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Maria Carmen Nuzzo<br />

La rappresentazione dela memoria.<br />

Tra disegno di progeto, analisi grafica e rilievo di architetura<br />

Tutor: Arch. Chiara Vernizzi<br />

Co-tutor: Prof. Arch. Michela Rossi<br />

Coordinatore del dotorato: Prof. Ing. Paolo Mignosa<br />

Università degli studi di Parma<br />

Dotorato di Ricerca in Ingegneria Civile<br />

Curiculum: “Disegno e rilievo del patrimonio edilizio”<br />

XX Ciclo


Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

1


2<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Maria Carmen Nuzzo


Maria Carmen Nuzzo<br />

INDICE<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

PREMESSA pag. 6<br />

Rappresentazione della memoria<br />

Tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

PARTE I<br />

Cap. 1 - Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

1.1- Le forme della memoria:<br />

la tomba di Anna Regilla: esempio di casa dei morti lungo la via<br />

Appia (disegni e incisioni) pag 9<br />

1.1.0 Architettura mediterranea europea protostorica: dal IV al<br />

III millenio in oriente e occidente pag 17<br />

1.0.1 La civiltà egea e i suoi palazzi pag. 18<br />

1.0.2 Le architetture megalitiche nell'occidente mediter<br />

raneo: isola di malta e isole occidentali pag. 20<br />

1.1.1 La tipologia della tomba etrusca e romana pag. 22<br />

1.1.2 Tombe a camera pag. 24<br />

1.1.3 Tombe a cappuccina pag. 25<br />

1.1.4 Tombe a cassone pag. 26<br />

1.1.5 Tomba a colombario pag. 27<br />

1.1.6 Tombe a dado pag. 28<br />

1.1.7 Tombe a tholos pag. 29<br />

1.1.8 Tombe a edicola pag. 30<br />

1.1.9 Tomba a pozzetto pag. 31<br />

1.1.10 Tomba a pozzo pag. 32<br />

1.1.11Tomba a tumulo pag. 33<br />

1.1.12 Tombe a fossa pag. 34<br />

1.1.13 Tombe dei giganti pag. 35<br />

1.1.13.1 I santuari nuragici pag. 36<br />

1.1.13.2 I templi a pozzo pag. 37<br />

Dai sepolcri etruschi e romani vengono individuate le tipologie e le forme primarie<br />

riferite ai solidi platonici (cerchio, quadrato, triangolo)<br />

1.2 - I modelli all'origine della cappella gentilizia del cimitero ottocente<br />

sco pag. 39<br />

3


4<br />

INDICE<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cap. 2 - La domus dei morti (tipi ed elementi) pag. 46<br />

2.1- Mausoleo pag.47<br />

- Cippo<br />

- Edicola<br />

2.2- Gli elementi dell'architettura: la porta e il recinto pag.53<br />

Viene evidenziata: la porta (l’edicola) e il recinto (la domus)<br />

Cap. 3 - Gli impianti cimiteriali pag.66<br />

3.1- L’evoluzione del concezione della morte e la codifica del cimitero<br />

settecentesco pag.66<br />

3.2- Il cimitero come giardino pittoresco: Rousseau e l’isola dei pioppi<br />

ad Ermenonville pag.70<br />

3.3- I primi grandi cimiteri dell’Ottocento: Staglieno<br />

Tombe, sculture e giardini come esempio della rappresentazione<br />

della città borghese pag. 73<br />

PARTE II<br />

Cap. 1 - Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice pro<br />

gettuale pag. 79<br />

1.1- La storia pag. 83<br />

1.2- L'impianto e l'architettura pag. 88<br />

1.3- Il sistema dei cimiteri a Parma pag.140<br />

Cap 2 - Le cappelle gentilizie e lo studio delle architetture<br />

2.1- I progettisti e gli artisti: Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio<br />

Mora, Americo Bonaconza, Mario Moguidi<br />

Analogie tra le architetture funerarie e residenziali pag.177


Maria Carmen Nuzzo<br />

indice<br />

PARTE III<br />

Cap. 1 - Il museo virtuale come restituzione critica di un rilievo pag. 220<br />

1.1- L'idea pag. 221<br />

1.2- L'organizzazione: il progetto "Villetta" pag. 222<br />

1.3- I percorsi pag. 226<br />

CONCLUSIONI pag. 230<br />

Dal rilievo al disegno di progetto, spunti e suggestioni pag. 230<br />

APPENDICI<br />

1 Glossario pag. 239<br />

2 I simboli Cristiani pag. 271<br />

3 I simbolo con riferiemnti laici pag. 312<br />

4 Schede:<br />

- le cappelle di Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Americo<br />

Bonaconza, Mario Moguidi: schede analitiche pag. 321<br />

- microarchitetture: schede critiche pag. 332<br />

ALLEGATI<br />

1 Spunti progettuali<br />

2 Tavole di progetto<br />

BIBLIOGRAFIA pag. 361<br />

5


6<br />

PREMESSA<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

PREMESSA<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

La ricerca si è strutturata partendo dallo studio “degli antichi sepolcri etruschi e romani”<br />

per di individuare quegli spazi caratterizzanti tali architetture “primigenie”,<br />

allo scopo di confrontarli con le cappelle gentilizie dei cimiteri neoclassici di cui sono<br />

"l'unità abitativa".<br />

Il cimitero della Villetta a Parma è un modello, una matrice tipologica di significati<br />

formali e simbolici.<br />

Il rilievo delle parti del cimitero ha permesso di individuare quegli elementi che da<br />

sempre, nella storia della morte e delle sepolture, hanno strutturato gli impianti cimiteriali<br />

e le microarchitettura che li costituiscono .<br />

La porta che evoca l'azione del passaggio, e che segna il limite tra i due mondi definendo<br />

il "qui" ed un "altrove", e il recinto che custodisce lo spazio del cimitero in cui<br />

una comunità compie un'azione di continuo rinnovamento, di memoria e di affetto. Uno<br />

spazio ditinto ma non separato i cui percorsi interni generano la croce simbolo universali<br />

di sacralità e confine; un mondo spirituale dove le simbologie superano il significato<br />

religioso e raccontano che la giustizia, la prudenza, la fortezza e la temperanza sono<br />

virtù universali, segno di civiltà ed eroismo per ogni uomo che vive nel mondo.<br />

I disegni di progetto sono strumenti per rappresentare e conoscere il disegno della<br />

memoria; il museo virtuale è lo spazio che di-svela la rappresentazione come valore<br />

dell’architettura: è una rielaborazione della restituzione del rilievo.<br />

Il risultato del rilievo è il progetto di nuovi spazi sacri in cui l'uomo possa riconoscersi<br />

come altro da sè dove l’angelo è il simbolo di un mistero imperscrutabile che aprirà a<br />

quell’incontro tra Eros e Thanatos orientato all’esaltazione dell’eros come ad una sorta<br />

di ultimo ricordo.<br />

Figure di Angeli, che saranno sostituite verso il ‘900, da figure di donne sensuali<br />

sempre meno angeli e sempre più messaggere di un mondo misterioso lasciano il posto<br />

a sensuali figure femminili che divengono il simbolo di quella morte giovane, ancora<br />

più tragica nel suo essere fuori tempo accompagnata dall’immagine del fiore reciso che<br />

la cultura simbolista e liberty aveva assunto come rappresentazione emblematica della<br />

morte soprattutto dopo che, nei primi anni del '900, la presenza al cimitero di Staglieno<br />

di uno scultore come Leonardo Bistolfi con le tombe Orsini e Bouer, offrirà un modello<br />

nuovo e sensuale a cui gli scultori guarderanno fino ed oltre la prima guerra mondiale.


Maria Carmen Nuzzo<br />

Dopo la prima guerra mondiale al bisogno di rappresentazione monumentale della<br />

morte privata, viene a sostituirsi una dimensione più intima e interiorizzata in cui il<br />

dramma della morte di massa sembra non lasciare spazio altro che all’urlo o al silenzio<br />

di una madre che lo scultore Eugenio Baroni pone sulla tomba del cimitero protestante<br />

di Genova.<br />

La morte tema universale che accomuna tutti gli uomini nell' unico spazio in cui il<br />

ricordo diviene il possibile mondo dell' eternità.<br />

Ed è proprio tale spazio che diviene il "quì" in cui è proiettato attraverso lo studio della<br />

storia, il progetto quale risultato della ricerca condotta: progetto di microarchitetture<br />

ma anche di macrospazi pensati come riconfigurazione di non-luoghi inglobati nella<br />

modernità metropolitana a cui si vuole ridare il significato di spazio del passaggio, di<br />

porta intesa come luogo di congiunzione del raddoppio della persona: l'anima e il corpo<br />

scissi e ricongiunti attraverso il riconoscimento racchiuso e dis-velato dalla dimora<br />

eterna.<br />

7


8<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />

PARTE I<br />

I TIPI


Maria Carmen Nuzzo<br />

Parte I I tipi<br />

Capitolo 1<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

1.1 Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla, un<br />

Lungo la regina viarum 1 , come in<br />

altre vie romane ( Latina, Nomentana,<br />

Flaminia, Salaria, Ostiense), che si<br />

dipartivano da Roma per raggiungere<br />

terre molto lontane, furono<br />

sistemati numerosi edifici funerari 2 ;<br />

oltre ai sepolcri, vi erano anche,<br />

inframmezzandosi o costituendo<br />

fronte più arretrata, singole abitazioni,<br />

ville sontuose, templi e boschi sacri,<br />

archi onorari, osterie ed alberghi,<br />

e ancora insediamenti talvolta di<br />

estensione tale da ospitare uffici<br />

pubblici, santuari, posti di polizia,<br />

impianti termali, tabernae, deversoria,<br />

e hospitalia ad uso dei viaggiatori.<br />

La presenza di siffatte costruzioni<br />

contribuì indubbiamente ad agevolare<br />

l’opera di urbanizzazione delle<br />

campagne nelle regioni attraversate<br />

dalle vie, oltre ad incrementare gli<br />

scambi culturali e commerciali.<br />

I sepolcri allineati lungo i bordi delle<br />

principali vie extraurbane furono<br />

costruiti da committenti appartenenti<br />

a famiglie romane o provenienti<br />

dalle province che, in relazione alla<br />

"La prima parte della Via Appia dalla Porta<br />

Capena a Bovillae", di L. Canina, con i<br />

monumenti sepolcrali nei pressi del tempio di<br />

Cecilia Metella,<br />

9


10<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />

loro estrazione socio-economicoculturale,<br />

vollero imprimere segni<br />

distintivi anche alle loro tombe.<br />

Queste si differenziavano nel loro<br />

aspetto per tipologia, per dimensioni,<br />

per originali sistemi costruttivi e per<br />

ricchezza di partiti decorativi (fregi e<br />

rilievi, statue, mosaici e pitture, ritratti<br />

dei defunti scolpiti o dipinti, disegni<br />

di paramenti murari ottenuti con la<br />

originale disposizione dei mattoni).<br />

L’uso di rivestimenti laterizi policromi<br />

trova a Roma ampio favore per tutto<br />

il II secolo d.C. e fino agli inizi del<br />

seguente, in monumenti sepolcrali con<br />

tipologie ‘a camera’ e ‘a tempio’. Di<br />

tali edifici resta documentazione nella<br />

necropoli dell’Isola Sacra, ubicata<br />

lungo la grande via che conduceva<br />

da Ostia al porto, in quella scavata<br />

sotto la Basilica Vaticana, in altri<br />

nuclei cimiteriali isolati e fuori dalla<br />

stretta continuità degli allineamenti<br />

sepolcrali o inseriti nel complesso di<br />

ville padronali. Alcuni edifici costruiti<br />

a Roma e nel territorio circostante<br />

nel II sec. d.C., articolati a piani<br />

sovrapposti ma di dubbia utilizzazione<br />

funeraria e architetture templari con<br />

podio e scalinata, edificate alla stessa<br />

epoca, presentano cortine laterizie<br />

policrome e ordinamenti decorativi<br />

affini a quelli dei coevi edifici<br />

funerari. Edifici sepolcrali, religiosi<br />

e con altra destinazione d’uso, così<br />

contraddistinti per tipologia e per<br />

caratteri figurali nell’ambito della<br />

cultura architettonica romana, sono<br />

stati sinora studiati. Numerosi sono,<br />

tuttavia, quelli che, per il loro cattivo<br />

stato di conservazione o per mancanza<br />

di fonti epigrafiche, documentarie<br />

il modello: tomba del IV miglio lungo la via<br />

Appia<br />

lo schema:<br />

è una "tipologia a tempietto" con pianta<br />

quadrata, alto podio e scalinate con accesso<br />

ad un aula superiore mediante un asse<br />

perpendicolare alla via Appia con direzione<br />

nordest/sud-ovest.<br />

i riferimenti:<br />

-tomba del IV miglio lungo la via Appia<br />

il sistema decorativo:<br />

- è sobrietà dei volumi che ne definiscono le<br />

parti<br />

-ricercatezza cromatica del laterizio (gialli<br />

e rossi)


Maria Carmen Nuzzo<br />

Parte I I tipi<br />

e iconografiche, non sono ancora<br />

sufficientemente indagati.<br />

A quest’ultimo gruppo di architetture<br />

appartiene appunto il sepolcro al IV<br />

miglio della Via Appia, denominato<br />

dagli studiosi ‹‹laterizio a tempietto››<br />

per via dei paramenti murari laterizi<br />

che ricoprono le pareti esterne e per<br />

la sua tipologia. Esso presentava la<br />

tipica forma ‹‹a tempietto›› a pianta<br />

rettangolare con un alto podio e con<br />

scalinata antistante che consentiva<br />

l’accesso ad un’aula superiore. L’asse<br />

longitudinale in direzione nordest/<br />

sudovest è perpendicolare alla via<br />

Appia antica. L’aula superiore,<br />

coperta con una grande volta a botte<br />

e con nicchie per le statue funerarie,<br />

era adibita a cerimonie funebri. Sul<br />

lato posteriore, varcando una porta,<br />

si raggiungeva la camera funeraria<br />

voltata a botte e con tre arcosoli per i<br />

sarcofagi. In elevato le cortine esterne,<br />

il timpano con le sue mensole che<br />

coronava i lati brevi, le paraste con basi<br />

e capitelli che sottolineano gli angoli,<br />

i partiti decorativi della trabeazione, le<br />

cornici delle finestrelle, erano tutti in<br />

laterizio.<br />

Le conoscenze sul sepolcro sono<br />

limitate, poiché non possediamo<br />

fonti e studi specifici al riguardo. La<br />

tavola XXV del volume sulla Via<br />

Appia pubblicato da L. Canina nel<br />

1853 3 é la sola fonte iconografica<br />

tramandata; mancano iscrizioni<br />

epigrafiche, sporadici e indiretti sono<br />

i cenni riportati negli scritti condotti<br />

sull’architettura funeraria romana.<br />

L’indagine diretta condotta sulle<br />

strutture ancora esistenti, restaurate<br />

intorno al 1970, e l’esame delle più<br />

11<br />

il modello : sepolcro noto con il nome "Sedia<br />

del diavolo"<br />

lo schema:<br />

è una "tipologia a tempietto" con pianta quadrata,<br />

alto podio e scalinate con accesso ad<br />

un aula superiore mediante un asse perpendicolare<br />

alla via Appia con direzione nordest/<br />

sud-ovest.<br />

i riferimenti:<br />

- Cenotafio di Anna Regilla<br />

- Torraccio della Cecchina<br />

- Sepolcro Barberini in Via Latina 5<br />

il sistema:<br />

Lesena-Capitello-Trabeazione assume esiti<br />

decorativi raffinati e ricercati caratterizzati<br />

da sobrietà cromatica


12<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />

importanti architetture con cortine laterizie esterne policrome, sia sepolcrali<br />

sia con diversa destinazione d’uso, consentono, tuttavia, di chiarire aspetti<br />

tipologici, costruttivi e decorativi del sepolcro laterizio ‘a tempietto’ del IV<br />

miglio della Via Appia, e di inserirlo cronologicamente, nel quadro delle<br />

esperienze architettoniche romane di età antonina.<br />

In particolare, la tomba del IV miglio di Via Appia e il sepolcro noto come<br />

‘Sedia del Diavolo’ in Via Nomentana 4 sono tipologicamente affini, poiché<br />

in entrambi sono presenti una camera sepolcrale ipogea, ambienti superiori<br />

destinati ai riti funebri, podio e scalinata anteriore, ma si differenziano<br />

nell’articolazione distributiva, e soprattutto nelle modalità di accesso dal livello<br />

stradale a quello del pavimento della camera sepolcrale. Nel sepolcro di Via<br />

Nomentana la cella inferiore è preceduta, come in altri esempi di questo tipo,<br />

verso il prospetto, sotto il piano terminale della scala esterna, da un ambiente<br />

traversale, che accoglie una scaletta di accesso al piano inferiore. Nel sepolcro<br />

laterizio del IV miglio della Via Appia, manca il corridoio trasversale, poiché<br />

l’accesso all’ambiente ipogeo è diretto e avviene - fatto insolito - attraverso una<br />

porta situata nella parete meridionale, opposta a quella d’ingresso, facilitando<br />

le modalità di accesso. Una maggiore fruizione dello spazio sotterraneo per la<br />

collocazione delle sepolture o delle urne è ottenuta, inoltre, utilizzando il vano<br />

chiuso in alto dall’alta scalinata. Per raggiungere questo scopo i gradini della<br />

scalinata sono disposti in maniera tale da invadere il rinfianco della volta del<br />

sottostante ambiente. Questa soluzione, ideata per corrispondere alle esigenze<br />

di maggiore fruizione degli spazi sepolcrali, comporta una riduzione del ripiano<br />

terminale della gradinata, rendendo difficile l’inserimento di una fila di colonne<br />

per un probabile pronao: a meno che queste non fossero interposte; ma ciò è<br />

poco probabile a giudicare dalla mancanza di indizi archeologici, tra gli ultimi<br />

scalini.<br />

Nella disposizione delle cortine murarie esterne il sepolcro laterizio del IV<br />

miglio della Via Appia antica e la ‘Sedia del Diavolo’ in Via Nomentana hanno<br />

in comune l’uso del rivestimento laterizio, ma nel primo il trattamento delle<br />

superfici esterne appare più cromaticamente ricercato di quello attuato nell’altro<br />

sepolcro o in altri edifici con cortine laterizie, prevalentemente monocrome,<br />

della necropoli dell’Isola Sacra presso Ostia o della necropoli Vaticana.<br />

Il sepolcro della Via Appia rivela chiare assonanze con le coeve esperienze<br />

decorative attuate in edifici con cortine laterizie policrome, sia sepolcrali, sia<br />

con diverse destinazioni d’uso.<br />

In considerazione del cattivo stato di conservazione della zona di coronamento<br />

della ‘Sedia del Diavolo’, i riferimenti più diretti per le soluzioni decorative e<br />

compositive delle pareti che definiscono i volumi semplici del sepolcro laterizio<br />

della Via Appia, sono indubbiamente quelli attuati nel ‘Sepolcro Barberini’ in<br />

Via Latina, nel ‘Cenotafio di Annia Regilla’ alla Caffarella nei pressi della Via<br />

Appia e nel ‘Torraccio della Cecchina’ presso Casal de’ Pazzi in Via Nomentana.


Maria Carmen Nuzzo<br />

Parte I I tipi<br />

Il sistema lesena-capitello-trabeazione presenta in tutti questi esempi riscontri<br />

evidenti nella successione delle parti modanate, ma in quello della via Appia,<br />

le soluzioni decorative adottate, più semplificate, non hanno la raffinatezza<br />

dei partiti decorativi degli altri edifici. Nel sepolcro laterizio della Via Appia,<br />

i costruttori ricorrono, in sintonia con gli indirizzi artistici dell’epoca, all’uso<br />

della diversa colorazione dei filari di mattoni (gialli e rossi) legati da sottili<br />

strati di malta che formano le paraste, le basi, i capitelli e le modanature della<br />

trabeazione, per esaltare le superfici disposte su piani diversi, ma realizzano<br />

tenui aggetti che non assumono mai un risalto plastico; anzi, con il loro scarso<br />

aggetto riducono la sostanza della massa in variegati superfici di colore. Nella<br />

scelta della colorazione dei materiali, la volontà degli artefici di differenziare<br />

i colori dei mattoni per indicare con il colore giallo gli elementi portanti e<br />

con il colore del colore rosso le pareti di chiusura. Nell’attuazione di questi<br />

programmi i costruttori della tomba al IV miglio di Via Appia raggiungono esiti<br />

lusinghieri, ma non hanno la capacità artistica di emulare il livello qualitativo<br />

perseguito dagli artisti intervenuti nella costruzione del ‘Sepolcro Barberini’ e<br />

del ‘Cenotafio di Annia Regilla’ e del ‘Torraccio della Cecchina’, su incarico<br />

di una committenza colta e ricca.<br />

Il sepolcro laterizio del IV miglio della Via Appia antica è, in sintesi, un esempio<br />

di sepolcro ‘a tempio’, rivestito di laterizio a due colori che, pur senza avere le<br />

arditezze strutturali delle coperture della ‘Sedia del Diavolo’ e del ‘Torraccio<br />

alla Cecchina’, o la ricercatezza decorativa policroma del ‘Cenotafio di Annia<br />

Regilla’ e del ‘Sepolcro Barberini’ 6 , si distingue per la sobrietà dei volumi che<br />

ne definiscono le parti, per le articolazioni distributive ben congegnate, e per la<br />

cura con cui sono stati giustapposti gli elementi decorativi per creare variazioni<br />

cromatiche sia con l’uso di mattoni gialli e rossi sia con la disposizione di<br />

superfici di scarso aggetto. L’indagine sugli edifici funerari ‘a tempio’, alla cui<br />

tipologia appartiene il nostro sepolcro, permette infine di verificare che tale<br />

tipologia non è diffusa quanto quella ‹‹a camera››, come attestano le numerose<br />

tombe delle necropoli dell’Isola Sacra presso Ostia e Vaticana, e i tre sepolcri<br />

del Parco della Via Latina (‘Barberini’, ‘dei Valeri’, ‘dei Pancrazi’) 7 .<br />

13


14<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />

Note<br />

1 La regina viarum è laVia Appia, iniziata nel 312 a.C. da Appio Claudio e conclusa per<br />

segmenti successivi nel 119 a.C. La sua estensione definitiva univa Roma con Capua,<br />

Venosa, Taranto e Brindisi.<br />

2 P. S. BARTOLI, Gli antichi sepolcri, ovvero mausolei romani, ed etruschi, trovati<br />

in Roma ed in altri luoghi celebri, nelli quali si contengono molte erudite memorie:<br />

raccolti, disegnati e intagliati Roma, 1727, 1768<br />

3 L. CANINA, La prima parte della Via Appia dalla Porta Capena a Bovillae, descritta<br />

e dimostrata con I monumenti superstiti dal commendatore L. Canina in seguito alle<br />

regolari scavazioni e lavori diversi …, Bertinelli, Roma, 1853.<br />

4 L. CREMA, Due monumenti sepolcrali sulla via Nomentana, in Serta Hoffileriana,<br />

Zagreb, 1940, pp.263-283 .<br />

5 M. L. RICCARDI, Il cosidetto sepolcro “Barberini” sulla via Latina, «Palladio»,<br />

XVI, 1966, I-IV, N. S. XIV, pp. 151-182<br />

6 M. TORELLI, F. ZEVI, Roma, Principali monumenti del suburbio, «Enciclopedia<br />

dell’arte antica», VI, 1965, pp. 872-899<br />

7 A. VODRET, Via Latina. La Tomba dei “Pancrazi”, « Bollettino della Commissione<br />

archeologica comunale di Roma », XCI, 1986, pp. 615-622


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

15


16<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Architettura mediterranea ed europea protostorica: dal IV al III millenio in Oriente e in Occidente


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.0 Architettura mediterranea ed europea protostorica:<br />

dal IV al III millennio in Oriente e Occidente<br />

Dal III millennio a.c. le forme architettoniche divengono espressione dell’ideologia<br />

di quella società, per cui si può dire che l’esigenza di erigere un sepolcro<br />

duraturo e di innalzare una costruzione alla divinità creano un’architettura funeraria<br />

e religiosa.<br />

Tra le tecniche si affermano i due principi costruttivi fondamentali del trilitismo<br />

(ovvero il principio della concentrazione del peso su sostegni isolati) e<br />

della copertura a falsa volta 1 , o costruzione “in alveare”.<br />

I due sistemi tecnici variamente combinati hanno dato luogo alle più significative<br />

architetture civili, religiose e funerarie. Dagli edifici civili e religiosi<br />

egiziani, che applicando soltanto il trilitismo raggiungono forme grandiose, per<br />

continuare attraverso i templi maltesi e le tombe micenee, fino ai templi della<br />

Gran Bretagna ed all’architettura funeraria europea occidentale, si raggiunge in<br />

occidente una fusione dei due sistemi (cosiddetto, megalitismo occidentale) a<br />

causa dei suoli costituiti prevalentemente di rocce adatte.<br />

Nell’architettura microasiatica non viene applicato il trilitismo, per l’assenza<br />

di roccia adeguata da cui trarre monoliti per il sistema strutturale. La presenza<br />

di banchi argilliferi favoriscono l’uso prevalente del mattone fittile per cui le<br />

strutture di sostegno sono in mattoni più o meno cotti su zoccolo lapideo di<br />

fondazione con presumibili solai a travature lignee.<br />

La costruzione quindi per conseguire la necessaria solidità s’innalza a murature<br />

continue con rare aperture di necessità. L’architettura urbana microasiatica rivela<br />

perciò un carattere introverso e chiuso. Sarà il tempio egiziano, con il suo<br />

colonnato ad innalzare nella storia dell’architettura l’apertura della costruzione<br />

allo spazio esterno.<br />

Il sistema della copertura architravata è più frequente del sistema a falsa volta<br />

questo sia per la leggerezza dei materiali impiegati sia per la difficoltà di recuperare<br />

materiale coesivo per cementare i mattoni necessari.<br />

I primi esempi di copertura a falsa volta si evidenziano nelle costruzioni di<br />

tombe ipogee : di queste il più antico esempio risale al V millennio a.c. cioè alle<br />

così dette tholoi di Arpasiyya 2 .<br />

17


18<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Architettura mediterranea ed europea protostorica: dal IV al III millenio in Oriente e in Occidente<br />

1.0.1 La civiltà egea e i suoi palazzi<br />

Uno dei principi fondamentali dell’architettura palaziale minoica è quello di<br />

raggruppare gli ambienti intorno ad un cortile centrale come a Festo e Cnosso.<br />

Gli elementi dell’architettura egea sono più o meno comuni alle tre grandi culture<br />

che fioriscono intorno all’Egeo (minoica, cicladica, micenea).<br />

La disposizione degli ambienti è adeguata alla morfologia del luogo: essi risultano<br />

asimmetrici e sono caratterizzati da scalinate, ambienti terrazzati ecc.<br />

conferendo al palazzo minoico quel carattere di dinamicità funzionale posto in<br />

relazione alle esigenze della società minoica che concentra la sua vita in massima<br />

parte nel palazzo (fig. 1).<br />

La funzione del cortile interno è a tal proposito predominante, mentre il cortile<br />

esterno è per lo più adibito a giochi sportivi.<br />

Al carattere di apertura al mondo esterno dei palazzi minoici si contrappone<br />

quello introverso e chiuso dei palazzi del re micenei, di cui sono noti quello di<br />

Tirino, Micene, Pilo. Situati per lo più su alture, gli ambienti a pianta rettilinea<br />

sono disposti attorno al salone centrale, o megaron, o sala delle adunanze secondo<br />

Omero.<br />

E’ un ambiente rettangolare diviso in tre vani: l’ingresso a due ante murarie laterali<br />

con due colonne di sostegno al centro per il tetto e con una porta centrale<br />

di accesso al secondo vano.<br />

Una o due porte centrali immettono al centro al megaron propriamente detto o<br />

“sala del trono “.<br />

L’architettura funeraria micenea (fig.2) è nota per le sue tombe ipogee a falsa<br />

cupola e corridoio (dromos), delle quali è esemplare il tesoro di Atreo a Micene<br />

3 .<br />

Il corridoio scoperto che raggiunge una larghezza di m.6 e una lunghezza di<br />

m.35, come al tesoro di Atreo 3 immette attraverso una porta rettangolare nella<br />

camera circolare ottenuta nei fianchi di alture rocciose, e rivestita di anelli<br />

concentrici, di conci sagomati “a scarpa”. L’aggetto inizia dal piano di posa del<br />

primo anello per terminare nella chiave di volta chiusa a vertice. Il soffitto è<br />

decorato da rosoni aurei. Per mezzo di un portello e un breve corridoio si passa<br />

ad un ambiente minore a pianta quadrata utilizzata per la deposizione, mentre<br />

la camera circolare era riservata al rituale 4 .


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1 L'ingresso<br />

2 La Sala del trono (megaron)<br />

fig1 il palazzo Miceneo<br />

1 L'ingresso (dromos)<br />

2 La tomba<br />

fig2 Le tombe a Thòlos<br />

19


20<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Architettura mediterranea ed europea protostorica: dal IV al III millenio in Oriente e in Occidente<br />

1.0.2 Le architetture megalitiche nell’occidente mediterra<br />

neo<br />

Isola di malta<br />

Nelle architetture del 1600-1500 a.C., definito come periodo apogeo, nell’isola<br />

di Malta la tarda civiltà neolitica dei “grandi templi” offre esempi precoci della<br />

tecnica Megalitica che sviluppa elaborati ambienti ellittici. Ma è soprattutto nel<br />

mondo europeo in Spagna, in Francia, in Scandinavia e in Puglia che si vede<br />

fiorire il megalitismo con i suoi monumenti tipici delle pietre fitte (menhir)<br />

delle tombe a camera e a corridoio (dolmen) degli allineamenti e dei circoli di<br />

pietra aventi destinazione sacrale (cromlech) 5 .<br />

A Malta i caratteri essenziali sono:<br />

1) l’adozione del sistema trilitico e architravato nelle strutture portanti (corridoio<br />

d’ingresso, muri portanti)<br />

2) uso della falsa volta di copertura<br />

Isole occidentali<br />

Nell’avanzata età del bronzo si vedono fiorire le singolari civiltà architettoniche<br />

della Sardegna e delle isole Baleari<br />

La tecnica costruttiva è a blocchi che dà origine a caratteristiche strutture megalitiche.<br />

In Sardegna il monumento tipico è il Nuraghe, torre tronco conica con ambienti<br />

interni a falsa cupola 6 .<br />

Nelle Isole Baleari il monumento tipico è il Talayot che si distingue nei due tipi<br />

a pianta circolare e a pianta quadrata; il profilo verticale della costruzione risulta<br />

tronco-conico se a pianta circolare, tronco-piramidale se a pianta quadrata.<br />

La decorazione<br />

Nell’architettura Protostorica del Mediterraneo e dell’Europa, l’elemento decorativo<br />

o figurato, scolpito o dipinto, ha un carattere vario e occasionale; soltanto<br />

a Malta e nel mondo cretese-miceneo, come già nel vicino oriente e nelle civiltà<br />

classiche, s’intravvedono tradizioni canoniche di rapporti tra struttura e tipologie<br />

ornamentali. Il motivo predominante sui monumenti, come negli oggetti,<br />

mobili e soprattutto nella ceramica è la spirale.


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

Note<br />

1…la copertura a falsa volta da distinguersi da quella a vera volta secondo PERROT-<br />

CHIPIEZ in Histoire de l’arte dans l’antiquitè, Paris, 1882-1911, I pp.554 sgg., II, pp.<br />

231 sgg.)<br />

2 A. PERROT, Archéologie Mesopotamiénne, Paris, 1953, II, p.155 sgg.<br />

3 Il tesoro di Atreo , detto anche tomba di Agamennone, è una maestosa tomba a tholos<br />

situata nei pressi della rocca di Micene, in Grecia. Fu edificata intorno alla metà del<br />

XIII secolo a.C. (quattro secoli prima dell’epoca della guerra di Troia) ed ospitò i resti<br />

del sovrano che portò a termine la ricostruzione della rocca. Si tratta di una camera semisotterranea<br />

a pianta circolare, con copertura a sezione ogivale, realizzata con massi<br />

aggettanti (falsa volta). E’alta 13 mt mentre il diametro misura 14.50 metri; per trovare<br />

una costruzione voltata altrettanto ampia si deve scorrere il tempo fino al Pantheon,<br />

costruito 1400 anni dopo.<br />

4 G.Rondevaldt, Der Fries des Megarons von Mykenai, Halle, 1921<br />

5 C.Ceschi, Architetture dei templi megalitici di Malta,Roma, 1939<br />

6 G.Lilliu, Civiltà dei Sardi, Roma, 1968<br />

21


22<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.1 La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

"..erano scavate nella roccia, quando<br />

questa lo permetteva, od erano<br />

costruite in pietra, tufo o nenfro, in<br />

superficie, a forma di tumulo 1 .<br />

Mentre i Romani costruivano i<br />

monumenti funerari fuori terra e<br />

ben visibili, normalmente lungo le<br />

vie consolari, gli Etruschi, come la<br />

maggior parte dei popoli antichi,<br />

cercavano in ogni modo di nascondere<br />

le loro necropoli. Se costruita in<br />

superficie, la tomba era ricoperta da<br />

un tumulo di terra che ne nascondeva<br />

la presenza. Altro fatto che avvicina<br />

l'aspetto delle tombe etrusche a quelle<br />

di altri popoli, specie degli Egizi,<br />

era che queste prendevano forma ed<br />

aspetto delle case dei vivi, qualche<br />

volta perfino venivano scavate a<br />

forma di tempio, come le tombe<br />

rupestri di Norchia, a significare,<br />

molto probabilmente, che questa era<br />

la sepoltura di un personaggio di casta<br />

sacerdotale e dei suoi familiari.<br />

Una curiosità molto diffusa nelle<br />

necropoli è l'urna cineraria di<br />

terracotta riproducente, con molto<br />

verismo, la capanna costruita con pali<br />

di legno e il tetto di paglia.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Le tipologie "a esedra" , piante: a Gozo (malta),<br />

Los Millares (Spagna), a Castelluccio (Sicilia),<br />

tomba dei Giganti (Sardegna), tomba a<br />

Talaytos (Minorca)


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

L'interno delle tombe varia moltissimo a seconda del gusto e delle possibilità<br />

economiche del proprietario. Le più semplici sono formate da una o due camere<br />

comunicanti, i letti funebri addossati alle pareti e scavati nel masso senza<br />

sculture né soffitti dipinti riproducenti le travature delle case. Nelle più ricche si<br />

riproduce, invece, l'appartamento del vivo sino ai più minuti particolari. Porte<br />

con cornici, finestre, mobili e suppellettili, tutto riprodotto alla perfezione nella<br />

roccia scavata. Le porte sono con gli stipiti obliqui, più strette in alto. Nelle<br />

pareti che dividono le celle, sono aperte le finestre che permettono la vista della<br />

stanza vicina. Tutto intorno, sgabelli, banchi, poltrone dal ritto schienale, con<br />

l'appoggia piedi di fronte, letti con le gambe ben tornite, armi appese, gli arnesi<br />

più vari usati dal defunto, tutto contribuisce a rendere l'aspetto della casa del<br />

defunto una cosa viva e palpitante.<br />

L'accesso alla tomba è spesso costituito da una lunga scalinata scavata nel tufo<br />

(dromos) chiusa e sigillata da una grande pietra monolitica o da un robusto<br />

muro formato da grandi pietre squadrate saldate con malta a calce…<br />

Le decorazioni dipinte tendono a riprodurre le stesse decorazioni della casa<br />

del vivo. Il soffitto, tra trave e trave, è variamente dipinto con foglie, rami,<br />

uccelli o motivi ornamentali. Le pareti sono chiuse in alto da una lunga serie di<br />

strisce colorate con vivace ed indovinato accostamento di colori. Nei triangoli<br />

delle pareti formati dalla forma del tetto, leonesse, leopardi od altri animali si<br />

affrontano, separati da un cippo od ara.<br />

Le pareti laterali, sono divise in pannelli e riproducono le scene più care vissute<br />

dal defunto mentre era in vita. Vediamo così il signore alla caccia, alla pesca,<br />

alla danza. Oppure, mollemente sdraiato sul letto, in compagnia della bellissima<br />

moglie, degli amici, dei familiari lo vediamo banchettare allegramente. I servi,<br />

variamente indaffarati, si affrettano a versare il vino entro grandi vasi, altri<br />

sono pronti a servire arrosti di cacciagione posti su larghi vassoi. I musici<br />

riempiono di gioiose melodie l'ambiente, le danzatrici dalle lunghe vesti<br />

fiorate, trasparenti, intrecciano con i danza tori, in gonnellino corto, le danze ed<br />

agitano graziosamente le lunghe mani affusolate. A rendere più vero e naturale<br />

l'ambiente, piccoli animali domestici passeggiano sotto i tavoli e nelle sale.<br />

Nulla vi è di funebre, la gioia di vivere pulsa ancora nelle carnagioni accese dei<br />

commensali…<br />

Tutto vive nella più pura naturalezza e nel realismo più pittoresco. La città dei<br />

morti come per incanto, si trasforma in una città dei vivi, i defunti assumono<br />

l'aspetto di persone reali, lo sfondo delle scene ed i paesaggi agresti non sono<br />

nature morte ma balzano all’occhio come scorci veri dell'ambiente Etrusco."<br />

Così George Dennis, il grande archeologo inglese dell'800, descriveva le<br />

sepolture etrusche 1 .<br />

1 Tratto da "The cities and cemeteries of Etruria." / Abridged edition edited by Pamela<br />

Hemphill with maps, plans and illustrations. - Princeton (N.J.) : Princeton University<br />

Press, 1985. - LXV-234 p. ill. 23 cm. I edizione del testo 1848. II^ 1883.<br />

23


24<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.2 Le tombe a camera<br />

Le tombe a camera generalmente<br />

sono introdotte da un corridoio più<br />

o meno lungo e stretto (dromos) con<br />

pendenza variabile secondo il terreno,<br />

a cielo aperto o in cunicolo. Queste<br />

tombe sono ricavate sotto terra negli<br />

strati rocciosi (tufo, macco, nenfro,<br />

peperino ecc.).<br />

La loro forma è molteplice; possono<br />

essere rettangolari, trapezoidali,<br />

quadrate, ed avere uno o più ambienti<br />

variamente collegati.<br />

Attorno alle pareti, ci possono essere<br />

dei letti o delle banchine ricavati<br />

dalla roccia o anche costruiti, sui<br />

quali erano deposte le salme e la<br />

suppellettile funebre.<br />

Le pareti, le porte, i soffitti, possono<br />

essere scolpiti in vario modo. Il<br />

soffitto, in particolare, poteva imitare<br />

la struttura in legno dell'abitazione<br />

reale, avere il trave centrale (columen)<br />

in rilievo con i relativi travicelli<br />

(cantherii) sugli spioventi.<br />

Non mancano, specie per il periodo<br />

arcaico, colonne con capitelli, sedie,<br />

sgabelli, cornicioni, porte rilevate,<br />

finestrelle, scudi, letti e guanciali<br />

scolpiti e decorati. Talvolta, lungo<br />

le pareti, è possibile rinvenire anche<br />

delle nicchie per la deposizione di<br />

altri corpi.Cosi come le sculture,<br />

anche le pitture<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.3 Le tombe a<br />

cappuccina<br />

Vengono chiamate in questo modo per<br />

la forma che ricorda il cappuccio dei<br />

frati. Guardandole in sezione, infatti,<br />

mostrano una forma triangolare.<br />

La tomba è formata da tegoloni<br />

(tabellones) o anche da lastre di pietra,<br />

che sono poste ai lati del defunto e<br />

congiunti al vertice. Il tutto, poi, era<br />

ricoperto di terra.<br />

Il corredo funerario che è possibile<br />

rinvenire in queste tombe è dei più<br />

poveri che si conosca; qualche volta<br />

manca completamente.<br />

Questo tipo di sepoltura, molto<br />

diffuso durante l'età imperiale, è<br />

proprio delle classi più povere. L'età<br />

giunge fino al Medioevo.<br />

25


26<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.4 Le Tombe a cassone<br />

Sono costituite da pesanti casse di tufo,<br />

nenfro o peperino che racchiudevano<br />

il corpo del defunto e deposte entro<br />

fosse scavate nel terreno.<br />

Il coperchio è a «schiena d'asino» o<br />

a doppio spiovente. Il cassone, oltre<br />

il cadavere, custodiva parte o tutti gli<br />

oggetti funebri. Altri oggetti potevano<br />

essere deposti ai lati del cassone<br />

o sopra di esso, particolarmente<br />

nell'estremità superiore, protette da<br />

improvvisati ripari di scaglie pietrose<br />

(VII-V sec. a.C.).<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.5 La Tomba a<br />

colombario<br />

Si tratta di camere più o meno grandi,<br />

talvolta comunicanti in serie, con<br />

ricavate nelle pareti numerose cellette<br />

quadrate di 20/30 cm di lato allineate<br />

orizzontalmente e verticalmente.<br />

In esse erano deposte; entro vasi,<br />

le ceneri dei defunti con un misero<br />

corredo funebre. Usate per lo più dalla<br />

povera gente sono tombe ascrivibili<br />

agli ultimi periodi della vita etrusca<br />

e al periodo romano (IlI sec. a.C. e<br />

seguenti).<br />

27


28<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.6 Le tombe a "dado"<br />

Le tombe a “dado” sono sempre delle<br />

tombe a camera contenute, in questo<br />

caso, all'interno di un blocco di roccia<br />

scavato nel tufo o anche costruito.<br />

Nel caso il monumento funebre è<br />

isolato sui quattro lati si ha la vera<br />

e propria tomba a dado, altrimenti si<br />

hanno forme intermedie:<br />

- a semidado quando il monumento<br />

è isolato solo su tre lati dalla parete<br />

rocciosa:<br />

- a falso dado quando la sola facciata<br />

è scolpita nella roccia ed ha qualche<br />

cenno dei lati<br />

La facciata può avere una porta<br />

reale (periodo arcaico), oppure una<br />

finta posta in alto.In questa tipologia<br />

di tombe si ricrea una abitazione<br />

normale, le modanature di vario<br />

tipo e diversa disposizione (becco<br />

di civetta, toro, fascione, campana)<br />

ornano la facciata o anche i lati del<br />

dado che hanno, spesso, piccole scale<br />

per accedere alla parte superiore del<br />

monumento (piattaforma).<br />

Nelle tombe a dado ellenistiche la<br />

tomba vera e propria è situata sotto<br />

la facciata sulla esatta perpendicolare<br />

della finta porta. Tra la facciata e la<br />

camera sepolcrale vi può essere un<br />

ambiente più o meno grande (ambiente<br />

di sottofacciata). Sono caratteristiche<br />

delle necropoli rupestri.<br />

Datazione: metà del VI-II sec. a.C.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.7 Le tombe a thòlos<br />

Si tratta di una derivazione<br />

dall'architettura micenea. Il thòlos<br />

era una tomba dedicata alle sepolture<br />

regali; in essa appare uno dei primi<br />

esempi di cupola dell'antichità.<br />

Costruito tagliando una collina e<br />

disponendo grandi pietre in cerchi<br />

concentrici sovrapposti, fino a<br />

chiudere completamente la sommità<br />

dell'ambiente conico che ne deriva,<br />

il tholos viene successivamente<br />

ricoperto di terra, che ricostituisce<br />

la collina originaria. Un corridoio,<br />

lasciato libero fra due pareti di pietra,<br />

conduce all'accesso della tomba.<br />

All'interno in un piccolo ambiente<br />

scavato accanto al grande vano con la<br />

cupola, era collocato il sarcofago del<br />

re. Gli etruschi utilizzarono questo<br />

tipo tombale soprattutto nell'Etruria<br />

settentrionale e nel tardo periodo<br />

orientalizzante ( Vetulonia, Volterra).<br />

29


30<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.8 Tombe a edicola<br />

Tipiche del periodo che va dalla metà<br />

del VI fino alla metà del V sec. a.C., le<br />

tombe a edicola somigliano nella loro<br />

struttura esterna a una casa con tetto<br />

a doppio spiovente (vedi definizione<br />

di Tomba nel glossario).<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.9 Tombe a pozzetto<br />

Alla fine dell’età del bronzo le<br />

sepolture a incinerazione sostituiscono<br />

quelle preistoriche a inumazione, e le<br />

ceneri vengono collocate all’interno<br />

di pozzetti semplici rivestiti da<br />

ciotoli o lastre. Questo si presenta<br />

come un piccolo pozzo cilindrico o<br />

quadrangolare scavato nella terra o<br />

nella roccia tenera. La profondità,<br />

variabile a seconda della natura del<br />

terreno, può raggiungere anche i due<br />

metri e la larghezza metri 1,50. Nel<br />

fondo troviamo l'ossuario contenente<br />

gli avanzi combusti del corpo,<br />

attorno è collocato il corredo funebre<br />

costituito da vasi e da oggetti metallici<br />

soprattutto in bronzo.<br />

31


32<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.10 Tomba a pozzo<br />

Di epoca decisamente tarda (II-I sec.<br />

a. C.) questo genere di sepoltura si<br />

presenta come un pozzo che scende<br />

nel terreno fino a giungere talvolta a<br />

una decina di metri.<br />

Al termine si aprono, una grande<br />

camera o vari cunicoli che<br />

introducono ad altrettanti ambienti<br />

ove sono deposti i defunti.<br />

La discesa avviene grazie a delle<br />

tacche (pedarole) ricavate nelle pareti<br />

del pozzo cilindrico o rettangolare.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.11 Tomba a tumulo<br />

Sono tombe a camera il cui nome<br />

deriva dal fatto di essere sormontate<br />

da un monticello di terra o di roccia<br />

che protegge l'ambiente sepolcrale e<br />

che, a distanza, le fa sembrare tante<br />

colline o come a Tarquinia, tanti<br />

«Monterozzi ».<br />

La parte esterna, sulla quale si innalza<br />

il cono di terra, ricavata nella roccia o<br />

anche costruita con massi, si chiama<br />

usualmente « tamburo» e può anche<br />

essere ornato da modanature.<br />

Secondo la grandezza il tumulo<br />

può contenere più tombe con più<br />

ambienti diversi. Questa tipologia di<br />

tombe appartiene al periodo iniziale<br />

della civiltà etrusca, ovvero alla fine<br />

dell’VIII-VI sec. a.C.<br />

Tipici invece del tardo periodo<br />

orientalizzante sono i grandi tumuli<br />

con volta a falsa cupola ad anelli,<br />

impostata su pianta circolare e<br />

aparentemente sorretta da un pilastro<br />

centrale (tholos).<br />

33


34<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

1.1.12 Tombe a fossa<br />

Nell’VIII secolo a.C., alle tombe a<br />

pozzetto di cremati, si aggiungono,<br />

e spesso le sostituiscono, quelle a<br />

fossa per inumati, scavate nel terreno<br />

a forma più o meno rettangolare.<br />

Quando la roccia era assente, attorno<br />

all'urna cineraria o al cadavere del<br />

defunto, venivano “costruite” le<br />

pareti con blocchi di vario genere e<br />

grandezza, scaglie di pietra, lastroni<br />

lirici o anche tegole. I vasi rituali<br />

e gli oggetti del corredo funebre<br />

venivano deposti sia all'interno che<br />

all'esterno della fossa. Secondo il<br />

rito di sepoltura, questa tipologia è<br />

possibile ritrovarla fino alla metà del<br />

VI sec. a.C.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.1.13 Tombe dei giganti<br />

Già dalla fase più antica l'architettura<br />

nuragica elabora anche la tomba<br />

dei giganti, monumentale sepolcro<br />

collettivo che in base a credenze<br />

popolari si pensava fosse utilizzato<br />

per tumulare un gigante.<br />

Nel Bronzo Antico (1800 a.C.) nasce<br />

e si sviluppa la tomba dei giganti<br />

di stile dolmenico-ortostatico: la<br />

facciata è ad esedra ed è costituita da<br />

lastroni di pietra infissi verticalmente<br />

nel terreno, che vanno crescendo in<br />

elevazione dalle estremità delle ali<br />

al centro dove domina, con valore<br />

architettonico e simbolico, l'alta stele<br />

che spesso presenta finte finestrelle al<br />

lato della porticina ricavata al piede<br />

della stessa stele.<br />

Dietro la facciata stava un vano<br />

rettangolare (interrato) coperto da<br />

lastroni e costituito da filari di pietre.<br />

Un esempio di architettura del genere<br />

è la tomba dei giganti di Aiodda,<br />

presso Nurallao (NU).<br />

Il tipo dolmenico-ortostatico continua<br />

a svolgersi durante il Bronzo Medio<br />

in particolare nella Sardegna centrosettentrionale;<br />

nello stesso tempo,<br />

nella Sardegna centro-meridionale,<br />

fa la sua apparizione un altro tipo<br />

di tomba dei giganti a struttura detta<br />

"nuragica", in cui permane la sagoma<br />

a corpo rettangolare con esedra<br />

(schema che sembra simbolizzare<br />

la testa del toro), ma sparisce il<br />

tumulo. Nell'esedra non c'è più la<br />

stele o altro ornato, rimane la nuda<br />

35<br />

ingresso di una tomba dei giganti e lo schema<br />

della piante


36<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

La tipologia della tomba etrusca e romana<br />

ed elegante prospettiva del muro<br />

concavo ordinato a file di pietra.<br />

Una struttura di questo tipo è la<br />

tomba di Sa Domu 'e s'Orcu, "la<br />

casa dell'orco" nella giara di Siddi<br />

(CA). Mentre il tipo "nuragico"<br />

perdura nel centro-sud dell'isola per<br />

tutto il tempo del Bronzo recente<br />

e Finale (1200-900 a.C.), quello<br />

dolmenico-ortostatico del centronord<br />

viene gradatamente a cessare e<br />

lo sostituisce un altro tipo di tomba<br />

dei giganti che si caratterizza per la<br />

raffinata lavorazione a scalpello della<br />

struttura muraria, e per la presenza<br />

costante al centro dell'esedra, di una<br />

o due pietre sagomate e fregiate. Tra<br />

le costruzioni di questo tipo spicca la<br />

struttura monumentale della tomba<br />

dei giganti di Madau, presso Fonni<br />

(NU).<br />

1.13.1 I santuari nuragici<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Durante il Bronzo Recente e Finale<br />

(1300 a.C.) i Nuragici costruiscono i<br />

santuari, luoghi di incontro non solo<br />

religioso ma anche politico, civile ed<br />

economico.<br />

Il disegno edilizio e architettonico<br />

consta di parti diverse, mirate a<br />

comporre festa religiosa e civile,<br />

mercato e assemblea politica. I<br />

giochi e gli affari del mercato si<br />

svolgevano in un vasto recinto<br />

ellittico, con porticato e vani rotondi<br />

per il soggiorno dei festaioli e con<br />

i posti per i rivenditori. In disparte,<br />

presso un gruppo di dimore stabili<br />

destinate alle famiglie che avevano I santuari nuragici , pianta e sezione:


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

cura del santuario, spicca l'ampia<br />

rotonda coperta delle assemblee.<br />

Ben distinta è la zona templare con il<br />

tempio a pozzo.<br />

1.13.2 I templi a pozzo<br />

I templi a pozzo hanno una struttura<br />

composta di tre parti essenziali: il<br />

vano di ingresso, al livello del suolo,<br />

la scala che scende nel terreno e il<br />

vano interrato, con la volta a tholos.<br />

Sul fondo del vano interrato, ai<br />

piedi della scala c'è la fonte sacra. In<br />

superficie un recinto di pietre delimita<br />

l'area sacra.<br />

In Sardegna esistono circa 40 templi<br />

a pozzo: notevoli sono quello del<br />

santuario di S.ta Vittoria di Serri (CA),<br />

quello del santuario di S.ta Cristina<br />

di Paulilatino (OR) e il pozzo sacro<br />

Su Tempiesu presso Orune (NU),<br />

che si discosta un po' dalla struttura<br />

classica.<br />

37<br />

il tempio a pozzo: il vano d'ingresso è a livello<br />

del suolo, la scala è il dromos che scende nella<br />

terra.<br />

Il triangolo è la forma del tempio<br />

pianta<br />

sezione<br />

il tempio a pozzo: pianta e sezione della scala<br />

che è il dromos del tempio (studi)


38<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

1.2 I modelli all'origine della cappella gentilizia del cimitero<br />

ottocentesco<br />

Il termine cappella ha origine dall'oratorio dei re Merovingi in cui era conservata<br />

una reliquia della cappa ( lat. cappa, cappella) di San Martino di Taurs 1 . Passa<br />

poi a significare, genericamente, un edificio di culto adibito a destinazioni<br />

diverse, di piccole dimensioni, isolato o inserito in un organismo architettonico<br />

maggiore.<br />

Le cappelle isolate appaiono gia frequentemente nel mondo paleocristiano<br />

adottando di preferenza la pianta centrale sull'esempio dei martirya (martiryon)<br />

di cui spesso assumono anche la funzione funeraria. Quelle inserite negli<br />

organiscmo architettonici maggiori hanno invece origine nel periodo medioevale<br />

(sec. X-XI) e le prime vengono costruite nelle absidi delle chiese, per ripondere<br />

al moltiplicarsi degli altari dovuto all'accresciuto culto dei santi. Soltanto con il<br />

secolo XIV, per l'uso divenuto frequente, di acquistare ambienti privati di culto,<br />

le cappelle vengono inserite nei fianchi delle chiese e la loro funzione trionfa<br />

nel barocco quando assumono forme archiettonicamente cospicue divenendo<br />

elemento caratteristico dell'edificio sacro.<br />

Storicamente importante fu la funzione della cappella per il formarsi di<br />

istituzioni particolari che a loro volta influenzarono, condizionandolo, lo spazio<br />

architettonico della chiesa stessa 1 .<br />

Il sargofago etrusco e la sepoltura a catafalco<br />

La cappella funeraria si pone quale graduale trasformazione dell’antica sepoltura<br />

a catafalco, a sua volta derivata dai sarcofagi etruschi con figure giacenti, presente<br />

nelle chiese prima all’esterno, lungo i muri e nelle arcate perimetrali, o anche<br />

isolata nello spazio di pertinenza, come nel caso delle arche scaligere di Verona,<br />

e quindi all’interno, lungo le navate laterali.<br />

La cappella come chiesa<br />

Chiamata, ancora nel diciassettesimo secolo, chapelle o représentation,perché<br />

circondata da lumi come l’altare della cappella di una chiesa e sormontata da una<br />

statua che ricorda l’usanza medievale di esporre il cadavere alla vista dei fedeli,<br />

39


40<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />

fig.1 Una cappella nel cimitero di Parigi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

con la tomba-cappella già all'interno della chiesa si delinea gradualmente l'uso<br />

secondo cui lo lo spazio dei defunti è la parte sotterranea che riunisce, attraverso<br />

la preghiera, il mondo dei vivi e quello dei morti.<br />

Si delinea così il modello delle attuali cappelle di famiglia, la matrice tipologica<br />

caratterizzata da una parte sotterranea, la cripta, e una in elevazione a forma di<br />

tempietto coperto a cupola o a doppia falda (fig.1).<br />

Già nella preistoria il rito dell'ipogeo quale regno dei morti trova la sua origine;<br />

l'aldilà è un mondo analogo a quello dei vivi e la tomba funebre è il luogo<br />

del raddoppio della persona vivente dove all'immobilità dello stato fisico si<br />

contrappone la mobilità perenne del ricordo e della memoria.<br />

Le dimore dei trapassati assumono la configurazione delle abitazioni terrene. La<br />

casa è l’archetipo, il modello cui guarda l’architettura e l’arte funebre: lo stesso<br />

sarcofago è una sorta di riproduzione in scala ridotta della dimora terrestre. Le<br />

interpretazioni dell’oltretomba variano a seconda delle diverse collocazioni<br />

geografiche: la cultura micenea, ad esempio, libera l’aldilà dai riti legati alla pura<br />

conservazione del corpo, assai importanti invece per gli egiziani, considerando<br />

l’ultima dimora come puro spazio, monumento essenziale in sé concluso. La<br />

tomba a thòlos presente nell’area mediterranea è un ambiente rettangolare,<br />

privo di decorazioni, preceduto da una corsia di accesso, la dròmos. Il recinto,<br />

realizzato in grandi blocchi di pietra, è caratterizzato da una maestosa porta alla<br />

quale è affidato l’apparato decorativo dell’intera struttura (fig.2).<br />

Attraverso successive mutazioni ed evoluzioni questo tipo di sepoltura si tradurrà<br />

nella tomba ipogea tipica delle regioni meridionali italiane e quindi nella necropoli


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

fig.2 Mausoleo di Alicarnasso.<br />

etrusca, intesa come vera e propria città dei morti ad immagine della città dei<br />

vivi, guidata da una concezione fortemente razionale di coordinamento di più<br />

sepolture perfettamente rispecchiante la forma di aggregazione degli uomini sulla<br />

terra. Durante tutto il periodo delle persecuzioni contro i cristiani, il sottosuolo<br />

di Roma si popolerà di criptae, gallerie sotterranee scavate per ospitare nei loci,<br />

nicchie ricavate nelle pareti tufacee, più salme. Un tipo di sepoltura molto usato è<br />

l’arcosolium, ovvero una nicchia dall’apertura foggiata ad arco nella quale veniva<br />

posto il sarcofago. Talvolta, ma più raramente, le tombe vengono direttamente<br />

scavate nella terra: sono le fornae — termine usato anche per definire canali ed<br />

acquedotti — accessibili dall’esterno attraverso un pozzo in muratura dal quale<br />

vengono calate le salme. A questa spiccata introversione all’interno della terra<br />

delle culture mediterranee corrisponde una estroversione propria delle regioni<br />

microasiatiche: le tombe a heròon sono templi isolati emergenti dal piano della<br />

terra, di ridotte dimensioni, all’interno delle quali il defunto viene celebrato<br />

attribuendogli gli onori dell’eroe. Dall’heròon, per successive contaminazioni con<br />

il tempio greco, deriva il Mausoleo di Alicarnasso (fig.2), mirabile monumento<br />

sepolcrale in pietra, completamente distrutto sul finire del XV secolo, con<br />

peristilio ionico e grandiosa copertura gradonata, eretto per celebrare Mausolo,<br />

signore della Caria dal 377 al 353 a. C.<br />

Vitruvio prima (25-30 a. C.) e Plinio il Vecchio (75 d. C.) poi lo descrivono quale<br />

opera eccezionale per la mole e per il ricchissimo apparato decorativo, tanto che<br />

ben presto sarà conosciuto come una delle sette meraviglie del mondo antico.<br />

41


42<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Fig.3<br />

(1430) Cappella Ruccelai, a<br />

Roma, detta Cappella dei Pazzi:<br />

non è a pianta centrale in quanto<br />

a lato del quadrato centrale<br />

coperto a cupola si trovano le<br />

cappelle laterali voltate a botte.<br />

E' preceduta da un atrio non portato<br />

a termine dal Brunelleschi<br />

anch'esso con uno spazio centrale<br />

sormontato a cupola emisferica<br />

che trova riscontro con la cupoletta<br />

del presbiterio in asse sul<br />

lato opposto della cappella.<br />

L'interno si articola secondo uno<br />

schema lineare ottenuto da membrature<br />

portanti decorate in pietra<br />

serenta che si stagliano contro<br />

i muri di intonaco bianco; esse<br />

sono disposte come se fossero<br />

tracciate sull' architettura le linee<br />

della regola della prospettiva.<br />

A: atrio<br />

B: presbiterio<br />

1: asse che individua le cappelle<br />

Le sepolture collettive nel pavimento delle navate delle chiese<br />

Durante il cristianesimo viene recuperato il senso dell'oltretomba e dell'interiorità<br />

della terra: la cripta, il sarcofago, il colombario a loculi sovrapposti sono i segni<br />

della tradizione romana che vengono ripresi e tradotti in sepolture collettive poste<br />

al di sotto del pavimento della navata centrale delle chiese. Lastre di marmo<br />

chiudono i loculi sotterranei e allo stesso tempo ornano il suolo della chiesa:<br />

il bisogno di arricchire e decorare queste lastre con incisioni o rilievi sempre<br />

più marcati, epitaffi e ogni sorta di immagine, nel tentativo di ricercare forme<br />

sempre più elaborate volte alla celebrazione del singolo individuo, porterà in<br />

poco tempo alla reale impraticabilità del piano così fortemente inciso e quindi<br />

all’uso di strutture sopraelevate e autonome: si ripete così, in un certo senso,<br />

il tipo di sepoltura ad arcosolio che, si è visto, ha caratterizzato molte delle<br />

catacombe cristiane.<br />

Durante tutto il Medioevo appaiono strutture a baldacchino, coperte da cappe<br />

di stoffa, lungo le navate laterali delle chiese ad inquadrare i sarcofagi arricchiti<br />

da sculture rappresentanti il defunto giacente circondato da simboli e figure<br />

allegoriche a memoria della vita passata. Sono queste strutture a baldacchino che<br />

diverranno una sorta di codice-stile per l’architettura degli anni a seguire.<br />

Dal Quattrocento in poi le cappelle verranno sistematicamente aperte e<br />

quindi ornate dall’opera dei più prestigiosi architetti del tempo lungo le pareti


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

Fig.4<br />

(1450) Tempio Malatestiano, a Rimini. L'originaria chiesa medioevale dedicata a S.Francesco fu<br />

trasformata in un imponenete tempio classico in onore di Sigismondo e Isotta Malatesta.<br />

L'edificio rimane incompiuto l'interno conserva una struttura prevalentemente gotica. Le intenzioni<br />

dell'alberti erano quelle di creare una cupola emisferica come quella del Pantheon sorretta<br />

da costoloni come la cupola del Duomo del Brunelleschi<br />

A: cappelle laterali<br />

B: navata centrale<br />

laterali delle chiese. Marmi policromi, elaborati mosaici secondo la tradizione<br />

cosmatesca, statue, ricchissime epigrafi, affreschi e dipinti impreziosiscono le<br />

tombe degli uomini illustri.<br />

Dalla Cappella Ruccellai di Filippo Brunelleschi (fig.3), al Tempio Malatestiano<br />

di L.B.Alberti (fig.4) il tentativo di conciliare ideali cristiani con quelli umanistici<br />

attraverso la celebrazione "di principi" si continua a perpretare. Il Tempio<br />

Malatestiano, rappresenta il primo esemplare moderno in cui viene data una<br />

soluzione classica al problema presentato dalla facciata di una normale chiesa<br />

cristiana.<br />

In questi luoghi, che rappresentano la celebrazone della realtà divina e<br />

terrena, il simbolismo cristiano si intreccia con evocazioni pagane. L'esempio<br />

cinquecentesco più ecclatante è il piccolo edificio a pianta centrale realizzato<br />

dal Bramante a Roma: S. Pietro in Montorio (fig.5) è a pianta centrale e si rifà<br />

ai martirya paleocristiani. Il riferimento architettonico e simbolico è il Pantheon<br />

tanto che Andrea Palladio gli offre il tributo di includerlo tra i "templi antichi" nel<br />

IV° libro di architettura divenendo poi modello per il rinascimento maturo.<br />

La volta celeste della copertura è una chiara evocazione al regno di Dio cristiano<br />

e alla simbologia cosmica laica.<br />

La pianta è a croce greca con absidi angolari. Le cappelle, ricavate nello spessore<br />

del muro, svutano l'insieme massiccio e imponente dell'impianto. Il riferimento<br />

alla Basilica di S.Pietro è immediato. La materia viene plasmata ricordando<br />

la modellazione della roccia che avveniva nella realizzazione delle<br />

tombe etrusche.<br />

43


44<br />

Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Fig.5<br />

(1509) S.Pietro in Montorio, a Roma:<br />

la pianta è a croce greca con absidi angolari.<br />

Queste cappelle ricavate nello spessore del<br />

muro svutano l'insieme massiccio e imponente<br />

dell'impianto il cui riferimento è quello<br />

di S.Pietro. La materia così plasmata ricorda<br />

la modellazione della roccia che avveniva<br />

nella realizzazione delle tombe etrusche.<br />

Sul piano decorativo, il linguaggio che percorre l'architettura funeraria acquista<br />

sempre maggiore autonomia: le cappelle vengono animate da marmi policromi,<br />

elaborati mosaici, statue, ricchissime epigrafi, affreschi e dipinti che impreziosiscono<br />

le tombe degli uomini illustri. Dalla cappella Chigi di Raffaello in S.<br />

Maria del Popolo a Roma alla tomba di Giulio II di Michelangelo in S.Pietro,<br />

quindi ai gruppi marmorei barocchi fino ai monumenti funebri di Antonio Canova,<br />

le figure di angeli piangenti, uomini giacenti e oranti, i bassorilievi bronzei<br />

e gli epitaffi formeranno i monumenti funebri sino al XIX secolo.<br />

L’usanza di dare nuova immagine al defunto attraverso una statua fonda le sue<br />

radici in epoche più remote. Viollet-le-Duc nel suo Dictionnaire rileva come le<br />

figure di pietra medievali del XII secolo non rappresentino defunti ma persone<br />

vive, con gli occhi aperti, colte in una sorta di attesa della felicità eterna. Il<br />

senso dell’attesa e del divenire dell’iconografia medievale, recuperato dall’arte<br />

scultorea del XVI e XVII secolo a sua volta trova riferimenti più puntuali nelle<br />

raffigurazioni funebri del mondo pagano: un analogo atteggiamento sereno,<br />

volto ad accogliere un futuro possibile in un mondo altro da quello terreno, si<br />

può riscontrare in alcune figure giacenti ritrovate in tombe etrusche e romane.<br />

Dal XII al XIV secolo i giacenti e gli oranti sono pur sempre figure vive: dormono<br />

su letti di pietra, vegliano e pregano per l’eternità. Durante tutto il Rinascimento,<br />

in particolare nell’area culturale mediterranea, l’iconografia funebre<br />

libererà il corpo da ogni segno della passata vita terrena. Gli occhi dei giacenti<br />

si chiudono; le statue ripropongono il momento stesso della morte sino a giungere<br />

alla raffigurazione di scheletri quasi dissolti. La morte borghese si propone<br />

attraverso opere rese realistiche sino all’ossessione: il defunto e i suoi familiari<br />

sono raffigurati con una minuziosa cura di ogni più piccolo particolare. La pietra<br />

diviene morbido tessuto, finissimo merletto vibrante di un immobile moto


Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />

Parte I I tipi<br />

perenne.<br />

La moderna cappella funeraria appare dunque il prodotto delle graduali,<br />

lentissime elaborazioni della tomba ipogea etrusca arricchita degli elementi<br />

propri dell’architettura e dell’arte scultorea rinascimentale e barocca. L’Ottocento,<br />

segnato dall’affermazione degli ideali borghesi, darà un nuovo senso alla<br />

sepoltura: non più tombe individuali per uomini illustri, le cappelle sono luoghi<br />

privati posti all’interno del recinto cimiteriale, dedicate il più delle volte ad una<br />

sola famiglia, recintate e chiuse, dove il defunto trova riposo per sempre, al riparo<br />

dal tradizionale trasferimento negli ossari, e dove i familiari possono riunirsi<br />

per pregare e per assistere alle funzioni religiose. I resoconti delle spedizioni<br />

e i rilievi eseguiti in Egitto da viaggiatori inglesi settecenteschi come Norden,<br />

Pocock o Dalton, quindi divulgati attraverso specifiche pubblicazioni in tutta<br />

Europa, contribuiscono alla conoscenza e alla diffusione di elementi decorativi<br />

e architettonici "all’egiziana" che, nel migliore dei casi, troveranno completa<br />

interpretazione nell’architettura come organismo, ma che, per la maggior<br />

parte, verranno interpretati, in una tipica operazione di "saccheggio", come<br />

fonti da cui dedurre didascalicamente singoli episodi. Motivi egizi, neogreci,<br />

neoromani, neogotici, ma anche neoindiani, neomoreschi, vengono impiegati<br />

— spesso mescolati tra loro — tanto nell’architettura civile e religiosa, quanto<br />

nell’architettura delle cappelle funerarie, quando si intende sottolineare un<br />

carattere ed evidenziarlo rispetto agli altri. Forme perenni, atemporali, silenziose<br />

ma eloquenti della memoria della vita definiscono l’immagine della città dei morti<br />

che dall’Ottocento torna ad essere, come lo era stata nel passato, lo specchio,<br />

il doppio della società dei vivi e, contemporaneamente, l’analogon urbis, lo<br />

scenario dell’evento del lutto, in cui si collocano le rappresentazioni eterogenee<br />

delle singole cappelle funerarie de delle singole cappelle private.<br />

Note<br />

1Paolo Portoghesi, Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica , vol II p,<br />

1969, Isituto editoriale romano.<br />

45


46<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

Maria Carmen Nuzzo


Parte I I tipi<br />

Capitolo2 - La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

2.1 Il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />

Il cimitero nella storia, nasce come “luogo che celebra la memoria individuale”<br />

(mausoleo) per poi divenire “luogo collettivo” (necropoli).<br />

Il termine mausoleo con il quale si intende la tomba a carattere monumentale,<br />

discende dalla tomba di Mausolo, satrapo della Caria, ad Alicarnasso. Secondo<br />

gli antichi autori è ad Artemisia che si deve la costruzione del Mausoleo<br />

dedicato al fratello-sposo Mausolo, ed è per questo che sovente se ne è fatta<br />

risalire la datazione al biennio intercorso tra la morte di lui e quella di lei, cioè<br />

al 353-351 a.C..<br />

In archeologia la necropoli (dal greco nekros, morto e polis, città) designa un<br />

agglomerato di tombe, disposte sovente in modo disordinato, ma talvolta integrate<br />

in un complesso di tipo urbanistico. Notevoli esempi di “città dei morti”<br />

progettate come complessi architettonici di tipo urbanistico sono le necropoli<br />

etrusche, tra le quali sono famose quella di Tarquinia e la Necropoli della Banditaccia<br />

a Cerveteri.<br />

Il passaggio tra mausoleo e necropoli segna um’evoluzione in cui viene mantenuta<br />

la “mescolanza iconografica” tra concezioni pagane e cristiane. I simboli e<br />

le architetture ricorrenti riprendono i modelli classici e divengono i monumenti<br />

dell’arte funeraria.<br />

Il dizionario di architettura e urbanistica di Paolo Portoghesi 1 , con il termine<br />

monumento, dal latino monumentum, (derivato da monère, ricordare), indica<br />

un oggetto che tramanda un ricordo del passato riferito sia a un personaggio che<br />

a un avvenimento storico.<br />

Dalla definizione di monumento scaturiscono i concetti di monumentalità e di<br />

monumentalismo, intendendo con il primo ‘l’intenzionalità artistico-celebrativa<br />

applicata a costruzioni utilitarie, e con il secondo la tendenza più o meno<br />

accentuata nei vari periodi storici, verso la monumentalità.<br />

Stabilito che ogni testimonianza di civiltà passata può considerarsi monumento,<br />

si usa classificare e distinguere i monumento in base all’intenzionalità che li ha<br />

prodotti definendo intenzionali quelli scaturiti da una precisa volontà, ai quali<br />

viene attribuito il valore di monumentum nel momento stesso della creazione,<br />

47


48<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

e preterintenzionali quelli a cui noi diamo valore di monumento in base ad una<br />

visione storico retrospettiva.<br />

Così si opera una divisione teorica in quattro grandi categorie:<br />

- memoriale<br />

- funerario<br />

- totalitaristico<br />

- storico/artistico<br />

Il monumento funebre è il più antico, nonché il più diffuso in ogni tipo di civiltà,<br />

in quanto legato alla medesima concezione originaria di sopravvivenza<br />

dell’uomo dopo la morte; dal segno posto sul luogo di una sepoltura come<br />

richiamo, si passa con il tempo al ricordo.<br />

In tutta questa classificazione vanno annoverati quei monumenti sorti sul luogo<br />

della sepoltura per ricordare e onorare la memoria di un defunto (dalla lapide<br />

alla stele, ai mausolei, agli heroa, ecc.) nonché quegli edifici religiosi che si<br />

pongono come simboliche sepolture (esempio il martyrium eretto in seguito sul<br />

luogo dell’uccisione di un martire).<br />

Nelle società democratiche nasce la volontà di celebrare da parte della collettività<br />

il valore eroico di personaggi illustri: i monumento onorari trionfali<br />

nell’antichità classica acquistano spesso una propria tipologia (arco di trionfo,<br />

trofeo ...), nel periodo rinascimentale, il monumento onorario tende a configurarsi<br />

tipologicamente come ritratto individuale ma idealizzato (spesso nella<br />

forma di monumento equestre) e gioca un ruolo importante nella sistemazione<br />

degli spazi urbani fino a comprendere vere soluzioni urbanistiche monumentali<br />

(sistemazione della piazza di Pienza da parte di PioII Piccolomini), o fondazione<br />

di vere città ideali (Sforzinda in onore di Francesco Sforza).<br />

Alla categoria di monumento storico-commemorativo appartengono quelli<br />

eretti per ricordare le imprese e gli episodi storici di un gruppo, di un popolo di<br />

una nazione.<br />

La storiografia concorda nel rilevare come attorno alla metà del XVIII secolo,<br />

iniziano a delinearsi i caratteri del cimitero moderno, o meglio di quel modello<br />

di cimitero che ancora appartiene ai nostri orizzonti culturali e che è stato il<br />

frutto di eventi, ricerche e progetti a vasto campo, legati alla sfera religiosa e<br />

filosofica, al dominio tecnico e igienico, a questioni politiche e sociali.<br />

Dal sepolcro individuale ai mausolei nella tradzione cristiana.<br />

Adolf Loos sostiene che: “solo una piccola parte dell’architettura appartiene<br />

all’arte: il sepolcro e il monumento” 2 .<br />

Il luogo della memoria che si colloca nella storia come testimonianza di tomba<br />

è il sepolcro del Principe degli apostoli Pietro: anonimo all’origine, nel II° secolo<br />

diviene nucleo di un sistema aggregato di tombe.<br />

Domina in questo periodo la tumba terranea che rappresenta una evoluzione del<br />

concetto di devozione: è un passaggio orientato verso la “lunga durata”della


Parte I I tipi<br />

tomba e che sfocierà nell’edicola funeraria realizzata con colonnine e timpani<br />

e alta circa tre metri.<br />

Oggi la tomba di Pietro è conservata nell’abside della Basilica Vaticana; rappresenta<br />

la Camera fulgens sormontata zenitalmente dalla nicchia in metallo<br />

dorato in cui vengono rappresentati episodi biblici come simbolo della gestione<br />

Imperiale del culto Cristiano.<br />

Il gesto laico e solenne della consegna della legge da Cristo a Pietro rappresenta<br />

il racconto iconografico della storia apostolica attraverso il martirio di Pietro: in<br />

questo senso diviene martiria distinto dai mausolei delle famiglie imperiali in<br />

quanto questi evocavano esclusivamente il potere. Nel II°e III° secolo una evoluzione<br />

della sepoltura porterà alla “Piazzola” definita con il nome di “tricla”:<br />

è un porticato che prevedeva visite di numerosi pellegrini i quali lasciavano<br />

progetti sulle sue pareti.<br />

Si creano aggregazioni di mausolei attorno alla tomba originando la prima Basilica<br />

circiforme che rappresentava la nuova cinta muraria della Città Santa.<br />

Il culto della memoria apostolorum viene individuato dal cimitero di S. Sebastiano;<br />

in esso un affresco rappresentante il tema dell’abbraccio, riprende lo<br />

schema della concordia apostolorum e mette in codice la politica ecclesiastica.<br />

Alla fine del IV° secolo, dai concili e dai dibattiti sulle questioni riguardanti il<br />

primato della chiesa sul mediterraneo, la chiesa di Roma produce altre forme di<br />

figurazioni: non il tema dell’abbraccio ma gruppi centrali raffiguranti immagini<br />

di Santi isolati o accompagnati da S. Pietro: esempio S. Agnese con i due pontefici;<br />

inoltre si sviluppa il tema del pellegrinaggio come viaggio piuttosto che<br />

stazionamento al sepocro.<br />

Con la nascita del cementerium comunetarum le sepolture collettive danno luogo<br />

alle necropoli sotterranee: cisterne e miniere divengono catacombe; altre<br />

invece vengono realizzate ex-novo.<br />

Il tema dell’anonimato si dissolve nella rappresentazione di temi di vita quotidiana<br />

del defunto attraverso la rappresentazione di scene dell’ attività che svolgeva.<br />

E’difficile identificare il momento in cui alcune forme presenti nell'arte funeraria<br />

diventano manifestazioni di fede cristiana, poiché il repertorio dei temi<br />

figurativi rimane lo stesso.<br />

Le scene del “ciclo di Giona” (inghiottito da un pesce e poi liberato dopo tre<br />

giorni), che allude alla morte e resurrezione del Cristo, si combinano con quelle<br />

di vita quotidiana e con i temi apostolici.<br />

Il programma decorativo diviene sempre più sofisticato: gli ambienti sontuosi si<br />

arricchiscono dei temi dei pesce e degli ovini (caccia) combinati con il tema del<br />

buon pastore e del battesimo ma anche da quelli rappresentanti la concezione<br />

cosmica della Pax Costantiniana.<br />

La rappresentazione del Paradiso come giardino rompe la divisione tra terra e<br />

cielo: sono raffigurate scene mondane del paradiso-palazzo: nel sarcofago del<br />

