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Maria Carmen Nuzzo<br />
La rappresentazione dela memoria.<br />
Tra disegno di progeto, analisi grafica e rilievo di architetura<br />
Tutor: Arch. Chiara Vernizzi<br />
Co-tutor: Prof. Arch. Michela Rossi<br />
Coordinatore del dotorato: Prof. Ing. Paolo Mignosa<br />
Università degli studi di Parma<br />
Dotorato di Ricerca in Ingegneria Civile<br />
Curiculum: “Disegno e rilievo del patrimonio edilizio”<br />
XX Ciclo
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
1
2<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Maria Carmen Nuzzo
Maria Carmen Nuzzo<br />
INDICE<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
PREMESSA pag. 6<br />
Rappresentazione della memoria<br />
Tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
PARTE I<br />
Cap. 1 - Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
1.1- Le forme della memoria:<br />
la tomba di Anna Regilla: esempio di casa dei morti lungo la via<br />
Appia (disegni e incisioni) pag 9<br />
1.1.0 Architettura mediterranea europea protostorica: dal IV al<br />
III millenio in oriente e occidente pag 17<br />
1.0.1 La civiltà egea e i suoi palazzi pag. 18<br />
1.0.2 Le architetture megalitiche nell'occidente mediter<br />
raneo: isola di malta e isole occidentali pag. 20<br />
1.1.1 La tipologia della tomba etrusca e romana pag. 22<br />
1.1.2 Tombe a camera pag. 24<br />
1.1.3 Tombe a cappuccina pag. 25<br />
1.1.4 Tombe a cassone pag. 26<br />
1.1.5 Tomba a colombario pag. 27<br />
1.1.6 Tombe a dado pag. 28<br />
1.1.7 Tombe a tholos pag. 29<br />
1.1.8 Tombe a edicola pag. 30<br />
1.1.9 Tomba a pozzetto pag. 31<br />
1.1.10 Tomba a pozzo pag. 32<br />
1.1.11Tomba a tumulo pag. 33<br />
1.1.12 Tombe a fossa pag. 34<br />
1.1.13 Tombe dei giganti pag. 35<br />
1.1.13.1 I santuari nuragici pag. 36<br />
1.1.13.2 I templi a pozzo pag. 37<br />
Dai sepolcri etruschi e romani vengono individuate le tipologie e le forme primarie<br />
riferite ai solidi platonici (cerchio, quadrato, triangolo)<br />
1.2 - I modelli all'origine della cappella gentilizia del cimitero ottocente<br />
sco pag. 39<br />
3
4<br />
INDICE<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cap. 2 - La domus dei morti (tipi ed elementi) pag. 46<br />
2.1- Mausoleo pag.47<br />
- Cippo<br />
- Edicola<br />
2.2- Gli elementi dell'architettura: la porta e il recinto pag.53<br />
Viene evidenziata: la porta (l’edicola) e il recinto (la domus)<br />
Cap. 3 - Gli impianti cimiteriali pag.66<br />
3.1- L’evoluzione del concezione della morte e la codifica del cimitero<br />
settecentesco pag.66<br />
3.2- Il cimitero come giardino pittoresco: Rousseau e l’isola dei pioppi<br />
ad Ermenonville pag.70<br />
3.3- I primi grandi cimiteri dell’Ottocento: Staglieno<br />
Tombe, sculture e giardini come esempio della rappresentazione<br />
della città borghese pag. 73<br />
PARTE II<br />
Cap. 1 - Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice pro<br />
gettuale pag. 79<br />
1.1- La storia pag. 83<br />
1.2- L'impianto e l'architettura pag. 88<br />
1.3- Il sistema dei cimiteri a Parma pag.140<br />
Cap 2 - Le cappelle gentilizie e lo studio delle architetture<br />
2.1- I progettisti e gli artisti: Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio<br />
Mora, Americo Bonaconza, Mario Moguidi<br />
Analogie tra le architetture funerarie e residenziali pag.177
Maria Carmen Nuzzo<br />
indice<br />
PARTE III<br />
Cap. 1 - Il museo virtuale come restituzione critica di un rilievo pag. 220<br />
1.1- L'idea pag. 221<br />
1.2- L'organizzazione: il progetto "Villetta" pag. 222<br />
1.3- I percorsi pag. 226<br />
CONCLUSIONI pag. 230<br />
Dal rilievo al disegno di progetto, spunti e suggestioni pag. 230<br />
APPENDICI<br />
1 Glossario pag. 239<br />
2 I simboli Cristiani pag. 271<br />
3 I simbolo con riferiemnti laici pag. 312<br />
4 Schede:<br />
- le cappelle di Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Americo<br />
Bonaconza, Mario Moguidi: schede analitiche pag. 321<br />
- microarchitetture: schede critiche pag. 332<br />
ALLEGATI<br />
1 Spunti progettuali<br />
2 Tavole di progetto<br />
BIBLIOGRAFIA pag. 361<br />
5
6<br />
PREMESSA<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
PREMESSA<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
La ricerca si è strutturata partendo dallo studio “degli antichi sepolcri etruschi e romani”<br />
per di individuare quegli spazi caratterizzanti tali architetture “primigenie”,<br />
allo scopo di confrontarli con le cappelle gentilizie dei cimiteri neoclassici di cui sono<br />
"l'unità abitativa".<br />
Il cimitero della Villetta a Parma è un modello, una matrice tipologica di significati<br />
formali e simbolici.<br />
Il rilievo delle parti del cimitero ha permesso di individuare quegli elementi che da<br />
sempre, nella storia della morte e delle sepolture, hanno strutturato gli impianti cimiteriali<br />
e le microarchitettura che li costituiscono .<br />
La porta che evoca l'azione del passaggio, e che segna il limite tra i due mondi definendo<br />
il "qui" ed un "altrove", e il recinto che custodisce lo spazio del cimitero in cui<br />
una comunità compie un'azione di continuo rinnovamento, di memoria e di affetto. Uno<br />
spazio ditinto ma non separato i cui percorsi interni generano la croce simbolo universali<br />
di sacralità e confine; un mondo spirituale dove le simbologie superano il significato<br />
religioso e raccontano che la giustizia, la prudenza, la fortezza e la temperanza sono<br />
virtù universali, segno di civiltà ed eroismo per ogni uomo che vive nel mondo.<br />
I disegni di progetto sono strumenti per rappresentare e conoscere il disegno della<br />
memoria; il museo virtuale è lo spazio che di-svela la rappresentazione come valore<br />
dell’architettura: è una rielaborazione della restituzione del rilievo.<br />
Il risultato del rilievo è il progetto di nuovi spazi sacri in cui l'uomo possa riconoscersi<br />
come altro da sè dove l’angelo è il simbolo di un mistero imperscrutabile che aprirà a<br />
quell’incontro tra Eros e Thanatos orientato all’esaltazione dell’eros come ad una sorta<br />
di ultimo ricordo.<br />
Figure di Angeli, che saranno sostituite verso il ‘900, da figure di donne sensuali<br />
sempre meno angeli e sempre più messaggere di un mondo misterioso lasciano il posto<br />
a sensuali figure femminili che divengono il simbolo di quella morte giovane, ancora<br />
più tragica nel suo essere fuori tempo accompagnata dall’immagine del fiore reciso che<br />
la cultura simbolista e liberty aveva assunto come rappresentazione emblematica della<br />
morte soprattutto dopo che, nei primi anni del '900, la presenza al cimitero di Staglieno<br />
di uno scultore come Leonardo Bistolfi con le tombe Orsini e Bouer, offrirà un modello<br />
nuovo e sensuale a cui gli scultori guarderanno fino ed oltre la prima guerra mondiale.
Maria Carmen Nuzzo<br />
Dopo la prima guerra mondiale al bisogno di rappresentazione monumentale della<br />
morte privata, viene a sostituirsi una dimensione più intima e interiorizzata in cui il<br />
dramma della morte di massa sembra non lasciare spazio altro che all’urlo o al silenzio<br />
di una madre che lo scultore Eugenio Baroni pone sulla tomba del cimitero protestante<br />
di Genova.<br />
La morte tema universale che accomuna tutti gli uomini nell' unico spazio in cui il<br />
ricordo diviene il possibile mondo dell' eternità.<br />
Ed è proprio tale spazio che diviene il "quì" in cui è proiettato attraverso lo studio della<br />
storia, il progetto quale risultato della ricerca condotta: progetto di microarchitetture<br />
ma anche di macrospazi pensati come riconfigurazione di non-luoghi inglobati nella<br />
modernità metropolitana a cui si vuole ridare il significato di spazio del passaggio, di<br />
porta intesa come luogo di congiunzione del raddoppio della persona: l'anima e il corpo<br />
scissi e ricongiunti attraverso il riconoscimento racchiuso e dis-velato dalla dimora<br />
eterna.<br />
7
8<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />
PARTE I<br />
I TIPI
Maria Carmen Nuzzo<br />
Parte I I tipi<br />
Capitolo 1<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
1.1 Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla, un<br />
Lungo la regina viarum 1 , come in<br />
altre vie romane ( Latina, Nomentana,<br />
Flaminia, Salaria, Ostiense), che si<br />
dipartivano da Roma per raggiungere<br />
terre molto lontane, furono<br />
sistemati numerosi edifici funerari 2 ;<br />
oltre ai sepolcri, vi erano anche,<br />
inframmezzandosi o costituendo<br />
fronte più arretrata, singole abitazioni,<br />
ville sontuose, templi e boschi sacri,<br />
archi onorari, osterie ed alberghi,<br />
e ancora insediamenti talvolta di<br />
estensione tale da ospitare uffici<br />
pubblici, santuari, posti di polizia,<br />
impianti termali, tabernae, deversoria,<br />
e hospitalia ad uso dei viaggiatori.<br />
La presenza di siffatte costruzioni<br />
contribuì indubbiamente ad agevolare<br />
l’opera di urbanizzazione delle<br />
campagne nelle regioni attraversate<br />
dalle vie, oltre ad incrementare gli<br />
scambi culturali e commerciali.<br />
I sepolcri allineati lungo i bordi delle<br />
principali vie extraurbane furono<br />
costruiti da committenti appartenenti<br />
a famiglie romane o provenienti<br />
dalle province che, in relazione alla<br />
"La prima parte della Via Appia dalla Porta<br />
Capena a Bovillae", di L. Canina, con i<br />
monumenti sepolcrali nei pressi del tempio di<br />
Cecilia Metella,<br />
9
10<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />
loro estrazione socio-economicoculturale,<br />
vollero imprimere segni<br />
distintivi anche alle loro tombe.<br />
Queste si differenziavano nel loro<br />
aspetto per tipologia, per dimensioni,<br />
per originali sistemi costruttivi e per<br />
ricchezza di partiti decorativi (fregi e<br />
rilievi, statue, mosaici e pitture, ritratti<br />
dei defunti scolpiti o dipinti, disegni<br />
di paramenti murari ottenuti con la<br />
originale disposizione dei mattoni).<br />
L’uso di rivestimenti laterizi policromi<br />
trova a Roma ampio favore per tutto<br />
il II secolo d.C. e fino agli inizi del<br />
seguente, in monumenti sepolcrali con<br />
tipologie ‘a camera’ e ‘a tempio’. Di<br />
tali edifici resta documentazione nella<br />
necropoli dell’Isola Sacra, ubicata<br />
lungo la grande via che conduceva<br />
da Ostia al porto, in quella scavata<br />
sotto la Basilica Vaticana, in altri<br />
nuclei cimiteriali isolati e fuori dalla<br />
stretta continuità degli allineamenti<br />
sepolcrali o inseriti nel complesso di<br />
ville padronali. Alcuni edifici costruiti<br />
a Roma e nel territorio circostante<br />
nel II sec. d.C., articolati a piani<br />
sovrapposti ma di dubbia utilizzazione<br />
funeraria e architetture templari con<br />
podio e scalinata, edificate alla stessa<br />
epoca, presentano cortine laterizie<br />
policrome e ordinamenti decorativi<br />
affini a quelli dei coevi edifici<br />
funerari. Edifici sepolcrali, religiosi<br />
e con altra destinazione d’uso, così<br />
contraddistinti per tipologia e per<br />
caratteri figurali nell’ambito della<br />
cultura architettonica romana, sono<br />
stati sinora studiati. Numerosi sono,<br />
tuttavia, quelli che, per il loro cattivo<br />
stato di conservazione o per mancanza<br />
di fonti epigrafiche, documentarie<br />
il modello: tomba del IV miglio lungo la via<br />
Appia<br />
lo schema:<br />
è una "tipologia a tempietto" con pianta<br />
quadrata, alto podio e scalinate con accesso<br />
ad un aula superiore mediante un asse<br />
perpendicolare alla via Appia con direzione<br />
nordest/sud-ovest.<br />
i riferimenti:<br />
-tomba del IV miglio lungo la via Appia<br />
il sistema decorativo:<br />
- è sobrietà dei volumi che ne definiscono le<br />
parti<br />
-ricercatezza cromatica del laterizio (gialli<br />
e rossi)
Maria Carmen Nuzzo<br />
Parte I I tipi<br />
e iconografiche, non sono ancora<br />
sufficientemente indagati.<br />
A quest’ultimo gruppo di architetture<br />
appartiene appunto il sepolcro al IV<br />
miglio della Via Appia, denominato<br />
dagli studiosi ‹‹laterizio a tempietto››<br />
per via dei paramenti murari laterizi<br />
che ricoprono le pareti esterne e per<br />
la sua tipologia. Esso presentava la<br />
tipica forma ‹‹a tempietto›› a pianta<br />
rettangolare con un alto podio e con<br />
scalinata antistante che consentiva<br />
l’accesso ad un’aula superiore. L’asse<br />
longitudinale in direzione nordest/<br />
sudovest è perpendicolare alla via<br />
Appia antica. L’aula superiore,<br />
coperta con una grande volta a botte<br />
e con nicchie per le statue funerarie,<br />
era adibita a cerimonie funebri. Sul<br />
lato posteriore, varcando una porta,<br />
si raggiungeva la camera funeraria<br />
voltata a botte e con tre arcosoli per i<br />
sarcofagi. In elevato le cortine esterne,<br />
il timpano con le sue mensole che<br />
coronava i lati brevi, le paraste con basi<br />
e capitelli che sottolineano gli angoli,<br />
i partiti decorativi della trabeazione, le<br />
cornici delle finestrelle, erano tutti in<br />
laterizio.<br />
Le conoscenze sul sepolcro sono<br />
limitate, poiché non possediamo<br />
fonti e studi specifici al riguardo. La<br />
tavola XXV del volume sulla Via<br />
Appia pubblicato da L. Canina nel<br />
1853 3 é la sola fonte iconografica<br />
tramandata; mancano iscrizioni<br />
epigrafiche, sporadici e indiretti sono<br />
i cenni riportati negli scritti condotti<br />
sull’architettura funeraria romana.<br />
L’indagine diretta condotta sulle<br />
strutture ancora esistenti, restaurate<br />
intorno al 1970, e l’esame delle più<br />
11<br />
il modello : sepolcro noto con il nome "Sedia<br />
del diavolo"<br />
lo schema:<br />
è una "tipologia a tempietto" con pianta quadrata,<br />
alto podio e scalinate con accesso ad<br />
un aula superiore mediante un asse perpendicolare<br />
alla via Appia con direzione nordest/<br />
sud-ovest.<br />
i riferimenti:<br />
- Cenotafio di Anna Regilla<br />
- Torraccio della Cecchina<br />
- Sepolcro Barberini in Via Latina 5<br />
il sistema:<br />
Lesena-Capitello-Trabeazione assume esiti<br />
decorativi raffinati e ricercati caratterizzati<br />
da sobrietà cromatica
12<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />
importanti architetture con cortine laterizie esterne policrome, sia sepolcrali<br />
sia con diversa destinazione d’uso, consentono, tuttavia, di chiarire aspetti<br />
tipologici, costruttivi e decorativi del sepolcro laterizio ‘a tempietto’ del IV<br />
miglio della Via Appia, e di inserirlo cronologicamente, nel quadro delle<br />
esperienze architettoniche romane di età antonina.<br />
In particolare, la tomba del IV miglio di Via Appia e il sepolcro noto come<br />
‘Sedia del Diavolo’ in Via Nomentana 4 sono tipologicamente affini, poiché<br />
in entrambi sono presenti una camera sepolcrale ipogea, ambienti superiori<br />
destinati ai riti funebri, podio e scalinata anteriore, ma si differenziano<br />
nell’articolazione distributiva, e soprattutto nelle modalità di accesso dal livello<br />
stradale a quello del pavimento della camera sepolcrale. Nel sepolcro di Via<br />
Nomentana la cella inferiore è preceduta, come in altri esempi di questo tipo,<br />
verso il prospetto, sotto il piano terminale della scala esterna, da un ambiente<br />
traversale, che accoglie una scaletta di accesso al piano inferiore. Nel sepolcro<br />
laterizio del IV miglio della Via Appia, manca il corridoio trasversale, poiché<br />
l’accesso all’ambiente ipogeo è diretto e avviene - fatto insolito - attraverso una<br />
porta situata nella parete meridionale, opposta a quella d’ingresso, facilitando<br />
le modalità di accesso. Una maggiore fruizione dello spazio sotterraneo per la<br />
collocazione delle sepolture o delle urne è ottenuta, inoltre, utilizzando il vano<br />
chiuso in alto dall’alta scalinata. Per raggiungere questo scopo i gradini della<br />
scalinata sono disposti in maniera tale da invadere il rinfianco della volta del<br />
sottostante ambiente. Questa soluzione, ideata per corrispondere alle esigenze<br />
di maggiore fruizione degli spazi sepolcrali, comporta una riduzione del ripiano<br />
terminale della gradinata, rendendo difficile l’inserimento di una fila di colonne<br />
per un probabile pronao: a meno che queste non fossero interposte; ma ciò è<br />
poco probabile a giudicare dalla mancanza di indizi archeologici, tra gli ultimi<br />
scalini.<br />
Nella disposizione delle cortine murarie esterne il sepolcro laterizio del IV<br />
miglio della Via Appia antica e la ‘Sedia del Diavolo’ in Via Nomentana hanno<br />
in comune l’uso del rivestimento laterizio, ma nel primo il trattamento delle<br />
superfici esterne appare più cromaticamente ricercato di quello attuato nell’altro<br />
sepolcro o in altri edifici con cortine laterizie, prevalentemente monocrome,<br />
della necropoli dell’Isola Sacra presso Ostia o della necropoli Vaticana.<br />
Il sepolcro della Via Appia rivela chiare assonanze con le coeve esperienze<br />
decorative attuate in edifici con cortine laterizie policrome, sia sepolcrali, sia<br />
con diverse destinazioni d’uso.<br />
In considerazione del cattivo stato di conservazione della zona di coronamento<br />
della ‘Sedia del Diavolo’, i riferimenti più diretti per le soluzioni decorative e<br />
compositive delle pareti che definiscono i volumi semplici del sepolcro laterizio<br />
della Via Appia, sono indubbiamente quelli attuati nel ‘Sepolcro Barberini’ in<br />
Via Latina, nel ‘Cenotafio di Annia Regilla’ alla Caffarella nei pressi della Via<br />
Appia e nel ‘Torraccio della Cecchina’ presso Casal de’ Pazzi in Via Nomentana.
Maria Carmen Nuzzo<br />
Parte I I tipi<br />
Il sistema lesena-capitello-trabeazione presenta in tutti questi esempi riscontri<br />
evidenti nella successione delle parti modanate, ma in quello della via Appia,<br />
le soluzioni decorative adottate, più semplificate, non hanno la raffinatezza<br />
dei partiti decorativi degli altri edifici. Nel sepolcro laterizio della Via Appia,<br />
i costruttori ricorrono, in sintonia con gli indirizzi artistici dell’epoca, all’uso<br />
della diversa colorazione dei filari di mattoni (gialli e rossi) legati da sottili<br />
strati di malta che formano le paraste, le basi, i capitelli e le modanature della<br />
trabeazione, per esaltare le superfici disposte su piani diversi, ma realizzano<br />
tenui aggetti che non assumono mai un risalto plastico; anzi, con il loro scarso<br />
aggetto riducono la sostanza della massa in variegati superfici di colore. Nella<br />
scelta della colorazione dei materiali, la volontà degli artefici di differenziare<br />
i colori dei mattoni per indicare con il colore giallo gli elementi portanti e<br />
con il colore del colore rosso le pareti di chiusura. Nell’attuazione di questi<br />
programmi i costruttori della tomba al IV miglio di Via Appia raggiungono esiti<br />
lusinghieri, ma non hanno la capacità artistica di emulare il livello qualitativo<br />
perseguito dagli artisti intervenuti nella costruzione del ‘Sepolcro Barberini’ e<br />
del ‘Cenotafio di Annia Regilla’ e del ‘Torraccio della Cecchina’, su incarico<br />
di una committenza colta e ricca.<br />
Il sepolcro laterizio del IV miglio della Via Appia antica è, in sintesi, un esempio<br />
di sepolcro ‘a tempio’, rivestito di laterizio a due colori che, pur senza avere le<br />
arditezze strutturali delle coperture della ‘Sedia del Diavolo’ e del ‘Torraccio<br />
alla Cecchina’, o la ricercatezza decorativa policroma del ‘Cenotafio di Annia<br />
Regilla’ e del ‘Sepolcro Barberini’ 6 , si distingue per la sobrietà dei volumi che<br />
ne definiscono le parti, per le articolazioni distributive ben congegnate, e per la<br />
cura con cui sono stati giustapposti gli elementi decorativi per creare variazioni<br />
cromatiche sia con l’uso di mattoni gialli e rossi sia con la disposizione di<br />
superfici di scarso aggetto. L’indagine sugli edifici funerari ‘a tempio’, alla cui<br />
tipologia appartiene il nostro sepolcro, permette infine di verificare che tale<br />
tipologia non è diffusa quanto quella ‹‹a camera››, come attestano le numerose<br />
tombe delle necropoli dell’Isola Sacra presso Ostia e Vaticana, e i tre sepolcri<br />
del Parco della Via Latina (‘Barberini’, ‘dei Valeri’, ‘dei Pancrazi’) 7 .<br />
13
14<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Le forme della memoria: la tomba di Anna Regilla esempio di casa dei morti lungo la via Appia<br />
Note<br />
1 La regina viarum è laVia Appia, iniziata nel 312 a.C. da Appio Claudio e conclusa per<br />
segmenti successivi nel 119 a.C. La sua estensione definitiva univa Roma con Capua,<br />
Venosa, Taranto e Brindisi.<br />
2 P. S. BARTOLI, Gli antichi sepolcri, ovvero mausolei romani, ed etruschi, trovati<br />
in Roma ed in altri luoghi celebri, nelli quali si contengono molte erudite memorie:<br />
raccolti, disegnati e intagliati Roma, 1727, 1768<br />
3 L. CANINA, La prima parte della Via Appia dalla Porta Capena a Bovillae, descritta<br />
e dimostrata con I monumenti superstiti dal commendatore L. Canina in seguito alle<br />
regolari scavazioni e lavori diversi …, Bertinelli, Roma, 1853.<br />
4 L. CREMA, Due monumenti sepolcrali sulla via Nomentana, in Serta Hoffileriana,<br />
Zagreb, 1940, pp.263-283 .<br />
5 M. L. RICCARDI, Il cosidetto sepolcro “Barberini” sulla via Latina, «Palladio»,<br />
XVI, 1966, I-IV, N. S. XIV, pp. 151-182<br />
6 M. TORELLI, F. ZEVI, Roma, Principali monumenti del suburbio, «Enciclopedia<br />
dell’arte antica», VI, 1965, pp. 872-899<br />
7 A. VODRET, Via Latina. La Tomba dei “Pancrazi”, « Bollettino della Commissione<br />
archeologica comunale di Roma », XCI, 1986, pp. 615-622
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
15
16<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Architettura mediterranea ed europea protostorica: dal IV al III millenio in Oriente e in Occidente
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.0 Architettura mediterranea ed europea protostorica:<br />
dal IV al III millennio in Oriente e Occidente<br />
Dal III millennio a.c. le forme architettoniche divengono espressione dell’ideologia<br />
di quella società, per cui si può dire che l’esigenza di erigere un sepolcro<br />
duraturo e di innalzare una costruzione alla divinità creano un’architettura funeraria<br />
e religiosa.<br />
Tra le tecniche si affermano i due principi costruttivi fondamentali del trilitismo<br />
(ovvero il principio della concentrazione del peso su sostegni isolati) e<br />
della copertura a falsa volta 1 , o costruzione “in alveare”.<br />
I due sistemi tecnici variamente combinati hanno dato luogo alle più significative<br />
architetture civili, religiose e funerarie. Dagli edifici civili e religiosi<br />
egiziani, che applicando soltanto il trilitismo raggiungono forme grandiose, per<br />
continuare attraverso i templi maltesi e le tombe micenee, fino ai templi della<br />
Gran Bretagna ed all’architettura funeraria europea occidentale, si raggiunge in<br />
occidente una fusione dei due sistemi (cosiddetto, megalitismo occidentale) a<br />
causa dei suoli costituiti prevalentemente di rocce adatte.<br />
Nell’architettura microasiatica non viene applicato il trilitismo, per l’assenza<br />
di roccia adeguata da cui trarre monoliti per il sistema strutturale. La presenza<br />
di banchi argilliferi favoriscono l’uso prevalente del mattone fittile per cui le<br />
strutture di sostegno sono in mattoni più o meno cotti su zoccolo lapideo di<br />
fondazione con presumibili solai a travature lignee.<br />
La costruzione quindi per conseguire la necessaria solidità s’innalza a murature<br />
continue con rare aperture di necessità. L’architettura urbana microasiatica rivela<br />
perciò un carattere introverso e chiuso. Sarà il tempio egiziano, con il suo<br />
colonnato ad innalzare nella storia dell’architettura l’apertura della costruzione<br />
allo spazio esterno.<br />
Il sistema della copertura architravata è più frequente del sistema a falsa volta<br />
questo sia per la leggerezza dei materiali impiegati sia per la difficoltà di recuperare<br />
materiale coesivo per cementare i mattoni necessari.<br />
I primi esempi di copertura a falsa volta si evidenziano nelle costruzioni di<br />
tombe ipogee : di queste il più antico esempio risale al V millennio a.c. cioè alle<br />
così dette tholoi di Arpasiyya 2 .<br />
17
18<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Architettura mediterranea ed europea protostorica: dal IV al III millenio in Oriente e in Occidente<br />
1.0.1 La civiltà egea e i suoi palazzi<br />
Uno dei principi fondamentali dell’architettura palaziale minoica è quello di<br />
raggruppare gli ambienti intorno ad un cortile centrale come a Festo e Cnosso.<br />
Gli elementi dell’architettura egea sono più o meno comuni alle tre grandi culture<br />
che fioriscono intorno all’Egeo (minoica, cicladica, micenea).<br />
La disposizione degli ambienti è adeguata alla morfologia del luogo: essi risultano<br />
asimmetrici e sono caratterizzati da scalinate, ambienti terrazzati ecc.<br />
conferendo al palazzo minoico quel carattere di dinamicità funzionale posto in<br />
relazione alle esigenze della società minoica che concentra la sua vita in massima<br />
parte nel palazzo (fig. 1).<br />
La funzione del cortile interno è a tal proposito predominante, mentre il cortile<br />
esterno è per lo più adibito a giochi sportivi.<br />
Al carattere di apertura al mondo esterno dei palazzi minoici si contrappone<br />
quello introverso e chiuso dei palazzi del re micenei, di cui sono noti quello di<br />
Tirino, Micene, Pilo. Situati per lo più su alture, gli ambienti a pianta rettilinea<br />
sono disposti attorno al salone centrale, o megaron, o sala delle adunanze secondo<br />
Omero.<br />
E’ un ambiente rettangolare diviso in tre vani: l’ingresso a due ante murarie laterali<br />
con due colonne di sostegno al centro per il tetto e con una porta centrale<br />
di accesso al secondo vano.<br />
Una o due porte centrali immettono al centro al megaron propriamente detto o<br />
“sala del trono “.<br />
L’architettura funeraria micenea (fig.2) è nota per le sue tombe ipogee a falsa<br />
cupola e corridoio (dromos), delle quali è esemplare il tesoro di Atreo a Micene<br />
3 .<br />
Il corridoio scoperto che raggiunge una larghezza di m.6 e una lunghezza di<br />
m.35, come al tesoro di Atreo 3 immette attraverso una porta rettangolare nella<br />
camera circolare ottenuta nei fianchi di alture rocciose, e rivestita di anelli<br />
concentrici, di conci sagomati “a scarpa”. L’aggetto inizia dal piano di posa del<br />
primo anello per terminare nella chiave di volta chiusa a vertice. Il soffitto è<br />
decorato da rosoni aurei. Per mezzo di un portello e un breve corridoio si passa<br />
ad un ambiente minore a pianta quadrata utilizzata per la deposizione, mentre<br />
la camera circolare era riservata al rituale 4 .
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1 L'ingresso<br />
2 La Sala del trono (megaron)<br />
fig1 il palazzo Miceneo<br />
1 L'ingresso (dromos)<br />
2 La tomba<br />
fig2 Le tombe a Thòlos<br />
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20<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Architettura mediterranea ed europea protostorica: dal IV al III millenio in Oriente e in Occidente<br />
1.0.2 Le architetture megalitiche nell’occidente mediterra<br />
neo<br />
Isola di malta<br />
Nelle architetture del 1600-1500 a.C., definito come periodo apogeo, nell’isola<br />
di Malta la tarda civiltà neolitica dei “grandi templi” offre esempi precoci della<br />
tecnica Megalitica che sviluppa elaborati ambienti ellittici. Ma è soprattutto nel<br />
mondo europeo in Spagna, in Francia, in Scandinavia e in Puglia che si vede<br />
fiorire il megalitismo con i suoi monumenti tipici delle pietre fitte (menhir)<br />
delle tombe a camera e a corridoio (dolmen) degli allineamenti e dei circoli di<br />
pietra aventi destinazione sacrale (cromlech) 5 .<br />
A Malta i caratteri essenziali sono:<br />
1) l’adozione del sistema trilitico e architravato nelle strutture portanti (corridoio<br />
d’ingresso, muri portanti)<br />
2) uso della falsa volta di copertura<br />
Isole occidentali<br />
Nell’avanzata età del bronzo si vedono fiorire le singolari civiltà architettoniche<br />
della Sardegna e delle isole Baleari<br />
La tecnica costruttiva è a blocchi che dà origine a caratteristiche strutture megalitiche.<br />
In Sardegna il monumento tipico è il Nuraghe, torre tronco conica con ambienti<br />
interni a falsa cupola 6 .<br />
Nelle Isole Baleari il monumento tipico è il Talayot che si distingue nei due tipi<br />
a pianta circolare e a pianta quadrata; il profilo verticale della costruzione risulta<br />
tronco-conico se a pianta circolare, tronco-piramidale se a pianta quadrata.<br />
La decorazione<br />
Nell’architettura Protostorica del Mediterraneo e dell’Europa, l’elemento decorativo<br />
o figurato, scolpito o dipinto, ha un carattere vario e occasionale; soltanto<br />
a Malta e nel mondo cretese-miceneo, come già nel vicino oriente e nelle civiltà<br />
classiche, s’intravvedono tradizioni canoniche di rapporti tra struttura e tipologie<br />
ornamentali. Il motivo predominante sui monumenti, come negli oggetti,<br />
mobili e soprattutto nella ceramica è la spirale.
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
Note<br />
1…la copertura a falsa volta da distinguersi da quella a vera volta secondo PERROT-<br />
CHIPIEZ in Histoire de l’arte dans l’antiquitè, Paris, 1882-1911, I pp.554 sgg., II, pp.<br />
231 sgg.)<br />
2 A. PERROT, Archéologie Mesopotamiénne, Paris, 1953, II, p.155 sgg.<br />
3 Il tesoro di Atreo , detto anche tomba di Agamennone, è una maestosa tomba a tholos<br />
situata nei pressi della rocca di Micene, in Grecia. Fu edificata intorno alla metà del<br />
XIII secolo a.C. (quattro secoli prima dell’epoca della guerra di Troia) ed ospitò i resti<br />
del sovrano che portò a termine la ricostruzione della rocca. Si tratta di una camera semisotterranea<br />
a pianta circolare, con copertura a sezione ogivale, realizzata con massi<br />
aggettanti (falsa volta). E’alta 13 mt mentre il diametro misura 14.50 metri; per trovare<br />
una costruzione voltata altrettanto ampia si deve scorrere il tempo fino al Pantheon,<br />
costruito 1400 anni dopo.<br />
4 G.Rondevaldt, Der Fries des Megarons von Mykenai, Halle, 1921<br />
5 C.Ceschi, Architetture dei templi megalitici di Malta,Roma, 1939<br />
6 G.Lilliu, Civiltà dei Sardi, Roma, 1968<br />
21
22<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.1 La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
"..erano scavate nella roccia, quando<br />
questa lo permetteva, od erano<br />
costruite in pietra, tufo o nenfro, in<br />
superficie, a forma di tumulo 1 .<br />
Mentre i Romani costruivano i<br />
monumenti funerari fuori terra e<br />
ben visibili, normalmente lungo le<br />
vie consolari, gli Etruschi, come la<br />
maggior parte dei popoli antichi,<br />
cercavano in ogni modo di nascondere<br />
le loro necropoli. Se costruita in<br />
superficie, la tomba era ricoperta da<br />
un tumulo di terra che ne nascondeva<br />
la presenza. Altro fatto che avvicina<br />
l'aspetto delle tombe etrusche a quelle<br />
di altri popoli, specie degli Egizi,<br />
era che queste prendevano forma ed<br />
aspetto delle case dei vivi, qualche<br />
volta perfino venivano scavate a<br />
forma di tempio, come le tombe<br />
rupestri di Norchia, a significare,<br />
molto probabilmente, che questa era<br />
la sepoltura di un personaggio di casta<br />
sacerdotale e dei suoi familiari.<br />
Una curiosità molto diffusa nelle<br />
necropoli è l'urna cineraria di<br />
terracotta riproducente, con molto<br />
verismo, la capanna costruita con pali<br />
di legno e il tetto di paglia.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Le tipologie "a esedra" , piante: a Gozo (malta),<br />
Los Millares (Spagna), a Castelluccio (Sicilia),<br />
tomba dei Giganti (Sardegna), tomba a<br />
Talaytos (Minorca)
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
L'interno delle tombe varia moltissimo a seconda del gusto e delle possibilità<br />
economiche del proprietario. Le più semplici sono formate da una o due camere<br />
comunicanti, i letti funebri addossati alle pareti e scavati nel masso senza<br />
sculture né soffitti dipinti riproducenti le travature delle case. Nelle più ricche si<br />
riproduce, invece, l'appartamento del vivo sino ai più minuti particolari. Porte<br />
con cornici, finestre, mobili e suppellettili, tutto riprodotto alla perfezione nella<br />
roccia scavata. Le porte sono con gli stipiti obliqui, più strette in alto. Nelle<br />
pareti che dividono le celle, sono aperte le finestre che permettono la vista della<br />
stanza vicina. Tutto intorno, sgabelli, banchi, poltrone dal ritto schienale, con<br />
l'appoggia piedi di fronte, letti con le gambe ben tornite, armi appese, gli arnesi<br />
più vari usati dal defunto, tutto contribuisce a rendere l'aspetto della casa del<br />
defunto una cosa viva e palpitante.<br />
L'accesso alla tomba è spesso costituito da una lunga scalinata scavata nel tufo<br />
(dromos) chiusa e sigillata da una grande pietra monolitica o da un robusto<br />
muro formato da grandi pietre squadrate saldate con malta a calce…<br />
Le decorazioni dipinte tendono a riprodurre le stesse decorazioni della casa<br />
del vivo. Il soffitto, tra trave e trave, è variamente dipinto con foglie, rami,<br />
uccelli o motivi ornamentali. Le pareti sono chiuse in alto da una lunga serie di<br />
strisce colorate con vivace ed indovinato accostamento di colori. Nei triangoli<br />
delle pareti formati dalla forma del tetto, leonesse, leopardi od altri animali si<br />
affrontano, separati da un cippo od ara.<br />
Le pareti laterali, sono divise in pannelli e riproducono le scene più care vissute<br />
dal defunto mentre era in vita. Vediamo così il signore alla caccia, alla pesca,<br />
alla danza. Oppure, mollemente sdraiato sul letto, in compagnia della bellissima<br />
moglie, degli amici, dei familiari lo vediamo banchettare allegramente. I servi,<br />
variamente indaffarati, si affrettano a versare il vino entro grandi vasi, altri<br />
sono pronti a servire arrosti di cacciagione posti su larghi vassoi. I musici<br />
riempiono di gioiose melodie l'ambiente, le danzatrici dalle lunghe vesti<br />
fiorate, trasparenti, intrecciano con i danza tori, in gonnellino corto, le danze ed<br />
agitano graziosamente le lunghe mani affusolate. A rendere più vero e naturale<br />
l'ambiente, piccoli animali domestici passeggiano sotto i tavoli e nelle sale.<br />
Nulla vi è di funebre, la gioia di vivere pulsa ancora nelle carnagioni accese dei<br />
commensali…<br />
Tutto vive nella più pura naturalezza e nel realismo più pittoresco. La città dei<br />
morti come per incanto, si trasforma in una città dei vivi, i defunti assumono<br />
l'aspetto di persone reali, lo sfondo delle scene ed i paesaggi agresti non sono<br />
nature morte ma balzano all’occhio come scorci veri dell'ambiente Etrusco."<br />
Così George Dennis, il grande archeologo inglese dell'800, descriveva le<br />
sepolture etrusche 1 .<br />
1 Tratto da "The cities and cemeteries of Etruria." / Abridged edition edited by Pamela<br />
Hemphill with maps, plans and illustrations. - Princeton (N.J.) : Princeton University<br />
Press, 1985. - LXV-234 p. ill. 23 cm. I edizione del testo 1848. II^ 1883.<br />
23
24<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.2 Le tombe a camera<br />
Le tombe a camera generalmente<br />
sono introdotte da un corridoio più<br />
o meno lungo e stretto (dromos) con<br />
pendenza variabile secondo il terreno,<br />
a cielo aperto o in cunicolo. Queste<br />
tombe sono ricavate sotto terra negli<br />
strati rocciosi (tufo, macco, nenfro,<br />
peperino ecc.).<br />
La loro forma è molteplice; possono<br />
essere rettangolari, trapezoidali,<br />
quadrate, ed avere uno o più ambienti<br />
variamente collegati.<br />
Attorno alle pareti, ci possono essere<br />
dei letti o delle banchine ricavati<br />
dalla roccia o anche costruiti, sui<br />
quali erano deposte le salme e la<br />
suppellettile funebre.<br />
Le pareti, le porte, i soffitti, possono<br />
essere scolpiti in vario modo. Il<br />
soffitto, in particolare, poteva imitare<br />
la struttura in legno dell'abitazione<br />
reale, avere il trave centrale (columen)<br />
in rilievo con i relativi travicelli<br />
(cantherii) sugli spioventi.<br />
Non mancano, specie per il periodo<br />
arcaico, colonne con capitelli, sedie,<br />
sgabelli, cornicioni, porte rilevate,<br />
finestrelle, scudi, letti e guanciali<br />
scolpiti e decorati. Talvolta, lungo<br />
le pareti, è possibile rinvenire anche<br />
delle nicchie per la deposizione di<br />
altri corpi.Cosi come le sculture,<br />
anche le pitture<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.3 Le tombe a<br />
cappuccina<br />
Vengono chiamate in questo modo per<br />
la forma che ricorda il cappuccio dei<br />
frati. Guardandole in sezione, infatti,<br />
mostrano una forma triangolare.<br />
La tomba è formata da tegoloni<br />
(tabellones) o anche da lastre di pietra,<br />
che sono poste ai lati del defunto e<br />
congiunti al vertice. Il tutto, poi, era<br />
ricoperto di terra.<br />
Il corredo funerario che è possibile<br />
rinvenire in queste tombe è dei più<br />
poveri che si conosca; qualche volta<br />
manca completamente.<br />
Questo tipo di sepoltura, molto<br />
diffuso durante l'età imperiale, è<br />
proprio delle classi più povere. L'età<br />
giunge fino al Medioevo.<br />
25
26<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.4 Le Tombe a cassone<br />
Sono costituite da pesanti casse di tufo,<br />
nenfro o peperino che racchiudevano<br />
il corpo del defunto e deposte entro<br />
fosse scavate nel terreno.<br />
Il coperchio è a «schiena d'asino» o<br />
a doppio spiovente. Il cassone, oltre<br />
il cadavere, custodiva parte o tutti gli<br />
oggetti funebri. Altri oggetti potevano<br />
essere deposti ai lati del cassone<br />
o sopra di esso, particolarmente<br />
nell'estremità superiore, protette da<br />
improvvisati ripari di scaglie pietrose<br />
(VII-V sec. a.C.).<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.5 La Tomba a<br />
colombario<br />
Si tratta di camere più o meno grandi,<br />
talvolta comunicanti in serie, con<br />
ricavate nelle pareti numerose cellette<br />
quadrate di 20/30 cm di lato allineate<br />
orizzontalmente e verticalmente.<br />
In esse erano deposte; entro vasi,<br />
le ceneri dei defunti con un misero<br />
corredo funebre. Usate per lo più dalla<br />
povera gente sono tombe ascrivibili<br />
agli ultimi periodi della vita etrusca<br />
e al periodo romano (IlI sec. a.C. e<br />
seguenti).<br />
27
28<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.6 Le tombe a "dado"<br />
Le tombe a “dado” sono sempre delle<br />
tombe a camera contenute, in questo<br />
caso, all'interno di un blocco di roccia<br />
scavato nel tufo o anche costruito.<br />
Nel caso il monumento funebre è<br />
isolato sui quattro lati si ha la vera<br />
e propria tomba a dado, altrimenti si<br />
hanno forme intermedie:<br />
- a semidado quando il monumento<br />
è isolato solo su tre lati dalla parete<br />
rocciosa:<br />
- a falso dado quando la sola facciata<br />
è scolpita nella roccia ed ha qualche<br />
cenno dei lati<br />
La facciata può avere una porta<br />
reale (periodo arcaico), oppure una<br />
finta posta in alto.In questa tipologia<br />
di tombe si ricrea una abitazione<br />
normale, le modanature di vario<br />
tipo e diversa disposizione (becco<br />
di civetta, toro, fascione, campana)<br />
ornano la facciata o anche i lati del<br />
dado che hanno, spesso, piccole scale<br />
per accedere alla parte superiore del<br />
monumento (piattaforma).<br />
Nelle tombe a dado ellenistiche la<br />
tomba vera e propria è situata sotto<br />
la facciata sulla esatta perpendicolare<br />
della finta porta. Tra la facciata e la<br />
camera sepolcrale vi può essere un<br />
ambiente più o meno grande (ambiente<br />
di sottofacciata). Sono caratteristiche<br />
delle necropoli rupestri.<br />
Datazione: metà del VI-II sec. a.C.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.7 Le tombe a thòlos<br />
Si tratta di una derivazione<br />
dall'architettura micenea. Il thòlos<br />
era una tomba dedicata alle sepolture<br />
regali; in essa appare uno dei primi<br />
esempi di cupola dell'antichità.<br />
Costruito tagliando una collina e<br />
disponendo grandi pietre in cerchi<br />
concentrici sovrapposti, fino a<br />
chiudere completamente la sommità<br />
dell'ambiente conico che ne deriva,<br />
il tholos viene successivamente<br />
ricoperto di terra, che ricostituisce<br />
la collina originaria. Un corridoio,<br />
lasciato libero fra due pareti di pietra,<br />
conduce all'accesso della tomba.<br />
All'interno in un piccolo ambiente<br />
scavato accanto al grande vano con la<br />
cupola, era collocato il sarcofago del<br />
re. Gli etruschi utilizzarono questo<br />
tipo tombale soprattutto nell'Etruria<br />
settentrionale e nel tardo periodo<br />
orientalizzante ( Vetulonia, Volterra).<br />
29
30<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.8 Tombe a edicola<br />
Tipiche del periodo che va dalla metà<br />
del VI fino alla metà del V sec. a.C., le<br />
tombe a edicola somigliano nella loro<br />
struttura esterna a una casa con tetto<br />
a doppio spiovente (vedi definizione<br />
di Tomba nel glossario).<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.9 Tombe a pozzetto<br />
Alla fine dell’età del bronzo le<br />
sepolture a incinerazione sostituiscono<br />
quelle preistoriche a inumazione, e le<br />
ceneri vengono collocate all’interno<br />
di pozzetti semplici rivestiti da<br />
ciotoli o lastre. Questo si presenta<br />
come un piccolo pozzo cilindrico o<br />
quadrangolare scavato nella terra o<br />
nella roccia tenera. La profondità,<br />
variabile a seconda della natura del<br />
terreno, può raggiungere anche i due<br />
metri e la larghezza metri 1,50. Nel<br />
fondo troviamo l'ossuario contenente<br />
gli avanzi combusti del corpo,<br />
attorno è collocato il corredo funebre<br />
costituito da vasi e da oggetti metallici<br />
soprattutto in bronzo.<br />
31
32<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.10 Tomba a pozzo<br />
Di epoca decisamente tarda (II-I sec.<br />
a. C.) questo genere di sepoltura si<br />
presenta come un pozzo che scende<br />
nel terreno fino a giungere talvolta a<br />
una decina di metri.<br />
Al termine si aprono, una grande<br />
camera o vari cunicoli che<br />
introducono ad altrettanti ambienti<br />
ove sono deposti i defunti.<br />
La discesa avviene grazie a delle<br />
tacche (pedarole) ricavate nelle pareti<br />
del pozzo cilindrico o rettangolare.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.11 Tomba a tumulo<br />
Sono tombe a camera il cui nome<br />
deriva dal fatto di essere sormontate<br />
da un monticello di terra o di roccia<br />
che protegge l'ambiente sepolcrale e<br />
che, a distanza, le fa sembrare tante<br />
colline o come a Tarquinia, tanti<br />
«Monterozzi ».<br />
La parte esterna, sulla quale si innalza<br />
il cono di terra, ricavata nella roccia o<br />
anche costruita con massi, si chiama<br />
usualmente « tamburo» e può anche<br />
essere ornato da modanature.<br />
Secondo la grandezza il tumulo<br />
può contenere più tombe con più<br />
ambienti diversi. Questa tipologia di<br />
tombe appartiene al periodo iniziale<br />
della civiltà etrusca, ovvero alla fine<br />
dell’VIII-VI sec. a.C.<br />
Tipici invece del tardo periodo<br />
orientalizzante sono i grandi tumuli<br />
con volta a falsa cupola ad anelli,<br />
impostata su pianta circolare e<br />
aparentemente sorretta da un pilastro<br />
centrale (tholos).<br />
33
34<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
1.1.12 Tombe a fossa<br />
Nell’VIII secolo a.C., alle tombe a<br />
pozzetto di cremati, si aggiungono,<br />
e spesso le sostituiscono, quelle a<br />
fossa per inumati, scavate nel terreno<br />
a forma più o meno rettangolare.<br />
Quando la roccia era assente, attorno<br />
all'urna cineraria o al cadavere del<br />
defunto, venivano “costruite” le<br />
pareti con blocchi di vario genere e<br />
grandezza, scaglie di pietra, lastroni<br />
lirici o anche tegole. I vasi rituali<br />
e gli oggetti del corredo funebre<br />
venivano deposti sia all'interno che<br />
all'esterno della fossa. Secondo il<br />
rito di sepoltura, questa tipologia è<br />
possibile ritrovarla fino alla metà del<br />
VI sec. a.C.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.1.13 Tombe dei giganti<br />
Già dalla fase più antica l'architettura<br />
nuragica elabora anche la tomba<br />
dei giganti, monumentale sepolcro<br />
collettivo che in base a credenze<br />
popolari si pensava fosse utilizzato<br />
per tumulare un gigante.<br />
Nel Bronzo Antico (1800 a.C.) nasce<br />
e si sviluppa la tomba dei giganti<br />
di stile dolmenico-ortostatico: la<br />
facciata è ad esedra ed è costituita da<br />
lastroni di pietra infissi verticalmente<br />
nel terreno, che vanno crescendo in<br />
elevazione dalle estremità delle ali<br />
al centro dove domina, con valore<br />
architettonico e simbolico, l'alta stele<br />
che spesso presenta finte finestrelle al<br />
lato della porticina ricavata al piede<br />
della stessa stele.<br />
Dietro la facciata stava un vano<br />
rettangolare (interrato) coperto da<br />
lastroni e costituito da filari di pietre.<br />
Un esempio di architettura del genere<br />
è la tomba dei giganti di Aiodda,<br />
presso Nurallao (NU).<br />
Il tipo dolmenico-ortostatico continua<br />
a svolgersi durante il Bronzo Medio<br />
in particolare nella Sardegna centrosettentrionale;<br />
nello stesso tempo,<br />
nella Sardegna centro-meridionale,<br />
fa la sua apparizione un altro tipo<br />
di tomba dei giganti a struttura detta<br />
"nuragica", in cui permane la sagoma<br />
a corpo rettangolare con esedra<br />
(schema che sembra simbolizzare<br />
la testa del toro), ma sparisce il<br />
tumulo. Nell'esedra non c'è più la<br />
stele o altro ornato, rimane la nuda<br />
35<br />
ingresso di una tomba dei giganti e lo schema<br />
della piante
36<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
La tipologia della tomba etrusca e romana<br />
ed elegante prospettiva del muro<br />
concavo ordinato a file di pietra.<br />
Una struttura di questo tipo è la<br />
tomba di Sa Domu 'e s'Orcu, "la<br />
casa dell'orco" nella giara di Siddi<br />
(CA). Mentre il tipo "nuragico"<br />
perdura nel centro-sud dell'isola per<br />
tutto il tempo del Bronzo recente<br />
e Finale (1200-900 a.C.), quello<br />
dolmenico-ortostatico del centronord<br />
viene gradatamente a cessare e<br />
lo sostituisce un altro tipo di tomba<br />
dei giganti che si caratterizza per la<br />
raffinata lavorazione a scalpello della<br />
struttura muraria, e per la presenza<br />
costante al centro dell'esedra, di una<br />
o due pietre sagomate e fregiate. Tra<br />
le costruzioni di questo tipo spicca la<br />
struttura monumentale della tomba<br />
dei giganti di Madau, presso Fonni<br />
(NU).<br />
1.13.1 I santuari nuragici<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Durante il Bronzo Recente e Finale<br />
(1300 a.C.) i Nuragici costruiscono i<br />
santuari, luoghi di incontro non solo<br />
religioso ma anche politico, civile ed<br />
economico.<br />
Il disegno edilizio e architettonico<br />
consta di parti diverse, mirate a<br />
comporre festa religiosa e civile,<br />
mercato e assemblea politica. I<br />
giochi e gli affari del mercato si<br />
svolgevano in un vasto recinto<br />
ellittico, con porticato e vani rotondi<br />
per il soggiorno dei festaioli e con<br />
i posti per i rivenditori. In disparte,<br />
presso un gruppo di dimore stabili<br />
destinate alle famiglie che avevano I santuari nuragici , pianta e sezione:
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
cura del santuario, spicca l'ampia<br />
rotonda coperta delle assemblee.<br />
Ben distinta è la zona templare con il<br />
tempio a pozzo.<br />
1.13.2 I templi a pozzo<br />
I templi a pozzo hanno una struttura<br />
composta di tre parti essenziali: il<br />
vano di ingresso, al livello del suolo,<br />
la scala che scende nel terreno e il<br />
vano interrato, con la volta a tholos.<br />
Sul fondo del vano interrato, ai<br />
piedi della scala c'è la fonte sacra. In<br />
superficie un recinto di pietre delimita<br />
l'area sacra.<br />
In Sardegna esistono circa 40 templi<br />
a pozzo: notevoli sono quello del<br />
santuario di S.ta Vittoria di Serri (CA),<br />
quello del santuario di S.ta Cristina<br />
di Paulilatino (OR) e il pozzo sacro<br />
Su Tempiesu presso Orune (NU),<br />
che si discosta un po' dalla struttura<br />
classica.<br />
37<br />
il tempio a pozzo: il vano d'ingresso è a livello<br />
del suolo, la scala è il dromos che scende nella<br />
terra.<br />
Il triangolo è la forma del tempio<br />
pianta<br />
sezione<br />
il tempio a pozzo: pianta e sezione della scala<br />
che è il dromos del tempio (studi)
38<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
1.2 I modelli all'origine della cappella gentilizia del cimitero<br />
ottocentesco<br />
Il termine cappella ha origine dall'oratorio dei re Merovingi in cui era conservata<br />
una reliquia della cappa ( lat. cappa, cappella) di San Martino di Taurs 1 . Passa<br />
poi a significare, genericamente, un edificio di culto adibito a destinazioni<br />
diverse, di piccole dimensioni, isolato o inserito in un organismo architettonico<br />
maggiore.<br />
Le cappelle isolate appaiono gia frequentemente nel mondo paleocristiano<br />
adottando di preferenza la pianta centrale sull'esempio dei martirya (martiryon)<br />
di cui spesso assumono anche la funzione funeraria. Quelle inserite negli<br />
organiscmo architettonici maggiori hanno invece origine nel periodo medioevale<br />
(sec. X-XI) e le prime vengono costruite nelle absidi delle chiese, per ripondere<br />
al moltiplicarsi degli altari dovuto all'accresciuto culto dei santi. Soltanto con il<br />
secolo XIV, per l'uso divenuto frequente, di acquistare ambienti privati di culto,<br />
le cappelle vengono inserite nei fianchi delle chiese e la loro funzione trionfa<br />
nel barocco quando assumono forme archiettonicamente cospicue divenendo<br />
elemento caratteristico dell'edificio sacro.<br />
Storicamente importante fu la funzione della cappella per il formarsi di<br />
istituzioni particolari che a loro volta influenzarono, condizionandolo, lo spazio<br />
architettonico della chiesa stessa 1 .<br />
Il sargofago etrusco e la sepoltura a catafalco<br />
La cappella funeraria si pone quale graduale trasformazione dell’antica sepoltura<br />
a catafalco, a sua volta derivata dai sarcofagi etruschi con figure giacenti, presente<br />
nelle chiese prima all’esterno, lungo i muri e nelle arcate perimetrali, o anche<br />
isolata nello spazio di pertinenza, come nel caso delle arche scaligere di Verona,<br />
e quindi all’interno, lungo le navate laterali.<br />
La cappella come chiesa<br />
Chiamata, ancora nel diciassettesimo secolo, chapelle o représentation,perché<br />
circondata da lumi come l’altare della cappella di una chiesa e sormontata da una<br />
statua che ricorda l’usanza medievale di esporre il cadavere alla vista dei fedeli,<br />
39
40<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />
fig.1 Una cappella nel cimitero di Parigi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
con la tomba-cappella già all'interno della chiesa si delinea gradualmente l'uso<br />
secondo cui lo lo spazio dei defunti è la parte sotterranea che riunisce, attraverso<br />
la preghiera, il mondo dei vivi e quello dei morti.<br />
Si delinea così il modello delle attuali cappelle di famiglia, la matrice tipologica<br />
caratterizzata da una parte sotterranea, la cripta, e una in elevazione a forma di<br />
tempietto coperto a cupola o a doppia falda (fig.1).<br />
Già nella preistoria il rito dell'ipogeo quale regno dei morti trova la sua origine;<br />
l'aldilà è un mondo analogo a quello dei vivi e la tomba funebre è il luogo<br />
del raddoppio della persona vivente dove all'immobilità dello stato fisico si<br />
contrappone la mobilità perenne del ricordo e della memoria.<br />
Le dimore dei trapassati assumono la configurazione delle abitazioni terrene. La<br />
casa è l’archetipo, il modello cui guarda l’architettura e l’arte funebre: lo stesso<br />
sarcofago è una sorta di riproduzione in scala ridotta della dimora terrestre. Le<br />
interpretazioni dell’oltretomba variano a seconda delle diverse collocazioni<br />
geografiche: la cultura micenea, ad esempio, libera l’aldilà dai riti legati alla pura<br />
conservazione del corpo, assai importanti invece per gli egiziani, considerando<br />
l’ultima dimora come puro spazio, monumento essenziale in sé concluso. La<br />
tomba a thòlos presente nell’area mediterranea è un ambiente rettangolare,<br />
privo di decorazioni, preceduto da una corsia di accesso, la dròmos. Il recinto,<br />
realizzato in grandi blocchi di pietra, è caratterizzato da una maestosa porta alla<br />
quale è affidato l’apparato decorativo dell’intera struttura (fig.2).<br />
Attraverso successive mutazioni ed evoluzioni questo tipo di sepoltura si tradurrà<br />
nella tomba ipogea tipica delle regioni meridionali italiane e quindi nella necropoli
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
fig.2 Mausoleo di Alicarnasso.<br />
etrusca, intesa come vera e propria città dei morti ad immagine della città dei<br />
vivi, guidata da una concezione fortemente razionale di coordinamento di più<br />
sepolture perfettamente rispecchiante la forma di aggregazione degli uomini sulla<br />
terra. Durante tutto il periodo delle persecuzioni contro i cristiani, il sottosuolo<br />
di Roma si popolerà di criptae, gallerie sotterranee scavate per ospitare nei loci,<br />
nicchie ricavate nelle pareti tufacee, più salme. Un tipo di sepoltura molto usato è<br />
l’arcosolium, ovvero una nicchia dall’apertura foggiata ad arco nella quale veniva<br />
posto il sarcofago. Talvolta, ma più raramente, le tombe vengono direttamente<br />
scavate nella terra: sono le fornae — termine usato anche per definire canali ed<br />
acquedotti — accessibili dall’esterno attraverso un pozzo in muratura dal quale<br />
vengono calate le salme. A questa spiccata introversione all’interno della terra<br />
delle culture mediterranee corrisponde una estroversione propria delle regioni<br />
microasiatiche: le tombe a heròon sono templi isolati emergenti dal piano della<br />
terra, di ridotte dimensioni, all’interno delle quali il defunto viene celebrato<br />
attribuendogli gli onori dell’eroe. Dall’heròon, per successive contaminazioni con<br />
il tempio greco, deriva il Mausoleo di Alicarnasso (fig.2), mirabile monumento<br />
sepolcrale in pietra, completamente distrutto sul finire del XV secolo, con<br />
peristilio ionico e grandiosa copertura gradonata, eretto per celebrare Mausolo,<br />
signore della Caria dal 377 al 353 a. C.<br />
Vitruvio prima (25-30 a. C.) e Plinio il Vecchio (75 d. C.) poi lo descrivono quale<br />
opera eccezionale per la mole e per il ricchissimo apparato decorativo, tanto che<br />
ben presto sarà conosciuto come una delle sette meraviglie del mondo antico.<br />
41
42<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Fig.3<br />
(1430) Cappella Ruccelai, a<br />
Roma, detta Cappella dei Pazzi:<br />
non è a pianta centrale in quanto<br />
a lato del quadrato centrale<br />
coperto a cupola si trovano le<br />
cappelle laterali voltate a botte.<br />
E' preceduta da un atrio non portato<br />
a termine dal Brunelleschi<br />
anch'esso con uno spazio centrale<br />
sormontato a cupola emisferica<br />
che trova riscontro con la cupoletta<br />
del presbiterio in asse sul<br />
lato opposto della cappella.<br />
L'interno si articola secondo uno<br />
schema lineare ottenuto da membrature<br />
portanti decorate in pietra<br />
serenta che si stagliano contro<br />
i muri di intonaco bianco; esse<br />
sono disposte come se fossero<br />
tracciate sull' architettura le linee<br />
della regola della prospettiva.<br />
A: atrio<br />
B: presbiterio<br />
1: asse che individua le cappelle<br />
Le sepolture collettive nel pavimento delle navate delle chiese<br />
Durante il cristianesimo viene recuperato il senso dell'oltretomba e dell'interiorità<br />
della terra: la cripta, il sarcofago, il colombario a loculi sovrapposti sono i segni<br />
della tradizione romana che vengono ripresi e tradotti in sepolture collettive poste<br />
al di sotto del pavimento della navata centrale delle chiese. Lastre di marmo<br />
chiudono i loculi sotterranei e allo stesso tempo ornano il suolo della chiesa:<br />
il bisogno di arricchire e decorare queste lastre con incisioni o rilievi sempre<br />
più marcati, epitaffi e ogni sorta di immagine, nel tentativo di ricercare forme<br />
sempre più elaborate volte alla celebrazione del singolo individuo, porterà in<br />
poco tempo alla reale impraticabilità del piano così fortemente inciso e quindi<br />
all’uso di strutture sopraelevate e autonome: si ripete così, in un certo senso,<br />
il tipo di sepoltura ad arcosolio che, si è visto, ha caratterizzato molte delle<br />
catacombe cristiane.<br />
Durante tutto il Medioevo appaiono strutture a baldacchino, coperte da cappe<br />
di stoffa, lungo le navate laterali delle chiese ad inquadrare i sarcofagi arricchiti<br />
da sculture rappresentanti il defunto giacente circondato da simboli e figure<br />
allegoriche a memoria della vita passata. Sono queste strutture a baldacchino che<br />
diverranno una sorta di codice-stile per l’architettura degli anni a seguire.<br />
Dal Quattrocento in poi le cappelle verranno sistematicamente aperte e<br />
quindi ornate dall’opera dei più prestigiosi architetti del tempo lungo le pareti
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
Fig.4<br />
(1450) Tempio Malatestiano, a Rimini. L'originaria chiesa medioevale dedicata a S.Francesco fu<br />
trasformata in un imponenete tempio classico in onore di Sigismondo e Isotta Malatesta.<br />
L'edificio rimane incompiuto l'interno conserva una struttura prevalentemente gotica. Le intenzioni<br />
dell'alberti erano quelle di creare una cupola emisferica come quella del Pantheon sorretta<br />
da costoloni come la cupola del Duomo del Brunelleschi<br />
A: cappelle laterali<br />
B: navata centrale<br />
laterali delle chiese. Marmi policromi, elaborati mosaici secondo la tradizione<br />
cosmatesca, statue, ricchissime epigrafi, affreschi e dipinti impreziosiscono le<br />
tombe degli uomini illustri.<br />
Dalla Cappella Ruccellai di Filippo Brunelleschi (fig.3), al Tempio Malatestiano<br />
di L.B.Alberti (fig.4) il tentativo di conciliare ideali cristiani con quelli umanistici<br />
attraverso la celebrazione "di principi" si continua a perpretare. Il Tempio<br />
Malatestiano, rappresenta il primo esemplare moderno in cui viene data una<br />
soluzione classica al problema presentato dalla facciata di una normale chiesa<br />
cristiana.<br />
In questi luoghi, che rappresentano la celebrazone della realtà divina e<br />
terrena, il simbolismo cristiano si intreccia con evocazioni pagane. L'esempio<br />
cinquecentesco più ecclatante è il piccolo edificio a pianta centrale realizzato<br />
dal Bramante a Roma: S. Pietro in Montorio (fig.5) è a pianta centrale e si rifà<br />
ai martirya paleocristiani. Il riferimento architettonico e simbolico è il Pantheon<br />
tanto che Andrea Palladio gli offre il tributo di includerlo tra i "templi antichi" nel<br />
IV° libro di architettura divenendo poi modello per il rinascimento maturo.<br />
La volta celeste della copertura è una chiara evocazione al regno di Dio cristiano<br />
e alla simbologia cosmica laica.<br />
La pianta è a croce greca con absidi angolari. Le cappelle, ricavate nello spessore<br />
del muro, svutano l'insieme massiccio e imponente dell'impianto. Il riferimento<br />
alla Basilica di S.Pietro è immediato. La materia viene plasmata ricordando<br />
la modellazione della roccia che avveniva nella realizzazione delle<br />
tombe etrusche.<br />
43
44<br />
Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
I modelli all'origine della cappella gentilizia nel cimitero ottocentesco<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Fig.5<br />
(1509) S.Pietro in Montorio, a Roma:<br />
la pianta è a croce greca con absidi angolari.<br />
Queste cappelle ricavate nello spessore del<br />
muro svutano l'insieme massiccio e imponente<br />
dell'impianto il cui riferimento è quello<br />
di S.Pietro. La materia così plasmata ricorda<br />
la modellazione della roccia che avveniva<br />
nella realizzazione delle tombe etrusche.<br />
Sul piano decorativo, il linguaggio che percorre l'architettura funeraria acquista<br />
sempre maggiore autonomia: le cappelle vengono animate da marmi policromi,<br />
elaborati mosaici, statue, ricchissime epigrafi, affreschi e dipinti che impreziosiscono<br />
le tombe degli uomini illustri. Dalla cappella Chigi di Raffaello in S.<br />
Maria del Popolo a Roma alla tomba di Giulio II di Michelangelo in S.Pietro,<br />
quindi ai gruppi marmorei barocchi fino ai monumenti funebri di Antonio Canova,<br />
le figure di angeli piangenti, uomini giacenti e oranti, i bassorilievi bronzei<br />
e gli epitaffi formeranno i monumenti funebri sino al XIX secolo.<br />
L’usanza di dare nuova immagine al defunto attraverso una statua fonda le sue<br />
radici in epoche più remote. Viollet-le-Duc nel suo Dictionnaire rileva come le<br />
figure di pietra medievali del XII secolo non rappresentino defunti ma persone<br />
vive, con gli occhi aperti, colte in una sorta di attesa della felicità eterna. Il<br />
senso dell’attesa e del divenire dell’iconografia medievale, recuperato dall’arte<br />
scultorea del XVI e XVII secolo a sua volta trova riferimenti più puntuali nelle<br />
raffigurazioni funebri del mondo pagano: un analogo atteggiamento sereno,<br />
volto ad accogliere un futuro possibile in un mondo altro da quello terreno, si<br />
può riscontrare in alcune figure giacenti ritrovate in tombe etrusche e romane.<br />
Dal XII al XIV secolo i giacenti e gli oranti sono pur sempre figure vive: dormono<br />
su letti di pietra, vegliano e pregano per l’eternità. Durante tutto il Rinascimento,<br />
in particolare nell’area culturale mediterranea, l’iconografia funebre<br />
libererà il corpo da ogni segno della passata vita terrena. Gli occhi dei giacenti<br />
si chiudono; le statue ripropongono il momento stesso della morte sino a giungere<br />
alla raffigurazione di scheletri quasi dissolti. La morte borghese si propone<br />
attraverso opere rese realistiche sino all’ossessione: il defunto e i suoi familiari<br />
sono raffigurati con una minuziosa cura di ogni più piccolo particolare. La pietra<br />
diviene morbido tessuto, finissimo merletto vibrante di un immobile moto
Capitolo 1 Modelli e riferimenti nelle architetture della memoria<br />
Parte I I tipi<br />
perenne.<br />
La moderna cappella funeraria appare dunque il prodotto delle graduali,<br />
lentissime elaborazioni della tomba ipogea etrusca arricchita degli elementi<br />
propri dell’architettura e dell’arte scultorea rinascimentale e barocca. L’Ottocento,<br />
segnato dall’affermazione degli ideali borghesi, darà un nuovo senso alla<br />
sepoltura: non più tombe individuali per uomini illustri, le cappelle sono luoghi<br />
privati posti all’interno del recinto cimiteriale, dedicate il più delle volte ad una<br />
sola famiglia, recintate e chiuse, dove il defunto trova riposo per sempre, al riparo<br />
dal tradizionale trasferimento negli ossari, e dove i familiari possono riunirsi<br />
per pregare e per assistere alle funzioni religiose. I resoconti delle spedizioni<br />
e i rilievi eseguiti in Egitto da viaggiatori inglesi settecenteschi come Norden,<br />
Pocock o Dalton, quindi divulgati attraverso specifiche pubblicazioni in tutta<br />
Europa, contribuiscono alla conoscenza e alla diffusione di elementi decorativi<br />
e architettonici "all’egiziana" che, nel migliore dei casi, troveranno completa<br />
interpretazione nell’architettura come organismo, ma che, per la maggior<br />
parte, verranno interpretati, in una tipica operazione di "saccheggio", come<br />
fonti da cui dedurre didascalicamente singoli episodi. Motivi egizi, neogreci,<br />
neoromani, neogotici, ma anche neoindiani, neomoreschi, vengono impiegati<br />
— spesso mescolati tra loro — tanto nell’architettura civile e religiosa, quanto<br />
nell’architettura delle cappelle funerarie, quando si intende sottolineare un<br />
carattere ed evidenziarlo rispetto agli altri. Forme perenni, atemporali, silenziose<br />
ma eloquenti della memoria della vita definiscono l’immagine della città dei morti<br />
che dall’Ottocento torna ad essere, come lo era stata nel passato, lo specchio,<br />
il doppio della società dei vivi e, contemporaneamente, l’analogon urbis, lo<br />
scenario dell’evento del lutto, in cui si collocano le rappresentazioni eterogenee<br />
delle singole cappelle funerarie de delle singole cappelle private.<br />
Note<br />
1Paolo Portoghesi, Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica , vol II p,<br />
1969, Isituto editoriale romano.<br />
45
46<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
Maria Carmen Nuzzo
Parte I I tipi<br />
Capitolo2 - La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
2.1 Il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />
Il cimitero nella storia, nasce come “luogo che celebra la memoria individuale”<br />
(mausoleo) per poi divenire “luogo collettivo” (necropoli).<br />
Il termine mausoleo con il quale si intende la tomba a carattere monumentale,<br />
discende dalla tomba di Mausolo, satrapo della Caria, ad Alicarnasso. Secondo<br />
gli antichi autori è ad Artemisia che si deve la costruzione del Mausoleo<br />
dedicato al fratello-sposo Mausolo, ed è per questo che sovente se ne è fatta<br />
risalire la datazione al biennio intercorso tra la morte di lui e quella di lei, cioè<br />
al 353-351 a.C..<br />
In archeologia la necropoli (dal greco nekros, morto e polis, città) designa un<br />
agglomerato di tombe, disposte sovente in modo disordinato, ma talvolta integrate<br />
in un complesso di tipo urbanistico. Notevoli esempi di “città dei morti”<br />
progettate come complessi architettonici di tipo urbanistico sono le necropoli<br />
etrusche, tra le quali sono famose quella di Tarquinia e la Necropoli della Banditaccia<br />
a Cerveteri.<br />
Il passaggio tra mausoleo e necropoli segna um’evoluzione in cui viene mantenuta<br />
la “mescolanza iconografica” tra concezioni pagane e cristiane. I simboli e<br />
le architetture ricorrenti riprendono i modelli classici e divengono i monumenti<br />
dell’arte funeraria.<br />
Il dizionario di architettura e urbanistica di Paolo Portoghesi 1 , con il termine<br />
monumento, dal latino monumentum, (derivato da monère, ricordare), indica<br />
un oggetto che tramanda un ricordo del passato riferito sia a un personaggio che<br />
a un avvenimento storico.<br />
Dalla definizione di monumento scaturiscono i concetti di monumentalità e di<br />
monumentalismo, intendendo con il primo ‘l’intenzionalità artistico-celebrativa<br />
applicata a costruzioni utilitarie, e con il secondo la tendenza più o meno<br />
accentuata nei vari periodi storici, verso la monumentalità.<br />
Stabilito che ogni testimonianza di civiltà passata può considerarsi monumento,<br />
si usa classificare e distinguere i monumento in base all’intenzionalità che li ha<br />
prodotti definendo intenzionali quelli scaturiti da una precisa volontà, ai quali<br />
viene attribuito il valore di monumentum nel momento stesso della creazione,<br />
47
48<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
e preterintenzionali quelli a cui noi diamo valore di monumento in base ad una<br />
visione storico retrospettiva.<br />
Così si opera una divisione teorica in quattro grandi categorie:<br />
- memoriale<br />
- funerario<br />
- totalitaristico<br />
- storico/artistico<br />
Il monumento funebre è il più antico, nonché il più diffuso in ogni tipo di civiltà,<br />
in quanto legato alla medesima concezione originaria di sopravvivenza<br />
dell’uomo dopo la morte; dal segno posto sul luogo di una sepoltura come<br />
richiamo, si passa con il tempo al ricordo.<br />
In tutta questa classificazione vanno annoverati quei monumenti sorti sul luogo<br />
della sepoltura per ricordare e onorare la memoria di un defunto (dalla lapide<br />
alla stele, ai mausolei, agli heroa, ecc.) nonché quegli edifici religiosi che si<br />
pongono come simboliche sepolture (esempio il martyrium eretto in seguito sul<br />
luogo dell’uccisione di un martire).<br />
Nelle società democratiche nasce la volontà di celebrare da parte della collettività<br />
il valore eroico di personaggi illustri: i monumento onorari trionfali<br />
nell’antichità classica acquistano spesso una propria tipologia (arco di trionfo,<br />
trofeo ...), nel periodo rinascimentale, il monumento onorario tende a configurarsi<br />
tipologicamente come ritratto individuale ma idealizzato (spesso nella<br />
forma di monumento equestre) e gioca un ruolo importante nella sistemazione<br />
degli spazi urbani fino a comprendere vere soluzioni urbanistiche monumentali<br />
(sistemazione della piazza di Pienza da parte di PioII Piccolomini), o fondazione<br />
di vere città ideali (Sforzinda in onore di Francesco Sforza).<br />
Alla categoria di monumento storico-commemorativo appartengono quelli<br />
eretti per ricordare le imprese e gli episodi storici di un gruppo, di un popolo di<br />
una nazione.<br />
La storiografia concorda nel rilevare come attorno alla metà del XVIII secolo,<br />
iniziano a delinearsi i caratteri del cimitero moderno, o meglio di quel modello<br />
di cimitero che ancora appartiene ai nostri orizzonti culturali e che è stato il<br />
frutto di eventi, ricerche e progetti a vasto campo, legati alla sfera religiosa e<br />
filosofica, al dominio tecnico e igienico, a questioni politiche e sociali.<br />
Dal sepolcro individuale ai mausolei nella tradzione cristiana.<br />
Adolf Loos sostiene che: “solo una piccola parte dell’architettura appartiene<br />
all’arte: il sepolcro e il monumento” 2 .<br />
Il luogo della memoria che si colloca nella storia come testimonianza di tomba<br />
è il sepolcro del Principe degli apostoli Pietro: anonimo all’origine, nel II° secolo<br />
diviene nucleo di un sistema aggregato di tombe.<br />
Domina in questo periodo la tumba terranea che rappresenta una evoluzione del<br />
concetto di devozione: è un passaggio orientato verso la “lunga durata”della
Parte I I tipi<br />
tomba e che sfocierà nell’edicola funeraria realizzata con colonnine e timpani<br />
e alta circa tre metri.<br />
Oggi la tomba di Pietro è conservata nell’abside della Basilica Vaticana; rappresenta<br />
la Camera fulgens sormontata zenitalmente dalla nicchia in metallo<br />
dorato in cui vengono rappresentati episodi biblici come simbolo della gestione<br />
Imperiale del culto Cristiano.<br />
Il gesto laico e solenne della consegna della legge da Cristo a Pietro rappresenta<br />
il racconto iconografico della storia apostolica attraverso il martirio di Pietro: in<br />
questo senso diviene martiria distinto dai mausolei delle famiglie imperiali in<br />
quanto questi evocavano esclusivamente il potere. Nel II°e III° secolo una evoluzione<br />
della sepoltura porterà alla “Piazzola” definita con il nome di “tricla”:<br />
è un porticato che prevedeva visite di numerosi pellegrini i quali lasciavano<br />
progetti sulle sue pareti.<br />
Si creano aggregazioni di mausolei attorno alla tomba originando la prima Basilica<br />
circiforme che rappresentava la nuova cinta muraria della Città Santa.<br />
Il culto della memoria apostolorum viene individuato dal cimitero di S. Sebastiano;<br />
in esso un affresco rappresentante il tema dell’abbraccio, riprende lo<br />
schema della concordia apostolorum e mette in codice la politica ecclesiastica.<br />
Alla fine del IV° secolo, dai concili e dai dibattiti sulle questioni riguardanti il<br />
primato della chiesa sul mediterraneo, la chiesa di Roma produce altre forme di<br />
figurazioni: non il tema dell’abbraccio ma gruppi centrali raffiguranti immagini<br />
di Santi isolati o accompagnati da S. Pietro: esempio S. Agnese con i due pontefici;<br />
inoltre si sviluppa il tema del pellegrinaggio come viaggio piuttosto che<br />
stazionamento al sepocro.<br />
Con la nascita del cementerium comunetarum le sepolture collettive danno luogo<br />
alle necropoli sotterranee: cisterne e miniere divengono catacombe; altre<br />
invece vengono realizzate ex-novo.<br />
Il tema dell’anonimato si dissolve nella rappresentazione di temi di vita quotidiana<br />
del defunto attraverso la rappresentazione di scene dell’ attività che svolgeva.<br />
E’difficile identificare il momento in cui alcune forme presenti nell'arte funeraria<br />
diventano manifestazioni di fede cristiana, poiché il repertorio dei temi<br />
figurativi rimane lo stesso.<br />
Le scene del “ciclo di Giona” (inghiottito da un pesce e poi liberato dopo tre<br />
giorni), che allude alla morte e resurrezione del Cristo, si combinano con quelle<br />
di vita quotidiana e con i temi apostolici.<br />
Il programma decorativo diviene sempre più sofisticato: gli ambienti sontuosi si<br />
arricchiscono dei temi dei pesce e degli ovini (caccia) combinati con il tema del<br />
buon pastore e del battesimo ma anche da quelli rappresentanti la concezione<br />
cosmica della Pax Costantiniana.<br />
La rappresentazione del Paradiso come giardino rompe la divisione tra terra e<br />
cielo: sono raffigurate scene mondane del paradiso-palazzo: nel sarcofago del<br />
49
50<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Beato Egidio a Perugina inizia il ciclo dei sarcofagi che entrano in contatto<br />
con le divinità: i defunti, con Costantino, “entrano in coppia” sovrastati da una<br />
mano divina oppure sono rappresentati accanto alla Madonna.<br />
Lo statuto dell’autorappresentazione cammina parallelamente con la tradizione<br />
biblica.<br />
Con l’editto di Costantino nel 313 a.c. viene ufficializzata la religione cristiana.<br />
L’avvento della Pace religiosa favorisce, una feconda produzione soprattutto<br />
di sarcofagi.<br />
Fattori essenziali sono anche il rapido sviluppo delle comunità cristiane e il<br />
conseguente accrescimento delle aree funerarie.<br />
Tra la fine del II e i primi decenni del III secolo d.C. lo sviluppo delle comunità<br />
cristiane e di una specifica iconografia, porta alla nascita di una tipologia<br />
di sarcofagi decorati con temi cristiani. I primi di essi nascono tuttavia nelle<br />
stesse officine che producono manufatti di carattere profano e condividono con<br />
questi ultimi il patrimonio iconografico e i percorsi stilistici: dal repertorio figurativo<br />
tradizionale pagano ereditano schemi figurativi, in alcuni casi risalenti<br />
addirittura all’età ellenistica, che vengono poi modificati, di volta in volta, con<br />
l’inserimento di scene e figure tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, sulla<br />
base delle richieste dei committenti cristiani.<br />
Tra i soggetti prediletti le scene bucolico-marittime e le composizioni con filosofi<br />
e muse. Un’atmosfera spirituale, libera dai vincoli di tempo e di luogo,<br />
sembra distinguere i più antichi sarcofagi cristiani, detti del paradiso per la visione<br />
idilliaca che offrono con gli sfondi di alberi presenti sulla fronte, che pare<br />
volutamente trasposta in un mondo ultraterreno. Al gruppo più antico appartiene<br />
il sarcofago di Santa Maria Antiqua, conservato nell’antica chiesa e sicuramente<br />
prodotto in un’officina romana. Le figure del “Filosofo” e dell’”Orante”<br />
già presenti nel repertorio figurativo ellenistico-romano come personificazioni<br />
della Philantropia e della Pietas, si associano in questo sarcofago a scene del<br />
Vecchio Testamento (la storia del profeta Giona), alla figura del “Buon Pastore”,<br />
e ad una scena di battesimo: l’”Orante” viene quindi a simboleggiare l’anima<br />
della defunta, mentre il “Filosofo” è il simbolo dell’insegnamento cristiano<br />
ovvero del Cristo docente. Anche se la forma della lenòs e la decorazione di<br />
questo sarcofago risentono del gusto ellenico, tuttavia l’insieme si fa disorganico,<br />
episodico; il legame fra i diversi elementi è solo concettuale e la composizione<br />
è scandita unicamente dai fusti arborei e dalla forte cesura di Giona e del<br />
padiglione soprastante. Il centro dell’evoluzione tematica è il Cristo: prevale<br />
adesso il “sarcofago a fregio cristologico”.<br />
Già in epoca tetrarchica compare nella pittura cimiteriale il Christus majestatis,<br />
solo o in mezzo al collegio apostolico, come visione del governo celeste; dopo<br />
la Pace della Chiesa, l’arte celebra la regalità del Maestro rievocando le tappe<br />
della lotta, la passione del Salvatore e dei suoi discepoli, i miracoli, la simbolica<br />
trasmissione della Legge. La sua immagine riflette questi concetti: nei primi
Parte I I tipi<br />
decenni del secolo è rappresentato in sembianze giovanili quale eroe amabile<br />
e misericordioso in atto d’operare prodigi; la generazione successiva lo vede<br />
come adolescente e lo smaterializza in pura spiritualità.<br />
Riappare anche l’epopea mitologica che denuncia una committenza mista e<br />
aderente alla storia; qui sta il defunto: tra l’antica concezione dell’inferno pagano<br />
e quella paradisiaca del giardino cristiano.<br />
I mausolei imperiali Cristiani deI V° e VI° secolo, emuli di quelli pagani, si<br />
collocano attorno alle basiliche: queste si sviluppano lungo le strade e sono<br />
caratterizzate, al loro interno, da deambulatori circiformi.<br />
Il mausoleo dinastico, sulla via Labicana, fatto erigere da Costantino in onore<br />
