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Traccia di Semiografia della Musica - Solfeggio in rete

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CORSO SEMIOGRAFIA – EAR TRAINIG I – BRESCIA 2011<br />

g. g.<br />

<strong>Semiografia</strong> <strong>della</strong> <strong>Musica</strong><br />

cronologia<br />

La traccia qui proposta ha il solo scopo <strong>di</strong> fornire allo studente un percorso s<strong>in</strong>tetico che tocca i momenti<br />

più significativi nello sviluppo <strong>della</strong> notazione. Per l'approfon<strong>di</strong>mento dei <strong>di</strong>versi temi si rimanda alla<br />

bibliografia riportata <strong>in</strong> appen<strong>di</strong>ce.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 1


La notazione musicale può essere sud<strong>di</strong>visa <strong>in</strong> due aspetti:<br />

- scrittura deduttiva (notazione per simboli)<br />

- scrittura <strong>in</strong>duttiva (<strong>in</strong>tavolature, notazione dasiana)<br />

Nel corso <strong>della</strong> storia la notazione musicale si presenta secondo quattro modalità generali:<br />

1 - Alfabetica<br />

2 – Intavolatura (<strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni per l'uso degli strumenti)<br />

3 – Neumi (se <strong>in</strong> campo aperto <strong>in</strong><strong>di</strong>cano la <strong>di</strong>rezione <strong>della</strong> melo<strong>di</strong>a, non l'altezza delle note)<br />

4 – Sillabica (ecfonetica)<br />

Primi esempi<br />

Vecchio Regno egiziano (ca 2700 A.C.)<br />

Rappresentazione pittorica <strong>di</strong> un suonatore e <strong>di</strong> un altro uomo che, con gesti, lo “<strong>di</strong>rige” o lo istruisce sull'uso<br />

dello strumento.<br />

Tavolette cuneiformi del IX sec. che contengono (ipotesi) una notazione musicale. Galp<strong>in</strong> ha tentato una<br />

trascrizione, <strong>in</strong>terpretando i caratteri come rappresentazione delle 22 corde <strong>di</strong> un'arpa (tentativo non<br />

riconosciuto unanimemente). Sachs tenta un'altra <strong>in</strong>terpretazione, senza ottenere consenso da altri stu<strong>di</strong>osi.<br />

Papiri dei sec. VI – V A. C. <strong>in</strong> cui sono raffigurati cerchi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso colore e <strong>di</strong>ametro, che<br />

rappresenterebbero rispettivamente l'altezza dei suoni e la durata (Gulezian).<br />

Notazione greca<br />

I primi esempi storici <strong>di</strong> una notazione musicale compiuta si ritrovano nei frammenti greci conservati f<strong>in</strong>o ad<br />

oggi, e nella trattazione (anche se posteriore) <strong>di</strong> alcuni autori tra i quali: Alipio, Aristide Qu<strong>in</strong>tilliano,<br />

Gaudenzio, ed altri.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 2


La notazione più antica è quella strumentale basata su un alfabeto arcaico (fenicio). Le lettere dell'alfabeto<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>cano le corde <strong>della</strong> Kithara; il carattere è impiegato <strong>in</strong> tre posizioni <strong>di</strong>verse per rappresentare la nota<br />

naturale o le sue alterazioni (tranne il MI e il Sib).<br />

Più recente è la notazione vocale che impiega l'alfabeto ionico classico. Per ogni nota vengono impiegate tre<br />

lettere per il suono naturale, <strong>in</strong>nalzato o abbassato.<br />

Es. Per la nota FA si usavano le lettere A B Γ, per le tre <strong>in</strong>tonazioni <strong>della</strong> nota.<br />

Le due notazioni comprendevano altri segni per <strong>in</strong><strong>di</strong>care gli accenti, le pause e la <strong>di</strong>namica (derivati dai segni<br />

grammaticali).<br />

L'epitaffio <strong>di</strong> Sicilo<br />

L'epitaffio <strong>di</strong> Sicilo (II sec. a.C. - I sec. d. C.) contiene alcuni epigrammi su un certo Seikilos (Sicilo) e una<br />

serie <strong>di</strong> massime, quali: "F<strong>in</strong>ché vivi, sii gioioso, non rattristarti mai oltre misura: la vita è breve e il<br />

Tempo p<strong>rete</strong>nde il suo tributo".<br />

Sopra queste massime è possibile riconoscere una melo<strong>di</strong>a <strong>in</strong> modo frigio, <strong>in</strong> notazione alfabetica.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 3


Epoca Romana<br />

I romani adottarono la notazione alfabetica greca traslitterando l'alfabeto nella grafia lat<strong>in</strong>a.<br />

La cultura romana non offre particolari contributi allo sviluppo musicale. Solo nel V sec. Boezio (preceduto<br />

da una trattazione teorica dei Mo<strong>di</strong> greci <strong>di</strong> Tolomeo nel II sec.) compie un'analisi sistematica dei Mo<strong>di</strong><br />

greci e ne propone una <strong>in</strong>terpretazione propria.<br />

In generale la notazione musicale occidentale (propriamente rivolta alla pratica) rivela un'aff<strong>in</strong>ità <strong>di</strong>retta con<br />

il sistema che si sviluppò <strong>in</strong> Oriente partendo dall'impiego degli accenti grammaticali.<br />

Bisanzio<br />

La gran parte la musica bizant<strong>in</strong>a è rappresentata da canti liturgici su poesia libera (Inni). Il canto è omofono,<br />