49


50<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Beato Egidio a Perugina inizia il ciclo dei sarcofagi che entrano in contatto<br />

con le divinità: i defunti, con Costantino, “entrano in coppia” sovrastati da una<br />

mano divina oppure sono rappresentati accanto alla Madonna.<br />

Lo statuto dell’autorappresentazione cammina parallelamente con la tradizione<br />

biblica.<br />

Con l’editto di Costantino nel 313 a.c. viene ufficializzata la religione cristiana.<br />

L’avvento della Pace religiosa favorisce, una feconda produzione soprattutto<br />

di sarcofagi.<br />

Fattori essenziali sono anche il rapido sviluppo delle comunità cristiane e il<br />

conseguente accrescimento delle aree funerarie.<br />

Tra la fine del II e i primi decenni del III secolo d.C. lo sviluppo delle comunità<br />

cristiane e di una specifica iconografia, porta alla nascita di una tipologia<br />

di sarcofagi decorati con temi cristiani. I primi di essi nascono tuttavia nelle<br />

stesse officine che producono manufatti di carattere profano e condividono con<br />

questi ultimi il patrimonio iconografico e i percorsi stilistici: dal repertorio figurativo<br />

tradizionale pagano ereditano schemi figurativi, in alcuni casi risalenti<br />

addirittura all’età ellenistica, che vengono poi modificati, di volta in volta, con<br />

l’inserimento di scene e figure tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, sulla<br />

base delle richieste dei committenti cristiani.<br />

Tra i soggetti prediletti le scene bucolico-marittime e le composizioni con filosofi<br />

e muse. Un’atmosfera spirituale, libera dai vincoli di tempo e di luogo,<br />

sembra distinguere i più antichi sarcofagi cristiani, detti del paradiso per la visione<br />

idilliaca che offrono con gli sfondi di alberi presenti sulla fronte, che pare<br />

volutamente trasposta in un mondo ultraterreno. Al gruppo più antico appartiene<br />

il sarcofago di Santa Maria Antiqua, conservato nell’antica chiesa e sicuramente<br />

prodotto in un’officina romana. Le figure del “Filosofo” e dell’”Orante”<br />

già presenti nel repertorio figurativo ellenistico-romano come personificazioni<br />

della Philantropia e della Pietas, si associano in questo sarcofago a scene del<br />

Vecchio Testamento (la storia del profeta Giona), alla figura del “Buon Pastore”,<br />

e ad una scena di battesimo: l’”Orante” viene quindi a simboleggiare l’anima<br />

della defunta, mentre il “Filosofo” è il simbolo dell’insegnamento cristiano<br />

ovvero del Cristo docente. Anche se la forma della lenòs e la decorazione di<br />

questo sarcofago risentono del gusto ellenico, tuttavia l’insieme si fa disorganico,<br />

episodico; il legame fra i diversi elementi è solo concettuale e la composizione<br />

è scandita unicamente dai fusti arborei e dalla forte cesura di Giona e del<br />

padiglione soprastante. Il centro dell’evoluzione tematica è il Cristo: prevale<br />

adesso il “sarcofago a fregio cristologico”.<br />

Già in epoca tetrarchica compare nella pittura cimiteriale il Christus majestatis,<br />

solo o in mezzo al collegio apostolico, come visione del governo celeste; dopo<br />

la Pace della Chiesa, l’arte celebra la regalità del Maestro rievocando le tappe<br />

della lotta, la passione del Salvatore e dei suoi discepoli, i miracoli, la simbolica<br />

trasmissione della Legge. La sua immagine riflette questi concetti: nei primi


Parte I I tipi<br />

decenni del secolo è rappresentato in sembianze giovanili quale eroe amabile<br />

e misericordioso in atto d’operare prodigi; la generazione successiva lo vede<br />

come adolescente e lo smaterializza in pura spiritualità.<br />

Riappare anche l’epopea mitologica che denuncia una committenza mista e<br />

aderente alla storia; qui sta il defunto: tra l’antica concezione dell’inferno pagano<br />

e quella paradisiaca del giardino cristiano.<br />

I mausolei imperiali Cristiani deI V° e VI° secolo, emuli di quelli pagani, si<br />

collocano attorno alle basiliche: queste si sviluppano lungo le strade e sono<br />

caratterizzate, al loro interno, da deambulatori circiformi.<br />

Il mausoleo dinastico, sulla via Labicana, fatto erigere da Costantino in onore<br />

dei martiri S. Marcellino e S.Pietro (poi dedicato alla madre Elena) nella<br />

Basilica omonima piuttosto che il Mausoleo di Tor de Schiavi (di Baldassarre<br />

Peruzzi) nella basilica di S.Pietro, sono innestati dopo il transetto sull’impianto<br />

longitudinale a navata centrale. Lo spazio del mausoleo è costituito da otto<br />

nicchie, quattro concave e quattro quadrate: queste ultime generano una croce<br />

che dilata lo spazio.<br />

Con il mausoleo imperiale di Costantino, la rotonda si arricchisce di deambulatori<br />

e diviene più elegante e solenne: le colonne che sostengono archi e volte<br />

sono binate; il tema della croce viene enfatizzato dall’uso di colonne più grosse<br />

in prossimità delle nicchie che generano lo spazio cruciforme (fig.1).<br />

La figurazione è quella di nature, carri e amorini del repertorio pagano, atti ad<br />

alludere un banchetto funebre. La nuova concezione cristiana si mescola con<br />

quella pagana.<br />

Esempi significativi di impianti architettonici che riprendono tali forme simboliche<br />

sono:<br />

Mausoleo di Cancelles in Spagna:<br />

Mausoleo di S.Lorenzo;<br />

Mausoleo di Costantino che, consacrato nel 1360, diviene moschea nonchè e<br />

"Pantheon" dell'imperatore Bisanzio;<br />

Mausoleo di Galla Placidia (Augusta imperatrice) a Ravenna;<br />

Mausoleo di Teodorico a Ravenna.<br />

Le considerazioni che nascono da questa casistica sono:<br />

- il mausoleo Cristiano emula quello Pagano;<br />

- la sacralizzazione delle figure imperiali avviene nelle celebrazioni funerarie<br />

mediante le citazioni di episodi biblici;<br />

- le forme sono sempre più cristiane: la forma della croce viene enfatizzata con<br />

la pianta del mausoleo di Galla Placidia;<br />

- la decorazione musiva diviene sempre più cristiana: le rappresentazioni sempre<br />

più accentuate di immagini femminili sia come imperatrici che come donne<br />

generiche alludendo alla esaltazione delle virtù femminili che promuovevano il<br />

credo cristiano e la sua successione dinastica;<br />

51


52<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

- lo schema architettonico riprende la forma del cerchio (pantheon) e quella del<br />

quadrato. Queste figure divengono il modulo per schematizzazioni più complesse<br />

come la basilica di S. Pietro (cerchio e rettangolo) in cui il transetto è<br />

innestato tra la navata e l'abside.<br />

La forma circolare che i cimiteri assumeranno negli anni a cavaliere del XVIII<br />

e del XIX, è l'immagine della città ideale: la Gerusalemme celeste, la citta di<br />

Dio.<br />

Essa diviene il modello escatologico della forma ideale che incarna la perfezione<br />

e la sua inclinazione sarà data da un sistema di cerchi concentrici che architettonicamente<br />

rappresentano l'applicazione di quella ricerca scientifica che<br />

approda le sue radici nel metodo di Galileo e di Newton attraverso il quale si<br />

arriva al bello ideale.<br />

1


Parte I I tipi<br />

2.2 Gli elementi dell'architettura: la porta e il recinto<br />

A Parma la città dei morti istituita all’interno di una villa suburbana da Maria<br />

Luigia nel 1817 3 , si organizza come quella dei vivi secondo le prescrizioni<br />

dell’editto di St.Cloud 4 che prevedeva le sepolture fuori delle mura cittadine<br />

impedendole nei centri abitati.<br />

La forma architettonica è quella di un recinto strutturato da un porticato con<br />

arcate voltate a crociera; la tomba diviene la casa dove lo spazio rappresenta il<br />

luogo del trapasso e dove si individua la porta (o soglia) che, come per l’urna<br />

funeraria piuttosto che l’edicola o il mausoleo, diviene il luogo del passaggio<br />

tra sacro e profano: il mondo profano è trasceso all’interno del recinto mediante<br />

la porta consacrando lo spazio attraverso il rituale del passaggio 5 .<br />

Il rilievo delle cappelle ha portato alla luce i riferimenti formali e i modelli<br />

tipologici degli elementi che ne caratterizzano l’architettura, condizionati da<br />

una lunga tradizione che fa riferimento a culture diverse.<br />

Le tipologie ricorrenti che individuano la tomba come archetipo di casa in<br />

quanto dimora eterna, sepolcro, luogo che accoglie l’uomo a nuova vita, possono<br />

essere individuate nella forma del mausoleo. Tale definizione si riferisce<br />

a qualunque monumento che abbia carattere sepolcrale e il cui schema architettonico<br />

ricordi quello di Alicarnasso (costruito dagli architetti Satiro e Pitide<br />

nel VI secolo a.C. ) si tratta in generale di una tomba regale o gentilizia, il cui<br />

principale riferimento tipologico è quello del Pantheon (pianta centrale), mediato<br />

da realizzazioni di dimensioni inferiori, come il tempietto di San Pietro<br />

in Montorio 5 . Il termine, fin dal periodo romano, è stato usato per indicare i<br />

sepolcri innalzati alla memoria di eroi e cittadini illustri 6 .<br />

A questo “tipo” sono riconducibili tre tipologie di tombe, la cui origine risale<br />

all’architettura romana ellenistica: la tomba a edicola, la tomba a torre e la<br />

colonna commemorativa.<br />

L’edicola, dal latino aedicula, è individuabile come apertura o vano incorniciato<br />

o più specificatamente come motivo architettonico di origine classica simile<br />

alla facciata di un tempio, composto cioè di un timpano sorretto da due colonne<br />

o pilastri. Il termine indica qualunque vano a pianta semicircolare, rettangolare<br />

o quadrata, inserito nella struttura esterna o interna di un edificio. L’edicola<br />

appare anche come motivo architettonico puro, indipendente dalla funzione<br />

di inquadrare sculture e statue. L’edicola del Pantheon è tra i modelli più imitati<br />

nel Rinascimento italiano, specie per l’incorniciatura di finestre o porte 7 .<br />

Monumenti sepolcrali in forma di edicole dovevano essere frequenti lungo le<br />

vie suburbane 8 ; tra questi, la tomba di Cecilia Metella è l’esempio più famoso,<br />

tant’è che divenne un tipo edilizio destinato a diffondersi, fino a essere ripreso,<br />

53


54<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

la porta e il recinto<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

nel Seicento, per la realizzazione di piccole chiese come quella di Sant’Andrea<br />

in via Flaminia del Vignola, costituita da una pianta quadrata allungata (pianta<br />

centrale allungata) e sormontata da una cupola circolare.<br />

La tomba a torre, la cui espressione risale alle sottili torri a guglia piramidale<br />

esemplificative sono le torri El-Mselleten romano-libidiche del deserto libico,<br />

può essere considerata un’estrema espressione della torre semitica che, attraverso<br />

Cartagine, derivava a sua volta dalla tomba a torre della Siria settentrionale<br />

104 d.C. 9<br />

La colonna commemorativa risale al pilastro funerario dei Secondini a Igel,<br />

presso Treviri (245 d.C.) 10 che trova il successore nella Colonna Traiana del<br />

113 d.C: essa rappresenta la trascrizione figurata del libro di Traiano (i perduti<br />

Commentarii), in cui erano descritte le imprese dell'imperatore e del suo<br />

esercito; sempre a questa tipologia è ricondotta la colonna di Marco Aurelio<br />

eretto tra il 176 e il 192 d.C. per celebrare, forse dopo la sua morte, le vittorie<br />

dell'imperatore romano Marco Aurelio (161-180) ottenute su Germani e Sarmati.<br />

Ispirato alla Colonna Traiana, il monumento presenta un fregio scultoreo che<br />

si arrotola a spirale intorno al fusto.<br />

In questi modelli tipologici, gli elementi architettonici che traspongono tale<br />

luogo come domus sono la porta e la soglia, punto limite tra lo spazio sacro e<br />

quello profano.<br />

Nello spazio sacro, la ierofania rivela un punto fisso, un centro che fonda ontologicamente<br />

il mondo; nell’esperienza profana, ogni vero orientamento scompare,<br />

non vi è più “il mondo”, ma vi sono frammenti di universo spezzato,<br />

un’infinità di “luoghi” dove l’uomo si muove. La trasformazione del Caos in<br />

Cosmo attraverso il divino atto della creazione è riscontrabile ogni volta che<br />

l’uomo organizza il caos dandogli una struttura, una forma attraverso delle regole.<br />

La casa – nello stesso tempo imago mundi e immagine del corpo umano – ha<br />

una parte considerevole nei rituali e nelle mitologie. Anche le urne funerarie, in<br />

certe culture come quelle della Cina protostorica e dell’Etruria, sono foggiate<br />

a forma di casa: hanno un’apertura superiore che permette all’anima del morto<br />

di entrare e uscire. L’urna-casa diviene in un certo senso, il nuovo “corpo” del<br />

trapassato.<br />

Così come il tempio, all’interno del “caos” dello spazio urbano, diviene luogo<br />

limite, passaggio tra sacro e profano, la soglia della casa è la porta che<br />

segna questo transito: la soglia e la porta rivelano concretamente la soluzione<br />

di continuità dello spazio; il mondo profano è trasceso all’interno del recinto,<br />

consacrando lo spazio attraverso il “rituale” del passaggio. Il passaggio da una<br />

condizione esistenziale a un’altra è rappresentato nelle varie tradizioni religiose<br />

simbolicamente da un’apertura: «Stretta è la porta e angusto il cammino che<br />

conduce alla Vita, e pochi lo trovano» (Matteo, 8,14); «È difficile passare sulla<br />

lama affilata del rasoio, dicono i poeti per esprimere la difficoltà del cammino


Parte I I tipi<br />

che conduce alla conoscenza suprema» (Kuntha-upanisad, III,14) 11 .<br />

L’uomo religioso vive in un cosmo “aperto”; egli stesso è aperto al mondo: egli<br />

aspira a collocarsi in un centro laddove esiste la possibilità di comunicare con<br />

gli dèi. La sua casa è un microcosmo, come lo è il suo corpo… e come lo sarà<br />

la sua tomba, la casa della vita eterna.<br />

Tornando ora alla specifica esperienza di studio relativa al caso di Parma, di<br />

Sepolcro di Cecilia Metella:<br />

pianta fronte e spaccato<br />

Sepolcro di Caio Cestio:<br />

pianta e fronte<br />

Sepolcro sulla Via Appia:<br />

pianta e fronte<br />

Pianta del se- Sepolcro sulla via Sepolcro della fapolcro<br />

lavorato Portuense miglia Serurilia<br />

nella pietra in<br />

profondità di<br />

palmi 60<br />

Mausoleo di Augusto<br />

nel Campo<br />

Marzio<br />

Mausoleo di Elio<br />

Adriano Castel<br />

Sant'Angelo<br />

Incisioni dei sepolcri romani tratte dalla raccolta: P. S. BARTOLI, Gli antichi sepolcri, ovvero<br />

mausolei romani, ed etruschi, trovati in Roma ed in altri luoghi celebri, nelli quali si contengono<br />

molte erudite memorie: raccolti, disegnati e intagliati Roma, 1727, 1768.<br />

Le forme sono ordinate dalla più semplice alla più complessa; i primi tre esempi evidenziano che<br />

i fronti si differiscono nonostante la somiglianza delle piante impostate secondo lo stesso schema:<br />

il vano è preceduto da un corridoio (dromos) a cui si accede mediante la porta.<br />

55


56<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

la porta e il recinto<br />

Fig. 1 - Cappella Marchesi<br />

Fig. 2 - Cappella Romanelli.<br />

Fig. 3 - Cappella Caprioli<br />

Fig. 4 - Cappella Azzoni<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Fig. 5 - Cappella Romanini


Capitolo 1 La Domus dei morti: il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />

Parte I I tipi<br />

Fig.7 - Cappella Robuschi, studente V. Bianco.<br />

Fig.8 - Cappella Bormioli, studenti M. Bertozzi, D. Ferragutti.<br />

57


58<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

la porta e il recinto<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

seguito se ne esporranno i primi risultati. Dalla consultazione della documentazione<br />

archivistica effettuata per la conoscenza dell’evoluzione storica del cimitero,<br />

sono emersi disegni che testimoniano l’evoluzione del gusto e dello stile,<br />

dai tratti tipici della società ottocentesca, modellata sull’incontro fra tradizioni<br />

italiane e la corte locale, di ispirazione parigina, a quelli del secolo successivo,<br />

come è testimoniato dalle numerose cappelle novecentesche, molte delle quali<br />

affondano le loro radici architettoniche in quello che fu, agli inizi degli anni<br />

trenta del secolo scorso, il razionalismo italiano.<br />

I fogli visionati rappresentano essi stessi un patrimonio di grande valore, sia per<br />

la loro elevata qualità grafica, sia come documenti storici utili per un’indagine<br />

evolutiva della forma del cimitero e della sua simbologia. La città dei morti,<br />

istituita all’interno di una villa suburbana da Maria Luigia nel 1817, diviene<br />

una città organizzata come quella dei vivi, secondo l’editto di St-Cloud, dove<br />

è ammessa la realizzazione di sepolture individuali, tombe, cappelle o monumenti.<br />

Il permesso di edificare sul terreno (di proprietà comunale) è soggetto al<br />

pagamento di un’imposta e al versamento di una somma di denaro sotto forma<br />

di dotazione per i meno abbienti. Questa procedura è basata sul principio, del<br />

tutto innovativo ed espressamente borghese, della concessione perpetua dei terreni<br />

cimiteriali. La concessione è un bene da acquistare al pari di una qualsiasi<br />

proprietà immobiliare: non è cedibile attraverso la vendita, ma può essere ereditata.<br />

Inizialmente, la proprietà della sepoltura negli archi del porticato era riservata<br />

all’aristocrazia, ma presto diverrà un bene ambito anche dal ceto medio,<br />

tanto più che, in ragione del benessere economico, la pratica della concessione<br />

perpetua cresceva al punto da saturare il terreno cimiteriale 12 .<br />

Numerosi documenti di concessione e cessione d’uso di questo spazio di proprietà<br />

comunale, infatti, testimoniano la rapidità con cui le sepolture privilegiate<br />

delle famiglie aristocratiche andavano a occupare via via le arcate dell’ottagono<br />

perimetrale, recinto del più ampio campo centrale che accoglieva le sepolture<br />

comuni.<br />

Questa distribuzione spaziale delle sepolture è la testimonianza di quanto il<br />

tema della distinzione sociale, tipico degli impianti cimiteriali ottocenteschi,<br />

sia importante, nella caratterizzazione formale dell’architettura.<br />

La dimora che accoglie l’uomo a nuova vita, sia essa avello, tomba o cappella,<br />

è la cellula abitativa che struttura questa insolita città; nella luce filtrata di rami,<br />

le numerose dimore appaiono nella loro autonomia e manifestano, rispetto alle<br />

epoche precedenti, un mutato rapporto con la morte, che da privata diviene<br />

pubblica, attraverso la celebrazione del defunto. Il rilievo delle cappelle ha permesso<br />

di confrontare i riferimenti formali e i modelli tipologici degli elementi<br />

che ne caratterizzano l’architettura, condizionati da una lunga tradizione che fa<br />

riferimento a culture diverse.<br />

Le tipologie ricorrenti, tutte derivate dall’architettura classica romana ellenistica,<br />

come abbiamo detto, sono riconducibili al mausoleo: la tomba a edicola, la


Parte I I tipi<br />

tomba a torre e la colonna commemorativa.<br />

La tomba a edicola è allo stesso tempo una porta o una finestra, cioè un “luogo<br />

di passaggio”; la tomba a torre, così come la colonna commemorativa, celebrano<br />

il defunto in quanto tumuli monumentalizzati.<br />

La porta, il luogo del passaggio a nuova vita, nelle cappelle è più grande rispetto<br />

a quella delle case dei vivi, evidenziando simbolicamente il suo significato<br />

spirituale, e diventa l’elemento dominante nell’edicola, mentre viene mimetizzata<br />

nella tomba a torre e nella colonna commemorativa.<br />

A queste tipologie rispondono numerose cappelle novecentesche; tra esse, le<br />

più significative sono le cappelle Ravasini, Robuschi, Marchesi, Azzoni.<br />

Le prime tre fanno riferimento alla tipologia della tomba a edicola: sono concepite<br />

con impianto centrale 13 , ma sono contraddistinte per la diversa “inquadratura”<br />

degli elementi che connotano la cappella come domus, ossia la porta e le<br />

finestre. Nella cappella Ravasini, la porta è inquadrata con un timpano triangolare<br />

sostenuto da due colonne di ordine tuscanico e il rivestimento del muro è<br />

di marmo bicolore disposto a strisce orizzontali: il tutto presenta una continuità<br />

compositiva attraverso i costoloni della copertura (a cupola), che manifestano<br />

la forma della pianta (ottagonale) sottolineando le “aperture”.<br />

Nella cappella Robuschi, la porta è sormontata da un frontone spezzato al centro<br />

che insieme al tetto, a quattro falde come quello di una vera casa, inquadra<br />

il sottostante passaggio; nel retro, la composizione presenta una finestra, costituita<br />

da un piccolo timpano soprastante e da due lesene stilizzate.<br />

Nella cappella Marchesi, a pianta quadrata, la porta è sormontata da una sorta di<br />

frontone che non si identifica con nessuna tipologia tradizionale: questo modo<br />

potrebbe ricondursi a quella rottura con la tradizione classica che apportò Michelangelo<br />

con il nome di manierismo e in base alla quale la facciata doveva<br />

essere l’estensione della scultura, piuttosto che l’espressione della struttura 14 .<br />

La tipologia della tomba a torre è individuabile in numerose cappelle; tra queste,<br />

le più significative sono la cappella Azzoni, Romanelli e Zanzucchi: esse<br />

sono costituite da un basamento nel quale sono ospitate le sepolture, che culmina<br />

con una stele o con una statua.<br />

In conclusione, la qualità dell’architettura di queste cappelle funerarie sottolinea<br />

la qualità della vita del defunto anche dopo la morte. L’opulenza della cappella<br />

è un simbolo della qualità materiale, mentre la ricchezza e le articolazioni<br />

dell’ornamento fanno riferimento alla qualità spirituale mediante la presenza di<br />

elementi religiosi.<br />

59


60<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

la porta e il recinto<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Nella fig.9 sono stati selezionati i modelli della cappella gentilizia divisi nelle<br />

tre tipologie:<br />

L'EDICOLA<br />

Propilei di Eleusi 15<br />

Edicola del Pantheon 16<br />

Tempio del Dio Ridicolo 17<br />

LA TOMBA A TORRE<br />

Tomba a torre Cajus Julius 78-79 d.C.<br />

Tomba a torre di Unzicaburc<br />

Mausoleo di S.Maria a Capua<br />

Tombe torri romano libiche di El-Mselleten<br />

LA COLONNA COMMEMORATIVA<br />

La colonna di Marco Aurelio<br />

La colonna Traiana


Parte I I tipi<br />

Fig. 9 I modelli<br />

61


62<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

la porta e il recinto<br />

Note<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

1Paolo Portoghesi, Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica ,vol III p. 518, 1969,<br />

Isituto editoriale romano.<br />

2 Adolf Loos, Le parole nel vuoto,1910.<br />

3 Mircea Elide, Il Sacro e il Profano, Boringhieri, 1973.<br />

4 Archivio di Stato di Parma, Governatorato di Parma,1819, busta 543, Cimiteri: nuovo cimitero<br />

della città di Parma; tracciati dell’orto della Villetta e tracciamenti dell’ottagono.<br />

5 G. Gonizzi, I luoghi della Storia, in G. Gonizzi , Atlante topografico parmigiano, PPS Editrice,<br />

Parma 2001.<br />

6 «Il tempietto fu costruito per Ferdinando e Isabella di Spagna, nel luogo in cui la tradizione<br />

collocava il martirio di san Pietro […]». Bramante fu il primo a legare il tempio al tema dei martyria<br />

quale “tipo” edilizio delle più antiche chiese cristiane, adoperando l’ordine tuscanico, che<br />

è una versione dell’ordine dorico romano.”(…) ”I Martiria erano quasi sempre piccoli e quasi<br />

sempre a pianta centrale e venivano eretti in luoghi dove avessero qualche significato religioso,<br />

ad esempio il luogo di un martirio (significativi in tal senso sono la chiesa della natività a Betleem<br />

e del S.Sepolcro a Gerusalemme)” in P. Murray, L’architettura del Rinascimento italiano,<br />

Laterza Roma 1992.<br />

6 Sallustio Peruzzi, Studio di sepolcri antichi in “opera laterizia” sulla via Appia, in La materia<br />

e il colore nell’architettura Romana tra cinquecento e neocinquecento, pag.57 , ricerche di Soria<br />

dell’arte, rivista quadrimestrale, 1990.<br />

7 Ibid., nota 1 vol. II. p.229<br />

8 Ibid., nota1 vol. II. p.229<br />

S. Peruzzi, Studio di sepolcri antichi in “opera laterizia” sulla via Appia. Firenze, Uffizi,<br />

Gabinetto disegni e stampe, n.671 A.r., in Atonio Forcellino, Il problema delle cortine laterizie<br />

nell’architettura della prima metà del Cinquecento, in «Ricerche di Soria dell’arte», n°40,<br />

1990, p. 57.<br />

10 J.B. Ward-Perkins, Architettura romana, Electa, Milano 1979.<br />

11 Ibid., nota 3.<br />

12 Governatorato di Parma, 1819, busta 543, Cimiteri: Raccolta leggi 1819: Risoluzione Sovrana<br />

che indica come devono essere fatti i portici.<br />

13 L.B. Alberti,” ( …) La pianta centrale (croce greca) è il simbolo della perfezione divina poiché<br />

rappresenta una forma in sé perfetta”, in L’architettura del Rinascimento Italiano, P. Murray,<br />

p.56 , Roma 1992.<br />

14 Ibid.,pp. 96-97<br />

15 eretti su progetto dell’architetto Mnesicle tra il 437 a.c.e il 432 a.c. L'anno successivo, allo<br />

scoppio della Guerra del Peloponneso, i lavori furono interrotti e mai portati a termine.<br />

16 Il primo Pantheon fu fatto costruire nel 27-25 a.c. da MarcoVipsanio Agrippa, amico e genero<br />

di Augusto, nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio; la parola pantheon è un<br />

aggettivo sostantivato che significa “la totalità degli dei”.<br />

17 Il tempio del Dio Ridicolo è rilevato nei disegni di Antonio da Sangallo il Giovane. Firenze,<br />

Uffizi, Gabinetto disegni e stampe, n. 1168 Ar. in Ricerche di storia dell’arte, 1990, La nuova<br />

Italiana scientifica, n°40, p.19.


Parte I I tipi<br />

Il tempio del Dio Ridicolo è rilevato nei disegni di Antonio da Sangallo il Giovane. Firenze,<br />

Uffizi, Gabinetto disegni e stampe, n. 1168 Ar. in Ricerche di storia dell’arte, 1990, La nuova<br />

Italiana scientifica, n°40, p.19.<br />

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64<br />

La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

65


66<br />

Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Capitolo 3 - Gli impianti cimiteriali<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

3.1L’evoluzione del concezione della morte e la codifica del<br />

cimitero settecentesco<br />

Come scrive Ariès, nella sua esemplare: Storia Della Morte in Occidente,<br />

nonostante la loro familiarità con la morte, gli antichi temevano la vicinanza<br />

dei morti e li tenevano in disparte 1 .<br />

Onoravano le sepolture, ma uno degli scopi dei culti funebri era quello di<br />

impedire ai defunti di tornare a turbare i vivi.<br />

Poiché il mondo dei vivi doveva essere separato da quello dei morti, a Roma la<br />

legge delle Dodici Tavole proibiva di sotterrare i morti all’interno della città.<br />

Per questa ragione le necropoli erano situate fuori della città, lungo le vie consolari 2 .<br />

Il Codice Teodosiano ripete lo stesso divieto al mondo cristiano perché sia<br />

preservata la sanctitas delle case degli abitanti e, in un primo tempo, le sepolture<br />

avvengono in cimiteri fuori delle mura cittadine.<br />

Nel medioevo, malgrado i divieti del diritto canonico, con l’inizio e il propagarsi<br />

del culto dei martiri, morti molto speciali come opportunamente li chiama Peter<br />

Brown nel suo libro: La società e il sacro nella tarda antichità 3 , rientrano nelle<br />

città da cui erano stati banditi per millenni, tanto è vero che, nel linguaggio<br />

medievale, la parola chiesa non designava soltanto gli edifici ecclesiastici, ma<br />

anche il cortile antistante destinato a cimitero.<br />

I defunti chiamati dormienti vengono seppelliti accanto alle reliquie dei martirisepolture<br />

ad sanctos o martyribus sociatus 4 - che si credeva ne avrebbero<br />

vegliato l’anima.<br />

Così i Coemeterium divengono i luoghi che ospitano le sepolture: essi sono<br />

nelle chiese stesse (nell’abside, nel vestibolo, nei muri perimetrali, nell’atrio o<br />

nelle arcate dei portici, nelle cappelle laterali delle chiese o nel coro) o nelle<br />

aree circostanti.<br />

“L’inurbamento dei morti”è, come afferma Le Goff, “un elemento determinante<br />

nella rivoluzione urbana -mentale e materiale- del Medioevo(…)”: i cadaveri<br />

non saranno più rigettati in quanto impuri all’esterno dello spazio urbano, ma<br />

verranno inseriti nel territorio intra muros 5 .<br />

E fu proprio l’orrore e il fetore delle sepolture che invasero chiese e palazzi,


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

insieme alle fogne a cielo aperto, ad ammalare la città moderna.<br />

Le esalazioni pestilenziali che provenivano dalle sepolture delle navate delle<br />

chiese ma anche dalle piazze della città e da ogni spazio non edificato, definivano<br />

il macabro spettacolo che accompagnava le epidemie e i decessi.<br />

I morti vennero visti come una seria minaccia all’igiene e all’ordine pubblico<br />

della città. E mentre i medici affrontano lo studio delle diverse fasi della<br />

composizione del corpo che perde ogni sacralità traducendosi in una macchina<br />

da ispezionare, i teorici illuminati si interessano per avere migliori condizioni<br />

di vita sotto il profilo dell’igiene pubblica.<br />

Il Milizia in Principi dell’architettura civile 6 come risposta a questa necessità di<br />

igienismo illuminato, nel capitolo Edifizi per la salute ed i bisogni pubblici pone<br />

il cimitero insieme agli ospedali, ai lazzaretti, alle cloache, e agli acquedotti<br />

descrivendone gli attributi tecnici e funzionali.<br />

Altri teorici illuministi come Pierre Patte 7 , progettano impianti cimiteriali con<br />

gallerie perimetrali attuati secondo le pratiche igieniche. E’ proprio da Parigi<br />

che si diffonderà in tutt’Europa la nuova concezione di cimitero: con un Decreto<br />

Parlamentare del 1763 vengono definite le caratteristiche tecniche e funzionali<br />

per assicurare l’igiene dell’impianto.<br />

Le camere sepolcrali dove disporre i cadaveri, i canali per lo smaltimento<br />

dei liquami e il disegno dei tombini nei quali calare le salme insieme ai forni<br />

crematori, sono le parti sotterranee del cimitero moderno di cui è particolarmente<br />

significativo quello di Napoli detto delle “trecentosessantasei fosse” 8 .<br />

Il progetto, dell’architetto Ferdinando Fuga, è collocato su un terrazzamento<br />

naturale sito sulla collina di Poggioimperiale affacciantesi sulla paludosa e<br />

inurbanizzata periferia della città partenopea. L’ impianto architettonico è<br />

definito da un lungo edificio in linea che prelude al un ampio spiazzo quadrato,<br />

a cielo aperto, recintato da alte mura.<br />

Tale corte funebre è costituita di 366 fosse comuni ognuna chiusa da una<br />

pietra tombale numerata 9 nelle quali vengono “, quotidianamente “gettati”i<br />

resti mortali dei poveri attraverso una “macchina ad argano” che, nel 1875, fu<br />

donato all’Arciconfraternita di Santa Mari del Popolo agli Incurabili da una<br />

baronessa inglese durante un suo soggiorno a Napoli 10 . Tale “ordigno funebre”<br />

era in grado di calare lentamente la salma nella fossa ipogea e rilasciarla nel<br />

vuoto sottostante fino alla base della fossa che era poi la sua ultima dimora.<br />

Una “Macchina architettonica” di matrice razionalista concepita per ospitare la<br />

morte della classe meno abbiente; una sorte di “ghettizzazione di massa” che<br />

sistemava numerose salme che venivano gettate nella fossa dell’Ospedale degli<br />

incurabili o seppellite senza alcun ordine nelle zone periferiche o rurali della<br />

capitale 11 .<br />

Caratteristica quindi di questi progetti sono i campi comuni privi di qualsiasi<br />

iscrizione che potesse identificare la singola sepoltura.<br />

Solo nel 1776 con la Declaration Royal si ha la possibilità di una differenziazione<br />

67


68<br />

Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

delle sepolture singole con quelle comuni e questo sarà il primo passo che<br />

porterà il luogo delle sepolture dalla razionalizzazione alla concezione laica del<br />

cimitero che si caratterizzerà per la sua valenza museale.<br />

In questo senso il cimitero di Pisa 12 è un modello: edificato nel 1278 allo scopo<br />

di raccogliere un gran numero di sarcofagi provenienti da Roma e di dare<br />

una degna sistemazione alle sepolture disposte nell’area attorno al duomo, è<br />

costituito da un recinto che struttura al suoi interno un impianto organizzato<br />

secondo precise leggi gerarchiche.<br />

In esso prevale, come per quello di Ferdinando Fuga, l’aspetto utilitaristico<br />

e funzionale di macchina cimiteriale rispetto ad una dimensione formale e di<br />

decoro architettonico.<br />

L’innovazione del trecentesco cimitero pisano sta nel suo carattere monumentale<br />

in cui le gallerie che circondano l’intero impianto, sono popolate da statue<br />

funerarie e da antichi reperti archeologici che rendono la struttura cimiteriale<br />

un “museo” da visitare per le sue opere cimiteriali 13 .<br />

E’il primo esempio di organizzazione gerarchica di spazio cimiteriale che<br />

rappresenta in forma cimiteriale e simbolica l’immagine della società del<br />

tempo.<br />

Si determina così la codifica del cimitero neoclassico strutturato con un chiostro<br />

e un ingresso monumentale, cappella votiva al centro, e cappelle private con<br />

edifici di servizio ai lati. Esso sarà il modello a cui gli architetti guarderanno a<br />

partire dagli anni 80 del XVIII secolo.<br />

Sotto questa nuova luce altre tipologie di cimiteri si stavano delineando: Parigi<br />

si doterà di tre poli cimiteriali dei quali quello a est della città sarà il modello<br />

verso cui si strutturerà la nuova concezione di cimitero-giardino.<br />

Nasce così la tipologia del cimitero ottocentesco a giardino di derivazione<br />

inglese che ha il suo antecedente nei Campi Elisi di Stowe del 1730 (progettisti<br />

Kent e Bridgetman) in cui la vegetazione costituiva l’elemento dominante.<br />

Prototipo di questa tipologia è il cimitero francese di Père-Lachaise progettato<br />

nel 1812 da A.T.Brogniart si sviluppa secondo la nuova concezione di matrice<br />

positivista: un giardino dotato di monumenti sepolcrali attraverso cui si esprime<br />

la meditazione e la preghiera verso chi non è più in vita, è la prima città dei<br />

morti costruita come parco pubblico 14 .<br />

Ma i cimiteri appaiono nelle trattazioni teoriche sul giardino ancora prima del<br />

loro consolidarsi come modelli.<br />

Infatti, l’immagine della tomba collocata in un paesaggio naturale compare per<br />

la prima volta in un incisione che si riferisce alla quinta Egloga di Virgilio in un<br />

edizione cinquecentesca dell’opera del poeta latino 15 .<br />

Successivamente, nel quinto volume sul trattato dei giardini di Hirschfeld i<br />

“jardins de cimiters” 16 vengono addirittura proposti come “tipologia urbana”,<br />

immaginati in forma di grande parco pubblico. Anche Quatremère de Quincy<br />

ne l’Encyclopédie méthodique, pochi anni più tardi (1788), propone la natura


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

come valida alternativa al modello architettonico che invece si ispira al modello<br />

del Camposanto di Pisa 17 . “Il cipresso destinato a imbellire le tombe e la<br />

rosa simbolo dell’amore, sono le essenze per abbellire e purificare l’aria dei<br />

cimiteri” 18 .<br />

La questione quindi del rapporto tra gli alberi e l’igiene appare capovolta rispetto<br />

alle opinioni espresse dai medici intorno agli anni 70 del secolo XVIII: gli<br />

alberi sono uno strumento utile a purificare l’aria, attenuare gli effetti perniciosi<br />

delle esalazioni e a profumare l’ambiente.In questo senso le essenze resinose<br />

sono particolarmente adatte per i luoghi funebri anche per il colore cupo del<br />

loro fogliame.<br />

In Francia solo nel 1804, con il Decreto napoleonico, si ufficializzerà la necessità<br />

di inserire alberi nel cimitero.<br />

Questioni estetiche ma anche di igiene dell’aria accompagneranno i disegni dei<br />

nuovi cimiteri che si svilupperanno sotto la nuova concezione dell’Aldilà .<br />

Tale nuovo paesaggio naturale segue in parallelo il pensiero positivista che<br />

stava infervorando gli ambienti aristocratici di questo periodo.<br />

Nel 1759 D’Alambert scriveva:”un notevole mutamento nelle nostre idee<br />

sta avvenendo(…”) egli si riferiva al trionfo della philosophes le cui idee si<br />

rigorosamente razionali su tutto, sono racchiuse nella grande Enciclopèdie di<br />

cui egli e Diderot erano i direttori.<br />

Anche Rousseau era entrato in scena mettendo in discussione i valori contaminati<br />

della società civile: avanzando la tesi che le arti e le scienze avevano corrotto<br />

l’umanità egli affermava il diritto alla libertà per tutti gli uomini.<br />

La reazione intellettuale contro il cinismo, la frivolezza e tutte le infedeltà<br />

compendiate ne L’Infame, aveva il suo parallelo nel campo delle arti in un<br />

rifiuto del rococò che caratterizzava l’atmosfera chiusa e profumata dei salons<br />

parigini. Si trattava non di un mutamento da una moda all’altra, ma di una<br />

reazione contro il rococò e contro tutti i valori che esso esprimeva: il nuovo<br />

fervore contro i riccioli di figure in posa, cupidi incipriati e conchiglie che<br />

deliziavano gli ambienti aristocratici, invase tutt’Europa e cominciò a permeare<br />

tutte le arti.<br />

Di tono moralistico e stoico trova un parallelo nella letteratura degli stessi anni,<br />

ad esempio nel romanzi di Richardson, nelle commedie di Diderot e nel famoso<br />

romanzo di Jean-Jacques Rousseau.<br />

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Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

3.2 Il cimitero come giardino pittoresco: Rousseau e l’isola<br />

dei pioppi ad Ermenonville<br />

La vicenda personale e il messaggio filosofico di Rousseau così condizionante<br />

per l’evoluzione del gusto dei giardini dell’epoca, s’incontrano ad Ermenonville<br />

con l’operato del marchese De Gerardin che calandosi nelle vesti di artista e<br />

teorico del giardino, investe la sua esistenza nell’impresa d’embellir la natura<br />

trasformando la sua proprietà in un grande parco dove affiorano le principali<br />

fonti letterarie e il richiamo agli esempi più illustri di giardino pittoresco.<br />

L’omaggio a Rousseau appare come costante sia negli scritti che nelle<br />

realizzazioni del marchese fino al punto da riproporre ad Ermenonville i luoghi<br />

della nouvelle Hèloise come il Verger di Clarens o le rocce di Meillerie, che<br />

corrispondono ai momenti in cui il filosofo attraverso le pagine del romanzo ha<br />

saputo trasmettere quell’idea della natura a cui s’ispira nella progettazione del<br />

parco.<br />

Le pagine del romanzo di Rousseau soprattutto la lettera XI (parte IV) in cui<br />

l’autore descrive per bocca di suoi personaggi il Verger de Carens, l’Eliso<br />

costruito dalla protagonista Heloise, costituì un testo di grandissima influenza<br />

sul cambiamento del gusto nel campo del giardino precedendo le prime<br />

opere teoriche che diffondono in Francia la cultura del giardino paesaggistico<br />

inglese.<br />

I Verger de Carens è un luogo assolutamente privo di segni che possono rivelare<br />

le tracce del lavoro umano, dove ogni gesto è finalizzato all’esaltazione della<br />

natura.<br />

Emerge una nuova concezione di rapporto tra uomo e natura e tra uomo e<br />

giardino.<br />

Nell’Eliso di Clarens “non c’è nulla di allineato o livellato, qui non è mai<br />

entrata né la riga nè la squadra, cose ignote alla natura” 19 .<br />

Nel maggio del 1778 Rousseau si trasferisce ad Ermenonville: alla sua morte<br />

viene seppellito nell’isola dei pioppi.<br />

Lo scenario di malinconia e quiete, dove le acque riflettono il monumento<br />

funerario (in forma di sarcofago classico) e i pioppi, sarà esemplare nella poetica<br />

delle rovine che accompagnerà gli scenari delle nuove teorie sui giardini 20 .<br />

L’idea di cimitero inteso come giardino paesistico compare in Italia agli inizi<br />

dell’ottocento, sia attraverso le immagini con le quali nel mondo letterario ci<br />

si richiama al giardino inglese, sia con una breve trattazione teorica che Ercole<br />

Silva presenta nella seconda edizione della sua opera dell’Arte dei giardini<br />

inglesi 21 .<br />

L’autore con quest’opera contribuisce alla diffusione e alla teorizzazione<br />

in Italia del gusto dei giardini inglesi, affrontando il tema delle tombe non


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

soltanto in chiave estetica, ma anche prendendo in esame gli aspetti sociali ed<br />

urbanistici sollevati dal dibattito civile in corso in quel periodo. Nel suo scritto<br />

sui “giardini annessi ai cimiteri “Ercole Silva riesce a coniugare la trattazione<br />

manualistica di Hirchfeld con la questione etico-civile emersa in quegli anni<br />

in seno alla discussione sui cimiteri affrontata da Foscolo e Pindemonte che è<br />

sfociata nell’opera foscoliana dei dei Sepolcri 22 .<br />

L’interesse per il giardino inglese che si manifesta in Italia agli inizi del secolo,<br />

l’idea di paesaggio pittoresco e in particolare il gusto per la rovina e le tombe<br />

che si diffondono con il genere poetico, notturno e sepolcrale, inducono ad una<br />

concezione estetica del paesaggio che spesso si associa all’idea della morte. La<br />

tomba nella natura acquista un significato di strumento d’insegnamenti morali<br />

sia che si presenti come monumento commemorativo che come sepoltura vera<br />

e propria e diviene in tal senso meta di pellegrinaggi con cui si stabiliscono<br />

legami di tipo sentimentali e pedagogici.<br />

La mescolanza del Bello Morale col sensibile rende il monumento funebre<br />

il luogo di profonda commozione sentimentale: “un boschetto di alberi ben<br />

disposto è bello di per sé; ma se questo è di cipressi funebri ci attacca di più<br />

per la dolce malinconia che sveglia in noi la caducità umana. La sensazione<br />

diviene più viva e profonda se in mezzo a un circondario di cipressi v’è una<br />

tomba o una memoria di un uomo celebre o caro”. 23<br />

Queste idee, riportano alle esperienze del secolo precedente come al progetto dei<br />

Campi Elisi di Stowe o ai giardini di Twickenham in cui Alexander Pope colloca<br />

l’obelisco in memoria della madre preceduto da un boschetto di cipressi.<br />

In Italia il dibattito sul ruolo della natura dentro i recinti cimiteriali si collega in<br />

linea teorica a due considerazioni: la funzione sanitaria delle piante e la funzione<br />

di decoro che si ispira ad immagini del mondo funerario tratte dall’antichità<br />

nelle quali le piante occupano un posto significativo come afferma Hirschfeld<br />

nel quinto volume del suo trattato sui giardini:”Le plus ancienne maniere<br />

d’embellir les cimitieres isolè, c’est d’y planter des arbres” 24 .<br />

In Italia, solo nel 1839 a seguito della pubblicazione che Melchiorre Missirini<br />

fa a Firenze con un volume dedicato ai cimiteri, la natura assume un ruolo di<br />

abbellimento e sollievo all’interno dei recinti cimiteriali: “pare che la natura<br />

ci insegni di menomare la mestizia dei corpi morti colla floridezza e freschezza<br />

delle piante viventi” 25 .<br />

Nell’impostazione di “decoro” dato dalle piante non mancano considerazioni<br />

sulla capacità che queste hanno di suscitare sentimenti morali: la loro espressione<br />

simbolica va recuperata non per creare scene pittoresche ma per trasmettere<br />

valori e significati.<br />

Così riprendendo l’atteggiamento che gli antichi avevano nei confronti delle<br />

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Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

piante vengono introdotte nei cimiteri alcune essenze ciascuna con un ben<br />

preciso significato simbolico:<br />

(…)l’alloro, fu premio di vittoria; il pino si ebbe per inizio funesto di morte; il<br />

tasso sempreverde espresse l’immortalità; l’asfodelo, il bosso, la lambrusca, la<br />

scabbiosa, il cipressi, il pioppo piramidale rappresentano diverse qualità. 26<br />

Il cimitero di Ferrara presentato nel 1851 da Ferdinando Canonici ci offre un<br />

esempio significativo del ruolo che l’idea di cimitero paesistico stava prendendo<br />

in Italia: il progetto prevedeva la trasformazione della Certosa della città con<br />

un ampliamento del sistema claustrale ai margini del quale venivano annessi<br />

due recinti tra loro simmetrici che dovevano ospitare giardini irregolari in cui<br />

collocare monumenti, fiori e piante. Questo al fine di togliere la monotonia e<br />

dare un effetto di varietà e di decoro 27 .<br />

Alla stessa impostazione s’ispira il cimitero di S.Miniato a Firenze progettato<br />

da Mariano Falcini e presentato nel 1864 28 : un insieme di vialetti ed aiuole<br />

irregolari in contrasto con la rigida geometria del progetto complessivo<br />

testimonia quell’”effetto pittoresco” di “boschetti irregolari” che troverà nel<br />

cimitero di Staglieno a Genova l’esempio più alto.


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

3.3 I primi grandi cimiteri dell’Ottocento: Staglieno.<br />

Tombe, sculture e giardini come esempio della<br />

rappresentazione della città borghese<br />

Qualcuno un giorno disse che per conoscere lo spirito e la cultura di una città<br />

moderna è buona cosa visitare e conoscere il suo cimitero: qui si tramandano i<br />

valori dichiarati della società, il suo senso della memoria, e il culto degli affetti<br />

oltre che le sue scelte artistiche.<br />

Nel caso di Genova questo è particolarmente vero infatti il cimitero di Staglieno,<br />

uno dei più noti internazionalmente cresce parallelamente allo sviluppo della<br />

città che a partire dalla seconda metà dell’ottocento vede un’intensa e crescente<br />

attività industriale, economica, urbanistica e architettonica.<br />

Si inaugura nel 1851 sviluppando ad opera di Giovanni Battista Resasco su<br />

progetto di Carlo Barbino (1761-1835), uno degli artefici del rinnovamento<br />

neoclassico della città.<br />

Il porticato quadrangolare rappresenta il nucleo originario del cimitero ed è<br />

sovrastato da un Pantheon: luogo della memoria sociale, custode dei personaggi<br />

illustri della città, perno visivo e simbolico del cimitero insieme alla grande<br />

statua della Fede rappresentata dal Santo Varbun.<br />

Ciò che rende particolarmente specifico il cimitero oltre che la grande<br />

profusione di statue, è l’integrazione avvenuta nel corso del tempo tra il modello<br />

architettonico mediterraneo e quello romantico di tradizione anglosassone.<br />

Gallerie e porticati densi di monumenti e architetture si alternano agli alberi<br />

delle siepi.<br />

Così come avviene nella città dei vivi dove vengono realizzati, all’inizio del<br />

secolo, grandi viali scenografici immersi nel verde, nel cimitero l’articolazione<br />

della parte “residenziale borghese” caratterizzata da viali ombreggiati tra i<br />

quali le cappelle gentilizie fanno capolino.<br />

La struttura acquista decoro e funzionalità soprattutto in relazione all’intensa<br />

frequentazione da parte dei “vivi”, attraverso un’opera di progettazione<br />

integrata degli spazi aperti che si dissocia dal tema più propriamente funerario.<br />

Gli elementi di arredo e segnaletica, gli affacci e le balaustre, i selciati, le siepi<br />

e i filari di piante, ci offrono infatti un’immagine di spazio pubblico che non<br />

si discosta da quella che contraddistingue lo spazio urbano. In questo nuovo<br />

contesto, il paesaggio naturale acquista il ruolo di una cornice panoramica, che<br />

sovrasta il recinto che si stringe attorno al mondo delle sepolture.<br />

Una grande valle attraverso cui chi passeggia sotto i portici o lungo le terrazze,<br />

può godere della vista dei fianchi delle colline ricoperte di boschi, dello scenario<br />

pittoresco delle cappelle che emergono dalla vegetazione del “boschetto” e di<br />

scorci panoramici popolati da vegetazione e sontuosi monumenti.<br />

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Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

In questa ricchezza di architettura e natura il contrasto nell’unità senza nomi dei<br />

campi comuni è simile all’uniformità della periferia della città.<br />

E comune tra la città dei vivi e dei morti è anche la densità decorativa fatta<br />

oltre che dal variare delle forme eclettiche dell’architettura, dal succedersi di<br />

figure e motivi simbolici, da marmi e ferri sempre più presenti col crescere<br />

dell’industrilizzazione sia dell’ornato urbano che dell’arredo funerario.<br />

E’ comunque la densità della scultura che ha reso particolarmente conosciuto<br />

Staglieno: d’impronta fortemente realista, priva di ogni idealismo, segna il<br />

ritratto di un’intera società.<br />

Staglieno svilupperà una vera scuola Ligure della scultura.<br />

Giovanni Battista Villa, Federico Fagiani, Domenico Corti, Giovanni Scalzi e<br />

Giulio Monteverde rappresentano alcuni di quegli artisti che diedero avvio ad<br />

un modello scultoreo che si sviluppò in tutt’Europa.<br />

Oltre ad offrire una galleria di ritratti Staglieno è testimone dei valori del tempo<br />

siano essi del lavoro dell’industria e del commercio proposti attraverso i simboli<br />

e gli oggetti, sia delle virtù laiche del senso della famiglia e dell’amicizia.<br />

Ricorrente è il ricordo delle virtù militari o dell’eroismo nelle imprese<br />

risorgimentali come indicato dalle statue dei garibaldini che scortano la tomba<br />

di Giuseppe Mazzini nel boschetto.<br />

In questa evidenziazione di valori non mancano quelli religiosi spesso proposti<br />

con una dimensione di messa in scena tra il defunto e le varie apparizioni<br />

celesti, oppure attraverso la monumentalizzazione delle parabole evangeliche.<br />

Il realismo diventerà alla fine dell’ottocento, lo strumento per proporre uno<br />

sguardo verso ciò che fino ad allora si era sempre cercato di eludere: cioè la<br />

morte.<br />

Tale sguardo si farà sempre più drammatico attraverso rappresentazioni<br />

simboliche intrise d’inquietudine.<br />

Tra queste emerge l’Angelo misterioso di Giuseppe Monteverde che dal<br />

1883 sarà replicato in tutto il mondo occidentale: simbolo di un mistero<br />

imperscrutabile che va sostituendosi sempre più sia alla speranza cristiana che<br />

alla sopravvivenza del defunto attraverso la memoria.<br />

Il sensuale angelo del Monteverde che aprirà a quell’incontro sempre più<br />

frequente tra Eros e Thanatos che porta all’esaltazione dell’eros come ad una<br />

sorta di ultimo ricordo della malinconica vita di fronte ad una morte che si sente<br />

sempre più inarrestabile.<br />

Queste figure di angeli saranno sostituite verso il ‘900 da figure di donne<br />

sensuali sempre meno angeli e sempre più messaggere di un mondo misterioso.<br />

Il realismo si attenuerà almeno in parte lasciando il posto ad un gusto Simbolista<br />

e Liberty.<br />

Sensuali figure femminili divengono il simbolo di quella morte giovane, ancora<br />

più tragica nel suo essere fuori tempo accompagnata dall’immagine del fiore<br />

reciso che la cultura simbolista e Liberty aveva assunto come rappresentazione


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

emblematica della morte soprattutto dopo che nei primi anni del 900 la presenza<br />

a Staglieno di uno scultore come Leonardo Bistolfi con le tombe Orsini e Bouer,<br />

offrirà un modello nuovo e sensuale a cui gli scultori guarderanno fino ed oltre<br />

la prima guerra mondiale.<br />

Tra questi emergono Gaetano Olivieri, Gigi Orengo, Giacomo Pasciuti e Luigi<br />

Brizzolara.<br />

Dopo la prima guerra mondiale al bisogno di rappresentazione monumentale<br />

della morte privata, viene a sostituirsi una dimensione più intima e interiorizzata<br />

in cui il dramma della morte di massa sembra non lasciare spazio altro che<br />

all’urlo o al silenzio di una madre che Eugenio Baroni pone sulla tomba di<br />

Grosso Bonin del cimitero protestante.<br />

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76<br />

Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Note<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

1 I versi omerici dell’XI libro dell’Odissea documentano il destino dei mortali (psichè) dopo<br />

la morte biologica immaginata come la fuori uscita della psiché dalla bocca o da una ferita.<br />

Quando la psichè che durante la vita ha rappresentato nel corpo la conditio si ne qua non di ogni<br />

funzione corporea, spirituale ed emozionale, si libera, dopo la morte dell’involucro del soma,<br />

l’anima, che aveva reso possibile la vita, continua a vivere nell’Ade, precisamente come idolo,<br />

figura umbratile senza memoria, individualmente determinata, nella sua apparenza esteriore,<br />

dall’aspetto fisionomico dell’essere umano che una volta aveva animato ed è questo che permette<br />

ad Ulisse, nella sua catabasi all’Ade, di riconoscere la psichè di sua madre Anticlea.<br />

Nella concezione dell’universo greco, la posizione dell’Ade, dimora dei defunti, è immaginata<br />

al di là dell’Oceano.<br />

L’ubicazione è quanto mai vaga e, infatti, la nave di Ulisse, per raggiungerla, deve arrivare ai<br />

confini dell’Oceano profondo dove si trovano il popolo e le città dei Cimmeri, siti e popolazioni<br />

che appartengono al regno delle favole, anche dal punto di vista geografico e fanno parte di quel<br />

mondo irrazionale che giace al di là del mondo reale, lo circonda ed è a sua volta lambito dal<br />

fiume oceano oltre al quale non esiste più nulla<br />

La rappresentazione di una terra mitica, nelle vicinanze dell’Ade, avvolta in torbidi vapori e in<br />

nuvole di nebbia che il sole non riesce a trapassare, ha il suo contrapposto nella concezione di terre,<br />

ugualmente mitiche, situate nello splendente oriente, segnalate come Olimpo, Elisio, Isole Beate.<br />

Per il defunto non esiste nell’aldilà alcuna speranza; l’unica preoccupazione che sembra affliggere<br />

i personaggi omerici è quella di non venire adeguatamente sepolti e quindi privati di ciò che è<br />

dovuto ai morti: concetto che comprende il cerimoniale funebre, i doni, la costruzione della<br />

tomba, la sepoltura e il rimpianto. Tutto questo è ben evidenziato dall’impellente richiesta ad<br />

Ulisse da parte di Elpenore, già membro del suo equipaggio, rimasto sulla soglia dell’Ade, di<br />

ricevere quella sepoltura che gli era mancata in quanto i suoi compagni non si erano accorti della<br />

sua morte..<br />

2 S. Peruzzi, Studio di sepolcri antichi in “opera laterizia” sulla via Appia. Firenze, Uffizi,<br />

Gabinetto disegni e stampe, n.671 A.r., in Atonio Forcellino Il problema delle cortine laterizie<br />

nell’architettura della prima metà del Cinquecento, in «Ricerche di Storia dell’arte», n °40,<br />

1990, p. 57.<br />

3 La società e il sacro nella tarda antichità , Giulio Einaudi Editore, Torino 1997<br />

4 Luoghi in cui si trovano i resti di un martire cristiano: in essi vengono costruite piccole cappelle<br />

(mayria, confessiones, memoriae).<br />

5 In L’immagine urbana nell’Italia Meridionale (sec-V-XV) in Storia d’Itala, Torino 1982<br />

6 Principi dell’architettura civile, Milizia Francesco, Bassano: a cura di Remondini, 1785<br />

7 Pierre Patte architetto e urbanista (1723-1814) è l’autore della ricostruzione dell’Operà de<br />

Paris e collaboratore del progetto del barone Husseman per il ridisegno de l’Ile de la Citè<br />

8 Progetto del 1762 di Ferdinando Fuga su richiesta di Carlo di Borbone.<br />

9 Secondo un ordine bustrofedico ovvero quello utilizzato da alcune iscrizioni antiche le cui linee<br />

andavano alternativamente da destra verso sinistra e viceversa così come si volgono i buoi nei<br />

lavori di aratura dei campi.<br />

10 Il cimitero delle 366 fosse, Nicola della Monica Puccini, in Funiculì Funiculà, numero 10,<br />

anno I- Napoli, maggio 1985, p.10<br />

11 “Documenti sull’attività napoletana di Ferdinando Fuga” a cura di Raffaele Mormone, in<br />

R.Pane, Ferdinando Fuga, Napoli 1956, P.210<br />

12 Michel de Montagne passando per Pisa nel luglio del 1581, annota nel suo jurnal de voyage un


Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />

Parte I I modelli<br />

fenomeno che qui si verificava: si diceva che questa terra trasportata dalla Palestina fosse capace<br />

nel breve periodo di ventiquattro ore, di ridurre i corpi seppelliti a semplici “ossa ignude”, in<br />

P.Ariès, L’uomo e la morte dal medioevo a oggi, Bari, Laterza. 1977, p. 600<br />

13 Luigi Latini, Cimiteri e giardini, città e paesaggi funerari d’occidente, Alinea editrice, 1994<br />

Firenze<br />

14 Cfr.Luigi Latini, Cimiteri e giardini…<br />

15 La tomba di Dafni, Incisione tratta da volume Publii Virgilii Moronis Opera, Strasburgo, 1502<br />

(da Panofsky: Tomb Sculptur, 1954, N.York, Harry N. Abrams, inc.)<br />

16 Hirschfeld, Thèorie de l’arte des jardins, vol. V, Leipzig, 1785, p.133<br />

17 Costruito intorno al 1278, è un camposanto medioevale progettato allo scopo di conservare<br />

sarcofagi classici provenienti da Roma e di dar edegna sistemazione alle sepolture disposte<br />

attorno al duomo di Pisa, In questo cimitero il costruito prevale sull’elemento naturale.<br />

18 “La plus ancienne maniere d’embellir les cimiteres isolés c’est d’y planter des arbres<br />

(...) Quatremère de Quincy in Encyclopédie méthodique, Tome premiere, Paris 1788.<br />

19 J.J. Rousseau, Joulie ou Nouvelle Heloise ou lettres de deux amants habitants d’une petite<br />

ville au pied des alpes, trad. Italiana, Milano, 1992, p.501<br />

20 Cfr. Hirscfeld, Tèorie...<br />

21 Silva Ercole, Dell’arte dei giardini inglesi, Milano, Vallardi, 1813, Ed. a cura di G.Venturi<br />

22 E’ un carme di altissima celebrazione poetica della vita e dei suoi istituti civili.<br />

La civiltà esiste perché intere generazioni si sono sacrificate per i nobili ideali e per la libertà<br />

lasciandoli in custodia ai posteri attraverso il ruolo alimentato dal culto dei defunti.<br />

La storia della civiltà è una storia di sacrifici e di sforzi dolorosi da cui però l’umanità esce<br />

arricchita e migliorata.<br />

Questa nuova immortalità che continua il morto nei viventi ha una dimensione cosmica altamente<br />

religiosa, di quella religiosità laica e terrena che è la storia sentita come sviluppo spirituale. I<br />

morti sopravvivono nei discendenti che ne perpetuano e realizzano gli ideali. I concetti filosofici<br />

che vengono recuperati in unità poetica nel carme sono:<br />

il rifugio nella natura, la consolazione nella bellezza e nell’amore, il dramma degli ideali che<br />

cozzano con la realtà ma non si arrendono grazie alla fede-speranza.(…) in Aldo Giudice,<br />

Problemi e scrittori della letteratura Italiana, vol.3- tomo primo-ed. Bavaria, Torino, 1973.<br />

23 M. Cesarotti, Saggio sul bello, in Prose di vario genere dell’abate Melchior Cesarotti. TomoII,<br />

Firenze, 1809, p.67<br />

24 Cfr. Hirscfeld, Tèorie...<br />

25 M.Missirini, in Dei gravi danni e pericoli minacciati dai sepolcri posti nei recinti abitati, cap.<br />

“Ornamenti della natura per abbellire i camposanti”,p.85 Firenze, tipografia Ciardetti, 1839<br />

26 Cfr. Hirscfeld, Tèorie...<br />

27 Ferdinando Canonici, L’antica Certosa di Ferrara accomodata a pubblico Campo-Santo,<br />

Bologna, 1851<br />

28 F.Cerboni, Il cimitero di S. Miniato al Monte, Firenze, 1865<br />

77


78<br />

Gli impianti cimiteriali<br />

L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

PARTE II<br />

79


80<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Gli abitanti hanno costruito una copia identica della<br />

loro città sotterranea...<br />

Dicono che nelle due città non ci sia più il modo di<br />

distingure quali sono i vivi e quali i morti...<br />

Italo Calvino, "Le città invisibili"<br />

L'ingresso alla Villetta in R. Tossi, 1980, Carmignani padre e figlio, Cinisello Balsamo, A. Pizzi,<br />

p.142.


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

Capitolo 1 - Architettura funeraria a Parma: una nuova<br />

matrice progettuale<br />

1.1 La storia<br />

Due lunghi filari di cipressi che si<br />

fronteggiano scandiscono il ritmo di<br />

una superba allea 1 che conduce alle<br />

porte di una città insolita: è l’altra città<br />

quella “ritrovata” tra i documenti<br />

d’archivio e le testimonianze storiche<br />

che tra ottocento e novecento strutturano<br />

il volto della città di Parma.<br />

D'impostazione parigina, l'atmosfera<br />

chiusa e profumata dei salons aristocratici<br />

di Parma, animati dai riccioli<br />

rococò e dai cupidi incipriati in posa,<br />

cede il passo al "nuovo gusto ordinato<br />

e pulito che invase tutte le arti".<br />

Mosso dal Bello Morale d'ispirazione<br />

russoniana, il nuovo stile stava prendendo<br />

piede in tutt' Europa. Questo<br />

processo di purificazione e semplificazione<br />

porterà risultati architettonici<br />

simbolici e astratti attraverso geometrie<br />

pure e di platoniche essenze 1 . Ed<br />

è proprio questo lo spirito con cui sarà<br />

realizzata, a Parma, la città dei morti.<br />

Già casa dei vivi ai tempi dei romani<br />

2 , fu istituita all’interno di una villa<br />

suburbana di proprietà dei Gesuiti da<br />

Maria Luigia nel 1817 3 , e diviene una<br />

Fig. 1 - Archivio di Stato di Parma, Archivio<br />

Du Tillot, Fontanesi, Progetto per un cimitero<br />

extraurbano, 1756.<br />

81<br />

1


2<br />

82<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Fig. 2 - AS mappe e disegni vol.II n° 34,<br />

pianta della città di Parma 1834<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Fig. 3- 4 - AS Governatorato di Parma 1817, busta<br />

543, tracciato dell'orto della Villetta e tracciamenti<br />

dell'ottagono e rilievi dei fabbricati<br />

esistenti<br />

città organizzata come quella dei vivi, secondo l’editto di St-Cloud 4 dove è<br />

ammessa la realizzazione di sepolture individuali, tombe, cappelle o monumenti.<br />

Il permesso di edificare sul terreno (di proprietà comunale) è soggetto al<br />

pagamento di un’imposta e al versamento di una somma di denaro sotto forma<br />

di dotazione per i meno abbienti. Questa procedura è basata sul principio, del<br />

tutto innovativo ed espressamente borghese, della concessione perpetua dei terreni<br />

cimiteriali. La concessione è un bene da acquistare al pari di una qualsiasi<br />

proprietà immobiliare: non è cedibile attraverso la vendita, ma può essere ereditata.<br />

Inizialmente, la proprietà della sepoltura negli archi del porticato era riservata<br />

all’aristocrazia, ma presto diverrà un bene ambito anche dal ceto medio,<br />

tanto più che, in ragione del benessere economico, la pratica della concessione<br />

perpetua cresceva al punto da saturare il terreno cimiteriale 5 .<br />

Numerosi documenti di concessione e cessione d’uso di questo spazio di proprietà<br />

comunale, infatti, testimoniano la rapidità con cui le sepolture privilegiate<br />

delle famiglie aristocratiche andavano a occupare via via le arcate dell’ottagono<br />

perimetrale, recinto del più ampio campo centrale che accoglieva le sepolture<br />

comuni.<br />

Questa distribuzione spaziale delle sepolture è la testimonianza di quanto il<br />

tema della distinzione sociale, tipico degli impianti cimiteriali ottocenteschi,<br />

sia importante, nella caratterizzazione formale dell’architettura. La dimora che<br />

accoglie l’uomo a nuova vita, sia essa avello, tomba o cappella, è la cellula<br />

3<br />

4


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

abitativa che struttura questa insolita città; nella luce filtrata di rami, le numerose<br />

dimore appaiono nella loro autonomia e manifestano, rispetto alle epoche<br />

precedenti, un mutato rapporto con la morte, che da privata diviene pubblica,<br />

attraverso la celebrazione del defunto che diviene "immortale"dalla contemplazione<br />

delle sue virtù eroiche che rimangono vive e si perpetuano nei posteri e<br />

contribuiscono a formare la civiltà.<br />

La forma architettonica che struttura il cimitero di Parma è quella di un recinto<br />

che già Milizia nel 1781 7 proponeva come una possibile configurazione di<br />

cimitero: un “ampio recinto quadrato”, o di “qualunque altra figura curva o<br />

mistilinea” circondato verso l’interno da portici e arcate dove collocare i segni<br />

funebri o i “cenotafi delle famiglie benemerite”, corredato di spazi per gli ossari<br />

e di una cappella al centro a forma di Pantheon o di piramide. Nell’insieme i<br />

monumenti e i decori dovevano “accrescere l’immaginazione di luogo terribile”:<br />

i materiali dovevano essere di color grigio e il rivestimento a bugnato<br />

5 6<br />

83<br />

Fig. 5 - Cimitero detto La Villetta, Tito Boselli<br />

e Pietro Sottili in I principali monumenti innalzati<br />

dal 1814 al 1823 da sua Maestà Maria<br />

Luigia, pubblicati da P. Toschi, A. Isaac, M.<br />

Bettoli e descritti da M. Leoni, Parma, 1824;<br />

Biblioteca dell’Archivio di Stato di Parma.<br />

Fig. 6 - Archivio Storico, Iconografia del suburbano<br />

cimitero della città 1819, Registro<br />

delle proprietà delle arcate


84<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

7 8<br />

Fig. 7 - Cimitero detto La Villetta, Tito Boselli e<br />

Pietro Sottili in I principali monumenti innalzati<br />

dal 1814 al 1823 da sua Maestà Maria Luigia,<br />

pubblicati da P. Toschi, A. Isaac, M. Bettoli e<br />

descritti da M. Leoni, Parma, 1824; Biblioteca<br />

dell’Archivio di Stato di Parma.<br />

Fig. 8 - Cimitero della città di Parma, Incisione<br />

di Pietro Mazza 1817, lith. Formentin, Parigi.<br />

Collezione Paola Colla<br />

alveolato “genere d’ornamento analogo alla corruzione dè corpi umani”, di coperture<br />

in “ardesia a tinte fosche”, di una complessiva area lugubre che annunciasse<br />

al primo colpo d’occhio un “soggiorno di tenebre”. L’impianto quadrato<br />

e contornato da portici che contengono tra le arcate i monumenti sepolcrali,<br />

con cappella piramidale al centro e sepolture comune nei campi aperti, definisce<br />

un’architettura semplice e di grande chiarezza compositiva, tanto da essere<br />

adottata da (alcuni) progetti successivi.<br />

“Sacro recinto” è un’espressione diffusa che sottende significati antropologici<br />

e simbolici: è una disposizione che indica una separazione e una segregazione,<br />

ma fa seguito anche ad un atto di fondazione e riconoscimento, implica<br />

la custodia, assicura la protezione da e verso l’esterno. E’ un confine costru-


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

ito che imprime caratterizzazione e articolazione architettonica dando senso<br />

ai percorsi, alle suddivisioni, alle logiche costruttive. Il simbolo della croce<br />

“sacralizza” il recinto: esso diviene dimora che custodisce, protegge e confina.<br />

Anche a Parma gli elementi che strutturano il nuovo cimitero già nelle sue prime<br />

ipotesi progettuali, che risalgono al 1767 sono un muro di cinta, un piccolo<br />

fabbricato d’ingresso e una cappella funeraria, prevista inizialmente al centro<br />

del campo 8 .<br />

Nel 1811 il consiglio comunale decide di fare due cimiteri fuori porta S. Michele<br />

e fuori porta S.Croce, ma per ridurre i costi si decide di farne uno solo in<br />

località S.Pellegrino.<br />

Le elaborazioni datate 1817, di matrice razionale e monumentale della tradizione<br />

illuminista, lasciano il posto a stilemi neoclassici. Nel 1818 viene presentato<br />

il progetto definitivo del cimitero della Villetta firmato dal Cocconcelli, che<br />

prevede una forma con tipologia a “corte” ottagonale porticata con quattro lati<br />

maggiori e minori opposti tra loro. Questi ultimi formano con il muro a pianta<br />

quadrata, circoscritto all’ottagono, quattro spazi triangolari (…) “piu’ che sufficienti<br />

per formare un ossario, e anche cimiteri per quei che professano Religione<br />

differente dalla nostra (…). La Cappella è in faccia all’ingresso così che<br />

la vista del cimitero viene a rimanere più libera (…)” 9 . I settori angolari furono<br />

realizzati nel 1856 e nel 1864 e fu necessario ampliare il settore degli israeliti,<br />

separato da quello dei protestanti 10 . Il porticato perimetrale risulta costituito da<br />

156 campate definite da pilastri ed archi a tutto sesto, destinato alle confraternite<br />

religiose e laiche, alle casate nobiliari della città e in parte di proprietà comunale<br />

per la vendita in perpetuo o a tempo di avelli singoli. La realizzazione<br />

degli archi, fu completata nel 1862. Le arcate furono costruite direttamente dai<br />

proprietari secondo uno schema architettonico comune, mentre la decorazione<br />

interna, soggetta all’autorizzazione di un’apposita commissione, era libera;<br />

l’unico vincolo regolamentato riguardava il mantenimento del libero passaggio<br />

lungo il porticato. Il regolamento cimiteriale emanato da Maria Luigia definiva<br />

anche le essenze ammesse per ombreggiare le sepolture, che dovevano<br />

essere a sviluppo verticale, come cipressi e pioppi cipressini 11 . Lungo il perimetro<br />

ottagonale si collocano le architetture di servizio: la camera mortuaria e<br />

l’oratorio che, in asse con l’ingresso principale e rispettivamente al centro del<br />

lato ovest, riprende con la sua pianta interna ottagonale la configurazione del<br />

recinto cimiteriale. L’interno, diviso in quattro campi da due viali ortogonali,<br />

era destinato alle sepolture comuni e ai monumenti individuali, che dovevano<br />

sorgere ai due lati del viale principale tra l’ingresso e l’oratorio dedicato a San<br />

Gregorio Magno, realizzato tra il 1819 e il 1823 12 . Nel 1862 il Cimitero fu<br />

collegato alla più vicina porta urbana con un viale alberato, una superba allea<br />

fiancheggiata di cipressi…,concepito come elemento di continuità tra la città<br />

e la struttura cimiteriale, per conferire al percorso un decoro adeguato all’importanza<br />

dell’architettura che ne costituiva la meta e, nello stesso tempo, alla<br />

85


86<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

solennità rituale del funerale 13 . Con la conclusione dell’ottagono porticato del<br />

1868 si demolisce il vecchio muro di cinta della tenuta e si avviano una prima<br />

serie di ampliamenti. Il primo è progettato nel 1875 dall’ingegnere capo<br />

dell’Ufficio d’Arte Municipale Sante Bergamaschi e prevede la costruzione di<br />

due gallerie gemelle a nord e a sud con impianto a croce latina 14 , disposte lungo<br />

l’asse longitudinale dell’ottagono accessibili dal recinto mediante due aperture<br />

negli archi centrali dei rispettivi porticati, dove la maggior parte degli avelli<br />

erano disposti in elevazione, nello spessore dei muri. La costruzione non fu<br />

veloce e avvenne in tempi separati e modificando l’elevato, se non l’impianto<br />

planimetrico, per cui le due architetture danno un’immagine molto diversa. La<br />

galleria sud 15 , realizzata tra il 1876 e il 1884 ha disegno neoclassico, con volte a<br />

botte ribassate, mentre la galleria nord 16 , con volte a tutto sesto è caratterizzata<br />

da elementi stilistici ecclettici. Nel frattempo, tra il 1885 e il 1890, era stata costruita<br />

la galleria sud-est, per la cui progettazione nel 1884 era stato indetto un<br />

concorso. Nel 1905 17 furono progettati i due avancorpi dell’ingresso, realizzati<br />

nel 1913 e restaurati nel 1980. All’inizio del ‘900 18 inizia la sepoltura nei campi<br />

intorno alle due gallerie principali, e nel 1921 fu deciso l’ampliamento del cimitero<br />

a sud-est, sull’alveo del Cinghio; in questo periodo furono realizzati gli<br />

addossati della galleriasud e nel 1931 fu costruita una nuova galleria ad avelli,<br />

cruciforme progettata dall'Ing Angelo Bay e danneggiata nel 1933 da un'alluvione<br />

del canale.<br />

Nel 1934 furono aggiunte le cappelle all'esterno della Galleria nord.<br />

E tra il 1935 e il 1939 fu completata la Galleria Perimetrale 19 , un portico con<br />

cappelle ed avelli in stile eclettico progettato da Moderanno Chiavelli.<br />

I caduti civili e i partigiani dell'ultima guerra sono sepolti ai lati dell'ingresso<br />

del portico della Galleria Nord.<br />

I monumenti dei militari caduti e decorati nella Grande Guerra si trovano nel<br />

campo a oriente della Galleria Sud. tra questi un monumento in stile liberty,<br />

realizzato dall'architetto Mario Monguidi (1923), bene racconta il sentimento<br />

patriottico che muoveva gli eroi di guerra: un uomo con con ali, simbolo della<br />

vittoria e della gloria, porta la scritta: "purissimi eroi, redentori d'Italia, batte<br />

su voi l'ala della gloria" 20 .<br />

Le tombe più antiche visibili ancora oggi nel campo centrale risalgono al terzo<br />

decennio dell’ottocento ed erano disposte lungo i viali principali a delimitazione<br />

dei quattro settori destinati alle inumazioni comuni 21 ; agli inizi del Novecento<br />

iniziò la costruzione di monumenti destinati alle sepolture di intere famiglie,<br />

le cappelle, e che in pochi decenni hanno trasformato i campi erbosi in aree eterogenee<br />

e densamente costruite. Il periodo di maggior intensità costruttiva da<br />

parte dei privati fu l’arco temporale tra il 1925 e il 1940, come risulta evidente<br />

anche dall’osservazione stilistica delle cappelle. È possibile che la concessione<br />

del terreno ai privati abbia finanziato la costruzione dell’ampliamento settentrionale,<br />

avvenuto all’incirca negli stessi anni. Nel dopoguerra fu realizzato


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

il Chiostro Padre Lino 22 nell’angolo già destinato ai carcerati (1947), poi il<br />

cimitero inizia ad espandersi verso sud, con la realizzazione dei colombari nei<br />

campi meridionali (1950-60).<br />

Dopo Giuseppe Cocconcelli, ingegnere comunale, progettista del primo nucleo<br />

del Cimitero tra il 1819 e il 1821-23, Sante Bergamaschi è la figura chiave per<br />

l’architcttura del Cimitero di Parma nel secondo Ottocento: a lui si deve il disegno<br />

a croce latina delle due gallerie impiantate al centro dei lati nord e sud seguiti<br />

da quelli per la galleria nord, su due livelli, realizzata tra il 1898 e il 1905<br />

con alcune varianti rispetto ai disegni in precedenza (1880 e 1893) elaborati.<br />

Il primo nucleo è definito entro la fine del XIX secolo dall’ottagono centrale<br />

riferibile all’originario progetto di Cocconcelli, e dalla aggiunta delle due gallerie<br />

a nord e a sud, progettate unitariamente, ma realizzate in tempi differenti<br />

ed espressive di due codici stilistici: neoclassico per la galleria sud così come<br />

l’oratorio di S.Gregorio Magno progettato da Cocconcelli — eclettico per la<br />

galleria nord.<br />

La Villetta comincia a popolarsi di sculture dalla seconda metà dell’Ottocento.<br />

Bronzo, marmo e granito i materiali d’elezione.<br />

Negli archi, la presenza dì apparati ornamentali è costituita da decorazioni pittoriche<br />

eseguite fra il 1861 e il 1880, e di inserti plastici conclusi entro la fine<br />

dell’Ottocento, nell’ambito di un’ampia campagna di lavori che ha comportato<br />

anche la messa in opera di rivestimenti marmorei per la parete di fondo degli<br />

archi. Particolarmente interessanti risultano le sculture e le decorazioni degli<br />

archi 14, 123, 71 del pittore Francesco Rivara per il sepolcro del conte Pietro<br />

Crescini Malaspina. Tale decorazione si ispira a stilemi decorativi diffusi dalla<br />

cultura neogotica.<br />

Gli stessi sono utilizzati nelle edicole Bormioli, Medioli, Corazza e sono eloquente<br />

testimonianza della predilezione diffusa già nel secondo Ottocento per<br />

questo codice stilistico.<br />

Nei decenni in cui il Simbolismo creava manifestazioni monumentali in linea<br />

con la ripresa di una sorta di autocelebrazione della classe borghese, si assiste<br />

alla realizzazione di una serie di tombe di dimensioni importanti, ornate<br />

con statue a grandezza naturale. Emblematici in tal senso sono i sepolcri Parodi<br />

nell’arco 87, Ferramola nel campo lungo il viale principale, Bulloni Serra<br />

nell’arco 102, Mancini nel campo allora detto della dinamite, ossia il campo<br />

a destra dell’ingresso, il famedio di Cleofonte Campanini (1927) di Giuseppe<br />

Mancini (1881-1961). E’ un monumento alla musica arricchito dalle personificazioni<br />

dell’Aurora e del Tramonto, nel quale si ravvisano riferimenti stilistici<br />

alle opere di Leonardo Bistolfi 23 .<br />

Le tombe e le edicole Bormioli (1924) Corazza (1925), Milza (1927) Grassi<br />

(1928), Molinari (1929), Medioli (1929), Chiari (1934), Tanzi (1939) e il<br />

vocabolario degli stili adottato dai rispettivi progettisti 24 , che ora inclinano al<br />

neomedioevo, ora al neobizantino, ora al neoromanico, riflettono la volontà del<br />

87


88<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

committente di suggellare la fine della propria esistenza terrena con un segno<br />

imperituro che consegni ai posteri la memoria di imprese, poteri, affetti.<br />

Agli inizi del novecento il cimitero è scandito dalle eleganze neorococò a<br />

cui pare ispirarsi Ettore Leoni nel progetto per l’edicola della famiglia Tanzi<br />

(1939), dai motivi simbolici classicheggianti che lo scultore Alessandro Marzaioli<br />

(1868- 1951) utilizza per la tomba di Evaristo Tedeschi, dai tratti del<br />

linguaggio liberty che si articola da Ettore Leoni (1886-<br />

1968), attivo per le famiglie Bormioli (1924), Romanini (1929), Chiari (1934),<br />

Tanzi (1939), a Camillo Uccelli (1874- 1942), progettista delle edicole Milza<br />

(1927) e Molinari (1929), a Mario Vacca autore dell’edicola Medioli (1929), a<br />

Ennio Mora (1885-1968), profèssionista al servizio di una committenza colta,<br />

cui si devono, fin le altre, le tombe Scotti, Corazza, Pizzetti, Lagazzi, Mordacci,<br />

Rizzoli 25 .<br />

1.2 - L'impianto e l'architettura<br />

Il 5 ottobre del 1818 viene presentato il progetto definitivo del cimitero: (...)<br />

Il recinto quadrato fuori e ottagonale all'interno è racchiuso da 156 portici<br />

assegnati alle diverse rappresentanze sociali (personaggi di corte, comune,<br />

università, ordine Costantiniano, Pia Unione degli Ufficianti, famiglie nobili<br />

e notabili, Ordini e Confraternite religiose). 26 Con il Decreto Sovrano riguardante<br />

i Cimiteri e i Seppellimenti, emesso da Maria Luigia il 18 Novembre del<br />

1819, si ricorda che“la città è stata provveduta di un vasto decente cimitero,<br />

dove è dato luogo separato per formarvi sepolcri particolari ad ogni Corpo<br />

Civile come Ecclesiastico, e ad ogni Congregazione religiosa sia dell’uno che<br />

dell’altro sesso” 27 .<br />

Con la delimitazione dello spazio e la determinazione di un metodo efficace<br />

per schermarlo dai vivi, e per renderlo riconoscibile. Quello che segue è la<br />

costruzione dei portici interni all'ottagono, dopo l’innalzamento del muro di<br />

recinzione, attraverso l'intervento dei privati. Avviene in momenti e in luoghi<br />

diversi, seguendo un ordine di vendita degli archi che spesso non coincide con<br />

quella che sembrerebbe la crescita più naturale del portico. Nell’ articolo 8 della<br />

Delibera di Maria Luigia, del 31 Agosto 1819 27 , si legge che la costruzione<br />

degli archi all’interno dell’Ottagono comincerà nello stesso tempo da una parte<br />

e dall'altra del Portone d'ingresso, e che dovrà avvenire a spese dei privati. “I<br />

richiedenti dovranno esser pronti a far por mano al lavoro quando loro spetti il<br />

farlo, giusta l'ordine della loro dichiarazione rispettiva, e al primo avviso che<br />

ne riceveranno dal Podestà. Non facendolo entro tre dì dalla data dell'avviso a<br />

loro dato, essi perderanno il benefizio dell'ordine, e dovranno fare, quando vi<br />

resti luogo, una nuova dichiarazione, come se non l'avessero mai fatta”. La costruzione<br />

dei portici procede, seguendo un disegno uniforme, precedentemente<br />

adottato: "I Portici saranno uniformi, e costruiti secondo il disegno adottato,


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

che sarà depositato negli uffici della Podesteria per essere comunicato ai concorrenti<br />

insieme alla perizia della spesa". I richiedenti, possono commissionare<br />

l'esecuzione dei lavori a loro piacimento, purchè la direzione i sia sotto il controllo<br />

di un architetto del Comune (Giuseppe Cocconcelli). “Ogni richiedente<br />

è obbligato a pagare al comune lire 14 e 9 centesimi, corrispondenti al prezzo<br />

Fig. 1 - Archivio Storico Comunale, Licenze di alcume cappelle del cimitero di Parma.<br />

Fig. 2 - Rilievi ed elaborazioni grafiche di alcune cappelle studiate.<br />

89<br />

1<br />

2


1<br />

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il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

dell'area necessaria alla costruzione del portico, secondo la perizia effettuata”.<br />

All’interno del Portico dunque, ciascuno è libero di decidere il tipo di ornamenti<br />

e abbellimenti da farsi, purché si lasci libero il passaggio da un portico<br />

all'altro e si sottoponga il disegno all'approvazione del presidente dell'Interno,<br />

il quale non lo darà che dopo aver sentito il voto dell'Accademia delle Belle<br />

Arti. Chiunque volesse avere un portico nel cimitero per "sepolcro particolare"<br />

doveva farne dichiarazione alla Podesteria, finendo così in uno dei grandi registri<br />

rimasti a perpetuare il ricordo di una proprietà e di una costruzione.<br />

Un'iconografia raffigurante la pianta del suburbano cimitero della città di Parma<br />

con il regesto delle proprietà delle arcate 29 , testimonia come la costruzione<br />

avvenga in tempi diffrenti e si leggono le proprietà degli archi, assegnate ai<br />

privati, alle Confraternite, agli Ordini, alle Corporazioni, o al Comune. Nel<br />

luglio del 1820 sono già 21 gli Archi richiesti, dall'Ordine Costantiniano di San<br />

Giorgio ai Monaci Benedettini, dal Capitolo di Canonici della Cattedrale al<br />

Consorzio della Cattedrale, dal Collegio dei Parroci all’Università. e al 1856<br />

“approssimativamente finiti”: nel lato della porta d'ingresso vanno dal numero<br />

1 al numero 18, e nell'altro, quello della Cappella, dal numero 133 al numero<br />

156. Lo schema architettonico è semplice e l’idea ripetuta. Nello Spaccato della<br />

Cappella pel Cimitero della Villetta e dei portici laterali ideati all'interno di<br />

Fig. 1- Archivio di stato di Parma, Governatorato, 1817, b. 543. Progetto di due avancorpi da<br />

costruirsi all'ingresso del Cimitero 1905.