dei martiri S. Marcellino e S.Pietro (poi dedicato alla madre Elena) nella<br />
Basilica omonima piuttosto che il Mausoleo di Tor de Schiavi (di Baldassarre<br />
Peruzzi) nella basilica di S.Pietro, sono innestati dopo il transetto sull’impianto<br />
longitudinale a navata centrale. Lo spazio del mausoleo è costituito da otto<br />
nicchie, quattro concave e quattro quadrate: queste ultime generano una croce<br />
che dilata lo spazio.<br />
Con il mausoleo imperiale di Costantino, la rotonda si arricchisce di deambulatori<br />
e diviene più elegante e solenne: le colonne che sostengono archi e volte<br />
sono binate; il tema della croce viene enfatizzato dall’uso di colonne più grosse<br />
in prossimità delle nicchie che generano lo spazio cruciforme (fig.1).<br />
La figurazione è quella di nature, carri e amorini del repertorio pagano, atti ad<br />
alludere un banchetto funebre. La nuova concezione cristiana si mescola con<br />
quella pagana.<br />
Esempi significativi di impianti architettonici che riprendono tali forme simboliche<br />
sono:<br />
Mausoleo di Cancelles in Spagna:<br />
Mausoleo di S.Lorenzo;<br />
Mausoleo di Costantino che, consacrato nel 1360, diviene moschea nonchè e<br />
"Pantheon" dell'imperatore Bisanzio;<br />
Mausoleo di Galla Placidia (Augusta imperatrice) a Ravenna;<br />
Mausoleo di Teodorico a Ravenna.<br />
Le considerazioni che nascono da questa casistica sono:<br />
- il mausoleo Cristiano emula quello Pagano;<br />
- la sacralizzazione delle figure imperiali avviene nelle celebrazioni funerarie<br />
mediante le citazioni di episodi biblici;<br />
- le forme sono sempre più cristiane: la forma della croce viene enfatizzata con<br />
la pianta del mausoleo di Galla Placidia;<br />
- la decorazione musiva diviene sempre più cristiana: le rappresentazioni sempre<br />
più accentuate di immagini femminili sia come imperatrici che come donne<br />
generiche alludendo alla esaltazione delle virtù femminili che promuovevano il<br />
credo cristiano e la sua successione dinastica;<br />
51
52<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
- lo schema architettonico riprende la forma del cerchio (pantheon) e quella del<br />
quadrato. Queste figure divengono il modulo per schematizzazioni più complesse<br />
come la basilica di S. Pietro (cerchio e rettangolo) in cui il transetto è<br />
innestato tra la navata e l'abside.<br />
La forma circolare che i cimiteri assumeranno negli anni a cavaliere del XVIII<br />
e del XIX, è l'immagine della città ideale: la Gerusalemme celeste, la citta di<br />
Dio.<br />
Essa diviene il modello escatologico della forma ideale che incarna la perfezione<br />
e la sua inclinazione sarà data da un sistema di cerchi concentrici che architettonicamente<br />
rappresentano l'applicazione di quella ricerca scientifica che<br />
approda le sue radici nel metodo di Galileo e di Newton attraverso il quale si<br />
arriva al bello ideale.<br />
1
Parte I I tipi<br />
2.2 Gli elementi dell'architettura: la porta e il recinto<br />
A Parma la città dei morti istituita all’interno di una villa suburbana da Maria<br />
Luigia nel 1817 3 , si organizza come quella dei vivi secondo le prescrizioni<br />
dell’editto di St.Cloud 4 che prevedeva le sepolture fuori delle mura cittadine<br />
impedendole nei centri abitati.<br />
La forma architettonica è quella di un recinto strutturato da un porticato con<br />
arcate voltate a crociera; la tomba diviene la casa dove lo spazio rappresenta il<br />
luogo del trapasso e dove si individua la porta (o soglia) che, come per l’urna<br />
funeraria piuttosto che l’edicola o il mausoleo, diviene il luogo del passaggio<br />
tra sacro e profano: il mondo profano è trasceso all’interno del recinto mediante<br />
la porta consacrando lo spazio attraverso il rituale del passaggio 5 .<br />
Il rilievo delle cappelle ha portato alla luce i riferimenti formali e i modelli<br />
tipologici degli elementi che ne caratterizzano l’architettura, condizionati da<br />
una lunga tradizione che fa riferimento a culture diverse.<br />
Le tipologie ricorrenti che individuano la tomba come archetipo di casa in<br />
quanto dimora eterna, sepolcro, luogo che accoglie l’uomo a nuova vita, possono<br />
essere individuate nella forma del mausoleo. Tale definizione si riferisce<br />
a qualunque monumento che abbia carattere sepolcrale e il cui schema architettonico<br />
ricordi quello di Alicarnasso (costruito dagli architetti Satiro e Pitide<br />
nel VI secolo a.C. ) si tratta in generale di una tomba regale o gentilizia, il cui<br />
principale riferimento tipologico è quello del Pantheon (pianta centrale), mediato<br />
da realizzazioni di dimensioni inferiori, come il tempietto di San Pietro<br />
in Montorio 5 . Il termine, fin dal periodo romano, è stato usato per indicare i<br />
sepolcri innalzati alla memoria di eroi e cittadini illustri 6 .<br />
A questo “tipo” sono riconducibili tre tipologie di tombe, la cui origine risale<br />
all’architettura romana ellenistica: la tomba a edicola, la tomba a torre e la<br />
colonna commemorativa.<br />
L’edicola, dal latino aedicula, è individuabile come apertura o vano incorniciato<br />
o più specificatamente come motivo architettonico di origine classica simile<br />
alla facciata di un tempio, composto cioè di un timpano sorretto da due colonne<br />
o pilastri. Il termine indica qualunque vano a pianta semicircolare, rettangolare<br />
o quadrata, inserito nella struttura esterna o interna di un edificio. L’edicola<br />
appare anche come motivo architettonico puro, indipendente dalla funzione<br />
di inquadrare sculture e statue. L’edicola del Pantheon è tra i modelli più imitati<br />
nel Rinascimento italiano, specie per l’incorniciatura di finestre o porte 7 .<br />
Monumenti sepolcrali in forma di edicole dovevano essere frequenti lungo le<br />
vie suburbane 8 ; tra questi, la tomba di Cecilia Metella è l’esempio più famoso,<br />
tant’è che divenne un tipo edilizio destinato a diffondersi, fino a essere ripreso,<br />
53
54<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
la porta e il recinto<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
nel Seicento, per la realizzazione di piccole chiese come quella di Sant’Andrea<br />
in via Flaminia del Vignola, costituita da una pianta quadrata allungata (pianta<br />
centrale allungata) e sormontata da una cupola circolare.<br />
La tomba a torre, la cui espressione risale alle sottili torri a guglia piramidale<br />
esemplificative sono le torri El-Mselleten romano-libidiche del deserto libico,<br />
può essere considerata un’estrema espressione della torre semitica che, attraverso<br />
Cartagine, derivava a sua volta dalla tomba a torre della Siria settentrionale<br />
104 d.C. 9<br />
La colonna commemorativa risale al pilastro funerario dei Secondini a Igel,<br />
presso Treviri (245 d.C.) 10 che trova il successore nella Colonna Traiana del<br />
113 d.C: essa rappresenta la trascrizione figurata del libro di Traiano (i perduti<br />
Commentarii), in cui erano descritte le imprese dell'imperatore e del suo<br />
esercito; sempre a questa tipologia è ricondotta la colonna di Marco Aurelio<br />
eretto tra il 176 e il 192 d.C. per celebrare, forse dopo la sua morte, le vittorie<br />
dell'imperatore romano Marco Aurelio (161-180) ottenute su Germani e Sarmati.<br />
Ispirato alla Colonna Traiana, il monumento presenta un fregio scultoreo che<br />
si arrotola a spirale intorno al fusto.<br />
In questi modelli tipologici, gli elementi architettonici che traspongono tale<br />
luogo come domus sono la porta e la soglia, punto limite tra lo spazio sacro e<br />
quello profano.<br />
Nello spazio sacro, la ierofania rivela un punto fisso, un centro che fonda ontologicamente<br />
il mondo; nell’esperienza profana, ogni vero orientamento scompare,<br />
non vi è più “il mondo”, ma vi sono frammenti di universo spezzato,<br />
un’infinità di “luoghi” dove l’uomo si muove. La trasformazione del Caos in<br />
Cosmo attraverso il divino atto della creazione è riscontrabile ogni volta che<br />
l’uomo organizza il caos dandogli una struttura, una forma attraverso delle regole.<br />
La casa – nello stesso tempo imago mundi e immagine del corpo umano – ha<br />
una parte considerevole nei rituali e nelle mitologie. Anche le urne funerarie, in<br />
certe culture come quelle della Cina protostorica e dell’Etruria, sono foggiate<br />
a forma di casa: hanno un’apertura superiore che permette all’anima del morto<br />
di entrare e uscire. L’urna-casa diviene in un certo senso, il nuovo “corpo” del<br />
trapassato.<br />
Così come il tempio, all’interno del “caos” dello spazio urbano, diviene luogo<br />
limite, passaggio tra sacro e profano, la soglia della casa è la porta che<br />
segna questo transito: la soglia e la porta rivelano concretamente la soluzione<br />
di continuità dello spazio; il mondo profano è trasceso all’interno del recinto,<br />
consacrando lo spazio attraverso il “rituale” del passaggio. Il passaggio da una<br />
condizione esistenziale a un’altra è rappresentato nelle varie tradizioni religiose<br />
simbolicamente da un’apertura: «Stretta è la porta e angusto il cammino che<br />
conduce alla Vita, e pochi lo trovano» (Matteo, 8,14); «È difficile passare sulla<br />
lama affilata del rasoio, dicono i poeti per esprimere la difficoltà del cammino
Parte I I tipi<br />
che conduce alla conoscenza suprema» (Kuntha-upanisad, III,14) 11 .<br />
L’uomo religioso vive in un cosmo “aperto”; egli stesso è aperto al mondo: egli<br />
aspira a collocarsi in un centro laddove esiste la possibilità di comunicare con<br />
gli dèi. La sua casa è un microcosmo, come lo è il suo corpo… e come lo sarà<br />
la sua tomba, la casa della vita eterna.<br />
Tornando ora alla specifica esperienza di studio relativa al caso di Parma, di<br />
Sepolcro di Cecilia Metella:<br />
pianta fronte e spaccato<br />
Sepolcro di Caio Cestio:<br />
pianta e fronte<br />
Sepolcro sulla Via Appia:<br />
pianta e fronte<br />
Pianta del se- Sepolcro sulla via Sepolcro della fapolcro<br />
lavorato Portuense miglia Serurilia<br />
nella pietra in<br />
profondità di<br />
palmi 60<br />
Mausoleo di Augusto<br />
nel Campo<br />
Marzio<br />
Mausoleo di Elio<br />
Adriano Castel<br />
Sant'Angelo<br />
Incisioni dei sepolcri romani tratte dalla raccolta: P. S. BARTOLI, Gli antichi sepolcri, ovvero<br />
mausolei romani, ed etruschi, trovati in Roma ed in altri luoghi celebri, nelli quali si contengono<br />
molte erudite memorie: raccolti, disegnati e intagliati Roma, 1727, 1768.<br />
Le forme sono ordinate dalla più semplice alla più complessa; i primi tre esempi evidenziano che<br />
i fronti si differiscono nonostante la somiglianza delle piante impostate secondo lo stesso schema:<br />
il vano è preceduto da un corridoio (dromos) a cui si accede mediante la porta.<br />
55
56<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
la porta e il recinto<br />
Fig. 1 - Cappella Marchesi<br />
Fig. 2 - Cappella Romanelli.<br />
Fig. 3 - Cappella Caprioli<br />
Fig. 4 - Cappella Azzoni<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Fig. 5 - Cappella Romanini
Capitolo 1 La Domus dei morti: il mausoleo, il cippo, l'edicola<br />
Parte I I tipi<br />
Fig.7 - Cappella Robuschi, studente V. Bianco.<br />
Fig.8 - Cappella Bormioli, studenti M. Bertozzi, D. Ferragutti.<br />
57
58<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
la porta e il recinto<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
seguito se ne esporranno i primi risultati. Dalla consultazione della documentazione<br />
archivistica effettuata per la conoscenza dell’evoluzione storica del cimitero,<br />
sono emersi disegni che testimoniano l’evoluzione del gusto e dello stile,<br />
dai tratti tipici della società ottocentesca, modellata sull’incontro fra tradizioni<br />
italiane e la corte locale, di ispirazione parigina, a quelli del secolo successivo,<br />
come è testimoniato dalle numerose cappelle novecentesche, molte delle quali<br />
affondano le loro radici architettoniche in quello che fu, agli inizi degli anni<br />
trenta del secolo scorso, il razionalismo italiano.<br />
I fogli visionati rappresentano essi stessi un patrimonio di grande valore, sia per<br />
la loro elevata qualità grafica, sia come documenti storici utili per un’indagine<br />
evolutiva della forma del cimitero e della sua simbologia. La città dei morti,<br />
istituita all’interno di una villa suburbana da Maria Luigia nel 1817, diviene<br />
una città organizzata come quella dei vivi, secondo l’editto di St-Cloud, dove<br />
è ammessa la realizzazione di sepolture individuali, tombe, cappelle o monumenti.<br />
Il permesso di edificare sul terreno (di proprietà comunale) è soggetto al<br />
pagamento di un’imposta e al versamento di una somma di denaro sotto forma<br />
di dotazione per i meno abbienti. Questa procedura è basata sul principio, del<br />
tutto innovativo ed espressamente borghese, della concessione perpetua dei terreni<br />
cimiteriali. La concessione è un bene da acquistare al pari di una qualsiasi<br />
proprietà immobiliare: non è cedibile attraverso la vendita, ma può essere ereditata.<br />
Inizialmente, la proprietà della sepoltura negli archi del porticato era riservata<br />
all’aristocrazia, ma presto diverrà un bene ambito anche dal ceto medio,<br />
tanto più che, in ragione del benessere economico, la pratica della concessione<br />
perpetua cresceva al punto da saturare il terreno cimiteriale 12 .<br />
Numerosi documenti di concessione e cessione d’uso di questo spazio di proprietà<br />
comunale, infatti, testimoniano la rapidità con cui le sepolture privilegiate<br />
delle famiglie aristocratiche andavano a occupare via via le arcate dell’ottagono<br />
perimetrale, recinto del più ampio campo centrale che accoglieva le sepolture<br />
comuni.<br />
Questa distribuzione spaziale delle sepolture è la testimonianza di quanto il<br />
tema della distinzione sociale, tipico degli impianti cimiteriali ottocenteschi,<br />
sia importante, nella caratterizzazione formale dell’architettura.<br />
La dimora che accoglie l’uomo a nuova vita, sia essa avello, tomba o cappella,<br />
è la cellula abitativa che struttura questa insolita città; nella luce filtrata di rami,<br />
le numerose dimore appaiono nella loro autonomia e manifestano, rispetto alle<br />
epoche precedenti, un mutato rapporto con la morte, che da privata diviene<br />
pubblica, attraverso la celebrazione del defunto. Il rilievo delle cappelle ha permesso<br />
di confrontare i riferimenti formali e i modelli tipologici degli elementi<br />
che ne caratterizzano l’architettura, condizionati da una lunga tradizione che fa<br />
riferimento a culture diverse.<br />
Le tipologie ricorrenti, tutte derivate dall’architettura classica romana ellenistica,<br />
come abbiamo detto, sono riconducibili al mausoleo: la tomba a edicola, la
Parte I I tipi<br />
tomba a torre e la colonna commemorativa.<br />
La tomba a edicola è allo stesso tempo una porta o una finestra, cioè un “luogo<br />
di passaggio”; la tomba a torre, così come la colonna commemorativa, celebrano<br />
il defunto in quanto tumuli monumentalizzati.<br />
La porta, il luogo del passaggio a nuova vita, nelle cappelle è più grande rispetto<br />
a quella delle case dei vivi, evidenziando simbolicamente il suo significato<br />
spirituale, e diventa l’elemento dominante nell’edicola, mentre viene mimetizzata<br />
nella tomba a torre e nella colonna commemorativa.<br />
A queste tipologie rispondono numerose cappelle novecentesche; tra esse, le<br />
più significative sono le cappelle Ravasini, Robuschi, Marchesi, Azzoni.<br />
Le prime tre fanno riferimento alla tipologia della tomba a edicola: sono concepite<br />
con impianto centrale 13 , ma sono contraddistinte per la diversa “inquadratura”<br />
degli elementi che connotano la cappella come domus, ossia la porta e le<br />
finestre. Nella cappella Ravasini, la porta è inquadrata con un timpano triangolare<br />
sostenuto da due colonne di ordine tuscanico e il rivestimento del muro è<br />
di marmo bicolore disposto a strisce orizzontali: il tutto presenta una continuità<br />
compositiva attraverso i costoloni della copertura (a cupola), che manifestano<br />
la forma della pianta (ottagonale) sottolineando le “aperture”.<br />
Nella cappella Robuschi, la porta è sormontata da un frontone spezzato al centro<br />
che insieme al tetto, a quattro falde come quello di una vera casa, inquadra<br />
il sottostante passaggio; nel retro, la composizione presenta una finestra, costituita<br />
da un piccolo timpano soprastante e da due lesene stilizzate.<br />
Nella cappella Marchesi, a pianta quadrata, la porta è sormontata da una sorta di<br />
frontone che non si identifica con nessuna tipologia tradizionale: questo modo<br />
potrebbe ricondursi a quella rottura con la tradizione classica che apportò Michelangelo<br />
con il nome di manierismo e in base alla quale la facciata doveva<br />
essere l’estensione della scultura, piuttosto che l’espressione della struttura 14 .<br />
La tipologia della tomba a torre è individuabile in numerose cappelle; tra queste,<br />
le più significative sono la cappella Azzoni, Romanelli e Zanzucchi: esse<br />
sono costituite da un basamento nel quale sono ospitate le sepolture, che culmina<br />
con una stele o con una statua.<br />
In conclusione, la qualità dell’architettura di queste cappelle funerarie sottolinea<br />
la qualità della vita del defunto anche dopo la morte. L’opulenza della cappella<br />
è un simbolo della qualità materiale, mentre la ricchezza e le articolazioni<br />
dell’ornamento fanno riferimento alla qualità spirituale mediante la presenza di<br />
elementi religiosi.<br />
59
60<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
la porta e il recinto<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Nella fig.9 sono stati selezionati i modelli della cappella gentilizia divisi nelle<br />
tre tipologie:<br />
L'EDICOLA<br />
Propilei di Eleusi 15<br />
Edicola del Pantheon 16<br />
Tempio del Dio Ridicolo 17<br />
LA TOMBA A TORRE<br />
Tomba a torre Cajus Julius 78-79 d.C.<br />
Tomba a torre di Unzicaburc<br />
Mausoleo di S.Maria a Capua<br />
Tombe torri romano libiche di El-Mselleten<br />
LA COLONNA COMMEMORATIVA<br />
La colonna di Marco Aurelio<br />
La colonna Traiana
Parte I I tipi<br />
Fig. 9 I modelli<br />
61
62<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
la porta e il recinto<br />
Note<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
1Paolo Portoghesi, Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica ,vol III p. 518, 1969,<br />
Isituto editoriale romano.<br />
2 Adolf Loos, Le parole nel vuoto,1910.<br />
3 Mircea Elide, Il Sacro e il Profano, Boringhieri, 1973.<br />
4 Archivio di Stato di Parma, Governatorato di Parma,1819, busta 543, Cimiteri: nuovo cimitero<br />
della città di Parma; tracciati dell’orto della Villetta e tracciamenti dell’ottagono.<br />
5 G. Gonizzi, I luoghi della Storia, in G. Gonizzi , Atlante topografico parmigiano, PPS Editrice,<br />
Parma 2001.<br />
6 «Il tempietto fu costruito per Ferdinando e Isabella di Spagna, nel luogo in cui la tradizione<br />
collocava il martirio di san Pietro […]». Bramante fu il primo a legare il tempio al tema dei martyria<br />
quale “tipo” edilizio delle più antiche chiese cristiane, adoperando l’ordine tuscanico, che<br />
è una versione dell’ordine dorico romano.”(…) ”I Martiria erano quasi sempre piccoli e quasi<br />
sempre a pianta centrale e venivano eretti in luoghi dove avessero qualche significato religioso,<br />
ad esempio il luogo di un martirio (significativi in tal senso sono la chiesa della natività a Betleem<br />
e del S.Sepolcro a Gerusalemme)” in P. Murray, L’architettura del Rinascimento italiano,<br />
Laterza Roma 1992.<br />
6 Sallustio Peruzzi, Studio di sepolcri antichi in “opera laterizia” sulla via Appia, in La materia<br />
e il colore nell’architettura Romana tra cinquecento e neocinquecento, pag.57 , ricerche di Soria<br />
dell’arte, rivista quadrimestrale, 1990.<br />
7 Ibid., nota 1 vol. II. p.229<br />
8 Ibid., nota1 vol. II. p.229<br />
S. Peruzzi, Studio di sepolcri antichi in “opera laterizia” sulla via Appia. Firenze, Uffizi,<br />
Gabinetto disegni e stampe, n.671 A.r., in Atonio Forcellino, Il problema delle cortine laterizie<br />
nell’architettura della prima metà del Cinquecento, in «Ricerche di Soria dell’arte», n°40,<br />
1990, p. 57.<br />
10 J.B. Ward-Perkins, Architettura romana, Electa, Milano 1979.<br />
11 Ibid., nota 3.<br />
12 Governatorato di Parma, 1819, busta 543, Cimiteri: Raccolta leggi 1819: Risoluzione Sovrana<br />
che indica come devono essere fatti i portici.<br />
13 L.B. Alberti,” ( …) La pianta centrale (croce greca) è il simbolo della perfezione divina poiché<br />
rappresenta una forma in sé perfetta”, in L’architettura del Rinascimento Italiano, P. Murray,<br />
p.56 , Roma 1992.<br />
14 Ibid.,pp. 96-97<br />
15 eretti su progetto dell’architetto Mnesicle tra il 437 a.c.e il 432 a.c. L'anno successivo, allo<br />
scoppio della Guerra del Peloponneso, i lavori furono interrotti e mai portati a termine.<br />
16 Il primo Pantheon fu fatto costruire nel 27-25 a.c. da MarcoVipsanio Agrippa, amico e genero<br />
di Augusto, nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio; la parola pantheon è un<br />
aggettivo sostantivato che significa “la totalità degli dei”.<br />
17 Il tempio del Dio Ridicolo è rilevato nei disegni di Antonio da Sangallo il Giovane. Firenze,<br />
Uffizi, Gabinetto disegni e stampe, n. 1168 Ar. in Ricerche di storia dell’arte, 1990, La nuova<br />
Italiana scientifica, n°40, p.19.
Parte I I tipi<br />
Il tempio del Dio Ridicolo è rilevato nei disegni di Antonio da Sangallo il Giovane. Firenze,<br />
Uffizi, Gabinetto disegni e stampe, n. 1168 Ar. in Ricerche di storia dell’arte, 1990, La nuova<br />
Italiana scientifica, n°40, p.19.<br />
63
64<br />
La domus dei morti (tipi ed elementi)<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
65
66<br />
Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Capitolo 3 - Gli impianti cimiteriali<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
3.1L’evoluzione del concezione della morte e la codifica del<br />
cimitero settecentesco<br />
Come scrive Ariès, nella sua esemplare: Storia Della Morte in Occidente,<br />
nonostante la loro familiarità con la morte, gli antichi temevano la vicinanza<br />
dei morti e li tenevano in disparte 1 .<br />
Onoravano le sepolture, ma uno degli scopi dei culti funebri era quello di<br />
impedire ai defunti di tornare a turbare i vivi.<br />
Poiché il mondo dei vivi doveva essere separato da quello dei morti, a Roma la<br />
legge delle Dodici Tavole proibiva di sotterrare i morti all’interno della città.<br />
Per questa ragione le necropoli erano situate fuori della città, lungo le vie consolari 2 .<br />
Il Codice Teodosiano ripete lo stesso divieto al mondo cristiano perché sia<br />
preservata la sanctitas delle case degli abitanti e, in un primo tempo, le sepolture<br />
avvengono in cimiteri fuori delle mura cittadine.<br />
Nel medioevo, malgrado i divieti del diritto canonico, con l’inizio e il propagarsi<br />
del culto dei martiri, morti molto speciali come opportunamente li chiama Peter<br />
Brown nel suo libro: La società e il sacro nella tarda antichità 3 , rientrano nelle<br />
città da cui erano stati banditi per millenni, tanto è vero che, nel linguaggio<br />
medievale, la parola chiesa non designava soltanto gli edifici ecclesiastici, ma<br />
anche il cortile antistante destinato a cimitero.<br />
I defunti chiamati dormienti vengono seppelliti accanto alle reliquie dei martirisepolture<br />
ad sanctos o martyribus sociatus 4 - che si credeva ne avrebbero<br />
vegliato l’anima.<br />
Così i Coemeterium divengono i luoghi che ospitano le sepolture: essi sono<br />
nelle chiese stesse (nell’abside, nel vestibolo, nei muri perimetrali, nell’atrio o<br />
nelle arcate dei portici, nelle cappelle laterali delle chiese o nel coro) o nelle<br />
aree circostanti.<br />
“L’inurbamento dei morti”è, come afferma Le Goff, “un elemento determinante<br />
nella rivoluzione urbana -mentale e materiale- del Medioevo(…)”: i cadaveri<br />
non saranno più rigettati in quanto impuri all’esterno dello spazio urbano, ma<br />
verranno inseriti nel territorio intra muros 5 .<br />
E fu proprio l’orrore e il fetore delle sepolture che invasero chiese e palazzi,
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
insieme alle fogne a cielo aperto, ad ammalare la città moderna.<br />
Le esalazioni pestilenziali che provenivano dalle sepolture delle navate delle<br />
chiese ma anche dalle piazze della città e da ogni spazio non edificato, definivano<br />
il macabro spettacolo che accompagnava le epidemie e i decessi.<br />
I morti vennero visti come una seria minaccia all’igiene e all’ordine pubblico<br />
della città. E mentre i medici affrontano lo studio delle diverse fasi della<br />
composizione del corpo che perde ogni sacralità traducendosi in una macchina<br />
da ispezionare, i teorici illuminati si interessano per avere migliori condizioni<br />
di vita sotto il profilo dell’igiene pubblica.<br />
Il Milizia in Principi dell’architettura civile 6 come risposta a questa necessità di<br />
igienismo illuminato, nel capitolo Edifizi per la salute ed i bisogni pubblici pone<br />
il cimitero insieme agli ospedali, ai lazzaretti, alle cloache, e agli acquedotti<br />
descrivendone gli attributi tecnici e funzionali.<br />
Altri teorici illuministi come Pierre Patte 7 , progettano impianti cimiteriali con<br />
gallerie perimetrali attuati secondo le pratiche igieniche. E’ proprio da Parigi<br />
che si diffonderà in tutt’Europa la nuova concezione di cimitero: con un Decreto<br />
Parlamentare del 1763 vengono definite le caratteristiche tecniche e funzionali<br />
per assicurare l’igiene dell’impianto.<br />
Le camere sepolcrali dove disporre i cadaveri, i canali per lo smaltimento<br />
dei liquami e il disegno dei tombini nei quali calare le salme insieme ai forni<br />
crematori, sono le parti sotterranee del cimitero moderno di cui è particolarmente<br />
significativo quello di Napoli detto delle “trecentosessantasei fosse” 8 .<br />
Il progetto, dell’architetto Ferdinando Fuga, è collocato su un terrazzamento<br />
naturale sito sulla collina di Poggioimperiale affacciantesi sulla paludosa e<br />
inurbanizzata periferia della città partenopea. L’ impianto architettonico è<br />
definito da un lungo edificio in linea che prelude al un ampio spiazzo quadrato,<br />
a cielo aperto, recintato da alte mura.<br />
Tale corte funebre è costituita di 366 fosse comuni ognuna chiusa da una<br />
pietra tombale numerata 9 nelle quali vengono “, quotidianamente “gettati”i<br />
resti mortali dei poveri attraverso una “macchina ad argano” che, nel 1875, fu<br />
donato all’Arciconfraternita di Santa Mari del Popolo agli Incurabili da una<br />
baronessa inglese durante un suo soggiorno a Napoli 10 . Tale “ordigno funebre”<br />
era in grado di calare lentamente la salma nella fossa ipogea e rilasciarla nel<br />
vuoto sottostante fino alla base della fossa che era poi la sua ultima dimora.<br />
Una “Macchina architettonica” di matrice razionalista concepita per ospitare la<br />
morte della classe meno abbiente; una sorte di “ghettizzazione di massa” che<br />
sistemava numerose salme che venivano gettate nella fossa dell’Ospedale degli<br />
incurabili o seppellite senza alcun ordine nelle zone periferiche o rurali della<br />
capitale 11 .<br />
Caratteristica quindi di questi progetti sono i campi comuni privi di qualsiasi<br />
iscrizione che potesse identificare la singola sepoltura.<br />
Solo nel 1776 con la Declaration Royal si ha la possibilità di una differenziazione<br />
67
68<br />
Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
delle sepolture singole con quelle comuni e questo sarà il primo passo che<br />
porterà il luogo delle sepolture dalla razionalizzazione alla concezione laica del<br />
cimitero che si caratterizzerà per la sua valenza museale.<br />
In questo senso il cimitero di Pisa 12 è un modello: edificato nel 1278 allo scopo<br />
di raccogliere un gran numero di sarcofagi provenienti da Roma e di dare<br />
una degna sistemazione alle sepolture disposte nell’area attorno al duomo, è<br />
costituito da un recinto che struttura al suoi interno un impianto organizzato<br />
secondo precise leggi gerarchiche.<br />
In esso prevale, come per quello di Ferdinando Fuga, l’aspetto utilitaristico<br />
e funzionale di macchina cimiteriale rispetto ad una dimensione formale e di<br />
decoro architettonico.<br />
L’innovazione del trecentesco cimitero pisano sta nel suo carattere monumentale<br />
in cui le gallerie che circondano l’intero impianto, sono popolate da statue<br />
funerarie e da antichi reperti archeologici che rendono la struttura cimiteriale<br />
un “museo” da visitare per le sue opere cimiteriali 13 .<br />
E’il primo esempio di organizzazione gerarchica di spazio cimiteriale che<br />
rappresenta in forma cimiteriale e simbolica l’immagine della società del<br />
tempo.<br />
Si determina così la codifica del cimitero neoclassico strutturato con un chiostro<br />
e un ingresso monumentale, cappella votiva al centro, e cappelle private con<br />
edifici di servizio ai lati. Esso sarà il modello a cui gli architetti guarderanno a<br />
partire dagli anni 80 del XVIII secolo.<br />
Sotto questa nuova luce altre tipologie di cimiteri si stavano delineando: Parigi<br />
si doterà di tre poli cimiteriali dei quali quello a est della città sarà il modello<br />
verso cui si strutturerà la nuova concezione di cimitero-giardino.<br />
Nasce così la tipologia del cimitero ottocentesco a giardino di derivazione<br />
inglese che ha il suo antecedente nei Campi Elisi di Stowe del 1730 (progettisti<br />
Kent e Bridgetman) in cui la vegetazione costituiva l’elemento dominante.<br />
Prototipo di questa tipologia è il cimitero francese di Père-Lachaise progettato<br />
nel 1812 da A.T.Brogniart si sviluppa secondo la nuova concezione di matrice<br />
positivista: un giardino dotato di monumenti sepolcrali attraverso cui si esprime<br />
la meditazione e la preghiera verso chi non è più in vita, è la prima città dei<br />
morti costruita come parco pubblico 14 .<br />
Ma i cimiteri appaiono nelle trattazioni teoriche sul giardino ancora prima del<br />
loro consolidarsi come modelli.<br />
Infatti, l’immagine della tomba collocata in un paesaggio naturale compare per<br />
la prima volta in un incisione che si riferisce alla quinta Egloga di Virgilio in un<br />
edizione cinquecentesca dell’opera del poeta latino 15 .<br />
Successivamente, nel quinto volume sul trattato dei giardini di Hirschfeld i<br />
“jardins de cimiters” 16 vengono addirittura proposti come “tipologia urbana”,<br />
immaginati in forma di grande parco pubblico. Anche Quatremère de Quincy<br />
ne l’Encyclopédie méthodique, pochi anni più tardi (1788), propone la natura
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
come valida alternativa al modello architettonico che invece si ispira al modello<br />
del Camposanto di Pisa 17 . “Il cipresso destinato a imbellire le tombe e la<br />
rosa simbolo dell’amore, sono le essenze per abbellire e purificare l’aria dei<br />
cimiteri” 18 .<br />
La questione quindi del rapporto tra gli alberi e l’igiene appare capovolta rispetto<br />
alle opinioni espresse dai medici intorno agli anni 70 del secolo XVIII: gli<br />
alberi sono uno strumento utile a purificare l’aria, attenuare gli effetti perniciosi<br />
delle esalazioni e a profumare l’ambiente.In questo senso le essenze resinose<br />
sono particolarmente adatte per i luoghi funebri anche per il colore cupo del<br />
loro fogliame.<br />
In Francia solo nel 1804, con il Decreto napoleonico, si ufficializzerà la necessità<br />
di inserire alberi nel cimitero.<br />
Questioni estetiche ma anche di igiene dell’aria accompagneranno i disegni dei<br />
nuovi cimiteri che si svilupperanno sotto la nuova concezione dell’Aldilà .<br />
Tale nuovo paesaggio naturale segue in parallelo il pensiero positivista che<br />
stava infervorando gli ambienti aristocratici di questo periodo.<br />
Nel 1759 D’Alambert scriveva:”un notevole mutamento nelle nostre idee<br />
sta avvenendo(…”) egli si riferiva al trionfo della philosophes le cui idee si<br />
rigorosamente razionali su tutto, sono racchiuse nella grande Enciclopèdie di<br />
cui egli e Diderot erano i direttori.<br />
Anche Rousseau era entrato in scena mettendo in discussione i valori contaminati<br />
della società civile: avanzando la tesi che le arti e le scienze avevano corrotto<br />
l’umanità egli affermava il diritto alla libertà per tutti gli uomini.<br />
La reazione intellettuale contro il cinismo, la frivolezza e tutte le infedeltà<br />
compendiate ne L’Infame, aveva il suo parallelo nel campo delle arti in un<br />
rifiuto del rococò che caratterizzava l’atmosfera chiusa e profumata dei salons<br />
parigini. Si trattava non di un mutamento da una moda all’altra, ma di una<br />
reazione contro il rococò e contro tutti i valori che esso esprimeva: il nuovo<br />
fervore contro i riccioli di figure in posa, cupidi incipriati e conchiglie che<br />
deliziavano gli ambienti aristocratici, invase tutt’Europa e cominciò a permeare<br />
tutte le arti.<br />
Di tono moralistico e stoico trova un parallelo nella letteratura degli stessi anni,<br />
ad esempio nel romanzi di Richardson, nelle commedie di Diderot e nel famoso<br />
romanzo di Jean-Jacques Rousseau.<br />
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Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
3.2 Il cimitero come giardino pittoresco: Rousseau e l’isola<br />
dei pioppi ad Ermenonville<br />
La vicenda personale e il messaggio filosofico di Rousseau così condizionante<br />
per l’evoluzione del gusto dei giardini dell’epoca, s’incontrano ad Ermenonville<br />
con l’operato del marchese De Gerardin che calandosi nelle vesti di artista e<br />
teorico del giardino, investe la sua esistenza nell’impresa d’embellir la natura<br />
trasformando la sua proprietà in un grande parco dove affiorano le principali<br />
fonti letterarie e il richiamo agli esempi più illustri di giardino pittoresco.<br />
L’omaggio a Rousseau appare come costante sia negli scritti che nelle<br />
realizzazioni del marchese fino al punto da riproporre ad Ermenonville i luoghi<br />
della nouvelle Hèloise come il Verger di Clarens o le rocce di Meillerie, che<br />
corrispondono ai momenti in cui il filosofo attraverso le pagine del romanzo ha<br />
saputo trasmettere quell’idea della natura a cui s’ispira nella progettazione del<br />
parco.<br />
Le pagine del romanzo di Rousseau soprattutto la lettera XI (parte IV) in cui<br />
l’autore descrive per bocca di suoi personaggi il Verger de Carens, l’Eliso<br />
costruito dalla protagonista Heloise, costituì un testo di grandissima influenza<br />
sul cambiamento del gusto nel campo del giardino precedendo le prime<br />
opere teoriche che diffondono in Francia la cultura del giardino paesaggistico<br />
inglese.<br />
I Verger de Carens è un luogo assolutamente privo di segni che possono rivelare<br />
le tracce del lavoro umano, dove ogni gesto è finalizzato all’esaltazione della<br />
natura.<br />
Emerge una nuova concezione di rapporto tra uomo e natura e tra uomo e<br />
giardino.<br />
Nell’Eliso di Clarens “non c’è nulla di allineato o livellato, qui non è mai<br />
entrata né la riga nè la squadra, cose ignote alla natura” 19 .<br />
Nel maggio del 1778 Rousseau si trasferisce ad Ermenonville: alla sua morte<br />
viene seppellito nell’isola dei pioppi.<br />
Lo scenario di malinconia e quiete, dove le acque riflettono il monumento<br />
funerario (in forma di sarcofago classico) e i pioppi, sarà esemplare nella poetica<br />
delle rovine che accompagnerà gli scenari delle nuove teorie sui giardini 20 .<br />
L’idea di cimitero inteso come giardino paesistico compare in Italia agli inizi<br />
dell’ottocento, sia attraverso le immagini con le quali nel mondo letterario ci<br />
si richiama al giardino inglese, sia con una breve trattazione teorica che Ercole<br />
Silva presenta nella seconda edizione della sua opera dell’Arte dei giardini<br />
inglesi 21 .<br />
L’autore con quest’opera contribuisce alla diffusione e alla teorizzazione<br />
in Italia del gusto dei giardini inglesi, affrontando il tema delle tombe non
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
soltanto in chiave estetica, ma anche prendendo in esame gli aspetti sociali ed<br />
urbanistici sollevati dal dibattito civile in corso in quel periodo. Nel suo scritto<br />
sui “giardini annessi ai cimiteri “Ercole Silva riesce a coniugare la trattazione<br />
manualistica di Hirchfeld con la questione etico-civile emersa in quegli anni<br />
in seno alla discussione sui cimiteri affrontata da Foscolo e Pindemonte che è<br />
sfociata nell’opera foscoliana dei dei Sepolcri 22 .<br />
L’interesse per il giardino inglese che si manifesta in Italia agli inizi del secolo,<br />
l’idea di paesaggio pittoresco e in particolare il gusto per la rovina e le tombe<br />
che si diffondono con il genere poetico, notturno e sepolcrale, inducono ad una<br />
concezione estetica del paesaggio che spesso si associa all’idea della morte. La<br />
tomba nella natura acquista un significato di strumento d’insegnamenti morali<br />
sia che si presenti come monumento commemorativo che come sepoltura vera<br />
e propria e diviene in tal senso meta di pellegrinaggi con cui si stabiliscono<br />
legami di tipo sentimentali e pedagogici.<br />
La mescolanza del Bello Morale col sensibile rende il monumento funebre<br />
il luogo di profonda commozione sentimentale: “un boschetto di alberi ben<br />
disposto è bello di per sé; ma se questo è di cipressi funebri ci attacca di più<br />
per la dolce malinconia che sveglia in noi la caducità umana. La sensazione<br />
diviene più viva e profonda se in mezzo a un circondario di cipressi v’è una<br />
tomba o una memoria di un uomo celebre o caro”. 23<br />
Queste idee, riportano alle esperienze del secolo precedente come al progetto dei<br />
Campi Elisi di Stowe o ai giardini di Twickenham in cui Alexander Pope colloca<br />
l’obelisco in memoria della madre preceduto da un boschetto di cipressi.<br />
In Italia il dibattito sul ruolo della natura dentro i recinti cimiteriali si collega in<br />
linea teorica a due considerazioni: la funzione sanitaria delle piante e la funzione<br />
di decoro che si ispira ad immagini del mondo funerario tratte dall’antichità<br />
nelle quali le piante occupano un posto significativo come afferma Hirschfeld<br />
nel quinto volume del suo trattato sui giardini:”Le plus ancienne maniere<br />
d’embellir les cimitieres isolè, c’est d’y planter des arbres” 24 .<br />
In Italia, solo nel 1839 a seguito della pubblicazione che Melchiorre Missirini<br />
fa a Firenze con un volume dedicato ai cimiteri, la natura assume un ruolo di<br />
abbellimento e sollievo all’interno dei recinti cimiteriali: “pare che la natura<br />
ci insegni di menomare la mestizia dei corpi morti colla floridezza e freschezza<br />
delle piante viventi” 25 .<br />
Nell’impostazione di “decoro” dato dalle piante non mancano considerazioni<br />
sulla capacità che queste hanno di suscitare sentimenti morali: la loro espressione<br />
simbolica va recuperata non per creare scene pittoresche ma per trasmettere<br />
valori e significati.<br />
Così riprendendo l’atteggiamento che gli antichi avevano nei confronti delle<br />
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Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
piante vengono introdotte nei cimiteri alcune essenze ciascuna con un ben<br />
preciso significato simbolico:<br />
(…)l’alloro, fu premio di vittoria; il pino si ebbe per inizio funesto di morte; il<br />
tasso sempreverde espresse l’immortalità; l’asfodelo, il bosso, la lambrusca, la<br />
scabbiosa, il cipressi, il pioppo piramidale rappresentano diverse qualità. 26<br />
Il cimitero di Ferrara presentato nel 1851 da Ferdinando Canonici ci offre un<br />
esempio significativo del ruolo che l’idea di cimitero paesistico stava prendendo<br />
in Italia: il progetto prevedeva la trasformazione della Certosa della città con<br />
un ampliamento del sistema claustrale ai margini del quale venivano annessi<br />
due recinti tra loro simmetrici che dovevano ospitare giardini irregolari in cui<br />
collocare monumenti, fiori e piante. Questo al fine di togliere la monotonia e<br />
dare un effetto di varietà e di decoro 27 .<br />
Alla stessa impostazione s’ispira il cimitero di S.Miniato a Firenze progettato<br />
da Mariano Falcini e presentato nel 1864 28 : un insieme di vialetti ed aiuole<br />
irregolari in contrasto con la rigida geometria del progetto complessivo<br />
testimonia quell’”effetto pittoresco” di “boschetti irregolari” che troverà nel<br />
cimitero di Staglieno a Genova l’esempio più alto.
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
3.3 I primi grandi cimiteri dell’Ottocento: Staglieno.<br />
Tombe, sculture e giardini come esempio della<br />
rappresentazione della città borghese<br />
Qualcuno un giorno disse che per conoscere lo spirito e la cultura di una città<br />
moderna è buona cosa visitare e conoscere il suo cimitero: qui si tramandano i<br />
valori dichiarati della società, il suo senso della memoria, e il culto degli affetti<br />
oltre che le sue scelte artistiche.<br />
Nel caso di Genova questo è particolarmente vero infatti il cimitero di Staglieno,<br />
uno dei più noti internazionalmente cresce parallelamente allo sviluppo della<br />
città che a partire dalla seconda metà dell’ottocento vede un’intensa e crescente<br />
attività industriale, economica, urbanistica e architettonica.<br />
Si inaugura nel 1851 sviluppando ad opera di Giovanni Battista Resasco su<br />
progetto di Carlo Barbino (1761-1835), uno degli artefici del rinnovamento<br />
neoclassico della città.<br />
Il porticato quadrangolare rappresenta il nucleo originario del cimitero ed è<br />
sovrastato da un Pantheon: luogo della memoria sociale, custode dei personaggi<br />
illustri della città, perno visivo e simbolico del cimitero insieme alla grande<br />
statua della Fede rappresentata dal Santo Varbun.<br />
Ciò che rende particolarmente specifico il cimitero oltre che la grande<br />
profusione di statue, è l’integrazione avvenuta nel corso del tempo tra il modello<br />
architettonico mediterraneo e quello romantico di tradizione anglosassone.<br />
Gallerie e porticati densi di monumenti e architetture si alternano agli alberi<br />
delle siepi.<br />
Così come avviene nella città dei vivi dove vengono realizzati, all’inizio del<br />
secolo, grandi viali scenografici immersi nel verde, nel cimitero l’articolazione<br />
della parte “residenziale borghese” caratterizzata da viali ombreggiati tra i<br />
quali le cappelle gentilizie fanno capolino.<br />
La struttura acquista decoro e funzionalità soprattutto in relazione all’intensa<br />
frequentazione da parte dei “vivi”, attraverso un’opera di progettazione<br />
integrata degli spazi aperti che si dissocia dal tema più propriamente funerario.<br />
Gli elementi di arredo e segnaletica, gli affacci e le balaustre, i selciati, le siepi<br />
e i filari di piante, ci offrono infatti un’immagine di spazio pubblico che non<br />
si discosta da quella che contraddistingue lo spazio urbano. In questo nuovo<br />
contesto, il paesaggio naturale acquista il ruolo di una cornice panoramica, che<br />
sovrasta il recinto che si stringe attorno al mondo delle sepolture.<br />
Una grande valle attraverso cui chi passeggia sotto i portici o lungo le terrazze,<br />
può godere della vista dei fianchi delle colline ricoperte di boschi, dello scenario<br />
pittoresco delle cappelle che emergono dalla vegetazione del “boschetto” e di<br />
scorci panoramici popolati da vegetazione e sontuosi monumenti.<br />
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Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
In questa ricchezza di architettura e natura il contrasto nell’unità senza nomi dei<br />
campi comuni è simile all’uniformità della periferia della città.<br />
E comune tra la città dei vivi e dei morti è anche la densità decorativa fatta<br />
oltre che dal variare delle forme eclettiche dell’architettura, dal succedersi di<br />
figure e motivi simbolici, da marmi e ferri sempre più presenti col crescere<br />
dell’industrilizzazione sia dell’ornato urbano che dell’arredo funerario.<br />
E’ comunque la densità della scultura che ha reso particolarmente conosciuto<br />
Staglieno: d’impronta fortemente realista, priva di ogni idealismo, segna il<br />
ritratto di un’intera società.<br />
Staglieno svilupperà una vera scuola Ligure della scultura.<br />
Giovanni Battista Villa, Federico Fagiani, Domenico Corti, Giovanni Scalzi e<br />
Giulio Monteverde rappresentano alcuni di quegli artisti che diedero avvio ad<br />
un modello scultoreo che si sviluppò in tutt’Europa.<br />
Oltre ad offrire una galleria di ritratti Staglieno è testimone dei valori del tempo<br />
siano essi del lavoro dell’industria e del commercio proposti attraverso i simboli<br />
e gli oggetti, sia delle virtù laiche del senso della famiglia e dell’amicizia.<br />
Ricorrente è il ricordo delle virtù militari o dell’eroismo nelle imprese<br />
risorgimentali come indicato dalle statue dei garibaldini che scortano la tomba<br />
di Giuseppe Mazzini nel boschetto.<br />
In questa evidenziazione di valori non mancano quelli religiosi spesso proposti<br />
con una dimensione di messa in scena tra il defunto e le varie apparizioni<br />
celesti, oppure attraverso la monumentalizzazione delle parabole evangeliche.<br />
Il realismo diventerà alla fine dell’ottocento, lo strumento per proporre uno<br />
sguardo verso ciò che fino ad allora si era sempre cercato di eludere: cioè la<br />
morte.<br />
Tale sguardo si farà sempre più drammatico attraverso rappresentazioni<br />
simboliche intrise d’inquietudine.<br />
Tra queste emerge l’Angelo misterioso di Giuseppe Monteverde che dal<br />
1883 sarà replicato in tutto il mondo occidentale: simbolo di un mistero<br />
imperscrutabile che va sostituendosi sempre più sia alla speranza cristiana che<br />
alla sopravvivenza del defunto attraverso la memoria.<br />
Il sensuale angelo del Monteverde che aprirà a quell’incontro sempre più<br />
frequente tra Eros e Thanatos che porta all’esaltazione dell’eros come ad una<br />
sorta di ultimo ricordo della malinconica vita di fronte ad una morte che si sente<br />
sempre più inarrestabile.<br />
Queste figure di angeli saranno sostituite verso il ‘900 da figure di donne<br />
sensuali sempre meno angeli e sempre più messaggere di un mondo misterioso.<br />
Il realismo si attenuerà almeno in parte lasciando il posto ad un gusto Simbolista<br />
e Liberty.<br />
Sensuali figure femminili divengono il simbolo di quella morte giovane, ancora<br />
più tragica nel suo essere fuori tempo accompagnata dall’immagine del fiore<br />
reciso che la cultura simbolista e Liberty aveva assunto come rappresentazione
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
emblematica della morte soprattutto dopo che nei primi anni del 900 la presenza<br />
a Staglieno di uno scultore come Leonardo Bistolfi con le tombe Orsini e Bouer,<br />
offrirà un modello nuovo e sensuale a cui gli scultori guarderanno fino ed oltre<br />
la prima guerra mondiale.<br />
Tra questi emergono Gaetano Olivieri, Gigi Orengo, Giacomo Pasciuti e Luigi<br />
Brizzolara.<br />
Dopo la prima guerra mondiale al bisogno di rappresentazione monumentale<br />
della morte privata, viene a sostituirsi una dimensione più intima e interiorizzata<br />
in cui il dramma della morte di massa sembra non lasciare spazio altro che<br />
all’urlo o al silenzio di una madre che Eugenio Baroni pone sulla tomba di<br />
Grosso Bonin del cimitero protestante.<br />
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76<br />
Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Note<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
1 I versi omerici dell’XI libro dell’Odissea documentano il destino dei mortali (psichè) dopo<br />
la morte biologica immaginata come la fuori uscita della psiché dalla bocca o da una ferita.<br />
Quando la psichè che durante la vita ha rappresentato nel corpo la conditio si ne qua non di ogni<br />
funzione corporea, spirituale ed emozionale, si libera, dopo la morte dell’involucro del soma,<br />
l’anima, che aveva reso possibile la vita, continua a vivere nell’Ade, precisamente come idolo,<br />
figura umbratile senza memoria, individualmente determinata, nella sua apparenza esteriore,<br />
dall’aspetto fisionomico dell’essere umano che una volta aveva animato ed è questo che permette<br />
ad Ulisse, nella sua catabasi all’Ade, di riconoscere la psichè di sua madre Anticlea.<br />
Nella concezione dell’universo greco, la posizione dell’Ade, dimora dei defunti, è immaginata<br />
al di là dell’Oceano.<br />
L’ubicazione è quanto mai vaga e, infatti, la nave di Ulisse, per raggiungerla, deve arrivare ai<br />
confini dell’Oceano profondo dove si trovano il popolo e le città dei Cimmeri, siti e popolazioni<br />
che appartengono al regno delle favole, anche dal punto di vista geografico e fanno parte di quel<br />
mondo irrazionale che giace al di là del mondo reale, lo circonda ed è a sua volta lambito dal<br />
fiume oceano oltre al quale non esiste più nulla<br />
La rappresentazione di una terra mitica, nelle vicinanze dell’Ade, avvolta in torbidi vapori e in<br />
nuvole di nebbia che il sole non riesce a trapassare, ha il suo contrapposto nella concezione di terre,<br />
ugualmente mitiche, situate nello splendente oriente, segnalate come Olimpo, Elisio, Isole Beate.<br />
Per il defunto non esiste nell’aldilà alcuna speranza; l’unica preoccupazione che sembra affliggere<br />
i personaggi omerici è quella di non venire adeguatamente sepolti e quindi privati di ciò che è<br />
dovuto ai morti: concetto che comprende il cerimoniale funebre, i doni, la costruzione della<br />
tomba, la sepoltura e il rimpianto. Tutto questo è ben evidenziato dall’impellente richiesta ad<br />
Ulisse da parte di Elpenore, già membro del suo equipaggio, rimasto sulla soglia dell’Ade, di<br />
ricevere quella sepoltura che gli era mancata in quanto i suoi compagni non si erano accorti della<br />
sua morte..<br />
2 S. Peruzzi, Studio di sepolcri antichi in “opera laterizia” sulla via Appia. Firenze, Uffizi,<br />
Gabinetto disegni e stampe, n.671 A.r., in Atonio Forcellino Il problema delle cortine laterizie<br />
nell’architettura della prima metà del Cinquecento, in «Ricerche di Storia dell’arte», n °40,<br />
1990, p. 57.<br />
3 La società e il sacro nella tarda antichità , Giulio Einaudi Editore, Torino 1997<br />
4 Luoghi in cui si trovano i resti di un martire cristiano: in essi vengono costruite piccole cappelle<br />
(mayria, confessiones, memoriae).<br />
5 In L’immagine urbana nell’Italia Meridionale (sec-V-XV) in Storia d’Itala, Torino 1982<br />
6 Principi dell’architettura civile, Milizia Francesco, Bassano: a cura di Remondini, 1785<br />
7 Pierre Patte architetto e urbanista (1723-1814) è l’autore della ricostruzione dell’Operà de<br />
Paris e collaboratore del progetto del barone Husseman per il ridisegno de l’Ile de la Citè<br />
8 Progetto del 1762 di Ferdinando Fuga su richiesta di Carlo di Borbone.<br />
9 Secondo un ordine bustrofedico ovvero quello utilizzato da alcune iscrizioni antiche le cui linee<br />
andavano alternativamente da destra verso sinistra e viceversa così come si volgono i buoi nei<br />
lavori di aratura dei campi.<br />
10 Il cimitero delle 366 fosse, Nicola della Monica Puccini, in Funiculì Funiculà, numero 10,<br />
anno I- Napoli, maggio 1985, p.10<br />
11 “Documenti sull’attività napoletana di Ferdinando Fuga” a cura di Raffaele Mormone, in<br />
R.Pane, Ferdinando Fuga, Napoli 1956, P.210<br />
12 Michel de Montagne passando per Pisa nel luglio del 1581, annota nel suo jurnal de voyage un
Capitolo 3 Gli impianti cimiteriali<br />
Parte I I modelli<br />
fenomeno che qui si verificava: si diceva che questa terra trasportata dalla Palestina fosse capace<br />
nel breve periodo di ventiquattro ore, di ridurre i corpi seppelliti a semplici “ossa ignude”, in<br />
P.Ariès, L’uomo e la morte dal medioevo a oggi, Bari, Laterza. 1977, p. 600<br />
13 Luigi Latini, Cimiteri e giardini, città e paesaggi funerari d’occidente, Alinea editrice, 1994<br />
Firenze<br />
14 Cfr.Luigi Latini, Cimiteri e giardini…<br />
15 La tomba di Dafni, Incisione tratta da volume Publii Virgilii Moronis Opera, Strasburgo, 1502<br />
(da Panofsky: Tomb Sculptur, 1954, N.York, Harry N. Abrams, inc.)<br />
16 Hirschfeld, Thèorie de l’arte des jardins, vol. V, Leipzig, 1785, p.133<br />
17 Costruito intorno al 1278, è un camposanto medioevale progettato allo scopo di conservare<br />
sarcofagi classici provenienti da Roma e di dar edegna sistemazione alle sepolture disposte<br />
attorno al duomo di Pisa, In questo cimitero il costruito prevale sull’elemento naturale.<br />
18 “La plus ancienne maniere d’embellir les cimiteres isolés c’est d’y planter des arbres<br />
(...) Quatremère de Quincy in Encyclopédie méthodique, Tome premiere, Paris 1788.<br />
19 J.J. Rousseau, Joulie ou Nouvelle Heloise ou lettres de deux amants habitants d’une petite<br />
ville au pied des alpes, trad. Italiana, Milano, 1992, p.501<br />
20 Cfr. Hirscfeld, Tèorie...<br />
21 Silva Ercole, Dell’arte dei giardini inglesi, Milano, Vallardi, 1813, Ed. a cura di G.Venturi<br />
22 E’ un carme di altissima celebrazione poetica della vita e dei suoi istituti civili.<br />
La civiltà esiste perché intere generazioni si sono sacrificate per i nobili ideali e per la libertà<br />
lasciandoli in custodia ai posteri attraverso il ruolo alimentato dal culto dei defunti.<br />
La storia della civiltà è una storia di sacrifici e di sforzi dolorosi da cui però l’umanità esce<br />
arricchita e migliorata.<br />
Questa nuova immortalità che continua il morto nei viventi ha una dimensione cosmica altamente<br />
religiosa, di quella religiosità laica e terrena che è la storia sentita come sviluppo spirituale. I<br />
morti sopravvivono nei discendenti che ne perpetuano e realizzano gli ideali. I concetti filosofici<br />
che vengono recuperati in unità poetica nel carme sono:<br />
il rifugio nella natura, la consolazione nella bellezza e nell’amore, il dramma degli ideali che<br />
cozzano con la realtà ma non si arrendono grazie alla fede-speranza.(…) in Aldo Giudice,<br />
Problemi e scrittori della letteratura Italiana, vol.3- tomo primo-ed. Bavaria, Torino, 1973.<br />
23 M. Cesarotti, Saggio sul bello, in Prose di vario genere dell’abate Melchior Cesarotti. TomoII,<br />
Firenze, 1809, p.67<br />
24 Cfr. Hirscfeld, Tèorie...<br />
25 M.Missirini, in Dei gravi danni e pericoli minacciati dai sepolcri posti nei recinti abitati, cap.<br />
“Ornamenti della natura per abbellire i camposanti”,p.85 Firenze, tipografia Ciardetti, 1839<br />
26 Cfr. Hirscfeld, Tèorie...<br />
27 Ferdinando Canonici, L’antica Certosa di Ferrara accomodata a pubblico Campo-Santo,<br />
Bologna, 1851<br />
28 F.Cerboni, Il cimitero di S. Miniato al Monte, Firenze, 1865<br />
77
78<br />
Gli impianti cimiteriali<br />
L'evoluzione della concezione della morte e la codifica del cimitero neoclassico<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
PARTE II<br />
79
80<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Gli abitanti hanno costruito una copia identica della<br />
loro città sotterranea...<br />
Dicono che nelle due città non ci sia più il modo di<br />
distingure quali sono i vivi e quali i morti...<br />
Italo Calvino, "Le città invisibili"<br />
L'ingresso alla Villetta in R. Tossi, 1980, Carmignani padre e figlio, Cinisello Balsamo, A. Pizzi,<br />
p.142.
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
Capitolo 1 - Architettura funeraria a Parma: una nuova<br />
matrice progettuale<br />
1.1 La storia<br />
Due lunghi filari di cipressi che si<br />
fronteggiano scandiscono il ritmo di<br />
una superba allea 1 che conduce alle<br />
porte di una città insolita: è l’altra città<br />
quella “ritrovata” tra i documenti<br />
d’archivio e le testimonianze storiche<br />
che tra ottocento e novecento strutturano<br />
il volto della città di Parma.<br />
D'impostazione parigina, l'atmosfera<br />
chiusa e profumata dei salons aristocratici<br />
di Parma, animati dai riccioli<br />
rococò e dai cupidi incipriati in posa,<br />
cede il passo al "nuovo gusto ordinato<br />
e pulito che invase tutte le arti".<br />
Mosso dal Bello Morale d'ispirazione<br />
russoniana, il nuovo stile stava prendendo<br />
piede in tutt' Europa. Questo<br />
processo di purificazione e semplificazione<br />
porterà risultati architettonici<br />
simbolici e astratti attraverso geometrie<br />
pure e di platoniche essenze 1 . Ed<br />
è proprio questo lo spirito con cui sarà<br />
realizzata, a Parma, la città dei morti.<br />
Già casa dei vivi ai tempi dei romani<br />
2 , fu istituita all’interno di una villa<br />
suburbana di proprietà dei Gesuiti da<br />
Maria Luigia nel 1817 3 , e diviene una<br />
Fig. 1 - Archivio di Stato di Parma, Archivio<br />
Du Tillot, Fontanesi, Progetto per un cimitero<br />
extraurbano, 1756.<br />
81<br />
1
2<br />
82<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Fig. 2 - AS mappe e disegni vol.II n° 34,<br />
pianta della città di Parma 1834<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Fig. 3- 4 - AS Governatorato di Parma 1817, busta<br />
543, tracciato dell'orto della Villetta e tracciamenti<br />
dell'ottagono e rilievi dei fabbricati<br />
esistenti<br />
città organizzata come quella dei vivi, secondo l’editto di St-Cloud 4 dove è<br />
ammessa la realizzazione di sepolture individuali, tombe, cappelle o monumenti.<br />
Il permesso di edificare sul terreno (di proprietà comunale) è soggetto al<br />
pagamento di un’imposta e al versamento di una somma di denaro sotto forma<br />
di dotazione per i meno abbienti. Questa procedura è basata sul principio, del<br />
tutto innovativo ed espressamente borghese, della concessione perpetua dei terreni<br />
cimiteriali. La concessione è un bene da acquistare al pari di una qualsiasi<br />
proprietà immobiliare: non è cedibile attraverso la vendita, ma può essere ereditata.<br />
Inizialmente, la proprietà della sepoltura negli archi del porticato era riservata<br />
all’aristocrazia, ma presto diverrà un bene ambito anche dal ceto medio,<br />
tanto più che, in ragione del benessere economico, la pratica della concessione<br />
perpetua cresceva al punto da saturare il terreno cimiteriale 5 .<br />
Numerosi documenti di concessione e cessione d’uso di questo spazio di proprietà<br />
comunale, infatti, testimoniano la rapidità con cui le sepolture privilegiate<br />
delle famiglie aristocratiche andavano a occupare via via le arcate dell’ottagono<br />
perimetrale, recinto del più ampio campo centrale che accoglieva le sepolture<br />
comuni.<br />
Questa distribuzione spaziale delle sepolture è la testimonianza di quanto il<br />
tema della distinzione sociale, tipico degli impianti cimiteriali ottocenteschi,<br />
sia importante, nella caratterizzazione formale dell’architettura. La dimora che<br />
accoglie l’uomo a nuova vita, sia essa avello, tomba o cappella, è la cellula<br />
3<br />
4
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
abitativa che struttura questa insolita città; nella luce filtrata di rami, le numerose<br />
dimore appaiono nella loro autonomia e manifestano, rispetto alle epoche<br />
precedenti, un mutato rapporto con la morte, che da privata diviene pubblica,<br />
attraverso la celebrazione del defunto che diviene "immortale"dalla contemplazione<br />
delle sue virtù eroiche che rimangono vive e si perpetuano nei posteri e<br />
contribuiscono a formare la civiltà.<br />
La forma architettonica che struttura il cimitero di Parma è quella di un recinto<br />
che già Milizia nel 1781 7 proponeva come una possibile configurazione di<br />
cimitero: un “ampio recinto quadrato”, o di “qualunque altra figura curva o<br />
mistilinea” circondato verso l’interno da portici e arcate dove collocare i segni<br />
funebri o i “cenotafi delle famiglie benemerite”, corredato di spazi per gli ossari<br />
e di una cappella al centro a forma di Pantheon o di piramide. Nell’insieme i<br />
monumenti e i decori dovevano “accrescere l’immaginazione di luogo terribile”:<br />
i materiali dovevano essere di color grigio e il rivestimento a bugnato<br />
5 6<br />
83<br />
Fig. 5 - Cimitero detto La Villetta, Tito Boselli<br />
e Pietro Sottili in I principali monumenti innalzati<br />
dal 1814 al 1823 da sua Maestà Maria<br />
Luigia, pubblicati da P. Toschi, A. Isaac, M.<br />
Bettoli e descritti da M. Leoni, Parma, 1824;<br />
Biblioteca dell’Archivio di Stato di Parma.<br />
Fig. 6 - Archivio Storico, Iconografia del suburbano<br />
cimitero della città 1819, Registro<br />
delle proprietà delle arcate
84<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
7 8<br />
Fig. 7 - Cimitero detto La Villetta, Tito Boselli e<br />
Pietro Sottili in I principali monumenti innalzati<br />
dal 1814 al 1823 da sua Maestà Maria Luigia,<br />
pubblicati da P. Toschi, A. Isaac, M. Bettoli e<br />
descritti da M. Leoni, Parma, 1824; Biblioteca<br />
dell’Archivio di Stato di Parma.<br />
Fig. 8 - Cimitero della città di Parma, Incisione<br />
di Pietro Mazza 1817, lith. Formentin, Parigi.<br />
Collezione Paola Colla<br />
alveolato “genere d’ornamento analogo alla corruzione dè corpi umani”, di coperture<br />
in “ardesia a tinte fosche”, di una complessiva area lugubre che annunciasse<br />
al primo colpo d’occhio un “soggiorno di tenebre”. L’impianto quadrato<br />
e contornato da portici che contengono tra le arcate i monumenti sepolcrali,<br />
con cappella piramidale al centro e sepolture comune nei campi aperti, definisce<br />
un’architettura semplice e di grande chiarezza compositiva, tanto da essere<br />
adottata da (alcuni) progetti successivi.<br />
“Sacro recinto” è un’espressione diffusa che sottende significati antropologici<br />
e simbolici: è una disposizione che indica una separazione e una segregazione,<br />
ma fa seguito anche ad un atto di fondazione e riconoscimento, implica<br />
la custodia, assicura la protezione da e verso l’esterno. E’ un confine costru-
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
ito che imprime caratterizzazione e articolazione architettonica dando senso<br />
ai percorsi, alle suddivisioni, alle logiche costruttive. Il simbolo della croce<br />
“sacralizza” il recinto: esso diviene dimora che custodisce, protegge e confina.<br />
Anche a Parma gli elementi che strutturano il nuovo cimitero già nelle sue prime<br />
ipotesi progettuali, che risalgono al 1767 sono un muro di cinta, un piccolo<br />
fabbricato d’ingresso e una cappella funeraria, prevista inizialmente al centro<br />
del campo 8 .<br />
Nel 1811 il consiglio comunale decide di fare due cimiteri fuori porta S. Michele<br />
e fuori porta S.Croce, ma per ridurre i costi si decide di farne uno solo in<br />
località S.Pellegrino.<br />
Le elaborazioni datate 1817, di matrice razionale e monumentale della tradizione<br />
illuminista, lasciano il posto a stilemi neoclassici. Nel 1818 viene presentato<br />
il progetto definitivo del cimitero della Villetta firmato dal Cocconcelli, che<br />
prevede una forma con tipologia a “corte” ottagonale porticata con quattro lati<br />
maggiori e minori opposti tra loro. Questi ultimi formano con il muro a pianta<br />
quadrata, circoscritto all’ottagono, quattro spazi triangolari (…) “piu’ che sufficienti<br />
per formare un ossario, e anche cimiteri per quei che professano Religione<br />
differente dalla nostra (…). La Cappella è in faccia all’ingresso così che<br />
la vista del cimitero viene a rimanere più libera (…)” 9 . I settori angolari furono<br />
realizzati nel 1856 e nel 1864 e fu necessario ampliare il settore degli israeliti,<br />
separato da quello dei protestanti 10 . Il porticato perimetrale risulta costituito da<br />
156 campate definite da pilastri ed archi a tutto sesto, destinato alle confraternite<br />
religiose e laiche, alle casate nobiliari della città e in parte di proprietà comunale<br />
per la vendita in perpetuo o a tempo di avelli singoli. La realizzazione<br />
degli archi, fu completata nel 1862. Le arcate furono costruite direttamente dai<br />
proprietari secondo uno schema architettonico comune, mentre la decorazione<br />
interna, soggetta all’autorizzazione di un’apposita commissione, era libera;<br />
l’unico vincolo regolamentato riguardava il mantenimento del libero passaggio<br />
lungo il porticato. Il regolamento cimiteriale emanato da Maria Luigia definiva<br />
anche le essenze ammesse per ombreggiare le sepolture, che dovevano<br />
essere a sviluppo verticale, come cipressi e pioppi cipressini 11 . Lungo il perimetro<br />
ottagonale si collocano le architetture di servizio: la camera mortuaria e<br />
l’oratorio che, in asse con l’ingresso principale e rispettivamente al centro del<br />
lato ovest, riprende con la sua pianta interna ottagonale la configurazione del<br />
recinto cimiteriale. L’interno, diviso in quattro campi da due viali ortogonali,<br />
era destinato alle sepolture comuni e ai monumenti individuali, che dovevano<br />
sorgere ai due lati del viale principale tra l’ingresso e l’oratorio dedicato a San<br />
Gregorio Magno, realizzato tra il 1819 e il 1823 12 . Nel 1862 il Cimitero fu<br />
collegato alla più vicina porta urbana con un viale alberato, una superba allea<br />
fiancheggiata di cipressi…,concepito come elemento di continuità tra la città<br />
e la struttura cimiteriale, per conferire al percorso un decoro adeguato all’importanza<br />
dell’architettura che ne costituiva la meta e, nello stesso tempo, alla<br />
85
86<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
solennità rituale del funerale 13 . Con la conclusione dell’ottagono porticato del<br />
1868 si demolisce il vecchio muro di cinta della tenuta e si avviano una prima<br />
serie di ampliamenti. Il primo è progettato nel 1875 dall’ingegnere capo<br />
dell’Ufficio d’Arte Municipale Sante Bergamaschi e prevede la costruzione di<br />
due gallerie gemelle a nord e a sud con impianto a croce latina 14 , disposte lungo<br />
l’asse longitudinale dell’ottagono accessibili dal recinto mediante due aperture<br />
negli archi centrali dei rispettivi porticati, dove la maggior parte degli avelli<br />
erano disposti in elevazione, nello spessore dei muri. La costruzione non fu<br />
veloce e avvenne in tempi separati e modificando l’elevato, se non l’impianto<br />
planimetrico, per cui le due architetture danno un’immagine molto diversa. La<br />
galleria sud 15 , realizzata tra il 1876 e il 1884 ha disegno neoclassico, con volte a<br />
botte ribassate, mentre la galleria nord 16 , con volte a tutto sesto è caratterizzata<br />
da elementi stilistici ecclettici. Nel frattempo, tra il 1885 e il 1890, era stata costruita<br />
la galleria sud-est, per la cui progettazione nel 1884 era stato indetto un<br />
concorso. Nel 1905 17 furono progettati i due avancorpi dell’ingresso, realizzati<br />
nel 1913 e restaurati nel 1980. All’inizio del ‘900 18 inizia la sepoltura nei campi<br />
intorno alle due gallerie principali, e nel 1921 fu deciso l’ampliamento del cimitero<br />
a sud-est, sull’alveo del Cinghio; in questo periodo furono realizzati gli<br />
addossati della galleriasud e nel 1931 fu costruita una nuova galleria ad avelli,<br />
cruciforme progettata dall'Ing Angelo Bay e danneggiata nel 1933 da un'alluvione<br />
del canale.<br />
Nel 1934 furono aggiunte le cappelle all'esterno della Galleria nord.<br />
E tra il 1935 e il 1939 fu completata la Galleria Perimetrale 19 , un portico con<br />
cappelle ed avelli in stile eclettico progettato da Moderanno Chiavelli.<br />
I caduti civili e i partigiani dell'ultima guerra sono sepolti ai lati dell'ingresso<br />
del portico della Galleria Nord.<br />
I monumenti dei militari caduti e decorati nella Grande Guerra si trovano nel<br />
campo a oriente della Galleria Sud. tra questi un monumento in stile liberty,<br />
realizzato dall'architetto Mario Monguidi (1923), bene racconta il sentimento<br />
patriottico che muoveva gli eroi di guerra: un uomo con con ali, simbolo della<br />
vittoria e della gloria, porta la scritta: "purissimi eroi, redentori d'Italia, batte<br />
su voi l'ala della gloria" 20 .<br />
Le tombe più antiche visibili ancora oggi nel campo centrale risalgono al terzo<br />
decennio dell’ottocento ed erano disposte lungo i viali principali a delimitazione<br />
dei quattro settori destinati alle inumazioni comuni 21 ; agli inizi del Novecento<br />
iniziò la costruzione di monumenti destinati alle sepolture di intere famiglie,<br />
le cappelle, e che in pochi decenni hanno trasformato i campi erbosi in aree eterogenee<br />
e densamente costruite. Il periodo di maggior intensità costruttiva da<br />
parte dei privati fu l’arco temporale tra il 1925 e il 1940, come risulta evidente<br />
anche dall’osservazione stilistica delle cappelle. È possibile che la concessione<br />
del terreno ai privati abbia finanziato la costruzione dell’ampliamento settentrionale,<br />
avvenuto all’incirca negli stessi anni. Nel dopoguerra fu realizzato
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
il Chiostro Padre Lino 22 nell’angolo già destinato ai carcerati (1947), poi il<br />
cimitero inizia ad espandersi verso sud, con la realizzazione dei colombari nei<br />
campi meridionali (1950-60).<br />
Dopo Giuseppe Cocconcelli, ingegnere comunale, progettista del primo nucleo<br />
del Cimitero tra il 1819 e il 1821-23, Sante Bergamaschi è la figura chiave per<br />
l’architcttura del Cimitero di Parma nel secondo Ottocento: a lui si deve il disegno<br />
a croce latina delle due gallerie impiantate al centro dei lati nord e sud seguiti<br />
da quelli per la galleria nord, su due livelli, realizzata tra il 1898 e il 1905<br />
con alcune varianti rispetto ai disegni in precedenza (1880 e 1893) elaborati.<br />
Il primo nucleo è definito entro la fine del XIX secolo dall’ottagono centrale<br />
riferibile all’originario progetto di Cocconcelli, e dalla aggiunta delle due gallerie<br />
a nord e a sud, progettate unitariamente, ma realizzate in tempi differenti<br />
ed espressive di due codici stilistici: neoclassico per la galleria sud così come<br />
l’oratorio di S.Gregorio Magno progettato da Cocconcelli — eclettico per la<br />
galleria nord.<br />
La Villetta comincia a popolarsi di sculture dalla seconda metà dell’Ottocento.<br />
Bronzo, marmo e granito i materiali d’elezione.<br />
Negli archi, la presenza dì apparati ornamentali è costituita da decorazioni pittoriche<br />
eseguite fra il 1861 e il 1880, e di inserti plastici conclusi entro la fine<br />
dell’Ottocento, nell’ambito di un’ampia campagna di lavori che ha comportato<br />
anche la messa in opera di rivestimenti marmorei per la parete di fondo degli<br />
archi. Particolarmente interessanti risultano le sculture e le decorazioni degli<br />
archi 14, 123, 71 del pittore Francesco Rivara per il sepolcro del conte Pietro<br />
Crescini Malaspina. Tale decorazione si ispira a stilemi decorativi diffusi dalla<br />
cultura neogotica.<br />
Gli stessi sono utilizzati nelle edicole Bormioli, Medioli, Corazza e sono eloquente<br />
testimonianza della predilezione diffusa già nel secondo Ottocento per<br />
questo codice stilistico.<br />
Nei decenni in cui il Simbolismo creava manifestazioni monumentali in linea<br />
con la ripresa di una sorta di autocelebrazione della classe borghese, si assiste<br />
alla realizzazione di una serie di tombe di dimensioni importanti, ornate<br />
con statue a grandezza naturale. Emblematici in tal senso sono i sepolcri Parodi<br />
nell’arco 87, Ferramola nel campo lungo il viale principale, Bulloni Serra<br />
nell’arco 102, Mancini nel campo allora detto della dinamite, ossia il campo<br />
a destra dell’ingresso, il famedio di Cleofonte Campanini (1927) di Giuseppe<br />
Mancini (1881-1961). E’ un monumento alla musica arricchito dalle personificazioni<br />
dell’Aurora e del Tramonto, nel quale si ravvisano riferimenti stilistici<br />
alle opere di Leonardo Bistolfi 23 .<br />
Le tombe e le edicole Bormioli (1924) Corazza (1925), Milza (1927) Grassi<br />
(1928), Molinari (1929), Medioli (1929), Chiari (1934), Tanzi (1939) e il<br />
vocabolario degli stili adottato dai rispettivi progettisti 24 , che ora inclinano al<br />
neomedioevo, ora al neobizantino, ora al neoromanico, riflettono la volontà del<br />
87
88<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
committente di suggellare la fine della propria esistenza terrena con un segno<br />
imperituro che consegni ai posteri la memoria di imprese, poteri, affetti.<br />
Agli inizi del novecento il cimitero è scandito dalle eleganze neorococò a<br />
cui pare ispirarsi Ettore Leoni nel progetto per l’edicola della famiglia Tanzi<br />
(1939), dai motivi simbolici classicheggianti che lo scultore Alessandro Marzaioli<br />
(1868- 1951) utilizza per la tomba di Evaristo Tedeschi, dai tratti del<br />
linguaggio liberty che si articola da Ettore Leoni (1886-<br />
1968), attivo per le famiglie Bormioli (1924), Romanini (1929), Chiari (1934),<br />
Tanzi (1939), a Camillo Uccelli (1874- 1942), progettista delle edicole Milza<br />
(1927) e Molinari (1929), a Mario Vacca autore dell’edicola Medioli (1929), a<br />
Ennio Mora (1885-1968), profèssionista al servizio di una committenza colta,<br />
cui si devono, fin le altre, le tombe Scotti, Corazza, Pizzetti, Lagazzi, Mordacci,<br />
Rizzoli 25 .<br />
1.2 - L'impianto e l'architettura<br />
Il 5 ottobre del 1818 viene presentato il progetto definitivo del cimitero: (...)<br />
Il recinto quadrato fuori e ottagonale all'interno è racchiuso da 156 portici<br />
assegnati alle diverse rappresentanze sociali (personaggi di corte, comune,<br />
università, ordine Costantiniano, Pia Unione degli Ufficianti, famiglie nobili<br />
e notabili, Ordini e Confraternite religiose). 26 Con il Decreto Sovrano riguardante<br />
i Cimiteri e i Seppellimenti, emesso da Maria Luigia il 18 Novembre del<br />
1819, si ricorda che“la città è stata provveduta di un vasto decente cimitero,<br />
dove è dato luogo separato per formarvi sepolcri particolari ad ogni Corpo<br />
Civile come Ecclesiastico, e ad ogni Congregazione religiosa sia dell’uno che<br />
dell’altro sesso” 27 .<br />
Con la delimitazione dello spazio e la determinazione di un metodo efficace<br />
per schermarlo dai vivi, e per renderlo riconoscibile. Quello che segue è la<br />
costruzione dei portici interni all'ottagono, dopo l’innalzamento del muro di<br />
recinzione, attraverso l'intervento dei privati. Avviene in momenti e in luoghi<br />
diversi, seguendo un ordine di vendita degli archi che spesso non coincide con<br />
quella che sembrerebbe la crescita più naturale del portico. Nell’ articolo 8 della<br />
Delibera di Maria Luigia, del 31 Agosto 1819 27 , si legge che la costruzione<br />
degli archi all’interno dell’Ottagono comincerà nello stesso tempo da una parte<br />
e dall'altra del Portone d'ingresso, e che dovrà avvenire a spese dei privati. “I<br />
richiedenti dovranno esser pronti a far por mano al lavoro quando loro spetti il<br />
farlo, giusta l'ordine della loro dichiarazione rispettiva, e al primo avviso che<br />
ne riceveranno dal Podestà. Non facendolo entro tre dì dalla data dell'avviso a<br />
loro dato, essi perderanno il benefizio dell'ordine, e dovranno fare, quando vi<br />
resti luogo, una nuova dichiarazione, come se non l'avessero mai fatta”. La costruzione<br />
dei portici procede, seguendo un disegno uniforme, precedentemente<br />
adottato: "I Portici saranno uniformi, e costruiti secondo il disegno adottato,
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
che sarà depositato negli uffici della Podesteria per essere comunicato ai concorrenti<br />
insieme alla perizia della spesa". I richiedenti, possono commissionare<br />
l'esecuzione dei lavori a loro piacimento, purchè la direzione i sia sotto il controllo<br />
di un architetto del Comune (Giuseppe Cocconcelli). “Ogni richiedente<br />
è obbligato a pagare al comune lire 14 e 9 centesimi, corrispondenti al prezzo<br />
Fig. 1 - Archivio Storico Comunale, Licenze di alcume cappelle del cimitero di Parma.<br />
Fig. 2 - Rilievi ed elaborazioni grafiche di alcune cappelle studiate.<br />
89<br />
1<br />
2
1<br />
90<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
dell'area necessaria alla costruzione del portico, secondo la perizia effettuata”.<br />
All’interno del Portico dunque, ciascuno è libero di decidere il tipo di ornamenti<br />
e abbellimenti da farsi, purché si lasci libero il passaggio da un portico<br />
all'altro e si sottoponga il disegno all'approvazione del presidente dell'Interno,<br />
il quale non lo darà che dopo aver sentito il voto dell'Accademia delle Belle<br />
Arti. Chiunque volesse avere un portico nel cimitero per "sepolcro particolare"<br />
doveva farne dichiarazione alla Podesteria, finendo così in uno dei grandi registri<br />
rimasti a perpetuare il ricordo di una proprietà e di una costruzione.<br />
Un'iconografia raffigurante la pianta del suburbano cimitero della città di Parma<br />
con il regesto delle proprietà delle arcate 29 , testimonia come la costruzione<br />
avvenga in tempi diffrenti e si leggono le proprietà degli archi, assegnate ai<br />
privati, alle Confraternite, agli Ordini, alle Corporazioni, o al Comune. Nel<br />
luglio del 1820 sono già 21 gli Archi richiesti, dall'Ordine Costantiniano di San<br />
Giorgio ai Monaci Benedettini, dal Capitolo di Canonici della Cattedrale al<br />
Consorzio della Cattedrale, dal Collegio dei Parroci all’Università. e al 1856<br />
“approssimativamente finiti”: nel lato della porta d'ingresso vanno dal numero<br />
1 al numero 18, e nell'altro, quello della Cappella, dal numero 133 al numero<br />
156. Lo schema architettonico è semplice e l’idea ripetuta. Nello Spaccato della<br />
Cappella pel Cimitero della Villetta e dei portici laterali ideati all'interno di<br />
Fig. 1- Archivio di stato di Parma, Governatorato, 1817, b. 543. Progetto di due avancorpi da<br />
costruirsi all'ingresso del Cimitero 1905.
