perdonare, ma bisogna vedere bene se la persona che ho davanti merita questo super grande dono. Merita vuol dire, se almeno lo capisce, lo comprende, se almeno lo desidera, perché se no non ha senso. Se è in questa condizione noi siamo chiamati a perdonare sempre, a non fare conti e a perdonare tutto.

Ma se non è in questa condizione, che senso ha? Se neanche lo capisce, che senso ha?

Non dobbiamo conservare rancore, sentimenti negativi, certo, però il perdono non può essere dato a caso.

Prosegue San Francesco:

“Altrove, oltretutto, è detto: Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te. E, con questo, Gesù ha voluto insegnarci che, se anche un uomo ci fosse amico o parente, o perfino fosse a noi caro come la pupilla dell’occhio, dovremmo essere disposti ad allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tentasse di allontanarci dalla fede e dall’amore del nostro Dio.”

Credo che non abbiamo mai veramente riflettuto su queste parole di Gesù in questo modo così vero, così bello come dice qui San Francesco.

Se qualcuno, chiunque esso sia, cerca di allontanarci dalla fede, cerca di distrarci dall’Amore per Dio, se qualcuno si pone come inciampo, come ostacolo nel nostro rapporto col Signore, San Francesco ci dice, che noi dobbiamo essere disposti a sradicarlo da noi e dalla nostra vita, fosse anche amico o parente, o persino fosse a noi caro come la pupilla dell’occhio. Questo chiede una libertà interiore incredibile, una libertà interiore senza confini e un amore per Gesù senza confini. Niente vale tanto quanto la fede e l’amore per Dio. Se anche questa persona ci fosse cara più della pupilla dell’occhio, noi dobbiamo essere pronti a sradicarlo da noi, ad allontanarlo, se tentasse di..

Invece noi diciamo:

“Ma devo perdonarlo, devo chiudere un occhio, così facendo porto la mia croce..”

Mi sembra che alle volte ci voglia più coraggio, ci voglia più capacità di soffrire e bisogna essere più disposti a portare la Croce se si vive come vive San Francesco, che non a fare i finti martiri. I finti martiri, sono coloro che sembrano martiri, i martiri sono i testimoni, ma in realtà sono martiri della propria paura, martiri della propria vigliaccheria, del consenso, della finta pace, del non volere avere problema, ma tutto questo non c’entra con l’amore per Dio, sembra che lo si faccia per amore del Signore, ma in realtà lo si fa per amore nostro, per egoismo personale.

Mi sembra di sentire alcune domande:

“E ma allora..? Devo fare questo..devo fare quello?”

Quando ci nasce la domanda:

“E ma allora..”

Vuol dire che non abbiamo ancora capito nulla, perché prima di tutto queste parole di San Francesco vanno comprese, vanno meditate, vanno sentite all’interno della nostra anima come se fossero musica. E quando noi le sentiamo come se fossero musica non c’è “e ma allora..” c’è semplicemente:

“Sì è vero, le cose stanno così”

E da solo, come un’equazione, capisco immediatamente cosa devo fare nella mia vita, quando non lo faccio, se noi guardiamo attentamente il perché, il perché è sempre “un perché che mi salva”, il vero perché è sempre legato al mio tornaconto, al mio interesse, non a Gesù, e per questo motivo molti poi rischiano di allontanarsi dal Signore, di perdere la fede, di non pregare più, perché non hanno avuto il coraggio di sradicare, come dice Gesù:

“Di cavarsi l’occhio”

“Meglio entrare in Cielo con un occhio solo che con due andare nella Geenna” dice Gesù.

Dobbiamo essere disposti a perdere le persone, e dobbiamo essere disposti a lasciare le persone, pur di non perdere Dio.

A me sembra che questo testo di San Francesco possa essere per noi oggi fonte di grande meditazione e ci possa aiutare a comprendere meglio il significato e il valore del perdono. Vi auguro di cuore una santa Domenica e imploro su ciascuno di voi la benedizione di Dio:

E per intercessione di Maria Santissima vi benedica Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo.

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

VANGELO (Mt 18,21-35)
Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

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