<strong>di</strong>atonico con ritmo libero. La notazione prende spunto dai segni <strong>di</strong> punteggiatura degli scritti <strong>della</strong> Grecia<br />

del tardo periodo.<br />

Primi esempi nel IX sec. notazione ecfonetica, ovvero l'uso <strong>di</strong> un piccolo numero <strong>di</strong> simboli che<br />

rappresentano brevi formule melo<strong>di</strong>che stereotipate.<br />

Tali simboli sono <strong>in</strong>decifrabili, perché rappresentando la tendenza verso l'alto o il basso <strong>della</strong> l<strong>in</strong>ea melo<strong>di</strong>ca,<br />

ma non l'altezza delle note. La presenza <strong>di</strong> coppie <strong>di</strong> simboli posti all'<strong>in</strong>izio e al term<strong>in</strong>e del verso fanno<br />

pensare ad una forma simile ai toni salmo<strong>di</strong>ci del Canto Gregoriano.<br />

Nel XII sec. compaiono co<strong>di</strong>ci <strong>in</strong> notazione Me<strong>di</strong>a (o Tonda). Sono <strong>in</strong>trodotti nuovi simboli che <strong>in</strong><strong>di</strong>cano il<br />

movimento <strong>in</strong> unisono, un grado verso l'alto o un grado verso il basso:<br />

Ison ے unisono<br />

Oligon ▬ seconda ascendente<br />

Apotrophos ﺭ seconda <strong>di</strong>scendente<br />

Notazione Kukuzeliana (dal 1400), da Kukuzelis , musicista attivo nel sec. XIV, che <strong>in</strong>trodusse nuovi segni).<br />

All'<strong>in</strong>izio del XVIII sec. furono immessi elementi turchi e arabi che compromisero la tra<strong>di</strong>zione <strong>della</strong><br />

notazione antica.<br />

Inf<strong>in</strong>e nel XIX sec. La notazione fu riportata alle orig<strong>in</strong>i. Ancora oggi è la scrittura impiegata nella Liturgia<br />

<strong>della</strong> Chiesa greca ortodossa.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 4


Notazione del Canto Gregoriano<br />

La sistemazione del canto liturgico <strong>della</strong> Chiesa romana, compiuta da San Gregorio Magno (590-604) è da<br />

considerarsi, per molti aspetti, il fondamento per i successivi sviluppi delle forme musicali dell'Occidente.<br />

L'Antifonario contiene tutti i canti <strong>della</strong> Liturgia gregoriana. I manoscritti più antichi sono a San Gallo <strong>in</strong><br />

Svizzera, altri si trovano <strong>in</strong> vari monasteri d'Europa: manoscritti <strong>di</strong> Metz (canto mess<strong>in</strong>o), <strong>di</strong> Milano (liturgia<br />

ambrosiana), notazione Cass<strong>in</strong>o Beneventana (grande perizia grafica), Nonantola, e molti altri.<br />

Gli stu<strong>di</strong>osi <strong>della</strong> materia <strong>in</strong><strong>di</strong>viduano f<strong>in</strong>o a 15 famiglie <strong>della</strong> notazione gregoriana <strong>in</strong> base allo stile grafico,<br />

alla tipologia dei neumi, e ad altre caratteristiche che ne testimoniano la peculiarità.<br />

Come la notazione bizant<strong>in</strong>a anche la notazione gregoriana si riferisce agli accenti grammaticali <strong>della</strong><br />

letteratura greca e lat<strong>in</strong>a. Gli accenti comb<strong>in</strong>ati tra loro danno orig<strong>in</strong>e a neumi (segni) <strong>di</strong> 2 o 3 note. Esistono<br />

neumi <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 3 note, altri che <strong>in</strong><strong>di</strong>cano vari mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esecuzione: tremolo, staccato, vibrato, ecc.<br />

La scrittura neumatica Aquitana (XI-XII sec.) <strong>in</strong>troduce i neumi quadrati. Questa grafia verrà poi ripresa<br />

nello stile gotico e avrà successivi sviluppi verso la notazione mensurale.<br />

Notazione<br />

Sangallese<br />

Notazione<br />

Aquitana<br />

Notazione<br />

quadrata<br />

Aspetto ritmico<br />

L'<strong>in</strong>terpretazione del ritmo nella scrittura neumatica è <strong>di</strong>visa su due posizioni:<br />

gli accentualisti sostengono che esista un valore base <strong>di</strong> tempo e suggeriscono <strong>di</strong> organizzare le melo<strong>di</strong>e<br />

<strong>in</strong>torno all'accento del testo.<br />

I mensuralisti sostengono l'esistenza <strong>di</strong> due valori <strong>di</strong> tempo: lungo e breve (riferimento alla metrica classica).<br />

Tra questi ultimi i monaci <strong>di</strong> Solesmes che sono a tutt'oggi considerati gli <strong>in</strong>terpreti ufficiali <strong>della</strong> Chiesa<br />

Cattolica romana.<br />

Nella notazione a<strong>di</strong>astematica i neumi sono scritti <strong>in</strong> campo aperto sopra il testo, non specifica qu<strong>in</strong><strong>di</strong><br />

l'altezza assoluta <strong>della</strong> nota, ma soltanto la formulazione melo<strong>di</strong>ca (viene anche def<strong>in</strong>ita chironomica, dal<br />

gesto del <strong>di</strong>rettore del coro). Nel XI sec. si trovano manoscritti particolarmente accurati nell'<strong>in</strong><strong>di</strong>care con<br />

posizioni più o meno alte dei neumi l'ampiezza degli <strong>in</strong>tervalli.<br />

