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MANI TESE SI RACCONTA

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<strong>MANI</strong> <strong>TESE</strong> <strong>SI</strong> <strong>RACCONTA</strong><br />

A cura di Paolo Fulceri, consiglio direttivo dell’associazione<br />

Sono nata nel 1964, non mi ricordo bene in quale giorno ma ricordo bene il luogo: Milano, sede del PIME,<br />

mese di novembre. C’erano i missionari comboniani, i saveriani, i missionari della Consolata e quelli del<br />

Pontificio istituto missioni estere.<br />

Poco dopo sono nata una seconda volta come movimento “Mani Tese” contro la povertà e l’ingiustizia. Le<br />

due entità si unirono da subito in una federazione.<br />

Il motivo era chiaro: occorreva un movimento di laici che si prendesse a cuore i bisogni di solidarietà delle<br />

popolazioni povere a fianco dei missionari. Era chiaro anche il senso: la progressiva decolonizzazione si<br />

lasciava alle spalle un contesto di ingiustizia sempre crescente e si apprestava a sostituire il dominio<br />

politico con il dominio economico ben più sofisticato e con molte meno responsabilità dirette.<br />

Passarono pochi anni e alla sequenza dei popoli che riacquistavano la loro sovranità si affiancavano le<br />

notizie e le immagini di carestia, di profonda miseria e di ingiustizia in cui versavano almeno due terzi<br />

dell’umanità. Allora se da un lato veniva messo in dubbio il senso di un’intera organizzazione mondiale,<br />

dall’altro partirono le denunce sociali: le guerre ebbero in risposta marce per la pace, la fame ebbe in<br />

risposta le marce per la giustizia.<br />

Una profonda riflessione mi investì da dentro, ed i progetti di sviluppo che avevamo scelto di chiamare<br />

“microrealizzazioni” - cioè niente di capace di cambiare il mondo ma progetti concreti in grado di migliorare<br />

qualcosa nel contesto in cui venivano attuati - da sole sembrava non bastassero più.<br />

Furono di grande aiuto il pensiero di Abbé Pierre, che con il movimento di Emmaus trovava nel riciclaggio<br />

dei rifiuti (carta, ferro, oggetti) la sua principale fonte di sostentamento e l’appoggio illuminato di Dom<br />

Helder Camara (vescovo brasiliano), che non mancò mai.<br />

Organizzammo i primi movimenti, i primi campi di lavoro, le prime campagne di solidarietà con il<br />

Bangladesh, il Biafra, il Nicaragua, il Vietnam ed in pochi anni eravamo più di centomila persone.<br />

Il 1976 fu un anno decisivo per la mia vita: furono sciolte le due precedenti entità ed in maggio divenni<br />

Manitese ’76. Smisi di dipendere direttamente dai padri missionari, rimase nello statuto la mia ispirazione<br />

cristiana ma divenne per me importantissimo un principio: “Contro la fame cambia la vita”. Subito dopo la<br />

mia riflessione portò all’assioma: “La fame fonda le sue radici sull’ingiustizia e l’iniquità dei rapporti tra i<br />

popoli”. Una parte del mondo vive nell’opulenza e nello spreco ai danni del resto dell’umanità che non ha<br />

di che sfamarsi.<br />

Riciclare rifiuti e tradurli in risorse con cui finanziare progetti di sviluppo divenne la risposta più centrata a<br />

quello che avevamo da dire. Lavorammo per leggi che riconoscessero il servizio civile internazionale<br />

come obiezione di coscienza, gli organismi di servizio di volontariato. Adottammo pressioni presso la CEE


e organizzammo campagne: per un commercio alternativo nel 1978, la campagna di proposta<br />

dell’obiezione fiscale alle spese militari subito dopo.<br />

Lavorare sul doppio binario sensibilizzazione e microprogetti fu la conseguenza più diretta. Così<br />

importante che lo studio delle cause dello sviluppo, la richiesta di uno stile di vita più sobrio e l’azione di<br />

denuncia sarebbero stati gli unici strumenti in grado di dare ancora un senso ai progetti di sviluppo che<br />

continuavo a sforzarmi di realizzare nei tre continenti più poveri.<br />

Si susseguirono una serie di convegni: La fame interpella l’uomo, La fame interpella l’uomo chi risponde?,<br />

Contro la fame cambia la vita. La conseguenza del lavoro di quegli anni fu la ricerca di uno stile di vita<br />

sobrio, la denuncia delle cause dell’ingiustizia, il finanziamento sporcandosi le mani tra i rifiuti dei progetti.<br />

Il tema della partecipazione alla costruzione di un mondo più giusto fu per anni il riferimento principale. Le<br />

campagne “contro i mercanti di morte”, “avere di meno per essere di più” fecero da sfondo alla vita<br />

associativa. Maturammo le prime linee programmatiche in cui si fa avanti la strategia di sostegno<br />

all’autodeterminazione dei popoli e nei progetti di sviluppo si sostituiscono all’ipotesi dei cooperanti le<br />

associazioni e le organizzazioni non governative locali. La partecipazione interna si organizza con<br />

commissioni aperte ai volontari in cui di raccolgono i bisogni dei partner locali e si mettono a punto le linee<br />

strategiche di intervento per ogni singolo Paese.<br />

Il sostegno alle lotte di liberazione dei popoli andini e degli indios in Centro America, la lotta per la terra dei<br />

senza terra in Brasile, la lotta contro la desertificazione nei Paesi centroafricani dall’altro, il sostegno<br />

contro il lavoro minorile e le lotte per i diritti dei tribali in India fanno da sfondo alle nostre azioni.<br />

In Italia portiamo la Global March, marcia globale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, si diffonde il<br />

commercio equo e si avvia la Banca Popolare Etica, di cui siamo fondatori. Proseguono i campi di lavoro, i<br />

mercatini di riciclaggio e riuso. Con tre convegni monotematici su Africa, America latina e Asia si consolida<br />

il rapporto con i partner secondo il criterio della solidarietà tra popoli impegnati nella costruzione di un<br />

mondo più giusto.<br />

Lo studio delle cause dell’ingiustizia si fa sempre più approfondito ed il tema dello stile di vita come<br />

risposta collettiva ai problemi mondiali sempre più necessario: tematiche come il riuso, il risparmio<br />

energetico, l’incentivazione dell’agricoltura biologica, la finanza etica, il consumo impostato su filiere corte<br />

e gruppi di acquisto solidali, la pratica delle “quattro erre” (riuso, riciclo, riparo, risparmio) rientrano<br />

pienamente in questo quadro.<br />

Lo studio dei meccanismi della finanza internazionale come origine di enormi ingiustizie porta ad ospitare<br />

dal 2002 la Campagna per la riforma della Banca mondiale. Da questo legame strettissimo nascono la<br />

maggior parte delle campagne di questi ultimi anni.<br />

Guardandosi indietro però appare abbastanza evidente come il doppio filone “sostenibilità e cooperazione”<br />

rimangano sostanzialmente gli elementi fondanti per la costruzione di un mondo più giusto ed è su questo<br />

doppio binario che stiamo scommettendo il nostro futuro.

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