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Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti

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<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong><br />

giornalisti<br />

della<br />

Lombardia<br />

Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />

Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />

Anno XXXVII<br />

n. 1-2-3 <strong>Gennaio</strong>/<strong>Febbraio</strong>/<strong>Marzo</strong><br />

<strong>2007</strong><br />

Direzione e redazione<br />

Via A. da Recanate, 1<br />

20124 Milano<br />

Telefono: 02 67 71 37 1<br />

Telefax: 02 66 71 61 94<br />

http://www.odg.mi.it<br />

e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />

Poste Italiane SpA<br />

Sped.abb.post. Dl n. 353/2003<br />

(conv. in L. 27/2/2004 n. 46)<br />

art. 1 (comma 2).<br />

Filiale di Milano<br />

Palazzo<br />

Chigi avvia<br />

la riforma<br />

dell’editoria<br />

nota di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

Roma, 28 dicembre 2006. “Il Governo, ha<br />

deciso di promuovere una riforma organica<br />

del settore dell’editoria e, con la Legge<br />

Finanziaria, ha formalmente assunto l’impegno<br />

di presentare entro i prossimi sei mesi<br />

un apposito disegno di legge. Con l’aiuto di<br />

un gruppo di esperti presieduto dal primo<br />

presidente dell’Autorità garante delle telecomunicazioni,<br />

Enzo Cheli, sono stati elaborati<br />

un indice ed un questionario, riguardanti<br />

tutti i temi sui quali dovrà intervenire la<br />

riforma, che verranno ora sottoposti all’attenzione<br />

delle associazioni rappresentative<br />

del mondo dell’editoria e <strong>dei</strong> soggetti interessati<br />

e pubblicati sul sito internet del<br />

Governo (www.governo.it).<br />

Vogliamo che gli operatori del settore, associazioni,<br />

ma anche singoli cittadini, siano<br />

attivamente coinvolti nella partecipazione a<br />

tale progetto, rispondendo al nostro questionario<br />

ed eventualmente arricchendolo<br />

con le loro indicazioni. Il termine per la risposta<br />

da indirizzare alla casella di posta<br />

elettronica scdie@palazzochigi.it è fissato<br />

al 20 gennaio <strong>2007</strong>”.<br />

Pubblicati<br />

schema e<br />

questionario.<br />

Il termine<br />

per la risposta<br />

era il 20<br />

gennaio <strong>2007</strong><br />

La “Commissione Cheli” parte male:<br />

pensa di attribuire deontologia <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e provvedimenti disciplinari all’Autorità<br />

per le garanzie nelle comunicazioni<br />

Fin qui il comunicato diramato ieri da<br />

Palazzo Chigi. Questo comunicato nasconde<br />

una polpetta avvelenata nella parte apparentemente<br />

innocua del documento (il<br />

“questionario della riforma dell’editoria”).<br />

Il punto 6, dedicato ai Codici deontologici,<br />

recita così: “Quali sono i vantaggi,<br />

ovvero svantaggi che potrebbero<br />

prevedersi adottando un Codice deontologico<br />

generale, applicabile anche all’editoria<br />

on-line e fatto proprio dall’Autorità<br />

garante per le comunicazioni,<br />

che in mancanza di proposta dell’<strong>Ordine</strong><br />

lo adotterebbe motu proprio, e che sarebbe<br />

competente a sanzionarne le violazioni,<br />

secondo la disciplina già prevista<br />

per il trattamento <strong>dei</strong> dati personali”.<br />

Diciamo subito che Enzo Cheli è un eminente<br />

giurista, già giudice costituzionale e<br />

presidente dell’Agcom, autore di svariati<br />

trattati di diritto costituzionale. Cheli appartiene<br />

a quella scuola fiorentina, che, fondata<br />

da Piero Calamandrei e Paolo Barile, studia<br />

da oltre 50 anni il mondo della televisione<br />

e del giornalismo, e che è nota per le<br />

sue critiche (legittime) all’esistenza dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti. Di questa scuola prestigiosa<br />

fanno parte a buon titolo lo stesso<br />

Cheli, Ugo De Siervo (giudice costituzionale)<br />

e Roberto Zaccaria (oggi parlamentare<br />

dell’Ulivo, docente universitario e già presidente<br />

della Rai).<br />

Non sorprende, quindi, il quesito appena citato.<br />

È figlio di una visione “fiorentina” e che<br />

incautamente vuole mettere sotto schiaffo i<br />

giornalisti, affidando deontologia e sanzioni<br />

disciplinari all’Autorità per le garanzie nelle<br />

comunicazioni (Agcom), i cui 9 membri sono<br />

nominati secondo questo schema: 4 dal<br />

Senato, 4 dalla Camera, mentre il presidente<br />

“è nominato con decreto del Presidente<br />

della Repubblica su proposta del<br />

Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri d’intesa<br />

con il ministro delle Comunicazioni”. In<br />

nessun caso la nomina può “essere effettuata<br />

in mancanza del parere favorevole<br />

espresso dalle Commissioni parlamentari a<br />

maggioranza <strong>dei</strong> due terzi <strong>dei</strong> componenti”.<br />

Il presidente, quindi, deve essere una personalità<br />

di altissimo profilo, capace di calamitare<br />

il consenso della maggioranza e dell’opposizione.<br />

L’Agcom è un organismo di<br />

estrazione politica, autorità indipendente<br />

che riferisce al Parlamento. Anzi è l’occhio<br />

del Parlamento sul mondo <strong>dei</strong> media.<br />

È corretto chiedere “quali sono i vantaggi,<br />

Segue in seconda<br />

Abruzzo: “Non ci siamo.<br />

Il potere politico cerca di mettere<br />

sotto schiaffo i giornalisti, mentre gli editori<br />

completano il lavoro, negando il contratto”<br />

Da sei mesi a tre anni<br />

Servizi: carcere<br />

per i giornalisti<br />

che divulgano<br />

atti del Copaco<br />

Roma, 2 febbraio <strong>2007</strong>. Il giornalista che<br />

divulgherà atti del Copaco di cui sia stata vietata<br />

la pubblicazione rischia il carcere da 6<br />

mesi a 3 anni. La norma è stata inserita nel<br />

testo di riforma <strong>dei</strong> servizi segreti licenziato<br />

ieri in via definitiva dalla Commissione Affari<br />

costituzionali della Camera. Nella versione<br />

precedente del provvedimento, infatti, non risultava.<br />

In sostanza, i cronisti dovranno rispondere,<br />

insieme ai componenti dell’ufficio e<br />

ai parlamentari, di violazione del segreto d’ufficio.<br />

Una misura che prevede appunto il carcere<br />

dai 6 mesi a 3 anni. Per i parlamentari la<br />

pena aumenta da un terzo alla metà. E in più<br />

rischiano la decadenza dal comitato. (ANSA)<br />

Reporters sans Frontières<br />

2006 tragico:<br />

almeno 81<br />

giornalisti uccisi<br />

e 56 rapiti<br />

Roma, 2 gennaio <strong>2007</strong>. Nel 2006, sono<br />

stati uccisi in 21 paesi del mondo almeno<br />

81 giornalisti e 32 collaboratori <strong>dei</strong> media.<br />

Inoltre, almeno 871 giornalisti sono stati<br />

fermati, 1472 aggrediti o minacciati, 912<br />

media censurati e 56 sono stati rapiti, soprattutto<br />

in Iraq e nella striscia di Gaza.<br />

Sono i dati del rapporto 2006 sulla libertà<br />

di stampa di Reporters sans Frontières, un<br />

anno infausto che trova un solo precedente,<br />

quello del 1994 quando furono assassinati<br />

103 giornalisti<br />

INSERTO<br />

Diffamazione<br />

tramite<br />

mass-media<br />

Sentenze emesse<br />

nel triennio<br />

2003-2005 dalla<br />

corte d’Appello<br />

penale di<br />

Milano.<br />

I più colpiti da<br />

querela sono gli<br />

articoli di cronaca<br />

(nel 44% <strong>dei</strong> casi),<br />

quindi gli articoli<br />

di critica (40%)<br />

ed infine<br />

le interviste (per<br />

il restante 16%).<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Ifg “Carlo De Martino”:<br />

via al bando del XVI biennio<br />

Dalla Regione Lombardia<br />

un contributo annuo di 280mila euro.<br />

Retta/anno di 4mila euro<br />

per i 40 allievi-praticanti<br />

Milano, 18 febbraio <strong>2007</strong>. La crisi, determinata dal taglio <strong>dei</strong><br />

contributi del Fondo sociale europeo (Fse), è alle spalle. La<br />

Regione Lombardia, nella persona dell’assessore alla<br />

Formazione Gianni Rossoni d’intesa con il presidente<br />

Roberto Formigoni, ha garantito all’Ifg “Carlo De Martino” un<br />

finanziamento annuo di 280mila euro tramite un “accordo” firmato<br />

il 16 febbraio tra la Regione stessa e l’Associazione<br />

“Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo. L’intesa vale<br />

fino al 2010. I 40 allievi del XVI biennio dell’Ifg pagheranno<br />

una retta di 4mila euro all’anno (nettamente inferiore rispetto<br />

a quella delle altre scuole o degli altri master). Il gettito<br />

delle rette è di 160mila euro all’anno. Con l’introito di<br />

440mila euro annui, la vita della Scuola è garantita a prescindere<br />

dai contributi aggiuntivi, che potranno essere versati<br />

da altri enti e che saranno finalizzati al rinnovamento tecnologico<br />

dell’Istituto. Questo accordo premia gli sforzi del presidente<br />

e del vicepresidente dell’<strong>Ordine</strong>, Franco Abruzzo e<br />

Damiano Nigro, nonché del presidente dell’Afg “Tobag”,<br />

Giuseppe Barranco di Valdivieso, e del direttore dell’Ifg,<br />

Massimo Dini. Un grazie particolare va al direttore generale<br />

della Formazione, dott. Roberto Albonetti. Anche l’opposizione<br />

si è occupata dell’Ifg con una interrogazione alla quale ha<br />

risposto l’assessore Rossoni nei giorni scorsi, dando notizia<br />

delle intese raggiunte nel frattempo.<br />

NELLE PAGINE 36 - 37 IL BANDO COMPLETO<br />

IN ULTIMA IL SERVIZIO<br />

L’assemblea degli iscritti giovedì 29 marzo <strong>2007</strong> (ore 15)<br />

al Circolo della Stampa<br />

“Oro” a 32 colleghi<br />

per 50 anni di Albo<br />

Milano, 2 gennaio <strong>2007</strong>. Sono 32 i colleghi (28 professionisti e 4 pubblicisti) che nel <strong>2007</strong><br />

compiono i 50 anni di iscrizione negli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’oro<br />

dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia in occasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà giovedì<br />

29 marzo (ore 15) al Circolo della Stampa. Ed ecco i loro nomi:<br />

Professionisti<br />

Alfredo Barberis, Giovanni Bianco, Pier Luigi Boselli; Candido Cannavò; Franco Damerini;<br />

Gian Carlo Ferretti; Giancarlo Galli; Angelo Garavaglia; Mario Gherarducci; Ambrogio<br />

Lucioni; Giancarlo Migliavacca; Guido Nicosia; Giuseppe Palmieri; Carlo Perelli Ercolini;<br />

Lorenzo Pilogallo; Giuseppe Pirovano; Vieri Poggiali; Gian Piero Ratti; Vittorio Reali;<br />

Giancarlo Rizza; Ugo Ronfani; Giuseppe Rossetti; Severino Franco Silvotti; Luigi Speroni;<br />

Carla Stampacchia; Roberto Tabozzi; Giorgio Torelli; Gianni Usvardi.<br />

Pubblicisti<br />

Pietro Pentimalli; Mario Scognamiglio; Albaluminosa Suraci; Alfredo Zavanone.<br />

Nel corso dell’assemblea verranno premiati anche i vincitori del “Concorso Tesi di laurea sul<br />

giornalismo”. All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura l’approvazione<br />

del bilancio preventivo <strong>2007</strong> e del conto consuntivo 2006.<br />

NELLE PAGINE CENTRALI UN PROFILO DEI COLLEGHI PREMIATI<br />

1


P R O F E S S I O N E<br />

continua dalla prima pagina<br />

La “Commissione Cheli” parte male:<br />

pensa di attribuire deontologia <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e provvedimenti disciplinari all’Autorità<br />

per le garanzie nelle comunicazioni.<br />

Abruzzo: “Non ci siamo. Il potere politico<br />

cerca di mettere sotto schiaffo i giornalisti,<br />

mentre gli editori completano il lavoro,<br />

negando il contratto”.<br />

IL SOLE 24 ORE del 20 dicembre 2006.<br />

L’«accountability» <strong>dei</strong> poteri pubblici:<br />

il nostro è l’unico Paese del G7 senza<br />

«Freedom of information act»<br />

per garantire l’accesso ai documenti pubblici<br />

La trasparenza<br />

che<br />

manca all’Italia<br />

ovvero svantaggi, che potrebbero prevedersi<br />

adottando un Codice deontologico<br />

generale, applicabile anche all’editoria<br />

on-line e fatto proprio dall’Autorità garante<br />

per le comunicazioni, che in mancanza<br />

di proposta dell’<strong>Ordine</strong> lo adotterebbe<br />

motu proprio, e che sarebbe competente<br />

a sanzionarne le violazioni, secondo<br />

la disciplina già prevista per il<br />

trattamento <strong>dei</strong> dati personali”. Con questa<br />

domanda viene sconvolto l’ordinamento<br />

attuale, che affida ai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti la missione di “contribuire a garantire<br />

il rispetto della personalità <strong>dei</strong><br />

giornalisti e, quindi, della loro libertà:<br />

compito, questo, che supera di gran lunga<br />

la tutela sindacale <strong>dei</strong> diritti della categoria<br />

e che perciò può essere assolto<br />

solo da un <strong>Ordine</strong> a struttura democratica<br />

che con i suoi poteri di ente pubblico<br />

vigili, nei confronti di tutti e nell’interesse<br />

della collettività, sulla rigorosa osservanza<br />

di quella dignità professionale che<br />

si traduce, anzitutto e soprattutto, nel<br />

non abdicare mai alla libertà di informazione<br />

e di critica e nel non cedere a sollecitazioni<br />

che possano comprometterla”<br />

(sentenza 11/1968 della Corte costituzionale<br />

firmata da Aldo Sandulli). Nel caso specifico<br />

le “regole” fissate dal legislatore<br />

(artt. 2 e 48 l. 69/1963) sono il perno, come<br />

afferma il contratto di lavoro, dell’autonomia<br />

<strong>dei</strong> giornalisti: l’editore non può<br />

impartire al direttore disposizioni in contrasto<br />

con la deontologia professionale,<br />

mentre il direttore deve garantire l’autonomia<br />

del suo collettivo redazionale. La<br />

risposta, quindi, è ovviamente positiva: sono<br />

evidenti i vantaggi collegati alla stesura<br />

di un “Codice deontologico generale”. La<br />

deontologia è il cuore di ogni professione.<br />

Quel “Codice generale”, però, è già scritto<br />

nella legge professionale citata; nella legge<br />

sulla stampa (che, con l’articolo 15, proibisce<br />

la pubblicazione di foto raccapriccianti o<br />

impressionanti); nelle leggi sulla privacy<br />

(675/1996 e 196/2003) che hanno partorito<br />

“Il Codice deontologico relativo al trattamento<br />

<strong>dei</strong> dati personali nell’esercizio dell’attività<br />

giornalistica”; nell’articolo 114<br />

(comma 6) del Cpp e nell’articolo 13 del<br />

Dpr 448/1988 sul processo penale minorile<br />

(assorbito nell’articolo 50 del dlgs<br />

196/2003), che bloccano anche le notizie indirette<br />

tali da determinare l’identificazione<br />

del minore: un reticolo di norme arricchito<br />

dalla legge 27 maggio 1991 n. 176 (Convenzione<br />

Onu 1989 sui diritti del bambino);<br />

nella nuova “Carta di Treviso” scritta di comune<br />

accordo tra <strong>Ordine</strong> nazionale e<br />

Garante della Privacy (pubblicata nella<br />

Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2006);<br />

nella “Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista” (firmata<br />

dall’<strong>Ordine</strong> e dalla Fnsi l’8 luglio 1993).<br />

Eppure quel punto 6 del questionario è figlio<br />

di una cultura del sospetto, quando afferma<br />

grosso modo “che in mancanza di proposta<br />

dell’<strong>Ordine</strong> l’Autorità garante per le<br />

comunicazioni adotterebbe motu proprio<br />

il Codice deontologico generale, applicabile<br />

anche all’editoria on-line.<br />

L’Autorità garante per le comunicazioni<br />

sarebbe competente a sanzionarne le<br />

violazioni, secondo la disciplina già prevista<br />

per il trattamento <strong>dei</strong> dati personali”.<br />

Perché l’<strong>Ordine</strong> nazionale non dovrebbe<br />

proporre un testo di “Codice generale”,<br />

avendo già scritto egregiamente il Codice<br />

della privacy, la nuova Carta di Treviso, la<br />

Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista, la Carta<br />

Informazione e Pubblicità, la Carta Informazione<br />

e Sondaggi, la Carta <strong>dei</strong> Doveri dell’Informazione<br />

economica Il giudice delle<br />

regole è soltanto l’<strong>Ordine</strong> professionale anche<br />

rispetto al Codice della privacy. Cheli è<br />

incorso in uno svarione, quando attribuisce<br />

al Garante della privacy funzioni di giudice<br />

<strong>dei</strong> giornalisti. Il giudice della privacy, invece,<br />

per i giornalisti, è soltanto l’<strong>Ordine</strong> professionale<br />

(art. 13, punto 2, del Codice di<br />

deontologia relativo al trattamento <strong>dei</strong><br />

dati personali nell’esercizio dell’attività<br />

giornalistica).<br />

Le considerazioni sopra esposte consentono<br />

di risalire alle ragioni che hanno spinto il<br />

Parlamento nel 1963 a tutelare la professione<br />

giornalistica. Senza legge professionale,<br />

direttori e redattori sarebbero degli impiegati<br />

di redazione vincolati soltanto da un<br />

articolo (2105) del Codice civile che riguarda<br />

gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Il<br />

direttore non sarebbe giuridicamente nelle<br />

condizioni di garantire l’autonomia della sua<br />

redazione.<br />

È quello che vogliono gli editori, impegnati da<br />

due anni nell’impresa di smontare un contratto<br />

di lavoro fortemente deontologico sin dalla<br />

prima stesura risalente al 1911.<br />

Non ci siamo. Il potere politico, tramite la<br />

Commissione Cheli, cerca di mettere sotto<br />

schiaffo i giornalisti, mentre gli editori completano<br />

il lavoro, negando il contratto. Cheli<br />

farebbe bene a compiere una precipitosa<br />

marcia indietro e a prendere atto che il Parlamento,<br />

con le leggi sulla privacy e sulla<br />

comunicazione pubblica (150/2000), ha<br />

rafforzato notevolmente l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

mentre l’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce<br />

«professione regolamentata»<br />

quella professione riconosciuta ai sensi dell’articolo<br />

2 del decreto legislativo 27 gennaio<br />

1992 n. 115 (Attuazione della direttiva<br />

89/48/CEE) ovvero ai sensi dell’articolo 2<br />

del decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319<br />

(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa<br />

ad un secondo sistema generale di riconoscimento<br />

della formazione professionale<br />

che integra la direttiva 89/48/CEE). Il dlgs<br />

70/2003, il dlgs 319/1994 e il dlgs 277/2003<br />

“europeizzano” la professione italiana di<br />

giornalista.<br />

Soltanto nel 2003, con il dlgs 277 citato, la<br />

Repubblica italiana ha compiuto un atto di<br />

riparazione parziale, modificando la tabella<br />

delle professioni (allegato C) inclusa nel<br />

dlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva<br />

92/51/CEE). Oggi, infatti, la professione di<br />

giornalista rientra tra quelle caratterizzate<br />

dal possesso del diploma (e non dalla laurea)<br />

riconosciute come tali dal dlgs 2 maggio<br />

1994 n. 319, che ha dato “attuazione alla<br />

direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo<br />

sistema generale di riconoscimento della<br />

formazione professionale che integra la<br />

direttiva 89/48/CEE”.<br />

Il dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece,<br />

attuazione della direttiva 2001/19/CE, che<br />

modifica le direttive del Consiglio relative al<br />

sistema generale di riconoscimento delle<br />

qualifiche professionali. L’allegato II (di cui all’art.<br />

2, comma 1, lettera l) del dlgs 277/2003<br />

cita espressamente la professione di giornalista<br />

come vigilata dal ministero della<br />

Giustizia.<br />

L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sostituito,<br />

come riferito, l’allegato C del dlgs<br />

319/1994. I dlgs 277/2003 e 319/1994 in sostanza<br />

dicono, con l’allegato II (ex allegato C),<br />

che la professione giornalistica (italiana), organizzata<br />

(ex legge 69/1963) con l’<strong>Ordine</strong> e<br />

l’Albo (in base all’art. 2229 Cc) e costituzionalmente<br />

legittima (sentenze 11 e 98/1968,<br />

2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 della<br />

Consulta), ha oggi sì il riconoscimento dell’Unione<br />

europea, ma a un livello inferiore rispetto<br />

a quelle comprese nell’allegato A del<br />

Dlgs 115/1992 caratterizzate dalla laurea. Con<br />

la “riforma Mastella”, questo gap dovrebbe essere<br />

superato, prevedendo la laurea come titolo<br />

obbligatorio per l’accesso al praticantato<br />

giornalistico (nel rispetto del comma 18 dell’articolo<br />

1 della legge 4/1999).<br />

di Fabrizio Galimberti<br />

«Dov’è la saggezza che abbiamo perso<br />

nella conoscenza Dov’è la conoscenza<br />

che abbiamo perso nell’informazione». Il<br />

canto del coro - in The Rock di T.S. Eliot -<br />

sembra mettere l’informazione ai piani bassi<br />

del sapere, ma in fondo sono i piani bassi<br />

che sorreggono i piani alti. E questo forse<br />

spiega perché più di sessanta Paesi in<br />

giro per il mondo hanno leggi che assicurano<br />

la «libertà di informazione».<br />

Questi Freedom of information act (Foi),<br />

per usare il nome anglosassone, presidiano<br />

cose molto diverse (ma non meno importanti)<br />

dalle basilari libertà di stampa e di<br />

espressione: assicurano il diritto <strong>dei</strong> cittadini<br />

a essere informati su quel che lo Stato<br />

scrive, fa e decide, sulle informazioni in suo<br />

possesso, che devono diventare possesso<br />

di tutti.<br />

Anche in Italia si comincia ad avvertire (vedi<br />

l’articolo di Pietro Ichino sul Corriere della<br />

Sera del 19 dicembre) l’importanza, per<br />

la crescita civica, del detto evangelico:<br />

«Non v’è nulla di nascosto che non debba<br />

essere svelato, e di segreto che non debba<br />

essere manifestato».<br />

Non tanto a proposito delle leggi e <strong>dei</strong> regolamenti,<br />

che sono pubblici per definizione,<br />

ma a proposito di tutti i documenti (con<br />

le dovute eccezioni) che la Pubblica amministrazione<br />

produce e conserva, dai contratti<br />

ai memorandum interni e agli scambi<br />

di lettere fra ministeri, dalle istruttorie delle<br />

authorities ai bandi di gara ai risultati delle<br />

assegnazioni e al funzionamento minuto<br />

<strong>dei</strong> servizi pubblici.<br />

Perché questo Foi è così cruciale Perché<br />

l’Italia è l’unico Paese del G7 a non averlo<br />

E perché, infine, sarebbe specialmente importante<br />

per il nostro Paese promulgare<br />

una legge che assicuri ai cittadini questo<br />

accesso<br />

1. Il Foi è un lubrificante essenziale della<br />

democrazia. Il contratto implicito fra elettori<br />

ed eletti stabilisce che questi ultimi forniranno<br />

ai primi i beni pubblici che costituiscono<br />

la ragion d’essere dello Stato. Ma fra<br />

un’elezione e l’altra chi controlla il modo in<br />

cui gli eletti operano Leggiamo tutti i giorni<br />

sui giornali critiche o consensi a quel che<br />

il Governo propone e fa, ma c’è di solito<br />

una profonda asimmetria di informazione<br />

fra quel che il Governo “sa” e quel che i cit-<br />

tadini sanno. Il Foi si propone appunto di<br />

correggere questa asimmetria per quanto<br />

possibile, di mettere a disposizione di tutti<br />

il corredo informativo che sta alla base delle<br />

decisioni che riguardano la vita pubblica.<br />

Negli Stati Uniti (uno <strong>dei</strong> 61 Paesi che hanno<br />

un Foi negli statuti) questo accesso è<br />

stato usato per mille scopi diversi, dal contestare<br />

i contratti di Halliburton in Iraq a sollevare<br />

veli di connivenze sulla sicurezza di<br />

alcuni medicinali, dal richiedere i rimborsi<br />

spese del viaggio all’estero di un sottosegretario<br />

a dettagliate informazioni sul’applicazione<br />

pratica del Patriot Act.<br />

2. Il Foi è, in un certo senso, il contrario<br />

della privacy: la sfera privata deve essere<br />

protetta, la sfera pubblica deve essere trasparente.<br />

In Italia le leggi sulla privacy sono<br />

state entusiasticamente adottate, forse<br />

perfino con qualche eccesso di complicazioni<br />

e di adempimenti. Un entusiasmo che<br />

riflette, a parte la giusta aspirazione alla<br />

privatezza, un desiderio di protezione che<br />

scolora nell’atavico e italico sospetto fra<br />

pubblico e privato. Come scriveva Riccardo<br />

Bacchelli nel Mulino del Po, descrivendo le<br />

attitudini della mugnaia Cecilia, «Governo<br />

e Stato eran noti soltanto come cosa da difendersene...».<br />

Questo atavico sospetto<br />

esiste però anche nell’altra direzione. La<br />

mancanza di trasparenza è un “peccato originale”<br />

della nostra convivenza civile. La<br />

cosa pubblica è troppo spesso “cosa nostra”:<br />

Stato e Governo non hanno nessuna<br />

inclinazione alla trasparenza perché in tanti<br />

casi il potere viene esercitato in un’ottica<br />

di spartizione delle spoglie piuttosto che in<br />

un’ottica di servizio al cittadino. Non si spiega<br />

altrimenti perché l’Italia è il solo, fra i<br />

maggiori Paesi industriali, a non avere mai<br />

adottato un Freedom of information act.<br />

3. Eppure, un Foi italiano rimane qualcosa<br />

per cui vale la pena di battersi. Il miglioramento<br />

delle istituzioni, con un Parlamento<br />

paralizzato da veti incrociati e una burocrazia<br />

allevata nel principio che tutto quel che<br />

non è permesso è proibito, è affidato a iniziative<br />

che partono dal basso, come fu per<br />

i referendum del 1992. In quello spirito, un<br />

Foi, in quanto permanente elemento di trasparenza,<br />

potrebbe innescare - «Poca favilla<br />

gran fiamma seconda», scriveva il<br />

Poeta - un processo di controllo civile dell’azione<br />

pubblica, indispensabile per la lotta<br />

alla corruzione e, più in generale, per la<br />

accountability dell’azione pubblica.<br />

Tradita la Costituzione<br />

La legge 241/1990, che con riferimento all’articolo 97 della<br />

Costituzione, avrebbe dovuto garantire l’accesso <strong>dei</strong> cittadini ai<br />

documenti delle pubbliche amministrazioni, ha subito una “compressione“<br />

con la legge 15/2005, mentre le stesse pubbliche amministrazioni<br />

si chiudono a riccio e oppongono, sbagliando, la legge sulla privacy<br />

(196/2003) ai cronisti, che bussano alle porte di ministeri, tribunali,<br />

Comuni, Regioni, Province, Asl, ospedali, prefetture, Questure,<br />

caserme di carabinieri, polizia, guardia di finanza. Sta prevalendo<br />

all’interno delle stesse pubbliche amministrazioni una linea che<br />

punta a ridurre il diritto <strong>dei</strong> cittadini a conoscere quel che accade nei<br />

piccoli e nei grandi palazzi del potere. Limitare i cronisti significa<br />

colpire un diritto fondamentale <strong>dei</strong> cittadini. Lo Stato non cambia,<br />

mentre il Parlamento è talmente distratto da essere sul punto di<br />

approvare il ddl sulle intercettazioni legali, che, come ha dimostrato<br />

un’analisi del Csm, frenerà ancora di più i cronisti. Non ci siamo: la<br />

Costituzione continua ad essere tradita. (Fr. Ab.)<br />

2 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


P R O F E S S I O N E<br />

INTERCETTAZIONI<br />

L’ascolto illecito è fuori dalla Costituzione,<br />

ma la distruzione delle registrazioni abusive<br />

è una prerogativa affidata soltanto al Gip<br />

commento di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

Il senso della legge 281/2006, che ha convertito il dl 27 settembre<br />

2006 n. 259 sulla normativa in tema di intercettazioni<br />

telefoniche, si può sintetizzare così: l'ascolto illecito è fuori dalla<br />

Costituzione, ma la distruzione delle registrazioni abusive è<br />

una prerogativa affidata soltanto al Gip, mentre il Pm mantiene<br />

un ruolo rilevante nella fase iniziale del procedimento che<br />

porta alla distruzione delle registrazioni illegittime. La vecchia<br />

stesura del rinnovato articolo 240 Cpp (Documenti anonimi ed<br />

atti relativi ad intercettazioni illegali) parlava di “autorità giudiziaria”<br />

(i ruoli di Pm e Gip non erano chiari). Oggi, invece, il<br />

Pm “dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo<br />

protetto <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti concernenti<br />

dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a<br />

traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti.<br />

Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso<br />

la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare<br />

copia in qualunque forma e in qualunque fase del<br />

procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato. Il<br />

Pm, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti, entro quarantotto<br />

ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne<br />

la distruzione”. Il Gip a sua volta “entro le successive quarantotto<br />

ore fissa l’udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi<br />

dell’articolo 127 Cpp, dando avviso a tutte le parti interessate,<br />

che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre<br />

giorni prima della data dell’udienza”.<br />

Sentite le parti comparse, il Gip “legge il provvedimento in<br />

udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti, dispone<br />

la distruzione <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti e vi dà<br />

esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero<br />

e <strong>dei</strong> difensori delle parti. Delle operazioni di distruzione è redatto<br />

apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione<br />

o detenzione o acquisizione illecita <strong>dei</strong> documenti,<br />

<strong>dei</strong> supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di<br />

conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e<br />

telematico, illegalmente formati o acquisiti nonché delle modalità<br />

e <strong>dei</strong> mezzi usati oltre che <strong>dei</strong> soggetti interessati, senza<br />

alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti<br />

e atti”. La procedura è estremamente garantista e per<br />

quanto riguarda i tempi di azione (48 ore per il Pm e 48 ore<br />

per il Gip) è evidente il raddoppio delle 24 ore previste nell’articolo<br />

21 (IV comma) della Costituzione. È sempre consentita<br />

la lettura <strong>dei</strong> verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni<br />

di distruzione degli atti.<br />

Questa legge ha sullo sfondo l’articolo 15 della Costituizione<br />

secondo il quale “la libertà e la segretezza della corrispondenza<br />

e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.<br />

La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato<br />

dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.<br />

Ne consegue che le intercettazioni illegali non rientrano nel diritto<br />

di cronaca e non possono trovare cittadinanza nelle pagine<br />

<strong>dei</strong> giornali. Diverso è il discorso sulle intercettazioni disposte<br />

dall’autorità giudiziarie: quelle (una volta depositate in<br />

cancelleria) si possono pubblicare, ma salvaguardando la dignità<br />

delle persone coinvolte.<br />

Della stesura originaria dell’articolo 240 rimane in piedi soltanto<br />

il primo comma: “I documenti che contengono dichiarazioni<br />

anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo<br />

utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano<br />

comunque dall’imputato”. Sotto il profilo strettamente<br />

giudiziario, le intercettazioni illecite non possono offrire ai Pm<br />

“spunti di indagine”, perché sono state raccolte senza “un atto<br />

motivato dell’Autorità giudiziaria” (la Cassazione sul punto<br />

è univoca).<br />

Sanzioni penali. L’articolo 3 della legge punisce chiunque<br />

consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di<br />

cui sia stata disposta la distruzione con la pena della reclusione<br />

da sei mesi a quattro anni (in precedenza sei anni). Si<br />

applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (in precedenza<br />

7 anni) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale<br />

o da un incaricato di pubblico servizio. Le pene, quindi,<br />

sono state addolcite (nel massimo).<br />

Colpiti editori, articolisti e direttori di giornali. L’articolo<br />

4 si rifà ai contenuti dell’articolo 11 (Responsabilità civile) della<br />

legge 47/1948 sulla stampa (“Per i reati commessi col mezzo<br />

della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli<br />

autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione<br />

e l’editore”) e a quelli dell’articolo 12 (Riparazione pecuniaria)<br />

della stessa legge (“Nel caso di diffamazione commessa col<br />

mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il<br />

risarcimento <strong>dei</strong> danni ai sensi dell’art. 185 del Codice penale,<br />

una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata<br />

in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello<br />

stampato”). L’assonanza è perfetta. Chi è diffamato in sostanza<br />

incassa due somme, una sotto il profilo <strong>dei</strong> danni e una<br />

a titolo riparatorio. Lo stesso schema è stato riprodotto nella<br />

legge 281/2006, che punisce chi pubblica intercettazioni abusive.<br />

L’articolo 4 afferma che “a titolo di riparazione può essere richiesta<br />

all’autore della pubblicazione degli atti o <strong>dei</strong> documenti<br />

documenti (concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni,<br />

relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente<br />

formati o acquisiti, ndr ) , al direttore responsabile e all’editore,<br />

in solido fra loro, una somma di denaro determinata<br />

in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero<br />

da 50.000 a 1.000.000 di euro secondo l’entità del bacino<br />

di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico,<br />

televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione<br />

non può essere inferiore a 10.000 euro (in precedenza<br />

20.000 euro). L’azione può essere proposta da parte di<br />

coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L’azione<br />

si prescrive nel termine di cinque anni (un anno nel testo originario)<br />

dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova<br />

della corrispondenza degli atti o <strong>dei</strong> documenti pubblicati con<br />

quelli (distrutti) fa fede il verbale. Si applicano, in quanto compatibili,<br />

le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice<br />

di procedura civile. L’azione è esercitata senza pregiudizio<br />

di quanto il Garante per la protezione <strong>dei</strong> dati personali<br />

possa disporre ove accerti o inibisca l’illecita diffusione di dati<br />

o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte<br />

dell’interessato. Qualora sia promossa per i medesimi fatti<br />

anche l’azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene<br />

conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso,<br />

della somma già corrisposta (a titolo di riparazione, ndr)”.<br />

Il testo originario affermava che l’azione riparatoria “va proposta<br />

nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo<br />

che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza<br />

successivamente”. Il testo della legge, invece, recupera<br />

i termini (5 anni) dell’articolo 2947 del Codice civile. Con<br />

la sentenza n. 5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilito<br />

che ogni cittadino può tutelare il proprio onore e la propria dignità<br />

in sede civile senza avviare l’azione penale. Ogni cittadino<br />

può agire in sede penale entro tre mesi dalla pubblicazione<br />

della notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamento non<br />

ha provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempo per l’azione<br />

civile con quello previsto per l’azione penale. Così è rimasto<br />

in vigore l’articolo 2947 del Cc, in base al quale «il diritto<br />

al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive<br />

in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato... In ogni<br />

caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il<br />

reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica<br />

anche all’azione civile». Questa norma espone giornalisti ed<br />

aziende al rischio di vedersi citare in giudizio, anche a distanza<br />

di 7-10 anni, per fatti remoti e sui quali il giornalista non ha<br />

conservato alcuna documentazione. I tempi dell’azione civilistica,<br />

secondo Fnsi e <strong>Ordine</strong>, dovrebbero essere contenuti in<br />

180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta illecita o diffamatoria.<br />