2<br />
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
tutto il Recinto si vede il progetto seguito dai privati per la costruzione degli<br />
archi e delle cripte.<br />
I 156 archi sono pensati come grandi campate, coperte con volte a vela. E da<br />
queste comincia la costruzione.<br />
Il rilievo come verifica di ipotesi costruttive<br />
Il lavoro di ricerca sul passato è partito da alcune osservazioni emerse dal rilievo<br />
delle cripte, tutte diverse, e in parte rimaneggiate, che non sempre coincidono<br />
con l’immagine che si legge nei documenti della loro costruzione. Il lavoro<br />
di rilievo sulle cripte dell'Ottagono si è svolto infatti sul duplice piano: quello<br />
geometrico e quello documentario, nel tentativo di ottenere un quadro cronologico<br />
e spaziale della costruzione, che potesse correlarsi al diffuso stato fessurativo<br />
degli archi sovrastanti. Il racconto della costruzione degli archi parte dalla<br />
perizia in cui si legge:“Perizia per la costruzione di 3 nuovi portici nel cimitero<br />
della Villetta in quel lato sud alla sinistra entrando, in continuazione di quelli<br />
che furono elevati nello scorso anno, e questi porteranno i numeri:117 isolato,<br />
51 ed il terzo in angolo” del 1863 28 - seguita da altre del tutto simili per archi<br />
successivi: “I tre portici cadauno sarà composta in pilastri distanti fra loro<br />
3,66 m dal muro di cinta 3,57 m”, e le misure che compaiono qui sono le stesse<br />
riscontrate nel rilievo eseguito. Il documento prosegue: “Verranno sovrapposti<br />
degli archi a tutto sesto, ed altri simili verranno impostati a piedritti loro<br />
Fig. 2 - Archivio di stato di Parma, Governatorato, 1817, b. 543. Assegnazione dei portici ai<br />
privati e schema di concessione che mostra l'ordine di costruzione.<br />
91
3<br />
4<br />
92<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Fig. 3<br />
Archivio di stato di Parma, Governatorato,<br />
1817, b. 543. Delibera di Maria Luigia<br />
per la costruzione dei portici nel cimitero<br />
della Villetta;<br />
Fig. 4 Archivio di stato di Parma, Governatorato,<br />
1817, b. 543. Pianta ed elevazione<br />
del portico del cimitero<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
aderenti dalla parte del portico ad altri<br />
piedritti simili già costruiti nel muro di<br />
cinta”.[...] e questi e quegli archi sosterranno<br />
una volta detta a vela che ricopre<br />
il portico sud, la qual volta sarà alta col<br />
vertice nell'intradosso 5,60 sul pavimento<br />
del medesimo”. Ancora le misure sono<br />
quelle attuali, testimoniando una perpetuità<br />
della costruzione.“Sottoposto al pavimento<br />
sud sarà costruita una camera<br />
mortuaria, il piano della quale scenderà<br />
a 3,24 sotto il suddetto pavimento, avrà<br />
la lunghezza di 4,24 m la larghezza di<br />
3,51 e l'altezza sotto la sommità della<br />
volta che deve coprirla in 2,75”. Il muro<br />
del recinto voluto da Maria Luigia aveva<br />
le fondazioni ad una quota non sufficientemente<br />
profonda da poter costituire<br />
la parete esterna della camera mortuaria<br />
sottostante, prevista per i singoli archi.<br />
Si esegue quindi uno scavo e una sottofondazione<br />
del recinto già costruito, determinando<br />
quella interssante anomalia<br />
di costruzione che forse ne rappresenta<br />
la prima causa di dissesto. “Questa volta<br />
avrà la saetta di 0,75 m, nel suo asse<br />
trasversale distante 0,45 m dal muro di<br />
cinta vi sarà lasciato un'apertura in 0,68<br />
in quanto munita di una pietra amovibile<br />
grossa 0,10 m”. Il rilievo geometrico<br />
della seconda cripta analizzata conferma<br />
le misure della perizia - quella dell’arco<br />
n.70 (fig.4), la più antica. Uno degli archi<br />
rilevati, il n. 140 (fig.5), di proprietà<br />
del Comune, presenta misure diverse<br />
rispetto a quelle riportate nel documento<br />
di perizia precedentemente trascritto.<br />
Anche i materiali sono diversi, rendendo<br />
testimonianza di interventi successivi.<br />
Dalle misure effettuate si rileva come<br />
le dimensioni planimetriche della cripta<br />
siano pressocchè identiche a quelle pre-
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
Fig. 5 Rilievo arco 70: piante prospetti e sezioni.<br />
93<br />
5
94<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
scritte in fase di progetto, mentre a variare è la profondità della camera mortuaria,<br />
oltre alla forma della volta, che risulta essere meno accentuata rispetto<br />
alla freccia prevista dal documento riportato (0,75 cm). La cripta dell’arco n.70,<br />
invece è del tutto rispondente, alle prescrizioni progettuali del Bergamaschi -<br />
l’Ingegnere del Comune direttore dei lavori di costruzione degli archi. Di proprietà<br />
privata, fu costruita probabilmente intorno al 1860. L'imposta della volta<br />
misurata è di 2,08 m mentre la sua sommità è a una quota di 2,80 circa dalla<br />
quota del pavimento, rispettando quindi le indicazioni documentarie. Sembra<br />
interessante osservare qui una differenza di profondità tra l'imposta della pavimentazione<br />
delle prime camere mortuarie costruite (in particolare quelle ai lati<br />
dell'oratorio di cui si è rintracciata la sezione) e quella delle camere costruite<br />
successivamente (secondo i documenti, dal 1860 al 1880 circa). Dal disegno<br />
delle prime si ricava una profondità del pavimento di 2 m, sotto la sommità della<br />
volta sovrastante, contro ad una profondità misurata e documentata delle seconde<br />
(successive, es.N.70) di 2,80-3 m. La volta rilevata nella seconda cripta<br />
è a botte, come anche riportato nel disegno della sezione dell'oratorio. Si parla<br />
invece, nel documento del 1863 29 e seguenti, di volte a vela che dovrebbero<br />
ricoprire le camere mortuarie, del tutto identiche a quelle dei portici sovrastanti.<br />
Qui il documento si allontana dalla realtà, a sancire quella distanza che c’è<br />
sempre tra progetto e costruzione. Il grande cantiere dell’Ottagono viene chiuso<br />
pochi anni più tardi. In un documento si legge che nel 1876 30 rimangono solo<br />
6 archi da terminare. A saturare gli spazi vuoti del recinto, fino a trasformarlo<br />
definitivamente in portico. Ma la costruzione della città dei morti continua, per<br />
singoli interventi quasi scultorei nelle edicole interne al recinto, e per grandi<br />
espansioni che recuperano altri simboli a conclusione del progetto. Nel 1876<br />
comincia la costruzione di una delle due grandi Gallerie cruciformi che allargano<br />
simmetricamente l’Ottagono sul territorio, prima verso Sud e, pochi anni<br />
dopo, a Nord. Il cantiere è poco documentato, e sembra svolgersi senza particolari<br />
anomalie fino al 1884, anno in cui si chiude. Il tempo di completare stucchi<br />
e intonaci e il cantiere incessante della nuova città si riapre sul lato opposto<br />
dell’Ottagono, dal 1898 ai primi anni del ‘900. Dai documenti raccolti sembra<br />
di poter dire 1905 31 .
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
Fig. 6 Rilievo arco 140: piante prospetti e sezioni.<br />
Schema del passaggio di una bara.<br />
95<br />
6
7<br />
8<br />
96<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Fig. 7 Archivio di stato di Parma, licenze<br />
di fabbrica, Monumento ai Caduti di Mario<br />
Moguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Fig. 8 Archivio di stato di Parma, Governatorato,<br />
1817, b. 534/ cultoII , progetto per la copertura<br />
centrale della Galleria Sud da costruirsi affianco al<br />
cimitero originario della Villetta nell'ambito di un<br />
cocnorso. Vincitore Sante Bergamaschi.<br />
Fig.9 Schizzi di tombe, Archivio Storico Comunale,<br />
licenze di fabbrica.<br />
Fig.10 Alessandro Marzaroli, disegno della tomba<br />
Bevilacqua, Archivio Storico Comunale, 1919.<br />
9<br />
10
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
11 12<br />
Fig. 11 Archivio di stato di Parma, Presidenza dell' Interno, cultoII, b.255, 1826, monumento De<br />
Rossi, acquerello.<br />
Fig.12 Archivio di stato di Parma, acquerello per un arco sepolcrale, 1863, b. 168, f.21.<br />
Fig.13 Archivio Storico Comunale, acquerello per l'arco della fam.Bonardi, carteggio, 1863, culto/cimitero,b.54,f.1,<br />
carta 863-215.<br />
97<br />
13
98<br />
il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
La storia<br />
Note<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
1 Una “superba allea fiancheggiata di cipressi e, a tratti, di statue…” è ricordata a proposito<br />
del progetto di collegamento del Cimitero Monumentale di Milano con la città. La cit. è tratta da<br />
Sullo stile dei cimiteri, in “Giornale dell’Ingegnere Architetto ed Agronomo”, giugno 1856, vol.<br />
III, n. 80, p. 648.<br />
2 Hugh Honour, Neoclassicismo,Torino, Einaudi, 1993.<br />
3 G. Sitti, Parma nel nome delle sue strade, 1929, p.208.<br />
4 Viene istituito il cimitero di Parma in Archivio di Stato di Parma, Casa e corte di Maria Luigia(1810-1848)<br />
/Entrate e spese di Poderi vari dei beni patrimoniali della corte (serie VI p.51)<br />
b. 410 Demanio della corona.<br />
5 Si decide la costruzione del cimitero della Villetta (Rescritto sovrano del 13-2-1817); si acquista<br />
dal Collegio dei Nobili il podere della Villetta; il progetto è del Cocconcelli che probabilmente<br />
riprende quello del Bettoli suo genero nel 1816, poi viene ampiamente modificato (Paolo<br />
Donati). (...) Il podere è già recintato e in marzo si inizia a seppellire dopo l’epidemia di tifo;<br />
il primo sepolto è Angelo Mazza (...),in Molossi Lorenzo, Vocabolario topografico dei ducati di<br />
Parma Piacenza e Guastalla, tip.ducale Parma, 1832-34, Donati Paolo, Nuova descrizione della<br />
città di Parma, Parma 1824.<br />
6 Archivio Storico, Iconografia del suburbano cimitero della città 1819, Registro delle proprietà<br />
delle arcate.<br />
7 F. Milizia, 1972, Principj di architettura civile, Finale 1781, rist. anstatica dell’ed. 1847, Milano,<br />
Mazzotta, pp. 331-333.<br />
8 Cimitero detto La Villetta, Tito Boselli e Pietro Sottili in I principali monumenti innalzati dal<br />
1814 al 1823 da sua Maestà Maria Luigia, pubblicati da P. Toschi, A. Isaac, M. Bettoli e descritti<br />
da M. Leoni, Parma, 1824; Biblioteca dell’Archivio di Stato di Parma.<br />
9 Consiglio degli Anziani, Delibera, Ms. (1818, 17 ottobre) Archivio di Stato di Parma, fondo<br />
Comune, b.2292.<br />
10 Ampliamento cimitero degli Israeliti/ legge che regola i cimiteri e la sepoltura degli<br />
acattolici,ASC B 76/culto, 1864.<br />
Archivio Storico Comunale, carteggio, Iconografia del progetto per ampliare il pubblico cimitero<br />
di Parma, 1880, acque, b550; Progetto del 1872 per la realizzazione delle gallerie.<br />
11Molossi Lorenzo, Vocabolario... p.349<br />
12 Archivio Storico di Parma, Mappe del Patrimonio dello Stato, vol.6, n.633-634-GAL: Cappella<br />
di S. Gregorio Magno, con pala di Giorgio Scherer, consacrata 24/5/1823.<br />
13 Archivio Storico Comunale, 1876, busta 449, Strade.<br />
14 Archivio Storico Comunale, b. 396/ culto cimitero, 1875, Progetto di ampliamento del cimitero<br />
con due gallerie cruciformi (a nord e a sud del campo) per una capacità totale di 4040 posti.<br />
15 Archivio Storico Comunale, b. 550/acque c.293, 1880. La Galleria Sud esiste già, Sante Bergamaschi<br />
progetta galleria nord (uguale alla sud).<br />
16 Archivio Storico Comunale b.1493 culto/II, 1893. Il Progetto della Galleria Nord è diverso<br />
dalla precedente realizzata 1898/1900; durante gli scavi si trovano i resti di una villa romana<br />
(museo archeologico); Costruzione di una nuova galleria da erigersi a nord del cimitero della<br />
Villetta, Archivio Storico Comunale b. 1255/I culto, 1898/1905.<br />
17 Archivio Storico Comunale, cassetti b. 1492/ culto, Progetto di due avancorpi da costruirsi<br />
all'ingresso del cimitero.<br />
18 Archivio Storico Comunale,1934, Culto/cimitero<br />
19 Archivio Storico Comunale,1935, Culto/cimitero, carteggio.
Capitolo I La storia<br />
Parte II Il cimitero della Villetta a Parma: una nuova matrice progettuale e di costruzione<br />
20 Archivio Storico Comunale , Licenze di fabbriche, 1923. b.43.<br />
21 Archivio Storico Comunale, 1880, carteggio, acque, b.550, Iconografia del progetto per ampliare<br />
il pubblico cimitero di Parma.<br />
22 G. Gonizzi, I Luoghi della storia, Atlante topografico parmigiano,PPS editrice Parma 2001.<br />
23 R. Bossaglia, 2001, Percorso della scultura tra Ottocento e Novecento, in Il Monumentale di<br />
Milano, cit., pp. 171-183; La Gipsoteca Leonardo Bistolfi, a cura di G. Mazza, Comune di Casale<br />
Monferrato.<br />
24 ASC, Licenze di fabbriche, b.33/1020.<br />
25 ASC, Licenze di fabbriche. Lo studio sulle edicole di queste famiglie è ancora in corso.<br />
26 Molossi, Vocabolario...: il 5 ottobre del 1818 viene presentato il progetto definitivo del cimitero:<br />
il recinto quadrato fuori e ottagonale all'interno racchiuso da 156 portici assegnati alle<br />
diverse rappresentanze sociali (...)<br />
27 Archivio di Stato di Parma, in Raccolta leggi, 1819, " Decreto sovrano riguardante ai cimiteri<br />
ed à seppellimenti" , n°74, del 19 agosto che indica come devono essere fatti i portici.<br />
28 Archivio Storico Comunale, culto/cimitero, carta 215, b.54, 1863.<br />
29 Archivio Storico Comunale, culto/cimitero, carta 863, b. 54, 1864, Sulla costruttura dei portici<br />
30 Archivio Storico Comunale, culto/cimitero, b.426, 1876.<br />
31 Federica Ottoni, La costruzione in Città perduta, architetture ritrovate. L'ottagono del cimitero<br />
della Villetta e altre architetture funerarie a Parma. edizione EPS, Pisa, 2007<br />
99
140<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei recinti a Parma<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Il sistema dei recinti a Parma
Capitolo 2 Il sistema dei recinti a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
1.3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Lo schema del recinto è la matrice tipologica di ogni nucleo storico dei cimiteri<br />
del comprensorio parmense: è il fulcro da cui si sviluppano le successive<br />
crescite che avvengono per addizione di nuove “corti”; esso sottende una geometria<br />
comune, quella della croce che sacralizza e struttura, proietta e definisce.<br />
Diviene anche, nel tempo colonna vertebrale alla quale si legano altri<br />
“recinti” che segnano e di-segnano lo spazio secondo un’addizione che pare<br />
non segua nessuna “legge” simbolica e architettonica. I nuovi nuclei sono dei<br />
piccoli chiostri che assumono le forme del quadrato del rettangolo del trapezio<br />
e dell’ottagono.<br />
Francesco Milizia nel 1781 nel suo Trattato di architettura civile scriveva: ”E’<br />
da un pezzo che la filosofia ha intimato il bando alle sepolture e ai cimiteri,<br />
non solo fuori alle chiese, ma anco fuori delle città, e lungi dall’abitare per<br />
la semplice ragione, che i morti non debbano ammorbare i vivi” e inseriva i<br />
cimiteri tra gli “Edifici per salute e bisogni pubblici” considerandoli tra i segni<br />
più acclarati del “cammino della ragione” 1 .<br />
Milizia proponeva anche una possibile configurazione di cimitero: un “ampio<br />
recinto quadrato”, o di “qualunque altra figura curva o mistilinea” circondato<br />
verso l’interno da portici e arcate dove collocare i segni funebri o i “cenotafi<br />
delle famiglie benemerite”, corredato di spazi per gli ossari e di una cappella<br />
al centro a forma di Pantheon o di piramide. Nell’insieme i monumenti e i<br />
decori dovevano “accrescere l’immaginazione di luogo terribile”: i materiali<br />
dovevano essere di color grigio e il rivestimento a bugnato alveolato “genere<br />
d’ornamento analogo alla corruzione dè corpi umani”, di coperture in “ardesia<br />
a tinte fosche”, di una complessiva area lugubre che annunciasse al primo colpo<br />
d’occhio un “soggiorno di tenebre”.<br />
Il riferimento a modelli antichi, la composizione simmetrica, il disegno su basi<br />
geometriche, le ripartizioni spaziali come trama di differenziazioni sociali, le<br />
figure simboliche, i significati allusivi, divengono le componenti significative.<br />
Il progetto di Louis-Jean Desprez per il cimitero di Parigi del 1776 esprime il<br />
141
142<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
senso del cimitero come luogo collettivo, attraverso spazi destinati alle sepolture<br />
dei cittadini illustri. Emblematica la dedica a Voltaire.<br />
L’impianto quadrato e contornato da portici che contengono tra le arcate i monumenti<br />
sepolcrali, con cappella piramidale al centro e sepolture comune nei<br />
campi aperti, definisce un’architettura semplice e di grande chiarezza compositiva<br />
tanto da esssere adottata da molti progetti succesivi; una soluzione tipica<br />
dove il linguaggio neoclassico entra in sintonia con l’assunzione di modelli<br />
compositivi e di architetture da considerarsi come figure generative del luogo<br />
di sepoltura: il centro geometrico e simbolico segnato dall’inserto di una<br />
struttura monumentale (cenotafio, mausoleo,cappella sepolcrale), la piramide,<br />
monumento sepolcrale per eccellenza; l’ordine dorico, il più serio e austero; le<br />
croci issate su obelischi che dissolvono nel simbolismo cristiano reminescenze<br />
pagane, l’attenzione ai prospetti e alle parti d’ingresso, e implicitamente al rapporto<br />
dei luoghi di sepoltura con l’intorno e, soprattutto il recinto perimetrale:<br />
concettualmente così connesso al concetto di cimitero quasi da esserne anche<br />
sinonimo 2 .<br />
“Sacro recinto” è un’espressione diffusa che sottende significati antropologici<br />
e simbolici: è una disposizione che indica una separazione e una segregazione,<br />
ma fa seguito anche ad un atto di fondazione e riconoscimento, implica la custodia,<br />
assicura la protezione da e verso l’esterno. E’ un confine costruito che<br />
imprime caratterizzazione e articolazione architettonica dando senso ai percorsi,<br />
alle suddivisioni, alle logiche costruttive.<br />
Il simbolo della croce “sacralizza” il recinto: esso diviene dimora che custodisce,<br />
protegge e confina.<br />
Anche a Parma gli elementi che strutturano il nuovo cimitero sono un muro di<br />
cinta, un piccolo fabbricato d’ingresso e una cappella funeraria, prevista inizialmente<br />
al centro del campo. In queste elaborazioni datate 1817, le forme di<br />
matrice razionale e monumentale della tradizione illuminista, lasciano il posto<br />
a stilemi neoclassici.<br />
Nel cimitero della Villetta viene approvato il progetto definitivo firmato dal<br />
Cocconcelli, che prevede una forma con tipologia a “corte” ottagonale porticata<br />
con quattro lati maggiori e minori opposti tra loro. Questi ultimi formano con il<br />
muro a pianta quadrata, circoscritto all’ottagono, quattro spazi triangolari “piu’<br />
che sufficienti per formare un ossario, e anche cimiteri per quei che professano<br />
Religione differente dalla nostra (…). La Cappella è in faccia all’ingresso così<br />
che la vista del cimitero viene a rimanere più libera (…)” 3 .<br />
La concezione fondamentalmente laica del cimitero si adatta alla fede della<br />
popolazione locale determinando una tipologia specifica alla città di Parma.<br />
I primi progetti proposti per il cimitero urbano, a carico dello Stato, occorrenti<br />
per la nuova fabbrica, impongono ai privati la realizzazione diretta degli archi<br />
acquistati.<br />
Con la conclusione dell’ottagono porticato del 1868 si demolisce il vecchio
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
143<br />
muro di cinta della tenuta e si avviano una prima serie di ampliamenti. Il primo<br />
è progettato nel 1875 dall’ingegnere capo dell’Ufficio d’Arte Municipale Sante<br />
Bergamaschi e prevede la costruzione di due gallerie gemelle a nord e a sud<br />
con impianto a croce latina, disposte lungo l’asse longitudinale dell’ottagono<br />
che struttura la “corte interna” di-segnando il nuovo spazio che dall’interno si<br />
proietta verso un secondo recinto.<br />
Le due gallerie individuano insieme all’oratorio e all’ingresso i quattro fulcri<br />
del nuovo cimitero, all’interno del quale i portici e il recinto continuano a mantenere,<br />
nella trasformazione, la stessa valenza di “modulo” e di spazio “concluso”.<br />
La crescita successiva mostra l’addizione di nuovi recinti.<br />
E’ possibile schematizzare in moduli elementari i nuclei storici dei cimiteri<br />
minori per poter individuare delle relazioni, identificando nel cimitero della<br />
Villetta e in quello di Marore le matrici formali e dimensionali di riferimento.<br />
Marore ha un’area di 1/8 di quella della Villetta.<br />
Valera e Ugozzolo sono riconducibili alla sommatoria di due quadrati la cui<br />
area si rapporta a 1/10 di quella della Villetta;<br />
Baganzola, che tra l’altro possiede la medesima articolazione architettonica di<br />
Valera nella tipologia del porticato e dell’oratorio, individua un’ area 1/2 di<br />
quella di Marore;<br />
Eia, S.Pancrazio e Viarolo rispettivamente di circa 1/6, 1/3 e 1/4 di quella di<br />
Marore.<br />
Il disegno geometrico e regolare che scandiva gli spazi dei cimiteri sette-ottocenteschi,<br />
si è dissolto per dare spazio ad altre geometrie dettate da esigenze<br />
funzionali e morfologiche piuttosto che da valori simbolici e formali.<br />
Il portico che accoglie gli avelli nello spessore del muro rimane l’unico “attore”<br />
originale della scena: la sua tipologia è quella del chiostro costituito di portici<br />
modulari e modulati dalla dimensione degli avelli.<br />
Lo stile architettonico prevalente è quello neoclassico per la Villetta e Valera ed<br />
eclettico per tutti gli altri.<br />
Il portico della Villetta è costituito da pilastri rettangolari senza paraste con capitelli<br />
dorici ed archi a tutto sesto; anche Valera presenta nella parte più recente<br />
del nucleo campate con pilastri senza paraste e capitelli dorici ma gli archi sono<br />
a tutto sesto ribassate.<br />
La dinamica spaziale che si riscontra nei cimiteri del comprensorio parmense è<br />
dettata dall’articolazione degli assi e dei flussi che determina un preciso disegno<br />
di crescita e tras-formazione della struttura architettonica.<br />
Potremmo affermare che la tipologia architettonica risultante è data dall’interazione<br />
di “linee invisibili” che governano lo spazio dei cimiteri.<br />
Queste linee del piano orizzontale si traspongono anche su quello verticale dettando<br />
le geometrie da cui si sviluppa la tipologia dei portici e degli oratori che<br />
strutturano il recinto storico.<br />
Esiste un’interessante relazione tra il numero dei portici direttamente collegati
144<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
agli oratori: sono cinque per ogni lato e questo si ripete per tutti i cimiteri fatta<br />
eccezione per quello di Eia e della Villetta.<br />
Il disegno del nucleo storico della Villetta è la matrice geometrica di riferimento:<br />
l’ottagono sottende qudrati e rettangoli le cui dimensioni sono quelle dei<br />
“recinti” di tutti gli altri.<br />
La base quadrata o rettangolare, contornata da portici che contengono tra le<br />
arcate i monumenti sepolcrali con una cappella e le sepolture comuni nei campi<br />
aperti, diviene lo schema tipico per questi progetti: la croce che unisce simbologie<br />
cristiane e pagane diviene generatrice dello spazio chiuso dal recinto e dai<br />
prospetti che inquadrano le loro focali nelle porte degli ingressi sottolineando il<br />
ruolo cardine del cimitero, ovvero, di luogo di confine tra un dentro e un fuori,<br />
recinto che che chiude ma anche apre, separa ma anche unisce nuovi mondi”.<br />
Luogo di meditazione e pace dove il sepolcro, unico tramite tra defunti e vivi,<br />
alimenta quella “corrispondenza d’amorosi sensi” di foscoliana memoria, che<br />
permette a chi non c’è più di continuare a vivere nel ricordo dei propri cari.<br />
Note<br />
1 Francesco Milizia, Principi di architettura civile, Reimondini, Bassano, 1781, riesizione Sapere<br />
2000, Tomo II, pagg. 289-290.<br />
2 Mauro Felicori, Gli spazi della memoria. Architetture nei cimiteri monumentali europei, Sassella<br />
2005.<br />
3 C. Cocconcelli, perizia delle spese occorrenti per la costruzione di un cimitero (...), Ms. (1817,
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Fig. 2 - Organizzazione planimetrica dei recinti: forma e dimensione; soluzione planimetrica<br />
della campata del portico.<br />
145
146<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Fig. 3 - Schemi funzionali e orientamento dei cimiteri.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
percorsi<br />
sepolture<br />
servizi
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Fig. 4- Impianti planimetrici dei recinti originari e fasi di crescita dei nuclei storici dei cimiteri<br />
minori .<br />
147
148<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Fig. 5 - Organizzazione architettonica del fronte dei portici storici dei cimiteri minori.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Lo studio architettonico e funzionale degli impianti<br />
149
150<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Marore<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Il nucleo storico del cimitero di Marore presenta un unico asse maggiore<br />
longitudinale che collega l’ingresso verso la cappella, e un asse minore<br />
trasversale e ortogonale a questo che taglia in mezzo il recinto principale del<br />
primo nucleo storico, che è articolato da portici strutturati secondo modelli<br />
formali che permettono di riconoscere le diverse fasi costruttive.<br />
La prima è caratterizzata dai portici ai lati dell’ oratorio: essi sono costituiti<br />
da 10 campate con cripte. La pianta di ciascuna di esse è rettangolare, l’alzato<br />
presenta archi a tutto sesto con ghiere in mattoni e pilastri rettangolari con<br />
capiteli di ordine dorico “stilizzato”.<br />
Anche nel secondo tipo di portici le arcate “disegnate” da ghiere in mattoni<br />
sviluppano l’alzato: lungo i lati longitudinali del recinto essi articolano 64<br />
campate a pianta rettangolare con sepolture ad avelli nello spessore del muro.<br />
Lo sviluppo del cimitero avviene per aggregazione di spazi strutturati secondo<br />
quattro tipologie differenti:<br />
- i 4 chiostri quadrati aggregati in un unico recinto in cui si affacciano gli<br />
avelli disposti su più piani, all’interno dei quali possiamo individuare una<br />
particolare tipologia di cappelle aggregate lungo i due assi a formare una sorta<br />
di girandola;<br />
- il chiostro a “trapezio” in cui si individuano due spazi recintati dagli avelli<br />
disposti su due piani; all’interno di questa tipologia si dispongono armonicamente<br />
le cappelle secondo un’aggregazione in linea.<br />
- il chiostro a U, ai piedi di quest’ultimo, ad avelli su due piani con un piccolo<br />
giardino
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
centrale.<br />
- il recinto rettangolare allungato il cui ingresso è lungo l’asse minore, del<br />
nucleo primitivo, è tagliato in due parti uguali attorno alle quali si affacciano<br />
gli avelli.<br />
- Il chiostro “ottagonale” (la parte più recente in buona parte non realizzata)<br />
sviluppato secondo i due assi ortogonali e recintato da avelli che delimitano in<br />
modo non continuo lo spazio dell’interno.<br />
Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />
seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />
nuclei di sviluppo.<br />
La crescita: avviene parallelamente all’asse longitudinale<br />
e si sviluppa mediante quattro nuclei<br />
costituiti da geometrie differenti:<br />
- rettangolare il recinto a est;<br />
- quadrata per i due recinti a ovest,<br />
- a trapezio per la parte nord-ovest caratterizzata<br />
151<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />
del recinto principale e da questo attraverso<br />
l’apertura di due portici, si accede ai<br />
nuclei nuovi.<br />
Per tutti e quattro i recinti lo spazio si struttura<br />
secondo gli assi cardo e decumano.<br />
da una sequenza di campate dettate da colonne<br />
di fer ro che sostengono una struttura a sbalzo;<br />
anche gli stralli che ancorano i parapetti del ballatoio,<br />
ritmano lo spazio delle campate;<br />
- ottagonale per il nuovo e più recente ampliamento<br />
a nord.
152<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
i portici<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
153<br />
Corcagnano<br />
Il progetto generale dell’ingresso e dell’oratorio è attribuibile a Mario Monguidi così<br />
come il monumento ai caduti, antistante al cimitero, nel cui disegno i volti ricordano<br />
quelli raffigurati nel surrealismo di Salvador Dalì.<br />
L’impianto presenta un unico asse centrale longitudinale e un asse minore trasversale<br />
e ortogonale a questo che taglia in mezzo il recinto principale. In esso si possono<br />
distinguere tre tipi di portici ad avelli che individuano le successive fasi di crescita:<br />
- la più antica dei primi del novecento, porticata con 48 campate, è articolata secondo<br />
linee semplici: pianta rettangolare e arcate senza ornamenti; la pavimentazione è in<br />
marmaglia per le prime 5 campate rispettivamente a destra e a sinistra della cappella,<br />
poi è in ceramica bianca;<br />
- la seconda realizzata dopo il 1950, si sviluppa mediante quattro stecche in linea con<br />
portici ad avelli che strutturano in tutto 28 campate; esse sono rivestite da listelli di<br />
cotto a vista e pavimentato in grès. La tipologia delle stecche è rettangolare e ogni<br />
campata presenta ciascuna due pilastri in grès con architrave in cemento.<br />
- la terza tipologia si sviluppa a destra e a sinistra dell’ingresso ed è costituita da<br />
un ballatoio in cemento a vista a sette campate per lato che servire gli avelli dei<br />
piani superiori. Ad essi vi si accede mediante una scala in ferro a “semochioccia”;<br />
la pavimentazione superiore è in grès, palladiana, marmo bianco e beige; quella<br />
inferiore è in palladiana e in marmo “rosso verona”.<br />
Lo sviluppo del quarto nucleo si struttura per aggregazione di quattro moduli “a<br />
chiostri” in cemento a vista e pavimentazione in grès e dove il ballatoio serve gli<br />
avelli del piano.
154<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />
del recinto principale e da questo attraverso<br />
l’apertura di un portico, si accede ai due<br />
nuclei nuovi.<br />
Per tutti e tre i recinti è la forma che determina<br />
la fruizione dello spazio.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
superiore.<br />
Le cappelle che delimitano il recinto -a continuazione degli avelli del primo<br />
nucleo- si sviluppano in linea e riprendono lo schema dei cimiteri dei piccoli<br />
centri come Colorno e Sabbioneta.<br />
Fra queste spicca una cappella con un mosaico su disegno autografo di Mattioli<br />
raffigurante la resurrezione di Cristo, a ricordo dei caduti della II^ guerra.<br />
4<br />
1<br />
2 2<br />
3<br />
4<br />
La crescita: avviene parallelamente all’asse<br />
longitudinale con la formazione di piccoli chiostri<br />
rettangolari e ortogonali a questo e con la<br />
formazione di un porticato a ballatoio in linea<br />
con l’ingresso.<br />
Anche all’interno del nucleo originario si conforma<br />
la crescita attraverso quattro stecche in<br />
linea all’asse principale.<br />
Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />
seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />
nuclei di sviluppo.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
i portici laterali<br />
i portici frontali<br />
l’oratorio<br />
l’articolazione dell’architettura<br />
155
156<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Valera<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Il nucleo storico antico mantiene una chiara immagine neoclasica ed è individuabile a sud<br />
dell’attuale assetto: l’impianto è un rettangolo con un unico asse centrale longitudinale<br />
che divide i campi di inumazione, e un asse minore trasversale e ortogonale a questo che<br />
taglia in mezzo il recinto principale.<br />
In esso possiamo distinguere un’ unico tipolo di portici con cripte ed avelli a campate<br />
rettangolari non comunicanti (32) e alzato ad archi a tutto sesto senza ornamenti. I portici<br />
vengono “convogliati” in un unico punto focale lungo l’asse principale rappresentato da<br />
una campata aperta che inquadra l’oratorio e ornato di paraste doriche e timpano.<br />
Il secondo nucleo si dispone in l’asse al primo, ed è delimitato da un portico costituito di<br />
14 campate anch’esse a pianta rettangolare e ad archi senza ornamenti.<br />
Il terzo è in successione a questo: di forma rettangolare è articolata da due chiostri ad<br />
avelli a “ferro di cavallo” e dall’oratorio al centro.<br />
Il quarto nucleo di ampliamento più recente, è costituito da chiostri che presentano due<br />
tipologie differenti:<br />
- una a pianta rettangolare (formata da due quadrati) dove gli avelli sono nello spessore<br />
del muro e disposti a ferro di cavallo, in questa l’aggregazione avviene parallelamente<br />
all’asse longitudinale;<br />
- una a pianta quadrata che diviene “modulo” la cui crescita avviene secondo le due<br />
direzioni longitudinale e trasversale: in questo schema aggregativo la crescita può<br />
definirsi all’ infinito, questa tipologia presenta 4 colonne o pilastri ai vertici di ogni<br />
quadrato, che definiscono il piccolo cortile nonché il passo dell’aggregazioni.<br />
Portico del primo nucleo storico con ingresso in asse all’oratorio del terzo nucleo.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Gli assi: lo spazio viene strutturato da assi ortogonali<br />
che inquadrano in un unico recinto i<br />
4 nuclei storici; queste linee invisibili sottendono<br />
geometrie nascoste che danno forma alle<br />
dinamiche spaziali.<br />
La crescita: avviene parallelamente lungo gli<br />
assi longitudinali e si sviluppa mediante piccoli<br />
chiostri quadrati a ovest e uno più grande,<br />
rettangolare, a nord.<br />
157<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />
del recinto principale e da questo attraverso<br />
l’apertura di un portico, si accede ai due<br />
nuclei nuovi.<br />
Per tutti e quattro i recinti è la forma che determina<br />
la fruizione dello spazio. Queste linee<br />
invisibili danno forma ad uno spazio che diviene<br />
luogo proprio per questi assi generatori<br />
determinati da un ben preciso processo di fruizione.
158<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
i portici più antichi<br />
l’ingresso<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
S.Pancrazio<br />
L’articolazione spaziale presenta un unico asse centrale longitudinale che<br />
proietta l’ingresso verso la cappella, e un asse minore trasversale e ortogonale a<br />
questo che taglia in mezzo il recinto principale del primo nucleo storico (datato<br />
1917-1940) che è articolato da portici strutturati secondo due tipologie.<br />
La prima riguarda i portici ai lati dell’ oratorio: essi sono costituiti da quattro<br />
campate una aperta ad avelli e tre tamponate a formare cappelle private. La<br />
pianta di ciascuna di esse è rettangolare, e l’alzato presenta lesene rettilinee che<br />
inquadrano la porta delle cappelle e un arcata aperta per gli avelli.<br />
La seconda tipologia di portici si sviluppa ai lati del recinto ed è costituita da 14<br />
campate a pianta rettangolare e alzato di tipo neoclassico: le lesene e l’architrave<br />
inquadrano gli archi inscritti in un disegno rettangolare; il pavimento è in<br />
cemento colorato per le prime campate e in marmaglia per quelle successive.<br />
Il secondo nucleo storico (1980-1990) si sviluppa immediatamente sul dorso<br />
Portico del primo nucleo storico; l' ingresso e l’oratorio.<br />
159
160<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
del primo e presenta un porticato a pilastri realizzato in cemento a vista. In esso<br />
due cappelle private si addossano al retro dell’oratorio, e la pavimentazione in<br />
grès per le campate e in porfido per la parte centrale, prosegue identica nel terzo<br />
nucleo (1990/2000) sempre porticato, con pilastri e colonne in cemento negli<br />
avelli con granito limbara e rosso per lo zoccolo.<br />
Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />
seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />
nuclei di sviluppo.<br />
Lacrescita: avviene per sommatoria di due recinti<br />
rettangolari di forma e dimensioni uguali.<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il peri-<br />
metro del recinto principale e da questo attra-<br />
verso l’apertura di un portico, si accede ai due<br />
nuclei nuovi.<br />
Per tutti e tre i recinti è la forma che determina<br />
la fruizione dello spazio,.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Eia<br />
Il cimitero di Eia si struttura all’interno di un piccolo recinto in pietra. Questo presenta un<br />
unico asse centrale longitudinale: insieme ad essa i quattro portici ad avelli sono a pianta<br />
rettangolare e si dispongono ai suoi lati definendo il nucleo più antico, novecentesco.<br />
Essi sono realizzati secondo una articolazione essenziale nelle sue linee architettoniche<br />
e senza ornamenti.<br />
Così si presenta anche il fronte dell’oratorio che nella sua essenzialità architettonica, sia<br />
in pianta che in alzato, diviene il fondale prospettico inquadrato dai quattro cipressi che<br />
corrono lungo il vialetto.<br />
A sinistra una tomba a terra ricorda i caduti in guerra.<br />
Un ampliamento più recente si sviluppa con pochi portici simili a quelli precedent.<br />
Il fabbricato ha struttura di calcestruzzo e solaio in latero cemento, come la maggior<br />
parte degli altri portici dei cimiteri minori.<br />
A= nucleo originario in asse con l’ingresso;<br />
L’oratorio diviene il fulcro prospettico inquadrato dai filari<br />
dei quattro cipressi che corrono lungo il vialetto.<br />
I portici segnano il limite delrecinto.<br />
161
162<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
gli assi: seguno lo schema cardo e decumano<br />
strutturando l’intero recinto.<br />
La crescita: avviene parallelamente lungo gli<br />
assi longitudinali e si sviluppa mediante portici<br />
rettangolari.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo l’asse<br />
del recinto dal quale si accede ai nuclei laterali<br />
che individuano la seconda fase di sviluppo.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
il portico<br />
163
164<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Viarolo<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
L’impianto presenta un unico asse centrale longitudinale che proietta l’ingresso<br />
verso la cappella, e un asse minore trasversale e ortogonale a questo che taglia<br />
in mezzo il recinto principale del primo nucleo storico che presenta portici<br />
strutturati secondo due tipologie.<br />
La prima riguarda i portici ai lati dell’ oratorio: essi sono costituiti da 10 campate<br />
aperte ad avelli. La pianta di ciascuna di esse è rettangolare, e l’alzato presenta<br />
lesene e colonnine con capitelli compositi.<br />
Questa sequenza individua il primo nucleo: all’ interno dell’oratorio si trova<br />
una lapide del 1888 e nei portici si trova un avello che risale al 1905.<br />
Alla seconda articolazione di portici è caratterizzata da portici costruiti<br />
nel periodo che parte dal 1912 e arriva al 1940: essi strutturano 94 campate<br />
rettangolari i cui alzati sono disegnati da lesene e cornici a listelli e fasce<br />
rettilinee che concludono il disegno della trabeazione.<br />
La terza fase di crescita è individuata da un chiostro quadrato, addossato al primo<br />
nucleo, storico caratterizzato di materiali moderni: copertura in plexiglass, lastre<br />
in marmo bianco, pavimentazione in ecablocchi, pilasti tondi in ferro colorati<br />
con materiali ignifugo.<br />
Un ampliamento si sviluppa a sud del primo nucleo con una tipologia di moduli<br />
in linea che termina con una cappella sull’asse longitudinale. Il rivestimento è<br />
A= oratorio con botola e pavimentazione con tavelle antiche disposte a sorell e sfalsate;<br />
B,C= cappelline con botola e pavimentazione con tavelle antiche disposte a nsorella e sfalsate;<br />
D,E,F,G,H=portici con avelli nello spessore del muro.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
in granito limbara e pavimentazione in grès.<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro<br />
del recinto principale e da questo attraverso<br />
l’apertura di un portico, si accede ai due<br />
nuclei nuovi.<br />
Per tutti e tre i recinti è la forma che determina<br />
la fruizione dello spazio, e potremmo dire<br />
che queste linee invisibili sottendono geometrie<br />
nascoste che danno forma alle dinamiche<br />
spaziali.<br />
La crescita: avviene parallelamente all’asse<br />
trasversale e si sviluppa mediante quattro nuclei<br />
costituiti in periodi diversi:<br />
-il primo in cui si costituisce il nucleo rettangolare<br />
con l’oratorio e i portici e un piccolo chiostro<br />
colonnato in asse al lato corto del nucleo<br />
originario ma ad esso slegato sia tipologocamente<br />
che materialmente.<br />
- il secondo è un recinto porticato che individua<br />
il campo al centro per i seppellimenti a terra<br />
segnato dagli assi ortogonali dei percorsi,<br />
-il terzo è il chiostro moderno coperto in plexiglass<br />
ed il quarto la galleria culminante con la<br />
cappella di famiglia,<br />
- il quarto individua una piccola galleria geometricamente<br />
composta di due quadrati che<br />
165<br />
Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />
seguendo la tipologia “a croce”, per i tre<br />
nuclei di sviluppo.<br />
sembrerebbe il prolungamento del nucleo originario<br />
ma che ne è completamente slegata sia<br />
per la non assialità con questo, sia per la tipologia<br />
che non ne riprende alcun modulo o misura.<br />
Coperta a due falde e culminante con una<br />
cappella privata, non presenta alcun elemento<br />
architettonico di pregio nè una particolare qualità<br />
per i mteriali utilizzati.
166<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
l’oratorio e i portici<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Baganzola<br />
167<br />
L’articolazione spaziale presenta un unico asse centrale longitudinale e due assi minori<br />
trasversali e ortogonali a questo che tagliano in mezzo i due nuclei:<br />
- il più antico edificato dei primi del novecento è un porticato con 62 campate, che<br />
ricorda l’articolazione della galleria perimetrale della Villetta opera di Moderanno<br />
Chiavelli;<br />
- il secondo realizzato dopo il 1950, che presenta quattro chiostri quadrati in cui sono<br />
inserite le sepolture ad avelli su più piani.<br />
La tipologia del chiostro ovvero di un piccolo spazio porticato a cielo aperto è<br />
individuabile in molti altri cimiteri minori ed è riconducibile all’ originario recinto di<br />
Cocconcelli ma in scala ridotta.<br />
All’interno di questi due recinti si evidenziano le cappelle private come presenze<br />
importanti ed elementi incongrui (al nucleo storico) che si articolano secondo la<br />
tipologia in linea.<br />
A,B,C,= oratorio e cappelle private con pavimentazione in pianelle<br />
Nei portici del recinto originario, la pavimentazione è costituita da cemento con graniglia e botole<br />
centrali per ogni campata.
168<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale,<br />
seguendo la tipologia “a croce”, per<br />
i due nuclei di sviluppo.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
I portici presentano un’unica articolazione: hanno la pianta rettangolare e<br />
presentano in alzato due semicolonne (per ogni campata) che terminano con<br />
delle lesene nell’altezza dell’architrave<br />
La crescita dello spazio cimiteriale è avvenuta per aggregazione di “moduli”<br />
quadrati lungo l’asse centrale, ovvero mediante chiostri a ballatoio che si<br />
affacciano su un piccolo cortile.<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo l’asse del<br />
recinto del secondo nucleo e da questo, attraverso<br />
l’ingresso costituito da un modulo del porticato,<br />
si accede al nucleo antico.<br />
Per tutti e due i recinti è la forma che determina<br />
la fruizione dello spazio. La struttura che ne risulta<br />
è quella di quattro recinti rettangolari che si<br />
sviluppano ai lati di un’asse che fa da “colonnna<br />
vertebrale” e di un unico recinto che fa da “testa”<br />
all’intero complesso.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
La crescita: avviene seguendo l’ortogonalità degli assi<br />
principali e si sviluppa mediante due nuclei costituiti in<br />
periodi diversi:<br />
- il primo del 1900 c.ca<br />
con la tipologia di un porticato ad avelli e cappelle<br />
private ;<br />
- il secondo del 1960 strutturato con la tipologia a chiostri<br />
rettangolari sviluppati su due piani e disposti parallelamente<br />
all’asse longitudinale.<br />
169
170<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
l’oratorio<br />
i portici<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Ugozzolo<br />
171<br />
L’impianto presenta un unico asse centrale longitudinale e un asse minore<br />
trasversale ortogonale a questo che taglia in mezzo il recinto principale del primo<br />
nucleo storico, costituito da portici strutturati secondo due articolazioni.<br />
La prima caratterizza i portici ai lati dell’oratorio: essi sono costituiti da 10<br />
campate aperte ad avelli. La pianta di ciascuna di esse è rettangolare, e l’alzato<br />
in stile eclettico, presenta lesene rettilinee che inquadrano archi ribassati con<br />
ghiere in mattoni a vista disposti di costa e colonnine addossate con capitelli di<br />
ordine composito “stilizzato”.<br />
Sempre di stile eclettico si sviluppa l’alzato del secondo tipo di portici.<br />
Essa è costituita da 14 campate a pianta rettangolare con lesene in listelli di<br />
cotto e l’architrave con modanatura a listelli e fasce che inquadra gli archi a<br />
tutto sesto con ghiere in mattoni disposti di costa, e le colonnine con capitelli<br />
compositi.
172<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Un secondo nucleo storico si sviluppa sul lato destro del primo e presenta<br />
l’aggregazione di sei piccoli chiostri in calcestruzzo a vista con pilastri<br />
rettangolari e pavimentazione in grès.<br />
Essi strutturano lo spazio sfalsandosi tra loro, introducendo una variante<br />
dinamica “aperta” al recinto cimiteriale senza spazi di inumazione; questi sono<br />
previsti solo nello spazio centrale del nucleo storico.<br />
Gli assi: strutturano lo spazio in modo ortogonale, seguendo<br />
la tipologia “a croce”, per i tre nuclei di sviluppo.<br />
I flussi: lo spazio viene fruito seguendo il perimetro del<br />
recinto principale e da questo attraverso l’apertura di<br />
un portico, si accede ai due nuclei nuovi.<br />
Per tutti e tre i recinti è la forma che determina la fruizione<br />
dello spazio, e potremmo dire che queste linee<br />
invisibili sottendono geometrie nascoste che danno forma<br />
alle dinamiche spaziali.
Capitolo 3 Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
Parte II Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
La crescita: avviene parallelamente all’asse trasversale<br />
e si sviluppa mediante due nuclei costituiti in periodi<br />
diversi:<br />
- una piccola galleria geometricamente composta di due<br />
quadrati che sembrerebbe il prolungamento del nucleo<br />
originario ma che ne è completamente slegata sia per la<br />
non assialità con questo, sia per la tipologia che non ne<br />
riprende alcun modulo o misura. Coperta a due falde e<br />
culminante con una cappella privata, non presenta alcun<br />
elemento architettonico di pregio nè una particolare<br />
qualità per i mteriali utilizzati.<br />
-un piccolo chiostro colonnato in asse al lato corto del<br />
nucleo originario ma ad esso slegato sia tipologocamente<br />
che materialmente.<br />
Lo schema evidenzia la crescita avvenuta in quattro periodi:<br />
il primo in cui si costituisce il nucleo rettangolare<br />
con l’oratorio e i portici, il secondo è un recinto porticato<br />
che individua il campo al centro per i seppellimenti<br />
a terra segnato dagli assi ortogonali dei percorsi, il terzo<br />
è il chiostro moderno coperto in plexiglass ed il quarto<br />
la galleria culminante con la cappella di famiglia.<br />
173
174<br />
Architettura funeraria a Parma: una nuova matrice progettuale<br />
Il sistema dei cimiteri a Parma<br />
l’ingresso<br />
i portici dell’ingresso<br />
l’oratorio<br />
Maria Carmen Nuzzo
176<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Capitolo 2 - Le cappelle gentilizie e lo studio delle architetture<br />
2.1 I progettisti e gli artisti: Ettore Leoni, Camillo Uccelli,<br />
Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
177<br />
Ettore Leoni (1886-1968)<br />
Nasce da Antonio e Teresa Luccini.<br />
Il padre, marmista e titolare di una ditta di lavorazione di marmi e pietre con<br />
sede in via Linati a Parma, lavorò spesso con Leoni, soprattutto nella realizzazione<br />
di cappelle e monumenti funerari, di motivi decorativi plastici, di sculture<br />
e di pannellature di rivestimento. Il monumento funebre Cloetta e la cappella di<br />
famiglia sono un esempio di questa collaborazione. Quest’ultima,rappresenta<br />
una delle costruzioni funerarie più interessanti nell’impiego di diversi materiali:<br />
-il marmo rosa delle lastre di rivestimento dei quattro fronti e dei leoni;<br />
-il marmo verde cipollino delle colonnine;<br />
- l'arenaria del basamento e dei gradini di accesso;<br />
- la pasta di vetro colorata delle decorazioni a rombi dell’ingresso e dei due volti,<br />
di Sant’Antonio e di Santa Teresa, contenuti nei timpani dei fronti laterali.<br />
Tra le architetture residenziali, realizzate tra il 1909-1924, numerose sono quelle<br />
che fanno supporre tale collaborazione come:<br />
-Villa Leoni (1908);<br />
-Palazzo Quirici e Palazzo Basetti;<br />
In queste opere elementi decorativi plastici in cemento lavorato coesistono conquelli<br />
in pietra scolpita.<br />
Qualche anno dopo il diploma in architettura (1907), fu chiamato a realizzare<br />
ville ispirate al prototipo di casa parigina della seconda metà del XIX secolo<br />
figurante nella notissima raccolta di disegni Tableaux de Paris dell’editore Texier<br />
(1853).<br />
-Villa Bottioni (via Palestro);<br />
-Palazzo Marchesi (1913) (angolo via Melloni via Garibaldi);<br />
-Villa Barilli (via delle Fonderie);<br />
La prima ha chiari riferimenti all'arte nuova ed eleganti soluzioni formali che<br />
bene si adattano alla tipologia della villa urbana.<br />
Al 1912 risalgono le tavole di rilievo e progetto di Palazzo Marchesi che si ispi-
178<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Cappella Romanini (1926):<br />
il dromos (ingresso loggia)<br />
e il vano (zona notte e zona giorno)<br />
la tomba (il basamento o zoccolo)<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
179<br />
ra alla matrice tipologica del blocco residenziale di fine ottocento risolto con la<br />
particolarità dell'angolo a smusso tondo in cui viene inserito un balcone, avente<br />
funzione di cerniera tra i due prospetti. La tripartizione della facciata, la base, il<br />
piano nobile e la parte terminale in cui un marcato cornicione è retto da elementi<br />
a mensola, sarà ripresa in Palazzo Quirici (1919) in B,go del Parmigianino.<br />
Risale al 1913 il progetto di Villa Barilli in cui le influene secessioniste si legano<br />
a motivi d'ispirazione neomedievale. I guerrieri dipinti in facciata che riprendono<br />
il tema del guerriero della cappella funeraria Romanini, sono eleganti<br />
affreschi di Latino Barilli inseriti nella superficie a forma di pettine compresa<br />
tra le due ultime cornici, e danno all’edificio quell’impronta di ricercatezza tanto<br />
cara ai ceti abbienti del primo Novecento.neati all’esterno, in misura diversa<br />
a seconda dell’altezza, da salde cornici, eleganti balconi, timpani triangolari e<br />
semicircolari. In sommità, inseriti nella copertura, si allineano dieci abbaini,<br />
che costituiscono un’altra nota di originalità nel contesto strutturale dell’edificio.<br />
La carriera felicemente iniziata dal Leoni venne subito interrotta, come<br />
per altri suoi colleghi, dal primo conflitto mondiale, al quale partecipò come<br />
ufficiale di cavalleria, pagando un pesante tributo: la mutilazione della mano<br />
sinistra. Ripresa l’attivita nell’immediato dopoguerra, Leoni trovò a Parma il<br />
terreno ideale per esplicare una vastissima attività costruttiva in tutti i settori,<br />
attività che lo impegnò sino alla vecchiaia. In un decennio di intenso lavoro<br />
costruì:<br />
-la Banca Agraria (1920-1923),<br />
-lo stabilimento della vetreria Bormioli (1921),<br />
-il campo sportivo Tardini (1922),<br />
-la parte della Ghiaia lungo viale Mariotti (1927),<br />
-casa Corradi (1927), alla fine di via Cavour,<br />
-casa Quirici (1928), all’inizio di via Parmigianino,<br />
-palazzo Chiari (1928), in piazzale dei Servi,<br />
-palazzo Serventi (1930), in Via della Repubblica.<br />
Dello Stadio Tardini esistono almeno tre versioni, prima del regolare rilascio<br />
della concessione, che risale all’11 luglio 1923. Nella prima versione l’arco a<br />
tutto sesto dell’ingresso era sovastato da uno pseudo timpano tronco con riquadrature<br />
laterali, nei pilastri binati laterali mancavano i palloni da gioco ripetuti<br />
su tutta l’altezza, divenuti poi dei simbolici cerchi nella versione definitiva, e<br />
i pilastri portabandiera erano semplici parallelepipedi, senza i cordami o ghirlande<br />
realizzati. Anche la seconda soluzione, peraltro già molto vicina a quella<br />
costruita, non fu accettata: la commissione confidò che la genialità del Leoni gli<br />
suggerisca all’atto pratico una migliore soluzione per le modanature di coronamento<br />
e per il fianco, in armonia ai due piloni laterali. Sia nella prima che nella<br />
seconda soluzione erano già previsti i basamenti laterali all’ingresso, sui quali<br />
si sarebbero dovute collocare le quattro statue di atleti, così come i giocatori di<br />
football dipinti sugli spigoli del sottocornicione degli spogliatoi. Non vennero
180<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Villa Barilli (1913): vista prospettica e fronte<br />
Analisi grafica delle volumetrie e del fronte. La conformazione architettonica si struttura in tre<br />
parti:<br />
una centrale: ingresso e loggia (dromos);<br />
ambienti laterali: zona notte e zona giorno (vano);<br />
e un basamento o zoccolo (tomba).
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Cappella Bormioli (1931): il dromos (ingresso loggia)<br />
e il vano (zona notte e zona giorno)<br />
la tomba (il basamento o zoccolo)<br />
181
182<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
realizzate nè le prime nè i secondi. Progettando questo eterogeneo insieme di<br />
edifici, il Leoni restò sempre fedele al gusto del tempo, abbandonando quando<br />
era possibile le schematizzazioni e i modelli di derivazione classica e dando<br />
libero sfogo alla sua fervida fantasia. Ognuna di queste costruzioni si inserisce<br />
con chiarezza e coerenza nell’ambiente preesistente, perchè Leoni seppe<br />
sfuggire alla tentazione di monumentalizzare e quindi isolare la propria opera<br />
creando violenti contrasti con l’architettura circostante. Se nell’ingresso del<br />
Tardini, concepito come arco trionfale sormontato da otto pinnacoli portabandiera,<br />
si ritrovano gli spunti della tematica Liberty, nella casa Corradi le pareti<br />
liscie danno respiro alle masse murarie sovrabbondanti di motivi decorativi che<br />
si affacciano sull’incrocio di via Cavour, via Melloni e via Parmigianino. La<br />
vecchia Ghiaia, devastata dall’abbattimento delle Beccherie (1928), ritrovò una<br />
sua misura e un suo contenuto nel riassetto proposto dal Leoni, la cui sostanziale<br />
validità non è diminuita dalla povertà del materiale impiegato (il cemento<br />
martellato), soprattutto nei collegamenti verticali, che con minimo ingombro<br />
superano il dislivello di sei metri tra il piano dei negozi e quello stradale. Per un<br />
architetto che si era già qualificato nella risoluzione di complessi problemi nel<br />
centro storico e che per naturale inclinazione tendeva ad affrontare temi di notevole<br />
impegno, la progettazione di case unifamiliari non rappresentò certo un<br />
motivo di grande interesse. Ma la moda, la prospettiva di vantaggi speculativi<br />
e la mentalità dalla società post-bellica degli anni Venti richiesero un prodotto<br />
qualificato dal nome del costruttore e Leoni era ormai ampiamente affermato.<br />
I numerosi committenti lo costrinsero per molti anni a un’intensa attività in<br />
questo settore, in cui egli lavorò con spirito di assoluta libertà formale e senza<br />
soggezioni stilistiche, a eccezione degli immancabili richiami floreali. Si ricordano,<br />
tra le altre, villa Barilli (1913), all’inizio di via delle Fonderie, villa Leoni<br />
(1913), in viale Martiri della Libertà, villa Figna (1916), in via Palestro, villa<br />
Salvini (1919), in viale Solferino, villa Artoni o Adele (1924), in viale Martiri<br />
della Libertà, villa Chiari (1930), in via Emilia Est, villa Gelmini (1934), in viale<br />
Partigiani d’Italia, villa Maghenzani (1946), a San Pancrazio, villa Bormioli<br />
(1946), a San Leonardo, villa Boni (1947), in via P.M. Rossi, villa Alessandrini<br />
(1925), a Sant’Andrea Bagni, villa Rossi (1923), villa Roffi (1932), villa Zecca<br />
(1932), a Soragna, villa Medioli (1946), a San Martino Sinzano, e villa Alinovi<br />
(1946), a Sala Baganza. mi riguardanti la soluzione d’angolo, la definizione di<br />
una testata a conclusione della cortina edilizia prevalentemente a schiera su via<br />
Garibaldi e in particolare la risoluzione compositiva dei fronti esterni. Le opere<br />
degli anni Venti raccolgono in parte le esperienze fatte nella progettazione delle<br />
ville urbane, nella ripresa di motivi secessionisti e, in parte, quelle fatte sui<br />
palazzi esistenti nel centro cittadino, nella vicinanza ai registri stilistici ottocenteschi<br />
associati a influssi di gusto novecentesco e accademico.<br />
In alcuni progetti, soluzioni decorative tardo-eclettiche esterne, coesistono insieme<br />
a soluzioni spaziali e distributive interne ormai tipiche della villa urbana
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
183<br />
del primo Novecento: per esempio l’opus incertum del piano terra, le lesene e il<br />
bugnato del primo piano, le mensole del sottocornicione, insieme alle diversificate<br />
cornici e archi ricurvi delle finestre e alle colonne con capitelli corinzi, su<br />
cui appoggia il terrazzo semicircolare di facciata, sono contrapposti agli spazi<br />
interni che si distribuiscono attorno allo scalone centrale con lucernaio in metallo<br />
e vetro. Interessante in tal senso è il progetto di Villa Artoni le cui tavole<br />
sono datate al 19 maggio 1924.<br />
Le opere di Leoni alternano a motivi neomedioevali, caratteri d'ispirazione secessionista<br />
ed eclettica sia nell'ambito funerario che in quello residenziale.Come<br />
Villa Barilli fu progettata nel rispetto della più castigata linearità secondo gli<br />
schemi di Ernesto Basile e si ispirò al tema neomedioevale del guerriero, villa<br />
Leoni, così come la cappella di famiglia costruita nello stesso anno, presenta un<br />
più profondo linguaggio decorativo, ispirato a certi motivi proposti daOlbrich<br />
nel momento più coerente della Seccessione viennese. Nel settore funerario<br />
le opere firmate dal Leoni al cimitero La Villetta di Parma sono tra le poche<br />
che contribuiscono a dare un significato alla disarmonia del complesso. Sono<br />
le cappelle delle famiglie Leoni (1920), Bormioli (1924), Romanini (1929),<br />
Chiari (1934) e Tanzi (1939). In provincia sono da ricordare le cappelle Bettati<br />
(1948) e Azzali (1949), a Marore, Crescini (1950), a Fontanellato, Magnani<br />
(1952) a Roccabianca, e Medioli (1953), a Valera. Confrontandole con gli altri<br />
edifici realizzati dal Leoni, si colgono i vari aspetti della sua versatilità professionale,<br />
che fu tanto grande da permettergli di invadere il campo di pertinenza<br />
degli ingegneri, a quel tempo rigidamente chiuso. Il Leoni fu il primo architetto<br />
di Parma che, consapevole della sua preparazione, non accettò limiti alla sua<br />
azione di progettista. Sotto questo aspetto sono da ricordare il complesso industriale<br />
Caselli (1925), in via Emilia Est, il mulino Figna (1927), a Valera, lo<br />
stabilimento Cavazzini (1946), in viale Fratti, palazzo Gelmini (1950-1957), in<br />
piazzale Santa Croce, le officine Gelmini (1950-1960), in via Ferrari, le succursali<br />
della Banca Agraria a Fontanellato e a Soragna (1920-1923), la sistemazione<br />
di viale Verdi (1932) e l’ampliamento dell’orfanotrofio femminile Meli-Lupi<br />
(1933), a Soragna, il complesso colonico Chiari (1944-1945), a Madregolo, e lo<br />
stabilimento Alinovi (1944), a Sala Baganza.