2<br />

Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

tutto il Recinto si vede il progetto seguito dai privati per la costruzione degli<br />

archi e delle cripte.<br />

I 156 archi sono pensati come grandi campate, coperte con volte a vela. E da<br />

queste comincia la costruzione.<br />

Il rilievo come verifica di ipotesi costruttive<br />

Il lavoro di ricerca sul passato è partito da alcune osservazioni emerse dal rilievo<br />

delle cripte, tutte diverse, e in parte rimaneggiate, che non sempre coincidono<br />

con l’immagine che si legge nei documenti della loro costruzione. Il lavoro<br />

di rilievo sulle cripte dell'Ottagono si è svolto infatti sul duplice piano: quello<br />

geometrico e quello documentario, nel tentativo di ottenere un quadro cronologico<br />

e spaziale della costruzione, che potesse correlarsi al diffuso stato fessurativo<br />

degli archi sovrastanti. Il racconto della costruzione degli archi parte dalla<br />

perizia in cui si legge:“Perizia per la costruzione di 3 nuovi portici nel cimitero<br />

della Villetta in quel lato sud alla sinistra entrando, in continuazione di quelli<br />

che furono elevati nello scorso anno, e questi porteranno i numeri:117 isolato,<br />

51 ed il terzo in angolo” del 1863 28 - seguita da altre del tutto simili per archi<br />

successivi: “I tre portici cadauno sarà composta in pilastri distanti fra loro<br />

3,66 m dal muro di cinta 3,57 m”, e le misure che compaiono qui sono le stesse<br />

riscontrate nel rilievo eseguito. Il documento prosegue: “Verranno sovrapposti<br />

degli archi a tutto sesto, ed altri simili verranno impostati a piedritti loro<br />

Fig. 2 - Archivio di stato di Parma, Governatorato, 1817, b. 543. Assegnazione dei portici ai<br />

privati e schema di concessione che mostra l'ordine di costruzione.<br />

91


3<br />

4<br />

92<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Fig. 3<br />

Archivio di stato di Parma, Governatorato,<br />

1817, b. 543. Delibera di Maria Luigia<br />

per la costruzione dei portici nel cimitero<br />

della Villetta;<br />

Fig. 4 Archivio di stato di Parma, Governatorato,<br />

1817, b. 543. Pianta ed elevazione<br />

del portico del cimitero<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

aderenti dalla parte del portico ad altri<br />

piedritti simili già costruiti nel muro di<br />

cinta”.[...] e questi e quegli archi sosterranno<br />

una volta detta a vela che ricopre<br />

il portico sud, la qual volta sarà alta col<br />

vertice nell'intradosso 5,60 sul pavimento<br />

del medesimo”. Ancora le misure sono<br />

quelle attuali, testimoniando una perpetuità<br />

della costruzione.“Sottoposto al pavimento<br />

sud sarà costruita una camera<br />

mortuaria, il piano della quale scenderà<br />

a 3,24 sotto il suddetto pavimento, avrà<br />

la lunghezza di 4,24 m la larghezza di<br />

3,51 e l'altezza sotto la sommità della<br />

volta che deve coprirla in 2,75”. Il muro<br />

del recinto voluto da Maria Luigia aveva<br />

le fondazioni ad una quota non sufficientemente<br />

profonda da poter costituire<br />

la parete esterna della camera mortuaria<br />

sottostante, prevista per i singoli archi.<br />

Si esegue quindi uno scavo e una sottofondazione<br />

del recinto già costruito, determinando<br />

quella interssante anomalia<br />

di costruzione che forse ne rappresenta<br />

la prima causa di dissesto. “Questa volta<br />

avrà la saetta di 0,75 m, nel suo asse<br />

trasversale distante 0,45 m dal muro di<br />

cinta vi sarà lasciato un'apertura in 0,68<br />

in quanto munita di una pietra amovibile<br />

grossa 0,10 m”. Il rilievo geometrico<br />

della seconda cripta analizzata conferma<br />

le misure della perizia - quella dell’arco<br />

n.70 (fig.4), la più antica. Uno degli archi<br />

rilevati, il n. 140 (fig.5), di proprietà<br />

del Comune, presenta misure diverse<br />

rispetto a quelle riportate nel documento<br />

di perizia precedentemente trascritto.<br />

Anche i materiali sono diversi, rendendo<br />

testimonianza di interventi successivi.<br />

Dalle misure effettuate si rileva come<br />

le dimensioni planimetriche della cripta<br />

siano pressocchè identiche a quelle pre-


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

Fig. 5 Rilievo arco 70: piante prospetti e sezioni.<br />

93<br />

5


94<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

scritte in fase di progetto, mentre a variare è la profondità della camera mortuaria,<br />

oltre alla forma della volta, che risulta essere meno accentuata rispetto<br />

alla freccia prevista dal documento riportato (0,75 cm). La cripta dell’arco n.70,<br />

invece è del tutto rispondente, alle prescrizioni progettuali del Bergamaschi -<br />

l’Ingegnere del Comune direttore dei lavori di costruzione degli archi. Di proprietà<br />

privata, fu costruita probabilmente intorno al 1860. L'imposta della volta<br />

misurata è di 2,08 m mentre la sua sommità è a una quota di 2,80 circa dalla<br />

quota del pavimento, rispettando quindi le indicazioni documentarie. Sembra<br />

interessante osservare qui una differenza di profondità tra l'imposta della pavimentazione<br />

delle prime camere mortuarie costruite (in particolare quelle ai lati<br />

dell'oratorio di cui si è rintracciata la sezione) e quella delle camere costruite<br />

successivamente (secondo i documenti, dal 1860 al 1880 circa). Dal disegno<br />

delle prime si ricava una profondità del pavimento di 2 m, sotto la sommità della<br />

volta sovrastante, contro ad una profondità misurata e documentata delle seconde<br />

(successive, es.N.70) di 2,80-3 m. La volta rilevata nella seconda cripta<br />

è a botte, come anche riportato nel disegno della sezione dell'oratorio. Si parla<br />

invece, nel documento del 1863 29 e seguenti, di volte a vela che dovrebbero<br />

ricoprire le camere mortuarie, del tutto identiche a quelle dei portici sovrastanti.<br />

Qui il documento si allontana dalla realtà, a sancire quella distanza che c’è<br />

sempre tra progetto e costruzione. Il grande cantiere dell’Ottagono viene chiuso<br />

pochi anni più tardi. In un documento si legge che nel 1876 30 rimangono solo<br />

6 archi da terminare. A saturare gli spazi vuoti del recinto, fino a trasformarlo<br />

definitivamente in portico. Ma la costruzione della città dei morti continua, per<br />

singoli interventi quasi scultorei nelle edicole interne al recinto, e per grandi<br />

espansioni che recuperano altri simboli a conclusione del progetto. Nel 1876<br />

comincia la costruzione di una delle due grandi Gallerie cruciformi che allargano<br />

simmetricamente l’Ottagono sul territorio, prima verso Sud e, pochi anni<br />

dopo, a Nord. Il cantiere è poco documentato, e sembra svolgersi senza particolari<br />

anomalie fino al 1884, anno in cui si chiude. Il tempo di completare stucchi<br />

e intonaci e il cantiere incessante della nuova città si riapre sul lato opposto<br />

dell’Ottagono, dal 1898 ai primi anni del ‘900. Dai documenti raccolti sembra<br />

di poter dire 1905 31 .


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

Fig. 6 Rilievo arco 140: piante prospetti e sezioni.<br />

Schema del passaggio di una bara.<br />

95<br />

6


7<br />

8<br />

96<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Fig. 7 Archivio di stato di Parma, licenze<br />

di fabbrica, Monumento ai Caduti di Mario<br />

Moguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Fig. 8 Archivio di stato di Parma, Governatorato,<br />

1817, b. 534/ cultoII , progetto per la copertura<br />

centrale della Galleria Sud da costruirsi affianco al<br />

cimitero originario della Villetta nell'ambito di un<br />

cocnorso. Vincitore Sante Bergamaschi.<br />

Fig.9 Schizzi di tombe, Archivio Storico Comunale,<br />

licenze di fabbrica.<br />

Fig.10 Alessandro Marzaroli, disegno della tomba<br />

Bevilacqua, Archivio Storico Comunale, 1919.<br />

9<br />

10


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

11 12<br />

Fig. 11 Archivio di stato di Parma, Presidenza dell' Interno, cultoII, b.255, 1826, monumento De<br />

Rossi, acquerello.<br />

Fig.12 Archivio di stato di Parma, acquerello per un arco sepolcrale, 1863, b. 168, f.21.<br />

Fig.13 Archivio Storico Comunale, acquerello per l'arco della fam.Bonardi, carteggio, 1863, culto/cimitero,b.54,f.1,<br />

carta 863-215.<br />

97<br />

13


98<br />

il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

La storia<br />

Note<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

1 Una “superba allea fiancheggiata di cipressi e, a tratti, di statue…” è ricordata a proposito<br />

del progetto di collegamento del Cimitero Monumentale di Milano con la città. La cit. è tratta da<br />

Sullo stile dei cimiteri, in “Giornale dell’Ingegnere Architetto ed Agronomo”, giugno 1856, vol.<br />

III, n. 80, p. 648.<br />

2 Hugh Honour, Neoclassicismo,Torino, Einaudi, 1993.<br />

3 G. Sitti, Parma nel nome delle sue strade, 1929, p.208.<br />

4 Viene istituito il cimitero di Parma in Archivio di Stato di Parma, Casa e corte di Maria Luigia(1810-1848)<br />

/Entrate e spese di Poderi vari dei beni patrimoniali della corte (serie VI p.51)<br />

b. 410 Demanio della corona.<br />

5 Si decide la costruzione del cimitero della Villetta (Rescritto sovrano del 13-2-1817); si acquista<br />

dal Collegio dei Nobili il podere della Villetta; il progetto è del Cocconcelli che probabilmente<br />

riprende quello del Bettoli suo genero nel 1816, poi viene ampiamente modificato (Paolo<br />

Donati). (...) Il podere è già recintato e in marzo si inizia a seppellire dopo l’epidemia di tifo;<br />

il primo sepolto è Angelo Mazza (...),in Molossi Lorenzo, Vocabolario topografico dei ducati di<br />

Parma Piacenza e Guastalla, tip.ducale Parma, 1832-34, Donati Paolo, Nuova descrizione della<br />

città di Parma, Parma 1824.<br />

6 Archivio Storico, Iconografia del suburbano cimitero della città 1819, Registro delle proprietà<br />

delle arcate.<br />

7 F. Milizia, 1972, Principj di architettura civile, Finale 1781, rist. anstatica dell’ed. 1847, Milano,<br />

Mazzotta, pp. 331-333.<br />

8 Cimitero detto La Villetta, Tito Boselli e Pietro Sottili in I principali monumenti innalzati dal<br />

1814 al 1823 da sua Maestà Maria Luigia, pubblicati da P. Toschi, A. Isaac, M. Bettoli e descritti<br />

da M. Leoni, Parma, 1824; Biblioteca dell’Archivio di Stato di Parma.<br />

9 Consiglio degli Anziani, Delibera, Ms. (1818, 17 ottobre) Archivio di Stato di Parma, fondo<br />

Comune, b.2292.<br />

10 Ampliamento cimitero degli Israeliti/ legge che regola i cimiteri e la sepoltura degli<br />

acattolici,ASC B 76/culto, 1864.<br />

Archivio Storico Comunale, carteggio, Iconografia del progetto per ampliare il pubblico cimitero<br />

di Parma, 1880, acque, b550; Progetto del 1872 per la realizzazione delle gallerie.<br />

11Molossi Lorenzo, Vocabolario... p.349<br />

12 Archivio Storico di Parma, Mappe del Patrimonio dello Stato, vol.6, n.633-634-GAL: Cappella<br />

di S. Gregorio Magno, con pala di Giorgio Scherer, consacrata 24/5/1823.<br />

13 Archivio Storico Comunale, 1876, busta 449, Strade.<br />

14 Archivio Storico Comunale, b. 396/ culto cimitero, 1875, Progetto di ampliamento del cimitero<br />

con due gallerie cruciformi (a nord e a sud del campo) per una capacità totale di 4040 posti.<br />

15 Archivio Storico Comunale, b. 550/acque c.293, 1880. La Galleria Sud esiste già, Sante Bergamaschi<br />

progetta galleria nord (uguale alla sud).<br />

16 Archivio Storico Comunale b.1493 culto/II, 1893. Il Progetto della Galleria Nord è diverso<br />

dalla precedente realizzata 1898/1900; durante gli scavi si trovano i resti di una villa romana<br />

(museo archeologico); Costruzione di una nuova galleria da erigersi a nord del cimitero della<br />

Villetta, Archivio Storico Comunale b. 1255/I culto, 1898/1905.<br />

17 Archivio Storico Comunale, cassetti b. 1492/ culto, Progetto di due avancorpi da costruirsi<br />

all'ingresso del cimitero.<br />

18 Archivio Storico Comunale,1934, Culto/cimitero<br />

19 Archivio Storico Comunale,1935, Culto/cimitero, carteggio.


Capitolo I La storia<br />

Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />

20 Archivio Storico Comunale , Licenze di fabbriche, 1923. b.43.<br />

21 Archivio Storico Comunale, 1880, carteggio, acque, b.550, Iconografia del progetto per ampliare<br />

il pubblico cimitero di Parma.<br />

22 G. Gonizzi, I Luoghi della storia, Atlante topografico parmigiano,PPS editrice Parma 2001.<br />

23 R. Bossaglia, 2001, Percorso della scultura tra Ottocento e Novecento, in Il Monumentale di<br />

Milano, cit., pp. 171-183; La Gipsoteca Leonardo Bistolfi, a cura di G. Mazza, Comune di Casale<br />

Monferrato.<br />

24 ASC, Licenze di fabbriche, b.33/1020.<br />

25 ASC, Licenze di fabbriche. Lo studio sulle edicole di queste famiglie è ancora in corso.<br />

26 Molossi, Vocabolario...: il 5 ottobre del 1818 viene presentato il progetto definitivo del cimitero:<br />

il recinto quadrato fuori e ottagonale all'interno racchiuso da 156 portici assegnati alle<br />

diverse rappresentanze sociali (...)<br />

27 Archivio di Stato di Parma, in Raccolta leggi, 1819, " Decreto sovrano riguardante ai cimiteri<br />

ed à seppellimenti" , n°74, del 19 agosto che indica come devono essere fatti i portici.<br />

28 Archivio Storico Comunale, culto/cimitero, carta 215, b.54, 1863.<br />

29 Archivio Storico Comunale, culto/cimitero, carta 863, b. 54, 1864, Sulla costruttura dei portici<br />

30 Archivio Storico Comunale, culto/cimitero, b.426, 1876.<br />

31 Federica Ottoni, La costruzione in Città perduta, architetture ritrovate. L'ottagono del cimitero<br />

della Villetta e altre architetture funerarie a Parma. edizione EPS, Pisa, 2007<br />

99


140<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei recinti a Parma<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Il sistema dei recinti a Parma


Capitolo 2 Il sistema dei recinti a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

1.3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Lo schema del recinto è la matrice tipologica di ogni nucleo storico dei cimiteri<br />

del comprensorio parmense: è il fulcro da cui si sviluppano le successive<br />

crescite che avvengono per addizione di nuove “corti”; esso sottende una geometria<br />

comune, quella della croce che sacralizza e struttura, proietta e definisce.<br />

Diviene anche, nel tempo colonna vertebrale alla quale si legano altri<br />

“recinti” che segnano e di-segnano lo spazio secondo un’addizione che pare<br />

non segua nessuna “legge” simbolica e architettonica. I nuovi nuclei sono dei<br />

piccoli chiostri che assumono le forme del quadrato del rettangolo del trapezio<br />

e dell’ottagono.<br />

Francesco Milizia nel 1781 nel suo Trattato di architettura civile scriveva: ”E’<br />

da un pezzo che la filosofia ha intimato il bando alle sepolture e ai cimiteri,<br />

non solo fuori alle chiese, ma anco fuori delle città, e lungi dall’abitare per<br />

la semplice ragione, che i morti non debbano ammorbare i vivi” e inseriva i<br />

cimiteri tra gli “Edifici per salute e bisogni pubblici” considerandoli tra i segni<br />

più acclarati del “cammino della ragione” 1 .<br />

Milizia proponeva anche una possibile configurazione di cimitero: un “ampio<br />

recinto quadrato”, o di “qualunque altra figura curva o mistilinea” circondato<br />

verso l’interno da portici e arcate dove collocare i segni funebri o i “cenotafi<br />

delle famiglie benemerite”, corredato di spazi per gli ossari e di una cappella<br />

al centro a forma di Pantheon o di piramide. Nell’insieme i monumenti e i<br />

decori dovevano “accrescere l’immaginazione di luogo terribile”: i materiali<br />

dovevano essere di color grigio e il rivestimento a bugnato alveolato “genere<br />

d’ornamento analogo alla corruzione dè corpi umani”, di coperture in “ardesia<br />

a tinte fosche”, di una complessiva area lugubre che annunciasse al primo colpo<br />

d’occhio un “soggiorno di tenebre”.<br />

Il riferimento a modelli antichi, la composizione simmetrica, il disegno su basi<br />

geometriche, le ripartizioni spaziali come trama di differenziazioni sociali, le<br />

figure simboliche, i significati allusivi, divengono le componenti significative.<br />

Il progetto di Louis-Jean Desprez per il cimitero di Parigi del 1776 esprime il<br />

141


142<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

senso del cimitero come luogo collettivo, attraverso spazi destinati alle sepolture<br />

dei cittadini illustri. Emblematica la dedica a Voltaire.<br />

L’impianto quadrato e contornato da portici che contengono tra le arcate i monumenti<br />

sepolcrali, con cappella piramidale al centro e sepolture comune nei<br />

campi aperti, definisce un’architettura semplice e di grande chiarezza compositiva<br />

tanto da esssere adottata da molti progetti succesivi; una soluzione tipica<br />

dove il linguaggio neoclassico entra in sintonia con l’assunzione di modelli<br />

compositivi e di architetture da considerarsi come figure generative del luogo<br />

di sepoltura: il centro geometrico e simbolico segnato dall’inserto di una<br />

struttura monumentale (cenotafio, mausoleo,cappella sepolcrale), la piramide,<br />

monumento sepolcrale per eccellenza; l’ordine dorico, il più serio e austero; le<br />

croci issate su obelischi che dissolvono nel simbolismo cristiano reminescenze<br />

pagane, l’attenzione ai prospetti e alle parti d’ingresso, e implicitamente al rapporto<br />

dei luoghi di sepoltura con l’intorno e, soprattutto il recinto perimetrale:<br />

concettualmente così connesso al concetto di cimitero quasi da esserne anche<br />

sinonimo 2 .<br />

“Sacro recinto” è un’espressione diffusa che sottende significati antropologici<br />

e simbolici: è una disposizione che indica una separazione e una segregazione,<br />

ma fa seguito anche ad un atto di fondazione e riconoscimento, implica la custodia,<br />

assicura la protezione da e verso l’esterno. E’ un confine costruito che<br />

imprime caratterizzazione e articolazione architettonica dando senso ai percorsi,<br />

alle suddivisioni, alle logiche costruttive.<br />

Il simbolo della croce “sacralizza” il recinto: esso diviene dimora che custodisce,<br />

protegge e confina.<br />

Anche a Parma gli elementi che strutturano il nuovo cimitero sono un muro di<br />

cinta, un piccolo fabbricato d’ingresso e una cappella funeraria, prevista inizialmente<br />

al centro del campo. In queste elaborazioni datate 1817, le forme di<br />

matrice razionale e monumentale della tradizione illuminista, lasciano il posto<br />

a stilemi neoclassici.<br />

Nel cimitero della Villetta viene approvato il progetto definitivo firmato dal<br />

Cocconcelli, che prevede una forma con tipologia a “corte” ottagonale porticata<br />

con quattro lati maggiori e minori opposti tra loro. Questi ultimi formano con il<br />

muro a pianta quadrata, circoscritto all’ottagono, quattro spazi triangolari “piu’<br />

che sufficienti per formare un ossario, e anche cimiteri per quei che professano<br />

Religione differente dalla nostra (…). La Cappella è in faccia all’ingresso così<br />

che la vista del cimitero viene a rimanere più libera (…)” 3 .<br />

La concezione fondamentalmente laica del cimitero si adatta alla fede della<br />

popolazione locale determinando una tipologia specifica alla città di Parma.<br />

I primi progetti proposti per il cimitero urbano, a carico dello Stato, occorrenti<br />

per la nuova fabbrica, impongono ai privati la realizzazione diretta degli archi<br />

acquistati.<br />

Con la conclusione dell’ottagono porticato del 1868 si demolisce il vecchio


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

143<br />

muro di cinta della tenuta e si avviano una prima serie di ampliamenti. Il primo<br />

è progettato nel 1875 dall’ingegnere capo dell’Ufficio d’Arte Municipale Sante<br />

Bergamaschi e prevede la costruzione di due gallerie gemelle a nord e a sud<br />

con impianto a croce latina, disposte lungo l’asse longitudinale dell’ottagono<br />

che struttura la “corte interna” di-segnando il nuovo spazio che dall’interno si<br />

proietta verso un secondo recinto.<br />

Le due gallerie individuano insieme all’oratorio e all’ingresso i quattro fulcri<br />

del nuovo cimitero, all’interno del quale i portici e il recinto continuano a mantenere,<br />

nella trasformazione, la stessa valenza di “modulo” e di spazio “concluso”.<br />

La crescita successiva mostra l’addizione di nuovi recinti.<br />

E’ possibile schematizzare in moduli elementari i nuclei storici dei cimiteri<br />

minori per poter individuare delle relazioni, identificando nel cimitero della<br />

Villetta e in quello di Marore le matrici formali e dimensionali di riferimento.<br />

Marore ha un’area di 1/8 di quella della Villetta.<br />

Valera e Ugozzolo sono riconducibili alla sommatoria di due quadrati la cui<br />

area si rapporta a 1/10 di quella della Villetta;<br />

Baganzola, che tra l’altro possiede la medesima articolazione architettonica di<br />

Valera nella tipologia del porticato e dell’oratorio, individua un’ area 1/2 di<br />

quella di Marore;<br />

Eia, S.Pancrazio e Viarolo rispettivamente di circa 1/6, 1/3 e 1/4 di quella di<br />

Marore.<br />

Il disegno geometrico e regolare che scandiva gli spazi dei cimiteri sette-ottocenteschi,<br />

si è dissolto per dare spazio ad altre geometrie dettate da esigenze<br />

funzionali e morfologiche piuttosto che da valori simbolici e formali.<br />

Il portico che accoglie gli avelli nello spessore del muro rimane l’unico “attore”<br />

originale della scena: la sua tipologia è quella del chiostro costituito di portici<br />

modulari e modulati dalla dimensione degli avelli.<br />

Lo stile architettonico prevalente è quello neoclassico per la Villetta e Valera ed<br />

eclettico per tutti gli altri.<br />

Il portico della Villetta è costituito da pilastri rettangolari senza paraste con capitelli<br />

dorici ed archi a tutto sesto; anche Valera presenta nella parte più recente<br />

del nucleo campate con pilastri senza paraste e capitelli dorici ma gli archi sono<br />

a tutto sesto ribassate.<br />

La dinamica spaziale che si riscontra nei cimiteri del comprensorio parmense è<br />

dettata dall’articolazione degli assi e dei flussi che determina un preciso disegno<br />

di crescita e tras-formazione della struttura architettonica.<br />

Potremmo affermare che la tipologia architettonica risultante è data dall’interazione<br />

di “linee invisibili” che governano lo spazio dei cimiteri.<br />

Queste linee del piano orizzontale si traspongono anche su quello verticale dettando<br />

le geometrie da cui si sviluppa la tipologia dei portici e degli oratori che<br />

strutturano il recinto storico.<br />

Esiste un’interessante relazione tra il numero dei portici direttamente collegati


144<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

agli oratori: sono cinque per ogni lato e questo si ripete per tutti i cimiteri fatta<br />

eccezione per quello di Eia e della Villetta.<br />

Il disegno del nucleo storico della Villetta è la matrice geometrica di riferimento:<br />

l’ottagono sottende qudrati e rettangoli le cui dimensioni sono quelle dei<br />

“recinti” di tutti gli altri.<br />

La base quadrata o rettangolare, contornata da portici che contengono tra le<br />

arcate i monumenti sepolcrali con una cappella e le sepolture comuni nei campi<br />

aperti, diviene lo schema tipico per questi progetti: la croce che unisce simbologie<br />

cristiane e pagane diviene generatrice dello spazio chiuso dal recinto e dai<br />

prospetti che inquadrano le loro focali nelle porte degli ingressi sottolineando il<br />

ruolo cardine del cimitero, ovvero, di luogo di confine tra un dentro e un fuori,<br />

recinto che che chiude ma anche apre, separa ma anche unisce nuovi mondi”.<br />

Luogo di meditazione e pace dove il sepolcro, unico tramite tra defunti e vivi,<br />

alimenta quella “corrispondenza d’amorosi sensi” di foscoliana memoria, che<br />

permette a chi non c’è più di continuare a vivere nel ricordo dei propri cari.<br />

Note<br />

1 Francesco Milizia, Principi di architettura civile, Reimondini, Bassano, 1781, riesizione Sapere<br />

2000, Tomo II, pagg. 289-290.<br />

2 Mauro Felicori, Gli spazi della memoria. Architetture nei cimiteri monumentali europei, Sassella<br />

2005.<br />

3 C. Cocconcelli, perizia delle spese occorrenti per la costruzione di un cimitero (...), Ms. (1817,


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Fig. 2 - Organizzazione planimetrica dei recinti: forma e dimensione; soluzione planimetrica<br />

della campata del portico.<br />

145


146<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Fig. 3 - Schemi funzionali e orientamento dei cimiteri.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

percorsi<br />

sepolture<br />

servizi


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Fig. 4- Impianti planimetrici dei recinti originari e fasi di crescita dei nuclei storici dei cimiteri<br />

minori .<br />

147


148<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Fig. 5 - Organizzazione architettonica del fronte dei portici storici dei cimiteri minori.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Lo studio architettonico e funzionale degli impianti<br />

149


150<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Marore<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Il nucleo storico del cimitero di Marore presenta un unico asse maggiore<br />

longitudinale che collega l’ingresso verso la cappella, e un asse minore<br />

trasversale e ortogonale a questo che taglia in mezzo il recinto principale del<br />

primo nucleo storico, che è articolato da portici strutturati secondo modelli<br />

formali che permettono di riconoscere le diverse fasi costruttive.<br />

La prima è caratterizzata dai portici ai lati dell’ oratorio: essi sono costituiti<br />

da 10 campate con cripte. La pianta di ciascuna di esse è rettangolare, l’alzato<br />

presenta archi a tutto sesto con ghiere in mattoni e pilastri rettangolari con<br />

capiteli di ordine dorico “stilizzato”.<br />

Anche nel secondo tipo di portici le arcate “disegnate” da ghiere in mattoni<br />

sviluppano l’alzato: lungo i lati longitudinali del recinto essi articolano 64<br />

campate a pianta rettangolare con sepolture ad avelli nello spessore del muro.<br />

Lo sviluppo del cimitero avviene per aggregazione di spazi strutturati secondo<br />

quattro tipologie differenti:<br />

- i 4 chiostri quadrati aggregati in un unico recinto in cui si affacciano gli<br />

avelli disposti su più piani, all’interno dei quali possiamo individuare una<br />

particolare tipologia di cappelle aggregate lungo i due assi a formare una sorta<br />

di girandola;<br />

- il chiostro a “trapezio” in cui si individuano due spazi recintati dagli avelli<br />

disposti su due piani; all’interno di questa tipologia si dispongono armonicamente<br />

le cappelle secondo un’aggregazione in linea.<br />

- il chiostro a U, ai piedi di quest’ultimo, ad avelli su due piani con un piccolo<br />

giardino


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

centrale.<br />

- il recinto rettangolare allungato il cui ingresso è lungo l’asse minore, del<br />

nucleo primitivo, è tagliato in due parti uguali attorno alle quali si affacciano<br />

gli avelli.<br />

- Il chiostro “ottagonale” (la parte più recente in buona parte non realizzata)<br />

sviluppato secondo i due assi ortogonali e recintato da avelli che delimitano in<br />

modo non continuo lo spazio dell’interno.<br />

Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />

seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />

nuclei di sviluppo.<br />

La crescita: avviene parallelamente all’asse longitudinale<br />

e si sviluppa mediante quattro nuclei<br />

costituiti da geometrie differenti:<br />

- rettangolare il recinto a est;<br />

- quadrata per i due recinti a ovest,<br />

- a trapezio per la parte nord-ovest caratterizzata<br />

151<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />

del recinto principale e da questo attraverso<br />

l’apertura di due portici, si accede ai<br />

nuclei nuovi.<br />

Per tutti e quattro i recinti lo spazio si struttura<br />

secondo gli assi cardo e decumano.<br />

da una sequenza di campate dettate da colonne<br />

di fer ro che sostengono una struttura a sbalzo;<br />

anche gli stralli che ancorano i parapetti del ballatoio,<br />

ritmano lo spazio delle campate;<br />

- ottagonale per il nuovo e più recente ampliamento<br />

a nord.


152<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

i portici<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

153<br />

Corcagnano<br />

Il progetto generale dell’ingresso e dell’oratorio è attribuibile a Mario Monguidi così<br />

come il monumento ai caduti, antistante al cimitero, nel cui disegno i volti ricordano<br />

quelli raffigurati nel surrealismo di Salvador Dalì.<br />

L’impianto presenta un unico asse centrale longitudinale e un asse minore trasversale<br />

e ortogonale a questo che taglia in mezzo il recinto principale. In esso si possono<br />

distinguere tre tipi di portici ad avelli che individuano le successive fasi di crescita:<br />

- la più antica dei primi del novecento, porticata con 48 campate, è articolata secondo<br />

linee semplici: pianta rettangolare e arcate senza ornamenti; la pavimentazione è in<br />

marmaglia per le prime 5 campate rispettivamente a destra e a sinistra della cappella,<br />

poi è in ceramica bianca;<br />

- la seconda realizzata dopo il 1950, si sviluppa mediante quattro stecche in linea con<br />

portici ad avelli che strutturano in tutto 28 campate; esse sono rivestite da listelli di<br />

cotto a vista e pavimentato in grès. La tipologia delle stecche è rettangolare e ogni<br />

campata presenta ciascuna due pilastri in grès con architrave in cemento.<br />

- la terza tipologia si sviluppa a destra e a sinistra dell’ingresso ed è costituita da<br />

un ballatoio in cemento a vista a sette campate per lato che servire gli avelli dei<br />

piani superiori. Ad essi vi si accede mediante una scala in ferro a “semochioccia”;<br />

la pavimentazione superiore è in grès, palladiana, marmo bianco e beige; quella<br />

inferiore è in palladiana e in marmo “rosso verona”.<br />

Lo sviluppo del quarto nucleo si struttura per aggregazione di quattro moduli “a<br />

chiostri” in cemento a vista e pavimentazione in grès e dove il ballatoio serve gli<br />

avelli del piano.


154<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />

del recinto principale e da questo attraverso<br />

l’apertura di un portico, si accede ai due<br />

nuclei nuovi.<br />

Per tutti e tre i recinti è la forma che determina<br />

la fruizione dello spazio.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

superiore.<br />

Le cappelle che delimitano il recinto -a continuazione degli avelli del primo<br />

nucleo- si sviluppano in linea e riprendono lo schema dei cimiteri dei piccoli<br />

centri come Colorno e Sabbioneta.<br />

Fra queste spicca una cappella con un mosaico su disegno autografo di Mattioli<br />

raffigurante la resurrezione di Cristo, a ricordo dei caduti della II^ guerra.<br />

4<br />

1<br />

2 2<br />

3<br />

4<br />

La crescita: avviene parallelamente all’asse<br />

longitudinale con la formazione di piccoli chiostri<br />

rettangolari e ortogonali a questo e con la<br />

formazione di un porticato a ballatoio in linea<br />

con l’ingresso.<br />

Anche all’interno del nucleo originario si conforma<br />

la crescita attraverso quattro stecche in<br />

linea all’asse principale.<br />

Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />

seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />

nuclei di sviluppo.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

i portici laterali<br />

i portici frontali<br />

l’oratorio<br />

l’articolazione dell’architettura<br />

155


156<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Valera<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Il nucleo storico antico mantiene una chiara immagine neoclasica ed è individuabile a sud<br />

dell’attuale assetto: l’impianto è un rettangolo con un unico asse centrale longitudinale<br />

che divide i campi di inumazione, e un asse minore trasversale e ortogonale a questo che<br />

taglia in mezzo il recinto principale.<br />

In esso possiamo distinguere un’ unico tipolo di portici con cripte ed avelli a campate<br />

rettangolari non comunicanti (32) e alzato ad archi a tutto sesto senza ornamenti. I portici<br />

vengono “convogliati” in un unico punto focale lungo l’asse principale rappresentato da<br />

una campata aperta che inquadra l’oratorio e ornato di paraste doriche e timpano.<br />

Il secondo nucleo si dispone in l’asse al primo, ed è delimitato da un portico costituito di<br />

14 campate anch’esse a pianta rettangolare e ad archi senza ornamenti.<br />

Il terzo è in successione a questo: di forma rettangolare è articolata da due chiostri ad<br />

avelli a “ferro di cavallo” e dall’oratorio al centro.<br />

Il quarto nucleo di ampliamento più recente, è costituito da chiostri che presentano due<br />

tipologie differenti:<br />

- una a pianta rettangolare (formata da due quadrati) dove gli avelli sono nello spessore<br />

del muro e disposti a ferro di cavallo, in questa l’aggregazione avviene parallelamente<br />

all’asse longitudinale;<br />

- una a pianta quadrata che diviene “modulo” la cui crescita avviene secondo le due<br />

direzioni longitudinale e trasversale: in questo schema aggregativo la crescita può<br />

definirsi all’ infinito, questa tipologia presenta 4 colonne o pilastri ai vertici di ogni<br />

quadrato, che definiscono il piccolo cortile nonché il passo dell’aggregazioni.<br />

Portico del primo nucleo storico con ingresso in asse all’oratorio del terzo nucleo.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Gli assi: lo spazio viene strutturato da assi ortogonali<br />

che inquadrano in un unico recinto i<br />

4 nuclei storici; queste linee invisibili sottendono<br />

geometrie nascoste che danno forma alle<br />

dinamiche spaziali.<br />

La crescita: avviene parallelamente lungo gli<br />

assi longitudinali e si sviluppa mediante piccoli<br />

chiostri quadrati a ovest e uno più grande,<br />

rettangolare, a nord.<br />

157<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />

del recinto principale e da questo attraverso<br />

l’apertura di un portico, si accede ai due<br />

nuclei nuovi.<br />

Per tutti e quattro i recinti è la forma che determina<br />

la fruizione dello spazio. Queste linee<br />

invisibili danno forma ad uno spazio che diviene<br />

luogo proprio per questi assi generatori<br />

determinati da un ben preciso processo di fruizione.


158<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

i portici più antichi<br />

l’ingresso<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

S.Pancrazio<br />

L’articolazione spaziale presenta un unico asse centrale longitudinale che<br />

proietta l’ingresso verso la cappella, e un asse minore trasversale e ortogonale a<br />

questo che taglia in mezzo il recinto principale del primo nucleo storico (datato<br />

1917-1940) che è articolato da portici strutturati secondo due tipologie.<br />

La prima riguarda i portici ai lati dell’ oratorio: essi sono costituiti da quattro<br />

campate una aperta ad avelli e tre tamponate a formare cappelle private. La<br />

pianta di ciascuna di esse è rettangolare, e l’alzato presenta lesene rettilinee che<br />

inquadrano la porta delle cappelle e un arcata aperta per gli avelli.<br />

La seconda tipologia di portici si sviluppa ai lati del recinto ed è costituita da 14<br />

campate a pianta rettangolare e alzato di tipo neoclassico: le lesene e l’architrave<br />

inquadrano gli archi inscritti in un disegno rettangolare; il pavimento è in<br />

cemento colorato per le prime campate e in marmaglia per quelle successive.<br />

Il secondo nucleo storico (1980-1990) si sviluppa immediatamente sul dorso<br />

Portico del primo nucleo storico; l' ingresso e l’oratorio.<br />

159


160<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

del primo e presenta un porticato a pilastri realizzato in cemento a vista. In esso<br />

due cappelle private si addossano al retro dell’oratorio, e la pavimentazione in<br />

grès per le campate e in porfido per la parte centrale, prosegue identica nel terzo<br />

nucleo (1990/2000) sempre porticato, con pilastri e colonne in cemento negli<br />

avelli con granito limbara e rosso per lo zoccolo.<br />

Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />

seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />

nuclei di sviluppo.<br />

Lacrescita: avviene per sommatoria di due recinti<br />

rettangolari di forma e dimensioni uguali.<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il peri-<br />

metro del recinto principale e da questo attra-<br />

verso l’apertura di un portico, si accede ai due<br />

nuclei nuovi.<br />

Per tutti e tre i recinti è la forma che determina<br />

la fruizione dello spazio,.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Eia<br />

Il cimitero di Eia si struttura all’interno di un piccolo recinto in pietra. Questo presenta un<br />

unico asse centrale longitudinale: insieme ad essa i quattro portici ad avelli sono a pianta<br />

rettangolare e si dispongono ai suoi lati definendo il nucleo più antico, novecentesco.<br />

Essi sono realizzati secondo una articolazione essenziale nelle sue linee architettoniche<br />

e senza ornamenti.<br />

Così si presenta anche il fronte dell’oratorio che nella sua essenzialità architettonica, sia<br />

in pianta che in alzato, diviene il fondale prospettico inquadrato dai quattro cipressi che<br />

corrono lungo il vialetto.<br />

A sinistra una tomba a terra ricorda i caduti in guerra.<br />

Un ampliamento più recente si sviluppa con pochi portici simili a quelli precedent.<br />

Il fabbricato ha struttura di calcestruzzo e solaio in latero cemento, come la maggior<br />

parte degli altri portici dei cimiteri minori.<br />

A= nucleo originario in asse con l’ingresso;<br />

L’oratorio diviene il fulcro prospettico inquadrato dai filari<br />

dei quattro cipressi che corrono lungo il vialetto.<br />

I portici segnano il limite delrecinto.<br />

161


162<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

gli assi: seguno lo schema cardo e decumano<br />

strutturando l’intero recinto.<br />

La crescita: avviene parallelamente lungo gli<br />

assi longitudinali e si sviluppa mediante portici<br />

rettangolari.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo l’asse<br />

del recinto dal quale si accede ai nuclei laterali<br />

che individuano la seconda fase di sviluppo.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

il portico<br />

163


164<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Viarolo<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

L’impianto presenta un unico asse centrale longitudinale che proietta l’ingresso<br />

verso la cappella, e un asse minore trasversale e ortogonale a questo che taglia<br />

in mezzo il recinto principale del primo nucleo storico che presenta portici<br />

strutturati secondo due tipologie.<br />

La prima riguarda i portici ai lati dell’ oratorio: essi sono costituiti da 10 campate<br />

aperte ad avelli. La pianta di ciascuna di esse è rettangolare, e l’alzato presenta<br />

lesene e colonnine con capitelli compositi.<br />

Questa sequenza individua il primo nucleo: all’ interno dell’oratorio si trova<br />

una lapide del 1888 e nei portici si trova un avello che risale al 1905.<br />

Alla seconda articolazione di portici è caratterizzata da portici costruiti<br />

nel periodo che parte dal 1912 e arriva al 1940: essi strutturano 94 campate<br />

rettangolari i cui alzati sono disegnati da lesene e cornici a listelli e fasce<br />

rettilinee che concludono il disegno della trabeazione.<br />

La terza fase di crescita è individuata da un chiostro quadrato, addossato al primo<br />

nucleo, storico caratterizzato di materiali moderni: copertura in plexiglass, lastre<br />

in marmo bianco, pavimentazione in ecablocchi, pilasti tondi in ferro colorati<br />

con materiali ignifugo.<br />

Un ampliamento si sviluppa a sud del primo nucleo con una tipologia di moduli<br />

in linea che termina con una cappella sull’asse longitudinale. Il rivestimento è<br />

A= oratorio con botola e pavimentazione con tavelle antiche disposte a sorell e sfalsate;<br />

B,C= cappelline con botola e pavimentazione con tavelle antiche disposte a nsorella e sfalsate;<br />

D,E,F,G,H=portici con avelli nello spessore del muro.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

in granito limbara e pavimentazione in grès.<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />

del recinto principale e da questo attraverso<br />

l’apertura di un portico, si accede ai due<br />

nuclei nuovi.<br />

Per tutti e tre i recinti è la forma che determina<br />

la fruizione dello spazio, e potremmo dire<br />

che queste linee invisibili sottendono geometrie<br />

nascoste che danno forma alle dinamiche<br />

spaziali.<br />

La crescita: avviene parallelamente all’asse<br />

trasversale e si sviluppa mediante quattro nuclei<br />

costituiti in periodi diversi:<br />

-il primo in cui si costituisce il nucleo rettangolare<br />

con l’oratorio e i portici e un piccolo chiostro<br />

colonnato in asse al lato corto del nucleo<br />

originario ma ad esso slegato sia tipologocamente<br />

che materialmente.<br />

- il secondo è un recinto porticato che individua<br />

il campo al centro per i seppellimenti a terra<br />

segnato dagli assi ortogonali dei percorsi,<br />

-il terzo è il chiostro moderno coperto in plexiglass<br />

ed il quarto la galleria culminante con la<br />

cappella di famiglia,<br />

- il quarto individua una piccola galleria geometricamente<br />

composta di due quadrati che<br />

165<br />

Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />

seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />

nuclei di sviluppo.<br />

sembrerebbe il prolungamento del nucleo originario<br />

ma che ne è completamente slegata sia<br />

per la non assialità con questo, sia per la tipologia<br />

che non ne riprende alcun modulo o misura.<br />

Coperta a due falde e culminante con una<br />

cappella privata, non presenta alcun elemento<br />

architettonico di pregio nè una particolare qualità<br />

per i mteriali utilizzati.


166<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

l’oratorio e i portici<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Baganzola<br />

167<br />

L’articolazione spaziale presenta un unico asse centrale longitudinale e due assi minori<br />

trasversali e ortogonali a questo che tagliano in mezzo i due nuclei:<br />

- il più antico edificato dei primi del novecento è un porticato con 62 campate, che<br />

ricorda l’articolazione della galleria perimetrale della Villetta opera di Moderanno<br />

Chiavelli;<br />

- il secondo realizzato dopo il 1950, che presenta quattro chiostri quadrati in cui sono<br />

inserite le sepolture ad avelli su più piani.<br />

La tipologia del chiostro ovvero di un piccolo spazio porticato a cielo aperto è<br />

individuabile in molti altri cimiteri minori ed è riconducibile all’ originario recinto di<br />

Cocconcelli ma in scala ridotta.<br />

All’interno di questi due recinti si evidenziano le cappelle private come presenze<br />

importanti ed elementi incongrui (al nucleo storico) che si articolano secondo la<br />

tipologia in linea.<br />

A,B,C,= oratorio e cappelle private con pavimentazione in pianelle<br />

Nei portici del recinto originario, la pavimentazione è costituita da cemento con graniglia e botole<br />

centrali per ogni campata.


168<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />

seguendo la tipologia “a croce”, per<br />

i due nuclei di sviluppo.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

I portici presentano un’unica articolazione: hanno la pianta rettangolare e<br />

presentano in alzato due semicolonne (per ogni campata) che terminano con<br />

delle lesene nell’altezza dell’architrave<br />

La crescita dello spazio cimiteriale è avvenuta per aggregazione di “moduli”<br />

quadrati lungo l’asse centrale, ovvero mediante chiostri a ballatoio che si<br />

affacciano su un piccolo cortile.<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo l’asse del<br />

recinto del secondo nucleo e da questo, attraverso<br />

l’ingresso costituito da un modulo del porticato,<br />

si accede al nucleo antico.<br />

Per tutti e due i recinti è la forma che determina<br />

la fruizione dello spazio. La struttura che ne risulta<br />

è quella di quattro recinti rettangolari che si<br />

sviluppano ai lati di un’asse che fa da “colonnna<br />

vertebrale” e di un unico recinto che fa da “testa”<br />

all’intero complesso.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

La crescita: avviene seguendo l’ortogonalità degli assi<br />

principali e si sviluppa mediante due nuclei costituiti in<br />

periodi diversi:<br />

- il primo del 1900 c.ca<br />

con la tipologia di un porticato ad avelli e cappelle<br />

private ;<br />

- il secondo del 1960 strutturato con la tipologia a chiostri<br />

rettangolari sviluppati su due piani e disposti parallelamente<br />

all’asse longitudinale.<br />

169


170<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

l’oratorio<br />

i portici<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Ugozzolo<br />

171<br />

L’impianto presenta un unico asse centrale longitudinale e un asse minore<br />

trasversale ortogonale a questo che taglia in mezzo il recinto principale del primo<br />

nucleo storico, costituito da portici strutturati secondo due articolazioni.<br />

La prima caratterizza i portici ai lati dell’oratorio: essi sono costituiti da 10<br />

campate aperte ad avelli. La pianta di ciascuna di esse è rettangolare, e l’alzato<br />

in stile eclettico, presenta lesene rettilinee che inquadrano archi ribassati con<br />

ghiere in mattoni a vista disposti di costa e colonnine addossate con capitelli di<br />

ordine composito “stilizzato”.<br />

Sempre di stile eclettico si sviluppa l’alzato del secondo tipo di portici.<br />

Essa è costituita da 14 campate a pianta rettangolare con lesene in listelli di<br />

cotto e l’architrave con modanatura a listelli e fasce che inquadra gli archi a<br />

tutto sesto con ghiere in mattoni disposti di costa, e le colonnine con capitelli<br />

compositi.


172<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Un secondo nucleo storico si sviluppa sul lato destro del primo e presenta<br />

l’aggregazione di sei piccoli chiostri in calcestruzzo a vista con pilastri<br />

rettangolari e pavimentazione in grès.<br />

Essi strutturano lo spazio sfalsandosi tra loro, introducendo una variante<br />

dinamica “aperta” al recinto cimiteriale senza spazi di inumazione; questi sono<br />

previsti solo nello spazio centrale del nucleo storico.<br />

Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale, seguendo<br />

la tipologia “a croce”, per i tre nuclei di sviluppo.<br />

I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro del<br />

recinto principale e da questo attraverso l’apertura di<br />

un portico, si accede ai due nuclei nuovi.<br />

Per tutti e tre i recinti è la forma che determina la fruizione<br />

dello spazio, e potremmo dire che queste linee<br />

invisibili sottendono geometrie nascoste che danno forma<br />

alle dinamiche spaziali.


Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

La crescita: avviene parallelamente all’asse trasversale<br />

e si sviluppa mediante due nuclei costituiti in periodi<br />

diversi:<br />

- una piccola galleria geometricamente composta di due<br />

quadrati che sembrerebbe il prolungamento del nucleo<br />

originario ma che ne è completamente slegata sia per la<br />

non assialità con questo, sia per la tipologia che non ne<br />

riprende alcun modulo o misura. Coperta a due falde e<br />

culminante con una cappella privata, non presenta alcun<br />

elemento architettonico di pregio nè una particolare<br />

qualità per i mteriali utilizzati.<br />

-un piccolo chiostro colonnato in asse al lato corto del<br />

nucleo originario ma ad esso slegato sia tipologocamente<br />

che materialmente.<br />

Lo schema evidenzia la crescita avvenuta in quattro periodi:<br />

il primo in cui si costituisce il nucleo rettangolare<br />

con l’oratorio e i portici, il secondo è un recinto porticato<br />

che individua il campo al centro per i seppellimenti<br />

a terra segnato dagli assi ortogonali dei percorsi, il terzo<br />

è il chiostro moderno coperto in plexiglass ed il quarto<br />

la galleria culminante con la cappella di famiglia.<br />

173


174<br />

Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />

Il sistema dei cimiteri a Parma<br />

l’ingresso<br />

i portici dell’ingresso<br />

l’oratorio<br />

Maria Carmen Nuzzo


176<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Capitolo 2 - Le cappelle gentilizie e lo studio delle architetture<br />

2.1 I progettisti e gli artisti: Ettore Leoni, Camillo Uccelli,<br />

Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

177<br />

Ettore Leoni (1886-1968)<br />

Nasce da Antonio e Teresa Luccini.<br />

Il padre, marmista e titolare di una ditta di lavorazione di marmi e pietre con<br />

sede in via Linati a Parma, lavorò spesso con Leoni, soprattutto nella realizzazione<br />

di cappelle e monumenti funerari, di motivi decorativi plastici, di sculture<br />

e di pannellature di rivestimento. Il monumento funebre Cloetta e la cappella di<br />

famiglia sono un esempio di questa collaborazione. Quest’ultima,rappresenta<br />

una delle costruzioni funerarie più interessanti nell’impiego di diversi materiali:<br />

-il marmo rosa delle lastre di rivestimento dei quattro fronti e dei leoni;<br />

-il marmo verde cipollino delle colonnine;<br />

- l'arenaria del basamento e dei gradini di accesso;<br />

- la pasta di vetro colorata delle decorazioni a rombi dell’ingresso e dei due volti,<br />

di Sant’Antonio e di Santa Teresa, contenuti nei timpani dei fronti laterali.<br />

Tra le architetture residenziali, realizzate tra il 1909-1924, numerose sono quelle<br />

che fanno supporre tale collaborazione come:<br />

-Villa Leoni (1908);<br />

-Palazzo Quirici e Palazzo Basetti;<br />

In queste opere elementi decorativi plastici in cemento lavorato coesistono conquelli<br />

in pietra scolpita.<br />

Qualche anno dopo il diploma in architettura (1907), fu chiamato a realizzare<br />

ville ispirate al prototipo di casa parigina della seconda metà del XIX secolo<br />

figurante nella notissima raccolta di disegni Tableaux de Paris dell’editore Texier<br />

(1853).<br />

-Villa Bottioni (via Palestro);<br />

-Palazzo Marchesi (1913) (angolo via Melloni via Garibaldi);<br />

-Villa Barilli (via delle Fonderie);<br />

La prima ha chiari riferimenti all'arte nuova ed eleganti soluzioni formali che<br />

bene si adattano alla tipologia della villa urbana.<br />

Al 1912 risalgono le tavole di rilievo e progetto di Palazzo Marchesi che si ispi-


178<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Cappella Romanini (1926):<br />

il dromos (ingresso loggia)<br />

e il vano (zona notte e zona giorno)<br />

la tomba (il basamento o zoccolo)<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

179<br />

ra alla matrice tipologica del blocco residenziale di fine ottocento risolto con la<br />

particolarità dell'angolo a smusso tondo in cui viene inserito un balcone, avente<br />

funzione di cerniera tra i due prospetti. La tripartizione della facciata, la base, il<br />

piano nobile e la parte terminale in cui un marcato cornicione è retto da elementi<br />

a mensola, sarà ripresa in Palazzo Quirici (1919) in B,go del Parmigianino.<br />

Risale al 1913 il progetto di Villa Barilli in cui le influene secessioniste si legano<br />

a motivi d'ispirazione neomedievale. I guerrieri dipinti in facciata che riprendono<br />

il tema del guerriero della cappella funeraria Romanini, sono eleganti<br />

affreschi di Latino Barilli inseriti nella superficie a forma di pettine compresa<br />

tra le due ultime cornici, e danno all’edificio quell’impronta di ricercatezza tanto<br />

cara ai ceti abbienti del primo Novecento.neati all’esterno, in misura diversa<br />

a seconda dell’altezza, da salde cornici, eleganti balconi, timpani triangolari e<br />

semicircolari. In sommità, inseriti nella copertura, si allineano dieci abbaini,<br />

che costituiscono un’altra nota di originalità nel contesto strutturale dell’edificio.<br />

La carriera felicemente iniziata dal Leoni venne subito interrotta, come<br />

per altri suoi colleghi, dal primo conflitto mondiale, al quale partecipò come<br />

ufficiale di cavalleria, pagando un pesante tributo: la mutilazione della mano<br />

sinistra. Ripresa l’attivita nell’immediato dopoguerra, Leoni trovò a Parma il<br />

terreno ideale per esplicare una vastissima attività costruttiva in tutti i settori,<br />

attività che lo impegnò sino alla vecchiaia. In un decennio di intenso lavoro<br />

costruì:<br />

-la Banca Agraria (1920-1923),<br />

-lo stabilimento della vetreria Bormioli (1921),<br />

-il campo sportivo Tardini (1922),<br />

-la parte della Ghiaia lungo viale Mariotti (1927),<br />

-casa Corradi (1927), alla fine di via Cavour,<br />

-casa Quirici (1928), all’inizio di via Parmigianino,<br />

-palazzo Chiari (1928), in piazzale dei Servi,<br />

-palazzo Serventi (1930), in Via della Repubblica.<br />

Dello Stadio Tardini esistono almeno tre versioni, prima del regolare rilascio<br />

della concessione, che risale all’11 luglio 1923. Nella prima versione l’arco a<br />

tutto sesto dell’ingresso era sovastato da uno pseudo timpano tronco con riquadrature<br />

laterali, nei pilastri binati laterali mancavano i palloni da gioco ripetuti<br />

su tutta l’altezza, divenuti poi dei simbolici cerchi nella versione definitiva, e<br />

i pilastri portabandiera erano semplici parallelepipedi, senza i cordami o ghirlande<br />

realizzati. Anche la seconda soluzione, peraltro già molto vicina a quella<br />

costruita, non fu accettata: la commissione confidò che la genialità del Leoni gli<br />

suggerisca all’atto pratico una migliore soluzione per le modanature di coronamento<br />

e per il fianco, in armonia ai due piloni laterali. Sia nella prima che nella<br />

seconda soluzione erano già previsti i basamenti laterali all’ingresso, sui quali<br />

si sarebbero dovute collocare le quattro statue di atleti, così come i giocatori di<br />

football dipinti sugli spigoli del sottocornicione degli spogliatoi. Non vennero


180<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Villa Barilli (1913): vista prospettica e fronte<br />

Analisi grafica delle volumetrie e del fronte. La conformazione architettonica si struttura in tre<br />

parti:<br />

una centrale: ingresso e loggia (dromos);<br />

ambienti laterali: zona notte e zona giorno (vano);<br />

e un basamento o zoccolo (tomba).


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Cappella Bormioli (1931): il dromos (ingresso loggia)<br />

e il vano (zona notte e zona giorno)<br />

la tomba (il basamento o zoccolo)<br />

181


182<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

realizzate nè le prime nè i secondi. Progettando questo eterogeneo insieme di<br />

edifici, il Leoni restò sempre fedele al gusto del tempo, abbandonando quando<br />

era possibile le schematizzazioni e i modelli di derivazione classica e dando<br />

libero sfogo alla sua fervida fantasia. Ognuna di queste costruzioni si inserisce<br />

con chiarezza e coerenza nell’ambiente preesistente, perchè Leoni seppe<br />

sfuggire alla tentazione di monumentalizzare e quindi isolare la propria opera<br />

creando violenti contrasti con l’architettura circostante. Se nell’ingresso del<br />

Tardini, concepito come arco trionfale sormontato da otto pinnacoli portabandiera,<br />

si ritrovano gli spunti della tematica Liberty, nella casa Corradi le pareti<br />

liscie danno respiro alle masse murarie sovrabbondanti di motivi decorativi che<br />

si affacciano sull’incrocio di via Cavour, via Melloni e via Parmigianino. La<br />

vecchia Ghiaia, devastata dall’abbattimento delle Beccherie (1928), ritrovò una<br />

sua misura e un suo contenuto nel riassetto proposto dal Leoni, la cui sostanziale<br />

validità non è diminuita dalla povertà del materiale impiegato (il cemento<br />

martellato), soprattutto nei collegamenti verticali, che con minimo ingombro<br />

superano il dislivello di sei metri tra il piano dei negozi e quello stradale. Per un<br />

architetto che si era già qualificato nella risoluzione di complessi problemi nel<br />

centro storico e che per naturale inclinazione tendeva ad affrontare temi di notevole<br />

impegno, la progettazione di case unifamiliari non rappresentò certo un<br />

motivo di grande interesse. Ma la moda, la prospettiva di vantaggi speculativi<br />

e la mentalità dalla società post-bellica degli anni Venti richiesero un prodotto<br />

qualificato dal nome del costruttore e Leoni era ormai ampiamente affermato.<br />

I numerosi committenti lo costrinsero per molti anni a un’intensa attività in<br />

questo settore, in cui egli lavorò con spirito di assoluta libertà formale e senza<br />

soggezioni stilistiche, a eccezione degli immancabili richiami floreali. Si ricordano,<br />

tra le altre, villa Barilli (1913), all’inizio di via delle Fonderie, villa Leoni<br />

(1913), in viale Martiri della Libertà, villa Figna (1916), in via Palestro, villa<br />

Salvini (1919), in viale Solferino, villa Artoni o Adele (1924), in viale Martiri<br />

della Libertà, villa Chiari (1930), in via Emilia Est, villa Gelmini (1934), in viale<br />

Partigiani d’Italia, villa Maghenzani (1946), a San Pancrazio, villa Bormioli<br />

(1946), a San Leonardo, villa Boni (1947), in via P.M. Rossi, villa Alessandrini<br />

(1925), a Sant’Andrea Bagni, villa Rossi (1923), villa Roffi (1932), villa Zecca<br />

(1932), a Soragna, villa Medioli (1946), a San Martino Sinzano, e villa Alinovi<br />

(1946), a Sala Baganza. mi riguardanti la soluzione d’angolo, la definizione di<br />

una testata a conclusione della cortina edilizia prevalentemente a schiera su via<br />

Garibaldi e in particolare la risoluzione compositiva dei fronti esterni. Le opere<br />

degli anni Venti raccolgono in parte le esperienze fatte nella progettazione delle<br />

ville urbane, nella ripresa di motivi secessionisti e, in parte, quelle fatte sui<br />

palazzi esistenti nel centro cittadino, nella vicinanza ai registri stilistici ottocenteschi<br />

associati a influssi di gusto novecentesco e accademico.<br />

In alcuni progetti, soluzioni decorative tardo-eclettiche esterne, coesistono insieme<br />

a soluzioni spaziali e distributive interne ormai tipiche della villa urbana


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

183<br />

del primo Novecento: per esempio l’opus incertum del piano terra, le lesene e il<br />

bugnato del primo piano, le mensole del sottocornicione, insieme alle diversificate<br />

cornici e archi ricurvi delle finestre e alle colonne con capitelli corinzi, su<br />

cui appoggia il terrazzo semicircolare di facciata, sono contrapposti agli spazi<br />

interni che si distribuiscono attorno allo scalone centrale con lucernaio in metallo<br />

e vetro. Interessante in tal senso è il progetto di Villa Artoni le cui tavole<br />

sono datate al 19 maggio 1924.<br />

Le opere di Leoni alternano a motivi neomedioevali, caratteri d'ispirazione secessionista<br />

ed eclettica sia nell'ambito funerario che in quello residenziale.Come<br />

Villa Barilli fu progettata nel rispetto della più castigata linearità secondo gli<br />

schemi di Ernesto Basile e si ispirò al tema neomedioevale del guerriero, villa<br />

Leoni, così come la cappella di famiglia costruita nello stesso anno, presenta un<br />

più profondo linguaggio decorativo, ispirato a certi motivi proposti daOlbrich<br />

nel momento più coerente della Seccessione viennese. Nel settore funerario<br />

le opere firmate dal Leoni al cimitero La Villetta di Parma sono tra le poche<br />

che contribuiscono a dare un significato alla disarmonia del complesso. Sono<br />

le cappelle delle famiglie Leoni (1920), Bormioli (1924), Romanini (1929),<br />

Chiari (1934) e Tanzi (1939). In provincia sono da ricordare le cappelle Bettati<br />

(1948) e Azzali (1949), a Marore, Crescini (1950), a Fontanellato, Magnani<br />

(1952) a Roccabianca, e Medioli (1953), a Valera. Confrontandole con gli altri<br />

edifici realizzati dal Leoni, si colgono i vari aspetti della sua versatilità professionale,<br />

che fu tanto grande da permettergli di invadere il campo di pertinenza<br />

degli ingegneri, a quel tempo rigidamente chiuso. Il Leoni fu il primo architetto<br />

di Parma che, consapevole della sua preparazione, non accettò limiti alla sua<br />

azione di progettista. Sotto questo aspetto sono da ricordare il complesso industriale<br />

Caselli (1925), in via Emilia Est, il mulino Figna (1927), a Valera, lo<br />

stabilimento Cavazzini (1946), in viale Fratti, palazzo Gelmini (1950-1957), in<br />

piazzale Santa Croce, le officine Gelmini (1950-1960), in via Ferrari, le succursali<br />

della Banca Agraria a Fontanellato e a Soragna (1920-1923), la sistemazione<br />

di viale Verdi (1932) e l’ampliamento dell’orfanotrofio femminile Meli-Lupi<br />

(1933), a Soragna, il complesso colonico Chiari (1944-1945), a Madregolo, e lo<br />

stabilimento Alinovi (1944), a Sala Baganza.