L’azione del Garante della privacy non è stata ampliata: il potere<br />

di infliggere sanzioni pecuniarie resta solidamente nelle<br />

mani <strong>dei</strong> tribunali.<br />

Le sanzioni previste dall’articolo 4 sono pesanti e sono correlate<br />

alla lesione di diritti primari costituzionalmente protetti. Il<br />

rispetto della dignità della persona (art. 2 della Costituzione e<br />

art. 2 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione<br />

di giornalista) è il limite costituzionale interno all’esercizio del<br />

diritto di cronaca e di critica. Il riconoscimento del diritto-dovere<br />

di cronaca non può comportare il sacrificio del principio del<br />

rispetto della reputazione e della dignità della persona umana.<br />

I giornalisti ora sono avvertiti. Le intercettazioni illegali sono<br />

fuorilegge.<br />

Una contraddizione decisiva ai fini processuali. Il secondo<br />

comma dell’articolo 4 afferma che “agli effetti della prova<br />

della corrispondenza degli atti o <strong>dei</strong> documenti pubblicati<br />

con quelli di cui al comma 2 dell’articolo 240 del codice di procedura<br />

penale fa fede il verbale di cui al comma 6 dello stesso<br />

articolo”. Secondo il sesto comma dell’articolo 240 del Cpp,<br />

“delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel<br />

quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o<br />

acquisizione illecita <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti di<br />

cui al comma 2 nonché delle modalità e <strong>dei</strong> mezzi usati oltre<br />

che <strong>dei</strong> soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto<br />

degli stessi documenti, supporti e atti”. Domanda: se nel<br />

verbale non c’è “alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti,<br />

supporti e atti (distrutti)” come può stabilire il giudice<br />

che un giornale pubblica le “carte” distrutte se il verbale non<br />

può concretamente “far fede”<br />

(da Guida al diritto del dicembre 2006)<br />

TRACCIABILITA’<br />

BANCARIA<br />

ANCHE PER<br />

I GIORNALISTI<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Obbligo per gli esercenti arti e professioni<br />

di riscuotere i compensi loro dovuti<br />

esclusivamente tramite mezzi di pagamento<br />

diversi dal denaro contante e da titoli al portatore<br />

La legge 248/2006 (già decreto<br />

legge 223/06) prevede,<br />

tra l' altro, disposizioni<br />

dirette a garantire la<br />

piena tracciabilità <strong>dei</strong><br />

flussi di pagamento.<br />

L' art. 35, comma 12, dispone<br />

l' obbligo per gli esercenti<br />

arti e professioni di riscuotere<br />

i compensi loro<br />

dovuti esclusivamente tramite<br />

mezzi di pagamento<br />

diversi dal denaro contante<br />

e da titoli al portatore.<br />

L’art. 35 ( Misure di contrasto<br />

dell'evasione e dell'elusione<br />

fiscale) dice al comma<br />

12: “All'articolo 19 del<br />

decreto del Presidente della<br />

Repubblica 29 settembre<br />

1973, n. 600, dopo il secondo<br />

comma sono inseriti i seguenti:<br />

"I soggetti di cui al<br />

primo comma sono obbligati<br />

a tenere uno o più conti<br />

correnti bancari o postali ai<br />

quali affluiscono, obbligatoriamente,<br />

le somme riscosse<br />

nell'esercizio dell'attività<br />

e dai quali sono effettuati i<br />

prelevamenti per il pagamento<br />

delle spese.<br />

I compensi in denaro per<br />

l'esercizio di arti e professioni<br />

sono riscossi esclusivamente<br />

mediante assegni<br />

non trasferibili o bonifici ovvero<br />

altre modalità di pagamento<br />

bancario o postale<br />

nonché mediante sistemi di<br />

pagamento elettronico, salvo<br />

per importi unitari inferiori<br />

a 100 euro".<br />

Il comma 12-bis precisa: “Il<br />

limite di 100 euro di cui al<br />

quarto comma dell'articolo<br />

19 del decreto del Presidente<br />

della Repubblica 29<br />

settembre 1973, n. 600, introdotto<br />

dal comma 12 del<br />

presente articolo, si applica<br />

a decorrere dal 1° luglio<br />

2008. Dalla data di entrata<br />

in vigore della legge di conversione<br />

del presente decreto<br />

e sino al 30 giugno<br />

<strong>2007</strong> il limite è stabilito in<br />

1.000 euro. Dal 1° luglio<br />

<strong>2007</strong> al 30 giugno 2008 il limite<br />

è stabilito in 500 euro".<br />

Anche gli aspiranti praticanti<br />

(d’ufficio) e gli aspiranti<br />

pubblicisti “sono obbligati a<br />

tenere uno o più conti correnti<br />

bancari o postali ai<br />

quali affluiscono, obbligatoriamente,<br />

le somme riscosse<br />

nell'esercizio dell'attività<br />

(giornalistica)”.<br />

3


ORDINI PROFESSIONALI<br />

Accordi da stipulare entro e non oltre il 30 aprile <strong>2007</strong><br />

La Finanziaria apre alla trasformazione<br />

<strong>dei</strong> contratti di collaborazione<br />

in contratti biennali di lavoro subordinato<br />

Milano, 4 dicembre 2006. La Finanziaria per<br />

il <strong>2007</strong> (legge 296/2006), - con i commi 1202,<br />

1203, 1208 e 1210 -, apre alla trasformazione<br />

<strong>dei</strong> rapporti di collaborazione in contratti<br />

di lavoro subordinato “della durata non<br />

inferiore a ventiquattro mesi”. Il comma<br />

1204, invece, prevede “per i lavoratori che<br />

continuano ad essere titolari di rapporti di<br />

collaborazione coordinata a progetto, anche<br />

attraverso accordi interconfederali,<br />

misure atte a contribuire al corretto utilizzo<br />

delle predette tipologie di lavoro nonché<br />

stabilire condizioni più favorevoli per<br />

i collaboratori”. Il ministero del Lavoro e della<br />

Previdenza sociale “provvede ad effettuare<br />

- dice il comma 1204 - azioni di monitoraggio<br />

relative all’evoluzione della<br />

media <strong>dei</strong> corrispettivi effettivamente versati<br />

ai collaboratori coordinati a progetto,<br />

al netto delle ritenute previdenziali, al fine<br />

di effettuare un raffronto con la media <strong>dei</strong><br />

corrispettivi versati nei tre anni precedenti<br />

a quello di entrata in vigore delle disposizioni”<br />

della legge finanziaria per il <strong>2007</strong>. Il<br />

comma 1209 autorizza, per le finalità <strong>dei</strong><br />

commi da 1202 a 1208, la spesa di 300 milioni<br />

di euro per ciascuno degli anni 2008 e<br />

2009. Questi i nove commi, che potrebbero<br />

aiutare i precari a trovare una occupazione<br />

stabile:<br />

1202. In attesa di una revisione della disciplina<br />

della totalizzazione e della ricongiunzione<br />

<strong>dei</strong> periodi contributivi afferenti alle diverse<br />

gestioni previdenziali, al fine di promuovere<br />

la stabilizzazione dell’occupazione<br />

mediante il ricorso a contratti di lavoro<br />

subordinato nonché di garantire il corretto<br />

utilizzo <strong>dei</strong> rapporti di collaborazione coordinata<br />

e continuativa anche a progetto, i committenti<br />

datori di lavoro, entro e non oltre<br />

il 30 aprile <strong>2007</strong>, possono stipulare accordi<br />

aziendali ovvero territoriali, nei casi in<br />

cui nelle aziende non siano presenti le rappresentanze<br />

sindacali unitarie o aziendali,<br />

con le organizzazioni sindacali aderenti alle<br />

associazioni nazionali comparativamente più<br />

rappresentative conformemente alle previsioni<br />

<strong>dei</strong> commi da 1203 a 1208.<br />

1203. Gli accordi sindacali di cui al com-<br />

ma 1202 promuovono la trasformazione<br />

<strong>dei</strong> rapporti di collaborazione coordinata<br />

e continuativa, anche a progetto, mediante<br />

la stipula di contratti di lavoro subordinato.<br />

A seguito dell’accordo i lavoratori interessati<br />

alla trasformazione sottoscrivono atti<br />

di conciliazione individuale conformi alla disciplina<br />

di cui agli articoli 410 e 411 del<br />

Codice di procedura civile. I contratti di lavoro<br />

stipulati a tempo indeterminato godono <strong>dei</strong><br />

benefìci previsti dalla legislazione vigente.<br />

1204. Per i lavoratori che continuano ad essere<br />

titolari di rapporti di collaborazione coordinata<br />

a progetto, le parti sociali, ai sensi del<br />

comma 4 dell’articolo 61 e dell’articolo 63 del<br />

decreto legislativo 10 settembre 2003, n.<br />

276, possono stabilire, anche attraverso ac-<br />

rata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge<br />

8 agosto 1995, n. 335, a titolo di contributo<br />

straordinario integrativo finalizzato al<br />

miglioramento del trattamento previdenziale,<br />

di una somma pari alla metà della quota di<br />

contribuzione a carico <strong>dei</strong> committenti per i<br />

periodi di vigenza <strong>dei</strong> contratti di collaborazione<br />

coordinata e continuativa anche a progetto,<br />

per ciascun lavoratore interessato alla<br />

trasformazione del rapporto di lavoro.<br />

1206. I datori di lavoro depositano presso le<br />

competenti sedi dell’Inps gli atti di conciliazione<br />

di cui al comma 1203, unitamente ai<br />

contratti stipulati con ciascun lavoratore e all’attestazione<br />

dell’avvenuto versamento di<br />

una somma pari ad un terzo del totale dovuto<br />

ai sensi del comma 1205. I datori di lavo-<br />

Previste intese per stabilire “condizioni<br />

più favorevoli” per i collaboratori<br />

Stanziati 300 milioni di euro<br />

per ciascuno degli anni 2008 e 2009<br />

cordi interconfederali, misure atte a contribuire<br />

al corretto utilizzo delle predette tipologie<br />

di lavoro nonché stabilire condizioni più<br />

favorevoli per i collaboratori. Il ministero del<br />

Lavoro e della Previdenza sociale provvede<br />

ad effettuare azioni di monitoraggio relative<br />

all’evoluzione della media <strong>dei</strong> corrispettivi effettivamente<br />

versati ai collaboratori coordinati<br />

a progetto, al netto delle ritenute previdenziali,<br />

al fine di effettuare un raffronto con la<br />

media <strong>dei</strong> corrispettivi versati nei tre anni<br />

precedenti a quello di entrata in vigore delle<br />

disposizioni di cui alla presente legge.<br />

1205. La validità degli atti di conciliazione di<br />

cui al comma 1203 rimane condizionata all’adempimento<br />

dell’obbligo, per il solo datore<br />

di lavoro, del versamento alla gestione separo<br />

sono autorizzati a provvedere per la parte<br />

restante del dovuto in trentasei ratei mensili<br />

successivi. Il ministero del Lavoro e della<br />

Previdenza sociale, di concerto con il ministero<br />

dell’Economia e delle Finanze, approva<br />

i relativi accordi con riferimento alla possibilità<br />

di integrare presso la gestione separata<br />

dell’Inps la posizione contributiva del lavoratore<br />

interessato nella misura massima<br />

occorrente per il raggiungimento del livello<br />

contributivo previsto nel fondo pensioni lavoratori<br />

dipendenti nei limiti delle risorse finanziarie<br />

di cui al comma 1209. Qualora il datore<br />

di lavoro non proceda ai versamenti di cui<br />

al presente comma, si applicano le sanzioni<br />

previste dalla normativa vigente in caso di<br />

omissione contributiva.<br />

1207. Gli atti di conciliazione di cui al comma<br />

1203 producono l’effetto di cui agli articoli<br />

410 e 411 del codice di procedura civile con<br />

riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva<br />

e risarcitoria per il periodo pregresso.<br />

Il versamento della somma di cui al comma<br />

1205 comporta l’estinzione <strong>dei</strong> reati previsti<br />

da leggi speciali in materia di versamenti<br />

di contributi o premi e di imposte sui redditi,<br />

nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative<br />

e per ogni altro onere accessorio<br />

connesso alla denuncia e il versamento <strong>dei</strong><br />

contributi e <strong>dei</strong> premi, ivi compresi quelli di<br />

cui all’articolo 51 del testo unico delle disposizioni<br />

per l’assicurazione obbligatoria contro<br />

gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,<br />

di cui al decreto del Presidente della<br />

Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché<br />

all’articolo 18 del decreto-legge 30 agosto<br />

1968, n. 918, convertito, con modificazioni,<br />

dalla legge 25 ottobre 1968, n. 1089, in materia<br />

di sgravi degli oneri sociali. Per effetto<br />

degli atti di conciliazione, è precluso ogni accertamento<br />

di natura fiscale e contributiva<br />

per i pregressi periodi di lavoro prestato dai<br />

lavoratori interessati dalle trasformazioni di<br />

cui ai commi da 1202 a 1208.<br />

1208. L’accesso alla procedura di cui al<br />

comma 1202 è consentito anche ai datori<br />

di lavoro che siano stati destinatari di<br />

provvedimenti amministrativi o giurisdizionali<br />

non definitivi concernenti la qualificazione<br />

del rapporto di lavoro. In ogni<br />

caso l’accordo sindacale di cui al comma<br />

1202 comprende la stabilizzazione delle<br />

posizioni di tutti i lavoratori per i quali<br />

sussistano le stesse condizioni <strong>dei</strong> lavoratori<br />

la cui posizione sia stata oggetto di<br />

accertamenti ispettivi. Gli effetti di tali<br />

provvedimenti sono sospesi fino al completo<br />

assolvimento degli obblighi di cui ai<br />

commi 1205 e 1206.<br />

1209. Per le finalità <strong>dei</strong> commi da 1202 a<br />

1208 è autorizzata la spesa di 300 milioni di<br />

euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.<br />

1210. I contratti di lavoro subordinato di<br />

cui al comma 1203 prevedono una durata<br />

del rapporto di lavoro non inferiore a ventiquattro<br />

mesi.<br />

Quesito posto dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />

L’azionista-tiranno di una società editoriale può farsi<br />

dalla stessa società L’Inpgi risponde negativamente:<br />

Milano, 27 dicembre 2006. Il presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti di Milano, avvalendosi<br />

<strong>dei</strong> poteri istruttori riconosciutigli<br />

dall’articolo 6 della legge 241/1990, ha posto<br />

al direttore generale dell’Inpgi un quesito<br />

che può essere riassunto così:<br />

“L’azionista-tiranno di una società editoriale<br />

può farsi assumere come praticante dalla<br />

stessa società” L’Inpgi, nella persona<br />

del suo direttore generale avv. Arsenio<br />

Tortora, ha risposto negativamente con<br />

una memoria che viene qui pubblicata integralmente:<br />

“Caro presidente, fornendo riscontro<br />

alla tua nota del 19 dicembre u.s.,<br />

riassumo brevemente i criteri elaborati dalla<br />

giurisprudenza - ai quali l’Istituto si attiene<br />

- circa la possibilità di costituire un efficace<br />

rapporto assicurativo previdenziale,<br />

relativamente ai giornalisti assunti alle dipendenze<br />

di società delle quali siano soci<br />

ovvero nelle quali siano titolari di cariche<br />

sociali.<br />

Per quanto concerne il primo aspetto, è<br />

noto che - in via di principio - la costituzione<br />

di un rapporto di lavoro dipendente fra<br />

una società ed un proprio socio è legittima,<br />

purché tali soggetti siano effettivamente titolari<br />

di una personalità giuridica reciprocamente<br />

distinta (Cass. 6827/1999).<br />

L’efficacia del rapporto, quindi, è subordinata<br />

alla circostanza che tale distinzione<br />

sia reale, e che pertanto il socio/dipendente<br />

non possa condizionare - in ragione del<br />

proprio particolare status - l’andamento<br />

gestionale ed organizzativo dell’azienda.<br />

Secondo costante giurisprudenza,<br />

quindi, non si può configurare l’esistenza<br />

di un valido rapporto di lavoro<br />

subordinato tra società e il socio quando<br />

questi eserciti - indipendentemente<br />

dalla percentuale di capitale o dalla carica<br />

ricoperta - l’effettiva ed esclusiva<br />

titolarità <strong>dei</strong> poteri di gestione ordinaria<br />

e straordinaria della società (Cass.<br />

21759/2004).<br />

Quale indefettibile corollario a tale principio,<br />

si rileva l’esistenza di una incompatibilità<br />

assoluta in tutte quelle fattispecie<br />

in cui la prestazione lavorativa<br />

subordinata sia fornita dal socio unico<br />

o dal c.d. socio “tiranno”, vale a dire nei<br />

casi in cui la partecipazione al capitale<br />

sociale sia così rilevante da influire in<br />

misura decisiva sulle determinazioni<br />

assunte dalla società. In tale fattispecie<br />

rientra la situazione da te prospettata,<br />

posto che P.P. risulta proprietario del<br />

95% del capitale sociale della “XW Srl”.<br />

Questa circostanza determina l’impossibilità<br />

di costituire una valida posizione<br />

assicurativa riferita al giornalista de<br />

quo presso la gestione principale<br />

dell’Istituto.<br />

Per quanto concerne, invece, l’assunzione<br />

di cariche sociali da parte del lavoratore dipendente,<br />

va premesso che, in linea generale,<br />

tale circostanza non costituisce un<br />

elemento di incompatibilità qualora sia accertato<br />

in concreto lo svolgimento di mansioni<br />

diverse da quelle proprie della carica<br />

sociale rivestita, con l’assoggettamento ad<br />

un effettivo potere di supremazia gerarchica<br />

e di controllo da parte della società.<br />

In proposito, infatti la giurisprudenza è concorde<br />

nell’affermare la sussistenza di un<br />

efficace rapporto di lavoro dipendente (che<br />

determina pertanto l’insorgenza di un valido<br />

rapporto previdenziale) in tutti quei casi<br />

in cui il lavoratore al quale sono state attribuite<br />

funzioni di amministrazione sia effettivamente<br />

ed in concreto soggetto a un potere<br />

di eterodirezione o comunque di dipendenza<br />

gerarchica e funzionale dall’organo<br />

capace di esprimere la volontà societaria.<br />

Ciò che rileva, quindi, è l’esistenza di un<br />

organo sovraordinato all’amministratore/lavoratore<br />

al quale - da statuto - siano conferiti<br />

i poteri di formazione ed espressione<br />

della volontà sociale, in modo da garantire<br />

la permanenza del principio di distinzione<br />

fra i diversi soggetti del rapporto di lavoro<br />

e di salvaguardare l’esistenza del rapporto<br />

gerarchico funzionale, tipico del lavoro subordinato.<br />

Solo con riferimento alla figura dell’ammi-<br />

4 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


UFFICI STAMPA<br />

CORTE COSTITUZIONALE<br />

Stabilizzazione <strong>dei</strong> precari<br />

della Pubblica amministrazione:<br />

novità nella legge finanziaria<br />

Sentenze 423 e 424/2006:<br />

“Profili professionali e abilitazioni<br />

rimangono prerogativa dello Stato”<br />

Rendiamo noto il testo dell’articolo 1 (comma 519 e comma 558) della Legge Finanziaria<br />

<strong>2007</strong>, relativo alla stabilizzazione <strong>dei</strong> precari della Pubblica amministrazione. Molti colleghi<br />

degli uffici stampa pubblici versano in questa situazione: gli stessi sono tenuti a spedire la<br />

domanda agli enti e alle amministrazioni di appartenenza per la richiesta di applicazione<br />

delle nuove norme secondo il fac-simile.<br />

Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria <strong>2007</strong>)<br />

Stabilizzazione del personale delle Pubbliche amministrazioni (articolo 1, legge comma<br />

519). Avvio della stabilizzazione del personale a tempo determinato della Pubblica amministrazione<br />

in possesso di determinati requisiti: in servizio da 3 anni, anche non continuativi;<br />

che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data<br />

del 29 settembre 2006; sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel<br />

quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della Finanziaria. La procedura riguarda<br />

il personale in possesso <strong>dei</strong> requisiti che sia stato assunto mediante procedure selettive<br />

di natura concorsuale o previste da norme di legge. All’eventuale stabilizzazione di personale,<br />

dotato di requisiti, che sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse,<br />

si provvede previo espletamento di prove selettive.<br />

Stabilizzazione del personale di regioni ed enti locali (articolo 1, comma 558). A decorrere<br />

dall’entrata in vigore della Finanziaria Regioni ed Enti locali sottoposti al patto di<br />

stabilità interno, possono procedere alla stabilizzazione nei limiti <strong>dei</strong> posti vacanti in organico,<br />

del personale non dirigenziale a tempo determinato alternativamente: che sia già in<br />

servizio da almeno 3 anni, anche se non continuativi; che consegua tale diritto sulla base<br />

di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006; che sia stato in servizio<br />

per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata<br />

in vigore della Finanziaria. La norma interessa il personale assunto mediante procedure<br />

selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge.<br />

(da www.fnsi.it)<br />

FAC-SIMILE<br />

assumere come praticante<br />

l’incompatibilità è assoluta<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Come compilare la domanda<br />

Al ……………………….<br />

Roma, …/…./ <strong>2007</strong><br />

Oggetto: applicazione legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1 comma 519<br />

Il/la sottoscritto/a, assunto/a dal………… e in servizio presso …………., con contratto<br />

di lavoro a tempo determinato e a tempo pieno, con la qualifica di ……………, chiede<br />

l’applicazione della legge in oggetto, in quanto si trova nelle condizioni previste dalla citata<br />

legge.<br />

In attesa di conoscere le determinazioni che verranno adottate porge<br />

distinti saluti.<br />

In fede<br />

nistratore unico è stata ravvisata l’esistenza<br />

di una incompatibilità assoluta (Cass.<br />

13009/2003), mentre per quanto riguarda<br />

la posizione del lavoratore che rivesta la<br />

carica di amministratore delegato è stato<br />

precisato che il rapporto organico che lo<br />

lega alla società non esclude - in via di<br />

principio - la configurabilità di un rapporto<br />

di lavoro fra le parti, a condizione tuttavia<br />

che l’esistenza di detto rapporto di dipendenza<br />

risulti dal concreto svolgimento, in<br />

posizione di subordinazione, di attività<br />

estranee alle funzioni inerenti alla carica rivestita.<br />

In questi casi, quindi, è necessario condurre<br />

una approfondita disamina <strong>dei</strong> poteri<br />

conferiti all’amministratore delegato, al fine<br />

di accertare se lo stesso debba o meno<br />

rispondere - per quanto concerne l’attività<br />

di gestione ed organizzazione della<br />

struttura societaria - ad un organo terzo ad<br />

esso sovraordinato.<br />

Particolare rilevanza assume, in tale ambito,<br />

l’attribuzione all’amministratore delegato<br />

della facoltà di costituire, disciplinare ed<br />

estinguere i rapporti di lavoro con il personale<br />

dipendente, in quanto l’eventuale titolarità<br />

di tali poteri determinerebbe l’inammissibile<br />

coincidenza in un unico soggetto<br />

di entrambe le posizioni giuridiche del datore<br />

di lavoro e del lavoratore.<br />

Le considerazioni svolte, tuttavia, afferiscono<br />

unicamente ai profili circa la configurabilità<br />

o meno di un valido rapporto di<br />

lavoro subordinato, in quanto fattispecie<br />

idonea a determinare l’efficace costituzione<br />

del sottostante rapporto assicurativo<br />

previdenziale presso la gestione principale<br />

dell’Istituto.<br />

Ogni questione relativa alla sussistenza o<br />

meno, nelle fattispecie descritte, <strong>dei</strong> presupposti<br />

per il riconoscimento dello status<br />

professionale di praticante in capo ai lavoratori<br />

assunti da aziende di cui detengono<br />

partecipazioni societarie è infatti -<br />

come è ovvio - demandata alla competenza<br />

dell’<strong>Ordine</strong> professionale da te presieduto”.<br />

Roma, 20 dicembre 2006. L’individuazione<br />

di nuove figure professionali è una prerogativa<br />

esclusiva dello Stato centrale. Un orientamento<br />

già noto ma confermato da due sentenze<br />

della Corte costituzionale - 423 e 424<br />

del 19 dicembre 2006 (per entrambe, presidente<br />

Bile, redattore Mazzella) - con cui i giudici<br />

hanno dichiarato illegittime una legge<br />

della Provincia autonoma di Bolzano, che disciplinava<br />

la figura del «maestro odontotecnico»,<br />

e una della Regione Campania, che<br />

disciplinava requisiti e registro <strong>dei</strong> musicoterapisti.<br />

Nel primo caso, la sentenza 423/2006 ha infatti<br />

“cassato” l’articolo 5, comma 2 della legge<br />

provinciale 8/2005 con cui Bolzano, disciplinando<br />

l’attività del “maestro odontotecnico”<br />

e le condizioni per l’acquisizione della relativa<br />

qualifica, definisce una nuova professione,<br />

ambito che rientra nella competenza<br />

legislativa dello Stato. La direttiva del<br />

Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione<br />

europea del 7 settembre 2005, n.<br />

2005/36 - che stabilisce le regole in base alle<br />

quali ciascuno Stato membro riconosce,<br />

per l’accesso ad una professione ed al suo<br />

esercizio, le qualifiche professionali acquisite<br />

in altri Stati membri - nell’Allegato II include<br />

quella dell’odontotecnico tra le attività per il<br />

cui esercizio in Italia è richiesta una «formazione<br />

con struttura particolare», riconducendo<br />

quindi l’odontotecnico medesimo tra le<br />

qualifiche professionali di cui all’art. 11, lettera<br />

c), punto ii). Si deve dunque concludere<br />

nel senso della riconduzione dell’odontotecnico<br />

nell’ambito delle professioni invece che<br />

in quello dell’artigianato. “Lo statuto speciale<br />

della Provincia autonoma di Bolzano non contempla<br />

una competenza legislativa della<br />

Provincia nella materia delle professioni, materia<br />

che invece l’art. 117, terzo comma, Cost.,<br />

inserisce tra quelle oggetto di competenza legislativa<br />

concorrente. Tale competenza concorrente<br />

si deve quindi intendere estesa alla<br />

Provincia autonoma di Bolzano ai sensi dell’art.<br />

10 della legge cost. n. 3 del 2001.<br />

Rispetto alla menzionata previsione dell’art.<br />

117, terzo comma, Cost., la Corte ha già affermato<br />

che sono riservate allo Stato sia l’individuazione<br />

delle figure professionali, con i<br />

relativi profili ed ordinamenti didattici (sentenze<br />

n. 40 del 2006; n. 424, n. 355 e n. 319 del<br />

2005; n. 353 del 2003), sia la disciplina <strong>dei</strong> titoli<br />

necessari per l’esercizio delle professioni<br />

(sentenza n. 153 del 2006), sia l’istituzione di<br />

nuovi albi (sentenze n. 40 del 2006, n. 424 e<br />

n. 355 del 2005). Dai rilievi svolti discende l’illegittimità<br />

costituzionale dell’art. 5, comma 2,<br />

della legge prov. Bolzano n. 8 del 2005, perché<br />

esso, disciplinando l’attività del maestro<br />

odontotecnico e le condizioni per l’acquisizione<br />

della relativa qualifica, definisce una nuova<br />

figura professionale ed incide così su di un<br />

ambito che rientra nella competenza legislativa<br />

dello Stato”.<br />

Analoga ratio guida la sentenza 424/2006,<br />

con cui i giudici hanno dichiarato illegittimi gli<br />

articoli 2, 4, 5 e 6 della legge della Campania<br />

18/2005, che disciplina l’attività di musicoterapista.<br />

La legge regionale impugnata dal<br />

Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri definisce<br />

la musicoterapia come «attività psicopedagogica<br />

e socio-sanitaria di pubblico interesse»,<br />

avente quale scopo «lo sviluppo e<br />

la riabilitazione di potenziali funzioni dell’individuo<br />

per il raggiungimento di una migliore<br />

integrazione sul piano intrapersonale e interpersonale<br />

e, conseguentemente, di una migliore<br />

qualità della vita» (art. 1). Essa, inoltre,<br />

qualifica il musicoterapista come «un soggetto<br />

in possesso di diploma superiore di secondo<br />

grado e con una buona conoscenza<br />

della musica, che ha svolto un corso triennale<br />

di impostazione multidisciplinare sociopsicopedagogico-medico-musicale<br />

e un tirocinio<br />

di un anno presso strutture pubbliche o<br />

convenzionate o del privato sociale, della formazione<br />

primaria e della riabilitazione, con<br />

supervisione clinica e di musicoterapia» (art.<br />

2); dispone che il musicoterapista svolge funzioni<br />

di prevenzione, di riabilitazione e sociosanitarie<br />

(art. 3); istituisce, presso l’assessorato<br />

alla Sanità della Regione Campania, «il<br />

registro professionale regionale <strong>dei</strong> musicote-<br />

rapisti al quale possono iscriversi coloro che<br />

hanno superato il corso per la formazione di<br />

musicoterapisti e che hanno effettuato il tirocinio<br />

professionale di almeno trecento ore o un<br />

anno presso centri specializzati pubblici o privati,<br />

con supervisione clinica e di musicoterapia»<br />

(art. 5). È evidente, pertanto, che la legge<br />

impugnata definisce un nuovo profilo professionale<br />

in materia sanitaria, essendo il<br />

musicoterapista un soggetto che esegue un<br />

particolare tipo di terapia al fine di prevenire<br />

o curare le conseguenze di determinati disturbi<br />

psichici o fisici. Si legge nella sentenza:<br />

“L’art. 117, terzo comma, della Costituzione,<br />

include la materia delle professioni tra<br />

quelle oggetto di competenza legislativa concorrente<br />

e questa Corte ha più volte affermato<br />

che, rispetto ad essa, debbono ritenersi riservate<br />

allo Stato sia l’individuazione delle figure<br />

professionali, con i relativi profili ed ordinamenti<br />

didattici (sentenze n. 40 del 2006; n.<br />

424, n. 355 e n. 319 del 2005), sia la disciplina<br />

<strong>dei</strong> titoli necessari per l’esercizio delle professioni<br />

(sentenza n. 153 del 2006), sia l’istituzione<br />

di nuovi albi (sentenze n. 40 del 2006,<br />

n. 424 e n. 355 del 2005). Da simili principi -<br />

enunciati anche in giudizi aventi ad oggetto,<br />

come quello presente, leggi regionali disciplinanti<br />

pratiche terapeutiche non convenzionali<br />

(sentenza n. 353 del 2003) - discende l’illegittimità<br />

delle disposizioni della legge<br />

Regione Campania n. 18 del 2005 impugnate<br />

dal Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri. In<br />

quanto ricadono tutte nel campo che, come si<br />

è detto, deve intendersi riservato allo Stato in<br />

forza dell’art. 117, terzo comma, della<br />

Costituzione. Resta così confermata l’illegittimità<br />

delle norme regionali impugnate, poiché<br />

il musicoterapista svolge funzioni che la stessa<br />

legge della Regione Campania n. 18 del<br />

2005 qualifica di natura preventiva, riabilitativa<br />

e socio-sanitaria e dunque, funzioni che presentano<br />

i caratteri che, a norma dell’art. 1,<br />

comma 1, della legge n. 43 del 2006, sono<br />

propri delle attività espletate da coloro che<br />

esercitano professioni sanitarie”.<br />

Per la Regione il dispositivo si limitava a promuoverne<br />

l’applicazione nel campo sociale e<br />

sanitario. Per la Corte, invece, la legge qualifica<br />

il musicoterapista, la sua formazione e<br />

ne istituisce un registro cui possono iscriversi<br />

quanti soddisfano i requisiti di legge. Come<br />

tale, la legge regionale impugnata «definisce<br />

un nuovo profilo professionale», prerogativa<br />

che è di pertinenza solo dello Stato, ed è da<br />

considerarsi illegittima. (Fonte: Il Sole 24<br />

Ore del 20 dicembre 2006)<br />

Dal Consiglio<br />

nazionale<br />

Solidarietà<br />

ai colleghi<br />

minacciati<br />

dal terrorismo<br />

Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. Il Consiglio<br />

nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, apprese<br />

le notizie sugli attentati che si stavano<br />

preparando ad opera di gruppi eversivi<br />

legati alle Brigate rosse nei confronti<br />

del quotidiano Libero e delle emittenti televisive<br />

Sky e Mediaset, esprime piena<br />

solidarietà ai direttori e ai collettivi redazionali<br />

delle tre testate.<br />

Il Consiglio nazionale esprime altresì il<br />

proprio apprezzamento per l’intervento<br />

tempestivo dell’Autorità giudiziaria e delle<br />

Forze dell’<strong>Ordine</strong>.<br />

5


ORDINI PROFESSIONALI<br />

Parcelle consensuali,<br />

tirocini limitati a un anno,<br />

sistema duale, giustizia<br />

disciplinare affidata ad<br />

organismi esterni ai Consigli<br />

Ingressi indiscriminati<br />

negli Albi<br />

a scapito della qualità<br />

e di un praticantato<br />

di durata ragionevole<br />

La proposta di riforma delle professioni varata<br />

comunitarie (con l’accesso aperto ai diplomati)<br />

nota tecnica di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

La “riforma delle professioni”, varata il 1° dicembre<br />

2006 dal Governo Prodi, volta le<br />

spalle all'Europa, non spiega il concetto di<br />

“professione intellettuale o regolamentata”<br />

e non delinea i confini tra Ordini e associazioni<br />

professionali. Un brutto inizio, che accentuerà<br />

scontri e divisioni anche all'interno<br />

della maggioranza. Lo sconfitto per ora<br />

è il ministro dell’Università, Fabio Mussi,<br />

che non è riuscito, nonostante i principi fissati<br />

nel dlgs 300/1999 e nella legge 4/1999<br />

(art. 1, comma 18), a prendere in mano le<br />

redini della riforma, facendo prevalere la<br />

normativa comunitaria in base alla quale i<br />

professionisti intellettuali o regolamentati<br />

debbano avere almeno una laurea triennale.<br />

Il ddl, invece, prevede l’accesso alle professioni<br />

ancora con il semplice diploma. Il<br />

tirocinio avrà una “durata non superiore a<br />

dodici mesi” e potrà essere effettuato “parzialmente”<br />

e “contemporaneamente” all’ultima<br />

fase degli studi necessaria per il conseguimento<br />

di ciascun titolo di laurea “garantendo<br />

in ogni caso la conoscenza <strong>dei</strong><br />

fondamenti tecnici, pratici e deontologici<br />

della professione” (lo stesso discorso vale…<br />

per i diplomati). Il Governo pensa che<br />

così i giovani avranno più opportunità nel<br />

mondo delle professioni: c’è da scommettere,<br />

invece, che il livello basso nella preparazione<br />

complicherà l’entrata <strong>dei</strong> giovani<br />

nel comparto occupazionale. Si ripete a distanza<br />

di 40 anni quello che è avvenuto<br />

con la riforma universitaria (“Misasi”), quando<br />

fu consentito a tutti i diplomati di accedere<br />

a tutti i corsi di laurea (opzione prima<br />

limitata a chi aveva la maturità classica). I<br />

governi di centro/sinistra dell’epoca, non<br />

potendo assicurare il lavoro, avevano il problema<br />

di parcheggiare i giovani nelle università<br />

(il fenomeno degli abbandoni ebbe<br />

una accentuazione notevole). Oggi il<br />

Governo pensa di sistemare i giovani nelle<br />

professioni intellettuali all’insegna di uno<br />

slogan affascinante: “Diventa professionista<br />

e sarai ricco”.<br />

La giurisprudenza costituzionale ha più<br />

volte precisato che l’articolo 33 della<br />

Costituzione (sull’esame di Stato) reca<br />

in sé un principio di professionalità specifica,<br />

richiedendo che l’esercizio di attività<br />

professionali rivolte al pubblico avvenga<br />

in base a conoscenze sufficientemente<br />

approfondite ed ad un correlato<br />

sistema di controlli preventivi e successivi<br />

di tali conoscenze, per tutelare l’affidamento<br />

della collettività in ordine alle<br />

capacità <strong>dei</strong> professionisti (Corte costituzionale,<br />

sentenze 23 dicembre 1993 n.<br />

456 e 26 gennaio 1990 n. 29). Tale interpretazione<br />

della norma è del resto confermata<br />

dal parere n. 448/2001 reso il 13 marzo<br />

2002 e depositato il 7 maggio successivo<br />

dalla seconda sezione consultiva del<br />

Consiglio di Stato proprio con riferimento<br />

alla possibilità di includere la professione di<br />

giornalista nella disciplina regolamentare.<br />

In tale parere si afferma la natura di esame<br />

di Stato della prova di idoneità prevista per<br />

l’accesso alla professione di giornalista e si<br />

conclude per l’insussistenza di motivi ostativi<br />

alla riforma dell’ordinamento professionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti ai sensi dell’art. 1 (comma<br />

