Andrea Camilleri e la sua idea di teatro, le sue esperienze di regia, le lezioni, il rapporto con generazioni di giovani allievi. Una narrazione scorrevole tra ricordi, discussioni teoriche, esempi di messa in scena si snocciola in questa appassionante conversazione tra il Maestro e Giuseppe Dipasquale, suo allievo all’Accademia Silvio d’Amico poi regista e autore teatrale.
“Il teatro certamente” racconta l’intensa amicizia tra Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, suo allievo all’Accademia Silvio d’Amico, diventato poi regista e autore teatrale. Un’intesa speciale che li ha portati, anni dopo, a collaborare e adattare per il palcoscenico numerose opere. Camilleri è stato un grande scrittore, sceneggiatore e regista teatrale e fu proprio grazie a una commedia che la sua vita subì una svolta significativa: nel 1948 il testo che aveva creato per il Premio Faber gli garantì l'accesso all'Accademia d'Arte Drammatica Silvio d'Amico, aprendogli le porte verso una lunga carriera. Attraverso il dialogo con Dipasquale emergono così l'essenza del teatro di Camilleri, le sue preziose esperienze come regista e le opere portate sul palcoscenico. Ai racconti degli episodi del passato si alternano discussioni teoriche ed emerge, oltretutto, un aspetto poco approfondito del suo talento: il ruolo di Camilleri come Maestro. Dipasquale lo ricorda con affetto descrivendo le lezioni, il rapporto che aveva con i suoi allievi e l'ironia e la generosità con cui riusciva a conquistare il cuore dei suoi studenti. Il libro diventa un vero e proprio racconto sul teatro e un sentito omaggio a un artista universalmente riconosciuto per la sua straordinaria abilità nel narrare e far rivivere le storie in modo magistrale.
Il teatro certamente è un libro di conversazioni. Gli interlocutori sono un ex e devoto allievo dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, il regista Giuseppe Dipasquale, e il suo maestro di regia teatrale, Andrea Camilleri, con la sua sapiente e collaborativa sovranità. Discutono su quella che Camilleri chiama «dicibilità teatrale»: su come «trasformare le cose scritte in cose dette»; sulla teatralizzazione o trasposizione teatrale, in sostanza, di testi narrativi dello stesso Camilleri o di Pirandello. Nel libro, la pulizia del dettato è pari alla profondità delle analisi. Dipasquale legge le opere di Camilleri, e Camilleri legge se stesso. Le letture a volte divergono. Ma Camilleri lascia sempre libertà di giudizio. Il maestro scava nei ricordi. «Noi avevamo davvero timore delle critiche che potevano decretare il successo o l’insuccesso di uno spettacolo. Ora, purtroppo, è un mero resoconto della serata... Questo, se vogliamo, avviene anche in letteratura dove abbiamo i recensori e i critici. Ecco, una volta i critici erano davvero critici e basta»; opportuni sempre, anche quando stroncavano. Si può leggere il libro come un discreto e suggestivo scorcio biografico. Non è nata la prima, inarrivabile biografia della letteratura europea, la settecentesca Vita di Samuel Johnson scritta da James Boswell, dall’elaborazione delle conversazioni del grande critico letterario trascritte dall’inseparabile biografo? Salvatore Silvano Nigro
“Al provino di regia mi salvò Gassman”
Allora l’esame di Regia
consisteva in questo: nel bando di concorso per i registi, c’erano sei titoli di
testi teatrali, tu dovevi sceglierne uno e fare una sorta di tesi di laurea
ovviamente volta alla messinscena. Poi dovevi allegare anche, che so, i figurini
di probabili costumi e probabile scenografia e fare le note sulla recitazione,
su come vedevi il personaggio. Insomma una tesi di laurea autentica. Poi c’era:
“Storia di un personaggio”. Potevi scegliere Don Giovanni o Antigone e
descrivere la sua trasformazione attraverso i testi teatrali. Infine c’era una
scena da recitare. Allora io non conoscevo nessuno della commissione, li
conoscevo solo di nome: Silvio d’Amico, Orazio Costa... Quindi mi presentai in
questo ottobre romano bellissimo del ’49, al teatrino di via Vittoria, in un
buio totale, solo il palcoscenico illuminato e in platea, davanti alla prima
fila, un lungo tavolo con quelle lampade, sai, che fanno un alone di luce sul
piano ma non diffondono niente intorno. Non vedevo chi era seduto a quel tavolo.