184<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Cappella Leoni (1925); Prospetto dell'ingresso dello Stadio Tardini (1923/24)<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Cappella Villa (1946): il tema dell'arco trionfale (stadio Tardini)<br />
185
186<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Rizzoli (1931): il timpano e le colonne impostati su un piccolo podio seguono lo<br />
schema classico delle finestre di Palazzo Marchesi (via Melloni)
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Camillo Uccelli (1874-1942)<br />
187<br />
Diplomato appena ventenne all’Istituto di Belle Arti di Parma (fu allievo di<br />
Edoardo Collamarini), formò la sua cultura collegandosi ai presupposti del<br />
movimento romantico e fece la sua scelta stilistica orientandosi chiaramente<br />
verso il Neogotico. Tra gli architetti di Parma, Uccelli rimase l’unico convinto<br />
interprete di questo revival di medioevo. Nella formazione giovanile esistono<br />
almeno due elementi fondamentali che contribuiscono a chiarire la sua posizione<br />
artistica e culturale: un grande interesse per la civiltà inglese e una rigorosa<br />
fede cristiana, a cui si aggiunse una profonda ammirazione per i monumenti<br />
dell’arte romanica e gotica parmense. Il suo interesse fu rivolto, fin dalla prima<br />
giovinezza, ai movimenti politici, artistici e sociali d’Oltremanica, cioè di<br />
quell’area culturale dalla quale provenivano, riproposti in chiave romantica, i<br />
motivi della civiltà medioevale: fervore religioso, rispetto delle tradizioni e impegno<br />
morale, dei quali il Neogotico rappresenta l’espressione artistica. Dopo<br />
aver analizzato e studiato criticamente le maggiori realizzazioni del Gotico europeo,<br />
confrontandole con quelle riproposte in tempi più recenti, l’Uccelli impostò<br />
il suo modello costruttivo, non distratto nè influenzato dalle altre correnti<br />
stilistiche del tempo. Ma l’attività costruttiva dell’Uccelli non fu immediata e<br />
rimase per qualche tempo limitata a opere minori per la scarsa presa che ebbero<br />
le sue tendenze sulla clientela, orientata a scelte di ben altro contenuto stilistico,<br />
sempre attratta dagli schemi eclettici e dalle ultime vampate del Liberty.<br />
L’esordio professionale avvenne nel 1905 con due edifici di civile abitazione<br />
fuori barriera Garibaldi a Parma:<br />
-casa Moruzzi;<br />
-palazzo Marchi.<br />
Sempre per la proprietà Marchi progettò nel 1909 con il fratello ingegnere Giovanni<br />
un’abitazione civile annessa all’ampliamento della fabbrica di cemento,<br />
fuori Barriera Bixio. Il 1910 lo vide impegnato in numerosi interventi, tra i<br />
quali:<br />
-un laboratorio industriale in via Mulini Bassi;<br />
-il sovralzo di casa Balestra in borgo Poi;<br />
-la decorazione esterna e l’ampliamento di alcune botteghe nel centro storico;<br />
-l’edificio di civile abitazione di Egidio Ferrari in via Spezia;<br />
-il sovralzo e la sistemazione interna di casa Saccò in borgo Parmigianino 5.<br />
L’interessante casa Bonini in via Trento venne progettata nel 1912.<br />
Negli anni successivi firmò alcune tra le sue opere maggiori:<br />
-il rifacimento della facciata della chiesa Evangelica in borgo Tommasini<br />
(1913);<br />
- il Salone espositivo in borgo Santa Brigida (1915), il restauro della facciata di<br />
casa Calzolari in via Cavour (1915), di cui reinterpretò l’apparato decorativo in<br />
chiave neorinascimentale;
188<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Grassi (1924) : l'impianto di questa cappella è quello di una piccola chiesa neoromanica<br />
a navata centrale in cui le trifore e il trattamento facciaa vista conferiscono alla facciata una<br />
compatta tessitura che ricorda il Seminario Vescovile e la chiesa di San Leonardo (1928-1931)<br />
al cui interno viene enfatizzato il tentativi di creare un'atmosfera mistica. Il modello è il convento<br />
claustrale cistercense.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
189<br />
-la villa di Giovanni Marchi in via Solferino.<br />
Una lunga serie di interventi tra restauri e piccoli fabbricati produttivi lo videro<br />
impegnato negli anni tra il 1917 e il 1920, anno in cui realizzò il sovralzo interno<br />
dello storico palazzo medievale di proprietà Tirelli in borgo San Vitale. Nei<br />
primi anni Venti si cimenta in quello che era un tema obbligato per i progettisti<br />
locali e nazionali: il villino urbano.<br />
-Villino Bertoni in via Spezia è del 1921, casa anche in via Spezia è il villino<br />
Nicoli, progettato nel 1922;<br />
-Villa Molinari e Bandini venne realizzata sull’area dell’ex Foro-Boario nei<br />
pressi della Stazione ferroviaria;<br />
_casa Grossi del 1922 .<br />
Sempre nello stesso anno progetta sull’area di proprietà Biraghi, tra lo Stradone<br />
e via XXII Luglio, una villa urbana su due piani (il progetto non venne<br />
realizzato). Nel 1923 realizza palazzo Grassi in viale Solferino, edificio di<br />
grande pregio, in cui l’esercitazione stilistica raggiunge un notevole equilibrio<br />
compositivo, e palazzo Marchi su viale San Martino. Tra il 1925 e il 1931<br />
realizzs due edifici di civile abitazione in viale Tanara e in via Spezia, l’abitazione,<br />
con annesso magazzino, in via Guicciardini, nel lotto retrostante palazzo<br />
Grassi, villa Marchi su via Solferino (1929) e l’essiccatoio per la fabbrica<br />
Barilla su via Veneto (1930). Seguirono due opere minori, le cappelle Grassi<br />
(1927) e Milza (1928). In queste due opere è chiaramente visibile il metodo<br />
operativo dell’Uccelli per quanto riguarda le scelte stilistiche, l’impiego dei<br />
materiali e la scrupolosa diligenza esecutiva. Ma la fortuna professionale di<br />
Uccelli inizia con un’opera lungamente attesa: l’edificazione della chiesa di<br />
San Leonardo (1928-1931). L’area per l’edificio era ai margini settentrionali<br />
della città di Parma, dove prima sorgeva una chiesa costruita dai monaci di<br />
San Martino dei Bocci. Mentre a Parma il Liberty aveva ormai esaurito tutto<br />
il suo repertorio espressivo e alcuni architetti proponevano le prime soluzioni<br />
razionali, l’Uccelli getta le fondamenta del costruendo edificio. La nuova<br />
chiesa, a tre navate, con l’asse in direzione Ovest-Est, affacciata sulla strada<br />
Parma-Colorno, mescola in pianta e in alzato elementi strutturali e decorativi<br />
gotici e bizantini. L’ampia facciata in mattone faccia a vista, movimentata dalla<br />
forte sporgenza di lesene, da decorazioni cementizie e da trifore dimensionate<br />
sul modulo delle navate, è interrotta in basso dal profondo pronao, ingentilito<br />
da una serie di archi sorretti da esili colonne. Lo spazio interno a forma<br />
di anfiteatro, monumentalizzato dal giro curvilineo delle colonne, evidenzia<br />
il tentativo di creare un’atmosfera spettacolarmente mistica. Mentre l’Uccelli<br />
stava ancora costruendo la chiesa, profondendovi tutte le sue energie, la curia<br />
parmense, soddisfatta dell’opera, gli affida un nuovo impegnativo compito: il<br />
progetto del Seminario Vescovile Minore, da erigersi alla fine di viale Solferino<br />
su un’area di eccezionale vastità. L’Uccelli, guardando ai modelli claustrali<br />
cistercensi, imposta il progetto su una struttura muraria sorgente intorno a uno
190<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
spazio vuoto, percorsa all’interno da un porticato sostenuto da pilastri. Venne<br />
coso volutamente rievocata l’austera solennità delle abbazie medioevali e<br />
creato il luogo più idoneo per la meditazione e il raccoglimento. Nell’edificio<br />
sono ubicati, su tre piani, i numerosi locali: la cappella, il refettorio, le aule, le<br />
celle e i servizi. I motivi strutturali e ornamentali delle facciate, differenziati<br />
secondo l’importanza, sottolineati da cornici marcapiano in cemento e protetti<br />
da uno sporgente ed elaborato cornicione, formano uno svariato repertorio ma<br />
i richiami all’architettura ogivale spiccano e prevalgono su tutti gli altri. Una<br />
lunga striscia di pannellature con motivi geometrici in cemento corre lungo la<br />
parte superiore dell’edificio, interrotta da colonne binate sorreggenti le ampie<br />
falde del tetto. Con la realizzazione di quest’opera il nome dell’Uccelli varca<br />
i confini della provincia, tanto che fu chiamato a costruire la chiesa di Castelnuovo<br />
Fogliani (1931-1933), in provincia di Piacenza, dovuta alla munificenza<br />
del pontefice Pio XI e del cardinale Nasalli Rocca. Nella facciata del tempio,<br />
di chiara ispirazione romanica, domina un grande arco, sottolineato dal degradare<br />
di eleganti strombature, con al centro un rosone marmoreo e al di sotto un<br />
ampio protiro a colonne, con basi e capitelli stilizzati. Maestoso e solenne Å<br />
l’interno, a tre navate, separate da colonne di marmo con altissimi zoccoli e capitelli<br />
in pietra bianca impreziositi da sculture. L’agile campanile, svettante sul<br />
lato destro dell’edificio, ripropone i motivi della facciata, ma la parte terminale,<br />
consistente in un tamburo prismatico sormontato da una piramide, Å di chiara<br />
derivazione gotica. Quasi contemporaneamente l’Uccelli realizza la chiesa parrocchiale<br />
di Bardi (1932), una costruzione di impianto romanico a tre navate, i<br />
cui portali in pietra bianca contrastano con la calda tonalità dei mattoni faccia a<br />
vista che formano la compatta tessitura della facciata. Pochi anni dopo sorse, di<br />
fronte al Seminario Minore, quasi a confrontarsi con esso, la solida villa Grassi<br />
(1935-1936), costituita da quattro corpi di fabbrica collegati tra loro. Le facciate,<br />
in cui si aprono ampie finestre a trifora giranti in sequenza quasi continua<br />
attorno all’edificio, richiamano i motivi stilistici cari all’Uccelli, con elementi<br />
decorativi marmorei che interrompono la continuità del mattone faccia a vista.<br />
Così anche in una costruzione civile l’Uccelli ripropose la sua ideologia stilistica<br />
già sperimentata in edifici religiosi. Con questa realizzazione, che nulla<br />
concede ai moderni orientamenti dell’architettura, l’attività dell’Uccelli si può<br />
considerare conclusa.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Ennio Mora (1885-1968)<br />
191<br />
Frequento l’Accademia di Belle Arti di Parma (allievo di Edoardo Collamarini)<br />
dal 1897 al 1907. Mora collezionò, ancora prima del diploma, una lunga serie<br />
di encomi da parte del direttore dell’Istituto di Belle Arti Cecrope Barilli. Suoi<br />
disegni furono mandati dall’istituto di Belle Arti di Parma a Roma presso il<br />
Ministero, in occasione dell’Esposizione di Bruxelles. Non si sa di quali opere<br />
si trattasse, ma quasi con certezza Edoardo Collamarini scelse quei lavori realizzati<br />
nel corso della formazione accademica, visto che all’appuntamento belga<br />
dovevano essere esposti, dopo accurata selezione, i disegni degli allievi degli<br />
Istituti di Belle Arti. Forse vennero esposte proprio quelle tavole curatissime<br />
che si trovano nell’archivio privato Mora e che riguardano il progetto per Palazzo<br />
ad uso serra del Concorso Rizzardi-Polini. Conseguì infine il titolo di<br />
professore di disegno architettonico. Prima di iniziare la professione, il Mora<br />
frequentò a Milano un corso presso la Società Scenografi del Teatro alla Scala<br />
(1906), dimostrando attitudine non comune in special modo per ciò che riguarda<br />
la parte architettonica e prospettica dell’arte scenografica, come ebbe a dichiarare<br />
il maestro del corso, Vittorio Rota, uno dei più prestigiosi artisti della<br />
scena. Il primo progetto firmato dal Mora riguardò un edificio conosciuto col<br />
nome di Palazzo Podestà (1908), situato all’angolo di via Cavour e borgo Angelo<br />
Mazza.Semidistrutto durante l’ultimo conflitto e in seguito demolito, presentava<br />
quei caratteri classicheggianti che nulla concedono alle tentazioni floreali.<br />
Sulla facciata dimensionata dal modulo delle finestre con timpano correva<br />
un balcone sorretto da mensole e a pian terreno si aprivano sulla strada quattro<br />
occhi di bottega. Per esattezza di volume sobrietà di motivi decorativi e chiarezza<br />
formale, l’edificio si integrava esemplarmente nell’arteria centrale di Parma.<br />
Portato a termine questo impegnativo e apprezzato lavoro, il Mora rielaborò<br />
palazzo Malpeli (1910), una costruzione cinque-seicentesca con cortile<br />
interno, posta di fronte all’edificio della Corte d’Assise. Sfruttati maggiormente<br />
gli spazi interni, l’esterno venne rivestito con timidi rilievi a stucco e riquadrature<br />
geometrizzate di gusto secessionnista, allineate lungo le fascie marcapiano<br />
sopra e sotto le altissime finestre abbinate. Nella realizzazione di villa<br />
Manfredi (1912), oltre i limiti orientali del centro storico, il Mora dimostrò<br />
un’aperta seppur meditata vocazione per l’Art Nouveau: un edificio strutturalmente<br />
sobrio, impreziosito da una scala d’ingresso e da un balcone con ringhiere<br />
in ferro battuto tra i più eleganti e i più caratteristici di tutto il repertorio Liberty,<br />
non soltanto nazionale. A questi elementi, svincolati da ogni rigore<br />
simmetrico, fanno da contrappunto decorativo i delicati rilievi plastici delle finestre.<br />
Nonostante il fortunato inizio dell’attività professionale, il Mora, incline<br />
per temperamento ai gesti decisi, affrontò nel 1912 un lungo viaggio in mare<br />
verso Buenos Aires, convinto di potersi affermare in quel lontano paese con la<br />
sola forza del suo ingegno.Le speranze non andarono deluse e, pur senza mezzi
192<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Cappella Ghiretti (1956); Vietta (1930); Pizzetti (1943): domina<br />
il tema dell'arco e del pronao con colonnine di chiara<br />
ispirazione romanica; lo spazio interno (vano) si struttura<br />
come a navata centrale.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
193<br />
e senza appoggi, nel giro di pochi mesi ottenne un incarico importante: l’insegnamento<br />
della prospettiva nell’Istituto di Belle Arti della capitale argentina.<br />
Per Mora, che già aveva fatto parlare di sé nelle riviste artistiche, si aprì una<br />
carriera densa di promesse. Oltre ad affermarsi nell’insegnamento, riuscì a<br />
progettare importanti edifici in diverse zone della città. Tenuto in grande considerazione,<br />
venne spesso invitato a presenziare a manifestazioni artistiche e culturali<br />
di alto livello. Intanto la vicenda politica europea precipitò improvvisamente<br />
con lo scoppio della prima guerrra mondiale. Mora, rimasto sempre<br />
idealmente legato alla sua patria, pur avendo un avvenire sicuro in Argentina,<br />
s’imbarcò sul primo piroscafo per l’Italia e, raggiuntala, corse ad arruolarsi.<br />
Ritornato nella città natale alla fine della guerra, Mora, con volontà tenace accompagnata<br />
da una preparazione esemplare, riuscì a colmare il vuoto della lunga<br />
parentesi di inattività. Riprese il lavoro con rinnovato entusiasmo, riallacciando<br />
i rapporti professionali a lungo interrotti: costruì palazzo Amoretti<br />
(1920), in via Trento, e casa Peracchi (1920), in via Mazzini, e successivamente<br />
villa Rossi-Gasparri (1923), in viale Campanini. Si aprì proprio allora per<br />
Parma un decennio (1916-1926) di intensa attività edilizia, specialmente nel<br />
settore residenziale. I viali periferici, soprattutto quelli a sud della città, si andarono<br />
popolando di case unifamiliari, circondate da aree coltivate a giardino.<br />
Molte di queste portarono la firma del Mora: tra le altre, villa Rampini, in viale<br />
Solferino, villa Scotti e villa Razzaboni, sullo Stradone, portate a termine nel<br />
triennio 1919-1921.Queste costruzioni portano il segno di quella mentalità piccolo-borghese<br />
che richiedeva ai costruttori una casa, anche modesta, ma dominata<br />
dalla presenza di una torre, considerata, secondo la tradizione medioevale,<br />
elemento distintivo di classe. Da segnalare, anche per l’esistenza di almeno tre<br />
varianti di progetto, di cui la seconda attuata, la villa realizzata per il costruttore<br />
Masini, treapiazzale XXV aprile e viale Berenini. Le prime due versioni risalgono<br />
al febbraio-aprile del 1916 e al maggio dello stesso anno. La terza<br />
versione risale all’aprile 1919. La pianta esprime chiaramente l’impostazione<br />
della villa urbana di inizio Novecento, dove le stanze a spigoli smussati girano<br />
attorno alla hall sovrastata dal lucernaio e si interrompono per fare spazio a un<br />
corpo scala, a un giardino ritagliato e a una torretta. Sui prospetti i balconcini<br />
ricurvi, le bifore ad arco a sesto acuto, la trifora della torretta e i cartigli decorati<br />
dei sottogronda, il diverso trattamento delle superfici, a bugnato, a mattoni<br />
visti e a intonaco di cemento bocciardato, sono elementi tipici della villa urbana<br />
borghese. Villa Saccani riprende la stessa struttura compositiva dei fronti di<br />
casa Moraschi di Alfredo Porvinciali: stesse membrature a spigoli ricurvi e in<br />
altorilievo, che rigiravano con continuità attorno alle finestre, stessa diversità di<br />
trattamento delle superfici della facciata. Situata tra via Emilia est e via Bottesini,<br />
si sviluppava come lungo corpo rettangolare, dove l’andito distribuiva longitudinalmente<br />
le stanze della casa. La facciata era tripartita in una parte centrale<br />
più alta di un piano e in due laterali simmetriche. Al 1920 risale il progetto di
194<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Filigrana (1932); Corazza (1925); Molinari (1929); Peracchi (1931): anche in questi<br />
esempi la strutturazione architettonica s'imposta sul modello delle chiese romaniche, ma<br />
vengono a strutturarsi altri elemento tipici della villa urbana borghese: la torretta d'ispirazione<br />
medioevale.e il trattamento a bugnato delle superfici e a mattoni a vista.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
195<br />
Palazzo Zanchi, all’angolo di viale P.M. Rossi e via Emilia est, con pianta a L e<br />
corpo scala in angolo. Non si sa se realmente l’opera realizzata si debba attribuire<br />
al Mora oppure al Maffei, al Tomasi o al Chiavelli, dei quali si sono rinvenuti<br />
i rispettivi progetti per lo stesso lotto e commissionati dallo stesso costruttore<br />
Pietro Zanchi. Villa Soncini-Gabbi risale al 1923. Casa Trombini (1924),<br />
situata tra borgo Lalatta e via Salimbene, contiene elementi nuovi rispetto alle<br />
precedenti, come le decorazioni a graffito della fascia marcapiano e sovrastanti<br />
le finestre del piano terra. Poco dopo Mora ebbe l’incarico di studiare il progetto<br />
in stile del campanile della chiesa di Collecchio (1922). Il campanile sorse in<br />
un lungo arco di tempo, ispirato a quello del Duomo di Parma, come si rileva<br />
dai motivi decorativi, dalle riquadrature, dalle bifore e trifore, dalla balaustra<br />
terminale dominata da una guglia piramidale sormontata da una statua bronzea<br />
del Redentore. Nel 1923 il Mora ottenne l’incarico di progettare il palazzo della<br />
Camera di Commercio, affiancato, per la risoluzione dei problemi tecnici,<br />
dall’ingegnere Alfredo Provinciali. L’imponente blocco sorse in un punto vitale<br />
del centro storico: l’area delimitata da via Cavestro, via Università, piazzale<br />
Bernieri e la sede dell’UPIM, a pochi passi dalla chiesa romanica di Sant’Andrea<br />
e di fronte alla facciata barocca di San Rocco. Un grande atrio con colonne<br />
immette nella sala degli sportelli e, separata da questa, un’elegantissima scala a<br />
quattro rampe conduce ai piani superiori, dove si sviluppano, con razionale distribuzione,<br />
gli ambienti a uso di rappresentanza. All’esterno, nelle larghe facciate,<br />
vengono riproposti, con più ampio respiro e più minuto studio dei particolari,<br />
i vari elementi architettonici e decorativi già introdotti in palazzo Podestà.<br />
Grandi riquadrature rettangolari girano intorno all’edificio sotto la forte sporgenza<br />
del cornicione, che attenua con la sua ombra le tinte un tempo vivissime<br />
degli affreschi di Poolo Baratta, illustranti l’allegoria del commercio. Altri affreschi,<br />
opera di Daniele de Strobel e di Enrico Bonaretti, impreziosiscono le<br />
sale interne, assieme agli stucchi di Giuseppe Carmignani. In questo notevole<br />
complesso tutto si fonde e si lega con un equilibrato gioco di vuoti e di pieni e<br />
tale armonia di proporzioni, unita alla perfetta impostazione volumetrica, stabilisce<br />
un rapporto con la logica costruttiva e urbanistica degli edifici circostanti.<br />
Particolare interesse riveste il progetto, studiato poco dopo dal Mora, per la<br />
decorazione architettonica esterna laterale della chiesa di Sant’Alessandro, il<br />
quale fu scelto tra i tanti presentati in seguito a un pubblico concorso.Il progetto<br />
porta anche la firma di Atanasio Soldati: fu forse l’unico lavoro architettonico<br />
di questo artista, che attraverso l’astrattismo geometrico riuscì più tardi a<br />
raggiungere la celebrità.Alcuni anni dopo Mora realizzò altre costruzioni di<br />
tipo residenziale, dalle quali già affiora una certa sensibilità razionalista: palazzo<br />
Negri (1934), in borgo Paggeria, e palazzo Merli (1935), di fronte al cinema<br />
Orfeo. All’avvicinarsi degli anni Quaranta, quando ormai gli architetti del primo<br />
Novecento cominciavano a essere considerati dei decadenti, il Mora accettò<br />
l’incarico di costruire palazzo Medioli (1938), la prima casa alta di Parma.
196<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
L’edificio, coi suoi otto piani fuori terra, costituisce un blocco di notevole volume,<br />
che domina la sottostante piazza Ghiaia. Contrariamente alle scelte di molti<br />
suoi colleghi, il Mora seppe coraggiosamente abbandonare le idee della prima<br />
giovinezza progettando un edificio in linea coi tempi, condizionati dall’uso di<br />
certi materiali imposti dal mercato autarchico e dal gusto del Novecentismo<br />
imperante. La mascheratura delle facciate con lastre di travertino romano intercalate<br />
da striscie di cotto novo si uniforma ai metodi costruttivi del tempo.<br />
Questo palazzo, più criticato che discusso, servì da modello, proprio come fatto<br />
estetico, a edifici di successiva realizzazione. La scelta del Mora fu irreversibile<br />
e le numerose costruzioni che seguirono sino agli anni Sessanta non ebbero<br />
più nulla in comune con quelle realizzate nel primo quarto di secolo. Particolare<br />
significato rivestono le case popolari in via Milazzo (1938), palazzo Mantovani<br />
(1952), alla fine di via Garibaldi, e il condominio dei dipendenti della<br />
Cassa di Risparmio.Tra le opere minori del Mora vanno ricordate, a Parma le<br />
cappelle funerarie della famiglia Lagazzi (1919), Corazza (1925), Carrega Bertolini<br />
(1931), Pizzetti Braibanti (1945), Ferri (1951), Mordacci (1954) e Scotti<br />
(1952), il monumento ai Caduti di Soragna (1923), casa Tarasconi a Sala Baganza<br />
(1925), villa Montagna a Collecchio, l’asilo infantile di Traversetolo<br />
(1960), una chiesa parrocchiale a Marina di Massa (1933), la chiesa del Sacro<br />
Cuore di Parma (1937), la Casa dello Studente e il progetto della Casa Littoria<br />
di C.Ciano a Neviano degli Arduini. Dopo la guerra, diverse sue opere del primo<br />
periodo di attività vennero demolite, cosicché, negli ultimi anni di vita, il<br />
Mora ebbe a temere di veder distrutta l’intera sua opera. Lavoratore di solidissima<br />
tempra, il Mora frequentò i cantieri sino agli ultimi mesi di vita. Si spense<br />
ottantatreenne, a pochi giorni di distanza dalla scomparsa della moglie, ancora<br />
laborioso e vitale e più che mai interessato ai problemi architettonici e urbanistici<br />
della sua città. I numerosi disegni conservati dalla famiglia documentano<br />
l’inesauribile fantasia del Mora, che, in virtù di una vasta cultura, seppe autorevolmente<br />
inserirsi, con intuito nuovo, nella corrente novecentista più avanzata.<br />
Mora, oltre all’architettura, coltivò sempre in parallelo la pittura. Cominciando<br />
a dedicarsi all’acquerello nei primissimi anni del XX secolo, cioè quando era<br />
poco più che un ragazzo, risentì soprattutto degli studi tecnici che andava compiendo.<br />
Così il suo primo acquerello fu uno Studio di scenografia (1901), debitore,<br />
inevitabilmente, di quel gusto eclettico dai prevalenti connotati tardoromantici<br />
che in campo teatrale conobbe una lunga durata.L’opera rileva però<br />
anche una marcata propensione per l’aspetto architettonico, esibendo un ricco<br />
repertorio di strutture a volta, colonne e capitelli, mensole, balaustre, architravi<br />
e scalinate, quasi che l’intento del Mora fosse quello di dimostrare lo stato di<br />
avanzamento dei suoi studi. Negli anni successivi l’interesse per l’aspetto scenografico<br />
non venne meno ma si modernizzò, contando non tanto sulle risorse<br />
del teatro quanto su quelle del cinema, la nuova arte che proprio in quel periodo<br />
compiva progressi decisi, conquistando il favore del pubblico e di certi intellet-
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
197<br />
tuali e sviluppando le proprie tecniche. L’Interno di Basilica del 1909 e l’Ingresso<br />
di Basilica con leoni stilofori del 1911 sembrano difatti essere collegati,<br />
nel loro impianto grandioso e per modalità delle visione, a scene di un film. In<br />
particolare, nell’interno di Basilica la rievocazione del tempio ravennate, con<br />
l’incanto dei mosaici e degli intarsi marmorei, acquista sapore per la presenza<br />
di ministri del culto resi con un taglio appunto cinematografico. Agganci con le<br />
soluzioni di certi fotografi dimostra invece lo splendido acquerello I leoni del<br />
Duomo, del 1905, in cui la solita precisione dei particolari architettonici si accompagna<br />
alla rievocazione di un momento nelle giornate della piazza del Duomo:<br />
Mora offre un’inedita veduta di Parma nella fusione tra un emblema visivo<br />
della città e un tratto di flagrante modernità, di suggestione liberty. L’opera più<br />
interessante è forse però La cella campanaria del Duomo di Parma, del 1911.<br />
Qui il Mora rinuncia al gusto, che pure possedeva in misura rilevante, per le<br />
rievocazioni storiche, per privilegiare invece l’osservazione minuziosa dell’insolito<br />
ambiente e soprattutto degli ingranaggi delle campane, così complessi da<br />
legittimare la lettura del luogo, di fatto dominato da tecniche sapienti e antiche,<br />
come un antro un po’ piranesiano o alla Victor Hugo medievalista. Nei decenni<br />
successivi il Mora si dedicò soprattutto alla pratica architettonica Ma in tarda<br />
età, almeno a partire dagli anni Cinquanta, ritornò a quella sua giovanile passione<br />
per l’acquerello, svincolandola, ancora una volta, dalle esigenze del suo mestiere.<br />
Non che fosse venuto meno l’interesse per l’architettura, ché anzi la<br />
maggior parte di queste opere tarde riproducono con bella evidenza edifici monumentali<br />
della città di Parma, anche gli stessi visti in differenti stagioni e condizioni<br />
di luce, con quella medesima attenzione per i particolari che aveva contraddistinto<br />
gli esordi. Colpiscono maggiormente, però, gli acquerelli ispirati al<br />
paesaggio, alla natura o anche a qualche veduta di anonimi scorci cittadini. È<br />
come se il Mora, dopo tanta familiarità con le opere dell’uomo, avesse sentito<br />
il bisogno di ritrovare un rapporto più diretto con le cose e di rifugiarsi nella<br />
pace della natura. Ecco, quindi, la -Chiesa del Quartiere (1964);<br />
- San Sepolcro (1967):<br />
- il Campanile di Sant’Alessandro (1966);<br />
- Vicolo del Vescovado (1967).<br />
Nei paesaggi, invece, amò giocare di più sulle contrapposizioni di colore, come<br />
in quei Panni stesi del 1967 o nel Bosco (1965), dove le tessere cromatiche<br />
paiono mosaici illuminati dal sole. L’approdo di Mora giunse a un naturalismo<br />
quieto, con la luce che filtra attraverso la tessitura vegetativa degli alberi (Gianni<br />
Cavazzini), un naturalismo però mai banale e scontato. Mora ottantatreenne<br />
poté perfino, nell’acquerello dal titolo Il ciliegio, rinunciare a una resa eccessivamente<br />
fotografica per esaltare la pura valenza decorativa, ai limiti dell’astrazione:<br />
un’altra, definitiva prova della freschezza e della modernità della sua<br />
ispirazione.
198<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Continii (1931), Oleari (1942), Ghirardi (1938): Grandi riquadrature rettangolari girano<br />
intorno all'ingresso impostando tali architetture secondo il gusto "imperiale" dell'epoca, sottolineato<br />
anche dall'uso di ripartire orizzontalmente i prospetti con fasce di travertino alternate al<br />
cotto.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
199<br />
Cappella Molinari (1929): le paraste che inquadrano il portale d'ingresso, il timpano classico e il<br />
trattamento a bugano degli elementi trapezioidali laterali, ricordano il carattere classico di Palazzo<br />
Amoretti in via Trento (in particolare per le inquadrature delle finestre).
200<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Villa (1946); Corazza (1925: le bifore ad arco a tutto sesto e il trattamento delle superfici<br />
a bugnato riprendono i motivi della villa urbana borghese.<br />
Es. Casa Rabioli in P.le del Carbone.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
201<br />
Cappelle Continii (1931), Peracchi : timpani paraste e il trattamento a bugnato (Contini) e a fasce<br />
orizzontali (Peracchi), conferiscono un carattere "imperiale"che si conforma al gusto dell'epoca.<br />
Gli intarsi marmorei di colore rosso e bianco per la cappella Peracchi e il pronao con colonne e<br />
timpano, sono di chiara ispirazione al Tempio ravennate.
202<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappele Continii (1931), Oleari (1942), Ghirardi (1938): l'impostazione lineare dellle superfici<br />
trattate a partizioni orizzontali, ribadisce i fronti di villa Gasparri in V,le Campanini
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Cappelle Chiretti (1931), Filigrana (1932): il portale classico (timpano e colonne) e le partizioni<br />
orizzontali in travertino si allineano all'impostazione con cui mora realizzava i fronti e le<br />
aperture delle ville urbane<br />
203
204<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Moderanno Chiavelli (1869-1962)<br />
205<br />
Iniziò, portatovi da singolare predilezione, gli studi musicali, che dovette<br />
bruscamente interrompere per una caduta che gli lasciò una permanente<br />
menomazione nella mano destra. Entusiasta per le cose dell’arte e dotato<br />
di una indomita volontà, riuscì allora ad addestrare la mano sinistra<br />
al disegno e si iscrisse all’Istituto di Belle Arti di Parma (1885). La sua<br />
passione per il disegno lo rese talmente noto nell’ambiente della scuola<br />
artistica che, ancora prima del diploma, l’architetto Pancrazio Soncini lo<br />
volle nel suo studio come disegnatore. A ventiquattro anni si diplomò a<br />
pieni voti nel corso di disegno architettonico (1893), di cui era titolare<br />
Enrico Bartoli. Dopo il diploma il Chiavelli esercitò l’insegnamento di<br />
geometria descrittiva e architettura presso la scuola serale annessa<br />
all’Istituto di Belle Arti (1894-1913) e prestò contemporaneamente servizio<br />
come impiegato straordinario nell’Ufficio Tecnico del Comune di<br />
Parma (1894). Collaborò così a vari progetti di edifici pubblici: la scuola<br />
elementare Pietro Cocconi (1898), all’angolo di Via Cocconcelli e Strada<br />
del Quartiere, con l’ingegnere Raffaele Villa, e il Macello Pubblico, con<br />
gli ingegneri Giorgio Alessi Canosio e Gino Fornari. Nel 1904 eseguì, in<br />
collaborazione con l’ingegnere Guido Albertelli, la facciata dell’Albergo<br />
Croce Bianca (in Piazza della Steccata, distrutto dai bombardamenti nella<br />
seconda guerra mondiale). Rimasto solo alla conduzione dell’Ufficio<br />
tecnico, coadiuvato soltanto dal geometra Baroni, non si lasciò sfuggire<br />
la grande occasione, da tempo attesa, di poter imporre in piena autonomia<br />
le proprie idee, eseguendo il progetto del Palazzo delle Poste. Questo<br />
incarico gli fu affidato sotto il sindaco Giovanni Mariotti e il Chiavelli<br />
(che lavorò alla progettazione assieme all’architetto Olindo Tomasi)<br />
seppe impostarlo e risolverlo magistralmente, ideando un nitido blocco<br />
con un ampio spazio interno in comunicazione sia con Via Pisacane che<br />
con Via Melloni. La facciata principale su Via Pisacane, nel suo variato<br />
intreccio di richiami classicheggianti, portati sul piano decorativo a un<br />
icastico espressionismo floreale fine a se stesso, qualifica stilisticamente<br />
l’esterno dell’edificio. Il cornicione a dentelli, le numerose cornici, le<br />
paraste con capitello, la trifora centrale, posta su un lungo balcone, e le<br />
bifore ai lati dimostrano la volontà del Chiavelli di restare fedele ai richiami<br />
dell’eclettismo e della ventata umbertina, pur nell’affiorare del<br />
gusto Liberty. Ma la sovrabbondanza dei rilievi plastici che impreziosiscono<br />
l’edificio non rompe l’ampio respiro dell’armonico e ben calibrato<br />
volume, che trae la sua configurazione planivolumetrica da precise con-
206<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
siderazioni di carattere urbanistico. L’ampio salone interno, le cui caratteristiche<br />
principali sono la copertura a vetrata e la suddivisione verticale<br />
delle pareti, ricorda molto da vicino l’atrio dell’Hotel Corso di Milano<br />
(1903-1905), progettato dagli architetti Cattaneo e Santamaria. Il complesso,<br />
la cui realizzazione richiese cinque anni (1905-1909), testimonia<br />
l’interesse e l’utilità di una progettazione totale, resa possibile dalla stretta<br />
collaborazione del Chiavelli con artisti di notevole valore: Cleomene<br />
Marini (decorazione pittorica del salone), Alessandro Marzaroli (decorazione<br />
plastica del salone), Paolo Baratta (figure allegoriche del vestibolo<br />
su Via Melloni) e Riccardo Del Prato (rilievi plastici della facciata principale).<br />
L’opera ebbe molti ammiratori e anche parecchi denigratori, che<br />
la stigmatizzarono per la ridondanza del suo apparato decorativo. Questa<br />
prima esperienza importante mise le ali all’entusiasmo del Chiavelli, che<br />
con la costruzione di quell’edificio entrò a far parte del novero dei più<br />
prestigiosi costruttori parmigiani. Subito dopo Chiavelli eseguì alcuni<br />
lavori sul lato orientale del Palazzo del Comune, uniformandone la facciata<br />
appesantita da infelici aggiunte. Maturò intanto la nomina del Chiavelli<br />
ad architetto capo-sezione dell’Ufficio Tecnico, un premio da lui<br />
lungamente atteso (aveva prestato la propria opera per quindici anni senza<br />
alcuna qualifica specifica). La promozione arrivò nel 1913, anno in<br />
cui l’amministrazione civica rinnovò i suoi quadri del personale. Il Chiavelli,<br />
dimostrandosi funzionario di prim’ordine, organizzò un ufficio<br />
progetti che nulla ebbe da spartire con quelli tradizionali e retrogradi<br />
dell’Italia umbertina: il Chiavelli tenne saldamente in pugno per un ventennio<br />
le principali attività edilizie di Parma, vigilando con scrupolo sulle<br />
licenze di costruzione e imponendo con fermezza il rispetto dei regolamenti.<br />
Si erano ormai spente le polemiche sul Palazzo delle Poste<br />
quando il Chiavelli elaborò il progetto dell’imponente edificio delle<br />
Scuole Tecniche (1914), affacciato sul lungo Parma Maria Luigia. Concepito<br />
come monoblocco pluripiano secondo la più castigata logica costruttiva,<br />
l’edificio è caratterizzato dalla fitta trama delle finestre e dalle<br />
fascie marcapiano e s’impone per la sobria chiarezza della ritmica struttura.<br />
L’opera fu ultimata solo dieci anni dopo (1924), per la carenza di<br />
materiali del periodo bellico e post-bellico. Venne invece portato a compimento<br />
il ripristino dell’antico palazzo Gherardi (1915), in Via Farini,<br />
trasformato in Istituto Tecnico. Nessun motivo ornamentale e nessuna<br />
arbitraria aggiunta fu inserita nell’originario contesto architettonico.<br />
Dopo una lunga parentesi bellica, il Chiavelli progettò e diresse dei lavori<br />
di restauro sul lato ovest della Pilotta (1922), dove ha sede l’Istituto di
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
207<br />
Leoncini (1931):<br />
il dromos (ingresso loggia)<br />
e il vano (zona notte e zona giorno)<br />
la tomba (il basamento o zoccolo)<br />
L'impianto s'imposta su un disegno di stilizzazione delle forme dell'architettura classica: il timpano<br />
che inquadra il portale e le paraste stilizzate che sottolineano i volumi dove sono collocate le<br />
tombe si orientano al linearismo classico modernizzato tipico della stagione tardo novecentesca<br />
ispirata ai modelli di Piacentini.<br />
Il timpano è dominato da un bassorilievo con il tema della clessidra e delle ali d’aquila simboli di<br />
morte e fugacità della vita, di capacità e superbia ma anche di fede in Cristo.
208<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Belle Arti, e disegnò la fronte su Viale Mariotti della nuova ala dell’edificio,<br />
occupata dal Museo Nazionale d’Antichità, sistemandone inoltre la<br />
scala e provvedendo al riassetto dei vari locali e a una razionale disposizione<br />
dei reperti archeologici. In quest’ultimo lavoro egli proporzionò<br />
con esattezza la lunga facciata, in armonia con la vicina mole centrale<br />
dell’edificio, senza l’ausilio di elementi decorativi se non con l’uso del<br />
mattone faccia a vista. Dimostrò così che il decorativismo di cui si era<br />
servito in precedenza non condizionava la sua opera di costruttore. In<br />
concomitanza con questo lavoro Chiavelli affrontò il restauro e la sistemazione<br />
interna di alcune parti del Convento benedettino di San Paolo<br />
(1922) e disegnò la facciata del palazzo dell’Azienda Municipalizzata<br />
Pubblici Servizi (1923), nel rispetto rigoroso di linee classiche, in armonia<br />
da un lato con palazzo Marchesi, dall’altro con l’antico campanile.<br />
Nel 1930 provvide ai restauri del Palazzo del Giardino e ai lavori di trasformazione<br />
in un unico vano delle due salette a nord dell’atrio del Teatro<br />
Regio, modificandone il sistema di copertura. Nello stesso periodo<br />
portò a compimento il già iniziato edificio progettato dall’ingegnere Enrico<br />
Tognetti in collaborazione con l’ingegnere Bruno Cornelli per gli<br />
Istituti Biologici dell’Università, ma poi sede dell’avviamento professionale<br />
Pietro Giordani, e disegnò la lapide marmorea murata nella facciata,<br />
con la dedica ai Caduti dettata da Arnaldo Barilli (1931). Queste opere<br />
diedero grande notorietà al Chiavelli, soprattutto nell’ambito della committenza<br />
privata. In questo senso, tra gli edifici a uso abitativo che maggiormente<br />
testimoniano un’intensa attività progettuale, sono sicuramente<br />
villa Romanelli in Viale Martiri della Libertà (gennaio 1909), casa Tirelli<br />
in Via Emilia Est (gennaio 1909), il rifacimento della facciata di casa<br />
Valesi in Via D’Azeglio (luglio 1911), la sistemazione e il sovralzo di<br />
casa Chiapponi (maggio 1911), palazzo Piazza in Via XXII luglio, con<br />
Olindo Tomasi, con decorazioni pittoriche al piano terra (1912), villa<br />
Masini a Barriera Farini (maggio 1916), palazzo Giovannacci per il costruttore<br />
Zanchi, sempre in collaborazione con Tomasi, presso Barriera<br />
Repubblica (1918), il rifacimento di palazzo Tosi in Borgo Giacomo<br />
Tommasini (1920) e forse casa Battioni, realizzata sempre per il costruttore<br />
Zanchi, il cui progetto inoltrato all’Ufficio d’Arte è tuttavia a firma<br />
dell’architetto Faraboschi. Gli anni dal 1909 al 1920 rappresentarono<br />
infatti il periodo più intenso della sua attività professionale e coincisero<br />
anche con il periodo più fertile della produzione architettonica del primo<br />
Novecento. Gli anni successivi lo videro impegnato in numerose opere<br />
pubbliche, in particolare in alcuni restauri, rifacimenti e riattamenti di
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
209<br />
facciata. Nel campo funerario sono da segnalare le cappelle Leoncini,<br />
Fulgoni, Caprioli, Romanelli e il monumento Marchelli. In provincia costruì<br />
la facciata, la cupola e il campanile delle chiese di Felegara e di<br />
Calestano ed eseguì altre opere minori a San Pancrazio, Collecchio, Fontevivo,<br />
Monticelli Terme, Sant’Ilario di Baganza, Sant’Ilario d’Enza, Polesine<br />
Parmense, Terenzo e Selva del Bocchetto. Dimesso dal servizio a<br />
64 anni per raggiunti limiti di età (1933), il Chiavelli si ritirò dalla professione<br />
attiva, pur continuando sino a tarda età a produrre disegni e<br />
progetti di varia natura, che lo portarono a realizzare alcune case economiche<br />
nel 1936, in Via Emilia Est e in Via Langhirano, e nel 1938, in Via<br />
Milazzo e in Via Imbriani. Fu socio effettivo dell’Accademia Parmense<br />
di Belle Arti di Parma.<br />
Note<br />
G. Copertini, Artisti parmigiani, 1927, 282; Parma nell’Arte 3 1963,<br />
240-241;<br />
G. Capelli, Architetti del primo Novecento, 1975, 81-85; Gli anni del<br />
Liberty, 1993, 94.42.
210<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Archivio Monguidi: disegni di progetto per il monumento ai caduti al cimitero di Vigatto.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Mario Monguidi<br />
Monguidi frequentò l’Istituto di Belle Arti di Parma, dove fu allievo di Giuseppe<br />
Mancini nella sezione di Architettura. Scoppiata la prima guerra mondiale,<br />
interruppe gli studi per arruolarsi come volontario (1915) e al fronte compì<br />
azioni belliche valorose, meritando una medaglia di bronzo e una croce al merito.<br />
Ritornò a Parma a guerra finita, dopo un lungo periodo di prigionia, e a venticinque<br />
anni conseguì brillantemente il diploma in Architettura (1921). L’attività<br />
del Monguidi trovò ben presto il suo centro di interesse: la realizzazione<br />
di opere celebrative.Nel 1923 costruì il monumento ai Caduti e il monumentale<br />
ingresso del cimitero di Vigatto e il monumento ai Caduti di Roncole di Busseto<br />
e nel 1926 il monumento ai Caduti di San Polo di Torrile. Quest’ultima opera<br />
è costituita da quattro cuspidi che portano incisi i nomi dei caduti, quattro ali<br />
riunite da quattro spade o croci, ravvivate dall’effetto policromo del basamento<br />
e dei proiettili di bigio scuro di Zandobbio, dal marmo bianco e rosa delle ali,<br />
dal bronzo delle spade e dalle decorazioni a mosaico. Ma la grande occasione<br />
di realizzare un’opera di tale genere nel centro storico di Parma gli si presentò<br />
quando ebbe l’incarico di progettare il monumento a Filippo Corridoni (1925),<br />
in Piazza della Rocchetta. Monguidi si mise al lavoro con accesa passione e<br />
ne disegnò non solo la struttura ma anche tutti i particolari decorativi e la statua<br />
dell’eroe, per la quale si ispirò a una pagina del suo diario di guerra: ma<br />
se potrò, cadrò per andare più avanti. Nella ricca composizione i richiami al<br />
liberty, oltre alla statua bronzea plasmata da Alessandro Marzaroli, sono particolarmente<br />
evidenti nei lunghi altorilievi marmorei che coprono su quattro lati<br />
il fusto della colonna, finemente eseguiti in candido botticino e simboleggianti<br />
la Povertà, la Fede, l’Amore e la Vampa, e nel basamento stilizzato, ispirato<br />
alla forma di un calice in fiore. Se si tiene conto delle preesistenze ambientali<br />
e dello spazio irregolare in leggera pendenza su cui sorge il monumento, risulta<br />
evidente che Monguidi seppe risolvere egregiamente un difficile problema<br />
urbanistico. Monguidi diede il suo contributo anche al settore residenziale.Il<br />
suo miglior lavoro nel settore è villa Vitali (1924-1925), all’angolo di viale<br />
Toscanini e via al ponte Caprazucca, a Parma, in cui elementi medioevali si<br />
fondono con raffinati motivi dell’ultima stagione secessionista. Interessante,<br />
nell’impianto planivolumetrico, la sciolta libertà distributiva delle masse murarie,<br />
ruotanti intorno alla torre centrale, concepita come belvedere aperto sul<br />
torrente. È da ricordre anche palazzo Alessandri (1940), in piazzale Boito, che,<br />
costruito sotto la suggestione dei modelli del Piacentini, ricalca gli schemi di un<br />
neoclassico di maniera, artificiosamente modernizzato. L’ultima sua opera fu la<br />
trasformazione della facciata della torre di San Paolo in monumento ai Caduti<br />
di Tutte le Guerre (1961), dove si mescolano a diversi livelli statue, pannelli,<br />
lapidi, medaglioni marmorei in marmo e in bronzo, con una distribuzione suggerita<br />
dalle incassature murarie dell’antico campanile. contemporaneamente<br />
211
212<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Le masse ruotano attorno all'impianto centrale che si conforma<br />
alla torretta degli edifici residenziali : la tomba e il vano<br />
delle cappelle corrispondono ai luoghi di vita delle resdenze.<br />
Forme sempre più semplificate e plastiche si allineano a quel<br />
classicismo di maniere artificiosamente modernizzato tipico<br />
della stagione tardo novecentesca ispirata ai modelli di Piacentini.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Spaggiari (1933); Manzini (1971-30); Zanzucchi (1924): il dromos la tomba e il vano
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
213<br />
alla realizzazione di queste opere maggiori, Monguidi compì studi di architettura<br />
funeraria costruendo, nel cimitero di Parma, il cenotafio ai Caduti della<br />
società di Mutuo Soccorso Pietro Cocconi (1922) e numerose edicole funerarie,<br />
come quelle per le famiglie Gardella (1923), Dall’Aglio-zanzucchi (1924),<br />
Merli, Pizzorni e Camorali (1954), e in provincia le cappelle Bo a traversetolo<br />
(1925) e Carrara-Verdi a Busseto (1930). In tutti questi lavori, ispirati di preferenza<br />
al movimento secessionista, Monguidi, pur costretto a operare entro limiti<br />
angusti, mise in evidenza una fantasia esuberante, influenzando con la sua<br />
visione artistica anche i suoi collaboratori, incaricati della parte scultorea dei<br />
monumenti, come Cacciani e Brozzi. Di Monguidi rimangono anche numerosi<br />
disegni di progetti non realizzati, che documentano e mettono in evidenza un<br />
estroso e fecondo talento creativo.<br />
Note<br />
G.Capelli, Architetti del primo Novecento, 1975, 127-131;<br />
Gli anni del Liberty, 1993, 120-122;<br />
Gazzetta di Parma 19 aprile 1997, 5, e 8 maggio 1997.
214<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Manzini (1971-30); la pianta è quadrata i prospetti sono lineari per le forme geometriche<br />
che li compongono; il fronte presenta un portale con timpano sporgente e mensole che<br />
concludono una cornice "ondulata" che corre tutt'intorno il perimetro. Il dinamismo dato dalle<br />
ombre che conferisce all'insieme un'architettura plastica, e la semplificazione stilistica conferisce<br />
all'insieme un' architettura di tipo decò. Al fianco del portale sono scolpite in rilievo due figure<br />
maschili a torso nudo, che pioangono con la testa appoggiata ad un braccio. A sua volta l'arto è<br />
puntellato ad un anfora simbolo della forza della vita terrena e spirituale.<br />
Spaggiari (1933): la stilizzazione delle forme dei prospetti e l'impostazione troco conica dell'impianto<br />
architettonico sono di chiara matrice classica.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
215<br />
Cappella Rizzi (1953): il fronte è caratterizzato da effetti decorativi di risonanza barocca: i bassorilievi<br />
floreali, gli archetti pensili, i motivi a foglie del cornicione conferiscono all’opera un<br />
notevole effetto plastico.La pianta rettangolare presenta nicchie laterali che contengono le tombe,<br />
e che si configurano come le navatelle laterali delle prime chiese cristiane (romaniche).Il<br />
piano verticale presenta, insieme agli elementi decorativi sopra menzionati, il portale in ferro con<br />
anfore simbolo (elemento tipico dell’architettura funeraria). Il grosso rosone soprastante inscrive<br />
una croce con rappresentato un bassorilievo con i temi della "Deposizione di Cristo" e "della sua<br />
Gloria (Cristo in trono)".
216<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cappella Zanzucchi (1924): La pianta è quadrata, i fronti triangolari; un'importante zoccolatura<br />
inquadra l'ingresso sovrastato da una fessura vetrata. L' architettura riprende un disegno geometrico<br />
semplice in cui spicca la figura del triangolo e del quadrato.Il mosaico della facciata, raffigurante<br />
l'angelo in preghiera con calzari ai piedi e gigli decorativi, presenta colori accesi in cui<br />
domina l'azzurro e il rosae il giallo in contasto con la linearità dell'insieme architettonico.
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
Archivio Monguidi: disegni di progetto per la Cappella ai caduti della seconda guerra mondiale<br />
al cimitero di Vigatto.<br />
217
218<br />
I progettisti e gli artisti:<br />
Ettore Leoni, Camillo Uccelli, Ennio Mora, Moderanno Chiavelli, Mario Monguidi<br />
Le porte e l'ornamento; un possibile confroto tra le decorazioni e le geometrie.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II Analogie tra le architetture funerarie e residenziali<br />
219
220<br />
Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
PARTE III<br />
IL MUSEO VIRTUALE<br />
Maria Carmen Nuzzo
Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
221<br />
Capitolo 1 - Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
1.1 L’idea<br />
Quando si parla di patrimonio storico-artistico, e soprattutto del modo con cui<br />
questo deve essere raccolto e trasmesso, è necessario fare ricorso ai termini e<br />
alle definizioni che sono state elaborate dal Codice Urbani entrato in vigore<br />
il 1°maggio 2004 il quale, nel regolamentare in modo organico la tutela del<br />
patrimonio culturale, storico ed artistico del nostro paese ha ribadito a chiare<br />
lettere che i beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati<br />
alla fruizione e alla collettività 1 .<br />
Nella definizione di bene culturale, ovvero, “le cose immobili e materiali che<br />
presentano interessse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico,<br />
archivistico e bibliografico 2” , rientrano le “raccolte di musei, pinacoteche,<br />
gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti<br />
pubblici territoriali, nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico ”3 .<br />
La legislazione italiana definisce il museo, secondo il decreto legislativo del<br />
Codice Urbani, “una struttura permanente che acquisisce, conserva, ordina<br />
ed espone i beni culturali per finalità di educazione e di studio” 4 ; il comma 3<br />
di tale legge prosegue definendo che gli “istituti e i luoghi che appartengono<br />
a soggetti pubblici sono destinanti alla pubblica fruizione”.<br />
A livello internazionale esiste un organismo che è espressione del mondo dei<br />
musei: l’ICOM, International Council of Museums, che all’art. 2.1 del suo<br />
statuto definisce il museo come “un’istituzione permanente, senza scopo<br />
di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al pubblico che<br />
compie ricerche sulle testimoniamze materiali dell’uomo e del suo ambiente,<br />
le acquisisce, le conserva, le comunica e soprattutto le espone a fini di educazione<br />
di studio e di diletto” 5 .<br />
In questa definizione viene posto l’accento sull’attività di ricerca che determina<br />
il concetto stesso di museo e in questo senso è innovativa rispetto la<br />
definizione italiana.<br />
In riferimento alla definizione di mostra le norme che si devono richiamare<br />
sono l’art.10, comma n.2, l’art.48 e l’art.74-quater del D.P.R. 26 ottobre
222<br />
Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
1972, n.633.<br />
In particolare, l’art.74-quater fornisce disposizioni<br />
in materia di attività spettacolistiche<br />
elencate nella tabella C allegata al medesimo<br />
DPR n.633. Il punto 5 della citata tabella<br />
stabilisce, per la parte che qui interessa, che<br />
nel novero delle attività di spettacolo rientrano<br />
le “mostre e fiere campionarie; esposizioni<br />
scientifiche, artistiche e industriali<br />
… ed altre manifestazioni similari”. Appare<br />
quindi palese la riconducibilità delle mostre<br />
culturali in esame al genus delle attività<br />
spettacolistiche.<br />
Museo digitale<br />
La struttura espositiva della museo digitale<br />
riunisce al suo interno l’idea del museo e<br />
quello della mostra.<br />
La mostra è un’organizzazione temporanea<br />
che si costruisce e si sviluppa mono-tematicamente,<br />
in contrapposizione al museo, come<br />
riassemblaggio trasversale delle collezioni<br />
che normalmente lo caratterizzano.<br />
Il museo possiede collezioni che si possono arricchire<br />
nel tempo, ma tematicamente definite.<br />
Questo costruisce la sua identità e ne determina<br />
la specificità e il ruolo rispetto ad altri.<br />
Il museo digitale offre una proiezione comunicativa<br />
“a tutto campo” del museo reale. Ciò<br />
significa far parlare le opere attraverso gli strumenti<br />
offerti dalla tecnologia. Al suo interno<br />
sarà possibile creare sale virtuali di qualunque<br />
natura, dove scegliere le opere e accostarle ad<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
altre del museo stesso o ad altri oggetti/imma- Il museo della resistenza, Sarzana 2007:<br />
i volti narranti.<br />
fig.1<br />
fig.2<br />
fig.3<br />
fig.4
Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
223<br />
gini in base alle esigenze comunicative o alla scelta del visitatore.<br />
L’obbiettivo sarà quindi l’organizzare di spazi virtuali, legati alle innumerevoli<br />
potenzialità del trattamento dell’immagine, in relazione allo spazio reale, attraverso<br />
le tecnologie grafico-interattive, per costruire mondi e racconti visivi che<br />
prescindono dalla necessità di simulare lo spazio reale, evocando suggestioni attraverso<br />
le immagini.<br />
Questa idea di museo s’ispira e rielabora l’esperienza del gruppo “Studio Azzurro”<br />
6 di Milano in relazione al “Museo della resistenza” 7 di Sarzana, dove i volti<br />
narranti sono un’esplosione di segni ed espressività che testimoniano la drammaticità<br />
degli eventi (fig. 1-2).<br />
Partigiani, contadini, sacerdoti, operai, sono le tessere di un quadro complesso, di<br />
una memoria storica non ancora pacificata e pienamente elaborata che è offerta<br />
alla riflessione dello spettatore.<br />
I volti segnati dall’età dei testimoni e le loro voci di volta in volta decise od<br />
esitanti, imperiose o flebili ci parlano dell’unicità irriducibile di ogni esperienza<br />
umana, eppure i racconti ci rimandano l’eco di altre storie, di altre vite parallele,<br />
di altri dolori e di altre gioie (fig. 2-3-4).<br />
La parte sonora conferisce una dimensione audiovisiva: la rappresentazione diviene<br />
un’esplosione segnica ed espressiva in cui il gesto e il racconto conferiscono<br />
una duplice valenza al museo.<br />
I presupposti del museo digitale sono quindi:<br />
- raccontare con la lingua mediatica,<br />
- utilizzare la tecnologia informatica in modo efficace.<br />
Questo facilita una riflessione personale durante l’ascolto e la lettura delle informazioni.<br />
Il museo virtuale raccoglie emozioni, le trasmette e le riattiva: è un laboratorio<br />
informativo aperto alla rielaborazione personale del fruitore.<br />
Questo può relazionarsi con la parte invisibile degli oggetti, con gli eventi che<br />
li hanno costruiti e con la spazialità del luogo, attraverso immagini e richiami.<br />
La memoria è il bagaglio personale rielaborato dal fruitore, il materiale multimediale<br />
diventa patrimonio condiviso e non viene disperso.<br />
Se le installazioni sono come opere d’arte, i musei virtuali possono essere<br />
come cicli di affreschi, laboratori aperti che si interfacciano con il fruitore, nei<br />
quali la tecnologia diventa il motore di emozioni e sensazioni.<br />
Le chiavi di lettura del museo, in mano al fruitore, sono quindi, la comunicazione<br />
visiva e il racconto.<br />
La comunicazione visiva è più efficace di quella linguistico-testuale, allo stesso<br />
modo il racconto è particolarmente efficace per suscitare e mantenere attenzione,<br />
invitando poi alla lettura degli approfondimenti.<br />
La struttura del racconto e il meccanismo della storia, intesa come “memoria”,<br />
rappresentano quindi gli elementi basilari del museo digitale, dove l’ambienta-
224<br />
Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
zione costituta dal binomio sala e opere accoglie<br />
opere cardine, al servizio delle quali<br />
occorre mostrare altri oggetti o immagini.<br />
Dagli oggetti selezionati per animare l’ambiente<br />
virtuale è possibile navigare in spazi<br />
immaginari, che costituiscono il punto di<br />
partenza dei racconti visivi che introducono<br />
nuovi percorsi: attraverso ancore visive essi<br />
andranno a popolare altri ambienti, la cui selezione<br />
farà partire altri racconti.<br />
Colonne sonore ed effetti che la moderna tecnologia<br />
dispone potranno integrare la visita:<br />
così le nuove tecnologie potranno indurre<br />
sensazioni multisensoriali.<br />
Alla fine del percorso il visitatore/spettatore<br />
dovrà avere capito l’opera, letto e assimilato<br />
compiutamente il suo messaggio. Questa<br />
è la differenza principale tra museo reale e<br />
museo virtuale: il secondo fa parlare e raccontare<br />
direttamente gli oggetti.<br />
Quindi l’obbiettivo del museo è la creazione<br />
di una realtà virtuale 8 per elaborare uno spazio<br />
mentale, ideato e costruito a piacere dal<br />
visitatore.<br />
Come accade nelle videoinstallazioni che il<br />
gruppo artistico sopra menzionato ha proposto<br />
ne Il giardino delle anime (Fig. 5-6),<br />
oppure ne Il soffio sull’angelo primo nafragio<br />
del pensiero, (Fig. 7-8): in entrambi<br />
i movimenti degli angeli o di anime che si<br />
legano all’incantesimo di una musica nascosta,<br />
fanno partecipare ed interagire lo spettatore;<br />
ma, misteriosi spazi semiaerei, teatri<br />
impalpabili del naufragio del pensiero non<br />
si lasciano penetrare e rimangono, come un<br />
soffio, sospesi nella virtualità.<br />
Mondi del passato possono tornare a vivere<br />
come se fossero contemporanei attraverso la<br />
visione di documenti storici, dando la possibilità<br />
di percepire visivamente le informazioni<br />
e restituendo al visitatore la possibilità<br />
di rielaborarle mentalmente. Calandosi in un<br />
fig.5<br />
fig.6<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Il giardino delle anime, 1997- interattive<br />
video environment, New Metropolis Science<br />
and Tecnology Center, Amsterdam:<br />
fig.1:bozzetti; fig.2 scena interattiva<br />
fig.7<br />
fig.8<br />
Il soffio sull’angelo primo nafragio del pensiero,<br />
1997-videoinstallazione interattiva,<br />
Università Normale, Pisa; fig.3-4
Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
225<br />
vorticoso viaggio a ritroso nel tempo, il visitatore può scegliere i percorsi capaci<br />
di rispondere alle sue domande o arrivare in spazi nuovi e magari perdersi<br />
in mondi prima sconosciuti.<br />
Il target è il visitatore comune, che va preso per mano e guidato su un sentiero<br />
sicuro, sia quello che conosce il tema e cerca approfondimenti.<br />
Quindi coesistono due livelli di lettura:<br />
- le informazioni sintetiche sugli argomenti principali,<br />
- gli approfondimenti critici con richiami alle fonti.<br />
1.2 L'organizzazione: il progetto “Villetta”<br />
Il sistema informativo, che raccoglie la grande quantità di informazioni sul<br />
monumento, attraverso la schedatura architettonica fatta sul cimitero della Villetta<br />
a Parma, pur non garantendone la conservazione, ne può trasmette la conoscenza.<br />
Qui emerge l’importanza della divulgazione per la sensibilizzazione<br />
alla valorizzazione e riqualificazione. Ma le informazioni trasmesse dal sistema<br />
informativo nella sua forma base si rivolgono a specialisti e non possono<br />
avvicinare il largo pubblico, che necessita di strumenti di più facile accesso,<br />
con un approccio critico e non solo descrittivo.<br />
Se il cimitero rappresenta un museo all’aperto di storia, arte e architettura,<br />
occorre aiutare il pubblico a percorrere consapevolmente i percorsi della memoria<br />
che esso custodisce: questo è possibile con una guida virtuale che consenta<br />
il riferimento veloce tra oggetto e testo, costruita a partire dal sistema<br />
informativo attraverso una selezione critica dei dati raccolti.<br />
Come simulazione dello spazio mentale del ricordo in una raccolta virtuale<br />
di documenti reali, essa deriva da una sintesi critica del materiale del sistema<br />
informativo, con un ribaltamento del rapporto tra iconografia e testo, rispetto<br />
ad una guida cartacea.<br />
Questo nuovo data-base riservato ai soli oggetti di maggior pregio selezionati,<br />
rende più “leggero” il sistema informatico del museo digitale e quindi più snella<br />
e veloce la visita da parte del fruitore.<br />
L’organizzazione del museo digitale nasce quindi dall’esigenza di ricomporre<br />
la grande quantità di materiale censito in una struttura capace di essere una<br />
“guida” facilmente fruibile che porti alla luce la memoria racchiusa nel cimitero:<br />
una promenade architettonica, artistica e storica che “disveli” quelle<br />
sepolture emblematiche della riproduzione in mortem dell’habitat dei vivi, ma<br />
anche altri possibili percorsi tematici, che mettano alla luce materiali documentati<br />
dai rilievi e dalle ricerche archivistiche.<br />
Nell’insieme questo “racconta” la scultura, l’architettura e la pittura, ma anche<br />
le memorie pubbliche e private che si sono accumulate negli ultimi due secoli<br />
valorizzando in tal senso il patrimonio culturale 9 sotto la cui definizione è<br />
ascrivibile il cimitero stesso.
226<br />
Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Questa guida virtuale, la cui organizzazione bene risponde al binomio tutela<br />
e valorizzazione che definisce il concetto di salvaguardia 10 del bene, concorre<br />
a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere<br />
lo sviluppo della cultura.<br />
Essa vuole quindi essere un percorso che racconta le architetture ritrovate in<br />
una città perduta: senza sostituirsi ai monumenti, essa intende essere un’integrazione<br />
e richiamo, un orientamento al riconoscimento dell’oggetto d’arte, al<br />
quale resta il compito di svelarsi completamente “dal vero”, raccontando altre<br />
storie.<br />
1.3 I percorsi<br />
La struttura del racconto è quella di un albero, i cui rami individuano percorsi<br />
di fruizione, organizzati in tre macroambienti 11 in cui arte e storia s’intrecciano<br />
in una struttura complessa, nella quale si possono costruire percorsi di lettura<br />
alternativi:<br />
- i manufatti (arte e architettura),<br />
- gli artefici (defunti e autori),<br />
- la storia.<br />
Questi percorsi tematici che ne contengono altri, sono il risultato della lettura<br />
comparativa degli oggetti architettonici accumulati nel cimitero che, con le<br />
loro forme, illustrano l’opera degli artisti locali e con altri riferimenti raccontano<br />
la storia cittadina attraverso le persone che l’hanno condizionata.<br />
Tutte le informazioni sono state quindi organizzate in schede riferite a singoli<br />
oggetti/personaggi selezionati, nelle quali la compilazione dei campi specifici<br />
e la presenza di parole chiave permette il collegamento ai diversi percorsi, cui<br />
possono essere relazionati gli elementi del museo digitale.<br />
In ogni scheda, riferita agli oggetti, sono compilati campi che permettono<br />
d’individuare:<br />
- nome e descrizione artistica degli oggetti,<br />
- la collocazione planimetrica,<br />
- la tipologia,<br />
- lo stile di riferimento/ l’autore/ le date di costruzione,<br />
- immagini correlate (fotografie-disegni di progetto),<br />
- riferimenti bibliografici e archivistici,<br />
- defunti importanti,<br />
- presenza di elementi ornamentali e opere d’arte,<br />
- l’eventuale collegamento ad altre informazioni contenute nel sistema infor<br />
mativo principale.
Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
227<br />
Nelle schede degli artefici sono contenute le note biografiche (tratte da: Roberto<br />
Lasagni, Dizionario biografico dei parmigiani, Parma,1999 - G.Capelli, Architetti<br />
del primo Novecento, 1975 e Gli anni del Liberty, 1993), la posizione<br />
delle sepolture e/o delle opere ed eventualmente la residenza e/o le opere nella<br />
città dei vivi, e infine le parole chiave che permettono di inquadrare il personaggio<br />
nelle categorie di appartenenza riferite a possibili percorsi tematici.<br />
L’elemento base della schedatura è l’architettura, ricondotta alle costruzioni<br />
comuni delle parti collettive del cimitero (ottagono, gallerie, oratorio…), alle<br />
sepolture (archi, cappelle, edicole, tombe) e ai monumenti commemorativi.<br />
Come supporto di elementi ornamentali essa è infatti il primo riferimento al<br />
quale collegare, quando saranno disponibili, anche le informazioni derivate<br />
dalla schedatura artistica degli stessi manufatti.<br />
Gli oggetti selezionati, nelle loro valenze architettoniche e scultoree, sono caratterizzati<br />
da un linguaggio architettonico che permette la loro classificazione<br />
per stile.<br />
Pertanto il tema ARTE e ARCHITETTURA può essere letto secondo percorsi<br />
stilistici predefiniti, che possono diventare vere e proprie lezioni di storia<br />
dell’arte locale:<br />
- Neoromanico,<br />
- Neogotico,<br />
- Liberty,<br />
- Eclettismo,<br />
- Decò e Simbolismo.
228<br />
Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Il percorso che riguarda gli ARTEFICI presenta gli autori delle opere (architetti,<br />
scultori, pittori) e i defunti celebri (scienziati, artisti, politici ed eroi di guerra):<br />
come i primi hanno costruito la città, i secondi ne hanno fatto la storia.<br />
Il percorso della STORIA, racconta la trasformazione fisica dell’ottagono monumentale<br />
nelle sue fasi di fondazione, costruzione e crescita, riferita ai principali<br />
avvenimenti della città e della Nazione.<br />
I percorsi secondari nei quali si articola la lettura storica sono principalmente<br />
quelli temporali significativi per la crescita del cimitero, raccontati dalle gesta<br />
dei defunti e dai loro manufatti commemorativi.<br />
Ai percorsi stilistici principali se ne aggiungono altri, come quello degli autori<br />
(i principali artefici dell’architettura) e degli artisti (a cui possono essere ricondotti<br />
mosaici, pitture, sculture ed altre opere), ma anche i riferimenti tipologici<br />
e simbolici che spiegano gli oggetti attraverso l’accesso ad un glossario critico<br />
in cui sono stati inseriti i termini riguardanti l’arte funeraria e un abaco dei<br />
simboli e dei loro significati.<br />
Altri approfondimenti rimandano alla simbologia del recinto con le sue valenze<br />
simboliche, storiche e architettoniche. Importante il riferimento (descritto<br />
dalle biografie collegate ai percorsi) alle famiglie, ai defunti illustri e alle loro<br />
gesta che nel loro insieme permettono di ricostruire la storia civica.<br />
Ulteriori riferimenti riguardano ambiti tematici inerenti l’architettura:<br />
- la tipologia della tomba nella sua evoluzione stori ca;<br />
- l’individuazione dei modelli di riferimento e dei loro caratteri spaziali;<br />
- l’interpretazione attraverso la comparazione tipologica dei modelli.<br />
I percorsi s’intrecciano quindi tra loro. Lo schema dell’albero a tre rami si articola<br />
in una forma intrecciata che ricorda quella di una pianta rampicante.<br />
Gli ulteriori approfondimenti sono testi relativi agli studi critici esistenti in<br />
formato PDF e le schede WIKI che potranno essere aggiornate e integrate dagli<br />
stessi utenti.
Capitolo I L'idea, l'organizzazione, i percorsi<br />
ParteIII Il museo virtuale come restituzione del rilievo<br />
229
230<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
CONCLUSIONI<br />
La ricerca nell’ambito dell’architettura funeraria, ha evidenziato uno stretto<br />
legame formale e simbolico tra quella che era la “domus dei morti” nelle civiltà<br />
etrusche e romane e quella che è ai giorni nostri. L’analisi architettonica<br />
e simbolica di incisioni riguardanti “gli antichi sepolcri etruschi e romani” ha<br />
permesso di individuare i tre spazi (funzionali e formali) caratterizzanti queste<br />
architetture e le forme primarie di riferimento (cerchio, il quadrato e il triangolo<br />
rappresentate dalle tombe di Cecilia Metella e quella di Caio Cestio) che si<br />
ritrovano nell’“architettura parlante “dell’illuminismo.<br />
La dromos, la tomba e il vano della tomba a thòlos etrusca, e di quella romana<br />
di Anna Regilla (tipologia a tempietto) lungo la Via Appia, si traducono nel<br />
protiro, nel sepolcro e nel vano delle cappelle gentilizie dei cimiteri neoclassici.<br />
Le tipologie ricorrenti individuano la tomba come archetipo di casa in<br />
quanto dimora eterna, sepolcro, luogo che accoglie l’uomo a nuova vita: le<br />
loro origini possono essere individuate nella forma del mausoleo che, fin dal<br />
periodo romano, è stato usato per indicare i sepolcri innalzati alla memoria di<br />
eroi e cittadini illustri. Nello schema architettonico è in generale una tomba<br />
regale o gentilizia, il cui principale riferimento tipologico è quello del Pantheon.<br />
A questo “tipo” sono riconducibili tre principali tipologie di tombe di<br />
matrice romana-ellenistica: la tomba a edicola, la tomba a torre e la colonna<br />
commemorativa.<br />
La storia del cimitero (fondazione e crescita), individuata dallo studio e dalla<br />
ricerca dei documenti d’archivio e dei progetti otto-novecenteschi, ha evidenziato<br />
come la strutturazione della forma dell’ornamento abbia seguito principalmente<br />
caratteri eclettici, liberty e decò.<br />
Sono state schedate quelle cappelle e quelle tombe realizzate dagli architetti<br />
che hanno strutturato anche la città dei vivi: Ettore Leoni, Camillo Uccelli,<br />
Ennio Mora considerandole le più significative; ogni architettura è stata rilevata<br />
e schedata studiando il sistema portico, dromos e tomba attraverso schemi<br />
tridimensionali, composizioni e ricomposizioni analitiche che hanno messo
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
SEPOLCRI ETRUSCHI E ROMANI: individuazione delle tipologie e delle forme primarie<br />
(cerchio, quadrato, triangolo).<br />
231<br />
ORGANIZZAZIONE DEI RECINTI CIMITERIALI PARMENSI:<br />
L’origine simbolica e tipologica del recinto è quella del Pantheon (25 a.c.) (dal greco: παν,<br />
pan, “tutti” e θεόν, theon, “dèi”) che si relazione nella sua forma spaziale con il cimitero di<br />
Choaux realizzato da Viollet Le Duc (1775).
232<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
LE TOMBE A THOLOS (IPOGEE),<br />
dedicate alle sepolture regali: un corridoio<br />
conduce alla tomba in cui era<br />
collocato il sarcofago del re.<br />
Gli elementi spaziali sono: il porticov<br />
(dromos), tomba e vano.<br />
LE TOMBE A TEMPIETTO: strutturate<br />
su un alto podio a cui si accede<br />
mediante scalinate che conducono<br />
alla sepoltura. Il dromos, la tomba e<br />
il vano strutturano con forme diverse<br />
lo spazio della sepoltura.<br />
IL PALAZZO DEL RE E’IL MODEL-<br />
LO DELLA TOMBA A TEMPIETTO:<br />
l’ingresso e la sala del trono (megaron)<br />
si configurano come il dromos e la tomba.<br />
Quindi il sarcofago prende il posto<br />
del trono
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
233<br />
I MODELLI DELL’ANTICHITA’: l’edicola, la<br />
tomba a torre, la colonna commemorativa<br />
L’INTERPRETAZIONE NEL CIMI-<br />
TERO DELLA VILLETTA:<br />
il recinto e la porta sono gli elementi<br />
caratterizzanti sia l’impianto cimiteriale<br />
che la singola “domus”<br />
SCHEMI TIPOLOGICI DELLE CAP-<br />
PELLE FUNERARIE: le linee invisibili<br />
che strutturano il dromos, la tomba<br />
e il vano.<br />
Mario Monguidi (Spaggiari, Zanzucchi,<br />
Stori).
234<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
SCHEMI TIPOLOGICI DELLE<br />
CAPPELLE FUNERARIE: le linee<br />
invisibili che strutturano il dromos,<br />
la tomba e il vano.<br />
Ennio Mora (Ghiretti, Villa, Peracchi,<br />
Molinari,Vietta).<br />
ORGANIZZAZIONE DEI RECIN-<br />
TI CIMITERIALI PARMENSI:<br />
Il recinto e la porta sono gli elementi<br />
caratterizzanti sia l’impianto<br />
cimiteriale sia la singola “domus”;<br />
il riferimento al primo cimitero<br />
settecentesco realizzato da Milizia<br />
traduce una matrice tipologica (il<br />
recinto) per il cimitero neoclassico<br />
che trova nel cimitero della villetta<br />
un esempio significativo.<br />
L’origine simbolica e tipologica del<br />
recinto è quella del Pantheon (25<br />
a.c.) (dal greco: παν, pan, “tutti” e<br />
θεόν, theon, “dèi”) che si relazione<br />
nella sua forma spaziale con il cimitero<br />
di Choaux realizzato dA Viollet<br />
Le Duc (1775).<br />
LA SCULTURA E L’ARCHITET-<br />
TURA SONO SINONIMI;<br />
L’angelo della morte nella veste di<br />
guerriero, di suonatore o di uomo<br />
piangente è il simbolo dominante<br />
per tutto il cimitero.<br />
Di matrice bistolfiana trova i riferimenti<br />
alle figure imprigionate nella<br />
materia...(i prigioni michelangioleschi)
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
235
236<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
in luce le relazioni tra la forma dell’architettura e lo spazio dell’ornamento,<br />
ovvero quelle relazioni spaziali "invisibili" possedute da ogni architettura: le<br />
geometrie nascoste. I risultati sono stati messi a sistema in un abaco in cui sono<br />
inseriti rilievi topografici e schemi bidimensionali<br />
Dei 13 elementi messi a sistema è scaturito che l’ornamento tradotto sia come<br />
entità stilistica che come simbolo rappresenta la forma dell’architettura funeraria.<br />
La relazione tra la forma dell’architettura e lo spazio dell’ornamento ha la<br />
sua massima espressione negli elementi che rappresentano i punti di "cerniera"<br />
tra lo spazio interno ed esterno: la porta e la finesta. Essi divengono il luogo in<br />
cui il recinto della domus dei morti, ordinato e silenzioso, si collega al caos e<br />
al disordine della città dei vivi attraverso l’ornamento tradotto sia come entità<br />
stilistica che come simbolo: la scultura è l’ornamento stesso, la forma architettonica<br />
che mantiene gli spazi degli antichi sepolcri si veste di una dimensione<br />
simbolica che dà carattere alla sua forma.<br />
Lo studio delle simbologie cristiane e pagane e l'analisi delle forme di sepoltura,<br />
che si sono formate e trasformate parallelamente alla evoluzione della concezione<br />
della morte, sono state tradotte in suggestioni progettuali che hanno<br />
riguardato sia gli impianti cimiteriali parmensi che progetti di tombe e giardini<br />
per "la memoria". Il risultato di questa ricerca è il progetto che cattura attraverso<br />
il disegno le "forme invisibili" della memoria.<br />
Progetto per una tomba: il delfino simbolo del Cristo, è la forma che con-figura il progetto di un<br />
tomba per i cimitero di Parma.
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
237<br />
La memoria intesa come ricordo, rimando, a qualche fatto del passato ci porta<br />
sempre nel mondo della nostra immaginazione…ed è proprio questo lo spazio<br />
in cui ciò che vediamo e ciò che è veramente si fondono per assumere una<br />
forma carica di significati simbolici e allusivi.<br />
La trasposizione del materiale acquisito con la visione verso il mondo esterno<br />
avviene mediante il disegno, la scrittura e la musica (questa nel museo<br />
virtuale): le forma d’arte per eccellenza.<br />
Rappresentare significa “dare forma”, per comunicare messaggi e sensazioni<br />
ma anche per dis-velare, portare alla luce qualcosa.<br />
Il meccanismo ricorda quello che succede nella pittura per astrarre le forme del<br />
reale e portarle ad una nuova forma (ab-traere, portare fuori)...e<br />
nell’architettura riprende il significato di progettare, pro-iettate, buttare<br />
fuori forme e circoscriverle in un luogo morfologicamente definito. Ed è<br />
proprio questo il punto di partenza: il disegno che porta già in sé il germe del<br />
progetto: ovvero l’idea che prende forma attraverso il meccanismo della<br />
visione e della rappresentazione.<br />
Il disegno e il progetto non possono scindersi perché la manifestazione dell’uno<br />
impone la presenza dell’altro.<br />
- il disegno è ricerca: come il sismografo registra e scrive i movimenti<br />
impercettibili della terra, il disegno attraverso deve registrare e portare alla<br />
luce quei caratteri che solo un’animo ben disposto all’ascolto può<br />
comprendere. E’ un sottile dialogo tra un fuori e un dentro, tra lo spazio<br />
della memoria e lo spazio della rappresentazione.<br />
- la ricerca è il disegno stesso, al di là di ogni tecnica, che si configura<br />
come modo di vedere e scoprire il creato, come idea di modificarlo,<br />
come senso di essere e di amare come speranza di porsi di fronte alla creatività<br />
per costruire il progetto di un mondo migliore più giusto e più bello.- disegnare<br />
è atto azione, di ciò che l’anima esprime: è forza creativa che si concretizza in<br />
materia attraverso il segno, la traccia, la forma; è strumento che dà forma a<br />
ciò che altrimenti rimarrebbe informe. La musica, la poesia, il disegno<br />
sono azioni creative: danno forma ad un’idea, ad un’ intuizione che<br />
altrimenti si perderebbe nell’infinito. Michelangelo raccontava che già nel<br />
pezzo di marmo è presente la forme che poi l’artista plasmerà con le<br />
sue mani. Conferendo il volto all’anima dell’oggetto, colui che dà forma<br />
all’azione creativa, diviene lo strumento che di-svela e porta in luce la materia:<br />
la forza diviene forma, l’attesa azione e lo spazio infinito finito.
238<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Conclusioni<br />
Note<br />
1 Secondo l’art. 2 del Codice, il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e paesaggistici<br />
2 Art.10, 1° comma del Codice dei beni culturali.<br />
3 Art.10, 2° comma lettera a)<br />
4 Art. 101 dlg. 42/2004, Istituti e luoghi della cultura, lettera a) comma 2-3<br />
5 Art. 2.1 dello Statuto dell’ICOM<br />
6 Le opere di questo gruppo artistico, sono considerate dei classici che hanno cambiato la<br />
storia dell’arte contemporanea.<br />
L’esperienza artistica condotta riguarda la ricerca di un luogo possibile e non finito, rivolto<br />
ad un uomo che cerca di uscire dalla sua gabbia senza riuscirci mai. Un mondo che è sogno e<br />
incubo. Alla fine, come per lo Shakespear in Romeo and Juliet, ci si dovrebbe chiedere quale<br />
sia mai la “sostanza dei sogni”.<br />
Ciò che rende unico il loro lavoro è la straordinaria capacità di emozionare attraverso la tecnologia,<br />
assumendo la sfida tecnologica per trasmetterla in un’emozione che è anche trasferimento<br />
di sapere; queste opere traducono nella forma visiva e in quella del racconto la parte<br />
non fisica delle cose.<br />
Sono pochi gli artisti italiani che negli ultimi venti anni sono stati esposti nel mondo e copiati<br />
come Studio Azzurro.<br />
7…..Attorno ad un tavolo si sono decisi i destini di uomini, su di un tavolo si è scritto il sapere<br />
dell’umanità, ci si riunisce ad un tavolo per confrontarsi e ricordare, ci si appoggia ad un tavolo<br />
con un libro per leggere testi e anche per vedere immagini. Il tavolo è l’essenza del museo<br />
di Sarzana, è una superficie della memoria, che accoglie le testimonianze e la storia: se sfiorato,<br />
restituisce ai visitatori i suoni e le immagini che virtualmente e invisibilmente trattiene.<br />
Antiche forme narrative, come la tradizione del racconto orale, e nuove tecnologie, come video<br />
proiezioni sincronizzate e interattive, convivono nel grande tavolo del museo, a sua volta<br />
sovrastato da un lungo schermo su cui vengono proiettati i volti, antichi e spesso sconosciuti,<br />
dei protagonisti e dei testimoni della resistenza. Lo schermo, sottile velo verticale, corre per<br />
tutta la lunghezza del tavolo e ne divide i due lati: esso rappresenta il luogo della memoria, dei<br />
ricordi, delle testimonianze appassionate. Sfiorando appena, con un solo movimento, la superficie<br />
del tavolo i volti degli uomini e delle donne si animano e, in sintonia con le immagini<br />
proiettate sui modelli di libri e raccoglitori che il tavolo espone, ci parlano della storia attraverso<br />
le loro intense esperienze personali. E’ possibile ascoltare attenti i racconti, completati<br />
da fotografie e filmati di repertorio, e nello stesso tempo osserviamo i volti che, attraverso le<br />
rughe, il candore dei capelli, i segni del tempo e dell’età, rimandano l’ecodi altre vite, vicine e<br />
parallele a quelle che ci vengono narrate. Una pluralità di storie, volti, ed immgini.<br />
8 Virtuale agg. dal lat. medioevale dei filosofi scolastici virtualis, der. di virtus, virtù, facoltà,<br />
potenza, sinonimo di potenziale, cioè esistente in potenza – contrapposto ad attuale, reale,<br />
effettivo. Definizione tratta dal Vocabolario Treccani.<br />
9 Art. 2, del Codice dei beni culturali: “il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali<br />
e dai beni paesaggistici”; sono “beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi<br />
degli articoli 10,11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico,<br />
archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali<br />
testimonianze aventi valore di civiltà”.<br />
10 Art. 1, 1° comma del Codice dei beni culturali.<br />
11 S’intendono gli ambienti interattivi realizzati con i mezzi tecnologici più avanzati (installazioni<br />
interattive o videoproiezioni).