18) della legge n. 4/1999.<br />

L’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce «professione<br />

regolamentata» quella professione<br />

riconosciuta ai sensi dell’articolo 2<br />

del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n.<br />

115 (Attuazione della direttiva 89/48/CEE)<br />

ovvero ai sensi dell’articolo 2 del decreto<br />

legislativo 2 maggio 1994 n. 319<br />

(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa<br />

ad un secondo sistema generale di riconoscimento<br />

della formazione professionale<br />

che integra la direttiva 89/48/CEE).<br />

Quest’ultimo dlgs “europeizza” la professione<br />

di giornalista, riconoscendola su un piede<br />

di parità rispetto alle altre. La direttiva<br />

89/48/CEE, recepita con il Dlgs 115/1992,<br />

ha introdotto (con l’articolo 2/bis del dlgs<br />

115/1992) la definizione di “professione regolamentata”.<br />

Si definisce formazione regolamentata<br />

“qualsiasi formazione direttamente<br />

orientata all’esercizio di una determinata<br />

professione e consistente in un ciclo<br />

di studi post-secondari di durata minima<br />

di tre anni oppure di durata equivalente a<br />

tempo parziale in un’università o in un altro<br />

istituto di livello di formazione equivalente<br />

e, se del caso, nella formazione professionale,<br />

nel tirocinio o nella pratica professionale<br />

richiesti oltre il ciclo di studi post-secondari:<br />

la struttura e il livello di formazione<br />

professionale, del tirocinio o della pratica<br />

professionale devono essere stabiliti dalle<br />

disposizioni legislative, regolamentari o<br />

amministrative dello Stato membro interessato<br />

o soggetti al controllo o all’autorizzazione<br />

dell’autorità designata a tal fine”.<br />

Mentre l’articolo 5 del ddl prevede “il raccordo<br />

con la normativa dell’istruzione universitaria”,<br />

il successivo articolo 6 prevede<br />

il “raccordo con la normativa dell’istruzione<br />

secondaria superiore”. Eppure il ministro<br />

dell’Università Fabio Mussi nell’audizione<br />

del 4 luglio 2006 davanti alla VII<br />

Commissione della Camera (riportata nel<br />

sito www.miur.it alla voce interventi) aveva<br />

annunciato solennemente una svolta, affermando<br />

che “l’accesso agli Ordini professionali<br />

è materia sulla quale deve logicamente<br />

far premio il recepimento della Direttiva<br />

Comunitaria sulle qualifiche professionali<br />

superiori”. La Direttiva Comunitaria sulle<br />

qualifiche professionali superiori è la numero<br />

89/48/CEE del 21 dicembre 1988 “relativa<br />

ad un sistema generale di riconoscimento<br />

<strong>dei</strong> diplomi di istruzione superiore<br />

che sanzionano formazioni professionali<br />

di una durata minima di tre anni”.<br />

L’Antitrust ha avviato<br />

un’indagine conoscitiva<br />

sugli Ordini professionali<br />

Roma, 29 gennaio <strong>2007</strong>.<br />

L’Antitrust ha avviato un’indagine<br />

conoscitiva sugli<br />

ordini professionali per verificare<br />

se hanno abrogato<br />

le tariffe fisse o minime e<br />

consentono la pubblicità<br />

e la costituzione di società<br />

interdisciplinari tra<br />

professionisti. L’Autorità<br />

garante della concorrenza<br />

e del mercato, si legge in<br />

una nota, verificherà nei<br />

prossimi mesi se gli ordini<br />

professionali stanno recependo<br />

nei loro statuti e nei<br />

loro codici deontologici,<br />

anche alla luce della nuova<br />

normativa, i principi di<br />

concorrenza. L’indagine<br />

sarà svolta con specifico<br />

riferimento agli ordini di<br />

architetto, avvocato,<br />

commercialista e ragioniere,<br />

consulente del lavoro,<br />

farmacista, geologo,<br />

geometra, giornalista<br />

e pubblicista, ingegnere,<br />

medico e odontoiatra,<br />

notaio, perito industriale<br />

e psicologo.<br />

La verifica riguarderà in<br />

particolare l’avvenuta<br />

abolizione delle disposizioni<br />

deontologiche che<br />

L’articolo 1 (comma 18) della legge n.<br />

4/1999, stabilisce che “Con uno o più regolamenti<br />

adottati, a norma dell’articolo 17,<br />

comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.<br />

400, su proposta del ministro dell’Università<br />

e della ricerca scientifica e tecnologica,<br />

di concerto con il ministro di Grazia e<br />

giustizia, sentiti gli organi direttivi degli ordini<br />

professionali, con esclusivo riferimento<br />

alle attività professionali per il cui esercizio<br />

la normativa vigente già prevede l’obbligo<br />

di superamento di un esame di Stato, è<br />

modificata e integrata la disciplina del relativo<br />

ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini<br />

o collegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione<br />

all’esame di Stato e delle relative<br />

prove”. In attuazione di tale disposizione è<br />

già stato emanato il Dpr. n. 328/2001, che<br />

ha provveduto ad istituire le sezioni A e B<br />

degli albi <strong>dei</strong> dottori agronomi e dottori forestali,<br />

degli architetti, pianificatori, paesaggisti<br />

e conservatori, degli assistenti sociali,<br />

degli attuari, <strong>dei</strong> biologi, <strong>dei</strong> chimici,<br />

<strong>dei</strong> geologi e degli ingegneri, e a definire le<br />

relative competenze professionali, prevedendo<br />

l’iscrizione ad esse, rispettivamente,<br />

<strong>dei</strong> laureati specialistici e triennali, che abbiano<br />

superato l’apposito esame di abilitazione.<br />

La legge 4/1999 in sostanza recepisce la<br />

direttiva 89/48/Cee (dlgs 115/1992) secondo<br />

la quale i professionisti appartenenti a<br />

professioni regolamentate debbano avere<br />

alle spalle almeno una laurea triennale. I<br />

giornalisti (legge 69/1963) sono stati esclusi<br />

da tale Dpr, decisione questa successivamente<br />

censurata dal Consiglio di Stato<br />

(sezione seconda consultiva) con il parere<br />

448/2001 reso nell’adunanza 13 marzo<br />

2002 e depositato il 7 maggio successivo.<br />

In tale quadro normativo si inserisce anche<br />

contengono limitazioni<br />

alla concorrenza relative<br />

alle tariffe fisse o minime,<br />

la reale libertà per i<br />

professionisti di farsi<br />

pubblicità e di ricorrere,<br />

nel caso degli avvocati,<br />

ai patti di quota lite, e il<br />

riconoscimento della libertà<br />

di costituire società<br />

interdisciplinari tra<br />

professionisti. Nella delibera<br />

di avvio dell’indagine,<br />

l’Autorità ricorda i numerosi<br />

interventi effettuati nel<br />

settore <strong>dei</strong> servizi professionali,<br />

compreso l’avvio di<br />

istruttorie nei confronti <strong>dei</strong><br />

professionisti per intese restrittive<br />

della concorrenza,<br />

principi adesso incorporati<br />

nella disciplina di liberalizzazione<br />

prevista dal<br />

Decreto Bersani che ha introdotto<br />

il divieto di tariffe<br />

obbligatorie nonché abrogato<br />

il divieto di pubblicità<br />

professionale e di costituzione<br />

di società interdisciplinari<br />

tra professionisti.<br />

Dopo l’entrata in vigore del<br />

Decreto Bersani, alcuni organismi<br />

rappresentativi <strong>dei</strong><br />

professionisti hanno assunto<br />

decisioni che interpretano<br />

queste norme in<br />

senso restrittivo.<br />

Ugualmente non coerente<br />

alla nuova normativa sono<br />

state le modifiche alla legge<br />

notarile, relativamente<br />

agli onorari, apportate con<br />

un decreto legislativo successivo<br />

all’entrata in vigore<br />

della legge Bersani.<br />

Sono inoltre arrivate<br />

all’Autorità segnalazioni di<br />

singoli professionisti che<br />

lamentano comportamenti<br />

di alcuni organismi professionali<br />

tesi a precludere ai<br />

propri iscritti l’opportunità<br />

di avvalersi delle leve concorrenziali<br />

previste dal<br />

Decreto Bersani. L’Autorità<br />

ricorda che l’obbligo di<br />

adeguamento <strong>dei</strong> codici<br />

deontologici entro il primo<br />

gennaio <strong>2007</strong>, stabilito dal<br />

Decreto Bersani, ai principi<br />

di concorrenza riguarda<br />

tutti gli organismi rappresentativi<br />

di soggetti che<br />

svolgono attività professionali,<br />

siano essi costituiti<br />

nella forma di ordini e collegi,<br />

ma anche di associazioni.<br />

(AGI)<br />

la scelta operata dal legislatore con la legge<br />

n. 4/1999 che ha delegificato la materia<br />

degli esami di Stato. Il regolamento, infatti,<br />

è apparso al legislatore lo strumento più<br />

idoneo ad individuare i titoli di studio che<br />

danno accesso agli esami di Stato, tenendo<br />

conto della continua evoluzione <strong>dei</strong> percorsi<br />

formativi ad opera <strong>dei</strong> decreti ministeriali<br />

e <strong>dei</strong> regolamenti di ateneo.<br />

Nel “ddl di riforma” non c’è alcun riferimento<br />

alle direttive 89/48/Cee e<br />

92/51/CEE né al dlgs 8 luglio 2003 n. 277<br />

(Attuazione della direttiva 2001/19/CEE<br />

che modifica le direttive del Consiglio<br />

relative al sistema generale di riconoscimento<br />

delle qualifiche professionali).<br />

Nel ddl non c’è alcun accenno alla “legge<br />

D’Alema” 4/1999, che, all’articolo 1<br />

(comma 18), raccorda l’esame Stato (abilitativo<br />

all’esercizio delle professioni intellettuali)<br />

con il sistema delle lauree,<br />

principio valevole per tutte le professioni<br />

esistenti e organizzate con Ordini e<br />

Collegi e con l’esame di Stato. La legge<br />

4/1999 conferisce al ministero dell’Università<br />

l’iniziativa regolamentare “di<br />

concerto” con il ministero di Giustizia.<br />

Il provvedimento dell’1 dicembre 2006 afferma<br />

semplicemente che “il Governo è<br />

delegato ad emanare, entro diciotto mesi<br />

dalla data di entrata in vigore della<br />

presente legge, uno o più decreti legislativi<br />

aventi ad oggetto la disciplina<br />

delle professioni intellettuali, e delle relativi<br />

forme organizzative, nel rispetto<br />

delle competenze delle Regioni, in coerenza<br />

con la normativa comunitaria in<br />

materia di libertà di accesso”. Buio sulle<br />

regole comunitarie per l’accesso (laurea<br />

almeno triennale per le professioni regolamentate).<br />

Mussi su questo punto<br />

non ha nulla da dire<br />

Il “ddl di riforma” contempla i seguenti punti:<br />

• viene previsto il riconoscimento pubblico<br />

di associazioni professionali con il compito<br />

di certificare la qualità professionale degli<br />

iscritti: a queste associazioni sono richiesti<br />

alcuni requisiti di serietà ed organizzazione<br />

interna come richiesto dalla normativa comunitaria;<br />

• è previsto il riordino degli Albi esistenti e il<br />

loro eventuale accorpamento in funzione<br />

dell’esistenza di gruppi professionali omogenei.<br />

Verrà favorita la trasformazione in<br />

associazioni per quegli ordini, albi e collegi<br />

già esistenti per i quali non ricorrano<br />

specifici interessi pubblici, che rendano<br />

necessario il ricorso al sistema ordinistico;<br />

• i controlli sulla deontologia professionale<br />

vengono rafforzati, anche tramite la vigilanza<br />

affidata a rappresentanti non tutti iscritti<br />

al medesimo Albo;<br />

• le parcelle saranno fissate dalle parti, anche<br />

pattuendo compensi parametrati al raggiungimento<br />

degli obiettivi conseguiti;<br />

• viene consentito il ricorso alla pubblicità di<br />

carattere informativo;<br />

• vengono individuati diversi percorsi per<br />

l’accesso <strong>dei</strong> giovani al mercato delle professioni,<br />

introducendo criteri di tirocinio differenziati,<br />

cioè anche all’estero o contemporaneamente<br />

all’ultima fase degli studi per<br />

il titolo professionale;<br />

• viene mantenuto l’esame di Stato per l’abilitazione<br />

a quelle professioni il cui esercizio<br />

può incidere su diritti costituzionalmente<br />

garantiti o riguardanti interessi generali<br />

meritevoli di specifica tutela;<br />

• per garantire la terzietà degli esaminatori<br />

e l’oggettività delle valutazioni viene prevista<br />

una nuova disciplina per la composizione<br />

delle commissioni esaminatrici in modo<br />

da sottrarla alla prevalente competenza degli<br />

ordini;<br />

• viene prevista anche una nuova rilevanza<br />

delle strutture territoriali degli ordini e delle<br />

associazioni attraverso una maggiore responsabilizzazione<br />

delle loro strutture territoriali.<br />

(Fonti: www.cittadinolex.it del 1° dicembre<br />

2006 e Il Sole 24 Ore del 2 dicembre<br />

2006)<br />

6 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


PROFESSIONI:<br />

MASTELLA, NESSUNA<br />

VOLONTÀ DI ABOLIRE ORDINI<br />

ROMA, 1 dicembre 2006. ‘’Nessun terremoto per gli ordini e i collegi esistenti, nessuna volontà di abolirli, ma soltanto la necessità<br />

di procedere ad una loro riorganizzazione eventualmente attraverso un accorpamento in gruppi professionali omogenei’’.<br />

È quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia Clemente Mastella conversando con i giornalisti a margine del forum ‘’Verso il<br />

piano strategico’’, organizzato dall’Amministrazione comunale di Benevento.<br />

“E chiaro, ha aggiunto il Guardasigilli, che se viene meno l’interesse pubblico che ha reso necessaria l’istituzione dell’ <strong>Ordine</strong>,<br />

l’attività professionale dovrà essere diversamente disciplinata al fine di garantire gli interessi degli utenti, la cui tutela è di primaria<br />

importanza’’.<br />

(ANSA)<br />

dal “Governo Prodi” volta le spalle alle regole<br />

e alle legge 4/1999 del “Governo D’Alema”<br />

<strong>Ordine</strong>:<br />

Corriere della Sera<br />

30 dicembre 2006<br />

Lettere al Corriere<br />

Risponde<br />

SERGIO ROMANO<br />

botta e<br />

risposta<br />

Romano/<br />

Abruzzo<br />

Corriere della Sera<br />

3 gennaio <strong>2007</strong><br />

rubrica<br />

INTERVENTI<br />

E REPLICHE<br />

ORDINI PROFESSIONALI:<br />

L’ANOMALIA DEI GIORNALISTI<br />

Qualche tempo fa lei intervenne sul Corriere<br />

per denunciare il carattere anacronistico degli<br />

ordini professionali, come sono attualmente<br />

ordinati, cioè a difesa del privilegio e ostacolo<br />

al merito. E poiché il problema è ancora<br />

aperto e attende una risposta in sede politica,<br />

credo che meriti qualche considerazione.<br />

Naturalmente la questione non è quella della<br />

esistenza di un ordine professionale di per sé.<br />

La questione sta nel fatto che da noi non si<br />

tratta, come in ogni Paese civile, di libere associazioni<br />

private, bensì di vere e proprie corporazioni<br />

imposte e regolate da una legge.<br />

Anche negli Stati Uniti, ad esempio, esistono<br />

in ogni Stato le Bar Associations, ma non si<br />

ha l’obbligo di appartenervi per esercitare legittimamente<br />

la professione legale una volta<br />

che ne siano accertati i titoli. Una delle maggiori<br />

anomalie è rappresentata a mio avviso<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, una professione<br />

che in un Paese libero dovrebbe essere soggetta<br />

soltanto al giudizio del pubblico.<br />

Attualmente l’<strong>Ordine</strong> è minuziosamente regolato<br />

dalla legge 3 febbraio 1963 che si compone<br />

di ben 75 articoli e che impone vincoli<br />

ferrei al libero esercizio della professione.<br />

Varrà la pena di ricordare che l’<strong>Ordine</strong> è un<br />

frutto del fascismo.<br />

Fu istituito il 26 febbraio 1928, decreto n. 384,<br />

in funzione <strong>dei</strong> fini repressivi che il regime si<br />

proponeva. Ora i tempi sono cambiati e a parole<br />

non si perde occasione per esaltare la libertà,<br />

ma evidentemente la tentazione del<br />

privilegio continua a prevalere. Mi chiedo, e<br />

chiedo a lei, non sarebbe una bella prova di<br />

civiltà se dai ranghi stessi <strong>dei</strong> giornalisti si levassero<br />

voci perché la anomalia di questo ordine<br />

palesemente illiberale fosse cancellata<br />

Roberto Vivarelli / Firenze<br />

Caro Vivarelli, qualche giorno dopo l’articolo<br />

del Corriere a cui lei si riferisce,ricevetti la lettera<br />

di un giovane notaio con cui ebbi più tardi<br />

una conversazione. Mi disse che il suo<br />

<strong>Ordine</strong> garantiva la serietà e la preparazione<br />

professionale <strong>dei</strong> membri, che gli esami erano<br />

severi, che le tariffe erano molto ragionevoli,<br />

che la liberalizzazione avrebbe provocato<br />

un effetto «forbice»: servizi mediocri a<br />

prezzi stracciati e servizi di qualità a prezzi<br />

più alti di quelli praticati ora. Anche un difensore<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti potrebbe sostenere<br />

che l’istituzione garantisce con l’esame<br />

di ammissione e i corsi universitari la<br />

competenza professionale, punisce la violazione<br />

<strong>dei</strong> principi deontologici, mette la categoria<br />

in condizione di meglio resistere alle interferenze<br />

esterne. Questi argomenti non sono<br />

privi di una certa validità, ed è probabile<br />

che la soppressione degli Ordini, se mai qualche<br />

governo ne avrà il coraggio, creerebbe,<br />

soprattutto nella fase iniziale, un certo numero<br />

di inconvenienti. Ma continuo a pensare<br />

che gli Ordini rappresentino una istituzione<br />

anacronistica e che i vantaggi della loro soppressione<br />

siano maggiori degli inconvenienti.<br />

Ecco, con particolare riferimento all’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti, le mie ragioni.<br />

Non credo che i problemi di deontologia professionale<br />

debbano essere lasciati ai soci del<br />

club. Vi sono Paesi in cui il problema è stato<br />

risolto con la creazione di commissioni o collegi<br />

formati da rappresentanti della professione,<br />

rappresentanti <strong>dei</strong> consumatori, magistrati,<br />

avvocati, boniviri di diversa estrazione.<br />

L’idea che ogni persona debba essere giudicata<br />

dai suoi pari prefigura un possibile conflitto<br />

di interessi ed è feudale, cioè tipica di<br />

una società costituita da poteri autonomi, autogestiti<br />

e autoreferenziali. Gli Ordini obbediscono<br />

inevitabilmente alla logica dell’autoconservazione<br />

e del potere. Come ogni altro<br />

organismo associativo (penso ai sindacati)<br />

producono una nomenklatura dirigente con il<br />

suo inevitabile complemento di ambizioni personali,<br />

partiti, programmi elettorali. Per ottenere<br />

il consenso e l’appoggio <strong>dei</strong> soci la nomenklatura<br />

deve fornire servizi previdenziali,<br />

assistenziali, sanitari. Per finanziare questi<br />

servizi deve poter contare su un certo numero<br />

di soci, ma conservare al tempo stesso il<br />

principio della cooptazione. L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

ha creduto di potere raggiungere questo<br />

risultato con due misure molto discutibili:<br />

la moltiplicazione <strong>dei</strong> corsi universitari che<br />

fungono da praticantato (il tirocinio che precede<br />

l’ingresso nella professione) e l’estensione<br />

della qualifica di giornalista agli addetti<br />

stampa. I corsi universitari, soprattutto in un<br />

Paese dove gli sbarramenti all’accesso sono<br />

piuttosto bassi, producono un numero di<br />

aspettative che non ha alcun rapporto con le<br />

esigenze del mercato e finiscono per creare,<br />

soprattutto nelle fasi di mutamento e transizione,<br />

molto precariato. Gli addetti stampa<br />

non sono e non possono essere giornalisti. Il<br />

portavoce di un’azienda è un avvocato difensore,<br />

tenuto dal suo impegno professionale, a<br />

esaltare i meriti dell’azienda, della istituzione<br />

o della persona per cui lavora, nascondendone<br />

per quanto possibile i difetti. Non so davvero<br />

come l’<strong>Ordine</strong> possa conciliare la sua<br />

funzione di garante della deontologia con il<br />

desiderio di allargare agli addetti stampa la<br />

cerchia <strong>dei</strong> soci. Aggiunga a tutto questo, caro<br />

Vivarelli, che il giornalismo vive di libertà<br />

ed è, come sosteneva Thomas Jefferson, l’indispensabile<br />

pilastro di un sistema politico liberale.<br />

Gli Ordini professionali tendono a<br />

creare lealtà e solidarietà che possono entrare<br />

in rotta di collisione con il principio della libertà.<br />

Sergio Romano<br />

LE RAGIONI DELL’ORDINE<br />

DEI GIORNALISTI<br />

Franco Abruzzo ringrazia l’ambasciatore<br />

Sergio Romano, che, con straordinaria<br />

sensibilità, ha chiesto al presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia di far conoscere ai lettori<br />

del Corriere della Sera il suo punto di<br />

vista sull’argomento trattato dallo<br />

stesso Sergio Romano nell’edizione<br />

del 30 dicembre 2006 (“Ordini professionali:<br />

l’anomalia <strong>dei</strong> giornalisti”).<br />

Sergio Romano, rispondendo il 30 dicembre<br />

2006 a un lettore nella rubrica del<br />

Corriere della Sera dedicata alle lettere,<br />

non ha perso l’occasione per sferrare un<br />

duro attacco agli ordini professionali e in<br />

particolare all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

Nessuno pensa di censurare le opinioni<br />

dell’ex ambasciatore, ma sulle sue omissioni<br />

è lecito esprimere riserve e critiche:<br />

1) Il lettore di Firenze scrive: “Una delle<br />

maggiori anomalie è rappresentata a mio<br />

avviso dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti…<br />

Attualmente l’<strong>Ordine</strong> è minuziosamente<br />

regolato dalla legge 3 febbraio 1963 che<br />

si compone di ben 75 articoli e che impone<br />

vincoli ferrei al libero esercizio della<br />

professione. Varrà la pena di ricordare<br />

che l’<strong>Ordine</strong> è un frutto del fascismo. Fu<br />

istituito il 26 febbraio 1928, decreto n.<br />

384, in funzione <strong>dei</strong> fini repressivi che il<br />

regime si proponeva….”. Lo storico<br />

Romano ha glissato sugli errori ... storici<br />

di Vivarelli. Con il regio decreto 384/1928,<br />

il Governo Mussolini ha creato l’Albo (non<br />

l’<strong>Ordine</strong>) <strong>dei</strong> giornalisti, Albo gestito da un<br />

comitato di 5 giornalisti operante all’interno<br />

<strong>dei</strong> sindacati regionali fascisti <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

L’articolo 7 della legge 2307/1925<br />

- che prefigurava la nascita di un <strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti - non è stato mai attuato dal<br />

regime, perché, con la nascita delle corporazioni<br />

(1926), la rappresentanza delle<br />

professioni è stata affidata ai sindacati fascisti.<br />

Romano avrebbe potuto precisare<br />

che l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti è nato nel 1963<br />

su iniziativa di due eminenti personalità<br />

della democrazia repubblicana, Aldo<br />

Moro e Guido Gonella.<br />

L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti “impone vincoli ferrei<br />

al libero esercizio della professione”<br />

Romano, come giornalista pubblicista, conosce,<br />

si presuppone, la legge professionale<br />

69/1963 e in particolare gli articoli 2<br />

e 48 dedicati alla deontologia. Questi i<br />

principi che si ricavano da quei due articoli:<br />

1) la libertà di informazione e di critica<br />

come diritto insopprimibile <strong>dei</strong> giornalisti;<br />

2) la tutela della persona umana e il<br />

rispetto della verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti<br />

principi da intendere come limiti alle libertà<br />

di informazione e di critica; 3) l’esercizio<br />

delle libertà di informazione e di<br />

critica ancorato ai doveri imposti dalla<br />

buona fede e dalla lealtà; 4) il dovere di<br />

rettificare le notizie inesatte; 5) il dovere<br />

di riparare gli eventuali errori; 6) il rispetto<br />

del segreto professionale sulla fonte<br />

delle notizie, quando ciò sia richiesto dal<br />

carattere fiduciario di esse; 7) il dovere di<br />

promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori;<br />

8) il mantenimento del decoro e della<br />

dignità professionali; 9) il rispetto della<br />

propria reputazione; 10) il rispetto della<br />

dignità dell’<strong>Ordine</strong> professionale; 11) il<br />

dovere di promozione dello spirito di collaborazione<br />

tra i colleghi; 12) il dovere di<br />

promozione della cooperazione tra giornalisti<br />

ed editori. Le "regole" fissate dal legislatore<br />

sono il perno dell’autonomia <strong>dei</strong><br />

giornalisti: l’editore non può impartire al<br />

direttore disposizioni in contrasto con la<br />

deontologia professionale. Senza legge<br />

professionale, direttori e redattori sarebbero<br />

degli impiegati di redazione tenuti<br />

soltanto all’obbligo di fedeltà verso l’azienda<br />

(articolo 2105 del Codice civile).<br />

2) Romano scrive: “Gli Ordini obbediscono<br />

inevitabilmente alla logica dell’autoconservazione<br />

e del potere… Per ottenere<br />

il consenso e l’appoggio <strong>dei</strong> soci la nomenklatura<br />

deve fornire servizi previdenziali,<br />

assistenziali, sanitari… L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti ha creduto di poter raggiungere<br />

questo risultato con due misure molto<br />

discutibili: la moltiplicazione <strong>dei</strong> corsi universitari<br />

che fungono da praticantato e<br />

l’estensione della qualifica di giornalisti<br />

agli addetti stampa”. Anche qui, Romano<br />

incorre in molteplici errori: l’<strong>Ordine</strong> non si<br />

occupa di servizi previdenziali, compito<br />

questo del sindacato (Fnsi). L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti, figlio della Costituzione, con<br />

20 master universitari ha aperto le porte<br />

a tutti, togliendo agli editori il potere<br />

esclusivo di fare i giornalisti, un potere<br />

che dura appunto dal 1928. Tutti hanno il<br />

diritto di andare sul mercato e di giocare<br />

la loro partita personale.<br />

3) L’ambasciatore Romano ama citare gli<br />

Stati Uniti e Jefferson, ma probabilmente<br />

dimentica di vivere in Italia, dove gli editori<br />

hanno interessi in altri campi (banche,<br />

auto, cemento, assicurazioni, costruzioni<br />

etc). Perché Romano non si batte<br />

per introdurre una norma antitrust del tipo<br />

“chi ha interessi privati in altri settori<br />

non può possedere giornali”<br />

Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

7


PROFESSIONE<br />

Avventurosi editori condannati<br />

a pagare dall’azione<br />

del servizio legale dell’<strong>Ordine</strong><br />

Gli negano il compenso<br />

per la testata on line.<br />

E poi pretendono anche…<br />

la rifusione del danno<br />

Tra le più significative, la sentenza n.<br />

13919/05 del 28.12.2005, resa dal Tribunale<br />

di Milano, Sez. V, dott. Malaspina, a favore<br />

del giornalista G.G., che si era indirizzato al<br />

servizio legale dell’<strong>Ordine</strong>, per rivendicare<br />

un credito professionale maturato nei confronti<br />

di un editore operante nel settore dell’informazione<br />

medico-scientifica. Al giornalista<br />

era stato affidato l’incarico di direttore responsabile<br />

della testata on line www.naturalismedicina.it<br />

pubblicata dallo stesso editore,<br />

con il compito aggiuntivo di provvedere al<br />

restyling dell’impostazione grafica e alla<br />

completa redazione <strong>dei</strong> testi. Il pubblicista<br />

aveva agito in giudizio rivendicando il pagamento<br />

- mai ottenuto - di alcune note relative<br />

a prestazioni pregresse e di altre somme<br />

a lui spettanti quali rimborsi per spese anticipate.<br />

Lo stesso giornalista aveva chiesto<br />

altresì la condanna dell’editore al risarcimento<br />

danni per un uso indebito del suo nome<br />

nella gerenza della testata (dopo l’intervenuta<br />

conclusione del rapporto professionale)<br />

per oltre 9 mesi, sino all’effettiva cancellazione<br />

del nome dello stesso dal colophon<br />

della pubblicazione. L’editore, che in<br />

data 27 marzo 2002, aveva sollevato G.G.<br />

dall’incarico direttivo già conferitogli, aveva<br />

infatti continuato (fino alla notifica dell’atto<br />

introduttivo del giudizio avvenuta in data 15<br />

gennaio 2003) ad utilizzare il nome del giornalista<br />

in veste di direttore responsabile con<br />

tutte le conseguenze di legge che ne discendono,<br />

proseguendo nella pubblicazione<br />

on line della testata. Prima di agire in giudizio,<br />

G.G. aveva sottoposto al competente<br />

parere dell’<strong>Ordine</strong> le note delle proprie competenze,<br />

ritenute congrue e allineate al tariffario<br />

giornalistico.<br />

Il convenuto, ovvero l’editore, costituendosi<br />

in giudizio, aveva contestato integralmente<br />

Sempre più numerosi<br />

e gravi i tentativi<br />

di sfruttamento<br />

del lavoro <strong>dei</strong> free-lance<br />

in fatto e in diritto la domanda proposta dal<br />

giornalista, chiedendone il rigetto e sollevando,<br />

a tal fine, una serie di eccezioni, tra<br />

cui quella relativa a una pretesa impossibilità<br />

di dimostrare l’esatta configurazione on<br />

line di quanto apparso all’interno della rivista<br />

telematica e degli effettivi tempi di pubblicazione;<br />

non solo, svolgeva altresì domanda riconvenzionale,<br />

chiedendo lui stesso, in sostanza,<br />

la condanna di chi aveva promosso<br />

il giudizio, per asseriti danni subiti a causa<br />

di una presunta lesione prodotta alla propria<br />

immagine di editore e per una pretesa assenza<br />

di professionalità da parte del giornalista<br />

stesso.<br />

La particolarità della causa, relativa alla<br />

realtà delle ormai numerose testate telematiche,<br />

è stata superata grazie a un’abbondante<br />

produzione documentale <strong>dei</strong> contenuti<br />

del sito Internet, oltreché dall’escussione<br />

<strong>dei</strong> testimoni, che hanno confermato il reiterato<br />

successivo utilizzo del nome del giornalista<br />

in qualità di direttore responsabile<br />

anche in data successiva alla conclusione<br />

del rapporto professionale.<br />

Il Tribunale di Milano, all’esito di una ampia<br />

istruttoria, si pronunciava - riconoscendo<br />

pienamente il credito del giornalista e respingendo<br />

le domande riconvenzionali dell’editore<br />

convenuto - precisando che “emerge<br />

evidente l’esatta esecuzione da parte<br />

dell’attore dell’incarico ricevuto e della legittimità<br />

delle notule azionate in giudizio, mai<br />

saldate”.<br />

Peraltro, aggiunge la sentenza, “gli importi<br />

fatturati sono stati sottoposti all’esame del<br />

competente <strong>Ordine</strong> professionale al quale<br />

G.G. risulta iscritto, e devono ritenersi congrui<br />

e conformi alle tariffe vigenti”. Il<br />

Tribunale ha altresì condannato l’editore della<br />

testata telematica al pagamento richiesto<br />

dal giornalista per l’utilizzo del suo nome<br />

come direttore responsabile indebitamente<br />

effettuato (con implicito coinvolgimento di responsabilità)<br />

dopo la conclusione di ogni<br />

rapporto professionale, posto che “G.G. ha<br />

provato documentalmente che fino al<br />

15.01.2003 il nome dell’attore ha continuato<br />

a figurare nella gerenza della rivista, così<br />

come prodotta in atti, nonostante l’espresso<br />

divieto e la formale diffida inviata da G.G. all’editore,<br />

affinché rimuovesse tempestivamente<br />

il suo nome. Non pare revocabile in<br />

dubbio che il convenuto ha continuato, di fatto,<br />

a utilizzare il nome professionale dell’attore.<br />

Conseguentemente, va affermato il diritto<br />

dell’attore al pagamento di tutti i successivi<br />

trimestri di utilizzo della direzione responsabile<br />

del giornalista G.G., alla cifra già<br />

inizialmente concordata tra le parti”. La sentenza<br />

rigetta poi, completamente, la pretesa<br />

risarcitoria svolta in via riconvenzionale,<br />

svolta dal convenuto “essendo la stessa assolutamente<br />

generica e non essendo neppure<br />

chiaramente individuati, e soprattutto<br />

all’esito del giudizio, non provati i danni siccome<br />

richiesti, per violazione di obblighi professionali,<br />

rimasti privi di qualsivoglia supporto<br />

probatorio”.<br />

Bella la veste grafica<br />

della nuova rivista,<br />

ma a chi l’ha ideata non<br />

va il becco di un quattrino<br />

Di altro genere - seppure sempre annoverata<br />

tra le sentenze rese in forza di un giudizio<br />

radicato grazie al patrocinio fornito ai propri<br />

iscritti dall’<strong>Ordine</strong> della Lombardia e con<br />

l’assistenza dell’avvocato Luisella Nicosia -<br />

è la pronuncia, n. 9133/05, di condanna del<br />

Tribunale di Milano, sezione V civile, dottor<br />

Roberto Pertile, a carico della convenuta<br />

Società A… srl, chiamata in causa dal giornalista<br />

F.T. che rivendicava il mancato pagamento<br />

di quanto dovutogli per la ideazione<br />

ed esecuzione di un progetto grafico relativo<br />

a una nuova testata, Luxury, data alle<br />

stampe con una ricca versione patinata. Il<br />

giornalista esponeva in proposito che le parti<br />

si erano incontrate nel novembre del 2000<br />

ed avevano raggiunto accordi che prevedevano,<br />

per quella prestazione, il compenso di<br />

5 milioni di lire.<br />

L’editore avrebbe poi dovuto corrispondere,<br />

di Annamaria Delle Torri<br />

Anche il 2006 - come è accaduto negli anni precedenti a partire<br />

dal 1999 - si è chiuso con un bilancio positivo per il servizio<br />

di assistenza legale a favore <strong>dei</strong> giornalisti free-lance, attivato<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia. Centinaia di<br />

colleghi che operano come collaboratori esterni di numerose<br />

testate giornalistiche (dai quotidiani nazionali a quelli locali, dai<br />

periodici alle radio e alle televisioni, dagli uffici stampa alle<br />

pubblicazioni editate nella Rete) si sono rivolti allo “sportello”<br />

dell’<strong>Ordine</strong> per ottenere il riconoscimento e la tutela <strong>dei</strong> propri<br />

diritti, troppo spesso violati da editori grandi e piccoli che si sono<br />

avvalsi - senza rispettare la normativa di legge e talvolta<br />

pretendendo, addirittura, di non retribuire le prestazioni richieste<br />

- del loro prezioso contributo di lavoro. Gli interventi dell’avvocato<br />

Luisella Nicosia, che gestisce il servizio legale, sono<br />

stati come sempre puntuali ed efficaci. E va detto che il<br />

contenzioso, anche per l’anno appena trascorso, ha registrato<br />

una crescita costante, facendo tuttavia riscontrare soddisfacenti<br />

risultati per chi si è trovato nella necessità di rivolgersi al<br />

giudice. Sono state molte le pronunce favorevoli che si sommano<br />

a quelle già descritte in precedenti articoli su Tabloid.<br />

nella fase di realizzazione della rivista, una<br />

ulteriore somma di 45 mila lire per l’impaginazione<br />

di ogni singola pagina. E la congruità<br />

della richiesta e della relativa parcella,<br />

veniva documentata, in giudizio, da un esplicito<br />

parere reso dall’<strong>Ordine</strong> professionale <strong>dei</strong><br />

giornalisti.<br />

L’editore si costituiva in giudizio affermando<br />

che gli accordi intercorsi prevedevano un<br />

compenso di 3 milioni e cinquecentomila lire<br />

e non di 5 milioni come invece affermato dal<br />

giornalista.<br />

Ed ammetteva l’accordo per la retribuzione<br />

di ogni singolo impaginato nella misura indicata<br />

da F.T. Ma aggiungeva che in fase di<br />

realizzazione del primo numero della pubblicazione<br />

aveva rilevato “alcune carenze” che<br />

l’avevano costretto a correggere “il tutto” con<br />

costi non preventivati e non preventivabili<br />

“che si sono conosciuti nel loro ammontare<br />

solo a giugno 2001”.<br />

E, ancora, l’editore lamentava che il giornalista<br />

aveva improvvisamente posto in atto il<br />

suo recesso unilaterale dal contratto, nel<br />

marzo 2001, mentre era in fase di preparazione<br />

il secondo numero della rivista costringendolo<br />

anche in questo caso a dover<br />

correre ai ripari con conseguente esborso di<br />

altro denaro. Perciò chiedeva, in via riconvenzionale,<br />

la condanna del giornalista al<br />

pagamento di 4.957,37 euro (somma spesa<br />

per ovviare alle “carenze” già descritte) più 3<br />

mila euro per l’inopinata risoluzione del contratto.<br />

E chiedeva che tali importi fossero compensati<br />

con quelli rivendicati dall’attore. Il giudice,<br />

considerata la genericità delle istanze<br />

esposte dall’editore e la mancanza di documentazione<br />

probante delle stesse, a fronte<br />

di una accertata consistenza delle richieste<br />

del giornalista, confermate del resto dalle<br />

ammissioni implicite rese dalla società convenuta,<br />

oltre che dalla pubblicazione sulla rivista<br />

del suo nome come realizzatore del<br />

progetto grafico, ha respinto la domanda riconvenzionale<br />

e ha riconosciuto al giornalista<br />

il compenso di 7.200.000 lire (euro<br />

3718,49), condannando la convenuta al relativo<br />

pagamento, oltre alla corresponsione<br />

Precisazione<br />

del presidente del Cnog<br />

sollecitata<br />

dall’<strong>Ordine</strong> della<br />

Lombardia<br />

Uffici stampa privati:<br />

possono chiedere l’is<br />

Milano, 29 gennaio <strong>2007</strong>. Gli operatori degli<br />

Uffici stampa privati possono chiedere, dopo<br />

due anni di attività, l’iscrizione all’elenco<br />

pubblicisti dell’Albo.<br />

Lo scrive Lorenzo Del Boca, presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> nazionale in una lettera/precisazione<br />

(datata 24 gennaio <strong>2007</strong>) indirizzata<br />

all’<strong>Ordine</strong> della Lombardia, al ministero della<br />

Giustizia e alla Procura generale della<br />

Repubblica di Milano. Scrive Del Boca: “In tal<br />

senso, si conferma che attualmente possono<br />

essere addetti agli uffici stampa degli enti<br />

pubblici solo coloro che sono già iscritti<br />

all’<strong>Ordine</strong> mentre per quanto concerne gli uffici<br />

stampa privati ai fini dell’iscrizione all’elenco<br />

pubblicisti valgono per loro le disposizioni<br />

generali della legge n. 69/1963, attività giornalistica<br />

continuativa e regolarmente documentata<br />

e retribuita per un biennio, a nulla rilevando<br />

a tal fine la frequenza a corsi di formazione<br />

ed aggiornamento sia pur specificatamente<br />

rivolti agli uffici stampa.<br />

Nel concreto, gli Ordini sono chiamati a valutare<br />

se l’attività documentata a supporto della<br />

richiesta di iscrizione sia di natura giornalistica<br />

o meramente commerciale”.<br />

L’aspirante pubblicista:<br />

a. è normalmente una persona che esercita<br />

altre professioni o impieghi. È una persona,<br />

cioè, che non può svolgere in esclusiva la<br />

professione di giornalista, caratteristica quest’ultima<br />

del giornalista professionista;<br />

b. condizione per l’iscrizione è l’aver svolto<br />

per due anni un’attività giornalistica non<br />

occasionale e retribuita regolarmente;<br />

c. l’attività giornalistica consiste in scritti, articoli,<br />

corrispondenze su giornali e periodici<br />

(la legge non parla di tirature, aree<br />

diffusionali, corpo redazionale, etc.);<br />

d. i certificati rilasciati dai direttori (delle pubblicazioni)<br />

devono comprovare l’attività<br />

pubblicistica regolarmente retribuita da<br />

almeno due anni;<br />

e. la domanda deve essere corredata dai<br />

giornali e periodici con gli scritti, gli articoli e<br />

le corrispondenze (anche non firmati). Il<br />

Regolamento aggiunge che la documentazione<br />

deve contenere elementi circa l’effettivo<br />

svolgimento dell’attività giornalistica<br />

nell’ultimo biennio.<br />

f. per quanto riguarda gli addetti agli<br />

Uffici stampa privati gli “scritti” possono<br />

essere benissimo anche i comunicati<br />

diretti ai mass media. Secondo lo<br />

Zingarelli, per “scritto” si intende “qualunque<br />

notazione, espressione, comunicazione<br />

e sim. realizzara tramite la<br />

scrittura”.<br />

g. non devono esibire alcuna documentazione<br />

contabile gli aspiranti pubblicisti<br />

soci di una società editrice legata al<br />

volontariato (articolo 2 della legge<br />

266/1991). L’<strong>Ordine</strong> di Milano ha sempre<br />

tenuto un comportamento aperto verso<br />

i religiosi, che hanno fatto voto di povertà<br />

e che quindi non percepiscono<br />

compensi per l’attività giornalistica.<br />

Il Dpr 442 (emanato il 4 dicembre 2001) è il<br />

regolamento della legge 150/2000 sugli Uffici<br />

stampa pubblici, che ha dato il titolo di pubblicista<br />

a coloro che lavoravano negli Uffici<br />

stampa pubblici a quella data dopo un percorso<br />

formativo di 60-120 ore. Il Consiglio nazionale<br />

ha esteso (con delibere 4/5 dicembre<br />

2002 e 9 giugno 2003) la sanatoria anche<br />

agli operatori degli Uffici stampa privati, pur<br />

senza il richiamo di una legge ad hoc, ma sulla<br />

base del principio costituzionale dell’uguaglianza.<br />

In particolare la sanatoria, con quelle due delibere,<br />

è stata allargata, senza alcun presupposto<br />

normativo specifico, agli operatori<br />

degli Uffici stampa privati sulla base di<br />

questo assioma: “Considerato che le opportunità<br />

offerte agli addetti agli uffici<br />

stampa pubblici è giusto siano garantite<br />

anche agli addetti agli uffici stampa<br />

privati, coloro che svolgono tale funzione<br />

da data antecedente all’entrata in vigore<br />

della legge 150/2000, sia come dipendenti<br />

sia sotto forma di collaborazione<br />

libero-professionale, possono<br />

chiedere l’iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong><br />

pubblicisti allegando la seguente documentazione…”.<br />

A costoro è stata richiesta<br />

la stessa documentazione imposta agli operatori<br />

degli uffici stampa degli enti pubblici.<br />

Successivamente è stato precisato che la sanatoria<br />

riguarda coloro che erano in servizio<br />

alla data del 4 dicembre 2001 giorno della<br />

pubblicazione in Gazzetta del Dpr 422 (regolamento<br />

della legge 150/2000).<br />

8 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


TEMPI LUNGHI PER L’APERTURA DEL TAVOLO SECONDO BIANCHERI.<br />

degli interessi legali dalla data della domanda<br />

al saldo, oltre alla propria parte delle<br />

spese di lite.<br />

… e lo stesso trattamento<br />

per chi collabora<br />

È sempre lo stesso editore a dovere dare<br />

conto, davanti al Giudice (che lo ha condannato),<br />

di altre gravi inadempienze retributive<br />

nei confronti di altre due giornalisti, che lo<br />

hanno trascinato in giudizio - entrambe con<br />

l’assistenza dell’avvocato Luisella Nicosia -<br />

in successive e distinte cause. La prima è<br />

stata promossa dalla collega V.B. che rivendicava<br />

il mancato pagamento di compensi<br />

per un totale di 2000 euro, dovuti per la collaborazione<br />

alla rivista Luxury.<br />

Al decreto ingiuntivo che gli imponeva di corrispondere<br />

la cifra richiesta, l’editore proponeva<br />

opposizione.<br />

Pur riconoscendo l’incarico professionale<br />

conferito alla ricorrente, nonché l’effettiva<br />

esecuzione da parte della stessa delle prestazione<br />

giornalistiche assicurate, eccepiva<br />

un preteso intervenuto accordo su un quantum<br />

inferiore da corrispondere come compenso,<br />

ammettendo di essere debitore di soli<br />

1000 euro, somma mai corrisposta alla<br />

giornalista a distanza di due anni dalla pubblicazione<br />

<strong>dei</strong> suoi articoli.<br />

E si dichiarava disponibile ad onorare in<br />

quella misura il proprio debito. Ma anche<br />

questa volta veniva meno all’impegno rivelando<br />

la natura pretestuosa ed infondata dell’opposizione<br />

svolta con evidente intento dilatorio.<br />

La condanna (Giudice di Pace di<br />

Milano, sentenza n. 20639/06 pubblicata in<br />

data 4 luglio 2006) è stata inevitabile: pagamento<br />

della somma richiesta in prima istanza<br />

più, ovviamente, il carico delle spese legali.<br />

La seconda chiamata in giudizio è stata promossa<br />

dall’iniziativa di un’altra collega, L.F.,<br />

che rivendicava a sua volta il mancato pagamento<br />

di prestazioni giornalistiche effettuate<br />

per la stessa rivista Luxury. Con la<br />

stessa tattica dilatoria, già descritta per il caso<br />

precedente, l’editore riconosceva un debito<br />

inferiore, dichiarandosi disposto a regolare<br />

la pendenza, senza poi provvedervi. Il<br />

giudice di Pace di Milano (sentenza<br />

21464/06 pubblicata in data 10 luglio 2006)<br />

ha condannato la società debitrice al pagamento<br />

di quanto rivendicato dalla giornalista,<br />

con l’aggravio delle spese processuali.<br />

Bisogna notare, per concludere, che l’editore<br />

neppure in presenza delle sentenze <strong>dei</strong><br />

magistrati ha provveduto a liquidare le somme<br />

dovute, rendendo indispensabile, da parte<br />

<strong>dei</strong> creditori, ulteriori iniziative giudiziarie,<br />

con la notifica di atto di precetto e successivi<br />

atti esecutivi.<br />

Contratto: la Fnsi annuncia<br />

“Nuove iniziative di lotta”<br />

Editori orientati alla contrattazione aziendale e personale. Audizioni di Fnsi e Fieg davanti alla Commissione Lavoro della Camera.<br />