Si trovano anche alcuni esempi <strong>di</strong> “Litterae Signifcativae”, segni che, poste all'<strong>in</strong>izio del brano, <strong>in</strong><strong>di</strong>cano la<br />

nota <strong>di</strong> <strong>in</strong>tonazione.<br />

Alcuni manoscritti recano l<strong>in</strong>ee tracciate a secco o colorate (Fa - rosso, Do - giallo), dalle quali si poteva<br />

desumere l'ampiezza dell'<strong>in</strong>tervallo da <strong>in</strong>tonare.<br />

L'<strong>in</strong>troduzione sistematica del rigo musicale avviene per opera <strong>di</strong> Guido d'Arezzo (995-1050), che impiega 3<br />

o 4 l<strong>in</strong>ee: FA2 – LA2 – DO2 oppure RE2 – FA2 – LA2 – DO2. La scrittura su rigo viene def<strong>in</strong>ita <strong>di</strong>astematica.<br />

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Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 6


Mo<strong>di</strong> del canto gregoriano<br />

Sud<strong>di</strong>visi <strong>in</strong> 4 autentici e 4 plagali<br />

L'autentico e il plagale hanno la stessa f<strong>in</strong>alis (tonica)<br />

La repercussio (funzione <strong>di</strong> dom<strong>in</strong>ante) varia nei mo<strong>di</strong> plagali: nel II FA, nel IV LA, nel VI LA,<br />

nell'VIII DO<br />

fonti:<br />

Tolomeo (ca 83-161) “Harmonika” (Trasposizione del Modo Dorico)<br />

Boezio “De Isitutione <strong>Musica</strong>” (ca 520)<br />

Flacco Alcu<strong>in</strong>o (VIII sec.) è il primo teorico a citare i mo<strong>di</strong> gregoriani.<br />

In Alia <strong>Musica</strong> (trattato anonimo) si trova la denom<strong>in</strong>azione dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> derivazione greca<br />

Ubaldo de Sa<strong>in</strong>t Aimand (f<strong>in</strong>e IX sec.) Def<strong>in</strong>isce i Modo gregoriani.<br />

Notazione polifonica<br />

I primi riferimenti <strong>di</strong> polifonia vocale sono <strong>di</strong> Scoto Eriugena (IX sec.), filosofo <strong>in</strong>glese, che parla <strong>della</strong><br />

polifonia nel Nord europeo (forse <strong>in</strong> Scan<strong>di</strong>navia). Gerardo Cambrense (XII sec.) descrive canti polifonici<br />

familiari nel paese <strong>di</strong> Wales (Nord Inghilterra).<br />

La prima polifonia è realizzata con la sovrapposizione, nota contro nota, <strong>di</strong> una o più voci su un Cantus<br />

firmus desunto dal canto gregoriano. Nell'Organum parallelo ogni nota del Cantus Firmus procede per qu<strong>in</strong>te<br />

o quarte parallele (<strong>in</strong> questo caso il cantus firmus è all'acuto), <strong>in</strong> seguito <strong>in</strong> moto contrario per qu<strong>in</strong>te e ottave<br />

(<strong>di</strong>scanto), qu<strong>in</strong><strong>di</strong> si giunge agli organa melismatici <strong>in</strong> cui le voci aggiunte presentano molte note <strong>di</strong> fioritura<br />

contro note lunghe del cantus firmus, che vengono eseguite <strong>in</strong> qualche caso da strumenti, l'organo<br />

verosimilmente.<br />

Nel IX sec. Entra <strong>in</strong> uso la scrittura Dasiana. Le sillabe del testo vengono scritte su altezze <strong>di</strong>verse.<br />

Nel trattato “<strong>Musica</strong> Enchiria<strong>di</strong>s” si trovano esempi <strong>di</strong> organa paralleli <strong>in</strong> scrittura dasiana.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 7


Nel X e XI sec. si ritrovano trattati (Ad Organum Faciendum) che impiegano la notazione alfabetica da<br />

Boezio (che riprende la notazione alfabetica greca traslitterata nell'alfabeto lat<strong>in</strong>o da A a P), o da Ubaldo <strong>di</strong><br />

Sa<strong>in</strong>t Aimand che fa corrispondere le lettere lat<strong>in</strong>e da A e P <strong>in</strong>iziando dal Do anziché dal LA.<br />

Altro esempio <strong>di</strong> Guido d'Arezzo nel “Micrologus” <strong>in</strong> cui impiega le lettere da A a G (+gamma al sol basso)<br />

per l'ottava grave, a – g (m<strong>in</strong>uscole) per l'ottava me<strong>di</strong>a e a – g (doppie sovrapposte) per il resto delle note<br />

verso l'acuto, con <strong>di</strong>versa scrittura per il SI duro e il SI molle.<br />

Dal “Micrologus” <strong>di</strong> Guido d'Arezzo.<br />

Notazione alfabetica per notare un organum 'molle',<br />

cioè non legato al movimento parallelo per qu<strong>in</strong>te o<br />

quarte.<br />

Esempi <strong>di</strong> scrittura polifonica non decifrabili<br />

Nel Tropario <strong>di</strong> W<strong>in</strong>chester dell'XI sec. Si trovano 150 organa con notazione neumatica <strong>in</strong> campo aperto,<br />

privi <strong>di</strong> riferimenti ritmici.<br />

Il Codex Calixt<strong>in</strong>us reca molti organa <strong>in</strong> notazione neumatica <strong>di</strong>astematica (su l<strong>in</strong>ee), ma ancora priva <strong>di</strong><br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni ritmiche. L'<strong>in</strong>terpretazione <strong>di</strong> questo co<strong>di</strong>ce è possibile solo applicando le regole del<br />

contrappunto espunte da testi coevi.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 8