184<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Cappella Leoni (1925); Prospetto dell'ingresso dello Stadio Tardini (1923/24)<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Cappella Villa (1946): il tema dell'arco trionfale (stadio Tardini)<br />

185


186<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Rizzoli (1931): il timpano e le colonne impostati su un piccolo podio seguono lo<br />

schema classico delle finestre di Palazzo Marchesi (via Melloni)


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Camillo Uccelli (1874-1942)<br />

187<br />

Diplomato appena ventenne all’Istituto di Belle Arti di Parma (fu allievo di<br />

Edoardo Collamarini), formò la sua cultura collegandosi ai presupposti del<br />

movimento romantico e fece la sua scelta stilistica orientandosi chiaramente<br />

verso il Neogotico. Tra gli architetti di Parma, Uccelli rimase l’unico convinto<br />

interprete di questo revival di medioevo. Nella formazione giovanile esistono<br />

almeno due elementi fondamentali che contribuiscono a chiarire la sua posizione<br />

artistica e culturale: un grande interesse per la civiltà inglese e una rigorosa<br />

fede cristiana, a cui si aggiunse una profonda ammirazione per i monumenti<br />

dell’arte romanica e gotica parmense. Il suo interesse fu rivolto, fin dalla prima<br />

giovinezza, ai movimenti politici, artistici e sociali d’Oltremanica, cioè di<br />

quell’area culturale dalla quale provenivano, riproposti in chiave romantica, i<br />

motivi della civiltà medioevale: fervore religioso, rispetto delle tradizioni e impegno<br />

morale, dei quali il Neogotico rappresenta l’espressione artistica. Dopo<br />

aver analizzato e studiato criticamente le maggiori realizzazioni del Gotico europeo,<br />

confrontandole con quelle riproposte in tempi più recenti, l’Uccelli impostò<br />

il suo modello costruttivo, non distratto nè influenzato dalle altre correnti<br />

stilistiche del tempo. Ma l’attività costruttiva dell’Uccelli non fu immediata e<br />

rimase per qualche tempo limitata a opere minori per la scarsa presa che ebbero<br />

le sue tendenze sulla clientela, orientata a scelte di ben altro contenuto stilistico,<br />

sempre attratta dagli schemi eclettici e dalle ultime vampate del Liberty.<br />

L’esordio professionale avvenne nel 1905 con due edifici di civile abitazione<br />

fuori barriera Garibaldi a Parma:<br />

-casa Moruzzi;<br />

-palazzo Marchi.<br />

Sempre per la proprietà Marchi progettò nel 1909 con il fratello ingegnere Giovanni<br />

un’abitazione civile annessa all’ampliamento della fabbrica di cemento,<br />

fuori Barriera Bixio. Il 1910 lo vide impegnato in numerosi interventi, tra i<br />

quali:<br />

-un laboratorio industriale in via Mulini Bassi;<br />

-il sovralzo di casa Balestra in borgo Poi;<br />

-la decorazione esterna e l’ampliamento di alcune botteghe nel centro storico;<br />

-l’edificio di civile abitazione di Egidio Ferrari in via Spezia;<br />

-il sovralzo e la sistemazione interna di casa Saccò in borgo Parmigianino 5.<br />

L’interessante casa Bonini in via Trento venne progettata nel 1912.<br />

Negli anni successivi firmò alcune tra le sue opere maggiori:<br />

-il rifacimento della facciata della chiesa Evangelica in borgo Tommasini<br />

(1913);<br />

- il Salone espositivo in borgo Santa Brigida (1915), il restauro della facciata di<br />

casa Calzolari in via Cavour (1915), di cui reinterpretò l’apparato decorativo in<br />

chiave neorinascimentale;


188<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Grassi (1924) : l'impianto di questa cappella è quello di una piccola chiesa neoromanica<br />

a navata centrale in cui le trifore e il trattamento facciaa vista conferiscono alla facciata una<br />

compatta tessitura che ricorda il Seminario Vescovile e la chiesa di San Leonardo (1928-1931)<br />

al cui interno viene enfatizzato il tentativi di creare un'atmosfera mistica. Il modello è il convento<br />

claustrale cistercense.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

189<br />

-la villa di Giovanni Marchi in via Solferino.<br />

Una lunga serie di interventi tra restauri e piccoli fabbricati produttivi lo videro<br />

impegnato negli anni tra il 1917 e il 1920, anno in cui realizzò il sovralzo interno<br />

dello storico palazzo medievale di proprietà Tirelli in borgo San Vitale. Nei<br />

primi anni Venti si cimenta in quello che era un tema obbligato per i progettisti<br />

locali e nazionali: il villino urbano.<br />

-Villino Bertoni in via Spezia è del 1921, casa anche in via Spezia è il villino<br />

Nicoli, progettato nel 1922;<br />

-Villa Molinari e Bandini venne realizzata sull’area dell’ex Foro-Boario nei<br />

pressi della Stazione ferroviaria;<br />

_casa Grossi del 1922 .<br />

Sempre nello stesso anno progetta sull’area di proprietà Biraghi, tra lo Stradone<br />

e via XXII Luglio, una villa urbana su due piani (il progetto non venne<br />

realizzato). Nel 1923 realizza palazzo Grassi in viale Solferino, edificio di<br />

grande pregio, in cui l’esercitazione stilistica raggiunge un notevole equilibrio<br />

compositivo, e palazzo Marchi su viale San Martino. Tra il 1925 e il 1931<br />

realizzs due edifici di civile abitazione in viale Tanara e in via Spezia, l’abitazione,<br />

con annesso magazzino, in via Guicciardini, nel lotto retrostante palazzo<br />

Grassi, villa Marchi su via Solferino (1929) e l’essiccatoio per la fabbrica<br />

Barilla su via Veneto (1930). Seguirono due opere minori, le cappelle Grassi<br />

(1927) e Milza (1928). In queste due opere è chiaramente visibile il metodo<br />

operativo dell’Uccelli per quanto riguarda le scelte stilistiche, l’impiego dei<br />

materiali e la scrupolosa diligenza esecutiva. Ma la fortuna professionale di<br />

Uccelli inizia con un’opera lungamente attesa: l’edificazione della chiesa di<br />

San Leonardo (1928-1931). L’area per l’edificio era ai margini settentrionali<br />

della città di Parma, dove prima sorgeva una chiesa costruita dai monaci di<br />

San Martino dei Bocci. Mentre a Parma il Liberty aveva ormai esaurito tutto<br />

il suo repertorio espressivo e alcuni architetti proponevano le prime soluzioni<br />

razionali, l’Uccelli getta le fondamenta del costruendo edificio. La nuova<br />

chiesa, a tre navate, con l’asse in direzione Ovest-Est, affacciata sulla strada<br />

Parma-Colorno, mescola in pianta e in alzato elementi strutturali e decorativi<br />

gotici e bizantini. L’ampia facciata in mattone faccia a vista, movimentata dalla<br />

forte sporgenza di lesene, da decorazioni cementizie e da trifore dimensionate<br />

sul modulo delle navate, è interrotta in basso dal profondo pronao, ingentilito<br />

da una serie di archi sorretti da esili colonne. Lo spazio interno a forma<br />

di anfiteatro, monumentalizzato dal giro curvilineo delle colonne, evidenzia<br />

il tentativo di creare un’atmosfera spettacolarmente mistica. Mentre l’Uccelli<br />

stava ancora costruendo la chiesa, profondendovi tutte le sue energie, la curia<br />

parmense, soddisfatta dell’opera, gli affida un nuovo impegnativo compito: il<br />

progetto del Seminario Vescovile Minore, da erigersi alla fine di viale Solferino<br />

su un’area di eccezionale vastità. L’Uccelli, guardando ai modelli claustrali<br />

cistercensi, imposta il progetto su una struttura muraria sorgente intorno a uno


190<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

spazio vuoto, percorsa all’interno da un porticato sostenuto da pilastri. Venne<br />

coso volutamente rievocata l’austera solennità delle abbazie medioevali e<br />

creato il luogo più idoneo per la meditazione e il raccoglimento. Nell’edificio<br />

sono ubicati, su tre piani, i numerosi locali: la cappella, il refettorio, le aule, le<br />

celle e i servizi. I motivi strutturali e ornamentali delle facciate, differenziati<br />

secondo l’importanza, sottolineati da cornici marcapiano in cemento e protetti<br />

da uno sporgente ed elaborato cornicione, formano uno svariato repertorio ma<br />

i richiami all’architettura ogivale spiccano e prevalgono su tutti gli altri. Una<br />

lunga striscia di pannellature con motivi geometrici in cemento corre lungo la<br />

parte superiore dell’edificio, interrotta da colonne binate sorreggenti le ampie<br />

falde del tetto. Con la realizzazione di quest’opera il nome dell’Uccelli varca<br />

i confini della provincia, tanto che fu chiamato a costruire la chiesa di Castelnuovo<br />

Fogliani (1931-1933), in provincia di Piacenza, dovuta alla munificenza<br />

del pontefice Pio XI e del cardinale Nasalli Rocca. Nella facciata del tempio,<br />

di chiara ispirazione romanica, domina un grande arco, sottolineato dal degradare<br />

di eleganti strombature, con al centro un rosone marmoreo e al di sotto un<br />

ampio protiro a colonne, con basi e capitelli stilizzati. Maestoso e solenne Å<br />

l’interno, a tre navate, separate da colonne di marmo con altissimi zoccoli e capitelli<br />

in pietra bianca impreziositi da sculture. L’agile campanile, svettante sul<br />

lato destro dell’edificio, ripropone i motivi della facciata, ma la parte terminale,<br />

consistente in un tamburo prismatico sormontato da una piramide, Å di chiara<br />

derivazione gotica. Quasi contemporaneamente l’Uccelli realizza la chiesa parrocchiale<br />

di Bardi (1932), una costruzione di impianto romanico a tre navate, i<br />

cui portali in pietra bianca contrastano con la calda tonalità dei mattoni faccia a<br />

vista che formano la compatta tessitura della facciata. Pochi anni dopo sorse, di<br />

fronte al Seminario Minore, quasi a confrontarsi con esso, la solida villa Grassi<br />

(1935-1936), costituita da quattro corpi di fabbrica collegati tra loro. Le facciate,<br />

in cui si aprono ampie finestre a trifora giranti in sequenza quasi continua<br />

attorno all’edificio, richiamano i motivi stilistici cari all’Uccelli, con elementi<br />

decorativi marmorei che interrompono la continuità del mattone faccia a vista.<br />

Così anche in una costruzione civile l’Uccelli ripropose la sua ideologia stilistica<br />

già sperimentata in edifici religiosi. Con questa realizzazione, che nulla<br />

concede ai moderni orientamenti dell’architettura, l’attività dell’Uccelli si può<br />

considerare conclusa.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Ennio Mora (1885-1968)<br />

191<br />

Frequento l’Accademia di Belle Arti di Parma (allievo di Edoardo Collamarini)<br />

dal 1897 al 1907. Mora collezionò, ancora prima del diploma, una lunga serie<br />

di encomi da parte del direttore dell’Istituto di Belle Arti Cecrope Barilli. Suoi<br />

disegni furono mandati dall’istituto di Belle Arti di Parma a Roma presso il<br />

Ministero, in occasione dell’Esposizione di Bruxelles. Non si sa di quali opere<br />

si trattasse, ma quasi con certezza Edoardo Collamarini scelse quei lavori realizzati<br />

nel corso della formazione accademica, visto che all’appuntamento belga<br />

dovevano essere esposti, dopo accurata selezione, i disegni degli allievi degli<br />

Istituti di Belle Arti. Forse vennero esposte proprio quelle tavole curatissime<br />

che si trovano nell’archivio privato Mora e che riguardano il progetto per Palazzo<br />

ad uso serra del Concorso Rizzardi-Polini. Conseguì infine il titolo di<br />

professore di disegno architettonico. Prima di iniziare la professione, il Mora<br />

frequentò a Milano un corso presso la Società Scenografi del Teatro alla Scala<br />

(1906), dimostrando attitudine non comune in special modo per ciò che riguarda<br />

la parte architettonica e prospettica dell’arte scenografica, come ebbe a dichiarare<br />

il maestro del corso, Vittorio Rota, uno dei più prestigiosi artisti della<br />

scena. Il primo progetto firmato dal Mora riguardò un edificio conosciuto col<br />

nome di Palazzo Podestà (1908), situato all’angolo di via Cavour e borgo Angelo<br />

Mazza.Semidistrutto durante l’ultimo conflitto e in seguito demolito, presentava<br />

quei caratteri classicheggianti che nulla concedono alle tentazioni floreali.<br />

Sulla facciata dimensionata dal modulo delle finestre con timpano correva<br />

un balcone sorretto da mensole e a pian terreno si aprivano sulla strada quattro<br />

occhi di bottega. Per esattezza di volume sobrietà di motivi decorativi e chiarezza<br />

formale, l’edificio si integrava esemplarmente nell’arteria centrale di Parma.<br />

Portato a termine questo impegnativo e apprezzato lavoro, il Mora rielaborò<br />

palazzo Malpeli (1910), una costruzione cinque-seicentesca con cortile<br />

interno, posta di fronte all’edificio della Corte d’Assise. Sfruttati maggiormente<br />

gli spazi interni, l’esterno venne rivestito con timidi rilievi a stucco e riquadrature<br />

geometrizzate di gusto secessionnista, allineate lungo le fascie marcapiano<br />

sopra e sotto le altissime finestre abbinate. Nella realizzazione di villa<br />

Manfredi (1912), oltre i limiti orientali del centro storico, il Mora dimostrò<br />

un’aperta seppur meditata vocazione per l’Art Nouveau: un edificio strutturalmente<br />

sobrio, impreziosito da una scala d’ingresso e da un balcone con ringhiere<br />

in ferro battuto tra i più eleganti e i più caratteristici di tutto il repertorio Liberty,<br />

non soltanto nazionale. A questi elementi, svincolati da ogni rigore<br />

simmetrico, fanno da contrappunto decorativo i delicati rilievi plastici delle finestre.<br />

Nonostante il fortunato inizio dell’attività professionale, il Mora, incline<br />

per temperamento ai gesti decisi, affrontò nel 1912 un lungo viaggio in mare<br />

verso Buenos Aires, convinto di potersi affermare in quel lontano paese con la<br />

sola forza del suo ingegno.Le speranze non andarono deluse e, pur senza mezzi


192<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Cappella Ghiretti (1956); Vietta (1930); Pizzetti (1943): domina<br />

il tema dell'arco e del pronao con colonnine di chiara<br />

ispirazione romanica; lo spazio interno (vano) si struttura<br />

come a navata centrale.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

193<br />

e senza appoggi, nel giro di pochi mesi ottenne un incarico importante: l’insegnamento<br />

della prospettiva nell’Istituto di Belle Arti della capitale argentina.<br />

Per Mora, che già aveva fatto parlare di sé nelle riviste artistiche, si aprì una<br />

carriera densa di promesse. Oltre ad affermarsi nell’insegnamento, riuscì a<br />

progettare importanti edifici in diverse zone della città. Tenuto in grande considerazione,<br />

venne spesso invitato a presenziare a manifestazioni artistiche e culturali<br />

di alto livello. Intanto la vicenda politica europea precipitò improvvisamente<br />

con lo scoppio della prima guerrra mondiale. Mora, rimasto sempre<br />

idealmente legato alla sua patria, pur avendo un avvenire sicuro in Argentina,<br />

s’imbarcò sul primo piroscafo per l’Italia e, raggiuntala, corse ad arruolarsi.<br />

Ritornato nella città natale alla fine della guerra, Mora, con volontà tenace accompagnata<br />

da una preparazione esemplare, riuscì a colmare il vuoto della lunga<br />

parentesi di inattività. Riprese il lavoro con rinnovato entusiasmo, riallacciando<br />

i rapporti professionali a lungo interrotti: costruì palazzo Amoretti<br />

(1920), in via Trento, e casa Peracchi (1920), in via Mazzini, e successivamente<br />

villa Rossi-Gasparri (1923), in viale Campanini. Si aprì proprio allora per<br />

Parma un decennio (1916-1926) di intensa attività edilizia, specialmente nel<br />

settore residenziale. I viali periferici, soprattutto quelli a sud della città, si andarono<br />

popolando di case unifamiliari, circondate da aree coltivate a giardino.<br />

Molte di queste portarono la firma del Mora: tra le altre, villa Rampini, in viale<br />

Solferino, villa Scotti e villa Razzaboni, sullo Stradone, portate a termine nel<br />

triennio 1919-1921.Queste costruzioni portano il segno di quella mentalità piccolo-borghese<br />

che richiedeva ai costruttori una casa, anche modesta, ma dominata<br />

dalla presenza di una torre, considerata, secondo la tradizione medioevale,<br />

elemento distintivo di classe. Da segnalare, anche per l’esistenza di almeno tre<br />

varianti di progetto, di cui la seconda attuata, la villa realizzata per il costruttore<br />

Masini, treapiazzale XXV aprile e viale Berenini. Le prime due versioni risalgono<br />

al febbraio-aprile del 1916 e al maggio dello stesso anno. La terza<br />

versione risale all’aprile 1919. La pianta esprime chiaramente l’impostazione<br />

della villa urbana di inizio Novecento, dove le stanze a spigoli smussati girano<br />

attorno alla hall sovrastata dal lucernaio e si interrompono per fare spazio a un<br />

corpo scala, a un giardino ritagliato e a una torretta. Sui prospetti i balconcini<br />

ricurvi, le bifore ad arco a sesto acuto, la trifora della torretta e i cartigli decorati<br />

dei sottogronda, il diverso trattamento delle superfici, a bugnato, a mattoni<br />

visti e a intonaco di cemento bocciardato, sono elementi tipici della villa urbana<br />

borghese. Villa Saccani riprende la stessa struttura compositiva dei fronti di<br />

casa Moraschi di Alfredo Porvinciali: stesse membrature a spigoli ricurvi e in<br />

altorilievo, che rigiravano con continuità attorno alle finestre, stessa diversità di<br />

trattamento delle superfici della facciata. Situata tra via Emilia est e via Bottesini,<br />

si sviluppava come lungo corpo rettangolare, dove l’andito distribuiva longitudinalmente<br />

le stanze della casa. La facciata era tripartita in una parte centrale<br />

più alta di un piano e in due laterali simmetriche. Al 1920 risale il progetto di


194<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Filigrana (1932); Corazza (1925); Molinari (1929); Peracchi (1931): anche in questi<br />

esempi la strutturazione architettonica s'imposta sul modello delle chiese romaniche, ma<br />

vengono a strutturarsi altri elemento tipici della villa urbana borghese: la torretta d'ispirazione<br />

medioevale.e il trattamento a bugnato delle superfici e a mattoni a vista.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

195<br />

Palazzo Zanchi, all’angolo di viale P.M. Rossi e via Emilia est, con pianta a L e<br />

corpo scala in angolo. Non si sa se realmente l’opera realizzata si debba attribuire<br />

al Mora oppure al Maffei, al Tomasi o al Chiavelli, dei quali si sono rinvenuti<br />

i rispettivi progetti per lo stesso lotto e commissionati dallo stesso costruttore<br />

Pietro Zanchi. Villa Soncini-Gabbi risale al 1923. Casa Trombini (1924),<br />

situata tra borgo Lalatta e via Salimbene, contiene elementi nuovi rispetto alle<br />

precedenti, come le decorazioni a graffito della fascia marcapiano e sovrastanti<br />

le finestre del piano terra. Poco dopo Mora ebbe l’incarico di studiare il progetto<br />

in stile del campanile della chiesa di Collecchio (1922). Il campanile sorse in<br />

un lungo arco di tempo, ispirato a quello del Duomo di Parma, come si rileva<br />

dai motivi decorativi, dalle riquadrature, dalle bifore e trifore, dalla balaustra<br />

terminale dominata da una guglia piramidale sormontata da una statua bronzea<br />

del Redentore. Nel 1923 il Mora ottenne l’incarico di progettare il palazzo della<br />

Camera di Commercio, affiancato, per la risoluzione dei problemi tecnici,<br />

dall’ingegnere Alfredo Provinciali. L’imponente blocco sorse in un punto vitale<br />

del centro storico: l’area delimitata da via Cavestro, via Università, piazzale<br />

Bernieri e la sede dell’UPIM, a pochi passi dalla chiesa romanica di Sant’Andrea<br />

e di fronte alla facciata barocca di San Rocco. Un grande atrio con colonne<br />

immette nella sala degli sportelli e, separata da questa, un’elegantissima scala a<br />

quattro rampe conduce ai piani superiori, dove si sviluppano, con razionale distribuzione,<br />

gli ambienti a uso di rappresentanza. All’esterno, nelle larghe facciate,<br />

vengono riproposti, con più ampio respiro e più minuto studio dei particolari,<br />

i vari elementi architettonici e decorativi già introdotti in palazzo Podestà.<br />

Grandi riquadrature rettangolari girano intorno all’edificio sotto la forte sporgenza<br />

del cornicione, che attenua con la sua ombra le tinte un tempo vivissime<br />

degli affreschi di Poolo Baratta, illustranti l’allegoria del commercio. Altri affreschi,<br />

opera di Daniele de Strobel e di Enrico Bonaretti, impreziosiscono le<br />

sale interne, assieme agli stucchi di Giuseppe Carmignani. In questo notevole<br />

complesso tutto si fonde e si lega con un equilibrato gioco di vuoti e di pieni e<br />

tale armonia di proporzioni, unita alla perfetta impostazione volumetrica, stabilisce<br />

un rapporto con la logica costruttiva e urbanistica degli edifici circostanti.<br />

Particolare interesse riveste il progetto, studiato poco dopo dal Mora, per la<br />

decorazione architettonica esterna laterale della chiesa di Sant’Alessandro, il<br />

quale fu scelto tra i tanti presentati in seguito a un pubblico concorso.Il progetto<br />

porta anche la firma di Atanasio Soldati: fu forse l’unico lavoro architettonico<br />

di questo artista, che attraverso l’astrattismo geometrico riuscì più tardi a<br />

raggiungere la celebrità.Alcuni anni dopo Mora realizzò altre costruzioni di<br />

tipo residenziale, dalle quali già affiora una certa sensibilità razionalista: palazzo<br />

Negri (1934), in borgo Paggeria, e palazzo Merli (1935), di fronte al cinema<br />

Orfeo. All’avvicinarsi degli anni Quaranta, quando ormai gli architetti del primo<br />

Novecento cominciavano a essere considerati dei decadenti, il Mora accettò<br />

l’incarico di costruire palazzo Medioli (1938), la prima casa alta di Parma.


196<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

L’edificio, coi suoi otto piani fuori terra, costituisce un blocco di notevole volume,<br />

che domina la sottostante piazza Ghiaia. Contrariamente alle scelte di molti<br />

suoi colleghi, il Mora seppe coraggiosamente abbandonare le idee della prima<br />

giovinezza progettando un edificio in linea coi tempi, condizionati dall’uso di<br />

certi materiali imposti dal mercato autarchico e dal gusto del Novecentismo<br />

imperante. La mascheratura delle facciate con lastre di travertino romano intercalate<br />

da striscie di cotto novo si uniforma ai metodi costruttivi del tempo.<br />

Questo palazzo, più criticato che discusso, servì da modello, proprio come fatto<br />

estetico, a edifici di successiva realizzazione. La scelta del Mora fu irreversibile<br />

e le numerose costruzioni che seguirono sino agli anni Sessanta non ebbero<br />

più nulla in comune con quelle realizzate nel primo quarto di secolo. Particolare<br />

significato rivestono le case popolari in via Milazzo (1938), palazzo Mantovani<br />

(1952), alla fine di via Garibaldi, e il condominio dei dipendenti della<br />

Cassa di Risparmio.Tra le opere minori del Mora vanno ricordate, a Parma le<br />

cappelle funerarie della famiglia Lagazzi (1919), Corazza (1925), Carrega Bertolini<br />

(1931), Pizzetti Braibanti (1945), Ferri (1951), Mordacci (1954) e Scotti<br />

(1952), il monumento ai Caduti di Soragna (1923), casa Tarasconi a Sala Baganza<br />

(1925), villa Montagna a Collecchio, l’asilo infantile di Traversetolo<br />

(1960), una chiesa parrocchiale a Marina di Massa (1933), la chiesa del Sacro<br />

Cuore di Parma (1937), la Casa dello Studente e il progetto della Casa Littoria<br />

di C.Ciano a Neviano degli Arduini. Dopo la guerra, diverse sue opere del primo<br />

periodo di attività vennero demolite, cosicché, negli ultimi anni di vita, il<br />

Mora ebbe a temere di veder distrutta l’intera sua opera. Lavoratore di solidissima<br />

tempra, il Mora frequentò i cantieri sino agli ultimi mesi di vita. Si spense<br />

ottantatreenne, a pochi giorni di distanza dalla scomparsa della moglie, ancora<br />

laborioso e vitale e più che mai interessato ai problemi architettonici e urbanistici<br />

della sua città. I numerosi disegni conservati dalla famiglia documentano<br />

l’inesauribile fantasia del Mora, che, in virtù di una vasta cultura, seppe autorevolmente<br />

inserirsi, con intuito nuovo, nella corrente novecentista più avanzata.<br />

Mora, oltre all’architettura, coltivò sempre in parallelo la pittura. Cominciando<br />

a dedicarsi all’acquerello nei primissimi anni del XX secolo, cioè quando era<br />

poco più che un ragazzo, risentì soprattutto degli studi tecnici che andava compiendo.<br />

Così il suo primo acquerello fu uno Studio di scenografia (1901), debitore,<br />

inevitabilmente, di quel gusto eclettico dai prevalenti connotati tardoromantici<br />

che in campo teatrale conobbe una lunga durata.L’opera rileva però<br />

anche una marcata propensione per l’aspetto architettonico, esibendo un ricco<br />

repertorio di strutture a volta, colonne e capitelli, mensole, balaustre, architravi<br />

e scalinate, quasi che l’intento del Mora fosse quello di dimostrare lo stato di<br />

avanzamento dei suoi studi. Negli anni successivi l’interesse per l’aspetto scenografico<br />

non venne meno ma si modernizzò, contando non tanto sulle risorse<br />

del teatro quanto su quelle del cinema, la nuova arte che proprio in quel periodo<br />

compiva progressi decisi, conquistando il favore del pubblico e di certi intellet-


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

197<br />

tuali e sviluppando le proprie tecniche. L’Interno di Basilica del 1909 e l’Ingresso<br />

di Basilica con leoni stilofori del 1911 sembrano difatti essere collegati,<br />

nel loro impianto grandioso e per modalità delle visione, a scene di un film. In<br />

particolare, nell’interno di Basilica la rievocazione del tempio ravennate, con<br />

l’incanto dei mosaici e degli intarsi marmorei, acquista sapore per la presenza<br />

di ministri del culto resi con un taglio appunto cinematografico. Agganci con le<br />

soluzioni di certi fotografi dimostra invece lo splendido acquerello I leoni del<br />

Duomo, del 1905, in cui la solita precisione dei particolari architettonici si accompagna<br />

alla rievocazione di un momento nelle giornate della piazza del Duomo:<br />

Mora offre un’inedita veduta di Parma nella fusione tra un emblema visivo<br />

della città e un tratto di flagrante modernità, di suggestione liberty. L’opera più<br />

interessante è forse però La cella campanaria del Duomo di Parma, del 1911.<br />

Qui il Mora rinuncia al gusto, che pure possedeva in misura rilevante, per le<br />

rievocazioni storiche, per privilegiare invece l’osservazione minuziosa dell’insolito<br />

ambiente e soprattutto degli ingranaggi delle campane, così complessi da<br />

legittimare la lettura del luogo, di fatto dominato da tecniche sapienti e antiche,<br />

come un antro un po’ piranesiano o alla Victor Hugo medievalista. Nei decenni<br />

successivi il Mora si dedicò soprattutto alla pratica architettonica Ma in tarda<br />

età, almeno a partire dagli anni Cinquanta, ritornò a quella sua giovanile passione<br />

per l’acquerello, svincolandola, ancora una volta, dalle esigenze del suo mestiere.<br />

Non che fosse venuto meno l’interesse per l’architettura, ché anzi la<br />

maggior parte di queste opere tarde riproducono con bella evidenza edifici monumentali<br />

della città di Parma, anche gli stessi visti in differenti stagioni e condizioni<br />

di luce, con quella medesima attenzione per i particolari che aveva contraddistinto<br />

gli esordi. Colpiscono maggiormente, però, gli acquerelli ispirati al<br />

paesaggio, alla natura o anche a qualche veduta di anonimi scorci cittadini. È<br />

come se il Mora, dopo tanta familiarità con le opere dell’uomo, avesse sentito<br />

il bisogno di ritrovare un rapporto più diretto con le cose e di rifugiarsi nella<br />

pace della natura. Ecco, quindi, la -Chiesa del Quartiere (1964);<br />

- San Sepolcro (1967):<br />

- il Campanile di Sant’Alessandro (1966);<br />

- Vicolo del Vescovado (1967).<br />

Nei paesaggi, invece, amò giocare di più sulle contrapposizioni di colore, come<br />

in quei Panni stesi del 1967 o nel Bosco (1965), dove le tessere cromatiche<br />

paiono mosaici illuminati dal sole. L’approdo di Mora giunse a un naturalismo<br />

quieto, con la luce che filtra attraverso la tessitura vegetativa degli alberi (Gianni<br />

Cavazzini), un naturalismo però mai banale e scontato. Mora ottantatreenne<br />

poté perfino, nell’acquerello dal titolo Il ciliegio, rinunciare a una resa eccessivamente<br />

fotografica per esaltare la pura valenza decorativa, ai limiti dell’astrazione:<br />

un’altra, definitiva prova della freschezza e della modernità della sua<br />

ispirazione.


198<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Continii (1931), Oleari (1942), Ghirardi (1938): Grandi riquadrature rettangolari girano<br />

intorno all'ingresso impostando tali architetture secondo il gusto "imperiale" dell'epoca, sottolineato<br />

anche dall'uso di ripartire orizzontalmente i prospetti con fasce di travertino alternate al<br />

cotto.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

199<br />

Cappella Molinari (1929): le paraste che inquadrano il portale d'ingresso, il timpano classico e il<br />

trattamento a bugano degli elementi trapezioidali laterali, ricordano il carattere classico di Palazzo<br />

Amoretti in via Trento (in particolare per le inquadrature delle finestre).


200<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Villa (1946); Corazza (1925: le bifore ad arco a tutto sesto e il trattamento delle superfici<br />

a bugnato riprendono i motivi della villa urbana borghese.<br />

Es. Casa Rabioli in P.le del Carbone.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

201<br />

Cappelle Continii (1931), Peracchi : timpani paraste e il trattamento a bugnato (Contini) e a fasce<br />

orizzontali (Peracchi), conferiscono un carattere "imperiale"che si conforma al gusto dell'epoca.<br />

Gli intarsi marmorei di colore rosso e bianco per la cappella Peracchi e il pronao con colonne e<br />

timpano, sono di chiara ispirazione al Tempio ravennate.


202<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappele Continii (1931), Oleari (1942), Ghirardi (1938): l'impostazione lineare dellle superfici<br />

trattate a partizioni orizzontali, ribadisce i fronti di villa Gasparri in V,le Campanini


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Cappelle Chiretti (1931), Filigrana (1932): il portale classico (timpano e colonne) e le partizioni<br />

orizzontali in travertino si allineano all'impostazione con cui mora realizzava i fronti e le<br />

aperture delle ville urbane<br />

203


204<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Moderanno Chiavelli (1869-1962)<br />

205<br />

Iniziò, portatovi da singolare predilezione, gli studi musicali, che dovette<br />

bruscamente interrompere per una caduta che gli lasciò una permanente<br />

menomazione nella mano destra. Entusiasta per le cose dell’arte e dotato<br />

di una indomita volontà, riuscì allora ad addestrare la mano sinistra<br />

al disegno e si iscrisse all’Istituto di Belle Arti di Parma (1885). La sua<br />

passione per il disegno lo rese talmente noto nell’ambiente della scuola<br />

artistica che, ancora prima del diploma, l’architetto Pancrazio Soncini lo<br />

volle nel suo studio come disegnatore. A ventiquattro anni si diplomò a<br />

pieni voti nel corso di disegno architettonico (1893), di cui era titolare<br />

Enrico Bartoli. Dopo il diploma il Chiavelli esercitò l’insegnamento di<br />

geometria descrittiva e architettura presso la scuola serale annessa<br />

all’Istituto di Belle Arti (1894-1913) e prestò contemporaneamente servizio<br />

come impiegato straordinario nell’Ufficio Tecnico del Comune di<br />

Parma (1894). Collaborò così a vari progetti di edifici pubblici: la scuola<br />

elementare Pietro Cocconi (1898), all’angolo di Via Cocconcelli e Strada<br />

del Quartiere, con l’ingegnere Raffaele Villa, e il Macello Pubblico, con<br />

gli ingegneri Giorgio Alessi Canosio e Gino Fornari. Nel 1904 eseguì, in<br />

collaborazione con l’ingegnere Guido Albertelli, la facciata dell’Albergo<br />

Croce Bianca (in Piazza della Steccata, distrutto dai bombardamenti nella<br />

seconda guerra mondiale). Rimasto solo alla conduzione dell’Ufficio<br />

tecnico, coadiuvato soltanto dal geometra Baroni, non si lasciò sfuggire<br />

la grande occasione, da tempo attesa, di poter imporre in piena autonomia<br />

le proprie idee, eseguendo il progetto del Palazzo delle Poste. Questo<br />

incarico gli fu affidato sotto il sindaco Giovanni Mariotti e il Chiavelli<br />

(che lavorò alla progettazione assieme all’architetto Olindo Tomasi)<br />

seppe impostarlo e risolverlo magistralmente, ideando un nitido blocco<br />

con un ampio spazio interno in comunicazione sia con Via Pisacane che<br />

con Via Melloni. La facciata principale su Via Pisacane, nel suo variato<br />

intreccio di richiami classicheggianti, portati sul piano decorativo a un<br />

icastico espressionismo floreale fine a se stesso, qualifica stilisticamente<br />

l’esterno dell’edificio. Il cornicione a dentelli, le numerose cornici, le<br />

paraste con capitello, la trifora centrale, posta su un lungo balcone, e le<br />

bifore ai lati dimostrano la volontà del Chiavelli di restare fedele ai richiami<br />

dell’eclettismo e della ventata umbertina, pur nell’affiorare del<br />

gusto Liberty. Ma la sovrabbondanza dei rilievi plastici che impreziosiscono<br />

l’edificio non rompe l’ampio respiro dell’armonico e ben calibrato<br />

volume, che trae la sua configurazione planivolumetrica da precise con-


206<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

siderazioni di carattere urbanistico. L’ampio salone interno, le cui caratteristiche<br />

principali sono la copertura a vetrata e la suddivisione verticale<br />

delle pareti, ricorda molto da vicino l’atrio dell’Hotel Corso di Milano<br />

(1903-1905), progettato dagli architetti Cattaneo e Santamaria. Il complesso,<br />

la cui realizzazione richiese cinque anni (1905-1909), testimonia<br />

l’interesse e l’utilità di una progettazione totale, resa possibile dalla stretta<br />

collaborazione del Chiavelli con artisti di notevole valore: Cleomene<br />

Marini (decorazione pittorica del salone), Alessandro Marzaroli (decorazione<br />

plastica del salone), Paolo Baratta (figure allegoriche del vestibolo<br />

su Via Melloni) e Riccardo Del Prato (rilievi plastici della facciata principale).<br />

L’opera ebbe molti ammiratori e anche parecchi denigratori, che<br />

la stigmatizzarono per la ridondanza del suo apparato decorativo. Questa<br />

prima esperienza importante mise le ali all’entusiasmo del Chiavelli, che<br />

con la costruzione di quell’edificio entrò a far parte del novero dei più<br />

prestigiosi costruttori parmigiani. Subito dopo Chiavelli eseguì alcuni<br />

lavori sul lato orientale del Palazzo del Comune, uniformandone la facciata<br />

appesantita da infelici aggiunte. Maturò intanto la nomina del Chiavelli<br />

ad architetto capo-sezione dell’Ufficio Tecnico, un premio da lui<br />

lungamente atteso (aveva prestato la propria opera per quindici anni senza<br />

alcuna qualifica specifica). La promozione arrivò nel 1913, anno in<br />

cui l’amministrazione civica rinnovò i suoi quadri del personale. Il Chiavelli,<br />

dimostrandosi funzionario di prim’ordine, organizzò un ufficio<br />

progetti che nulla ebbe da spartire con quelli tradizionali e retrogradi<br />

dell’Italia umbertina: il Chiavelli tenne saldamente in pugno per un ventennio<br />

le principali attività edilizie di Parma, vigilando con scrupolo sulle<br />

licenze di costruzione e imponendo con fermezza il rispetto dei regolamenti.<br />

Si erano ormai spente le polemiche sul Palazzo delle Poste<br />

quando il Chiavelli elaborò il progetto dell’imponente edificio delle<br />

Scuole Tecniche (1914), affacciato sul lungo Parma Maria Luigia. Concepito<br />

come monoblocco pluripiano secondo la più castigata logica costruttiva,<br />

l’edificio è caratterizzato dalla fitta trama delle finestre e dalle<br />

fascie marcapiano e s’impone per la sobria chiarezza della ritmica struttura.<br />

L’opera fu ultimata solo dieci anni dopo (1924), per la carenza di<br />

materiali del periodo bellico e post-bellico. Venne invece portato a compimento<br />

il ripristino dell’antico palazzo Gherardi (1915), in Via Farini,<br />

trasformato in Istituto Tecnico. Nessun motivo ornamentale e nessuna<br />

arbitraria aggiunta fu inserita nell’originario contesto architettonico.<br />

Dopo una lunga parentesi bellica, il Chiavelli progettò e diresse dei lavori<br />

di restauro sul lato ovest della Pilotta (1922), dove ha sede l’Istituto di


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

207<br />

Leoncini (1931):<br />

il dromos (ingresso loggia)<br />

e il vano (zona notte e zona giorno)<br />

la tomba (il basamento o zoccolo)<br />

L'impianto s'imposta su un disegno di stilizzazione delle forme dell'architettura classica: il timpano<br />

che inquadra il portale e le paraste stilizzate che sottolineano i volumi dove sono collocate le<br />

tombe si orientano al linearismo classico modernizzato tipico della stagione tardo novecentesca<br />

ispirata ai modelli di Piacentini.<br />

Il timpano è dominato da un bassorilievo con il tema della clessidra e delle ali d’aquila simboli di<br />

morte e fugacità della vita, di capacità e superbia ma anche di fede in Cristo.


208<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Belle Arti, e disegnò la fronte su Viale Mariotti della nuova ala dell’edificio,<br />

occupata dal Museo Nazionale d’Antichità, sistemandone inoltre la<br />

scala e provvedendo al riassetto dei vari locali e a una razionale disposizione<br />

dei reperti archeologici. In quest’ultimo lavoro egli proporzionò<br />

con esattezza la lunga facciata, in armonia con la vicina mole centrale<br />

dell’edificio, senza l’ausilio di elementi decorativi se non con l’uso del<br />

mattone faccia a vista. Dimostrò così che il decorativismo di cui si era<br />

servito in precedenza non condizionava la sua opera di costruttore. In<br />

concomitanza con questo lavoro Chiavelli affrontò il restauro e la sistemazione<br />

interna di alcune parti del Convento benedettino di San Paolo<br />

(1922) e disegnò la facciata del palazzo dell’Azienda Municipalizzata<br />

Pubblici Servizi (1923), nel rispetto rigoroso di linee classiche, in armonia<br />

da un lato con palazzo Marchesi, dall’altro con l’antico campanile.<br />

Nel 1930 provvide ai restauri del Palazzo del Giardino e ai lavori di trasformazione<br />

in un unico vano delle due salette a nord dell’atrio del Teatro<br />

Regio, modificandone il sistema di copertura. Nello stesso periodo<br />

portò a compimento il già iniziato edificio progettato dall’ingegnere Enrico<br />

Tognetti in collaborazione con l’ingegnere Bruno Cornelli per gli<br />

Istituti Biologici dell’Università, ma poi sede dell’avviamento professionale<br />

Pietro Giordani, e disegnò la lapide marmorea murata nella facciata,<br />

con la dedica ai Caduti dettata da Arnaldo Barilli (1931). Queste opere<br />

diedero grande notorietà al Chiavelli, soprattutto nell’ambito della committenza<br />

privata. In questo senso, tra gli edifici a uso abitativo che maggiormente<br />

testimoniano un’intensa attività progettuale, sono sicuramente<br />

villa Romanelli in Viale Martiri della Libertà (gennaio 1909), casa Tirelli<br />

in Via Emilia Est (gennaio 1909), il rifacimento della facciata di casa<br />

Valesi in Via D’Azeglio (luglio 1911), la sistemazione e il sovralzo di<br />

casa Chiapponi (maggio 1911), palazzo Piazza in Via XXII luglio, con<br />

Olindo Tomasi, con decorazioni pittoriche al piano terra (1912), villa<br />

Masini a Barriera Farini (maggio 1916), palazzo Giovannacci per il costruttore<br />

Zanchi, sempre in collaborazione con Tomasi, presso Barriera<br />

Repubblica (1918), il rifacimento di palazzo Tosi in Borgo Giacomo<br />

Tommasini (1920) e forse casa Battioni, realizzata sempre per il costruttore<br />

Zanchi, il cui progetto inoltrato all’Ufficio d’Arte è tuttavia a firma<br />

dell’architetto Faraboschi. Gli anni dal 1909 al 1920 rappresentarono<br />

infatti il periodo più intenso della sua attività professionale e coincisero<br />

anche con il periodo più fertile della produzione architettonica del primo<br />

Novecento. Gli anni successivi lo videro impegnato in numerose opere<br />

pubbliche, in particolare in alcuni restauri, rifacimenti e riattamenti di


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

209<br />

facciata. Nel campo funerario sono da segnalare le cappelle Leoncini,<br />

Fulgoni, Caprioli, Romanelli e il monumento Marchelli. In provincia costruì<br />

la facciata, la cupola e il campanile delle chiese di Felegara e di<br />

Calestano ed eseguì altre opere minori a San Pancrazio, Collecchio, Fontevivo,<br />

Monticelli Terme, Sant’Ilario di Baganza, Sant’Ilario d’Enza, Polesine<br />

Parmense, Terenzo e Selva del Bocchetto. Dimesso dal servizio a<br />

64 anni per raggiunti limiti di età (1933), il Chiavelli si ritirò dalla professione<br />

attiva, pur continuando sino a tarda età a produrre disegni e<br />

progetti di varia natura, che lo portarono a realizzare alcune case economiche<br />

nel 1936, in Via Emilia Est e in Via Langhirano, e nel 1938, in Via<br />

Milazzo e in Via Imbriani. Fu socio effettivo dell’Accademia Parmense<br />

di Belle Arti di Parma.<br />

Note<br />

G. Copertini, Artisti parmigiani, 1927, 282; Parma nell’Arte 3 1963,<br />

240-241;<br />

G. Capelli, Architetti del primo Novecento, 1975, 81-85; Gli anni del<br />

Liberty, 1993, 94.42.


210<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Archivio Monguidi: disegni di progetto per il monumento ai caduti al cimitero di Vigatto.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Mario Monguidi<br />

Monguidi frequentò l’Istituto di Belle Arti di Parma, dove fu allievo di Giuseppe<br />

Mancini nella sezione di Architettura. Scoppiata la prima guerra mondiale,<br />

interruppe gli studi per arruolarsi come volontario (1915) e al fronte compì<br />

azioni belliche valorose, meritando una medaglia di bronzo e una croce al merito.<br />

Ritornò a Parma a guerra finita, dopo un lungo periodo di prigionia, e a venticinque<br />

anni conseguì brillantemente il diploma in Architettura (1921). L’attività<br />

del Monguidi trovò ben presto il suo centro di interesse: la realizzazione<br />

di opere celebrative.Nel 1923 costruì il monumento ai Caduti e il monumentale<br />

ingresso del cimitero di Vigatto e il monumento ai Caduti di Roncole di Busseto<br />

e nel 1926 il monumento ai Caduti di San Polo di Torrile. Quest’ultima opera<br />

è costituita da quattro cuspidi che portano incisi i nomi dei caduti, quattro ali<br />

riunite da quattro spade o croci, ravvivate dall’effetto policromo del basamento<br />

e dei proiettili di bigio scuro di Zandobbio, dal marmo bianco e rosa delle ali,<br />

dal bronzo delle spade e dalle decorazioni a mosaico. Ma la grande occasione<br />

di realizzare un’opera di tale genere nel centro storico di Parma gli si presentò<br />

quando ebbe l’incarico di progettare il monumento a Filippo Corridoni (1925),<br />

in Piazza della Rocchetta. Monguidi si mise al lavoro con accesa passione e<br />

ne disegnò non solo la struttura ma anche tutti i particolari decorativi e la statua<br />

dell’eroe, per la quale si ispirò a una pagina del suo diario di guerra: ma<br />

se potrò, cadrò per andare più avanti. Nella ricca composizione i richiami al<br />

liberty, oltre alla statua bronzea plasmata da Alessandro Marzaroli, sono particolarmente<br />

evidenti nei lunghi altorilievi marmorei che coprono su quattro lati<br />

il fusto della colonna, finemente eseguiti in candido botticino e simboleggianti<br />

la Povertà, la Fede, l’Amore e la Vampa, e nel basamento stilizzato, ispirato<br />

alla forma di un calice in fiore. Se si tiene conto delle preesistenze ambientali<br />

e dello spazio irregolare in leggera pendenza su cui sorge il monumento, risulta<br />

evidente che Monguidi seppe risolvere egregiamente un difficile problema<br />

urbanistico. Monguidi diede il suo contributo anche al settore residenziale.Il<br />

suo miglior lavoro nel settore è villa Vitali (1924-1925), all’angolo di viale<br />

Toscanini e via al ponte Caprazucca, a Parma, in cui elementi medioevali si<br />

fondono con raffinati motivi dell’ultima stagione secessionista. Interessante,<br />

nell’impianto planivolumetrico, la sciolta libertà distributiva delle masse murarie,<br />

ruotanti intorno alla torre centrale, concepita come belvedere aperto sul<br />

torrente. È da ricordre anche palazzo Alessandri (1940), in piazzale Boito, che,<br />

costruito sotto la suggestione dei modelli del Piacentini, ricalca gli schemi di un<br />

neoclassico di maniera, artificiosamente modernizzato. L’ultima sua opera fu la<br />

trasformazione della facciata della torre di San Paolo in monumento ai Caduti<br />

di Tutte le Guerre (1961), dove si mescolano a diversi livelli statue, pannelli,<br />

lapidi, medaglioni marmorei in marmo e in bronzo, con una distribuzione suggerita<br />

dalle incassature murarie dell’antico campanile. contemporaneamente<br />

211


212<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Le masse ruotano attorno all'impianto centrale che si conforma<br />

alla torretta degli edifici residenziali : la tomba e il vano<br />

delle cappelle corrispondono ai luoghi di vita delle resdenze.<br />

Forme sempre più semplificate e plastiche si allineano a quel<br />

classicismo di maniere artificiosamente modernizzato tipico<br />

della stagione tardo novecentesca ispirata ai modelli di Piacentini.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Spaggiari (1933); Manzini (1971-30); Zanzucchi (1924): il dromos la tomba e il vano


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

213<br />

alla realizzazione di queste opere maggiori, Monguidi compì studi di architettura<br />

funeraria costruendo, nel cimitero di Parma, il cenotafio ai Caduti della<br />

società di Mutuo Soccorso Pietro Cocconi (1922) e numerose edicole funerarie,<br />

come quelle per le famiglie Gardella (1923), Dall’Aglio-zanzucchi (1924),<br />

Merli, Pizzorni e Camorali (1954), e in provincia le cappelle Bo a traversetolo<br />

(1925) e Carrara-Verdi a Busseto (1930). In tutti questi lavori, ispirati di preferenza<br />

al movimento secessionista, Monguidi, pur costretto a operare entro limiti<br />

angusti, mise in evidenza una fantasia esuberante, influenzando con la sua<br />

visione artistica anche i suoi collaboratori, incaricati della parte scultorea dei<br />

monumenti, come Cacciani e Brozzi. Di Monguidi rimangono anche numerosi<br />

disegni di progetti non realizzati, che documentano e mettono in evidenza un<br />

estroso e fecondo talento creativo.<br />

Note<br />

G.Capelli, Architetti del primo Novecento, 1975, 127-131;<br />

Gli anni del Liberty, 1993, 120-122;<br />

Gazzetta di Parma 19 aprile 1997, 5, e 8 maggio 1997.


214<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Manzini (1971-30); la pianta è quadrata i prospetti sono lineari per le forme geometriche<br />

che li compongono; il fronte presenta un portale con timpano sporgente e mensole che<br />

concludono una cornice "ondulata" che corre tutt'intorno il perimetro. Il dinamismo dato dalle<br />

ombre che conferisce all'insieme un'architettura plastica, e la semplificazione stilistica conferisce<br />

all'insieme un' architettura di tipo decò. Al fianco del portale sono scolpite in rilievo due figure<br />

maschili a torso nudo, che pioangono con la testa appoggiata ad un braccio. A sua volta l'arto è<br />

puntellato ad un anfora simbolo della forza della vita terrena e spirituale.<br />

Spaggiari (1933): la stilizzazione delle forme dei prospetti e l'impostazione troco conica dell'impianto<br />

architettonico sono di chiara matrice classica.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

215<br />

Cappella Rizzi (1953): il fronte è caratterizzato da effetti decorativi di risonanza barocca: i bassorilievi<br />

floreali, gli archetti pensili, i motivi a foglie del cornicione conferiscono all’opera un<br />

notevole effetto plastico.La pianta rettangolare presenta nicchie laterali che contengono le tombe,<br />

e che si configurano come le navatelle laterali delle prime chiese cristiane (romaniche).Il<br />

piano verticale presenta, insieme agli elementi decorativi sopra menzionati, il portale in ferro con<br />

anfore simbolo (elemento tipico dell’architettura funeraria). Il grosso rosone soprastante inscrive<br />

una croce con rappresentato un bassorilievo con i temi della "Deposizione di Cristo" e "della sua<br />

Gloria (Cristo in trono)".


216<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cappella Zanzucchi (1924): La pianta è quadrata, i fronti triangolari; un'importante zoccolatura<br />

inquadra l'ingresso sovrastato da una fessura vetrata. L' architettura riprende un disegno geometrico<br />

semplice in cui spicca la figura del triangolo e del quadrato.Il mosaico della facciata, raffigurante<br />

l'angelo in preghiera con calzari ai piedi e gigli decorativi, presenta colori accesi in cui<br />

domina l'azzurro e il rosae il giallo in contasto con la linearità dell'insieme architettonico.


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

Archivio Monguidi: disegni di progetto per la Cappella ai caduti della seconda guerra mondiale<br />

al cimitero di Vigatto.<br />

217


218<br />

I progettisti e gli artisti:<br />

Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />

Le porte e l'ornamento; un possibile confroto tra le decorazioni e le geometrie.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />

219


220<br />

Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

PARTE III<br />

IL MUSEO VIRTUALE<br />

Maria Carmen Nuzzo


Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

221<br />

Capitolo 1 - Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

1.1 L’idea<br />

Quando si parla di patrimonio storico-artistico, e soprattutto del modo con cui<br />

questo deve essere raccolto e trasmesso, è necessario fare ricorso ai termini e<br />

alle definizioni che sono state elaborate dal Codice Urbani entrato in vigore<br />

il 1°maggio 2004 il quale, nel regolamentare in modo organico la tutela del<br />

patrimonio culturale, storico ed artistico del nostro paese ha ribadito a chiare<br />

lettere che i beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati<br />

alla fruizione e alla collettività 1 .<br />

Nella definizione di bene culturale, ovvero, “le cose immobili e materiali che<br />

presentano interessse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico,<br />

archivistico e bibliografico 2” , rientrano le “raccolte di musei, pinacoteche,<br />

gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti<br />

pubblici territoriali, nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico ”3 .<br />

La legislazione italiana definisce il museo, secondo il decreto legislativo del<br />

Codice Urbani, “una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina<br />

ed espone i beni culturali per finalità di educazione e di studio” 4 ; il comma 3<br />

di tale legge prosegue definendo che gli “istituti e i luoghi che appartengono<br />

a soggetti pubblici sono destinanti alla pubblica fruizione”.<br />

A livello internazionale esiste un organismo che è espressione del mondo dei<br />

musei: l’ICOM, International Council of Museums, che all’art. 2.1 del suo<br />

statuto definisce il museo come “un’istituzione permanente, senza scopo<br />

di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico che<br />

compie ricerche sulle testimoniamze materiali dell’uomo e del suo ambiente,<br />

le acquisisce, le conserva, le comunica e soprattutto le espone a fini di educazione<br />

di studio e di diletto” 5 .<br />

In questa definizione viene posto l’accento sull’attività di ricerca che determina<br />

il concetto stesso di museo e in questo senso è innovativa rispetto la<br />

definizione italiana.<br />

In riferimento alla definizione di mostra le norme che si devono richiamare<br />

sono l’art.10, comma n.2, l’art.48 e l’art.74-quater del D.P.R. 26 ottobre


222<br />

Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

1972, n.633.<br />

In particolare, l’art.74-quater fornisce disposizioni<br />

in materia di attività spettacolistiche<br />

elencate nella tabella C allegata al medesimo<br />

DPR n.633. Il punto 5 della citata tabella<br />

stabilisce, per la parte che qui interessa, che<br />

nel novero delle attività di spettacolo rientrano<br />

le “mostre e fiere campionarie; esposizioni<br />

scientifiche, artistiche e industriali<br />

… ed altre manifestazioni similari”. Appare<br />

quindi palese la riconducibilità delle mostre<br />

culturali in esame al genus delle attività<br />

spettacolistiche.<br />

Museo digitale<br />

La struttura espositiva della museo digitale<br />

riunisce al suo interno l’idea del museo e<br />

quello della mostra.<br />

La mostra è un’organizzazione temporanea<br />

che si costruisce e si sviluppa mono-tematicamente,<br />

in contrapposizione al museo, come<br />

riassemblaggio trasversale delle collezioni<br />

che normalmente lo caratterizzano.<br />

Il museo possiede collezioni che si possono arricchire<br />

nel tempo, ma tematicamente definite.<br />

Questo costruisce la sua identità e ne determina<br />

la specificità e il ruolo rispetto ad altri.<br />

Il museo digitale offre una proiezione comunicativa<br />

“a tutto campo” del museo reale. Ciò<br />

significa far parlare le opere attraverso gli strumenti<br />

offerti dalla tecnologia. Al suo interno<br />

sarà possibile creare sale virtuali di qualunque<br />

natura, dove scegliere le opere e accostarle ad<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

altre del museo stesso o ad altri oggetti/imma- Il museo della resistenza, Sarzana 2007:<br />

i volti narranti.<br />

fig.1<br />

fig.2<br />

fig.3<br />

fig.4


Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

223<br />

gini in base alle esigenze comunicative o alla scelta del visitatore.<br />

L’obbiettivo sarà quindi l’organizzare di spazi virtuali, legati alle innumerevoli<br />

potenzialità del trattamento dell’immagine, in relazione allo spazio reale, attraverso<br />

le tecnologie grafico-interattive, per costruire mondi e racconti visivi che<br />

prescindono dalla necessità di simulare lo spazio reale, evocando suggestioni attraverso<br />

le immagini.<br />

Questa idea di museo s’ispira e rielabora l’esperienza del gruppo “Studio Azzurro”<br />

6 di Milano in relazione al “Museo della resistenza” 7 di Sarzana, dove i volti<br />

narranti sono un’esplosione di segni ed espressività che testimoniano la drammaticità<br />

degli eventi (fig. 1-2).<br />

Partigiani, contadini, sacerdoti, operai, sono le tessere di un quadro complesso, di<br />

una memoria storica non ancora pacificata e pienamente elaborata che è offerta<br />

alla riflessione dello spettatore.<br />

I volti segnati dall’età dei testimoni e le loro voci di volta in volta decise od<br />

esitanti, imperiose o flebili ci parlano dell’unicità irriducibile di ogni esperienza<br />

umana, eppure i racconti ci rimandano l’eco di altre storie, di altre vite parallele,<br />

di altri dolori e di altre gioie (fig. 2-3-4).<br />

La parte sonora conferisce una dimensione audiovisiva: la rappresentazione diviene<br />

un’esplosione segnica ed espressiva in cui il gesto e il racconto conferiscono<br />

una duplice valenza al museo.<br />

I presupposti del museo digitale sono quindi:<br />

- raccontare con la lingua mediatica,<br />

- utilizzare la tecnologia informatica in modo efficace.<br />

Questo facilita una riflessione personale durante l’ascolto e la lettura delle informazioni.<br />

Il museo virtuale raccoglie emozioni, le trasmette e le riattiva: è un laboratorio<br />

informativo aperto alla rielaborazione personale del fruitore.<br />

Questo può relazionarsi con la parte invisibile degli oggetti, con gli eventi che<br />

li hanno costruiti e con la spazialità del luogo, attraverso immagini e richiami.<br />

La memoria è il bagaglio personale rielaborato dal fruitore, il materiale multimediale<br />

diventa patrimonio condiviso e non viene disperso.<br />

Se le installazioni sono come opere d’arte, i musei virtuali possono essere<br />

come cicli di affreschi, laboratori aperti che si interfacciano con il fruitore, nei<br />

quali la tecnologia diventa il motore di emozioni e sensazioni.<br />

Le chiavi di lettura del museo, in mano al fruitore, sono quindi, la comunicazione<br />

visiva e il racconto.<br />

La comunicazione visiva è più efficace di quella linguistico-testuale, allo stesso<br />

modo il racconto è particolarmente efficace per suscitare e mantenere attenzione,<br />

invitando poi alla lettura degli approfondimenti.<br />

La struttura del racconto e il meccanismo della storia, intesa come “memoria”,<br />

rappresentano quindi gli elementi basilari del museo digitale, dove l’ambienta-


224<br />

Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

zione costituta dal binomio sala e opere accoglie<br />

opere cardine, al servizio delle quali<br />

occorre mostrare altri oggetti o immagini.<br />

Dagli oggetti selezionati per animare l’ambiente<br />

virtuale è possibile navigare in spazi<br />

immaginari, che costituiscono il punto di<br />

partenza dei racconti visivi che introducono<br />

nuovi percorsi: attraverso ancore visive essi<br />

andranno a popolare altri ambienti, la cui selezione<br />

farà partire altri racconti.<br />

Colonne sonore ed effetti che la moderna tecnologia<br />

dispone potranno integrare la visita:<br />

così le nuove tecnologie potranno indurre<br />

sensazioni multisensoriali.<br />

Alla fine del percorso il visitatore/spettatore<br />

dovrà avere capito l’opera, letto e assimilato<br />

compiutamente il suo messaggio. Questa<br />

è la differenza principale tra museo reale e<br />

museo virtuale: il secondo fa parlare e raccontare<br />

direttamente gli oggetti.<br />

Quindi l’obbiettivo del museo è la creazione<br />

di una realtà virtuale 8 per elaborare uno spazio<br />

mentale, ideato e costruito a piacere dal<br />

visitatore.<br />

Come accade nelle videoinstallazioni che il<br />

gruppo artistico sopra menzionato ha proposto<br />

ne Il giardino delle anime (Fig. 5-6),<br />

oppure ne Il soffio sull’angelo primo nafragio<br />

del pensiero, (Fig. 7-8): in entrambi<br />

i movimenti degli angeli o di anime che si<br />

legano all’incantesimo di una musica nascosta,<br />

fanno partecipare ed interagire lo spettatore;<br />

ma, misteriosi spazi semiaerei, teatri<br />

impalpabili del naufragio del pensiero non<br />

si lasciano penetrare e rimangono, come un<br />

soffio, sospesi nella virtualità.<br />

Mondi del passato possono tornare a vivere<br />

come se fossero contemporanei attraverso la<br />

visione di documenti storici, dando la possibilità<br />

di percepire visivamente le informazioni<br />

e restituendo al visitatore la possibilità<br />

di rielaborarle mentalmente. Calandosi in un<br />

fig.5<br />

fig.6<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Il giardino delle anime, 1997- interattive<br />

video environment, New Metropolis Science<br />

and Tecnology Center, Amsterdam:<br />

fig.1:bozzetti; fig.2 scena interattiva<br />

fig.7<br />

fig.8<br />

Il soffio sull’angelo primo nafragio del pensiero,<br />

1997-videoinstallazione interattiva,<br />

Università Normale, Pisa; fig.3-4


Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

225<br />

vorticoso viaggio a ritroso nel tempo, il visitatore può scegliere i percorsi capaci<br />

di rispondere alle sue domande o arrivare in spazi nuovi e magari perdersi<br />

in mondi prima sconosciuti.<br />

Il target è il visitatore comune, che va preso per mano e guidato su un sentiero<br />

sicuro, sia quello che conosce il tema e cerca approfondimenti.<br />

Quindi coesistono due livelli di lettura:<br />

- le informazioni sintetiche sugli argomenti principali,<br />

- gli approfondimenti critici con richiami alle fonti.<br />

1.2 L'organizzazione: il progetto “Villetta”<br />

Il sistema informativo, che raccoglie la grande quantità di informazioni sul<br />

monumento, attraverso la schedatura architettonica fatta sul cimitero della Villetta<br />

a Parma, pur non garantendone la conservazione, ne può trasmette la conoscenza.<br />

Qui emerge l’importanza della divulgazione per la sensibilizzazione<br />

alla valorizzazione e riqualificazione. Ma le informazioni trasmesse dal sistema<br />

informativo nella sua forma base si rivolgono a specialisti e non possono<br />

avvicinare il largo pubblico, che necessita di strumenti di più facile accesso,<br />

con un approccio critico e non solo descrittivo.<br />

Se il cimitero rappresenta un museo all’aperto di storia, arte e architettura,<br />

occorre aiutare il pubblico a percorrere consapevolmente i percorsi della memoria<br />

che esso custodisce: questo è possibile con una guida virtuale che consenta<br />

il riferimento veloce tra oggetto e testo, costruita a partire dal sistema<br />

informativo attraverso una selezione critica dei dati raccolti.<br />

Come simulazione dello spazio mentale del ricordo in una raccolta virtuale<br />

di documenti reali, essa deriva da una sintesi critica del materiale del sistema<br />

informativo, con un ribaltamento del rapporto tra iconografia e testo, rispetto<br />

ad una guida cartacea.<br />

Questo nuovo data-base riservato ai soli oggetti di maggior pregio selezionati,<br />

rende più “leggero” il sistema informatico del museo digitale e quindi più snella<br />

e veloce la visita da parte del fruitore.<br />

L’organizzazione del museo digitale nasce quindi dall’esigenza di ricomporre<br />

la grande quantità di materiale censito in una struttura capace di essere una<br />

“guida” facilmente fruibile che porti alla luce la memoria racchiusa nel cimitero:<br />

una promenade architettonica, artistica e storica che “disveli” quelle<br />

sepolture emblematiche della riproduzione in mortem dell’habitat dei vivi, ma<br />

anche altri possibili percorsi tematici, che mettano alla luce materiali documentati<br />

dai rilievi e dalle ricerche archivistiche.<br />

Nell’insieme questo “racconta” la scultura, l’architettura e la pittura, ma anche<br />

le memorie pubbliche e private che si sono accumulate negli ultimi due secoli<br />

valorizzando in tal senso il patrimonio culturale 9 sotto la cui definizione è<br />

ascrivibile il cimitero stesso.


226<br />

Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Questa guida virtuale, la cui organizzazione bene risponde al binomio tutela<br />

e valorizzazione che definisce il concetto di salvaguardia 10 del bene, concorre<br />

a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere<br />

lo sviluppo della cultura.<br />

Essa vuole quindi essere un percorso che racconta le architetture ritrovate in<br />

una città perduta: senza sostituirsi ai monumenti, essa intende essere un’integrazione<br />

e richiamo, un orientamento al riconoscimento dell’oggetto d’arte, al<br />

quale resta il compito di svelarsi completamente “dal vero”, raccontando altre<br />

storie.<br />

1.3 I percorsi<br />

La struttura del racconto è quella di un albero, i cui rami individuano percorsi<br />

di fruizione, organizzati in tre macroambienti 11 in cui arte e storia s’intrecciano<br />

in una struttura complessa, nella quale si possono costruire percorsi di lettura<br />

alternativi:<br />

- i manufatti (arte e architettura),<br />

- gli artefici (defunti e autori),<br />

- la storia.<br />

Questi percorsi tematici che ne contengono altri, sono il risultato della lettura<br />

comparativa degli oggetti architettonici accumulati nel cimitero che, con le<br />

loro forme, illustrano l’opera degli artisti locali e con altri riferimenti raccontano<br />

la storia cittadina attraverso le persone che l’hanno condizionata.<br />

Tutte le informazioni sono state quindi organizzate in schede riferite a singoli<br />

oggetti/personaggi selezionati, nelle quali la compilazione dei campi specifici<br />

e la presenza di parole chiave permette il collegamento ai diversi percorsi, cui<br />

possono essere relazionati gli elementi del museo digitale.<br />

In ogni scheda, riferita agli oggetti, sono compilati campi che permettono<br />

d’individuare:<br />

- nome e descrizione artistica degli oggetti,<br />

- la collocazione planimetrica,<br />

- la tipologia,<br />

- lo stile di riferimento/ l’autore/ le date di costruzione,<br />

- immagini correlate (fotografie-disegni di progetto),<br />

- riferimenti bibliografici e archivistici,<br />

- defunti importanti,<br />

- presenza di elementi ornamentali e opere d’arte,<br />

- l’eventuale collegamento ad altre informazioni contenute nel sistema infor<br />

mativo principale.


Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

227<br />

Nelle schede degli artefici sono contenute le note biografiche (tratte da: Roberto<br />

Lasagni, Dizionario biografico dei parmigiani, Parma,1999 - G.Capelli, Architetti<br />

del primo Novecento, 1975 e Gli anni del Liberty, 1993), la posizione<br />

delle sepolture e/o delle opere ed eventualmente la residenza e/o le opere nella<br />

città dei vivi, e infine le parole chiave che permettono di inquadrare il personaggio<br />

nelle categorie di appartenenza riferite a possibili percorsi tematici.<br />

L’elemento base della schedatura è l’architettura, ricondotta alle costruzioni<br />

comuni delle parti collettive del cimitero (ottagono, gallerie, oratorio…), alle<br />

sepolture (archi, cappelle, edicole, tombe) e ai monumenti commemorativi.<br />

Come supporto di elementi ornamentali essa è infatti il primo riferimento al<br />

quale collegare, quando saranno disponibili, anche le informazioni derivate<br />

dalla schedatura artistica degli stessi manufatti.<br />

Gli oggetti selezionati, nelle loro valenze architettoniche e scultoree, sono caratterizzati<br />

da un linguaggio architettonico che permette la loro classificazione<br />

per stile.<br />

Pertanto il tema ARTE e ARCHITETTURA può essere letto secondo percorsi<br />

stilistici predefiniti, che possono diventare vere e proprie lezioni di storia<br />

dell’arte locale:<br />

- Neoromanico,<br />

- Neogotico,<br />

- Liberty,<br />

- Eclettismo,<br />

- Decò e Simbolismo.


228<br />

Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Il percorso che riguarda gli ARTEFICI presenta gli autori delle opere (architetti,<br />

scultori, pittori) e i defunti celebri (scienziati, artisti, politici ed eroi di guerra):<br />

come i primi hanno costruito la città, i secondi ne hanno fatto la storia.<br />

Il percorso della STORIA, racconta la trasformazione fisica dell’ottagono monumentale<br />

nelle sue fasi di fondazione, costruzione e crescita, riferita ai principali<br />

avvenimenti della città e della Nazione.<br />

I percorsi secondari nei quali si articola la lettura storica sono principalmente<br />

quelli temporali significativi per la crescita del cimitero, raccontati dalle gesta<br />

dei defunti e dai loro manufatti commemorativi.<br />

Ai percorsi stilistici principali se ne aggiungono altri, come quello degli autori<br />

(i principali artefici dell’architettura) e degli artisti (a cui possono essere ricondotti<br />

mosaici, pitture, sculture ed altre opere), ma anche i riferimenti tipologici<br />

e simbolici che spiegano gli oggetti attraverso l’accesso ad un glossario critico<br />

in cui sono stati inseriti i termini riguardanti l’arte funeraria e un abaco dei<br />

simboli e dei loro significati.<br />

Altri approfondimenti rimandano alla simbologia del recinto con le sue valenze<br />

simboliche, storiche e architettoniche. Importante il riferimento (descritto<br />

dalle biografie collegate ai percorsi) alle famiglie, ai defunti illustri e alle loro<br />

gesta che nel loro insieme permettono di ricostruire la storia civica.<br />

Ulteriori riferimenti riguardano ambiti tematici inerenti l’architettura:<br />

- la tipologia della tomba nella sua evoluzione stori ca;<br />

- l’individuazione dei modelli di riferimento e dei loro caratteri spaziali;<br />

- l’interpretazione attraverso la comparazione tipologica dei modelli.<br />

I percorsi s’intrecciano quindi tra loro. Lo schema dell’albero a tre rami si articola<br />

in una forma intrecciata che ricorda quella di una pianta rampicante.<br />

Gli ulteriori approfondimenti sono testi relativi agli studi critici esistenti in<br />

formato PDF e le schede WIKI che potranno essere aggiornate e integrate dagli<br />

stessi utenti.


Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />

ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />

229


230<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

CONCLUSIONI<br />

La ricerca nell’ambito dell’architettura funeraria, ha evidenziato uno stretto<br />

legame formale e simbolico tra quella che era la “domus dei morti” nelle civiltà<br />

etrusche e romane e quella che è ai giorni nostri. L’analisi architettonica<br />

e simbolica di incisioni riguardanti “gli antichi sepolcri etruschi e romani” ha<br />

permesso di individuare i tre spazi (funzionali e formali) caratterizzanti queste<br />

architetture e le forme primarie di riferimento (cerchio, il quadrato e il triangolo<br />

rappresentate dalle tombe di Cecilia Metella e quella di Caio Cestio) che si<br />

ritrovano nell’“architettura parlante “dell’illuminismo.<br />

La dromos, la tomba e il vano della tomba a thòlos etrusca, e di quella romana<br />

di Anna Regilla (tipologia a tempietto) lungo la Via Appia, si traducono nel<br />

protiro, nel sepolcro e nel vano delle cappelle gentilizie dei cimiteri neoclassici.<br />

Le tipologie ricorrenti individuano la tomba come archetipo di casa in<br />

quanto dimora eterna, sepolcro, luogo che accoglie l’uomo a nuova vita: le<br />

loro origini possono essere individuate nella forma del mausoleo che, fin dal<br />

periodo romano, è stato usato per indicare i sepolcri innalzati alla memoria di<br />

eroi e cittadini illustri. Nello schema architettonico è in generale una tomba<br />

regale o gentilizia, il cui principale riferimento tipologico è quello del Pantheon.<br />

A questo “tipo” sono riconducibili tre principali tipologie di tombe di<br />

matrice romana-ellenistica: la tomba a edicola, la tomba a torre e la colonna<br />

commemorativa.<br />

La storia del cimitero (fondazione e crescita), individuata dallo studio e dalla<br />

ricerca dei documenti d’archivio e dei progetti otto-novecenteschi, ha evidenziato<br />

come la strutturazione della forma dell’ornamento abbia seguito principalmente<br />

caratteri eclettici, liberty e decò.<br />

Sono state schedate quelle cappelle e quelle tombe realizzate dagli architetti<br />

che hanno strutturato anche la città dei vivi: Ettore Leoni, Camillo Uccelli,<br />

Ennio Mora considerandole le più significative; ogni architettura è stata rilevata<br />

e schedata studiando il sistema portico, dromos e tomba attraverso schemi<br />

tridimensionali, composizioni e ricomposizioni analitiche che hanno messo


Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

SEPOLCRI ETRUSCHI E ROMANI: individuazione delle tipologie e delle forme primarie<br />

(cerchio, quadrato, triangolo).<br />

231<br />

ORGANIZZAZIONE DEI RECINTI CIMITERIALI PARMENSI:<br />

L’origine simbolica e tipologica del recinto è quella del Pantheon (25 a.c.) (dal greco: παν,<br />

pan, “tutti” e θεόν, theon, “dèi”) che si relazione nella sua forma spaziale con il cimitero di<br />

Choaux realizzato da Viollet Le Duc (1775).


232<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

LE TOMBE A THOLOS (IPOGEE),<br />

dedicate alle sepolture regali: un corridoio<br />

conduce alla tomba in cui era<br />

collocato il sarcofago del re.<br />

Gli elementi spaziali sono: il porticov<br />

(dromos), tomba e vano.<br />

LE TOMBE A TEMPIETTO: strutturate<br />

su un alto podio a cui si accede<br />

mediante scalinate che conducono<br />

alla sepoltura. Il dromos, la tomba e<br />

il vano strutturano con forme diverse<br />

lo spazio della sepoltura.<br />

IL PALAZZO DEL RE E’IL MODEL-<br />

LO DELLA TOMBA A TEMPIETTO:<br />

l’ingresso e la sala del trono (megaron)<br />

si configurano come il dromos e la tomba.<br />

Quindi il sarcofago prende il posto<br />

del trono


Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

233<br />

I MODELLI DELL’ANTICHITA’: l’edicola, la<br />

tomba a torre, la colonna commemorativa<br />

L’INTERPRETAZIONE NEL CIMI-<br />

TERO DELLA VILLETTA:<br />

il recinto e la porta sono gli elementi<br />

caratterizzanti sia l’impianto cimiteriale<br />

che la singola “domus”<br />

SCHEMI TIPOLOGICI DELLE CAP-<br />

PELLE FUNERARIE: le linee invisibili<br />

che strutturano il dromos, la tomba<br />

e il vano.<br />

Mario Monguidi (Spaggiari, Zanzucchi,<br />

Stori).


234<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

SCHEMI TIPOLOGICI DELLE<br />

CAPPELLE FUNERARIE: le linee<br />

invisibili che strutturano il dromos,<br />

la tomba e il vano.<br />

Ennio Mora (Ghiretti, Villa, Peracchi,<br />

Molinari,Vietta).<br />

ORGANIZZAZIONE DEI RECIN-<br />

TI CIMITERIALI PARMENSI:<br />

Il recinto e la porta sono gli elementi<br />

caratterizzanti sia l’impianto<br />

cimiteriale sia la singola “domus”;<br />

il riferimento al primo cimitero<br />

settecentesco realizzato da Milizia<br />

traduce una matrice tipologica (il<br />

recinto) per il cimitero neoclassico<br />

che trova nel cimitero della villetta<br />

un esempio significativo.<br />

L’origine simbolica e tipologica del<br />

recinto è quella del Pantheon (25<br />

a.c.) (dal greco: παν, pan, “tutti” e<br />

θεόν, theon, “dèi”) che si relazione<br />

nella sua forma spaziale con il cimitero<br />

di Choaux realizzato dA Viollet<br />

Le Duc (1775).<br />

LA SCULTURA E L’ARCHITET-<br />

TURA SONO SINONIMI;<br />

L’angelo della morte nella veste di<br />

guerriero, di suonatore o di uomo<br />

piangente è il simbolo dominante<br />

per tutto il cimitero.<br />

Di matrice bistolfiana trova i riferimenti<br />

alle figure imprigionate nella<br />

materia...(i prigioni michelangioleschi)


Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

235


236<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

in luce le relazioni tra la forma dell’architettura e lo spazio dell’ornamento,<br />

ovvero quelle relazioni spaziali "invisibili" possedute da ogni architettura: le<br />

geometrie nascoste. I risultati sono stati messi a sistema in un abaco in cui sono<br />

inseriti rilievi topografici e schemi bidimensionali<br />

Dei 13 elementi messi a sistema è scaturito che l’ornamento tradotto sia come<br />

entità stilistica che come simbolo rappresenta la forma dell’architettura funeraria.<br />

La relazione tra la forma dell’architettura e lo spazio dell’ornamento ha la<br />

sua massima espressione negli elementi che rappresentano i punti di "cerniera"<br />

tra lo spazio interno ed esterno: la porta e la finesta. Essi divengono il luogo in<br />

cui il recinto della domus dei morti, ordinato e silenzioso, si collega al caos e<br />

al disordine della città dei vivi attraverso l’ornamento tradotto sia come entità<br />

stilistica che come simbolo: la scultura è l’ornamento stesso, la forma architettonica<br />

che mantiene gli spazi degli antichi sepolcri si veste di una dimensione<br />

simbolica che dà carattere alla sua forma.<br />

Lo studio delle simbologie cristiane e pagane e l'analisi delle forme di sepoltura,<br />

che si sono formate e trasformate parallelamente alla evoluzione della concezione<br />

della morte, sono state tradotte in suggestioni progettuali che hanno<br />

riguardato sia gli impianti cimiteriali parmensi che progetti di tombe e giardini<br />

per "la memoria". Il risultato di questa ricerca è il progetto che cattura attraverso<br />

il disegno le "forme invisibili" della memoria.<br />

Progetto per una tomba: il delfino simbolo del Cristo, è la forma che con-figura il progetto di un<br />

tomba per i cimitero di Parma.


Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

237<br />

La memoria intesa come ricordo, rimando, a qualche fatto del passato ci porta<br />

sempre nel mondo della nostra immaginazione…ed è proprio questo lo spazio<br />

in cui ciò che vediamo e ciò che è veramente si fondono per assumere una<br />

forma carica di significati simbolici e allusivi.<br />

La trasposizione del materiale acquisito con la visione verso il mondo esterno<br />

avviene mediante il disegno, la scrittura e la musica (questa nel museo<br />

virtuale): le forma d’arte per eccellenza.<br />

Rappresentare significa “dare forma”, per comunicare messaggi e sensazioni<br />

ma anche per dis-velare, portare alla luce qualcosa.<br />

Il meccanismo ricorda quello che succede nella pittura per astrarre le forme del<br />

reale e portarle ad una nuova forma (ab-traere, portare fuori)...e<br />

nell’architettura riprende il significato di progettare, pro-iettate, buttare<br />

fuori forme e circoscriverle in un luogo morfologicamente definito. Ed è<br />

proprio questo il punto di partenza: il disegno che porta già in sé il germe del<br />

progetto: ovvero l’idea che prende forma attraverso il meccanismo della<br />

visione e della rappresentazione.<br />

Il disegno e il progetto non possono scindersi perché la manifestazione dell’uno<br />

impone la presenza dell’altro.<br />

- il disegno è ricerca: come il sismografo registra e scrive i movimenti<br />

impercettibili della terra, il disegno attraverso deve registrare e portare alla<br />

luce quei caratteri che solo un’animo ben disposto all’ascolto può<br />

comprendere. E’ un sottile dialogo tra un fuori e un dentro, tra lo spazio<br />

della memoria e lo spazio della rappresentazione.<br />

- la ricerca è il disegno stesso, al di là di ogni tecnica, che si configura<br />

come modo di vedere e scoprire il creato, come idea di modificarlo,<br />

come senso di essere e di amare come speranza di porsi di fronte alla creatività<br />

per costruire il progetto di un mondo migliore più giusto e più bello.- disegnare<br />

è atto azione, di ciò che l’anima esprime: è forza creativa che si concretizza in<br />

materia attraverso il segno, la traccia, la forma; è strumento che dà forma a<br />

ciò che altrimenti rimarrebbe informe. La musica, la poesia, il disegno<br />

sono azioni creative: danno forma ad un’idea, ad un’ intuizione che<br />

altrimenti si perderebbe nell’infinito. Michelangelo raccontava che già nel<br />

pezzo di marmo è presente la forme che poi l’artista plasmerà con le<br />

sue mani. Conferendo il volto all’anima dell’oggetto, colui che dà forma<br />

all’azione creativa, diviene lo strumento che di-svela e porta in luce la materia:<br />

la forza diviene forma, l’attesa azione e lo spazio infinito finito.


238<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Conclusioni<br />

Note<br />

1 Secondo l’art. 2 del Codice, il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e paesaggistici<br />

2 Art.10, 1° comma del Codice dei beni culturali.<br />

3 Art.10, 2° comma lettera a)<br />

4 Art. 101 dlg. 42/2004, Istituti e luoghi della cultura, lettera a) comma 2-3<br />

5 Art. 2.1 dello Statuto dell’ICOM<br />

6 Le opere di questo gruppo artistico, sono considerate dei classici che hanno cambiato la<br />

storia dell’arte contemporanea.<br />

L’esperienza artistica condotta riguarda la ricerca di un luogo possibile e non finito, rivolto<br />

ad un uomo che cerca di uscire dalla sua gabbia senza riuscirci mai. Un mondo che è sogno e<br />

incubo. Alla fine, come per lo Shakespear in Romeo and Juliet, ci si dovrebbe chiedere quale<br />

sia mai la “sostanza dei sogni”.<br />

Ciò che rende unico il loro lavoro è la straordinaria capacità di emozionare attraverso la tecnologia,<br />

assumendo la sfida tecnologica per trasmetterla in un’emozione che è anche trasferimento<br />

di sapere; queste opere traducono nella forma visiva e in quella del racconto la parte<br />

non fisica delle cose.<br />

Sono pochi gli artisti italiani che negli ultimi venti anni sono stati esposti nel mondo e copiati<br />

come Studio Azzurro.<br />

7…..Attorno ad un tavolo si sono decisi i destini di uomini, su di un tavolo si è scritto il sapere<br />

dell’umanità, ci si riunisce ad un tavolo per confrontarsi e ricordare, ci si appoggia ad un tavolo<br />

con un libro per leggere testi e anche per vedere immagini. Il tavolo è l’essenza del museo<br />

di Sarzana, è una superficie della memoria, che accoglie le testimonianze e la storia: se sfiorato,<br />

restituisce ai visitatori i suoni e le immagini che virtualmente e invisibilmente trattiene.<br />

Antiche forme narrative, come la tradizione del racconto orale, e nuove tecnologie, come video<br />

proiezioni sincronizzate e interattive, convivono nel grande tavolo del museo, a sua volta<br />

sovrastato da un lungo schermo su cui vengono proiettati i volti, antichi e spesso sconosciuti,<br />

dei protagonisti e dei testimoni della resistenza. Lo schermo, sottile velo verticale, corre per<br />

tutta la lunghezza del tavolo e ne divide i due lati: esso rappresenta il luogo della memoria, dei<br />

ricordi, delle testimonianze appassionate. Sfiorando appena, con un solo movimento, la superficie<br />

del tavolo i volti degli uomini e delle donne si animano e, in sintonia con le immagini<br />

proiettate sui modelli di libri e raccoglitori che il tavolo espone, ci parlano della storia attraverso<br />

le loro intense esperienze personali. E’ possibile ascoltare attenti i racconti, completati<br />

da fotografie e filmati di repertorio, e nello stesso tempo osserviamo i volti che, attraverso le<br />

rughe, il candore dei capelli, i segni del tempo e dell’età, rimandano l’ecodi altre vite, vicine e<br />

parallele a quelle che ci vengono narrate. Una pluralità di storie, volti, ed immgini.<br />

8 Virtuale agg. dal lat. medioevale dei filosofi scolastici virtualis, der. di virtus, virtù, facoltà,<br />

potenza, sinonimo di potenziale, cioè esistente in potenza – contrapposto ad attuale, reale,<br />

effettivo. Definizione tratta dal Vocabolario Treccani.<br />

9 Art. 2, del Codice dei beni culturali: “il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali<br />

e dai beni paesaggistici”; sono “beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi<br />

degli articoli 10,11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico,<br />

archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali<br />

testimonianze aventi valore di civiltà”.<br />

10 Art. 1, 1° comma del Codice dei beni culturali.<br />

11 S’intendono gli ambienti interattivi realizzati con i mezzi tecnologici più avanzati (installazioni<br />

interattive o videoproiezioni).