Paolo Serventi Longhi ha spiegato che ''la Fieg avrebbe detto che se non si rinnova il contratto nazionale si elimina il primo livello di<br />

contrattazione e si passa alla contrattazione aziendale, non escludendo quella individuale''. Per il segretario Fnsi, ''la seconda cosa<br />

molto grave sarebbe quella di individuare tra le soluzioni ai problemi <strong>dei</strong> giornalisti quella dell'abolizione dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti''.<br />

Roma, 15 febbraio <strong>2007</strong>. Il Consiglio nazionale<br />

della Federazione nazionale della stampa<br />

e le Commissioni contratto hanno approvato<br />

all'unanimita' un ordine del giorno con<br />

cui ''impegnano la Giunta esecutiva a proseguire<br />

con forza tutte le iniziative utili per l'avvio<br />

del negoziato contrattuale con la Fieg''. Lo<br />

spiega una nota della Fnsi. Nell'ordine del<br />

giorno Consiglio nazionale e Commissioni<br />

contratto ''impegnano la Giunta esecutiva ad<br />

avviare una forte iniziativa nei confronti delle<br />

istituzioni e della opinione pubblica sulla centralita'<br />

imprescindibile della contrattazione collettiva<br />

e dell'autonomia e della qualita' dell'informazione<br />

e del giornalismo''. Inoltre si impegna<br />

''la Giunta Esecutiva e la Segreteria a<br />

proseguire il confronto su tutti i tavoli proposti<br />

dal Ministero del Lavoro e dalla Presidenza<br />

del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri, attenendosi ai mandati<br />

congressuali e alle decisioni sulle singole<br />

materie prese dal CN e dalle Commissioni<br />

contrattuali, anche per quanto riguarda la previdenza<br />

di categoria nel rispetto della posizione<br />

espressa dal Consiglio generale<br />

dell'Inpgi''.<br />

Consiglio e Commissioni propongono ancora<br />

''a tutte le strutture sindacali di proseguire la<br />

riflessione avviata oggi sulle trasformazioni in<br />

atto nel settore dell'informazione, con particolare<br />

attenzione ai temi della convergenza multimediale<br />

e della transizione del sistema televisivo<br />

verso la piattaforma digitale.<br />

Temi che costituiscono il vero snodo che nei<br />

prossimi anni la categoria e la professione<br />

dovranno affrontare, anche se gli editori sembrano<br />

incapaci di coglierne la assoluta rilevanza''.<br />

Consiglio e Commissioni, infine, ''concordano<br />

sulla proposta di riunire, in tempi brevi, la conferenza<br />

nazionale <strong>dei</strong> comitati e fiduciari di redazione<br />

congiuntamente alle commissioni<br />

contrattuali per fare il punto sullo scontro contrattuale<br />

e per discutere e decidere nuove e<br />

incisive iniziative di mobilitazione e di lotta<br />

della categoria''.<br />

(ANSA)<br />

Ribadita dalla Fnsi al Parlamento la disponibilità<br />

a trattare a tutto campo con gli editori: "Dalla<br />

Fieg solo attacchi sia sul contratto sia sull'<strong>Ordine</strong>"<br />

Roma, 15 febbraio <strong>2007</strong>. Davanti alla commissione Lavoro della<br />

Camera la Fnsi ha ribadito oggi la disponibilità a riaprire la trattativa<br />

''senza pregiudiziali'', e domani al consiglio nazionale porra' la questione<br />

di un ''patto generazionale'' che metta fine ai ''due giornalismi'',<br />

quello <strong>dei</strong> contrattualizzati e quelli <strong>dei</strong> precari, che esiste oggi in Italia<br />

Mentre, secondo quanto riporta la stessa Fnsi, davanti alla<br />

Commissione sarebbe venuta dalla Fieg una ''posizione gravissima''<br />

sul contratto nazionale e la richiesta ''dell'abolizione dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti''.<br />

Lo dice Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale della Fnsi al termine<br />

dell'audizione che ha visto prima i rappresentanti degli editori,<br />

poi quelli del sindacato <strong>dei</strong> giornalisti, ascoltati dalla stessa commissione<br />

in merito al rinnovo del contratto nazionale, che vede le due parti<br />

ancora contrapposte. Al termine dell'audizione Fieg, il presidente<br />

Boris Biancheri, si è limitato a dire che nulla era cambiato e che i tempi<br />

per l'apertura di un tavolo sembravano ancora lunghi.<br />

Paolo Serventi Longhi, invece, da parte sua, riportando quanto ascoltato<br />

nelle domande <strong>dei</strong> parlamentari, ha spiegato che ''la Fieg avrebbe<br />

detto che se non si rinnova il contratto nazionale si elimina il primo<br />

livello di contrattazione e si passa alla contrattazione aziendale, non<br />

escludendo quella individuale''. Per il segretario Fnsi, ''la seconda cosa<br />

molto grave sarebbe quella di individuare tra le soluzioni ai problemi<br />

<strong>dei</strong> giornalisti quella dell'abolizione dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti''.<br />

''Ci sembrano entrambe - ha spiegato ancora Serventi - posizioni gravissime,<br />

lesive delle stesse leggi sulla contrattazione e di quella professionale.<br />

Ne verificheremo la fondatezza nei prossimi giorni. Noi intanto - ha aggiunto<br />

- abbiamo ribadito la disponibilita' ad aprire subito una trattativa<br />

senza pregiudiziali su punti come la flessibilita', la multimedialita' e<br />

sul nostro lavoro giornalistico. Ma abbiamo chiesto che la Fieg la faccia<br />

finita con le mistificazioni sulle dimensioni del fenomeno del precariato<br />

giornalistico. E' questo il problema centrale - ha detto ancora il<br />

segretario - perche' accanto ai circa 16 mila giornalisti con un contratto<br />

a tempo indeterminato, ci sono non poche centinaia ma decine<br />

di migliaia di professionisti, pubblicisti o non iscritti all'albo che vivono<br />

di giornalismo in condizioni insostenibili e che rappresentano il futuro<br />

della categoria''.<br />

Per tutto questo, il segretario spiega che ''domani intanto, al Consiglio<br />

nazionale, diremo che occorre un patto generazionale e leggi adeguate<br />

per superare questa esistenza di due giornalismi. Bisogna trovare<br />

forme di tutela previdenziale, sanitaria, contributiva per questi colleghi''.<br />

(ANSA)<br />

: gli “addetti”, dopo due anni di attività,<br />

crizione all’elenco pubblicisti dell’Albo<br />

Questo il testo della lettera di Lorenzo Del Boca indirizzata<br />

all’<strong>Ordine</strong> di Milano, alla Procura generale della Repubblica<br />

di Milano e all’Ufficio III (Libere professioni) della Direzione<br />

generale Giustizia civile del ministero della Giustizia.:<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Oggetto: Addetti uffici stampa - Corsi di formazione e aggiornamento - Delibera<br />

Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti del 9 giugno 2003.<br />

In riferimento alla nota prot. n. 340 del 16 gennaio u.s., relativa alla materia in oggetto, si<br />

precisa quanto segue.<br />

Con comunicazione prot. n. 71 del 10 gennaio scorso indirizzata ai Consigli regionali, il<br />

Comitato esecutivo ha rammentato che l’iscrizione in qualità di pubblicisti da parte <strong>dei</strong> dipendenti<br />

pubblici che alla data di entrata in vigore della legge n. 150/2000 fossero risultati<br />

in servizio presso gli uffici stampa di enti pubblici, previa anche frequenza a corsi di formazione<br />

promossi dall’<strong>Ordine</strong>, è da considerarsi non più possibile.<br />

La materia dell’iscrizione degli addetti agli uffici stampa degli enti pubblici era stata oggetto<br />

da ultimo della delibera del Consiglio nazionale del 9 giugno 2003, allegata alla citata<br />

nota di codesto <strong>Ordine</strong>, nella quale erano indicate riportate le motivazioni che avevano portato<br />

ad attribuire anche gli addetti degli uffici stampa privati le medesime opportunità <strong>dei</strong> dipendenti<br />

pubblici, ferma restando per loro la presentazione di documentazione comprovante<br />

l’attività di ufficio stampa regolarmente retribuita da almeno due anni (buste paga o<br />

fatture).<br />

In entrambe le situazioni, pubblica e privata, era stata peraltro sempre subordinata la possibilità<br />

di applicazione delle normative agevolanti l’iscrizione ai soli soggetti svolgenti la funzione<br />

di addetto stampa entro i termini indicati dalla legge n.150/2000.<br />

Da ciò deriva che, comunque, coloro che avessero iniziato la loro attività successivamente<br />

a tale termine non avrebbero potuto beneficiare di dette previsioni, né l’eventuale frequenza<br />

ai Corsi dell’<strong>Ordine</strong> ex l.n. 150/2000 avrebbe potuto avere efficacia di sanatoria, atteso<br />

peraltro che la stessa era concorrente con altri requisiti di attività e non aveva di per sé carattere<br />

abilitante.<br />

In tal senso, si conferma che attualmente possono essere addetti agli uffici<br />

stampa degli enti pubblici solo coloro che sono già iscritti all’<strong>Ordine</strong> mentre per<br />

quanto concerne gli uffici stampa privati ai fini dell’iscrizione all’elenco pubblicisti<br />

valgono per loro le disposizioni generali della l.n. 69/1963, attività giornalistica<br />

continuativa e regolarmente documentata e retribuita per un biennio, a nulla<br />

rilevando a tal fine la frequenza a corsi di formazione ed aggiornamento sia<br />

pur specificatamente rivolti agli uffici stampa. Nel concreto, gli Ordini sono chiamati<br />

a valutare se l’attività documentata a supporto della richiesta di iscrizione<br />

sia di natura giornalistica o meramente commerciale.<br />

Si resta a disposizione per ogni utile apprendimento e si inviano distinti saluti.<br />

Il presidente Lorenzo Del Boca<br />

9


P R E V I D E N Z A<br />

Pres. M. Alemanno, rel. B. Bove - Delibera n. 106/2006, del 20 dicembre<br />

2006 - Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla<br />

gestione finanziaria dell’Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />

(Inpgi) - esercizi 2004 e 2005.<br />

Tutti i numeri dell’Inpgi 1 e 2 verificati<br />

(I primi pensionati dell’Inpgi2 incassano<br />

La Gestione principale Inpgi<br />

(o Inpgi1)<br />

A decorrere dal 1° gennaio 1995 l’Inpgi, come<br />

è noto, ha dismesso la veste di ente di diritto<br />

pubblico per assumere quella di persona<br />

giuridica privata, nella specie della fondazione,<br />

in conformità alle previsioni normative del<br />

decreto legislativo 30 giugno 1994, n.509.<br />

Nella nuova configurazione giuridica l’Istituto<br />

gode di autonomia gestionale, organizzativa<br />

e contabile nell’ambito del quadro giuridico e<br />

del regime <strong>dei</strong> controlli previsti dal decreto<br />

medesimo in ragione della natura, che rimane<br />

pubblica, dell’attività istituzionale dell’ente,<br />

articolata, a partire dal 1° gennaio 1996, in<br />

due diverse forme di previdenza.<br />

Di queste l’una, la più risalente nel tempo, ha<br />

per finalità la tutela previdenziale e assistenziale<br />

obbligatoria, sostitutiva dell’Ago, nei riguardi<br />

<strong>dei</strong> giornalisti professionisti e <strong>dei</strong> praticanti<br />

giornalisti, successivamente estesa alla<br />

categoria <strong>dei</strong> pubblicisti, titolari di rapporto di<br />

lavoro subordinato ed iscritti nell’Albo e nel<br />

Registro tenuti dall’<strong>Ordine</strong>.<br />

In favore di tali categorie di assicurati, l’ordinamento<br />

dell’Istituto contempla inoltre altri tipi<br />

di prestazioni, di natura assistenziale e facoltativa.<br />

In particolare, è compito dell’Istituto erogare<br />

ai medesimi la seguente estesa gamma di<br />

prestazioni (obbligatorie e facoltative): trattamenti<br />

pensionistici (invalidità, vecchiaia e superstiti;<br />

prepensionamenti ex art. 37 della L.<br />

416/1981; pensioni non contributive (equivalenti<br />

alle pensioni sociali Inps); liquidazione in<br />

capitale (agli iscritti ultrasessantacinquenni<br />

privi <strong>dei</strong> requisiti utili al pensionamento); liquidazione<br />

Tfr (a valere sull’apposito Fondo di<br />

garanzia di cui alla L. 297/1982); trattamenti<br />

temporanei di carattere assistenziale (assegni<br />

per il nucleo familiare, trattamenti di disoccupazione,<br />

trattamenti per cassa integrazione,<br />

indennità di mobilità, indennità per<br />

infortuni), prestazioni di natura creditizia (prestiti,<br />

mutui edilizi ipotecari); prestazioni per finalità<br />

sociali (borse e assegni di studio, ricoveri<br />

in case di riposo) ed una serie di altre<br />

prestazioni consistenti in sussidi straordinari,<br />

contributi per cure termali, assegni una tantum<br />

ai superstiti, assegni temporanei di inabilità,<br />

assegni di superinvalidità.<br />

Sono 16.675 i giornalisti contribuenti<br />

a fronte di 5.567 pensioni erogate<br />

Prospetto 1<br />

Iscritti 2003 2004 2005<br />

Professionisti 12.551 13.066 13.668<br />

Pubblicisti 1.241 1.607 1.901<br />

Praticanti 1.045 1.106 1.106<br />

TOTALE 14.837 15.779 16.675<br />

Prospetto 2<br />

2003 2004 2005<br />

PENSIONI DIRETTE<br />

- Vecchiaia 2.696 2.716 2.712<br />

- Prepensionamenti ex L. 416/81 329 331 337<br />

- Anzianità 408 476 566<br />

- Invalidità 100 105 109<br />

Totale pensioni dirette 3.533 3.628 3.724<br />

PENSIONI AI SUPERSTITI<br />

- Indirette 463 474 476<br />

- Reversibilità 1.308 1.319 1.367<br />

Totale pensioni superstiti 1.771 1.793 1.843<br />

TOTALE GENERALE 5.304 5.421 5.567<br />

Variazione % rispetto 1,5 2,2 2,7<br />

esercizio precedente<br />

Il rapporto tra iscritti attivi e pensionati<br />

(1 pensionato, 3 contribuenti)<br />

CORTE DEI CONTI - SEZIONE CONTROLLO ENTI<br />

Disoccupazione e Cigs. Nei prospetti n. 8<br />

e n. 9 sono riassunti i dati relativi, rispettivamente.<br />

ai trattamenti di disoccupazione ed alla<br />

cassa integrazione guadagni straordinaria.<br />

Prospetto 8<br />

(in migliaia di euro)<br />

TRATTAMENTO DISOCCUPAZIONE 2003 2004 2005<br />

numero beneficiari 1.354 1.415 1.475<br />

onere complessivo 8.183 7.738 8.029<br />

Prospetto 9<br />

(in migliaia di euro)<br />

INPGI<br />

Cigs 2003 2004 2005<br />

numero beneficiari 92 105 98<br />

onere complessivo 589 359 501<br />

Prospetto 12<br />

(in migliaia di euro)<br />

Nel 2005 l’80% delle entrate destinato<br />

alle pensioni.<br />

Riassuntivamente l’ammontare in ciascun<br />

esercizio di tutte le prestazioni obbligatorie e<br />

delle entrate contributive aventi la stessa natura<br />

è indicato nel prospetto n. 12 in cui sono<br />

altresì esposti i dati relativi al saldo tra contributi<br />

e prestazioni e all’incidenza percentuale<br />

di quest’ultime sui primi.<br />

2003 2004 2005<br />

Contributi obbligatori (compresi IVS) 308.847 337.760 353.322<br />

Prestazioni obbligatorie (comprese IVS) 257.422 269.909 284.081<br />

Differenza contr./prestaz. 51.425 67.851 69.241<br />

Incidenza % prestaz./contrib. 83,3 79,9 80,4<br />

Nel 2005, ammonta a 2 milioni e 288mila euro il contributo al sindacato<br />

CONTO ECONOMICO<br />

2003 2004 2005<br />

RISULTATO DELLA GESTIONE PATRIMONIALE (B) 26.534 34.676 36.931<br />

COSTI DI STRUTTURA<br />

Spese per gli organi 1.308 1.151 1.199<br />

Costo del personale 9.529 9.877 11.037<br />

Spese acquisto beni e servizi 1.722 2.291 2.027<br />

Contributo Ass. stampa e altri costi 2.015 2.362 2.288<br />

Oneri finanziari 31 28 23<br />

Ammortamenti 712 712 754<br />

TOTALE COSTI DI STRUTTURA (C) 15.317 16.421 17.328<br />

Dai dati esposti nei prospetti n. 1 e n. 2 si Riguardo all’onere globale per le altre prestazioni<br />

obbligatorie è da evidenziare che<br />

ricava che nel biennio il rapporto tra iscritti<br />

attivi e pensionati (evidenziato nel prospetto<br />

n. 4) ha conosciuto un lento ma continuo te, misura (dal 76,5% del 2003 al 69,4%<br />

esso è imputabile, in larga, ma decrescen-<br />

La riserva di garanzia<br />

miglioramento.<br />

del 2005), alla spesa complessivamente (5 annualità circa ai valori 2005)<br />

sostenuta per gli ammortizzatori sociali costituiti<br />

dal trattamento di disoccupazione e<br />

Prospetto 4<br />

dalla Cigs, entrambi tornati a crescere nel<br />

2005 dopo la flessione registrata nell’esercizio<br />

La riserva di garanzia Ivs, che costituisce nualità di pensione al 31 dicembre 1994 e<br />

precedente.<br />

la riserva tecnica, è risultata superiore, in la riserva Ivs, dopo la destinazione dell’a-<br />

Anno Iscritti Pensioni Rapporto<br />

2003 14.837 5.304 2,80<br />

Di questi solo il trattamento di disoccupazione<br />

è finanziato da entrate contributive (il legale minima (mgl euro 746.191, ammon-<br />

(a fronte <strong>dei</strong> 7,980 nell’esercizio preceden-<br />

entrambi gli esercizi esaminati, alla riserva vanzo di esercizio, risulta pari a 8,587 anni<br />

2004 15.779 5.421 2,91<br />

contributo, la cui aliquota è pari all’1,61%, tare questo corrispondente a cinque annualità<br />

te), mentre se il confronto viene operato<br />

2005 16.675 5.567 2,99<br />

è versato dalle aziende a titolo di assicurazione<br />

delle pensioni in essere al 31 di-<br />

con l’ammontare delle pensioni in essere al<br />

di disoccupazione), mentre le indennità<br />

cembre 1994, secondo quanto stabilito dal-<br />

31 dicembre 2005, il valore del rapporto tra<br />

Cigs sono a totale carico dell’Inpgi, cola<br />

legge 449/1997).<br />

la riserva Ivs (sempre dopo la destinazione<br />

sì come, per quanto riguarda i prepensionamenti<br />

Dai dati esposti nel prospetto seguente si dell’avanzo) e il detto ammontare è pari a<br />

ex L. 416/1981, gli oneri derivanti ricava che nel 2005 il rapporto tra una an- 4,715 anni (4,603 nel 2004).<br />

dall’accredito di contributi figurativi (c.d. scivolo).<br />

10 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


315 pensionati nel 2005<br />

Il numero delle pensioni Ivs in essere a fine<br />

2005 risulta pari a 315, a fronte delle 200 dell’esercizio<br />

precedente, con un onere complessivo,<br />

rispettivamente, di 175 e 115 mgl.<br />

(in media una pensione… di 46 euro al<br />

mese, ndr)<br />

Esonero di contribuzione per chi<br />

percepisce meno di 5mila euro annui<br />

In merito alla gestione previdenziale va infine<br />

detto che è condivisibile il motivato auspicio<br />

espresso dall’Istituto (cfr., a riguardo, il paragrafo<br />

n. 1.1) di una modifica legislativa che<br />

consenta l’esonero da contribuzione obbligatoria<br />

per i percettori di redditi derivanti da collaborazioni<br />

giornalistiche occasionali e di importo<br />

non superiore ai 5.000 euro annui.<br />

dalla Corte <strong>dei</strong> Conti<br />

46 euro al mese!)<br />

Il comma 763 rende l’Inpgi diverso dalle<br />

altre casse perché è sostitutivo dell’Inps:<br />

di fronte ai rischi della vertenza contrattuale<br />

è prudente studiare il ritorno dell’Istituto<br />

alla veste pubblica degli anni 1951/1994<br />

I riflessi della<br />

Finanziaria <strong>2007</strong><br />

La Gestione separata Inpgi<br />

(o Inpgi2)<br />

In merito all’altra forma di previdenza obbligatoria<br />

gestita dall’Inpgi va rammentato che<br />

essa trova origine nella normativa recata dal<br />

decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, in<br />

attuazione della quale sono stati inclusi tra gli<br />

assicurati, a decorrere dal 1° gennaio 1996, i<br />

giornalisti professionisti, i pubblicisti ed i praticanti<br />

che esercitano attività autonoma di libera<br />

professione ed è stata istituita la relativa<br />

gestione previdenziale separata (a seguito<br />

dell’istituzione di quest’ultima, contraddistinta<br />

anche mediante l’acronimo di Inpgi 2, l’altra<br />

gestione previdenziale, relativa agli assicurati<br />

lavoratori dipendenti, ha assunto la denominazione<br />

di Gestione principale o di Inpgi 1).<br />

La Gestione separata, che pure ha formato<br />

oggetto del precedente referto, garantisce ai<br />

propri iscritti, con il sistema contributivo a capitalizzazione,<br />

la pensione di invalidità, di vecchiaia<br />

e ai superstiti; provvede altresì all’erogazione<br />

del trattamento di maternità, spettante<br />

alle libere professioniste ai sensi della legge<br />

11 dicembre 1990, n. 379 e successive<br />

modificazioni.<br />

Prospetto 1<br />

Prospetto 2<br />

(in migliaia<br />

di euro)<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Le entrate contributive sono, a norma del<br />

Regolamento, costituite da contributi obbligatori<br />

e da una contribuzione facoltativa, rappresentati,<br />

i primi, dai seguenti:<br />

- contributo soggettivo, pari al 10% del reddito<br />

professionale netto di lavoro autonomo;<br />

- contributo integrativo, pari al 2% di tutti i corrispettivi<br />

che concorrono a formare il reddito<br />

imponibile dell’attività giornalistica autonoma,<br />

conseguito anche sotto forma di collaborazione<br />

coordinata e continuativa, contributo<br />

destinato alla copertura delle spese di gestione<br />

ed anche a colmare, come sopra detto,<br />

gli eventuali scarti negativi tra i tassi di rendimento<br />

del patrimonio ed i tassi di capitalizzazione;<br />

- contributo di maternità, la cui misura, originariamente<br />

fissata in lire 50.000 annue a carico<br />

di ciascun iscritto, è stata annualmente rivalutata<br />

raggiungendo nel 2005 l’importo di<br />

euro 29,59; e, la seconda, dal contributo soggettivo<br />

aggiuntivo che gli iscritti possono versare<br />

(con aliquota minima pari al 5% del reddito<br />

professionale).<br />

ISCRITTI 2003 2004 2005<br />

Professionisti 4.676 5.575 6.331<br />

Pubblicisti 11.464 12.931 14.224<br />

Praticanti 82 88 109<br />

Pubblicisti/Praticanti 463 471 507<br />

TOTALE 16.685 19.065 21.171<br />

PROVENTI 2003 2004 2005<br />

Contr. soggettivi 15.793 16.367 17.269<br />

Contr. integrativi 3.954 4.159 4.446<br />

Contr. maternità 445 508 571<br />

Totale contr. dell’anno 20.192 21.034 22.286<br />

Contr. anni precedenti 8.341 200 949<br />

Totale Contributi 28.533 21.234 23.235<br />

Sanzioni, int., recup. 920 1.428 820<br />

Totale proventi 29.453 22.662 24.055<br />

Secondo quanto riferito dall’Inpgi,<br />

una parte consistente degli iscritti<br />

(8.139 nel 2005) dichiara un<br />

reddito annuo non superiore a<br />

euro 5.000 e tra essi sono 5.039<br />

quelli che non superano i 1.500 euro<br />

di reddito.<br />

A determinare l’evoluzione della platea degli<br />

assicurati ha contribuito principalmente la categoria<br />

<strong>dei</strong> pubblicisti (con un’incidenza sul totale<br />

degli iscritti oscillante tra il 67 e il 68%),<br />

seguita da quella <strong>dei</strong> professionisti (con un’incidenza<br />

intorno al 29%), mentre sull’andamento<br />

crescente poco hanno influito, stante la<br />

loro limitata consistenza, le altre due categorie<br />

professionali costituite dai praticanti e dai<br />

pubblicisti/praticanti (pubblicisti iscritti anche<br />

nel Registro <strong>dei</strong> praticanti).<br />

Secondo quanto riferito dall’Inpgi, una parte<br />

consistente degli iscritti (8.139 nel 2005) dichiara<br />

un reddito annuo non superiore a euro<br />

euro 5.000 e tra essi sono n. 5.039 quelli che<br />

non superano i 1.500 euro di reddito.<br />

L’assoggettamento a contribuzione obbligatoria,<br />

seppur nella misura minima, di questi esigui<br />

redditi, provoca spesso, sempre secondo<br />

l’Istituto, insofferenza da parte degli obbligati,<br />

comportando poi, all’atto del pensionamento,<br />

l’erogazione di trattamenti di modestissima entità<br />

(che possono ridursi, in particolare per le<br />

pensioni di reversibilità, anche a poche decine<br />

di euro), e di qui l’auspicio, che non può che<br />

condividersi, di una modifica legislativa che<br />

consenta (a somiglianza di quanto in tal<br />

senso già previsto dall’art. 44 della L.<br />

326/2003 per la Gestione separata Inps di<br />

cui all’art. 26 comma 2 della L. 335/1995)<br />

l’esonero da contribuzione <strong>dei</strong> percettori di<br />

redditi derivanti da collaborazioni giornalistiche<br />

occasionali e di importo non superiore<br />

a 5.000 euro.<br />

Riguardo ai proventi della gestione previdenziale<br />

va preliminarmente ricordato che<br />

le entrate contributive sono state contabilizzate<br />

dall’Istituto in conformità al criterio indicato<br />

dalla direttiva ministeriale del 6 dicembre<br />

1999, secondo il quale “i contributi<br />

di competenza dell’anno” sono esclusivamente<br />

quelli correlati ai redditi conseguiti<br />

dagli iscritti nell’anno di riferimento del bilancio.<br />

Questo criterio (del quale l’Istituto ha più<br />

volte segnalato ai ministeri vigilanti l’opportunità<br />

di una modifica) comporta che la<br />

quantificazione ed imputazione al conto<br />

economico di detti contributi non si fonda<br />

sui dati reddituali dichiarati dagli iscritti bensì<br />

su una stima prudenziale del gettito contributivo<br />

(non essendo l’Istituto in possesso,<br />

al momento della redazione del consuntivo,<br />

delle denunce degli iscritti relative all’anno<br />

cui si riferisce il consuntivo stesso), e di qui<br />

l’ulteriore conseguenza che l’eccedenza, rispetto<br />

alle entrate stimate, di quelle effettivamente<br />

accertate sulla base delle denunce<br />

viene iscritta in successivo bilancio, sotto<br />

la voce “contributi di anni precedenti”.<br />

nota di Franco Abruzzo<br />

presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Con la sentenza 214/1972 la Corte costituzionale<br />

ha scritto che è “insussistente l’analogia<br />

fra la cassa di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e quelle degli avvocati, <strong>dei</strong> dottori commercialisti,<br />

<strong>dei</strong> ragionieri e <strong>dei</strong> geometri…<br />

Ancora meno sussiste poi una analogia tra<br />

la struttura e gli scopi della cassa <strong>dei</strong> giornalisti<br />

e le finalità di quella <strong>dei</strong> liberi professionisti<br />

di cui si è detto, perché la prima, e<br />

cioè l’Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong><br />

giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (legge<br />

20 dicembre 1951, n. 1564), cui possono<br />

iscriversi solo i giornalisti che hanno in atto<br />

un rapporto di lavoro, sostituisce a tutti gli effetti<br />

le corrispondenti forme di previdenza ed<br />

assistenza obbligatorie (art. 1) e cioè non solo<br />

quelle attinenti alla pensione di vecchiaia<br />

e invalidità, ma anche quelle che concernono<br />

la disoccupazione involontaria, la tubercolosi,<br />

le malattie e gli assegni famigliari (art.<br />

3), mentre le ricordate casse di liberi professionisti<br />

hanno compiti ben più limitati e circoscritti.<br />

In sostanza, la cassa <strong>dei</strong> giornalisti<br />

costituisce un settore autonomo del complesso<br />

sistema previdenziale predisposto a<br />

tutela <strong>dei</strong> lavoratori dipendenti e i cui compiti<br />

sono assolti principalmente dall’Inps e<br />

dall’Inam”. Questo principio è diventato norma<br />

ordinaria con il comma 763 della legge<br />

296/2006 (Finanziaria per il <strong>2007</strong>).<br />

Il comma 763, - che modifica il comma 12<br />

dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995 n.<br />

335 (riforma Dini) -, cancella il primo e il secondo<br />

periodo dello stesso comma 12 e li<br />

sostituisce con i seguenti: “Nel rispetto <strong>dei</strong><br />

princìpi di autonomia affermati dal decreto<br />

legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto<br />

legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e<br />

con esclusione delle forme di previdenza sostitutive<br />

dell’assicurazione generale obbligatoria,<br />

allo scopo di assicurare l’equilibrio di<br />

bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo<br />

2, comma 2, del suddetto decreto<br />

legislativo n. 509 del 1994, la stabilità delle<br />

gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti<br />

legislativi è da ricondursi ad un arco temporale<br />

non inferiore ai trenta anni”. Dalla riforma,<br />

quindi, sono escluse le forme di previdenza<br />

sostitutive dell’assicurazione generale<br />

obbligatoria: l’Inpgi è l’unica cassa sostitutiva<br />

dell’Inps (art. 76, punto 4, della legge<br />

388/2000). L’Inpgi, quindi, non ha l’obbligo di<br />

preparare previsioni attuariali proiettate fino al<br />

2037. L’Inpgi, invece, ha l’obbligo di avere una<br />

riserva tecnica pari a 5 annualità delle pensioni<br />

pagate nel 1994. Il comma 763 significa<br />

in sostanza che l’Inpgi ha natura pubblica<br />

e che è diverso dalle altre casse.<br />

RISERVA TECNICA. La relazione della<br />

Corte <strong>dei</strong> Conti sui bilanci 2004 e 2005<br />

(delibera 106/2006) mette in luce che “l’avanzo<br />

patrimoniale netto, composto dalla riserva<br />

di garanzia Ivs, dalla riserva generale<br />

e dall’avanzo di gestione, ha registrato un<br />

aumento pressoché costante, passando dai<br />

mln euro 1.122,8 del 2003 ai 1.210,7 del<br />

2004 ed ai 1.300,3 del 2005 (con un incremento<br />

finale del 15,8%). La riserva di garanzia<br />

IVS, che costituisce la riserva tecnica,<br />

è risultata superiore, in entrambi gli esercizi<br />

esaminati, alla riserva legale minima (mgl<br />

euro 746.191, ammontare questo corrispondente<br />

a cinque annualità delle pensioni in<br />

essere al 31 dicembre 1994, secondo quanto<br />

stabilito dalla legge 449/1997).<br />

Dai dati esposti si ricava che nel 2005 il rapporto<br />

tra una annualità di pensione al 31 dicembre<br />

1994 e la riserva Ivs, dopo la destinazione<br />

dell’avanzo di esercizio, risulta pari<br />

a 8,587 anni (a fronte <strong>dei</strong> 7,980 nell’esercizio<br />

precedente), mentre se il confronto viene<br />

operato con l’ammontare delle pensioni in<br />

essere al 31 dicembre 2005, il valore del<br />

rapporto tra la riserva Ivs (sempre dopo la<br />

destinazione dell’avanzo) e il detto ammontare<br />

è pari a 4,715 anni (4,603 nel 2004)”.<br />

ISCRITTI IN CRESCITA. “Va inoltre evidenziato<br />

che nel 2005 gli iscritti attivi sono stati<br />

16.675 (+5,7% rispetto al 2004); il rapporto<br />

tra iscritti e pensioni (passate complessivamente<br />

dalle 5.421 del 2004 alle 5.567 dell’esercizio<br />

successivo, con un incremento del<br />

2,7%) è risultato del 2,99 (2,91 nel 2004);<br />

l’indice di copertura della pensionistica IVS<br />

da parte del correlato gettito contributivo (entrate<br />

correnti + quelle riferite ad esercizi precedenti)<br />

è risultato, in entrambi gli esercizi,<br />

pari a 1,19; le uscite complessive della gestione<br />

previdenziale e assistenziale hanno<br />

inciso sul complesso delle entrate contributive<br />

(comprese sanzioni ed interessi) per il<br />

77,7% (76,8% nel 2004)” (Corte <strong>dei</strong> Conti -<br />

Delibera n. 106/2006, del 20 dicembre 2006).<br />

Scrive la Corte <strong>dei</strong> Conti nella delibera appena<br />

citata: “Alla lievitazione degli iscritti<br />

attivi ha contribuito, secondo le notizie<br />

fornite dall’Ente, l’ingresso nell’Inpgi <strong>dei</strong><br />

giornalisti operanti nella Pubblica Amministrazione<br />

(a riguardo vedasi il precedente<br />

referto) e la costante crescita <strong>dei</strong><br />

contratti Aer-Anti-Corallo (disciplinati dal<br />

contratto collettivo del lavoro giornalistico<br />

nelle aziende del settore dell’emittenza<br />

radiotelevisiva a diffusione locale).<br />

Quanto alla situazione occupazionale<br />

l’Istituto segnala che il trend ascendente<br />

<strong>dei</strong> rapporti di lavoro (i quali hanno mediamente<br />

raggiunto, nell’ultimo esercizio<br />

considerato, il numero complessivo di<br />

16.906), è dovuto principalmente alla crescita<br />

<strong>dei</strong> contratti a tempo indeterminato<br />

e, in minor misura, all’aumentato numero<br />

<strong>dei</strong> contratti a termine (riguardanti in gran<br />

parte il praticantato), ma con un tasso di<br />

incremento di quest’ultimi, nel 2005 rispetto<br />

all’esercizio precedente, molto superiore<br />

a quello registrato dai primi<br />

(11,87% a fronte del 5,07%). Dinanzi al fenomeno<br />

rappresentato dalla crescita <strong>dei</strong><br />

rapporti a tempo determinato (giunti nel<br />

2005 ad una media di n.1.649 ed incidenti<br />

per il 9,75% sul totale <strong>dei</strong> rapporti di lavoro),<br />

al quale si accompagnano spesso<br />

situazioni, tendenti a divenire stabili, di<br />

precarietà dell’occupazione, l’Inpgi ha deliberato,<br />

nel maggio 2004, di concedere<br />

uno sconto contributivo quasi totale a<br />

quelle aziende che avessero assunto un<br />

disoccupato per un anno e di impegnarsi<br />

a prolungare per altri dodici mesi lo<br />

sconto, qualora il contratto fosse stato<br />

trasformato a tempo indeterminato. Tale<br />

agevolazione contributiva non ha però<br />

prodotto, a differenza di analoga iniziativa<br />

assunta in passato, risultati di gran rilievo<br />

(84 contratti a termine stipulati e soltanto<br />

31 resi poi stabili)”.<br />

Prospetto 1 (vedi a pagina 10)<br />

LE PENSIONI. Scrive ancora la Corte <strong>dei</strong><br />

Conti sul fronte del numero <strong>dei</strong> pensionati: “A<br />

fronte dell’evidenziata consistenza annuale<br />

degli iscritti alla Gestione principale risulta, a<br />

fine di ciascun esercizio, gravante sulla<br />

Gestione medesima il seguente numero di<br />

trattamenti pensionistici obbligatori Ivs (invalidità,<br />

vecchiaia e superstiti), ripartiti secondo<br />

le varie tipologie, trattamenti i cui dati di flusso<br />

annuale, sono evidenziati nell’ulteriore<br />

prospetto.<br />

Prospetto 2 (vedi a pagina 10)<br />

“Dai dati esposti nei prospetti n. 1 e n. 2 si ricava<br />

che nel biennio il rapporto tra iscritti attivi<br />

e pensionati (evidenziato nel prospetto n.<br />

4) ha conosciuto un lento ma continuo miglioramento.<br />

Prospetto 4 (vedi a pagina 10)<br />

segue<br />

11


P R E V I D E N Z A<br />

INPGI<br />

segue dalla pagina precedente<br />

IL FUTURO. Il futuro della professione, però,<br />

è incerto. La Fieg punta a distruggere l’attuale<br />

contratto e la figura stessa del giornalista<br />

professionista dipendente di una testata. Gli<br />

editori vogliono la gran parte <strong>dei</strong> giornalisti liberi<br />

professionisti ed i “capi” delle strutture redazionali<br />

licenziabili con l’attribuzione agli<br />

stessi della qualifica dirigenziale. La cancellazione<br />

dello scatto biennale (pagato oggi al<br />

6%) arrecherebbe un danno non solo alle tasche<br />

<strong>dei</strong> giornalisti ma sarebbe drammatico<br />

per la vita dell’Inpgi. La Fieg sostiene che questo<br />

quadro è figlio della globalizzazione dell’informazione:<br />

la rete è ricca di notizie. Si tratta<br />

di avere nelle redazioni un pugno di ragazzetti<br />

pronti a tagliare e incollare i testi sotto lo<br />

sguardo di pochi “capi”. La polpa <strong>dei</strong> giornali<br />

sarebbe affidata ai commentatori (ambasciatori,<br />

professori universitari, avvocati, commercialisti,<br />

etc.). I giornalisti professionisti sarebbero<br />

inutili.<br />

L’INPGI, NONOSTANTE QUESTI NUMERI,<br />

DEVE TORNARE PUBBLICO (COME L’IN-<br />

PS), PERCHÉ I GIORNALISTI NON DEVO-<br />

NO CONVIVERE CON IL RISCHIO DI RICE-<br />

VERE UN CERTO GIORNO LA PENSIONE<br />

SOCIALE. Voglio l’Inpgi pubblico come l’Inps<br />

per sentirmi, andando avanti negli anni (Dio<br />

volendo), più sicuro per quanto riguarda l’accredito<br />

mensile della pensione sul conto corrente<br />

bancario. E non sono il solo a pensarla<br />

così. L’Inpgi privatizzato, privo dello scudo pubblico,<br />

mi fa paura. Secondo il ministero del<br />

Lavoro, tutte le casse privatizzate hanno una<br />

prospettiva non certa. Nessuno dice che se le<br />

cose dovessero andare male (faccio scongiuri),<br />

lo Stato, secondo una sentenza della Corte<br />

costituzionale, dovrà sì garantire il diritto alla<br />

pensione ma non avrà l’obbligo di garantire il<br />

“quantum” (cioè l’assegno in essere). Ne consegue<br />

che lo Stato assolverà il suo obbligo<br />

(articolo 38 della Costituzionale) passando ai<br />

giornalisti iscritti all’Inpgi soltanto l’assegno sociale<br />

(meno di 600 euro al mese). Perché dobbiamo<br />

correre simili paurosi rischi Perché<br />

non riflettere sulla necessità di ritornare al<br />

pubblico e al “come eravamo” fino al 1994.<br />

L’Inpgi non ammette la pericolosità potenziale<br />

<strong>dei</strong> bilanci anche se incassiamo 100 e spendiamo<br />

77. Fortunatamente l’Inpgi è l’unica cassa<br />

privatizzata qualificata dall’articolo 76 (punto<br />

4) della legge 388/2000 “ente sostitutivo<br />

dell’Inps”. L’altro collegamento Inpgi-Inps è<br />

rappresentato dall’articolo 3 della “legge<br />

Vigorelli” (n. 1122/1955): i due enti, in presenza<br />

di contributi versati all’uno e all’altro Istituto,<br />

danno la pensione pro-quota (cioè “ripartita in<br />

proporzione dell’importo <strong>dei</strong> contributi a ciascuno<br />

versati”). Questi collegamenti con l’Inps,<br />

in caso di emergenze, potrebbero significare<br />

la salvezza. Nessuno ha la palla di vetro. Il problema<br />

è: in futuro aumenteranno gli occupati<br />

stabili o no Gli editori dicono di no. Dalla ri-<br />

sposta dipende il futuro dell’Inpgi. Preparare<br />

scenari diversi (tra cui quello del ritorno al pubblico)<br />

è soltanto una misura dettata dalla prudenza.<br />

Significa comportarsi da buoni padri di<br />

famiglia.<br />

L’ALLARME DELL’ATTUARIO. “L’Inpgi evidenzia<br />

dal 1° gennaio 2017 uno squilibrio<br />

che non consente di fronteggiare, nel lungo<br />

periodo, il pagamento delle pensioni<br />

promesse agli iscritti mediante le risorse<br />

derivanti dalla contribuzione corrente”:<br />

questa affermazione è sottoscritta dal prof.<br />

Fulvio Gismondi, titolare di uno studio di consulenza<br />

finanziaria e attuariale, che, in data<br />

30 agosto 2004, ha trasmesso al presidente<br />

dell’Inpgi una “Relazione al bilancio tecnico al<br />

31 dicembre 2003 della Gestione Previdenziale<br />

Principale dell’Inpgi”.<br />

Il prof. Gismondi scrive ancora: “Ritengo opportuno<br />

precisare quanto segue:<br />

1. Dalle simulazioni attuariali eseguite, ed<br />

in particolare dalle dinamiche descritte nei<br />

bilanci tecnici, emergono alcuni rilevanti<br />

tendenze.<br />

2. Con riferimento alla Gestione Principale,<br />

il Fondo evidenzia dal 1° gennaio 2017 uno<br />

squilibrio che non consente di fronteggiare,<br />

nel lungo periodo, il pagamento delle<br />

pensioni promesse agli iscritti mediante le<br />

risorse derivanti dalla contribuzione corrente.<br />

3. La natura dello squilibrio è di tipo strutturale:<br />

l’attuale modello contributi/prestazioni,<br />

sancito dal Regolamento, stante l’attuale<br />

assetto demografico del Fondo, non<br />

consente ipotesi di equilibrio tendenziale<br />

della gestione in ripartizione.<br />

4. Peraltro l’ottimizzazione dell’area finanziaria<br />

ed amministrativa del Fondo non<br />

può essere considerata una soluzione di<br />

riequilibrio della gestione previdenziale; in<br />

primo luogo perché l’attuale “stato dell’arte”<br />

presenta una condizione in linea con<br />

quella di enti analoghi, in secondo luogo<br />

perché pur ulteriormente ottimizzando le<br />

aree in questione (attivazione di strategie<br />

di asset allocation coerenti con la struttura<br />

temporale degli impegni del Fondo, perfetto<br />

allineamento tra entrate e uscite, ulteriore<br />

contenimento delle spese) il risultato<br />

prodotto potrebbe posporre, peraltro<br />

marginalmente, l’epoca del default senza<br />

incidere strutturalmente sulla condizione<br />

di squilibrio del Fondo”.<br />

A questo punto bisogna parlarsi chiaro ed<br />

avere buon senso. Se la situazione è quella<br />

descritta dal prof. Gismondi e se è vero che<br />

nei prossimi anni le uscite (pensioni) supereranno<br />

le entrate (contributi), allora bisognerà<br />

riconsiderare la scelta fatta nel 1994, cioè la<br />

privatizzazione dell’Istituto. Bisogna tornare<br />

ad essere ente pubblico, come l’Inpgi lo era<br />

tra il 1951 e il 1994.<br />

Franco Abruzzo<br />

DOCUMENTAZIONE NORMATIVA<br />

Legge 296/2006.<br />

Disposizioni per la formazione<br />

del bilancio annuale e pluriennale<br />

dello Stato (Finanziaria <strong>2007</strong>)<br />

Gu 299 del 27.12.2006<br />

(Supplemento ordinario 244)<br />

Comma 763. All’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il primo e il secondo<br />

periodo sono sostituiti dai seguenti: “Nel rispetto <strong>dei</strong> princìpi di autonomia affermati<br />

dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996,<br />

n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale<br />

obbligatoria, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto<br />

previsto dall’articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la stabilità<br />

delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un<br />

arco temporale non inferiore ai trenta anni. Il bilancio tecnico di cui al predetto articolo<br />