Glossario<br />
Dal vocabolario Zingarelli 2008. Vocabolario della lingua italiana ZING, Zingarelli<br />
Nicola<br />
Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica DEAU, diretto da Paolo<br />
Portoghesi. - Roma : Istituto Editoriale Romano, c1968<br />
N. Pevsner, J. Fleming, H. Honour, Dizionario di architettura, Torino 1981<br />
Storia dell’arte italiana PEV, Carlo Bertelli, Electa B.Mondadori<br />
Architettura dell'eclettismo ST.ART, Andreina Griseri e Roberto Gabetti, Einaudi<br />
Torino,1973<br />
Arte in Italia, lineamenti di storia e materiale di studio BA.FI, Eleonora Bairati<br />
Anna Finocchi, Loescher editore III° volume<br />
L'architettura dell'eclettismo : fonti, teorie, modelli 1750-1900 PAT / Luciano<br />
Patetta, Milano : Mazzotta, 1975.<br />
Il deco italiano : fisionomia dello stile 1925 in Italia BOSS / Rossana Bossaglia.<br />
- Milano : Biblioteca universale Rizzoli, 1975.<br />
Gli elementi dell'architettura<br />
Vano<br />
ZING:Vano: dal latino vanus, forse affine al got. Van= mancanza che pare rispondere<br />
al greco Feyns = privo che non contiene in se cosa alcuna o come se<br />
non la contenesse; che non contiene alcun corpo solido: quindi è il vuoto che<br />
esprime il contrario di pieno.<br />
DEAU: spazio coperto circoscritto da ogni lato (in muratura, legno ,vetro ecc.).<br />
anche una parete interrotta da notevole apertura (arco o simili) deve considerarsi<br />
divisoria di due vani, a meno che uno di questi non risulti in qualche modo<br />
indubbio, per struttura e dimensioni, parte integrante dell’altro<br />
PEVSNER: ambiente interno funzionalmente caratterizzato; sinonimo di “vuoto”<br />
o luce: vano della finestra o della porta.<br />
Protiro<br />
PEVSNER:Il protiro è un termine architettonico derivato dal greco con cui si<br />
definisce un piccolo portico a cuspide posto a protezione e copertura dell'ingresso<br />
principale di una chiesa.<br />
Di solito questa sorta di avancorpo accompagna le architetture paleocristiane<br />
e romanica ed è di norma costituito da una volta a botte sostenuta da una coppia<br />
di colonne, ma vi sono casi i cui la volta è semplicemente aggettante dalla<br />
facciata della chiesa. In molte chiese le colonne del protiro non appoggiano<br />
direttamente a terra, ma sono poste su mostri o animali fantastici o, più spesso,<br />
su leoni, detti appunto leoni stilofori<br />
239
240<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
DEAU: Dal latino ptothyrum designava il collegamento tra la porta d’ingresso<br />
della casa e l’atrio. Successivamente il termine fu designato dall’architettura<br />
cristiana per definire la piccola costruzione, posta sulla facciata di un edificio<br />
sacro, a sottolineare e coprire l’ingresso.<br />
Formato generalmente da una volticella a botte, accostata per un lato alla facciata<br />
dell’edificio, sorretta da due colonne o pilastri così da lasciare ampie aperture<br />
frontali e laterali, ebbe originaria funzione di accogliere e riparare i questuari.<br />
La sua provenienza è incerta; i tipi più antichi sembrano risalire ai sec. V-IV<br />
in Armenia, ma la diffusione in area occidentale fu rapida e vasta; sporadico<br />
in periodo paleocristiano, appare con grande frequenza nel Romanico soprattutto<br />
nell’italia settentrionale acquistando forme essenzialmente decorative, e<br />
schiacciandosi sempre di più contro la parete, così che i portali gotici ricordano<br />
quasi la proiezione di un protiro.<br />
ST.ART. tipico dell’architettura romanica è quella costruzione che sulla facciata<br />
di una chiesa ne orna e sottolinea il portale. Il protiro poggia per un lato<br />
sulla facciata ed è sorretto dall’altro lato da colonne o pilastri spesso poggianti<br />
su leoni stilofori<br />
Tomba<br />
PEVSNER: le tre forme di sepoltura (inumazione nel terreno fino a decomposizione<br />
e mineralizzazione; tumulazione, a carattere permanente, cremazione,<br />
con le ceneri del defunto raccolte in pozzi o pozzetti cinerari o in urne) hanno<br />
dato luogo a molte forme di architettura funeraria.<br />
Già nella preistoria si rinvengono tombe a fossa nel terreno; t. a tumulo sormontate<br />
da cumuli di terreno o pietra; talvolta MEGALITICHE; t. segnalate<br />
da pietre fitte nel suolo: talvolta megalitiche isolate (mehir), allineate (alignements)<br />
o in circolo (cromlech) talvolta sviluppate inTRILITE: dolmen “tomba<br />
dei Giganti”in Sardegna, di civiltà nuragiche; tomba in grotta; tomba in roccia<br />
(piccole tombe scavate nella roccia). Nell’antico Egitto i sepolcri monumentali<br />
maggiori più celebri sono le PIRAMIDI del regno antico. (El-giza, IV dinastia,<br />
c2500a.c.): si erano sviluppate sovrapponendo, in una piramide a gradini, l’impianto<br />
della MASTABA (Saqquara, piramide di Doser IMHOTPE). Per meglio<br />
preservare l’inviolabilità della t., il Regno Medio ricorse a t. in roccia o a corridoio:<br />
tipi di t. “ed abitazione” ove come spesso nelle culture antiche, il defunto<br />
era sepolto con tutte le sue suppellettili, in una vera e propria camera mortuaria:<br />
la tomba di Tutankhamon, v 1350 a.C. ne è esempio. In epoca tarda si realizzano<br />
cappelle in pietra con camere ipogeiche. L’IRAN e alcune zone dell’Asia<br />
Minore ricche di cave conobbero spesso la tomba rupestre, sormontata da facciata<br />
cieca intagliata nella roccia. Accanto ad esse si hanno vere e proprie t. “a<br />
dimora” issate su un alto basamento gradonato, e a torre, connessa alle forme di
Glossario<br />
241<br />
edificio gradinato, conclusa a piramide. Nel Mausoleo di Alicarnasso (350 a.c.<br />
da Pyitheos di Pirene e Satiros di Samo) questi temi si orchestrano in un unico<br />
grandioso edificio tra le sette meraviglie del mondo antico.<br />
L’architettura antica conobbe in un primo tempo le tombe a pozzo e a THOLOS<br />
(sotterranee o all’aperto: “Tesoro di Antreo” con PSEUDO-cupola). La Grecia<br />
vera e propria sviluppò dal tumulo la tomba a lastra ornata di STELE, con vasi<br />
e decorazioni plastiche a motivi mitologici e zoomorfici (BUCRANIO). Nella<br />
civiltà etrusca, dalle tombe a tumulo (raggiungenti i mt40 di altezza) si ebbero<br />
vere costruzioni funerarie con IPOGEO cubico (A DADO) sormontato da un<br />
cippo piramidale; tipica però è l’elaborazione della tomba a camera in grotta o<br />
in roccia spesso consistenti in varie camere o (celle) con corridoio (dromos), e<br />
raggruppate in vaste NECROPOLI.<br />
Dagli antichi etruschi prese le mosse l’architettura romana (t. di Cecilia Metella<br />
a Roma) con mausolei spesso cilindrici; vengono ora riprese tutte le forme<br />
precedenti, greche, orientali ed egizie (Piramide di Caio Cestio a Roma), gli<br />
impianti extraurbani che divengono talvolta strade finebri (Via Appia a Roma);<br />
al tumulo etrusco ci si rifà poi ai complessi centralizzati(t. nel Palazzo di Diocleziano<br />
a Spalato, t. di Teodorico a Ravenna). Gli impianti collettivi assumono<br />
già carattere cimiteriale es. nei colombari dove si conservano le urne con le<br />
ceneri, e specialmente nelle CATACOMBE con le tombe a loculo in filari sovrapposti<br />
ad ARCOSOLI (tomba a NICCHIA o a mensa).<br />
In epoca post antica poche sono le innovazioni tipologiche, benché chiese<br />
o moschee si realizzassero su o intorno a tombe di santi (ALTATRE; CON-<br />
FESSIONI; MARTYRION o MARTYRIA AD ALTARE). Nel medioevo<br />
si ebbero cappelle-mausoleo addossate alle pareti della chiesa; SARCOFA-<br />
GHI all’interno, isolati o inseriti in nicchie o CAPPELLE, con EDICOLE,<br />
BALDACCHINI,TABERNACOLI (t. a sarcofago ). Carattere già monumentale<br />
ebbero le tombe di Adriano in San Francesco a Viterbo, di ARNOLFO<br />
DI CAMBIO; si accentua l’inquadramento prospettico con la t. Marsuppini<br />
di DESIDERIO DA SETTIGNANO in Santa Croce a Firenze, fino alle tombe<br />
medicee di San Lorenzo a Firenze e ai progetti di MICHELANGELO per le sepolture<br />
di Giulio II a Roma. L’impostazione scultorea è prevalente nel Barocco<br />
t. di Urbano VIII in San Pietro a Roma del BERNINI. Le soluzioni proposte dagli<br />
architetti illumnisti francesi (BOULLE'E, LEODOUX) anticipando l'editto<br />
napoleonico (1086) che sancisce il trasferimento delle t. dalle chiese ai luoghi<br />
exraurbani: in tali CIMITERI non si fà<br />
però che riprendere, in vario modo, quanto aveva tramandato il mondo antico,<br />
magari sottoforma di tempietto, spesso a carattere di piccolo monumento<br />
(CENOTAFIO). Tra i contributi dell'età moderna il monumento Luxembourg-<br />
Libnecht di Mies Van Der Roe a berlino (1926), il crematorio a Stoccolma di<br />
ASPLUND (1940), il monumento alle Fosse Ardeatine a Roma (1949).<br />
Evoluzione diversa presentano gli ed. funerari della Cina e dell'India spesso di
242<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
fiabesca grandiosità e splendore, come pure quelli degli imperatori islamici in<br />
India (Taj Mahall) o per l'Islam presso la MA'DRASA.<br />
tomba a nicchia. Tomba a parete inseritain una nicchia, usata specialmente<br />
nelle CATACOMBE. Quando è posta orizzontalmente è detta tornba a mensa;<br />
quando è conclusa ad arco è detta ARCOSOLIO.<br />
Dromos<br />
Lungo corridoio scavato nel tufo attraverso il quale si accedeva alle camere<br />
sepolcrali delle tombe.<br />
Stili<br />
Arts and Crafts<br />
DEAU<br />
Movimento delle " Arti e mestieri ", che prende il nome da una serie di esposizioni<br />
organizzate in Inghilterra a partire dal 1888 da William Morris. La sua<br />
importanza consiste nel valore di rottura che assunse nei riguardi della corrente<br />
prassi architettonica, artistica e figurativa, grazie alla quale è considerato il<br />
punto d'inizio del movimento moderno. Suoi principali esponenti sono, oltre a<br />
Morris, C. R. Ashbee, architetto e decoratore, W. Crane, pittore ed incisore,W,<br />
R. Lethaby, fondatore e primo direttore della Central School of A. and C. , E.<br />
Howard e R, Unwin in campo urbanistico, precursori dell'idea della " città giardino<br />
". Il movimento delle A. and C. fa parte del più generale movimento per la<br />
riforma délle arti applicate soprattutto in Inghilterra come reazione all'ingresso<br />
dei sistemi di produzione in serie degli oggetti artistici e nel campo edilizio.<br />
Dopo una prima fase, di cui è protagonista principale H. Cole, un funzionario<br />
progressista sostenitore della tesi che il basso livello della produzione corrente<br />
fosse alla incapacità di coordinare la produzione industriale con l'attività artistica<br />
(H. READ, Art and hindustry, London, 1934), e che si conclude con l’'Esposizione<br />
Universale del 1851 realizzata nel Palazzo di Cristallo di J. Pexton, il<br />
movimento trova una sua più specifica collocazione culturale nel collegamento<br />
con la corrente neo-gotica rappresentata da J. Ruskin in Inghilterra e da Violletle-Duc<br />
in Francia. Fra le varie motivazioni della riscoperta dell’architettura<br />
gotica, Morris si interessa soprattutto a quelle sociali, e rintraccia nella organizzazione<br />
collettiva del cantiere medievale un modello con cui opporsi alla<br />
spersonalizzazione imposta dalla produzione in serie. E convinzione di Morris<br />
che la reinserzione di questo fattore nella produzione artistica sia la sola capace<br />
dì garantirne l'efficacia in campo sociale. Le A. and C. rappresentano così il primo<br />
grande movimento culturale che riafferma il valore delle arti minori contro<br />
l’arte " pura " e sono al tempo stesso la prima concreta posizioni di una teoria<br />
dell’idea che si sviluppa come una scienza particolare del fare umano, contro
Glossario<br />
243<br />
ogni idealismo estetico. Nel momento in cui si toglie l’arte dall'ambito ristretto<br />
della creazione individuale, il problema diventa storico, quindi interamente<br />
inserito nella realtà sociale e direttamente collegato con la specifica organizzazione<br />
produttiva. L’abitudine attiva, professionale dell'arte è di conseguenza il<br />
presupposto di ogni esperienza artistica, Il che le A.and C. affrontano è la crisi<br />
dell'artigianato determinata dall'industria, che ne ripete meccanicamente i tipi,<br />
causando uno scadimento del gusto e della cultura; loro scopo principale è la<br />
ricostruzione dì una comunità artistica capace di realizzare uno " stile ".<br />
Eclettismo<br />
DEAU<br />
Aspetto determinante della cultura architettonica dell'800 europeo, rilevabile in<br />
un periodo compreso all'incirca fra il 1815 e il 1890, basato sulla sistematica<br />
tendenza ad accogliere consapevolmente - attraverso l'analisi di monumenti appartenenti<br />
a civiltà lontane nel tempo e ne1lo<br />
spazio - elementi da ricomporre secondo coerenti principi storici (composizione<br />
stilistica), modi tipologici caratteristici della destinazione di ciascun edificio<br />
(religiosi, termali, ferroviari, ecc.) o ancora secondo accostamenti bizzarri<br />
e stimolanti (gusto dei kyoskes, ecc.). Scopo dell'operazione eclettica era la<br />
creazione di un soggetto nuovo rispetto ai precedenti, coerente nelle sue parti<br />
(considerate organi da riferire al completo organismo), scevro di errori e di difetti,<br />
inteso quindi come perfetto o almeno come perfezionabile, attraverso un<br />
processo evolutivo di tipo naturalistico, Il naturalismo ottocentesco è del resto<br />
strettamente connesso all'E., nella comune fiducia che la rielaborazione e classificazione<br />
di prototipi scientificamente indagati fossero supporto necessario per<br />
ogni operazione, non soltanto scientifica o tecnica, ma anche e specificamente<br />
artistica e quindi architettonica (intendendosi la progettazione e costruzione di<br />
edifici non operazione tecnica, ma prettamente artistica) la " fantasia creatrice<br />
" era condizione sufficiente perché l'operazione eclettica avesse compimento<br />
nell'opera d'arte. L'E. può essere messo in rapporto con altri aspetti della cultura<br />
ottocentesca: filosofico-letterari, musicali e scientifici; minori rapporti ebbe<br />
Invece con i grandi movimenti figurativi, quali il Realismo e l'Impressionismo<br />
in pittura, che ne costituirono il precoce superamento.<br />
Problemi generali<br />
Nella storia della filosofia il termine di E. va riferito specialmente all'opera di<br />
V. Cousin (Cours d'hístoire de la philosophie. Histoíre de la philosolphie du dixhuitième<br />
siècle, Patis, 1829) i cui aspetti essenziali - coerenti con quelli dell'E.
244<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
architettonico, anche se non ad esso organicamente correlati o correlabili - si<br />
riassumono nell'atteggiamento positivistico (riconoscere le cause nei relativi<br />
effetti), nella riduzione psicologistica (riportare ogni problema all'individuo,<br />
ponendo l'accento sul metodo più che sui problemi delle scienze) e nella spiccata<br />
vocazione per gli studi storici (uscire dall'antistoricismo cartesiano e dal sensismo).<br />
All’E., come ad ogni complesso fenomeno culturale, potrebbero essere<br />
trovate origini lontane; per citare i casi notevoli: l'eclettismo alessandrino, molto<br />
espressioni dell'antirinascimento europeo, alcune manifestazioni del Manierismo<br />
in Toscana e in Francia, certe reazioni antibarocche in Francia e Inghilterra<br />
nel '700 e, alla fine del secolo, in Gemania e Italia. Si possono in tal modo anche<br />
prolungare i tempi dell'E.: ad alcune sorgenti ispiratrici dell'Art Nouveau,<br />
alla reazione accademica ad essa coeva e posteriore, alla formazione e spesse<br />
volte alla maturità di maestri dell'architettura moderna (ad es. F. L. Wrigh). Le<br />
espressioni del tardo E., a cavallo fra '800 e '900, rivelano una conciliazione fra<br />
architettura eclettica ed architettura accademie, nella trionfale autoesaltazione<br />
del capitalismo, durante la cosiddetta " belle époque". Il tardo E. ha avuto inoltre<br />
fantastiche rappresentazioni; grafiche nei concorsi, nelle presentazioni dei<br />
grandi temi e ha informato sostanzialmente la didattica dell'architettura nei primi<br />
decenni del '900. Il razionalismo europeo, trovandosi in rapporto diretto con<br />
queste riesumazioni eclettiche di tempi remoti, era naturalmente portato a combatterle,<br />
riprendendo molti principi del purismo neoclassico (buon gusto, linearità,<br />
perfezione). Ma creerebbe confusione estendere l'E. fuori dei limiti storici<br />
sopra accennati (1815-90) e farne una categoria accanto a quelle tradizionali di<br />
" Classicismo " e " Romanticismo ": l'E. è infatti un fenomeno essenzialmente<br />
romantico che si è espresso attraverso codici neoclassici, neogotici, neoromanici,<br />
ecc., ma soprattutto attraverso un dócoupage condotto su vari precedenti<br />
storici, per raggiungere una più libera e ampia disponibilità di linguaggio. L'E.,<br />
considerato come corrente culturale tipica, comprende le maggiori manifestazioni<br />
dell'architettura dell'800: in alcune, il procedimento eclettico di smontaggio,<br />
elenco e rimontaggio, è più evidente (come nei " pastiches " di Ch.Gamier)<br />
in altre lo è molto meno (come nelle creazioni rigorosamente interne al canone<br />
classico di Alessandro Antonelli o nelle opere di fedele riesumazione stilistica,<br />
quasi di calco, del " revival " neogotico inglese). L'E, è stato certamente il veicolo<br />
più efficace per un allargamento del campo di osservazione e di analisi, per<br />
una prima applicazione del metodo sperimentale all'architettura. Ma taluni fondamentali<br />
fatti negativi limitano il valore della sua esperienza: la indiscriminata<br />
vastità del campo stilistico prescelto, l'imprecisa situazione delle operazioni di<br />
progetto rispetto ai problemi tecnico-scientifici, la scarsa incidenza dell'attività<br />
degli architetti nella soluzione dei problemi sociali della conviveva urbana, a<br />
vantaggio d'una loro ambiziosa collocazione nella società borghese attraverso<br />
organismi di categoria, società culturali, cariche ufficiali e privilegi accademici.<br />
Tuttavia la mancanza di ogni astratto apriorismo, di ogni rigorismo nell'indagi-
Glossario<br />
245<br />
ne empirica e nella metodologia operativa, costituiscono ancora un precedente<br />
di grande interesse: né è giusto imputare a colpa al solo E. tanti problemi mal<br />
posti e male affrontati quando nessun altro movimento architettonico dell’800<br />
e del 900 pare oggi esente dagli stessi o simili errori.<br />
Caratteri generali dell’eclettismo<br />
Il Barocco italiano e poi quello tedesco avevano manifestato una energia inventiva<br />
intrinsecamente antieclettica, assumendo i principi e le elaborazioni di<br />
alcune scienze e traducendoli subito in modi operativi. La battaglia antibarocca,<br />
esplosa un po' dovunque in Europa ed anche a Roma alla fine del' 700, aveva<br />
necessariamente il proprio centro nelle istituzionì culturali auliche. Le culture<br />
delle diverse accademie possono essere riferite a basi comuni: quelle letterarie<br />
ricercavano codici perfetti, fondati sull'autorità di una tradizione assunta dai<br />
classici; quelle di pittura e scultura perpetuavano l'equivoco dell'E. e tendevano<br />
a fornire modelli compositi di perfezione; quelle di architettura attuavano un<br />
metodo molto simile e si basavano sul principio della indiscussa superiorità<br />
dell'architettura romana e greca, non ancora o scarsamente indagate attraverso<br />
spedizioni archeologiche; quelle scientifiche, in fine, erano alla ricerca di un<br />
codice nuovo, il codice matematico, ritenuto interno alle stesse leggi preposte<br />
a governare i fenomeni fisici. Le accademie scientifiche si sviluppavano e si<br />
segregavano a poco a poco dalle altre, proprio aglí inizí della rivoluzione industriale:<br />
solamente queste avevano centrato i loto obiettivi. Attingere dal mondo<br />
della natura era produttivo, improduttivo era invece attingere dal mondo dei<br />
classici, se non nel ristretto campo della elaborazione di codici certi, perfetti,<br />
quasi immutabili; codici che poi, per le arti figurative e l'architettura, si dimostravano<br />
non praticabili per una linguistica operativa. La crisi delle accademie<br />
divenne sempre più chiara agli i n i z i del sec. XIX, dopo che, abolite durante<br />
Ia Rivoluzione francese, rinacquero sotto Napoleone con una energia reazionaria<br />
ed una protezione da parte del potere politico maggiore che era nell'Ancien<br />
Règime.<br />
L’estensione del metodo scientifico all'architettura portava a verificare i canoni<br />
classici elaborati dai trattatisti attraverso le risultanze degli studi archeologici:<br />
questi venivano ormai condotti su tutto l'arco storico e su tutta l'estensione territoriale<br />
della civiltà occidentale. senza escludere nemmeno alcune curiosità esotiche.<br />
Tali interessi non avevano esclusivamente finalità speculative e storiche,<br />
ma erano connessi ai temi nuovi, alla formazione e all'aggiornamento del gusto<br />
contemporaneo. Questo orientamento, anche se favorito da alcune accademie di<br />
archeologia, doveva rivelarsi intrinsecamente anti accademico nella misura in<br />
cui 1a tradizione accademica tendeva alla elaborazione di codici astratti, talora<br />
perfezionabili, sempre indiscutibili nei loro fondamenti classicistici. La vastità<br />
del repertorio archeologico, la varietà dei contributi che ogni nuovo scavo o rilievo<br />
portava alla cultura architettonica, sono stati il maggior veicolo eclettico
246<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
per il superamento delle Neoclassicismo dell'Ancien Régime dell'Impero che<br />
sopravvisse a tutto il Romanticismo di alcune accademie, con una presunzione<br />
reazionaria costatante ed una ostinazione spesso favorita dal potere politico.<br />
Non è facile isolare queste componenti e non è nemmeno forse utile sottoporle<br />
ad una severa classificazione; giova piuttosto riconoscere come il movimento<br />
antibarocco, aulico e classicista, abbia avuto vita breve e come, proprio con la<br />
Restaurazione, l’indebolimento di un potere centrale dominante su tutta Europa,<br />
la moltiplicazione dei centri di potere conseguente il Congresso di Vienna,<br />
la decadenza dì Roma dal suo ruolo di capitale dell'arte abbiano creato le condizioni<br />
di un pluralismo culturale nuovo, in qualche modo eclettico. Serve a<br />
chiarire questo passaggio, l'osservazione di fenomeni legati alle arti figurative.<br />
Le forme " simboliche" del passato e l'architettura contemporanea:<br />
L'Eclettismo rappresenta il tentativo più esplicito, metodologico e pratico, di<br />
ridurre a valore convenzionale le singole forme architettoniche del passato, intese<br />
come " simboli " di valori indissolubilmente legati a determinati "stili" o<br />
"elementi" architettonici. La polemica antieclettica condotta dalle avanguardie<br />
europee dei primi anni del secolo è pertanto legittima proprio in quanto riafferma<br />
il valore non convenzionale del linguaggio architettonico ed oppone ad<br />
una codificazione cristallizzata di valori l'istanza della formazione originale di<br />
nuovi valori storici, portatori di intenzionalità presenti, relazionati non ad un<br />
astratto ed accademico mondo di forme assolute, ma alle concrete modificazioni<br />
che avvengono nel " fare edilizio comune ". Per usare la terminologia del<br />
Gombrich, proprio il Costruttivismo russo, ad esempio, oppone al simbolismo<br />
romantico eclettico il concetto di " simbolo" come valore storico non riducibile<br />
a schemi convenzionali fissi, radicalmente diverso dal " segno ". L'elaborazione<br />
artistica delle nuove tipologie, proprie della nuova realtà architettonica, dalla<br />
stazione al grattacielo,<br />
si qualifica come formazione di valori originali che, irriducibili a schemi spirituali<br />
" assoluti ", pongono continuamente l'istanza di una reinvenzione originale<br />
sui dati particolari del problema empirico. È però necessario uscire dall'equivoco<br />
di un presente privo di storia, equivoco alla base della frattura postulata dal<br />
razionalismo con l'architettura precedente. L'architettura del passato è pensiero,<br />
rappresentazione di idee e valori non assoluti, non in funzione di una meccanica<br />
continuità cronologica, ma delle scelte operate nel presente. Da qui l'istanza<br />
non già di una negazione astratta - e in definitiva impossibile - di questa eredità;<br />
e tantomeno di una imitazione di " forme simboliche " autonome da processi<br />
conoscitivi storicamente determinati, riproponendo equivoci eclettici, ma di un<br />
suo uso critico funzionale ad un'espressione stilistica originale ed autonoma. Il<br />
passato non è un mondo di forme valide allo stesso titolo. Il giudizio su di esso
Glossario<br />
implica un giudizio sul presente, contro l"'interpretazione " codificata degli stilemi<br />
e delle "forme simboliche" precedenti. Riferirsi al passato è legittìmo in<br />
quanto si agisca nel presente, senza alcuna intenzione di riproporre valori oggi<br />
inattingibili, ma tendendo ad abatterne la visione convenzionale e cristallizzata<br />
che ce ne viene proposta.<br />
247<br />
ALBISINNI<br />
...è indicato coma una “produzione polistilistica derivante dalla disponibilità<br />
degli architetti ad adottare indifferentemente stili diversi o addirittura comporli<br />
tra loro in un unico elemento architettonico”<br />
PATETTA<br />
Il termine è indicante secondo L.Patetta (…) “il complesso delle esperienze<br />
architettoniche dal 1750 fino alla fine dell’ottocento cioè dalla crisi del classicismo<br />
alle origini del movimento moderno. Arco di tempo che coincide con<br />
il consolidarsi dell’avvento del potere borghese, con gli sviluppi della società<br />
industriale e con l’intrecciarsi nella cultura romantica degli ideali nazionali<br />
e risorgimentali, con il definirsi di una produzione di massa e della figura<br />
dell’architetto:il professionista”(…).<br />
BA.FI<br />
(…La crisi del classicismo …) La cultura intesa nel settecento come operazione<br />
creativa in quanto verificabile avrebbe indicato all’ottocento una concreta e<br />
diversa sperimentazione. L’architettura dell’età della ragione era nata nella certezza<br />
di questa verifica razionale: si erano rivisti con criticismo autentico, i fondamenti<br />
teorici e quelli ideali del classicismo, che durava da sempre in quanto<br />
paradigma indiscusso, accettato a priori; si discutevano le misurazioni formali<br />
dell’architettura classica già accettata come forma aurea. Era nata l’archeologia<br />
come disciplina addetta alla scoperta e alle divulgazioni, ma soprattutto come<br />
riflessione letteraria-erudita, impegnata a mettere in luce il colore dei templi<br />
greci e le forme delle rovine…<br />
Mentre Roma, capitale della cultura europea fino alla morte di Antonio Canova<br />
(1757-1922), diviene meta di studiosi viaggiatori delle rovine antiche, Londra è<br />
il luogo in cui si sviluppa il nuovo gusto che faceva capo all’entusiasmo erudito<br />
dei fratelli Adam (Robert e James) e specialmente di John Soane (1753-1837).<br />
La grande tensione dialettica ed eclettica di quegli anni è alla base di una stupefacente<br />
elaborazione di forme astratte per architetture di grande valore simbolico:<br />
quelle tipiche dell’illuminismo, la così detta età della ragione .<br />
In questa prospettiva che depurava le forme del progetto da sovrastrutture e<br />
decorazioni, l’architettura “parlante” degli architetti della rivoluzione, vale<br />
a dire i modelli di Etienne-Luis Boullè(1728-1799), Claude-Nicolas Ledoux
248<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
(1736-1806),, di Jean-Jacques Lequeu (1757-1825) sembravano comunicare<br />
all’uomo l’idea rinnovata dell’universo: le tipologie fondamentali della sfera,<br />
del cubo, della piramide e del cono venivano combinate liberamente, fuori da<br />
riferimenti filosofici, nel gusto giocato dell’eclettismo.<br />
Liberty, Art Nouveau<br />
DEAU<br />
Termine francese (tratto dall'insegna di un negozio aperto a Parigi nel 1895 da<br />
Samuel Bring specializzato nella vendita di oggetti caratteristici della produzione<br />
d'avanguardia dell'epoca) con cui si designa lo stile comparso in Inghilterra<br />
tra il 1870 e il 1880, la cui principale caratteristica è la linea, intesa come entità<br />
continua e dinamica che imprime al prodotto una forte qualifica espressiva e<br />
che partendo da una semplice intenzione decolativa della superficie, investe<br />
anche la composizione tridimensionale, L'A. N. ha profonde radici in una serie<br />
di fenoneni diversi, che vanno dal movimento preraffaellita all'Arts and Crafts<br />
(v.) all'orientalismo, al simbolismo, allo storicismo e si colloca tra il revival<br />
neogotico e il movimento moderno. ll valore storico e culturale dell'A. N. va<br />
individuato nel fatto di aver saputo unificare la problematica compositiva e linguistica<br />
a livello europeo, accetando gli strumenti della produzione industriale<br />
e piegandoli ai fini della qualificazione del prodotto artistico. Dopo un primo<br />
periodo in cui informò soprattutto le arti applicate con una forte caratterizzazione<br />
simbolica e bidimensionale - specie in Inghilterra con le opere di W. Morris.<br />
H. Maclrmurdo e H. Van de Velde - l'A. N. si estese a tutti i paesi d'Europa,<br />
investendo tutti gli aspetti della produzione artistica figurativa. In architettura<br />
esprime soprattutto la volontà di negare ogni legame continuità con gli stili del<br />
passato, volontà raggiata attraverso l'applicazione di procedimenti costruttivi,<br />
di materiali, di rapporti volumetrici basati sulla discontinuità plastica e sull'uso<br />
della simmetria, elementi organizzati in una ricerca tesa alla precisazione del<br />
rapporto tra superficie e ornamento. Su questa impostazione di fondo l'A. N.<br />
acquistò, a seconda dei luoghi, indirizzi e denominazioni diverse. La fase di<br />
massima fioritura si ha tra il 1895 e il 1900: a Monaco e a Dermstadt cotro lo<br />
Jugedstil (opere di P. Behrens e O. Wagner); in Austria con la Secessione Viennese<br />
di indirizzo costruttivo-geometrico (J. M. Olbrich, A. Loos); in Inghiltcrra<br />
con Mackintosh, Toffisend, ecc.; in Belgio e in Olanda con la concezione<br />
astratto-struttuale di V. Horta e H. Van de Velde; in Francia con la tendenza<br />
floreale del Modern Style; in Spagna con la ricerca originalissima di A. Gaudì;<br />
in Italia col Liberty di R. D'Aronco e G. Sommaruga; negli Stati Uniti attraverso<br />
le opere di H. R. Hitchcock e del primo Sullivan. (R, Schuntz- LER, Art<br />
Nouaeau, Milano,19óó; I. Cremonaa, Il tempo dell’art nouveau, Firenze, 7964
Glossario<br />
Zevi, Architmod, pp. 75-79; S. Tschudi Madsen, Fortuna dell’Art Nouveau,<br />
Milano, 1967, EUA, s.v.)<br />
249<br />
PEVS<br />
(ingl. Modern style, tedesch. Jugendstil; it. Liberty).<br />
L'A.N. si sviluppò in europa tra il 1890 e il 1910, in relazione all' ECLETTI-<br />
SMO. A.N. fu originariamente il nome di un negozio aperto nel 1895 a parigi<br />
con l'intento di presentare, all'opposto delle allora consuete imitazioni in stile,<br />
soltanto oggetti moderni. La denominazione tedesca Jugendstile può farsi<br />
risalire alla rivista "Jugend"(1896) a Monaco. il rifiuto dell'imitazione degli<br />
stili storici si era verificato negli anni 80 del XIX sec. nel campo della grafica<br />
e del disegno di tessutiinvestendo anche i mobili. Stilisticamente le origini si<br />
trovano nei disegni di W.MORRIS e ne movimento inglese delle ARTS AND<br />
CRAFTS. Dal 1892 in poi uno dei centri principali fu Bruxelles (HORTA; VAN<br />
DE VELDE). In francia, i centri furono Nancy dove le forme in vetro di E.Gallè<br />
ricorrono negli anno 80, e Parigi.. In America il precursore fu L.C.Tiffany. Caratterizzano<br />
le forme "liberty" l'uso continuo dell'ondulazione, sul tipo delle<br />
onde o delle fiamme o degli stili floreali ( è infatti un'altra denominazione<br />
del movimento) o dei capelli disciolti. Alcuni artisti si mantennero vicini<br />
alla natura,altri, come specialmente Van de Velde, preferirono forme astratte,<br />
come espressioni piú pure della dinamica cui si mirava. In Germania, i principali<br />
esponenti dell'A. N. sono H. Obrist e A. ENDELL di cui fu notevole lo<br />
< Studio Elvira >> a Monaco, 1897-99 (la prima Esposrzrone del1'A. N. ebbe<br />
luogo a Dresda nel 1897); cfr. poi J. M. OLBRICH a Vienna e a Darmstadt. Gli<br />
arch. piú importanti sul piano Internazionale furono oltre a OLBRICH, lo spagnolo<br />
GAUDI' a Barcellona e lo spagnolo MACKINTOSC. In Italia i nomi di<br />
spicco sono quelli di E.BESILE, D'ARONCO SOMMARUGA. Si è osservato<br />
che l'A.N. ha origine o quanto meno un parallelo nella pittura e nella grafica<br />
di Gauguin, Munch ed altri. Nelle arch. e negli arredi di Mackintosh le curve<br />
snelle ed i sottili opalescenti colori dell'a.N. si fondono con una nuova nettezza<br />
ortogonale e col candore delle intelaiature. Furono questi gli elemneti che la<br />
scuola viennese fece propri trovandosi la via che conduce al purismo geometrico<br />
del nostro secolo ( LOOS, HOFFMANN, LECHNER).<br />
BA.FI<br />
Il liberty lo stile fiorito in Europa e negli Stati Uniti nei primi del XX secolo<br />
particolarmente nell’architettura e nelle arti applicate. Così chiamato dal nome<br />
del proprietario di una ditta di arredamento di Londra (A.Liberty) in Italia fu<br />
anche detto stile floreale perchè caratterizzato dal ricorrente uso di elementi<br />
decorativi di ispirazione floreale/vegetale, raffinatamente stilizzati e simbolici.
250<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Art Dèco<br />
...Stile che ebbe la sua consacrazione nell'esposizione Parigina "des arts decoratif<br />
et industrieles modernes" del 1925. Detto stile 25' fu spesso confuso con<br />
il Liberty dal quale prese la linea organica "geometrizzandola"secondo moduli<br />
simmetrici che prendono come modelli i repertori formali classici.<br />
ZING<br />
abbr.decoratif decorativo;decoration, decorazione.<br />
Detto di uno stile artistico sorto negli anni venti che trova la sua espressione<br />
in oggetti e prodotti delle arti minori, della moda e dell'industrial desing, caratterizzati<br />
da linee aereodinamiche, elementi geometrici circolari o spezzati,<br />
accostamenti anche violenti di colore.<br />
PEV<br />
Lo stile tipico della così' detta "Jazz Age" che negli anni '20 e '30 si trovò in<br />
concorrenza con il razionalismo. La denominazione deriva da uan esposizione<br />
a Parigi di oggetti decorativi e di desing (1925).E' caratterizzato da un modernismo<br />
non funzionale il cui esponente europero in arch. è R.Mallet Stevens.<br />
Negli Stati Uniti trovò le espressioni più notevoli in alcuni grattacieli (Chrisler<br />
Building, New York ,1929), cinema e simili (es. la Radio City Music hall, Rockefeller<br />
Center New York).<br />
BOSS<br />
(...)Il Decò fu un gusto legato alla realtà storica che lo espresse, del tutto irripetibile<br />
fuori da quelle circostanze; non acquisibile quindi alla storia dell'arte, al<br />
contrario di quanto è avvenuto per il Barocco e il Neoclassico per fare esempi<br />
vistosi: anche essi naturalmente fenomeni storici ma idonei ad essere analizzati<br />
nei loro caratteri morfologici al punto da poter essere utilizzati come repertori<br />
stilistici nella pratica accademica. Essendo il gusto generalizzato degli anni<br />
venti, il Decò tende a rendere a sè omogenea ogni manifestazione formale,<br />
portandola ad un livello medio cioè al livello corrente. Gli oggetti, "Art Decò",<br />
tennero viva la produzione dell'oggetto di lusso, del pezzo unico, e per questo<br />
destinati alle classi abbienti, élitarie: essi furono le "nouveaux riches"che non<br />
coincidevano con la borghesia industriale e imprenditoriale che si identificava<br />
nello stile Liberty.<br />
E' il 1925 la data in cui a Parigi, con la mostra dal titolo "des arts decoratif et<br />
industrieles modernes",confluiscono tutti quegli oggetti raccolti sotto la definizione<br />
di Decò: è uno stile non rivoluzionario ma moderno che presenta alcuni<br />
cartteri specifici e che come tali possono essere elencati.<br />
Elemento formali, iconografia e tipologie<br />
Partendo dal fenomeno affine al Decò ovvero dal Liberty, uno dei principi formali<br />
prevalenti è la linea, la quale tracciata con un percorsoo continuo, di-
Glossario<br />
251<br />
segna, realizza,descrive e orna l'immagine. A differenza del Liberty la linea<br />
non è fluida, ondulata, serpeggiante, bensì secca e piegata ad angolo-sino al<br />
tipico movimento a zig-zag o al motivo greco del labirinto-raccolta a ricciolo<br />
piatto o ricadente secondo moduli simmetrici che prendono a modello i repertori<br />
formali del neoclassicismo; di qui quell'aria frigida, ironica e artificiale del<br />
decò. Il senso dell'artificio è forte componente del decò e anche questa volta<br />
si tratta di un modo di allontnarsi dal Liberty, rovesciarlo pur presupponendo<br />
quelle ipotesi. Il gruppo di manifestazioni espressiva che ebbero il loro primo<br />
riconoscimento ufficiale nell'art nouveau opponevano ai repertori accademici<br />
un'assoluta originalità di forme, ma per far questo si ispiravano alla natura,<br />
intendendo non imitare gli aspetti bensì ripeterne la ricchezza inventiva e la<br />
vitalità metamorfica. Il Decò parte dagli stessi repertori, mantenendo una buone<br />
dose di florealismo, però irrigidisce gli schemi e toglie alle figure fitomorfe e<br />
zoomorfe il loro respiro naturale. Apparendo arida e fittiziamente dinamica, la<br />
stilizzazione decò produce effetti contrari a quelli del liberty: ecco la predilezione<br />
per la simmetria che non sottintende la predilezione verso il nuovo e il<br />
diverso ma il ritorno su se stessa.<br />
I motivi iconografici più diffusi sono quelli del ventaglio e dello zigurrat: ossia<br />
il motivo a raggiera dove l'immagine si spalanca e irradia simmetricamente<br />
nella parte superiore, e quello della piramide a gradoni.Quasi tutti gli altri<br />
motivi ricorrenti sono riconducibili a questi due modelli: il canestro di rose o<br />
la cornucopia-corredati l'uno e l'altro da fiori o frutti tondeggianti, di aspetto<br />
geometricamente regolare-rientra nello schema del ventaglio; così il motivo<br />
del "sol levante" e delle mani aperte. anche quello della fontana, intesa come<br />
zampillo d'acqua ricadente secondo linee rigide e parallele che è forse il più<br />
rigido e ossessivo.<br />
La fontana presenta varianti interne come quella dell'alberello, o vaso, o fusto<br />
mediano dal quale si dipartono riccioli simmetricamnete disposti.<br />
Quanto al tema del canesto di rose, esso è certamente il simbolo della stagione<br />
decò e come tale fu consacrato come copertina del catalogo dell'esposizione<br />
parigina secondo la sua versione più diffusa. Il tema dominò i disegni per stoffe<br />
e tessuti, quelli per la rilegatura e i lavori in metallo; fu applicato alla grafica<br />
come alla scultura; in architettura esso compare oltre che in ambientazioni interne,<br />
anche su piastrelle, terracotte, cemento e stucco.<br />
E' un marchio che in Italia troviamo a coronamento di porte e finestre della<br />
piccola edilizia cittadina o di vacanza o come ornamneto ritmico delle poareti<br />
esterne: sigla riconoscibile di primo acchito anche nell'edilizia popolare di certe<br />
caser Iacp che sono sede privilegiata dell' applicazione "povera" dello stile; per<br />
poi campeggiare vistosamente in costruzioni simbolicamente rappresentative<br />
come l'arco d'ingresso ai giardini di colle Oppio a Roma costruito nel 1929 da<br />
Raffaele de Vico.
252<br />
Glossario<br />
Barocco<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
DEAU<br />
ll Barocco è una corrente di arte ed architettura europea che si sviluppa a partire<br />
dalla fine del cinquecento per dominare in tutto il secolo successivo.<br />
La critica lo definisce un'arte che non rispetta gli ideali classici, ma li rifiuta per<br />
dedicarsi al capriccio individuale.<br />
Movimento, energia e tensione sono fra le caratteristiche principali dell’arte barocca;<br />
forti contrasti di luce e ombra accentuano l’effetto drammatico di dipinti,<br />
sculture e opere architettoniche. Nei quadri, negli affreschi, nei rilievi e nelle<br />
statue barocche vi sono inoltre spesso elementi che suggeriscono una proiezione<br />
verso lo spazio circostante, indistinto e infinito, grazie anche a un’attenta<br />
resa volumetrica e prospettica.<br />
La tendenza naturalistica è un’altra componente fondamentale dell’arte barocca;<br />
le figure umane ritratte non sono stereotipi, bensì individui, ognuno ben<br />
caratterizzato. Gli artisti di questo periodo erano affascinati dagli intimi meccanismi<br />
della mente e dalle convulse passioni dell’anima, che vollero ritrarre<br />
attraverso le caratteristiche fisiognomiche dei loro soggetti. Un senso di intensa<br />
spiritualità è presente in molte opere, in particolare nelle rappresentazioni di<br />
estasi, martiri o apparizioni miracolose, soprattutto a opera di artisti di paesi<br />
cattolici come l’Italia, la Spagna e la Francia. L’intensità, l’immediatezza, la<br />
cura per il dettaglio dell’arte barocca ne fanno tuttora uno degli stili più coinvolgenti<br />
per lo spettatore in tutto l’arco dell’arte occidentale.<br />
Anticlassico nello spirito e nella forma, il barocco pittorico è caratterizzato da<br />
composizioni drammatiche e teatrali che di sovente si estrinsecano in violenti<br />
giochi di luce.<br />
Per quel che riguarda le arti figurative, il termine compare per la prima volta<br />
nell'opera dello scrittore d'arte Francesco Milizia (1725-1798).<br />
Il barocco è lo stile della Controriforma e nasce nei paesi cattolici; ebbe comunque<br />
grandi interpreti anche nei paesi protestanti, ad esempio in Olanda, con<br />
Rembrandt e Vermeer.<br />
I pittori che forse meglio rappresentano il concetto di barocco sono Rubens e<br />
Caravaggio.
Glossario<br />
Neogotico<br />
253<br />
DEAU<br />
Collegato ai presupposti del movimento romantico, il N. si pone come punto di<br />
convergenza di una complessa varietà di filoni: implicazioni religiose e tradizioni<br />
nazionali, impegno morale e aspirazioni sociali, rivolta antiaccademica e<br />
tentativi misticheggianti di opporre i valori spiriruali dell’arte al meccanicismo<br />
industriale, utilizzazione delle nuove tecniche costruttive e dei nuovi materiali<br />
(ferro e ghisa), mascheramento decorativo delle strutture, restauro e imitazione,<br />
mitizzazione, idealizzazione e moda. Per la ricchezza delle componenti, che<br />
vanno dal criticismo ideologico di A.W.N. Pugin alle istanze misticheggianti<br />
e sociologiche di J. Ruskin, alla globalità dell’analisi della critica operativa<br />
di E. Viollet-le-Duc, tale ricerca si può considerare all’origine della moderna<br />
rivoluzione architettonica. Iniziato nella seconda metà del Settecento, impiegato<br />
prevalentemente in edifici religiosi, il N.trova la massima diffusione e vitalità<br />
íntorno alla metà dell’Ottocento, per prolungarsi poi nel sec.XX, con sviluppi<br />
nei movimenti dell’Arts and Crafts, Art Nouveau, Jugendstil, nelle opere dsi<br />
francesi A. Perret, A. De Baudot, del danese P. W. Klint, dello spagnolo A.<br />
Gaudí.<br />
Fondamentale nel N. è la riscoperta e la rivalutazionedel Medioevo, ad opera<br />
di studiosi di storia dell’arte e archiretti; questa revisione, nell’ambito dello<br />
storicismo ottocentesco, comporta una opposizione radicale alle tradizioni<br />
storiche immediatamente precedenti (in particolare al codice classico 6no<br />
ad allora fondamentale per il linguaggio architettonico) e il recupero della<br />
tradizione gotica la cui continuità, soprattutto nei paesi nordici, non si<br />
era mai completamente interrotta. Momenti di tale continuità del Gotico<br />
(v.) e del tardo- Gotico nella cultura moderna si possono riscontrare:nelle<br />
notazioni di Vasari che contrappone ai cinque ordini architettonici il “lavoro<br />
tedesco”; nelle rimembranze medievali dell’Alberti; negli apprezzamenti di P.<br />
Delorme; nelia tradizione di cantieri secolari come quelli della cattedrale di<br />
Orléans o del duomo di Milano; nell’atteggiamento critico di G. Guarini che<br />
considera il Gotico come un ordine accanto a quelli codificati; negli episodi<br />
di goticismo barocco (v. Barocco) culminanti nelle opere di J. Aichel Santini;<br />
nelle esercitazioni neogotiche C. \\ ren e nei toni preromantici del goticismo di<br />
Vanbrugh (P. FneNxI-, The Gothic. Literary Sources and Interpretatiorc through<br />
Eight Cnturies, Princeton, 1966; EUAind s.v.). L’Inghilterra è il paese dove<br />
piir chiaramente risalta la continuità del Gotico e la connessione con le orieini<br />
dello spirito romantico (FI. I\I. Colvrx, Gathic Surziaal and Gothic Reaixal,<br />
ArchRev, 1948; K. Crrax, The Gothic Reoiaal, London, 1950); la persistenza<br />
della tradizione gotica assume particolare rilievo nel Rococò inglese, tanto<br />
da determinare nella critica la definizione di Rococò gotico. La diffusione di<br />
un gusto fantastico,che si riconnette liberamente a1 Gotico negli scritti di H.
254<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Walpole, B. Langley e R. Hurd, trova riscontro nelle costruzioni della casa di<br />
campagna di Srrarvberry Hill (1750) di Walpole e del castelio di Fonthill .{bbey<br />
costruito da J. Wyatt per W. Beckford (179ó). A questa imitazione fantastica<br />
e approssimativa del Gotico si viene a sostituire verso i primi deli‘Ottocento<br />
una imitazione rigorosa, connessa a un nuovo studio del Medioevo e sostenuta<br />
insieme dagli ideali romantici e dalle moderne innovazioni tecniche e strutturali.<br />
Fondamentale in questo passaggio è la figura di A. W. N. Pugin,<br />
che afferma i principi della correttezza costruttiva e formale dell‘imitazione<br />
del Gotico, puntualizzando la connessione tra Gotico e Cristianesimo in una<br />
romantica visione etico-mistica. I1 N. diventa lo stile più adatto agli edifici<br />
religiosi; lo stesso Pugin indica come modello le chiese gotiche inglesi del sec.<br />
XIV (il pernendicular) e costruisce chiese a Southwark, Ramsgate, Liverpool,<br />
Leeds, Nottingham (B.F.L. Clarke, Church Buìlders of the Ninetenrh Cntury,<br />
London, 1938). La partecipazione di Pugin è determinante anche in una àelle<br />
opere più valide del N., il palazzo del Parlamento a Londra (iniz. 1836):<br />
costruito da C. Barry come un blocco articolato, la profusione di dettagli gotici<br />
di Pugin si pone come un vivace mascheramento decorativó (N. PEVSNER,<br />
Storia dell’architettura europea, Bari, 7963, p. 314). Tale.accezione.decorativa<br />
del N., destinato spesso a ricoprire e maschelare come pretesto storicistico<br />
moderne strutture metalliche, appare anche nelle opere di successori di Pugin,<br />
in piena età vittoriana. Al Gotico perpendicular viene preferito, intorno al 1840,<br />
l’imitazione dello stile del Duecento e Trecento, accompagnato dall’esigenza<br />
di una maggiore fedeltà ai modelli, precisati dal progredire degli studi storici.<br />
Ricordiamo le opere di W. Butterfield (chiesa di .A11 Saints in Margaret Street<br />
a Londra, 1850-59), di G. E. Street (St Philip and James a Oxford, 1860-62),<br />
di G. G. Scott (Albert Memorial a Londra, 1872) e le corrette imitazioni<br />
accademiche di G. F. Bodley e J. L. Pearson. Nella fase centrale del movimento<br />
neogotico le istanze di chiarimento del rapporto arte-società vengono accolte e<br />
sviluppate da J. Ruskin come reazione romantica al positivismo e razionalismo<br />
propri dell’epoca; i suoi principi e la sua azione di riforma a sfondo ideologico<br />
si legano a una concezione etico-mistica dell’arte.
Glossario<br />
Neoclassicismo<br />
255<br />
L’architettura neoclassica è un fenomeno artistico europeo ed extraeuropeo<br />
caratterizzato da un’area linguistica di tipo omogeneo, con radici e matrici<br />
semantiche varie e contrastanti. Dal punto di vista storico, si manifestò dai<br />
primi decenni del sec. XVIII sino ai primi del XX. L’architettura neoclassica<br />
deve essere anzitutto. Intesa nell’ambito di quella generale koinè della cultura<br />
del mondo occidentale che è il linguaggio classico in architettura.<br />
Gli studi più recenti hanno distrutto il concetto di un’origine archeologica<br />
del Neoclassicismo, riferita alla Roma degli scavi, attorno al 1750. Tale<br />
interpretazione era infatti congeniale a quella definizione romantica che<br />
considerava il Neoclassicismo come un movimento basato sulla copia<br />
accademica delle forme del passato, il che pemetteva appunto lo sbrigativo<br />
giudizio critico di assenza di originalità creativa. Ma una simile ricerca<br />
deve correttamente indagare quei fenomeni che possono con liceità essere<br />
considerati quali orme espressioni del movimento e della cultura neoclassica:<br />
escludendo perciò tutte le manifestazioni (architettoniche, teoriche e didattiche)<br />
che proseguono semplicemente la polemica del classicismo seicentesco<br />
(particolarmente francese), accademico e autoritario o che ripropongono, la<br />
tradizione del linguaggio tardo-rinascimentale, sulla base delle richieste del<br />
gusto più diffuso - “bizzarrie” manieristiche, tardo-barocche e rococò. Anche<br />
in queste espressioni è presente una più o meno latente controversia con i più<br />
appariscenti monumenti della cultura barocca: ma tale polemica -ormai lontana<br />
da quella dell'inizio del sec. XVIII- è parte dell’acceso dibattito fra i protagonisti<br />
del rinnovamento barocco e i contemporanei avversari classico-accademici. Il<br />
Neoclassicismo invece unisce - in una sintesi morale e civile- il polemico rifiuto<br />
delle manifestazioni barocche (anche per meglio combattere la diffusa poetica<br />
rococò) con la proposta concreta di un rinnovamento classico dell’architettura,<br />
all' interno di un inderogabile rinnovamento della società. Così le origini<br />
sono illuministiche e classicistiche, non archeologiche e filologiche ovvero<br />
formaliste. Una prima “ fonte neoclassica “ è il Vitruvium Brìtannicus (London,<br />
1715) di C.Campbell, pubblicazione attorno a cui si organizzò, nell’Inghilterra<br />
del secondo decennio del sec. XVIII, un gruppo di architetti innovatori, grazie<br />
anche al mecenatismo di un nobile dilettante, Lord Burlington. Tradizionalmente<br />
tale periodo viene considerato quello dell’architettura “ palladiana inglese “,<br />
mentre una serie di documenti (anzitutto i testi del tempo) dinostra lo stretto<br />
legame tra questi artisti e i primi movimenti neoclassici europei. Una seconda<br />
fonte è la Verona illustrata (Verona, 1731- 32), opera erudita e spregiudicata dal<br />
punto di vista degli studi storici, del letterato Scipione Maffei, che si formò nei<br />
circoli antibarocchi dell’Arcadia (i quali ancora debbono essere studiati per una<br />
comprensione globale del rinnovamento culturale italiano e europeo del primo<br />
Settecento). Qui l’autore propone un parallelismo - sociologico e moralistico –
256<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
tra la vacuità dei costumi e il gusto rococò, auspicando il rinnovamento sociale<br />
e una conseguente espressione artistica basata su un aggiornato classicismo.<br />
Il suo discepolo, il dilettante conte Alessandro Pompei anch’egli veronese,<br />
tealizzerà in pietra queste indicazioni; mentre nel suo volume dedicato al<br />
Sanmicheli (Lì cinque ordini dell’ architetrura civile di Michel Sanmicheli,-<br />
Verona, 1735) propone un primo organico manifesto del Neoclassicismo.<br />
G.C. ARGAN, Andrea Palladio e la critica neoclassica, "l'Arte",1930<br />
Neoclassicismo europeo.<br />
Forse non è un caso che le prime espressioni neoclassiche nascano in Inghilterra<br />
e nella lontana terraferma dell’aristocratica repubblica veneta, che rivendica<br />
autonomie politiche ed economiche nei confronti della caoitalei in ambedue le<br />
nazioni la spinta borghese innovatrice è assai forte, mentre è sempre più evidente<br />
la debolezza del potere centrale. Il rinnovamento sociale è la condizione di<br />
esistenza dei nuovi strati che aspirano al potere: in una concezione dell’ordine<br />
e della razionalítà (anche il bello deve essere valutato oggettivamente: ii<br />
classicismo offre regole e canoni utilizzabili da tutti a questo fine), che si offre<br />
a classi sociali più ampie della ristretta classe dirigente del passato. Ambedue<br />
i paesi avevano pure osteggiato il diffondersi della cultura barocca anche per<br />
motivi politico religiosi, nel giudizio critico che accomunava la politica religiosa<br />
della chiesa cattolica romana della Controriforma con l’eloquenza della retorica<br />
dell’architettura barocca. Sono ancora considerazioni analoghe quelle che<br />
hanno portato ad identificare uno dei motivi fondamentali de1 rinnovamento<br />
neoclassico della stessa Roma, attorno al 1740, nella polemica antigesuitica<br />
della curia romana. Motivi questi, si è già detto, che impongono l’estensione<br />
dell’ interesse e delle indagini, ben oltre il semplice momento estetizzante della<br />
contemplazione archeologica, alla ricerca di una base poliedrica e complessa,<br />
per l’analisi del sorgere del Neoclassicismo. Così una ricerca di tipo strutturale<br />
attorno alle origini del Neoclassicismo deve riferirsi anzitutto alla storia globale<br />
europea ed in particolare a quel suo aspetto che è la storia della cultura, prima di<br />
concludersi nelle conquiste di una storia solamente architettonica. L'attenzione<br />
al Secentismo (con particolare attenzione al senso europeo del movimento<br />
dell’Arcadia),<br />
la passione per il metodo scientifico che diventa fanatismo iconoclasta per ogni<br />
uorno moderno,<br />
le prime ipotesi socioeconomiche che saranno alla base delle esperienze<br />
dell’assolutismo illuminato,<br />
la “ curiosità “ cosmopolita degli intellettuali europei: cioè quell’insieme di<br />
fenomeni che permetteranno la diffusione dell’Illuminismo (v.), sono sempre<br />
matrici anche delle prime manifestazioni neoclassiche. Se questo è l’ambito<br />
più generale di una corretta ricerca, è necessario qui mettere in luce un aspetto
Glossario<br />
particolare della vicenda, che diviene però essenziale per la sua comprensione.<br />
Il rinnovamento neoclassico in architettura non fu opera di “ professori di<br />
disegno “ e architetti, ma di dilettanti, cioè di intellettuali. Fu perciò, anzitutto,<br />
rinnovamento culturale e non tecnico o specificatamente disciplinare. Per questi<br />
motivi le grandi conquiste della cultura architettonica del secolo precedente<br />
(lo spazio barocco, la “ poetica aperta “ dell’eclettismo rococò e dell’esotismo<br />
estetizzante) non poterono, oggettivamente’ divenire retaggio del nuovo<br />
modo di intendere il “ bello “ nell’edificare che fu, un modo anzitutto civile<br />
e puritano. I nobili dilettanti sono i protagonisti di quel rinnovamento che, all’<br />
inizio, interessa solo il loro mondo: la loro cultura architettonica è una cultura<br />
autodidatta; fanno stampare a loro spese i libri polemici che scrivono; edificano,<br />
per se stessi, piccoli edifici per sperimentare i loro progetti.<br />
257<br />
L’influenza delle teorie dì Ruskin. evidente anche nell’orientamento stilistico<br />
del N. che per un certo periodo si volge ai modi del Gotico veneziano, si<br />
riscontra nell’attività di W. Morris e può essere seguita nel filone del movimento<br />
dell’Arts an Crafts (Hitchcock, Vict Archit). Più o meno contemporanea e<br />
collegata a quella inglese è l’esperienza del N. in Francia. Anche in questo caso<br />
il N. si sviluppa sul tronco di una latente e ininterrotta tradizione costruttiva,<br />
in particolare riallacciandosi al filone tipicamente francese della stereotomia<br />
e assumendo subito un carattere colto, strutturale, con coloriti nazionali. La<br />
problematica del N. francese è inoltre connessa alla teoria e alla pratica del<br />
restauro architettonico. Figura centrale nella cultura dell’Ottocento per la sua<br />
opera critica (che in parte anticipa la critica razionalista moderna), E. Violletle-Duc<br />
sviluppa un interesse particolare per il carattere sociale del Gotico, oltre<br />
che per le caratteristiche cosiruttive e stilistiche, e tenta di influire tramite la sua<br />
attività di studioso sulla produzione contemporanea. Riguardo al problema del<br />
restauro degli edifici medievali Viollet-le-Duc assume una posizione diversa<br />
da quella di Ruskin, disposto a rispettare la morte nel tempo del monumento<br />
e contrario a ogni intervento di riprìstino, e tende a riproporre e ricostruire<br />
un astratto e unitario stile gotico, utílizzando anche il nuovo tecnicismo delle<br />
strutture metalliche (C. Bnrcanrrlr, Eugenio Viollet-le-Duc e il rifiorinento<br />
degli studi medioeaalì nel secolo XIX, Roma, 1915; R. De Fusco, L’idea di<br />
architettura, Milano 1968). Sul piano delle applicazioni ricordiamo i restauri<br />
dì Viollet-le-Duc alla Ste Chapelle, a St-Séverin e a Notre-Dame a Parigi, a<br />
Carcasion.i, a Pierrefonds, ac Amiens, a Vezelayf i restauri di Detret a Saint-<br />
Denis e quelli di Alavoine a Rouen. Fra gli edifici gotici notevoli, ricordiamo le<br />
seguenti chiese: Ste-Clotildè a Parigi di F.Geu (iniz. 1839 e condotta a termine<br />
da T, Ballu nel 1857), St-Jean-de-Belleville a Parigi (1845- 59) dr Lassus, St-<br />
Denis-de-l’Estrée a Saint Denis (1864- 67) di Viollet-le-Duc, vicina al Gotico<br />
vittoriano (Haut eceur,VII,1957 ) . Nei paesi tedeschi l’idealismo e l’esigenza<br />
di contrapporre una astratta purezza alla decadenza e superficialità del Rococò
258<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
favoriscono lo sviluppo del N. accanto al predominante classicismo archeologico.<br />
L’entusiasmo dei giovane Goethe per il duomo di Strasburgo, l’ammirazione di<br />
F. Schlegel per il Gotico, le realizzazioni di K. F. Schinlel, gli studi eruditi di<br />
C. A. von Heideloff si pongono come tappe del progressivo affermarsi del N,<br />
In un clima precocemente eclettico e romantico sorgono i castelli neogotici<br />
di J. D. Ohlmùller e varie chiese, tra cui la Werdersschekirche a Berlino di<br />
Schinkel (1825), autore nella stessa città del monumento ai caduti (1819-21),<br />
con struttura in ghisa, e la Nikolaikirche ad .A.mburgo, costruita dal 1845 al<br />
1863 su progetti dell’inglese G. G. Scott. Episodio centrale del N. in Germania<br />
è il completamento della costruzione del duomo di Colonia, in base a disegni<br />
ritrovati nel 1814 e nel 1816, ad opera di F. A. Ahlert (1824) e successivamente<br />
di E. F. Zwirner e di R. Voigtel (4. Ke:vreueusEN, GotiÀ ohne Gott; ein Beitrag<br />
zur Deutung der Neugotik und des 19. Jabhundens, TtJbingen, 1952). In Austria<br />
il piìr interessante rappresentante della corrente neogotica è F. von Schmidt,<br />
autore della chiesa di Maria vom Siese in Fùnfhaus a Vienna (1865-75); altri<br />
esponenti son J H. von Fersteì (Votivkirche a Vienna) eL, Ernst, restautatore<br />
della cattedrale di S. Stefano a Vienna. Nei paesi meridionali il N. si diffonde<br />
in misura minore che al nord, per le difficoltà poste dalle diverse configurazioni<br />
delle tradizioni architettoniche nazionali maggiormente legate al linguaggio<br />
classico. In Italia, dove un precedente di notevole interesse è offerto dai restauri<br />
gotici della chiesa di San Martino al Cimino eseguiti da F. Borromini, il N.<br />
trova una giustificazione storicistica negli scritti dì C. Boito; tra gli esempi più:<br />
interessanti ricordiamo. All’ inizio dell‘Ottocento la chiesa della Vaccheria di S.<br />
Leucio presso Caserta, del Collecinì e le più tarde facciate del duomo di Napoli<br />
e della cattedrale di Amalfi; a Padova G. Jappelli costruisce il Pedrocchino<br />
(1837), accanto al neogreco caffè Pedrocchi; a Firenze vengono realizzate le<br />
facciate di S. Croce (1857-63), di N. Matas, e di S. Maria del Fiore (18ó6-87),<br />
di E. de Fabris, fredde costruzioni del Gotico italiano. Nelle colonie inglesi e<br />
nell‘America del nord il N. incontra invece largo favore. Negli Stati Uniti in<br />
particolare si forma una solida tradizione neogotica, determinata dall‘influsso<br />
dell‘architettura inglese e francese, e che si prolunga fino al sec. XX; utilizzato<br />
prevalentemente in edifici religiosi e sporadicamente in edifici civili e collegato<br />
al moderno tecnicismo, il N. americano si afferma con W. Ware, J. Renwick<br />
e E. T. Potter, legati alla tradizione di Ruskin, e con Richardson,educato in<br />
Francia (P. B. SruroN, The Gothic Revival and Anerican Clurch Architecture;<br />
an Episode in Taste,1840-1856, Nerv York, 19ó8).
Glossario<br />
Neoromanico<br />
259<br />
DEAU<br />
Movimento fondato sullo studio e l’ imitazione dell'architettura romanica: sorge<br />
agli inizi del sec. XIX quando, distrutto dall'Illuminismo il mito dell'universalità<br />
delle regole dell'architettura classica e rinascimentale, ogni stile passato viene<br />
considerato modello di riferimento altrettanto valido e quindi passibile di<br />
imitazione.<br />
Come altri revivals, il N. è in un primo tempo manifestazione marginale<br />
dell'eclettismo ottocentesco ma diventa ben presto uno dei principali canali<br />
attraverso il quale lo " storicismo " riesce a superare i limiti della soggezione al<br />
passato per aprire la via al Movimento Moderno.<br />
Nel momento in cui il movimento neoclassico scopre la convenzionalità di ogni<br />
ricorso a regole codificate,<br />
il N., privo di una solida tradizione confortata da testi, regole e trattati, deve<br />
costruire la sua propria immagine<br />
direttamente dai monumenti. L'esperienza che dà l'avvio e consente questa<br />
operazione è il restauro degli edifici medievali che mette a nudo il problema<br />
cruciale del rapporto fra forme e metodi costruttivi: ciò comporta per gli architetti<br />
la costruzione per proprio conto dei " princípi " sui quali quella architettura si<br />
fonda e quindi la rielaborazione originale di quei motivi. Si verifica così anche<br />
per il N. quella saldatura, indispensabile per 1o sviluppo della nuova architettura,<br />
con il nuovo mondo dell'ingegneria. In questa maniera si incominciano a<br />
varcare i tradizionali confini dello stile per approdare a una ricerca autonoma,<br />
attraverso lo studio delle reali condizioni di partenza dei modelli di riferimento<br />
e dei loro rapporti con le infrastrutture politiche e sociali; in questo senso,<br />
come rilettura attiva del passato, il movimento neoromanico si pone come uno<br />
dei canali d'obbligo attraverso il quale passa la formazione del Movimento<br />
Moderno. Inoltre, il N. poiché rilegge i suoi modelli di riferimento secondo<br />
le regole della prospettiva, produce oggetti che si differenziano dagli originali<br />
in misura molto maggiore di quanto i prodotti neoclassici differenziano dalle<br />
loro fonti di ispirazione. Le irregolarità vengono infatti corrette, le simmetrie<br />
accentuate ed introdotte nuove abitudini visive, con una operazione affatto<br />
opposta a quella brunelleschiana. Se nel '400 la prospettiva aveva obbligato<br />
gli architetti a correggere la propria visione secondo le sue regole, ora - nel<br />
momento in cui la tensione fra originali e copie raggiunge il suo punto di rottura<br />
-il rapporto dì imitazione si logora per dare inizio a quel processo di revisione<br />
delle regole prospettiche da cui dipendono tutte le abitudini visive correnti.<br />
In questo senso, da una esperienza essenzialmente intellettuale che produce<br />
momentaneamente l'isolamento degli artisti neoromanici, si prepara il terreno<br />
culturale da cui usciranno i fondamentali contributi per il Movimento Moderno<br />
di Berlase e di Richardson.
260<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
È interessante notare a riprova della validità del metodo nel rispetto dell'assunto<br />
iniziale di aderenza al materiale, alla tecnica costruttiva e ai principi formali,<br />
come entrambe le esperienze - sia quella americana che quella europea -<br />
influiscano poi in maniera decisiva sulle architetture " razionaliste " di Sullivan,<br />
Le Corbusier, Oud e Gropius. La tradizione americana, infatti, si presenta<br />
facilmente disponibile a raccogliere la corrente neoromanica, soprattutto quella<br />
francese del Vaudoyer, per I'uso diffuso, specialmente in alcune regioni come<br />
il Massachusets, delle grosse murature massicce in pietra non levigata, per le<br />
aperture piccole e isolate, le semplici decorazioni a bugnato. Così il riferimento<br />
alla tradizione serve a conferire aulicità ad un discorso architettonico che è di<br />
per sé ricco e vitale; l'esemplificazione migliore è costituita proprio dall'opera<br />
di Richardson. In Olanda l'uso del N. assume un significato progressista e di<br />
eredità nazionale, a differenza del Neoclassico, internazionale e conservatore.<br />
In questo senso, attraverso una sua applicazione originale, Berlage e la scuola di<br />
Amsterdam riescono ad usare il riferimento storico come punto di partenza per<br />
una corretta analisi costruttiva e formale degli strumenti nella pratica corrente.<br />
A. Quatremère de Quincy, Dictìonnaire historique de l'architecture, Paris,<br />
1832;<br />
E. Viollet-Le-Duc, Histoìre de l'habítatìon humaíne, Paris, 1875;<br />
Zevi, Architmod; L. Benevolo, Storia dell'architettura moderna, Bari, 7964);<br />
V.Pevsner, Storia dell’architettura moderna, Bari, 1966<br />
E' uno degli aspetti dell'eclettismo architettonico del sec. XIX che, proponendo<br />
un ritorno ai valori delle tradizioni autoctone, si è risolto nel recupero del linguaggio,<br />
delle forme e dei materiali dell'architettura romanica. Al contrario del<br />
contemporaneo neogotico, soprattutto per la mancanza di vere teorizzazioni,<br />
il n. non può essere considerato un revival nel senso proprio del termine, ma<br />
parte di un più vasto atteggiamento stilistico che si richiama all'architettura<br />
paleocristiana, al bizantino, al romanico, per finire agli esempi quattro e cinquecenteschi<br />
di architettura civile. Il n. è riconoscibile in gran parte della produzione<br />
edilizia ottocentesca e in particolare in quella a carattere religioso che<br />
del romanico prediligeva la facile volumetria, il gioco delle superfici piane, il<br />
valore plastico e formale dei materiali, ma non si addentra mai in un autentico<br />
recupero storicistico. Esponenti rappresentativi del n. sono in Francia L. Vaudoyer<br />
e i costruttori di chiese in forma basilicale della prima metà del secolo;<br />
in Inghilterra T.H. Wyatt, D. Brandon, J.W. Wild, H. Clutton; in Germania H.<br />
Hübsc, L. Persius, F.A. Stüler e H. Strack: in Italia L. Carimini e C. Boito; in<br />
Danimarca J.D. Herholdt; in America T.A. Tefft e le opere mature di H.H. Richardson.