Glossario<br />

Dal vocabolario Zingarelli 2008. Vocabolario della lingua italiana ZING, Zingarelli<br />

Nicola<br />

Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica DEAU, diretto da Paolo<br />

Portoghesi. - Roma : Istituto Editoriale Romano, c1968<br />

N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino 1981<br />

Storia dell’arte italiana PEV, Carlo Bertelli, Electa B.Mondadori<br />

Architettura dell'eclettismo ST.ART, Andreina Griseri e Roberto Gabetti, Einaudi<br />

Torino,1973<br />

Arte in Italia, lineamenti di storia e materiale di studio BA.FI, Eleonora Bairati<br />

Anna Finocchi, Loescher editore III° volume<br />

L'architettura dell'eclettismo : fonti, teorie, modelli 1750-1900 PAT / Luciano<br />

Patetta, Milano : Mazzotta, 1975.<br />

Il deco italiano : fisionomia dello stile 1925 in Italia BOSS / Rossana Bossaglia.<br />

- Milano : Biblioteca universale Rizzoli, 1975.<br />

Gli elementi dell'architettura<br />

Vano<br />

ZING:Vano: dal latino vanus, forse affine al got. Van= mancanza che pare rispondere<br />

al greco Feyns = privo che non contiene in se cosa alcuna o come se<br />

non la contenesse; che non contiene alcun corpo solido: quindi è il vuoto che<br />

esprime il contrario di pieno.<br />

DEAU: spazio coperto circoscritto da ogni lato (in muratura, legno ,vetro ecc.).<br />

anche una parete interrotta da notevole apertura (arco o simili) deve considerarsi<br />

divisoria di due vani, a meno che uno di questi non risulti in qualche modo<br />

indubbio, per struttura e dimensioni, parte integrante dell’altro<br />

PEVSNER: ambiente interno funzionalmente caratterizzato; sinonimo di “vuoto”<br />

o luce: vano della finestra o della porta.<br />

Protiro<br />

PEVSNER:Il protiro è un termine architettonico derivato dal greco con cui si<br />

definisce un piccolo portico a cuspide posto a protezione e copertura dell'ingresso<br />

principale di una chiesa.<br />

Di solito questa sorta di avancorpo accompagna le architetture paleocristiane<br />

e romanica ed è di norma costituito da una volta a botte sostenuta da una coppia<br />

di colonne, ma vi sono casi i cui la volta è semplicemente aggettante dalla<br />

facciata della chiesa. In molte chiese le colonne del protiro non appoggiano<br />

direttamente a terra, ma sono poste su mostri o animali fantastici o, più spesso,<br />

su leoni, detti appunto leoni stilofori<br />

239


240<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

DEAU: Dal latino ptothyrum designava il collegamento tra la porta d’ingresso<br />

della casa e l’atrio. Successivamente il termine fu designato dall’architettura<br />

cristiana per definire la piccola costruzione, posta sulla facciata di un edificio<br />

sacro, a sottolineare e coprire l’ingresso.<br />

Formato generalmente da una volticella a botte, accostata per un lato alla facciata<br />

dell’edificio, sorretta da due colonne o pilastri così da lasciare ampie aperture<br />

frontali e laterali, ebbe originaria funzione di accogliere e riparare i questuari.<br />

La sua provenienza è incerta; i tipi più antichi sembrano risalire ai sec. V-IV<br />

in Armenia, ma la diffusione in area occidentale fu rapida e vasta; sporadico<br />

in periodo paleocristiano, appare con grande frequenza nel Romanico soprattutto<br />

nell’italia settentrionale acquistando forme essenzialmente decorative, e<br />

schiacciandosi sempre di più contro la parete, così che i portali gotici ricordano<br />

quasi la proiezione di un protiro.<br />

ST.ART. tipico dell’architettura romanica è quella costruzione che sulla facciata<br />

di una chiesa ne orna e sottolinea il portale. Il protiro poggia per un lato<br />

sulla facciata ed è sorretto dall’altro lato da colonne o pilastri spesso poggianti<br />

su leoni stilofori<br />

Tomba<br />

PEVSNER: le tre forme di sepoltura (inumazione nel terreno fino a decomposizione<br />

e mineralizzazione; tumulazione, a carattere permanente, cremazione,<br />

con le ceneri del defunto raccolte in pozzi o pozzetti cinerari o in urne) hanno<br />

dato luogo a molte forme di architettura funeraria.<br />

Già nella preistoria si rinvengono tombe a fossa nel terreno; t. a tumulo sormontate<br />

da cumuli di terreno o pietra; talvolta MEGALITICHE; t. segnalate<br />

da pietre fitte nel suolo: talvolta megalitiche isolate (mehir), allineate (alignements)<br />

o in circolo (cromlech) talvolta sviluppate inTRILITE: dolmen “tomba<br />

dei Giganti”in Sardegna, di civiltà nuragiche; tomba in grotta; tomba in roccia<br />

(piccole tombe scavate nella roccia). Nell’antico Egitto i sepolcri monumentali<br />

maggiori più celebri sono le PIRAMIDI del regno antico. (El-giza, IV dinastia,<br />

c2500a.c.): si erano sviluppate sovrapponendo, in una piramide a gradini, l’impianto<br />

della MASTABA (Saqquara, piramide di Doser IMHOTPE). Per meglio<br />

preservare l’inviolabilità della t., il Regno Medio ricorse a t. in roccia o a corridoio:<br />

tipi di t. “ed abitazione” ove come spesso nelle culture antiche, il defunto<br />

era sepolto con tutte le sue suppellettili, in una vera e propria camera mortuaria:<br />

la tomba di Tutankhamon, v 1350 a.C. ne è esempio. In epoca tarda si realizzano<br />

cappelle in pietra con camere ipogeiche. L’IRAN e alcune zone dell’Asia<br />

Minore ricche di cave conobbero spesso la tomba rupestre, sormontata da facciata<br />

cieca intagliata nella roccia. Accanto ad esse si hanno vere e proprie t. “a<br />

dimora” issate su un alto basamento gradonato, e a torre, connessa alle forme di


Glossario<br />

241<br />

edificio gradinato, conclusa a piramide. Nel Mausoleo di Alicarnasso (350 a.c.<br />

da Pyitheos di Pirene e Satiros di Samo) questi temi si orchestrano in un unico<br />

grandioso edificio tra le sette meraviglie del mondo antico.<br />

L’architettura antica conobbe in un primo tempo le tombe a pozzo e a THOLOS<br />

(sotterranee o all’aperto: “Tesoro di Antreo” con PSEUDO-cupola). La Grecia<br />

vera e propria sviluppò dal tumulo la tomba a lastra ornata di STELE, con vasi<br />

e decorazioni plastiche a motivi mitologici e zoomorfici (BUCRANIO). Nella<br />

civiltà etrusca, dalle tombe a tumulo (raggiungenti i mt40 di altezza) si ebbero<br />

vere costruzioni funerarie con IPOGEO cubico (A DADO) sormontato da un<br />

cippo piramidale; tipica però è l’elaborazione della tomba a camera in grotta o<br />

in roccia spesso consistenti in varie camere o (celle) con corridoio (dromos), e<br />

raggruppate in vaste NECROPOLI.<br />

Dagli antichi etruschi prese le mosse l’architettura romana (t. di Cecilia Metella<br />

a Roma) con mausolei spesso cilindrici; vengono ora riprese tutte le forme<br />

precedenti, greche, orientali ed egizie (Piramide di Caio Cestio a Roma), gli<br />

impianti extraurbani che divengono talvolta strade finebri (Via Appia a Roma);<br />

al tumulo etrusco ci si rifà poi ai complessi centralizzati(t. nel Palazzo di Diocleziano<br />

a Spalato, t. di Teodorico a Ravenna). Gli impianti collettivi assumono<br />

già carattere cimiteriale es. nei colombari dove si conservano le urne con le<br />

ceneri, e specialmente nelle CATACOMBE con le tombe a loculo in filari sovrapposti<br />

ad ARCOSOLI (tomba a NICCHIA o a mensa).<br />

In epoca post antica poche sono le innovazioni tipologiche, benché chiese<br />

o moschee si realizzassero su o intorno a tombe di santi (ALTATRE; CON-<br />

FESSIONI; MARTYRION o MARTYRIA AD ALTARE). Nel medioevo<br />

si ebbero cappelle-mausoleo addossate alle pareti della chiesa; SARCOFA-<br />

GHI all’interno, isolati o inseriti in nicchie o CAPPELLE, con EDICOLE,<br />

BALDACCHINI,TABERNACOLI (t. a sarcofago ). Carattere già monumentale<br />

ebbero le tombe di Adriano in San Francesco a Viterbo, di ARNOLFO<br />

DI CAMBIO; si accentua l’inquadramento prospettico con la t. Marsuppini<br />

di DESIDERIO DA SETTIGNANO in Santa Croce a Firenze, fino alle tombe<br />

medicee di San Lorenzo a Firenze e ai progetti di MICHELANGELO per le sepolture<br />

di Giulio II a Roma. L’impostazione scultorea è prevalente nel Barocco<br />

t. di Urbano VIII in San Pietro a Roma del BERNINI. Le soluzioni proposte dagli<br />

architetti illumnisti francesi (BOULLE'E, LEODOUX) anticipando l'editto<br />

napoleonico (1086) che sancisce il trasferimento delle t. dalle chiese ai luoghi<br />

exraurbani: in tali CIMITERI non si fà<br />

però che riprendere, in vario modo, quanto aveva tramandato il mondo antico,<br />

magari sottoforma di tempietto, spesso a carattere di piccolo monumento<br />

(CENOTAFIO). Tra i contributi dell'età moderna il monumento Luxembourg-<br />

Libnecht di Mies Van Der Roe a berlino (1926), il crematorio a Stoccolma di<br />

ASPLUND (1940), il monumento alle Fosse Ardeatine a Roma (1949).<br />

Evoluzione diversa presentano gli ed. funerari della Cina e dell'India spesso di


242<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

fiabesca grandiosità e splendore, come pure quelli degli imperatori islamici in<br />

India (Taj Mahall) o per l'Islam presso la MA'DRASA.<br />

tomba a nicchia. Tomba a parete inseritain una nicchia, usata specialmente<br />

nelle CATACOMBE. Quando è posta orizzontalmente è detta tornba a mensa;<br />

quando è conclusa ad arco è detta ARCOSOLIO.<br />

Dromos<br />

Lungo corridoio scavato nel tufo attraverso il quale si accedeva alle camere<br />

sepolcrali delle tombe.<br />

Stili<br />

Arts and Crafts<br />

DEAU<br />

Movimento delle " Arti e mestieri ", che prende il nome da una serie di esposizioni<br />

organizzate in Inghilterra a partire dal 1888 da William Morris. La sua<br />

importanza consiste nel valore di rottura che assunse nei riguardi della corrente<br />

prassi architettonica, artistica e figurativa, grazie alla quale è considerato il<br />

punto d'inizio del movimento moderno. Suoi principali esponenti sono, oltre a<br />

Morris, C. R. Ashbee, architetto e decoratore, W. Crane, pittore ed incisore,W,<br />

R. Lethaby, fondatore e primo direttore della Central School of A. and C. , E.<br />

Howard e R, Unwin in campo urbanistico, precursori dell'idea della " città giardino<br />

". Il movimento delle A. and C. fa parte del più generale movimento per la<br />

riforma délle arti applicate soprattutto in Inghilterra come reazione all'ingresso<br />

dei sistemi di produzione in serie degli oggetti artistici e nel campo edilizio.<br />

Dopo una prima fase, di cui è protagonista principale H. Cole, un funzionario<br />

progressista sostenitore della tesi che il basso livello della produzione corrente<br />

fosse alla incapacità di coordinare la produzione industriale con l'attività artistica<br />

(H. READ, Art and hindustry, London, 1934), e che si conclude con l’'Esposizione<br />

Universale del 1851 realizzata nel Palazzo di Cristallo di J. Pexton, il<br />

movimento trova una sua più specifica collocazione culturale nel collegamento<br />

con la corrente neo-gotica rappresentata da J. Ruskin in Inghilterra e da Violletle-Duc<br />

in Francia. Fra le varie motivazioni della riscoperta dell’architettura<br />

gotica, Morris si interessa soprattutto a quelle sociali, e rintraccia nella organizzazione<br />

collettiva del cantiere medievale un modello con cui opporsi alla<br />

spersonalizzazione imposta dalla produzione in serie. E convinzione di Morris<br />

che la reinserzione di questo fattore nella produzione artistica sia la sola capace<br />

dì garantirne l'efficacia in campo sociale. Le A. and C. rappresentano così il primo<br />

grande movimento culturale che riafferma il valore delle arti minori contro<br />

l’arte " pura " e sono al tempo stesso la prima concreta posizioni di una teoria<br />

dell’idea che si sviluppa come una scienza particolare del fare umano, contro


Glossario<br />

243<br />

ogni idealismo estetico. Nel momento in cui si toglie l’arte dall'ambito ristretto<br />

della creazione individuale, il problema diventa storico, quindi interamente<br />

inserito nella realtà sociale e direttamente collegato con la specifica organizzazione<br />

produttiva. L’abitudine attiva, professionale dell'arte è di conseguenza il<br />

presupposto di ogni esperienza artistica, Il che le A.and C. affrontano è la crisi<br />

dell'artigianato determinata dall'industria, che ne ripete meccanicamente i tipi,<br />

causando uno scadimento del gusto e della cultura; loro scopo principale è la<br />

ricostruzione dì una comunità artistica capace di realizzare uno " stile ".<br />

Eclettismo<br />

DEAU<br />

Aspetto determinante della cultura architettonica dell'800 europeo, rilevabile in<br />

un periodo compreso all'incirca fra il 1815 e il 1890, basato sulla sistematica<br />

tendenza ad accogliere consapevolmente - attraverso l'analisi di monumenti appartenenti<br />

a civiltà lontane nel tempo e ne1lo<br />

spazio - elementi da ricomporre secondo coerenti principi storici (composizione<br />

stilistica), modi tipologici caratteristici della destinazione di ciascun edificio<br />

(religiosi, termali, ferroviari, ecc.) o ancora secondo accostamenti bizzarri<br />

e stimolanti (gusto dei kyoskes, ecc.). Scopo dell'operazione eclettica era la<br />

creazione di un soggetto nuovo rispetto ai precedenti, coerente nelle sue parti<br />

(considerate organi da riferire al completo organismo), scevro di errori e di difetti,<br />

inteso quindi come perfetto o almeno come perfezionabile, attraverso un<br />

processo evolutivo di tipo naturalistico, Il naturalismo ottocentesco è del resto<br />

strettamente connesso all'E., nella comune fiducia che la rielaborazione e classificazione<br />

di prototipi scientificamente indagati fossero supporto necessario per<br />

ogni operazione, non soltanto scientifica o tecnica, ma anche e specificamente<br />

artistica e quindi architettonica (intendendosi la progettazione e costruzione di<br />

edifici non operazione tecnica, ma prettamente artistica) la " fantasia creatrice<br />

" era condizione sufficiente perché l'operazione eclettica avesse compimento<br />

nell'opera d'arte. L'E. può essere messo in rapporto con altri aspetti della cultura<br />

ottocentesca: filosofico-letterari, musicali e scientifici; minori rapporti ebbe<br />

Invece con i grandi movimenti figurativi, quali il Realismo e l'Impressionismo<br />

in pittura, che ne costituirono il precoce superamento.<br />

Problemi generali<br />

Nella storia della filosofia il termine di E. va riferito specialmente all'opera di<br />

V. Cousin (Cours d'hístoire de la philosophie. Histoíre de la philosolphie du dixhuitième<br />

siècle, Patis, 1829) i cui aspetti essenziali - coerenti con quelli dell'E.


244<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

architettonico, anche se non ad esso organicamente correlati o correlabili - si<br />

riassumono nell'atteggiamento positivistico (riconoscere le cause nei relativi<br />

effetti), nella riduzione psicologistica (riportare ogni problema all'individuo,<br />

ponendo l'accento sul metodo più che sui problemi delle scienze) e nella spiccata<br />

vocazione per gli studi storici (uscire dall'antistoricismo cartesiano e dal sensismo).<br />

All’E., come ad ogni complesso fenomeno culturale, potrebbero essere<br />

trovate origini lontane; per citare i casi notevoli: l'eclettismo alessandrino, molto<br />

espressioni dell'antirinascimento europeo, alcune manifestazioni del Manierismo<br />

in Toscana e in Francia, certe reazioni antibarocche in Francia e Inghilterra<br />

nel '700 e, alla fine del secolo, in Gemania e Italia. Si possono in tal modo anche<br />

prolungare i tempi dell'E.: ad alcune sorgenti ispiratrici dell'Art Nouveau,<br />

alla reazione accademica ad essa coeva e posteriore, alla formazione e spesse<br />

volte alla maturità di maestri dell'architettura moderna (ad es. F. L. Wrigh). Le<br />

espressioni del tardo E., a cavallo fra '800 e '900, rivelano una conciliazione fra<br />

architettura eclettica ed architettura accademie, nella trionfale autoesaltazione<br />

del capitalismo, durante la cosiddetta " belle époque". Il tardo E. ha avuto inoltre<br />

fantastiche rappresentazioni; grafiche nei concorsi, nelle presentazioni dei<br />

grandi temi e ha informato sostanzialmente la didattica dell'architettura nei primi<br />

decenni del '900. Il razionalismo europeo, trovandosi in rapporto diretto con<br />

queste riesumazioni eclettiche di tempi remoti, era naturalmente portato a combatterle,<br />

riprendendo molti principi del purismo neoclassico (buon gusto, linearità,<br />

perfezione). Ma creerebbe confusione estendere l'E. fuori dei limiti storici<br />

sopra accennati (1815-90) e farne una categoria accanto a quelle tradizionali di<br />

" Classicismo " e " Romanticismo ": l'E. è infatti un fenomeno essenzialmente<br />

romantico che si è espresso attraverso codici neoclassici, neogotici, neoromanici,<br />

ecc., ma soprattutto attraverso un dócoupage condotto su vari precedenti<br />

storici, per raggiungere una più libera e ampia disponibilità di linguaggio. L'E.,<br />

considerato come corrente culturale tipica, comprende le maggiori manifestazioni<br />

dell'architettura dell'800: in alcune, il procedimento eclettico di smontaggio,<br />

elenco e rimontaggio, è più evidente (come nei " pastiches " di Ch.Gamier)<br />

in altre lo è molto meno (come nelle creazioni rigorosamente interne al canone<br />

classico di Alessandro Antonelli o nelle opere di fedele riesumazione stilistica,<br />

quasi di calco, del " revival " neogotico inglese). L'E, è stato certamente il veicolo<br />

più efficace per un allargamento del campo di osservazione e di analisi, per<br />

una prima applicazione del metodo sperimentale all'architettura. Ma taluni fondamentali<br />

fatti negativi limitano il valore della sua esperienza: la indiscriminata<br />

vastità del campo stilistico prescelto, l'imprecisa situazione delle operazioni di<br />

progetto rispetto ai problemi tecnico-scientifici, la scarsa incidenza dell'attività<br />

degli architetti nella soluzione dei problemi sociali della conviveva urbana, a<br />

vantaggio d'una loro ambiziosa collocazione nella società borghese attraverso<br />

organismi di categoria, società culturali, cariche ufficiali e privilegi accademici.<br />

Tuttavia la mancanza di ogni astratto apriorismo, di ogni rigorismo nell'indagi-


Glossario<br />

245<br />

ne empirica e nella metodologia operativa, costituiscono ancora un precedente<br />

di grande interesse: né è giusto imputare a colpa al solo E. tanti problemi mal<br />

posti e male affrontati quando nessun altro movimento architettonico dell’800<br />

e del 900 pare oggi esente dagli stessi o simili errori.<br />

Caratteri generali dell’eclettismo<br />

Il Barocco italiano e poi quello tedesco avevano manifestato una energia inventiva<br />

intrinsecamente antieclettica, assumendo i principi e le elaborazioni di<br />

alcune scienze e traducendoli subito in modi operativi. La battaglia antibarocca,<br />

esplosa un po' dovunque in Europa ed anche a Roma alla fine del' 700, aveva<br />

necessariamente il proprio centro nelle istituzionì culturali auliche. Le culture<br />

delle diverse accademie possono essere riferite a basi comuni: quelle letterarie<br />

ricercavano codici perfetti, fondati sull'autorità di una tradizione assunta dai<br />

classici; quelle di pittura e scultura perpetuavano l'equivoco dell'E. e tendevano<br />

a fornire modelli compositi di perfezione; quelle di architettura attuavano un<br />

metodo molto simile e si basavano sul principio della indiscussa superiorità<br />

dell'architettura romana e greca, non ancora o scarsamente indagate attraverso<br />

spedizioni archeologiche; quelle scientifiche, in fine, erano alla ricerca di un<br />

codice nuovo, il codice matematico, ritenuto interno alle stesse leggi preposte<br />

a governare i fenomeni fisici. Le accademie scientifiche si sviluppavano e si<br />

segregavano a poco a poco dalle altre, proprio aglí inizí della rivoluzione industriale:<br />

solamente queste avevano centrato i loto obiettivi. Attingere dal mondo<br />

della natura era produttivo, improduttivo era invece attingere dal mondo dei<br />

classici, se non nel ristretto campo della elaborazione di codici certi, perfetti,<br />

quasi immutabili; codici che poi, per le arti figurative e l'architettura, si dimostravano<br />

non praticabili per una linguistica operativa. La crisi delle accademie<br />

divenne sempre più chiara agli i n i z i del sec. XIX, dopo che, abolite durante<br />

Ia Rivoluzione francese, rinacquero sotto Napoleone con una energia reazionaria<br />

ed una protezione da parte del potere politico maggiore che era nell'Ancien<br />

Règime.<br />

L’estensione del metodo scientifico all'architettura portava a verificare i canoni<br />

classici elaborati dai trattatisti attraverso le risultanze degli studi archeologici:<br />

questi venivano ormai condotti su tutto l'arco storico e su tutta l'estensione territoriale<br />

della civiltà occidentale. senza escludere nemmeno alcune curiosità esotiche.<br />

Tali interessi non avevano esclusivamente finalità speculative e storiche,<br />

ma erano connessi ai temi nuovi, alla formazione e all'aggiornamento del gusto<br />

contemporaneo. Questo orientamento, anche se favorito da alcune accademie di<br />

archeologia, doveva rivelarsi intrinsecamente anti accademico nella misura in<br />

cui 1a tradizione accademica tendeva alla elaborazione di codici astratti, talora<br />

perfezionabili, sempre indiscutibili nei loro fondamenti classicistici. La vastità<br />

del repertorio archeologico, la varietà dei contributi che ogni nuovo scavo o rilievo<br />

portava alla cultura architettonica, sono stati il maggior veicolo eclettico


246<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

per il superamento delle Neoclassicismo dell'Ancien Régime dell'Impero che<br />

sopravvisse a tutto il Romanticismo di alcune accademie, con una presunzione<br />

reazionaria costatante ed una ostinazione spesso favorita dal potere politico.<br />

Non è facile isolare queste componenti e non è nemmeno forse utile sottoporle<br />

ad una severa classificazione; giova piuttosto riconoscere come il movimento<br />

antibarocco, aulico e classicista, abbia avuto vita breve e come, proprio con la<br />

Restaurazione, l’indebolimento di un potere centrale dominante su tutta Europa,<br />

la moltiplicazione dei centri di potere conseguente il Congresso di Vienna,<br />

la decadenza dì Roma dal suo ruolo di capitale dell'arte abbiano creato le condizioni<br />

di un pluralismo culturale nuovo, in qualche modo eclettico. Serve a<br />

chiarire questo passaggio, l'osservazione di fenomeni legati alle arti figurative.<br />

Le forme " simboliche" del passato e l'architettura contemporanea:<br />

L'Eclettismo rappresenta il tentativo più esplicito, metodologico e pratico, di<br />

ridurre a valore convenzionale le singole forme architettoniche del passato, intese<br />

come " simboli " di valori indissolubilmente legati a determinati "stili" o<br />

"elementi" architettonici. La polemica antieclettica condotta dalle avanguardie<br />

europee dei primi anni del secolo è pertanto legittima proprio in quanto riafferma<br />

il valore non convenzionale del linguaggio architettonico ed oppone ad<br />

una codificazione cristallizzata di valori l'istanza della formazione originale di<br />

nuovi valori storici, portatori di intenzionalità presenti, relazionati non ad un<br />

astratto ed accademico mondo di forme assolute, ma alle concrete modificazioni<br />

che avvengono nel " fare edilizio comune ". Per usare la terminologia del<br />

Gombrich, proprio il Costruttivismo russo, ad esempio, oppone al simbolismo<br />

romantico eclettico il concetto di " simbolo" come valore storico non riducibile<br />

a schemi convenzionali fissi, radicalmente diverso dal " segno ". L'elaborazione<br />

artistica delle nuove tipologie, proprie della nuova realtà architettonica, dalla<br />

stazione al grattacielo,<br />

si qualifica come formazione di valori originali che, irriducibili a schemi spirituali<br />

" assoluti ", pongono continuamente l'istanza di una reinvenzione originale<br />

sui dati particolari del problema empirico. È però necessario uscire dall'equivoco<br />

di un presente privo di storia, equivoco alla base della frattura postulata dal<br />

razionalismo con l'architettura precedente. L'architettura del passato è pensiero,<br />

rappresentazione di idee e valori non assoluti, non in funzione di una meccanica<br />

continuità cronologica, ma delle scelte operate nel presente. Da qui l'istanza<br />

non già di una negazione astratta - e in definitiva impossibile - di questa eredità;<br />

e tantomeno di una imitazione di " forme simboliche " autonome da processi<br />

conoscitivi storicamente determinati, riproponendo equivoci eclettici, ma di un<br />

suo uso critico funzionale ad un'espressione stilistica originale ed autonoma. Il<br />

passato non è un mondo di forme valide allo stesso titolo. Il giudizio su di esso


Glossario<br />

implica un giudizio sul presente, contro l"'interpretazione " codificata degli stilemi<br />

e delle "forme simboliche" precedenti. Riferirsi al passato è legittìmo in<br />

quanto si agisca nel presente, senza alcuna intenzione di riproporre valori oggi<br />

inattingibili, ma tendendo ad abatterne la visione convenzionale e cristallizzata<br />

che ce ne viene proposta.<br />

247<br />

ALBISINNI<br />

...è indicato coma una “produzione polistilistica derivante dalla disponibilità<br />

degli architetti ad adottare indifferentemente stili diversi o addirittura comporli<br />

tra loro in un unico elemento architettonico”<br />

PATETTA<br />

Il termine è indicante secondo L.Patetta (…) “il complesso delle esperienze<br />

architettoniche dal 1750 fino alla fine dell’ottocento cioè dalla crisi del classicismo<br />

alle origini del movimento moderno. Arco di tempo che coincide con<br />

il consolidarsi dell’avvento del potere borghese, con gli sviluppi della società<br />

industriale e con l’intrecciarsi nella cultura romantica degli ideali nazionali<br />

e risorgimentali, con il definirsi di una produzione di massa e della figura<br />

dell’architetto:il professionista”(…).<br />

BA.FI<br />

(…La crisi del classicismo …) La cultura intesa nel settecento come operazione<br />

creativa in quanto verificabile avrebbe indicato all’ottocento una concreta e<br />

diversa sperimentazione. L’architettura dell’età della ragione era nata nella certezza<br />

di questa verifica razionale: si erano rivisti con criticismo autentico, i fondamenti<br />

teorici e quelli ideali del classicismo, che durava da sempre in quanto<br />

paradigma indiscusso, accettato a priori; si discutevano le misurazioni formali<br />

dell’architettura classica già accettata come forma aurea. Era nata l’archeologia<br />

come disciplina addetta alla scoperta e alle divulgazioni, ma soprattutto come<br />

riflessione letteraria-erudita, impegnata a mettere in luce il colore dei templi<br />

greci e le forme delle rovine…<br />

Mentre Roma, capitale della cultura europea fino alla morte di Antonio Canova<br />

(1757-1922), diviene meta di studiosi viaggiatori delle rovine antiche, Londra è<br />

il luogo in cui si sviluppa il nuovo gusto che faceva capo all’entusiasmo erudito<br />

dei fratelli Adam (Robert e James) e specialmente di John Soane (1753-1837).<br />

La grande tensione dialettica ed eclettica di quegli anni è alla base di una stupefacente<br />

elaborazione di forme astratte per architetture di grande valore simbolico:<br />

quelle tipiche dell’illuminismo, la così detta età della ragione .<br />

In questa prospettiva che depurava le forme del progetto da sovrastrutture e<br />

decorazioni, l’architettura “parlante” degli architetti della rivoluzione, vale<br />

a dire i modelli di Etienne-Luis Boullè(1728-1799), Claude-Nicolas Ledoux


248<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

(1736-1806),, di Jean-Jacques Lequeu (1757-1825) sembravano comunicare<br />

all’uomo l’idea rinnovata dell’universo: le tipologie fondamentali della sfera,<br />

del cubo, della piramide e del cono venivano combinate liberamente, fuori da<br />

riferimenti filosofici, nel gusto giocato dell’eclettismo.<br />

Liberty, Art Nouveau<br />

DEAU<br />

Termine francese (tratto dall'insegna di un negozio aperto a Parigi nel 1895 da<br />

Samuel Bring specializzato nella vendita di oggetti caratteristici della produzione<br />

d'avanguardia dell'epoca) con cui si designa lo stile comparso in Inghilterra<br />

tra il 1870 e il 1880, la cui principale caratteristica è la linea, intesa come entità<br />

continua e dinamica che imprime al prodotto una forte qualifica espressiva e<br />

che partendo da una semplice intenzione decolativa della superficie, investe<br />

anche la composizione tridimensionale, L'A. N. ha profonde radici in una serie<br />

di fenoneni diversi, che vanno dal movimento preraffaellita all'Arts and Crafts<br />

(v.) all'orientalismo, al simbolismo, allo storicismo e si colloca tra il revival<br />

neogotico e il movimento moderno. ll valore storico e culturale dell'A. N. va<br />

individuato nel fatto di aver saputo unificare la problematica compositiva e linguistica<br />

a livello europeo, accetando gli strumenti della produzione industriale<br />

e piegandoli ai fini della qualificazione del prodotto artistico. Dopo un primo<br />

periodo in cui informò soprattutto le arti applicate con una forte caratterizzazione<br />

simbolica e bidimensionale - specie in Inghilterra con le opere di W. Morris.<br />

H. Maclrmurdo e H. Van de Velde - l'A. N. si estese a tutti i paesi d'Europa,<br />

investendo tutti gli aspetti della produzione artistica figurativa. In architettura<br />

esprime soprattutto la volontà di negare ogni legame continuità con gli stili del<br />

passato, volontà raggiata attraverso l'applicazione di procedimenti costruttivi,<br />

di materiali, di rapporti volumetrici basati sulla discontinuità plastica e sull'uso<br />

della simmetria, elementi organizzati in una ricerca tesa alla precisazione del<br />

rapporto tra superficie e ornamento. Su questa impostazione di fondo l'A. N.<br />

acquistò, a seconda dei luoghi, indirizzi e denominazioni diverse. La fase di<br />

massima fioritura si ha tra il 1895 e il 1900: a Monaco e a Dermstadt cotro lo<br />

Jugedstil (opere di P. Behrens e O. Wagner); in Austria con la Secessione Viennese<br />

di indirizzo costruttivo-geometrico (J. M. Olbrich, A. Loos); in Inghiltcrra<br />

con Mackintosh, Toffisend, ecc.; in Belgio e in Olanda con la concezione<br />

astratto-struttuale di V. Horta e H. Van de Velde; in Francia con la tendenza<br />

floreale del Modern Style; in Spagna con la ricerca originalissima di A. Gaudì;<br />

in Italia col Liberty di R. D'Aronco e G. Sommaruga; negli Stati Uniti attraverso<br />

le opere di H. R. Hitchcock e del primo Sullivan. (R, Schuntz- LER, Art<br />

Nouaeau, Milano,19óó; I. Cremonaa, Il tempo dell’art nouveau, Firenze, 7964


Glossario<br />

Zevi, Architmod, pp. 75-79; S. Tschudi Madsen, Fortuna dell’Art Nouveau,<br />

Milano, 1967, EUA, s.v.)<br />

249<br />

PEVS<br />

(ingl. Modern style, tedesch. Jugendstil; it. Liberty).<br />

L'A.N. si sviluppò in europa tra il 1890 e il 1910, in relazione all' ECLETTI-<br />

SMO. A.N. fu originariamente il nome di un negozio aperto nel 1895 a parigi<br />

con l'intento di presentare, all'opposto delle allora consuete imitazioni in stile,<br />

soltanto oggetti moderni. La denominazione tedesca Jugendstile può farsi<br />

risalire alla rivista "Jugend"(1896) a Monaco. il rifiuto dell'imitazione degli<br />

stili storici si era verificato negli anni 80 del XIX sec. nel campo della grafica<br />

e del disegno di tessutiinvestendo anche i mobili. Stilisticamente le origini si<br />

trovano nei disegni di W.MORRIS e ne movimento inglese delle ARTS AND<br />

CRAFTS. Dal 1892 in poi uno dei centri principali fu Bruxelles (HORTA; VAN<br />

DE VELDE). In francia, i centri furono Nancy dove le forme in vetro di E.Gallè<br />

ricorrono negli anno 80, e Parigi.. In America il precursore fu L.C.Tiffany. Caratterizzano<br />

le forme "liberty" l'uso continuo dell'ondulazione, sul tipo delle<br />

onde o delle fiamme o degli stili floreali ( è infatti un'altra denominazione<br />

del movimento) o dei capelli disciolti. Alcuni artisti si mantennero vicini<br />

alla natura,altri, come specialmente Van de Velde, preferirono forme astratte,<br />

come espressioni piú pure della dinamica cui si mirava. In Germania, i principali<br />

esponenti dell'A. N. sono H. Obrist e A. ENDELL di cui fu notevole lo<br />

< Studio Elvira >> a Monaco, 1897-99 (la prima Esposrzrone del1'A. N. ebbe<br />

luogo a Dresda nel 1897); cfr. poi J. M. OLBRICH a Vienna e a Darmstadt. Gli<br />

arch. piú importanti sul piano Internazionale furono oltre a OLBRICH, lo spagnolo<br />

GAUDI' a Barcellona e lo spagnolo MACKINTOSC. In Italia i nomi di<br />

spicco sono quelli di E.BESILE, D'ARONCO SOMMARUGA. Si è osservato<br />

che l'A.N. ha origine o quanto meno un parallelo nella pittura e nella grafica<br />

di Gauguin, Munch ed altri. Nelle arch. e negli arredi di Mackintosh le curve<br />

snelle ed i sottili opalescenti colori dell'a.N. si fondono con una nuova nettezza<br />

ortogonale e col candore delle intelaiature. Furono questi gli elemneti che la<br />

scuola viennese fece propri trovandosi la via che conduce al purismo geometrico<br />

del nostro secolo ( LOOS, HOFFMANN, LECHNER).<br />

BA.FI<br />

Il liberty lo stile fiorito in Europa e negli Stati Uniti nei primi del XX secolo<br />

particolarmente nell’architettura e nelle arti applicate. Così chiamato dal nome<br />

del proprietario di una ditta di arredamento di Londra (A.Liberty) in Italia fu<br />

anche detto stile floreale perchè caratterizzato dal ricorrente uso di elementi<br />

decorativi di ispirazione floreale/vegetale, raffinatamente stilizzati e simbolici.


250<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Art Dèco<br />

...Stile che ebbe la sua consacrazione nell'esposizione Parigina "des arts decoratif<br />

et industrieles modernes" del 1925. Detto stile 25' fu spesso confuso con<br />

il Liberty dal quale prese la linea organica "geometrizzandola"secondo moduli<br />

simmetrici che prendono come modelli i repertori formali classici.<br />

ZING<br />

abbr.decoratif decorativo;decoration, decorazione.<br />

Detto di uno stile artistico sorto negli anni venti che trova la sua espressione<br />

in oggetti e prodotti delle arti minori, della moda e dell'industrial desing, caratterizzati<br />

da linee aereodinamiche, elementi geometrici circolari o spezzati,<br />

accostamenti anche violenti di colore.<br />

PEV<br />

Lo stile tipico della così' detta "Jazz Age" che negli anni '20 e '30 si trovò in<br />

concorrenza con il razionalismo. La denominazione deriva da uan esposizione<br />

a Parigi di oggetti decorativi e di desing (1925).E' caratterizzato da un modernismo<br />

non funzionale il cui esponente europero in arch. è R.Mallet Stevens.<br />

Negli Stati Uniti trovò le espressioni più notevoli in alcuni grattacieli (Chrisler<br />

Building, New York ,1929), cinema e simili (es. la Radio City Music hall, Rockefeller<br />

Center New York).<br />

BOSS<br />

(...)Il Decò fu un gusto legato alla realtà storica che lo espresse, del tutto irripetibile<br />

fuori da quelle circostanze; non acquisibile quindi alla storia dell'arte, al<br />

contrario di quanto è avvenuto per il Barocco e il Neoclassico per fare esempi<br />

vistosi: anche essi naturalmente fenomeni storici ma idonei ad essere analizzati<br />

nei loro caratteri morfologici al punto da poter essere utilizzati come repertori<br />

stilistici nella pratica accademica. Essendo il gusto generalizzato degli anni<br />

venti, il Decò tende a rendere a sè omogenea ogni manifestazione formale,<br />

portandola ad un livello medio cioè al livello corrente. Gli oggetti, "Art Decò",<br />

tennero viva la produzione dell'oggetto di lusso, del pezzo unico, e per questo<br />

destinati alle classi abbienti, élitarie: essi furono le "nouveaux riches"che non<br />

coincidevano con la borghesia industriale e imprenditoriale che si identificava<br />

nello stile Liberty.<br />

E' il 1925 la data in cui a Parigi, con la mostra dal titolo "des arts decoratif et<br />

industrieles modernes",confluiscono tutti quegli oggetti raccolti sotto la definizione<br />

di Decò: è uno stile non rivoluzionario ma moderno che presenta alcuni<br />

cartteri specifici e che come tali possono essere elencati.<br />

Elemento formali, iconografia e tipologie<br />

Partendo dal fenomeno affine al Decò ovvero dal Liberty, uno dei principi formali<br />

prevalenti è la linea, la quale tracciata con un percorsoo continuo, di-


Glossario<br />

251<br />

segna, realizza,descrive e orna l'immagine. A differenza del Liberty la linea<br />

non è fluida, ondulata, serpeggiante, bensì secca e piegata ad angolo-sino al<br />

tipico movimento a zig-zag o al motivo greco del labirinto-raccolta a ricciolo<br />

piatto o ricadente secondo moduli simmetrici che prendono a modello i repertori<br />

formali del neoclassicismo; di qui quell'aria frigida, ironica e artificiale del<br />

decò. Il senso dell'artificio è forte componente del decò e anche questa volta<br />

si tratta di un modo di allontnarsi dal Liberty, rovesciarlo pur presupponendo<br />

quelle ipotesi. Il gruppo di manifestazioni espressiva che ebbero il loro primo<br />

riconoscimento ufficiale nell'art nouveau opponevano ai repertori accademici<br />

un'assoluta originalità di forme, ma per far questo si ispiravano alla natura,<br />

intendendo non imitare gli aspetti bensì ripeterne la ricchezza inventiva e la<br />

vitalità metamorfica. Il Decò parte dagli stessi repertori, mantenendo una buone<br />

dose di florealismo, però irrigidisce gli schemi e toglie alle figure fitomorfe e<br />

zoomorfe il loro respiro naturale. Apparendo arida e fittiziamente dinamica, la<br />

stilizzazione decò produce effetti contrari a quelli del liberty: ecco la predilezione<br />

per la simmetria che non sottintende la predilezione verso il nuovo e il<br />

diverso ma il ritorno su se stessa.<br />

I motivi iconografici più diffusi sono quelli del ventaglio e dello zigurrat: ossia<br />

il motivo a raggiera dove l'immagine si spalanca e irradia simmetricamente<br />

nella parte superiore, e quello della piramide a gradoni.Quasi tutti gli altri<br />

motivi ricorrenti sono riconducibili a questi due modelli: il canestro di rose o<br />

la cornucopia-corredati l'uno e l'altro da fiori o frutti tondeggianti, di aspetto<br />

geometricamente regolare-rientra nello schema del ventaglio; così il motivo<br />

del "sol levante" e delle mani aperte. anche quello della fontana, intesa come<br />

zampillo d'acqua ricadente secondo linee rigide e parallele che è forse il più<br />

rigido e ossessivo.<br />

La fontana presenta varianti interne come quella dell'alberello, o vaso, o fusto<br />

mediano dal quale si dipartono riccioli simmetricamnete disposti.<br />

Quanto al tema del canesto di rose, esso è certamente il simbolo della stagione<br />

decò e come tale fu consacrato come copertina del catalogo dell'esposizione<br />

parigina secondo la sua versione più diffusa. Il tema dominò i disegni per stoffe<br />

e tessuti, quelli per la rilegatura e i lavori in metallo; fu applicato alla grafica<br />

come alla scultura; in architettura esso compare oltre che in ambientazioni interne,<br />

anche su piastrelle, terracotte, cemento e stucco.<br />

E' un marchio che in Italia troviamo a coronamento di porte e finestre della<br />

piccola edilizia cittadina o di vacanza o come ornamneto ritmico delle poareti<br />

esterne: sigla riconoscibile di primo acchito anche nell'edilizia popolare di certe<br />

caser Iacp che sono sede privilegiata dell' applicazione "povera" dello stile; per<br />

poi campeggiare vistosamente in costruzioni simbolicamente rappresentative<br />

come l'arco d'ingresso ai giardini di colle Oppio a Roma costruito nel 1929 da<br />

Raffaele de Vico.


252<br />

Glossario<br />

Barocco<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

DEAU<br />

ll Barocco è una corrente di arte ed architettura europea che si sviluppa a partire<br />

dalla fine del cinquecento per dominare in tutto il secolo successivo.<br />

La critica lo definisce un'arte che non rispetta gli ideali classici, ma li rifiuta per<br />

dedicarsi al capriccio individuale.<br />

Movimento, energia e tensione sono fra le caratteristiche principali dell’arte barocca;<br />

forti contrasti di luce e ombra accentuano l’effetto drammatico di dipinti,<br />

sculture e opere architettoniche. Nei quadri, negli affreschi, nei rilievi e nelle<br />

statue barocche vi sono inoltre spesso elementi che suggeriscono una proiezione<br />

verso lo spazio circostante, indistinto e infinito, grazie anche a un’attenta<br />

resa volumetrica e prospettica.<br />

La tendenza naturalistica è un’altra componente fondamentale dell’arte barocca;<br />

le figure umane ritratte non sono stereotipi, bensì individui, ognuno ben<br />

caratterizzato. Gli artisti di questo periodo erano affascinati dagli intimi meccanismi<br />

della mente e dalle convulse passioni dell’anima, che vollero ritrarre<br />

attraverso le caratteristiche fisiognomiche dei loro soggetti. Un senso di intensa<br />

spiritualità è presente in molte opere, in particolare nelle rappresentazioni di<br />

estasi, martiri o apparizioni miracolose, soprattutto a opera di artisti di paesi<br />

cattolici come l’Italia, la Spagna e la Francia. L’intensità, l’immediatezza, la<br />

cura per il dettaglio dell’arte barocca ne fanno tuttora uno degli stili più coinvolgenti<br />

per lo spettatore in tutto l’arco dell’arte occidentale.<br />

Anticlassico nello spirito e nella forma, il barocco pittorico è caratterizzato da<br />

composizioni drammatiche e teatrali che di sovente si estrinsecano in violenti<br />

giochi di luce.<br />

Per quel che riguarda le arti figurative, il termine compare per la prima volta<br />

nell'opera dello scrittore d'arte Francesco Milizia (1725-1798).<br />

Il barocco è lo stile della Controriforma e nasce nei paesi cattolici; ebbe comunque<br />

grandi interpreti anche nei paesi protestanti, ad esempio in Olanda, con<br />

Rembrandt e Vermeer.<br />

I pittori che forse meglio rappresentano il concetto di barocco sono Rubens e<br />

Caravaggio.


Glossario<br />

Neogotico<br />

253<br />

DEAU<br />

Collegato ai presupposti del movimento romantico, il N. si pone come punto di<br />

convergenza di una complessa varietà di filoni: implicazioni religiose e tradizioni<br />

nazionali, impegno morale e aspirazioni sociali, rivolta antiaccademica e<br />

tentativi misticheggianti di opporre i valori spiriruali dell’arte al meccanicismo<br />

industriale, utilizzazione delle nuove tecniche costruttive e dei nuovi materiali<br />

(ferro e ghisa), mascheramento decorativo delle strutture, restauro e imitazione,<br />

mitizzazione, idealizzazione e moda. Per la ricchezza delle componenti, che<br />

vanno dal criticismo ideologico di A.W.N. Pugin alle istanze misticheggianti<br />

e sociologiche di J. Ruskin, alla globalità dell’analisi della critica operativa<br />

di E. Viollet-le-Duc, tale ricerca si può considerare all’origine della moderna<br />

rivoluzione architettonica. Iniziato nella seconda metà del Settecento, impiegato<br />

prevalentemente in edifici religiosi, il N.trova la massima diffusione e vitalità<br />

íntorno alla metà dell’Ottocento, per prolungarsi poi nel sec.XX, con sviluppi<br />

nei movimenti dell’Arts and Crafts, Art Nouveau, Jugendstil, nelle opere dsi<br />

francesi A. Perret, A. De Baudot, del danese P. W. Klint, dello spagnolo A.<br />

Gaudí.<br />

Fondamentale nel N. è la riscoperta e la rivalutazionedel Medioevo, ad opera<br />

di studiosi di storia dell’arte e archiretti; questa revisione, nell’ambito dello<br />

storicismo ottocentesco, comporta una opposizione radicale alle tradizioni<br />

storiche immediatamente precedenti (in particolare al codice classico 6no<br />

ad allora fondamentale per il linguaggio architettonico) e il recupero della<br />

tradizione gotica la cui continuità, soprattutto nei paesi nordici, non si<br />

era mai completamente interrotta. Momenti di tale continuità del Gotico<br />

(v.) e del tardo- Gotico nella cultura moderna si possono riscontrare:nelle<br />

notazioni di Vasari che contrappone ai cinque ordini architettonici il “lavoro<br />

tedesco”; nelle rimembranze medievali dell’Alberti; negli apprezzamenti di P.<br />

Delorme; nelia tradizione di cantieri secolari come quelli della cattedrale di<br />

Orléans o del duomo di Milano; nell’atteggiamento critico di G. Guarini che<br />

considera il Gotico come un ordine accanto a quelli codificati; negli episodi<br />

di goticismo barocco (v. Barocco) culminanti nelle opere di J. Aichel Santini;<br />

nelle esercitazioni neogotiche C. \\ ren e nei toni preromantici del goticismo di<br />

Vanbrugh (P. FneNxI-, The Gothic. Literary Sources and Interpretatiorc through<br />

Eight Cnturies, Princeton, 1966; EUAind s.v.). L’Inghilterra è il paese dove<br />

piir chiaramente risalta la continuità del Gotico e la connessione con le orieini<br />

dello spirito romantico (FI. I\I. Colvrx, Gathic Surziaal and Gothic Reaixal,<br />

ArchRev, 1948; K. Crrax, The Gothic Reoiaal, London, 1950); la persistenza<br />

della tradizione gotica assume particolare rilievo nel Rococò inglese, tanto<br />

da determinare nella critica la definizione di Rococò gotico. La diffusione di<br />

un gusto fantastico,che si riconnette liberamente a1 Gotico negli scritti di H.


254<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Walpole, B. Langley e R. Hurd, trova riscontro nelle costruzioni della casa di<br />

campagna di Srrarvberry Hill (1750) di Walpole e del castelio di Fonthill .{bbey<br />

costruito da J. Wyatt per W. Beckford (179ó). A questa imitazione fantastica<br />

e approssimativa del Gotico si viene a sostituire verso i primi deli‘Ottocento<br />

una imitazione rigorosa, connessa a un nuovo studio del Medioevo e sostenuta<br />

insieme dagli ideali romantici e dalle moderne innovazioni tecniche e strutturali.<br />

Fondamentale in questo passaggio è la figura di A. W. N. Pugin,<br />

che afferma i principi della correttezza costruttiva e formale dell‘imitazione<br />

del Gotico, puntualizzando la connessione tra Gotico e Cristianesimo in una<br />

romantica visione etico-mistica. I1 N. diventa lo stile più adatto agli edifici<br />

religiosi; lo stesso Pugin indica come modello le chiese gotiche inglesi del sec.<br />

XIV (il pernendicular) e costruisce chiese a Southwark, Ramsgate, Liverpool,<br />

Leeds, Nottingham (B.F.L. Clarke, Church Buìlders of the Ninetenrh Cntury,<br />

London, 1938). La partecipazione di Pugin è determinante anche in una àelle<br />

opere più valide del N., il palazzo del Parlamento a Londra (iniz. 1836):<br />

costruito da C. Barry come un blocco articolato, la profusione di dettagli gotici<br />

di Pugin si pone come un vivace mascheramento decorativó (N. PEVSNER,<br />

Storia dell’architettura europea, Bari, 7963, p. 314). Tale.accezione.decorativa<br />

del N., destinato spesso a ricoprire e maschelare come pretesto storicistico<br />

moderne strutture metalliche, appare anche nelle opere di successori di Pugin,<br />

in piena età vittoriana. Al Gotico perpendicular viene preferito, intorno al 1840,<br />

l’imitazione dello stile del Duecento e Trecento, accompagnato dall’esigenza<br />

di una maggiore fedeltà ai modelli, precisati dal progredire degli studi storici.<br />

Ricordiamo le opere di W. Butterfield (chiesa di .A11 Saints in Margaret Street<br />

a Londra, 1850-59), di G. E. Street (St Philip and James a Oxford, 1860-62),<br />

di G. G. Scott (Albert Memorial a Londra, 1872) e le corrette imitazioni<br />

accademiche di G. F. Bodley e J. L. Pearson. Nella fase centrale del movimento<br />

neogotico le istanze di chiarimento del rapporto arte-società vengono accolte e<br />

sviluppate da J. Ruskin come reazione romantica al positivismo e razionalismo<br />

propri dell’epoca; i suoi principi e la sua azione di riforma a sfondo ideologico<br />

si legano a una concezione etico-mistica dell’arte.


Glossario<br />

Neoclassicismo<br />

255<br />

L’architettura neoclassica è un fenomeno artistico europeo ed extraeuropeo<br />

caratterizzato da un’area linguistica di tipo omogeneo, con radici e matrici<br />

semantiche varie e contrastanti. Dal punto di vista storico, si manifestò dai<br />

primi decenni del sec. XVIII sino ai primi del XX. L’architettura neoclassica<br />

deve essere anzitutto. Intesa nell’ambito di quella generale koinè della cultura<br />

del mondo occidentale che è il linguaggio classico in architettura.<br />

Gli studi più recenti hanno distrutto il concetto di un’origine archeologica<br />

del Neoclassicismo, riferita alla Roma degli scavi, attorno al 1750. Tale<br />

interpretazione era infatti congeniale a quella definizione romantica che<br />

considerava il Neoclassicismo come un movimento basato sulla copia<br />

accademica delle forme del passato, il che pemetteva appunto lo sbrigativo<br />

giudizio critico di assenza di originalità creativa. Ma una simile ricerca<br />

deve correttamente indagare quei fenomeni che possono con liceità essere<br />

considerati quali orme espressioni del movimento e della cultura neoclassica:<br />

escludendo perciò tutte le manifestazioni (architettoniche, teoriche e didattiche)<br />

che proseguono semplicemente la polemica del classicismo seicentesco<br />

(particolarmente francese), accademico e autoritario o che ripropongono, la<br />

tradizione del linguaggio tardo-rinascimentale, sulla base delle richieste del<br />

gusto più diffuso - “bizzarrie” manieristiche, tardo-barocche e rococò. Anche<br />

in queste espressioni è presente una più o meno latente controversia con i più<br />

appariscenti monumenti della cultura barocca: ma tale polemica -ormai lontana<br />

da quella dell'inizio del sec. XVIII- è parte dell’acceso dibattito fra i protagonisti<br />

del rinnovamento barocco e i contemporanei avversari classico-accademici. Il<br />

Neoclassicismo invece unisce - in una sintesi morale e civile- il polemico rifiuto<br />

delle manifestazioni barocche (anche per meglio combattere la diffusa poetica<br />

rococò) con la proposta concreta di un rinnovamento classico dell’architettura,<br />

all' interno di un inderogabile rinnovamento della società. Così le origini<br />

sono illuministiche e classicistiche, non archeologiche e filologiche ovvero<br />

formaliste. Una prima “ fonte neoclassica “ è il Vitruvium Brìtannicus (London,<br />

1715) di C.Campbell, pubblicazione attorno a cui si organizzò, nell’Inghilterra<br />

del secondo decennio del sec. XVIII, un gruppo di architetti innovatori, grazie<br />

anche al mecenatismo di un nobile dilettante, Lord Burlington. Tradizionalmente<br />

tale periodo viene considerato quello dell’architettura “ palladiana inglese “,<br />

mentre una serie di documenti (anzitutto i testi del tempo) dinostra lo stretto<br />

legame tra questi artisti e i primi movimenti neoclassici europei. Una seconda<br />

fonte è la Verona illustrata (Verona, 1731- 32), opera erudita e spregiudicata dal<br />

punto di vista degli studi storici, del letterato Scipione Maffei, che si formò nei<br />

circoli antibarocchi dell’Arcadia (i quali ancora debbono essere studiati per una<br />

comprensione globale del rinnovamento culturale italiano e europeo del primo<br />

Settecento). Qui l’autore propone un parallelismo - sociologico e moralistico –


256<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

tra la vacuità dei costumi e il gusto rococò, auspicando il rinnovamento sociale<br />

e una conseguente espressione artistica basata su un aggiornato classicismo.<br />

Il suo discepolo, il dilettante conte Alessandro Pompei anch’egli veronese,<br />

tealizzerà in pietra queste indicazioni; mentre nel suo volume dedicato al<br />

Sanmicheli (Lì cinque ordini dell’ architetrura civile di Michel Sanmicheli,-<br />

Verona, 1735) propone un primo organico manifesto del Neoclassicismo.<br />

G.C. ARGAN, Andrea Palladio e la critica neoclassica, "l'Arte",1930<br />

Neoclassicismo europeo.<br />

Forse non è un caso che le prime espressioni neoclassiche nascano in Inghilterra<br />

e nella lontana terraferma dell’aristocratica repubblica veneta, che rivendica<br />

autonomie politiche ed economiche nei confronti della caoitalei in ambedue le<br />

nazioni la spinta borghese innovatrice è assai forte, mentre è sempre più evidente<br />

la debolezza del potere centrale. Il rinnovamento sociale è la condizione di<br />

esistenza dei nuovi strati che aspirano al potere: in una concezione dell’ordine<br />

e della razionalítà (anche il bello deve essere valutato oggettivamente: ii<br />

classicismo offre regole e canoni utilizzabili da tutti a questo fine), che si offre<br />

a classi sociali più ampie della ristretta classe dirigente del passato. Ambedue<br />

i paesi avevano pure osteggiato il diffondersi della cultura barocca anche per<br />

motivi politico religiosi, nel giudizio critico che accomunava la politica religiosa<br />

della chiesa cattolica romana della Controriforma con l’eloquenza della retorica<br />

dell’architettura barocca. Sono ancora considerazioni analoghe quelle che<br />

hanno portato ad identificare uno dei motivi fondamentali de1 rinnovamento<br />

neoclassico della stessa Roma, attorno al 1740, nella polemica antigesuitica<br />

della curia romana. Motivi questi, si è già detto, che impongono l’estensione<br />

dell’ interesse e delle indagini, ben oltre il semplice momento estetizzante della<br />

contemplazione archeologica, alla ricerca di una base poliedrica e complessa,<br />

per l’analisi del sorgere del Neoclassicismo. Così una ricerca di tipo strutturale<br />

attorno alle origini del Neoclassicismo deve riferirsi anzitutto alla storia globale<br />

europea ed in particolare a quel suo aspetto che è la storia della cultura, prima di<br />

concludersi nelle conquiste di una storia solamente architettonica. L'attenzione<br />

al Secentismo (con particolare attenzione al senso europeo del movimento<br />

dell’Arcadia),<br />

la passione per il metodo scientifico che diventa fanatismo iconoclasta per ogni<br />

uorno moderno,<br />

le prime ipotesi socioeconomiche che saranno alla base delle esperienze<br />

dell’assolutismo illuminato,<br />

la “ curiosità “ cosmopolita degli intellettuali europei: cioè quell’insieme di<br />

fenomeni che permetteranno la diffusione dell’Illuminismo (v.), sono sempre<br />

matrici anche delle prime manifestazioni neoclassiche. Se questo è l’ambito<br />

più generale di una corretta ricerca, è necessario qui mettere in luce un aspetto


Glossario<br />

particolare della vicenda, che diviene però essenziale per la sua comprensione.<br />

Il rinnovamento neoclassico in architettura non fu opera di “ professori di<br />

disegno “ e architetti, ma di dilettanti, cioè di intellettuali. Fu perciò, anzitutto,<br />

rinnovamento culturale e non tecnico o specificatamente disciplinare. Per questi<br />

motivi le grandi conquiste della cultura architettonica del secolo precedente<br />

(lo spazio barocco, la “ poetica aperta “ dell’eclettismo rococò e dell’esotismo<br />

estetizzante) non poterono, oggettivamente’ divenire retaggio del nuovo<br />

modo di intendere il “ bello “ nell’edificare che fu, un modo anzitutto civile<br />

e puritano. I nobili dilettanti sono i protagonisti di quel rinnovamento che, all’<br />

inizio, interessa solo il loro mondo: la loro cultura architettonica è una cultura<br />

autodidatta; fanno stampare a loro spese i libri polemici che scrivono; edificano,<br />

per se stessi, piccoli edifici per sperimentare i loro progetti.<br />

257<br />

L’influenza delle teorie dì Ruskin. evidente anche nell’orientamento stilistico<br />

del N. che per un certo periodo si volge ai modi del Gotico veneziano, si<br />

riscontra nell’attività di W. Morris e può essere seguita nel filone del movimento<br />

dell’Arts an Crafts (Hitchcock, Vict Archit). Più o meno contemporanea e<br />

collegata a quella inglese è l’esperienza del N. in Francia. Anche in questo caso<br />

il N. si sviluppa sul tronco di una latente e ininterrotta tradizione costruttiva,<br />

in particolare riallacciandosi al filone tipicamente francese della stereotomia<br />

e assumendo subito un carattere colto, strutturale, con coloriti nazionali. La<br />

problematica del N. francese è inoltre connessa alla teoria e alla pratica del<br />

restauro architettonico. Figura centrale nella cultura dell’Ottocento per la sua<br />

opera critica (che in parte anticipa la critica razionalista moderna), E. Violletle-Duc<br />

sviluppa un interesse particolare per il carattere sociale del Gotico, oltre<br />

che per le caratteristiche cosiruttive e stilistiche, e tenta di influire tramite la sua<br />

attività di studioso sulla produzione contemporanea. Riguardo al problema del<br />

restauro degli edifici medievali Viollet-le-Duc assume una posizione diversa<br />

da quella di Ruskin, disposto a rispettare la morte nel tempo del monumento<br />

e contrario a ogni intervento di riprìstino, e tende a riproporre e ricostruire<br />

un astratto e unitario stile gotico, utílizzando anche il nuovo tecnicismo delle<br />

strutture metalliche (C. Bnrcanrrlr, Eugenio Viollet-le-Duc e il rifiorinento<br />

degli studi medioeaalì nel secolo XIX, Roma, 1915; R. De Fusco, L’idea di<br />

architettura, Milano 1968). Sul piano delle applicazioni ricordiamo i restauri<br />

dì Viollet-le-Duc alla Ste Chapelle, a St-Séverin e a Notre-Dame a Parigi, a<br />

Carcasion.i, a Pierrefonds, ac Amiens, a Vezelayf i restauri di Detret a Saint-<br />

Denis e quelli di Alavoine a Rouen. Fra gli edifici gotici notevoli, ricordiamo le<br />

seguenti chiese: Ste-Clotildè a Parigi di F.Geu (iniz. 1839 e condotta a termine<br />

da T, Ballu nel 1857), St-Jean-de-Belleville a Parigi (1845- 59) dr Lassus, St-<br />

Denis-de-l’Estrée a Saint Denis (1864- 67) di Viollet-le-Duc, vicina al Gotico<br />

vittoriano (Haut eceur,VII,1957 ) . Nei paesi tedeschi l’idealismo e l’esigenza<br />

di contrapporre una astratta purezza alla decadenza e superficialità del Rococò


258<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

favoriscono lo sviluppo del N. accanto al predominante classicismo archeologico.<br />

L’entusiasmo dei giovane Goethe per il duomo di Strasburgo, l’ammirazione di<br />

F. Schlegel per il Gotico, le realizzazioni di K. F. Schinlel, gli studi eruditi di<br />

C. A. von Heideloff si pongono come tappe del progressivo affermarsi del N,<br />

In un clima precocemente eclettico e romantico sorgono i castelli neogotici<br />

di J. D. Ohlmùller e varie chiese, tra cui la Werdersschekirche a Berlino di<br />

Schinkel (1825), autore nella stessa città del monumento ai caduti (1819-21),<br />

con struttura in ghisa, e la Nikolaikirche ad .A.mburgo, costruita dal 1845 al<br />

1863 su progetti dell’inglese G. G. Scott. Episodio centrale del N. in Germania<br />

è il completamento della costruzione del duomo di Colonia, in base a disegni<br />

ritrovati nel 1814 e nel 1816, ad opera di F. A. Ahlert (1824) e successivamente<br />

di E. F. Zwirner e di R. Voigtel (4. Ke:vreueusEN, GotiÀ ohne Gott; ein Beitrag<br />

zur Deutung der Neugotik und des 19. Jabhundens, TtJbingen, 1952). In Austria<br />

il piìr interessante rappresentante della corrente neogotica è F. von Schmidt,<br />

autore della chiesa di Maria vom Siese in Fùnfhaus a Vienna (1865-75); altri<br />

esponenti son J H. von Fersteì (Votivkirche a Vienna) eL, Ernst, restautatore<br />

della cattedrale di S. Stefano a Vienna. Nei paesi meridionali il N. si diffonde<br />

in misura minore che al nord, per le difficoltà poste dalle diverse configurazioni<br />

delle tradizioni architettoniche nazionali maggiormente legate al linguaggio<br />

classico. In Italia, dove un precedente di notevole interesse è offerto dai restauri<br />

gotici della chiesa di San Martino al Cimino eseguiti da F. Borromini, il N.<br />

trova una giustificazione storicistica negli scritti dì C. Boito; tra gli esempi più:<br />

interessanti ricordiamo. All’ inizio dell‘Ottocento la chiesa della Vaccheria di S.<br />

Leucio presso Caserta, del Collecinì e le più tarde facciate del duomo di Napoli<br />

e della cattedrale di Amalfi; a Padova G. Jappelli costruisce il Pedrocchino<br />

(1837), accanto al neogreco caffè Pedrocchi; a Firenze vengono realizzate le<br />

facciate di S. Croce (1857-63), di N. Matas, e di S. Maria del Fiore (18ó6-87),<br />

di E. de Fabris, fredde costruzioni del Gotico italiano. Nelle colonie inglesi e<br />

nell‘America del nord il N. incontra invece largo favore. Negli Stati Uniti in<br />

particolare si forma una solida tradizione neogotica, determinata dall‘influsso<br />

dell‘architettura inglese e francese, e che si prolunga fino al sec. XX; utilizzato<br />

prevalentemente in edifici religiosi e sporadicamente in edifici civili e collegato<br />

al moderno tecnicismo, il N. americano si afferma con W. Ware, J. Renwick<br />

e E. T. Potter, legati alla tradizione di Ruskin, e con Richardson,educato in<br />

Francia (P. B. SruroN, The Gothic Revival and Anerican Clurch Architecture;<br />

an Episode in Taste,1840-1856, Nerv York, 19ó8).


Glossario<br />

Neoromanico<br />

259<br />

DEAU<br />

Movimento fondato sullo studio e l’ imitazione dell'architettura romanica: sorge<br />

agli inizi del sec. XIX quando, distrutto dall'Illuminismo il mito dell'universalità<br />

delle regole dell'architettura classica e rinascimentale, ogni stile passato viene<br />

considerato modello di riferimento altrettanto valido e quindi passibile di<br />

imitazione.<br />

Come altri revivals, il N. è in un primo tempo manifestazione marginale<br />

dell'eclettismo ottocentesco ma diventa ben presto uno dei principali canali<br />

attraverso il quale lo " storicismo " riesce a superare i limiti della soggezione al<br />

passato per aprire la via al Movimento Moderno.<br />

Nel momento in cui il movimento neoclassico scopre la convenzionalità di ogni<br />

ricorso a regole codificate,<br />

il N., privo di una solida tradizione confortata da testi, regole e trattati, deve<br />

costruire la sua propria immagine<br />

direttamente dai monumenti. L'esperienza che dà l'avvio e consente questa<br />

operazione è il restauro degli edifici medievali che mette a nudo il problema<br />

cruciale del rapporto fra forme e metodi costruttivi: ciò comporta per gli architetti<br />

la costruzione per proprio conto dei " princípi " sui quali quella architettura si<br />

fonda e quindi la rielaborazione originale di quei motivi. Si verifica così anche<br />

per il N. quella saldatura, indispensabile per 1o sviluppo della nuova architettura,<br />

con il nuovo mondo dell'ingegneria. In questa maniera si incominciano a<br />

varcare i tradizionali confini dello stile per approdare a una ricerca autonoma,<br />

attraverso lo studio delle reali condizioni di partenza dei modelli di riferimento<br />

e dei loro rapporti con le infrastrutture politiche e sociali; in questo senso,<br />

come rilettura attiva del passato, il movimento neoromanico si pone come uno<br />

dei canali d'obbligo attraverso il quale passa la formazione del Movimento<br />

Moderno. Inoltre, il N. poiché rilegge i suoi modelli di riferimento secondo<br />

le regole della prospettiva, produce oggetti che si differenziano dagli originali<br />

in misura molto maggiore di quanto i prodotti neoclassici differenziano dalle<br />

loro fonti di ispirazione. Le irregolarità vengono infatti corrette, le simmetrie<br />

accentuate ed introdotte nuove abitudini visive, con una operazione affatto<br />

opposta a quella brunelleschiana. Se nel '400 la prospettiva aveva obbligato<br />

gli architetti a correggere la propria visione secondo le sue regole, ora - nel<br />

momento in cui la tensione fra originali e copie raggiunge il suo punto di rottura<br />

-il rapporto dì imitazione si logora per dare inizio a quel processo di revisione<br />

delle regole prospettiche da cui dipendono tutte le abitudini visive correnti.<br />

In questo senso, da una esperienza essenzialmente intellettuale che produce<br />

momentaneamente l'isolamento degli artisti neoromanici, si prepara il terreno<br />

culturale da cui usciranno i fondamentali contributi per il Movimento Moderno<br />

di Berlase e di Richardson.


260<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

È interessante notare a riprova della validità del metodo nel rispetto dell'assunto<br />

iniziale di aderenza al materiale, alla tecnica costruttiva e ai principi formali,<br />

come entrambe le esperienze - sia quella americana che quella europea -<br />

influiscano poi in maniera decisiva sulle architetture " razionaliste " di Sullivan,<br />

Le Corbusier, Oud e Gropius. La tradizione americana, infatti, si presenta<br />

facilmente disponibile a raccogliere la corrente neoromanica, soprattutto quella<br />

francese del Vaudoyer, per I'uso diffuso, specialmente in alcune regioni come<br />

il Massachusets, delle grosse murature massicce in pietra non levigata, per le<br />

aperture piccole e isolate, le semplici decorazioni a bugnato. Così il riferimento<br />

alla tradizione serve a conferire aulicità ad un discorso architettonico che è di<br />

per sé ricco e vitale; l'esemplificazione migliore è costituita proprio dall'opera<br />

di Richardson. In Olanda l'uso del N. assume un significato progressista e di<br />

eredità nazionale, a differenza del Neoclassico, internazionale e conservatore.<br />

In questo senso, attraverso una sua applicazione originale, Berlage e la scuola di<br />

Amsterdam riescono ad usare il riferimento storico come punto di partenza per<br />

una corretta analisi costruttiva e formale degli strumenti nella pratica corrente.<br />

A. Quatremère de Quincy, Dictìonnaire historique de l'architecture, Paris,<br />

1832;<br />

E. Viollet-Le-Duc, Histoìre de l'habítatìon humaíne, Paris, 1875;<br />

Zevi, Architmod; L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, Bari, 7964);<br />

V.Pevsner, Storia dell’architettura moderna, Bari, 1966<br />

E' uno degli aspetti dell'eclettismo architettonico del sec. XIX che, proponendo<br />

un ritorno ai valori delle tradizioni autoctone, si è risolto nel recupero del linguaggio,<br />

delle forme e dei materiali dell'architettura romanica. Al contrario del<br />

contemporaneo neogotico, soprattutto per la mancanza di vere teorizzazioni,<br />

il n. non può essere considerato un revival nel senso proprio del termine, ma<br />

parte di un più vasto atteggiamento stilistico che si richiama all'architettura<br />

paleocristiana, al bizantino, al romanico, per finire agli esempi quattro e cinquecenteschi<br />

di architettura civile. Il n. è riconoscibile in gran parte della produzione<br />

edilizia ottocentesca e in particolare in quella a carattere religioso che<br />

del romanico prediligeva la facile volumetria, il gioco delle superfici piane, il<br />

valore plastico e formale dei materiali, ma non si addentra mai in un autentico<br />

recupero storicistico. Esponenti rappresentativi del n. sono in Francia L. Vaudoyer<br />

e i costruttori di chiese in forma basilicale della prima metà del secolo;<br />

in Inghilterra T.H. Wyatt, D. Brandon, J.W. Wild, H. Clutton; in Germania H.<br />

Hübsc, L. Persius, F.A. Stüler e H. Strack: in Italia L. Carimini e C. Boito; in<br />

Danimarca J.D. Herholdt; in America T.A. Tefft e le opere mature di H.H. Richardson.