2, comma 2, è redatto secondo criteri determinati con decreto del ministro del Lavoro e<br />

della Previdenza sociale di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sentite<br />

le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal<br />

Consiglio nazionale degli attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale.<br />

In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, comma<br />

2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio<br />

finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione<br />

alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti<br />

suddetti e comunque tenuto conto <strong>dei</strong> criteri di gradualità e di equità fra generazioni.<br />

Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l’ente<br />

interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, possono<br />

essere adottate le misure di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno<br />

1994, n. 509”. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati<br />

dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai ministeri vigilanti prima della data<br />

di entrata in vigore della presente legge.<br />

Il vecchio comma 12 (art 3 legge 335/1995)<br />

12. Nel rispetto <strong>dei</strong> princìpi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno<br />

1994, n. 509 (60), relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo di assicurare<br />

l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, del<br />

predetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi ad<br />

un arco temporale non inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione di<br />

quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli<br />

enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione<br />

<strong>dei</strong> coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del<br />

trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità<br />

già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti<br />

suddetti. Nei regimi pensionistici gestiti dai predetti enti, il periodo di riferimento<br />

per la determinazione della base pensionabile è definito, ove inferiore, secondo<br />

i criteri fissati all’articolo 1, comma 17, per gli enti che gestiscono forme di<br />

previdenza sostitutive e al medesimo articolo 1, comma 18, per gli altri enti. Ai fini<br />

dell’accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, trovano applicazione le disposizioni<br />

di cui all’articolo 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di previdenza<br />

sostitutive, e al medesimo articolo 1, comma 28, per gli altri enti. Gli enti<br />

possono optare per l’adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente<br />

legge.<br />

Inpgi a Fieg: “Grave e provocatorio<br />

il blocco della riforma previdenziale”<br />

Roma, 10 gennaio <strong>2007</strong>.<br />

È “gravissimo” che la Federazione<br />

degli editori blocchi<br />

la riforma previdenziale<br />

varata dall’Inpgi a giugno<br />

2005: un atteggiamento diventato<br />

“provocazione”<br />

quando la Fieg ha affermato<br />

di collegare il proprio parere<br />

sulla riforma, previsto<br />

dalla legge, con la conclusione<br />

della trattativa per il<br />

rinnovo del contratto giornalistico.<br />

È quanto denuncia il<br />

Consiglio generale dell’Inpgi,<br />

che fa il punto della<br />

situazione in un ordine<br />

del giorno approvato oggi.<br />

“La Federazione italiana<br />

editori giornalisti - si legge<br />

nell’ordine del giorno - da<br />

mesi sta conducendo un<br />

durissimo attacco contro i<br />

giornalisti e il loro sindaca-<br />

to, negando la disponibilità<br />

ad iniziare il confronto per<br />

il rinnovo del contratto,<br />

scaduto nel lontano febbraio<br />

2005. Tale attacco è<br />

stato esteso da tempo anche<br />

alla previdenza di categoria,<br />

gestita dall’Inpgi.<br />

Infatti, dopo aver concorso<br />

ad approvare il 30 giugno<br />

2005 nel Cda dell’ente una<br />

riforma previdenziale che<br />

lo stesso ministero del<br />

Lavoro aveva sollecitato a<br />

garanzia delle generazioni<br />

future, la Fieg ha bloccato<br />

(e tutt’ora tiene in ostaggio)<br />

la relativa delibera, rifiutandosi<br />

di esprimere in sede<br />

sindacale il parere formale<br />

previsto dal decreto legislativo<br />

509/94”.<br />

Per il Consiglio generale<br />

dell’Istituto di previdenza,<br />

“si tratta di un atto gravissimo,<br />

che ha assunto gli inquietanti<br />

contorni della provocazione<br />

allorché la<br />

Federazione editori ha giustificato<br />

tale decisione asserendo<br />

di voler collegare<br />

il proprio parere alla conclusione<br />

della trattativa<br />

contrattuale: che la stessa<br />

Fieg, tuttavia, ha rifiutato e<br />

rifiuta di iniziare. Ma la provocazione<br />

è cresciuta recentemente,<br />

dopo 16 mesi<br />

di vana attesa, allorché la<br />

stessa Fieg ha notificato la<br />

pregiudiziale di voler porre<br />

nuove condizioni per esprimere<br />

il sospirato parere:<br />

più posti assegnati agli editori<br />

nel Cda Inpgi, fino a<br />

raggiungere la pariteticità”.<br />

“In una recente riunione<br />

svoltasi al ministero del Lavoro<br />

- si ricorda ancora<br />

nell’odg - i rappresentanti<br />

dell’Inpgi, rispondendo al<br />

ministro Damiano che si<br />

esprimeva a favore di un<br />

tentativo di riproporzionamento,<br />

hanno fatto presenti<br />

le due seguenti considerazioni,<br />

fatte proprie dal<br />

Cda nella riunione del 19<br />

dicembre e che oggi il<br />

Consiglio generale condivide<br />

integralmente:<br />

1) L’attuale composizione<br />

del Consiglio di amministrazione<br />

dell’Inpgi è pienamente<br />

coerente con<br />

quanto previsto dal decreto<br />

legislativo 509/94; inoltre ai<br />

criteri di composizione previsti<br />

espressamente nell’articolo<br />

1, comma 4, lettera<br />

a) dello stesso decreto,<br />

si è fatto puntualmente riferimento<br />

- con l’assenso <strong>dei</strong><br />

ministeri vigilanti - al momento<br />

di formazione del<br />

nuovo Cda dell’ente privatizzato.<br />

2) L’invito al dialogo rivolto<br />

dal ministero del Lavoro<br />

potrà essere accolto, purché<br />

in stretto collegamento<br />

a quanto esposto al punto<br />

(1) e a condizione che in<br />

via preventiva venga eliminato<br />

ogni blocco da parte<br />

della Fieg”.<br />

“È quindi innanzitutto indispensabile<br />

che la riforma<br />

previdenziale e la delibera<br />

per il riassorbimento <strong>dei</strong> disoccupati,<br />

approvata nel<br />

giugno del 2006 - continua<br />

l’Inpgi - siano liberate e riconsegnate<br />

per la ratifica<br />

ai ministeri del Lavoro e<br />

dell’Economia. Solo in seguito<br />

sarà possibile aprire<br />

un confronto, che non dovrà<br />

tuttavia trascurare l’autonomia<br />

organizzativa,<br />

contabile e amministrativa<br />

che il dlgs 509/94 riconosce<br />

agli enti privatizzati, e<br />

che dovrà anche occuparsi,<br />

tra l’altro, di evitare che<br />

per il futuro abbiano a ripetersi<br />

altri veti impropri, e<br />

certamente non voluti dal<br />

legislatore”. Il Consiglio generale,<br />

infine, “giudica rilevante<br />

il parere pro-veritate<br />

redatto dal prof. Sorrentino<br />

e impegna il Cda a dare attuazione<br />

alle indicazioni<br />

conclusive dell’atto, al fine<br />

di favorire, da parte del ministero<br />

del Lavoro, la definitiva<br />

approvazione delle<br />

delibere riguardanti la<br />

riforma previdenziale ed il<br />

riassorbimento <strong>dei</strong> giornalisti<br />

disoccupati e cassintegrati”.<br />

(ANSA)<br />

12 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


La riforma pensionistica rende difficile<br />

per i giovani rimasti senza lavoro<br />

il ricorso all’indennità di disoccupazione<br />

materiali raccolti da Franco Abruzzo<br />

Milano, 21 gennaio <strong>2007</strong>. La riforma pensionistica<br />

dell’Inpgi - bloccata dal veto della Fieg - punisce i giovani<br />

giornalisti assunti a tempo determinato e rimasti<br />

poi privi di lavoro. Oggi chi lavora tre mesi può chiedere<br />

all’Istituto una indennità di disoccupazione di tre<br />

mesi. Quando la riforma diventerà operativa questa soluzione<br />

non sarà possibile. Per tutti i futuri iscritti il diritto<br />

di accesso all’indennità di disoccupazione scatterà<br />

dopo che sia stato maturato un biennio di iscrizione<br />

all’Istituto.<br />

La riforma prevede: a) per tutti i futuri iscritti il diritto<br />

di accesso all’indennità di disoccupazione dopo che<br />

sia stato maturato un biennio di iscrizione; b) il periodo<br />

di disoccupazione indennizzabile rapportato alle<br />

sole giornate contrattualizzate; c) l’introduzione di un<br />

termine per la richiesta <strong>dei</strong> ratei di disoccupazione.<br />

Va detto che l’Inpgi, come si potrà vedere qui sotto, incassa<br />

ogni anno dagli editori da 15 a 17 milioni di euro<br />

per far fronte alle spese per la indennità di disoccupazione<br />

e ne spende in media la metà. Come si giustifica<br />

allora la stretta<br />

NORMATIVA IN VIGORE OGGI - QUANDO SI HA DIRITTO<br />

Prospetto 7<br />

(in migliaia di euro)<br />

Il giornalista disoccupato ha diritto all’indennità<br />

quando abbia almeno 12 contributi<br />

mensili, per l’assicurazione contro la disoccupazione,<br />

accreditati (versati o dovuti) nel<br />

biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.<br />

Il diritto all’indennità si consegue anche nel<br />

caso in cui siano stati prestati almeno 3 mesi<br />

di attività lavorativa nel biennio precedente<br />

lo stato di disoccupazione, per i quali<br />

siano stati accreditati (versati o dovuti) i contributi.<br />

In questo caso però l’indennità sarà<br />

corrisposta per un numero di mesi pari alle<br />

mensilità di contribuzione accreditata. In<br />

questa seconda ipotesi si parla di ammissione<br />

al trattamento con requisito ridotto.<br />

I contributi accreditati durante il periodo di lavoro<br />

a termine stipulato ai sensi del decreto<br />

Treu (con la defiscalizzazione) o similari, non<br />

danno diritto all’indennità di disoccupazione.<br />

(da: www.inpgi.it/prestazioni/inpgi_prestazioni-obbligatorie-disoccupazione.htm)<br />

Le altre prestazioni erogate dall’Inpgi<br />

(dalla relazione della Corte <strong>dei</strong> Conti ai bilanci 2004 e 2005)<br />

Oltre alle pensioni Ivs, che costituiscono la<br />

parte preponderante dell’attività istituzionale,<br />

la Gestione principale eroga, come già ricordato,<br />

una serie di altre prestazioni di carattere<br />

obbligatorio, quali indicate, con i corrispondenti<br />

costi annui, nel prospetto n. 6.<br />

Gli altri contributi obbligatori (esclusi cioè<br />

Prospetto 6<br />

(in migliaia di euro)<br />

LA RIFORMA DEL 1° LUGLIO 2005 (ancora<br />

non operativa).<br />

Trattamento di disoccupazione - Sono<br />

confermati i trattamenti che all’Inpgi sono di<br />

gran lunga superiori rispetto all’Inps. Sono<br />

state introdotte, inoltre, più favorevoli misure<br />

di sostegno per i dipendenti di aziende in crisi,<br />

fallite o in liquidazione, che perdano il lavoro<br />

in età variante tra i 40 e i 55 anni. In questi<br />

casi sarà accordato un accredito aggiuntivo<br />

di contributi figurativi variabile tra i 6 e i 12<br />

mesi. La riforma prevede inoltre: a) per tutti i<br />

futuri iscritti il diritto di accesso all’indennità di<br />

disoccupazione dopo che sia stato maturato<br />

un biennio di iscrizione; b) il periodo di disoccupazione<br />

indennizzabile rapportato alle sole<br />

giornate contrattualizzate; c) l’introduzione di<br />

un termine per la richiesta <strong>dei</strong> ratei di disoccupazione.<br />

(da:www.inpgi.it/circolari/2005/inpgi_cir<br />

colari-2005-ratifica-riforma-previdenziale.htm)<br />

quelli per Ivs) ed il rispettivo gettito annuo sono<br />

evidenziati nell’ulteriore prospetto (n. 7),<br />

dal quale risulta che il loro ammontare complessivo<br />

nel 2005 è aumentato del 13,1% rispetto<br />

al 2003, per effetto di incrementi che,<br />

seppur in varia misura, hanno interessato tutte<br />

le tipologie di contribuzione.<br />

ALTRE PRESTAZIONI OBBLIGATORIE 2003 2004 2005<br />

Liquidazione in capitale 14 6 53<br />

Pensioni non contributive 158 165 170<br />

Assegni familiari 155 190 209<br />

Trattamenti disoccupazione 8.183 7.738 8.029<br />

Gestione infortuni* 1.554 2.153 2.222<br />

Fondo garanzia trattamento fine rapporto 696 568 1.097<br />

Assegni per cassa integrazione 590 359 501<br />

Indennità cassa integrazione 104 0 0<br />

contr. solidarietà<br />

Indennità di mobilità 8 0 0<br />

Totale 11.462 11.179 12.281<br />

*Nel 2005 tra i costi figura anche l’accantonamento al Fondo infortuni dell’avanzo economico<br />

della<br />

Gestione, pari a mgl 737 di euro, accantonamento previsto dall’art. 6 della convenzione con la<br />

Fnsi<br />

ALTRI CONTRIBUTI OBBLIGATORI 2003 2004 2005<br />

Contributi Disoccupazione 15.947 17.029 17.629<br />

Contributi TBC anni precedenti* 38 32 15<br />

Contributi assegni familiari 487 516 534<br />

Contributi assicurazione infortuni 1.424 2.069 2.157<br />

Contributi mobilità 1.982 2.087 2.150<br />

Contributi fondo garanzia indennità anzianità 2.896 3.084 3.197<br />

Contributi di solidarietà 3.309 3.696 3.812<br />

Totale 26.083 28.513 29.494<br />

* Il contributo dello 0,05% per la TBC è stato soppresso dall’1/1/2000 (art. 3 della L. 448/1998)<br />

A fine biennio l’ammontare complessivo delle<br />

prestazioni elencate nel prospetto n. 6, è<br />

aumentato del 7,1% rispetto al 2003, con un<br />

tasso annuo di crescita più elevato nel 2005<br />

(9,8% contro il 7,5% dell’esercizio precedente)<br />

a causa, prevalentemente, delle variazioni<br />

della spesa per i trattamenti di disoccupazione<br />

e della lievitazione degli oneri per il trattamento<br />

di fine rapporto, mentre minor peso<br />

ha avuto l’aumento della spesa per la cassa<br />

integrazione guadagni straordinaria.<br />

Riguardo all’onere globale per le altre prestazioni<br />

obbligatorie è da evidenziare che esso<br />

è imputabile, in larga, ma decrescente, misura<br />

(dal 76,5% del 2003 al 69,4% del 2005),<br />

alla spesa complessivamente sostenuta per<br />

gli ammortizzatori sociali costituiti dal trattamento<br />

di disoccupazione e dalla Cigs, entrambi<br />

tornati a crescere nel 2005 dopo la<br />

flessione registrata nell’esercizio precedente.<br />

Riguardo all’onere globale per le altre prestazioni<br />

obbligatorie è da evidenziare che esso<br />

è imputabile, in larga, ma decrescente, misura<br />

(dal 76,5% del 2003 al 69,4% del 2005),<br />

alla spesa complessivamente sostenuta per<br />

Prospetto 8 (in migliaia di euro)<br />

gli ammortizzatori sociali costituiti dal trattamento<br />

di disoccupazione e dalla Cigs, entrambi<br />

tornati a crescere nel 2005 dopo la<br />

flessione registrata nell’esercizio precedente.<br />

Di questi solo il trattamento di disoccupazione<br />

è finanziato da entrate contributive (il contributo,<br />

la cui aliquota è pari all’1,61%, è versato<br />

dalle aziende a titolo di assicurazione di<br />

disoccupazione), mentre le indennità Cigs sono<br />

a totale carico dell’Inpgi, così come, per<br />

quanto riguarda i prepensionamenti ex L.<br />

416/1981, gli oneri derivanti dall’accredito di<br />

contributi figurativi (c.d. scivolo).<br />

Dal raffronto <strong>dei</strong> dati esposti nei prospetti n. 8<br />

e n. 9 risulta che, pur in presenza di un analogo<br />

andamento altalenante degli oneri sostenuti<br />

per i due ammortizzatori sociali, non<br />

sono variati nello stesso senso i rispettivi beneficiari.<br />

Tale divergenza trova spiegazione<br />

nel fatto che l’entità degli oneri è determinata<br />

non solo dal numero <strong>dei</strong> beneficiari, ma anche<br />

dall’ammontare <strong>dei</strong> trattamenti liquidati e<br />

dalla loro durata (sulla quale influiscono le interruzioni<br />

<strong>dei</strong> trattamenti per avvenuta rioccupazione<br />

<strong>dei</strong> beneficiari).<br />

TRATTAMENTO DISOCCUPAZIONE 2003 2004 2005<br />

numero beneficiari<br />

onere complessivo 1.354 1.415 1.475<br />

8.183 7.738 8.029<br />

Prospetto 9<br />

(in migliaia di euro)<br />

CIGS 2003 2004 2005<br />

numero beneficiari<br />

onere complessivo 92 105 98<br />

589 359 501<br />

Previsioni attuariali che restano<br />

a 15 anziché tararsi<br />

su 30 anni. E obblighi invariati<br />

- sempre con riserva<br />

tecnica pari a cinque annualità<br />

delle pensioni pagate<br />

nel 1994 - per l’Inpgi,<br />

l’Istituto di previdenza <strong>dei</strong><br />

giornalisti, esplicitamente<br />

escluso dal comma 763<br />

della Finanziaria <strong>2007</strong> che<br />

ha raddoppiato l’equilibrio<br />

<strong>dei</strong> conti nel lungo periodo<br />

e aumentato l’autonomia<br />

delle Casse privatizzate dal<br />

Dlgs 509/1994. Tutte tran-<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

<strong>Giornalisti</strong>: riordino fermo.<br />

Inpgi, con la Finanziaria<br />

l’orizzonte resta a 15 anni<br />

ne, appunto, l’Inpgi che il<br />

comma 763 (modificando<br />

l’articolo 3, comma 12, della<br />

legge 335/95) chiama<br />

fuori dalle nuove misure in<br />

quanto «previdenza sostitutiva<br />

dell’assicurazione<br />

generale obbligatoria».<br />

Ovvero, dell’Inps.<br />

«Una richiesta - ha spiegato<br />

Giovanni Battafarano,<br />

capo della segreteria<br />

tecnica del ministro<br />

del Lavoro, Cesare Damiano<br />

- espressa direttamente<br />

dall’Inpgi, in una<br />

logica opposta rispetto<br />

alle Casse professionali<br />

aderenti all’Adepp».<br />

Ma la principale partita dell’Inpgi<br />

resta l’approvazione,<br />

da parte del ministero, delle<br />

delibere di riforma delle<br />

pensioni ( n. 6/2005) e degli<br />

incentivi alle assunzioni<br />

(n. 62/2006). «Congelate -<br />

dice Battafarano - non per<br />

volontà del ministro, ma<br />

perché manca (in base all’articolo<br />

3, comma 2, del<br />

Dlgs 509/94 la volontà di<br />

ratifica da parte degli edito-<br />

ri», che, in cambio, chiedono<br />

di aumentare il proprio<br />

“peso” nella governance<br />

dell’Inpgi.<br />

Sul punto, venerdì è atteso<br />

un incontro tra Damiano,<br />

Fnsi, Inpgi e Fieg.«E se il<br />

veto dovesse proseguire -<br />

ha concluso Battafarano - il<br />

dicastero chiederà un parere<br />

al Consiglio di Stato<br />

per capire bene se e quali<br />

prerogative ha il ministero<br />

vigilante per uscire dall’impasse».<br />

L.Ca.<br />

Giancarlo Zingoni<br />

(Fieg)<br />

“Anche<br />

lo Statuto<br />

dell’impresa<br />

in costruzione<br />

a Palazzo<br />

Chigi<br />

aggraverà<br />

le relazioni<br />

con la Fnsi”<br />

Roma, 10 gennaio <strong>2007</strong>.<br />

“Anche lo Statuto dell’impresa<br />

in costruzione a<br />

Palazzo Chigi, nell’ambito<br />

della riforma dell’editoria,<br />

aggraverà le relazioni con<br />

la Fnsi”. Questo è il cuore<br />

dell’intervento dell’avvocato<br />

Giancarlo Zingoni, vicedirettore<br />

generale della<br />

Fieg e vicepresidente dell’Inpgi,<br />

all’assemblea generale<br />

dell’Istituto.<br />

Secondo Zingoni, l’iniziativa<br />

del Governo crea un<br />

quadro di incertezza sull’assetto<br />

delle imprese<br />

editoriali e finisce con<br />

“l’allontanare il rinnovo<br />

del contratto”. Lo Statuto<br />

punta a dividere gestione<br />

giornalistica delle testate<br />

e proprietà delle imprese<br />

editoriali, “creando un<br />

nuovo equilibrio <strong>dei</strong> poteri<br />

tra editori e giornalisti,<br />

prospettiva inaccettabile”.<br />

13


La vicenda in tre lettere<br />

Damiano blocca la riforma pensionistica e la delibera<br />

sul riassorbimento <strong>dei</strong> disoccupati perché<br />

per lui è prioritario dare più posti alla Fieg<br />

nel Consiglio di amministrazione dell’Istituto<br />

INPGI<br />

Dal nostro corrispondente<br />

Roma, 7 gennaio <strong>2007</strong>. Il<br />

ministro del Lavoro, Cesare<br />

Damiano, purtroppo è<br />

schierato dalla parte degli<br />

editori. Così si spiega, dopo<br />

le intese di fatto tra Fieg ed<br />

Fnsi, il “congelamento” della<br />

delibera n. 6/2005 e della<br />

delibera n. 62/2006 relative<br />

alla riforma pensionistica e<br />

agli incentivi per l’assunzione<br />

di giornalisti disoccupati<br />

e cassintegrati.<br />

Il presidente dell’Inpgi,<br />

Gabriele Cescutti, nella lettera<br />

14 dicembre 2006, ha<br />

tenuto un atteggiamento dignitoso<br />

e fermo, quando ha<br />

scritto:<br />

“Onorevole Ministro, nell’incontro<br />

tenutosi martedì<br />

sera 12 dicembre<br />

presso il Suo Dicastero,<br />

Ella ha espresso l’avviso<br />

che allo stato attuale non<br />

sia possibile dar corso all’approvazione<br />

delle due<br />

delibere adottate dall’Inpgi,<br />

aventi ad oggetto<br />

la riforma del nostro sistema<br />

previdenziale ed il<br />

riassorbimento <strong>dei</strong> disoccupati<br />

e <strong>dei</strong> cassaintegrati.<br />

E ciò in quanto non si è<br />

raggiunto un accordo per<br />

il riproporzionamento della<br />

rappresentanza della<br />

Fieg in seno agli Organi<br />

deliberativi dell’Istituto;<br />

accordo che porterebbe<br />

alla risoluzione contestuale<br />

delle problematiche<br />

Inpgi. Lei ha anche dichiarato<br />

che, in assenza<br />

di intese tra le parti (che<br />

Ella caldeggia e che auspica<br />

possano essere al<br />

più presto raggiunte al tavolo<br />

da Lei aperto) si riserva<br />

di avanzare una<br />

Sua proposta, al fine di<br />

pervenire comunque alla<br />

ridefinizione dell’assetto<br />

del Consiglio di amministrazione<br />

dell’Inpgi. Nel<br />

mio intervento ho assicurato<br />

che l’Ente è disponibile<br />

a discutere il problema<br />

e a trovare una soluzione<br />

condivisa con le altri<br />

parti coinvolte, purché<br />

il confronto non sia posto<br />

in relazione con la questione<br />

affatto diversa dell’approvazione<br />

delle delibere<br />

adottate dall’Inpgi, le<br />

quali dovrebbero essere<br />

liberate in via preliminare”.<br />

Nella prima settimana dell’anno<br />

i contatti tra l’Inpgi e<br />

il ministero del Lavoro sono<br />

stati frenetici.<br />

L’incontro ufficiale era previsto<br />

per il 12 gennaio (tra<br />

Damiano e le delegazioni di<br />

Fnsi, Inpgi e Fieg), ma è<br />

slittato. Cescutti difficilmente<br />

potrà resistere visto che<br />

anche la Fnsi punta all’accordo<br />

con l’obiettivo di<br />

sbloccare le trattative sul<br />

contratto.<br />

I giornalisti perderanno il<br />

controllo del loro Istituto e<br />

anche del Servizio Ispettivo,<br />

che tanti dolori ha dato negli<br />

ultimi anni (con la gestione<br />

Calzolari) a Rai ed editori<br />

Vedremo.<br />

F. de B.<br />

Ed ecco le tre lettere tra ministero del Lavoro ed Inpgi e tra Inpgi e ministro<br />

1. Lettera (29 novembre 2006-5724/sy)<br />

del direttore generale del Lavoro al presidente<br />

e al direttore generale Inpgi. Queste le richieste della<br />

Fieg in tema di riforma pensionistica e di incentivi<br />

per l’assunzione di giornalisti disoccupati.<br />

OGGETTO: Inpgi - Delibera n. 6/2005 del C.G. e delibera n. 62/2006<br />

del C.d.A.<br />

In relazione al tavolo tecnico svoltosi in data 20 ottobre u.s., si rende noto che<br />

in data 31 ottobre è pervenuta alla scrivente una nota della Fieg relativa alla<br />

posizione della Federazione sulla delibera n. 6/2005 adottata dal Consiglio generale<br />

dell’Inpgi, nonché sulla delibera n. 62/2006 adottata dal C.d.A. inerente<br />

agli incentivi per l’assunzione di giornalisti disoccupati. Nella nota a firma<br />

del vice direttore generale avv. Giancarlo Zingoni la Fieg precisa:<br />

• relativamente alla riforma del trattamento pensionistico: “la delibera<br />

... deve essere modificata prevedendosi: a) la decorrenza degli effetti<br />

della riforma del 1 ° gennaio 2006 facendo salve le posizioni pensionistiche<br />

<strong>dei</strong> giornalisti ai quali è stato erogato il trattamento nel periodo decorrente dal<br />

1 ° gennaio medesimo alla data di approvazione della delibera dal parte del<br />

ministero del Lavoro; b) eliminazione <strong>dei</strong> commi 8 bis degli articoli 7 e 8 del<br />

nuovo testo regolamentare relativi all’abbattimento dello 0,5% per ogni anno<br />

di integrazione concesso sulle pensioni di vecchiaia anticipata ex art. 37 della<br />

legge 416/81 (prepensionamenti), da applicare anche quando gli iscritti abbiano<br />

raggiunto i requisiti di età e contributivi minimi per la liquidazione della<br />

pensione di vecchiaia anticipata ovvero per la pensione di anzianità”;<br />

• relativamente agli incentivi per l’assunzione <strong>dei</strong> giornalisti disoccupati:<br />

“la delibera deve essere modificata nel senso di prevedere:<br />

a) l’applicazione <strong>dei</strong> benefici ai giornalisti assunti ex artt. 1, 2, 12 e 35;<br />

b) riconoscimento, per i giornalisti disoccupati assunti inizialmente con contratto<br />

a tempo indeterminato, del beneficio indipendentemente dal collegamento<br />

con nuove iniziative editoriali;<br />

c) l’eliminazione della condizione di iscrizione nelle liste <strong>dei</strong> disoccupati per un<br />

periodo di almeno 6 mesi;<br />

d) la conferma della misura del contributo previsto dalla delibera in esame (euro<br />

2,88 settimanali), anche in presenza di variazioni legislative sui regimi di incentivazione.<br />

Tale misura deve inoltre essere confermata sino a scadenza <strong>dei</strong><br />

contratti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato ancora in essere<br />

in applicazione del regime di incentivazione esaurito nel luglio 2005”.<br />

Nonostante la formale richiesta formulata al tavolo tecnico e condivisa dai partecipanti,<br />

nulla è invece finora pervenuto da parte della Fnsi.<br />

Tanto si comunica ai fini dell’accordo ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) del<br />

d.lgs 509/1994.<br />

IL DIRETTORE GENERALE<br />

(dr.ssa Maria Teresa Ferraro)<br />

2. Lettera (7 dicembre 2006-24/IX/0008972)<br />

del direttore generale del Lavoro<br />

al presidente e al direttore generale<br />

Inpgi. La Fnsi concorda con i<br />

suggerimenti tecnici avanzati dalla Fieg.<br />

OGGETTO: Inpgi - Delibera n. 6/2005 del C.G. e delibera n. 62/2006<br />

del C.d.A.<br />

Si fa seguito alla nota n. 5724/DG del 29 novembre u.s. per fornire a codesto<br />

Istituto le valutazioni della Federazione nazionale della stampa italiana, pervenute<br />

con nota prot. n. 2222 del 6 dicembre c.m., a firma del segretario generale,<br />

relativamente alle richieste avanzate dalla Federazione italiana editori<br />

giornali sui contenuti delle delibera Inpgi di cui all’oggetto.<br />

In particolare, la citata Fnsi rappresenta: “Per quanto riguarda la<br />

riforma regolamentare del trattamento pensionistico si conviene sulle<br />

seguenti richieste:<br />

1. decorrenza degli effetti della riforma dal 1° gennaio 2006, facendo salve le<br />

posizioni pensionistiche <strong>dei</strong> giornalisti ai quali sia stato erogato il trattamento<br />

nel periodo decorrente dal 1° gennaio 2006 alla data di approvazione ministeriale<br />

della delibera stessa.<br />

2. eliminazione <strong>dei</strong> commi 8 bis degli articoli 7 e 8 del testo di riforma relativi<br />

all’abbattimento dello 0,5 % per ogni anno di integrazione concesso sulle pensioni<br />

di vecchiaia anticipata ai sensi dell’articolo 37 della legge 416/81, da applicare<br />

anche nei casi di raggiungimento da parte degli iscritti <strong>dei</strong> requisiti d’età<br />

e contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia anticipata<br />

ovvero per la pensione dì anzianità.<br />

Per quanto riguarda la delibera sugli incentivi per l’assunzione <strong>dei</strong><br />

giornalisti disoccupati, si conviene sulle seguenti richieste:<br />

1. applicare i benefici ai giornalisti assunti ex articolo 1, 2 (collaboratori fissi),<br />

2, 12 (corrispondenti) e 35 (praticanti) del Contratto nazionale di lavoro giornalistico<br />

e ai sensi dell’articolo 2 del Contratto nazionale di lavoro per i giornalisti<br />

dell’emittenza locale.<br />

2. riconoscere anche per i giornalisti disoccupati assunti inizialmente con contratto<br />

a tempo indeterminato, il beneficio indipendentemente dal collegamento<br />

con le iniziative editoriali.<br />

3. Confermare la misura del contributo prevista (euro 2,88 a settimana) anche<br />

in presenza di modifiche legislative inerenti i regimi di incentivazione, sino alla<br />

scadenza <strong>dei</strong> contratti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato,<br />

che siano ancora in essere in applicazione del regime di incentivi terminato<br />

nel luglio 2005”.<br />

Tanto si comunica ai fini dell’accordo ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) del<br />

DLgs 509/1994.<br />

IL DIRETTORE GENERALE<br />

(dr.ssa Maria Teresa Ferraro)<br />

3. Lettera (14 dicembre 2006 - n. 479) del presidente dell’Inpgi al ministro del Lavoro:<br />

“Le parti sociali concordano: le due delibere (pensioni e incentivi) possono essere varate.<br />

Siamo pronti a discutere gli assetti degli organi di gestione, ma la richiesta della Fieg non può bloccare<br />

l’applicazione delle delibere. Il congelamento provoca ‘seri danni’ all’Istituto”.<br />

Onorevole Ministro, nell’incontro tenutosi martedì sera 12 dicembre presso<br />

il Suo Dicastero, Ella ha espresso l’avviso che allo stato attuale non sia possibile<br />

dar corso all’approvazione delle due delibero adottate dall’Inpgi, aventi<br />

ad oggetto la riforma del nostro sistema previdenziale ed il riassorbimento <strong>dei</strong><br />

disoccupati e <strong>dei</strong> cassaintegrati. E ciò in quanto non si è raggiunto un accordo<br />

per il riproporzionamento della rappresentanza della Fieg in seno<br />

agli Organi deliberativi dell’Istituto; accordo che porterebbe alla risoluzione<br />

contestuale delle problematiche Inpgi.<br />

Lei ha anche dichiarato che, in assenza di intese tra le parti (che Ella caldeggia<br />

e che auspica possano essere al più presto raggiunte al tavolo da Lei aperto)<br />

si riserva di avanzare una Sua proposta, al fine di pervenire comunque alla<br />

ridefinizione dell’assetto del Consiglio di amministrazione dell’Inpgi.<br />

Nel mio intervento ho assicurato che l’Ente è disponibile a discutere il problema<br />

e a trovare una soluzione condivisa con le altri parti coinvolte, purché il<br />

confronto non sia posto in relazione con la questione affatto diversa dell’approvazione<br />

delle delibere adottate dall’Inpgi, le quali dovrebbero essere liberate<br />

in via preliminare.<br />

A tale riguardo mi permetto di avanzare le seguenti considerazioni,<br />

chiedendoLe la cortesia di valutarle.<br />

Il Direttore generale della Previdenza del Suo Dicastero ha recentemente inviato<br />

all’Inpgi due note con le quali comunica le posizioni assunte dalle Parti<br />

sociali in ordine alla riforma previdenziale proposta dall’Ente e al provvedimento<br />

avente ad oggetto gli sgravi contributivi in favore delle aziende che assumano<br />

giornalisti disoccupati.<br />

Su entrambi i provvedimenti, la Fieg (nel testo riportato nelle predette<br />

note) propone solamente alcuni suggerimenti tecnici sui quali<br />

la Fnsi concorda.<br />

A me sembra, quindi, che si sia realizzata la fattispecie delineata dall’art. 3,<br />

comma 2, lettera b), del decreto legislativo 509/94, vale a dire che siano state<br />

espresse le determinazioni volute dalla legge.<br />

A tal proposito, il decreto citato non contempla specifiche modalità con le quali<br />

le Parti sociali debbano formalizzare le proprie posizioni. Pertanto, a mio parere,<br />

deve ritenersi a tutti gli effetti valida ed efficace ogni manifestazione della<br />

volontà, chiaramente riconducibile ai soggetti in questione, che esprima in<br />

termini inequivocabili la rispettiva posizione sulla specifica materia della riforma<br />

previdenziale dell’Ente.<br />

In tal senso, quindi, le comunicazioni della Fieg e della Fnsi costituiscono<br />

espliciti atti dichiarativi di adesione ai contenuti del progetto di riforma, sebbene<br />

subordinati all’adozione di alcune modifiche, che l’Inpgi si impegna fin d’ora<br />

a recepire.<br />

Per quanto concerne, invece, le riserve formulate dalla Fieg (relative all’esigenza<br />

di modificare l’attuale composizione degli Organi di amministrazione<br />

dell’Istituto) ritengo che queste costituiscano un elemento di discussione del<br />

tutto separato ed avulso dall’esame di merito del provvedimento di riforma delle<br />

prestazioni previdenziali ed assistenziali dell’Inpgi e che pertanto non ne<br />

debbano condizionare l’approvazione.<br />

A tal proposito sono convinto che il legislatore, nell’attribuire un ruolo alle determinazioni<br />

delle Parti sociali in materia di prestazioni e contributi, abbia inteso<br />

realizzare un loro coinvolgimento sulla materia, al fine di consentire alle<br />