Glossario<br />
Lo storicismo in Italia<br />
261<br />
DEAU<br />
Il travaglio unitario sofferto durante tutto il Risorgimento aveva posto il problema<br />
di uno stile nazionale, adatto ad affermare la realtà politica e culturale del<br />
nuovo stato. Il maggior contributo regionale al tema unitario si deve fare derivare<br />
dalla scuola milanese: lo stile lombardo bramantesco che aveva influenzato<br />
l’architettura dell’Italia settentrionale e centrale per tutto l’800 fino al 1860.<br />
Vi facevano contrasto i contributi di scuole minori, impiantate sulle rovine<br />
dell'Accademia di San Luca: grandiose elaborazioni grafiche, esplose al tempo<br />
dell'Art Nouveau. Le difficoltà dell'archirettura italiana pre e post-unitarie sono<br />
in qualche modo difficoltà politiche: già nei primi " congressi degli scienziati<br />
italiani " (importante movimento prerisorgimentale) si tendeva ad affemare<br />
l'unità della cultura italiana, esaltando gli artisti di ogni tempo e di ogni regione<br />
della penisola. La connessione dell'arte contemporanea con quella antica non<br />
poteva sentirsi, come in Francia, Germania e Inghilterra, del sicuro riferimento<br />
allo stile gotico, inteso come stile nazionale: in effetti, in Italia. si tendeva invece<br />
a rievocare lo stile rinascimentale, del '400 e del' 500. Aderire allo stile gotico,<br />
poteva significare infatti allacciarsi ai m vimenti transalpini od alla politica<br />
del papato: due forze intese come antiunitarie. Il singolare problema dell'unità<br />
d'Italia, con Roma capitale, comportava il desiderio di fondare una nazione<br />
forte, capace di svolgere il fulcro di grande potenza.<br />
Doveva servire al conseguimento di questo ruolo non solo il patrimonio antico,<br />
ma la fioritura di iniziative architettoniche nuove, degne dell'antico. I1<br />
complesso di inferiorità nasceva dal contrasto fra condizioni presenti e glorie<br />
passate, dal confronto fra Italia e grandi potenze governi appoggìavano quindi<br />
ogni sforzo atto a superare gli aspetti esteriori di questo divario culturale:<br />
gli architetti italiani rispondevano così bene all'invito, da raggiungere alla fine<br />
dell'800 (quando ormai<br />
L'E. era degenerato e fuori tempo) una provvisoria fama internazionale, specie<br />
presso i paesi in via di sviluppo, a loro volta alla ricerca di un ruolo internazionale.<br />
In questo ciclo involutivo prevalevano il gusto san gallesco, il manierismo<br />
di Giulio Romano, porterà però ad una scala, ad una enfasi smisurata. Le manifestazioni<br />
della cultura eclettica italiana non sono quindi di particolare interesse:<br />
molto più interessanti, appaiono ancora oggi i contributi critici di alcuni<br />
saggisti, i dibattiti congressuali, le polemiche fra architetti e ingegneri, durante<br />
il Risorgimento e nei primi decenni dell'unità d'Italia. Il più vivace centro culturale<br />
del tempo può essere considerato quello veneto, trapiantato a Milano dopo<br />
il 1859 per merito di Piero Selvatico Estense (1803-80) e del suo allievo Camillo<br />
Boito (1836-1914). I loro saggi critici contengono un'informazione ricca
262<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
ed in qualche modo completa sul travaglio di una ricerca. L'incertezza rispetto<br />
ai temi di fondo, la difficile interpretazione dei movimenti e delle realizzazioni<br />
del tempo, è più evidente in Boito, spesso tradito da una precoce autorevolezza<br />
di leader. Già nel 1841, il Selvatico si era pronunciato, a favore di una rigorosa<br />
coerenza storica: quella medesima coerenza che si è vista affermata dal Canina<br />
mentre impostava, negli stessi anni, il problema centrale dell'E. romantico. In<br />
un'opera collettiva, R. Pareto, nella scia culturale del maestro veneto, affermava:<br />
“Sonvi alcune volte, nella vita delle nazioni, epoche nelle quali si va a<br />
tentoni, quasi che smarrita fosse la via del progresso.La filosofia diventa allora<br />
necessariamente eclettica<br />
(Autori vari, Lavori e progetti di valenti architetti moderni îtaliani, Milano,<br />
1858). Per progredire, occorreva rifarsi ad un procedimento scientifico, basandosi<br />
sulla critica storica, si doveva ricercare nell'architettura passata non solo<br />
il disegno stilistico, ma le tecniche dei materiali adottati. Per questo, prima<br />
il Selvatico a Padova e poi il Boito a Milano ampliarono la nuova didattica<br />
dell'architettura allo studio dell'ingegneria. Essi avevano compreso come la<br />
considerazione dei fatti tecnici in sede soltanto esecutiva, come conseguenza di<br />
una ideazione a priori (secondo l'insegnamento di Guadet all'Ecole des Beaux-<br />
Arts), fosse uno dei maggiori impedimenti al progresso della didattica. Anche<br />
lo storicismo architettonico ha avuto i suoi maggiori contributi attraverso le prime<br />
analisi (distributive, stilistiche, tecnologiche) dei " caratteri " degli edifici,<br />
in funzione non soltanto critico-conoscitiva, ma anche operativa.<br />
L'Eclettismo in America.<br />
L'America del Sud stava diventando il naturale luogo di assorbimento dei prototipi<br />
eclettici europei senza rilevanti apponi originali autoctoni, l'Ameris del<br />
Nord rielaborava originalmente i temi della cultura architettonica europea.<br />
Nel nuovo continente si era direttamente innestata la colonizzazione olandese,<br />
con una edilizia residenziale coerente a quella della successiva colonizzazione<br />
inglese: fragili case di legno venivano costruite su di una scala ancora più<br />
minuta degli esempi d'origine e secondo le tecniche radicalmente trasformate,<br />
in poco più di un secolo, in funzione delle nuove esigenze abitative e della<br />
diversa disponibilità di materiali costruttivi. Stupisce soprattutto l'abbandono<br />
di ogni sistema intellettualistico, di ogni chiarezza classicista, sia nelle forme<br />
strutturali che negli accostamenti volumetrici: l'empirismo operativo, oramai<br />
nettamente americano, è il carattere saliente di queste case unifamiliari di varia<br />
dimensione, suscettibili di successivi ampliamenti. La soggezione ai prototipi<br />
ellenici, dal celebre Monticello di Jefferson in poi, è evidente nella ricerca<br />
di una dignità confortata dal Neoclassicismo palladiano inglese. Liberamente<br />
reinterpretati, spesso soltanto orecchiati, sono gli stili d'origine (georgiano,<br />
ecc.). Forse solo nell'architettura romana dell'epoca imperiale si è realizzato un<br />
così spregiudicato adattamento delle tecniche ad una cultura e ad uno stile d'im-
Glossario<br />
263<br />
portazione. La nuova architettura americana ha il suo valore nell'uso di elementi<br />
costruttivi minuti disposti secondo metodi aperti rispetto ad ogni canone, in<br />
quanto regolata solo da uno spregiudicato empirismo, e nella serie di esemplari<br />
quantitativamente numerosi, per l'inaudita ripetizione e variazione di prototipi.<br />
Le piccole case non hanno più struttura portante, pannelli di tamponamento,<br />
tramezzi intemi, ecc., ma sono concepite con una strana coerenza di disposizioni<br />
costruttive che assolvono insieme funzioni strutturali: di chiusura e di<br />
irrigidimento: una coscienziosa perfezione esecutiva presiede alla complessa,<br />
operazione, tende a dare oggetti di una rara chiarezza, più di realizzazione che<br />
di concezione. Anche quando la costruzione lignea è ricoperta in tutto o in pane<br />
da facciate in muratura, le difficoltà degli inserti sono risolte con stupefacente<br />
novità e pertinenza di disposizioni. L'asservimento di queste espressioni tipiche<br />
locali alla scala della civiltà europea avviene non sul rigore della concezione,<br />
ma sulla finezza e sulla ineccepibile esecuzione del disegno. Il processo, già<br />
intrinsecamente eclettico nel' 700, rimane tale per tutto l'800, con una spiccata<br />
fedeltà ai canoni neoclassici e poi neogotici; utili ambedue ad un facile apparentamento<br />
con la cultura inglese d'origine.<br />
La nuova scala dimensionale delle singole abitazioni, la loro nuova dimensione<br />
rispetto al território, si esprime (nelle "plantation houses" come nelle ville del<br />
New England) in un rapporto assolutamente originale fra edifici le preesistenze.<br />
Questo ceppo di cultura: locale, troppo facilmente interpretato come manifestazione<br />
spontanea o naturale, è invece ricco di valori originali (tecnici e abitativi)<br />
presieduti da una singolare interna regola morale che coinvolge progettisti, esecutori,<br />
abitanti, nel quadro di manifestazioni organiche (qui il termine assume<br />
il suo preciso significato) non facilmente illustrabili.<br />
Altro aspetto saliente dell'architettura americana, oltre le stazioni ferroviarie, è<br />
la nuova dimensione delle grandi costruzioni metalliche (ponti sospesi e grattacieli).<br />
Il ponte di Brooklyn sullo Hudson a New York (1867) può avere una<br />
corrispondenza soltanto nella Tour Eiffel. I primi grattacieli costruiti nei nuovi<br />
centri metropolitani utilizzano le tecniche della ghisa e dell'acciaio con Ia stessa<br />
franchezza con la quale nelle case unifamiliari erano stati riadattati gli schemi<br />
lignei antichi. Anche qui i prototipi delle costruzioni navali (in questo caso gli<br />
impianti misti, sorretti da tubi d'acciaio) venivano reimpiegati in costruzioni<br />
civili; anche qui il rapporto fra struttura interna, (pianta libera, con pochi fulcri<br />
isolati) e struttura della faccíata era discontinuo, come per le case il.legno dello<br />
stile georgiano; anche qui la scala degli ambienti interni estesissimi in superficie,<br />
ridotti al minimo in altezza) a degli edifici (alti e stretti in un fantastico<br />
rapporto con la città) diveniva fatto saliente.<br />
Al Classicismo dell'età di Jefferson segue negli anni '20 un revival ellenico<br />
(ispirato da J. Soane) il cui maggiore esponente è J. B. H. Latrobe, architetto<br />
di origine francese. Negli anni '30 e '40 lo stile greco è in effetti lo nazionale
264<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
degli Stati Uniti malgrado la sua totale assenza di radici nazionali. Il revival<br />
greco si prolunga fino alla guerra civile, ad opera degli allievi di Latrobe, R.<br />
Mills e lV.<br />
Strickland. Esso coesiste:<br />
a) con un Gotico rudimentale ed economico (utilizzato come stile dall'uso<br />
di archi a sesto acuto) usato nell'architettura religiosa e pubblicato in appendice<br />
agli ordini classici nei manuali di architettura. Già nel 1805 Latrobe stesso aveva<br />
presentato un'alternativa gotica per la sua cattedrale di Baltimora;<br />
b) con l'uso di nuove tecniche (ghisa) negli edifici commerciali, particolarmente<br />
dopo il 1850. J. Bogardus, che ne è insieme il costruttore ed il propagandista,<br />
si compiace di mostrare l'adattabilità del nuovo materiale alle forme<br />
stilistiche classiche, che restano pressoché inalterate. Il periodo successivo alla<br />
guerra civile (1860-76), se segna la fine del revival greco di fronte all'espansione<br />
industriale ed edilizia, tende ancor più caotico e meno unitario il panorama<br />
americano, sotto l'influsso contrastante e chiaramente di importazione del Gotico<br />
" high victorian " e delle teorie del Ruskin e del gusto " secondo impero<br />
". La figura di H.H. Richardson appare naturalmente come quella del primo<br />
architetto americano, anche se è necessario correggere la prospettiva critica<br />
tradizionale, che tende a metterne in ombra i legami ma la cultura europea.<br />
In effetti il medievalismo di Richardson presenta derivazioni da esperienze<br />
francesi e vottoriane. Particolamente nella chiesa di Brattee Square a Boston<br />
(1871-72) è possibile leggere un ricordo di St-Pierre-de-Mont-Rouge e di altre<br />
chiese degli ami 'ó0 a Parigi, che egli poteva aver visto nel periodo dei suoi<br />
studi presso l'École des Beaux la policromia dell'interno ricorda motivi vittoriani,<br />
forse per l'influsso del suo collaboratore C. F, McKirr, nelle cui opere<br />
personali è evidente l'influenza di N. Shaw e che, dopo la morte di Richardson<br />
(188ó), darà vita, assieme a W. Mead e S. Wyhite, ad un programmatico revival<br />
di forme neo-coloniali e italiane. Comunque. Il medievalismo di Richardson è<br />
più complesso e più-eclettico del Neoromanico, cui spesso viene ridotto. Nella<br />
biblioteca a Quincy (1880-83), gli archi di entrata sono di derivazione paleocristiano-siriana<br />
e sono presenti precisi influssi di Shaw. Lo stesso MarshalI Field<br />
Store a Chicago presenta indubbi caratteri eclettici riducibili alla categoria del<br />
Neoromanico. Ciò non toglie nulla all'importanza della figura di Richardson, la<br />
cui grandezze consiste nelle qualità architettoniche della sua opera (ad es., nel<br />
rapporto tra elasticità planimetrica complessa e leggibilità volumetrica) e non<br />
nella cosiddetta schiettezza decorativa (alla cui semplificazione pura tende),<br />
nell'aderenza alla realtà costruttiva e nella moralità dell'ispirazione.<br />
L'Eclettìsmo nei paesi asiatici.<br />
In Asia sono presentì fin dalle epoche più antiche (v. asiatica protostoria) scambi<br />
e rapporti tra le varie culture e civiltà che, pur non conducendo ad una forma<br />
cosciente di E., fanno sì che esistano contaminazioni tra tipi edilizi e strutturali
Glossario<br />
265<br />
architettoniche che rendono in alcuni casi evidenti gli elementi sranieri rispetto<br />
a quelli autoctoni.<br />
Nel Vicino Oriente Antico le civiltà egiziana e mesopotamica non presentano<br />
rilevanti fenomeni di E. architettonico; solo a partire dal I millenio, rotto<br />
l'equilibrio delle potenze nazionali, compaiono in Egitto influenze assire (rilievi<br />
decorativi della, XXV dinastia) e greco-egee, mentre l'architettura assira e<br />
neo-babilonese rielabora motivi egiziani, analogici e iranici (palmette e volute<br />
del palazzo di Nabucodonosor).<br />
Simbolismo e decò<br />
Il Simbolismo è una delle più importanti correnti artistiche della fine del XIX<br />
secolo.<br />
La sua poetica, alternativa sia alla pittura accademica che alle più avanzate tendenze<br />
del realismo e dell'impressionismo, rappresenta un ponte tra l'Ottocento<br />
e il Novecento e costituisce una delle premesse fondamentali alle rivoluzioni<br />
formali attuate dalle avanguardie del XX secolo.<br />
Sorto come reazione al Naturalismo e all’Impressionismo della fine del XIX<br />
secolo, il Simbolismo aveva la finalità di indagare quelle piaghe della coscienza<br />
umana al confine tra realtà e sogno (nel 1900 viene pubblicato il saggio L’interpretazione<br />
dei sogni di Freud) fino a quel momento escluse dall’indagine artistica.<br />
Alla visione positivistica, propria del Realismo ottocentesco, i Simbolisti<br />
opposero un nuovo linguaggio artistico finalizzato alla rappresentazione indiretta<br />
di stati d’animo e di emozioni attraverso dei simboli (ovvero “qualcosa<br />
che sta al posto di qualcosa d’altro”) che consentivano di tradurre in immagini<br />
analogiche le condizioni più intime dell’animo umano.<br />
Uno dei maggiori interpreti del rinnovamento del linguaggio plastico fu sicuramente<br />
il casalese Leonardo Bistolfi (1859 – 1933), considerato uno dei maestri<br />
fondamentali della scultura liberty italiana tra Otto e Novecento, colui che<br />
apportò alla produzione artistica una ventata di internazionalità e che divenne<br />
l’interprete più diretto dei nuovi ideali altoborghesi attraverso la statuaria cimiteriale.<br />
Il linguaggio bistolfiano flessuoso ma, nel contempo poderoso e saldo, è<br />
esemplificato con il bozzetto per il Monumento a Camillo Cavour (1911 – ’13),<br />
con la lastra tombale in gesso del poeta Andrei e con i due piccoli bronzi Gli<br />
amanti e Testa dell’Alpe.<br />
Simbolista fu anche, all’inizio della sua carriera, il futurista Umberto Boccioni<br />
che è rappresentato dalle seguenti opere: Studio per il sogno, Gli amanti, I<br />
fidanzati, Beata Solitudo, …Tra gli artisti considerati veri maestri della modernità<br />
e, per tale motivo, non “mandati al rogo” dagli “incendiari” Futuristi, oltre<br />
a Previati e a Pellizza da Volpedo, ci fu lo scultore torinese Medardo Rosso che<br />
portò l’arte plastica ad una visione bidimensionale ed orientata da precisi punti
266<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
di vista, elevando, inoltre, la cera, sostanza duttile e potenzialmente mutevole<br />
in base alle condizioni ambientali, a materiale della scultura finita come esemplifica<br />
il celebre Ecce puer del 1906 fig.1).<br />
Un’autonoma rielaborazione dello stile liberty e di quello secessionista in chiave<br />
klimtiana si riscontra nella Preghiera (1914) di Felice Casorati, eccezionale<br />
lavoro che appare coniugare l’attività di pittore con quella di mosaicista bizantino<br />
fig.2).<br />
La produzione simbolista francese, è documentata dalle serigrafie LesOrigines<br />
di Odilon Redon il quale, facendo coincidere natura e sogno, coglie gli aspetti<br />
più sfuggenti, anormali e “oppiacei” della realtà. Del teorico della Scuola di<br />
Pont - Aven e vicino a Gauguin, Emile Bernard, è esposta l’opera Les Bretonnes<br />
au goemon, dove cinque indistinte figure femminili con lo sguardo rivolto<br />
verso il mare acquistano una straordinaria carica plastica. In Madame Sérusier è<br />
l’ombrelle di Paul Sérusier emerge chiaramente un linguaggio legato al mondo<br />
giapponese e caratterizzato dalla stesura di campiture di colore larghe e piatte<br />
che già contraddistinguevano le opere di Paul Gauguin, riferimento fondamentale<br />
per numerosi artisti europei che, verso la fine dell’Ottocento, erano alla<br />
ricerca di un mondo puro ed incontaminato.
Glossario<br />
Il simbolismo nella scultura<br />
267<br />
Uno dei maggiori interpreti del rinnovamento del linguaggio plastico fu sicuramente<br />
il casalese Leonardo Bistolfi (1859 – 1933), considerato uno dei maestri<br />
fondamentali della scultura liberty italiana tra Otto e Novecento, colui che<br />
apportò alla produzione artistica una ventata di internazionalità e che divenne<br />
l’interprete più diretto dei nuovi ideali altoborghesi attraverso la statuaria cimiteriale.<br />
Il linguaggio bistolfiano flessuoso ma, nel contempo poderoso e saldo, è<br />
esemplificato con il bozzetto per il Monumento a Camillo Cavour (1911 – ’13),<br />
con la lastra tombale in gesso del poeta Andrei e con i due piccoli bronzi Gli<br />
amanti e Testa dell’Alpe.<br />
Compiuti gli studi alla scuola tecnica di Torino con Giuseppe Archinti, Bistolfi<br />
vince a sedici anni una borsa di studio dal Comune di Casale e si iscrive all'Accademia<br />
di Brera di Milano dove, fino al 1879, frequenta il corso di scultura di<br />
Giosuè Argenti. In questo periodo si inserisce nell'ambiente della tarda Scapigliatura<br />
Lombarda e si appassiona all'opera di Tranquillo Cremona e soprattutto<br />
alla scultura di Giuseppe Grandi, con cui avrebbe desiderato lavorare. Poiché<br />
Grandi non accettava allievi, Bistolfi nel 1880 ritorna a Torino per iscriversi<br />
all'Accademia Albertina e studiare col Tabacchi.<br />
Aperto uno studio per conto suo, nell'82 realizza il suo primo monumento funebre,<br />
L'Angelo della Morte (tomba Braida, Torino fig.1),<br />
Tra il '92 e il '95 esegue la Cappella della Salita al Calvario al Santuario di<br />
Crea, un'opera fondamentale poiché in essa iniziano a delinearsi quegli elementi<br />
che diventeranno peculiari della scultura bistolfiana.<br />
Tuttavia il vero e proprio rinnovamento stilistico si verifica nel 1895 con la<br />
lapide funeraria Le spose della morte, in cui confluiscono Preraffaellismo, Simbolismo<br />
e Liberty. Nel 1902 si inaugura a Torino l'Esposizione di Arti Decorative<br />
e Industriali di cui egli si era fatto promotore insieme a Calandra, Thovez<br />
e Ceragioli. Alla Biennale di Venezia del 1905 ottiene una sala con oltre venti<br />
opere e vince il premio per la scultura. All'Esposizione è presente anche il modello<br />
del monumento funebre al senatore Orsini, La Croce, in cui si notano per<br />
la prima volta echi e suggestioni della scultura di Rodin.<br />
Tutti questi monumenti funebri, gli fece attribuire l'appellativo di "poeta della<br />
morte". E poeta egli fu veramente non soltanto per la lirica fantasia e la profondo<br />
spiritualità con cui tante volte affrontò quel tema, ma anche e soprattutto,<br />
per la qualità del suo linguaggio plastico, duttile e fluida, che dal marmo e dal<br />
bronzo fa scaturire immagini di luminosa e talvolta quasi sensuale bellezza e<br />
di grande raffinatezza lineare come ad esempio nel monumento al Segantini<br />
(1906, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, fig.2) in cui "vince il chiuso<br />
rigor l'anima schiava e a fior del marmo aerea si spande" (D'Annunzio).<br />
Altre importanti opere furono il monumento a Garibaldi (1908, Sanremo) e il<br />
gruppo del Sacrificio per il monumento a Vittorio Emanuele II Roma, fig.3.
268<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Il 22 settembre 1913, alla presenza di Vittorio Emanuele III, venne inaugurato<br />
a Bergamo il monumento a Cavour; lo scultore venne insignito con la croce di<br />
merito di Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoia.<br />
Dopo la guerra la fama di Bistolfi si affievolisce sempre più, tanto che la critica<br />
si occupa solo sporadicamente della sua opera. Si ritira allora nella sua villa<br />
a La Loggia, dove continua a lavorare dedicandosi non solo alla scultura, ma<br />
anche ad attività pittoriche e letterarie.<br />
fig2<br />
fig.1
Glossario<br />
fig.1<br />
fig.2<br />
fig.3<br />
269
270<br />
Glossario<br />
Maria Carmen Nuzzo
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Simbologie cristiane<br />
agnello delfino colombe e drago acquila yic colomba<br />
pesci<br />
tus<br />
271
272<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Abele<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Si riconosce per la presenza di un a gnello al suo fianco: è quello che egli of frì in<br />
sacrificio (Gen., 4, 4) e che Dio gra dì, ma che suscitò la gelosia di Caino<br />
Abete rosso<br />
Questa conifera è stata utilizzata in passato come simbolo del tempo, perché<br />
sembra vivere a lungo e le foreste di abeti appaiono eterne. Rappresenta<br />
principalmente la fermezza e la fedeltà, sia per la forma, sia perché rimane<br />
sem pre verde.<br />
Alleanza<br />
La Bibbia riferisce che, dopo il dilu vio, Noè e la sua famiglia, uscendo<br />
dall’arca, offrirono un sacrificio a Dio, il quale dichiarò «Concluderò<br />
un’alleanza con voi...; non ci saranno più diluvi sul la terra: metto il mio arco<br />
fra le nubi» (Gen., 9, 813). Ogni volta che si vede un arcobaleno che sembra<br />
unire il cielo e la terra, ci si può ricordare che esso è il simbolo dell’alleanza di<br />
Dio con gli uomini. Questo è il significato che ha in molti quadri.<br />
Alleanza<br />
La Bibbia riferisce che, dopo il dilu vio, Noè e la sua famiglia, uscendo<br />
dall’arca, offrirono un sacrificio a Dio, il quale dichiarò «Concluderò<br />
un’alleanza con voi...; non ci saranno più diluvi sul la terra: metto il mio arco<br />
fra le nubi» (Gen., 9, 813). Ogni volta che si vede un arcobaleno che sembra<br />
unire il cielo e la terra, ci si può ricordare che esso è il simbolo dell’alleanza<br />
di Dio con gli uomini. Questo è il significato che ha in molti quadri.<br />
Altare<br />
Originariamente i cristiani celebrava no il loro culto in case particolari ed il<br />
pane e il vino della Comunione erano deposti sulla tavola* domestica. A metà<br />
del III secolo, in certi ambienti in cui il senso liturgico scivolava verso una credenza<br />
delle potenze magiche, si comin ciò a distinguere la tavola riservata al<br />
culto dalle tavole comuni. Si profilò pe rò ben presto una reazione, ed uomini<br />
come Origene ricordarono che si tratta va di una tavola, non di un altare, e che<br />
«ciascuno ha per altare la sua anima ed il suo pensiero da cui si elevano profumi<br />
di soave odore, cioè le preghiere di una coscienza pura».<br />
Quando, un secolo più tardi, si pote rono costruire liberamente dei templi, si<br />
usarono dapprima delle comuni tavo le di legno, ma la nozione biblica di comunione<br />
si evolveva e passava alla dot trina cattolica del sacrificio della Messa;<br />
quest’ultima, per la transustanzia zione che ritiene di operare, diventava un<br />
sacrificio celebrato per la salvezza di un fedele o di un altro. Se si trattava di<br />
* gli asterischi indicano le parole chiave
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
273<br />
un sacrificio, non bisognava dunque ri servargli un altare come fanno tutte le<br />
religioni, e specialmente il giudaismo dell’Antico Testamento? Si passò così<br />
dalla nozione di tavola a quella di altare, che appariva più ortodossa. Quest’ultima,<br />
benché nuova per il cristianesimo, si installò così fortemente negli spiriti,<br />
che si giunse ad esigere che un prete che si spostava, prendesse con sé un<br />
al tare portatile.<br />
Nacque poi l’idea di una recinzione del coro intorno all’altare, per esprimere<br />
simbolicamente la differenza essen ziale fra il clero ed i laici.<br />
Alcuni altari di pietra sono segnalati dall’archeologia cristiana. Nel 517 un<br />
concilio (d’Epaone) proibisce di costrui re altari con materiali diversi dalla<br />
pie tra, però, a metà del VI secolo, Giusti niano offriva un altare d’oro alla<br />
basili ca di Santa Sofia.<br />
All’inizio l’altare era sostenuto da una sola colonna, ma ben presto le colonne<br />
divennero quattro, com’è ancora tra dizionale nella chiesa ortodossa; nella<br />
chiesa d’occidente invece continuò l’e voluzione e si giunse a posare la tavola<br />
d’altare su un basamento di pietra.<br />
Alcuni altari antichi somigliano in mo do sorprendente alle tombe. Gregorio di<br />
Tours (t 594) ricorda che l’altare di Santa Croce di Poitiers era di legno, e<br />
lo chiama cofano. Ciò dipende dal fatto che i primi cristiani tenevano spesso<br />
le loro riunioni attorno alle tombe dei martiri e, per tradizione, la forma<br />
di tomba per gli altari fu mantenuta a lun go; da qui deriva anche l’uso di porre<br />
delle reliquie sotto l’altare.<br />
La decorazione degli altari riflette ve ramente tutte le varianti della teologia e<br />
del gusto: gli altari più antichi sono deconati con croci, crismi, tralci di vite e<br />
palme.<br />
Fu subito proibito di posare alcunché sull’altare, fatta eccezione per ciò che<br />
doveva servire immediatamente per la Messa. NelI`VIII secolo fu presa l’abitudine<br />
di porvi dei reliquiari, poi dei vasi sacri ed il libro del Vangelo; apparvero<br />
poi quattro candelieri posti agli angoli, ad imitazione di quelli del tempio di<br />
Sa lomone, veramente necessari nelle chie se preromaniche e romaniche, spesso<br />
molto buie. Inoltre la loro luce riflessa dalla tovaglia dell’altare simboleggiava<br />
bene la nozione cattolica della Chiesa come regno di Dio sulla terra, cioè un<br />
po’ di luce celeste venuta sulla terra stessa.<br />
Amore<br />
L’amore di Dio per gli uomini è sim boleggiato da un libro, quello dei Van geli<br />
che portano al mondo, con la sal vezza, la prova della bontà divina; op pure<br />
dall’arcobaleno che ricorda l’al leanza conclusa dopo il diluvio.<br />
L’amore di un uomo verso Dio è rap presentato da frecce, cioè dalla preghie ra<br />
che sale al cielo... fino al trono di Dio. Anche una lampada, una fiaccola o più<br />
semplicemente una fiamma espri mono questo amore che rischiara e ri scalda la
274<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
vita del fedele.<br />
L’amore coniugale attinge i suoi em blemi dalla letteratura e dagli usi di tutti<br />
i popoli: ecco il mirto dal quale era circondato tutto il tempio di Venere a<br />
Roma; ecco soprattutto la rosa. Ma c’è anche il geranio a foglia d’edera,<br />
più ricco dell’edera dei boschi, come l’amo re che è più ricco dell’amicizia.<br />
C’è poi., il tiglio per ricordare Filemone e Bauci,) modelli di fedeltà<br />
coniugale, che furono trasformati in quest’albero. C’è la mar gherita che gli<br />
innamorati interrogano Sfogliandola; c’è il diamante, la pietra più preziosa<br />
e più dura. Oppure una nudità, un cuore, fiori in abbondanza.<br />
Ancora<br />
Presso i Greci, per i quali è importan te tutto ciò che riguarda il mare, l’ancora<br />
era utilizzata in modo generale come simbolo della vita marittima. Essa<br />
figu ra sul verso di alcune monete, come simbolo di un porto (Alessandria, Antiochia);<br />
rappresenta lo stato di mari naio e come tale si trova su alcuni epitaffi<br />
pagani.<br />
Disegni di ancore - Epoca romana.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Ancora e delfino • Catacombe (II secolo).<br />
Ancora e delfino - Catacombe (II secolo).<br />
Sono i cristiani che hanno dato a que sto segno un significato religioso: si sa che<br />
nel I secolo essi attendevano un ri torno imminente di Cristo e «si ancora vano a<br />
questa speranza escatologica». I loro predicatori, del resto ispirati dalla<br />
Incisione su sigillo di calcedonio Ancora, croce,<br />
pesci, colombe e palme British Museum.<br />
275<br />
Epistola agli Ebrei (6, 18-20), utilizzaro no l’ancora come simbolo di questa<br />
spe ranza*. Il Regno di Dio, realizzato al momento della parusia, era il porto<br />
do ve essi avevano la certezza di trovare la pace, quella «pax» iscritta tanto<br />
spesso sugli epitaffi. L’ancora divenne così l’e spressione della certezza che i<br />
loro de funti erano arrivati al porto, a quel por to della pace eterna.<br />
L’ancora è rappresentata spesso ac compagnata da uno o più pesci* che raffigurano<br />
Gesù Cristo stesso. A volte vi sono aggiunte delle palme*, simbolo<br />
del l’era messianica, o delle colombe* che rappresentano le anime dei defunti.<br />
In questo gruppo di simboli, il tridente so stituisce talvolta l’ancora e sembra<br />
a dombrare la forma della croce. Infine, una raffigurazione funeraria delle<br />
catacombe<br />
comprende un’ancora fra due pesci. Con questa iscrizione «IXOYE
276<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
MM2N = pesce dei viventi»: è evidente per il credente l’allusione a Cristo ed<br />
al la vita eterna, anche se essa è celata al pagano persecutore. Tutto ciò dimostra<br />
chiaramente che la speranza simboleg giata dall’ancora non è la virtù astratta<br />
alla quale di solito pensiamo, ma la cer tezza della vita eterna con il Salvatore,<br />
ed è più una fede che una speranza.<br />
Albero<br />
Nel pensiero degli antichi l’albero è il simbolo principale della fertilità e, in<br />
modo generale, la fonte misteriosa del la vita.<br />
Plinio (Hist. Nat., XII, 2) assicura che gli alberi furono i primi templi degli uomini.<br />
t vero che il silenzio delle foreste o l’imponente chioma di alcuni grandi<br />
alberi risvegliano un certo senso religio so; si sa d’altronde che a molte divinità<br />
era stato attribuito un particolare albe ro: la quercia a Giove, l’alloro ad Apollo,<br />
l’olivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole, ecc. Ancor oggi gli alberi<br />
sono idoli per alcuni popoli, che li circondano con un recinto dentro il qua le<br />
si esercita il culto.<br />
Nel Vecchio Testamento l’albero è tal volta l’immagine dell’arroganza (Is., 2,<br />
13) o della longevità (Is., 65, 22); si par la anche dell’albero della vita (Gen., 3,<br />
22, ripreso in Apoc., 2, 7; 22, 2, 14), cioè dell’albero il cui frutto dà la vita eterna.<br />
Giobbe (14, 7 ss.) spiega questo simbolo con il fatto che alcuni alberi producono<br />
continuamente dei polloni.<br />
Il profeta Ezechiele (17, 22) ascolta Dio che gli promette di prendere un ra mo<br />
di cedro e di piantarlo su un’alta montagna israelita per farlo germogliaree<br />
crescere fino a dominare le foreste circostanti: era l’annuncio della supremazia<br />
di Israele su tutti i popoli. È così che l’albero è divenuto il simbolo degli<br />
israeliti... «piantati» da Dio sulla terra. I padri della Chiesa hanno ripreso questa<br />
immagine per designare la Chiesa cri stiana, erede delle promesse fatte a I sraele:<br />
comunque, questo simbolismo non è frequente, perché il paragone che esso<br />
presenta non è comprensibile sen za spiegazioni.<br />
Nel Medioevo, dove si ammetteva con una certa facilità che l’antichità pagana<br />
era una prefigurazione della civiltà cri stiana, l’albero simboleggiò la forza vegetativa<br />
data alla natura da Dio: a que sto simbolo però se ne sovrapposero al tri:<br />
divenne il segno della potenza che Dio manifesta nella Chiesa, considerata<br />
come un giardino da Lui piantato sulla terra; divenne talvolta il segno di Cristo,<br />
la cui autorità si fa sentire nel regno di Dio, come la linfa nell’albero.<br />
Alfa e Omega (A e 0)<br />
«Io sono l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine» disse Dio nell’Apocalisse (1, 8; 21,<br />
6). Questa stessa frase, nello stesso libro biblico, è prestata anche a Gesù (22,<br />
14). L’uso di una formula identica per l’uno e per l’altro indica qualcosa che è<br />
loro comune. Anche quando si è voluto caratterizzare Gesù in quanto divino, si<br />
è fatto uso di questa espressione.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
277<br />
A proposito dell’origine di questa for mula, Gerolamo (Gerem., XXXV, 26)<br />
racconta che nei metodi pedagogici dei suoi tempi sussisteva un’antica usanza<br />
che consisteva nel «far recitare le lettere dell’alfabeto greco nel loro ordine<br />
rego lare, poi, come esercizio di memoria, nel passare dalle prime alle ultime<br />
in ordi ne di allontanamento: alfaomega; beta psi..., ecc.». È molto probabile<br />
che que sto procedimento di memorizzare l’accoppiamento delle lettere sia<br />
all’origine storica di questo simbolo.<br />
Per alcuni filosofi questa espressione designa la totalità dell’Essere. Per<br />
l’umile cristiano, il senso di tale espressione è facilmente comprensibile:<br />
come la prima e l’ultima lettera di un alfabeto inglobano tutte le lettere e<br />
quindi tutte le parole che indicano tutto ciò che esi ste, così queste due lettere<br />
possono in dicare colui che ha potere su tutte le co se, cioè il Signore del cielo e<br />
della terra, il padrone del cosmo.<br />
Questo significato non era vero ai tem pi delle persecuzioni: la sovranità di Gesù<br />
Cristo sul mondo era rifiutata troppe nettamente dai fatti. Inoltre, la fede in<br />
questa sovranità non poteva manifestarsi pubblicamente senza segnalare nel contempo<br />
ai persecutori la presenza dei cri stiani. Ecco perché A e 2 non si trova<br />
prima dell’epoca di Costantino, ma da quel momento tale segno si impose.<br />
Le più antiche testimonianze esistentI, datano dall’inizio del IV secolo. Dapprima<br />
si trovano queste due lettere isolate, o circondate solo da una corona, talvol ta di<br />
alloro in segno di adorazione, tal altra d’olivo in segno di pace. Molto pre sto però<br />
questo segno è stato accompa gnato dal chrisma*: questo insieme tro vò grande<br />
favore nella seconda metà del IV secolo, favore dovuto alla disputa dogmatica<br />
dell’epoca. A quel tempo il mondo cristiano era diviso in due cam pi opposti<br />
violentemente circa la rela zione da stabilire fra Dio e Gesù. Tutti credevano<br />
alla divinità di Cristo, ma gli ariani dicevano «il Figlio dipende dal Padre»,<br />
mentre gli atanasiani replicava no «sono perfettamente uguali». A evi dente che,<br />
in questo contesto dogmati co, la sigla «A» e «U» non poteva assolu tamente<br />
convenire agli ariani, perché le frasi bibliche alle quali si riferisce sono poste in<br />
bocca sia a Dio che a Gesù Cri sto, ben suggerendo così la loro identità.<br />
Invece soddisfaceva i loro avversari, ed è proprio per dimostrare la loro<br />
orto dossia atanasiani che gli imperatori ro mani, divenuti cristiani usarono<br />
costanmetà del II secolo, sarebbe stata marti rizzata atrocemente. Sarebbe stata<br />
fatta rotolare su un letto di carboni ardenti, ma miracolosamente protetta; il suo<br />
carnefice poi le avrebbe strappato o mozzato i seni. Mentre la seppellivano,<br />
cento giovani in tunica bianca portaro no dal cielo una lastra tombale con la<br />
seguente iscrizione «Mentem sanctam spontaneam, honorem deo et patriae liberationem»<br />
(Anima santa, spontanea, onore per Dio e liberazione della patria).<br />
Un anno più tardi, poiché una co lata di lava minacciava la città in cui si<br />
trovava la sua tomba, gli abitanti del luogo ebbero l’idea di prendere il velo<br />
che copriva la tomba per stenderlo da vanti al torrente di fuoco, che si sarebbe<br />
arrestato repentinamente. Questi mira coli spiegano il fervore popolare che nel
278<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Medioevo ha circondato il ricordo di sant’Agata, e la ragione per cui ella sia<br />
diventata la protettrice contro il fuoco.<br />
L’iscrizione della sua tomba è stata ri prodotta spesso sulle campane; si pen sava<br />
che le campane, suonando l’allar me, avrebbero attirato contemporanea mente la<br />
protezione di sant’Agata a fa vore dei sinistrati.<br />
In memoria del suo supplizio, essa è spesso rappresentata portando i suoi se ni su<br />
di un vassoio, o tenendo in mano il coltello o le forbici del suo martirio.<br />
Agnello<br />
L’agnello è uno dei più antichi simbo li cristiani, ed è stato usato in molti sen si.<br />
Dapprima ricorda il culto israelitico quotidiano, durante il quale si sacrifica va<br />
un agnello per purificarsi dei peccati (Gen., 4, 4; Ex., 12, 3; 29, 38; Lev., 3, 7;<br />
12, 6; Es., 16, 1; 53, 7; Ger., 11, 19, ecc.). Poi, con Giovanni Battista, divenne il<br />
segno dell’opera redentrice di Gesù. In fatti è l’ultimo dei profeti che l’ha designato<br />
come «l’agnello di Dio che toglie<br />
il peccato dal mondo» (Is., 1, 29). Que sta espressione sottintende un paragone<br />
con il sacrificio espiatorio degli israeliti e presenta due sfumature: prima di tutto<br />
non è un agnello offerto a Dio dagli uomini, ma è quello che Dio dà agli uomini;<br />
poi, a causa di ciò, purifica effica cemente, cosa di cui non è capace il rito<br />
israelita. D’altronde, salendo al Calvario Gesù realizzava un detto di Isaia (53,<br />
7) sull’agnello che si lascia sgozzare senza lamentarsi. L’Apocalisse riprende<br />
que sta immagine a proposito di Gesù una trentina di volte.<br />
Infine, essendosi Gesù stesso parago nato ad un pastore, anche secondo nu.merosi<br />
testi dell’Antico testamento, l’a gnello è diventato il simbolo dei fedeli. scrizioni<br />
funerarie • Cimitero di Callisto, Roma<br />
Le più antiche testimonianze esistenti di questo simbolo danno l’impressione<br />
che gli artisti abbiano spesso confuso (o sovrapposto) agnello, montone e pecora<br />
(e talvolta ariete*), come segno sia di<br />
Cristo che dei cristiani. Tuttavia, quan do nelle catacombe accompagna una<br />
croce o un’ancora, l’agnello evidenzia l’opera redentrice compiuta da Gesù in<br />
favore del defunto. In questo caso l’a gnello è coricato; più tardi sarà raffigurato<br />
in piedi, aureolato da un nimbo dapprima semplice, poi cruciforme e<br />
Ravenna (VI secolo).Infine con il monogramma di Cristo; terrà nella zampa<br />
anteriore destra uno stendardo o una croce; infine lo si porrà su di un piedistallo<br />
o su un altare dal quale sgorgano i quattro fiumi dell’E den (Gen., 2, 10, 14).<br />
Accade che l’agnel lo sia accompagnato da un pastore: allo ra indica un fedele,<br />
mentre il pastore è Cristo. Un disegno del cimitero dei santi Marcellino e Pietro<br />
mostra un agnello dietro il quale sono posti un bastone da pastore ed un vaso:<br />
per dire che il Cristo risuscitato non è visibile, ma presente, o per designare<br />
questo agnello come pa store? t da lì che si è passati all’allego ria del buon<br />
pastore, che si è posto sulle spalle una bestia del suo gregge. Si arri
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
279<br />
verà infine alla rappresentazione di un certo numero di agnelli in fila, simbolo<br />
dei fedeli (e quindi della Chiesa) con dotti dal pastore.<br />
Quando fu resa possibile la rappre sentazione del Cristo stesso e si formò<br />
ufficialmente una tradizione, il simbolo dell’agnello fu abbandonato a lungo<br />
Iscrizioni funerarie • Cimitero di Callisto, Roma<br />
co me designazione dell’opera di Cristo, ma restò per indicare i fedeli.<br />
L’agnello fu utilizzato a lungo come attributo di Giovanni Battista*, perché è<br />
lui che ha designato Gesù con questa immagine.<br />
Anello<br />
Presso i Romani, portare un anello al dito era un diritto regolato dalla legge, ed<br />
un segno onorifico: lo Stato accorda va questo diritto come ricompensa di<br />
imprese guerresche. Più tardi divenne il contrassegno di un ambasciatore, poi<br />
la caratteristica di un potere politico ed infine di una classe sociale. Un po’ alla<br />
volta quest’uso divenne il segno della proprietà, soprattutto quando si usarono<br />
gli anelli a sigillo. L’anello che riabi litava il figliol prodigo (Luca, 15, 22)<br />
è certamente di questo tipo. Esso fu infine il simbolo della ricchezza, della<br />
libertà, o semplicemente di un impegno preso, del quale si teneva a mostrare il<br />
segno (fidanzamento o matrimonio*). Se ne fece poi un semplice ornamento.<br />
Queste abitudini si trasmisero alla Chiesa.<br />
L’uso di dare un anello ai vescovi risa le al VII secolo, ma è probabile che si<br />
trattasse dapprima dell’anello con il quale erano sigillate le monete ufficiali.<br />
Nel IX secolo questo anello era divenu to il segno dell’autorità episcopale. Alcuni<br />
monastefi’ricevettero il privilegio di avere un abate «che portava l’anello<br />
episcopale». Nel XII secolo un anello matrimoniale era dato alle vergini cristiane<br />
nel giorno della loro consacrazio ne religiosa. Solo dopo il XV secolo si
280<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
parla dell’«anello del Pescatore», di quel sigillo con il quale vengono suggellate<br />
alcune lettere del Papa, perché si è im maginato che l’apostolo Pietro*, che era<br />
pescatore, lo avesse usato per primo.<br />
Per la fabbricazione e la decorazione degli anelli sono state usate tutte le materie<br />
preziose e rare.<br />
Spesso vi sono stati incisi simboli cri stiani: ancora, A e U, chrisma, croce,<br />
colomba, palma, pesce, barca, ecc.<br />
Angeli<br />
Le religioni dell’Egitto, della Persia, dell’India e della Cina riconoscono l’esistenza<br />
degli Angeli.<br />
La Bibbia è molto riservata su questo argomento e non dice niente sulla loro<br />
natura e sulla loro storia.<br />
La parola «angelo» viene dal greco, lingua del Nuovo Testamento: si ha «angelia»<br />
che significa «messaggio» e «an gelos» che vuol dire «messaggero»; il<br />
verbo «augello» si traduce con «portare un messaggio». Lo stesso è per l’ebraico,<br />
lingua del Vecchio Testamento: la parola tradotta con «angelo» è «mal’ak»<br />
che indica un ambasciatore e proviene da una radice semitica che significa<br />
«inviare». Quindi, quando gli autori del la Bibbia intera pronunciano la parola<br />
che si traduce con «angelo», essa evoca la nozione di latore di messaggio. Così,<br />
quando Giovanni, autore dell’Apocalis se, scrive ai responsabili delle Chiese<br />
dell’Asia Minore, li designa come «ange li di questa o quella località»; ai suoi<br />
oc chi non sono nient’altro che messaggeri di Dio presso le popolazioni della<br />
locali tà stessa.<br />
Ciò spiega la ragione per cui le più antiche rappresentazioni cristiane di angeli<br />
mettano in scena personaggi u mani: non sono più alati degli angeli del sogno di<br />
Giacobbe, i quali avevano bi sogno di una scala per salire al cielo e discenderne<br />
(Gen., 28, 12). Lo stesso concetto si ritrova in alcuni scritti apo crifi: vi si narra<br />
che Tobia, dopo essersi intrattenuto con Raffaele «non sapeva che egli fosse un<br />
angelo» (Tob., 5, 9): lo avrebbe saputo, se l’arcangelo avesse a vuto le ali.<br />
P solo nelYVIII secolo che agli angeli si mettono le ali, forse ad imitazione<br />
delle «vittorie» dell’antichità grecolati na, ma più probabilmente perché alcu ni<br />
testi biblici dicono che essi volavano (Apoc., 14, 6). Le nozioni cosmogoniche<br />
dell’antichità, molto diffuse fino al XIV secolo, equiparavano le stelle agli angeli,<br />
perché la contemplazione della volta celeste ha sempre generato un’emozione<br />
religiosa: d’altronde vi si trova uno dei fondamenti dell’astrologia.<br />
Si finì per dedurre che sono gli angeli a far ruotare l’immensa calotta del firmamento,<br />
come viene rappresentato da parecchie miniature del medioevo.<br />
I testi biblici non permettono di pre cisare quale potrebbe essere una gerar chia<br />
degli angeli. Alcuni passaggi di Paolo, che vi si riferiscono, sono soltan to<br />
elenchi che non danno alcun rango a questi misteriosi personaggi (Rom., 8,<br />
38; Ef., 6, 12; Col., 1, 16...).
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
281<br />
Tuttavia alcuni accenni su questo ar gomento si trovano nei libri apocrifi:<br />
Henoch assicura che l’arcangelo Miche le* aveva la posizione più elevata. Due<br />
passaggi biblici (Giuda, 9, 2; Pi., 2, 11) si riferiscono ad un altro apocrifo<br />
oggi perduto, «l’assunzione di Mosè», dove si tratta della vittoria di Michele<br />
su Asmo deo, principe dei demoni, relativa al corpo di Mosè. Anche alcuni<br />
Padri della Chiesa vi fanno cenno. In uno scritto at tribuito nel VI secolo a<br />
Dionigi l’Aero pagita, si distinguono tre ordini di an geli: nel primo si trovano<br />
i cherubini, i quali hanno solo la testa e le ali, ed i se rafini della visione di Isaia<br />
(6, 23); nel secondo le dominazioni, le virtù e le po tenze portano camici lunghi<br />
fino ai pie di, cinture d’oro e stole verdi; nel terzo si trovano i principati, gli<br />
arcangeli e gli angeli propriamente detti, che devono essere rappresentati tutti<br />
con indumen ti da soldato e cinture d’oro e che tengo no in mano dei giavellotti<br />
a punta di .lancia e delle asce.<br />
Dal momento in cui il culto degli ange li fu praticato nella chiesa cattolica, tutte<br />
queste categorie di esseri extraterrestri furono scolpite negli atri delle chiese,<br />
di pinte negli affreschi, disegnate in mosai ci o incise su oggetti di oreficeria.<br />
Alla fine del Medioevo, mentre Miche le ha sempre conservato la sua armatura<br />
più o meno completa, gli altri angeli mostrano una tendenza generale alla<br />
semplificazione dell’abbigliamento. Ab bandonando la moda delle cappe, della<br />
venne ben presto il simbolo preferito dei cristiani per rappresentare l’anima<br />
dei fedeli, fino al IX secolo, quando nel cristianesimo l’intellettualismo e la pretesa<br />
di ortodossia soverchiarono la poe sia e la devozione viva. Fu abbandonato<br />
il simbolo della colomba e gli si preferì, in larga misura a partire dall’XI secolo,<br />
un procedimento ripreso dalla Grecia pagana, che consisteva nel rappresenta re<br />
l’anima come un bimbo in fasce: l’ar rivo nell’aldilà non è forse la nascita ad<br />
una nuova vita?<br />
Successivamente si aggiunsero delle ali a questi bambini che sembravano<br />
u scire dalla bocca dei morenti; così però parevano angioletti, simili a quelli<br />
degli affreschi decorativi grecoromani e que sto non poteva servire per indicare<br />
l’ani ma dei cattivi. Allora furono disegnati per loro dei brutti diavoletti alati,<br />
con il volto contratto in una smorfia e coi pie di biforcuti. Parallelamente, dal XII<br />
se colo si cominciò a rappresentare i resu scitati con il corpo e addirittura le vesti<br />
che avevano avuto sulla terra. Era l’epo ca in cui, per moralizzare il popolo, si<br />
insisteva sulla prospettiva del giudizio finale ed occorreva che nelle rappresentazioni<br />
di questo giudizio si potesse ri conoscere questo o quel personaggio:<br />
ecco perché furono abbandonati i sim boli precedenti dell’anima, per dipingere<br />
e scolpirei viventi nell’aldilà con i loro corpi e le loro vesti; d’altra parte a ciò<br />
conduceva la dottrina della resurrezione dei corpi.<br />
In casi eccezionali l’anima è stata rap presentata dal grano o dall’avena, alludendo<br />
alla frase di Cristo «se il chicco di grano muore... porta molti frutti».<br />
An che la farfalla (con allusione alle ali di farfalla di Psiche) o il passero (di<br />
cui Dio si prende cura perfino quando cade a terra, secondo Matteo, 10, 29)
282<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
simboleg giano l’anima che, dopo la morte, si in vola verso nuovi destini.<br />
pianeta e della dalmatica, essi si vesto no di un semplice camice tutto bianco,<br />
che significava la loro purezza perfetta. Questa riforma del vestiario riguardava<br />
gli angeli messaggeri della resurrezione (Giov., 20, 12) o i vegliardi<br />
dell’Apocalis se (4, 4). Nel Rinascimento gli angeli sa ranno completamente<br />
nudi, oppure ve stiti secondo la moda del momento; conservano però le ali,<br />
prima dorate, poi rivestite di piume multicolori, che brillano tanto spesso nelle<br />
vetrate di quest’epoca.<br />
In seguito, questi angeli entrano in 2omposizioni decorative molto diverse:<br />
ornano dei bassorilievi, tengono degli emblemi, degli oggetti sacri e perfino<br />
degli scudi araldici; sostengono la testa Ielle statue coricate sulle tombe, reggono<br />
dei candelieri, ecc. Li si vedono in ;finocchio, in piedi, chinati e le loro ma ni<br />
e le ali sono più o meno distese.<br />
Nel XVI e XVII secolo, saranno sosti tuiti molto spesso da Amorini maschili<br />
e femminili simili a quelli dell’antichità pagana: completamente nudi, grassot<br />
Ali e paffuti, sembrano trasportati dale nubi e formano un corteo ingenuo e<br />
spesso grazioso intorno a Cristo, alla Vergine ed ai santi.<br />
Nel XVIII secolo, lo spirito dogmatico Iel tempo ritornò ad una gerarchia di<br />
an eli ben codificata. Non si riprese sempli emente la classificazione dell’alto<br />
Me lioevo, ma la si arricchì di dati moder ii. Si riconobbe subito un primo<br />
grup )o: i cherubini sembravano esseri uma ni completi, vestiti con abiti rossi,<br />
man :elli e tuniche ornati di ricami. I serafi ni, rossi come il fuoco, sono armati<br />
di ma spada fiammeggiante ed hanno tre paia di ali bibliche (Is., 6, 2).<br />
I troni si spostano su una ruota di fuo :o portata da quattro ali, nella parte in<br />
‘eriore della quale appare la testa au • eolata di un angelo.<br />
Nel secondo gruppo si trovano: le dominazioni, con abito e mantello senza<br />
ornamenti, un paio d’ali e un bastone che termina a forma di croce; portano<br />
nella mano sinistra una sfera sulla quale si legge IC XC, le prime e le ultime<br />
lette re antiche di Gesù e di Cristo: ciò signi fica che le dominazioni sono<br />
votate al l’autorità di Cristo sul mondo intero. Le virtù non si differenziano<br />
dagli angeli precedenti se non per i piedi nudi, men tre le dominazioni sono<br />
ben calzate.<br />
Il terzo gruppo comprende: i princi pati che hanno in mano un ramo di gi glio;<br />
gli arcangeli, vestiti da soldato, ma senza casco, che tengono in mano il<br />
globo con l’iscrizione IC XC; infine gli angeli, vestiti con un camice, che tengono<br />
nella destra un globo e nella sinistra un bastone a forma di croce.<br />
Quanto ai nomi degli angeli, la Bibbia fornisce solo quelli di Gabriele (messaggero<br />
di Dio) e di Michele (Dan., 8, 16; 9, 21; Luca, 1, 19, 26; Giuda, 9;<br />
Apoc., 12, 7). Alcuni libri apocrifi ed i cabalisti giudei conoscono i nomi<br />
di Raffaele, Raziel, Seliel, Uriel, Urjàn, ecc.<br />
Nel XVIII secolo si parlò molto di «angeli cattivi»: sono i demoni* comandati<br />
dal diavolo ritenuto un angelo de caduto. Su questo argomento fu co
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
struita tutta una teologia, basata sul li bro di Henoch e su alcuni passaggi dei<br />
Padri della Chiesa.<br />
283<br />
Anima<br />
All’inizio, gli artisti cristiani, quandc hanno voluto rappresentare l’anima<br />
ch< giunge nell’aldilà, si sono ispirati a rac conti pagani. Psiche, il cui<br />
mito risale a II secolo a.C., è rappresentata su moli sarcofagi cristiani, lei<br />
che per amore d Eros è divenuta divina: questa diviniz zazione parlava<br />
di resurrezione ai eri stiani. L’avventura di Icaro simboleggia l’alzarsi in<br />
volo dell’anima verso i luoghi celesti. Tuttavia è la colomba* che di venne<br />
ben presto il simbolo preferito dei cristiani per rappresentare l’anima dei<br />
fedeli, fino al IX secolo, quando nel cristianesimo l’intellettualismo e<br />
la pre tesa di ortodossia soverchiarono la poe sia e la devozione viva. Fu<br />
abbandonato il simbolo della colomba e gli si preferì, in larga misura a<br />
partire dall’XI secolo, un procedimento ripreso dalla Grecia pagana, che<br />
consisteva nel rappresenta re l’anima come un bimbo in fasce: l’ar rivo<br />
nell’aldilà non è forse la nascita ad una nuova vita?<br />
Successivamente si aggiunsero delle ali a questi bambini che sembravano<br />
u scire dalla bocca dei morenti; così però parevano angioletti, simili a<br />
quelli degli affreschi decorativi grecoromani e que sto non poteva servire<br />
per indicare l’ani ma dei cattivi. Allora furono disegnati per loro dei brutti<br />
diavoletti alati, con il volto contratto in una smorfia e coi pie di biforcuti.<br />
Parallelamente, dal XII se colo si cominciò a rappresentare i resu scitati con<br />
il corpo e addirittura le vesti che avevano avuto sulla terra. Era l’epo ca in<br />
cui, per moralizzare il popolo, si insisteva sulla prospettiva del giudizio<br />
finale ed occorreva che nelle rappresen tazioni di questo giudizio si potesse<br />
ri conoscere questo o quel personaggio: ecco perché furono abbandonati i<br />
sim boli precedenti dell’anima, per dipingere e scolpirei viventi nell’aldilà<br />
con i loro corpi e le loro vesti; d’altra parte a ciò conduceva la dottrina<br />
della resurrezione dei corpi.<br />
In casi eccezionali l’anima è stata rap presentata dal grano o dall’avena,<br />
allu dendo alla frase di Cristo «se il chicco di grano muore... porta molti<br />
frutti». An che la farfalla (con allusione alle ali di farfalla di Psiche) o il<br />
passero (di cui Dio si prende cura perfino quando cade a terra, secondo<br />
Matteo, 10, 29) simboleg giano l’anima che, dopo la morte, si in vola verso<br />
nuovi destini.<br />
Aquila<br />
Nell’antichità classica, l’aquila era l’at tributo di Giove. Era anche l’insegna<br />
della legione romana. Si ritroveranno reminiscenze di questo simbolismo nel<br />
cristianesimo, quando l’aquila vi rap presenterà la forza onnipotente di Dio, o la<br />
sua giustizia. E’ vero che talvolta rappresenterà anche l’orgoglio.
284<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
L'Aquila del Vangelo di san Giovanni - Capitello <br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
I cristiani però avevano accettato mol to presto il simbolismo dell’aquila, ma in<br />
funzione della leggenda (confusa d’altronde con quella della Fenice) se condo la<br />
quale quando questa regina degli uccelli si accorge di invecchiare, si getterebbe<br />
nel fuoco per ritrovare la gio vinezza. Ne fecero l’immagine del neofi ta, la cui<br />
vita è rinnovata dal battesimo (cf. S., 102, 5).<br />
L’aquila rappresenterà in seguito la fede e la teologia, perché, come lei, si elevano<br />
verso il cielo. Per la stessa ragio ne, accompagna talvolta il Cristo dell’Ascensione.<br />
L’unione aquilaleone* raffigura l’uo mo, composto di anima e di corpo, ed è<br />
stata scolpita molto spesso sui capitelli delle cattedrali romaniche.<br />
Un’aquila a due teste è l’attributo di liseo, perché questo profeta chiedeva a Elia<br />
«di avere una porzione doppia di spirito» (2 Re, 2, 9). Ma l’aquila è di venuta<br />
soprattutto il simbolo dell’evan gelista Giovanni* (ved. Tetramorfo*).<br />
Ariete<br />
È un simbolo abbastanza frequente fin dalla più antica età cristiana. Si rappresentò<br />
subito l’ariete che prese il po sto di Isacco sulla montagna del sacrificio<br />
(Gen., 22, 13), ma non ci si contentò di rappresentare questo avvenimento.<br />
La teologia della sostituzione permette va raffronti con la morte di Cristo: l’a<br />
iete immolato al posto di Isacco sem brava prefigurare il Cristo che muore al<br />
posto dei peccatori. Quindi, è proprio questo senso della morte di Gesù che si<br />
voleva evocare, soprattutto quando si disegnava un ariete vicino alla croce del<br />
Calvario.<br />
Fu fatto anche un altro raffronto fra l’ariete e Cristo: di solito, l’ariete cammina<br />
in testa al gregge; ora, Gesù Cristo è il capo della Chiesa e, come tale,<br />
pre cede e trascina i suoi discepoli di ogni tempo. Questi raffronti si trovano<br />
già nella letteratura dei Padri della Chiesa: Tertulliano (Adv. itid(ieus, e. XIII),<br />
Am brogio (de Abralzain, 1, VIII), Agostino (Conir. Max., 11, XXVI). Figura di<br />
Cri sto, l’ariete è il simbolo della forza, del coraggio .e della fermezza. Noti c’è
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
da stupirsi se questi raffronti letterari sono passati su monumenti differenti.<br />
285<br />
Dapprima rappresentato semplice mente in compagnia di pecore (che simboleggiano<br />
i cristiani fedeli) e di agnelli (che sono i neofiti), l’ariete è ben presto<br />
accompagnato da segni esplicativi (chri sma o croce) che ne fanno il Cristo che<br />
conduce il suo gregge. Gli artisti però ,abbandonarono o dimenticarono questa<br />
identificazione, forse perché in un greg ge l’ariete non è un animale di tutto riposo!<br />
Mescolarono quindi arieti e peco re in un sol gruppo guidato da Cristo, il<br />
pastore.<br />
Riferendosi a Ezechiele, 34, 17, dove I sraele è considerato il gregge che Dio<br />
,dovrà giudicare separando capri e peco re, arieti e montoni, alcuni scultori di<br />
sarcofagi hanno rappresentato degli a rieti alla sinistra di Cristo, nelle scene del<br />
giudizio finale.<br />
Essendo il capo del gregge, l’ariete è naturalmente anche l’attributo dei ve scovi<br />
e dei diversi prelati. La forma del pastorale* episcopale è simile a quella delle<br />
corna dell’ariete e vuole proprio e vocarla.<br />
Aureola > Gloria, Nimbo.<br />
Aurora<br />
Il Salino 139 (v. 9) parla delle «ali del l’aurora». La nozione di una dea dell’aurora<br />
dal volo prodigiosamente rapido e ra molto diffusa in tutta l’antichità.<br />
Presso i Greci, essa era la sorella del so le e apriva le porte del giorno. La si<br />
rap presenta con un gran mantello giallo, colore dell’aurora, e talvolta con delle<br />
i drie da cui fa piovere la rugiada sulla terra.<br />
Bilancia<br />
Questo strumento era d’uso così gene rale che non ci meraviglia vederlo usato<br />
spesso in letteratura o rappresentato sui monumenti. I Caldei e gli Egizi ne fecero<br />
un segno dello zodiaco.<br />
La parola «bilancia» si trova una ven tina di volte nella Bibbia, prima per indicare<br />
proprio lo strumento che serve a pesare, poi l’idea del peso o quella<br />
del l’equilibrio: combinando queste idee si giunse a quella della giustizia che<br />
sop pesa le azioni degli uomini, pur riser bando a ciascuno di loro il diritto di<br />
di fendersi. E’ così che la bilancia è divenu ta l’attributo della personificazione<br />
del la giustizia.<br />
Per il cristiano, dato che la giustizia suprema viene esercitata nel giorno del<br />
giudizio finale, tale emblema è attribui to a Cristo, giudice sovrano di quel tribunale,<br />
e più tardi all’arcangelo Michele che lo sostituirà in questa funzione.<br />
Una bilancia in equilibrio è talvolta il simbolo dell’equità e di un carattere ben
286<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
equilibrato; essa però è anche il simbolo del dubbio, perché non si sa da quale<br />
parte potrà pendere.<br />
Candeliere<br />
Dispositivo destinato a ricevere e so praelevare una fonte di luce. Si chiama<br />
anche candelabro, fiaccola, sostegno per torcia, cero, ecc. Quando si celebrava<br />
il culto nelle catacombe, bisognava pur a vere un po’ di luce, che divenne molto<br />
naturalmente un simbolo del cristianesi mo: una luce nella notte del mondo.<br />
Questo simbolo però fu usato soprat tutto in un altro senso: designava la vita<br />
nell’aldilà, così come lo consideravano già i pagani. Presso questi ultimi, chi<br />
voleva onorare un grande funzionario dell’impero lo circondava di molta luce,<br />
ed è per esprimere un rispetto uguale verso i defunti che si portavano sulle loro<br />
tombe dei candelieri accesi. Così si è giunti a vedere nel candeliere un segno<br />
della vita eterna.<br />
Esso è frequente sulle antichissime tom be cristiane, dove è dipinto o scolpito<br />
a sinistra ed a destra del defunto. Era un segno di rispetto, senza dubbio, ma al<br />
quale si aggiungeva tutta la mistica del tema biblico della luce: simbolo di felicità,<br />
poi della rivelazione divina in Gesù Cristo, e infine di Dio stesso.<br />
Il primo significato cristiano del can deliere era semplicemente l’indicazione<br />
che la scena disegnata o dipinta si svol geva nel quadro della vita eterna: poi il<br />
candeliere parlò di festa, di felicità in Paradiso. Per analogia divenne il segno<br />
delle gioie di quaggiù e quindi di tutta la vita cristiana che non può essere che<br />
un canto di riconoscenza. In questo du plice senso di una vita terrestre in funzione<br />
della vita eterna viene già usato nell’Apocalisse (1, 20; 2, 15), e così se<br />
ne è fatto il simbolo della fede.<br />
I primi candelieri erano corti, tozzi e spesso di aspetto pesante, ma ben presto<br />
divennero oggetti d’arte, d’argento, d’ar gento dorato, di rame argentato o dorato,<br />
di bronzo, di cristallo, di legno.<br />
Dapprima sistemati intorno all’alta re*, soltanto dal X secolo furono posti su<br />
di esso, ai due lati del crocifisso. Di regola il candeliere da altare comprende<br />
cinque parti: la base, lo stelo, il nodo o pomo (che permette di prenderlo facilmente),<br />
la coppa (che riceve le gocce di cera) e la punta, sulla quale è fissato il<br />
cero. Questa regola però non ha creato una uniformità d’aspetto, tutt’altro!<br />
La varietà dei candelieri è molto gran de: alcuni sono grandi, molto ricchi, molto<br />
ornati e spesso eleganti, mentre altri, al contrario, sono estremamente semplici<br />
e poveri.<br />
Candeliere a sette bracci<br />
Il libro dell’Esodo (Es., 25, 3132) ri porta che a Mosè fu ordinato di fare un<br />
gran candeliere d’oro a sette bracci. Quello che si trovava nel tempio di Ero de
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
287<br />
è conosciuto grazie al celebre basso rilievo dell’arco di trionfo di Tito a Ro ma.<br />
Poiché questo oggetto di culto aveva grande importanza per gli israeliti, esso<br />
divenne il simbolo della fede ebraica.<br />
Si trovano però antichissimi documen ti cristiani che portano questo simbolo.<br />
Dato che il cristianesimo è la continua zione della religione di Israele, alcuni<br />
Padri diranno perfino che esso è il vero Israele (Clemente, Gregorio Magno) e<br />
si capisce perché sia stato rivendicato per i cristiani il senso di questo simbo lo.<br />
Avvenne però una reazione, tanto che le testimonianze di tale candeliere come<br />
simbolo cristiano sono diventate molto rare; comunque, nel XVI secolo alcune<br />
chiese decoravano il loro altare maggiore con il candeliere a 7 bracci.<br />
Cavallo<br />
È naturale che sulla tomba di cristia ni che erano stati cocchieri, mulattieri o<br />
corrieri venisse rappresentato un caval lo: era un’allusione al loro mestiere. San<br />
Paolo però paragona la vita del cristia no ad una corsa nello stadio (1 Cor., 9,<br />
24; 2 Tini., 4, 78, ecc.): meditando su questa immagine, i fedeli ovviamente<br />
sono stati portati a impiegare un caval lo per raffigurare questa corsa. L’ani male<br />
si trova così su affreschi tombali, mosaici, lucerne, dove è accompagnato dal<br />
chrisma, che a volte è impresso sulla sua coscia. È il simbolo della corsa vittoriosa<br />
del cristiano. A volte i cavalli so no l’attributo degli angeli, in ricordo<br />
di quelli che, secondo Zaccaria, trasporta rono dal cielo i messaggeri di Dio in<br />
cerca delle sofferenze del popolo eletto (Zacc., 1, 917). Anche certe visioni<br />
del l’Apocalisse fanno intendere che i mes saggeri di Dio (angelo* deriva da<br />
aggelos = messaggero) montano a cavallo (A poc., 6, 28).<br />
Cena<br />
Uno dei due primi sacramenti* rico nosciuti dalla Chiesa cristiana. Nei pri mi<br />
secoli della nostra era, la partecipa zione a questa cerimonia era pericolosamente<br />
rivelatrice di un’appartenenza al cristianesimo; inoltre le venivano<br />
mosse accuse infami (eli orgia e d’antropofa gia). Questo spiega perché fosse<br />
poco praticata, perché se ne parlasse poco e perché sia stata poco rappresentata<br />
pri ma dell’epoca di Costantino.<br />
Alcuni mosaici del IV e V secolo mo strano Cristo attorniato più o meno da vicino<br />
da 11 discepoli e a volte da 12: si tratta di un’evocazione storica dell’isti tuzione<br />
della cena santa da parte di Ge sù. Nello stesso tempo voleva essere un invito<br />
a partecipare a questo even to: occorre infatti ricordarsi che il cri stianesimo era<br />
divenuto non saio lecito nell’impero, ma anche religione ufficiale dello stato,<br />
e che i nuovi cristiani che accettavano di partecipare alle cerimo nie ufficiali<br />
opposero per molto tempo delle riserve e perfino un certo timore a mangiare il<br />
pane e bere nella coppa del la comunione.
288<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Non esiste un gesto personale o collet tivo specifico dell’ultima cena: è il simbolo<br />
di un pasto che Gesti ha usato per esprimere ciò che pensava del suo<br />
desti no: come era spezzato il pane, così sa rebbe stata spezzata la sua vita; come<br />
quel pane nutre il corpo, così Egli, quan do sarà resuscitato, nutrirà l’anima dei<br />
suoi discepoli; come questo cibo dà san gue, così Cristo darà uno stesso sangue<br />
a tutti coloro che parteciperanno alla cerimonia; essi saranno fratelli e sorel le,<br />
perché uno stesso sangue familiare circola in loro. In seguito, la teologia, la<br />
mistica, la filosofia e la morale hanno trasformato in azione questa parabola,<br />
per farne un rito, talvolta codificato ri gorosamente. Nella Chiesa cattolica è<br />
l’eucarestia: Cristo avrebbe trasformato miracolosamente il pane ed il vino in<br />
pezzi del suo corpo e gocce del suo san gue, e la Chiesa sarebbe stata incaricata<br />
di ripetere questo miracolo.<br />
Quasi tutti i grandi artisti, pittori e scultori, hanno avuto l’occasione di rappresentare<br />
l’ultima cena; fra le narrazio ni evangeliche della sera del giovedì<br />
santo, hanno scelto il momento che pa reva loro più carico di significato: la lavanda<br />
dei piedi, la designazione del tra ditore, il canto dei salmi, la preghiera,<br />
la partizione del pane, la benedizione della coppa. Questa scelta rivela già un<br />
aspetto del pensiero e della religiosità dell’artista.<br />
Per simboleggiare questo sacramento sono state utilizzate naturalmente le «specie»<br />
del pane e del vino, sia sotto forma di una pagnotta* e di una coppa*, sia<br />
con delle spighe di grano ed un grappolo d’uva, o un ceppo o un sarmento di<br />
vite.<br />
Quando la Chiesa cattolica soppresse nella comunione dei fedeli il vino e<br />
poi tinche il pane, sostituito dall’ostia*, que st’ultima ha rappresentato quel<br />
sacramento: è una pastiglia bianca, rotonda, voci itiniciite decorata con una<br />
croce a quattro bracci uguali. Anche un osten sorio rappresenta la comunione<br />
nella chiesa cattolica.<br />
Anche qualche animale ha espresso il woio dell’ultima cena, soprattutto l’agnello*,<br />
ma anche il pesce*, e, molto più il pellicano, con riferi mento a quello<br />
dell’antica leggenda pa gana avrebbe nutrito i suoi piccoli con la sua carne.<br />
1 colori dell’ultima cena sono: il bian co della purezza, il blu, colore celestia le,<br />
ed il rosso del sangue di Cristo.<br />
Cervo<br />
La cerva che beve al ruscello è l’immagine della sete spirituale dell’uomo e del<br />
suo desiderio di Dio: «Come là cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia<br />
anela a te, o Dio » (Sal 42,2). Il desiderio di Dio è insito nel cuore dell’uomo e si<br />
manifesta nella ricerca della felicità, del bene e della verità, come testimonia la<br />
Bibbia a più riprese: «La mia anima anela a te di notte, al mattino il mio spirito<br />
ti cerca» (Is 26,9); « 0 Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deser ta, arida, senz’acqua» (Sal<br />
63,2); «Amate la giustizia, voi che governate sulla terra, rettamente pensate del<br />
Signore, cercatelo con cuore semplice» (Sap 1,1); « Di te ha detto il mio cuore:<br />
“Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signore, io cerco» (Sal 27,8).<br />
Gesù è colui che soddisfa il desiderio sspirituale<br />
dell’uomo e risponde a tutte le sue domande interiori:<br />
«Chi ha sete venga a me e beva» (Gv 7,37); «Chi<br />
beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete,<br />
anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente<br />
di acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14);<br />
lo sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più<br />
fame e chi crede in me non avrà più sete» (Gv 6,35).<br />
Gesù, poi, si rende presente a chi lo cerca con<br />
cuore sincero e lo libera da ogni paura: “ Chiedete e vi sarà dato cercate e<br />
troverete; perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà<br />
aperto” (Mt 7,78).<br />
Chrisma (monogramma di Cristo)<br />
Cervo e chrisma - Illustrazione del Salmo 42, 2 su<br />
una tomba, Saulieu (IV secolo).<br />
289<br />
Segno conosciuto dai pagani come ab breviazione della parola «arconte», con la<br />
quale si designavano i nove magistra ti supremi di Atene dal IX secolo a.C. In<br />
seguito questo titolo fu dato ad altri<br />
magistrati di tutta la Grecia, ed anche a capi di stato in Egitto, in Asia Minore<br />
e perfino a Roma.<br />
Di solito l’abbreviazione è composta solo dalla seconda e dalla terza lettera<br />
(P.X.), ma su alcuni tetragrammi di Ate ne si trova un monogramma composto<br />
dalle prime tre lettere della parola. Que sto segno si ritrova su monete di Mitri
290<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
date, Tigrane, Traiano, e su iscrizioni fu nerarie romane.<br />
I Cristiani si accorsero subito dell’uso possibile di tale abbreviazione, che per<br />
loro era formata dalle due prime lettere della parola «Cristo» in greco (X.P.).<br />
Le più antiche testimonianze giunte fino a noi sembrano aver voluto distinguere<br />
questa abbreviazione da quella dei pa gani, aggiungendo a quelle di Gesù le<br />
lettere «A» e «U» che lo rappresentava no anch’esse.<br />
Dal II secolo però si trovano simboli ridotti alle prime due lettere della paro la,<br />
sia intrecciate, sia racchiuse da un cerchio: probabilmente si era constatato che,<br />
grazie all’antecedente pagano, il si gnificato cristiano di questo segno non era<br />
troppo evidente e rivelatore.<br />
Si tratta evidentemente dello stesso segno di cui Costantino ebbe la visione<br />
Chrisma (monogramma di Cristo)<br />
Segno conosciuto dai pagani come ab breviazione della parola «arconte», con<br />
la quale si designavano i nove magistra ti supremi di Atene dal IX secolo a.C.<br />
In seguito questo titolo fu dato ad altri magistrati di tutta la Grecia, ed anche a<br />
capi di stato in Egitto, in Asia Minore e perfino a Roma.<br />
Di solito l’abbreviazione è composta solo dalla seconda e dalla terza lettera<br />
(P.X.), ma su alcuni tetragrammi di Ate ne si trova un monogramma composto<br />
dalle prime tre lettere della parola. Que sto segno si ritrova su monete di Mitridate,<br />
Tigrane, Traiano, e su iscrizioni fu nerarie romane.<br />
I Cristiani si accorsero subito dell’uso possibile di tale abbreviazione, che per<br />
loro era formata dalle due prime lettere della parola «Cristo» in greco (X.P.).<br />
Le più antiche testimonianze giunte fino a noi sembrano aver voluto distinguere<br />
questa abbreviazione da quella dei pa gani, aggiungendo a quelle di Gesù le<br />
lettere «A» e «SI» che lo rappresentava no anch’esse.<br />
Dal II secolo però si trovano simboli ridotti alle prime due lettere della parola,<br />
sia intrecciate, sia racchiuse da un cerchio: probabilmente si era constatato<br />
che grazie all’antecedente pagano significato cristiano di questo segno non era<br />
troppo evidente e rivelatore.<br />
Si tratta evidentemente dello stesso segno di cui Costantino ebbe la visione nel<br />
312, alla vigilia di una battaglia deci siva contro Massenzio, e con cui costituì il<br />
labaro*. Ciò significa che il quel mo mento questo simbolo era già il segno del<br />
cristianesimo più caratteristico e più diffuso. Una volta assicurata la vittoria,<br />
il chrisma divenne per tutti il simbolo della nuova religione e, come accade<br />
quando le arti si aprono su un cammi no del tutto nuovo, lo si semplificò sino<br />
durlo ad un cerchio con sei raggi di sposti ad uguale distanza l’uno dall’altro.<br />
Era un chrisma ridotto alle sue li nee essenziali, essendo divenuta la una<br />
I. Questo segno era tanto più facil mente generalizzato in quanto poteva essere<br />
una combinazione delle due let tere I e X, iniziali greche di Gesù Cristo o quelle<br />
di IXTHUC* (pesce) e di XPI STOS (Cristo), due termini che erano da molto<br />
tempo segni convenzionali dei cristiani.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Chrismo costantiniano - Particolare di un sarcofago,<br />
Ravenna (V secolo).<br />
Chrismo stilizzato - Decorazione di un sarcofago,<br />
Tusculum (V secolo).<br />
Combinazione dell'Alfa e Omega della croce del chrisma<br />
291
292<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
(in quest’ultimo la P è latinizzata in R) Lastra funeraria tunisina (VIII secolo).<br />
Chrismi del III secolo Catacombe, Roma.<br />
Lattanzio, apologeta cristiano dell’e poca, descrive l’emblema costantiniano<br />
come una «X attraversata verticalmente da una I la cui estremità superiore è<br />
ar cuata». Eusebio (t 340), nella sua Vita di Costantino (I, III) riferisce che il<br />
mo nogramma posto sul labaro* imperiale in occasione della battaglia del Ponte<br />
Milvio «era composto da una X e da una P racchiuse in una corona d’oro».<br />
Nel VII secolo, per dare ancor maggiore intensità all’idea della presenza di<br />
Cristo, un piccolo chrisma costantiniani viene sovrapposto a uno più grande,<br />
co locato a sua volta su un chrisma ance più grande; il tutto è attorniato da un<br />
dozzina di colombe dello Spirito Santo*.<br />
Sotto l’una o l’altra delle sue forme (XP o DC), il chrisma compare da allora<br />
in tutto il mondo occidentale. Fu il sim bolo largamente più diffuso all’epoca<br />
per indicare il Cristo o l’appartenenza al cristianesimo. Si trova naturalmente<br />
attorno al Cristo in dipinti, affreschi o mo saici, e particolarmente nell’aureola<br />
at torno alla sua testa. Ma la si vede anche su elmi, scudi, anelli e ornamenti di<br />
va rio genere, sia maschili che femminili;<br />
lo si vede su delle lampade, sul piede e sul fondo di coppe dalle fogge più diverse<br />
e in iscrizioni funerarie; è impiegato come sigillo, come punzone per lingotti<br />
d’oro o per ceramiche; lo si riscontra in scultura, pittura, oreficeria; è usato come<br />
telaio di finestre; è raffigurato su ar chitravi e su tegole di templi.<br />
Dopo i tentativi di stilizzazione del chri sma nei primi tempi del suo impiego<br />
ufficiale, gli artisti si sforzarono di render ne più leggibili le lettere. Più tardi tornarono<br />
alla tradizione più antica aggiun gendovi FA e M. Questa stessa intenzio ne<br />
di rendere il simbolo più esplicito, condusse gli scultori ad accompagnare il<br />
cluisma con altre parole o segni, come la parola IXTHUC e la croce latina. Per<br />
necessità di semplificazione artistica, es si giunsero allo strano segno formato da<br />
una croce latina il cui braccio superiore<br />
è decorato a destra da una specie di o recchia e che altro non è se non un resto<br />
deformato della P del chrisma primitivo. Inversamente, accadde che questo<br />
stes so segno, cessando di essere un’abbre viazione, acquisì una
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Iscrizione funeraria - chrisma ed Alfa e Omega (IV secolo)<br />
293<br />
sorta di individua lità distinta e divenne la preda di fanta sie e la vittima di<br />
deformazioni di ogni genere, fenomeno che si è prodotto al trove in altri settori<br />
della teologia.<br />
Già al V secolo, alcuni artisti discono scevano talmente il significato di questo<br />
segno da invertire le lettere che lo com pongono o da aggiungere alla X degli<br />
uncini suggeriti dall’equilibrio del mo nogramma. P in questo modo che lo si<br />
vede sul fondo di una coppa di vetro, do ve la sua funzione sarebbe quella di<br />
pos sedere l’influsso magico capace di impe dire ogni avvelenamento. Del resto,<br />
è probabile che il chrisma sia stato talvol ta mescolato a dei sistemi filosofici<br />
col legate alla lettera X: Platone (Timeo, 36 b) pretende che il demiurgo avrebbe<br />
creato questa lettera per poi farne le sfere celesti attraverso le quali spiegava<br />
i movimenti degli astri. Plinio e Aristote le, parlando dell’origine delle lettere,<br />
at tribuiscono alla X una nascita partico lare. Dei cristiani vi videro una profezia<br />
del Cristo e gli gnostici approfittarono di queste fantasticherie per dimostrare la<br />
parentela, a loro cara, fra il cristiane simo e il pensiero greco.<br />
Si ritrova un’eco di queste filosofie nel rispetto, talvolta superstizioso, dei<br />
copisti dei testi biblici nei confronti del chrisma: essi avevano rapidamente abbreAato<br />
la parola XPISTOC (Cristo) ri ducendola sia alle sue due prime lettere,<br />
sia aggiungendovi l’ultima, ossia: X.P. op pure X.P.C. Questi erano due procedimenti<br />
di abbreviazione (tachigrafia) mol to comuni nel 111 secolo.<br />
Nelle traduzioni latine di questi testi greci, non venne in mente ai copisti di<br />
ridurre alla stessa maniera la parola la tina CHRISTUS, il che avrebbe dato C.H.<br />
oppure C.H.S. Essi copiarono lette ralmente il segno greco, e ciò gli conferì<br />
una grande risonanza e un grande valo re. Fecero un’eccezione solamente per<br />
l’ultima lettera: la C o la S greca diven nero una S latina.<br />
NelIVIII secolo alcuni scultori furono abbastanza disinvolti da tentare una latinizzazione<br />
del chrisma, e cambiarono ancora la P in una R latina. Ma l’ortodossia<br />
ufficiale aveva adottato le lettere greche e si accontentava di aver latinizzato<br />
solamente la forma dell’ultima; non era più possibile modificare il simbolo,<br />
ormai pietrificato.<br />
Quanto alla forma delle lettere del chrisma, occorre dire che seguì l’evolu zione<br />
degli stili di scrivere dai più anti chi sino ai più recenti, passando attra verso tutte<br />
le fantasie decorative di que sto o di quell’altro artista.<br />
Clessidra<br />
Mentre per la maggior parte dei popo li la clessidra è simbolo di durata e per sino<br />
di eternità, per i cristiani è stata in principio il segno della brevità della vita: in<br />
questo senso è stata raffigurata nelle catacombe. In seguito passa a simboleg iare<br />
frequentemente la morte: guar íando una clessidra si sa che a un dato nomento
294<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
tutta la sabbia sarà passata da in recipiente all’altro, ma nessuno po rrebbe dirci<br />
esattamente quando acca irà; così è per la morte, che è certa, ma<br />
nessuno può predire il momento in cui si verificherà.<br />
Alcuni artisti cristiani hanno talvolta utilizzato la clessidra nello stesso senso<br />
che aveva nell’Antichità, ossia di attri buto del Tempo*.<br />
Collera<br />
Gli impeti di collera sono simboleg giati soprattutto da animali: dapprima il<br />
leone, la tigre, l’orso, il lupo, l’aquila, lo sparviero, ma anche il toro, il gatto e<br />
il gallo. Anche l’ascia, la lancia, il gladio e le frecce rappresentano la collera,<br />
per ché sono le armi di cui si serve.<br />
Colletto<br />
Nel XVI secolo l’abbigliamento dei Ri formatori e dei pastori protestanti non<br />
prevedeva né bavero né colletto, acces sori che apparvero solo nel secolo successivo<br />
come una nota allegra sul seve ro abito pastorale.<br />
All’inizio si tratta di un grande bavero bianco abbassato, molto aperto sul davanti.<br />
Rapidamente la moda lo restringe attorno al collo, allungandolo però<br />
sotto la barba pastorale. Verso la fine del XVII secolo, in Olanda, si trasforma in<br />
una gorgiera più o meno vistosa, mentre in Francia prende la forma del colletto<br />
a due falde che va sempre più imponen dosi. Di solito è bianco, ma alcune confessioni<br />
luterane adottarono un colletto nero bordato di bianco.<br />
Nel XIX secolo si pensava che il collet to raffigurasse le due tavole della Legge,<br />
affermando il diritto del pastore a inse gnare la morale cristiana.<br />
Colomba<br />
Rappresenta soprattutto lo Spirito San to*. Fra il XII e il XVI secolo le ostie<br />
con sacrate sono state conservate spesso in cibori che evocavano questo simbolismo:<br />
avevano la forma di una colomba d’oro o d’argento, erano sospesi con catenelle<br />
sopra l’altare e si aprivano sul dorso dell’uccello. Con questo si voleva<br />
significare che lo Spirito Santo trasfor mava quelle ostie nel corpo materiale di<br />
Cristo, però bisogna confessare che ciò sfiorava il ridicolo.<br />
La colomba è ovunque il simbolo del l’innocenza grazie alle sue forme sem plici<br />
e all’andatura bonacciona, ma an che perché spesso è bianca, colore natu rale di<br />
questa virtù.<br />
Nella religione grecoromana però la colomba era sacra a Venere, perché i<br />
piccioni tubano e si becchettano in con tinuazione. Anche i cristiani ne fecero a<br />
volte il simbolo della lussuria.<br />
Questo però non è il solo aspetto di tale emblema pagano che sia stato ripreso<br />
dal simbolismo cristiano. Si sa che al cuni bassorilievi funerari greci presentano<br />
le anime dei trapassati sotto forma di colombe che bevono ad un vaso, simbolo<br />
della fonte della Memoria, e proprio questo simbolo venne sfruttato per gli
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
295<br />
e pitaffi cristiani. Ci si può chiedere come mai dei cristiani, opposti così tenacemente<br />
al paganesimo da accettare di morire per la loro fede, abbiano potuto<br />
ammettere un simbolo così chiaramente pagano. Generalmente è la poesia che,<br />
creando associazioni di idee tra espres sioni verbali, musicali o plastiche, è responsabile<br />
di una tale evoluzione. Quan do si è voluto descrivere l’aldilà, si è<br />
pen sato evidentemente al Paradiso* biblico popolato di alberi; questo giardino<br />
è sta to concepito come una foresta, la cui poeticità è particolarmente avvertibile<br />
se si alzano gli occhi al cielo, dove gli uccelli volano da un ramo all’altro. Perché<br />
non dovrebbero esserci nei giardini celesti gli uccelli più belli del mondo?<br />
(ved. mosaici funerari di Keliba, in Tuni sia, o la volta del presbiterio di San<br />
Vita le a Ravenna, ecc.). Ma allora i canti de gli uccelli hanno evocato gli<br />
alleluia de gli eletti dell’Apocalisse; anche quando si è voluto rappresentare i<br />
resuscitati, lo si è fatto per mezzo di uccelli, tanto più che uno fra loro, la<br />
fenice* (spesso con fusa con l’aquila* o il pavone*) era già il simbolo pagano<br />
della resurrezione*. Questo simbolismo dei noncristiani ap parve a certi teologi<br />
come una premoni zione della verità cristiana. Diciamo infi ne che le colombe<br />
rappresentano le ani me dei fedeli nella vita eterna perché í, perch en . trando<br />
in quella nuovaesistenza acquisi scono una vita innocente e purissima.<br />
In gioielleria la colomba ha dimensio ni e stili diversi. Talvolta è incisa con<br />
molto realismo e gran cura dei partico lari. Più spesso è appena abbozzata anche<br />
a causa del materiale usato, del me todo impiegato (pietra, filigrana) o della<br />
stilizzazione moderna.<br />
In certi periodi fu arricchita di pietre preziose a «cabochon» poste nel centro del<br />
corpo, sulle ali, o addirittura pen denti dalla estremità del becco, per si gnificare<br />
la ricchezza ed il valore dell’a zione dello Spirito Santo. Questo stile fu spinto<br />
fino a tempestare il corpo e le ali della colomba con numerosi rubini, diamanti<br />
e smeraldi. Di solito è in atto di volare dal cielo sulla terra, con il ca po in basso,<br />
per significare l’azione di Dio in favore degli uomini, per mezzo del suo Spirito<br />
Due colombe si dissetano in Paradiso - Mosaico della tomba di Galla Placidia,<br />
Ravenna (V secolo).