Glossario<br />

Lo storicismo in Italia<br />

261<br />

DEAU<br />

Il travaglio unitario sofferto durante tutto il Risorgimento aveva posto il problema<br />

di uno stile nazionale, adatto ad affermare la realtà politica e culturale del<br />

nuovo stato. Il maggior contributo regionale al tema unitario si deve fare derivare<br />

dalla scuola milanese: lo stile lombardo bramantesco che aveva influenzato<br />

l’architettura dell’Italia settentrionale e centrale per tutto l’800 fino al 1860.<br />

Vi facevano contrasto i contributi di scuole minori, impiantate sulle rovine<br />

dell'Accademia di San Luca: grandiose elaborazioni grafiche, esplose al tempo<br />

dell'Art Nouveau. Le difficoltà dell'archirettura italiana pre e post-unitarie sono<br />

in qualche modo difficoltà politiche: già nei primi " congressi degli scienziati<br />

italiani " (importante movimento prerisorgimentale) si tendeva ad affemare<br />

l'unità della cultura italiana, esaltando gli artisti di ogni tempo e di ogni regione<br />

della penisola. La connessione dell'arte contemporanea con quella antica non<br />

poteva sentirsi, come in Francia, Germania e Inghilterra, del sicuro riferimento<br />

allo stile gotico, inteso come stile nazionale: in effetti, in Italia. si tendeva invece<br />

a rievocare lo stile rinascimentale, del '400 e del' 500. Aderire allo stile gotico,<br />

poteva significare infatti allacciarsi ai m vimenti transalpini od alla politica<br />

del papato: due forze intese come antiunitarie. Il singolare problema dell'unità<br />

d'Italia, con Roma capitale, comportava il desiderio di fondare una nazione<br />

forte, capace di svolgere il fulcro di grande potenza.<br />

Doveva servire al conseguimento di questo ruolo non solo il patrimonio antico,<br />

ma la fioritura di iniziative architettoniche nuove, degne dell'antico. I1<br />

complesso di inferiorità nasceva dal contrasto fra condizioni presenti e glorie<br />

passate, dal confronto fra Italia e grandi potenze governi appoggìavano quindi<br />

ogni sforzo atto a superare gli aspetti esteriori di questo divario culturale:<br />

gli architetti italiani rispondevano così bene all'invito, da raggiungere alla fine<br />

dell'800 (quando ormai<br />

L'E. era degenerato e fuori tempo) una provvisoria fama internazionale, specie<br />

presso i paesi in via di sviluppo, a loro volta alla ricerca di un ruolo internazionale.<br />

In questo ciclo involutivo prevalevano il gusto san gallesco, il manierismo<br />

di Giulio Romano, porterà però ad una scala, ad una enfasi smisurata. Le manifestazioni<br />

della cultura eclettica italiana non sono quindi di particolare interesse:<br />

molto più interessanti, appaiono ancora oggi i contributi critici di alcuni<br />

saggisti, i dibattiti congressuali, le polemiche fra architetti e ingegneri, durante<br />

il Risorgimento e nei primi decenni dell'unità d'Italia. Il più vivace centro culturale<br />

del tempo può essere considerato quello veneto, trapiantato a Milano dopo<br />

il 1859 per merito di Piero Selvatico Estense (1803-80) e del suo allievo Camillo<br />

Boito (1836-1914). I loro saggi critici contengono un'informazione ricca


262<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

ed in qualche modo completa sul travaglio di una ricerca. L'incertezza rispetto<br />

ai temi di fondo, la difficile interpretazione dei movimenti e delle realizzazioni<br />

del tempo, è più evidente in Boito, spesso tradito da una precoce autorevolezza<br />

di leader. Già nel 1841, il Selvatico si era pronunciato, a favore di una rigorosa<br />

coerenza storica: quella medesima coerenza che si è vista affermata dal Canina<br />

mentre impostava, negli stessi anni, il problema centrale dell'E. romantico. In<br />

un'opera collettiva, R. Pareto, nella scia culturale del maestro veneto, affermava:<br />

“Sonvi alcune volte, nella vita delle nazioni, epoche nelle quali si va a<br />

tentoni, quasi che smarrita fosse la via del progresso.La filosofia diventa allora<br />

necessariamente eclettica<br />

(Autori vari, Lavori e progetti di valenti architetti moderni îtaliani, Milano,<br />

1858). Per progredire, occorreva rifarsi ad un procedimento scientifico, basandosi<br />

sulla critica storica, si doveva ricercare nell'architettura passata non solo<br />

il disegno stilistico, ma le tecniche dei materiali adottati. Per questo, prima<br />

il Selvatico a Padova e poi il Boito a Milano ampliarono la nuova didattica<br />

dell'architettura allo studio dell'ingegneria. Essi avevano compreso come la<br />

considerazione dei fatti tecnici in sede soltanto esecutiva, come conseguenza di<br />

una ideazione a priori (secondo l'insegnamento di Guadet all'Ecole des Beaux-<br />

Arts), fosse uno dei maggiori impedimenti al progresso della didattica. Anche<br />

lo storicismo architettonico ha avuto i suoi maggiori contributi attraverso le prime<br />

analisi (distributive, stilistiche, tecnologiche) dei " caratteri " degli edifici,<br />

in funzione non soltanto critico-conoscitiva, ma anche operativa.<br />

L'Eclettismo in America.<br />

L'America del Sud stava diventando il naturale luogo di assorbimento dei prototipi<br />

eclettici europei senza rilevanti apponi originali autoctoni, l'Ameris del<br />

Nord rielaborava originalmente i temi della cultura architettonica europea.<br />

Nel nuovo continente si era direttamente innestata la colonizzazione olandese,<br />

con una edilizia residenziale coerente a quella della successiva colonizzazione<br />

inglese: fragili case di legno venivano costruite su di una scala ancora più<br />

minuta degli esempi d'origine e secondo le tecniche radicalmente trasformate,<br />

in poco più di un secolo, in funzione delle nuove esigenze abitative e della<br />

diversa disponibilità di materiali costruttivi. Stupisce soprattutto l'abbandono<br />

di ogni sistema intellettualistico, di ogni chiarezza classicista, sia nelle forme<br />

strutturali che negli accostamenti volumetrici: l'empirismo operativo, oramai<br />

nettamente americano, è il carattere saliente di queste case unifamiliari di varia<br />

dimensione, suscettibili di successivi ampliamenti. La soggezione ai prototipi<br />

ellenici, dal celebre Monticello di Jefferson in poi, è evidente nella ricerca<br />

di una dignità confortata dal Neoclassicismo palladiano inglese. Liberamente<br />

reinterpretati, spesso soltanto orecchiati, sono gli stili d'origine (georgiano,<br />

ecc.). Forse solo nell'architettura romana dell'epoca imperiale si è realizzato un<br />

così spregiudicato adattamento delle tecniche ad una cultura e ad uno stile d'im-


Glossario<br />

263<br />

portazione. La nuova architettura americana ha il suo valore nell'uso di elementi<br />

costruttivi minuti disposti secondo metodi aperti rispetto ad ogni canone, in<br />

quanto regolata solo da uno spregiudicato empirismo, e nella serie di esemplari<br />

quantitativamente numerosi, per l'inaudita ripetizione e variazione di prototipi.<br />

Le piccole case non hanno più struttura portante, pannelli di tamponamento,<br />

tramezzi intemi, ecc., ma sono concepite con una strana coerenza di disposizioni<br />

costruttive che assolvono insieme funzioni strutturali: di chiusura e di<br />

irrigidimento: una coscienziosa perfezione esecutiva presiede alla complessa,<br />

operazione, tende a dare oggetti di una rara chiarezza, più di realizzazione che<br />

di concezione. Anche quando la costruzione lignea è ricoperta in tutto o in pane<br />

da facciate in muratura, le difficoltà degli inserti sono risolte con stupefacente<br />

novità e pertinenza di disposizioni. L'asservimento di queste espressioni tipiche<br />

locali alla scala della civiltà europea avviene non sul rigore della concezione,<br />

ma sulla finezza e sulla ineccepibile esecuzione del disegno. Il processo, già<br />

intrinsecamente eclettico nel' 700, rimane tale per tutto l'800, con una spiccata<br />

fedeltà ai canoni neoclassici e poi neogotici; utili ambedue ad un facile apparentamento<br />

con la cultura inglese d'origine.<br />

La nuova scala dimensionale delle singole abitazioni, la loro nuova dimensione<br />

rispetto al território, si esprime (nelle "plantation houses" come nelle ville del<br />

New England) in un rapporto assolutamente originale fra edifici le preesistenze.<br />

Questo ceppo di cultura: locale, troppo facilmente interpretato come manifestazione<br />

spontanea o naturale, è invece ricco di valori originali (tecnici e abitativi)<br />

presieduti da una singolare interna regola morale che coinvolge progettisti, esecutori,<br />

abitanti, nel quadro di manifestazioni organiche (qui il termine assume<br />

il suo preciso significato) non facilmente illustrabili.<br />

Altro aspetto saliente dell'architettura americana, oltre le stazioni ferroviarie, è<br />

la nuova dimensione delle grandi costruzioni metalliche (ponti sospesi e grattacieli).<br />

Il ponte di Brooklyn sullo Hudson a New York (1867) può avere una<br />

corrispondenza soltanto nella Tour Eiffel. I primi grattacieli costruiti nei nuovi<br />

centri metropolitani utilizzano le tecniche della ghisa e dell'acciaio con Ia stessa<br />

franchezza con la quale nelle case unifamiliari erano stati riadattati gli schemi<br />

lignei antichi. Anche qui i prototipi delle costruzioni navali (in questo caso gli<br />

impianti misti, sorretti da tubi d'acciaio) venivano reimpiegati in costruzioni<br />

civili; anche qui il rapporto fra struttura interna, (pianta libera, con pochi fulcri<br />

isolati) e struttura della faccíata era discontinuo, come per le case il.legno dello<br />

stile georgiano; anche qui la scala degli ambienti interni estesissimi in superficie,<br />

ridotti al minimo in altezza) a degli edifici (alti e stretti in un fantastico<br />

rapporto con la città) diveniva fatto saliente.<br />

Al Classicismo dell'età di Jefferson segue negli anni '20 un revival ellenico<br />

(ispirato da J. Soane) il cui maggiore esponente è J. B. H. Latrobe, architetto<br />

di origine francese. Negli anni '30 e '40 lo stile greco è in effetti lo nazionale


264<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

degli Stati Uniti malgrado la sua totale assenza di radici nazionali. Il revival<br />

greco si prolunga fino alla guerra civile, ad opera degli allievi di Latrobe, R.<br />

Mills e lV.<br />

Strickland. Esso coesiste:<br />

a) con un Gotico rudimentale ed economico (utilizzato come stile dall'uso<br />

di archi a sesto acuto) usato nell'architettura religiosa e pubblicato in appendice<br />

agli ordini classici nei manuali di architettura. Già nel 1805 Latrobe stesso aveva<br />

presentato un'alternativa gotica per la sua cattedrale di Baltimora;<br />

b) con l'uso di nuove tecniche (ghisa) negli edifici commerciali, particolarmente<br />

dopo il 1850. J. Bogardus, che ne è insieme il costruttore ed il propagandista,<br />

si compiace di mostrare l'adattabilità del nuovo materiale alle forme<br />

stilistiche classiche, che restano pressoché inalterate. Il periodo successivo alla<br />

guerra civile (1860-76), se segna la fine del revival greco di fronte all'espansione<br />

industriale ed edilizia, tende ancor più caotico e meno unitario il panorama<br />

americano, sotto l'influsso contrastante e chiaramente di importazione del Gotico<br />

" high victorian " e delle teorie del Ruskin e del gusto " secondo impero<br />

". La figura di H.H. Richardson appare naturalmente come quella del primo<br />

architetto americano, anche se è necessario correggere la prospettiva critica<br />

tradizionale, che tende a metterne in ombra i legami ma la cultura europea.<br />

In effetti il medievalismo di Richardson presenta derivazioni da esperienze<br />

francesi e vottoriane. Particolamente nella chiesa di Brattee Square a Boston<br />

(1871-72) è possibile leggere un ricordo di St-Pierre-de-Mont-Rouge e di altre<br />

chiese degli ami 'ó0 a Parigi, che egli poteva aver visto nel periodo dei suoi<br />

studi presso l'École des Beaux la policromia dell'interno ricorda motivi vittoriani,<br />

forse per l'influsso del suo collaboratore C. F, McKirr, nelle cui opere<br />

personali è evidente l'influenza di N. Shaw e che, dopo la morte di Richardson<br />

(188ó), darà vita, assieme a W. Mead e S. Wyhite, ad un programmatico revival<br />

di forme neo-coloniali e italiane. Comunque. Il medievalismo di Richardson è<br />

più complesso e più-eclettico del Neoromanico, cui spesso viene ridotto. Nella<br />

biblioteca a Quincy (1880-83), gli archi di entrata sono di derivazione paleocristiano-siriana<br />

e sono presenti precisi influssi di Shaw. Lo stesso MarshalI Field<br />

Store a Chicago presenta indubbi caratteri eclettici riducibili alla categoria del<br />

Neoromanico. Ciò non toglie nulla all'importanza della figura di Richardson, la<br />

cui grandezze consiste nelle qualità architettoniche della sua opera (ad es., nel<br />

rapporto tra elasticità planimetrica complessa e leggibilità volumetrica) e non<br />

nella cosiddetta schiettezza decorativa (alla cui semplificazione pura tende),<br />

nell'aderenza alla realtà costruttiva e nella moralità dell'ispirazione.<br />

L'Eclettìsmo nei paesi asiatici.<br />

In Asia sono presentì fin dalle epoche più antiche (v. asiatica protostoria) scambi<br />

e rapporti tra le varie culture e civiltà che, pur non conducendo ad una forma<br />

cosciente di E., fanno sì che esistano contaminazioni tra tipi edilizi e strutturali


Glossario<br />

265<br />

architettoniche che rendono in alcuni casi evidenti gli elementi sranieri rispetto<br />

a quelli autoctoni.<br />

Nel Vicino Oriente Antico le civiltà egiziana e mesopotamica non presentano<br />

rilevanti fenomeni di E. architettonico; solo a partire dal I millenio, rotto<br />

l'equilibrio delle potenze nazionali, compaiono in Egitto influenze assire (rilievi<br />

decorativi della, XXV dinastia) e greco-egee, mentre l'architettura assira e<br />

neo-babilonese rielabora motivi egiziani, analogici e iranici (palmette e volute<br />

del palazzo di Nabucodonosor).<br />

Simbolismo e decò<br />

Il Simbolismo è una delle più importanti correnti artistiche della fine del XIX<br />

secolo.<br />

La sua poetica, alternativa sia alla pittura accademica che alle più avanzate tendenze<br />

del realismo e dell'impressionismo, rappresenta un ponte tra l'Ottocento<br />

e il Novecento e costituisce una delle premesse fondamentali alle rivoluzioni<br />

formali attuate dalle avanguardie del XX secolo.<br />

Sorto come reazione al Naturalismo e all’Impressionismo della fine del XIX<br />

secolo, il Simbolismo aveva la finalità di indagare quelle piaghe della coscienza<br />

umana al confine tra realtà e sogno (nel 1900 viene pubblicato il saggio L’interpretazione<br />

dei sogni di Freud) fino a quel momento escluse dall’indagine artistica.<br />

Alla visione positivistica, propria del Realismo ottocentesco, i Simbolisti<br />

opposero un nuovo linguaggio artistico finalizzato alla rappresentazione indiretta<br />

di stati d’animo e di emozioni attraverso dei simboli (ovvero “qualcosa<br />

che sta al posto di qualcosa d’altro”) che consentivano di tradurre in immagini<br />

analogiche le condizioni più intime dell’animo umano.<br />

Uno dei maggiori interpreti del rinnovamento del linguaggio plastico fu sicuramente<br />

il casalese Leonardo Bistolfi (1859 – 1933), considerato uno dei maestri<br />

fondamentali della scultura liberty italiana tra Otto e Novecento, colui che<br />

apportò alla produzione artistica una ventata di internazionalità e che divenne<br />

l’interprete più diretto dei nuovi ideali altoborghesi attraverso la statuaria cimiteriale.<br />

Il linguaggio bistolfiano flessuoso ma, nel contempo poderoso e saldo, è<br />

esemplificato con il bozzetto per il Monumento a Camillo Cavour (1911 – ’13),<br />

con la lastra tombale in gesso del poeta Andrei e con i due piccoli bronzi Gli<br />

amanti e Testa dell’Alpe.<br />

Simbolista fu anche, all’inizio della sua carriera, il futurista Umberto Boccioni<br />

che è rappresentato dalle seguenti opere: Studio per il sogno, Gli amanti, I<br />

fidanzati, Beata Solitudo, …Tra gli artisti considerati veri maestri della modernità<br />

e, per tale motivo, non “mandati al rogo” dagli “incendiari” Futuristi, oltre<br />

a Previati e a Pellizza da Volpedo, ci fu lo scultore torinese Medardo Rosso che<br />

portò l’arte plastica ad una visione bidimensionale ed orientata da precisi punti


266<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

di vista, elevando, inoltre, la cera, sostanza duttile e potenzialmente mutevole<br />

in base alle condizioni ambientali, a materiale della scultura finita come esemplifica<br />

il celebre Ecce puer del 1906 fig.1).<br />

Un’autonoma rielaborazione dello stile liberty e di quello secessionista in chiave<br />

klimtiana si riscontra nella Preghiera (1914) di Felice Casorati, eccezionale<br />

lavoro che appare coniugare l’attività di pittore con quella di mosaicista bizantino<br />

fig.2).<br />

La produzione simbolista francese, è documentata dalle serigrafie LesOrigines<br />

di Odilon Redon il quale, facendo coincidere natura e sogno, coglie gli aspetti<br />

più sfuggenti, anormali e “oppiacei” della realtà. Del teorico della Scuola di<br />

Pont - Aven e vicino a Gauguin, Emile Bernard, è esposta l’opera Les Bretonnes<br />

au goemon, dove cinque indistinte figure femminili con lo sguardo rivolto<br />

verso il mare acquistano una straordinaria carica plastica. In Madame Sérusier è<br />

l’ombrelle di Paul Sérusier emerge chiaramente un linguaggio legato al mondo<br />

giapponese e caratterizzato dalla stesura di campiture di colore larghe e piatte<br />

che già contraddistinguevano le opere di Paul Gauguin, riferimento fondamentale<br />

per numerosi artisti europei che, verso la fine dell’Ottocento, erano alla<br />

ricerca di un mondo puro ed incontaminato.


Glossario<br />

Il simbolismo nella scultura<br />

267<br />

Uno dei maggiori interpreti del rinnovamento del linguaggio plastico fu sicuramente<br />

il casalese Leonardo Bistolfi (1859 – 1933), considerato uno dei maestri<br />

fondamentali della scultura liberty italiana tra Otto e Novecento, colui che<br />

apportò alla produzione artistica una ventata di internazionalità e che divenne<br />

l’interprete più diretto dei nuovi ideali altoborghesi attraverso la statuaria cimiteriale.<br />

Il linguaggio bistolfiano flessuoso ma, nel contempo poderoso e saldo, è<br />

esemplificato con il bozzetto per il Monumento a Camillo Cavour (1911 – ’13),<br />

con la lastra tombale in gesso del poeta Andrei e con i due piccoli bronzi Gli<br />

amanti e Testa dell’Alpe.<br />

Compiuti gli studi alla scuola tecnica di Torino con Giuseppe Archinti, Bistolfi<br />

vince a sedici anni una borsa di studio dal Comune di Casale e si iscrive all'Accademia<br />

di Brera di Milano dove, fino al 1879, frequenta il corso di scultura di<br />

Giosuè Argenti. In questo periodo si inserisce nell'ambiente della tarda Scapigliatura<br />

Lombarda e si appassiona all'opera di Tranquillo Cremona e soprattutto<br />

alla scultura di Giuseppe Grandi, con cui avrebbe desiderato lavorare. Poiché<br />

Grandi non accettava allievi, Bistolfi nel 1880 ritorna a Torino per iscriversi<br />

all'Accademia Albertina e studiare col Tabacchi.<br />

Aperto uno studio per conto suo, nell'82 realizza il suo primo monumento funebre,<br />

L'Angelo della Morte (tomba Braida, Torino fig.1),<br />

Tra il '92 e il '95 esegue la Cappella della Salita al Calvario al Santuario di<br />

Crea, un'opera fondamentale poiché in essa iniziano a delinearsi quegli elementi<br />

che diventeranno peculiari della scultura bistolfiana.<br />

Tuttavia il vero e proprio rinnovamento stilistico si verifica nel 1895 con la<br />

lapide funeraria Le spose della morte, in cui confluiscono Preraffaellismo, Simbolismo<br />

e Liberty. Nel 1902 si inaugura a Torino l'Esposizione di Arti Decorative<br />

e Industriali di cui egli si era fatto promotore insieme a Calandra, Thovez<br />

e Ceragioli. Alla Biennale di Venezia del 1905 ottiene una sala con oltre venti<br />

opere e vince il premio per la scultura. All'Esposizione è presente anche il modello<br />

del monumento funebre al senatore Orsini, La Croce, in cui si notano per<br />

la prima volta echi e suggestioni della scultura di Rodin.<br />

Tutti questi monumenti funebri, gli fece attribuire l'appellativo di "poeta della<br />

morte". E poeta egli fu veramente non soltanto per la lirica fantasia e la profondo<br />

spiritualità con cui tante volte affrontò quel tema, ma anche e soprattutto,<br />

per la qualità del suo linguaggio plastico, duttile e fluida, che dal marmo e dal<br />

bronzo fa scaturire immagini di luminosa e talvolta quasi sensuale bellezza e<br />

di grande raffinatezza lineare come ad esempio nel monumento al Segantini<br />

(1906, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, fig.2) in cui "vince il chiuso<br />

rigor l'anima schiava e a fior del marmo aerea si spande" (D'Annunzio).<br />

Altre importanti opere furono il monumento a Garibaldi (1908, Sanremo) e il<br />

gruppo del Sacrificio per il monumento a Vittorio Emanuele II Roma, fig.3.


268<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Il 22 settembre 1913, alla presenza di Vittorio Emanuele III, venne inaugurato<br />

a Bergamo il monumento a Cavour; lo scultore venne insignito con la croce di<br />

merito di Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoia.<br />

Dopo la guerra la fama di Bistolfi si affievolisce sempre più, tanto che la critica<br />

si occupa solo sporadicamente della sua opera. Si ritira allora nella sua villa<br />

a La Loggia, dove continua a lavorare dedicandosi non solo alla scultura, ma<br />

anche ad attività pittoriche e letterarie.<br />

fig2<br />

fig.1


Glossario<br />

fig.1<br />

fig.2<br />

fig.3<br />

269


270<br />

Glossario<br />

Maria Carmen Nuzzo


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Simbologie cristiane<br />

agnello delfino colombe e drago acquila yic­ colomba<br />

pesci<br />

tus<br />

271


272<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Abele<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Si riconosce per la presenza di un a gnello al suo fianco: è quello che egli of frì in<br />

sacrificio (Gen., 4, 4) e che Dio gra dì, ma che suscitò la gelosia di Caino<br />

Abete rosso<br />

Questa conifera è stata utilizzata in passato come simbolo del tempo, perché<br />

sembra vivere a lungo e le foreste di abeti appaiono eterne. Rappresenta<br />

principalmente la fermezza e la fedeltà, sia per la forma, sia perché rimane<br />

sem pre verde.<br />

Alleanza<br />

La Bibbia riferisce che, dopo il dilu vio, Noè e la sua famiglia, uscendo<br />

dall’arca, offrirono un sacrificio a Dio, il quale dichiarò «Concluderò<br />

un’alleanza con voi...; non ci saranno più diluvi sul la terra: metto il mio arco<br />

fra le nubi» (Gen., 9, 8­13). Ogni volta che si vede un arcobaleno che sembra<br />

unire il cielo e la terra, ci si può ricordare che esso è il simbolo dell’alleanza di<br />

Dio con gli uomini. Questo è il significato che ha in molti quadri.<br />

Alleanza<br />

La Bibbia riferisce che, dopo il dilu vio, Noè e la sua famiglia, uscendo<br />

dall’arca, offrirono un sacrificio a Dio, il quale dichiarò «Concluderò<br />

un’alleanza con voi...; non ci saranno più diluvi sul la terra: metto il mio arco<br />

fra le nubi» (Gen., 9, 8­13). Ogni volta che si vede un arcobaleno che sembra<br />

unire il cielo e la terra, ci si può ricordare che esso è il simbolo dell’alleanza<br />

di Dio con gli uomini. Questo è il significato che ha in molti quadri.<br />

Altare<br />

Originariamente i cristiani celebrava no il loro culto in case particolari ed il<br />

pane e il vino della Comunione erano deposti sulla tavola* domestica. A metà<br />

del III secolo, in certi ambienti in cui il senso liturgico scivolava verso una credenza<br />

delle potenze magiche, si comin ciò a distinguere la tavola riservata al<br />

culto dalle tavole comuni. Si profilò pe rò ben presto una reazione, ed uomini<br />

come Origene ricordarono che si tratta va di una tavola, non di un altare, e che<br />

«ciascuno ha per altare la sua anima ed il suo pensiero da cui si elevano profumi<br />

di soave odore, cioè le preghiere di una coscienza pura».<br />

Quando, un secolo più tardi, si pote rono costruire liberamente dei templi, si<br />

usarono dapprima delle comuni tavo le di legno, ma la nozione biblica di comunione<br />

si evolveva e passava alla dot trina cattolica del sacrificio della Messa;<br />

quest’ultima, per la transustanzia zione che ritiene di operare, diventava un<br />

sacrificio celebrato per la salvezza di un fedele o di un altro. Se si trattava di<br />

* gli asterischi indicano le parole chiave


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

273<br />

un sacrificio, non bisognava dunque ri servargli un altare come fanno tutte le<br />

religioni, e specialmente il giudaismo dell’Antico Testamento? Si passò così<br />

dalla nozione di tavola a quella di altare, che appariva più ortodossa. Quest’ultima,<br />

benché nuova per il cristianesimo, si installò così fortemente negli spiriti,<br />

che si giunse ad esigere che un prete che si spostava, prendesse con sé un<br />

al tare portatile.<br />

Nacque poi l’idea di una recinzione del coro intorno all’altare, per esprimere<br />

simbolicamente la differenza essen ziale fra il clero ed i laici.<br />

Alcuni altari di pietra sono segnalati dall’archeologia cristiana. Nel 517 un<br />

concilio (d’Epaone) proibisce di costrui re altari con materiali diversi dalla<br />

pie tra, però, a metà del VI secolo, Giusti niano offriva un altare d’oro alla<br />

basili ca di Santa Sofia.<br />

All’inizio l’altare era sostenuto da una sola colonna, ma ben presto le colonne<br />

divennero quattro, com’è ancora tra dizionale nella chiesa ortodossa; nella<br />

chiesa d’occidente invece continuò l’e voluzione e si giunse a posare la tavola<br />

d’altare su un basamento di pietra.<br />

Alcuni altari antichi somigliano in mo do sorprendente alle tombe. Gregorio di<br />

Tours (t 594) ricorda che l’altare di Santa Croce di Poitiers era di legno, e<br />

lo chiama cofano. Ciò dipende dal fatto che i primi cristiani tenevano spesso<br />

le loro riunioni attorno alle tombe dei martiri e, per tradizione, la forma<br />

di tomba per gli altari fu mantenuta a lun go; da qui deriva anche l’uso di porre<br />

delle reliquie sotto l’altare.<br />

La decorazione degli altari riflette ve ramente tutte le varianti della teologia e<br />

del gusto: gli altari più antichi sono de­conati con croci, crismi, tralci di vite e<br />

palme.<br />

Fu subito proibito di posare alcunché sull’altare, fatta eccezione per ciò che<br />

doveva servire immediatamente per la Messa. NelI`VIII secolo fu presa l’abitudine<br />

di porvi dei reliquiari, poi dei vasi sacri ed il libro del Vangelo; apparvero<br />

poi quattro candelieri posti agli angoli, ad imitazione di quelli del tempio di<br />

Sa lomone, veramente necessari nelle chie se preromaniche e romaniche, spesso<br />

molto buie. Inoltre la loro luce riflessa dalla tovaglia dell’altare simboleggiava<br />

bene la nozione cattolica della Chiesa come regno di Dio sulla terra, cioè un<br />

po’ di luce celeste venuta sulla terra stessa.<br />

Amore<br />

L’amore di Dio per gli uomini è sim boleggiato da un libro, quello dei Van geli<br />

che portano al mondo, con la sal vezza, la prova della bontà divina; op pure<br />

dall’arcobaleno che ricorda l’al leanza conclusa dopo il diluvio.<br />

L’amore di un uomo verso Dio è rap presentato da frecce, cioè dalla preghie ra<br />

che sale al cielo... fino al trono di Dio. Anche una lampada, una fiaccola o più<br />

semplicemente una fiamma espri mono questo amore che rischiara e ri scalda la


274<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

vita del fedele.<br />

L’amore coniugale attinge i suoi em blemi dalla letteratura e dagli usi di tutti<br />

i popoli: ecco il mirto dal quale era circondato tutto il tempio di Venere a<br />

Roma; ecco soprattutto la rosa. Ma c’è anche il geranio a foglia d’edera,<br />

più ricco dell’edera dei boschi, come l’amo re che è più ricco dell’amicizia.<br />

C’è poi., il tiglio per ricordare Filemone e Bauci,) modelli di fedeltà<br />

coniugale, che furono trasformati in quest’albero. C’è la mar gherita che gli<br />

innamorati interrogano Sfogliandola; c’è il diamante, la pietra più preziosa<br />

e più dura. Oppure una nudità, un cuore, fiori in abbondanza.<br />

Ancora<br />

Presso i Greci, per i quali è importan te tutto ciò che riguarda il mare, l’ancora<br />

era utilizzata in modo generale come simbolo della vita marittima. Essa<br />

figu ra sul verso di alcune monete, come simbolo di un porto (Alessandria, Antiochia);<br />

rappresenta lo stato di mari naio e come tale si trova su alcuni epitaffi<br />

pagani.<br />

Disegni di ancore - Epoca romana.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Ancora e delfino • Catacombe (II secolo).<br />

Ancora e delfino - Catacombe (II secolo).<br />

Sono i cristiani che hanno dato a que sto segno un significato religioso: si sa che<br />

nel I secolo essi attendevano un ri torno imminente di Cristo e «si ancora vano a<br />

questa speranza escatologica». I loro predicatori, del resto ispirati dalla<br />

Incisione su sigillo di calcedonio ­ Ancora, croce,<br />

pesci, colombe e palme ­ British Museum.<br />

275<br />

Epistola agli Ebrei (6, 18-20), utilizzaro no l’ancora come simbolo di questa<br />

spe ranza*. Il Regno di Dio, realizzato al momento della parusia, era il porto<br />

do ve essi avevano la certezza di trovare la pace, quella «pax» iscritta tanto<br />

spesso sugli epitaffi. L’ancora divenne così l’e spressione della certezza che i<br />

loro de funti erano arrivati al porto, a quel por to della pace eterna.<br />

L’ancora è rappresentata spesso ac compagnata da uno o più pesci* che raffigurano<br />

Gesù Cristo stesso. A volte vi sono aggiunte delle palme*, simbolo<br />

del l’era messianica, o delle colombe* che rappresentano le anime dei defunti.<br />

In questo gruppo di simboli, il tridente so stituisce talvolta l’ancora e sembra<br />

a dombrare la forma della croce. Infine, una raffigurazione funeraria delle<br />

catacombe<br />

comprende un’ancora fra due pesci. Con questa iscrizione «IXOYE


276<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

MM2N = pesce dei viventi»: è evidente per il credente l’allusione a Cristo ed<br />

al la vita eterna, anche se essa è celata al pagano persecutore. Tutto ciò dimostra<br />

chiaramente che la speranza simboleg giata dall’ancora non è la virtù astratta<br />

alla quale di solito pensiamo, ma la cer tezza della vita eterna con il Salvatore,<br />

ed è più una fede che una speranza.<br />

Albero<br />

Nel pensiero degli antichi l’albero è il simbolo principale della fertilità e, in<br />

modo generale, la fonte misteriosa del la vita.<br />

Plinio (Hist. Nat., XII, 2) assicura che gli alberi furono i primi templi degli uomini.<br />

t vero che il silenzio delle foreste o l’imponente chioma di alcuni grandi<br />

alberi risvegliano un certo senso religio so; si sa d’altronde che a molte divinità<br />

era stato attribuito un particolare albe ro: la quercia a Giove, l’alloro ad Apollo,<br />

l’olivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole, ecc. Ancor oggi gli alberi<br />

sono idoli per alcuni popoli, che li circondano con un recinto dentro il qua le<br />

si esercita il culto.<br />

Nel Vecchio Testamento l’albero è tal volta l’immagine dell’arroganza (Is., 2,<br />

13) o della longevità (Is., 65, 22); si par la anche dell’albero della vita (Gen., 3,<br />

22, ripreso in Apoc., 2, 7; 22, 2, 14), cioè dell’albero il cui frutto dà la vita eterna.<br />

Giobbe (14, 7 ss.) spiega questo simbolo con il fatto che alcuni alberi producono<br />

continuamente dei polloni.<br />

Il profeta Ezechiele (17, 22) ascolta Dio che gli promette di prendere un ra mo<br />

di cedro e di piantarlo su un’alta montagna israelita per farlo germogliaree<br />

crescere fino a dominare le foreste circostanti: era l’annuncio della supremazia<br />

di Israele su tutti i popoli. È così che l’albero è divenuto il simbolo degli<br />

israeliti... «piantati» da Dio sulla terra. I padri della Chiesa hanno ripreso questa<br />

immagine per designare la Chiesa cri stiana, erede delle promesse fatte a I sraele:<br />

comunque, questo simbolismo non è frequente, perché il paragone che esso<br />

presenta non è comprensibile sen za spiegazioni.<br />

Nel Medioevo, dove si ammetteva con una certa facilità che l’antichità pagana<br />

era una prefigurazione della civiltà cri stiana, l’albero simboleggiò la forza vegetativa<br />

data alla natura da Dio: a que sto simbolo però se ne sovrapposero al tri:<br />

divenne il segno della potenza che Dio manifesta nella Chiesa, considerata<br />

come un giardino da Lui piantato sulla terra; divenne talvolta il segno di Cristo,<br />

la cui autorità si fa sentire nel regno di Dio, come la linfa nell’albero.<br />

Alfa e Omega (A e 0)<br />

«Io sono l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine» disse Dio nell’Apocalisse (1, 8; 21,<br />

6). Questa stessa frase, nello stesso libro biblico, è prestata anche a Gesù (22,<br />

14). L’uso di una formula identica per l’uno e per l’altro indica qualcosa che è<br />

loro comune. Anche quando si è voluto caratterizzare Gesù in quanto divino, si<br />

è fatto uso di questa espressione.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

277<br />

A proposito dell’origine di questa for mula, Gerolamo (Gerem., XXXV, 26)<br />

racconta che nei metodi pedagogici dei suoi tempi sussisteva un’antica usanza<br />

che consisteva nel «far recitare le lettere dell’alfabeto greco nel loro ordine<br />

rego lare, poi, come esercizio di memoria, nel passare dalle prime alle ultime<br />

in ordi ne di allontanamento: alfa­omega; beta psi..., ecc.». È molto probabile<br />

che que sto procedimento di memorizzare l’accoppiamento delle lettere sia<br />

all’origine storica di questo simbolo.<br />

Per alcuni filosofi questa espressione designa la totalità dell’Essere. Per<br />

l’umile cristiano, il senso di tale espressione è facilmente comprensibile:<br />

come la prima e l’ultima lettera di un alfabeto inglobano tutte le lettere e<br />

quindi tutte le parole che indicano tutto ciò che esi ste, così queste due lettere<br />

possono in dicare colui che ha potere su tutte le co se, cioè il Signore del cielo e<br />

della terra, il padrone del cosmo.<br />

Questo significato non era vero ai tem pi delle persecuzioni: la sovranità di Gesù<br />

Cristo sul mondo era rifiutata troppe nettamente dai fatti. Inoltre, la fede in<br />

questa sovranità non poteva manifestarsi pubblicamente senza segnalare nel contempo<br />

ai persecutori la presenza dei cri stiani. Ecco perché A e 2 non si trova<br />

prima dell’epoca di Costantino, ma da quel momento tale segno si impose.<br />

Le più antiche testimonianze esistentI, datano dall’inizio del IV secolo. Dapprima<br />

si trovano queste due lettere isolate, o circondate solo da una corona, talvol ta di<br />

alloro in segno di adorazione, tal altra d’olivo in segno di pace. Molto pre sto però<br />

questo segno è stato accompa gnato dal chrisma*: questo insieme tro vò grande<br />

favore nella seconda metà del IV secolo, favore dovuto alla disputa dogmatica<br />

dell’epoca. A quel tempo il mondo cristiano era diviso in due cam pi opposti<br />

violentemente circa la rela zione da stabilire fra Dio e Gesù. Tutti credevano<br />

alla divinità di Cristo, ma gli ariani dicevano «il Figlio dipende dal Padre»,<br />

mentre gli atanasiani replicava no «sono perfettamente uguali». A evi dente che,<br />

in questo contesto dogmati co, la sigla «A» e «U» non poteva assolu tamente<br />

convenire agli ariani, perché le frasi bibliche alle quali si riferisce sono poste in<br />

bocca sia a Dio che a Gesù Cri sto, ben suggerendo così la loro identità.<br />

Invece soddisfaceva i loro avversari, ed è proprio per dimostrare la loro<br />

orto dossia atanasiani che gli imperatori ro mani, divenuti cristiani usarono<br />

costanmetà del II secolo, sarebbe stata marti rizzata atrocemente. Sarebbe stata<br />

fatta rotolare su un letto di carboni ardenti, ma miracolosamente protetta; il suo<br />

carnefice poi le avrebbe strappato o mozzato i seni. Mentre la seppellivano,<br />

cento giovani in tunica bianca portaro no dal cielo una lastra tombale con la<br />

seguente iscrizione «Mentem sanctam spontaneam, honorem deo et patriae liberationem»<br />

(Anima santa, spontanea, onore per Dio e liberazione della patria).<br />

Un anno più tardi, poiché una co lata di lava minacciava la città in cui si<br />

trovava la sua tomba, gli abitanti del luogo ebbero l’idea di prendere il velo<br />

che copriva la tomba per stenderlo da vanti al torrente di fuoco, che si sarebbe<br />

arrestato repentinamente. Questi mira coli spiegano il fervore popolare che nel


278<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Medioevo ha circondato il ricordo di sant’Agata, e la ragione per cui ella sia<br />

diventata la protettrice contro il fuoco.<br />

L’iscrizione della sua tomba è stata ri prodotta spesso sulle campane; si pen sava<br />

che le campane, suonando l’allar me, avrebbero attirato contemporanea mente la<br />

protezione di sant’Agata a fa vore dei sinistrati.<br />

In memoria del suo supplizio, essa è spesso rappresentata portando i suoi se ni su<br />

di un vassoio, o tenendo in mano il coltello o le forbici del suo martirio.<br />

Agnello<br />

L’agnello è uno dei più antichi simbo li cristiani, ed è stato usato in molti sen si.<br />

Dapprima ricorda il culto israelitico quotidiano, durante il quale si sacrifica va<br />

un agnello per purificarsi dei peccati (Gen., 4, 4; Ex., 12, 3; 29, 38; Lev., 3, 7;<br />

12, 6; Es., 16, 1; 53, 7; Ger., 11, 19, ecc.). Poi, con Giovanni Battista, divenne il<br />

segno dell’opera redentrice di Gesù. In fatti è l’ultimo dei profeti che l’ha designato<br />

come «l’agnello di Dio che toglie<br />

il peccato dal mondo» (Is., 1, 29). Que sta espressione sottintende un paragone<br />

con il sacrificio espiatorio degli israeliti e presenta due sfumature: prima di tutto<br />

non è un agnello offerto a Dio dagli uomini, ma è quello che Dio dà agli uomini;<br />

poi, a causa di ciò, purifica effica cemente, cosa di cui non è capace il rito<br />

israelita. D’altronde, salendo al Calvario Gesù realizzava un detto di Isaia (53,<br />

7) sull’agnello che si lascia sgozzare senza lamentarsi. L’Apocalisse riprende<br />

que sta immagine a proposito di Gesù una trentina di volte.<br />

Infine, essendosi Gesù stesso parago nato ad un pastore, anche secondo nu.merosi<br />

testi dell’Antico testamento, l’a gnello è diventato il simbolo dei fedeli. scrizioni<br />

funerarie • Cimitero di Callisto, Roma<br />

Le più antiche testimonianze esistenti di questo simbolo danno l’impressione<br />

che gli artisti abbiano spesso confuso (o sovrapposto) agnello, montone e pecora<br />

(e talvolta ariete*), come segno sia di<br />

Cristo che dei cristiani. Tuttavia, quan do nelle catacombe accompagna una<br />

croce o un’ancora, l’agnello evidenzia l’opera redentrice compiuta da Gesù in<br />

favore del defunto. In questo caso l’a gnello è coricato; più tardi sarà raffigurato<br />

in piedi, aureolato da un nimbo dapprima semplice, poi cruciforme e<br />

Ravenna (VI secolo).Infine con il monogramma di Cristo; terrà nella zampa<br />

anteriore destra uno stendardo o una croce; infine lo si porrà su di un piedistallo<br />

o su un altare dal quale sgorgano i quattro fiumi dell’E den (Gen., 2, 10, 14).<br />

Accade che l’agnel lo sia accompagnato da un pastore: allo ra indica un fedele,<br />

mentre il pastore è Cristo. Un disegno del cimitero dei santi Marcellino e Pietro<br />

mostra un agnello dietro il quale sono posti un bastone da pastore ed un vaso:<br />

per dire che il Cristo risuscitato non è visibile, ma presente, o per designare<br />

questo agnello come pa store? t da lì che si è passati all’allego ria del buon<br />

pastore, che si è posto sulle spalle una bestia del suo gregge. Si arri­


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

279<br />

verà infine alla rappresentazione di un certo numero di agnelli in fila, simbolo<br />

dei fedeli (e quindi della Chiesa) con dotti dal pastore.<br />

Quando fu resa possibile la rappre sentazione del Cristo stesso e si formò<br />

ufficialmente una tradizione, il simbolo dell’agnello fu abbandonato a lungo<br />

Iscrizioni funerarie • Cimitero di Callisto, Roma<br />

co me designazione dell’opera di Cristo, ma restò per indicare i fedeli.<br />

L’agnello fu utilizzato a lungo come attributo di Giovanni Battista*, perché è<br />

lui che ha designato Gesù con questa immagine.<br />

Anello<br />

Presso i Romani, portare un anello al dito era un diritto regolato dalla legge, ed<br />

un segno onorifico: lo Stato accorda va questo diritto come ricompensa di<br />

imprese guerresche. Più tardi divenne il contrassegno di un ambasciatore, poi<br />

la caratteristica di un potere politico ed infine di una classe sociale. Un po’ alla<br />

volta quest’uso divenne il segno della proprietà, soprattutto quando si usarono<br />

gli anelli a sigillo. L’anello che riabi litava il figliol prodigo (Luca, 15, 22)<br />

è certamente di questo tipo. Esso fu infine il simbolo della ricchezza, della<br />

libertà, o semplicemente di un impegno preso, del quale si teneva a mostrare il<br />

segno (fidanzamento o matrimonio*). Se ne fece poi un semplice ornamento.<br />

Queste abitudini si trasmisero alla Chiesa.<br />

L’uso di dare un anello ai vescovi risa le al VII secolo, ma è probabile che si<br />

trattasse dapprima dell’anello con il quale erano sigillate le monete ufficiali.<br />

Nel IX secolo questo anello era divenu to il segno dell’autorità episcopale. Alcuni<br />

monastefi’ricevettero il privilegio di avere un abate «che portava l’anello<br />

episcopale». Nel XII secolo un anello matrimoniale era dato alle vergini cristiane<br />

nel giorno della loro consacrazio ne religiosa. Solo dopo il XV secolo si


280<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

parla dell’«anello del Pescatore», di quel sigillo con il quale vengono suggellate<br />

alcune lettere del Papa, perché si è im maginato che l’apostolo Pietro*, che era<br />

pescatore, lo avesse usato per primo.<br />

Per la fabbricazione e la decorazione degli anelli sono state usate tutte le materie<br />

preziose e rare.<br />

Spesso vi sono stati incisi simboli cri stiani: ancora, A e U, chrisma, croce,<br />

colomba, palma, pesce, barca, ecc.<br />

Angeli<br />

Le religioni dell’Egitto, della Persia, dell’India e della Cina riconoscono l’esistenza<br />

degli Angeli.<br />

La Bibbia è molto riservata su questo argomento e non dice niente sulla loro<br />

natura e sulla loro storia.<br />

La parola «angelo» viene dal greco, lingua del Nuovo Testamento: si ha «angelia»<br />

che significa «messaggio» e «an gelos» che vuol dire «messaggero»; il<br />

verbo «augello» si traduce con «portare un messaggio». Lo stesso è per l’ebraico,<br />

lingua del Vecchio Testamento: la parola tradotta con «angelo» è «mal’ak»<br />

che indica un ambasciatore e proviene da una radice semitica che significa<br />

«inviare». Quindi, quando gli autori del la Bibbia intera pronunciano la parola<br />

che si traduce con «angelo», essa evoca la nozione di latore di messaggio. Così,<br />

quando Giovanni, autore dell’Apocalis se, scrive ai responsabili delle Chiese<br />

dell’Asia Minore, li designa come «ange li di questa o quella località»; ai suoi<br />

oc chi non sono nient’altro che messaggeri di Dio presso le popolazioni della<br />

locali tà stessa.<br />

Ciò spiega la ragione per cui le più antiche rappresentazioni cristiane di angeli<br />

mettano in scena personaggi u mani: non sono più alati degli angeli del sogno di<br />

Giacobbe, i quali avevano bi sogno di una scala per salire al cielo e discenderne<br />

(Gen., 28, 12). Lo stesso concetto si ritrova in alcuni scritti apo crifi: vi si narra<br />

che Tobia, dopo essersi intrattenuto con Raffaele «non sapeva che egli fosse un<br />

angelo» (Tob., 5, 9): lo avrebbe saputo, se l’arcangelo avesse a vuto le ali.<br />

P­ solo nelYVIII secolo che agli angeli si mettono le ali, forse ad imitazione<br />

delle «vittorie» dell’antichità greco­lati na, ma più probabilmente perché alcu ni<br />

testi biblici dicono che essi volavano (Apoc., 14, 6). Le nozioni cosmogoniche<br />

dell’antichità, molto diffuse fino al XIV secolo, equiparavano le stelle agli angeli,<br />

perché la contemplazione della volta celeste ha sempre generato un’emozione<br />

religiosa: d’altronde vi si trova uno dei fondamenti dell’astrologia.<br />

Si finì per dedurre che sono gli angeli a far ruotare l’immensa calotta del firmamento,<br />

come viene rappresentato da parecchie miniature del medioevo.<br />

I testi biblici non permettono di pre cisare quale potrebbe essere una gerar chia<br />

degli angeli. Alcuni passaggi di Paolo, che vi si riferiscono, sono soltan to<br />

elenchi che non danno alcun rango a questi misteriosi personaggi (Rom., 8,<br />

38; Ef., 6, 12; Col., 1, 16...).


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

281<br />

Tuttavia alcuni accenni su questo ar gomento si trovano nei libri apocrifi:<br />

Henoch assicura che l’arcangelo Miche le* aveva la posizione più elevata. Due<br />

passaggi biblici (Giuda, 9, 2; Pi., 2, 11) si riferiscono ad un altro apocrifo<br />

oggi perduto, «l’assunzione di Mosè», dove si tratta della vittoria di Michele<br />

su Asmo deo, principe dei demoni, relativa al corpo di Mosè. Anche alcuni<br />

Padri della Chiesa vi fanno cenno. In uno scritto at tribuito nel VI secolo a<br />

Dionigi l’Aero pagita, si distinguono tre ordini di an geli: nel primo si trovano<br />

i cherubini, i quali hanno solo la testa e le ali, ed i se rafini della visione di Isaia<br />

(6, 2­3); nel secondo le dominazioni, le virtù e le po tenze portano camici lunghi<br />

fino ai pie di, cinture d’oro e stole verdi; nel terzo si trovano i principati, gli<br />

arcangeli e gli angeli propriamente detti, che devono essere rappresentati tutti<br />

con indumen ti da soldato e cinture d’oro e che tengo no in mano dei giavellotti<br />

a punta di .lancia e delle asce.<br />

Dal momento in cui il culto degli ange li fu praticato nella chiesa cattolica, tutte<br />

queste categorie di esseri extraterrestri furono scolpite negli atri delle chiese,<br />

di pinte negli affreschi, disegnate in mosai ci o incise su oggetti di oreficeria.<br />

Alla fine del Medioevo, mentre Miche le ha sempre conservato la sua armatura<br />

più o meno completa, gli altri angeli mostrano una tendenza generale alla<br />

semplificazione dell’abbigliamento. Ab bandonando la moda delle cappe, della<br />

venne ben presto il simbolo preferito dei cristiani per rappresentare l’anima<br />

dei fedeli, fino al IX secolo, quando nel cristianesimo l’intellettualismo e la pretesa<br />

di ortodossia soverchiarono la poe sia e la devozione viva. Fu abbandonato<br />

il simbolo della colomba e gli si preferì, in larga misura a partire dall’XI secolo,<br />

un procedimento ripreso dalla Grecia pagana, che consisteva nel rappresenta re<br />

l’anima come un bimbo in fasce: l’ar rivo nell’aldilà non è forse la nascita ad<br />

una nuova vita?<br />

Successivamente si aggiunsero delle ali a questi bambini che sembravano<br />

u scire dalla bocca dei morenti; così però parevano angioletti, simili a quelli<br />

degli affreschi decorativi greco­romani e que sto non poteva servire per indicare<br />

l’ani ma dei cattivi. Allora furono disegnati per loro dei brutti diavoletti alati,<br />

con il volto contratto in una smorfia e coi pie di biforcuti. Parallelamente, dal XII<br />

se colo si cominciò a rappresentare i resu scitati con il corpo e addirittura le vesti<br />

che avevano avuto sulla terra. Era l’epo ca in cui, per moralizzare il popolo, si<br />

insisteva sulla prospettiva del giudizio finale ed occorreva che nelle rappresentazioni<br />

di questo giudizio si potesse ri conoscere questo o quel personaggio:<br />

ecco perché furono abbandonati i sim boli precedenti dell’anima, per dipingere<br />

e scolpirei viventi nell’aldilà con i loro corpi e le loro vesti; d’altra parte a ciò<br />

conduceva la dottrina della resurrezione dei corpi.<br />

In casi eccezionali l’anima è stata rap presentata dal grano o dall’avena, alludendo<br />

alla frase di Cristo «se il chicco di grano muore... porta molti frutti».<br />

An che la farfalla (con allusione alle ali di farfalla di Psiche) o il passero (di<br />

cui Dio si prende cura perfino quando cade a terra, secondo Matteo, 10, 29)


282<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

simboleg giano l’anima che, dopo la morte, si in vola verso nuovi destini.<br />

pianeta e della dalmatica, essi si vesto no di un semplice camice tutto bianco,<br />

che significava la loro purezza perfetta. Questa riforma del vestiario riguardava<br />

gli angeli messaggeri della resurrezione (Giov., 20, 12) o i vegliardi<br />

dell’Apocalis se (4, 4). Nel Rinascimento gli angeli sa ranno completamente<br />

nudi, oppure ve stiti secondo la moda del momento; conservano però le ali,<br />

prima dorate, poi rivestite di piume multicolori, che brillano tanto spesso nelle<br />

vetrate di quest’epoca.<br />

In seguito, questi angeli entrano in 2omposizioni decorative molto diverse:<br />

ornano dei bassorilievi, tengono degli emblemi, degli oggetti sacri e perfino<br />

degli scudi araldici; sostengono la testa Ielle statue coricate sulle tombe, reggono<br />

dei candelieri, ecc. Li si vedono in ;finocchio, in piedi, chinati e le loro ma ni<br />

e le ali sono più o meno distese.<br />

Nel XVI e XVII secolo, saranno sosti tuiti molto spesso da Amorini maschili<br />

e femminili simili a quelli dell’antichità pagana: completamente nudi, grassot­<br />

Ali e paffuti, sembrano trasportati dal­e nubi e formano un corteo ingenuo e<br />

spesso grazioso intorno a Cristo, alla Vergine ed ai santi.<br />

Nel XVIII secolo, lo spirito dogmatico Iel tempo ritornò ad una gerarchia di<br />

an eli ben codificata. Non si riprese sempli ­emente la classificazione dell’alto<br />

Me lioevo, ma la si arricchì di dati moder ­ii. Si riconobbe subito un primo<br />

grup )o: i cherubini sembravano esseri uma ni completi, vestiti con abiti rossi,<br />

man :elli e tuniche ornati di ricami. I serafi ni, rossi come il fuoco, sono armati<br />

di ma spada fiammeggiante ed hanno tre paia di ali bibliche (Is., 6, 2).<br />

I troni si spostano su una ruota di fuo :o portata da quattro ali, nella parte in­<br />

‘eriore della quale appare la testa au • eolata di un angelo.<br />

Nel secondo gruppo si trovano: le dominazioni, con abito e mantello senza<br />

ornamenti, un paio d’ali e un bastone che termina a forma di croce; portano<br />

nella mano sinistra una sfera sulla quale si legge IC XC, le prime e le ultime<br />

lette re antiche di Gesù e di Cristo: ciò signi fica che le dominazioni sono<br />

votate al l’autorità di Cristo sul mondo intero. Le virtù non si differenziano<br />

dagli angeli precedenti se non per i piedi nudi, men tre le dominazioni sono<br />

ben calzate.<br />

Il terzo gruppo comprende: i princi pati che hanno in mano un ramo di gi glio;<br />

gli arcangeli, vestiti da soldato, ma senza casco, che tengono in mano il<br />

globo con l’iscrizione IC XC; infine gli angeli, vestiti con un camice, che tengono<br />

nella destra un globo e nella sinistra un bastone a forma di croce.<br />

Quanto ai nomi degli angeli, la Bibbia fornisce solo quelli di Gabriele (messaggero<br />

di Dio) e di Michele (Dan., 8, 16; 9, 21; Luca, 1, 19, 26; Giuda, 9;<br />

Apoc., 12, 7). Alcuni libri apocrifi ed i cabalisti giudei conoscono i nomi<br />

di Raffaele, Raziel, Seliel, Uriel, Urjàn, ecc.<br />

Nel XVIII secolo si parlò molto di «angeli cattivi»: sono i demoni* comandati<br />

dal diavolo ritenuto un angelo de caduto. Su questo argomento fu co­


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

struita tutta una teologia, basata sul li bro di Henoch e su alcuni passaggi dei<br />

Padri della Chiesa.<br />

283<br />

Anima<br />

All’inizio, gli artisti cristiani, quandc hanno voluto rappresentare l’anima<br />

ch< giunge nell’aldilà, si sono ispirati a rac conti pagani. Psiche, il cui<br />

mito risale a II secolo a.C., è rappresentata su moli sarcofagi cristiani, lei<br />

che per amore d Eros è divenuta divina: questa diviniz zazione parlava<br />

di resurrezione ai eri stiani. L’avventura di Icaro simboleggia l’alzarsi in<br />

volo dell’anima verso i luoghi celesti. Tuttavia è la colomba* che di venne<br />

ben presto il simbolo preferito dei cristiani per rappresentare l’anima dei<br />

fedeli, fino al IX secolo, quando nel cristianesimo l’intellettualismo e<br />

la pre tesa di ortodossia soverchiarono la poe sia e la devozione viva. Fu<br />

abbandonato il simbolo della colomba e gli si preferì, in larga misura a<br />

partire dall’XI secolo, un procedimento ripreso dalla Grecia pagana, che<br />

consisteva nel rappresenta re l’anima come un bimbo in fasce: l’ar rivo<br />

nell’aldilà non è forse la nascita ad una nuova vita?<br />

Successivamente si aggiunsero delle ali a questi bambini che sembravano<br />

u scire dalla bocca dei morenti; così però parevano angioletti, simili a<br />

quelli degli affreschi decorativi greco­romani e que sto non poteva servire<br />

per indicare l’ani ma dei cattivi. Allora furono disegnati per loro dei brutti<br />

diavoletti alati, con il volto contratto in una smorfia e coi pie di biforcuti.<br />

Parallelamente, dal XII se colo si cominciò a rappresentare i resu scitati con<br />

il corpo e addirittura le vesti che avevano avuto sulla terra. Era l’epo ca in<br />

cui, per moralizzare il popolo, si insisteva sulla prospettiva del giudizio<br />

finale ed occorreva che nelle rappresen tazioni di questo giudizio si potesse<br />

ri conoscere questo o quel personaggio: ecco perché furono abbandonati i<br />

sim boli precedenti dell’anima, per dipingere e scolpirei viventi nell’aldilà<br />

con i loro corpi e le loro vesti; d’altra parte a ciò conduceva la dottrina<br />

della resurrezione dei corpi.<br />

In casi eccezionali l’anima è stata rap presentata dal grano o dall’avena,<br />

allu dendo alla frase di Cristo «se il chicco di grano muore... porta molti<br />

frutti». An che la farfalla (con allusione alle ali di farfalla di Psiche) o il<br />

passero (di cui Dio si prende cura perfino quando cade a terra, secondo<br />

Matteo, 10, 29) simboleg giano l’anima che, dopo la morte, si in vola verso<br />

nuovi destini.<br />

Aquila<br />

Nell’antichità classica, l’aquila era l’at tributo di Giove. Era anche l’insegna<br />

della legione romana. Si ritroveranno reminiscenze di questo simbolismo nel<br />

cristianesimo, quando l’aquila vi rap presenterà la forza onnipotente di Dio, o la<br />

sua giustizia. E’ vero che talvolta rappresenterà anche l’orgoglio.


284<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

L'Aquila del Vangelo di san Giovanni - Capitello ­<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

I cristiani però avevano accettato mol to presto il simbolismo dell’aquila, ma in<br />

funzione della leggenda (confusa d’altronde con quella della Fenice) se condo la<br />

quale quando questa regina degli uccelli si accorge di invecchiare, si getterebbe<br />

nel fuoco per ritrovare la gio vinezza. Ne fecero l’immagine del neofi ta, la cui<br />

vita è rinnovata dal battesimo (cf. S., 102, 5).<br />

L’aquila rappresenterà in seguito la fede e la teologia, perché, come lei, si elevano<br />

verso il cielo. Per la stessa ragio ne, accompagna talvolta il Cristo dell’Ascensione.<br />

L’unione aquila­leone* raffigura l’uo mo, composto di anima e di corpo, ed è<br />

stata scolpita molto spesso sui capitelli delle cattedrali romaniche.<br />

Un’aquila a due teste è l’attributo di liseo, perché questo profeta chiedeva a Elia<br />

«di avere una porzione doppia di spirito» (2 Re, 2, 9). Ma l’aquila è di venuta<br />

soprattutto il simbolo dell’evan gelista Giovanni* (ved. Tetramorfo*).<br />

Ariete<br />

È un simbolo abbastanza frequente fin dalla più antica età cristiana. Si rappresentò<br />

subito l’ariete che prese il po sto di Isacco sulla montagna del sacrificio<br />

(Gen., 22, 13), ma non ci si contentò di rappresentare questo avvenimento.<br />

La teologia della sostituzione permette va raffronti con la morte di Cristo: l’a<br />

iete immolato al posto di Isacco sem brava prefigurare il Cristo che muore al<br />

posto dei peccatori. Quindi, è proprio questo senso della morte di Gesù che si<br />

voleva evocare, soprattutto quando si disegnava un ariete vicino alla croce del<br />

Calvario.<br />

Fu fatto anche un altro raffronto fra l’ariete e Cristo: di solito, l’ariete cammina<br />

in testa al gregge; ora, Gesù Cristo è il capo della Chiesa e, come tale,<br />

pre cede e trascina i suoi discepoli di ogni tempo. Questi raffronti si trovano<br />

già nella letteratura dei Padri della Chiesa: Tertulliano (Adv. itid(ieus, e. XIII),<br />

Am brogio (de Abralzain, 1, VIII), Agostino (Conir. Max., 11, XXVI). Figura di<br />

Cri sto, l’ariete è il simbolo della forza, del coraggio .e della fermezza. ­Noti c’è


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

da stupirsi se questi raffronti letterari sono passati su monumenti differenti.<br />

285<br />

Dapprima rappresentato semplice mente in compagnia di pecore (che simboleggiano<br />

i cristiani fedeli) e di agnelli (che sono i neofiti), l’ariete è ben presto<br />

accompagnato da segni esplicativi (chri sma o croce) che ne fanno il Cristo che<br />

conduce il suo gregge. Gli artisti però ,abbandonarono o dimenticarono questa<br />

identificazione, forse perché in un greg ge l’ariete non è un animale di tutto riposo!<br />

Mescolarono quindi arieti e peco re in un sol gruppo guidato da Cristo, il<br />

pastore.<br />

Riferendosi a Ezechiele, 34, 17, dove I sraele è considerato il gregge che Dio<br />

,dovrà giudicare separando capri e peco re, arieti e montoni, alcuni scultori di<br />

sarcofagi hanno rappresentato degli a rieti alla sinistra di Cristo, nelle scene del<br />

giudizio finale.<br />

Essendo il capo del gregge, l’ariete è naturalmente anche l’attributo dei ve scovi<br />

e dei diversi prelati. La forma del pastorale* episcopale è simile a quella delle<br />

corna dell’ariete e vuole proprio e vocarla.<br />

Aureola ­­> Gloria, Nimbo.<br />

Aurora<br />

Il Salino 139 (v. 9) parla delle «ali del l’aurora». La nozione di una dea dell’aurora<br />

dal volo prodigiosamente rapido e ra molto diffusa in tutta l’antichità.<br />

Presso i Greci, essa era la sorella del so le e apriva le porte del giorno. La si<br />

rap presenta con un gran mantello giallo, colore dell’aurora, e talvolta con delle<br />

i drie da cui fa piovere la rugiada sulla terra.<br />

Bilancia<br />

Questo strumento era d’uso così gene rale che non ci meraviglia vederlo usato<br />

spesso in letteratura o rappresentato sui monumenti. I Caldei e gli Egizi ne fecero<br />

un segno dello zodiaco.<br />

La parola «bilancia» si trova una ven tina di volte nella Bibbia, prima per indicare<br />

proprio lo strumento che serve a pesare, poi l’idea del peso o quella<br />

del l’equilibrio: combinando queste idee si giunse a quella della giustizia che<br />

sop pesa le azioni degli uomini, pur riser bando a ciascuno di loro il diritto di<br />

di fendersi. E’ così che la bilancia è divenu ta l’attributo della personificazione<br />

del la giustizia.<br />

Per il cristiano, dato che la giustizia suprema viene esercitata nel giorno del<br />

giudizio finale, tale emblema è attribui to a Cristo, giudice sovrano di quel tribunale,<br />

e più tardi all’arcangelo Michele che lo sostituirà in questa funzione.<br />

Una bilancia in equilibrio è talvolta il simbolo dell’equità e di un carattere ben


286<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

equilibrato; essa però è anche il simbolo del dubbio, perché non si sa da quale<br />

parte potrà pendere.<br />

Candeliere<br />

Dispositivo destinato a ricevere e so praelevare una fonte di luce. Si chiama<br />

anche candelabro, fiaccola, sostegno per torcia, cero, ecc. Quando si celebrava<br />

il culto nelle catacombe, bisognava pur a vere un po’ di luce, che divenne molto<br />

naturalmente un simbolo del cristianesi mo: una luce nella notte del mondo.<br />

Questo simbolo però fu usato soprat tutto in un altro senso: designava la vita<br />

nell’aldilà, così come lo consideravano già i pagani. Presso questi ultimi, chi<br />

voleva onorare un grande funzionario dell’impero lo circondava di molta luce,<br />

ed è per esprimere un rispetto uguale verso i defunti che si portavano sulle loro<br />

tombe dei candelieri accesi. Così si è giunti a vedere nel candeliere un segno<br />

della vita eterna.<br />

Esso è frequente sulle antichissime tom be cristiane, dove è dipinto o scolpito<br />

a sinistra ed a destra del defunto. Era un segno di rispetto, senza dubbio, ma al<br />

quale si aggiungeva tutta la mistica del tema biblico della luce: simbolo di felicità,<br />

poi della rivelazione divina in Gesù Cristo, e infine di Dio stesso.<br />

Il primo significato cristiano del can deliere era semplicemente l’indicazione<br />

che la scena disegnata o dipinta si svol geva nel quadro della vita eterna: poi il<br />

candeliere parlò di festa, di felicità in Paradiso. Per analogia divenne il segno<br />

delle gioie di quaggiù e quindi di tutta la vita cristiana che non può essere che<br />

un canto di riconoscenza. In questo du plice senso di una vita terrestre in funzione<br />

della vita eterna viene già usato nell’Apocalisse (1, 20; 2, 1­5), e così se<br />

ne è fatto il simbolo della fede.<br />

I primi candelieri erano corti, tozzi e spesso di aspetto pesante, ma ben presto<br />

divennero oggetti d’arte, d’argento, d’ar gento dorato, di rame argentato o dorato,<br />

di bronzo, di cristallo, di legno.<br />

Dapprima sistemati intorno all’alta re*, soltanto dal X secolo furono posti su<br />

di esso, ai due lati del crocifisso. Di regola il candeliere da altare comprende<br />

cinque parti: la base, lo stelo, il nodo o pomo (che permette di prenderlo facilmente),<br />

la coppa (che riceve le gocce di cera) e la punta, sulla quale è fissato il<br />

cero. Questa regola però non ha creato una uniformità d’aspetto, tutt’altro!<br />

La varietà dei candelieri è molto gran de: alcuni sono grandi, molto ricchi, molto<br />

ornati e spesso eleganti, mentre altri, al contrario, sono estremamente semplici<br />

e poveri.<br />

Candeliere a sette bracci<br />

Il libro dell’Esodo (Es., 25, 31­32) ri porta che a Mosè fu ordinato di fare un<br />

gran candeliere d’oro a sette bracci. Quello che si trovava nel tempio di Ero de


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

287<br />

è conosciuto grazie al celebre basso rilievo dell’arco di trionfo di Tito a Ro ma.<br />

Poiché questo oggetto di culto aveva grande importanza per gli israeliti, esso<br />

divenne il simbolo della fede ebraica.<br />

Si trovano però antichissimi documen ti cristiani che portano questo simbolo.<br />

Dato che il cristianesimo è la continua zione della religione di Israele, alcuni<br />

Padri diranno perfino che esso è il vero Israele (Clemente, Gregorio Magno) e<br />

si capisce perché sia stato rivendicato per i cristiani il senso di questo simbo lo.<br />

Avvenne però una reazione, tanto che le testimonianze di tale candeliere come<br />

simbolo cristiano sono diventate molto rare; comunque, nel XVI secolo alcune<br />

chiese decoravano il loro altare maggiore con il candeliere a 7 bracci.<br />

Cavallo<br />

È naturale che sulla tomba di cristia ni che erano stati cocchieri, mulattieri o<br />

corrieri venisse rappresentato un caval lo: era un’allusione al loro mestiere. San<br />

Paolo però paragona la vita del cristia no ad una corsa nello stadio (1 Cor., 9,<br />

24; 2 Tini., 4, 7­8, ecc.): meditando su questa immagine, i fedeli ovviamente<br />

sono stati portati a impiegare un caval lo per raffigurare questa corsa. L’ani male<br />

si trova così su affreschi tombali, mosaici, lucerne, dove è accompagnato dal<br />

chrisma, che a volte è impresso sulla sua coscia. È il simbolo della corsa vittoriosa<br />

del cristiano. A volte i cavalli so no l’attributo degli angeli, in ricordo<br />

di quelli che, secondo Zaccaria, trasporta rono dal cielo i messaggeri di Dio in<br />

cerca delle sofferenze del popolo eletto (Zacc., 1, 9­17). Anche certe visioni<br />

del l’Apocalisse fanno intendere che i mes saggeri di Dio (angelo* deriva da<br />

aggelos = messaggero) montano a cavallo (A poc., 6, 2­8).<br />

Cena<br />

Uno dei due primi sacramenti* rico nosciuti dalla Chiesa cristiana. Nei pri mi<br />

secoli della nostra era, la partecipa zione a questa cerimonia era pericolosamente<br />

rivelatrice di un’appartenenza al cristianesimo; inoltre le venivano<br />

mosse accuse infami (eli orgia e d’antropofa gia). Questo spiega perché fosse<br />

poco praticata, perché se ne parlasse poco e perché sia stata poco rappresentata<br />

pri ma dell’epoca di Costantino.<br />

Alcuni mosaici del IV e V secolo mo strano Cristo attorniato più o meno da vicino<br />

da 11 discepoli e a volte da 12: si tratta di un’evocazione storica dell’isti tuzione<br />

della cena santa da parte di Ge sù. Nello stesso tempo voleva essere un invito<br />

a partecipare a questo even to: occorre infatti ricordarsi che il cri stianesimo era<br />

divenuto non saio lecito nell’impero, ma anche religione ufficiale dello stato,<br />

e che i nuovi cristiani che accettavano di partecipare alle cerimo nie ufficiali<br />

opposero per molto tempo delle riserve e perfino un certo timore a mangiare il<br />

pane e bere nella coppa del la comunione.


288<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Non esiste un gesto personale o collet tivo specifico dell’ultima cena: è il simbolo<br />

di un pasto che Gesti ha usato per esprimere ciò che pensava del suo<br />

desti no: come era spezzato il pane, così sa rebbe stata spezzata la sua vita; come<br />

quel pane nutre il corpo, così Egli, quan do sarà resuscitato, nutrirà l’anima dei<br />

suoi discepoli; come questo cibo dà san gue, così Cristo darà uno stesso sangue<br />

a tutti coloro che parteciperanno alla cerimonia; essi saranno fratelli e sorel le,<br />

perché uno stesso sangue familiare circola in loro. In seguito, la teologia, la<br />

mistica, la filosofia e la morale hanno trasformato in azione questa parabola,<br />

per farne un rito, talvolta codificato ri gorosamente. Nella Chiesa cattolica è<br />

l’eucarestia: Cristo avrebbe trasformato miracolosamente il pane ed il vino in<br />

pezzi del suo corpo e gocce del suo san gue, e la Chiesa sarebbe stata incaricata<br />

di ripetere questo miracolo.<br />

Quasi tutti i grandi artisti, pittori e scultori, hanno avuto l’occasione di rappresentare<br />

l’ultima cena; fra le narrazio ni evangeliche della sera del giovedì<br />

santo, hanno scelto il momento che pa reva loro più carico di significato: la lavanda<br />

dei piedi, la designazione del tra ditore, il canto dei salmi, la preghiera,<br />

la partizione del pane, la benedizione della coppa. Questa scelta rivela già un<br />

aspetto del pensiero e della religiosità dell’artista.<br />

Per simboleggiare questo sacramento sono state utilizzate naturalmente le «specie»<br />

del pane e del vino, sia sotto forma di una pagnotta* e di una coppa*, sia<br />

con delle spighe di grano ed un grappolo d’uva, o un ceppo o un sarmento di<br />

vite.<br />

Quando la Chiesa cattolica soppresse nella comunione dei fedeli il vino e<br />

poi tinche il pane, sostituito dall’ostia*, que st’ultima ha rappresentato quel<br />

sacramento: è una pastiglia bianca, rotonda, voci itiniciite decorata con una<br />

croce a quattro bracci uguali. Anche un osten sorio rappresenta la comunione<br />

nella chiesa cattolica.<br />

Anche qualche animale ha espresso il woio dell’ultima cena, soprattutto l’agnello*,<br />

ma anche il pesce*, e, molto più il pellicano, con riferi mento a quello<br />

dell’antica leggenda pa gana avrebbe nutrito i suoi piccoli con la sua carne.<br />

1 colori dell’ultima cena sono: il bian co della purezza, il blu, colore celestia le,<br />

ed il rosso del sangue di Cristo.<br />

Cervo<br />

La cerva che beve al ruscello è l’immagine della sete spirituale dell’uomo e del<br />

suo desiderio di Dio: «Come là cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia<br />

anela a te, o Dio » (Sal 42,2). Il desiderio di Dio è insito nel cuore dell’uomo e si<br />

manifesta nella ricerca della felicità, del bene e della verità, come testimonia la<br />

Bibbia a più riprese: «La mia anima anela a te di notte, al mattino il mio spirito<br />

ti cerca» (Is 26,9); « 0 Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deser ta, arida, senz’acqua» (Sal<br />

63,2); «Amate la giustizia, voi che governate sulla terra, rettamente pensate del<br />

Signore, cercatelo con cuore semplice» (Sap 1,1); « Di te ha detto il mio cuore:<br />

“Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signore, io cerco» (Sal 27,8).<br />

Gesù è colui che soddisfa il desiderio sspirituale<br />

dell’uomo e risponde a tutte le sue domande interiori:<br />

«Chi ha sete venga a me e beva» (Gv 7,37); «Chi<br />

beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete,<br />

anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente<br />

di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14);<br />

lo sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più<br />

fame e chi crede in me non avrà più sete» (Gv 6,35).<br />

Gesù, poi, si rende presente a chi lo cerca con<br />

cuore sincero e lo libera da ogni paura: “ Chiedete e vi sarà dato cercate e<br />

troverete; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà<br />

aperto” (Mt 7,7­8).<br />

Chrisma (monogramma di Cristo)<br />

Cervo e chrisma - Illustrazione del Salmo 42, 2 su<br />

una tomba, Saulieu (IV secolo).<br />

289<br />

Segno conosciuto dai pagani come ab breviazione della parola «arconte», con la<br />

quale si designavano i nove magistra ti supremi di Atene dal IX secolo a.C. In<br />

seguito questo titolo fu dato ad altri<br />

magistrati di tutta la Grecia, ed anche a capi di stato in Egitto, in Asia Minore<br />

e perfino a Roma.<br />

Di solito l’abbreviazione è composta solo dalla seconda e dalla terza lettera<br />

(P.X.), ma su alcuni tetragrammi di Ate ne si trova un monogramma composto<br />

dalle prime tre lettere della parola. Que sto segno si ritrova su monete di Mitri­


290<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

date, Tigrane, Traiano, e su iscrizioni fu nerarie romane.<br />

I Cristiani si accorsero subito dell’uso possibile di tale abbreviazione, che per<br />

loro era formata dalle due prime lettere della parola «Cristo» in greco (X.P.).<br />

Le più antiche testimonianze giunte fino a noi sembrano aver voluto distinguere<br />

questa abbreviazione da quella dei pa gani, aggiungendo a quelle di Gesù le<br />

lettere «A» e «U» che lo rappresentava no anch’esse.<br />

Dal II secolo però si trovano simboli ridotti alle prime due lettere della paro la,<br />

sia intrecciate, sia racchiuse da un cerchio: probabilmente si era constatato che,<br />

grazie all’antecedente pagano, il si gnificato cristiano di questo segno non era<br />

troppo evidente e rivelatore.<br />

Si tratta evidentemente dello stesso segno di cui Costantino ebbe la visione<br />

Chrisma (monogramma di Cristo)<br />

Segno conosciuto dai pagani come ab breviazione della parola «arconte», con<br />

la quale si designavano i nove magistra ti supremi di Atene dal IX secolo a.C.<br />

In seguito questo titolo fu dato ad altri magistrati di tutta la Grecia, ed anche a<br />

capi di stato in Egitto, in Asia Minore e perfino a Roma.<br />

Di solito l’abbreviazione è composta solo dalla seconda e dalla terza lettera<br />

(P.X.), ma su alcuni tetragrammi di Ate ne si trova un monogramma composto<br />

dalle prime tre lettere della parola. Que sto segno si ritrova su monete di Mitridate,<br />

Tigrane, Traiano, e su iscrizioni fu nerarie romane.<br />

I Cristiani si accorsero subito dell’uso possibile di tale abbreviazione, che per<br />

loro era formata dalle due prime lettere della parola «Cristo» in greco (X.P.).<br />

Le più antiche testimonianze giunte fino a noi sembrano aver voluto distinguere<br />

questa abbreviazione da quella dei pa gani, aggiungendo a quelle di Gesù le<br />

lettere «A» e «SI» che lo rappresentava no anch’esse.<br />

Dal II secolo però si trovano simboli ridotti alle prime due lettere della parola,<br />

sia intrecciate, sia racchiuse da un cerchio: probabilmente si era constatato<br />

che grazie all’antecedente pagano significato cristiano di questo segno non era<br />

troppo evidente e rivelatore.<br />

Si tratta evidentemente dello stesso segno di cui Costantino ebbe la visione nel<br />

312, alla vigilia di una battaglia deci siva contro Massenzio, e con cui costituì il<br />

labaro*. Ciò significa che il quel mo mento questo simbolo era già il segno del<br />

cristianesimo più caratteristico e più diffuso. Una volta assicurata la vittoria,<br />

il chrisma divenne per tutti il simbolo della nuova religione e, come accade<br />

quando le arti si aprono su un cammi no del tutto nuovo, lo si semplificò sino<br />

durlo ad un cerchio con sei raggi di sposti ad uguale distanza l’uno dall’altro.<br />

Era un chrisma ridotto alle sue li nee essenziali, essendo divenuta la una<br />

I. Questo segno era tanto più facil mente generalizzato in quanto poteva essere<br />

una combinazione delle due let tere I e X, iniziali greche di Gesù Cristo o quelle<br />

di IXTHUC* (pesce) e di XPI STOS (Cristo), due termini che erano da molto<br />

tempo segni convenzionali dei cristiani.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Chrismo costantiniano - Particolare di un sarcofago,<br />

Ravenna (V secolo).<br />

Chrismo stilizzato - Decorazione di un sarcofago,<br />

Tusculum (V secolo).<br />

Combinazione dell'Alfa e Omega della croce del chrisma<br />

291


292<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

(in quest’ultimo la P è latinizzata in R) Lastra funeraria tunisina (VIII secolo).<br />

Chrismi del III secolo ­ Catacombe, Roma.<br />

Lattanzio, apologeta cristiano dell’e poca, descrive l’emblema costantiniano<br />

come una «X attraversata verticalmente da una I la cui estremità superiore è<br />

ar cuata». Eusebio (t 340), nella sua Vita di Costantino (I, III) riferisce che il<br />

mo nogramma posto sul labaro* imperiale in occasione della battaglia del Ponte<br />

Milvio «era composto da una X e da una P racchiuse in una corona d’oro».<br />

Nel VII secolo, per dare ancor maggiore intensità all’idea della presenza di<br />

Cristo, un piccolo chrisma costantiniani viene sovrapposto a uno più grande,<br />

co locato a sua volta su un chrisma ance più grande; il tutto è attorniato da un<br />

dozzina di colombe dello Spirito Santo*.<br />

Sotto l’una o l’altra delle sue forme (XP o DC), il chrisma compare da allora<br />

in tutto il mondo occidentale. Fu il sim bolo largamente più diffuso all’epoca<br />

per indicare il Cristo o l’appartenenza al cristianesimo. Si trova naturalmente<br />

attorno al Cristo in dipinti, affreschi o mo saici, e particolarmente nell’aureola<br />

at torno alla sua testa. Ma la si vede anche su elmi, scudi, anelli e ornamenti di<br />

va rio genere, sia maschili che femminili;<br />

lo si vede su delle lampade, sul piede e sul fondo di coppe dalle fogge più diverse<br />

e in iscrizioni funerarie; è impiegato come sigillo, come punzone per lingotti<br />

d’oro o per ceramiche; lo si riscontra in scultura, pittura, oreficeria; è usato come<br />

telaio di finestre; è raffigurato su ar chitravi e su tegole di templi.<br />

Dopo i tentativi di stilizzazione del chri sma nei primi tempi del suo impiego<br />

ufficiale, gli artisti si sforzarono di render ne più leggibili le lettere. Più tardi tornarono<br />

alla tradizione più antica aggiun gendovi FA e M. Questa stessa intenzio ne<br />

di rendere il simbolo più esplicito, condusse gli scultori ad accompagnare il<br />

cluisma con altre parole o segni, come la parola IXTHUC e la croce latina. Per<br />

necessità di semplificazione artistica, es si giunsero allo strano segno formato da<br />

una croce latina il cui braccio superiore<br />

è decorato a destra da una specie di o recchia e che altro non è se non un resto<br />

deformato della P del chrisma primitivo. Inversamente, accadde che questo<br />

stes so segno, cessando di essere un’abbre viazione, acquisì una


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Iscrizione funeraria - chrisma ed Alfa e Omega (IV secolo)<br />

293<br />

sorta di individua lità distinta e divenne la preda di fanta sie e la vittima di<br />

deformazioni di ogni genere, fenomeno che si è prodotto al trove in altri settori<br />

della teologia.<br />

Già al V secolo, alcuni artisti discono scevano talmente il significato di questo<br />

segno da invertire le lettere che lo com pongono o da aggiungere alla X degli<br />

uncini suggeriti dall’equilibrio del mo nogramma. P­ in questo modo che lo si<br />

vede sul fondo di una coppa di vetro, do ve la sua funzione sarebbe quella di<br />

pos sedere l’influsso magico capace di impe dire ogni avvelenamento. Del resto,<br />

è probabile che il chrisma sia stato talvol ta mescolato a dei sistemi filosofici<br />

col legate alla lettera X: Platone (Timeo, 36 b) pretende che il demiurgo avrebbe<br />

creato questa lettera per poi farne le sfere celesti attraverso le quali spiegava<br />

i movimenti degli astri. Plinio e Aristote le, parlando dell’origine delle lettere,<br />

at tribuiscono alla X una nascita partico lare. Dei cristiani vi videro una profezia<br />

del Cristo e gli gnostici approfittarono di queste fantasticherie per dimostrare la<br />

parentela, a loro cara, fra il cristiane simo e il pensiero greco.<br />

Si ritrova un’eco di queste filosofie nel rispetto, talvolta superstizioso, dei<br />

copisti dei testi biblici nei confronti del chrisma: essi avevano rapidamente abbreAato<br />

la parola XPISTOC (Cristo) ri ducendola sia alle sue due prime lettere,<br />

sia aggiungendovi l’ultima, ossia: X.P. op pure X.P.C. Questi erano due procedimenti<br />

di abbreviazione (tachigrafia) mol to comuni nel 111 secolo.<br />

Nelle traduzioni latine di questi testi greci, non venne in mente ai copisti di<br />

ridurre alla stessa maniera la parola la tina CHRISTUS, il che avrebbe dato C.H.<br />

oppure C.H.S. Essi copiarono lette ralmente il segno greco, e ciò gli conferì<br />

una grande risonanza e un grande valo re. Fecero un’eccezione solamente per<br />

l’ultima lettera: la C o la S greca diven nero una S latina.<br />

NelIVIII secolo alcuni scultori furono abbastanza disinvolti da tentare una latinizzazione<br />

del chrisma, e cambiarono ancora la P in una R latina. Ma l’ortodossia<br />

ufficiale aveva adottato le lettere greche e si accontentava di aver latinizzato<br />

solamente la forma dell’ultima; non era più possibile modificare il simbolo,<br />

ormai pietrificato.<br />

Quanto alla forma delle lettere del chrisma, occorre dire che seguì l’evolu zione<br />

degli stili di scrivere dai più anti chi sino ai più recenti, passando attra verso tutte<br />

le fantasie decorative di que sto o di quell’altro artista.<br />

Clessidra<br />

Mentre per la maggior parte dei popo li la clessidra è simbolo di durata e per sino<br />

di eternità, per i cristiani è stata in principio il segno della brevità della vita: in<br />

questo senso è stata raffigurata nelle catacombe. In seguito passa a simboleg ­iare<br />

frequentemente la morte: guar íando una clessidra si sa che a un dato nomento


294<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

tutta la sabbia sarà passata da in recipiente all’altro, ma nessuno po rrebbe dirci<br />

esattamente quando acca irà; così è per la morte, che è certa, ma<br />

nessuno può predire il momento in cui si verificherà.<br />

Alcuni artisti cristiani hanno talvolta utilizzato la clessidra nello stesso senso<br />

che aveva nell’Antichità, ossia di attri buto del Tempo*.<br />

Collera<br />

Gli impeti di collera sono simboleg giati soprattutto da animali: dapprima il<br />

leone, la tigre, l’orso, il lupo, l’aquila, lo sparviero, ma anche il toro, il gatto e<br />

il gallo. Anche l’ascia, la lancia, il gladio e le frecce rappresentano la collera,<br />

per ché sono le armi di cui si serve.<br />

Colletto<br />

Nel XVI secolo l’abbigliamento dei Ri formatori e dei pastori protestanti non<br />

prevedeva né bavero né colletto, acces sori che apparvero solo nel secolo successivo<br />

come una nota allegra sul seve ro abito pastorale.<br />

All’inizio si tratta di un grande bavero bianco abbassato, molto aperto sul davanti.<br />

Rapidamente la moda lo restringe attorno al collo, allungandolo però<br />

sotto la barba pastorale. Verso la fine del XVII secolo, in Olanda, si trasforma in<br />

una gorgiera più o meno vistosa, mentre in Francia prende la forma del colletto<br />

a due falde che va sempre più imponen dosi. Di solito è bianco, ma alcune confessioni<br />

luterane adottarono un colletto nero bordato di bianco.<br />

Nel XIX secolo si pensava che il collet to raffigurasse le due tavole della Legge,<br />

affermando il diritto del pastore a inse gnare la morale cristiana.<br />

Colomba<br />

Rappresenta soprattutto lo Spirito San to*. Fra il XII e il XVI secolo le ostie<br />

con sacrate sono state conservate spesso in cibori che evocavano questo simbolismo:<br />

avevano la forma di una colomba d’oro o d’argento, erano sospesi con catenelle<br />

sopra l’altare e si aprivano sul dorso dell’uccello. Con questo si voleva<br />

significare che lo Spirito Santo trasfor mava quelle ostie nel corpo materiale di<br />

Cristo, però bisogna confessare che ciò sfiorava il ridicolo.<br />

La colomba è ovunque il simbolo del l’innocenza grazie alle sue forme sem plici<br />

e all’andatura bonacciona, ma an che perché spesso è bianca, colore natu rale di<br />

questa virtù.<br />

Nella religione greco­romana però la colomba era sacra a Venere, perché i<br />

piccioni tubano e si becchettano in con tinuazione. Anche i cristiani ne fecero a<br />

volte il simbolo della lussuria.<br />

Questo però non è il solo aspetto di tale emblema pagano che sia stato ripreso<br />

dal simbolismo cristiano. Si sa che al cuni bassorilievi funerari greci presentano<br />

le anime dei trapassati sotto forma di colombe che bevono ad un vaso, simbolo<br />

della fonte della Memoria, e proprio questo simbolo venne sfruttato per gli


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

295<br />

e pitaffi cristiani. Ci si può chiedere come mai dei cristiani, opposti così tenacemente<br />

al paganesimo da accettare di morire per la loro fede, abbiano potuto<br />

ammettere un simbolo così chiaramente pagano. Generalmente è la poesia che,<br />

creando associazioni di idee tra espres sioni verbali, musicali o plastiche, è responsabile<br />

di una tale evoluzione. Quan do si è voluto descrivere l’aldilà, si è<br />

pen sato evidentemente al Paradiso* biblico popolato di alberi; questo giardino<br />

è sta to concepito come una foresta, la cui poeticità è particolarmente avvertibile<br />

se si alzano gli occhi al cielo, dove gli uccelli volano da un ramo all’altro. Perché<br />

non dovrebbero esserci nei giardini celesti gli uccelli più belli del mondo?<br />

(ved. mosaici funerari di Keliba, in Tuni sia, o la volta del presbiterio di San<br />

Vita le a Ravenna, ecc.). Ma allora i canti de gli uccelli hanno evocato gli<br />

alleluia de gli eletti dell’Apocalisse; anche quando si è voluto rappresentare i<br />

resuscitati, lo si è fatto per mezzo di uccelli, tanto più che uno fra loro, la<br />

fenice* (spesso con fusa con l’aquila* o il pavone*) era già il simbolo pagano<br />

della resurrezione*. Questo simbolismo dei non­cristiani ap parve a certi teologi<br />

come una premoni zione della verità cristiana. Diciamo infi ne che le colombe<br />

rappresentano le ani­ me dei fedeli nella vita eterna perché í, perch en­ . trando<br />

in quella nuova­esistenza acquisi scono una vita innocente e purissima.<br />

In gioielleria la colomba ha dimensio ni e stili diversi. Talvolta è incisa con<br />

molto realismo e gran cura dei partico lari. Più spesso è appena abbozzata anche<br />

a causa del materiale usato, del me todo impiegato (pietra, filigrana) o della<br />

stilizzazione moderna.<br />

In certi periodi fu arricchita di pietre preziose a «cabochon» poste nel centro del<br />

corpo, sulle ali, o addirittura pen denti dalla estremità del becco, per si gnificare<br />

la ricchezza ed il valore dell’a zione dello Spirito Santo. Questo stile fu spinto<br />

fino a tempestare il corpo e le ali della colomba con numerosi rubini, diamanti<br />

e smeraldi. Di solito è in atto di volare dal cielo sulla terra, con il ca po in basso,<br />

per significare l’azione di Dio in favore degli uomini, per mezzo del suo Spirito<br />

Due colombe si dissetano in Paradiso - Mosaico della tomba di Galla Placidia,<br />

Ravenna (V secolo).