Parti medesime il controllo sulla sostenibilità del costo del lavoro, chiaramente<br />

influenzabile da un sistema previdenziale fuori misura o da immotivate richieste<br />

di aumento della contribuzione.<br />

Conseguentemente ogni esercizio di tali funzioni ad opera delle Parti sociali,<br />

che non sia strettamente ispirato alle finalità per le quali le stesse sono istituzionalmente<br />

attribuite, costituirebbe una distorsione degli strumenti legislativi.<br />

Per i motivi esposti, ed in relazione ai seri danni che il “congelamento”<br />

della nostra riforma sta provocando alla sostenibilità finanziaria<br />

del nostro sistema previdenziale, l’Ente ritiene di dover procedere<br />

(salvo Suo diverso avviso) al recepimento <strong>dei</strong> suggerimenti formulati<br />

dalle Parti sociali, adottando in via definitiva - in una prossima<br />

riunione del Consiglio di amministrazione - le due delibere relative<br />

alla riforma previdenziale e agli sgravi contributivi in favore delle<br />

aziende che assumano giornalisti disoccupati ed inviandole quindi<br />

sollecitamente all’approvazione del Suo Ministero.<br />

La ringrazio per l’attenzione e in attesa di un Suo gentile riscontro La saluto<br />

con viva cordialità.<br />

Gabriele Cescutti<br />

14 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


FONDO COMPLEMENTARE<br />

Decreti attuativi della legge finanziaria <strong>2007</strong> in tema di Tfr<br />

e moduli per la scelta di conferimento del Tfr<br />

Tfr, le istruzioni<br />

di Marina Cosi<br />

Milano, 13 dicembre<br />

2006. Raggiunta un’intesa<br />

sul Tfr, il trattamento di fine<br />

rapporto, ma rimane la chiusura,<br />

da parte degli editori,<br />

sul contratto. La Federazione<br />

nazionale della stampa<br />

(Fnsi) e quella degli editori<br />

(Fieg) hanno, infatti, raggiunto<br />

un accordo sul trasferimento<br />

del Tfr di tutti i giornalisti<br />

contrattualizzati al fondo<br />

di previdenza complementare<br />

della categoria. L’intesa tra<br />

le due delegazioni è stata siglata<br />

ieri al ministero del<br />

Lavoro alla presenza del ministro<br />

Cesare Damiano.<br />

Nell’annunciare la notizia,<br />

però, la Fnsi ha sottolineato<br />

che «permangono purtroppo<br />

le inconcepibili chiusure del-<br />

<strong>Giornalisti</strong>:<br />

accordo<br />

sul Tfr<br />

all’Inpgi<br />

la Fieg all’apertura delle trattative<br />

contrattuali e alla approvazione<br />

definitiva della<br />

riforma dell’Inpgi».<br />

Nell’incontro, al quale ha partecipato<br />

il presidente dell’Inpgi<br />

Gabriele Cescutti, il<br />

ministro Damiano «ha annunciato<br />

- si legge in una nota<br />

della Federazione <strong>dei</strong> gior-<br />

nalisti - che il tavolo di confronto<br />

sulla previdenza proseguirà<br />

nonostante la Fnsi e<br />

l’Inpgi abbiano respinto le richieste<br />

degli editori.<br />

Quelle cioè di condizionare<br />

lo sblocco delle delibere sulla<br />

previdenza e sugli sgravi<br />

contributivi <strong>dei</strong> disoccupati al<br />

riequilibrio della presenza di<br />

editori e giornalisti nel Cda<br />

dell’Inpgi stesso con un aumento<br />

<strong>dei</strong> rappresentanti<br />

della Fieg».<br />

Il ministro, ha aggiunto la<br />

Fnsi, «ha annunciato anche<br />

la convocazione di un tavolo<br />

di confronto sul mercato del<br />

lavoro giornalistico, sul precariato<br />

e sugli ammortizzatori<br />

sociali». (Fonte “Il Sole 24<br />

Ore” del 13 dicembre 2006)<br />

Roma, 31 gennaio <strong>2007</strong>. Il sito del ministero<br />

del Lavoro (www.lavoro.gov.it) pubblica<br />

il testo <strong>dei</strong> decreti interministeriali che<br />

prevedono tra l’altro le modalità di espressione<br />

della volontà del lavoratore circa la<br />

destinazione del Tfr maturando. In materia,<br />

i decreti in questione individuano, altresì,<br />

degli specifici moduli da compilare da parte<br />

<strong>dei</strong> dipendenti e che prevedono le varie<br />

opzioni esercitabili per la destinazione del<br />

Tfr maturando. Tali moduli compiono rispettivamente<br />

riferimento ai dipendenti assunti<br />

entro il 31 dicembre 2006 (Tfr1) ed a quelli<br />

assunti dopo il 31 dicembre 2006 (Tfr2).<br />

Per i lavoratori che successivamente al 31<br />

dicembre 2006 e prima della data di pubblicazione<br />

del decreto abbiano già manifestato<br />

al datore di lavoro la volontà di conferire<br />

il Tfr ad una forma pensionistica complementare,<br />

è salvaguardata la decorrenza<br />

degli effetti dalla data della scelta già compiuta<br />

a condizione che, tale scelta, venga<br />

confermata mediante la compilazione del<br />

modulo Tfr1 o Tfr2, conferma che deve essere<br />

effettuata entro 30 giorni dalla pubblicazione<br />

del decreto. Tale pubblicazione è<br />

attesa ad ore.<br />

In alcune sezioni <strong>dei</strong> suddetti moduli allegati<br />

al decreto, è presente la dicitura<br />

“Allega: copia del modulo di adesione”. Tale<br />

modulo dovrà essere compilato SOLO dai<br />

giornalisti non iscritti al Fondo.<br />

MODULI MINISTERIALI SU TFR E PRE-<br />

VIDENZA COMPLEMENTARE, COME<br />

COMPILARLI PER EFFETTUARE O PER<br />

CONFERMARE LA SCELTA DI DESTINA-<br />

ZIONE<br />

Comunicato di Marina Cosi, vicepresidente<br />

del Fondo di Previdenza complementare<br />

<strong>dei</strong> giornalisti italiani (Fpcgi):<br />

“Allegati ai decreti ufficiali, pubblicati il 31<br />

gennaio sul sito del ministero del Lavoro, vi<br />

sono due moduli: uno destinato a chi comincia<br />

a lavorare dal <strong>2007</strong> (mod Tfr2) ed<br />

uno per tutti gli altri (Tfr1). Sono scaricabili<br />

anche attraverso il nostro sito www.fondogiornalisti.it.<br />

Tuttavia, non essendo i testi<br />

ministeriali per così dire di semplicissima<br />

lettura, può essere utile qualche indicazione.<br />

Premessa: non diversamente dagli altri lavoratori,<br />

i colleghi dipendenti, a tempo indeterminato<br />

o determinato, pieno o parziale,<br />

professionisti, praticanti e pubblicisti, sono<br />

chiamati dalla legge 252 ad esprimere<br />

una scelta sulla destinazione del proprio<br />

Tfr (che matura dal primo gennaio di quest’anno;<br />

invece quello maturato precedentemente<br />

è e resta in azienda). Moltissimi<br />

giornalisti hanno già optato, chi destinando<br />

il Tfr all’Azienda/Inps, chi indirizzandolo al<br />

Fondo di categoria (o ad un fondo Aperto o<br />

a un Pip). Lo hanno fatto compilando uno<br />

stampato standard scaricato dal sito o fornito<br />

dall’azienda e consegnandolo a quest’ultima.<br />

Giacché, i colleghi avevano segnalato<br />

il comparto di destinazione e si erano<br />

premurati di effettuare la scelta entro il<br />

mese di gennaio. Adesso tutti i lavoratori<br />

sono chiamati dalla legge a confermare la<br />

decisione presa, ricompilando il modulo ufficiale<br />

entro 30 giorni dalla sua prossima e<br />

definitiva pubblicazione sulla Gazzetta<br />

Ufficiale (cioè presumibilmente entro i primi<br />

di marzo). Siccome si tratta di una conferma,<br />

restano valide sia l’opzione sia la data<br />

indicate sullo stampato standard: basta trascriverle<br />

sul modulo ministeriale, allegare il<br />

“modulo di adesione” laddove indicato e<br />

consegnare il tutto all’azienda, la quale,<br />

compilata la parte di propria competenza,<br />

provvederà alla consegna.<br />

Venendo ai moduli ufficiali, quello denominato “TFR1” si riferisce alla stragrande maggioranza<br />

<strong>dei</strong> colleghi: gli assunti fino a tutto il 2006. Delle quattro sezioni previste solo le prime<br />

tre riguardano i giornalisti.<br />

“Tfr1- Sezione 1”. Riguarda i colleghi “post ‘93”, ossia tutti quelli che hanno iniziato a lavorare<br />

(Inpgi o Inps non importa) dopo il 28 aprile 1993, e prevede che si scelga di conferire<br />

integralmente il tfr maturando (prima opzione) al Fondo oppure (seconda opzione)<br />

all’Azienda/Inps. Si allega il “modulo d’adesione” debitamente compilato.<br />

“Tfr1- Sezione 2”. Riguarda i colleghi “ante ‘93”, ossia tutti quelli che già lavoravano prima<br />

del 29 aprile 1993, e consente di scegliere fra destinare il Tfr maturando<br />

all’Azienda/Inps (prima opzione) oppure di conferire integralmente il tfr maturando al Fondo<br />

(seconda opzione). In quest’ultimo caso il Tfr maturando confluisce nel comparto cui il collega<br />

è già iscritto, a meno che non venga espressamente data una diversa indicazione (in<br />

tal caso va scaricato dal sito del Fondo il relativo modello, compilato ed allegato).<br />

“Tfr1- Sezione 3”. Riguarda chi, pur avendo già un rapporto di lavoro anteriore al 29 aprile<br />

1993, tuttavia non s’era iscritto al Fondo entro il 31 dicembre 2006. Essi possono scegliere<br />

fra tre opzioni, nell’ordine:<br />

1° - lasciare il 100% del Tfr maturando in Azienda/Inps;<br />

2° - inviare al Fondo una quota di Tfr pari a quella prevista dal Cnlg (ovvero pari al<br />

doppio del contributo a carico dell’azienda) e il rimanente Tfr lasciarlo in<br />

Azienda/Inps;<br />

3° - destinare l’intero Tfr al Fondo. Anche in questo caso si allega il “modulo d’adesione”.<br />

Invece nel modulo ufficiale “Tfr2”, che riguarda i lavoratori assunti a partire dal 1°gennaio<br />

di quest’anno, i giornalisti devono effettuare la scelta tra la sezione 1 e la sezione 2.<br />

“Tfr2- Sezione 1”. Riguarda i colleghi “post 93” che possono optare tra il conferimento integrale<br />

al Fondo o lasciare il Tfr maturando in Azienda/Inps.<br />

“Tfr2- Sezione 2”. Riguarda i colleghi “ante 93” che possono optare fra tre scelte:<br />

1° - 100 del Tfr per l’Azienda/Inps;<br />

2° - 2% Tfr al Fondo e il restante all’Azienda/Inps;<br />

3°- 100 del Tfr al Fondo.<br />

Se si rendessero necessarie ulteriori precisazioni, verranno tempestivamente comunicate<br />

oltre che pubblicate sul sito www.fondogiornalisti.it<br />

Si informano i colleghi che questo comunicato e le stesse informazioni pratiche e aggiornate<br />

sul Tfr al 31 gennaio <strong>2007</strong> si trovano sul sito del Fondo Complementare www.fondogiornalisti.it<br />

in Comunicazioni e nel settore Iscritti alla voce Modulistica. (da www.fnsi.it)<br />

Sentenza della Cassazione in www.previdenza-professionisti.it<br />

La prescrizione del credito contributivo delle Casse<br />

è regolata dalla legge 335/95 e non va al di là <strong>dei</strong> 5 anni<br />

Con la sentenza n.<br />

20343/2006, depositata il 27<br />

giugno 2006, la Suprema<br />

Corte di Cassazione, Sezione<br />

Lavoro, è nuovamente<br />

intervenuta sul tema della<br />

prescrizione <strong>dei</strong> contributi,<br />

degli accessori e delle sanzioni<br />

dovute agli enti previdenziali<br />

privatizzati. Nella<br />

specie, si trattava di sanzioni<br />

dovute alla Cassa Forense<br />

per l'omessa comunicazione<br />

dell’ammontare del reddito<br />

professionale da parte di un<br />

iscritto con riferimento agli<br />

anni 1992 e 1993, sanzioni<br />

per le quali la Cassa Forense<br />

aveva notificato una cartella<br />

esattoriale successivamente<br />

opposta per la dedotta intervenuta<br />

prescrizione quinquennale<br />

del credito dell’ente<br />

previdenziale.<br />

La problematica della prescrizione<br />

<strong>dei</strong> contributi, degli<br />

accessori e delle sanzioni<br />

dovute agli enti previdenziali<br />

privatizzati concerne, in primo,<br />

luogo l’individuazione<br />

della normativa di riferimento,<br />

in quanto gli ordinamenti<br />

previdenziali <strong>dei</strong> singoli enti<br />

di previdenza (Cassa Forense,<br />

Cassa Commercialisti,<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Inarcassa, Cassa Ragionieri,<br />

Cassa Geometri, Inpgi, ecc.<br />

ecc.) contemplano specifiche<br />

norme in tema di prescrizione<br />

che prevedono un termine<br />

decennale della prescrizione<br />

e una decorrenza della<br />

medesima fissata in coincidenza<br />

con l’invio, da parte<br />

dell’obbligato, della comunicazione<br />

obbligatoria annuale<br />

<strong>dei</strong> redditi e <strong>dei</strong> volumi d’affari<br />

prodotti.<br />

Nel surriferito quadro normativo,<br />

è intervenuto il Legislatore<br />

del 1995, con la legge<br />

n. 335/95 di riforma del sistema<br />

pensionistico obbligatorio<br />

e complementare, prevedendo,<br />

ai commi 9 e 10<br />

dell’art. 3, che tutti i contributi<br />

di previdenza e assistenza<br />

sociale obbligatoria si prescrivono<br />

e non possono più<br />

essere versati con il decorso<br />

di 5 anni.<br />

Si è posta e tuttora si pone la<br />

questione dell’applicabilità<br />

delle norme di cui alla legge<br />

n. 335/95 in tema di prescrizione<br />

agli enti previdenziali<br />

privatizzati, soprattutto in relazione<br />

alla prassi di alcuni<br />

importanti enti del comparto<br />

(Inarcassa e Cassa Forense)<br />

di applicare la propria normativa<br />

speciale sui termini<br />

prescrizionale, considerando<br />

la medesima non abrogata<br />

dalle disposizioni richiamate<br />

della legge n. 335/95.<br />

La Suprema Corte, con la<br />

sentenza in commento, ponendosi<br />

nel solco di una<br />

consolidata giurisprudenza<br />

di legittimità ha ribadito<br />

l’applicabilità delle disposizioni<br />

in tema di prescrizione<br />

di cui alla legge n.<br />

335/95, agli enti previdenziali<br />

privatizzati. In tal senso<br />

ha richiamato le precedenti<br />

decisioni nn.<br />

5522/2203 e 6340/2005 riferite<br />

a Cassa Forense, la prima<br />

e a Cassa Geometri la<br />

seconda.<br />

In effetti la Suprema Corte di<br />

Cassazione, in questa materia,<br />

non ha mostrato mai alcun<br />

genere di tentennamento<br />

avendo costantemente affermato<br />

l’applicabilità <strong>dei</strong><br />

commi 9 e 10 dell’art. 3 della<br />

legge n. 335/95 agli enti previdenziali<br />

privatizzati, sia sotto<br />

il profilo del termine di prescrizione<br />

applicabile (si veda<br />

in tal senso la già richiamata<br />

Cass. Civ. Sez. Lav. n.<br />

5522/2003 nonchè Cass. Civ.<br />

Sez. Lav. n. 20343/2006 oggetto<br />

del presente commento),<br />

sia sotto il profilo dell’irricevibilità<br />

<strong>dei</strong> contributi prescritti<br />

(si vedano, sul punto<br />

Cass. Civ. Sez. Lav. nn.<br />

2760/2006, 24863/2005,<br />

6340/2005, 23116/2004,<br />

9408/2002, 9525/2002,<br />

330/2002, 11140/2001).<br />

Con la sentenza n.<br />

20343/2006, la Suprema<br />

Corte di Cassazione ha posto<br />

in rilievo, tuttavia, un’importante<br />

distinzione, precisando<br />

che, sia le disposizioni<br />

di cui ai commi 9 e 10 dell’art.<br />

3 della legge n. 335/95<br />

che quelle di cui alle norme<br />

speciali <strong>dei</strong> singoli ordinamenti<br />

previdenziali degli enti<br />

privatizzati concernenti la<br />

prescrizione non riguardano<br />

le sanzioni per il tardivo o per<br />

l’omesso invio delle comunicazioni<br />

reddituali.<br />

Il sistema della riscossione<br />

<strong>dei</strong> contributi degli enti previdenziali<br />

privatizzati è fondato,<br />

infatti, sull’autodichiarazione<br />

<strong>dei</strong> redditi e <strong>dei</strong> volumi d’affari<br />

da parte del professionista<br />

entro un termine che generalmente<br />

è fissato in riferimento<br />

alla scadenza del termine<br />

per la presentazione<br />

della dichiarazione fiscale. La<br />

tardiva/omessa comunicazione<br />

<strong>dei</strong> dati reddituali all’ente<br />

di previdenza comporta<br />

l’applicazione di una sanzione<br />

(qualificata dalla giurisprudenza<br />

di legittimità come<br />

sanzione amministrativa).<br />

Gli enti previdenziali <strong>dei</strong> liberi<br />

professionisti hanno generalmente<br />

applicato a tali sanzioni<br />

lo stesso regime della<br />

prescrizione previsto per i<br />

contributi (5 o 10 anni decorrenti<br />

dall’invio della comunicazione<br />

reddituale da parte<br />

del professionista).<br />

La sentenza n. 20343/2006,<br />

invece, partendo dalla considerazione<br />

per cui la sanzione<br />

per tardiva omessa<br />

comunicazione <strong>dei</strong> dati<br />

reddituali non assume valenza<br />

accessoria rispetto<br />

ai contributi, ha ritenuto<br />

che alla stessa non sia applicabile<br />

il regime della<br />

Prescrizione di cui all’art.<br />

19 della L. n. 576/1980 (analogo<br />

ad altre disposizioni<br />

in tema di prescrizione presenti<br />

in altri Ordinamenti libero<br />

professionali), il cui titolo<br />

recita: “Prescrizione<br />

<strong>dei</strong> contributi” ma quello di<br />

cui all’art. 28 della legge n.<br />

689/81.<br />

In tale prospettiva, il termine<br />

di prescrizione risulta<br />

quinquennale (cioè lo stesso<br />

previsto dall’art. 3 commi<br />

9 e 10 della L. n. 335/95)<br />

ma tale termine decorre<br />

dalla commessa infrazione<br />

e non già, come prevederebbero<br />

le norme speciali<br />

degli enti previdenziali privatizzati,<br />

dalla data di invio<br />

della comunicazione reddituale.<br />

Per fare un esempio, ove<br />

la scadenza per l’invio della<br />

comunicazione reddituale<br />

del 1993, fosse il<br />

30/9/1993 e la stessa fosse<br />

stata concretamente inviata<br />

solo nel 2005, la sanzione,<br />

seguendo la linea interpretativa<br />

di Cass. Civ. n.<br />

20343/2006, risulterebbe<br />

prescritta, mentre, seguendo<br />

l’impostazione sin qui<br />

seguita dagli enti previdenziali<br />

privatizzati, risulterebbe<br />

tuttora esigibile.<br />

15


DELIBERE DISCIPLINARI<br />

L’intera delibera è in www.odg.mi.it<br />

Radiato Gianni Gambarotta (direttore del<br />

ha incassato 30 mila euro da Gianpiero Fior<br />

Milano, 25 gennaio <strong>2007</strong>.<br />

Pubblichiamo il parere<br />

sul ricorso presentato<br />

dal giornalista Giovanni<br />

(Gianni) Gambarotta avverso<br />

la delibera disciplinare<br />

del consiglio Regionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti della Lombardia<br />

adottata in data 11 dicembre<br />

2006.<br />

Il Procuratore<br />

generale<br />

Presso la Corte d’Appello di<br />

Milano, in persona del sostituto,<br />

dott.ssa Maria Antonietta<br />

Pezza;<br />

letta la delibera in oggetto<br />

con la quale è stata applicata<br />

al giornalista Giovanni<br />

Gambarotta, già direttore responsabile<br />

del periodico Il<br />

Mondo, la sanzione della radiazione<br />

per violazione degli<br />

artt. 2, 48 della legge professionale<br />

(n. 69/1963), dell’art.<br />

1 del Cnlg e della Carta <strong>dei</strong><br />

doveri del giornalista; letto il<br />

ricorso presentato dal difensore<br />

avverso la citata delibera<br />

(ricorso depositato in data<br />

29.12. 2006; delibera comu-<br />

Consiglio nazionale:<br />

sospesa la radiazione<br />

di Gianni Gambarotta<br />

Roma, 13 febbraio <strong>2007</strong>. Il Consiglio nazionale ha accolto<br />

l’istanza di sospensiva del provvedimento di radiazione<br />

adottato dall’<strong>Ordine</strong> di Milano nei confronti<br />

del giornalista professionista Gianni Gambarotta.<br />

Milano, 14 dicembre 2006. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia, al termine di un’istruttoria durata 6 mesi,<br />

ha deliberato di infliggere la sanzione della radiazione al giornalista<br />

professionista Giovanni (Gianni) Gambarotta, direttore<br />

responsabile del settimanale Il Mondo. Dice l’articolo 55 della<br />

legge professionale 69/1963: “La radiazione può essere disposta<br />

nel caso in cui l’iscritto con la sua condotta abbia gravemente<br />

compromesso la dignità professionale fino a rendere<br />

incompatibile con la dignità stessa la sua permanenza nell’albo,<br />

negli elenchi o nel registro”.<br />

Dalla documentazione consegnata dal Cdr di Rcs Periodici (i<br />

verbali di interrogatorio del 4 e del 5 gennaio 2006 di<br />

Gianfranco Boni e Gianpiero Fiorani) sono emersi elementi,<br />

che riguardano la posizione di Giovanni (Gianni) Gambarotta.<br />

Il 4 gennaio 2006 Gianfranco Boni, direttore finanziario della<br />

BpL dichiara ai sostituti procuratori della Repubblica Francesco<br />

Greco ed Eugenio Fusco: “Il secondo episodio di dazione di<br />

denaro con i fondi neri dell’amministratore delegato cui ho assistito<br />

non riguarda un pagamento di un uomo politico bensì<br />

ad un giornalista tale GAMBAROTTA direttore del MONDO.<br />

Ricordo che mi trovavo da FIORANI quando MONDANI annunciò<br />

l’arrivo di GAMBAROTTA ed in particolare ricordo che<br />

FIORANI tirò 4 accidenti e disse “gli devo dare <strong>dei</strong> soldi”. Non<br />

ho idea del motivo del pagamento e non so se il GRUPPO abbia<br />

pagato altri giornalisti per una buona stampa”.<br />

Il 5 gennaio 2006 Gianpiero Fiorani, a.d. della BpL dichiara ai<br />

sostituti procuratori della Repubblica Francesco Greco, Giulia<br />

Pernotti ed Eugenio Fusco: “Ho pagato, utilizzando la provvista<br />

“SPINELLI” il giornalista GAMBAROTTA, direttore del periodico<br />

“IL MONDO”. Credo di avergli dato 30.000,00 euro. La<br />

ragione della dazione era nell’ottenere un atteggiamento di benevolenza<br />

dal direttore di questa testata”.<br />

Su queste basi, il Consiglio, nella seduta dell’11 luglio 2006,<br />

aveva deliberato l’apertura del procedimento disciplinare.<br />

Questa delibera, che è un “provvedimento limitativo della sfera<br />

giuridica <strong>dei</strong> privati”, “acquista efficacia nei confronti di ciascun<br />

destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata”<br />

(art. 21-bis della legge 241/1990 ed “i provvedimenti amministrativi<br />

efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente<br />

stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo”<br />

(art. 21-quater della legge 241/1990). La delibera per la<br />

sua natura amministrativa è, quindi, di immediata esecutività.<br />

Va rilevato, infine, che l’incolpato e il difensore (nominato il 3 ottobre<br />

2006) non hanno utilizzato l’art. 116 del Cpp in base al<br />

quale avrebbero potuto chiedere copia <strong>dei</strong> verbali di Fiorani e<br />

Boni. Non solo: il Corriere della Sera (fratello maggiore del<br />

Mondo) del 13 maggio 2006 ha pubblicato il verbale Fiorani.<br />

Gianni Gambarotta non ha promosso alcuna iniziativa giudiziaria<br />

contro il quotidiano, che, secondo il suo assunto, avrebbe<br />

utilizzato un atto secretato. Gianni Gambarotta, inoltre, non<br />

ha avviato alcuna iniziativa legale contro Fiorani e Boni. Con<br />

questo comportamento ha implicitamente ammesso di avere<br />

incassato i 30mila euro da Fiorani. Gambarotta evidentemente<br />

ha avvertito il peso della sconfessione operata nei suoi riguardi<br />

dal giornale più eminente della sua stessa casa editrice.<br />

Il Corriere della Sera, pubblicando il verbale Fiorani, indirettamente<br />

ne ha ammesso il fondamento anche per quanto<br />

concerne l’accusa al direttore del settimanale più prestigioso<br />

del gruppo.<br />

A questo punto il Consiglio ritiene di dovere affermare le responsabilità<br />

gravissime di Gianni Gambarotta: i 30mila euro, ricevuti<br />

da Fiorani (presente Boni), sono il prezzo di una corruzione<br />

atipica, non penalmente rilevante, trattandosi di un negozio<br />

tra privati. Con questo comportamento Gambarotta ha<br />

tradito il suo collettivo redazionale, il suo editore, i suoi lettori.<br />

Le dichiarazioni di Boni e Fiorani formano un incastro accusatorio<br />

solido e inattaccabile. È evidente che è Boni ad anticipare<br />

il 4 gennaio 2006 le accuse di Fiorani (del 5 gennaio 2006)<br />

e non viceversa. Gianni Gambarotta ha “gravemente compromesso<br />

la dignità professionale fino a rendere incompatibile<br />

con la dignità stessa la sua permanenza nell’alb”.<br />

Anche la testimonianza di Elli è rilevante al fine di comprendere<br />

il comportamento amichevole di Gambarotta nei riguardi di<br />

Fiorani.<br />

Gambarotta rivendica come merito la “conclusione di due “pacchetti”<br />

di abbonamenti a il Mondo con la Banca popolare di<br />

Lodi nel 2002 e 2004 da parte di Rcs Periodici. Rientra a pieno<br />

titolo - in quanto tale - nei miei compiti di direttore responsabile,<br />

e che deve essere inquadrata nel mio impegno complessivo<br />

dedicato, in tutti questi anni, al salvataggio e al rilancio<br />

di una testata storica del giornalismo italiano”. Il direttore fa<br />

il direttore: “Oltre all’obbligo del rispetto della verità sostanziale<br />

<strong>dei</strong> fatti con l’osservanza <strong>dei</strong> doveri di lealtà e di buona fede, il<br />

giornalista, nel suo comportamento oltre ad essere, deve anche<br />

apparire conforme a tale regola, perché su di essa si fonda<br />

il rapporto di fiducia tra i lettori e la stampa” (App. Milano,<br />

18 luglio 1996; Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli;<br />

Foro It., 1997, I, 938). La deontologia professionale - che vincola<br />

anche l’editore - non prevede per i giornalisti l’esercizio di<br />

ruoli di natura commerciale. La legge professionale n. 69/1963,<br />

con l’articolo 1 (3° comma), impone ai giornalisti professionisti<br />

di svolgere la professione “in modo esclusivo e continuativo”. I<br />

professionisti non possono fare i procacciatori di affari (= abbonamenti)<br />

per conto dell’editore. Un direttore responsabile,<br />

che si dedica alla caccia di abbonamenti, rischia di subire pesanti<br />

condizionamenti e di compromettere l’autonomia del suo<br />

collettivo redazionale salvaguardato dagli articoli 1 e 6 del<br />

Cnlg. Questi accordi, propri dell’Ufficio marketing della Rcs e<br />

non confacenti per il direttore responsabile di una testata, sono<br />

stati firmati in una fase successiva al dossier su Fiorani costruito<br />

da Stefano Elli, dossier stoppato, come è emerso, dal<br />

direttore sulla base di un veto dell’ufficio legale di Rcs.<br />

Gambarotta non ha spiegate quante altre volte abbia fatto ricorso<br />

alle consulenze dell’Ufficio legale di Rcs. È ipotizzabile<br />

che Fiorani si sia sdebitato prima con la sottoscrizione degli abbonamenti<br />

e poi con la elargizione <strong>dei</strong> 30mila euro. Nel 2005,<br />

soprattutto quando si manifesta la scalata di Ricucci, anche il<br />

Mondo comincia a prendere le distanze dal duo<br />

Fiorani&Ricucci nonché dal Governatore Fazio, seguendo la<br />

scia della corazzata Corriere della Sera, e, quindi, una scelta<br />

editoriale di fondo della Rcs. È una scelta, quindi, che<br />

Gambarotta subisce. Gambarotta cita a sua difesa una copertina<br />

del Mondo dal titolo “Bankitalia contro Fazio” pubblicata il<br />

3 giugno 2005. Domenica 22 maggio 2005 il Corriere della<br />

Sera non era uscito per uno sciopero <strong>dei</strong> giornalisti. Alla manifestazione<br />

di protesta hanno aderito anche i redattori di<br />

Corriere.it. In un comunicato del Comitato di redazione si spiegano<br />

le ragioni: “A una minaccia esterna crescente che ogni<br />

giorno occupa le cronaca di Borsa non corrisponde una<br />

capacità di difesa dell’azienda. Il rastrellamento di azioni<br />

da parte di Stefano Ricucci, in assoluta mancanza di trasparenza,<br />

alimenta inquietudini. Quanto accade nel mercato<br />

dimostra che il corretto funzionamento del Corriere,<br />

già di per sé difficile, può essere messo in pericolo nonostante<br />

gli impegni di stabilità assunti, negli ultimi giorni,<br />

dai membri del patto di sindacato RCS MediaGroup… Di<br />

pari passo il management, con accanimento che appare<br />

ottuso e burocratico, rifiuta al funzionamento del giornale<br />

le risorse indispensabili, in uomini e mezzi, perché il<br />

Corriere possa difendersi e onorare il primato in edicola”.<br />

Il Cdr ha chiesto al presidente del gruppo”di separare con<br />

chiarezza e con atti formali il giornale dall’azionariato, dagli<br />

interessi degli azionisti e da possibili incursioni di raider.<br />

Questo, stante la situazione proprietaria, è indispensabile<br />

per assicurare ai lettori, con l’impegno <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

il mantenimento dell’autorevolezza, dell’indipendenza<br />

e della credibilità del Corriere ogni giorno”. (in<br />

www.odg.mi.it/docview.aspDID=1894 e anche a pagina<br />

266 del II volume del Codice dell’informazione e delle comunicazione,<br />

edito nell’aprile 2006 dal Centro di documentazione<br />

giornalistica di Roma, a firma Franco Abruzzo). La copertina<br />

del Mondo, quindi, non è un merito, ma un atto doveroso del<br />

direttore del Mondo in difesa dell’autonomia <strong>dei</strong> Rcs Media<br />

Group.<br />

Il Consiglio sottolinea che Gianni Gambarotta nella lettera/memoria<br />

del 12 giugno si dice “del tutto ignaro del contenuto di<br />

quegli atti”, cioè <strong>dei</strong> verbali di interrogatorio di Gianfranco Boni<br />

e Gianpiero Fiorani. Ne era, invece,a conoscenza, come è<br />

emerso dall’istruttoria, sin dal 23/24 maggio precedente e aveva<br />

confessato ad alcuni colleghi di essere anche preoccupato.<br />

In particolare il giornalista professionista Gambarotta :<br />

a. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione<br />

(articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamento<br />

della professione di giornalista), assoggettando la sua libertà<br />

di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazione<br />

del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione);<br />

b. ha violato il principio dell’autonomia professionale (affermato<br />

dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendo<br />

così meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampa<br />

e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);<br />

c. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’<strong>Ordine</strong><br />

professionale (articolo 48 della legge professionale<br />

69/1963).<br />

d. ha violato la Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista del 1993 nella<br />

parte in cui afferma: “La responsabilità del giornalista verso<br />

i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra.<br />

Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri...”.<br />

...ma la Procura generale chiede al Consiglio nazionale di assolvere l’ e<br />

nicata a mezzo posta elettronica<br />

in data 14.12. 2006 e notificata<br />

in data 18.12. 2006):<br />

Osserva<br />

Esaminate le doglianze difensive<br />

reputa la scrivente di<br />

effettuare le assorbenti considerazioni<br />

qui di seguito<br />

enunciate.<br />

Al giornalista Giovanni Gambarotta<br />

è stato addebitato<br />

uno specifico fatto storico<br />

emerso a seguito della pubblicazione<br />

sul quotidiano<br />

Corriere della Sera, nell’edizione<br />

del 13.05. 2006, di uno<br />

stralcio delle dichiarazioni rilasciate<br />

dall’ex amministratore<br />

delegato della Banca<br />

Popolare di Lodi Giampiero<br />

Fiorani ai pubblici ministeri<br />

che lo interrogavano.<br />

Il fatto addebitato consiste<br />

nell’avere incassato la somma<br />

di denaro di 30 mila euro<br />

elargita da Fiorani con l’obiettivo<br />

“di acquistare pagando<br />

almeno la neutralità o la<br />

benevolenza del periodico diretto<br />

da Gambarotta negli avvenimenti<br />

di cui quell’istituto<br />

era protagonista” (vedi avviso<br />

disciplinare).<br />

Compito essenziale del<br />

Consiglio territoriale era quello<br />

di accertare in termini univoci<br />

e rigorosi la sussistenza<br />

di quel fatto, da sempre e da<br />

subito contestato dal giornalista<br />

incolpato nelle varie sedi<br />

in cui ha avuto modo di<br />

esprimersi pubblicamente,<br />

essendo evidente che la prova<br />

di esso, stante la particolare<br />

gravità della violazione<br />

delle regole di deontologia<br />

professionale scaturente dalla<br />

condotta addebitata, a-<br />

vrebbe comportato automaticamente<br />

l’applicazione di<br />

sanzione disciplinare.<br />

Ebbene ad avviso della scrivente<br />

l’esito dell’istruttoria<br />

svolta in sede territoriale non<br />

consente di ritenere che detta<br />

prova sia stata raggiunta di<br />

talché il giornalista dovrà essere<br />

mandato assolto dall’addebito<br />

ascrittogli.<br />

Nucleo fondante delle delibera<br />

disciplinare è costituito dalle<br />

dichiarazioni di Boni e di<br />

Fiorani definite (impropriamente)<br />

quali “testimonianze”.<br />

Si è in realtà al di fuori dalla<br />

testimonianza (prova orale)<br />

per tale dovendo intendersi,<br />

sotto il profilo tecnico-processuale,<br />

l’insieme delle dichiarazioni<br />

rese al giudice da una<br />

persona estranea alla controversia<br />

con riferimento ai fatti<br />

di cui è a conoscenza e con<br />

obbligo, sanzionato penalmente,<br />

di dire la verità su<br />

quanto narrato, essendosi invece<br />

in presenza di dichiarazioni,<br />

quelle di Boni e di<br />

Fiorani, rese da indagati di<br />

gravi reati sottoposti a misura<br />

cautelare custodiale e<br />

dunque rese da soggetti che<br />

non erano tenuti, come sono<br />

i testimoni, a dire il vero in ordine<br />

ai fatti sui quali vengono<br />

interrogati essendo le dichiarazioni<br />

degli indagati di natura<br />

eminentemente difensiva<br />

con riferimento ai reati loro<br />

addebitati. A fronte della dichiarazione<br />

di estraneità al<br />

fatto da parte del giornalista<br />

ed a fronte della eccezione<br />

difensiva di acquisizione irrituale<br />

<strong>dei</strong> verbali delle dichiarazioni<br />

di Boni e di Fiorani<br />

(consegnati al Consiglio territoriale<br />

da una componente<br />

del c.d.r della RCS Periodici<br />

sentita in sede di istruttoria la<br />

quale a sua volta li aveva ottenuti<br />

in via non ufficiale)<br />

nonché a fronte della connessa<br />

eccezione di inutilizzabilità<br />

<strong>dei</strong> verbali medesimi<br />

(perché secretati) non si è ritenuto<br />

di effettuare alcun pertinente<br />

approfondimento<br />

istruttorio ed in particolare<br />

non si è ritenuto di procedere<br />

all’audizione <strong>dei</strong> suddetti<br />

dichiaranti né in sede di decisione<br />

si è ritenuto di procedere<br />

ad un vaglio di dette dichiarazioni<br />

(prive di indicazioni<br />

circa il contesto e circa il<br />

tempo in cui il fatto narrato si<br />

sarebbe verificato).<br />

Si è invece ritenuto di dare<br />

senz’altro valore di prova a<br />

quelle dichiarazioni e di superare<br />

le eccezioni del giornalista<br />

rimarcandosi come<br />

fosse suo onere di chiedere i<br />

verbali delle dichiarazioni rese<br />

da Boni e da Fiorani<br />

all’A.G. investita delle indagini<br />

sulla vicenda penale e come<br />

fosse parimenti suo onere,<br />

qualora si fosse trattato di<br />

verbali secretati, assumere<br />

inizikive giudiziarie nei confronti<br />

del quotidiano (Corriere<br />

della Sera) che quei verbali<br />

aveva pubblicato così aggirandosi<br />

compiti di verifica che<br />

spettavano all’organo investito<br />

dell’istruttoria.<br />

Escluso che le dichiarazioni<br />

rese dagli indagati Boni e<br />

Fiorani siano da qualificarsi<br />

come testimonianze (difettando<br />

<strong>dei</strong> requisiti essenziali)<br />

16 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


L'intera delibera è in www.odg.mi.it<br />

“Mondo”):<br />

ani (ad di BpL)<br />

Sentiti dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />

Sallusti e il Cdr<br />

di “Libero” dicono<br />

che “Dreyfus<br />

non è Renato Farina”<br />

Milano, 16 gennaio <strong>2007</strong>. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia ha condotto una indagine amministrativa<br />

diretta ad accertare l’identità di “Dreyfus”, una firma<br />

apparsa più volte anche nella prima pagina del quotidiano<br />

Libero. Il direttore responsabile, Alessandro Sallusti, e i tre<br />

membri del Cdr (Attilio Barbieri, Andrea Morigi e Maurizio<br />

Zottarelli) hanno dichiarato che “Dreyfus non è Renato<br />

Farina”. Sallusti ha precisato che quella di “Dreyfus” è una<br />

firma a disposizione della direzione, un po’ come quella dell’elefantino<br />

per il Foglio: “Dreyfus” sarebbe un autore collettivo.<br />

“Farina - ha aggiunto Sallusti - non svolge alcuna attività<br />

giornalistica dopo la sospensione di 12 mesi inflittagli<br />

dall’<strong>Ordine</strong>”. Il Cdr ha aggiunto, facendo riferimento a un colloquio<br />

con il direttore generale dell’azienda, che “Farina non<br />

prende lo stipendio, che non è a bilancio e che la sua firma<br />

non è nel sistema editoriale”.<br />

Sequestro Abu Omar:<br />

Renato Farina patteggia<br />

una pena di sei mesi<br />

per favoreggiamento<br />

Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. Il giornalista Renato Farina, vice<br />

direttore di Libero (ora sospeso dalla professione) ha<br />

patteggiato la pena a sei mesi. Era accusato di favoreggiamento<br />

nell'ambito del procedimento sul sequestro di<br />

Abu Omar<br />

Il patteggiamento a sei mesi di reclusione accordato dal<br />

gup di Milano Caterina Interlandi a Renato Farina è stato<br />

convertito in una pena pecuniaria di 6.840 euro. Un anno,<br />

9 mesi e 10 giorni e' invece la pena patteggiata dall'ex carabiniere<br />

del Ros Luciano Pironi, accusato di concorso in<br />

sequestro di persona. La pena patteggiata dall'ex maresciallo<br />

<strong>dei</strong> Ros Luciano Pironi, unico reo confesso per il rapimento,<br />