Scuola <strong>di</strong> Notre Dame<br />

Tra la f<strong>in</strong>e del XII e l'<strong>in</strong>izio del XIII sec. alla scuola <strong>di</strong> Notre Dame <strong>di</strong> Parigi viene posto il problema <strong>della</strong><br />

notazione ritmica. Nei quattro gran<strong>di</strong> manoscritti <strong>della</strong> Cattedrale è impiegata la scrittura quadrata <strong>di</strong><br />

derivazione Aquitana. Si possono <strong>di</strong>st<strong>in</strong>guere 4 tipi <strong>di</strong> notazione:<br />

1 – Sillabica, per i conductus (processionale, voce superiore <strong>in</strong> or<strong>di</strong>nes, mo<strong>di</strong> ritmici o Ligature)<br />

2 – Doppia, per i primi organa (contrappunti <strong>in</strong> moto parallelo o contrario per quarte o qu<strong>in</strong>te)<br />

3 – Modale, per gli organa più sviluppati (2 valori <strong>di</strong> tempo: Breve e Lunga con valori perfetto o imperfetto)<br />

4 – Mottettistica, per i mottetti del XIII sec. (mottetto isoritmico – talea e color. Ogni voce su testo <strong>di</strong>verso,<br />

Modo ritmico <strong>di</strong>verso [talea] e melo<strong>di</strong>a reiterata [color])<br />

Alla base <strong>della</strong> notazione modale ci sono 2 valori <strong>di</strong> tempo: breve e lungo. Il rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ce imperfetto se<br />

b<strong>in</strong>ario, perfetto se ternario.<br />

Nel XIII sec. Si assiste ad una serie <strong>di</strong> rapi<strong>di</strong> cambiamenti che si possono riassumere <strong>in</strong> 3 momenti.<br />

Nel primo quarto del secolo: notazione quadrata<br />

nel secondo quarto: notazioe pre-franconiana<br />

nell'ultima parte del secolo: notazione <strong>di</strong> Francone <strong>di</strong> Colonia e Petrus de Cruce.<br />

Nel periodo pre-franconiano vengono <strong>in</strong>trodotti due simboli: Longa e Brevis (Lunga e Breve) con valori<br />

<strong>di</strong>st<strong>in</strong>ti. Il rapporto era “perfectus” (1 a 3), “imperfectus” (2 a 3). La corrispondenza tra valori era chiarificato<br />

<strong>in</strong> alcune regole:<br />

- una Lunga davanti a una Lunga è perfetta,<br />

- una Lunga se è preceduta e seguita da una breve è imperfetta,<br />

- se 2 brevi si trovano tra due Lunghe, la seconda breve è raddoppiata (regola d'alterazione).<br />

La Semibreves (Semibreve) viene aggiunta con forma romboidale, <strong>in</strong> teoria è la metà <strong>della</strong> Breve, i gruppi <strong>di</strong><br />

2 o 3 note valgono la Breve, <strong>in</strong> altri casi corrispondono al valore <strong>della</strong> Breve imperfetta (ve<strong>di</strong> regola<br />

d'alterazione).<br />

Vengono poi <strong>in</strong>seriti segni per <strong>in</strong><strong>di</strong>care le pause che, f<strong>in</strong>o ad ora erano dedotte dalla forma e dalla struttura<br />

ritmica modale.<br />

L'unità <strong>di</strong> misura <strong>di</strong>venta la Breve, non più la Longa.<br />

Le Ligature pre-franconiane subiscono una netta chiarificazione.<br />

Si stabiliscono <strong>in</strong>terpretazioni ritmiche non più s deducibili dal contesto, ma con regole precise.<br />

Es.:<br />

una Ligatura <strong>di</strong> 2 note opp. Breve + Lunga fu detta “cum proprietate” e “cun perfetione” fissando<br />

così la proporzione tra i due valori.<br />

Altre regole stabiliscono <strong>in</strong> modo chiaro e def<strong>in</strong>ito la realizzazione ritmica <strong>di</strong> tutte le Ligature (Mo<strong>di</strong> ritmici).<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 9


Le riforme <strong>di</strong> Francone <strong>di</strong> Colonia (applicate al Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Montpellier e al Roman de Fauve) rappresentano<br />

essenzialmente una chiarificazione <strong>della</strong> notazione me<strong>di</strong>evale già esistente (l'<strong>in</strong>terpretazione delle Ligature).<br />

Stabilisce il rapporto <strong>di</strong> valore tra Breve, Lunga e Semibreve, fissa la stessa proporzione tra Longa e Brevis,<br />

agevolando con queste <strong>in</strong>terpretazioni lo sviluppo successivo <strong>della</strong> notazione mensurale.<br />

Petrus de Cruce stabilisce un nuovo rapporto <strong>di</strong> valore tra le Semibrevi e le Brevi; sostiene che le Brevi<br />

possono valere 2 o più Semibrevi (f<strong>in</strong>o a 7); <strong>in</strong> questo modo ipotizza, e <strong>in</strong> effetti <strong>in</strong>troduce, frazioni <strong>di</strong> valori<br />

più piccole <strong>della</strong> Semibreve, e pone le basi per la moderna notazione mensurale.<br />