Allora d’Amico disse: “Vada in palcoscenico e reciti la scena”. Io risposi: “Non
ho preparato nessuna scena”. “Perché?” fece lui. “Perché non ritengo che il
regista debba necessaria mente saper recitare” affermai spavaldamente. “Lei non
deve ritenere nulla, deve attenersi al bando di concorso, io potrei
escluderla!”.
“E va bene, mi escluda, signor
d’Amico…”. Non sapevo allora che bisognava chiamarlo Presidente. “No, non la
escludo. Le do due ore di tempo, noi esaminiamo altri e lei in due ore prepara
la scena!”. Poi voltandosi verso la sala buia continuò: “C’è qualcuno che vuole
aiutare questo qui…?”. Scoprii allora che la platea era gremita di ex allievi. E
una splendida voce disse: “L’aiuto io!”. Si alzò un ragazzo alto, bello, lo
riconobbi, era Vittorio Gassman. Passando davanti al tavolo prese un numero de
Il Dramma e disse: “Andiamo”. Andammo nei camerini. Il testo che aveva
preso a caso era Arsenico e vecchi merletti. Scegliemmo una scena e in
due ore lui mi insegnò come farla. Ritornammo quindi in palcoscenico e recitammo
la scena. Lui, Gassman, non solo diceva a me le sue battute, ma mi suggeriva
anche quelle che dovevo dire io. Ad un certo punto d’Amico ci fermò: “Basta
così, grazie Vittorio. Lei non teorizzi il fatto che è un cane e che non sa
recitare. Non cerchi di fare una teoria del fatto che non sa recitare, venga
giù!”.
Principio sì giulivo, ben conduce.
Mi sedetti davanti a Costa, che iniziò subito una sorta di sventramento
sistematico, una specie di tortura dell’Inquisizione che si concluse due ore
dopo. A un certo punto mi chiese: “Se lei avesse i soldi per mettere in scena
l’opera che più le sta a cuore, quale sceglierebbe?”. Lui si aspettava che
dicessi Faust, I sette contro Tebe, io candido risposi invece
La vedova allegra, che Costa vedeva come il Diavolo. L’esame si concluse con
questa frase di Costa: “Sappia che nulla di quello che lei ha detto o scritto è
condiviso da me”. Me ne andai sconsolato, sicuro di non avercela fatta. Restai a
Roma. Due settimane dopo venni rintracciato da mio padre che diceva che mi
dovevo presentare in Accademia, ero stato ammesso. Arrivai in ritardo e mi
incontrai subito con Costa. Ero l’unico allievo regista ammesso. Mi fulminò
chiedendomi per ché così in ritardo. Mi giustificai ricordandogli la frase con
la quale mi aveva congedato e che mi aveva fatto pensare di non essere stato
ammesso. Allora lui, severo, ma preciso, mi fulminò una seconda volta: “Il fatto
che io non abbia con diviso le sue idee non voleva dire che erano stupide!
Voleva solo dire che non le avevo condivise”.
Andrea Camilleri
(Il brano sopra riportato è stato pubblicato su il Fatto Quotidiano
del 7 ottobre 2023)
Foto di Elisabetta - Camilleri Fans Club
Il 6 settembre
2023, giorno del 98esimo compleanno di Andrea Camilleri, il libro è stato presentato presso il
Fondo Andrea Camillerida
Giuseppe Dipasquale, Ninni
Bruschetta e Gaetano Savatteri.
Alessio Vassallo ha letto alcuni brani.