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Il teatro certamente

Dialogo con Giuseppe Dipasquale



Autore Andrea Camilleri
Prezzo € 14,00
Pagine 232
Data di pubblicazione 5 settembre 2023
Editore Sellerio
Collana Il divano n.336
e-book € 9,99 (formato epub, protezione acs4)



Andrea Camilleri e la sua idea di teatro, le sue esperienze di regia, le lezioni, il rapporto con generazioni di giovani allievi. Una narrazione scorrevole tra ricordi, discussioni teoriche, esempi di messa in scena si snocciola in questa appassionante conversazione tra il Maestro e Giuseppe Dipasquale, suo allievo all’Accademia Silvio d’Amico poi regista e autore teatrale.

Giuseppe Dipasquale racconta Il teatro certamente

“Il teatro certamente” racconta l’intensa amicizia tra Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, suo allievo all’Accademia Silvio d’Amico, diventato poi regista e autore teatrale. Un’intesa speciale che li ha portati, anni dopo, a collaborare e adattare per il palcoscenico numerose opere. Camilleri è stato un grande scrittore, sceneggiatore e regista teatrale e fu proprio grazie a una commedia che la sua vita subì una svolta significativa: nel 1948 il testo che aveva creato per il Premio Faber gli garantì l'accesso all'Accademia d'Arte Drammatica Silvio d'Amico, aprendogli le porte verso una lunga carriera. Attraverso il dialogo con Dipasquale emergono così l'essenza del teatro di Camilleri, le sue preziose esperienze come regista e le opere portate sul palcoscenico. Ai racconti degli episodi del passato si alternano discussioni teoriche ed emerge, oltretutto, un aspetto poco approfondito del suo talento: il ruolo di Camilleri come Maestro. Dipasquale lo ricorda con affetto descrivendo le lezioni, il rapporto che aveva con i suoi allievi e l'ironia e la generosità con cui riusciva a conquistare il cuore dei suoi studenti. Il libro diventa un vero e proprio racconto sul teatro e un sentito omaggio a un artista universalmente riconosciuto per la sua straordinaria abilità nel narrare e far rivivere le storie in modo magistrale.

Il teatro certamente è un libro di conversazioni. Gli interlocutori sono un ex e devoto allievo dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, il regista Giuseppe Dipasquale, e il suo maestro di regia teatrale, Andrea Camilleri, con la sua sapiente e collaborativa sovranità. Discutono su quella che Camilleri chiama «dicibilità teatrale»: su come «trasformare le cose scritte in cose dette»; sulla teatralizzazione o trasposizione teatrale, in sostanza, di testi narrativi dello stesso Camilleri o di Pirandello. Nel libro, la pulizia del dettato è pari alla profondità delle analisi. Dipasquale legge le opere di Camilleri, e Camilleri legge se stesso. Le letture a volte divergono. Ma Camilleri lascia sempre libertà di giudizio. Il maestro scava nei ricordi. «Noi avevamo davvero timore delle critiche che potevano decretare il successo o l’insuccesso di uno spettacolo. Ora, purtroppo, è un mero resoconto della serata... Questo, se vogliamo, avviene anche in letteratura dove abbiamo i recensori e i critici. Ecco, una volta i critici erano davvero critici e basta»; opportuni sempre, anche quando stroncavano. Si può leggere il libro come un discreto e suggestivo scorcio biografico. Non è nata la prima, inarrivabile biografia della letteratura europea, la settecentesca Vita di Samuel Johnson scritta da James Boswell, dall’elaborazione delle conversazioni del grande critico letterario trascritte dall’inseparabile biografo?
Salvatore Silvano Nigro