Philippe de Vitry (XIV sec.) e L'Ars Nova<br />

E' da considerarsi uno dei padri <strong>della</strong> notazione moderna.<br />

Accettò le tra<strong>di</strong>zionali scritture <strong>in</strong>troducendo però ulteriori chiarificazioni nei rapporti fra i valori proposto da<br />

Francone <strong>di</strong> Colonia. Il suo trattato più significativo dà il nome al periodo: “ARS NOVA”, evolvendo l'ARS<br />

ANTIQUA” del periodo precedente.<br />

Le pr<strong>in</strong>cipali <strong>in</strong>novazioni riguardano i rapporti <strong>di</strong> durata fra le <strong>di</strong>verse figure musicali.<br />

Introduce la Semibreves M<strong>in</strong>ima (o caudata) o semplicemente MINIMA, e le conferisce il valore <strong>di</strong> metà<br />

<strong>della</strong> Semibreves. Accetta la tesi <strong>di</strong> Francone secondo cui il rapporto fra Semibreve e Breve è identico al<br />

rapporto fra Lunga e Breve.<br />

Il term<strong>in</strong>e usato per <strong>in</strong><strong>di</strong>care il rapporto fra Lunga e Breve è MODUS,<br />

tra Breve e Semibreve è TEMPUS,<br />

fra Semibreve e M<strong>in</strong>ima è PROLATIO.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 10


Secondo questi pr<strong>in</strong>cipi Philippe de Vitry stabilisce quattro comb<strong>in</strong>azioni (quattro Prolationes):<br />

L'opera <strong>di</strong> Philippe de Vitry mette sullo stesso piano il ritmo ternario e quello b<strong>in</strong>ario che, seppure impiegato<br />

ampiamente dagli autori del XIII, non era chiaramente <strong>di</strong>fferenziabile.<br />

Gli sviluppi successivi <strong>della</strong> teoria <strong>di</strong> Philippe de Vitry portarono a complicazioni e speculazioni teoriche tali<br />

da richiedere, <strong>in</strong>torno al XIV sec., una sostanziale semplificazione.<br />

Le 4 Prolationes furono impiegate f<strong>in</strong>o a tutto il XVI sec., come pure la simbologia che le rappresenta. Viene<br />

confermato l'uso del punto dopo una nota, ma con due funzioni <strong>di</strong>verse: Punctus ad<strong>di</strong>tionis, aggiunge alla<br />

nota metà del suo valore; Puctus <strong>di</strong>visionis, contrad<strong>di</strong>st<strong>in</strong>gue un valore ternario (perfetto) nei casi <strong>di</strong><br />

ambiguità <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretazione.<br />

Nell'Ars Nova si trovano note scritte <strong>in</strong> rosso e <strong>in</strong> nero; 3 note rosse hanno il valore <strong>di</strong> 2 note nere<br />

(proporzione sesquialtera); <strong>in</strong> questo caso era <strong>in</strong>trodotta una mensurazione perfetta su una base <strong>di</strong> tempo<br />

imperfetto.<br />

Notazione italiana del '300<br />

La notazione italiana <strong>di</strong> questo periodo mostra chiari segni <strong>di</strong> derivazione dall'opera <strong>di</strong> Petrus de Cruce,<br />

<strong>in</strong>sieme ad una contam<strong>in</strong>azione <strong>della</strong> scrittura francese.<br />

Il teorico più significativo del '300 è Marchetto da Padova.<br />

L'unità <strong>di</strong> base del sistema mensurale italiano è rappresentato dalla Breves (Breve); le comb<strong>in</strong>azioni <strong>di</strong> note<br />

più corte sono sempre riferite alla Breve. Secondo questo pr<strong>in</strong>cipio si evidenziano 3 DIVISIONES a seconda<br />

del numero delle parti <strong>in</strong> cui è sud<strong>di</strong>visa ogni Breve.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 11


Ogni Divisione fa riferimento al valore <strong>della</strong> Breve. I valori sono sempre rappresentati da M<strong>in</strong>ime (O<br />

Semibresis M<strong>in</strong>imae), mentre i valori più lunghi si segnano il Semibrevi.<br />

Anche nelle <strong>di</strong>visiones italiane si applica la regola d'alterazione, cioè: se le Semibrevi vengono adoperate <strong>in</strong><br />

numero m<strong>in</strong>ore <strong>di</strong> quello <strong>in</strong><strong>di</strong>viduato dai raggruppamenti regolari, occorre allungare l'ultima delle Semibrevi:<br />

Se però si vuole la prima nota più lunga <strong>di</strong> deve <strong>in</strong><strong>di</strong>care<br />

(Breve con gambetta <strong>in</strong> giù)<br />

Si trovano poi numerosi segni speciali impiegati per mo<strong>di</strong>ficare i valori: M<strong>in</strong>ime con virgolette ,<br />

M<strong>in</strong>ime con virgolette e occhielli , Semibrevi con taglio <strong>di</strong>agonale , M<strong>in</strong>ime con taglio<br />

<strong>di</strong>agonale, ecc. .<br />

Il sistema <strong>di</strong> notazione italiano, pur apparendo più complesso rispetto a quello francese, <strong>in</strong> realtà mostra<br />

meno problemi <strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretazione e ben si adatta alla produzione musicale del XIV sec. Le composizioni <strong>di</strong><br />

questo periodo presentano parti superiori con andamento rapido e spesso declamatorio.<br />

La carenza delle Divisiones sta nel fatto che, essendo la Breve l'unità base, non è possibile <strong>in</strong><strong>di</strong>care la<br />

s<strong>in</strong>cope a cavallo <strong>di</strong> battuta. Limitazione che venne superata con l'adozione <strong>di</strong> elementi <strong>della</strong> notazione<br />

francese. Francesco Lan<strong>di</strong>ni, tra altri compositori, adottò la notazione mista francese-italiana.<br />