è sospesa con la condizionale. (ANSA)<br />

ex direttore del “Mondo”<br />

esse costituiscono elementi<br />

di sospetto in ordine al fatto<br />

narrato che per essere ritenuto<br />

provato avrebbe dovuto<br />

essere suffragato da robusti<br />

elementi di riscontro fattuale<br />

o logico.<br />

Ebbene non può ritenersi<br />

che siano emersi elementi a<br />

sostegno, delle dichiarazioni<br />

suddette con riferimento al<br />

prospettato asservimento ed<br />

all’asserita benevolenza del<br />

giornale diretto da Gambarotta<br />

nei confronti di Fiorani,<br />

della sua banca o <strong>dei</strong><br />

suoi amici/ sostenitori.<br />

Le copertine del Mondo prodotte<br />

in istruttoria hanno dato<br />

conto della linea critica del<br />

giornale nel periodo “caldo”<br />

delle vicende Fiorani/Ricucci/Bankitalia<br />

ed anche con riferimento<br />

al periodo antecedente<br />

laddove la pregressa<br />

mancata pubblicazione del<br />

“dossier” di Stefano Elli ha<br />

trovato una spiegazione nelle<br />

parole di Gambarotta e<br />

dello stesso Elli che non si<br />

presta ad essere interpretata<br />

come voluta benevolenza nei<br />

confronti di Fiorani.<br />

Costituisce infine un evidente<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

salto logico l’affermazione<br />

del Consiglio secondo cui la<br />

mancata assunzione da parte<br />

di Gambarotta di iniziative<br />

legali nei confronti di Boni e<br />

di Fiorani costituirebbe un’implicita<br />

ammissione della percezione<br />

del denaro essendo<br />

detto comportamento, peraltro<br />

spiegato dal giornalista,<br />

del tutto neutro con riferimento<br />

all’accusa di un fatto<br />

violativo delle regole deontologiche<br />

la cui prova doveva<br />

essere fornita da chi quell’accusa<br />

aveva elevata (vige anche<br />

nel giudizio disciplinare<br />

la regola civilistica sull’onere<br />

della prova).<br />

p. q. m.<br />

chiede che il Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

voglia riformare la delibera<br />

impugnata mandando<br />

assolto il giornalista Giovanni<br />

Gambarotta dall’addebito<br />

ascrittogli disponendo, nelle<br />

more, la sospensione dell’efficacia<br />

esecutiva della delibera<br />

medesima.<br />

Milano 22.01.<strong>2007</strong>.<br />

In:www.odg.mi.it/docview.-<br />

aspDID=2585 la delibera<br />

dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />

Rapporti distorti col Sismi:<br />

Fazzo sospeso per 12 mesi<br />

Milano, 18 dicembre 2006. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia ha inflitto la sanzione della sospensione<br />

di 12 mesi al giornalista professionista Luca Fazzo, già<br />

inviato speciale di Repubblica per i rapporti anomali e distorti<br />

mantenuti per due anni con il n. 2 (Marco Mancini) del<br />

Sismi. Dice l’articolo 54 della legge 69/1963: “La sospensione<br />

dall’esercizio professionale può essere inflitta nei casi in cui<br />

l’iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità professionale”.<br />

La delibera è esecutiva.<br />

Nell’articolo apparso nell’edizione 18 luglio 2006 del Corriere<br />

della Sera si poteva leggere: “Il Sismi cerca di capire cosa<br />

pubblicheranno i quotidiani attraverso i giornalisti<br />

che seguono per mestiere i Servizi. Nessuno di questi<br />

è indagato. Il 10 maggio il capocentro Sismi di Milano,<br />

colonnello Gerli, comunica a Mancini che un giornalista<br />

di Repubblica, l’inviato milanese Luca Fazzo, gli ha<br />

preannunciato un articolo sul carabiniere del Ros che<br />

ha confessato il sequestro. «Alle 22.20 il giornalista<br />

chiama Mancini e gli anticipa che l’indomani sarà pubblicato<br />

anche un articolo pesante (firmato da<br />

Giuseppe D’Avanzo, ndr), che gli riassume e che subito<br />

dopo gli invia per fax»”. Nell’articolo pubblicato il<br />

19 luglio 2006 da Repubblica si poteva leggere: "Alle<br />

22.20 del 10 maggio, il giornalista di Repubblica Luca<br />

Fazzo chiama Marco Mancini e gli anticipa che l’indomani<br />

sarà pubblicato un articolo pesante il cui contenuto<br />

gli riassume e che subito dopo gli invia per fax.<br />

Alle 9.34 del giorno successivo ancora il giornalista<br />

chiama Mancini, commenta con lui gli articoli, apparsi<br />

sui quotidiani di quel giorno e l’attività di alcuni suoi<br />

“colleghi” (“È come se si fosse creato un circuito che<br />

si autoalimenta, in cui alcuni hanno i loro cazzi da sistemare...<br />

Colpiscono te per colpire il direttore”)”.<br />

Il Consiglio afferma la piena responsabilità di Luca Fazzo,<br />

protagonista di episodi (non solo quello dell’invio via fax di un<br />

articolo di un collega al n. 2 del Sismi) che dimostrano la sua<br />

sudditanza nei riguardi del Servizio segreto militare. La linea<br />

difensiva si può riassumere così: “Per svolgere il suo lavoro in<br />

tali situazioni, Luca Fazzo ha necessariamente avuto contatti,<br />

assolutamente leciti, con esponenti <strong>dei</strong> servizi segreti ed ha<br />

utilizzato tali rapporti per trovare e scrivere notizie sul suo giornale.<br />

Luca Fazzo aveva importanti fonti nei servizi segreti, ma<br />

non era affatto fonte di questi: è emerso dalle indagini penali,<br />

infatti, come Luca Fazzo non avesse alcun rapporto con Pio<br />

Pompa. In tale ambito deve quindi essere giudicato l’invio del<br />

fax a Mancini”.<br />

Fazzo precisa: “Ho mandato quel fax soltanto per tenere salda<br />

una fonte che forniva a Repubblica notizie importanti, di cui<br />

Repubblica si è giovata per due anni… Ezio Mauro è un direttore<br />

presente e meticoloso, legge il suo giornale fino all’ultima<br />

riga. E per due anni ha potuto, quantomeno, leggere in articoli<br />

a firma di Luca Fazzo notizie la cui provenienza dai servizi<br />

era evidente, se non altro perché spesso i servizi - in particolare<br />

il Sismi - erano indicati senza giri di parole come fonti<br />

dell’articolo… Dunque, Repubblica sapeva e pubblicava.<br />

Certo, non conosceva i nomi e i cognomi delle mie fonti al<br />

Sismi. Avrei dovuto comunicarli Credo proprio di no, se ogni<br />

norma deontologica mette ai primi posti <strong>dei</strong> doveri del<br />

giornalista la tutela delle proprie fonti. Ed è ovvio che è<br />

una tutela che vale anche all’interno del giornale, visto che<br />

quello che Mauro si aspettava - così vi ha raccontato - non era<br />

una confidenza a tu per tu, ma una “messa in comune”, una<br />

rivelazione della fonte nella riunione di redazione: «e poi magari<br />

alle sei quando abbiamo la riunione di tutto il gruppo di direzione<br />

nella mia stanza lo ripete di nuovo perché diventi un<br />

patrimonio condiviso». Avrei dovuto, secondo lui, rendere pubblica<br />

l’identità di una mia fonte, di una fonte delicatissima come<br />

un agente segreto. Questo sì che sarebbe stata una violazione<br />

imperdonabile <strong>dei</strong> miei doveri”.<br />

Ezio Mauro, invece, prospetta un’altra verità, credibile, che<br />

non demonizza l’utilizzazione <strong>dei</strong> servizi come fonti corrette:<br />

“Io non ero assolutamente a conoscenza di questi rapporti e<br />

come me non ne erano a conoscenza i colleghi della direzione.<br />

Non esisterà nessuna traccia, noi eravamo - come è evidente<br />

degli avvisi di garanzia mandati dalla procura di Milano<br />

- intercettati dagli amici di Fazzo a nostra insaputa. ….. non c’è<br />

mai una mia telefonata, non c’è una mia mail, non c’è nulla in<br />

cui io gli chieda di muoversi in quegli ambienti. Voglio precisare,<br />

e poi torno subito al punto, che naturalmente si possono<br />

frequentare per lavoro i servizi segreti come fonte e non necessariamente<br />

bisogna comportarsi in modo infedele nel proprio<br />

giornale e in modo sleale verso i propri colleghi altrimenti<br />

noi potremmo consegnare le chiavi della nostra deontologia e<br />

smettere di occuparcene. Se tutti i colleghi che si sono occupati<br />

nella storia del giornalismo e che si occupano oggi di servizi<br />

segreti dovessero per questo diventare infedeli nei confronti<br />

del proprio giornale, spiare i colleghi e trasmettere ad<br />

un’altra entità con cui - tra parentesi ma nel caso in questione<br />

è così, il giornale era in conflitto perché le nostre inchieste ci<br />

hanno portato in conflitto con questi signori e quindi in patente<br />

e conosciuta situazione di conflitto - il collega sceglie quella<br />

struttura e quel potere invece del suo giornale, quindi è una<br />

cosa inconcepibile. Si può benissimo occuparsi di Servizi ed<br />

essere puliti nel fare il proprio mestiere; puliti nei confronti <strong>dei</strong><br />

lettori, puliti nei confronti <strong>dei</strong> propri colleghi, puliti nei confronti<br />

del direttore, puliti nei confronti del giornale e di tutta la struttura<br />

(questo, detto tra parentesi). Lui avrebbe benissimo potuto<br />

occuparsene ed essere un giornalista leale ai suoi doveri<br />

professionali tra i quali c’è anche il dovere nei confronti dell’azienda<br />

che gli paga lo stipendio, convinto che si tratti di un lavoro<br />

in esclusiva - convinto come prevede il contratto che si<br />

tratta di lavoro in esclusiva - e che ci sia un accesso al sistema<br />

informatico interno del giornale dove sono posti via via tutti<br />

i pezzi nella convinzione che si lavora per un’opera intellettuale<br />

collettiva dove il lavoro viene diviso ed è nello stesso tempo<br />

a disposizione di tutti in un presupposto di buona fede… Ma<br />

la lettera che lui mi ha fatto sul piano personale è una lettera<br />

che aveva scarsissimi elementi di difesa rispetto alla gravità di<br />

quello che era successo; una sottovalutazione assoluta di<br />

quello che era successo tanto che lui sembrava non doversi<br />

difendere, non sentire il bisogno di difendersi e poi nella lettera<br />

lui sottolinea di avere avuto - cosa non richiesta, cosa che<br />

non era contestata dai fatti - oltre a Mancini e tutte queste persone<br />

qua, anche incontri con Pollari “che stimo tantissimo”, eccetera,<br />

eccetera.<br />

Quando lui è venuto poi a parlarmi degli incontri con Pollari<br />

“che stimo tantissimo” gli ho detto «Senti una cosa, io lo ricordo<br />

che qualche volta, due forse tre, ti ho trovato qui in redazione<br />

che era probabilmente prima o dopo, o prima e dopo i<br />

tuoi incontri con Pollari e non hai mai sentito il bisogno di informarmi<br />

di questo….. Comunque, presidente, nel punto specifico,<br />

guardandoci in faccia: io non ho mai saputo né ho avuto<br />

elementi; nessuno, né il giornale, né chiacchiere, né indicazioni<br />

concrete per dire «Ah, no, ma su questo punto abbiamo<br />

Fazzo che può fare verifiche…». Mai, mai, mai! Io non ho mai<br />

saputo che c’era quella cosa lì, lui ne ha fatta una gestione privata.<br />

Il direttore, la struttura di direzione del giornale non l’hanno<br />

mai saputo e la prova del nove, ricavata a posteriori casualmente,<br />

è questa cosa qui che addirittura è di quattro o cinque<br />

incontri con Pollari. Se tu ti vanti di avere <strong>dei</strong> rapporti organici<br />

scoperti con i Servizi e che il tuo giornale lo sapeva e ti<br />

incitava a farlo allora perché quando sei andato dal capo non<br />

lo hai detto al direttore prima e dopo E non gli hai riferito, non<br />

hai messo a disposizione del giornale quella cosa lì O almeno<br />

del direttore chiedendogli una gestione confidenziale delle<br />

fonti Magari mi potevi dire «Questa roba matura tra un mese,<br />

non dirla a nessuno me ne sto occupando io». Niente, niente,<br />

niente. E ti ripeto questo gli è stato con te sta to e non ha detto<br />

una parola su questo”.<br />

Anche il Cdr non conosceva i rapporti reali tra Sismi e Fazzo.<br />

Ha detto Andrea Montanari: “Quello che è sempre stato noto<br />

a noi, ma come a chiunque, insomma, qualsiasi collega può,<br />

anche il lettore di Repubblica, dire che il collega Fazzo era del<br />

settore della giudiziaria del nostro quotidiano, dopodiché quello<br />

che facesse, quali fossero i suoi contatti noi come Cdr non<br />

siamo neanche venuti a saperlo…”.<br />

Riassumendo: Luca Fazzo dal 2004 al 2006 ha sviluppato<br />

rapporti intensi con Marco Mancini (n. 2 del Sismi) conosciuto<br />

tramite Giuliano Tavaroli (capo della sicurezza<br />

Pirelli/Telecom). Tavaroli per lui è un amico di famiglia.<br />

Incontrerà “5 o 6 volte”, attraverso Mancini, il direttore del<br />

Sismi Nicolò Pollari. Fazzo fu utilizzato da Mancini “per far<br />

pervenire” all’editore di Repubblica e dell’Espresso, Carlo De<br />

Bendetti, “la notizia dell’arrabbiatura del Sismi” per via di un<br />

articolo del settimanale del gruppo.<br />

Nella lettera a Ezio Mauro del 18 luglio 2006, Fazzo scrive:<br />

“È successo un paio di volte che Mancini mi abbia chiesto di<br />

sapere cosa Repubblica avrebbe pubblicato il giorno successivo.<br />

A queste richieste ho sempre risposto in modo generico<br />

e senza comunicare nulla di rilevante o in grado di danneggiare<br />

il giornale. In un solo caso ho comunicato in anticipo al<br />

Sismi il contenuto di un articolo non ancora pubblicato. Si trattava<br />

del mio articolo sull’interrogatorio del maresciallo Luciano<br />

Pironi, indagato per il sequestro di Abu Omar.<br />

Mi rivolsi al servizio per chiedere se c’erano stati rapporti tra<br />

Pironi e il servizio stesso, e ne ebbi risposta negativa. Poi l’articolo,<br />

come ti è noto, venne stoppato su richiesta del dottor<br />

Spataro, che era stato anch’egli informato della pubblicazione<br />

imminente”.<br />

Conclude Fazzo: “È tutto. Mancherei di lealtà a Marco Mancini<br />

se non ti dicessi che lo considero a tutt’oggi un servitore fedele<br />

di questo Stato e - con parola desueta - un patriota. Degli<br />

eventuali illeciti che possa aver commesso risponderà lui. I<br />

miei rapporti con Mancini sono stati quelli di un giornalista con<br />

la sua fonte, una fonte che lavorava per la sicurezza del nostro<br />

Paese e che affrontava sulla sua pelle rischi che ben pochi<br />

avrebbero affrontato. Te lo dico perché lo dirò anche ai magistrati<br />

nel caso che davvero decidano di interrogarmi”.<br />

Su quest’ultima confessione di Fazzo - la lettera a Mauro è<br />

una confessione con ammissione di colpevolezza -<br />

Mauro ha così riferito il colloquio con Fazzo, mentre aveva<br />

sotto gli occhi la lettera del 18 luglio: “”Mancherei di lealtà a<br />

Marco Mancini…”. Eh, ma non ti preoccupi mica di aver mancato<br />

di lealtà nei confronti del giornale “Mancherei di lealtà<br />

a Marco Mancini…” e la lealtà nei confronti del giornale non<br />

viene prima di tutto “Se non ti dicessi che lo considero a<br />

segue<br />

17


DELIBERE DISCIPLINARI<br />

SEGUE LA DELIBERA DELL’ORDINE SU LUCA FAZZO<br />

segue dalla pagina precedente<br />

tutt’oggi un servitore fedele di questo Stato e (…ESPRES-<br />

SIONE ININTELLIGIBILE…) un patriota”. Sì è una lettera personale<br />

che io ho. Dopodiché, se posso fare una parentesi,<br />

è chiaro che con questa lettera lui meritava il licenziamento<br />

in tronco…”.<br />

Fazzo non è protagonista, come si pensava, soltanto dell’episodio<br />

di aver spedito via fax l’articolo di un collega al n. 2<br />

del Sismi. Ricevendo notizie spesso esclusive dagli uomini<br />

<strong>dei</strong> servizi, ne era condizionato fino al punto di essere utilizzato<br />

da Mancini come corriere di un “messaggio” minaccioso<br />

diretto al suo editore. Fazzo non si rendeva conto che il Sismi<br />

lo “alimentava” per farlo crescere nel suo giornale al fine poi<br />

di ottenere a sua volta favori sotto forma di informazioni privilegiate.<br />

Mancini era in grado di chiedergli notizie particolari<br />

alle quali, dice, dava risposte generiche. E chi può garantirlo<br />

Luca Fazzo - che con la sua lettera a Mauro ha confermato<br />

il fondamento dell’accusa - ammette di fatto di avere tenuto<br />

un rapporto distorto con il suo giornale e ha strumentalizzato<br />

la professione giornalistica, ponendosi al servizio del<br />

Sismi e piegando l’esercizio della libertà di stampa (con la<br />

trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n. 2 del<br />

Sismi) a fini estranei ai doveri di indipendenza e autonomia,<br />

lealtà e buona fede, osservanza delle leggi e rispetto <strong>dei</strong> lettori<br />

propri di chi svolge una funzione di pubblico interesse,<br />

qual è quella del giornalista professionista mediatore intellettuale<br />

tra i fatti e i cittadini. Nella lettera a Mauro, Fazzo scrive:<br />

“Non credo che esistano norme precise e codificate<br />

sui rapporti tra i giornalisti e le loro fonti, men che<br />

meno sui rapporti con fonti particolari come sono<br />

quelle dell’intelligence”, mentre l’articolo 1 della legge<br />

801/1977 afferma che “In nessun caso i Servizi possono avere<br />

alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, … giornalisti<br />

professionisti”. Questa norma, che vale anche sul rovescio,<br />

vieta ai giornalisti professionisti di lavorare, comunque,<br />

anche se in forma indiretta ed episodica, per i Servizi segreti<br />

civili e militari. Nella Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista si legge:<br />

“La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre<br />

nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla<br />

ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore,<br />

del governo o di altri organismi dello Stato … Il giornalista<br />

non può accettare privilegi, favori o incarichi che possono<br />

condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”.<br />

Fazzo ignorava e ignora questi obblighi e questi doveri.<br />

“Ogni norma deontologica - afferma Fazzo - mette ai primi posti<br />

<strong>dei</strong> doveri del giornalista la tutela delle proprie fonti”. Il segreto<br />

professionale sulle fonti fiduciarie è esterno, non interno.<br />

Il cronista non svela le sue fonti a nessuno (magistrati<br />

compresi). Il segreto professionale, secondo la Corte di<br />

Strasburgo, è un pilastro del buon giornalismo, perché contribuisce<br />

a garantire ai cittadini le informazioni su tutto quello<br />

che accade nei Palazzi del potere. Il segreto professionale,<br />

però, non può essere opposto al proprio direttore, garante<br />

dell’autonomia della redazione e punto di riferimento deontologico<br />

<strong>dei</strong> redattori, come questo Consiglio ha avuto modo di<br />

affermare in plurime occasioni. Fazzo sbaglia, quando sostiene<br />

il contrario e sbaglia ancora quando afferma: “Avevo<br />

creato con il Sismi un rapporto di fiducia nell’interesse del giornale”.<br />

La delicatezza e i rischi di quel rapporto, insolito per i<br />

cronisti, dovevano far scattare in Fazzo l’esigenza di ottenere<br />

il sostegno del suo direttore.<br />

In particolare il giornalista professionista Luca Fazzo:<br />

a. ha strumentalizzato, come rilevato, la professione giornalistica,<br />

ponendosi al servizio del Sismi (in contrasto con le<br />

finalità di cui all’articolo 1, primo comma, della legge<br />

801/1977) e piegando l’esercizio della libertà di stampa<br />

(con la trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n.2<br />

del Sismi) a fini estranei ai doveri di lealtà e buona fede,<br />

osservanza delle leggi e rispetto <strong>dei</strong> lettori propri di chi<br />

svolge una funzione di pubblico interesse, qual è quella del<br />

giornalista professionista mediatore intellettuale fra i fatti e<br />

i cittadini;<br />

b. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione<br />

(articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamento<br />

della professione di giornalista), assoggettando la sua libertà<br />

di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazione<br />

del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione) fino<br />

al punto di “essere tirato per la giacca” in ogni momento<br />

da Marco Mancini;<br />

c. ha violato il principio dell’autonomia professionale (affermato<br />

dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendo<br />

così meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampa<br />

e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);<br />

d. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’<strong>Ordine</strong><br />

professionale (articolo 48 della legge professionale<br />

69/1963);<br />

e. ha tradito, con comportamenti sleali, il rapporto di fiducia<br />

con il direttore, i redattori e l’editore di la Repubblica in un<br />

momento in cui apparati deviati del Sismi controllavano il<br />

quotidiano e in particolare due giornalisti, impegnati sul<br />

fronte delle indagini sulle attività illegali dello stesso<br />

Servizio segreto militare.<br />

Cassazione<br />

“Diritto di critica<br />

va motivato<br />

con giudizio<br />

di disvalore”<br />

Per il corretto esercizio del diritto di critica è necessario motivare<br />

in modo congruo il giudizio di disvalore, che incide sull'onore<br />

o la reputazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione<br />

(Sezione Terza n. 27141 del 19 dicembre 2006), secondo cui<br />

il diritto di critica non si estrinseca, come quello di cronaca,<br />

nella mera narrazione <strong>dei</strong> fatti ma in un'opinione che, in quanto<br />

tale, non può che essere soggettiva. In quanto manifestazione<br />

del punto di vista della persona che la esprime, la critica,<br />

per non sfociare nella lesione della reputazione, deve essere<br />

corredata da adeguate motivazioni di disapprovazione<br />

morale.<br />

“Il diritto di critica, - precisa la Corte - non diversamente da<br />

quello di cronaca, è condizionato, quanto alla legittimità del<br />

suo esercizio, dal limite della continenza, sia sotto l'aspetto<br />

della correttezza formale dell’esposizione, sia sotto quello sostanziale<br />

della non eccedenza <strong>dei</strong> limiti di quanto strettamente<br />

necessario per il pubblico interesse, e dov’essere accompagnato<br />

da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente<br />

sull’onore o la reputazione”.<br />

“Tuttavia, - dichiara la Cassazione - allorquando la narrazione<br />

di determinati fatti, per essere esposta insieme ad opinioni<br />

dell’autore, rappresenti nel contempo esercizio del diritto di<br />

cronaca e di quello di critica, la valutazione di continenza non<br />

può essere condotta sulla base degli indicati criteri di natura<br />

essenzialmente formale, ma deve lasciare spazio alla interpretazione<br />

soggettiva <strong>dei</strong> fatti esposti, in modo che la critica<br />

non può ritenersi sempre vietata quando sia idonea ad offendere<br />

la reputazione individuale, essendo, invece, decisivo, ai<br />

fini del riconoscimento dell’esimente, un bilanciamento dell’interesse<br />

individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione<br />

del pensiero, costituzionalmente garantita, il quale<br />

è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse<br />

dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto oggetto<br />

della critica”.<br />

(da: www.criticamente.it)<br />

Sentenze della Corte d’Appello e del Tribunale civile di Milano<br />

Le deliberazioni disciplinari sono<br />

e devono essere accessibili a tutti.<br />

La loro divulgazione non è illecito civile<br />

Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia, con delibera 15 luglio 1996, ha<br />

dichiarato di avvalersi del “diritto di diffondere<br />

informazioni (e quindi anche le deliberazioni<br />

disciplinari) attraverso la stampa”<br />

(“osservando le norme di legge dettate a<br />

tutela della personalità altrui”) e anche nell’ambito<br />

della “formazione sociale” dove “si<br />

svolge la personalità” degli iscritti all’Albo<br />

<strong>dei</strong> giornalisti (articoli 10, secondo comma,<br />

della legge 4 agosto 1955 n. 848; 19, secondo<br />

comma, della legge 25 ottobre 1977<br />

n. 881; 2 della Costituzione della<br />

Repubblica italiana e 2, primo comma, della<br />

legge n. 69/1963).<br />

Le decisioni (disciplinari) del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong>, una volta depositate in segreteria<br />

e affisse, sono, infatti, pubbliche e possono<br />

essere divulgate al fine di sottoporle<br />

al controllo della pubblica opinione e di<br />

orientare anche il comportamento degli<br />

iscritti all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti; principi, questi,<br />

riconosciuti come legittimi dalla Corte<br />

d’Appello (I sezione civile) di Milano con la<br />

sentenza Pietroni (n. 2159, depositata in<br />

cancelleria il 18 dicembre 1992): “La pubblicità<br />

data... alla sanzione... rientra del<br />

tutto legittimamente nella funzione di tutela<br />

anche pubblica della correttezza<br />

della professione giornalistica di cui è<br />

indubbiamente investito l’<strong>Ordine</strong>”.<br />

L’orientamento dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />

è stato condiviso dalla I sezione civile del<br />

Tribunale di Milano (sentenza n. 8810 del<br />

10-27 luglio 1998, RG n. 10667/1996; n.<br />

8432 Reg. Dep.; Andrea Monti contro<br />

<strong>Ordine</strong> giornalisti Lombardia): “Il Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> è organo preposto alla sorveglianza<br />

e alla disciplina <strong>dei</strong> suoi iscritti<br />

e i suoi provvedimenti sono e devono<br />

essere, per loro natura e per la natura<br />

dell’ente che li emana, accessibili a tutti.<br />

Aver comunicato alla stampa nazionale<br />

il provvedimento completo ed averlo<br />

pubblicato su Tabloid non costituisce<br />

certo comportamento illecito, lesivo <strong>dei</strong><br />

diritti del Monti. Meraviglia che le censure<br />

muovano da chi ha fatto dell’informazione<br />

il proprio impegno quotidiano e<br />

dovrebbe quindi ben sapere che l’interesse<br />

del pubblico alla corretta e completa<br />

informazione su tutto ciò che riguarda<br />

la vita ‘pubblica’ in genere, ivi<br />

comprese le vicende relative ai giornalisti,<br />

che della vita ‘pubblica’ sono gli interpreti<br />

ed i veicoli primi, deve sempre e<br />

comunque prevalere sul diritto del singolo,<br />

chiunque esso sia, alla riservatezza.<br />

Corre poi obbligo di rilevare come la<br />

comunicazione della decisione (peraltro<br />

confermata in secondo grado) sia stata<br />

particolarmente completa, esauriente e<br />

corretta. La notizia è stata data senza il<br />

minimo commento, ma tutti gli elementi,<br />

di accusa e di difesa, sono stati puntigliosamente<br />

riportati, sia nel comunicato<br />

alla stampa che nell’articolo apparso<br />

su Tabloid”.<br />

La delibera disciplinare, infine, è un atto<br />

amministrativo governato dai principi “di<br />

pubblicità e di trasparenza” (art. 1, punto 1,<br />

della legge 241/1990).<br />

La pubblicità alle delibere<br />

disciplinari non costituisce<br />

illecito disciplinare<br />

Non costituisce illecito civile, e non comporta<br />

pertanto alcun obbligo di risarcimento<br />

in favore dell’incolpato, la divulgazione e<br />

la pubblicazione su un organo di stampa di<br />

una deliberazione disciplinare del Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. (Trib. Milano, 27-<br />

07-1998; Monti c. Abruzzo e altri; FONTI<br />

Foro It., 1999, I, 3083).<br />

Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> è organo preposto<br />

alla sorveglianza ed alla disciplina <strong>dei</strong> suoi<br />

iscritti ed i suoi provvedimenti sono, e devono<br />

essere, per la loro natura accessibili a<br />

tutti. Pertanto la pubblicazione integrale sulla<br />

stampa del provvedimento disciplinare<br />

non costituisce comportamento illecito lesivo<br />

<strong>dei</strong> diritti dell’incolpato (Trib. Milano, 27<br />

luglio 1998; Parti in causa A..M. c. F.A. e altro;<br />

Riviste Rass. Forense, 1999, 200).<br />

Una nota del<br />

Garante<br />

della Privacy<br />

“La conoscibilità delle informazioni<br />

relative ai provvedimenti disciplinari<br />

rende quindi lecita la loro divulgabilità,<br />

anche tramite eventuali riviste,<br />

notiziari o altre pubblicazioni curati<br />

dai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> purché i dati<br />

siano esatti ed aggiornati nonché<br />

riportati in termini di sostanziale correttezza.<br />

La pubblicazione di queste<br />

riviste, ha spiegato il Garante, da<br />

parte di soggetti pubblici ricade peraltro<br />

nell’ampia nozione di trattamento<br />

<strong>dei</strong> dati personali finalizzato<br />

alla pubblicazione o diffusione occasionale<br />

di articoli, saggi o altre manifestazioni<br />

del pensiero, trattamento<br />

cui si applica la disciplina prevista<br />

in generale per l’attività giornalistica<br />

e di informazione, a prescindere dalla<br />

natura privata o pubblica del soggetto<br />

che cura la pubblicazione”.<br />

(Newsletter del Garante, 9 - 15<br />

aprile 2001)<br />

18 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


La normativa prevista da una direttiva comunitaria<br />

Il decreto (firmato da Mastella) sulle misure<br />

compensative per i giornalisti stranieri<br />

che vogliono esercitare la professione in Italia<br />

Roma, 12 gennaio <strong>2007</strong>. È stato pubblicato nella Gazzetta<br />

Ufficiale n. 7 del 10 gennaio <strong>2007</strong>, il decreto 17 novembre<br />

2006, n. 304, che disciplina le misure compensative che<br />

possono essere richieste ai giornalisti professionisti stranieri<br />

che vogliono esercitare la professione in Italia. A tal fine<br />

essi devono presentare domanda al ministero di<br />

Giustizia che potrà accogliere la domanda subordinandola<br />

all'applicazione delle misure compensative costituite da<br />

una prova attitudinale o da un tirocinio di adattamento.<br />

L’applicazione di dette misure è disposta su parere del<br />

Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, chiamato ad<br />

esprimersi in sede di conferenza di servizi convocata dal<br />

ministero di Giustizia.<br />

L’allegato A pubblica l’ELENCO DELLE MATERIE, che i<br />

giornalisti stranieri devono conoscere qualora debbano sostenere<br />

la prova attitudinale prevista dalla normativa europea<br />

(direttiva 89/48/Ce calata nel dlgs 115/1992):<br />

1) Diritti, doveri, etica e deontologia dell’informazione;<br />

2) Elementi di storia del giornalismo e della comunicazione<br />

di massa;<br />

3) Elementi di storia moderna e contemporanea;<br />

4) Elementi di sociologia e psicologia dell’opinione pubblica;<br />

5) Norme giuridiche attinenti all’informazione: elementi di<br />

diritto pubblico; norme civili, penali e amministrative<br />

concernenti la stampa; ordinamento giuridico della professione<br />

di giornalista;<br />

6) Normativa comunitaria sull’informazione;<br />

7) Teoria e tecniche dell’informazione giornalistica;<br />

8) Metodi e strumenti di ricerca per il giornalismo;<br />

9) Elementi di grafica della comunicazione giornalistica;<br />

10) Elementi di informatica applicata al giornalismo;<br />

11) Elementi di fotogiornalismo e di radiogiornalismo.<br />

La prova attitudinale (art. 8 del dlgs 115/1992) “1. consiste<br />

in un esame volto ad accertare le conoscenze professionali<br />

e deontologiche ed a valutare la capacità all’esercizio<br />

della professione, tenendo conto che il richiedente il riconoscimento<br />

è un professionista qualificato nel Paese di<br />

origine o di provenienza. 2. Le materie su cui svolgere l’esame<br />

devono essere scelte in relazione alla loro importanza<br />

essenziale per l’esercizio della professione. 3. In ca-<br />

Dovranno<br />

studiare<br />

11 materie<br />

so di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere ripetuta<br />

non prima di sei mesi. 3-bis. L’esame di cui al comma<br />

1, si articola in una prova scritta o pratica e orale o in<br />

una prova orale da svolgersi in lingua italiana sulla base<br />

<strong>dei</strong> contenuti delle materie stabilite a seguito della procedura<br />

di cui all’articolo 12”.<br />

Questo decreto ministeriale è figlio dell’ articolo 6 del decreto<br />

legislativo 2 maggio 1994 n. 319 (Attuazione della direttiva<br />

92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale<br />

di riconoscimento della formazione professionale che integra<br />

la direttiva 89/48/CEE), che, in presenza di determinate<br />

condizioni, subordina il riconoscimento <strong>dei</strong> titoli al superamento<br />

di una prova attitudinale o di un tirocinio di adattamento.<br />

Arti colo 6. Misure compensative<br />

1. Qualora il richiedente sia in possesso di un titolo di formazione<br />

dello stesso livello o di livello superiore a quello<br />

prescritto per l’accesso o l’esercizio delle attività di cui all’art.<br />

2, il riconoscimento è subordinato, a scelta del richiedente,<br />

al compimento di un tirocinio di adattamento della<br />

durata massima di tre anni oppure al superamento di una<br />

prova attitudinale:<br />

a) se la formazione professionale attestata dai titoli di cui<br />

all’art. 1 e all’art. 3 verte su materie sostanzialmente diverse<br />

da quelle contemplate nella formazione professionale<br />

prescritta dalla legislazione vigente;<br />

b) se la professione cui si riferisce il riconoscimento <strong>dei</strong> titoli<br />

comprende attività professionali che non esistono nella<br />

professione corrispondente del Paese che ha rilasciato i titoli<br />

o nella professione esercitata ai sensi dell’art. 3, comma<br />

1.<br />

2. Il riconoscimento è, altresì, subordinato, a scelta del richiedente,<br />

al compimento di un tirocinio di adattamento<br />

della durata massima di tre anni, oppure al superamento di<br />

una prova attitudinale, se riguarda professioni per il cui accesso<br />

o esercizio è richiesto il possesso di un titolo di formazione<br />

rispondente ai requisiti dell’art. 1, comma 3, lette-<br />

ra a), ed il richiedente possiede un titolo di formazione rispondente<br />

ai requisiti di cui all’art. 1, comma 3, lettera b) o<br />

lettera c).<br />

2-bis. Quanto previsto al comma 1 è subordinato alla verifica<br />

del fatto che le conoscenze acquisite dal richiedente<br />

nel corso della propria esperienza professionale non colmino<br />

in tutto o in parte la differenza sostanziale di cui allo<br />

stesso comma 1 (2).<br />

(2) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 8 luglio 2003, n.<br />

277<br />

L’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce «professione regolamentata»<br />

quella professione riconosciuta ai sensi dell’articolo<br />

2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 115<br />

(Attuazione della direttiva 89/48/CEE) ovvero ai sensi dell’articolo<br />

2 del decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319<br />

(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo<br />

sistema generale di riconoscimento della formazione<br />

professionale che integra la direttiva 89/48/CEE). Il dlgs<br />

70/2003, il dlgs 319/1994 e il dlgs 277/2003 “europeizzano”<br />

la professione italiana di giornalista.<br />

Soltanto nel 2003, con il dlgs 277 citato, la Repubblica italiana<br />

ha compiuto un atto di riparazione parziale, modificando<br />

la tabella delle professioni (allegato C) inclusa nel<br />

dlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva 92/51/CEE). Oggi,<br />

infatti, la professione di giornalista rientra tra quelle caratterizzate<br />

dal possesso del diploma (e non dalla laurea) riconosciute<br />

come tali dal dlgs 2 maggio 1994 n. 319, che<br />

ha dato “attuazione alla direttiva 92/51/CEE relativa ad un<br />

secondo sistema generale di riconoscimento della formazione<br />

professionale che integra la direttiva 89/48/CEE”. Il<br />

dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece, attuazione della<br />

direttiva 2001/19/CE, che modifica le direttive del Consiglio<br />

relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche<br />

professionali. L’allegato II (di cui all’art. 2, comma 1, lettera<br />

l) del dlgs 277/2003 cita espressamente la professione<br />

di giornalista come vigilata dal ministero di Giustizia.<br />

L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sostituito, come riferito,<br />

l’allegato C del dlgs 319/1994. I dlgs 277/2003 e<br />

319/1994 in sostanza dicono, con l’allegato II (ex allegato<br />

C), che la professione giornalistica (italiana), organizzata<br />

(ex legge 69/1963) con l’<strong>Ordine</strong> e l’Albo (in base all’art.<br />

2229 Cc) e costituzionalmente legittima (sentenze 11 e<br />

98/1968, 2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 della<br />

Consulta), ha oggi sì il riconoscimento dell’Unione europea,<br />

ma a un livello inferiore rispetto a quelle comprese<br />

nell’allegato A del Dlgs 115/1992 caratterizzate dalla laurea.<br />

Con la “riforma Mastella”, questo gap dovrebbe essere<br />

superato, prevedendo la laurea come titolo obbligatorio<br />

per l’accesso al praticantato giornalistico (nel rispetto del<br />

comma 18 dell’articolo 1 della legge 4/1999).<br />

Il testo del decreto in www.odg.it<br />

Ministero dell’Interno:<br />

“La tessera dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti valido<br />

documento di riconoscimento,<br />

non carta d’identità”<br />

Anes:<br />

per le riviste<br />

specializzate<br />

bene 2006<br />

e <strong>2007</strong><br />

Il massimario<br />

del Cnog<br />

utile<br />

strumento<br />

di lavoro<br />

Milano, 21 dicembre 2006. La tessera rilasciata<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti è un valido<br />

documento di riconoscimento, ma non vale<br />

come carta d’identità. Questa la risposta del<br />

ministero dell’Interno a un quesito posto dalla<br />

prefettura di Varese (prot. n. 34440/2006/Area<br />

II). Nella lettera della prefettura di Varese a un<br />

iscritto all’elenco professionisti dell’Albo di<br />

Milano si legge: “Si fa riferimento al quesito<br />

formulato dalla S.V. in ordine alla validità della<br />

propria tessera di appartenenza all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti quale documento di riconoscimento.<br />