296<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

(ved. Spirito Santo); è questo il senso che prende quando si trova nella parte<br />

inferiore della croce u gonotta*.<br />

Nel XVI secolo si vede su alcune ico ne una colomba con testa umana spesso<br />

aureolata: nessun riferimento alle si rene dei capitelli romani; essa ha dell’angelo<br />

e dell’uomo e vuole esprimere l’idea che lo Spirito Santo accetta di<br />

in carnarsi quaggiù.<br />

Conchiglia<br />

Per segnalare le tombe cristiane si co minciò ad usare delle conchiglie, marine<br />

o d’altro genere; alcune erano intere, al tre forate come se si fosse voluto usarle<br />

per fame collane, o cucirle su una stof fa. Qual è il senso simbolico? Si è pen sato<br />

che, come un paguro sembra dare nuova vita a una conchiglia di un mol lusco,<br />

così il cristiano arriva alla vita e terna attraverso la morte.<br />

Coppa<br />

L’Antico Testamento parla spesso di un recipiente che serviva alle libagioni<br />

rituali: era così conosciuto e talmente legato a ciò che era il centro della vita<br />

israelitica, il culto dei tempio, che è divenuto uno dei simboli eli lsnaele, inciso<br />

sulle mone te, segnatamente nel Il secolo a.C. (1).<br />

La civiltà greco­latina ha conosciuto<br />

dibile che le prime coppe da comunione usate dalla Chiesa cristiana fossero di<br />

legno, uso che fu considerato tradizio nale per nove secoli. Questo materiale<br />

però era sempre più o meno poroso e si rischiava di perdere un Do’di vino, il<br />

che<br />

una quantità considerevole di recipienti dalle forme estremamente varie. Fra<br />

le coppe per bere, di cui si sono ritrovati frammenti o disegni, esiste una certa<br />

diversità, soprattutto nella decorazione; comunque, sono tutte tazze poco profonde,<br />

con la base più o meno alta, le anse raramente verticali, ma in genere<br />

orizzontali, per poter appendere la cop pa vuota (2).<br />

Probabilmente è un recipiente di questo tipo, quello di cui Gesù si servì per<br />

i stituire l’ultima cena. È comunque cre allarmò sacerdoti e laici dal momento<br />

in cui, per la dottrina della transustanzia zione, si credette che il vino si fosse<br />

tra sformato nel sangue materiale di Gesù: ecco perché fu vietato l’uso di questo<br />

materiale per le coppe stesse. La decisio ne fu presa durante il concilio di Reims<br />

(803) e confermata nell’847 e ancora nell’895, il che dimostra bene che il vecchio<br />

uso aveva i suoi partigiani. Da tem po si erano fatte coppe di tutti i tipi e<br />

con tutti i materiali: oro, argento, rame, bronzo, stagno e piombo. Alcune, molto<br />

antiche, sono state ricavate da pietre preziose, cristallo di rocca o alabastro;<br />

altre erano di vetro o di argilla. Le cop pe di rame e di bronzo, però, furono<br />

proibite, perché queste sostanze si ossi dano facilmente e rischiano di alterare il<br />

vino o di mescolarvi tossici più o me no pericolosi.<br />

Salvo quelle di legno (3), la maggior parte delle antiche coppe cristiane posa


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

297<br />

su una base più o meno decorata ed ha due anse (5), che in seguito vennero<br />

soppresse, salvo riapparire sporadica mente dopo alcune generazioni, ma co me<br />

elemento decorativo, tradizionale piuttosto che utile (6). Spesso molto semplici,<br />

senza alcuna decorazione, le coppe cristiane hanno comunque avuto ben presto<br />

dei segni che le distinguevano: croce, e tutti i sim boli di Gesù. Nei tempi della<br />

decadenza della devozione, quando ci si irrigidì sul le forme del cristianesimo,<br />

le coppe so no state «arricchite» da ornamenti pura mente decorativi e senza<br />

significato reli gioso, e perfino da pietre preziose.<br />

Si conoscono grandi coppe dette ministeriali, che servivano per la cumulo.<br />

Le ostie consacrate erano conservate nelle coppe e si dovette proteggerle per<br />

assicurarne la conservazione; fu creato una specie di coperchio per assicurarne<br />

la conservazione.<br />

In senso metaforico, una coppa offerta per bere rappresenta l’avvenire; col ma<br />

di una bevanda piacevole, rivela un avvenire felice; colma di un liquido amaro<br />

simboleggia giorni dolorosi (Salmi ,75, 9; Mc., 10, 38: Matt, 26, 39­42).<br />

L’importanza che la Chiesa ha sempre accordato all’ultima cena ta comprendere<br />

non soltanto che la coppa sia sfitta spesso rappresentata per indicare la co<br />

munione, ma anche che abbia simboleg giato la Chiesa stessa. Guardate la statua<br />

giustamente celebre della Chiesa, a sinistra del portale romanico della cattedrale<br />

di Strasburgo (4).<br />

La coppa è l’attributo di Giovanni*, di Benedetto ma anche di Giacomo della<br />

Marca predicatore francescano, del quale si racconta che rischiò più volte di<br />

essere avvelenato da una coppa che gli veniva offerta più volte.<br />

Cristo tY:í,<br />

A naturale che a Cristo siano stati at tribuiti moltissimi simboli, poiché in lui<br />

sono riconosciute la perfezione umana e la pienezza della divinità.<br />

Ecco qui di seguito i vari emblemi:<br />

ascensione: l’aquuila*;<br />

autorità sula Chiesa: l’ariete*;<br />

autorità sul mondo: il globo* con la croce;<br />

azione salvatrice: l’agnello*, la pecora, il capretto, il delfino*;<br />

divinità: «A» e «Q»*, il nimbo* con la croce;<br />

doppia natura: il cero*, il grifone*;<br />

giudizio che pronuncerà sugli uomini: la bilancia*, il vaglio*;<br />

gloria: la mandorla*, il diamante, il nimbo con la croce, il sole;<br />

influenza sul cristiano: la nave*, il fa ro*;<br />

­ ispirazione: La ­colomba*;<br />

nome: la stella*, il fuoco*, la nave*, il pesce*;<br />

­ passione: la croce*, la rosa*;<br />

potenza: il leone*, toro;<br />

­ presenza all’ultima cena: l’uva*, la vi te, una spiga di grano*;


298<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

­ purezza: il giglio*, il colore bianco;<br />

­ regalità: la corona*, lo scettro*, il co lor porpora;<br />

­ resurrezione: il pavone*, la fenice*, l’uovo di struzzo*;<br />

­ sacrificio: il pellicano*;<br />

­ umiltà: la violetta;<br />

­ vigilanza: il gallo*.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Croce<br />

«Esistono parecchie specie di croci, dalle forme ben distinte e che spesso hanno<br />

solo un rapporto discutibile o in gannatore con l’emblema cristiano». I più antichi<br />

documenti esistenti, e che si riferiscono senza alcun dubbio agli av venimenti<br />

del Calvario, sono stati trovati a Roma (domus Gelotiana, sul Palatino):<br />

si tratta di due graffiti databili alla prima metà del III secolo, che rappresentano<br />

un crocifisso con la testa d’asino, davanti<br />

al quale un personaggio sembra fare il gesto dell’adorazione. Uno dei graffiti<br />

è accompagnato da un’iscrizione «Ale xamene adora il suo dio».<br />

t evidente che si tratta di caricature. Apione dice che i giudei erano accusati di<br />

adorare un asino e che si pretendeva che perfino nel tempio di Gerusalemme<br />

una testa di somaro fosse offerta all’a dorazione dei fedeli. Chi si burlava di<br />

A lexamene avrà confuso cristiani e giu dei in una stessa ironia. Comunque non<br />

è questo il più antico documento icono grafico esistente sulla Crocifissione.<br />

Si sono ritrovate nelle catacombe (s tratta dunque di documenti anteriori 2 quelle<br />

caricature) non delle rappresen. tazioni storiche delle scene del Calvario ma<br />

numerose croci che parlano dogma. ticamente di quel passato e che voglio. no<br />

rievocare la morte redentrice di Ge sù Cristo. Sono così frequenti che s possono<br />

considerare come un segno à appartenenza alla Chiesa cristiana.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Nessuna tradizione ne fissa la forma spesso sono due tratti incrociati più c meno<br />

esattamente, spesso circondati da un cerchio o semplicemente appesantiti.<br />

Diverse croci: 1) ancorata, 2) di sant’Andrea, 3) egiziana, 4) cleché, 5) gammata, 6) greca, 7)<br />

ugonotta, 8) latina9) doppia, 10) di Lorena,<br />

299<br />

«segno della croce» sono letterari (Ter tulliano: «De corona mizilitis», c. III;<br />

Origene: «Delecta in Ez.», c. IX; Cipriano: «Epistola», LVIII, 9). I Padri della<br />

chie sa ne parlano come se si trattasse della lettera greca «tau», tracciata sulla<br />

fron te. Si tratta forse di un’allusione ad al cuni testi biblici (Apoc., 7, 3; 13, 16;<br />

17, 5 che si riferiscono a Ez., 9, 4­6) sotto la quale si profila l’antica abitudine<br />

odiosa di marchiare gli schiavi come si fa an cor oggi con il bestiame. Bisogna<br />

co munque riconoscere che tali testi signi ficano tutt’altra cosa rispetto al segno<br />

attuale della croce, e che non si potreb bero collegare alla morte di Gesù, se non<br />

per un capriccio di immaginazione.<br />

Nella pratica religiosa, alcuni segni che ricordano là croce appaiono in occasione<br />

della somministrazione dei sa cramenti. Il primo testo conciliare che vi<br />

si riferisce è del 692: un concilio di Costantinopoli esige che i fedeli metta no le<br />

mani in croce per ricevere la co munione, uso ripreso (ma rapidamente respinto)<br />

da alcuni pastori protestanti liturgisti del XVIII secolo; nella Chiesa cattolica<br />

l’uso fu abbandonato da quan do i fedeli non furono più autorizzati a toccare<br />

l’ostia* consacrata.<br />

Un po’ più tardi, si cominciò a trattare davanti al proprio corpo un segno di<br />

cro ce. li primo movimento, verticale e di scendente, ricorda che Dio è venuto<br />

sul la terra incarnandosi in Gesù Cristo, mentre il secondo rievoca l’opera di<br />

Cri sto stesso sulla croce: riferendosi alla parabola del giudizio finale che mette<br />

i buoni a destra e i malvagi a sinistra, questo movimento assicura che Gesù<br />

Cristo prende il credente a sinistra e lo porta alla sua destra, fra gli eletti.<br />

È assai curioso notare che, se nella Chiesa cattolica romana la seconda parte del<br />

segno della croce si fa da sinistra a destra, nella Chiesa ortodossa si fa da de stra<br />

a sinistra. C’è una spiegazione: nella<br />

Chiesa romana che si identifica con il Regno di Dio, il credente si mette al po sto<br />

di Cristo e la sua destra è la parre de gli eletti. Invece la Chiesa ortodossa re sta<br />

sempre di fronte a Cristo nell’adora zione: quindi la destra di Cristo diventa


300<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

necessariamente la sua sinistra.<br />

Ancora oggi però, nel popolo cattolico romano, si dice che il modo di fare degli<br />

ortodossi è una bestemmia: il gesto sa rebbe fatto alla rovescia per significare<br />

che si crede al diavolo; sarebbe il segno degli stregoni e delle streghe! Ciò<br />

deriva dal fatto che, dopo il grande scisma (ini zio del XV secolo), i sacerdoti<br />

hannotal­ mente biasimato gli ortodossi che il po polo li considera quasi seguaci<br />

di Satana!<br />

In principio, il segno della croce dove va essere fatto al momento della somministrazione<br />

dei sacramenti, ed è per ciò che acquistò presto molta importanza<br />

nella devozione popolare: dapprima sembrò semplicemente necessario per<br />

ottenere la grazia del sacramento, poi divenne utile anche in altre occasioni,<br />

come l’ingresso in chiesa, la preghiera, ecc.; finì per essere un mezzo per ottenere<br />

qualsiasi benedizione ed anche un gesto quasi magico di protezione.<br />

Quanto alla forma della croce del Cal vario, nel corso della storia sussistono<br />

due tradizioni: una ne fa una croce lati na, l’altra, probabilmente più esatta dal<br />

punto di vista storico, è la croce patibo lare a forma di «tau» (cf. Strumenti del la<br />

passione*).<br />

Coloro che hanno rappresentato Cri sto in croce, gli hanno dato posizioni assai<br />

diverse. Spesso egli è in piedi, ap peso per le mani, con la testa reclinata da un<br />

lato, piuttosto che in avanti. Due chiodi gli trafiggono le palme delle ma ni, ma<br />

uno solo perfora i piedi riuniti. Questa è la posizione «tradizionale». Ad altri<br />

artisti è stato assicurato che la cro ce autentica aveva un pezzo di legno a metà<br />

dell’asta, sul quale il suppliziato era<br />

seduto più o meno completamente. Altri disegnatori, pensando che il peso di<br />

un corpo era eccessivo per essere so stenuto da mani forate, le quali si sa rebbero<br />

ben presto squarciate, hanno immaginato di fissare le braccia con delle corde.<br />

Dall’esame dello scheletro di un crocifisso trovato di recente a Ge rusalemme e<br />

che risale ai tempi di Cristo, risulta che il suppliziato era, sì, par zialmente seduto<br />

su un’assicella inchio data alla croce, ma le ginocchia sembra no essere state<br />

rialzate e fissate molto in alto con un solo chiodo, come per farlo inginocchiare;<br />

i chiodi che reggevano le braccia erano piantati alla fine dell’a vambraccio e non<br />

nelle palme. Non è del tutto certo che lutti i crocifissi siano sta ti appesi al legno<br />

in questo modo, ma è possibile che la tradizione orale abbia attestato questo<br />

procedimento per la morte di Gesù.<br />

morte di Gesù. Sarebbe allora contro questa tradizione che dei cristiani, non<br />

potendo sopportare l’idea di Cristo ingi nocchiato davanti ai suoi carnefici, abbiano<br />

immaginato la storia (in sé non impossibile) dell’abbattimento dell’assicella<br />

di sostegno e di una coraggiosa posizione verticale di Cristo durante tut to<br />

il suo supplizio. La croce ortodossa*, con la barra inferiore inclinata sarebbe un<br />

eco di questo ricordo.<br />

Come si presenta l’evoluzione storica di queste diverse rappresentazioni? All’inizio<br />

Cristo fu vestito con una lunga tu nica; più tardi indosserà solo una gonna


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

301<br />

sempre più ristretta. 1 suoi piedi posava no su uno zoccolo, le braccia erano solo<br />

allargate, il corpo per niente sospeso. E ra ancora e sempre il senso dottrinale<br />

della crocifissione ad essere rappresen tato, molto più del l’atto storico.<br />

Il senso storico della morte di Cristo appare completamente soltanto ­dton il<br />

Rinascimento italiano e si diffonderà attraverso tutta la cristianità: il corpo<br />

del suppliziato si denuda, l’osser vazione anatomica si nota e si sviluppa fino<br />

a diventare, nel XVII secolo, l’occa sione per gli artisti di dimostrare virtuo sità<br />

accademica... a spese però del valo re propriamente religioso dell’opera. D’altra<br />

parte, e già dal XIV secolo, gli artisti tenteranno di esprimere i senti menti<br />

della persona crocifissa, in modo particolare nei crocifissi: il dolore, il do lore<br />

accettato o la tortura subita, la com passione per i carnefici, infine l’abban dono<br />

della morte; spesso cercheranno di far vedere la bontà di Cristo nono stante la sua<br />

sofferenza, il suo amore per gli uomini aldilà delle torture che gli hanno inflitto.<br />

In ciò risiedono l’inte resse e il valore dei Crocifissi della fine del Medioevo.<br />

La croce è sempre il simbolo della fede nel messaggio redentore di Cristo<br />

crocifisso ma anche il simbolo dell’onore ed omaggio a colui che è morto sul<br />

Calvario.<br />

Nel corso della storia cristiana sono stati ripresi talvolta dei simboli usati<br />

precedentemente e poi abbandonati; i segni che accompagnavano la crocifissione<br />

nel IV e V secolo furono ripresi al momento di una spinta di spirito dottrinale.<br />

Se ne aggiunsero altri: un cranio o anche uno scheletro ai piedi della croce<br />

vogliono dire che Cristo ha vinto la mor te. Si trovano crocifissi su croce latina<br />

combinati con un cerchio che vuol esse re una corona, quella dei martiri; sem bra<br />

tuttavia che si tratti di una remini scenza o un adattamento di un antico segno<br />

celtico, adottato e trasformato dalla devozione cattolica.<br />

In molte deposizioni si vedono non solo la corona di spine ed i tre chiodi<br />

(numero di chiodi di cui la Bibbia non parla!), ma anche gli altri strumenti di<br />

cui ci si può essere serviti o di cui parla no questa o quella leggenda: martello,<br />

tenaglie, scala, ecc.; attraverso il reali smo di questi oggetti si è voluta mostrare<br />

agli spettatori l’importanza delle sof ferenze redentrici di Cristo.<br />

Delle croci cristiane si trovano assai di frequente su monete. Quelle mero vinge<br />

hanno una croce innalzata su di una palla, per esprimere la dominazio ne del<br />

cristianesimo (e più tardi della Chiesa) sul mondo.<br />

Questa palla, che vuol essere un glo bo*, diventa talvolta un globulo o perfino<br />

un semplice punto. Monete simili si trovano fino al XIX secolo. Di solito<br />

la croce ha quattro bracci uguali; rara mente è una croce latina, spesso una<br />

croce ancorata. Qualche volta è fissata su una o due aste orizzontali che rappresentano<br />

dei gradini ed evocano sia la base delle croci da altare, sia la collina<br />

del Calvario.<br />

Croci diverse (semplice, ancorata, a punta, dentellata, biforcata, pomata,<br />

potenziata, trifogliata, ecc.) entrano in gran numero nella composizione di blasoni<br />

di famiglie, città e paesi.


302<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

La croce è sempre il simbolo della fede nel messaggio redentore di Cristo crocifisso,<br />

ma è anche il simbolo della rasse gnazione perché ricorda l’obbedienza di<br />

Gesù fino alla morte. Infine, è il simbolo dell’onore, perché tutta la cristianità<br />

ren de onore ed omaggio a colui che è morto sul Calvario. per analogia e per<br />

onora re questo o quel cittadino, che lo Stato gli dà una croce (croce d’onore, di<br />

meri to, di guerra, di questo o quell’ordine).<br />

Cuore<br />

Parola che si ritrova nella Bibbia più di 370 volte. Talvolta indica il luogo centrale<br />

o più profondo di una regione o di un oggetto, ma, come in tutta l’antichità<br />

per la quale il sangue spinto dal cuore era la sede dell’anima, il cuore indica<br />

soprattutto la vita interiore dell’uomo: dapprima gli affetti, poi i pensieri, infi ne<br />

il coraggio e la volontà.<br />

Quando fu usato come simbolo dal primo cristianesimo su pietre tombali o<br />

sarcofagi, il cuore fu segnato o sormon tato con un segno cristiano: croce, chrisma,<br />

ecc.; testimoniava lo spirito cristia no del defunto.<br />

L’apostolo Paolo aveva parlato della «carità che proviene da un cuore puro» (I<br />

Tim., 1, 15): da qui il cuore divenne il segno molto generalizzato della carità.<br />

Un cuore in mano è un modo di rap presentare la vita interiore di qualcuno<br />

esposta apertamente davanti agli occhi di tutti: è segno di franchezza e di rettitudine,<br />

è il segno che Calvino aveva a<br />

dottato per il sigillo con cui chiudeva le sue lettere. Solo nel XVII secolo fu<br />

isti tuita la devozione al sacro cuore di Ge sù: giunto dall’Inghilterra, questo<br />

culto si propagò rapidamente in Francia e in tutta la Chiesa cattolica, dal secolo<br />

se guente.<br />

Il cuore come simbolo del matrimo nio, e il cuore infiammato, simbolo di<br />

passione, non sono segni specificamen te cristiani.<br />

Dio<br />

«L’arte cristiana primitiva si è astenu ta a lungo da qualsiasi tentativo di rappresentare<br />

Dio». I primi tentativi sono stati fatti quando si è tentato di dipinge re<br />

la creazione. Comunque, sul disegno più antico che si conosca di questo soggetto,<br />

una miniatura del VI secolo, il Dio creatore è un personaggio giovane,<br />

imberbe, con la testa ornata di capelli biondi e di un nimbo crucifero; vestito<br />

di bianco, tiene nella mano sinistra uno scettro in forma di croce. Bisogna riconoscere<br />

che il nimbo, la forma dello scettro e la giovinezza del personaggio non<br />

dipingono Dio, ma piuttosto Gesù Cristo che, secondo il I’ capitolo del Vangelo<br />

di Giovanni, è la Parola creatri ce di Dio (Giov., I, 3­14). Bisogna atten dere<br />

ancora molti secoli per trovare il Dio creatore sotto l’aspetto di un bel vecchio<br />

barbuto, immagine che divenne corrente.<br />

Per molto tempo, dunque, gli artisti hanno conservato un certo imbarazzo a<br />

rappresentare Dio con l’aspetto umano. Perfino nel XIV secolo evidenziano la


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

303<br />

sua presenza soltanto con una mano o due che appaiono nella nube per elargi re<br />

una grazia o per benedire, oppure lo sostituiscono con uno dei suoi attributi.<br />

La regalità di Noè messa in evidenza da una corona*, uno scettro*, un globo* o<br />

un trono. Il suo mistero è indicato da un nimbo che attornia la sua testa; la sua<br />

autorità da una giara* p<br />

apale; la sua potenza da un arcobaleno sul quale tal volta è seduto, e con il<br />

quale garantisce la sua alleanza* con gli uomini. Dal XVII secolo, Dio è<br />

stato rappresentato spesso da un occhio spalancato nel mezzo di un triangolo<br />

equilatero.<br />

Delfino<br />

Questo pesce ha avuto una certa im portanza nelle narrazioni dell’antichità<br />

greco­romana. Poiché gli accade di se guire le navi, gli sono state attribuite<br />

in tenzioni benevole, e una certa tradizione marittima ne ha fatto un essere che<br />

com pie salvataggi. Così esso divenne il sim bolo della salvezza. Al suo riguardo<br />

cir colavano fra il popolo molte leggende, così che si trovano delfini su pietre<br />

tom bali o in scene che rappresentano l’arrivo degli eletti ai Campi Elisi.<br />

Ancora e delfino<br />

Particolare di un bassorilievo funerario.<br />

I cristiani, che vedono in Gesù il loro salvatore, utilizzarono naturalmente il<br />

simbolo abituale della salvezza per desi gnarlo. Tuttavia nei cimiteri primitivi<br />

si trova solo il simbolo del pesce*, ma non quello del delfino, che appare<br />

soltanto<br />

verso la metà del M secolo. Spesso è as sociato al tridente* o all’ancora*. Nel<br />

IV secolo si trovano lampade cristiane a forma di delfino, che furono molto di<br />

moda e apprezzate durante una o due generazioni.<br />

La designazione di Gesù per mezzo di un delfino era un’immagine troppo strettamente<br />

marittima e soprattutto di un’o rigine pagana troppo conosciuta, perché


304<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

potesse imporsi alla Chiesa. Oggi è un simbolo completamente dimenticato.<br />

Fenice<br />

E' un uccello mitologico ben noto al l’antichità. La testa è ornata di un ciuf fo<br />

di piume esuberante e sempre erto, la taglia quella di un’aquila. Il piumag gio è<br />

color porpora (il termine greco phoinix significa «porpora», da cui il nome dei<br />

Fenici), con riflessi dorati at torno al collo e macchie bianche sulla coda. Vive<br />

500 anni: altri dicono 540, o 654, o persino 1461. Sentendosi approssimare la<br />

fine, lascia l’India (o l’Arabia), suo paese d’origine, e si porta ad Elio­polis, città<br />

del Sole in Egitto, passando per il Libano dove si copre di essenze a romatiche.<br />

Giunto a destinazione si get ta secondo alcuni nel fuoco dell’altare sacrificale<br />

del principale tempio della città, secondo altri sale altissimo nell’a ria tanto da<br />

accostarsi al Sole che ar dendo lo consuma. Dalle sue ceneri na sce un verme o<br />

un uovo dal quale sboc cia una fenice nuova di zecca che rico mincia lo stesso<br />

ciclo di vita. Alcuni au tori greci e latini lo mettono in relazio ne con Mercurio. È<br />

legittimo doman darsi se la storia del favoloso uccello non sia anche da mettere<br />

in relazione con alcune osservazioni astronomiche, in particolare, forse, il<br />

passaggio del pianeta Mercurio davanti al Sole.<br />

Nei primi anni del cristianesimo il mondo viveva in funzione della vita materiale<br />

e con scarse preoccupazioni per la vita eterna. I predicatori cristiani, al<br />

contrario, spingevano i fedeli a trascor rere tutta la vita terrena in vista dell’Aldilà.<br />

Naturalmente fecero ricorso alla sto ria della Fenice che rinasce dalla proprie<br />

ceneri; ne fecero il simbolo e addirittura una profezia, se non la prefigurazione,<br />

della resurrezione. Perciò il misterioso uccello divenne un simbolo cristiano raffigurato<br />

su monete coniate da Costanti no il Grande e suo figlio. In questo caso<br />

voleva alludere probabilmente anche alla rinascita dell’Impero in conseguenza<br />

del l’adozione del cristianesimo.A partire dal secolo se ne trovano raffigurazioni<br />

su sarcofaghi, mosaici, bassorilievi, volendo significare la re surrezione. Si sono<br />

vedute persino feni ci aureolate; ma il cerchio attorno alla testa dell’uccello<br />

potrebbe rappresenta re il Sole, e quindi un ritorno al tema a stronomico nel mito<br />

della fenice.<br />

Dal VI secolo i cristiani hanno talvol ta attribuito all’aquila* e al pavone* il<br />

potere di sopravvivenza della fenice. La causa dello spostamento è senza dubbio<br />

il desiderio di liberare la Chiesa dalla mitologia antica.<br />

L’importanza della fenice come sim bolo cristiano a dire il vero non è trop po<br />

grande. È sconosciuto al Medioevo e riappare solo di rado in seguito.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Fiaccola<br />

305<br />

Molte divinità greco­latine sono rappre sentate con una fiaccola in mano (Ecate,<br />

Vesta, ecc.). I cristiani usarono quest’og getto per simboleggiare la notte e<br />

talvolta la maldicenza; accompagna anche Gio vanni Battista che annunciava la<br />

venuta di colui che è la luce del mondo.Rappresentando la parabola delle dieci<br />

vergini, si sono spesso dotate quelle fanciulle di piccole lampade* ad olio.<br />

È molto più probabile che si trattasse di fiaccole (la parola greca tradotta con<br />

«lampada» può significare anche «fiac cola»). Quando soffia il vento, è difficile<br />

far luce intorno a sé con una di queste lampade; d’altronde il rifiuto di spartire<br />

l’olio di riserva si spiega meglio se si tratta della quantità necessaria alla fiaccola,<br />

che se si tratta di qualche centili tro destinato ad una lampada ad olio (ved.<br />

Amore, Fuoco, Preghiera).<br />

Gallo<br />

Perché mai si è pensato di mettere un gallo sui campanili delle chiese? Una<br />

leggenda medievale lo spiega: Gesù ­ di ce ­ aveva annunciato a Pietro il suo<br />

rinnegamento: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte» (Matt., 26,<br />

34), cioè «prima del far del giorno».,Pietro aveva rinnegato il suo maestro e ne<br />

aveva molto sofferto, anche quan do Cristo lo ebbe perdonato (Giov., 21, 15­17).<br />

Sempre turbato per la sua catti va azione, Pietro in seguito si sarebbe messo<br />

ad afferrare tutti i galli che senti va cantare, impalandoli ed esponendoli bene<br />

in vista, e questo avrebbe ispirato i costruttori di banderuole...La vera origine<br />

di quest’uso va ricercaca piuttosto nelle idee generali e negli usi del tempo.<br />

Nell’antichità gli agricol tori possedevano un pollaio, non solo per procurarsi<br />

il cibo con le uova e qual che volatile, ma soprattutto per avere dei galli vivi<br />

che, avendo il vantaggio di svegliarsi al più piccolo rumore, diven tavano utili<br />

guardiani; inoltre, destan dosi alle prime luci dell’alba, sembrava no annunciare<br />

il giorno nascente e sve gliavano tutta la casa. Per queste ragio ni la terza vigilia<br />

della notte (fra le due e le sei) era chiamata «canto del gallo».<br />

A questo alludeva Gesù nell’annuncio del rinnegamento, e per questo il gallo è<br />

divenuto il simbolo della vigilanza. Già nel VI secolo a.C., un servitore di un re<br />

d’Israele aveva fatto incidere un gallo sul suo sigillo personale, per dimostrare<br />

che serviva il suo padrone in modo sve glio, riflessivo e attento.<br />

Ben presto i cristiani fecero del gallo il simbolo della resurrezione, dicendo:<br />

«Come questo uccello che annuncia un nuovo giorno, anche i fedeli vivono nell’attesa<br />

di un giorno nuovo in cui Cristo ritornerà». Quando l’epoca di questo<br />

ri torno sembrò allontanarsi, essi fecero del gallo il simbolo della venuta del<br />

re gno di Dio, e poi della speranza di tem pi nuovi.


282<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Solo nel IX secolo della nostra era si cominciò a mettere dei galli sui campanili;<br />

almeno data a quest’epoca la più antica testimonianza conosciuta. Allora,<br />

mettere una banderuola sul proprio tetto era un segno di preminenza, anche<br />

per un individuo, una casta o una corporazione, e quest’uso durò fino al<br />

XVII secolo. Molto probabilmente all’i nizio non fu che un’indicazione della<br />

direzione del vento, inteso però come la manifestazione di una potenza sovrannaturale.<br />

In certe regioni era neces sario badare alla direzione del vento, ed<br />

ecco l’impiego del simbolo della vigi lanza: il gallo.<br />

D’altra parte, la forma di questo uccel lo poteva ispirare un creatore di banderuole,<br />

il cui meccanismo richiedeva una freccia per indicare l’origine del vento,<br />

un’ala o una vela perché il movimento dell’aria potesse muoverla, e un asse<br />

che permettesse il movimento rotatorio: il becco, le ali e le zampe del gallo<br />

rispon devano a questi tre requisiti. Inoltre ciò spiegava e rafforzava l’idea di<br />

vigilanza già insita in questo uccello, che mostra da dove proviene il vento...<br />

il vento di Dio che «fa tutte cose muove» e sul quale bisogna vigilare con la<br />

massima attenzione.<br />

Come segno di vigilanza, il gallo è stato modellato, scolpito o dipinto in ogni<br />

tem po su moltissime lucerne cristiane, sim bolo adeguato, perché la lucerna aiuta<br />

a vegliare. Lo si trova su sarcofagi, iscri zioni funebri, affreschi, mosaici, come<br />

omaggio alla vigilanza del defunto o co me segno evidente della resurrezione.<br />

Dal XIII secolo il gallo è diventato il simbolo della predicazione; la notte è il<br />

mondo; il nuovo giorno è il Regno di Dio; il predicatore deve proprio sveglia re<br />

i dormienti che si abbandonano alle opere delle tenebre, e trascinarli a vive re<br />

nella luce di Dio.<br />

Quando la medicina* si separò dalla Chiesa, il gallo che un tempo era sacrificato<br />

ad Esculapio, dio dei medici, diven ne il simbolo delle arti mediche e<br />

farma ceutiche.<br />

Gesù (Trigramma di Gesù)<br />

L’origin di questo segno risale alle a bitudini dei copisti dei manoscritti gre ci<br />

del Nuovo Testamento. Poiché il no me di Gesù ritornava frequentemente in<br />

questi testi, i copisti lo hanno abbrevia to, secondo i loro costumi: scrivevano<br />

solo la prima e l’ultima lettera (o le due o tre prime lettere) con sopra un trattino<br />

orizzontale, segno dell’abbreviazio ne. La più antica forma conosciuta è<br />

IH, spesso attraversata dal segno oriz zontale della H; è anteriore alla fine del<br />

II secolo. Dall’inizio del 111 secolo si scrisse IC nei manoscritti orientali, un<br />

modo di fare che fu chiamato tradizio ne bizantina, mentre i copisti del mon do<br />

occidentale avevano preso l’abitudi ne di scrivere IHE.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

283<br />

Quando il Nuovo Testamento fu tra dotto in latino, si sarebbe dovuto agire come<br />

gli scrittori greci e ridurre il nome latino di Gesù a due o tre lettere, cioè IS o<br />

IES. Nel frattempo però l’abbreviazio ne greca si era cristallizzata, e l’abitudi ne<br />

presa era tale che la si mantenne in latino così come si presentava in greco.<br />

D’altronde non è impossibile che siastato attribuito al nome di Gesù un va lore<br />

simile a quello che gli ebrei attri buivano al tetragramma divino: 7 TTiT’ ; il<br />

rispetto riservato a Gesù, poi anche al nome proprio del Salvatore (l’apostolo<br />

Paolo vi fa già allusione, Fil., 2, 10), fu probabilmente riportato sull’abbreviazione<br />

che ne era stata fatta.<br />

Questo simbolo impiegò quasi dieci secoli per trovare una forma tradiziona le<br />

(fig. a). Nel IX secolo, epoca in cui e ra molto vivo il gusto del simbolismo, si<br />

discuteva ancora sul modo migliore di scriverlo in latino. Giova, vescovo di<br />

Orléans (t 844), scriveva a questo pro posito ad Amalaire, abate di Hornbach, che<br />

bisognava rendere il sigma greco con una S latina, così come il khi del chrisma<br />

era reso con una X latina. Si giunse così a questo straordinario mo nogramma<br />

IHS, di cui la prima lettera è bilingue, la seconda è greca e la terza latina.<br />

Nella Chiesa cattolica, dove per la preoc cupazione dell’universalità il latino è<br />

ri masto a lungo la lingua corrente della religione, si dimenticò ben presto che la<br />

H mediana era una éta; la si prese per una h latina e questo permise di creare un<br />

anagramma segreto molto conforme alla tendenza di tutto il Medioevo verso i<br />

misteri più o meno cabalistici: JESUS HOMINUM SALVATOR (Gesù Salvatore<br />

degli uomini). I Riformati, che aveva no come principio il ritorno alle fonti,<br />

compresero l’errore che era stato fatto e, riprendendo a loro volta le tre lettere,<br />

ma in greco, formarono un nuovo ara gramma che aveva quasi lo stesso signi<br />

ficcato: 1H10Y HMŠ2N ZQTH (= Gesì nostro Salvatore).<br />

c) Trigramma di Gesù - Iscrizione funeraria<br />

(X secolo).<br />

La forma delle lettere di questo moro gramma si è evoluta con la trasforma zione<br />

della scrittura, e secondo il mate riale con il quale o sul quale si scriveveva


284<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

d) Trigramma di Gesù - Chiave di volta,<br />

La Sagre (1526).<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

(fig. b e c). Da principio si hanno le due (o tre) lettere in maiuscolo. Dal VICI<br />

se colo si trova in minuscolo sia ic (nei manoscritti orientali), sia ihs (mano scritti<br />

occidentali). Queste lettere sono disegnate secondo la moda del tempo ed il<br />

genio inventivo dei copisti: dappri ma molto semplici, ridotte ai tratti es senziali,<br />

poi rappresentate sempre più artisticamente, furono ben presto illeggibili con<br />

tratti supplementari e pu ramente decorativi, ma che furono con siderati talvolta<br />

significativi e necessari, anche senza comprenderli bene. Nel XVI secolo questa<br />

abbreviazione era perfino divenuta un monogramma del quale furono intrecciate<br />

le lettere (fig. d). Ci fu un po’ d’imbarazzo per il segno di abbreviazione (che da<br />

tratto orizzon tale era spesso diventato una specie di Q più o meno spezzato); lo<br />

si combinò con l’asta della h minuscola. Poi, quan do ci fu tingo di quei ritorni al<br />

passato di cui la storia conosce numerosi esempi,<br />

e)Trigramma di Gesù - Iscrizione funeraria (1845).<br />

e si credette di riprendere la sana tradi zione anteriore agli ornamenti ad intreccio,<br />

ci si immaginò che il segno di abbreviazione volesse soprattutto for mare<br />

una croce con l’asta principale del la h minuscola. Ecco perché dal XVII secolo<br />

si trova spesso una croce latina o trifogliata disegnata nel mezzo ed al di sopra<br />

della H maiuscola del monogram ma (fig. e­f).


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Giona<br />

f) Trignunma di Gesù - Iscrizione funeraria (1633).<br />

285<br />

La storia di Giona è stata riprodotta a iosa nell’Antichità cristiana, perché se<br />

ne era fatta l’immagine della morte e della resurrezione di Gesù. Cristo stesso<br />

si era paragonato a Giona (Luca, 11, 29 32; Matt., 16, 4, ecc.). I suoi ascoltatori<br />

gli chiedevano un miracolo e Gesù pen sò subito al «miracolo di Giona», cioè al<br />

fatto che Dio aveva convertito gli abi tanti di Ninive grazie alla predicazione di<br />

Giona. Egli disse. «Un miracolo è possibile<br />

Mostro che inghiotte Giona - Simbolo della morte ­ Catacombe, Roma (II secolo).<br />

cioè che voi accettiate, sulla Più tardi, ma molto rapidamente, Gio mia parola,<br />

l’autorità di Dio sulle vostre na inghiottito e rigettato rappresentò vite, come è<br />

accaduto un tempo a Nini­ anche la morte e la resurrezione di tutti ve». Gesù<br />

era così preoccupato delle cose religiose, che proprio in quelle vedeva ciò che<br />

c’era di essenziale e miracoloso nella storia ben nota di quel profeta del passato.<br />

Ma quando si parlava del «miracolo di Giona», gli spiriti realistici, se non


286<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

razionalisti, pensavano subito alla parte bfiabesca della storia e si stupivano che<br />

un uomo potesse essere inghiottito da un mostro marino ed essere gettato sulla<br />

riva.Per loro era proprio questo il miracolo di Giona. Questo passaggio da una<br />

mentalità orienta le ad un pensiero occidentale e latino spiega come il miracolo<br />

(della predica zione efficace) di Giona secondo Gesù Cristo, sia divenuto il<br />

miracolo (del ri torno alla vita) di Giona ed abbia rap presentato quindi la morte,<br />

ma soprat tutto la resurrezione di Gesù.<br />

Dalla fine dei primi secoli, gli affreschi sulle tombe rappresentano questa<br />

storia, affermando così la certezza della resurrezione. Lampade, vetri, gemme,<br />

piastrelle di terracotta sono decorate con questa stioria e si trovano su moltissimi<br />

sarcofagi, incisioni , cofanetti e teche per le reliquie; dipinta su vetrate e<br />

moltissime miniature. Ne esistono più di 250 testimonianze.<br />

Ichtus (IXE)YY<br />

In greco le iniziali delle parole «Gesù Cristo, di Dio Figlio, Salvatore» forma no<br />

la parola Ichtus che significa «psce».<br />

.I.X.O.Y.C.<br />

ICHTUS - Catacombe, Roma (II secolo).<br />

Questo acrostico ha fatto del pe sce* un simbolo molto diffuso in alcune epoche.<br />

In origine era una formula mi steriosa, era come una parola d’ordine: non riuniva<br />

forse i titoli principali del Signore della Chiesa? Fu la prima con fessione grafica<br />

di fede.<br />

La più antica testimonianza esistente risale alla metà del II secolo: Clemente di<br />

Alessandria (t 220) raccomanda ai fedeli di fare incidere l’immagine di un pesce<br />

sui loro sigilli. Non ne spiega la ragione, perché questo simbolo era già familiare<br />

ai fedeli. La sua origine non è nella Bibbia, nonostante tutti gli sforzi che i Padri<br />

della Chiesa hanno fatto per farlo derivare da questa o quella pesca miracolosa.<br />

Non proviene certamente da una religione che adorava un dio­pe sce: né gli<br />

ebrei, né i cristiani avrebbero cercato lì un’ispirazione per i loro sim boli! In<br />

compenso, si può ricordare che le sibille, esprimendosi con formule mi steriose<br />

e a doppio senso, mantenevano nel popolo un certo gusto del mistero. I noltre<br />

e soprattutto, proprio all’inizio del II secolo si diffusero i procedimenti della<br />

cabala: uno di questi consisteva nell’utilizzare ogni lettera di una parola biblica<br />

come iniziale di altre parole che formavano, così si pretendeva, un messaggio<br />

segreto presentato come una ri velazione. Questo metodo dell’acrostico era<br />

divenuto d’uso corrente nella teolo gia ebrea dell’epoca. I cristiani vi videro un<br />

mezzo fausto per velare il loro segno di riunione. Il simbolo del pesce è uno degli


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

287<br />

em blemi più autenticamente cristiani. Lo si trova già nelle catacombe. Alcuni<br />

Pa dri della Chiesa cominciavano le loro lettere disegnandolo; non era soltanto<br />

un segno di riconoscimento, ma un mar chio d’autorità: la lettera si presentava<br />

come un messaggio di Gesù, il Capo del la Chiesa. Cosa curiosa, questo simbolo<br />

nato nei paesi di lingua greca si perse rapidamente nelle chiese orientali, era<br />

troppo intellettuale per esservi durevole.<br />

Labaro<br />

Intestazione di una lettera di san Basilio (1379).<br />

È l’insegna con cui Costantino I impe ratore dotò il suo esercito alla vigilia di<br />

una battaglia inquietante che avrebbe deciso la sorte dell’impero. Si racconta<br />

che il sovrano ebbe una visione mentre pregava per ottenere la vittoria: avrebbe<br />

visto una croce infiammata (altri dico no un chrisma) circondata da queste pa role:<br />

in hoc signo vinces (= con questo segno vincerai). Questa visione gli a vrebbe<br />

ispirato l’idea di decorare con ta le segno le insegne militari


288<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Ricostruzione di diverse forme di labaro.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

di cui l’eser cito romano si era sempre servito. Era una decisione politica molto<br />

diplomati ca: assicurava ai soldati cristiani che la loro religione diventava lecita<br />

e non sa rebbe stata più perseguitata, e contem poraneamente li impegnava a<br />

manifestare la loro riconoscenza con un gran dissimo valore in battaglia. La<br />

decisione fu positiva: i cristiani ottennero la vitto ria. Ma qual era la forma del<br />

labaro? I più antichi documenti letterari o pla stici danno informazioni assai<br />

diverse. Secondo alcuni, si trattava di una lunga picca, attraversata ad una<br />

certa altezza da un bastone (ciò formerebbe una cro ce) da dove pendeva una<br />

banderuola ge neralmente di porpora, a volte ornata di gemme. Avrebbe avuto<br />

press’a poco lo stesso aspetto dell’orifiamma dei re di Francia dal 11I al XV<br />

secolo; quanto al labaro, però, la forma, il colore e la lun ghezza della banderuola<br />

sembrano aver variato parecchie volte (1). Un’altra te stimonianza assicura che<br />

«Costantino fece incidere su tutti gli scudi dei solda ti il segno divino... dove la<br />

lettera (greca ca) X era attraversata da una barra ver ticale e terminava in cima<br />

con un picco lo uncino (2). Questo fa pensare a ciò che, molto più tardi, è stato<br />

chiamato «il chrisma costantiniano», consistente<br />

Particolare di un bassorilievo di sarcofago (V secolo).<br />

in una corona di alloro generalmente in fiocchettato, nel mezzo della quale<br />

tre perfettamente identiche erano disposti come i diametri di un esagono; si<br />

tratterrebbe di un monogramma delle iniziai greche di Gesù Cristo (I). Questo<br />

emblema si ritrova su numerosi sarcofagi del IV secolo, dove è un’allusione al<br />

la baro. Alcuni scultori hanno posto questo segno su una croce, sui bracci delle<br />

quale si reggono due uccelli con le al spiegate; qualcuno ha voluto vedere delle<br />

colombe, ma bisogna riconoscere che questi uccelli di pace contraddireb bero<br />

stranamente l’uso che si faceva del labaro; si è pensato più giustamente a delle<br />

aquile sul punto di prendere il vo lo, che avrebbero sostituito naturalmen te le<br />

aquile romane. Infine, su monete e medaglie di Costantino stesso e dei suoi<br />

immediati successori si trova una corni ce vuota, quasi quadrata, sostenuta da<br />

un’asta decorata anch’essa di dischi e cu scinetti (3). Su altre monete degli stessi<br />

imperatori si trova un disegno identico, ma comprendente un chrisma nella cornice<br />

(4). Altre ancora rappresentano un gagliardetto quadrato con un chrisma (5).<br />

Queste monete sono documenti con temporanei all’avvenimento che sta all’origine<br />

del riconoscimento del cristiane simo come religione lecita, e le ultime<br />

di loro rappresentano sicuramente un la baro. È chiaro però che su delle monete


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

289<br />

non si poteva incidere una riproduzione esatta di questi stendardi militari; si<br />

trattava solo di un segno, un disegno ri dotto agli elementi essenziali del labaro.<br />

Apparentemente, dunque, ci sarebbe ro state diverse forme di questo celebre<br />

stendardo, e questo si spiega facilmen te: è stato creato alla vigilia di una battaglia<br />

importante. I fonditori, gli sculto ri e gli orafi incaricati di creare tutti gli<br />

stendardi necessari ad un grande eser cito non ebbero certamente né il tempo<br />

né il materiale necessari per curarne la confezione e la decorazione e fecero di<br />

ogni erba un fascio. A volte hanno sem plicemente soppresso le aquile romane<br />

per sostituirle con un chrisma costanti niano o con una semplice croce. I gagliardetti<br />

che li indicavano all’attenzio ne delle truppe sono spesso rimasti, talvolta<br />

arricchiti da un simbolo cristiano. È molto probabile che alcuni di questi<br />

stendardi siano stati curati più partico larmente, per esempio, quelli destinati<br />

alla guardia imperiale. Più tardi, alcuni di essi furono conservati religiosamente<br />

in luoghi religiosi molto diversi dove l’una o l’altra unità dell’esercito aveva<br />

soggiornato.<br />

Labirinto<br />

Il simbolo del labirinto è di origine pagana. Racconti mitologici o immagi ni<br />

filosofiche ne facevano la rappresen tazione degli sforzi che l’uomo deve fare per<br />

giungere nel mondo delle «Idee» o della libertà.<br />

Quando i cristiani adottarono questo segno, non prima del VI secolo, non posero<br />

l’uomo al centro del labirinto, ma all’esterno; il simbolo doveva ricordare<br />

ai fedeli che lo scopo della loro vita era quello di giungere alla salvezza con una<br />

vita santa, rappresentata al centro dalla Gerusalemme celeste. Per raggiungere<br />

questo scopo il cristiano deve passare attraverso tribolazioni di ogni genere,<br />

e sitazioni, lentezze, ritardi, movimenti di arretramento. È esattamente ciò che<br />

in seguito, nel XVII secolo, J. Bunyan de scriveva a modo suo nel suo «Viaggio<br />

del pellegrino ».<br />

Si conoscono una trentina di chiese, sul cui pavimento è stato inciso un tale<br />

labirinto, dipinto o fatto di piastrelle bianche e nere; i miniaturisti del Medioevo<br />

l’hanno riprodotto o ricreato con la stessa intenzione.


290<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Labirinto - Cattedrale di Chartres.<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Alla fine del Medioevo, poiché la Chie sa dava l’impressione di dominare il<br />

mondo e d’introdursi dovunque nell’esi stenza umana per dirigere ciascuno in<br />

tutte le sue azioni, si inventò un labirin to di lettere (ved. figura più sopra): partendo<br />

dalla S centrale di questa figura per arrivare ad uno degli angoli, si legge<br />

sempre: sancta eclesia. Era un modo per dire: «Seguirete qualsiasi cammino<br />

sul la terra, ma è sempre la Chiesa che vi guiderà e vi condurrà».<br />

Dalle chiese, il labirinto passò nei giar dini e stavolta fiorirono le spiegazioni<br />

fantastiche. Vi si è visto il simbolo (as sai complicato) della Chiesa, o quello della<br />

fede che, come un filo di Arianna, per metterebbe di sfuggire alle insidie degli<br />

uomini. Si è preteso di ritrovarci i piani di misteriosi sotterranei che permetterebbero<br />

di fuggire da una cittadella as sediata, o il ritmo di una danza che rappresenta<br />

il mezzo per fuggire all’oscuri tà del mondo. Vi si è perfino trovata la<br />

rappresentazione di certi pellegrinaggi e dei simboli massoni!<br />

Lampada<br />

Contrariamente a quanto si può im maginare, la lampada non è un simbolo<br />

cristiano primitivo. Sono state ritrovate molte vecchie lampade decorate con segni<br />

cristiani, ma nessuna di essa va al di là del IV secolo. Il fatto è che le lampade<br />

e la loro decorazione erano consa crate a divinità pagane: Mercurio,<br />

Lampada decorata con una resurrezione di Lazzaro<br />

Cartagine.<br />

Vul cano, Minerva e soprattutto Venere. Vi si bruciava dell’olio depurato e spesso<br />

profumato, come atto di adorazione. 1 cristiani non volevano avere niente in<br />

comune con quei riti.<br />

In compenso, da quando il cristiane simo fu non soltanto tollerato ma pro mosso<br />

al rango di religione ufficiale, la mentalità profondamente pagana del l’antichità<br />

romana si attenuò, ma intro dusse nella chiesa parecchie usanze che si riteneva


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

291<br />

di poter cristianizzare. L’uso delle lampade e delle fiaccole divenne frequente<br />

per molte cerimonie pubbli che e private. In passato si accendevano lampade<br />

davanti a personaggi impor tanti dell’amministrazione governativa. A loro<br />

volta, gli imperatori cristiani non esitarono a ricevere questo omaggio, an che<br />

perché le due lampade che li cir condavano divennero abitualmente il simbolo<br />

della loro duplice giurisdizione temporale e spirituale. Il papa Nicolò 1(t 867)<br />

lo rimprovera va ancora al sovrano di Costantinopoli. D’altra parte si era presa<br />

l’abitudine di accendere delle lampade davanti alle tombe dei santi: era divenuto<br />

un gesto di adorazione cristiana. Più tardi questo omaggio fu riservato a Dio,<br />

ma a quel Dio di cui le ostie consacrate sono più che un simbolo, nell’ottica<br />

cattolica. In fatti il decreto della congregazione dei Riti è chiaro: «Una lampada<br />

deve essere accesa continuamente davanti all’altare del santo sacramento, e<br />

molto vicino».<br />

Ci si è anche domandati seriamente se bisognava appenderla al muro o posarla<br />

sull’altare. La lampada non doveva sola mente indicare l’armadietto dove erano<br />

deposte le ostie, ma significava l’adora zione continua dei cristiani davanti a Dio.<br />

Questa usanza, ripresa dunque dal l’ antichità pagana, fu allora collegata alla<br />

sacralità dell’ostia consacrata cristiana alla sua divinità<br />

Leone<br />

Fin dalla più remota antichità le rap presentazioni dei leoni sono legate all’i dea<br />

di forza, crudeltà ed autorità. Come emblema di supremazia il re degli ani mali<br />

è mostrato con una zampa posata su un globo*. Le scene di caccia ai leoni fatta<br />

da sovrani del passato affermavano la superiorità di questi ultimi su qualsia si<br />

altra potenza.Il leone appare spesso nelle favole del paganesimo, ma anche nei<br />

testi biblici e nei racconti più o meno leggendari del la storia ecclesiastica. È il<br />

simbolo di Giuda (Gen., 49, 9), la tribù che al tem po di David era la più potente<br />

di Israele. Il titolo di «leone di Giuda» è attribuito a David e poi a Gesù in<br />

quanto discen dente di questo grande re (Apoc., 4, 5), ed anche a diversi sovrani<br />

considerati discendenti di David. Per il salmista (Sal., 7, 3; 10, 9; 22, 14, ecc.)<br />

e per i pro feti (Ger., 5, 6; Os., 5, 14, ecc.) il leone è soprattutto il simbolo della<br />

forza e della crudeltà. La paura del leone si ritrova nel Nuovo Testamento (2<br />

Tim., 4, 7; 1 R., 5, 18).<br />

Lotta fra i leoni ed i serpenti - Capitello della


292<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Cattedrale di Ginevra (XII secolo).<br />

Il leone del Vangelo di san Marco ­ Miniatura (1285).<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

La potenza suprema viene espressa da una certa dominazione del Leone (1 Sani.,<br />

17, 37; Salmi, 91, 13). Nell’iconografia cristiana, quando so no stati attribuiti agli<br />

autori dei quattro Vangeli i misteriosi animali della visio ne di Ezechiele ripresa<br />

dall’Apocalisse, il leone fu­riservato a Marco (cf. Tetramorf*). Isaia chiama<br />

Gerusalemme «leone di Dio» (Ari­el) perché è una cit tadella inespugnabile (Is.,<br />

29, 1).<br />

Lo stesso nome è dato, ma in un altro senso, da Ezechiele (43, 15) all’altare dei<br />

sacrifici perché, come il leone, divorava molte vittime. Per Amos il ruggito del<br />

leone è la voce di Dio (Amos, 1, 2), come il tuono lo è per il salmista (Sal., 29).<br />

Nel Cristianesimo primitivo non ci si collega a queste immagini; invece, il leone<br />

che esse rappresentano dimostrano la paura degli uomini di fronte alla forza ed<br />

alla cattiveria di questo animale e divengono l’espressione della potenza del male;<br />

in dicano Satana stesso, il nemico dell’uo mo spirituale, e come tale il leone figura<br />

molto spesso sui capitelli delle chiese ro maniche. Talvolta vi si vedono Adamo<br />

ed Eva su dei leoni: sedotti dal serpente, hanno creduto che «sarebbero stati co me<br />

degli dei», potenti come loro; hanno creduto di possedere la potenza del leo ne,<br />

ma era quella del male. Quanto ai combattimenti fra leoni e serpenti, che vi si<br />

trovano anch’essi, non rappresenta no la lotta del bene contro il male, così come<br />

essa esiste nel cuore dell’uomo, ma piuttosto la battaglia fra le diverse potenze<br />

diaboliche per impadronirsi dell’uomo. È come dire ai fedeli che en trano in chiesa<br />

che essi saranno sballot tati e strattonati da tutte le parti da de moni che non hanno


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

nemmeno un’unità di azione fra loro, fino al momento in cui avranno preso la<br />

strada dell’altare dove brilla la luce di Cristo.<br />

D’altra parte, il leone è l’attributo di Sansone*, Salomone*, Daniele*, Paolo*,<br />

Gerolarno*, Adriano*.<br />

Morte<br />

293<br />

La rappresentazione cristiana della morte segue l’evoluzione del culto dei morti<br />

nella Chiesa. Non c’è alcun soste gno biblico per questo culto, se non in un’opera<br />

apocrifa, il II libro dei Macca bei (12, 43) che attesta un modo di fare ebreo per<br />

ottenere ritualmente il perdo no di Dio per coloro che, durante la ri volta maccabea,<br />

erano morti per difen dere la loro fede. Nel cristianesimo pri mitivo si affidavano a<br />

Dio, con piena fi ducia, coloro che erano deceduti. Un ve ro culto peri morti appare<br />

solo nell’VIII secolo. Alla fine del X secolo, il giorno dei morti, fissato per il 2<br />

novembre, fu istituito dapprima per tutti i monasteri dipendenti da Cluny, e poi<br />

in modo ge nerale per la Chiesa. Infine è nel Conci lio di Trento (1545­1563) che<br />

il pensiero che aveva portato a questo culto fu in durito in un diritto ed un potere<br />

della Chiesa: si dichiarò che le sofferenze del le anime del purgatorio potevano<br />

essere alleviate dalle preghiere, dalle buone o pere dei vivi e soprattutto dalla<br />

messa, considerata come un rito operante (un sacrificio) a favore dei morti.<br />

Per le prime generazioni dei cristiani la fede nella resurrezione di Gesù era u na<br />

sicurezza tale che la resurrezione sembrava loro più naturale della morte. Non<br />

c’era quindi motivo per rappresen tare quest’ultima, mentre il tema della vita<br />

eterna era rappresentato frequente mente. Ma quando la formulazione del la fede<br />

prese il sopravvento sulla fede stessa, e soprattutto quando ci si avvici<br />

nò all’anno 1000, e più tardi all’anno 1260 quando si usarono le risorse dell’Apocalisse<br />

e della dottrina del purgato rio per terrorizzare, il tema della morte<br />

e lo spavento che essa suscita trascina rono una volta di più gli artisti dietro i<br />

teologi. Rappresentarono non solo le spoglie mortali, ma anche l’avvenire che<br />

era loro riserbato nel purgatorio, se non all’inferno. Rappresentazioni del giudizio<br />

universale sostituirono la rivelazio ne di Cristo sui timpani degli atri delle<br />

cattedrali; se ne videro in alcuni cimite ri; se ne fecero quadri da altare; ne esistono<br />

pitture, affreschi, mosaici. Vi si trovano indubbiamente dei resuscitati, ma<br />

anche, dei diavoli e dei demoni che rappresentano la morte definitiva del l’inferno.<br />

A volte sono scheletri comple tamente nudi o rivestiti a malapena di pelle. Alcuni<br />

artisti si specializzarono nell’orrore di queste descrizioni; la mor te vi ha spesso<br />

ali di pipistrello, testa di rapaci a guisa di spalle o di ginocchia, zampe d’aquila al<br />

posto dei piedi; è ge neralmente nera o color grigio cenere. Le si rende la falce che<br />

l’ha resa celebre nell’antichità greco­romana.<br />

Nelle rappresentazioni della crocifis sione si vede talvolta uno scheletro, o<br />

semplicemente un cranio ai piedi della croce. Vuol significare che Cristo ha vinto<br />

la morte, ma tale simbolo non ha mai avuto molta diffusione, essendo troppo


294<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

formale. Non mostra né intellettualmen te né spiritualmente il legame che uni sce il<br />

decesso di Cristo e la morte; è già dogmatismo, una religione pietrificata.<br />

Nimbo, Aureola<br />

L’origine del nimbo (un’aureola dal l’apparenza solida) non va cercata nel<br />

cristianesimo. La si vede in effetti in molte opere pagane e in particolare in mosaici<br />

antichi. La maggior parte degli dei olimpici è aureolata da dischi lumi nosi. In età<br />

ellenistica il nimbo circonda la testa di personaggi incisi su steli funerarie.<br />

San Nicola ­ Icona (1294).<br />

Esso esprime la deferenza do vuta a tutto ciò che riguarda il monde dell’Aldilà. Il<br />

suo colore di solito lo conferma:<br />

quando il personaggio aureolato si trova in una stanza, l’aureola è azzurra,<br />

l’azzurro del cielo, dimora degli dei, un azzurro che dal bordo vira al bianco<br />

nel centro del disco, a significarne l’ir radiarsi. Appunto con la raggiera gli ar tisti<br />

intendevano significare la divinità dei misteriosi personaggi. In seguito, dovendola<br />

rappresentare anche sulle monete, si limitarono a un cerchio net tamente inciso<br />

attorno alla teste. La cir colazione delle monete fece conoscere assai ampiamente<br />

il segno, che divenne talmente convenzionale che, quando gli artisti vennero<br />

incaricati di nuovo di e sprimere la stessa idea, tracciarono sen za indugio una<br />

circonferenza attorno alla testa dei personaggi, riempiendola all’interno di un<br />

colore qualsiasi. E così divenne normale vedere quella sorta di disco che, collocato<br />

dietro la testa, si gnificava che si trattava di una divinità o di qualcuno che aveva<br />

l’onore di esse re in rapporto con gli dei. Il senso di tale segno era talmente noto che<br />

i cristiani lo impiegarono come un termine internazionale del linguag gio visivo.<br />

Se ne riscontrano numerose testimonianze (parecchie centinaia) nel le catacombe.<br />

Presto compare in scultu re, mosaici, dipinti, incisioni su legno o in avorio, icone,<br />

steli funerarie, ricama to su vesti o arazzi; viene inciso su amu leti, anelli, lampade<br />

e così via.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Nimbo del Cristo - Catacombe (IV secolo).<br />

295<br />

Si ha tuttavia l’impressione che gli ar tisti cristiani abbiano ripensato la for ma e<br />

l’uso del segno, conferendogli po co a poco una nuova portata. Lo utiliz zarono<br />

innanzitutto semplicemente per attribuire una particolare importanza a uno dei<br />

personaggi delle scene che illu stravano. Nel II e 111 secolo, allorché u na linea<br />

più o meno netta circonda un personaggio per intero, oppure il tronco o soltanto<br />

la testa, ciò non significa che questi detenga o acquisisca una partico lare purezza<br />

morale o dottrinaria; essa non gli conferisce una specifica santità. È un’espressione<br />

della deferenza che<br />

Nimbo dell’angelo dell’ Annunciazione<br />

Smalto (XV secolo).<br />

l’autore prova nei suoi riguardi. Una de ferenza tutt’altro che costante nelle<br />

i struzioni impartite dalla Chiesa agli arti sti; talvolta un certo apostolo ne è dotato,<br />

talvolta no. Il simbolo manifesta una ammirazione per questa o quella delle<br />

sue azioni, ma non per la sua natura o per il suo carattere. A partire dal IV secolo


296<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Cristo è con crescente regolarità il destinatario di ta le omaggio. Nel V secolo il<br />

segno divie ne di prammatica inizialmente per lui,<br />

Nimbo del Cristo - Moneta di Michele III,<br />

imperatore bizantino (842­867).<br />

ma in seguito anche peri discepoli, che meritano l’attenzione e la stima dei cristiani.<br />

Allora però si manifestò l’esigen za di distinguere fra l’omaggio reso a<br />

Santo Volto - Icona (XVII secolo).


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

297<br />

Nimbo del Cristo - Mosaico ­ San Vitale, Ravenna (548).<br />

Cristo e quello riservato agli apostoli; il nimbo del primo fu dotato di attributi<br />

particolari. Anche in questo caso il nim bo, però, non caratterizza la sua<br />

santità, ma piuttosto il rispetto e l’adorazione dei cristiani. In un periodo di<br />

secolarizzazione della Chiesa, si era ritornati al significato dato a questo attributo<br />

divi no nell’Antichità; voleva semplicemente dire che si trattava di divinità o di<br />

esseri umani particolarmente cari agli dei. Nel VI secolo si notano ancora delle<br />

esita zioni nell’impiego del segno. Così in San Vitale, a Ravenna, gli angeli e gli<br />

scritto ri biblici hanno l’aureola, ma non l’han no né Abele, né Abramo, né Mosè;<br />

dal X secolo in avanti quest’ultimo la porterà regolarmente, come d’altronde il<br />

farao ne che lo insegue verso il Mar Rosso. Giunse tuttavia un momento in cui<br />

la tradizione antica fu completamente di menticata, e i miniaturisti dei codici biblici<br />

ed ecclesiastici rifecero da capo il cammino abituale dell’evoluzione arti stica<br />

generale: si passa sempre dai mo tivi e dai temi più semplici a stili più sviluppati<br />

e complessi con ritorn all’indietro e salti in avanti. Per comin ciare, i disegnatori<br />

di iniziali miniate davano risalto ad alcuni personaggi col locandoli su un fondo<br />

dorato. Quando si dovevano raffigurare vari personaggi il più importante fra di<br />

loro era poste su un simile fondo dorato, delimitato & un tratto nero in forma di<br />

circonferenze o di ovale più o meno regolari. Il segno era tanto comprensibile che<br />

questo me todo divenne abituale e ricevé un nome si trattava di una «gloria»*,<br />

perché can tava le lodi di qualcuno, o una «mandor la», a causa della forma della<br />

figura. La stessa composizione fu cesellata nelle pietra, dato che gli artisti che<br />

miniavano i codici erano gi stessi che scolpivano i capitelli delle cattedrali. Poi,<br />

dovendo celebrare la gloria di più personaggi, de coravano la «mandorla» del più<br />

impor tante con raggi o fronde. Raffinandosi l’arte, le «glorie» vennero circoscritte<br />

alle sola testa dei personaggi che si volevano esaltare. È questo il momento, ovvero<br />

i’ XIV secolo, in cui la Chiesa decide d: reagire contro i molteplici culti tributati a<br />

cristiani dei quali essa non ha ricono sciuto la santità, fissando il complicatis simo<br />

cerimoniale della canonizzazione Il significato del nimbo si cristallizzò divenne<br />

l’attributo tipico dei santi; indi. cava che la loro santità era ufficiale.<br />

Occorre aggiungere anche che gli arti sti (come la gente comune) hanno sem.pre<br />

riconosciuto diversi tipi di santità che hanno cercato di esprimere graficamente.<br />

Vennero creati nimbi bianchi c avoriati; talvolta ornati di arabeschi più o meno<br />

virtuosistici, generalmente bru. ni, rossi o dorati, cui potevano aggiungersi schegge<br />

di madreperla, pietre preziose o perle. Il grado supremo della santità era indicato


298<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

sia da linee di un verde più o meno cupo, sia da una particolare gradazione della<br />

doratura.<br />

Pace<br />

Moltissime iscrizioni funerarie dell’an tichità parlano di pace, ma sotto questo<br />

termine si celano significati molto diver si fra di loro.Le più antiche tombe cristiane<br />

dicono che il defunto è ovvero in pace, un’eco del saluto apostolico: «Che la<br />

grazia e la pace siano con voi» (Rom. 1, 7; 1 Cori. 1, 3, ecc.). La pace e la grazia<br />

sono strettamente legate nel cristianesi mo primitivo. Il cristiano è in pace con Dio<br />

avendo accettato (mediante la fede) la grazia del perdono, annunciata da Gesù<br />

Cristo con la sua vita e con la sua morte. Questo spiega perché la pace sia stata<br />

raffigurata proprio con il Cristo* o coni simboli che lo rappresentano.Bisogna<br />

specificare che la pace con Dio necessitava la pace con i fratelli. Il perdono verticale<br />

è inseparabile dal per dono orizzontale. È tutt’uno: chi non co nosce l’uno non<br />

può conoscere l’altro. Prima di comunicarsi, ossia prima di accettare il perdono<br />

divino, i primi cri stiani si davano in segno di reciproco perdono un bacio, definito<br />

per molto tempo «bacio di pace» e anch’esso raffi gurato sulle lapidi funerarie.Un<br />

secolo più tardi la formula si pre cisa ulteriormente. Talvolta troviamo pax tecum<br />

o pax tibi, ovvero: tu sei in pace, tu non conosci più, nell’Aldilà, le tribolazioni<br />

(persecuzioni) della terra. La formula infine si perfeziona: in pace et in Christo,<br />

ossia tu sei ora nella pace che consiste nell’essere in Cristo; ciò sottintende che il<br />

defunto conosceva già sulla terra quella vita e quella pace. L’im magine che di solito<br />

accompagna que ste parole è quella d’un uomo o di una donna in preghiera, che<br />

rappresenta in effetti una comunione con Cristo. Alla fine del il secolo si riscontra<br />

la formula donvit in pace, ovvero «donne in pace». È questo il momento in cui<br />

compaiono i primi segni della dottrina della duplice resurrezione, quella dell’anima,<br />

che si verifica al momento della morte dell’individuo, e quella del corpo,<br />

che si compirà alla fine dei tempi, all’e poca del ritorno di Cristo. Le immagini<br />

che accompagnano questa formula lo confermano e mostrano il defunto con dotto<br />

da Gesù Cristo verso il soggiorno dei beati; si tratta evidentemente dell’a nima<br />

del trapassato, dato che egli non reca alcun segno di sofferenze patite in vita o<br />

in morte e il più delle volte è rin giovanito. In questo periodo si prende a raffigurare<br />

sul coperchio del sarcofago l’imma gine del defunto addormentato in attesa<br />

della seconda resurrezione; una rappre sentazione che appare senza dubbio mutuata<br />

dalla religiosità dell’Egitto, intro dottasi negli usi ecclesiastici solo dopo che<br />

l’antichità egizia era stata avvolta dall’oblio. Tutti conoscono le famose tom be<br />

scolpite nel Medioevo in cui principi e prelati riposano su letti sontuosi, rive stiti<br />

dei loro paramenti più belli: le parti più antiche del cenotafio di Neu­chátel (1373),<br />

quelli di Valangin e di La Sarraz, le tombe di Giovanni XXIII a Firenze (1425),<br />

di Filippo l’Ardito, di Giovanni Senza Paura e di Margherita di Baviera al museo


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

299<br />

di Digione (1444), di Francesco II nella cattedrale di Nantes (1507), così come<br />

quelli della cattedrale di Brou. Questo rappresenta il compiersi dell’e voluzione<br />

delle nozioni di sopravvivenza meditate nella Chiesa e significa la pace del sonno<br />

conquistata dai cristiani in at tesa del risveglio dei corpi.<br />

Nel IV secolo, la dottrina della doppia resurrezione inizia a precisarsi; si<br />

incontrovano allora iscrizioni come la seguente: «Vi è la pace della tomba per il<br />

corpo, e la pace del Paradiso per l’anima». Poi, nel secolo successivo, si trova,<br />

special mente nell’Africa del nord, fidelis in pa ce = fedele in pace. Ci si orienta qui<br />

ver so un’altra nozione di pace: è una fidu cia che nasce della conformità all’ortodossia.<br />

Si tratta di un movimento assai diffuso in questo periodo: l’essenza della<br />

religione slitta dalla religiosità vissu ta alla corretta formulazione del cristianesimo.<br />

Abbiamo molte iscrizioni fune rarie di quei tempi che parlano della «pace<br />

della Chiesa» o della «pace della Fede», da cui si fa presto a capire che il cristiano<br />

defunto era ortodosso al cento per cento. Gli artisti seguono la stessa strada,<br />

passando dalla formula sempli ce e da un disegno libero a una sigla, u na sorta di<br />

marchio:<br />

P<br />

xtC<br />

A<br />

Un segno assai frequente che va letto Pax in Christo, ossia: chi riposa qui non<br />

aveva niente di eretico; era autentica mente in Cristo; è in pace con Dio.<br />

Quest’ultimo significato della pace cristiana pare essere caduto in seguito<br />

piuttosto in disuso, riapparendo solo in certi usi o in formule specifiche. Per<br />

e sempio, nel corso della celebrazione del la messa il prete «bacia la pace», ossia<br />

una piastra d’oro, d’argento, d’avorio o di rame incisa, scolpita o smaltata, la cui<br />

denominazione completa è «strumento della pace». Questa usanza non risale<br />

d’altronde oltre il XV secolo. Alcuni sto rici ritengono che essa abbia sostituito il<br />

«bacio della pace» nel momento in cui uomini e donne hanno partecipato in sieme<br />

alla comunione, cui prendevano parte separati in precedenza. Se ne ri scontra<br />

un’eco nel saluto apostolico che un religioso ripete per proprio conto al momento<br />

di accomiatarsi dai fedeli. Non è certo se anche le lettere R.I.P. che si possono<br />

ancora leggere talvolta sulle partecipazioni di lutto parlino di questa pace; si tratta<br />

in questo caso piuttosto della tranquillità e della pacificazione che si trovano nella<br />

morte, dopo la sof ferenza e le difficoltà della vita.<br />

Come simbolo della pace interiore di colui che si trova in comunione con Dio<br />

i cristiani hanno adottato spesso la co lomba* che reca un ramo d’olivo*, in<br />

a nalogia con la pace della nuova alleanza promessa a Noè dopo il Diluvio. Ma<br />

l’o livo era simbolo di pace già nella mito logia greca: se ne cingeva la fronte<br />

Eire ne, la Pace, figlia di Giove e di Temi. Il caduceo, simbolo di un commercio<br />

che può prosperare solo in pace, e la cornu copia, simbolo greco­romano della


300<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

fe condità e del benessere materiale, han no rappresentato la pace anche per i cristiani,<br />

soprattutto allorché la cultura antica pervase il pensiero cristiano. L’i dea<br />

di pace si è laicizzata; è divenuta si nonimo di concordia, di calma, di quie te. Gli<br />

artisti cristiani che dovevano raf figurarla ne hanno cercato nuovi sim boli. Si sono<br />

ricordati che essa aveva un tempio a Roma e che la si rappresenta va con una<br />

fiaccola rovesciata, a signifi care che la fiamma della guerra era spen ta. Quindi<br />

osservarono gli animali della terra e fecero del castoro, che vive nel l’ordine e nella<br />

pace, un nuovo simbolo di questa virtù.<br />

Dal 1861 la croce rossa in campo bian co è un segno di pace. Deriva dal disegno<br />

della bandiera svizzera, ma con i colori invertiti. Simbolicamente vuole<br />

rammentare la croce di Cristo e il suo messaggio d’amore e di pace.<br />

Palma<br />

L’eleganza del portamento di una gio vane palma, la vitalità di quest’albero<br />

flessuoso hanno sempre colpito gli uo mini. In particolare, i Greci ne sono sta ti<br />

sempre sommamente ammirati. Co me mai l’hanno scelto quale simbolo di vittoria<br />

e di trionfo? Probabilmente per ché popola le oasi e sembra sfidare e vincere la<br />

morte che aleggia sul deserto; oppure perché è sempre verde, mentre l’olivo,<br />

albero greco per eccellenza, ogni anno perde le foglie. La palma è soprat tutto<br />

simbolo di trionfo. Ai vincitori dei giochi pubblici veniva offerto solo un ramo di<br />

palma. La dea della Vittoria ne era quasi sempre adorna. Un rametto d’oro protegge<br />

Enea nella discesa agli inferi. L’uso della palma era tanto cor rente che questa era<br />

divenuta come una parola del linguaggio internazionale de gli emblemi.<br />

L’Antico Testamento fa del suo tronco dritto e flessibile l’immagine del giusto<br />

(Sal., 92, 13), ma anche della flessuosità di una ragazza (Cant., 7, 8). L’Apocalis se<br />

riprende il significato greco annun ziando che gli eletti con vesti bianche tengono<br />

in mano rami di palme davanti al trono dell’Agnello. Il termine greco che designa<br />

la palma è lo stesso che vie ne usato per indicare la Fenice, animale favoloso<br />

che rinasce dalle proprie cene ri, affermando così la vittoria sulla mor te. Non è<br />

impossibile che l’autore dell’A pocalisse, pensando in ebraico ciò che scriveva in<br />

greco, abbia visto nell’identi tà lessicale una simiglianza di significa to o addirittura<br />

una profezia della re surrezione cristiana. Ciò rappresentava per lui, senza dubbio,<br />

una ragione in più per fare della palma un simbolo di vita eterna.<br />

Sulle tombe cristiane dei primi secoli della nostra era si trova spesso una pal ma<br />

più o meno stilizzata. Era divenuta il simbolo più diffuso della vita eterna. L’uso<br />

della palma nelle cerimonie fune bri ha sempre avuto questo senso. Ac compagnata<br />

ai segni che rappresentano Cristo essa proclama la vittoria della fe de nel Figlio di<br />

Dio.<br />

Dal IV secolo assume un significato specifico: rappresentando la vittoria dei<br />

martiri su chi li ha torturati. Ma allora è più spesso un albero che un ramo di palma<br />

ad essere raffigurato. Lo si ritro va su delle iscrizioni funerarie e su dei sarcofaghi,


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

301<br />

ma anche in affreschi, mo saici e poi in dipinti e medaglie. In alcu ne icone del XV<br />

secolo delle piccole pal me sono spuntate tutto attorno al sar cofago dove, la sera<br />

del Venerdì Santo, Cristo era stato deposto.<br />

Se ne vedono spesso grandi rami fra le mani dei discepoli che acclamano il Cristo<br />

la Domenica della Palme. È un errore. Infatti è assai più probabile che abbiano<br />

fatto uso di rami d’olivo*. A partire da VI secolo, allorché la Chiesa avvertì la<br />

necessità di ravvivare lo zelo dei fedeli, organizzò processioni in cui si pretendeva<br />

di imitare i discepoli di un tempo e si ripetevano i loro gesti e le loro acclamazioni,<br />

brandendo delle pal me il cui significato simbolico era più confacente al caso che<br />

non quello dei rami d’olivo. È di qui, probabilmente, che si origina la tradizione<br />

secondo la quale anche i discepoli stessi ne aveva no fatto uso.<br />

Costantemente, in seguito, l’idea di vittoria è stata legata alla rappresenta zione di<br />

alberi e fronde di palma. Anche Rembrandt li impiega nella sua celebre Assunzione<br />

di Monaco: aveva compreso bene il senso di questa festa cristiana che proclama<br />

la vittoria definitiva sul male e sulla morte. Chi oggi reca un ra mo di palma a una<br />

famiglia in lutto co nosce il significato del proprio gesto? È un segno di fede nella<br />

vita eterna, segno del trionfo della vita in Dio sulla morte.<br />

La palma, in quanto simbolo della vi ta eterna, è divenuta uno degli attributi degli<br />

angeli, e più tardi della speranza.<br />

Pane<br />

La moltiplicazione di pani e l’Ultima Cena sono i principali episodi biblici che<br />

hanno dato agli artisti cristiani l’oc casione di raffigurare il pane. Si tratta di scene<br />

rappresentate di frequente, la prima perché evoca lo straordinario po tere di Cristo<br />

e la seconda perché espri me la mirabile intimità del cristiano nell’unione con il<br />

suo Maestro.<br />

Melchisedech offre del pane ad Abramo - Mosaico ­ San Vitale, Ravenna (VI secolo).<br />

Dal punto di vista ar cheologico, a sostegno di tale interpretazioni verrebbe il<br />

numero costantemente simbolico dei discepoli disegnati at torno a Gesù nelle<br />

raffigurazioni più an tiche, in cui si vedono 7, 6, 5, 3 o anche solo 2 discepoli.<br />

Se la scena rappresen tasse l’episodio dell’Ultima Cena la sera del Giovedì


302<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

santo, sarebbe presente l’in tero collegio dei 12 apostoli; poiché esse raffigura la<br />

moltiplicazione dei pani può darsi che essa fosse originariamente una Santa Cena,<br />

secondo una tradizione conservata da coloro che tramandarono agli artisti i temi<br />

che dovevano rappresentare.<br />

Le raffigurazioni più antiche del pa• ne, sparso in briciole o in pezzetti su u. na<br />

tavola o dentro dei canestrelli, sono accompagnate da pesci. Questi di primo acchito<br />

appaiono vivi; si tratta ir questo caso di apparizioni di Gesù, sin a Gerusalemme<br />

nel Sinedrio (Luca, 24 42) sia più spesso sulle rive del lago di Genezareth (Giov.,<br />

21, 9), Quando poi il pesce è cucinato evoca il pasto comu ne che si faceva<br />

originariamente prima della celebrazione della Santa Cena. Quando infine il pesce<br />

è isolato e com pare in un angolo qualsiasi della rappre sentazione, è il vocabolo<br />

greco ichtus* (pesce) ad essere raffigurato e che, es sendo l’anagramma di Gesù,<br />

simboleg gia, oltre e attraverso il pane, la presen za reale del Cristo.<br />

Bisogna notare infine che queste anti chissime raffigurazioni della comunio ne si<br />

trovano nei cimiteri. Con esse si voleva ricordare che il pane della Santa Cena è il<br />

pane della vita che Gesù dà ai suoi, la vita eterna. Il pane è in questo caso una forte<br />

affermazione della resur rezione, iscritta quale sublime risarci mento sulle tombe<br />

dei cristiani perse guitati.<br />

A partire dal IV secolo l’atmosfera reli giosa cambiò completamente. Il cristianesimo<br />

si pose a stupire il mondo che a veva appena conquistato. Di conseguenza<br />

gli artisti trascurarono l’Ultima Cena per rappresentare soprattutto la moltiplicazione<br />

dei pani, segno della potenza di Gesù Cristo e prove della sua divinità.<br />

Paradiso<br />

Spighe coni grani di madreperla incrostali nella pie-<br />

tra - Sarcofago cristiano, Vienna M secolo).<br />

L’idea di Paradiso, un bel giardino al lietato da una generosa fonte da cui sgorgano<br />

quattro fiumi, è comune a molte re ligioni. E nota a caldei e indù prima ancora<br />

che a cristiani e musulmani. Se per i buddisti è più uno stato che un luogo,<br />

per i cristiani è tanto il sito d’origine di Adamo* ed Eva* che il luogo di eterno<br />

soggiorno dei beati e dei martiri. Il primo è definito in generale «paradiso perduto»<br />

o terrestre, il secondo «paradiso ritrovato» o celeste. La Bibbia conosce


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

sia l’uno che l’altro, ma non ne parla diffusamente<br />

Ingresso del Paradiso<br />

Portico della cattedrale di Berna (1511).<br />

303<br />

Il Vecchio Testamento chia ma il primo pardes, termine caldeo che designa<br />

un vivaio o un parco; è qui che la prima coppia umana prese coscienza della<br />

propria esistenza e di quella degli a nimali che popolano la terra. Poiché vi è una<br />

certa analogia fra l’inizio e la fine del mondo, il Nuovo Testamento impiega la<br />

stessa parola per indicare il luogo della beatitudine degli eletti. Gesù sulla croce<br />

Promette il «paradisos» al ladrone pent promette il «paradentosi» al ladrone<br />

penti to (Luca, 23.43). Fu soprattutto la lette ratura ebraica posteriore (Libro<br />

dei Giu bilei, IV Esdra, Enoch, ecc.) a sviluppare temi originariamente molto<br />

semplici che sono la fonte delle credenze cristia ne sul paradiso. Il libro dello<br />

Zohar im magina addirittura un doppio paradiso, il primo dei quali rappresenta<br />

una zona in cui prepararsi a entrare nel secondo.<br />

La rappresentazione del paradiso ha ricalcato l’evoluzione del pensiero cri stiano<br />

in merito. Le immagini più anti che del «paradiso perduto» sono più e spressioni<br />

della dottrina della creazione e della caduta che descrizioni dei luoghi in cui<br />

si sono svolti i fatti. Le piante so no straordinarie perché celesti, per lo stesso<br />

motivo gli animali sono fantasti ci. Alla fine del Medioevo, allorché gli uomini<br />

si misero a osservare la natura scoprendone la bellezza, vi riconobbero la<br />

mano di Dio e gli artisti crearono bei paesaggi ove situare le scene della gene si<br />

dell’uomo. Alberi e animali divennero sempre più naturali. Anche l’uomo e la<br />

donna non furono più generici, ma ve nivano scelti accuratamente per la loro<br />

grazia e la loro bellezza, secondo i gusti del tempo e del luogo.