Reciprocamente la scrittura francese adottò stilemi e pr<strong>in</strong>cipi italiani.<br />

Con il moltiplicarsi dei segni si giunse nel XIV sec. a una notevole complicazione nella notazione; Brevi con<br />

vari tipi <strong>di</strong> gambette, note colorate per <strong>in</strong>tero o parzialmente per <strong>in</strong><strong>di</strong>care anche mo<strong>di</strong> <strong>in</strong>terpretativi, ecc.<br />

rendevano ardua l'<strong>in</strong>terpretazione, se pure rivelano una accuratezza particolare per i dettagli anche esecutivi.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 12


La notazione bianca (1450-1600)<br />

La durata e la sud<strong>di</strong>visione dei valori è quella <strong>di</strong> Philippe de Vitry, la <strong>di</strong>fferenza sta nell'uso <strong>di</strong> note bianche<br />

<strong>in</strong>vece che nere.<br />

E' la notazione dei musicisti fiamm<strong>in</strong>ghi e borgognoni (Dufy, Ockeghem, Josqu<strong>in</strong>).<br />

Dal XVI sec. L'uso <strong>della</strong> ligatura cade via via <strong>in</strong> <strong>di</strong>suso, a favore <strong>della</strong> notazione mensurale bianca<br />

proporzionale. Rimangono nella pratica le 4 prolationes <strong>di</strong> Philippe de Vitry che, <strong>in</strong> qualche misura,<br />

ricordano i tempi <strong>della</strong> notazione moderna.<br />

Si applicano ancora alle note le regole <strong>di</strong> perfetione e imperfectione e la regola d'alterazione, come pure il<br />

punto <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>zione e il punto <strong>di</strong> sottrazione. A volte compaiono note nere che hanno la stessa <strong>in</strong>terpretazione<br />

delle note rosse del periodo precedente, cioè ogni 3 note nere corrispondono a 2 note bianche normali<br />

(proporzione sesquialtera).<br />

Complessivamente la notazione bianca risulta essere più funzionale alle nuove esigenze musicali, anche per<br />

la semplificazione dell'aspetto mensurale.<br />

In questo periodo viene <strong>in</strong>serito un nuovo pr<strong>in</strong>cipio da applicare alla scrittua bianca: le proporziones, cioè la<br />

riduzione aritmetica dei valori normali delle note. Le proporziones più <strong>di</strong>ffuse sono:<br />

Proporzio dupla: segnata con <strong>di</strong>mezza i valori normali (tempo tagliato)<br />

Proporzio tripla: segnata con le note valgono un terzo del loro valore<br />

Proporzio sesquialtera: segnata con ha lo stesso effetto <strong>della</strong> colorazione, ogni 3 note<br />

corrispondono a 2 note <strong>in</strong> tempo normale.<br />

Nella notazione moderna è conservato il pr<strong>in</strong>cipio del tempo tagliato.<br />

Nei sec. XV e XVI i compositori applicano le proporzioni <strong>in</strong> modo sempre più complesso e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />

<strong>in</strong>terpretazione.<br />

Note aggiuntive<br />

– Formato a Libro <strong>di</strong> coro. Le parti corali del superior e del tenor sono scritte sulla pag<strong>in</strong>a s<strong>in</strong>istra,<br />

l'altus e il bassus su quella destra. Già <strong>in</strong> usa dal XII sec. questa <strong>di</strong>sposizione delle parti era pensata<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 13


per la <strong>di</strong>stribuzione dei cantori <strong>in</strong>torno ad un unico testo, nella formazione più adatta alla fusione<br />

delle voci (e, probabilmente, per economizzare supporti <strong>di</strong> scrittura)<br />

– Nel '500 viene adottata la stampa <strong>di</strong> s<strong>in</strong>goli libri, uno per ogni voce; questa soluzione è adottata per<br />

la musica profana ed <strong>in</strong> generale per le e<strong>di</strong>zioni musicali dest<strong>in</strong>ate all'uso privato.<br />

– Si conoscono anche esempi <strong>di</strong> stampa <strong>in</strong> cui le s<strong>in</strong>gole parti sono riportate su un unico foglio, <strong>in</strong><br />

modo tale che un'unica copia potesse servire a più esecutori.<br />

– Come ausilio per la composizione polifonica viene <strong>in</strong>trodotta la Tabula Compositoria (la partitura<br />

come oggi la conosciamo).<br />

– Prima e<strong>di</strong>zione a stampa nel 1501: “Odhecaton” <strong>di</strong> Ottaviano Petrucci (Libro <strong>di</strong> Coro)<br />

Intavolature per Liuto<br />

I primi esempi <strong>di</strong> <strong>in</strong>tavolature a noi giunti si trovano nei volumi stampati dal Petrucci a partire dal 1507.<br />

Sono <strong>in</strong>tavolature per Liuto del XVI sec.<br />

Il Liuto <strong>di</strong> questo periodo ha 6 corde (5 doppie e una semplice, detta cant<strong>in</strong>o) accordate per quarte ad<br />

eccezione per le due corde centrali che erano accordate a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> terza.<br />

Nelle trascrizioni moderne la corda grave si fa co<strong>in</strong>cidere con la nota SOL:<br />