296<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
(ved. Spirito Santo); è questo il senso che prende quando si trova nella parte<br />
inferiore della croce u gonotta*.<br />
Nel XVI secolo si vede su alcune ico ne una colomba con testa umana spesso<br />
aureolata: nessun riferimento alle si rene dei capitelli romani; essa ha dell’angelo<br />
e dell’uomo e vuole esprimere l’idea che lo Spirito Santo accetta di<br />
in carnarsi quaggiù.<br />
Conchiglia<br />
Per segnalare le tombe cristiane si co minciò ad usare delle conchiglie, marine<br />
o d’altro genere; alcune erano intere, al tre forate come se si fosse voluto usarle<br />
per fame collane, o cucirle su una stof fa. Qual è il senso simbolico? Si è pen sato<br />
che, come un paguro sembra dare nuova vita a una conchiglia di un mol lusco,<br />
così il cristiano arriva alla vita e terna attraverso la morte.<br />
Coppa<br />
L’Antico Testamento parla spesso di un recipiente che serviva alle libagioni<br />
rituali: era così conosciuto e talmente legato a ciò che era il centro della vita<br />
israelitica, il culto dei tempio, che è divenuto uno dei simboli eli lsnaele, inciso<br />
sulle mone te, segnatamente nel Il secolo a.C. (1).<br />
La civiltà grecolatina ha conosciuto<br />
dibile che le prime coppe da comunione usate dalla Chiesa cristiana fossero di<br />
legno, uso che fu considerato tradizio nale per nove secoli. Questo materiale<br />
però era sempre più o meno poroso e si rischiava di perdere un Do’di vino, il<br />
che<br />
una quantità considerevole di recipienti dalle forme estremamente varie. Fra<br />
le coppe per bere, di cui si sono ritrovati frammenti o disegni, esiste una certa<br />
diversità, soprattutto nella decorazione; comunque, sono tutte tazze poco profonde,<br />
con la base più o meno alta, le anse raramente verticali, ma in genere<br />
orizzontali, per poter appendere la cop pa vuota (2).<br />
Probabilmente è un recipiente di questo tipo, quello di cui Gesù si servì per<br />
i stituire l’ultima cena. È comunque cre allarmò sacerdoti e laici dal momento<br />
in cui, per la dottrina della transustanzia zione, si credette che il vino si fosse<br />
tra sformato nel sangue materiale di Gesù: ecco perché fu vietato l’uso di questo<br />
materiale per le coppe stesse. La decisio ne fu presa durante il concilio di Reims<br />
(803) e confermata nell’847 e ancora nell’895, il che dimostra bene che il vecchio<br />
uso aveva i suoi partigiani. Da tem po si erano fatte coppe di tutti i tipi e<br />
con tutti i materiali: oro, argento, rame, bronzo, stagno e piombo. Alcune, molto<br />
antiche, sono state ricavate da pietre preziose, cristallo di rocca o alabastro;<br />
altre erano di vetro o di argilla. Le cop pe di rame e di bronzo, però, furono<br />
proibite, perché queste sostanze si ossi dano facilmente e rischiano di alterare il<br />
vino o di mescolarvi tossici più o me no pericolosi.<br />
Salvo quelle di legno (3), la maggior parte delle antiche coppe cristiane posa
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
297<br />
su una base più o meno decorata ed ha due anse (5), che in seguito vennero<br />
soppresse, salvo riapparire sporadica mente dopo alcune generazioni, ma co me<br />
elemento decorativo, tradizionale piuttosto che utile (6). Spesso molto semplici,<br />
senza alcuna decorazione, le coppe cristiane hanno comunque avuto ben presto<br />
dei segni che le distinguevano: croce, e tutti i sim boli di Gesù. Nei tempi della<br />
decadenza della devozione, quando ci si irrigidì sul le forme del cristianesimo,<br />
le coppe so no state «arricchite» da ornamenti pura mente decorativi e senza<br />
significato reli gioso, e perfino da pietre preziose.<br />
Si conoscono grandi coppe dette ministeriali, che servivano per la cumulo.<br />
Le ostie consacrate erano conservate nelle coppe e si dovette proteggerle per<br />
assicurarne la conservazione; fu creato una specie di coperchio per assicurarne<br />
la conservazione.<br />
In senso metaforico, una coppa offerta per bere rappresenta l’avvenire; col ma<br />
di una bevanda piacevole, rivela un avvenire felice; colma di un liquido amaro<br />
simboleggia giorni dolorosi (Salmi ,75, 9; Mc., 10, 38: Matt, 26, 3942).<br />
L’importanza che la Chiesa ha sempre accordato all’ultima cena ta comprendere<br />
non soltanto che la coppa sia sfitta spesso rappresentata per indicare la co<br />
munione, ma anche che abbia simboleg giato la Chiesa stessa. Guardate la statua<br />
giustamente celebre della Chiesa, a sinistra del portale romanico della cattedrale<br />
di Strasburgo (4).<br />
La coppa è l’attributo di Giovanni*, di Benedetto ma anche di Giacomo della<br />
Marca predicatore francescano, del quale si racconta che rischiò più volte di<br />
essere avvelenato da una coppa che gli veniva offerta più volte.<br />
Cristo tY:í,<br />
A naturale che a Cristo siano stati at tribuiti moltissimi simboli, poiché in lui<br />
sono riconosciute la perfezione umana e la pienezza della divinità.<br />
Ecco qui di seguito i vari emblemi:<br />
ascensione: l’aquuila*;<br />
autorità sula Chiesa: l’ariete*;<br />
autorità sul mondo: il globo* con la croce;<br />
azione salvatrice: l’agnello*, la pecora, il capretto, il delfino*;<br />
divinità: «A» e «Q»*, il nimbo* con la croce;<br />
doppia natura: il cero*, il grifone*;<br />
giudizio che pronuncerà sugli uomini: la bilancia*, il vaglio*;<br />
gloria: la mandorla*, il diamante, il nimbo con la croce, il sole;<br />
influenza sul cristiano: la nave*, il fa ro*;<br />
ispirazione: La colomba*;<br />
nome: la stella*, il fuoco*, la nave*, il pesce*;<br />
passione: la croce*, la rosa*;<br />
potenza: il leone*, toro;<br />
presenza all’ultima cena: l’uva*, la vi te, una spiga di grano*;
298<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
purezza: il giglio*, il colore bianco;<br />
regalità: la corona*, lo scettro*, il co lor porpora;<br />
resurrezione: il pavone*, la fenice*, l’uovo di struzzo*;<br />
sacrificio: il pellicano*;<br />
umiltà: la violetta;<br />
vigilanza: il gallo*.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Croce<br />
«Esistono parecchie specie di croci, dalle forme ben distinte e che spesso hanno<br />
solo un rapporto discutibile o in gannatore con l’emblema cristiano». I più antichi<br />
documenti esistenti, e che si riferiscono senza alcun dubbio agli av venimenti<br />
del Calvario, sono stati trovati a Roma (domus Gelotiana, sul Palatino):<br />
si tratta di due graffiti databili alla prima metà del III secolo, che rappresentano<br />
un crocifisso con la testa d’asino, davanti<br />
al quale un personaggio sembra fare il gesto dell’adorazione. Uno dei graffiti<br />
è accompagnato da un’iscrizione «Ale xamene adora il suo dio».<br />
t evidente che si tratta di caricature. Apione dice che i giudei erano accusati di<br />
adorare un asino e che si pretendeva che perfino nel tempio di Gerusalemme<br />
una testa di somaro fosse offerta all’a dorazione dei fedeli. Chi si burlava di<br />
A lexamene avrà confuso cristiani e giu dei in una stessa ironia. Comunque non<br />
è questo il più antico documento icono grafico esistente sulla Crocifissione.<br />
Si sono ritrovate nelle catacombe (s tratta dunque di documenti anteriori 2 quelle<br />
caricature) non delle rappresen. tazioni storiche delle scene del Calvario ma<br />
numerose croci che parlano dogma. ticamente di quel passato e che voglio. no<br />
rievocare la morte redentrice di Ge sù Cristo. Sono così frequenti che s possono<br />
considerare come un segno à appartenenza alla Chiesa cristiana.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Nessuna tradizione ne fissa la forma spesso sono due tratti incrociati più c meno<br />
esattamente, spesso circondati da un cerchio o semplicemente appesantiti.<br />
Diverse croci: 1) ancorata, 2) di sant’Andrea, 3) egiziana, 4) cleché, 5) gammata, 6) greca, 7)<br />
ugonotta, 8) latina9) doppia, 10) di Lorena,<br />
299<br />
«segno della croce» sono letterari (Ter tulliano: «De corona mizilitis», c. III;<br />
Origene: «Delecta in Ez.», c. IX; Cipriano: «Epistola», LVIII, 9). I Padri della<br />
chie sa ne parlano come se si trattasse della lettera greca «tau», tracciata sulla<br />
fron te. Si tratta forse di un’allusione ad al cuni testi biblici (Apoc., 7, 3; 13, 16;<br />
17, 5 che si riferiscono a Ez., 9, 46) sotto la quale si profila l’antica abitudine<br />
odiosa di marchiare gli schiavi come si fa an cor oggi con il bestiame. Bisogna<br />
co munque riconoscere che tali testi signi ficano tutt’altra cosa rispetto al segno<br />
attuale della croce, e che non si potreb bero collegare alla morte di Gesù, se non<br />
per un capriccio di immaginazione.<br />
Nella pratica religiosa, alcuni segni che ricordano là croce appaiono in occasione<br />
della somministrazione dei sa cramenti. Il primo testo conciliare che vi<br />
si riferisce è del 692: un concilio di Costantinopoli esige che i fedeli metta no le<br />
mani in croce per ricevere la co munione, uso ripreso (ma rapidamente respinto)<br />
da alcuni pastori protestanti liturgisti del XVIII secolo; nella Chiesa cattolica<br />
l’uso fu abbandonato da quan do i fedeli non furono più autorizzati a toccare<br />
l’ostia* consacrata.<br />
Un po’ più tardi, si cominciò a trattare davanti al proprio corpo un segno di<br />
cro ce. li primo movimento, verticale e di scendente, ricorda che Dio è venuto<br />
sul la terra incarnandosi in Gesù Cristo, mentre il secondo rievoca l’opera di<br />
Cri sto stesso sulla croce: riferendosi alla parabola del giudizio finale che mette<br />
i buoni a destra e i malvagi a sinistra, questo movimento assicura che Gesù<br />
Cristo prende il credente a sinistra e lo porta alla sua destra, fra gli eletti.<br />
È assai curioso notare che, se nella Chiesa cattolica romana la seconda parte del<br />
segno della croce si fa da sinistra a destra, nella Chiesa ortodossa si fa da de stra<br />
a sinistra. C’è una spiegazione: nella<br />
Chiesa romana che si identifica con il Regno di Dio, il credente si mette al po sto<br />
di Cristo e la sua destra è la parre de gli eletti. Invece la Chiesa ortodossa re sta<br />
sempre di fronte a Cristo nell’adora zione: quindi la destra di Cristo diventa
300<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
necessariamente la sua sinistra.<br />
Ancora oggi però, nel popolo cattolico romano, si dice che il modo di fare degli<br />
ortodossi è una bestemmia: il gesto sa rebbe fatto alla rovescia per significare<br />
che si crede al diavolo; sarebbe il segno degli stregoni e delle streghe! Ciò<br />
deriva dal fatto che, dopo il grande scisma (ini zio del XV secolo), i sacerdoti<br />
hannotal mente biasimato gli ortodossi che il po polo li considera quasi seguaci<br />
di Satana!<br />
In principio, il segno della croce dove va essere fatto al momento della somministrazione<br />
dei sacramenti, ed è per ciò che acquistò presto molta importanza<br />
nella devozione popolare: dapprima sembrò semplicemente necessario per<br />
ottenere la grazia del sacramento, poi divenne utile anche in altre occasioni,<br />
come l’ingresso in chiesa, la preghiera, ecc.; finì per essere un mezzo per ottenere<br />
qualsiasi benedizione ed anche un gesto quasi magico di protezione.<br />
Quanto alla forma della croce del Cal vario, nel corso della storia sussistono<br />
due tradizioni: una ne fa una croce lati na, l’altra, probabilmente più esatta dal<br />
punto di vista storico, è la croce patibo lare a forma di «tau» (cf. Strumenti del la<br />
passione*).<br />
Coloro che hanno rappresentato Cri sto in croce, gli hanno dato posizioni assai<br />
diverse. Spesso egli è in piedi, ap peso per le mani, con la testa reclinata da un<br />
lato, piuttosto che in avanti. Due chiodi gli trafiggono le palme delle ma ni, ma<br />
uno solo perfora i piedi riuniti. Questa è la posizione «tradizionale». Ad altri<br />
artisti è stato assicurato che la cro ce autentica aveva un pezzo di legno a metà<br />
dell’asta, sul quale il suppliziato era<br />
seduto più o meno completamente. Altri disegnatori, pensando che il peso di<br />
un corpo era eccessivo per essere so stenuto da mani forate, le quali si sa rebbero<br />
ben presto squarciate, hanno immaginato di fissare le braccia con delle corde.<br />
Dall’esame dello scheletro di un crocifisso trovato di recente a Ge rusalemme e<br />
che risale ai tempi di Cristo, risulta che il suppliziato era, sì, par zialmente seduto<br />
su un’assicella inchio data alla croce, ma le ginocchia sembra no essere state<br />
rialzate e fissate molto in alto con un solo chiodo, come per farlo inginocchiare;<br />
i chiodi che reggevano le braccia erano piantati alla fine dell’a vambraccio e non<br />
nelle palme. Non è del tutto certo che lutti i crocifissi siano sta ti appesi al legno<br />
in questo modo, ma è possibile che la tradizione orale abbia attestato questo<br />
procedimento per la morte di Gesù.<br />
morte di Gesù. Sarebbe allora contro questa tradizione che dei cristiani, non<br />
potendo sopportare l’idea di Cristo ingi nocchiato davanti ai suoi carnefici, abbiano<br />
immaginato la storia (in sé non impossibile) dell’abbattimento dell’assicella<br />
di sostegno e di una coraggiosa posizione verticale di Cristo durante tut to<br />
il suo supplizio. La croce ortodossa*, con la barra inferiore inclinata sarebbe un<br />
eco di questo ricordo.<br />
Come si presenta l’evoluzione storica di queste diverse rappresentazioni? All’inizio<br />
Cristo fu vestito con una lunga tu nica; più tardi indosserà solo una gonna
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
301<br />
sempre più ristretta. 1 suoi piedi posava no su uno zoccolo, le braccia erano solo<br />
allargate, il corpo per niente sospeso. E ra ancora e sempre il senso dottrinale<br />
della crocifissione ad essere rappresen tato, molto più del l’atto storico.<br />
Il senso storico della morte di Cristo appare completamente soltanto dton il<br />
Rinascimento italiano e si diffonderà attraverso tutta la cristianità: il corpo<br />
del suppliziato si denuda, l’osser vazione anatomica si nota e si sviluppa fino<br />
a diventare, nel XVII secolo, l’occa sione per gli artisti di dimostrare virtuo sità<br />
accademica... a spese però del valo re propriamente religioso dell’opera. D’altra<br />
parte, e già dal XIV secolo, gli artisti tenteranno di esprimere i senti menti<br />
della persona crocifissa, in modo particolare nei crocifissi: il dolore, il do lore<br />
accettato o la tortura subita, la com passione per i carnefici, infine l’abban dono<br />
della morte; spesso cercheranno di far vedere la bontà di Cristo nono stante la sua<br />
sofferenza, il suo amore per gli uomini aldilà delle torture che gli hanno inflitto.<br />
In ciò risiedono l’inte resse e il valore dei Crocifissi della fine del Medioevo.<br />
La croce è sempre il simbolo della fede nel messaggio redentore di Cristo<br />
crocifisso ma anche il simbolo dell’onore ed omaggio a colui che è morto sul<br />
Calvario.<br />
Nel corso della storia cristiana sono stati ripresi talvolta dei simboli usati<br />
precedentemente e poi abbandonati; i segni che accompagnavano la crocifissione<br />
nel IV e V secolo furono ripresi al momento di una spinta di spirito dottrinale.<br />
Se ne aggiunsero altri: un cranio o anche uno scheletro ai piedi della croce<br />
vogliono dire che Cristo ha vinto la mor te. Si trovano crocifissi su croce latina<br />
combinati con un cerchio che vuol esse re una corona, quella dei martiri; sem bra<br />
tuttavia che si tratti di una remini scenza o un adattamento di un antico segno<br />
celtico, adottato e trasformato dalla devozione cattolica.<br />
In molte deposizioni si vedono non solo la corona di spine ed i tre chiodi<br />
(numero di chiodi di cui la Bibbia non parla!), ma anche gli altri strumenti di<br />
cui ci si può essere serviti o di cui parla no questa o quella leggenda: martello,<br />
tenaglie, scala, ecc.; attraverso il reali smo di questi oggetti si è voluta mostrare<br />
agli spettatori l’importanza delle sof ferenze redentrici di Cristo.<br />
Delle croci cristiane si trovano assai di frequente su monete. Quelle mero vinge<br />
hanno una croce innalzata su di una palla, per esprimere la dominazio ne del<br />
cristianesimo (e più tardi della Chiesa) sul mondo.<br />
Questa palla, che vuol essere un glo bo*, diventa talvolta un globulo o perfino<br />
un semplice punto. Monete simili si trovano fino al XIX secolo. Di solito<br />
la croce ha quattro bracci uguali; rara mente è una croce latina, spesso una<br />
croce ancorata. Qualche volta è fissata su una o due aste orizzontali che rappresentano<br />
dei gradini ed evocano sia la base delle croci da altare, sia la collina<br />
del Calvario.<br />
Croci diverse (semplice, ancorata, a punta, dentellata, biforcata, pomata,<br />
potenziata, trifogliata, ecc.) entrano in gran numero nella composizione di blasoni<br />
di famiglie, città e paesi.
302<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
La croce è sempre il simbolo della fede nel messaggio redentore di Cristo crocifisso,<br />
ma è anche il simbolo della rasse gnazione perché ricorda l’obbedienza di<br />
Gesù fino alla morte. Infine, è il simbolo dell’onore, perché tutta la cristianità<br />
ren de onore ed omaggio a colui che è morto sul Calvario. per analogia e per<br />
onora re questo o quel cittadino, che lo Stato gli dà una croce (croce d’onore, di<br />
meri to, di guerra, di questo o quell’ordine).<br />
Cuore<br />
Parola che si ritrova nella Bibbia più di 370 volte. Talvolta indica il luogo centrale<br />
o più profondo di una regione o di un oggetto, ma, come in tutta l’antichità<br />
per la quale il sangue spinto dal cuore era la sede dell’anima, il cuore indica<br />
soprattutto la vita interiore dell’uomo: dapprima gli affetti, poi i pensieri, infi ne<br />
il coraggio e la volontà.<br />
Quando fu usato come simbolo dal primo cristianesimo su pietre tombali o<br />
sarcofagi, il cuore fu segnato o sormon tato con un segno cristiano: croce, chrisma,<br />
ecc.; testimoniava lo spirito cristia no del defunto.<br />
L’apostolo Paolo aveva parlato della «carità che proviene da un cuore puro» (I<br />
Tim., 1, 15): da qui il cuore divenne il segno molto generalizzato della carità.<br />
Un cuore in mano è un modo di rap presentare la vita interiore di qualcuno<br />
esposta apertamente davanti agli occhi di tutti: è segno di franchezza e di rettitudine,<br />
è il segno che Calvino aveva a<br />
dottato per il sigillo con cui chiudeva le sue lettere. Solo nel XVII secolo fu<br />
isti tuita la devozione al sacro cuore di Ge sù: giunto dall’Inghilterra, questo<br />
culto si propagò rapidamente in Francia e in tutta la Chiesa cattolica, dal secolo<br />
se guente.<br />
Il cuore come simbolo del matrimo nio, e il cuore infiammato, simbolo di<br />
passione, non sono segni specificamen te cristiani.<br />
Dio<br />
«L’arte cristiana primitiva si è astenu ta a lungo da qualsiasi tentativo di rappresentare<br />
Dio». I primi tentativi sono stati fatti quando si è tentato di dipinge re<br />
la creazione. Comunque, sul disegno più antico che si conosca di questo soggetto,<br />
una miniatura del VI secolo, il Dio creatore è un personaggio giovane,<br />
imberbe, con la testa ornata di capelli biondi e di un nimbo crucifero; vestito<br />
di bianco, tiene nella mano sinistra uno scettro in forma di croce. Bisogna riconoscere<br />
che il nimbo, la forma dello scettro e la giovinezza del personaggio non<br />
dipingono Dio, ma piuttosto Gesù Cristo che, secondo il I’ capitolo del Vangelo<br />
di Giovanni, è la Parola creatri ce di Dio (Giov., I, 314). Bisogna atten dere<br />
ancora molti secoli per trovare il Dio creatore sotto l’aspetto di un bel vecchio<br />
barbuto, immagine che divenne corrente.<br />
Per molto tempo, dunque, gli artisti hanno conservato un certo imbarazzo a<br />
rappresentare Dio con l’aspetto umano. Perfino nel XIV secolo evidenziano la
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
303<br />
sua presenza soltanto con una mano o due che appaiono nella nube per elargi re<br />
una grazia o per benedire, oppure lo sostituiscono con uno dei suoi attributi.<br />
La regalità di Noè messa in evidenza da una corona*, uno scettro*, un globo* o<br />
un trono. Il suo mistero è indicato da un nimbo che attornia la sua testa; la sua<br />
autorità da una giara* p<br />
apale; la sua potenza da un arcobaleno sul quale tal volta è seduto, e con il<br />
quale garantisce la sua alleanza* con gli uomini. Dal XVII secolo, Dio è<br />
stato rappresentato spesso da un occhio spalancato nel mezzo di un triangolo<br />
equilatero.<br />
Delfino<br />
Questo pesce ha avuto una certa im portanza nelle narrazioni dell’antichità<br />
grecoromana. Poiché gli accade di se guire le navi, gli sono state attribuite<br />
in tenzioni benevole, e una certa tradizione marittima ne ha fatto un essere che<br />
com pie salvataggi. Così esso divenne il sim bolo della salvezza. Al suo riguardo<br />
cir colavano fra il popolo molte leggende, così che si trovano delfini su pietre<br />
tom bali o in scene che rappresentano l’arrivo degli eletti ai Campi Elisi.<br />
Ancora e delfino<br />
Particolare di un bassorilievo funerario.<br />
I cristiani, che vedono in Gesù il loro salvatore, utilizzarono naturalmente il<br />
simbolo abituale della salvezza per desi gnarlo. Tuttavia nei cimiteri primitivi<br />
si trova solo il simbolo del pesce*, ma non quello del delfino, che appare<br />
soltanto<br />
verso la metà del M secolo. Spesso è as sociato al tridente* o all’ancora*. Nel<br />
IV secolo si trovano lampade cristiane a forma di delfino, che furono molto di<br />
moda e apprezzate durante una o due generazioni.<br />
La designazione di Gesù per mezzo di un delfino era un’immagine troppo strettamente<br />
marittima e soprattutto di un’o rigine pagana troppo conosciuta, perché
304<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
potesse imporsi alla Chiesa. Oggi è un simbolo completamente dimenticato.<br />
Fenice<br />
E' un uccello mitologico ben noto al l’antichità. La testa è ornata di un ciuf fo<br />
di piume esuberante e sempre erto, la taglia quella di un’aquila. Il piumag gio è<br />
color porpora (il termine greco phoinix significa «porpora», da cui il nome dei<br />
Fenici), con riflessi dorati at torno al collo e macchie bianche sulla coda. Vive<br />
500 anni: altri dicono 540, o 654, o persino 1461. Sentendosi approssimare la<br />
fine, lascia l’India (o l’Arabia), suo paese d’origine, e si porta ad Eliopolis, città<br />
del Sole in Egitto, passando per il Libano dove si copre di essenze a romatiche.<br />
Giunto a destinazione si get ta secondo alcuni nel fuoco dell’altare sacrificale<br />
del principale tempio della città, secondo altri sale altissimo nell’a ria tanto da<br />
accostarsi al Sole che ar dendo lo consuma. Dalle sue ceneri na sce un verme o<br />
un uovo dal quale sboc cia una fenice nuova di zecca che rico mincia lo stesso<br />
ciclo di vita. Alcuni au tori greci e latini lo mettono in relazio ne con Mercurio. È<br />
legittimo doman darsi se la storia del favoloso uccello non sia anche da mettere<br />
in relazione con alcune osservazioni astronomiche, in particolare, forse, il<br />
passaggio del pianeta Mercurio davanti al Sole.<br />
Nei primi anni del cristianesimo il mondo viveva in funzione della vita materiale<br />
e con scarse preoccupazioni per la vita eterna. I predicatori cristiani, al<br />
contrario, spingevano i fedeli a trascor rere tutta la vita terrena in vista dell’Aldilà.<br />
Naturalmente fecero ricorso alla sto ria della Fenice che rinasce dalla proprie<br />
ceneri; ne fecero il simbolo e addirittura una profezia, se non la prefigurazione,<br />
della resurrezione. Perciò il misterioso uccello divenne un simbolo cristiano raffigurato<br />
su monete coniate da Costanti no il Grande e suo figlio. In questo caso<br />
voleva alludere probabilmente anche alla rinascita dell’Impero in conseguenza<br />
del l’adozione del cristianesimo.A partire dal secolo se ne trovano raffigurazioni<br />
su sarcofaghi, mosaici, bassorilievi, volendo significare la re surrezione. Si sono<br />
vedute persino feni ci aureolate; ma il cerchio attorno alla testa dell’uccello<br />
potrebbe rappresenta re il Sole, e quindi un ritorno al tema a stronomico nel mito<br />
della fenice.<br />
Dal VI secolo i cristiani hanno talvol ta attribuito all’aquila* e al pavone* il<br />
potere di sopravvivenza della fenice. La causa dello spostamento è senza dubbio<br />
il desiderio di liberare la Chiesa dalla mitologia antica.<br />
L’importanza della fenice come sim bolo cristiano a dire il vero non è trop po<br />
grande. È sconosciuto al Medioevo e riappare solo di rado in seguito.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Fiaccola<br />
305<br />
Molte divinità grecolatine sono rappre sentate con una fiaccola in mano (Ecate,<br />
Vesta, ecc.). I cristiani usarono quest’og getto per simboleggiare la notte e<br />
talvolta la maldicenza; accompagna anche Gio vanni Battista che annunciava la<br />
venuta di colui che è la luce del mondo.Rappresentando la parabola delle dieci<br />
vergini, si sono spesso dotate quelle fanciulle di piccole lampade* ad olio.<br />
È molto più probabile che si trattasse di fiaccole (la parola greca tradotta con<br />
«lampada» può significare anche «fiac cola»). Quando soffia il vento, è difficile<br />
far luce intorno a sé con una di queste lampade; d’altronde il rifiuto di spartire<br />
l’olio di riserva si spiega meglio se si tratta della quantità necessaria alla fiaccola,<br />
che se si tratta di qualche centili tro destinato ad una lampada ad olio (ved.<br />
Amore, Fuoco, Preghiera).<br />
Gallo<br />
Perché mai si è pensato di mettere un gallo sui campanili delle chiese? Una<br />
leggenda medievale lo spiega: Gesù di ce aveva annunciato a Pietro il suo<br />
rinnegamento: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte» (Matt., 26,<br />
34), cioè «prima del far del giorno».,Pietro aveva rinnegato il suo maestro e ne<br />
aveva molto sofferto, anche quan do Cristo lo ebbe perdonato (Giov., 21, 1517).<br />
Sempre turbato per la sua catti va azione, Pietro in seguito si sarebbe messo<br />
ad afferrare tutti i galli che senti va cantare, impalandoli ed esponendoli bene<br />
in vista, e questo avrebbe ispirato i costruttori di banderuole...La vera origine<br />
di quest’uso va ricercaca piuttosto nelle idee generali e negli usi del tempo.<br />
Nell’antichità gli agricol tori possedevano un pollaio, non solo per procurarsi<br />
il cibo con le uova e qual che volatile, ma soprattutto per avere dei galli vivi<br />
che, avendo il vantaggio di svegliarsi al più piccolo rumore, diven tavano utili<br />
guardiani; inoltre, destan dosi alle prime luci dell’alba, sembrava no annunciare<br />
il giorno nascente e sve gliavano tutta la casa. Per queste ragio ni la terza vigilia<br />
della notte (fra le due e le sei) era chiamata «canto del gallo».<br />
A questo alludeva Gesù nell’annuncio del rinnegamento, e per questo il gallo è<br />
divenuto il simbolo della vigilanza. Già nel VI secolo a.C., un servitore di un re<br />
d’Israele aveva fatto incidere un gallo sul suo sigillo personale, per dimostrare<br />
che serviva il suo padrone in modo sve glio, riflessivo e attento.<br />
Ben presto i cristiani fecero del gallo il simbolo della resurrezione, dicendo:<br />
«Come questo uccello che annuncia un nuovo giorno, anche i fedeli vivono nell’attesa<br />
di un giorno nuovo in cui Cristo ritornerà». Quando l’epoca di questo<br />
ri torno sembrò allontanarsi, essi fecero del gallo il simbolo della venuta del<br />
re gno di Dio, e poi della speranza di tem pi nuovi.
282<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Solo nel IX secolo della nostra era si cominciò a mettere dei galli sui campanili;<br />
almeno data a quest’epoca la più antica testimonianza conosciuta. Allora,<br />
mettere una banderuola sul proprio tetto era un segno di preminenza, anche<br />
per un individuo, una casta o una corporazione, e quest’uso durò fino al<br />
XVII secolo. Molto probabilmente all’i nizio non fu che un’indicazione della<br />
direzione del vento, inteso però come la manifestazione di una potenza sovrannaturale.<br />
In certe regioni era neces sario badare alla direzione del vento, ed<br />
ecco l’impiego del simbolo della vigi lanza: il gallo.<br />
D’altra parte, la forma di questo uccel lo poteva ispirare un creatore di banderuole,<br />
il cui meccanismo richiedeva una freccia per indicare l’origine del vento,<br />
un’ala o una vela perché il movimento dell’aria potesse muoverla, e un asse<br />
che permettesse il movimento rotatorio: il becco, le ali e le zampe del gallo<br />
rispon devano a questi tre requisiti. Inoltre ciò spiegava e rafforzava l’idea di<br />
vigilanza già insita in questo uccello, che mostra da dove proviene il vento...<br />
il vento di Dio che «fa tutte cose muove» e sul quale bisogna vigilare con la<br />
massima attenzione.<br />
Come segno di vigilanza, il gallo è stato modellato, scolpito o dipinto in ogni<br />
tem po su moltissime lucerne cristiane, sim bolo adeguato, perché la lucerna aiuta<br />
a vegliare. Lo si trova su sarcofagi, iscri zioni funebri, affreschi, mosaici, come<br />
omaggio alla vigilanza del defunto o co me segno evidente della resurrezione.<br />
Dal XIII secolo il gallo è diventato il simbolo della predicazione; la notte è il<br />
mondo; il nuovo giorno è il Regno di Dio; il predicatore deve proprio sveglia re<br />
i dormienti che si abbandonano alle opere delle tenebre, e trascinarli a vive re<br />
nella luce di Dio.<br />
Quando la medicina* si separò dalla Chiesa, il gallo che un tempo era sacrificato<br />
ad Esculapio, dio dei medici, diven ne il simbolo delle arti mediche e<br />
farma ceutiche.<br />
Gesù (Trigramma di Gesù)<br />
L’origin di questo segno risale alle a bitudini dei copisti dei manoscritti gre ci<br />
del Nuovo Testamento. Poiché il no me di Gesù ritornava frequentemente in<br />
questi testi, i copisti lo hanno abbrevia to, secondo i loro costumi: scrivevano<br />
solo la prima e l’ultima lettera (o le due o tre prime lettere) con sopra un trattino<br />
orizzontale, segno dell’abbreviazio ne. La più antica forma conosciuta è<br />
IH, spesso attraversata dal segno oriz zontale della H; è anteriore alla fine del<br />
II secolo. Dall’inizio del 111 secolo si scrisse IC nei manoscritti orientali, un<br />
modo di fare che fu chiamato tradizio ne bizantina, mentre i copisti del mon do<br />
occidentale avevano preso l’abitudi ne di scrivere IHE.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
283<br />
Quando il Nuovo Testamento fu tra dotto in latino, si sarebbe dovuto agire come<br />
gli scrittori greci e ridurre il nome latino di Gesù a due o tre lettere, cioè IS o<br />
IES. Nel frattempo però l’abbreviazio ne greca si era cristallizzata, e l’abitudi ne<br />
presa era tale che la si mantenne in latino così come si presentava in greco.<br />
D’altronde non è impossibile che siastato attribuito al nome di Gesù un va lore<br />
simile a quello che gli ebrei attri buivano al tetragramma divino: 7 TTiT’ ; il<br />
rispetto riservato a Gesù, poi anche al nome proprio del Salvatore (l’apostolo<br />
Paolo vi fa già allusione, Fil., 2, 10), fu probabilmente riportato sull’abbreviazione<br />
che ne era stata fatta.<br />
Questo simbolo impiegò quasi dieci secoli per trovare una forma tradiziona le<br />
(fig. a). Nel IX secolo, epoca in cui e ra molto vivo il gusto del simbolismo, si<br />
discuteva ancora sul modo migliore di scriverlo in latino. Giova, vescovo di<br />
Orléans (t 844), scriveva a questo pro posito ad Amalaire, abate di Hornbach, che<br />
bisognava rendere il sigma greco con una S latina, così come il khi del chrisma<br />
era reso con una X latina. Si giunse così a questo straordinario mo nogramma<br />
IHS, di cui la prima lettera è bilingue, la seconda è greca e la terza latina.<br />
Nella Chiesa cattolica, dove per la preoc cupazione dell’universalità il latino è<br />
ri masto a lungo la lingua corrente della religione, si dimenticò ben presto che la<br />
H mediana era una éta; la si prese per una h latina e questo permise di creare un<br />
anagramma segreto molto conforme alla tendenza di tutto il Medioevo verso i<br />
misteri più o meno cabalistici: JESUS HOMINUM SALVATOR (Gesù Salvatore<br />
degli uomini). I Riformati, che aveva no come principio il ritorno alle fonti,<br />
compresero l’errore che era stato fatto e, riprendendo a loro volta le tre lettere,<br />
ma in greco, formarono un nuovo ara gramma che aveva quasi lo stesso signi<br />
ficcato: 1H10Y HMŠ2N ZQTH (= Gesì nostro Salvatore).<br />
c) Trigramma di Gesù - Iscrizione funeraria<br />
(X secolo).<br />
La forma delle lettere di questo moro gramma si è evoluta con la trasforma zione<br />
della scrittura, e secondo il mate riale con il quale o sul quale si scriveveva
284<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
d) Trigramma di Gesù - Chiave di volta,<br />
La Sagre (1526).<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
(fig. b e c). Da principio si hanno le due (o tre) lettere in maiuscolo. Dal VICI<br />
se colo si trova in minuscolo sia ic (nei manoscritti orientali), sia ihs (mano scritti<br />
occidentali). Queste lettere sono disegnate secondo la moda del tempo ed il<br />
genio inventivo dei copisti: dappri ma molto semplici, ridotte ai tratti es senziali,<br />
poi rappresentate sempre più artisticamente, furono ben presto illeggibili con<br />
tratti supplementari e pu ramente decorativi, ma che furono con siderati talvolta<br />
significativi e necessari, anche senza comprenderli bene. Nel XVI secolo questa<br />
abbreviazione era perfino divenuta un monogramma del quale furono intrecciate<br />
le lettere (fig. d). Ci fu un po’ d’imbarazzo per il segno di abbreviazione (che da<br />
tratto orizzon tale era spesso diventato una specie di Q più o meno spezzato); lo<br />
si combinò con l’asta della h minuscola. Poi, quan do ci fu tingo di quei ritorni al<br />
passato di cui la storia conosce numerosi esempi,<br />
e)Trigramma di Gesù - Iscrizione funeraria (1845).<br />
e si credette di riprendere la sana tradi zione anteriore agli ornamenti ad intreccio,<br />
ci si immaginò che il segno di abbreviazione volesse soprattutto for mare<br />
una croce con l’asta principale del la h minuscola. Ecco perché dal XVII secolo<br />
si trova spesso una croce latina o trifogliata disegnata nel mezzo ed al di sopra<br />
della H maiuscola del monogram ma (fig. ef).
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Giona<br />
f) Trignunma di Gesù - Iscrizione funeraria (1633).<br />
285<br />
La storia di Giona è stata riprodotta a iosa nell’Antichità cristiana, perché se<br />
ne era fatta l’immagine della morte e della resurrezione di Gesù. Cristo stesso<br />
si era paragonato a Giona (Luca, 11, 29 32; Matt., 16, 4, ecc.). I suoi ascoltatori<br />
gli chiedevano un miracolo e Gesù pen sò subito al «miracolo di Giona», cioè al<br />
fatto che Dio aveva convertito gli abi tanti di Ninive grazie alla predicazione di<br />
Giona. Egli disse. «Un miracolo è possibile<br />
Mostro che inghiotte Giona - Simbolo della morte Catacombe, Roma (II secolo).<br />
cioè che voi accettiate, sulla Più tardi, ma molto rapidamente, Gio mia parola,<br />
l’autorità di Dio sulle vostre na inghiottito e rigettato rappresentò vite, come è<br />
accaduto un tempo a Nini anche la morte e la resurrezione di tutti ve». Gesù<br />
era così preoccupato delle cose religiose, che proprio in quelle vedeva ciò che<br />
c’era di essenziale e miracoloso nella storia ben nota di quel profeta del passato.<br />
Ma quando si parlava del «miracolo di Giona», gli spiriti realistici, se non
286<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
razionalisti, pensavano subito alla parte bfiabesca della storia e si stupivano che<br />
un uomo potesse essere inghiottito da un mostro marino ed essere gettato sulla<br />
riva.Per loro era proprio questo il miracolo di Giona. Questo passaggio da una<br />
mentalità orienta le ad un pensiero occidentale e latino spiega come il miracolo<br />
(della predica zione efficace) di Giona secondo Gesù Cristo, sia divenuto il<br />
miracolo (del ri torno alla vita) di Giona ed abbia rap presentato quindi la morte,<br />
ma soprat tutto la resurrezione di Gesù.<br />
Dalla fine dei primi secoli, gli affreschi sulle tombe rappresentano questa<br />
storia, affermando così la certezza della resurrezione. Lampade, vetri, gemme,<br />
piastrelle di terracotta sono decorate con questa stioria e si trovano su moltissimi<br />
sarcofagi, incisioni , cofanetti e teche per le reliquie; dipinta su vetrate e<br />
moltissime miniature. Ne esistono più di 250 testimonianze.<br />
Ichtus (IXE)YY<br />
In greco le iniziali delle parole «Gesù Cristo, di Dio Figlio, Salvatore» forma no<br />
la parola Ichtus che significa «psce».<br />
.I.X.O.Y.C.<br />
ICHTUS - Catacombe, Roma (II secolo).<br />
Questo acrostico ha fatto del pe sce* un simbolo molto diffuso in alcune epoche.<br />
In origine era una formula mi steriosa, era come una parola d’ordine: non riuniva<br />
forse i titoli principali del Signore della Chiesa? Fu la prima con fessione grafica<br />
di fede.<br />
La più antica testimonianza esistente risale alla metà del II secolo: Clemente di<br />
Alessandria (t 220) raccomanda ai fedeli di fare incidere l’immagine di un pesce<br />
sui loro sigilli. Non ne spiega la ragione, perché questo simbolo era già familiare<br />
ai fedeli. La sua origine non è nella Bibbia, nonostante tutti gli sforzi che i Padri<br />
della Chiesa hanno fatto per farlo derivare da questa o quella pesca miracolosa.<br />
Non proviene certamente da una religione che adorava un diope sce: né gli<br />
ebrei, né i cristiani avrebbero cercato lì un’ispirazione per i loro sim boli! In<br />
compenso, si può ricordare che le sibille, esprimendosi con formule mi steriose<br />
e a doppio senso, mantenevano nel popolo un certo gusto del mistero. I noltre<br />
e soprattutto, proprio all’inizio del II secolo si diffusero i procedimenti della<br />
cabala: uno di questi consisteva nell’utilizzare ogni lettera di una parola biblica<br />
come iniziale di altre parole che formavano, così si pretendeva, un messaggio<br />
segreto presentato come una ri velazione. Questo metodo dell’acrostico era<br />
divenuto d’uso corrente nella teolo gia ebrea dell’epoca. I cristiani vi videro un<br />
mezzo fausto per velare il loro segno di riunione. Il simbolo del pesce è uno degli
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
287<br />
em blemi più autenticamente cristiani. Lo si trova già nelle catacombe. Alcuni<br />
Pa dri della Chiesa cominciavano le loro lettere disegnandolo; non era soltanto<br />
un segno di riconoscimento, ma un mar chio d’autorità: la lettera si presentava<br />
come un messaggio di Gesù, il Capo del la Chiesa. Cosa curiosa, questo simbolo<br />
nato nei paesi di lingua greca si perse rapidamente nelle chiese orientali, era<br />
troppo intellettuale per esservi durevole.<br />
Labaro<br />
Intestazione di una lettera di san Basilio (1379).<br />
È l’insegna con cui Costantino I impe ratore dotò il suo esercito alla vigilia di<br />
una battaglia inquietante che avrebbe deciso la sorte dell’impero. Si racconta<br />
che il sovrano ebbe una visione mentre pregava per ottenere la vittoria: avrebbe<br />
visto una croce infiammata (altri dico no un chrisma) circondata da queste pa role:<br />
in hoc signo vinces (= con questo segno vincerai). Questa visione gli a vrebbe<br />
ispirato l’idea di decorare con ta le segno le insegne militari
288<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Ricostruzione di diverse forme di labaro.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
di cui l’eser cito romano si era sempre servito. Era una decisione politica molto<br />
diplomati ca: assicurava ai soldati cristiani che la loro religione diventava lecita<br />
e non sa rebbe stata più perseguitata, e contem poraneamente li impegnava a<br />
manifestare la loro riconoscenza con un gran dissimo valore in battaglia. La<br />
decisione fu positiva: i cristiani ottennero la vitto ria. Ma qual era la forma del<br />
labaro? I più antichi documenti letterari o pla stici danno informazioni assai<br />
diverse. Secondo alcuni, si trattava di una lunga picca, attraversata ad una<br />
certa altezza da un bastone (ciò formerebbe una cro ce) da dove pendeva una<br />
banderuola ge neralmente di porpora, a volte ornata di gemme. Avrebbe avuto<br />
press’a poco lo stesso aspetto dell’orifiamma dei re di Francia dal 11I al XV<br />
secolo; quanto al labaro, però, la forma, il colore e la lun ghezza della banderuola<br />
sembrano aver variato parecchie volte (1). Un’altra te stimonianza assicura che<br />
«Costantino fece incidere su tutti gli scudi dei solda ti il segno divino... dove la<br />
lettera (greca ca) X era attraversata da una barra ver ticale e terminava in cima<br />
con un picco lo uncino (2). Questo fa pensare a ciò che, molto più tardi, è stato<br />
chiamato «il chrisma costantiniano», consistente<br />
Particolare di un bassorilievo di sarcofago (V secolo).<br />
in una corona di alloro generalmente in fiocchettato, nel mezzo della quale<br />
tre perfettamente identiche erano disposti come i diametri di un esagono; si<br />
tratterrebbe di un monogramma delle iniziai greche di Gesù Cristo (I). Questo<br />
emblema si ritrova su numerosi sarcofagi del IV secolo, dove è un’allusione al<br />
la baro. Alcuni scultori hanno posto questo segno su una croce, sui bracci delle<br />
quale si reggono due uccelli con le al spiegate; qualcuno ha voluto vedere delle<br />
colombe, ma bisogna riconoscere che questi uccelli di pace contraddireb bero<br />
stranamente l’uso che si faceva del labaro; si è pensato più giustamente a delle<br />
aquile sul punto di prendere il vo lo, che avrebbero sostituito naturalmen te le<br />
aquile romane. Infine, su monete e medaglie di Costantino stesso e dei suoi<br />
immediati successori si trova una corni ce vuota, quasi quadrata, sostenuta da<br />
un’asta decorata anch’essa di dischi e cu scinetti (3). Su altre monete degli stessi<br />
imperatori si trova un disegno identico, ma comprendente un chrisma nella cornice<br />
(4). Altre ancora rappresentano un gagliardetto quadrato con un chrisma (5).<br />
Queste monete sono documenti con temporanei all’avvenimento che sta all’origine<br />
del riconoscimento del cristiane simo come religione lecita, e le ultime<br />
di loro rappresentano sicuramente un la baro. È chiaro però che su delle monete
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
289<br />
non si poteva incidere una riproduzione esatta di questi stendardi militari; si<br />
trattava solo di un segno, un disegno ri dotto agli elementi essenziali del labaro.<br />
Apparentemente, dunque, ci sarebbe ro state diverse forme di questo celebre<br />
stendardo, e questo si spiega facilmen te: è stato creato alla vigilia di una battaglia<br />
importante. I fonditori, gli sculto ri e gli orafi incaricati di creare tutti gli<br />
stendardi necessari ad un grande eser cito non ebbero certamente né il tempo<br />
né il materiale necessari per curarne la confezione e la decorazione e fecero di<br />
ogni erba un fascio. A volte hanno sem plicemente soppresso le aquile romane<br />
per sostituirle con un chrisma costanti niano o con una semplice croce. I gagliardetti<br />
che li indicavano all’attenzio ne delle truppe sono spesso rimasti, talvolta<br />
arricchiti da un simbolo cristiano. È molto probabile che alcuni di questi<br />
stendardi siano stati curati più partico larmente, per esempio, quelli destinati<br />
alla guardia imperiale. Più tardi, alcuni di essi furono conservati religiosamente<br />
in luoghi religiosi molto diversi dove l’una o l’altra unità dell’esercito aveva<br />
soggiornato.<br />
Labirinto<br />
Il simbolo del labirinto è di origine pagana. Racconti mitologici o immagi ni<br />
filosofiche ne facevano la rappresen tazione degli sforzi che l’uomo deve fare per<br />
giungere nel mondo delle «Idee» o della libertà.<br />
Quando i cristiani adottarono questo segno, non prima del VI secolo, non posero<br />
l’uomo al centro del labirinto, ma all’esterno; il simbolo doveva ricordare<br />
ai fedeli che lo scopo della loro vita era quello di giungere alla salvezza con una<br />
vita santa, rappresentata al centro dalla Gerusalemme celeste. Per raggiungere<br />
questo scopo il cristiano deve passare attraverso tribolazioni di ogni genere,<br />
e sitazioni, lentezze, ritardi, movimenti di arretramento. È esattamente ciò che<br />
in seguito, nel XVII secolo, J. Bunyan de scriveva a modo suo nel suo «Viaggio<br />
del pellegrino ».<br />
Si conoscono una trentina di chiese, sul cui pavimento è stato inciso un tale<br />
labirinto, dipinto o fatto di piastrelle bianche e nere; i miniaturisti del Medioevo<br />
l’hanno riprodotto o ricreato con la stessa intenzione.
290<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Labirinto - Cattedrale di Chartres.<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Alla fine del Medioevo, poiché la Chie sa dava l’impressione di dominare il<br />
mondo e d’introdursi dovunque nell’esi stenza umana per dirigere ciascuno in<br />
tutte le sue azioni, si inventò un labirin to di lettere (ved. figura più sopra): partendo<br />
dalla S centrale di questa figura per arrivare ad uno degli angoli, si legge<br />
sempre: sancta eclesia. Era un modo per dire: «Seguirete qualsiasi cammino<br />
sul la terra, ma è sempre la Chiesa che vi guiderà e vi condurrà».<br />
Dalle chiese, il labirinto passò nei giar dini e stavolta fiorirono le spiegazioni<br />
fantastiche. Vi si è visto il simbolo (as sai complicato) della Chiesa, o quello della<br />
fede che, come un filo di Arianna, per metterebbe di sfuggire alle insidie degli<br />
uomini. Si è preteso di ritrovarci i piani di misteriosi sotterranei che permetterebbero<br />
di fuggire da una cittadella as sediata, o il ritmo di una danza che rappresenta<br />
il mezzo per fuggire all’oscuri tà del mondo. Vi si è perfino trovata la<br />
rappresentazione di certi pellegrinaggi e dei simboli massoni!<br />
Lampada<br />
Contrariamente a quanto si può im maginare, la lampada non è un simbolo<br />
cristiano primitivo. Sono state ritrovate molte vecchie lampade decorate con segni<br />
cristiani, ma nessuna di essa va al di là del IV secolo. Il fatto è che le lampade<br />
e la loro decorazione erano consa crate a divinità pagane: Mercurio,<br />
Lampada decorata con una resurrezione di Lazzaro<br />
Cartagine.<br />
Vul cano, Minerva e soprattutto Venere. Vi si bruciava dell’olio depurato e spesso<br />
profumato, come atto di adorazione. 1 cristiani non volevano avere niente in<br />
comune con quei riti.<br />
In compenso, da quando il cristiane simo fu non soltanto tollerato ma pro mosso<br />
al rango di religione ufficiale, la mentalità profondamente pagana del l’antichità<br />
romana si attenuò, ma intro dusse nella chiesa parecchie usanze che si riteneva
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
291<br />
di poter cristianizzare. L’uso delle lampade e delle fiaccole divenne frequente<br />
per molte cerimonie pubbli che e private. In passato si accendevano lampade<br />
davanti a personaggi impor tanti dell’amministrazione governativa. A loro<br />
volta, gli imperatori cristiani non esitarono a ricevere questo omaggio, an che<br />
perché le due lampade che li cir condavano divennero abitualmente il simbolo<br />
della loro duplice giurisdizione temporale e spirituale. Il papa Nicolò 1(t 867)<br />
lo rimprovera va ancora al sovrano di Costantinopoli. D’altra parte si era presa<br />
l’abitudine di accendere delle lampade davanti alle tombe dei santi: era divenuto<br />
un gesto di adorazione cristiana. Più tardi questo omaggio fu riservato a Dio,<br />
ma a quel Dio di cui le ostie consacrate sono più che un simbolo, nell’ottica<br />
cattolica. In fatti il decreto della congregazione dei Riti è chiaro: «Una lampada<br />
deve essere accesa continuamente davanti all’altare del santo sacramento, e<br />
molto vicino».<br />
Ci si è anche domandati seriamente se bisognava appenderla al muro o posarla<br />
sull’altare. La lampada non doveva sola mente indicare l’armadietto dove erano<br />
deposte le ostie, ma significava l’adora zione continua dei cristiani davanti a Dio.<br />
Questa usanza, ripresa dunque dal l’ antichità pagana, fu allora collegata alla<br />
sacralità dell’ostia consacrata cristiana alla sua divinità<br />
Leone<br />
Fin dalla più remota antichità le rap presentazioni dei leoni sono legate all’i dea<br />
di forza, crudeltà ed autorità. Come emblema di supremazia il re degli ani mali<br />
è mostrato con una zampa posata su un globo*. Le scene di caccia ai leoni fatta<br />
da sovrani del passato affermavano la superiorità di questi ultimi su qualsia si<br />
altra potenza.Il leone appare spesso nelle favole del paganesimo, ma anche nei<br />
testi biblici e nei racconti più o meno leggendari del la storia ecclesiastica. È il<br />
simbolo di Giuda (Gen., 49, 9), la tribù che al tem po di David era la più potente<br />
di Israele. Il titolo di «leone di Giuda» è attribuito a David e poi a Gesù in<br />
quanto discen dente di questo grande re (Apoc., 4, 5), ed anche a diversi sovrani<br />
considerati discendenti di David. Per il salmista (Sal., 7, 3; 10, 9; 22, 14, ecc.)<br />
e per i pro feti (Ger., 5, 6; Os., 5, 14, ecc.) il leone è soprattutto il simbolo della<br />
forza e della crudeltà. La paura del leone si ritrova nel Nuovo Testamento (2<br />
Tim., 4, 7; 1 R., 5, 18).<br />
Lotta fra i leoni ed i serpenti - Capitello della
292<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Cattedrale di Ginevra (XII secolo).<br />
Il leone del Vangelo di san Marco Miniatura (1285).<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
La potenza suprema viene espressa da una certa dominazione del Leone (1 Sani.,<br />
17, 37; Salmi, 91, 13). Nell’iconografia cristiana, quando so no stati attribuiti agli<br />
autori dei quattro Vangeli i misteriosi animali della visio ne di Ezechiele ripresa<br />
dall’Apocalisse, il leone furiservato a Marco (cf. Tetramorf*). Isaia chiama<br />
Gerusalemme «leone di Dio» (Ariel) perché è una cit tadella inespugnabile (Is.,<br />
29, 1).<br />
Lo stesso nome è dato, ma in un altro senso, da Ezechiele (43, 15) all’altare dei<br />
sacrifici perché, come il leone, divorava molte vittime. Per Amos il ruggito del<br />
leone è la voce di Dio (Amos, 1, 2), come il tuono lo è per il salmista (Sal., 29).<br />
Nel Cristianesimo primitivo non ci si collega a queste immagini; invece, il leone<br />
che esse rappresentano dimostrano la paura degli uomini di fronte alla forza ed<br />
alla cattiveria di questo animale e divengono l’espressione della potenza del male;<br />
in dicano Satana stesso, il nemico dell’uo mo spirituale, e come tale il leone figura<br />
molto spesso sui capitelli delle chiese ro maniche. Talvolta vi si vedono Adamo<br />
ed Eva su dei leoni: sedotti dal serpente, hanno creduto che «sarebbero stati co me<br />
degli dei», potenti come loro; hanno creduto di possedere la potenza del leo ne,<br />
ma era quella del male. Quanto ai combattimenti fra leoni e serpenti, che vi si<br />
trovano anch’essi, non rappresenta no la lotta del bene contro il male, così come<br />
essa esiste nel cuore dell’uomo, ma piuttosto la battaglia fra le diverse potenze<br />
diaboliche per impadronirsi dell’uomo. È come dire ai fedeli che en trano in chiesa<br />
che essi saranno sballot tati e strattonati da tutte le parti da de moni che non hanno
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
nemmeno un’unità di azione fra loro, fino al momento in cui avranno preso la<br />
strada dell’altare dove brilla la luce di Cristo.<br />
D’altra parte, il leone è l’attributo di Sansone*, Salomone*, Daniele*, Paolo*,<br />
Gerolarno*, Adriano*.<br />
Morte<br />
293<br />
La rappresentazione cristiana della morte segue l’evoluzione del culto dei morti<br />
nella Chiesa. Non c’è alcun soste gno biblico per questo culto, se non in un’opera<br />
apocrifa, il II libro dei Macca bei (12, 43) che attesta un modo di fare ebreo per<br />
ottenere ritualmente il perdo no di Dio per coloro che, durante la ri volta maccabea,<br />
erano morti per difen dere la loro fede. Nel cristianesimo pri mitivo si affidavano a<br />
Dio, con piena fi ducia, coloro che erano deceduti. Un ve ro culto peri morti appare<br />
solo nell’VIII secolo. Alla fine del X secolo, il giorno dei morti, fissato per il 2<br />
novembre, fu istituito dapprima per tutti i monasteri dipendenti da Cluny, e poi<br />
in modo ge nerale per la Chiesa. Infine è nel Conci lio di Trento (15451563) che<br />
il pensiero che aveva portato a questo culto fu in durito in un diritto ed un potere<br />
della Chiesa: si dichiarò che le sofferenze del le anime del purgatorio potevano<br />
essere alleviate dalle preghiere, dalle buone o pere dei vivi e soprattutto dalla<br />
messa, considerata come un rito operante (un sacrificio) a favore dei morti.<br />
Per le prime generazioni dei cristiani la fede nella resurrezione di Gesù era u na<br />
sicurezza tale che la resurrezione sembrava loro più naturale della morte. Non<br />
c’era quindi motivo per rappresen tare quest’ultima, mentre il tema della vita<br />
eterna era rappresentato frequente mente. Ma quando la formulazione del la fede<br />
prese il sopravvento sulla fede stessa, e soprattutto quando ci si avvici<br />
nò all’anno 1000, e più tardi all’anno 1260 quando si usarono le risorse dell’Apocalisse<br />
e della dottrina del purgato rio per terrorizzare, il tema della morte<br />
e lo spavento che essa suscita trascina rono una volta di più gli artisti dietro i<br />
teologi. Rappresentarono non solo le spoglie mortali, ma anche l’avvenire che<br />
era loro riserbato nel purgatorio, se non all’inferno. Rappresentazioni del giudizio<br />
universale sostituirono la rivelazio ne di Cristo sui timpani degli atri delle<br />
cattedrali; se ne videro in alcuni cimite ri; se ne fecero quadri da altare; ne esistono<br />
pitture, affreschi, mosaici. Vi si trovano indubbiamente dei resuscitati, ma<br />
anche, dei diavoli e dei demoni che rappresentano la morte definitiva del l’inferno.<br />
A volte sono scheletri comple tamente nudi o rivestiti a malapena di pelle. Alcuni<br />
artisti si specializzarono nell’orrore di queste descrizioni; la mor te vi ha spesso<br />
ali di pipistrello, testa di rapaci a guisa di spalle o di ginocchia, zampe d’aquila al<br />
posto dei piedi; è ge neralmente nera o color grigio cenere. Le si rende la falce che<br />
l’ha resa celebre nell’antichità grecoromana.<br />
Nelle rappresentazioni della crocifis sione si vede talvolta uno scheletro, o<br />
semplicemente un cranio ai piedi della croce. Vuol significare che Cristo ha vinto<br />
la morte, ma tale simbolo non ha mai avuto molta diffusione, essendo troppo
294<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
formale. Non mostra né intellettualmen te né spiritualmente il legame che uni sce il<br />
decesso di Cristo e la morte; è già dogmatismo, una religione pietrificata.<br />
Nimbo, Aureola<br />
L’origine del nimbo (un’aureola dal l’apparenza solida) non va cercata nel<br />
cristianesimo. La si vede in effetti in molte opere pagane e in particolare in mosaici<br />
antichi. La maggior parte degli dei olimpici è aureolata da dischi lumi nosi. In età<br />
ellenistica il nimbo circonda la testa di personaggi incisi su steli funerarie.<br />
San Nicola Icona (1294).<br />
Esso esprime la deferenza do vuta a tutto ciò che riguarda il monde dell’Aldilà. Il<br />
suo colore di solito lo conferma:<br />
quando il personaggio aureolato si trova in una stanza, l’aureola è azzurra,<br />
l’azzurro del cielo, dimora degli dei, un azzurro che dal bordo vira al bianco<br />
nel centro del disco, a significarne l’ir radiarsi. Appunto con la raggiera gli ar tisti<br />
intendevano significare la divinità dei misteriosi personaggi. In seguito, dovendola<br />
rappresentare anche sulle monete, si limitarono a un cerchio net tamente inciso<br />
attorno alla teste. La cir colazione delle monete fece conoscere assai ampiamente<br />
il segno, che divenne talmente convenzionale che, quando gli artisti vennero<br />
incaricati di nuovo di e sprimere la stessa idea, tracciarono sen za indugio una<br />
circonferenza attorno alla testa dei personaggi, riempiendola all’interno di un<br />
colore qualsiasi. E così divenne normale vedere quella sorta di disco che, collocato<br />
dietro la testa, si gnificava che si trattava di una divinità o di qualcuno che aveva<br />
l’onore di esse re in rapporto con gli dei. Il senso di tale segno era talmente noto che<br />
i cristiani lo impiegarono come un termine internazionale del linguag gio visivo.<br />
Se ne riscontrano numerose testimonianze (parecchie centinaia) nel le catacombe.<br />
Presto compare in scultu re, mosaici, dipinti, incisioni su legno o in avorio, icone,<br />
steli funerarie, ricama to su vesti o arazzi; viene inciso su amu leti, anelli, lampade<br />
e così via.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Nimbo del Cristo - Catacombe (IV secolo).<br />
295<br />
Si ha tuttavia l’impressione che gli ar tisti cristiani abbiano ripensato la for ma e<br />
l’uso del segno, conferendogli po co a poco una nuova portata. Lo utiliz zarono<br />
innanzitutto semplicemente per attribuire una particolare importanza a uno dei<br />
personaggi delle scene che illu stravano. Nel II e 111 secolo, allorché u na linea<br />
più o meno netta circonda un personaggio per intero, oppure il tronco o soltanto<br />
la testa, ciò non significa che questi detenga o acquisisca una partico lare purezza<br />
morale o dottrinaria; essa non gli conferisce una specifica santità. È un’espressione<br />
della deferenza che<br />
Nimbo dell’angelo dell’ Annunciazione<br />
Smalto (XV secolo).<br />
l’autore prova nei suoi riguardi. Una de ferenza tutt’altro che costante nelle<br />
i struzioni impartite dalla Chiesa agli arti sti; talvolta un certo apostolo ne è dotato,<br />
talvolta no. Il simbolo manifesta una ammirazione per questa o quella delle<br />
sue azioni, ma non per la sua natura o per il suo carattere. A partire dal IV secolo
296<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Cristo è con crescente regolarità il destinatario di ta le omaggio. Nel V secolo il<br />
segno divie ne di prammatica inizialmente per lui,<br />
Nimbo del Cristo - Moneta di Michele III,<br />
imperatore bizantino (842867).<br />
ma in seguito anche peri discepoli, che meritano l’attenzione e la stima dei cristiani.<br />
Allora però si manifestò l’esigen za di distinguere fra l’omaggio reso a<br />
Santo Volto - Icona (XVII secolo).
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
297<br />
Nimbo del Cristo - Mosaico San Vitale, Ravenna (548).<br />
Cristo e quello riservato agli apostoli; il nimbo del primo fu dotato di attributi<br />
particolari. Anche in questo caso il nim bo, però, non caratterizza la sua<br />
santità, ma piuttosto il rispetto e l’adorazione dei cristiani. In un periodo di<br />
secolarizzazione della Chiesa, si era ritornati al significato dato a questo attributo<br />
divi no nell’Antichità; voleva semplicemente dire che si trattava di divinità o di<br />
esseri umani particolarmente cari agli dei. Nel VI secolo si notano ancora delle<br />
esita zioni nell’impiego del segno. Così in San Vitale, a Ravenna, gli angeli e gli<br />
scritto ri biblici hanno l’aureola, ma non l’han no né Abele, né Abramo, né Mosè;<br />
dal X secolo in avanti quest’ultimo la porterà regolarmente, come d’altronde il<br />
farao ne che lo insegue verso il Mar Rosso. Giunse tuttavia un momento in cui<br />
la tradizione antica fu completamente di menticata, e i miniaturisti dei codici biblici<br />
ed ecclesiastici rifecero da capo il cammino abituale dell’evoluzione arti stica<br />
generale: si passa sempre dai mo tivi e dai temi più semplici a stili più sviluppati<br />
e complessi con ritorn all’indietro e salti in avanti. Per comin ciare, i disegnatori<br />
di iniziali miniate davano risalto ad alcuni personaggi col locandoli su un fondo<br />
dorato. Quando si dovevano raffigurare vari personaggi il più importante fra di<br />
loro era poste su un simile fondo dorato, delimitato & un tratto nero in forma di<br />
circonferenze o di ovale più o meno regolari. Il segno era tanto comprensibile che<br />
questo me todo divenne abituale e ricevé un nome si trattava di una «gloria»*,<br />
perché can tava le lodi di qualcuno, o una «mandor la», a causa della forma della<br />
figura. La stessa composizione fu cesellata nelle pietra, dato che gli artisti che<br />
miniavano i codici erano gi stessi che scolpivano i capitelli delle cattedrali. Poi,<br />
dovendo celebrare la gloria di più personaggi, de coravano la «mandorla» del più<br />
impor tante con raggi o fronde. Raffinandosi l’arte, le «glorie» vennero circoscritte<br />
alle sola testa dei personaggi che si volevano esaltare. È questo il momento, ovvero<br />
i’ XIV secolo, in cui la Chiesa decide d: reagire contro i molteplici culti tributati a<br />
cristiani dei quali essa non ha ricono sciuto la santità, fissando il complicatis simo<br />
cerimoniale della canonizzazione Il significato del nimbo si cristallizzò divenne<br />
l’attributo tipico dei santi; indi. cava che la loro santità era ufficiale.<br />
Occorre aggiungere anche che gli arti sti (come la gente comune) hanno sem.pre<br />
riconosciuto diversi tipi di santità che hanno cercato di esprimere graficamente.<br />
Vennero creati nimbi bianchi c avoriati; talvolta ornati di arabeschi più o meno<br />
virtuosistici, generalmente bru. ni, rossi o dorati, cui potevano aggiungersi schegge<br />
di madreperla, pietre preziose o perle. Il grado supremo della santità era indicato
298<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
sia da linee di un verde più o meno cupo, sia da una particolare gradazione della<br />
doratura.<br />
Pace<br />
Moltissime iscrizioni funerarie dell’an tichità parlano di pace, ma sotto questo<br />
termine si celano significati molto diver si fra di loro.Le più antiche tombe cristiane<br />
dicono che il defunto è ovvero in pace, un’eco del saluto apostolico: «Che la<br />
grazia e la pace siano con voi» (Rom. 1, 7; 1 Cori. 1, 3, ecc.). La pace e la grazia<br />
sono strettamente legate nel cristianesi mo primitivo. Il cristiano è in pace con Dio<br />
avendo accettato (mediante la fede) la grazia del perdono, annunciata da Gesù<br />
Cristo con la sua vita e con la sua morte. Questo spiega perché la pace sia stata<br />
raffigurata proprio con il Cristo* o coni simboli che lo rappresentano.Bisogna<br />
specificare che la pace con Dio necessitava la pace con i fratelli. Il perdono verticale<br />
è inseparabile dal per dono orizzontale. È tutt’uno: chi non co nosce l’uno non<br />
può conoscere l’altro. Prima di comunicarsi, ossia prima di accettare il perdono<br />
divino, i primi cri stiani si davano in segno di reciproco perdono un bacio, definito<br />
per molto tempo «bacio di pace» e anch’esso raffi gurato sulle lapidi funerarie.Un<br />
secolo più tardi la formula si pre cisa ulteriormente. Talvolta troviamo pax tecum<br />
o pax tibi, ovvero: tu sei in pace, tu non conosci più, nell’Aldilà, le tribolazioni<br />
(persecuzioni) della terra. La formula infine si perfeziona: in pace et in Christo,<br />
ossia tu sei ora nella pace che consiste nell’essere in Cristo; ciò sottintende che il<br />
defunto conosceva già sulla terra quella vita e quella pace. L’im magine che di solito<br />
accompagna que ste parole è quella d’un uomo o di una donna in preghiera, che<br />
rappresenta in effetti una comunione con Cristo. Alla fine del il secolo si riscontra<br />
la formula donvit in pace, ovvero «donne in pace». È questo il momento in cui<br />
compaiono i primi segni della dottrina della duplice resurrezione, quella dell’anima,<br />
che si verifica al momento della morte dell’individuo, e quella del corpo,<br />
che si compirà alla fine dei tempi, all’e poca del ritorno di Cristo. Le immagini<br />
che accompagnano questa formula lo confermano e mostrano il defunto con dotto<br />
da Gesù Cristo verso il soggiorno dei beati; si tratta evidentemente dell’a nima<br />
del trapassato, dato che egli non reca alcun segno di sofferenze patite in vita o<br />
in morte e il più delle volte è rin giovanito. In questo periodo si prende a raffigurare<br />
sul coperchio del sarcofago l’imma gine del defunto addormentato in attesa<br />
della seconda resurrezione; una rappre sentazione che appare senza dubbio mutuata<br />
dalla religiosità dell’Egitto, intro dottasi negli usi ecclesiastici solo dopo che<br />
l’antichità egizia era stata avvolta dall’oblio. Tutti conoscono le famose tom be<br />
scolpite nel Medioevo in cui principi e prelati riposano su letti sontuosi, rive stiti<br />
dei loro paramenti più belli: le parti più antiche del cenotafio di Neuchátel (1373),<br />
quelli di Valangin e di La Sarraz, le tombe di Giovanni XXIII a Firenze (1425),<br />
di Filippo l’Ardito, di Giovanni Senza Paura e di Margherita di Baviera al museo
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
299<br />
di Digione (1444), di Francesco II nella cattedrale di Nantes (1507), così come<br />
quelli della cattedrale di Brou. Questo rappresenta il compiersi dell’e voluzione<br />
delle nozioni di sopravvivenza meditate nella Chiesa e significa la pace del sonno<br />
conquistata dai cristiani in at tesa del risveglio dei corpi.<br />
Nel IV secolo, la dottrina della doppia resurrezione inizia a precisarsi; si<br />
incontrovano allora iscrizioni come la seguente: «Vi è la pace della tomba per il<br />
corpo, e la pace del Paradiso per l’anima». Poi, nel secolo successivo, si trova,<br />
special mente nell’Africa del nord, fidelis in pa ce = fedele in pace. Ci si orienta qui<br />
ver so un’altra nozione di pace: è una fidu cia che nasce della conformità all’ortodossia.<br />
Si tratta di un movimento assai diffuso in questo periodo: l’essenza della<br />
religione slitta dalla religiosità vissu ta alla corretta formulazione del cristianesimo.<br />
Abbiamo molte iscrizioni fune rarie di quei tempi che parlano della «pace<br />
della Chiesa» o della «pace della Fede», da cui si fa presto a capire che il cristiano<br />
defunto era ortodosso al cento per cento. Gli artisti seguono la stessa strada,<br />
passando dalla formula sempli ce e da un disegno libero a una sigla, u na sorta di<br />
marchio:<br />
P<br />
xtC<br />
A<br />
Un segno assai frequente che va letto Pax in Christo, ossia: chi riposa qui non<br />
aveva niente di eretico; era autentica mente in Cristo; è in pace con Dio.<br />
Quest’ultimo significato della pace cristiana pare essere caduto in seguito<br />
piuttosto in disuso, riapparendo solo in certi usi o in formule specifiche. Per<br />
e sempio, nel corso della celebrazione del la messa il prete «bacia la pace», ossia<br />
una piastra d’oro, d’argento, d’avorio o di rame incisa, scolpita o smaltata, la cui<br />
denominazione completa è «strumento della pace». Questa usanza non risale<br />
d’altronde oltre il XV secolo. Alcuni sto rici ritengono che essa abbia sostituito il<br />
«bacio della pace» nel momento in cui uomini e donne hanno partecipato in sieme<br />
alla comunione, cui prendevano parte separati in precedenza. Se ne ri scontra<br />
un’eco nel saluto apostolico che un religioso ripete per proprio conto al momento<br />
di accomiatarsi dai fedeli. Non è certo se anche le lettere R.I.P. che si possono<br />
ancora leggere talvolta sulle partecipazioni di lutto parlino di questa pace; si tratta<br />
in questo caso piuttosto della tranquillità e della pacificazione che si trovano nella<br />
morte, dopo la sof ferenza e le difficoltà della vita.<br />
Come simbolo della pace interiore di colui che si trova in comunione con Dio<br />
i cristiani hanno adottato spesso la co lomba* che reca un ramo d’olivo*, in<br />
a nalogia con la pace della nuova alleanza promessa a Noè dopo il Diluvio. Ma<br />
l’o livo era simbolo di pace già nella mito logia greca: se ne cingeva la fronte<br />
Eire ne, la Pace, figlia di Giove e di Temi. Il caduceo, simbolo di un commercio<br />
che può prosperare solo in pace, e la cornu copia, simbolo grecoromano della
300<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
fe condità e del benessere materiale, han no rappresentato la pace anche per i cristiani,<br />
soprattutto allorché la cultura antica pervase il pensiero cristiano. L’i dea<br />
di pace si è laicizzata; è divenuta si nonimo di concordia, di calma, di quie te. Gli<br />
artisti cristiani che dovevano raf figurarla ne hanno cercato nuovi sim boli. Si sono<br />
ricordati che essa aveva un tempio a Roma e che la si rappresenta va con una<br />
fiaccola rovesciata, a signifi care che la fiamma della guerra era spen ta. Quindi<br />
osservarono gli animali della terra e fecero del castoro, che vive nel l’ordine e nella<br />
pace, un nuovo simbolo di questa virtù.<br />
Dal 1861 la croce rossa in campo bian co è un segno di pace. Deriva dal disegno<br />
della bandiera svizzera, ma con i colori invertiti. Simbolicamente vuole<br />
rammentare la croce di Cristo e il suo messaggio d’amore e di pace.<br />
Palma<br />
L’eleganza del portamento di una gio vane palma, la vitalità di quest’albero<br />
flessuoso hanno sempre colpito gli uo mini. In particolare, i Greci ne sono sta ti<br />
sempre sommamente ammirati. Co me mai l’hanno scelto quale simbolo di vittoria<br />
e di trionfo? Probabilmente per ché popola le oasi e sembra sfidare e vincere la<br />
morte che aleggia sul deserto; oppure perché è sempre verde, mentre l’olivo,<br />
albero greco per eccellenza, ogni anno perde le foglie. La palma è soprat tutto<br />
simbolo di trionfo. Ai vincitori dei giochi pubblici veniva offerto solo un ramo di<br />
palma. La dea della Vittoria ne era quasi sempre adorna. Un rametto d’oro protegge<br />
Enea nella discesa agli inferi. L’uso della palma era tanto cor rente che questa era<br />
divenuta come una parola del linguaggio internazionale de gli emblemi.<br />
L’Antico Testamento fa del suo tronco dritto e flessibile l’immagine del giusto<br />
(Sal., 92, 13), ma anche della flessuosità di una ragazza (Cant., 7, 8). L’Apocalis se<br />
riprende il significato greco annun ziando che gli eletti con vesti bianche tengono<br />
in mano rami di palme davanti al trono dell’Agnello. Il termine greco che designa<br />
la palma è lo stesso che vie ne usato per indicare la Fenice, animale favoloso<br />
che rinasce dalle proprie cene ri, affermando così la vittoria sulla mor te. Non è<br />
impossibile che l’autore dell’A pocalisse, pensando in ebraico ciò che scriveva in<br />
greco, abbia visto nell’identi tà lessicale una simiglianza di significa to o addirittura<br />
una profezia della re surrezione cristiana. Ciò rappresentava per lui, senza dubbio,<br />
una ragione in più per fare della palma un simbolo di vita eterna.<br />
Sulle tombe cristiane dei primi secoli della nostra era si trova spesso una pal ma<br />
più o meno stilizzata. Era divenuta il simbolo più diffuso della vita eterna. L’uso<br />
della palma nelle cerimonie fune bri ha sempre avuto questo senso. Ac compagnata<br />
ai segni che rappresentano Cristo essa proclama la vittoria della fe de nel Figlio di<br />
Dio.<br />
Dal IV secolo assume un significato specifico: rappresentando la vittoria dei<br />
martiri su chi li ha torturati. Ma allora è più spesso un albero che un ramo di palma<br />
ad essere raffigurato. Lo si ritro va su delle iscrizioni funerarie e su dei sarcofaghi,
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
301<br />
ma anche in affreschi, mo saici e poi in dipinti e medaglie. In alcu ne icone del XV<br />
secolo delle piccole pal me sono spuntate tutto attorno al sar cofago dove, la sera<br />
del Venerdì Santo, Cristo era stato deposto.<br />
Se ne vedono spesso grandi rami fra le mani dei discepoli che acclamano il Cristo<br />
la Domenica della Palme. È un errore. Infatti è assai più probabile che abbiano<br />
fatto uso di rami d’olivo*. A partire da VI secolo, allorché la Chiesa avvertì la<br />
necessità di ravvivare lo zelo dei fedeli, organizzò processioni in cui si pretendeva<br />
di imitare i discepoli di un tempo e si ripetevano i loro gesti e le loro acclamazioni,<br />
brandendo delle pal me il cui significato simbolico era più confacente al caso che<br />
non quello dei rami d’olivo. È di qui, probabilmente, che si origina la tradizione<br />
secondo la quale anche i discepoli stessi ne aveva no fatto uso.<br />
Costantemente, in seguito, l’idea di vittoria è stata legata alla rappresenta zione di<br />
alberi e fronde di palma. Anche Rembrandt li impiega nella sua celebre Assunzione<br />
di Monaco: aveva compreso bene il senso di questa festa cristiana che proclama<br />
la vittoria definitiva sul male e sulla morte. Chi oggi reca un ra mo di palma a una<br />
famiglia in lutto co nosce il significato del proprio gesto? È un segno di fede nella<br />
vita eterna, segno del trionfo della vita in Dio sulla morte.<br />
La palma, in quanto simbolo della vi ta eterna, è divenuta uno degli attributi degli<br />
angeli, e più tardi della speranza.<br />
Pane<br />
La moltiplicazione di pani e l’Ultima Cena sono i principali episodi biblici che<br />
hanno dato agli artisti cristiani l’oc casione di raffigurare il pane. Si tratta di scene<br />
rappresentate di frequente, la prima perché evoca lo straordinario po tere di Cristo<br />
e la seconda perché espri me la mirabile intimità del cristiano nell’unione con il<br />
suo Maestro.<br />
Melchisedech offre del pane ad Abramo - Mosaico San Vitale, Ravenna (VI secolo).<br />
Dal punto di vista ar cheologico, a sostegno di tale interpretazioni verrebbe il<br />
numero costantemente simbolico dei discepoli disegnati at torno a Gesù nelle<br />
raffigurazioni più an tiche, in cui si vedono 7, 6, 5, 3 o anche solo 2 discepoli.<br />
Se la scena rappresen tasse l’episodio dell’Ultima Cena la sera del Giovedì
302<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
santo, sarebbe presente l’in tero collegio dei 12 apostoli; poiché esse raffigura la<br />
moltiplicazione dei pani può darsi che essa fosse originariamente una Santa Cena,<br />
secondo una tradizione conservata da coloro che tramandarono agli artisti i temi<br />
che dovevano rappresentare.<br />
Le raffigurazioni più antiche del pa• ne, sparso in briciole o in pezzetti su u. na<br />
tavola o dentro dei canestrelli, sono accompagnate da pesci. Questi di primo acchito<br />
appaiono vivi; si tratta ir questo caso di apparizioni di Gesù, sin a Gerusalemme<br />
nel Sinedrio (Luca, 24 42) sia più spesso sulle rive del lago di Genezareth (Giov.,<br />
21, 9), Quando poi il pesce è cucinato evoca il pasto comu ne che si faceva<br />
originariamente prima della celebrazione della Santa Cena. Quando infine il pesce<br />
è isolato e com pare in un angolo qualsiasi della rappre sentazione, è il vocabolo<br />
greco ichtus* (pesce) ad essere raffigurato e che, es sendo l’anagramma di Gesù,<br />
simboleg gia, oltre e attraverso il pane, la presen za reale del Cristo.<br />
Bisogna notare infine che queste anti chissime raffigurazioni della comunio ne si<br />
trovano nei cimiteri. Con esse si voleva ricordare che il pane della Santa Cena è il<br />
pane della vita che Gesù dà ai suoi, la vita eterna. Il pane è in questo caso una forte<br />
affermazione della resur rezione, iscritta quale sublime risarci mento sulle tombe<br />
dei cristiani perse guitati.<br />
A partire dal IV secolo l’atmosfera reli giosa cambiò completamente. Il cristianesimo<br />
si pose a stupire il mondo che a veva appena conquistato. Di conseguenza<br />
gli artisti trascurarono l’Ultima Cena per rappresentare soprattutto la moltiplicazione<br />
dei pani, segno della potenza di Gesù Cristo e prove della sua divinità.<br />
Paradiso<br />
Spighe coni grani di madreperla incrostali nella pie-<br />
tra - Sarcofago cristiano, Vienna M secolo).<br />
L’idea di Paradiso, un bel giardino al lietato da una generosa fonte da cui sgorgano<br />
quattro fiumi, è comune a molte re ligioni. E nota a caldei e indù prima ancora<br />
che a cristiani e musulmani. Se per i buddisti è più uno stato che un luogo,<br />
per i cristiani è tanto il sito d’origine di Adamo* ed Eva* che il luogo di eterno<br />
soggiorno dei beati e dei martiri. Il primo è definito in generale «paradiso perduto»<br />
o terrestre, il secondo «paradiso ritrovato» o celeste. La Bibbia conosce
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
sia l’uno che l’altro, ma non ne parla diffusamente<br />
Ingresso del Paradiso<br />
Portico della cattedrale di Berna (1511).<br />
303<br />
Il Vecchio Testamento chia ma il primo pardes, termine caldeo che designa<br />
un vivaio o un parco; è qui che la prima coppia umana prese coscienza della<br />
propria esistenza e di quella degli a nimali che popolano la terra. Poiché vi è una<br />
certa analogia fra l’inizio e la fine del mondo, il Nuovo Testamento impiega la<br />
stessa parola per indicare il luogo della beatitudine degli eletti. Gesù sulla croce<br />
Promette il «paradisos» al ladrone pent promette il «paradentosi» al ladrone<br />
penti to (Luca, 23.43). Fu soprattutto la lette ratura ebraica posteriore (Libro<br />
dei Giu bilei, IV Esdra, Enoch, ecc.) a sviluppare temi originariamente molto<br />
semplici che sono la fonte delle credenze cristia ne sul paradiso. Il libro dello<br />
Zohar im magina addirittura un doppio paradiso, il primo dei quali rappresenta<br />
una zona in cui prepararsi a entrare nel secondo.<br />
La rappresentazione del paradiso ha ricalcato l’evoluzione del pensiero cri stiano<br />
in merito. Le immagini più anti che del «paradiso perduto» sono più e spressioni<br />
della dottrina della creazione e della caduta che descrizioni dei luoghi in cui<br />
si sono svolti i fatti. Le piante so no straordinarie perché celesti, per lo stesso<br />
motivo gli animali sono fantasti ci. Alla fine del Medioevo, allorché gli uomini<br />
si misero a osservare la natura scoprendone la bellezza, vi riconobbero la<br />
mano di Dio e gli artisti crearono bei paesaggi ove situare le scene della gene si<br />
dell’uomo. Alberi e animali divennero sempre più naturali. Anche l’uomo e la<br />
donna non furono più generici, ma ve nivano scelti accuratamente per la loro<br />
grazia e la loro bellezza, secondo i gusti del tempo e del luogo.