304<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Analogo è ciò che accade al «paradiso ritrovato». I primi artisti cristiani che<br />

raffigurano le anime sante giunte nel luogo di tutte le beatitudini paiono disinteressarsi<br />

del tutto dell’aspetto del paradiso. In principio è Cristo a riceve re<br />

in un sito astratto il defunto, che fa sempre un solo gesto, quello della preghiera*.<br />

Non vi è niente attorno ad essi, come se non fossero più sulla terra;<br />

so no in un «cielo» che però gli artisti non riescono a immaginare come sia. I<br />

teo logi hanno precisato il proprio pensiero sull’Aldilà soprattutto in Occidente,<br />

gra zie a riflessioni, il più delle volte specio se, su alcuni testi biblici. Gli artisti li<br />

hanno seguiti: il luogo dove si verifica la comunione eterna con Cristo comincia<br />

a interessarli. È il cielo. Si trova dun que al di sopra degli uomini. È di<br />

conse guenza qualcosa di simile a ciò che si vede quando, sdraiati ai piedi d’un<br />

albe ro, si guarda verso lo zenit; vi sono tante forme artistiche, tanta poesia in<br />

un’im magine di questo genere che chi ha i dentificato il paradiso con il cielo<br />

l’ha ri prodotta del tutto naturalmente come il quadro della felicità eterna. Così<br />

nac quero nel VI secolo i magnifici mosaici e più tardi le stupende miniature<br />

in cui il paradiso è popolato di uccelli*, so prattutto colombe* e pavoni*, che<br />

sullo sfondo di un cielo sereno si posano sui rami d’olivo* o di palma* disposti<br />

in e leganti arabeschi.Quando la Chiesa si identificò con il regno di Dio e i<br />

predicatori si compiac quero di affermare che entrare in chiesa equivaleva a<br />

entrare nella vita eterna, gli artisti cristiani trasportarono le loro sce ne<br />

paradisiache sui soffitti delle basili che, delle cattedrali e dei più umili luo ghi di<br />

culto. Secondo l’evolversi delle tendenze artistiche, talvolta i rami e gli uccelli<br />

erano stilizzati, mentre talvolta e rano di stampo naturalistico; poi, per u no di<br />

quei moti di «contestazione» dei quali la storia è piena, rami e uccelli fu rono<br />

soppressi, per lasciare solo il cielo blu. Poiché la Chiesa si proponeva come una<br />

luce nella notte di questo mondo, il cielo divenne cupo, ma si riempì di stelle.<br />

Una modernizzazione semplificante che parve ben presto eccessivamente<br />

po vera, e quindi, nel XIII secolo, per analo gia o confusione con il «paradiso<br />

perdu to», gli eletti furono sistemati in un bel giardino in cui germogliavano i<br />

più bei fiori della terra e danzavano schiere di angioletti.<br />

Alla fine del secolo seguente si verificò una nuova reazione: confondere i due<br />

paradisi è un errore! Pur conoscendo un po’ il «paradiso perduto», non sappiamo<br />

niente del «paradiso celeste». Bisogna rinunciare a raffigurarlo. Tuttavia ci è<br />

nota l’esistenza di quel luogo invisibile e sappiamo che dopo il giudizio finale* i<br />

credenti potranno entrarvi. Allora basta raffigurare una porta d’ingresso! È quel<br />

che fecero gli artisti, tanto più che la Chiesa assicurava che l’apostolo Pietro ne<br />

era il custode. All’inizio del XVI seco lo la vita religiosa aveva perduto molto<br />

valore, i riti la caratterizzavano e gli ar tisti ben presto giunsero a sorridere del la<br />

pretesa ecclesiastica di poter aprire e chiudere le porte del Paradiso. Nel timpano<br />

del portico di una cattedrale di quei tempi la Chiesa venne persino raffigurata<br />

sotto le spoglie di un corpulento prelato che, entrando nel soggiorno della<br />

pace eterna, spinge di lato il guardia no e avanza regale verso l’ignoto; dietro


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

305<br />

di lui, come ai suoi piedi, un vescovo, due curati e un monaco, dalle bocche a<br />

cuore, sembrano atteggiati a preghiera, ma in realtà si spingono senza ritegno,<br />

cercando ciascuno di entrare per primo.<br />

In seguito la discussione si approfon dì senza dar luogo a manifestazioni artistiche.<br />

Tutt’al più si possono citare al cune opere che riprendono la visione<br />

della nuova Gerusalemme considerata il paradiso celeste (Apoc., 21, 2­4; 10,<br />

27): Cristo attende i fedeli sui gradini della scala di un palazzo o su un trono<br />

scintillante, circondato di angeli traspa renti e misteriosi.<br />

Pavone<br />

Nell’antichità pagana il pavone e la fe nice sono stati spesso confusi, e gli<br />

artisti hanno frequentemente attribuito alla seconda le caratteristiche del primo<br />

L’una e l’altro avevano fama di rinnova re le proprie forze in modo miracoloso<br />

volavano fino nel sole, dicevano gli uni o si gettavano nel fuoco, secondo altri<br />

ma solo per rinascere dalle proprie ce neri rivestiti di una giovinezza intera<br />

mente recuperata. Plinio il Vecchio col lega questa usanza alla caduta annuali<br />

delle penne del pavone. Agostino (De Civ. Dei XXI, IV) assicura che<br />

Pavone ­ Mosaico, Ravenna (VI secolo).<br />

la carne del pavone è immarcescibile, e questo legittima ai suoi occhi l’uso del l’<br />

uccello come simbolo dell’immortalità, senza ricorrere necessariamente ai miti<br />

pagani.<br />

I primi cristiani che pensavano l’Aldi là solo in funzione della resurrezione<br />

fecero del pavone un simbolo della vita e terna. A partire dal Il secolo lo si<br />

trova nelle catacombe, talvolta di fronte, ge neralmente di profilo. Da principio<br />

si trovano due pavoni affrontati che bevo no dallo stesso vaso o che da destra<br />

e da sinistra si accostano a un chrisma*; il vaso rappresenta probabilmente un<br />

ca lice che contiene il pane e il vino della comunione; l’insieme significa probabilmente<br />

una professione di fede nel l’immortalità in Cristo. Successivamente


306<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

ritroviamo il pavone su mosaici, su vetrate, sullo stipite della porta di un cimitero,<br />

in alcune miniature e anche su lampade nelle quali si associa perfettamente<br />

con il simbolo della fiamma per significare la vita eterna.<br />

Quando si vo leva rappresentare — come sulla volta di alcune basiliche ­ il<br />

Paradiso terrestre o celeste, lo si popolava di uccelli*, ma soprattutto di pavoni.<br />

Per molto tempo questo simbolo godé di grande popolarità. Giunse però il momento<br />

in cui il pavone divenne un ani male di lusso. Seguendo l’esempio degli<br />

antichi romani, i buongustai si nutriva no delle sue carni, ma era una portata<br />

assai costosa. Con le sue piume si face vano ventaglie corone. Si dice che papa<br />

Paolo III facesse dono a re Pipino di un mantello di piume di pavone. Tutto<br />

que sto fece scordare il significato antico e il simbolo cristiano del pavone. Non<br />

lo si incontra più a partire dal XIII secolo in Occidente e due secoli dopo in<br />

Oriente.<br />

Pavone Catacombe romane II secolo<br />

Pesce<br />

Il pesce è per natura il simbolo del l’acqua. Il fatto che viva entro un elemento<br />

in cui l’ uomo non può sopravvi vere gli conferisce un carattere di mistero che<br />

lo designa come simbolo di tutte ciò che è segreto. Ha una valenza religiosa<br />

in India, in Egitto, presso i Caldi e gli Etruschi, ove è stato impiegato ci me<br />

talismano per gli scopi più diversi.


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Pigne stilizzate raffiguranti dei fiori del Paradiso Miniatura (1285).<br />

307<br />

E pesce diviene la cavalcatura di alcuini dei, e sale esso stesso al rango di<br />

divinità. Per i cristiani il pesce è soprattutto simbolo del Cristo tramite<br />

l’acrostico de la parola greca IXOYY­*, che significa pesce. In questa forma<br />

lo si trova in migliaia di illustrazioni, gioielli, vasi, vesti, vetrate, sculture,<br />

decorazioni, ma so prattutto in un considerevole numero di iscrizioni funerarie,<br />

spesso molto anti che È stato molto in voga fra la fine del I secolo e la metà<br />

del N. Da allora in poi è divenute un complicato indovinello il cui significato<br />

sfugge alla maggior parte dei cristiani. Non ha più riguadagnato la diffusione<br />

che aveva in precedenza.<br />

Talvolta si vede un pesce che porta un naviglio* sulla schiena o che lo rimorchia:<br />

è Cristo che conduce la Chiesa.<br />

Allorché il battesimo è divenuto, da simbolo che era, un’operazione gestita<br />

dalla Chiesa, operazione che comporta conseguenze per l’eternità, è del tutto<br />

naturale che alla fantasia degli artisti chiamati a decorare un battistero si sia<br />

presentato Cristo che in forma di pesce nuota nell’acqua lustrale. Ma i cristiani<br />

«nascono alla vita eterna con il battesi mo», come diceva Tertulliano. È questo<br />

il motivo per cui in breve sono raffigura ti come dei pesciolini. Un modo di rappresentare<br />

i fedeli che avrebbe potuto essere suggerito dalle parole di Cristo a<br />

Pietro: «Farò di te un pescatore di uomi ni» (Luca, 5, 10).<br />

Finalmente, Cristo resuscitato man gia del pesce assieme ai discepoli (Luca, 24,<br />

42). Una ragione di più per rappre sentare le presenza di Cristo nella Santa Cena<br />

per mezzo di un pesce. In più, è invalsa l’abitudine di rappresentare tut ta la<br />

cerimonia della comunione e so prattutto il suo significato profondo e misterioso<br />

mediante un pesce posato su un piatto.<br />

Pesci e ancora con iscrizione cristiana - Catacombe, Roma (II secolo).


308<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Ma in breve gli artisti cristia ni videro in ciò solo una memoria stori ca del pasto<br />

consumato da Cristo davan ti ai discepoli, confondendolo con la co munione,<br />

così che spesso il pesce è raffi gurato accanto al pane* e al vino; un ‘immagine<br />

divenuta per un certo perio do tradizionale per indicare che degli uomini riuniti<br />

attorno a una tavola così imbandita non stavano facendo un nor male pasto, ma<br />

si comunicavano.<br />

Pendente con due pesci intorno a una croce<br />

Il pesce, in rappresentanza di Cristo, dei cristiani o della Santa Cena, si ritrova<br />

in un numero incalcolabile di decora zioni. Spesso è da solo, decorato da un<br />

chrisma o da una croce. È impiegato co me elemento decorativo su spille, pendagli,<br />

lampade, vesti, mobilio; lo si può vedere sul fondo o sul bordo di piatti e<br />

coppe usati per la comunione; inciso su pietra, dipinto in affreschi, tessuto nelle<br />

stoffe ecc.<br />

Porta<br />

Una porta è un apertura che permette di entrare in un luogo chiuso: casa, cor te,<br />

giardino, fortezza, villa. In caso di attacco, è evidentemente un punto de bole<br />

del quale è opportuno assicurare la protezione; a questo scopo sono state e rette<br />

imponenti costruzioni sulle quali attirare la protezione degli dei. Nel Me dio


Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

309<br />

Oriente si depositava sulla soglia della porta in questione il corpo di un bimbo<br />

offerto in sacrificio. I Romani de dicavano una venerazione affatto parti colare<br />

alle soglie delle porte, che duran te le cerimonie nuziali erano oggetto di un rito<br />

particolare.<br />

Dal momento in cui ai cristiani fu consentito costruire liberamente delle chiese,<br />

attribuirono molto significato alla decorazione della porta. La trasformarono in<br />

un invito a entrare, in con formità con la parola di Cristo che ave va paragonato<br />

se stesso a una porta (Giov., 10, 7); Gesù invitava a passare attraverso di lui per<br />

entrare nel Regno di Dio. La più antica decorazione cono sciuta di un portale<br />

di chiesa è appunto un’evocazione di questo passo delle Scritture: al centro<br />

dell’architrave un a gnello* che porta una croce è accompa gnato dalle parole<br />

Ego sum ostica (io sono la porta). Tramite questa decora zione la Chiesa diceva<br />

indirettamente ciò che voleva essere, ciò che pensava di se stessa, e invitava<br />

ognuno a porosi sotto l’autorità e la protezione di Gesù Cristo. È da questo che<br />

deriva l’uso, nel XIII se colo, di raffigurare la Chiesa come una porta.<br />

E noto che la Chiesa si è trasformata poco a poco fino ad identificarsi con il<br />

Regno di Dio: nella decorazione delle porte dei santuari si registra un’eco molto<br />

evidente di tale evoluzione. Notiamo che spesso sulla facciata delle basiliche<br />

e più tardi delle cattedrali viene ripresa la decorazione del portale principale.<br />

In un primo momento gli ornamenti desi gnano semplicemente Cristo, come a<br />

di re ai passanti: entrate qui, vi troverete Cristo che regna sui suoi. In seguito si<br />

precisa chi è Cristo: è quello dei Vange li, dato che è circondato dai segni del<br />

Tetramorfo* (Saintes); poco dopo, è ac compagnato dai discepoli (Chartres), oppure<br />

è quello di cui parla tutta la Bibbia (Poitiers). Talvolta, in quest’epoca, su<br />

tre portali affiancati sono raffigurate le scene della Natività, dell’Ascensione e<br />

della Pentecoste, a significare che Gesù Cristo è venuto sulla terra (dalla Natività<br />

all’Ascensione) per inviare i cristiani a evangelizzare il mondo (Pentecoste):<br />

in questo consiste la vera direzione dell’a zione della Chiesa cristiana, che va<br />

da Cristo verso coloro che non sono anco ra cristiani (Vézelay). Poco tempo<br />

dopo,è sempre Gesù Cristo a essere rappresentato, ma come giudice di uomini.<br />

È un modo di dire ai passanti: fate atten zione al modo in cui vivete, perché alla<br />

resa dei conti, al momento della resur rezione, sarete giudicati da colui che conosce<br />

ogni cosa (Amiens, Parigi). Qual che tempo dopo ancora, la Chiesa cerca<br />

conforto nella storia e descrive sulla porta principale dei suoi luoghi di culto<br />

tutti gli episodi della vita di Cristo e so prattutto della sua Passione (Strasburgo).<br />

Infine, nel momento in cui il Me dioevo e lo stile gotico stanno per essere<br />

abbandonati, il timpano delle porte si vuota mentre i piedritti, generalmente<br />

ornati di statue di personaggi storici, con servano le proprie decorazioni (Reims,<br />

Beauvais, Nantes).<br />

Insomma, negli ornamenti dei timpa ni delle porte principali dei luoghi di culto<br />

la Chiesa mostra le grandi linee della propria evoluzione. Al centro delle sue<br />

cure sono stati in principio una pie tà vivente, poi il pensiero religioso, quin di la


310<br />

Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />

simbologie cristiane<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

morale e infine la storia.Un andamento simile si riscontra in altre religioni, ma<br />

anche in altri ambiti dell’esisten za e in particolare nelle arti.<br />

Quando le chiese si ingrandirono e vi furono aperte molte porte, fu necessa rio<br />

inventare nuove decorazioni. In esse venivano raffigurati i miracoli di Cristo e<br />

diverse scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento o attribuite alla Vergine<br />

e ai Santi dalla storia o da tradizio ni più o meno leggendarie. L’intento di<br />

tutte queste opere d’arte è attrarre gli uomini verso Cristo, ma bisogna riconoscere<br />

che troppo spesso egli è sòver chiato da tutto ciò che lo circonda. Lo<br />

scopo principale della Chiesa si cela sempre più sotto altre premure..


Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

311


312<br />

Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

Simbologie con riferimenti laici<br />

scala serpente albero geometrie<br />

divine<br />

fontana aurora<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

ruota


Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

Acroteri foglie d’acanto palmette o figure scultoree usate<br />

per ornare il vertice o gli angoli dei frontoni dei templi e dei<br />

monumenti funebri: motivo tipico dell’età classica<br />

albero morte e rinascita<br />

alloro immortalità, gloria eterna<br />

anfora vaso di terracotta lungo e sottile con due anse al<br />

collo<br />

angelo essere munito di ali, proprio della iconologia<br />

cristiana: messaggero di Dio nell’ora del trapasso<br />

angelo con tromba annunciano la fine dei tempi: immagine<br />

cristiana del giudizio universale ed esprime la caducità di<br />

tutte le cose<br />

aquila capacità e superbia<br />

aurora inizio e fine<br />

cavaliere con armatura in preghiera simbolo di santità: il<br />

guerriero esprime il combattimento spirituale per ottenerla<br />

cerchio eternità e coraggio<br />

clessidra morte e fugacità della vita<br />

colomba pace speranza, Spirito Santo<br />

corona di ghirlande nessun inizio, nessuna fine, eternità<br />

cristo<br />

cristo con vessillo<br />

cristo crocefisso<br />

cristo in trono<br />

cristo redentore<br />

crocesimbolo delle passione morte e resurrezione di Cristo<br />

falce<br />

fiaccola innalzata speranza e vita<br />

fiaccola verso il basso notte morte<br />

fiamma speranza e vita<br />

lampada accesa Cristo<br />

lampada vigilanza<br />

lanterna luce<br />

leone forza e potenza terrena<br />

martello e chiodi<br />

maschera decorazione tombale usata dagli etruschi<br />

putti angelici onore al defunto anche alle<br />

sue virtù come la pace la fede il coraggio<br />

rami di vite, uva simbolo della vita<br />

ramo d’ulivo pace e concordia<br />

313


314<br />

Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

rosa amore e terno<br />

scalacollegamento tra terra e cielo<br />

scudo fede<br />

serpente il male, ma anche la resurrezione<br />

sfera con croce la presenza divina nel mondo<br />

Acroteri<br />

foglie d’acanto palmette o figure scultoree usate per ornare<br />

il vertice o gli angoli dei frontoni dei templi e dei monumenti<br />

funebri: motivo tipico dell’età classica<br />

Albero<br />

morte e rinascita<br />

Attorniate dai simboli dei quattro elementi sono qui offerte alla<br />

meditazione le sette fasi dell'Opera intesa come svrluppo interiore,<br />

che inizia con la putrefazione (il vecchioa sinistra, Saturno) e<br />

termina con la rinascita ( il giovanea destra, ìl lapis). L 'unicorno<br />

simboleggia la penultima fase dell' albero da cui sbocciano le<br />

rose rosse della fissazione definitiva. Musae um Hermeticum,<br />

ed.Francoforte, 1749.<br />

Nel pensiero degli antichi l'albero è il simbolo principale della<br />

fertilità e, in modo generale, la fonte misteriosa della iuta. Plinio<br />

(Hist. Nat., XII,2) assicura che gli alberi furono i primi templi degli<br />

romani. E vero che il silenzio delle foreste o l'imponente chioma<br />

di alcuni grandi alberi risvegliano un certo senso religioso: si sa<br />

d'altronde che a molte divinità era stato attribuito un particolare<br />

albero: la quercia a Giove, l'alloro ad Apollo, l'olivo a Minerva,<br />

il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole, ecc. Ancor oggi gli alberi<br />

sono idoli per alcuni popoli, che li circondano con un recinto<br />

dentro il quale si esercita il culto.<br />

Nel Vecchio Testamento l'albero è talvolta l'immagine<br />

dell'arroganza (Is., 2, l3) o della longevità( 1s.,ó 5, 22): si parla<br />

anche dell'albero della vita (Gen., 3, 22. ripreso in Apoc.. 2. 7 ; 22,<br />

2, 14t, cioè dell'albero il frutto dà la vita eterna.<br />

Giobbe (14, 7 ss.) spiega questo simbolo con il fatto che alcuni<br />

alberi producono continuamente dei polloni.<br />

I1 profeta Ezechiele (17, 22) ascolta Dio che gli promette di<br />

prendere un ramo di cedro e di piantarlo su un'alta montagna<br />

israelita per farlo germogliare e crescere fino a dominare le<br />

foreste circostanti: era l'annuncio della supremazia di Israele<br />

su tutti i popoli. È così che l'albero è divenuto il simbolo degli<br />

israeliti... “piantati”, da Dio sulla terra. I padri della Chiesa hanno<br />

ripreso questa immagine per designare la Chiesa cristiana, erede<br />

delle promesse fatte a Israele: comunque, questo simbolismo<br />

non è frequente, perché il paragone che esso presenta non è<br />

comprensibile senza spiegazioni.<br />

Maria Carmen Nuzzo


Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

Nel Medioevo, dove si ammetteva con una certa facilità che<br />

I'antichità pagana era la prefigurazione della civiltà cristiana,<br />

l'albero simboleggiò la forza vegetativa data alla natura da Dio:<br />

a questo simbolo però se ne sovrapposero altri: divenne il segno<br />

della potenza che Dio non manifesta nella Chiesa, considerata<br />

come un giardino da Lui piantato sulla terra; divenne talvolta il<br />

segno di Cristo, la cui autorità si fa sentire nel regno di Dio, come<br />

la ninfa nell'albero.(Dizionario dei simboli cristiani , Eduatd<br />

Urech-Roma 1995)<br />

AIfa e Omega (A e O)<br />

“Io sono l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine” disse Dio nell'Apocalisse<br />

(1 , 8; 21, 6). Questa stessa frase, nello stesso libro biblico, è prestata<br />

anche a Gesù (22, 14). L'uso di una formula identica per l'uno e<br />

per l'altro indica qualcosa che è loro comune. Anche quando si è<br />

voluto caratterizzare Gesù in quanto divino, si è fatto uso di questa<br />

espressione. A proposito dell'origine di questa formula, Gerolamo<br />

(Gerem., XXXV, 2ó) racconta che nei metodi pedagogici dei suoi<br />

tempi sussisteva un antica usanza che consisteva nel far recitare<br />

le lettere dell' alfabeto greco nel loro ordine regolale, poi, come<br />

esercizio di memoria, nel passare dalle prime alle ultime in ordine<br />

di allontanamento: alfa-omega, beta-psi… "E’ molto probabile che<br />

questo procedimento di memorizzare l’accoppiamento di queste<br />

lettere sia all’origine storica di questo simbolo coppiamento delle<br />

ìettere sia all'origine storica di questo simbolo.<br />

Per alcuni filosofi questa espressione designa la totalità dell'Essere.<br />

Per l’umile cristiano, il senso di tale espressione è facilmente<br />

comprensibile: come la prima e l'ultima lettera di un alfabeto<br />

inglobano tutte le lettere e quindi tutte le parole che indicano tutto<br />

ciò che esiste, così queste due lettere possono indicare colui che<br />

ha potere su tutte le cose, cioè il Signore del cielo e della terra, il<br />

padrone del cosmo. Questo significato non era vero ai terni delle<br />

persecuzioni: la sovranità di Gesù Cristo sul mondo era rifiutata<br />

troppo nettamente dai fatti. Inoltre, la fede in questa sovranità non<br />

poteva manifestarsi pubblicamente senza segnalare nel contempo<br />

ai persecutori la presenza dei cristiani. Ecco perché A e Cl non si<br />

trova prima dell'epoca di Costantino, ma da quel momento tale<br />

segno si impose. Le più antiche testimonianze esistenti datano<br />

dall’inizio del IV secolo. Dapprima si trovavano queste due lettere<br />

isolate, o circondate solo da una corona, talvolta di alloro in segno<br />

di adorazìone, talaltra d'olivo, in segno di pace.<br />

(Dizionario dei simboli cristiani , Eduatd Urech-Roma 1995)<br />

alloro<br />

immortalità, gloria eterna<br />

315


316<br />

Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

anfora<br />

vaso di terracotta lungo e sottile con due anse al collo<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

angelo<br />

essere munito di ali, proprio della iconologia cristiana: messaggero di Dio nell’ora del<br />

trapasso<br />

angelo con armatura<br />

simbolo del combattimento spirituale<br />

angelo con pergamena<br />

angelo con tromba<br />

annunciano la fine dei tempi: immagine cristiana del giudizio universale ed esprime la<br />

caducità di tutte le cose<br />

aquila<br />

capacità e superbia<br />

aurora<br />

"Dunque l'aurora è la fine di tutte le tenebre è la cacciata della notte, di quel periodo<br />

invernale che travolge chi l'attraversa senza la dovuta cautela.."Volgetevi a me col<br />

cuore aperto e non respingetemi perché io sono nero e cupo: il Sole mi ha bruciato<br />

cosi, e gli abissi mi hanno velato il viso."<br />

Nella pagina destra, l' immagine in alto raffigura Sophia come l'aurorac, cioè come<br />

"aurea Hora", che mette fine alla notte dell'ignoranza e alla distruttiva putrefazione<br />

della materia n, ell'atto di nutrire i filosofi coni il suo latte virginale", l' acqua<br />

mercuriale. Con ilcapo cinto dalla corona del re, luccicante nei raggi di dodicí stelle<br />

e, il rosso definitivo in volto, incarna la "solare celeste Sophia", mentre la figura nera,<br />

nell'immaginie in basso rappresenta la Sophia lunare,decaduta al livello della materia<br />

e divienuta prigioniera Nel testo in questione viene proposto un parallelo tra Sophia<br />

e la regina di Saba,che nel Cantico menzionato dice di essere nera come la figlia<br />

di Kedar. Non vi curate ch'io sia nera, ché è stato il Sole a bruciarmi cosi'. Ed dalle<br />

profondità della m ateria invoca aiuto:" Gli abissi mi hanno velato il viso, e laTerra<br />

è corrotta e macchiata nella mia opera,perché le tenebre l 'hanno awolta, mentre io<br />

sono precipitata nel fango delle profondità e la mia sostanza non si è dischiusa,(in<br />

C.G.Jung, Mysterium conju nctionis, Zurigo,1957)<br />

Secondo Fulcanelli le, madonne nere rappresentano (nel simbolismo ermetico, la<br />

terra vergine che dev 'essere prescelta dall'artista come soggetto della sua opera. È la<br />

Príma m ateria allo stato minerale e proviene dai giacimenti di i metallo sepoltii n<br />

profondità sotto masse pietrose."( Fulcanelli L., e Mystèred es Cathédrales, Parigi,<br />

1964)<br />

Aurora consurgens,fine XIV sec-OPUS Macilum<br />

cavaliere con armatura in preghiera<br />

simbolo di santità: il guerriero esprime il combattimento spirituale per ottenerla


Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

cerchio<br />

eternità e coraggio<br />

clessidra<br />

morte e fugacità della vita<br />

colomba<br />

pace speranza, Spirito Santo<br />

corona di ghirlande<br />

nessun inizio, nessuna fine, eternità<br />

croce<br />

simbolo delle passione morte e resurrezione di Cristo<br />

fiaccola<br />

innalzata speranza e vita<br />

fiaccola<br />

verso il basso notte morte<br />

fiamma<br />

speranza e vita<br />

fontana<br />

la fontana del drago a due teste simbologgia l'essenza bipolare<br />

del lapis mercuriale che Ulmannus definisce "acqua della castità"<br />

o "pietra chiara bianca e rossa". Il rosso è il Sole, il sangue, il<br />

maschile; il bianco è la Luna, la carne, il femminile.<br />

Tutte le cose esistenti sono state create dal fuoco del Sole, che<br />

rappresenta Dio, secondo la loro qualità primaria e suprema.<br />

Libro della Santa Trinità, inizio XVsec.<br />

geometrie divine<br />

secondo una concezione platonica che si ritiene derivi da<br />

una dottrina occulta dell'antico Egitto, il mondo a livello<br />

microscopico sarebbe costituito da triangoli rettangoli. Questi si<br />

raggrupperebbero in cinque poliedri regolari, unità fondamentali<br />

dei cinque elementi. (ll quinto elemento, o quintessenza, era l'etere<br />

o fuoco celeste.)<br />

Secondo i calcoli compiuti da Giovanni Keplero nel 1596, il "Dio<br />

geometria" aveva collocato ognuno di questi cinque poliedri a una<br />

distanza identica tra due orbite planetariè: la sfera di Saturno-Giove<br />

al cubo, che rappresenta l'elemento "terra" la sfera di Giove-Marte<br />

al tetraedro piramidale (fuoco); tra Marte e la Terra il dodecaedro<br />

(etere); tra la Terra e Venere l'icosaedro a venti facce (acqua) e tra<br />

Venere e Marte l'ottaedro (aria).<br />

317


318<br />

Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Keplero era convinto che con la sua scoperta, da lui successivamente riformulata,<br />

fosse stata raggiunta l'originaria fonte della sapienza ermetica. "Ho rubato agli egizi<br />

i loro vasi d'oro ", confessa Keplero per erigere con essi un santuario", al mio Dio<br />

lontano dai confini dell'Egitto." (Hatmonices Mundi,1619) G. Keplero, Mysterium<br />

cosmographicum, 1660.<br />

Così come dai cinque corpi elementari platonici nasce la moltitudine delle cose della<br />

natura, cosi dalle sue figure geometriche fondamentali è possibile trarre infinite<br />

variazioni prospettiche. L'orafo di Norimberga Wenzel Jamnitzer (1508-1585) costrui<br />

14o di queste figure geometriche e le fece trasferire su rame dall'incisore zurighese<br />

Jobst Amman. "La teoria definitiva della materia sarà caratterizzata, come in Platone,<br />

da una serie di impornanti istanze di simmetria [ . . . ] Ma non è più possibile spiegare<br />

tali simmetrie solo per mezzo di figure e immagini come nel caso dei corpi platonici,<br />

bensi solo mediante equazioni." (Werner Heisenberg, Schritte íiber Grenzen, Monaco,<br />

1971)<br />

lampada accesa<br />

potenza ultraterrena<br />

lampda<br />

vigilanza<br />

leone<br />

fortezza<br />

martello e chiodi<br />

maschera<br />

decorazione tombale usata dagli etruschi<br />

putti angelici<br />

onore al defunto anche alle sue virtù come la pace la fede il coraggio<br />

rami di vite, uva<br />

simbolo della vita<br />

ramo d’ulivo<br />

pace e concordia<br />

rosa<br />

amore e terno<br />

ruota<br />

La visione di Ezechiele è caratterizzatada quattro figure:<br />

"E avevano ciascuno quattro facce e quattro ali ( . . . ) ognuno dei<br />

quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, [...] di toro a sinistra e,<br />

ognuno dei quattro, fattezze d'aquila [ . . . ]<br />

Ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro [...] e le ruote avevano l'aspetto


Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

319<br />

e la struttura come di una ruota in mezzo un'altra ruota [...] e i cerchi di tutt'e quattro<br />

erano pieni di occhi tutt'intorno [...]quando essi si alzavano da terra, anche le ruote si<br />

alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote. Sopra il firmamento che<br />

era sulle loro teste apparve [...] una figura dalle sembianze umane.'"(Ezechiele 1,4-26)<br />

disegno di W.Blake, Visione di Ezechiele,1805<br />

scala<br />

collegamento tra terra e cielo;<br />

A Giacobbe apparve in sogno una scala che "poggiava sulla Terra, mentre la sua cima<br />

raggiungevai il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa(...)<br />

(Genesi 28,12) L'immagine della scala di Giacobbe come porta del cielo è posta da<br />

Blake in stretta relazione con l'anatomia dell'orecchio, i cui condotti uditivi sono da lui<br />

descritti come "le scale infinite che avvitandosi a spìrale raggiungono l'ultimo cielo". In<br />

Swedenborg, le cui opere erano ben note a Blake,l' apertura dell'orecchio interiore,' è il<br />

presupposto della presa di contattocon i mondisuperiori. W. Blake, Jacob's Ladder,18oo<br />

c.<br />

scudo<br />

fede<br />

serpente<br />

il male, ma anche la resurrezione<br />

"ll serpente in alto è lo spirito del mondo, che a tutto dona la vita, tutto uccide, e in sé<br />

reca tutte le forme naturali. Insomma: esso è tutto e nulla. Per mezzo della chimica, da<br />

una cosa se ne possono ottenere due,"che recano in sé il terzo e il quarto".<br />

E il volatile è anche il fisso, è il fuoco che tutto brucia, che ogni cosa apre e chiude<br />

[ . . . ] . Cuoci questo fuoco con il fuoco, finché non si consolida; avrai cosi il<br />

massimo di solidità, che penetra tutte le cose. E quando un serpente avrà divorato<br />

l'altro, ne risulterà questa figura (...)". Questo serpente è detto Ouroboros. In Iingua<br />

copta Ouro significa "re" mentre ob, in ebraico, significa"serpente".<br />

Abraham Eleazar, Donum Dei, Erfurt, 1735<br />

sfera con croce<br />

mondo sacralizzato<br />

sfinge canina<br />

guardiano dell'aldilà<br />

spada<br />

coraggio<br />

teschio<br />

simbolo della vanità uguaglianza di tutti gli uomini;<br />

teschio senza mascella inferiore:<br />

decadenza del corpo


320<br />

Ornamenti e simboli<br />

simbologie con riferimenti laici<br />

tromba<br />

voce di Dio<br />

trifoglio<br />

Santissima Trinità<br />

vaso<br />

fragilità del corpo umano<br />

vaso che raccoglie l’acqua<br />

anima che accoglie la divinità<br />

Alchimia mistica, Alexander Roob, TASCHEN,1997<br />

Maria Carmen Nuzzo


Per la presenza del protiro della facciata<br />

principale con timpano soprastante, l'inserimento<br />

di bifora sulla parete retrostante<br />

e gli archetti pensili che fanno da cornice<br />

al tetto a due falde, è possibile ricondurre<br />

la cappella a stilemi neoromanici. Gli elementi<br />

ornamentali (acroteri, capitelli con<br />

foglie, le pietre colorate che perimetrano<br />

il sottotetto, le cornici di fiori, la scanalatura<br />

delle colonnine) la rendono particolarmente<br />

sontusa.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture 321<br />

Parte II I modelli<br />

Mosaico di angelo ( messaggiero di Dio<br />

nell’ora del trapasso) nella lunetta timpanata<br />

della facciata a sud. Il soggetto si staglia<br />

su uno sfondo dorato ed è vestito di rosso<br />

con in mano un ramoscello di ulivo, simbolo<br />

della pace.


La pianta quadrata sviluppa prospetti<br />

tripartiti: un’alto zoccolo sostiene le paraste<br />

che formano il portale d’ingresso<br />

seguendo i linearismi “art nouveau”.<br />

Un gruppo di putti bronzei chiudono a<br />

triangolo la composizione d’insieme e<br />

conferiscono un carattere barocco per la<br />

loro ridondanza espressiva.<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento<br />

rappresentato dalla sfinge canina;<br />

il vano che è lo spazio che plasma<br />

l’interno si proietta verso l’esterno innalzando<br />

al cielo il gruppo scultoreo degli<br />

angeli.<br />

La tomba è nello spessore del muro e<br />

all’esterno viene individuata nello zoccolo<br />

che sostiene tutto l’insieme architettonico<br />

e scultoreo.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

Gli angeli sono quelli del giudizio: la tromba e gli strumenti musicali<br />

simboleggiano che sono i messaggerri di Dio. Il portale<br />

d’imgresso presenta una “sfinge canina”, che è una creatura mista<br />

di sembianze canine e con il busto femminile alato: ispirata<br />

all’antico egitto il soggetto impersona il guardiano dell’aldilà.<br />

L’iconografia è pagana legata a forme debitrici dello stile art<br />

nouveau.<br />

322


L’impianto segue caratteri decò: la base<br />

quadrata a gradini innalza un parallelepipedo<br />

bucato da una vetrata che per il<br />

suo arretramento rispetto al filo esterno,<br />

conferisce un forte contrasto chiaroscurale;<br />

internamente la luce rosata e<br />

lo slancio verticale, ricorda l’ambiente<br />

delle cattedrali gotiche.<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento<br />

in cui immagini rappresentanti<br />

una fontana da cui zampilla acqua simboleggiano<br />

la presenza divina; il vano<br />

che è lo spazio che plasma l’interno si<br />

proietta verso l’esterno innalzando al<br />

cielo i quattro fronti che si configurano<br />

come semplificazione di timpani dei<br />

templi classici La tomba è nello spessore<br />

del muro e all’esterno viene individuata<br />

nello zoccolo che sostiene tutto<br />

l’insieme architettonico.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

La porta in ferro battuto è decorata con immagini rappresentanti una<br />

fontana da cui zampilla acqua .<br />

Tali elementi decorativi oltre a significare la presenza di Dio in tutte le<br />

cose, sono tipicamente decò.<br />

323


La pianta è quadrata, i fronti triangolari;<br />

un’importante zoccolatura inquadra<br />

l’ingresso sovrastato da una fessura<br />

vetrata. L’ architettura riprende un disegno<br />

geometrico semplice in cui spicca<br />

la figura del triangolo e del quadrato.<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento<br />

dove, un angelo in preghira,<br />

rivolge lo sguardo al cielo; il vano che è<br />

lo spazio che plasma l’interno si proietta<br />

verso l’esterno innalzando al cielo i<br />

quattro fronti che si configurano come<br />

semplificazione di timpani strecciati<br />

La tomba è nello spessore del muro e<br />

all’esterno viene individuata nello zoccolo<br />

che sostiene tutto l’insieme architettonico.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

Il mosaico della facciata, raffigurante<br />

l’angelo in preghiera con calzari ai piedi<br />

e gigli decorativi, presenta colori accesi<br />

in cui domina l’azzurro e il rosae il giallo<br />

in contasto con la linearità dell’insieme<br />

architettonico.<br />

324


La pianta è quadrata e innalza prospetti<br />

elaborati con protiro, colonnine, archetti,<br />

zoccoli archi e lunette decorati con<br />

mosaici dorati a motivi floreali. Nell’insieme<br />

il carattere è eclettico.<br />

EclettismoSimbolismoCamillo Uccelli<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento:<br />

in esso, un angelo in preghira,<br />

rivolge lo sguardo al cielo; il vano che<br />

è lo spazio che plasma l’interno si proietta<br />

verso l’esterno innalzando al cielo<br />

i quattro fronti. La tomba è nello spessore<br />

del muro e all’esterno viene individuata<br />

nello zoccolo che sostiene tutto<br />

l’insieme architettonico.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

Mosaico di angelo in preghiera con l’abito<br />

crociato: è il simbolo del combattimento<br />

spirituale.<br />

325


Il forte verticalismo dei fronti è determinato<br />

da colonnine con capitelli<br />

a foglie che si sviluppano dall’arco<br />

d’ingresso fino a rompere la linea<br />

triangolare del tetto.Lo zoccolo liscio<br />

si alterna con la superficie ruvida a listoni<br />

ad andamento orizzontale e con<br />

il fregio che cammina sottolineando il<br />

profilo del protiro.<br />

Il dromos coincide con lo<br />

spazio dell’ornamento in<br />

cui sono rappresentati due<br />

leoni e prosegue verso il<br />

cielo collegando il vano<br />

all’esterno. Lo zoccolo<br />

ancora la tomba alla terra<br />

comtenendola; ai lati<br />

esso coincide con lo spazio<br />

dell’ornamento rappresentato<br />

dai mosaici di<br />

S.Chiara e S.Antonio;<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

Sui fronti laterali i mosaici sulle mensole raffigurano il volto di Santa Chiara (il giglio<br />

ne rappresenta la purezza); i colori accesi con prevalenza dell’oro e del rosso contrastano<br />

con il colore grigio dell’insieme. Sul fronte principale l’altorilievo di due leoni<br />

conferisce una forte plasticità; il dinamismo è sottolineato dai mosaici colorati di colore<br />

blu e giallo con rappresentazioni geometriche a forma di stella. Colonnine con<br />

capitelli a foglie, arco con fregio e portone in ferro con motivi a stella concludono il<br />

sistema decorativo.<br />

326


La pianta quadrata innalza una forma<br />

architettonicamente riconducibile allo<br />

stile decò: lo zoccolo di base sale a continuazione<br />

dei prospetti e prosegue con<br />

una modanatura articolata dalla “gola<br />

dritta e rovescia” a formare il cornicione.<br />

La linea orizzontale è interrotta<br />

per ogni fronte da cornici a mensola<br />

che inquadrano le aperture: la loro forma<br />

rettangolare individua per la parte<br />

lunga un timpano che fa da base alle<br />

nervature, con volute, che sottolineano<br />

l’andamento della cupola di copertura.<br />

La tomba è lo spazio interrato e coincide<br />

con il vano che prosegue all’esterno<br />

configurandosi nei fronti attraverso le<br />

aperure ovvero attraverso gli spazi del<br />

“passaggio”: il dromos e l’ornamento<br />

hanno la stessa connotazione spaziale.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

La cupola è articolata da due fasce decorative raffiguranti rispettivamente delle<br />

anfore in cotto e delle foglie d’acanto in pietra e termina con un piccolo tamburo<br />

decorato con una base di alloro (immortalità, gloria eterna) e un cerchio con croce<br />

sui quattro piccoli fronti. Il tamburo è sormontato infine dalla scultura di un anfora<br />

con fiamma innalzata (speranza e vita).<br />

327


1939/41<br />

neorococò<br />

Il gioco capriccioso e leggero di stucchi,<br />

cornici, festoni, volute bizzarramente intrecciate,<br />

nega la forma architettonica: il<br />

carattere rococò dell’insieme individua<br />

anche una ricerca di ritmi dinamici tipica<br />

del barocco, ma interpretata in chiave<br />

raffinata e leziosa.<br />

L’ornamento coincide con lo spazio<br />

dell’architettura (vano) e con il dromos.<br />

La tomba è in aggetto verso<br />

l’esterno ed è ricavata nello spessore<br />

del muro.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

Movimento, energia e tensione sono fra le caratteristiche principali dell’arte barocca;<br />

forti contrasti di luce e ombra accentuano l’effetto drammatico degli elementi scultorei<br />

(vasi, sarcofagi in laterali aggetto, volute che seguono il ricciolo decò) suggeriscono<br />

una proiezione verso lo spazio circostante, indistinto e infinito, grazie anche a<br />

un’attenta resa volumetrica e plastica.<br />

Altro elemento decorativo è il cancello in ferro a motivi floreali che seguono linearismi<br />

dell’”art nouveau”.<br />

328


Ettore Leoni, Mario Vacca,<br />

Daniele Strobel<br />

1926/50/54<br />

I fronti sono articolati da sarcofagi<br />

laterali in marmo e da aperture stette<br />

che conferiscono slancio verticale<br />

all’architettura. Nell’insieme l’edicola<br />

rivestita in marmo risulta seguire linee<br />

geometriche d’ispirazione decò.<br />

Lo spazio dell’ornamento coincide<br />

con lo spazio dell’architettura (vano)<br />

e con il dromos il cui slancio verticale<br />

conferisce uno spiccato carattere<br />

ascensionale a tutta l’edicola sottolinenando<br />

ulteriormente la particolare<br />

simbologia del guerriero orante. La<br />

tomba è in aggetto verso l’esterno ed<br />

è ricavata nello spessore del muro.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

L’ingresso, costituito da un portale in ferro decorato con una croce, prosegue nella sua geometria<br />

ad incorniciare il frontone mosaicato raffigurante un guerriero crociato con vessillo in<br />

atto di preghiera (Daniele de Stobel 1929). Il mosaico presenta contorni definiti: un’accurata<br />

ombreggiatura e una brillante gamma cromatica contribuiscono all’ effetto plastico d’insieme.<br />

Il disco dorato che circonda il capo è simbolo di santità che contrassegna personalità<br />

sovraumane. L’opera è così connotata da una grande devozione cristiana di un uomo d’armi.<br />

Il tema risulta essere debitore di un idealismo di stampo medioevale.<br />

329


Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento rappresentato<br />

dalla sfinge canina del portale d’ingresso;<br />

il vano che è lo spazio cha plasma l’interno si proietta<br />

verso l’esterno innalzando ala cielo il gruppo scultoreo<br />

degli angeli. La tomba è nello spessore del muro e<br />

all’esterno viene individuata nello zocolo che sostiene<br />

l’insieme architettonico<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento in cui<br />

immagini rappresentanti una fontana da cui zampilla<br />

acqua simboleggiano la presenza divina; il vano si proietta<br />

verso l’esterno innalzando al cielo i quattro fronti<br />

che si configurano come semplificazione di timpani dei<br />

templi classici. La tomba è nello spessore del muro e<br />

all’esterno viene individuata nello zoccolo che sostiene<br />

tutto l’insieme architettonico.<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento dove,<br />

un angelo in preghira, rivolge lo sguardo al cielo; il<br />

vano si proietta verso l’esterno innalzando al cielo i<br />

quattro fronti che si configurano come timpani “strecciati”.<br />

La tomba è nello spessore del muro e all’esterno<br />

viene individuata nello zoccolo che sostiene tutto l’insieme<br />

architettonico.<br />

Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio del<br />

vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />

è a pianta quadrata traducendisi nei prospetti con la<br />

stessa semplificazione. L’ornamento inquadra il portale<br />

d’ingresso e le aperture crociformi dei lati. Nello spessore<br />

del muro è collocata la tomba.<br />

Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio del<br />

vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />

ottagonale con protiro e scale riprende la schema classico<br />

dei templi e racchiude il vano. Questo si proietta<br />

all’esterno attraverso il dromos.<br />

Nello spessore del muro è collocata la tomba.<br />

Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio del<br />

vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />

ottagonale con protiro e scale riprende la schema classico<br />

dei templi e racchiude il vano. Questo si proietta<br />

all’esterno attraverso il dromos.<br />

Nello spessore del muro è collocata la tomba.<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

330


La tomba è lo spazio interrato e coincide con il vano che<br />

prosegue all’esterno configurandosi nei fronti attraverso<br />

le aperure ovvero attraverso gli spazi del “passaggio”:<br />

il dromos è l’ornamento stesso rappresentando la stessa<br />

connotazione spaziale.<br />

Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio<br />

del vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />

quadrato con protiro e scale riprende la schema<br />

classico dei templi e racchiude il vano. Questo si proietta<br />

all’esterno attraverso il dromos del portale e delle<br />

aperture laterali. Tali elementi si configirano secondo<br />

schematismi classicisti<br />

Nello spessore del muro è collocata la tomba.<br />

I fronti sono articolati da sarcofagi laterali (tomba) in<br />

marmo e da aperture stette che conferiscono slancio<br />

verticale all’architettura. L’ingresso (dromos), costituito<br />

da un portale in ferro decorato con una croce, prosegue<br />

nella sua geometria ad incorniciare il frontone mosaicato<br />

raffigurante un guerriero crociato con vessillo in<br />

atto di preghiera (ornamento)<br />

Il gioco capriccioso e leggero di stucchi, cornici, festoni,<br />

volute bizzarramente intrecciate, nega la forma architettonica:<br />

il carattere rococò dell’insieme individua<br />

anche una ricerca di ritmi dinamici tipica del barocco,<br />

ma interpretata in chiave raffinata e leziosa.<br />

E’ possibile tuttavia individuare gli elementi dell’architettura<br />

funeraria: lo spazio dell’ornamento si colloca sia<br />

nello spazio del vano che in quello del dromos. Nello<br />

spessore del muro laterale è collocata la tomba.<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento: in<br />

esso, un angelo in preghira, rivolge lo sguardo al cielo;<br />

il vano si proietta verso l’esterno innalzando al cielo i<br />

quattro fronti che si cofigurano in elaborazioni eclettiche<br />

con protiro, colonnine, archetti pensili, archi, lunette<br />

decorati con mosaici dorati a motivi floreali. La<br />

tomba è nello spessore del muro e all’esterno viene<br />

individuata nello zoccolo che sostiene tutto l’insieme<br />

architettonico.<br />

Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento in cui<br />

sono rappresentati due leoni inchiavardati in una nicchia<br />

che conferisce un forte slancio verticale al portale<br />

d’ingresso collegando lo spazio del vano all’esterno. Lo<br />

zoccolo ancora la tomba alla terra; ai lati esso coincide<br />

con lo spazio dell’ornamento rappresentato dai mosaici<br />

di S.Chiara e S.Antonio;<br />

Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />

Parte II I modelli<br />

331


332<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

LE MICROARCHITETTURE


Le microarchitetture<br />

Cappella Manzini Stori,1911-1930<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

Cappella Manzini/Stori Brigenti,1911-1930<br />

storia/licenze/autore b.67/3094-1930<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Al fianco del portale sono scolpite in rilievo due<br />

figure maschili a torso nudo, che pioangono con la<br />

testa appoggiata ad un braccio. A sua volta l'arto è<br />

puntellato ad un anfora simbolo della forza della<br />

vita terrena e spirituale.<br />

laici<br />

NE 3,30<br />

Alessandro Marzaroli<br />

(architetto-scultore)<br />

classici anfora<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi Cristo Crocifisso<br />

333<br />

La pianta è quadrata i prospetti seguono forme<br />

geometriche semplificate; il fronte presenta un portale<br />

con timpano sporgente e mensole che inquadrano un<br />

cornicione "ondulato". La forte plasticità data dalle<br />

masse e dalle ombre generate dai rilievi, conformano<br />

l'architettura alle linee dell'architettura del primo<br />

novecento che si conformano ad una stilizzazione<br />

dell'architettura classica-romana.


334<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Cappella Azzoni<br />

nome Cappella Azzoni<br />

stile Liberty/decò<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

riferimenti<br />

allegorie e simboli<br />

Il cancello in ferro, con<br />

motivi geometrici<br />

(cerchio, quadrato)<br />

stilizzati a formare<br />

linearismi floreali, segue<br />

stilemi liberty..<br />

laici<br />

NE 1,02<br />

L'impianto segue gli stilemi decò*: la base quadrata a<br />

gradini innalza un parallelepipedo bucato da una vetrata<br />

che per il suo arretramento rispetto al filo esterno,<br />

conferisce un forte contrasto chiaroscurale;<br />

internamente la luce rosata e lo slancio verticale,<br />

ricorda l'ambiente delle cattedrali gotiche.La porta in<br />

ferro battuito è decorata a motivi floreali in sile art-<br />

nouveau e sormontata da un timpano. Il grigio del<br />

calcestruzzo e il rigore formale esterno contrasta con<br />

"l'ambiente liberty" interno.<br />

*la forma ricorda un famoso grattacielo newyorkese: l'Empire State Building che<br />

fu uno dei primi esempi di architettura art decò<br />

classici vaso che raccoglie acqua<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

Cappella Bacigalupo Cremonini, 1933<br />

nome<br />

Cappella Bacigalupo Cremonini, 1933<br />

stile neoromanico<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore b.79/464-1933<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

ASC,Licenze di fabbrica<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

NE 2, 04<br />

religiosi croce<br />

335<br />

L'impianto ricorda quello di una chiesa romanica:<br />

all'esterno il protiro, con due colonnine su base<br />

rettangolare, è sormontato da un rosone (stilizzato) e da<br />

un timpano; esso inquadra l'apertura sguinciata e<br />

chiusa da un portone in ferro battuto. Lo zoccolo che<br />

corre su i quattro fronti, fà da continuità visiva ai due<br />

gradini dell'ingresso; ai lati la superficie muraria è<br />

scanalata, fino a circa 1/2 dell'altezza, da archetti a<br />

tutto sesto. La copertura è a due falde e appoggia ai 4<br />

vertici su lesene angolari.


336<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Cappella Ghirardi,1938<br />

nome<br />

stile razionalista<br />

ornamento<br />

NE 2,n°15<br />

storia/licenze/autore b.97/22-1938 ditta Manara<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Ghirardi,1938<br />

La pianta quadrata innalza una forma<br />

architettonicamente riconducibile allo stile razionalista:<br />

lo zoccolo di base sale a continuazione dei prospetti e<br />

prosegue a formare motivi geometrici rettangolari. Le<br />

linee orizzontali sono interrotte per ogni fronte<br />

rispettivamente dalle finestre e dall’ingresso costituito,<br />

quest’ultimo, da un portale ad andamento verticale<br />

accentuato dalle tre croci e da una cornice in travertino<br />

e dal cancello in ferro strutturato secondo una maglia<br />

quadrata in cui sono inscritte figure geometriche<br />

riconducibili a croci.<br />

ASC,Licenze di fabbrica<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

Cappella Lisoni NE 3,20<br />

nome Cappella Lisoni<br />

stile eclettico<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce<br />

337<br />

Una pianta quadrata con tetto a due falde e cornice "a<br />

foglie" a concludere il colmo del tetto con emberice, le<br />

paraste con capitelli a motivi floreali e portale con arco<br />

ogivale e il rosone centrale conferiscono all'insieme un<br />

carattere neogotico. Nell'insieme però l'architettura è di<br />

tipo eclettico per l'atteggiamento stilistico che fonde<br />

metodi diversi tratti da più indirizzi o scuole.<br />

Il rosone al centro della cornice ad ogiva che<br />

inquadra la porta e definisce un disegno<br />

goticheggiante, riprende l'idea di una piccola chiesa<br />

medioevale.


338<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Cappella Caprioli, 1934<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

Il cancello in ferro è<br />

articolato seguendo<br />

linearismi geometrici artdecò.<br />

I simboli alfa e<br />

omega sono simboli<br />

caratteristici delle tombe<br />

cristiane indicano l'inizio e<br />

la fine: situati ai lati<br />

dell'ingresso, inquadrano<br />

e sottolineano la scritta<br />

del nome della famiglia.<br />

NO 1,08<br />

storia/licenze/autore 165/1934 Moderanno Chiavelli<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Caprioli, 1934<br />

La geometria trapezioidale del fronte, il timpano che<br />

termina con acroteri stilizzati, articolano l'architettura di<br />

carattere classico secondo stilemi art-decò.<br />

Arcana, la luce dell'immenso…<br />

ASC, licenze di fabbriche<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

Cappella Oleari, 1942<br />

nome<br />

stile moderno<br />

NO 3,05<br />

ornamento Ennio Mora<br />

storia/licenze/autore b,114/138-1942<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Oleari, 1942<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi<br />

339<br />

Il diverso uso del materiale (mattone e travertino) sulle<br />

facciate, la presenza di zoccolatura e il portale<br />

aggettante conferiscono plasticità all'insieme<br />

contrastando la linearità geomatrica della costruzione.<br />

La modanatura del tetto (a listelli e fasce), la presenza<br />

del portale con la scritta sovrastante conformano<br />

l'edicola agli stilemi dell'architettura classica romana<br />

razionalizzati secondo gli schematismi dell'architettura<br />

moderna.


340<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Cappella Baistrocchi<br />

nome<br />

stile decò/eclettico<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Baistrocchi<br />

cancello in ferro con motivi geometrici a volute<br />

ASC,licenze di fabbriche<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

SE 2,01<br />

Gli stilemi dell'architettura romana con cui è trattata la<br />

superficie assumono valenza strutturale e decorativa:il<br />

disegno della ghiera dell'arco d'ingresso continua con i<br />

piedritti in mattoni ad ingorniciare il portone in ferro<br />

decorato con motivi geometrici a voluta. Il frontone che<br />

segue linearismi art decò e lo zoccolo sono in pietra<br />

bianca e contrastano con la volumetria massiccia dei<br />

mattoni.<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

Cappella Sorba, 1953<br />

nome<br />

stile neoclassico<br />

ornamento<br />

Mosaico: volto del<br />

"Cristo Misericordioso"<br />

SE 4,14<br />

storia/licenze/autore b.199/1070-1953 Mario Monguidi<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Sorba, 1953<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi Volto di Cristo<br />

341<br />

Il marmo bianco a doghe orizzontali contrasta con i colori<br />

accesi del Cristo mosaicato sopra il portale d’ingresso e<br />

della zoccolatura in marmo verde.La linearità<br />

dell’insieme ribadita anche dalla pianta quadrata, e il<br />

timpano che corona il prospetto contribuiscono a<br />

connotare l’opera nell’ambito classicista.


342<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Famedio Campanini Clefi,1908/1919<br />

nome<br />

stile eclettico-simbolista<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Famedio Campanini Clefi,1908/1919<br />

Altorilievi bronzei rappresentanti "il tramonto"e<br />

"l'aurora" posti ai lati del famedio (dedicato al noto<br />

direttore d'orchestra); i soggetti sono uomini in<br />

atteggiamento di adorazione dei Cieli. Questa<br />

iconogarfia cristiana contrasta con la laicità del<br />

monumento vicino ai canoni espressionisti e<br />

modernisti dei primi del novecento intrisi anche di<br />

valori socialisti<br />

ASC, carteggio/culto1629/ 1908<br />

culto/cimitero/ 1919<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi<br />

SO 2,01<br />

Arch. Giuseppe Mancini/<br />

scultore Carlo Corvi


Le microarchitetture<br />

Cappella Bormioli<br />

nome<br />

stile neorogotico<br />

ornamento<br />

Cappella Bormioli<br />

SO 2,02<br />

storia/licenze/autore Ettore Leoni<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Bormioli<br />

Leoni stilofori,colonnine in marmo beige e bianco<br />

con capitelli a foglie, archetti pensili.<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce, leone<br />

343<br />

Il protiro d’ingresso è caratterizzato dalla presenza di<br />

leoni stilofori che sostengono, appunto, colonnine in<br />

marmo beige e bianco con capitelli a foglie. Il portale<br />

prosegue con un affresco degradato rappresentante la<br />

famiglia bormioli. Gli archetti pensili che corrono a<br />

sottolineare le falde del tetto sono anch’essi in marmo<br />

bianco in contrasto con il rosso dei mattoni che<br />

strutturano tutti i fronti. L’architettura segue stilemi<br />

neogotici


344<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Cappella Visconti; 1933<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento uroboro e acroteri<br />

SE 4,02<br />

storia/licenze/autore 76_89/1933 Ing.Germanno Prussia<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Cappella Visconti; 1933<br />

Il timpano e gli acroteri che delineano il profilo dei<br />

prospetti, connotano l’edicola con motivi classicisti. La<br />

purezza della forma d’insieme confermata dalla pianta<br />

quadrata, dallo zoccolo che inquadra il portale in aggetto<br />

e dai motivi geometrici stilizzati del cancello in ferro,<br />

configurano la cappella secondo stilemi decò.<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

acroterio:plinto al culmine<br />

dei frontoni nel templi<br />

uroboro:rappresenta la vita<br />

ciclica delle cose<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

345


346<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Coppi,1910<br />

nome<br />

stile<br />

ornamento<br />

simbolico<br />

espressionista<br />

NE, 12<br />

storia/licenze/autore A.Bonaconza<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Coppi,1910<br />

Il sentimento interiore e l'impulso dell'anima viene<br />

evocato nell' atteggiamento della figura maschile<br />

posta sulla sommità del monumento: l'uomo che<br />

medità di fronte ad un teschio indica una ricerca<br />

spirituale che può portare alla rivelazione della<br />

"luce"solo se si riflette sulla caducità della vita<br />

rappresentata dal teschio. Questa esecuzione vicina<br />

a riti medioevali è ricca di dinamismo plastico: in<br />

esso la luce e l'ombra rappresentano i simboli della<br />

vita e della morte.<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce, teschio,fiaccola


Le microarchitetture<br />

Sepolcro Montali Schiaretti, 1919<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

Sepolcro Montali Schiaretti, 1919<br />

N0 1,04<br />

storia/licenze/autore ASC, licenze di fabbrica Emilio Trombara (?)<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

I soggetti che sovrastano la pietra sepolcrale,<br />

aggiungendovi ornamento e tranquillità, evocano un<br />

messaggio di speranza e salvezza eterna: la loro<br />

innocenza infatti, abbinata all'offerta di fiori e di<br />

musica, abbatte il cupore e l'angoscia del luogo. La<br />

rotondità delle forme , unite a ornamenti floreali,<br />

tendono a far attribuire l'opera ad Emilo Trombara<br />

anche se la concessione edilizia non presenta<br />

traccia del suo nome.<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi putti angelici<br />

347


348<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Carpi XX sec.<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Carpi XX sec.<br />

laici<br />

SO1, 11<br />

L'essenzialità delle forme di questo gruppo scultoreo, le<br />

cui superfici levigate sono racchiuse in profili allungati,<br />

conferiscono all'opera purezza e integrità plastiche,<br />

testimoniando l'impronta stlistica di inizio secolo.<br />

La maschera simbolo del dolore e della sofferenza<br />

della condizione umana connota riferimenti alla<br />

pittura surrealista di Salvador Dalì: immagini del<br />

sogno e in qualche modo dell'essere ultraterreno,<br />

con il loro aggrottarsi rappresentano una<br />

manifestazione dei sentimenti inconsci dell'essere.<br />

Mario Monguidi,<br />

Luigi Froni(scultore<br />

1906/1965)<br />

classici maschera<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

Sepolcro Merli, 1947,1948,1950<br />

nome<br />

stile decò/razionalista<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

b 116/11-1947;<br />

b.138/335-1949;<br />

b151/805-1950; b173/428-<br />

1952<br />

citazioni ASC, licenze di fabbriche<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Merli, 1947,1948,1950<br />

Il monumento bronzeo di donna con abito lungo e<br />

velo, è perfettamente in asse al mosaico sottostante<br />

il piedistallo.Per il rigore geomatrico, dato dalla<br />

stilizzazione delle forme floreali del mosaico e<br />

l'equilibrio compositivo dell'insieme, è possibile<br />

collocare l'opera nell'ambito decò/razionalista.<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

N0, 31<br />

M.Monguidi; E.Leoni;<br />

E.Mora;<br />

religiosi croce<br />

349<br />

Su un piedistallo quadrato con zoccolo a face<br />

triamgolari, si eleva un parallelepipedo che sostiene una<br />

statua bronzea di donna rivestita da un manto con<br />

andamento lineare..


350<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Salvatori (Salvarani), 1931<br />

nome<br />

stile liberty<br />

ornamento<br />

NO 3, 23<br />

storia/licenze/autore Emilio Trombara<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Salvatori (Salvarani), 1931<br />

La lapide è costituita da una nicchia con arco decorato,<br />

fregio a motivi geometrici e colonne con capitelli a foglie<br />

d'acanto.Per la forte componente ornamentale l'insieme<br />

si configura secondo stilemi liberty.<br />

Neonato:l'altorilievo in marmo bianco, semicoperto<br />

da un arco a tutto sesto, caratterizza il fondo della<br />

pietra sepolcrale. E' il ritratto di una neonata in<br />

posizione sdraiata con in mano una rosa simbolo<br />

universale della giovane vita e dell'innocenza.<br />

laici rosa<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi


Le microarchitetture<br />

Monumento Grossi,1908<br />

nome<br />

stile neoclassico<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Monumento Grossi, 1908<br />

Monumento Grossi,1908<br />

Su un piedistallo a cubico<br />

con modanatura liscia si<br />

eleva una croce con<br />

l'angelo con la tromba<br />

simbolo della voce di Dio..<br />

Accanto alla Croce di Cristo il complesso<br />

monumentale raffigura un angelo con una tromba in<br />

mano. Nelle immagini cristiane del Giudizio<br />

Universale, gli angeli annunciano la fine dei tempi<br />

suonando le trombe. Esprimono quindi la caducità di<br />

tutte le cose, prima fra tutte quella dell'uomo che<br />

sarà poi giudicato da Dio. La compostezza e<br />

l'armonia dei particolari ricorda l'estetica<br />

neoclassica.<br />

ASC, carteggio, istanza Grossi-Bassetti per la<br />

costruzione di un monumento…<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

N3, 01<br />

religiosi croce; angelo con tromba<br />

351


352<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1923<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1919<br />

ASC, culto/cimitero1919<br />

ASC, licenze di fabbrica<br />

b.65/7-1930<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

SE 2,12<br />

Architettonicamente segue linearismi decò; il marmo<br />

bianco liscio venato di grigio della lapide e la rugosità del<br />

basamento conferiscono contrasto all'immagine<br />

d'insieme. I volti delle sculture bronzee non manifestano<br />

pathos: nel complesso divengono elementi decorativi più<br />

che non espressionistici.<br />

Ennio Mora<br />

religiosi fiaccola; croce


Le microarchitetture<br />

353


354<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Chiusi, 1923<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Chiusi, 1923<br />

ASC, 1923<br />

carteggio/culto/cimitero<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

SE4, 02<br />

Urbano Fontana<br />

religiosi croce


Le microarchitetture<br />

Sepolcro Melotti, XX sec<br />

nome<br />

stile liberty<br />

Sepolcro Melotti, XX sec<br />

SO 2, 07<br />

ornamento<br />

Angelo piangente: rispettoso del concetto di unità<br />

progettuale e coerenza stilistica tra struttura e<br />

decorazione, l'insieme bronzeo costituito da due luci<br />

perpetue del sepolcro, e l'angelo, recuperano anche<br />

nel linearismo delle forme, l'estetica art nouveau dei<br />

primi anni del Novecento.<br />

opera non firmata<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Melotti, XX sec<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi angelo piangente<br />

355


356<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Pecchioni, 1910<br />

nome<br />

stile liberty<br />

ornamento<br />

Sepolcro Pecchioni, 1910<br />

storia/licenze/autore 1910<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Pecchioni, 1910<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

SO 2, 32<br />

Cippo funerario con zoccolatura e modanatura liscia, si<br />

configura con linearismi liberty per la presenza di una<br />

forte componente ornamentale di tipo floreale che<br />

increspa le superfici del volume conferendo dimamismo<br />

e plasticità .<br />

Il monumento in pietra dedicato al patriota Pietro<br />

Pecchioni, uno dei Mille, accoglie sulla parete<br />

laterale il rilievo di una figura ammantata. Il mento<br />

del soggetto ritratto si appoggia sulla mano che<br />

stringe una spada simbolo di forza vitale e della<br />

verità celeste. Il movimento dei volumi e il tono<br />

epico del tema conferiscono un equilibrio d'insieme.<br />

scultore Alessandro<br />

Marzaroli<br />

religiosi spada simbolo di forza


Le microarchitetture<br />

Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1923<br />

nome<br />

stile decò<br />

ornamento<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1919<br />

ASC, culto/cimitero1919<br />

ASC, licenze di fabbrica<br />

b.65/7-1930<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

SE 2,12<br />

Ennio Mora<br />

religiosi fiaccola; croce<br />

357<br />

Architettonicamente segue linearismi decò; il marmo<br />

bianco liscio venato di grigio della lapide e la rugosità del<br />

basamento conferiscono contrasto all'immagine<br />

d'insieme. I volti delle sculture bronzee non manifestano<br />

pathos: nel complesso divengono elementi decorativi più<br />

che non espressionistici.


358<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture<br />

Sepolcro Melotti, XX sec<br />

nome<br />

stile liberty<br />

Sepolcro Melotti, XX sec<br />

SO 2, 07<br />

ornamento<br />

Angelo piangente: rispettoso del concetto di unità<br />

progettuale e coerenza stilistica tra struttura e<br />

decorazione, l'insieme bronzeo costituito da due luci<br />

perpetue del sepolcro, e l'angelo, recuperano anche<br />

nel linearismo delle forme, l'estetica art nouveau dei<br />

primi anni del Novecento.<br />

opera non firmata<br />

storia/licenze/autore<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Melotti, XX sec<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

religiosi angelo piangente


Le microarchitetture<br />

Sepolcro Cerutti, XX sec<br />

nome<br />

stile neoclassico<br />

ornamento<br />

Sepolcro Cerutti, XX sec<br />

storia/licenze/autore ASC, licenze di fabbrica<br />

citazioni<br />

allegorie e simboli<br />

Sepolcro Cerutti, XX sec<br />

Una coppia di angeli speculari l'uno all'altro e posti<br />

all'estremità del sepolcro, portano un'acconciatura<br />

lunga e folta, lo scguardo rivoto verso l'alto, e una<br />

mano posta sul cuore. Esprimono quindi una dolce<br />

tenerezza e innocenza, unita a una tranquillizzante<br />

serenità e speranza<br />

laici<br />

classici<br />

alchemici/massonici<br />

SE 1,05<br />

religiosi angelo con pergamena<br />

359


360<br />

Maria Carmen Nuzzo<br />

Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />

Le microarchitetture


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