SOL DO FA - LA RE SOL<br />

Intavolatura italiana per Liuto<br />

Le <strong>in</strong>tavolature italiana per Liuto recano 6 l<strong>in</strong>ee orizzontali che rappresentano le corde dello strumento; la<br />

<strong>di</strong>sposizione è dal basso verso l'alto, la l<strong>in</strong>ea più bassa corrisponde alla corda più acuta (cant<strong>in</strong>o). Una serie<br />

<strong>di</strong> numeri da 0 a 9 posti sulle l<strong>in</strong>ee <strong>in</strong><strong>di</strong>cano il punto <strong>di</strong> pressione sulla corda corrispondente (0=corda vuota).<br />

Il brano ha all'<strong>in</strong>izio un'<strong>in</strong><strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> tempo musicale, è <strong>di</strong>viso <strong>in</strong> unità metriche e presenta nella parte<br />

superiore una serie <strong>di</strong> segni che <strong>in</strong><strong>di</strong>cano i valori<br />

.<br />

In Spagna le tavolature <strong>di</strong> tipo italiano sono usate per la Vihuela (più simile alla chitarra, sempre con 6<br />

corde), successivamente vengono <strong>in</strong>trodotte importanti mo<strong>di</strong>fiche:<br />

le l<strong>in</strong>ee assumono una lettura <strong>in</strong>versa, quella più alta rappresenta la corda più acuta, vengono aggiunti nuovi<br />

segni per suggerire <strong>di</strong>verso mo<strong>di</strong> esecutivi (punti per le note staccate, l<strong>in</strong>ee per suoni più tenuti), viene<br />

colorata <strong>in</strong> azzurro la l<strong>in</strong>ea pr<strong>in</strong>cipale del canto.<br />

Anche <strong>in</strong> Francia vengono <strong>in</strong>trodotte significative mo<strong>di</strong>fiche: <strong>in</strong>vece dei numeri sulle l<strong>in</strong>ee sono usate le<br />

lettere dell'alfabeto: a per corda vuota, b primo tasto, c secondo tasto, ecc.; la l<strong>in</strong>ea più alta rappresenta la<br />

corda più acuta; il rigo ha 5 l<strong>in</strong>ee e le note delle corde più basse sono aggiunte sotto il rigo. Verso la f<strong>in</strong>e del<br />

secolo vengono aggiunte nuove l<strong>in</strong>ee al grave per l'aumento delle corde gravi dello strumento; queste nuove<br />

corde erano suonate “a vuoto” ed erano accordate <strong>in</strong> modo variabile (scordatura).<br />

Il sistema tedesco è molto più complesso: utilizza le lettere dell'alfabeto come quello francese ma con un<br />

significato <strong>di</strong>verso: il rigo è <strong>di</strong> 5 l<strong>in</strong>ee, le corde vuote vengono <strong>in</strong><strong>di</strong>cate con i numeri da 1 a 5 (da basso verso<br />

l'alto); le lettere a b c d e f <strong>in</strong><strong>di</strong>cano il primo tasto sulle <strong>di</strong>verse corde, le lettere f g h i k <strong>in</strong><strong>di</strong>cano il<br />

secondo tasto, ecc.<br />

Es.: un frammento cromatico che <strong>in</strong>izi dal LA è <strong>in</strong><strong>di</strong>cato con:<br />

3 c h n s<br />

Intavolatura per tastiera<br />

In Germania<br />

“Antica <strong>in</strong>tavolatura tedesca per tastiera”: una l<strong>in</strong>ea orizzontale separa le due parti; sopra è usata la<br />

notazione mensurale, sotto la notazione alfabetica.<br />

“Nuova <strong>in</strong>tavolatura tedesca per tastiera”: notazione alfabetica per tutte e due le parti.<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Semiografia</strong> – Ear Tra<strong>in</strong>ig – Brescia 2011 14


In Spagna si ritrovano 3 tipi <strong>di</strong> <strong>in</strong>tavolatura:<br />

1 – teorizzato da Juan Bemudo. Numerazione dei tasti da 1 a 42 (3 ottave più un sesta).<br />

L<strong>in</strong>ee <strong>di</strong>sposte orizzontalmente che rappresentano le voci. E' un sistema complesso e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile<br />

memorizzazione.<br />

2 – teorizzato da Antonio Valente (1571), Numerazione solo dei tasti bianchi (23). I numeri sono posti sopra<br />

o sotto una l<strong>in</strong>ea che separa le parti.<br />

3 – teorizzato da Venegas de Henestrosa (1557), Antonio de Cabezon (1558) e Francisco Correa de Arraujo<br />

(1626). I tasti bianchi sono numerati da 1 a 7; le <strong>di</strong>verse ottave sono <strong>di</strong>fferenziato con segni particolari sul<br />

numero. 5 per il DO sotto il rigo <strong>della</strong> chiave <strong>di</strong> basso, 5 per il Do che si trova l'ottava sopra. Il ritmo è<br />

<strong>in</strong><strong>di</strong>cato sopra il rigo con segni analoghi a quelli usati nelle <strong>in</strong>tavolature per Liuto.<br />

Nel 1523, nei “Ricercari, mottetti, canzoni” <strong>di</strong> Cavazzoni, le musiche per tastiera vengono <strong>in</strong><strong>di</strong>cate su due<br />

pentagrammi, vi si trovano raggruppamenti metrici che si riferiscono alla Breve (le battute), con questo tipo<br />