304<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Analogo è ciò che accade al «paradiso ritrovato». I primi artisti cristiani che<br />
raffigurano le anime sante giunte nel luogo di tutte le beatitudini paiono disinteressarsi<br />
del tutto dell’aspetto del paradiso. In principio è Cristo a riceve re<br />
in un sito astratto il defunto, che fa sempre un solo gesto, quello della preghiera*.<br />
Non vi è niente attorno ad essi, come se non fossero più sulla terra;<br />
so no in un «cielo» che però gli artisti non riescono a immaginare come sia. I<br />
teo logi hanno precisato il proprio pensiero sull’Aldilà soprattutto in Occidente,<br />
gra zie a riflessioni, il più delle volte specio se, su alcuni testi biblici. Gli artisti li<br />
hanno seguiti: il luogo dove si verifica la comunione eterna con Cristo comincia<br />
a interessarli. È il cielo. Si trova dun que al di sopra degli uomini. È di<br />
conse guenza qualcosa di simile a ciò che si vede quando, sdraiati ai piedi d’un<br />
albe ro, si guarda verso lo zenit; vi sono tante forme artistiche, tanta poesia in<br />
un’im magine di questo genere che chi ha i dentificato il paradiso con il cielo<br />
l’ha ri prodotta del tutto naturalmente come il quadro della felicità eterna. Così<br />
nac quero nel VI secolo i magnifici mosaici e più tardi le stupende miniature<br />
in cui il paradiso è popolato di uccelli*, so prattutto colombe* e pavoni*, che<br />
sullo sfondo di un cielo sereno si posano sui rami d’olivo* o di palma* disposti<br />
in e leganti arabeschi.Quando la Chiesa si identificò con il regno di Dio e i<br />
predicatori si compiac quero di affermare che entrare in chiesa equivaleva a<br />
entrare nella vita eterna, gli artisti cristiani trasportarono le loro sce ne<br />
paradisiache sui soffitti delle basili che, delle cattedrali e dei più umili luo ghi di<br />
culto. Secondo l’evolversi delle tendenze artistiche, talvolta i rami e gli uccelli<br />
erano stilizzati, mentre talvolta e rano di stampo naturalistico; poi, per u no di<br />
quei moti di «contestazione» dei quali la storia è piena, rami e uccelli fu rono<br />
soppressi, per lasciare solo il cielo blu. Poiché la Chiesa si proponeva come una<br />
luce nella notte di questo mondo, il cielo divenne cupo, ma si riempì di stelle.<br />
Una modernizzazione semplificante che parve ben presto eccessivamente<br />
po vera, e quindi, nel XIII secolo, per analo gia o confusione con il «paradiso<br />
perdu to», gli eletti furono sistemati in un bel giardino in cui germogliavano i<br />
più bei fiori della terra e danzavano schiere di angioletti.<br />
Alla fine del secolo seguente si verificò una nuova reazione: confondere i due<br />
paradisi è un errore! Pur conoscendo un po’ il «paradiso perduto», non sappiamo<br />
niente del «paradiso celeste». Bisogna rinunciare a raffigurarlo. Tuttavia ci è<br />
nota l’esistenza di quel luogo invisibile e sappiamo che dopo il giudizio finale* i<br />
credenti potranno entrarvi. Allora basta raffigurare una porta d’ingresso! È quel<br />
che fecero gli artisti, tanto più che la Chiesa assicurava che l’apostolo Pietro ne<br />
era il custode. All’inizio del XVI seco lo la vita religiosa aveva perduto molto<br />
valore, i riti la caratterizzavano e gli ar tisti ben presto giunsero a sorridere del la<br />
pretesa ecclesiastica di poter aprire e chiudere le porte del Paradiso. Nel timpano<br />
del portico di una cattedrale di quei tempi la Chiesa venne persino raffigurata<br />
sotto le spoglie di un corpulento prelato che, entrando nel soggiorno della<br />
pace eterna, spinge di lato il guardia no e avanza regale verso l’ignoto; dietro
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
305<br />
di lui, come ai suoi piedi, un vescovo, due curati e un monaco, dalle bocche a<br />
cuore, sembrano atteggiati a preghiera, ma in realtà si spingono senza ritegno,<br />
cercando ciascuno di entrare per primo.<br />
In seguito la discussione si approfon dì senza dar luogo a manifestazioni artistiche.<br />
Tutt’al più si possono citare al cune opere che riprendono la visione<br />
della nuova Gerusalemme considerata il paradiso celeste (Apoc., 21, 24; 10,<br />
27): Cristo attende i fedeli sui gradini della scala di un palazzo o su un trono<br />
scintillante, circondato di angeli traspa renti e misteriosi.<br />
Pavone<br />
Nell’antichità pagana il pavone e la fe nice sono stati spesso confusi, e gli<br />
artisti hanno frequentemente attribuito alla seconda le caratteristiche del primo<br />
L’una e l’altro avevano fama di rinnova re le proprie forze in modo miracoloso<br />
volavano fino nel sole, dicevano gli uni o si gettavano nel fuoco, secondo altri<br />
ma solo per rinascere dalle proprie ce neri rivestiti di una giovinezza intera<br />
mente recuperata. Plinio il Vecchio col lega questa usanza alla caduta annuali<br />
delle penne del pavone. Agostino (De Civ. Dei XXI, IV) assicura che<br />
Pavone Mosaico, Ravenna (VI secolo).<br />
la carne del pavone è immarcescibile, e questo legittima ai suoi occhi l’uso del l’<br />
uccello come simbolo dell’immortalità, senza ricorrere necessariamente ai miti<br />
pagani.<br />
I primi cristiani che pensavano l’Aldi là solo in funzione della resurrezione<br />
fecero del pavone un simbolo della vita e terna. A partire dal Il secolo lo si<br />
trova nelle catacombe, talvolta di fronte, ge neralmente di profilo. Da principio<br />
si trovano due pavoni affrontati che bevo no dallo stesso vaso o che da destra<br />
e da sinistra si accostano a un chrisma*; il vaso rappresenta probabilmente un<br />
ca lice che contiene il pane e il vino della comunione; l’insieme significa probabilmente<br />
una professione di fede nel l’immortalità in Cristo. Successivamente
306<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
ritroviamo il pavone su mosaici, su vetrate, sullo stipite della porta di un cimitero,<br />
in alcune miniature e anche su lampade nelle quali si associa perfettamente<br />
con il simbolo della fiamma per significare la vita eterna.<br />
Quando si vo leva rappresentare — come sulla volta di alcune basiliche il<br />
Paradiso terrestre o celeste, lo si popolava di uccelli*, ma soprattutto di pavoni.<br />
Per molto tempo questo simbolo godé di grande popolarità. Giunse però il momento<br />
in cui il pavone divenne un ani male di lusso. Seguendo l’esempio degli<br />
antichi romani, i buongustai si nutriva no delle sue carni, ma era una portata<br />
assai costosa. Con le sue piume si face vano ventaglie corone. Si dice che papa<br />
Paolo III facesse dono a re Pipino di un mantello di piume di pavone. Tutto<br />
que sto fece scordare il significato antico e il simbolo cristiano del pavone. Non<br />
lo si incontra più a partire dal XIII secolo in Occidente e due secoli dopo in<br />
Oriente.<br />
Pavone Catacombe romane II secolo<br />
Pesce<br />
Il pesce è per natura il simbolo del l’acqua. Il fatto che viva entro un elemento<br />
in cui l’ uomo non può sopravvi vere gli conferisce un carattere di mistero che<br />
lo designa come simbolo di tutte ciò che è segreto. Ha una valenza religiosa<br />
in India, in Egitto, presso i Caldi e gli Etruschi, ove è stato impiegato ci me<br />
talismano per gli scopi più diversi.
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Pigne stilizzate raffiguranti dei fiori del Paradiso Miniatura (1285).<br />
307<br />
E pesce diviene la cavalcatura di alcuini dei, e sale esso stesso al rango di<br />
divinità. Per i cristiani il pesce è soprattutto simbolo del Cristo tramite<br />
l’acrostico de la parola greca IXOYY*, che significa pesce. In questa forma<br />
lo si trova in migliaia di illustrazioni, gioielli, vasi, vesti, vetrate, sculture,<br />
decorazioni, ma so prattutto in un considerevole numero di iscrizioni funerarie,<br />
spesso molto anti che È stato molto in voga fra la fine del I secolo e la metà<br />
del N. Da allora in poi è divenute un complicato indovinello il cui significato<br />
sfugge alla maggior parte dei cristiani. Non ha più riguadagnato la diffusione<br />
che aveva in precedenza.<br />
Talvolta si vede un pesce che porta un naviglio* sulla schiena o che lo rimorchia:<br />
è Cristo che conduce la Chiesa.<br />
Allorché il battesimo è divenuto, da simbolo che era, un’operazione gestita<br />
dalla Chiesa, operazione che comporta conseguenze per l’eternità, è del tutto<br />
naturale che alla fantasia degli artisti chiamati a decorare un battistero si sia<br />
presentato Cristo che in forma di pesce nuota nell’acqua lustrale. Ma i cristiani<br />
«nascono alla vita eterna con il battesi mo», come diceva Tertulliano. È questo<br />
il motivo per cui in breve sono raffigura ti come dei pesciolini. Un modo di rappresentare<br />
i fedeli che avrebbe potuto essere suggerito dalle parole di Cristo a<br />
Pietro: «Farò di te un pescatore di uomi ni» (Luca, 5, 10).<br />
Finalmente, Cristo resuscitato man gia del pesce assieme ai discepoli (Luca, 24,<br />
42). Una ragione di più per rappre sentare le presenza di Cristo nella Santa Cena<br />
per mezzo di un pesce. In più, è invalsa l’abitudine di rappresentare tut ta la<br />
cerimonia della comunione e so prattutto il suo significato profondo e misterioso<br />
mediante un pesce posato su un piatto.<br />
Pesci e ancora con iscrizione cristiana - Catacombe, Roma (II secolo).
308<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Ma in breve gli artisti cristia ni videro in ciò solo una memoria stori ca del pasto<br />
consumato da Cristo davan ti ai discepoli, confondendolo con la co munione,<br />
così che spesso il pesce è raffi gurato accanto al pane* e al vino; un ‘immagine<br />
divenuta per un certo perio do tradizionale per indicare che degli uomini riuniti<br />
attorno a una tavola così imbandita non stavano facendo un nor male pasto, ma<br />
si comunicavano.<br />
Pendente con due pesci intorno a una croce<br />
Il pesce, in rappresentanza di Cristo, dei cristiani o della Santa Cena, si ritrova<br />
in un numero incalcolabile di decora zioni. Spesso è da solo, decorato da un<br />
chrisma o da una croce. È impiegato co me elemento decorativo su spille, pendagli,<br />
lampade, vesti, mobilio; lo si può vedere sul fondo o sul bordo di piatti e<br />
coppe usati per la comunione; inciso su pietra, dipinto in affreschi, tessuto nelle<br />
stoffe ecc.<br />
Porta<br />
Una porta è un apertura che permette di entrare in un luogo chiuso: casa, cor te,<br />
giardino, fortezza, villa. In caso di attacco, è evidentemente un punto de bole<br />
del quale è opportuno assicurare la protezione; a questo scopo sono state e rette<br />
imponenti costruzioni sulle quali attirare la protezione degli dei. Nel Me dio
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
309<br />
Oriente si depositava sulla soglia della porta in questione il corpo di un bimbo<br />
offerto in sacrificio. I Romani de dicavano una venerazione affatto parti colare<br />
alle soglie delle porte, che duran te le cerimonie nuziali erano oggetto di un rito<br />
particolare.<br />
Dal momento in cui ai cristiani fu consentito costruire liberamente delle chiese,<br />
attribuirono molto significato alla decorazione della porta. La trasformarono in<br />
un invito a entrare, in con formità con la parola di Cristo che ave va paragonato<br />
se stesso a una porta (Giov., 10, 7); Gesù invitava a passare attraverso di lui per<br />
entrare nel Regno di Dio. La più antica decorazione cono sciuta di un portale<br />
di chiesa è appunto un’evocazione di questo passo delle Scritture: al centro<br />
dell’architrave un a gnello* che porta una croce è accompa gnato dalle parole<br />
Ego sum ostica (io sono la porta). Tramite questa decora zione la Chiesa diceva<br />
indirettamente ciò che voleva essere, ciò che pensava di se stessa, e invitava<br />
ognuno a porosi sotto l’autorità e la protezione di Gesù Cristo. È da questo che<br />
deriva l’uso, nel XIII se colo, di raffigurare la Chiesa come una porta.<br />
E noto che la Chiesa si è trasformata poco a poco fino ad identificarsi con il<br />
Regno di Dio: nella decorazione delle porte dei santuari si registra un’eco molto<br />
evidente di tale evoluzione. Notiamo che spesso sulla facciata delle basiliche<br />
e più tardi delle cattedrali viene ripresa la decorazione del portale principale.<br />
In un primo momento gli ornamenti desi gnano semplicemente Cristo, come a<br />
di re ai passanti: entrate qui, vi troverete Cristo che regna sui suoi. In seguito si<br />
precisa chi è Cristo: è quello dei Vange li, dato che è circondato dai segni del<br />
Tetramorfo* (Saintes); poco dopo, è ac compagnato dai discepoli (Chartres), oppure<br />
è quello di cui parla tutta la Bibbia (Poitiers). Talvolta, in quest’epoca, su<br />
tre portali affiancati sono raffigurate le scene della Natività, dell’Ascensione e<br />
della Pentecoste, a significare che Gesù Cristo è venuto sulla terra (dalla Natività<br />
all’Ascensione) per inviare i cristiani a evangelizzare il mondo (Pentecoste):<br />
in questo consiste la vera direzione dell’a zione della Chiesa cristiana, che va<br />
da Cristo verso coloro che non sono anco ra cristiani (Vézelay). Poco tempo<br />
dopo,è sempre Gesù Cristo a essere rappresentato, ma come giudice di uomini.<br />
È un modo di dire ai passanti: fate atten zione al modo in cui vivete, perché alla<br />
resa dei conti, al momento della resur rezione, sarete giudicati da colui che conosce<br />
ogni cosa (Amiens, Parigi). Qual che tempo dopo ancora, la Chiesa cerca<br />
conforto nella storia e descrive sulla porta principale dei suoi luoghi di culto<br />
tutti gli episodi della vita di Cristo e so prattutto della sua Passione (Strasburgo).<br />
Infine, nel momento in cui il Me dioevo e lo stile gotico stanno per essere<br />
abbandonati, il timpano delle porte si vuota mentre i piedritti, generalmente<br />
ornati di statue di personaggi storici, con servano le proprie decorazioni (Reims,<br />
Beauvais, Nantes).<br />
Insomma, negli ornamenti dei timpa ni delle porte principali dei luoghi di culto<br />
la Chiesa mostra le grandi linee della propria evoluzione. Al centro delle sue<br />
cure sono stati in principio una pie tà vivente, poi il pensiero religioso, quin di la
310<br />
Ornamenti e simboli del monumento funebre<br />
simbologie cristiane<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
morale e infine la storia.Un andamento simile si riscontra in altre religioni, ma<br />
anche in altri ambiti dell’esisten za e in particolare nelle arti.<br />
Quando le chiese si ingrandirono e vi furono aperte molte porte, fu necessa rio<br />
inventare nuove decorazioni. In esse venivano raffigurati i miracoli di Cristo e<br />
diverse scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento o attribuite alla Vergine<br />
e ai Santi dalla storia o da tradizio ni più o meno leggendarie. L’intento di<br />
tutte queste opere d’arte è attrarre gli uomini verso Cristo, ma bisogna riconoscere<br />
che troppo spesso egli è sòver chiato da tutto ciò che lo circonda. Lo<br />
scopo principale della Chiesa si cela sempre più sotto altre premure..
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
311
312<br />
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
Simbologie con riferimenti laici<br />
scala serpente albero geometrie<br />
divine<br />
fontana aurora<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
ruota
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
Acroteri foglie d’acanto palmette o figure scultoree usate<br />
per ornare il vertice o gli angoli dei frontoni dei templi e dei<br />
monumenti funebri: motivo tipico dell’età classica<br />
albero morte e rinascita<br />
alloro immortalità, gloria eterna<br />
anfora vaso di terracotta lungo e sottile con due anse al<br />
collo<br />
angelo essere munito di ali, proprio della iconologia<br />
cristiana: messaggero di Dio nell’ora del trapasso<br />
angelo con tromba annunciano la fine dei tempi: immagine<br />
cristiana del giudizio universale ed esprime la caducità di<br />
tutte le cose<br />
aquila capacità e superbia<br />
aurora inizio e fine<br />
cavaliere con armatura in preghiera simbolo di santità: il<br />
guerriero esprime il combattimento spirituale per ottenerla<br />
cerchio eternità e coraggio<br />
clessidra morte e fugacità della vita<br />
colomba pace speranza, Spirito Santo<br />
corona di ghirlande nessun inizio, nessuna fine, eternità<br />
cristo<br />
cristo con vessillo<br />
cristo crocefisso<br />
cristo in trono<br />
cristo redentore<br />
crocesimbolo delle passione morte e resurrezione di Cristo<br />
falce<br />
fiaccola innalzata speranza e vita<br />
fiaccola verso il basso notte morte<br />
fiamma speranza e vita<br />
lampada accesa Cristo<br />
lampada vigilanza<br />
lanterna luce<br />
leone forza e potenza terrena<br />
martello e chiodi<br />
maschera decorazione tombale usata dagli etruschi<br />
putti angelici onore al defunto anche alle<br />
sue virtù come la pace la fede il coraggio<br />
rami di vite, uva simbolo della vita<br />
ramo d’ulivo pace e concordia<br />
313
314<br />
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
rosa amore e terno<br />
scalacollegamento tra terra e cielo<br />
scudo fede<br />
serpente il male, ma anche la resurrezione<br />
sfera con croce la presenza divina nel mondo<br />
Acroteri<br />
foglie d’acanto palmette o figure scultoree usate per ornare<br />
il vertice o gli angoli dei frontoni dei templi e dei monumenti<br />
funebri: motivo tipico dell’età classica<br />
Albero<br />
morte e rinascita<br />
Attorniate dai simboli dei quattro elementi sono qui offerte alla<br />
meditazione le sette fasi dell'Opera intesa come svrluppo interiore,<br />
che inizia con la putrefazione (il vecchioa sinistra, Saturno) e<br />
termina con la rinascita ( il giovanea destra, ìl lapis). L 'unicorno<br />
simboleggia la penultima fase dell' albero da cui sbocciano le<br />
rose rosse della fissazione definitiva. Musae um Hermeticum,<br />
ed.Francoforte, 1749.<br />
Nel pensiero degli antichi l'albero è il simbolo principale della<br />
fertilità e, in modo generale, la fonte misteriosa della iuta. Plinio<br />
(Hist. Nat., XII,2) assicura che gli alberi furono i primi templi degli<br />
romani. E vero che il silenzio delle foreste o l'imponente chioma<br />
di alcuni grandi alberi risvegliano un certo senso religioso: si sa<br />
d'altronde che a molte divinità era stato attribuito un particolare<br />
albero: la quercia a Giove, l'alloro ad Apollo, l'olivo a Minerva,<br />
il mirto a Venere, il pioppo ad Ercole, ecc. Ancor oggi gli alberi<br />
sono idoli per alcuni popoli, che li circondano con un recinto<br />
dentro il quale si esercita il culto.<br />
Nel Vecchio Testamento l'albero è talvolta l'immagine<br />
dell'arroganza (Is., 2, l3) o della longevità( 1s.,ó 5, 22): si parla<br />
anche dell'albero della vita (Gen., 3, 22. ripreso in Apoc.. 2. 7 ; 22,<br />
2, 14t, cioè dell'albero il frutto dà la vita eterna.<br />
Giobbe (14, 7 ss.) spiega questo simbolo con il fatto che alcuni<br />
alberi producono continuamente dei polloni.<br />
I1 profeta Ezechiele (17, 22) ascolta Dio che gli promette di<br />
prendere un ramo di cedro e di piantarlo su un'alta montagna<br />
israelita per farlo germogliare e crescere fino a dominare le<br />
foreste circostanti: era l'annuncio della supremazia di Israele<br />
su tutti i popoli. È così che l'albero è divenuto il simbolo degli<br />
israeliti... “piantati”, da Dio sulla terra. I padri della Chiesa hanno<br />
ripreso questa immagine per designare la Chiesa cristiana, erede<br />
delle promesse fatte a Israele: comunque, questo simbolismo<br />
non è frequente, perché il paragone che esso presenta non è<br />
comprensibile senza spiegazioni.<br />
Maria Carmen Nuzzo
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
Nel Medioevo, dove si ammetteva con una certa facilità che<br />
I'antichità pagana era la prefigurazione della civiltà cristiana,<br />
l'albero simboleggiò la forza vegetativa data alla natura da Dio:<br />
a questo simbolo però se ne sovrapposero altri: divenne il segno<br />
della potenza che Dio non manifesta nella Chiesa, considerata<br />
come un giardino da Lui piantato sulla terra; divenne talvolta il<br />
segno di Cristo, la cui autorità si fa sentire nel regno di Dio, come<br />
la ninfa nell'albero.(Dizionario dei simboli cristiani , Eduatd<br />
Urech-Roma 1995)<br />
AIfa e Omega (A e O)<br />
“Io sono l'alfa e l'omega, l'inizio e la fine” disse Dio nell'Apocalisse<br />
(1 , 8; 21, 6). Questa stessa frase, nello stesso libro biblico, è prestata<br />
anche a Gesù (22, 14). L'uso di una formula identica per l'uno e<br />
per l'altro indica qualcosa che è loro comune. Anche quando si è<br />
voluto caratterizzare Gesù in quanto divino, si è fatto uso di questa<br />
espressione. A proposito dell'origine di questa formula, Gerolamo<br />
(Gerem., XXXV, 2ó) racconta che nei metodi pedagogici dei suoi<br />
tempi sussisteva un antica usanza che consisteva nel far recitare<br />
le lettere dell' alfabeto greco nel loro ordine regolale, poi, come<br />
esercizio di memoria, nel passare dalle prime alle ultime in ordine<br />
di allontanamento: alfa-omega, beta-psi… "E’ molto probabile che<br />
questo procedimento di memorizzare l’accoppiamento di queste<br />
lettere sia all’origine storica di questo simbolo coppiamento delle<br />
ìettere sia all'origine storica di questo simbolo.<br />
Per alcuni filosofi questa espressione designa la totalità dell'Essere.<br />
Per l’umile cristiano, il senso di tale espressione è facilmente<br />
comprensibile: come la prima e l'ultima lettera di un alfabeto<br />
inglobano tutte le lettere e quindi tutte le parole che indicano tutto<br />
ciò che esiste, così queste due lettere possono indicare colui che<br />
ha potere su tutte le cose, cioè il Signore del cielo e della terra, il<br />
padrone del cosmo. Questo significato non era vero ai terni delle<br />
persecuzioni: la sovranità di Gesù Cristo sul mondo era rifiutata<br />
troppo nettamente dai fatti. Inoltre, la fede in questa sovranità non<br />
poteva manifestarsi pubblicamente senza segnalare nel contempo<br />
ai persecutori la presenza dei cristiani. Ecco perché A e Cl non si<br />
trova prima dell'epoca di Costantino, ma da quel momento tale<br />
segno si impose. Le più antiche testimonianze esistenti datano<br />
dall’inizio del IV secolo. Dapprima si trovavano queste due lettere<br />
isolate, o circondate solo da una corona, talvolta di alloro in segno<br />
di adorazìone, talaltra d'olivo, in segno di pace.<br />
(Dizionario dei simboli cristiani , Eduatd Urech-Roma 1995)<br />
alloro<br />
immortalità, gloria eterna<br />
315
316<br />
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
anfora<br />
vaso di terracotta lungo e sottile con due anse al collo<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
angelo<br />
essere munito di ali, proprio della iconologia cristiana: messaggero di Dio nell’ora del<br />
trapasso<br />
angelo con armatura<br />
simbolo del combattimento spirituale<br />
angelo con pergamena<br />
angelo con tromba<br />
annunciano la fine dei tempi: immagine cristiana del giudizio universale ed esprime la<br />
caducità di tutte le cose<br />
aquila<br />
capacità e superbia<br />
aurora<br />
"Dunque l'aurora è la fine di tutte le tenebre è la cacciata della notte, di quel periodo<br />
invernale che travolge chi l'attraversa senza la dovuta cautela.."Volgetevi a me col<br />
cuore aperto e non respingetemi perché io sono nero e cupo: il Sole mi ha bruciato<br />
cosi, e gli abissi mi hanno velato il viso."<br />
Nella pagina destra, l' immagine in alto raffigura Sophia come l'aurorac, cioè come<br />
"aurea Hora", che mette fine alla notte dell'ignoranza e alla distruttiva putrefazione<br />
della materia n, ell'atto di nutrire i filosofi coni il suo latte virginale", l' acqua<br />
mercuriale. Con ilcapo cinto dalla corona del re, luccicante nei raggi di dodicí stelle<br />
e, il rosso definitivo in volto, incarna la "solare celeste Sophia", mentre la figura nera,<br />
nell'immaginie in basso rappresenta la Sophia lunare,decaduta al livello della materia<br />
e divienuta prigioniera Nel testo in questione viene proposto un parallelo tra Sophia<br />
e la regina di Saba,che nel Cantico menzionato dice di essere nera come la figlia<br />
di Kedar. Non vi curate ch'io sia nera, ché è stato il Sole a bruciarmi cosi'. Ed dalle<br />
profondità della m ateria invoca aiuto:" Gli abissi mi hanno velato il viso, e laTerra<br />
è corrotta e macchiata nella mia opera,perché le tenebre l 'hanno awolta, mentre io<br />
sono precipitata nel fango delle profondità e la mia sostanza non si è dischiusa,(in<br />
C.G.Jung, Mysterium conju nctionis, Zurigo,1957)<br />
Secondo Fulcanelli le, madonne nere rappresentano (nel simbolismo ermetico, la<br />
terra vergine che dev 'essere prescelta dall'artista come soggetto della sua opera. È la<br />
Príma m ateria allo stato minerale e proviene dai giacimenti di i metallo sepoltii n<br />
profondità sotto masse pietrose."( Fulcanelli L., e Mystèred es Cathédrales, Parigi,<br />
1964)<br />
Aurora consurgens,fine XIV sec-OPUS Macilum<br />
cavaliere con armatura in preghiera<br />
simbolo di santità: il guerriero esprime il combattimento spirituale per ottenerla
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
cerchio<br />
eternità e coraggio<br />
clessidra<br />
morte e fugacità della vita<br />
colomba<br />
pace speranza, Spirito Santo<br />
corona di ghirlande<br />
nessun inizio, nessuna fine, eternità<br />
croce<br />
simbolo delle passione morte e resurrezione di Cristo<br />
fiaccola<br />
innalzata speranza e vita<br />
fiaccola<br />
verso il basso notte morte<br />
fiamma<br />
speranza e vita<br />
fontana<br />
la fontana del drago a due teste simbologgia l'essenza bipolare<br />
del lapis mercuriale che Ulmannus definisce "acqua della castità"<br />
o "pietra chiara bianca e rossa". Il rosso è il Sole, il sangue, il<br />
maschile; il bianco è la Luna, la carne, il femminile.<br />
Tutte le cose esistenti sono state create dal fuoco del Sole, che<br />
rappresenta Dio, secondo la loro qualità primaria e suprema.<br />
Libro della Santa Trinità, inizio XVsec.<br />
geometrie divine<br />
secondo una concezione platonica che si ritiene derivi da<br />
una dottrina occulta dell'antico Egitto, il mondo a livello<br />
microscopico sarebbe costituito da triangoli rettangoli. Questi si<br />
raggrupperebbero in cinque poliedri regolari, unità fondamentali<br />
dei cinque elementi. (ll quinto elemento, o quintessenza, era l'etere<br />
o fuoco celeste.)<br />
Secondo i calcoli compiuti da Giovanni Keplero nel 1596, il "Dio<br />
geometria" aveva collocato ognuno di questi cinque poliedri a una<br />
distanza identica tra due orbite planetariè: la sfera di Saturno-Giove<br />
al cubo, che rappresenta l'elemento "terra" la sfera di Giove-Marte<br />
al tetraedro piramidale (fuoco); tra Marte e la Terra il dodecaedro<br />
(etere); tra la Terra e Venere l'icosaedro a venti facce (acqua) e tra<br />
Venere e Marte l'ottaedro (aria).<br />
317
318<br />
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Keplero era convinto che con la sua scoperta, da lui successivamente riformulata,<br />
fosse stata raggiunta l'originaria fonte della sapienza ermetica. "Ho rubato agli egizi<br />
i loro vasi d'oro ", confessa Keplero per erigere con essi un santuario", al mio Dio<br />
lontano dai confini dell'Egitto." (Hatmonices Mundi,1619) G. Keplero, Mysterium<br />
cosmographicum, 1660.<br />
Così come dai cinque corpi elementari platonici nasce la moltitudine delle cose della<br />
natura, cosi dalle sue figure geometriche fondamentali è possibile trarre infinite<br />
variazioni prospettiche. L'orafo di Norimberga Wenzel Jamnitzer (1508-1585) costrui<br />
14o di queste figure geometriche e le fece trasferire su rame dall'incisore zurighese<br />
Jobst Amman. "La teoria definitiva della materia sarà caratterizzata, come in Platone,<br />
da una serie di impornanti istanze di simmetria [ . . . ] Ma non è più possibile spiegare<br />
tali simmetrie solo per mezzo di figure e immagini come nel caso dei corpi platonici,<br />
bensi solo mediante equazioni." (Werner Heisenberg, Schritte íiber Grenzen, Monaco,<br />
1971)<br />
lampada accesa<br />
potenza ultraterrena<br />
lampda<br />
vigilanza<br />
leone<br />
fortezza<br />
martello e chiodi<br />
maschera<br />
decorazione tombale usata dagli etruschi<br />
putti angelici<br />
onore al defunto anche alle sue virtù come la pace la fede il coraggio<br />
rami di vite, uva<br />
simbolo della vita<br />
ramo d’ulivo<br />
pace e concordia<br />
rosa<br />
amore e terno<br />
ruota<br />
La visione di Ezechiele è caratterizzatada quattro figure:<br />
"E avevano ciascuno quattro facce e quattro ali ( . . . ) ognuno dei<br />
quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, [...] di toro a sinistra e,<br />
ognuno dei quattro, fattezze d'aquila [ . . . ]<br />
Ecco sul terreno una ruota al loro fianco, di tutti e quattro [...] e le ruote avevano l'aspetto
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
319<br />
e la struttura come di una ruota in mezzo un'altra ruota [...] e i cerchi di tutt'e quattro<br />
erano pieni di occhi tutt'intorno [...]quando essi si alzavano da terra, anche le ruote si<br />
alzavano, perché lo spirito dell'essere vivente era nelle ruote. Sopra il firmamento che<br />
era sulle loro teste apparve [...] una figura dalle sembianze umane.'"(Ezechiele 1,4-26)<br />
disegno di W.Blake, Visione di Ezechiele,1805<br />
scala<br />
collegamento tra terra e cielo;<br />
A Giacobbe apparve in sogno una scala che "poggiava sulla Terra, mentre la sua cima<br />
raggiungevai il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa(...)<br />
(Genesi 28,12) L'immagine della scala di Giacobbe come porta del cielo è posta da<br />
Blake in stretta relazione con l'anatomia dell'orecchio, i cui condotti uditivi sono da lui<br />
descritti come "le scale infinite che avvitandosi a spìrale raggiungono l'ultimo cielo". In<br />
Swedenborg, le cui opere erano ben note a Blake,l' apertura dell'orecchio interiore,' è il<br />
presupposto della presa di contattocon i mondisuperiori. W. Blake, Jacob's Ladder,18oo<br />
c.<br />
scudo<br />
fede<br />
serpente<br />
il male, ma anche la resurrezione<br />
"ll serpente in alto è lo spirito del mondo, che a tutto dona la vita, tutto uccide, e in sé<br />
reca tutte le forme naturali. Insomma: esso è tutto e nulla. Per mezzo della chimica, da<br />
una cosa se ne possono ottenere due,"che recano in sé il terzo e il quarto".<br />
E il volatile è anche il fisso, è il fuoco che tutto brucia, che ogni cosa apre e chiude<br />
[ . . . ] . Cuoci questo fuoco con il fuoco, finché non si consolida; avrai cosi il<br />
massimo di solidità, che penetra tutte le cose. E quando un serpente avrà divorato<br />
l'altro, ne risulterà questa figura (...)". Questo serpente è detto Ouroboros. In Iingua<br />
copta Ouro significa "re" mentre ob, in ebraico, significa"serpente".<br />
Abraham Eleazar, Donum Dei, Erfurt, 1735<br />
sfera con croce<br />
mondo sacralizzato<br />
sfinge canina<br />
guardiano dell'aldilà<br />
spada<br />
coraggio<br />
teschio<br />
simbolo della vanità uguaglianza di tutti gli uomini;<br />
teschio senza mascella inferiore:<br />
decadenza del corpo
320<br />
Ornamenti e simboli<br />
simbologie con riferimenti laici<br />
tromba<br />
voce di Dio<br />
trifoglio<br />
Santissima Trinità<br />
vaso<br />
fragilità del corpo umano<br />
vaso che raccoglie l’acqua<br />
anima che accoglie la divinità<br />
Alchimia mistica, Alexander Roob, TASCHEN,1997<br />
Maria Carmen Nuzzo
Per la presenza del protiro della facciata<br />
principale con timpano soprastante, l'inserimento<br />
di bifora sulla parete retrostante<br />
e gli archetti pensili che fanno da cornice<br />
al tetto a due falde, è possibile ricondurre<br />
la cappella a stilemi neoromanici. Gli elementi<br />
ornamentali (acroteri, capitelli con<br />
foglie, le pietre colorate che perimetrano<br />
il sottotetto, le cornici di fiori, la scanalatura<br />
delle colonnine) la rendono particolarmente<br />
sontusa.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture 321<br />
Parte II I modelli<br />
Mosaico di angelo ( messaggiero di Dio<br />
nell’ora del trapasso) nella lunetta timpanata<br />
della facciata a sud. Il soggetto si staglia<br />
su uno sfondo dorato ed è vestito di rosso<br />
con in mano un ramoscello di ulivo, simbolo<br />
della pace.
La pianta quadrata sviluppa prospetti<br />
tripartiti: un’alto zoccolo sostiene le paraste<br />
che formano il portale d’ingresso<br />
seguendo i linearismi “art nouveau”.<br />
Un gruppo di putti bronzei chiudono a<br />
triangolo la composizione d’insieme e<br />
conferiscono un carattere barocco per la<br />
loro ridondanza espressiva.<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento<br />
rappresentato dalla sfinge canina;<br />
il vano che è lo spazio che plasma<br />
l’interno si proietta verso l’esterno innalzando<br />
al cielo il gruppo scultoreo degli<br />
angeli.<br />
La tomba è nello spessore del muro e<br />
all’esterno viene individuata nello zoccolo<br />
che sostiene tutto l’insieme architettonico<br />
e scultoreo.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
Gli angeli sono quelli del giudizio: la tromba e gli strumenti musicali<br />
simboleggiano che sono i messaggerri di Dio. Il portale<br />
d’imgresso presenta una “sfinge canina”, che è una creatura mista<br />
di sembianze canine e con il busto femminile alato: ispirata<br />
all’antico egitto il soggetto impersona il guardiano dell’aldilà.<br />
L’iconografia è pagana legata a forme debitrici dello stile art<br />
nouveau.<br />
322
L’impianto segue caratteri decò: la base<br />
quadrata a gradini innalza un parallelepipedo<br />
bucato da una vetrata che per il<br />
suo arretramento rispetto al filo esterno,<br />
conferisce un forte contrasto chiaroscurale;<br />
internamente la luce rosata e<br />
lo slancio verticale, ricorda l’ambiente<br />
delle cattedrali gotiche.<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento<br />
in cui immagini rappresentanti<br />
una fontana da cui zampilla acqua simboleggiano<br />
la presenza divina; il vano<br />
che è lo spazio che plasma l’interno si<br />
proietta verso l’esterno innalzando al<br />
cielo i quattro fronti che si configurano<br />
come semplificazione di timpani dei<br />
templi classici La tomba è nello spessore<br />
del muro e all’esterno viene individuata<br />
nello zoccolo che sostiene tutto<br />
l’insieme architettonico.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
La porta in ferro battuto è decorata con immagini rappresentanti una<br />
fontana da cui zampilla acqua .<br />
Tali elementi decorativi oltre a significare la presenza di Dio in tutte le<br />
cose, sono tipicamente decò.<br />
323
La pianta è quadrata, i fronti triangolari;<br />
un’importante zoccolatura inquadra<br />
l’ingresso sovrastato da una fessura<br />
vetrata. L’ architettura riprende un disegno<br />
geometrico semplice in cui spicca<br />
la figura del triangolo e del quadrato.<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento<br />
dove, un angelo in preghira,<br />
rivolge lo sguardo al cielo; il vano che è<br />
lo spazio che plasma l’interno si proietta<br />
verso l’esterno innalzando al cielo i<br />
quattro fronti che si configurano come<br />
semplificazione di timpani strecciati<br />
La tomba è nello spessore del muro e<br />
all’esterno viene individuata nello zoccolo<br />
che sostiene tutto l’insieme architettonico.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
Il mosaico della facciata, raffigurante<br />
l’angelo in preghiera con calzari ai piedi<br />
e gigli decorativi, presenta colori accesi<br />
in cui domina l’azzurro e il rosae il giallo<br />
in contasto con la linearità dell’insieme<br />
architettonico.<br />
324
La pianta è quadrata e innalza prospetti<br />
elaborati con protiro, colonnine, archetti,<br />
zoccoli archi e lunette decorati con<br />
mosaici dorati a motivi floreali. Nell’insieme<br />
il carattere è eclettico.<br />
EclettismoSimbolismoCamillo Uccelli<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento:<br />
in esso, un angelo in preghira,<br />
rivolge lo sguardo al cielo; il vano che<br />
è lo spazio che plasma l’interno si proietta<br />
verso l’esterno innalzando al cielo<br />
i quattro fronti. La tomba è nello spessore<br />
del muro e all’esterno viene individuata<br />
nello zoccolo che sostiene tutto<br />
l’insieme architettonico.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
Mosaico di angelo in preghiera con l’abito<br />
crociato: è il simbolo del combattimento<br />
spirituale.<br />
325
Il forte verticalismo dei fronti è determinato<br />
da colonnine con capitelli<br />
a foglie che si sviluppano dall’arco<br />
d’ingresso fino a rompere la linea<br />
triangolare del tetto.Lo zoccolo liscio<br />
si alterna con la superficie ruvida a listoni<br />
ad andamento orizzontale e con<br />
il fregio che cammina sottolineando il<br />
profilo del protiro.<br />
Il dromos coincide con lo<br />
spazio dell’ornamento in<br />
cui sono rappresentati due<br />
leoni e prosegue verso il<br />
cielo collegando il vano<br />
all’esterno. Lo zoccolo<br />
ancora la tomba alla terra<br />
comtenendola; ai lati<br />
esso coincide con lo spazio<br />
dell’ornamento rappresentato<br />
dai mosaici di<br />
S.Chiara e S.Antonio;<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
Sui fronti laterali i mosaici sulle mensole raffigurano il volto di Santa Chiara (il giglio<br />
ne rappresenta la purezza); i colori accesi con prevalenza dell’oro e del rosso contrastano<br />
con il colore grigio dell’insieme. Sul fronte principale l’altorilievo di due leoni<br />
conferisce una forte plasticità; il dinamismo è sottolineato dai mosaici colorati di colore<br />
blu e giallo con rappresentazioni geometriche a forma di stella. Colonnine con<br />
capitelli a foglie, arco con fregio e portone in ferro con motivi a stella concludono il<br />
sistema decorativo.<br />
326
La pianta quadrata innalza una forma<br />
architettonicamente riconducibile allo<br />
stile decò: lo zoccolo di base sale a continuazione<br />
dei prospetti e prosegue con<br />
una modanatura articolata dalla “gola<br />
dritta e rovescia” a formare il cornicione.<br />
La linea orizzontale è interrotta<br />
per ogni fronte da cornici a mensola<br />
che inquadrano le aperture: la loro forma<br />
rettangolare individua per la parte<br />
lunga un timpano che fa da base alle<br />
nervature, con volute, che sottolineano<br />
l’andamento della cupola di copertura.<br />
La tomba è lo spazio interrato e coincide<br />
con il vano che prosegue all’esterno<br />
configurandosi nei fronti attraverso le<br />
aperure ovvero attraverso gli spazi del<br />
“passaggio”: il dromos e l’ornamento<br />
hanno la stessa connotazione spaziale.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
La cupola è articolata da due fasce decorative raffiguranti rispettivamente delle<br />
anfore in cotto e delle foglie d’acanto in pietra e termina con un piccolo tamburo<br />
decorato con una base di alloro (immortalità, gloria eterna) e un cerchio con croce<br />
sui quattro piccoli fronti. Il tamburo è sormontato infine dalla scultura di un anfora<br />
con fiamma innalzata (speranza e vita).<br />
327
1939/41<br />
neorococò<br />
Il gioco capriccioso e leggero di stucchi,<br />
cornici, festoni, volute bizzarramente intrecciate,<br />
nega la forma architettonica: il<br />
carattere rococò dell’insieme individua<br />
anche una ricerca di ritmi dinamici tipica<br />
del barocco, ma interpretata in chiave<br />
raffinata e leziosa.<br />
L’ornamento coincide con lo spazio<br />
dell’architettura (vano) e con il dromos.<br />
La tomba è in aggetto verso<br />
l’esterno ed è ricavata nello spessore<br />
del muro.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
Movimento, energia e tensione sono fra le caratteristiche principali dell’arte barocca;<br />
forti contrasti di luce e ombra accentuano l’effetto drammatico degli elementi scultorei<br />
(vasi, sarcofagi in laterali aggetto, volute che seguono il ricciolo decò) suggeriscono<br />
una proiezione verso lo spazio circostante, indistinto e infinito, grazie anche a<br />
un’attenta resa volumetrica e plastica.<br />
Altro elemento decorativo è il cancello in ferro a motivi floreali che seguono linearismi<br />
dell’”art nouveau”.<br />
328
Ettore Leoni, Mario Vacca,<br />
Daniele Strobel<br />
1926/50/54<br />
I fronti sono articolati da sarcofagi<br />
laterali in marmo e da aperture stette<br />
che conferiscono slancio verticale<br />
all’architettura. Nell’insieme l’edicola<br />
rivestita in marmo risulta seguire linee<br />
geometriche d’ispirazione decò.<br />
Lo spazio dell’ornamento coincide<br />
con lo spazio dell’architettura (vano)<br />
e con il dromos il cui slancio verticale<br />
conferisce uno spiccato carattere<br />
ascensionale a tutta l’edicola sottolinenando<br />
ulteriormente la particolare<br />
simbologia del guerriero orante. La<br />
tomba è in aggetto verso l’esterno ed<br />
è ricavata nello spessore del muro.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
L’ingresso, costituito da un portale in ferro decorato con una croce, prosegue nella sua geometria<br />
ad incorniciare il frontone mosaicato raffigurante un guerriero crociato con vessillo in<br />
atto di preghiera (Daniele de Stobel 1929). Il mosaico presenta contorni definiti: un’accurata<br />
ombreggiatura e una brillante gamma cromatica contribuiscono all’ effetto plastico d’insieme.<br />
Il disco dorato che circonda il capo è simbolo di santità che contrassegna personalità<br />
sovraumane. L’opera è così connotata da una grande devozione cristiana di un uomo d’armi.<br />
Il tema risulta essere debitore di un idealismo di stampo medioevale.<br />
329
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento rappresentato<br />
dalla sfinge canina del portale d’ingresso;<br />
il vano che è lo spazio cha plasma l’interno si proietta<br />
verso l’esterno innalzando ala cielo il gruppo scultoreo<br />
degli angeli. La tomba è nello spessore del muro e<br />
all’esterno viene individuata nello zocolo che sostiene<br />
l’insieme architettonico<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento in cui<br />
immagini rappresentanti una fontana da cui zampilla<br />
acqua simboleggiano la presenza divina; il vano si proietta<br />
verso l’esterno innalzando al cielo i quattro fronti<br />
che si configurano come semplificazione di timpani dei<br />
templi classici. La tomba è nello spessore del muro e<br />
all’esterno viene individuata nello zoccolo che sostiene<br />
tutto l’insieme architettonico.<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento dove,<br />
un angelo in preghira, rivolge lo sguardo al cielo; il<br />
vano si proietta verso l’esterno innalzando al cielo i<br />
quattro fronti che si configurano come timpani “strecciati”.<br />
La tomba è nello spessore del muro e all’esterno<br />
viene individuata nello zoccolo che sostiene tutto l’insieme<br />
architettonico.<br />
Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio del<br />
vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />
è a pianta quadrata traducendisi nei prospetti con la<br />
stessa semplificazione. L’ornamento inquadra il portale<br />
d’ingresso e le aperture crociformi dei lati. Nello spessore<br />
del muro è collocata la tomba.<br />
Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio del<br />
vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />
ottagonale con protiro e scale riprende la schema classico<br />
dei templi e racchiude il vano. Questo si proietta<br />
all’esterno attraverso il dromos.<br />
Nello spessore del muro è collocata la tomba.<br />
Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio del<br />
vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />
ottagonale con protiro e scale riprende la schema classico<br />
dei templi e racchiude il vano. Questo si proietta<br />
all’esterno attraverso il dromos.<br />
Nello spessore del muro è collocata la tomba.<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
330
La tomba è lo spazio interrato e coincide con il vano che<br />
prosegue all’esterno configurandosi nei fronti attraverso<br />
le aperure ovvero attraverso gli spazi del “passaggio”:<br />
il dromos è l’ornamento stesso rappresentando la stessa<br />
connotazione spaziale.<br />
Lo spazio dell’ornamento si colloca sia nello spazio<br />
del vano che in quello del dromos; l’impianto planimetrico<br />
quadrato con protiro e scale riprende la schema<br />
classico dei templi e racchiude il vano. Questo si proietta<br />
all’esterno attraverso il dromos del portale e delle<br />
aperture laterali. Tali elementi si configirano secondo<br />
schematismi classicisti<br />
Nello spessore del muro è collocata la tomba.<br />
I fronti sono articolati da sarcofagi laterali (tomba) in<br />
marmo e da aperture stette che conferiscono slancio<br />
verticale all’architettura. L’ingresso (dromos), costituito<br />
da un portale in ferro decorato con una croce, prosegue<br />
nella sua geometria ad incorniciare il frontone mosaicato<br />
raffigurante un guerriero crociato con vessillo in<br />
atto di preghiera (ornamento)<br />
Il gioco capriccioso e leggero di stucchi, cornici, festoni,<br />
volute bizzarramente intrecciate, nega la forma architettonica:<br />
il carattere rococò dell’insieme individua<br />
anche una ricerca di ritmi dinamici tipica del barocco,<br />
ma interpretata in chiave raffinata e leziosa.<br />
E’ possibile tuttavia individuare gli elementi dell’architettura<br />
funeraria: lo spazio dell’ornamento si colloca sia<br />
nello spazio del vano che in quello del dromos. Nello<br />
spessore del muro laterale è collocata la tomba.<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento: in<br />
esso, un angelo in preghira, rivolge lo sguardo al cielo;<br />
il vano si proietta verso l’esterno innalzando al cielo i<br />
quattro fronti che si cofigurano in elaborazioni eclettiche<br />
con protiro, colonnine, archetti pensili, archi, lunette<br />
decorati con mosaici dorati a motivi floreali. La<br />
tomba è nello spessore del muro e all’esterno viene<br />
individuata nello zoccolo che sostiene tutto l’insieme<br />
architettonico.<br />
Il dromos coincide con lo spazio dell’ornamento in cui<br />
sono rappresentati due leoni inchiavardati in una nicchia<br />
che conferisce un forte slancio verticale al portale<br />
d’ingresso collegando lo spazio del vano all’esterno. Lo<br />
zoccolo ancora la tomba alla terra; ai lati esso coincide<br />
con lo spazio dell’ornamento rappresentato dai mosaici<br />
di S.Chiara e S.Antonio;<br />
Capitolo 2 Le cappelle gentilizie a Parma e lo studio delle architetture<br />
Parte II I modelli<br />
331
332<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
LE MICROARCHITETTURE
Le microarchitetture<br />
Cappella Manzini Stori,1911-1930<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
Cappella Manzini/Stori Brigenti,1911-1930<br />
storia/licenze/autore b.67/3094-1930<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Al fianco del portale sono scolpite in rilievo due<br />
figure maschili a torso nudo, che pioangono con la<br />
testa appoggiata ad un braccio. A sua volta l'arto è<br />
puntellato ad un anfora simbolo della forza della<br />
vita terrena e spirituale.<br />
laici<br />
NE 3,30<br />
Alessandro Marzaroli<br />
(architetto-scultore)<br />
classici anfora<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi Cristo Crocifisso<br />
333<br />
La pianta è quadrata i prospetti seguono forme<br />
geometriche semplificate; il fronte presenta un portale<br />
con timpano sporgente e mensole che inquadrano un<br />
cornicione "ondulato". La forte plasticità data dalle<br />
masse e dalle ombre generate dai rilievi, conformano<br />
l'architettura alle linee dell'architettura del primo<br />
novecento che si conformano ad una stilizzazione<br />
dell'architettura classica-romana.
334<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Cappella Azzoni<br />
nome Cappella Azzoni<br />
stile Liberty/decò<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
riferimenti<br />
allegorie e simboli<br />
Il cancello in ferro, con<br />
motivi geometrici<br />
(cerchio, quadrato)<br />
stilizzati a formare<br />
linearismi floreali, segue<br />
stilemi liberty..<br />
laici<br />
NE 1,02<br />
L'impianto segue gli stilemi decò*: la base quadrata a<br />
gradini innalza un parallelepipedo bucato da una vetrata<br />
che per il suo arretramento rispetto al filo esterno,<br />
conferisce un forte contrasto chiaroscurale;<br />
internamente la luce rosata e lo slancio verticale,<br />
ricorda l'ambiente delle cattedrali gotiche.La porta in<br />
ferro battuito è decorata a motivi floreali in sile art-<br />
nouveau e sormontata da un timpano. Il grigio del<br />
calcestruzzo e il rigore formale esterno contrasta con<br />
"l'ambiente liberty" interno.<br />
*la forma ricorda un famoso grattacielo newyorkese: l'Empire State Building che<br />
fu uno dei primi esempi di architettura art decò<br />
classici vaso che raccoglie acqua<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
Cappella Bacigalupo Cremonini, 1933<br />
nome<br />
Cappella Bacigalupo Cremonini, 1933<br />
stile neoromanico<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore b.79/464-1933<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
ASC,Licenze di fabbrica<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
NE 2, 04<br />
religiosi croce<br />
335<br />
L'impianto ricorda quello di una chiesa romanica:<br />
all'esterno il protiro, con due colonnine su base<br />
rettangolare, è sormontato da un rosone (stilizzato) e da<br />
un timpano; esso inquadra l'apertura sguinciata e<br />
chiusa da un portone in ferro battuto. Lo zoccolo che<br />
corre su i quattro fronti, fà da continuità visiva ai due<br />
gradini dell'ingresso; ai lati la superficie muraria è<br />
scanalata, fino a circa 1/2 dell'altezza, da archetti a<br />
tutto sesto. La copertura è a due falde e appoggia ai 4<br />
vertici su lesene angolari.
336<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Cappella Ghirardi,1938<br />
nome<br />
stile razionalista<br />
ornamento<br />
NE 2,n°15<br />
storia/licenze/autore b.97/22-1938 ditta Manara<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Ghirardi,1938<br />
La pianta quadrata innalza una forma<br />
architettonicamente riconducibile allo stile razionalista:<br />
lo zoccolo di base sale a continuazione dei prospetti e<br />
prosegue a formare motivi geometrici rettangolari. Le<br />
linee orizzontali sono interrotte per ogni fronte<br />
rispettivamente dalle finestre e dall’ingresso costituito,<br />
quest’ultimo, da un portale ad andamento verticale<br />
accentuato dalle tre croci e da una cornice in travertino<br />
e dal cancello in ferro strutturato secondo una maglia<br />
quadrata in cui sono inscritte figure geometriche<br />
riconducibili a croci.<br />
ASC,Licenze di fabbrica<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
Cappella Lisoni NE 3,20<br />
nome Cappella Lisoni<br />
stile eclettico<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce<br />
337<br />
Una pianta quadrata con tetto a due falde e cornice "a<br />
foglie" a concludere il colmo del tetto con emberice, le<br />
paraste con capitelli a motivi floreali e portale con arco<br />
ogivale e il rosone centrale conferiscono all'insieme un<br />
carattere neogotico. Nell'insieme però l'architettura è di<br />
tipo eclettico per l'atteggiamento stilistico che fonde<br />
metodi diversi tratti da più indirizzi o scuole.<br />
Il rosone al centro della cornice ad ogiva che<br />
inquadra la porta e definisce un disegno<br />
goticheggiante, riprende l'idea di una piccola chiesa<br />
medioevale.
338<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Cappella Caprioli, 1934<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
Il cancello in ferro è<br />
articolato seguendo<br />
linearismi geometrici artdecò.<br />
I simboli alfa e<br />
omega sono simboli<br />
caratteristici delle tombe<br />
cristiane indicano l'inizio e<br />
la fine: situati ai lati<br />
dell'ingresso, inquadrano<br />
e sottolineano la scritta<br />
del nome della famiglia.<br />
NO 1,08<br />
storia/licenze/autore 165/1934 Moderanno Chiavelli<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Caprioli, 1934<br />
La geometria trapezioidale del fronte, il timpano che<br />
termina con acroteri stilizzati, articolano l'architettura di<br />
carattere classico secondo stilemi art-decò.<br />
Arcana, la luce dell'immenso…<br />
ASC, licenze di fabbriche<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
Cappella Oleari, 1942<br />
nome<br />
stile moderno<br />
NO 3,05<br />
ornamento Ennio Mora<br />
storia/licenze/autore b,114/138-1942<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Oleari, 1942<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi<br />
339<br />
Il diverso uso del materiale (mattone e travertino) sulle<br />
facciate, la presenza di zoccolatura e il portale<br />
aggettante conferiscono plasticità all'insieme<br />
contrastando la linearità geomatrica della costruzione.<br />
La modanatura del tetto (a listelli e fasce), la presenza<br />
del portale con la scritta sovrastante conformano<br />
l'edicola agli stilemi dell'architettura classica romana<br />
razionalizzati secondo gli schematismi dell'architettura<br />
moderna.
340<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Cappella Baistrocchi<br />
nome<br />
stile decò/eclettico<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Baistrocchi<br />
cancello in ferro con motivi geometrici a volute<br />
ASC,licenze di fabbriche<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
SE 2,01<br />
Gli stilemi dell'architettura romana con cui è trattata la<br />
superficie assumono valenza strutturale e decorativa:il<br />
disegno della ghiera dell'arco d'ingresso continua con i<br />
piedritti in mattoni ad ingorniciare il portone in ferro<br />
decorato con motivi geometrici a voluta. Il frontone che<br />
segue linearismi art decò e lo zoccolo sono in pietra<br />
bianca e contrastano con la volumetria massiccia dei<br />
mattoni.<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
Cappella Sorba, 1953<br />
nome<br />
stile neoclassico<br />
ornamento<br />
Mosaico: volto del<br />
"Cristo Misericordioso"<br />
SE 4,14<br />
storia/licenze/autore b.199/1070-1953 Mario Monguidi<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Sorba, 1953<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi Volto di Cristo<br />
341<br />
Il marmo bianco a doghe orizzontali contrasta con i colori<br />
accesi del Cristo mosaicato sopra il portale d’ingresso e<br />
della zoccolatura in marmo verde.La linearità<br />
dell’insieme ribadita anche dalla pianta quadrata, e il<br />
timpano che corona il prospetto contribuiscono a<br />
connotare l’opera nell’ambito classicista.
342<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Famedio Campanini Clefi,1908/1919<br />
nome<br />
stile eclettico-simbolista<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Famedio Campanini Clefi,1908/1919<br />
Altorilievi bronzei rappresentanti "il tramonto"e<br />
"l'aurora" posti ai lati del famedio (dedicato al noto<br />
direttore d'orchestra); i soggetti sono uomini in<br />
atteggiamento di adorazione dei Cieli. Questa<br />
iconogarfia cristiana contrasta con la laicità del<br />
monumento vicino ai canoni espressionisti e<br />
modernisti dei primi del novecento intrisi anche di<br />
valori socialisti<br />
ASC, carteggio/culto1629/ 1908<br />
culto/cimitero/ 1919<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi<br />
SO 2,01<br />
Arch. Giuseppe Mancini/<br />
scultore Carlo Corvi
Le microarchitetture<br />
Cappella Bormioli<br />
nome<br />
stile neorogotico<br />
ornamento<br />
Cappella Bormioli<br />
SO 2,02<br />
storia/licenze/autore Ettore Leoni<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Bormioli<br />
Leoni stilofori,colonnine in marmo beige e bianco<br />
con capitelli a foglie, archetti pensili.<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce, leone<br />
343<br />
Il protiro d’ingresso è caratterizzato dalla presenza di<br />
leoni stilofori che sostengono, appunto, colonnine in<br />
marmo beige e bianco con capitelli a foglie. Il portale<br />
prosegue con un affresco degradato rappresentante la<br />
famiglia bormioli. Gli archetti pensili che corrono a<br />
sottolineare le falde del tetto sono anch’essi in marmo<br />
bianco in contrasto con il rosso dei mattoni che<br />
strutturano tutti i fronti. L’architettura segue stilemi<br />
neogotici
344<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Cappella Visconti; 1933<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento uroboro e acroteri<br />
SE 4,02<br />
storia/licenze/autore 76_89/1933 Ing.Germanno Prussia<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Cappella Visconti; 1933<br />
Il timpano e gli acroteri che delineano il profilo dei<br />
prospetti, connotano l’edicola con motivi classicisti. La<br />
purezza della forma d’insieme confermata dalla pianta<br />
quadrata, dallo zoccolo che inquadra il portale in aggetto<br />
e dai motivi geometrici stilizzati del cancello in ferro,<br />
configurano la cappella secondo stilemi decò.<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
acroterio:plinto al culmine<br />
dei frontoni nel templi<br />
uroboro:rappresenta la vita<br />
ciclica delle cose<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
345
346<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Coppi,1910<br />
nome<br />
stile<br />
ornamento<br />
simbolico<br />
espressionista<br />
NE, 12<br />
storia/licenze/autore A.Bonaconza<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Coppi,1910<br />
Il sentimento interiore e l'impulso dell'anima viene<br />
evocato nell' atteggiamento della figura maschile<br />
posta sulla sommità del monumento: l'uomo che<br />
medità di fronte ad un teschio indica una ricerca<br />
spirituale che può portare alla rivelazione della<br />
"luce"solo se si riflette sulla caducità della vita<br />
rappresentata dal teschio. Questa esecuzione vicina<br />
a riti medioevali è ricca di dinamismo plastico: in<br />
esso la luce e l'ombra rappresentano i simboli della<br />
vita e della morte.<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce, teschio,fiaccola
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Montali Schiaretti, 1919<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
Sepolcro Montali Schiaretti, 1919<br />
N0 1,04<br />
storia/licenze/autore ASC, licenze di fabbrica Emilio Trombara (?)<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
I soggetti che sovrastano la pietra sepolcrale,<br />
aggiungendovi ornamento e tranquillità, evocano un<br />
messaggio di speranza e salvezza eterna: la loro<br />
innocenza infatti, abbinata all'offerta di fiori e di<br />
musica, abbatte il cupore e l'angoscia del luogo. La<br />
rotondità delle forme , unite a ornamenti floreali,<br />
tendono a far attribuire l'opera ad Emilo Trombara<br />
anche se la concessione edilizia non presenta<br />
traccia del suo nome.<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi putti angelici<br />
347
348<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Carpi XX sec.<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Carpi XX sec.<br />
laici<br />
SO1, 11<br />
L'essenzialità delle forme di questo gruppo scultoreo, le<br />
cui superfici levigate sono racchiuse in profili allungati,<br />
conferiscono all'opera purezza e integrità plastiche,<br />
testimoniando l'impronta stlistica di inizio secolo.<br />
La maschera simbolo del dolore e della sofferenza<br />
della condizione umana connota riferimenti alla<br />
pittura surrealista di Salvador Dalì: immagini del<br />
sogno e in qualche modo dell'essere ultraterreno,<br />
con il loro aggrottarsi rappresentano una<br />
manifestazione dei sentimenti inconsci dell'essere.<br />
Mario Monguidi,<br />
Luigi Froni(scultore<br />
1906/1965)<br />
classici maschera<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Merli, 1947,1948,1950<br />
nome<br />
stile decò/razionalista<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
b 116/11-1947;<br />
b.138/335-1949;<br />
b151/805-1950; b173/428-<br />
1952<br />
citazioni ASC, licenze di fabbriche<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Merli, 1947,1948,1950<br />
Il monumento bronzeo di donna con abito lungo e<br />
velo, è perfettamente in asse al mosaico sottostante<br />
il piedistallo.Per il rigore geomatrico, dato dalla<br />
stilizzazione delle forme floreali del mosaico e<br />
l'equilibrio compositivo dell'insieme, è possibile<br />
collocare l'opera nell'ambito decò/razionalista.<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
N0, 31<br />
M.Monguidi; E.Leoni;<br />
E.Mora;<br />
religiosi croce<br />
349<br />
Su un piedistallo quadrato con zoccolo a face<br />
triamgolari, si eleva un parallelepipedo che sostiene una<br />
statua bronzea di donna rivestita da un manto con<br />
andamento lineare..
350<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Salvatori (Salvarani), 1931<br />
nome<br />
stile liberty<br />
ornamento<br />
NO 3, 23<br />
storia/licenze/autore Emilio Trombara<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Salvatori (Salvarani), 1931<br />
La lapide è costituita da una nicchia con arco decorato,<br />
fregio a motivi geometrici e colonne con capitelli a foglie<br />
d'acanto.Per la forte componente ornamentale l'insieme<br />
si configura secondo stilemi liberty.<br />
Neonato:l'altorilievo in marmo bianco, semicoperto<br />
da un arco a tutto sesto, caratterizza il fondo della<br />
pietra sepolcrale. E' il ritratto di una neonata in<br />
posizione sdraiata con in mano una rosa simbolo<br />
universale della giovane vita e dell'innocenza.<br />
laici rosa<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi
Le microarchitetture<br />
Monumento Grossi,1908<br />
nome<br />
stile neoclassico<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Monumento Grossi, 1908<br />
Monumento Grossi,1908<br />
Su un piedistallo a cubico<br />
con modanatura liscia si<br />
eleva una croce con<br />
l'angelo con la tromba<br />
simbolo della voce di Dio..<br />
Accanto alla Croce di Cristo il complesso<br />
monumentale raffigura un angelo con una tromba in<br />
mano. Nelle immagini cristiane del Giudizio<br />
Universale, gli angeli annunciano la fine dei tempi<br />
suonando le trombe. Esprimono quindi la caducità di<br />
tutte le cose, prima fra tutte quella dell'uomo che<br />
sarà poi giudicato da Dio. La compostezza e<br />
l'armonia dei particolari ricorda l'estetica<br />
neoclassica.<br />
ASC, carteggio, istanza Grossi-Bassetti per la<br />
costruzione di un monumento…<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
N3, 01<br />
religiosi croce; angelo con tromba<br />
351
352<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1923<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1919<br />
ASC, culto/cimitero1919<br />
ASC, licenze di fabbrica<br />
b.65/7-1930<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
SE 2,12<br />
Architettonicamente segue linearismi decò; il marmo<br />
bianco liscio venato di grigio della lapide e la rugosità del<br />
basamento conferiscono contrasto all'immagine<br />
d'insieme. I volti delle sculture bronzee non manifestano<br />
pathos: nel complesso divengono elementi decorativi più<br />
che non espressionistici.<br />
Ennio Mora<br />
religiosi fiaccola; croce
Le microarchitetture<br />
353
354<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Chiusi, 1923<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Chiusi, 1923<br />
ASC, 1923<br />
carteggio/culto/cimitero<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
SE4, 02<br />
Urbano Fontana<br />
religiosi croce
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Melotti, XX sec<br />
nome<br />
stile liberty<br />
Sepolcro Melotti, XX sec<br />
SO 2, 07<br />
ornamento<br />
Angelo piangente: rispettoso del concetto di unità<br />
progettuale e coerenza stilistica tra struttura e<br />
decorazione, l'insieme bronzeo costituito da due luci<br />
perpetue del sepolcro, e l'angelo, recuperano anche<br />
nel linearismo delle forme, l'estetica art nouveau dei<br />
primi anni del Novecento.<br />
opera non firmata<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Melotti, XX sec<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi angelo piangente<br />
355
356<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Pecchioni, 1910<br />
nome<br />
stile liberty<br />
ornamento<br />
Sepolcro Pecchioni, 1910<br />
storia/licenze/autore 1910<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Pecchioni, 1910<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
SO 2, 32<br />
Cippo funerario con zoccolatura e modanatura liscia, si<br />
configura con linearismi liberty per la presenza di una<br />
forte componente ornamentale di tipo floreale che<br />
increspa le superfici del volume conferendo dimamismo<br />
e plasticità .<br />
Il monumento in pietra dedicato al patriota Pietro<br />
Pecchioni, uno dei Mille, accoglie sulla parete<br />
laterale il rilievo di una figura ammantata. Il mento<br />
del soggetto ritratto si appoggia sulla mano che<br />
stringe una spada simbolo di forza vitale e della<br />
verità celeste. Il movimento dei volumi e il tono<br />
epico del tema conferiscono un equilibrio d'insieme.<br />
scultore Alessandro<br />
Marzaroli<br />
religiosi spada simbolo di forza
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1923<br />
nome<br />
stile decò<br />
ornamento<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Lagazzi Rizzoli, 1919<br />
ASC, culto/cimitero1919<br />
ASC, licenze di fabbrica<br />
b.65/7-1930<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
SE 2,12<br />
Ennio Mora<br />
religiosi fiaccola; croce<br />
357<br />
Architettonicamente segue linearismi decò; il marmo<br />
bianco liscio venato di grigio della lapide e la rugosità del<br />
basamento conferiscono contrasto all'immagine<br />
d'insieme. I volti delle sculture bronzee non manifestano<br />
pathos: nel complesso divengono elementi decorativi più<br />
che non espressionistici.
358<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Melotti, XX sec<br />
nome<br />
stile liberty<br />
Sepolcro Melotti, XX sec<br />
SO 2, 07<br />
ornamento<br />
Angelo piangente: rispettoso del concetto di unità<br />
progettuale e coerenza stilistica tra struttura e<br />
decorazione, l'insieme bronzeo costituito da due luci<br />
perpetue del sepolcro, e l'angelo, recuperano anche<br />
nel linearismo delle forme, l'estetica art nouveau dei<br />
primi anni del Novecento.<br />
opera non firmata<br />
storia/licenze/autore<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Melotti, XX sec<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
religiosi angelo piangente
Le microarchitetture<br />
Sepolcro Cerutti, XX sec<br />
nome<br />
stile neoclassico<br />
ornamento<br />
Sepolcro Cerutti, XX sec<br />
storia/licenze/autore ASC, licenze di fabbrica<br />
citazioni<br />
allegorie e simboli<br />
Sepolcro Cerutti, XX sec<br />
Una coppia di angeli speculari l'uno all'altro e posti<br />
all'estremità del sepolcro, portano un'acconciatura<br />
lunga e folta, lo scguardo rivoto verso l'alto, e una<br />
mano posta sul cuore. Esprimono quindi una dolce<br />
tenerezza e innocenza, unita a una tranquillizzante<br />
serenità e speranza<br />
laici<br />
classici<br />
alchemici/massonici<br />
SE 1,05<br />
religiosi angelo con pergamena<br />
359
360<br />
Maria Carmen Nuzzo<br />
Rappresentazione della memoria tra: disegno di progetto, analisi grafica e rilievo di architettura<br />
Le microarchitetture
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