“Al provino di regia mi salvò Gassman”
Allora l’esame di Regia consisteva in questo: nel bando di concorso per i registi, c’erano sei titoli di testi teatrali, tu dovevi sceglierne uno e fare una sorta di tesi di laurea ovviamente volta alla messinscena. Poi dovevi allegare anche, che so, i figurini di probabili costumi e probabile scenografia e fare le note sulla recitazione, su come vedevi il personaggio. Insomma una tesi di laurea autentica. Poi c’era: “Storia di un personaggio”. Potevi scegliere Don Giovanni o Antigone e descrivere la sua trasformazione attraverso i testi teatrali. Infine c’era una scena da recitare. Allora io non conoscevo nessuno della commissione, li conoscevo solo di nome: Silvio d’Amico, Orazio Costa... Quindi mi presentai in questo ottobre romano bellissimo del ’49, al teatrino di via Vittoria, in un buio totale, solo il palcoscenico illuminato e in platea, davanti alla prima fila, un lungo tavolo con quelle lampade, sai, che fanno un alone di luce sul piano ma non diffondono niente intorno. Non vedevo chi era seduto a quel tavolo. Allora d’Amico disse: “Vada in palcoscenico e reciti la scena”. Io risposi: “Non ho preparato nessuna scena”. “Perché?” fece lui. “Perché non ritengo che il regista debba necessaria mente saper recitare” affermai spavaldamente. “Lei non deve ritenere nulla, deve attenersi al bando di concorso, io potrei escluderla!”.
“E va bene, mi escluda, signor d’Amico…”. Non sapevo allora che bisognava chiamarlo Presidente. “No, non la escludo. Le do due ore di tempo, noi esaminiamo altri e lei in due ore prepara la scena!”. Poi voltandosi verso la sala buia continuò: “C’è qualcuno che vuole aiutare questo qui…?”. Scoprii allora che la platea era gremita di ex allievi. E una splendida voce disse: “L’aiuto io!”. Si alzò un ragazzo alto, bello, lo riconobbi, era Vittorio Gassman. Passando davanti al tavolo prese un numero de Il Dramma e disse: “Andiamo”. Andammo nei camerini. Il testo che aveva preso a caso era Arsenico e vecchi merletti. Scegliemmo una scena e in due ore lui mi insegnò come farla. Ritornammo quindi in palcoscenico e recitammo la scena. Lui, Gassman, non solo diceva a me le sue battute, ma mi suggeriva anche quelle che dovevo dire io. Ad un certo punto d’Amico ci fermò: “Basta così, grazie Vittorio. Lei non teorizzi il fatto che è un cane e che non sa recitare. Non cerchi di fare una teoria del fatto che non sa recitare, venga giù!”.
Principio sì giulivo, ben conduce. Mi sedetti davanti a Costa, che iniziò subito una sorta di sventramento sistematico, una specie di tortura dell’Inquisizione che si concluse due ore dopo. A un certo punto mi chiese: “Se lei avesse i soldi per mettere in scena l’opera che più le sta a cuore, quale sceglierebbe?”. Lui si aspettava che dicessi Faust, I sette contro Tebe, io candido risposi invece La vedova allegra, che Costa vedeva come il Diavolo. L’esame si concluse con questa frase di Costa: “Sappia che nulla di quello che lei ha detto o scritto è condiviso da me”. Me ne andai sconsolato, sicuro di non avercela fatta. Restai a Roma. Due settimane dopo venni rintracciato da mio padre che diceva che mi dovevo presentare in Accademia, ero stato ammesso. Arrivai in ritardo e mi incontrai subito con Costa. Ero l’unico allievo regista ammesso. Mi fulminò chiedendomi per ché così in ritardo. Mi giustificai ricordandogli la frase con la quale mi aveva congedato e che mi aveva fatto pensare di non essere stato ammesso. Allora lui, severo, ma preciso, mi fulminò una seconda volta: “Il fatto che io non abbia con diviso le sue idee non voleva dire che erano stupide! Voleva solo dire che non le avevo condivise”.
Andrea Camilleri

(Il brano sopra riportato è stato pubblicato su il Fatto Quotidiano del 7 ottobre 2023)


Foto di Elisabetta - Camilleri Fans Club

Il 6 settembre 2023, giorno del 98esimo compleanno di Andrea Camilleri, il libro è stato presentato presso il Fondo Andrea Camilleri da Giuseppe DipasqualeNinni Bruschetta e Gaetano Savatteri. Alessio Vassallo ha letto alcuni brani.



 



Last modified Friday, December, 01, 2023