<strong>di</strong> notazione è possibile trovare legature a cavallo <strong>di</strong> battuta (ve ne sono anche all'<strong>in</strong>terno <strong>della</strong> battuta); sono<br />

presenti anche segni <strong>di</strong> alterazioni sotto forma <strong>di</strong> punti. Questi punti sono <strong>in</strong><strong>di</strong>fferenziati per i <strong>di</strong>esis e i<br />

bemolli, l'<strong>in</strong>terpretazione deve essere desunta dal contesto armonico.<br />

In Germania sopravvive la scrittura <strong>in</strong> <strong>in</strong>tavolatura f<strong>in</strong>o all'<strong>in</strong>izio del XVI sec. Vengono pubblicati brani<br />

polifonici “per tastiera” con un rigo separato per ogni voce.<br />

A partire dalla seconda metà del XVI sec. la notazione per tastiere adottata <strong>di</strong>viene quella normale per<br />

clavicembalo e organo.<br />

Nel Me<strong>di</strong>oevo e nel R<strong>in</strong>ascimento (f<strong>in</strong>o al 1600) la notazione musicale rappresentava una sorta <strong>di</strong> stenografia<br />

evolutasi nel tempo; non fu mai considerata una scrittura esaustiva per l'esecuzione musicale. Un ruolo<br />

centrale per l'<strong>in</strong>terpretazione era quello dello strumentista (o del cantore) che, non solo metaforicamente,<br />

doveva 'far vivere' la composizione così annotata.<br />

E' solo nei sec XVIII e XIX che i compositori specificano con sempre maggior precisione le loro <strong>in</strong>tenzioni<br />

attraverso numerosi segni <strong>di</strong> espressione, non ultimo l'<strong>in</strong><strong>di</strong>cazione <strong>della</strong> velocità esecuzione (Beethoven fu il<br />

primo compositore che adottò con una certa regolarità il Metronomo), f<strong>in</strong>o a giungere a Igor Strav<strong>in</strong>skij che<br />

desiderava le sue note venissero eseguite così come lui le aveva scritte.<br />

Verso la notazione contemporanea<br />

La musica del periodo romantico aveva posto <strong>in</strong> primo piano la figura dell'<strong>in</strong>terp<strong>rete</strong> (Liszt, Pagan<strong>in</strong>i,<br />

Chop<strong>in</strong>, ecc, spesso anche compositore); secondo i pr<strong>in</strong>cipi <strong>della</strong> poetica Romantica.<br />

Nelle fasi storiche <strong>in</strong> cui l'aspetto espressivo si espande sotto l'<strong>in</strong>fluenza <strong>di</strong> cambiamenti sociali, tecnologici,<br />

ecc., si moltiplicano tentativi per espandere i mezzi l<strong>in</strong>guistici (anche con la creazione <strong>di</strong> nuovi strumenti<br />

musicali). La grafia tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong>venta sempre meno adatta a rappresentare la nuova realtà artistica, sociale,<br />

psicologica e tecnologica.<br />

Nella prima metà del '900 la posizioni <strong>di</strong> alcuni compositori mostra l'<strong>in</strong>izio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fficoltà nel rapporto<br />

autore-esecutore. Ferruccio Busoni esprime il <strong>di</strong>sagio del compositore che, partendo dall'idea, deve operare<br />

scelte ed esclusioni nel trascrivere l'idea musicale (posizione idealistica). Sottol<strong>in</strong>ea poi come l'attuale<br />

scrittura musicale sia poco funzionale nuove esigenze espressive. Strav<strong>in</strong>skij e Schoemberg def<strong>in</strong>iscono<br />

sempre meglio l'esecuzione <strong>della</strong> propria musica aggiungendo segni <strong>di</strong> specificazione che man mano<br />

arricchiscono la partitura (e, <strong>in</strong> certi casi la rendono <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile <strong>in</strong>terpretazione). Quasi ogni nota viene<br />

arricchita da nuovi segni anche <strong>in</strong> Webern e, via via, <strong>in</strong> molti altri compositori. A metà del '900, con la neoavanguar<strong>di</strong>a,<br />

vengono avanzate nuove proposte, per le quali la notazione non è più <strong>in</strong>tesa soltanto come<br />

un'annotazione dei suoni (così come è stata <strong>in</strong>tesa f<strong>in</strong>o ad ora), ma che si apre ad altri l<strong>in</strong>guaggi e ad altri<br />

aspetti comunicativi (anche psicologici). Il rapporto tra autore-esecutore <strong>di</strong>venta più <strong>di</strong>retto e ra<strong>di</strong>cale;<br />

all'esecutore è richiesta la compartecipazione alla creazione del brano, non solo l'apporto tecnicostrumentale.<br />

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L'uso del segno travalica la pura <strong>in</strong><strong>di</strong>cazione musicale, <strong>in</strong> certi casi <strong>di</strong>venta stimolo e provocazione, <strong>in</strong> casi<br />

estremi la partitura <strong>di</strong>venta un elemento puramente visivo, non prevede cioè alcuna esecuzione preor<strong>di</strong>nata,<br />

ma si propone come mezzo per un contatto imme<strong>di</strong>ato con il fruitore.<br />

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Un altro aspetto riguarda la musica elettronica. I segni <strong>in</strong> questo ambito non ricordano più le notazioni<br />

storiche, <strong>di</strong>ventano <strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> frequenze, <strong>di</strong> volumi misurati su scale fisiche, <strong>di</strong> colori timbrici creati ex<br />

novo, talvolta mescolati con strumenti acustici usati secondo nuove tecniche e con nuovi <strong>in</strong>ten<strong>di</strong>menti<br />

espressivi.<br />

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Appen<strong>di</strong>ce – Bibliografia<br />

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