Si fa presente che, in merito all’argomento<br />

in questione, è stato chiesto il parere del ministero<br />

dell’Interno che, con nota datata 7 novembre<br />

2006, ha rilevato che, ai sensi dell’art.<br />

1, lett. c) del D.P.R. n. 445/2000, “il documento<br />

di riconoscimento è ogni documento munito<br />

di fotografia del titolare e rilasciato... da una<br />

pubblica amministrazione italiana o di altri<br />

Stati, che consente l’identificazione personale<br />

del titolare”.<br />

Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene<br />

che la tessera di appartenenza all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti soddisfi tali requisiti e possa essere<br />

quindi considerata documento di riconoscimento<br />

ai sensi del citato art. 1 lett. c) del D.P.R.<br />

n. 445/2000.<br />

Diversamente, riguardo alla possibilità di utilizzare<br />

tale tessera quale documento d’identità<br />

di cui all’art. 1 lett. d) del D.P.R. n.<br />

445/2000, con la finalità prevalente di dimostrare<br />

l’identità personale del suo titolare, si fa<br />

presente che l’art. 35 comma 2 dello stesso<br />

D.P.R. individua tra i documenti equipollenti alla<br />

carta di identità “... le tessere di riconoscimento,<br />

purché munite di fotografia e di timbro<br />

o di altra segnatura equivalente, rilasciate da<br />

un’amministrazione dello Stato”.<br />

Pertanto, poiché l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti rientra<br />

nella categoria della pubblica amministrazione,<br />

ma non dell’amministrazione dello Stato,<br />

la tessera rilasciata dal citato <strong>Ordine</strong> non può<br />

essere utilizzata quale documento di identità,<br />

ma solo come documento di riconoscimento”.<br />

Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. L'anno 2006 ha<br />

dato risultati positivi per il 60% delle Società<br />

editrici e il miglioramento rilevato è mediamente<br />

superiore a 3 punti percentuali rispetto<br />

al 2005. Lo sostiene l'Associazione Nazionale<br />

Editoria Periodica e Specializzata, che ha reso<br />

noto i risultati del monitoraggio che effettua<br />

ogni sei mesi sull'andamento del mercato<br />

pubblicitario. L'Anes copre oltre l'80% del mercato<br />

pubblicitario delle riviste specializzate,<br />

pari a 850 milioni di euro circa. ''Il dato costituisce<br />

una vera inversione di marcia rispetto<br />

all'anno precedente - ha dichiarato Giuseppe<br />

Nardella, presidente Anes, commentando i risultati.<br />

Ricorda che nel gennaio 2006 solo il<br />

34% degli intervistati dichiarò un andamento<br />

positivo del 2005 sul 2004. Inoltre solo il 21%<br />

<strong>dei</strong> rispondenti dichiara un andamento negativo<br />

nel 2006 contro il 45% dello scorso anno''.<br />

Positivo anche il giudizio sulle attese per l'anno<br />

in corso, sostiene l'Anes. Il 31% degli editori<br />

prospetta per il <strong>2007</strong> un miglioramento superiore<br />

a 7 punti.<br />

(ANSA)<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

È stato pubblicato in questi giorni il massimario<br />

del Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti, i cui temi conduttori sono la salvaguardia<br />

<strong>dei</strong> valori e delle libertà dell’informazione<br />

e l’evoluzione della professione giornalistica.<br />

Si tratta di una raccolta, edita dal<br />

Centro di documentazione giornalistica, delle<br />

pronunce del 2005 e di un repertorio, sotto<br />

forma di cd-rom, delle decisioni più significative<br />

degli ultimi dieci anni.<br />

Il manuale rappresenta quindi un utile strumento<br />

pratico rivolto alla categoria della quale<br />

tratta i vari aspetti costitutivi ed evolutivi,<br />

dall’iscrizione negli elenchi dell’Albo, al registro<br />

<strong>dei</strong> praticanti, al regime disciplinare, ai diritti<br />

ed ai doveri elettorali, con un compendio<br />

di documenti varati dal Consiglio nazionale.<br />

Per acquistare il massimario è possibile rivolgersi<br />

al Centro di documentazione giornalistica<br />

in piazza di Pietra, 26 - 00186 Roma;<br />

tel. 066791496, fax: 066797492,<br />

info@cdgweb.it .<br />

(da www.odg.it -22 dicembre 2006)<br />

19


REDATTORE SOCIALE CURA I CONTENUTI GIORNALISTICI DEL PORTALE DELL’INAIL<br />

Saper distinguere<br />

i messaggi<br />

che vengono<br />

dal mondo<br />

della disabilità<br />

Franco Bomprezzi: “Decodificare i messaggi che vengono<br />

dal mondo della disabilità non è facile.<br />

I mass media si occupano spesso di questo tipo di temi a partire<br />

da casi estremi.<br />

E ci troviamo quasi sempre di fronte a un giornalismo troppo<br />

rapido, che non ha mai il tempo né di verificare le notizie né<br />

di approfondire i temi trattati. Un giornalismo che non sa distinguere”.<br />

<strong>Giornalisti</strong> e medici,<br />

seminario<br />

di formazione<br />

al Bambin Gesù<br />

Come raccontare i disagi fisici e psicologici <strong>dei</strong> bambini<br />

delle famiglie A metà gennaio giornalisti e medici si sono<br />

confrontati per una giornata al Bambin Gesù di Roma sul tema<br />

“Mass media e disabilità”. Il seminario, organizzato dall’ospedale<br />

stesso che da quattro anni promuove incontri con i<br />

comunicatori su temi sanitari, ha avuto il patrocinio dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti oltre che della Federazione nazionale degli<br />

Ordini <strong>dei</strong> medici e dell’Associazione italiana di comunicazione<br />

pubblica e istituzionale.<br />

Basta spostare il punto<br />

di vista, ed ecco Superabile:<br />

la normale informazione<br />

“dalla” disabilità<br />

Nove canali tematici.Lavoro, leggi, barriere architettoniche e culturali, ausili, viaggi e tempo libero, scuola e<br />

formazione, buoni esempi, sport, associazioni. 21 home page, una principale e 20 con notizie provenienti da<br />

tutte le regioni; notiziari audio e contributi video, photogallery, rassegna stampa; e poi recensioni di libri,<br />

calendario di eventi, glossario, repertorio di link.<br />

Ecco Superabile (www.superabile.it), il portale<br />

d’informazione dedicato alle questioni<br />

delle disabilità. Proprietà dell’Inail, è nato per<br />

porre uno sguardo attento sulle invalidità legate<br />

al mondo del lavoro, sui temi della sicurezza<br />

e della prevenzione: poi ha ampliato<br />

ancora il suo raggio, fino a proporsi come<br />

riferimento per tutto il mondo delle disabilità,<br />

per i singoli, le associazioni e le istituzioni<br />

che dell’argomento si occupano.<br />

Da inizio 2006 i contenuti giornalistici di<br />

Superabile sono curati da Redattore Sociale<br />

(www.redattoresociale.it).<br />

La rete di corrispondenti dell’agenzia da tutte<br />

le regioni garantisce su Superabile<br />

un’informazione puntuale e forte su temi “deboli”<br />

che faticano, come è noto, a trovare<br />

spazio sui grandi media ma che sono molte<br />

volte, e a ben guardare, “valori notizia”, cadi<br />

Elisabetta Proietti<br />

paci di raccontare attraverso punti di vista<br />

poco consueti le nostre città e le relazioni.<br />

Come riportare la forza, i problemi, i sogni,<br />

la quotidianità faticosa di una “categoria debole”<br />

è la sfida di Superabile.<br />

Cerca di farlo senza pietismi e giri di parole,<br />

senza la retorica del linguaggio e <strong>dei</strong> temi.<br />

Anzi, talvolta provando – quasi sempre su<br />

sprone di singoli cittadini e associazioni che<br />

sono i protagonisti principali del sito - a sbugiardare<br />

luoghi comuni, schemi vecchi e posizioni<br />

di comodo che pervadono il nostro vivere<br />

insieme.<br />

Perché “una buona informazione sulla disabilità<br />

è essenzialmente un’informazione normale”<br />

come sostiene Franco Bomprezzi,<br />

giornalista dell’Agr, disabile, colui al quale si<br />

deve il salto in avanti del portale durante la<br />

sua gestione, quasi sei anni fa.<br />

“E - aggiunge - non bisogna dimenticare<br />

che non esiste la disabilità, ma una serie di<br />

situazioni tutte diverse tra loro”.<br />

Ed ecco allora le reazioni al reality olandese<br />

con disabili che approderà presto anche in<br />

Italia, ma ecco anche il servizio sui voli aerei<br />

accessibili e sulla fruibilità <strong>dei</strong> musei per<br />

tutti; ecco la prima suora down e l’inchiesta<br />

sui giovani disabili che riescono a laurearsi -<br />

in quali città e con quali servizi -, quella sull’effettivo<br />

diritto di voto per chi non può spostarsi<br />

da casa, anche dopo l’introduzione<br />

della legge 22/06 che stabilisce il diritto di<br />

voto a domicilio solo per chi è attaccato ad<br />

apparecchi elettromedicali (e gli altri), su<br />

cui molto si è espresso anche Piergiorgio<br />

Welby.<br />

Ecco i dati al completo degli infortuni sul lavoro,<br />

regione per regione, ma anche le facce<br />

e le storie di quei numeri: il ritorno al lavoro<br />

dopo un grave incidente, la quotidiana<br />

tenacia della signora Angela, di Lecco, oggi<br />

centenaria, che perse un braccio da giovane<br />

in un ingranaggio in fabbrica e dovette rinunciare<br />

alla passione di arrampicare che<br />

condivideva con l’amico e famoso alpinista<br />

Riccardo Cassin; ecco il “no” del Vaticano alla<br />

ratifica della Convenzione Onu per i diritti<br />

<strong>dei</strong> disabili ed ecco la “buona prassi” realizzata<br />

in un piccolo territorio ma anche la denuncia<br />

<strong>dei</strong> genitori in provincia di Palermo<br />

che da giorni non vedono arrivare il pulmino<br />

che garantisce la scuola ai loro figli; ecco gli<br />

audiolibri e le case editrici che pubblicano a<br />

corpo 18 per gli ipovedenti, lo studente universitario<br />

che va a lezione anche per il suo<br />

collega disabile, le gesta mirabolanti dell’atleta<br />

paralimpico che dopo la gara torna in<br />

ufficio sulla sua sedia a ruote.<br />

Oltre che strumento di informazione,<br />

Superabile è portale di servizio con le risposte<br />

degli esperti ai quesiti <strong>dei</strong> lettori, i forum<br />

di discussione e con il call center dell’Inail<br />

(800-810810).<br />

Una carrellata di foto sportive dalla “photogallery” di www.superabile.it<br />

Il Gruppo altomilanese giornalisti (Gag), istituito nel 1993, con sede in Legnano, intende ricordare la figura<br />

di Mauro Gavinelli, che fu tra i soci fondatori e primo presidente del Gag. A tale scopo, bandisce la sesta edizione<br />

Il sesto “Premio <strong>Giornalisti</strong>co Mauro Gavinelli”<br />

REGOLAMENTO<br />

art. 1 – Il concorso premia il miglior articolo giornalistico, pubblicato su un quotidiano o un<br />

periodico italiani, che affronti un tema inerente l’attualità politica, economica, sociale, sportiva<br />

della Lombardia. Sono ammessi anche articoli pubblicati da riviste on-line.<br />

art. 2 – Il Premio è riservato ad autori fino a 35 anni di età (compiuti entro il 21 marzo<br />

<strong>2007</strong>), non necessariamente iscritti all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, nell’intento di valorizzare le<br />

intuizioni e l’impegno di Mauro Gavinelli sulla formazione professionale <strong>dei</strong> giovani colleghi<br />

e degli aspiranti giornalisti.<br />

art. 3 – Il vincitore del Premio riceverà la somma di euro 2.500 (duemilacinquecento).<br />

art. 4 – Ad un concorrente selezionato dalla giuria sarà inoltre offerta la possibilità di realizzare<br />

un reportage di viaggio da una capitale europea. Il servizio sarà pubblicato sulla rivista<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, Tabloid. Le spese di viaggio e soggiorno<br />

sono a carico della famiglia Gavinelli che finanzia il Premio.<br />

art. 5 – L’iscrizione al concorso è gratuita.<br />

art. 6 – Ogni concorrente può partecipare presentando un solo articolo che sia stato pubblicato<br />

tra il 1° marzo del 2006 e il 20 aprile del <strong>2007</strong>.<br />

art. 7 – Non sono ammessi articoli già premiati in altri concorsi giornalistici.<br />

art. 8 – Entro il 30 aprile del <strong>2007</strong> ogni concorrente dovrà far pervenire alla segreteria del<br />

Premio – recapito a mano o servendosi del servizio postale – una copia originale del giornale<br />

sul quale è stato pubblicato l’articolo firmato o siglato (nel caso di testate on-line una<br />

stampata della home page), accompagnata da:<br />

a) una breve domanda d’iscrizione al concorso redatta in carta semplice, corredata dai da-<br />

ti anagrafici, dal curriculum vitae e dal recapito del concorrente;<br />

b) cinque fotocopie dello stesso articolo con cui si intende concorrere al Premio. Copie originali<br />

<strong>dei</strong> giornali e fotocopie inviate non saranno restituite.<br />

art. 9 – La segreteria del Premio, alla quale indirizzare domanda d’iscrizione, articoli in<br />

concorso e relative fotocopie, è fissata nella sede legale del Gag: presso Studio avvocato<br />

Fabrizio Conti, via della Liberazione 13, 20025 Legnano (MI).<br />

art. 10 – Ogni concorrente conserva la proprietà letteraria dell’articolo in concorso.<br />

art. 11 – La Giuria del concorso, che valuterà gli articoli giunti alla segreteria stabilendo il<br />

vincitore del Premio, è composta da tre membri del Consiglio direttivo del Gag fra cui il<br />

presidente in carica, da un membro della famiglia Gavinelli e dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti di Milano o da un giornalista da questi indicato. Il giudizio della Giuria è insindacabile<br />

e inappellabile.<br />

art. 12 – I presidenti del Gag e dell’<strong>Ordine</strong> nomineranno un presidente di Giuria. La vice<br />

presidenza è ricoperta da una persona designata della famiglia Gavinelli.<br />

art. 13 – Tutti i partecipanti al concorso riceveranno l’invito alla cerimonia di premiazione<br />

che si terrà entro fine giugno <strong>2007</strong>.<br />

art. 14 – La partecipazione al Premio implica la piena accettazione delle norme contenute<br />

nel presente regolamento.<br />

La non osservanza di quanto richiesto comporterà l’esclusione dal concorso, senza che<br />

sia dovuta comunicazione al concorrente.<br />

Ulteriori informazioni sul concorso possono essere richieste telefonicamente<br />

(Francesco Chiavarini 02 67 47 90 17)<br />

20 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Candido Cannavò<br />

“Per me lo sport è stato<br />

un romanzo tinto solo di Rosa”<br />

di Andrea Sillitti<br />

Nella Catania del dopoguerra Candido Cannavò andava di corsa.<br />

Agile, magrissimo, resistente. Uno <strong>dei</strong> migliori mezzofondisti<br />

della Sicilia. È stata l’atletica a permettergli di uscire per la<br />

prima volta dall’isola e di gareggiare in giro per l’Italia con il Cus<br />

Catania. Ed è stata proprio la sconfinata passione per questa<br />

disciplina a procurargli il primo lavoro da giornalista: “Volevo diventare<br />

un medico, ho frequentato la facoltà per quattro anni,<br />

ma un giorno del ’48 venne da me il responsabile della cronaca<br />

sportiva della Sicilia di Catania. Iniziai a scrivere di atletica,<br />

poi mi dettero sempre più spazio: per l’Olimpiade di Helsinki facevo<br />

da solo due pagine al giorno in redazione”.<br />

Pochi anni e, nel ’55, la svolta: prima il contratto da praticante<br />

nel quotidiano catanese (“dopo sette anni di abusivismo di cui<br />

non rimpiango un solo giorno”), poi l’inizio del lungo e felicissimo<br />

matrimonio professionale con la “Gazzetta dello Sport”. Un<br />

sodalizio nato sulla scia di uno scandalo, il “caso Scaramella”.<br />

L’inchiesta portò alla luce la connivenza tra l’arbitro romano, poi<br />

squalificato a vita, e alcune società di calcio, tra cui il Catania<br />

che venne retrocesso in serie B. “Finì coinvolto anche il corrispondente<br />

della Gazzetta a Catania, così da Milano si ricordarono<br />

di una mia precedente candidatura. La fatalità non ha<br />

alternative né ama dare spiegazioni. Più volte io e il caso ci saremmo<br />

incontrati di nuovo in seguito”.<br />

Come un giorno del 1959, quando Cannavò si imbatte per caso<br />

in un collega che gli propone di andare a colazione con due<br />

ballerine di Milano. “Una delle due era Franca. L’anno dopo, il<br />

giorno di Sant’Ambrogio, ci siamo sposati”. Nel 2010 Candido<br />

e Franca festeggeranno le nozze d’oro. Una consuetudine, ormai,<br />

per Cannavò. Se ora può celebrare mezzo secolo di iscrizione<br />

all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, nel 2005 aveva già festeggiato i<br />

suoi leggendari 50 anni alla “Gazzetta”, dal 1983 al 2002 nelle<br />

vesti di direttore. “Ho lasciato il timone il 12 marzo 2002, proprio<br />

nel giorno in cui cadevano i miei 19 anni di direzione. Per<br />

l’occasione ho speso con felicità un capitale in rose color<br />

Gazzetta da regalare a tutte le colleghe e le signore che ruotano<br />

intorno al giornale”.<br />

Dopo quel primo articolo firmato nel ’55, Cannavò diventa ben<br />

presto una tra le grandi firme della “Gazzetta”, seguendo da inviato<br />

grandi eventi internazionali come Mondiali di calcio e<br />

Olimpiadi. Ma i tanti riconoscimenti ottenuti non lo allontanano<br />

dalla redazione della “Sicilia” e dall’amata Catania, città nella<br />

quale nel frattempo sono cresciuti i suoi tre figli: Alessandro,<br />

Marco e Marilisa. Nell’81, però, arriva una chiamata alla quale<br />

non può rispondere “no”. Gino Palumbo, direttore della<br />

“Gazzetta”, gli offre l’incarico di vice direttore. Due anni più tardi<br />

sarebbe arrivata la maglia rosa del giornalismo sportivo con<br />

l’investitura a direttore.<br />

Fatti, storie, incontri. In mezzo secolo di “Gazzetta” Cannavò ha<br />

visto tutto e il contrario di tutto. Ha provato a raccontare questi<br />

lunghi 50 anni nell’autobiografia Una vita in rosa, pubblicata nel<br />

2002 da Rizzoli. Un romanzo che attraverso la vicenda del protagonista<br />

fa rivivere i successi e i personaggi più importanti dello<br />

sport italiano e mondiale dal dopoguerra in poi. “Se mi chiedessero<br />

l’avvenimento che più mi è rimasto nel cuore – racconta<br />

– sceglierei la vittoria di Livio Berruti sui 200 metri ai<br />

Giochi di Roma del ‘60, le mie prime Olimpiadi, anche se di<br />

trionfi indimenticabili ne ho visti tanti. Quelli che ricordo meglio,<br />

purtroppo, sono gli episodi che invece cancellerei volentieri dalla<br />

memoria, come la tragedia dell’Heysel di Bruxelles nell’‘85 o<br />

l’estromissione di Pantani dal Giro d’Italia, il 5 maggio del<br />

1999”.<br />

E a proposito di fatti da dimenticare, è impossibile ignorare i<br />

drammatici scontri avvenuti il 2 febbraio scorso nella sua<br />

Catania, scontri che hanno sconvolto il calcio italiano: “Episodi<br />

come quelli che avvengono nei nostri stadi sono il segno di un<br />

grande disagio sociale. Il giornalismo in questo senso può ancora<br />

svolgere un ruolo positivo, battendosi per affermare i principi<br />

di lealtà e i valori dello sport”.<br />

Cannavò crede a tal punto nel ruolo educativo della professione<br />

da aver vissuto per otto mesi, nel 2003, da cronista volontario<br />

nel carcere di San Vittore. Esperienza da cui ha tratto un<br />

libro di successo, Libertà dietro le sbarre, edito tre anni fa da<br />

Rizzoli. “Ho scoperto che il carcere ha un’anima, e da quest’anima<br />

mi sono lasciato conquistare”. Oggi Cannavò continua a<br />

frequentare San Vittore, ma è solo uno <strong>dei</strong> tanti impegni del<br />

giornalista che, oltre a ricoprire il ruolo di Direttore editoriale<br />

Area Sport del gruppo Rcs, continua a scrivere libri e a firmare<br />

editoriali sulla “Gazzetta”. È passato più di mezzo secolo, ma<br />

Candido Cannavò continua a correre.<br />

Gian Piero Ratti<br />

“Che emozione quando Moser<br />

stabilì il record dell’ora”<br />

Fuma la pipa con del tabacco che fa arrivare dagli Stati Uniti e<br />

ha disegnato di persona la sua accogliente casa brianzola, non<br />

lontano dalla villa di Adriano Celentano. “Una volta – scherza<br />

– fumare, mangiare e bere tanto erano le caratteristiche peculiari<br />

del giornalista”.<br />

Gian Piero Ratti, per i colleghi Piero, ha passato ben più della<br />

metà <strong>dei</strong> suoi anni alla “Gazzetta dello Sport”, come inviato. E<br />

pensare che all’inizio la sua strada doveva essere un’altra:<br />

“Studiavo Medicina, ero al quinto anno, poi sono morti i miei<br />

genitori e ho dovuto provvedere ai due fratellini più piccoli.<br />

Pagare l’affitto della casa e permettere loro di studiare stava di-<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

di Alessandro Ruta<br />

Angelo Garavaglia<br />

“Mi ritempravo con Mozart<br />

e raccontavo le gesta di Coppi”<br />

di Giuseppe Vespo<br />

“Cominciamo col dire che i miei amori sono due: La Gazzetta<br />

dello Sport e il loggione della Scala”. Angelo Garavaglia racconta<br />

la sua esperienza professionale, lunga cinquant’anni:<br />

“Ma di quel giornalismo oggi è rimasto poco”. Nessun tono nostalgico,<br />

comunque, per il cronista in Rosa. Tutto scorre liscio<br />

come in quei racconti che i nonni rodano su generazioni di nipoti,<br />

archiviati in una mente brillante e interrotti da una voce<br />

che inneggia continuamente alla bellezza della vita e di questo<br />

mestiere. “Ho cominciato in Gazzetta”, racconta. “Ricordo che<br />

entrai al giornale a dicembre, ero il più giovane, e a Natale mi<br />

regalarono un panettone Motta di cinque chili. Quando tornai a<br />

Carlo Perelli<br />

Io, nelle steppe russe<br />

a caccia di storie su due ruote<br />

di Damiano Beltrami<br />

“La storia più bella in 58 anni di Motociclismo Quella di un<br />

campione che diceva di esser morto tre volte: Alfredo Ravaldini”.<br />

A ripensarci, Carlo Perelli, oggi indaffarato direttore responsabile<br />

della rivista “Motociclismo d’Epoca”, fondata nel 1995 dopo<br />

essersi ritirato da “Motociclismo”, sorride. “Nel 1979 visitai le<br />

principali fabbriche di moto sovietiche, i club e i circuiti. Un colpaccio<br />

per Motociclismo: ero il primo giornalista occidentale che<br />

ci riusciva”. E ancor più singolare fu il personaggio che emerse<br />

da quel viaggio: un motociclista romagnolo famoso in Unione<br />

Sovietica e sconosciuto in patria.<br />

“Tornato in Italia, scrissi il reportage e lanciai un appello allo sco-<br />

ventando un’impresa, e ho iniziato a cercare un lavoro. Ho<br />

mandato una lettera a Gianni Brera, che allora dirigeva la<br />

Gazzetta, chiedendogli di poter scrivere qualcosa. Quando mi<br />

ha risposto di sì non ci potevo credere. Così, era la fine degli<br />

anni Quaranta, ho cominciato a collaborare, e poi ad essere inviato,<br />

a seguire i grandi eventi, soprattutto ciclismo e sci:<br />

Mondiali, Olimpiadi. Ma l’emozione più grande me l’ha data<br />

Francesco Moser quando ha stabilito il record dell’ora a Città<br />

del Messico”.<br />

Durante una gara, la Varsavia-Berlino-Praga, Piero ha conosciuto<br />

la sua futura moglie, che faceva la traduttrice per la<br />

Reuters. Al matrimonio il testimone era Gualtiero Zanetti. Solo<br />

una corsa non è mai riuscito a seguire: la Parigi-Roubaix. Ratti<br />

casa, mio padre, che in gioventù era emigrato in Argentina a<br />

cercar fortuna, mi chiese se l’avessi rubato”. Ride il signor<br />

Garavaglia: “Erano tempi diversi, di grande fatica, ma di enormi<br />

soddisfazioni”. Cavalcava tutte le mattine le Nord, dalla provincia<br />

a Milano: “Sapevi quando partivi, ma non potevi prevedere<br />

l’arrivo”. Al lavoro, “in una terra tra mito e ragione, respiravamo<br />

la poesia di questo mestiere: tra Coppi e Bartali, le<br />

grandi imprese, la folla raccolta nel cortile della Gazzetta di via<br />

Galilei, nell’ex fabbrica del sapone. La gente guardava i ciclisti<br />

che punzonavano le bici, incantati dal mito che contribuivamo<br />

a formare con la semplice cronaca di imprese sportive vere”.<br />

Ogni giorno, fino a sera. Fino all’urlo del proto che echeggiava<br />

per tutto il giornale e imponeva la chiusura. Fatte le pagine, via<br />

a coltivare le altre passioni, la musica su tutte. Altri miti, altre<br />

ricorda con affetto il suo rapporto con Brera: “Col Giuànn piano<br />

piano siamo diventati amici e si andava a pescare insieme.<br />

Era uno spettacolo vederlo remare con una mano sola, lui che,<br />

nato praticamente sul fiume, sapeva come navigare senza far<br />

scappare i pesci. Un altro grande maestro è stato Gianni<br />

Clerici”.<br />

Piero ce l’ha impresso in mente come se fosse ieri, il primo articolo<br />

scritto per la rosea, su una partita di calcio: “Saronno-<br />

Monza zero a zero. Da lì quante soddisfazioni, che ricordi<br />

quando impaginavo la Gazzetta in piazza Cavour con i tipografi,<br />

o le cene con Mario Fossati e Giuseppe Ambrosini.<br />

Quante cose ho imparato da loro, anche quando ero incaricato<br />

di dettare semplicemente i pezzi che scrivevano alla fine delle<br />

tappe del Giro d’Italia. Oggi i giovani non ascoltano più gli<br />

anziani, e fanno male. L’umiltà deve essere una dote fondamentale<br />

per diventare giornalisti”.<br />

Ratti non ha mai smesso di scrivere. Alla fine di gennaio, infatti,<br />

ha seguito per la Gazzetta la tradizionale Marcialonga di sci<br />

di fondo: “Forse piaccio ai lettori perché riesco a far vivere un<br />

evento attraverso i miei pezzi. Oggi è tutto a portata di mano<br />

su internet, nessuno va più a fare il cronista sul campo, e parlare<br />

con gli sportivi è sempre più difficile. Le sale stampa di una<br />

volta erano piccole, e lavorare in mezzo al ticchettio delle macchine<br />

per scrivere ti dava una carica indescrivibile. Adesso, invece,<br />

basta schiacciare due tasti sul computer”.<br />

coppie: Mozart e Beethoven, Verdi e Wagner. “Ho vissuto in<br />

una penombra divina, il giornale mi assicurava la pagnotta e la<br />

musica mi ritemprava lo spirito”. Poi il mondo, i viaggi: alla scoperta<br />

delle imprese che fanno grandi gli uomini. Un giro lungo,<br />

fino al desk. Nel 1968 Garavaglia è caposervizio alle pagine del<br />

calcio, “del calcio vero” e la “Gazza” cambia sede, si sposta in<br />

piazza Cavour, palazzo <strong>dei</strong> giornali.<br />

Col trasferimento <strong>dei</strong> cronisti della “rosea” al “Corriere”,<br />

Garavaglia è nominato caporedattore. Ogni capo dirigeva le<br />

sue pagine, e in quel periodo non si convocava neanche la riunione.<br />

Angelo Garavaglia è stato tra quelli che hanno lavorato<br />

alla “Gazzetta dello Sport” in anni record: dalla direzione ad interim<br />

di Giuseppe Ambrosini e Gualtiero Zanetti a quella di<br />

Candido Cannavò, passando per tante imprese sportive e giornalistiche.<br />

Su tutte, il record <strong>dei</strong> tre milioni di lettori di media del 1983. È<br />

uscito dal giornale nel 1988, in tempo per vedere “l’appiattimento<br />

<strong>dei</strong> quotidiani e <strong>dei</strong> giornalisti” sui modelli televisivi.<br />

“L’avvento delle tv commerciali ha cambiato il modo di fare questo<br />

mestiere”. Testimone di un declino, canta un vecchio proverbio<br />

cinese: “Quando ti rendi conto – recita Garavaglia – che<br />

non è il pisello che fa sbocciare la primavera ma il contrario,<br />

capisci che è finita la poesia”. Quell’88, erano 51 i redattori in<br />

“odor di santità. Siamo usciti in quattro. Perché anche in queste<br />

cose bisogna cogliere il momento giusto”.<br />

D'<br />

MEDAGLIE<br />

O R<br />

nosciuto pilota. Per dieci anni nessuna risposta. Poi, una mattina,<br />

squilla il telefono: ‘Pronto, son Ravaldini’, dice la voce. ‘Ma<br />

quale Ravaldini’ ‘Quello della Russia’. ‘Ostrega, ma dove sei’<br />

‘Al mio paese’”. Perelli incontrò Alfredo e la moglie Galina a<br />

Gatteo a Mare, in provincia di Cesena: “Ripeteva divertito che<br />

si sentiva morto tre volte. Mentre si ritirava dalla Russia con<br />

l’Armir, cercò di farsi caricare su un camion nazista. Gli spararono<br />

una mitragliata e cascò nella neve. Mezzo assiderato, lo<br />

salvò una capitana dell’Armata rossa. I russi lo fecero prigioniero,<br />

deportandolo in Siberia. Sarebbe morto la seconda volta,<br />

se non fosse finito a fare il guidatore di trattori. Il che gli consentiva<br />

di difendersi dal gelo riscaldandosi vicino al motore.<br />

Finita la guerra restò in Russia. Cominciò a correre in moto e a<br />

vincere. Entrò nell’albo d’oro del campionato di velocità sovietico.<br />

Poi si laureò in ingegneria, si sposò e fece carriera. Alla fine<br />

degli anni Novanta, assalito dalla malinconia, tornò a Gatteo.<br />

Quando l’anziana madre aprì la porta, le venne un colpo. E appena<br />

si riprese dallo choc, gliene venne un altro: doveva restituire<br />

i soldi della pensione di guerra che aveva preso per quarant’anni.<br />

Lui si sentì morto per la terza volta. Era ormai il fu<br />

Alfredo Ravaldini”.<br />

Carlo Perelli, sguardo attento e occhiali alla Woody Allen, è un<br />

affabulatore quasi ipnotico. Figlio di un tipografo che stampava<br />

“Motociclismo”, imparò a leggere sillabando marche di moto. Poi<br />

un giornalista della rivista chiese al padre: “Te ghe minga un fieu<br />

per sistema i fotugrafie de’ l’archivi” Il 1° ottobre del 1949 il sedicenne<br />

Carluccio entrò al giornale. “In redazione sfogliavo le riviste<br />

straniere. Il vecchio redattore capo mi diceva: “Te vedet,<br />

‘lap’ voeur dì gir normal, ‘fast lap’, giro veloce. Non parlava inglese,<br />

conosceva solo alcuni termini. Così mi misi a studiare un<br />

po’ la lingua e dal 1953 cominciai a collaborare con riviste inglesi<br />

e olandesi”. E proprio su quelle riviste straniere, Perelli, all’inizio<br />

di settembre del 1957, pubblicò lo scoop più clamoroso<br />

della sua carriera. “Venni a sapere che la Gilera, grande protagonista<br />

del campionato del mondo, voleva ritirarsi dalle gare.<br />

Sparai subito la notizia sui giornali inglesi. Apriti cielo: mi chiama<br />

la Gazzetta dello Sport chiedendomi se mi dà di volta il cervello.<br />

La Gilera smentiva, ma il 26 settembre in una riunione<br />

stampa effettivamente annunciò il ritiro dalle corse”.<br />

21<br />

O


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Mario Gherarducci<br />

“Incantato dal grande Maradona<br />

ma il primo amore fu il nuoto”<br />

di Giuseppe Vespo<br />

Il caso volle che il giocatore, appena diciottenne, avesse un<br />

amico giornalista. Correva l’anno 1951. “E chissà perché nei<br />

racconti gli anni corrono sempre”, si sarebbe poi domandato<br />

Mario Gherarducci, rievocando gli ultimi anni della sua carriera.<br />

Studente di scienze politiche a Napoli, Mario incrociò il proprio<br />

futuro professionale mentre coltivava la passione sportiva per<br />

la pallanuoto: “Un amico che lavorava a Il Mattino D’Italia mi<br />

chiese di scrivere un articolo su una gara di nuoto. Nacque così<br />

una collaborazione che dalle piscine partenopee mi avrebbe<br />

portato alle gesta <strong>dei</strong> grandi del calcio, passando per i tappeti<br />

quadrati della boxe e per le arene olimpioniche”. Ma di<br />

bracciate ne ha dovute dare quel ragazzo per raggiungere la<br />

meta che sognava: “Il mattino D’Italia era sempre sull’orlo del<br />

fallimento, così cominciai a lavorare al Roma. Feci qualche anno<br />

da abusivo, tra lo sport e la cronaca nera di Napoli. Poi nel<br />

1957, la lettera del direttore mi consacrò professionista”.<br />

Cronachistico e riflessivo, Gherarducci descrive i suoi primi anni<br />

da professionista: “Al Roma stavo così bene che rifiutai la<br />

proposta di Gino Palumbo, capo dello sport del Mattino”.<br />

Undici anni dopo quel primo articolo sulla gara di nuoto,<br />

Palumbo, passato nel frattempo al “Corriere della Sera” ritenta<br />

il corteggiamento, questa volta con successo: “Come potevo rifiutare<br />

la prima vetrina del giornalismo italiano”. È il marzo del<br />

1963. Sarà perché gli affidarono anche la boxe o forse perché<br />

era abituato a lavorare in maniche di camicia, certo è che<br />

Gherarducci vanta un singolare primato: “Sono stato il primo<br />

che ha osato togliersi la giacca al Corriere, dove c’era un clima<br />

molto formale anche se poi il linguaggio era quello tipico<br />

delle redazioni”. Nel 1964, tra gli incontri di Duilio Loi e la serie<br />

A del campionato, il cronista viene inviato a seguire le Olimpiadi<br />

di Tokio. Dovette occuparsi un po’ di tutto: “Ricordo che<br />

Palumbo mi mandò a seguire l’equitazione. Una disciplina quasi<br />

sconosciuta, ma arrivò la notizia che l’Italia era inaspettatamente<br />

in corsa per l’oro e ne scrissi io”. Nel 1974 Palumbo passò<br />

a dirigere il “Corriere d’informazione”. Gherarducci diventò il<br />

vice delle pagine sportive del “Corriere”.<br />

Fino al ’77, quando Piero Ottone – al suo ultimo anno alla guida<br />

del “Corsera” – lo nominò caporedattore. Di quella direzione,<br />

così tormentata e burrascosa, Gherarducci conserva anche<br />

un aneddoto particolare: “Ottone rivoluzionò i rapporti in redazione.<br />

Fu lui a introdurre la regola tacita del ‘tu’ confidenziale<br />

tra direttore e redattori”.<br />

Mario rimase a dirigere lo sport per nove anni, poi tornò a fare<br />

l’inviato. Nel 1988 è alle Olimpiadi di Seul, poi agli Europei<br />

di calcio in Germania e alle Olimpiadi invernali. Di tutti i grandi<br />

campioni conosciuti, Gherarducci conserva ricordi indelebili,<br />

anche se i suoi preferiti restano Duilio Loi, Nino Benvenuti,<br />

Maradona e Rivera. Oggi è tornato a vivere vicino al mare, non<br />

a Napoli però. E i suoi campioni li vede in tv, con orgoglio: sono<br />

i figli Giorgio, della Gialappa’s Band, e Giampaolo, giornalista<br />

sportivo a Mediaset.<br />

D'<br />

MEDAGLIE<br />

O R<br />

O<br />

Lorenzo Pilogallo<br />

Un professionista stimato<br />

dall’Avvocato e da Enzo Ferrari<br />

di Cleto Romantini<br />

Una vita per il “Corriere della Sera”, trascorsa tra via Solferino<br />

e la sua abitazione in via Carlo Poma. Lorenzo Pilogallo ha lavorato<br />

con orgoglio per la più prestigiosa testata milanese, come<br />

racconta la moglie Rosanna: “Mio marito ha dedicato la vita<br />

al lavoro, tanto che io mi sono sempre chiesta se avesse<br />

sposato me o il Corriere”.<br />

Nato a Milano il 23 marzo del 1933, Pilogallo è entrato al<br />

“Corriere” come correttore di bozze. Dopo dieci mesi inizia a lavorare<br />

come giornalista nella redazione sportiva. Assunto come<br />

praticante nell’aprile del 1956, diventa professionista 18<br />

mesi dopo. “Al Corriere ha percorso tutti i gradini della carriera<br />

– ricorda Rosanna Pilogallo – fino a diventare capo della redazione<br />

sportiva. È stato lui a inventare la pagina della nautica<br />

e <strong>dei</strong> motori. Godeva della stima dell’avvocato Agnelli, con il<br />

quale andava spesso a fare colazione a Torino ed è stato buon<br />

amico del grande Enzo Ferrari, che tra l’altro avrebbe dovuto<br />

essere il nostro testimone di nozze. Rinunciò all’ultimo momento.<br />

Disse che non l’avrebbe più fatto perché ci voleva bene<br />

e non voleva che accadesse nulla di male. Si riferiva al fatto<br />

che l’ultima volta che aveva fatto il testimone a un matrimonio<br />

per un amico, quella persona morì poco tempo dopo”.<br />

Dopo 26 anni di lavoro al “Corriere della Sera”, Pilogallo diventa<br />

direttore del “Corriere d’Informazione”, il quotidiano<br />

Rizzoli del pomeriggio. Era il 26 marzo 1981.<br />

Di quel periodo la signora Pilogallo rievoca un episodio in particolare:<br />

“La tragedia di Vermicino fu una grande angoscia.<br />

Quando riuscirono ad agganciare il piccolo Alfredino in fondo<br />

al pozzo, sembrava che il bambino fosse ormai salvo, e così<br />

mio marito mise la notizia in prima pagina. Purtroppo non fu<br />

così, e il giorno dopo scrisse in prima pagina una bellissima<br />

lettera di scuse”.<br />

L’Informazione cessa le pubblicazioni il 15 dicembre di quell’anno.<br />

Pilogallo, dopo poco tempo, trova una nuova collocazione<br />

come vice di Gino Palumbo alla “Gazzetta dello Sport”.<br />

“In realtà mio marito – racconta la signora Rosanna – era in<br />

ballo per la vicedirezione del Corriere. Purtroppo proprio in<br />

quell’anno, in pieno scandalo P2, arrivò alla direzione Alberto<br />

Cavallari. Fu l’unica volta nella storia del Corriere che non vennero<br />

nominati vicedirettori”.<br />

Pilogallo ha continuato a fare il suo lavoro con amore e con<br />

buoni guizzi d’intuizione, tra i quali il debutto sulle pagine della<br />

“Rosea” di scrittori come Alberto Bevilacqua, che si cimentava<br />

per la prima volta con argomenti di carattere sportivo.<br />

Nel 1983, malato, deve lasciare il lavoro. “Da allora è stato un<br />

po’ abbandonato dai colleghi”, si rammarica la signora<br />

Pilogallo. “Gli unici che sono venuti a trovarlo sono stati Vittorio<br />

Feltri, Gaspare Barbiellini Ami<strong>dei</strong> e Roberto Milazzo, che prese<br />

il suo posto alla Gazzetta. È sempre stato un uomo rigido,<br />

molto serio. Ho sempre ammirato la sua dignità e la riservatezza<br />

che non gli ha mai fatto rivelare di essere il nipote di<br />

Eugenio Balzan, l’uomo che per trent’anni ha amministrato il<br />

Corriere” portandolo, con Luigi Albertini, al successo.<br />

Pilogallo ha ricevuto nel 1968 il premio “Dino Ferrari”, e ha pubblicato<br />

il libro Le automobili – La conquista della velocità<br />

(Piccioli Editrice, 1969).<br />

Giancarlo Migliavacca<br />

La mia penna in difesa<br />

<strong>dei</strong> diritti degli automobilisti<br />

di Andrea Schiappapietra<br />

Un’intera carriera dedicata al mensile che aveva contributo a<br />

far nascere. Quando Giancarlo Migliavacca parla di<br />

“Quattroruote”, i suoi occhi esprimono un grande orgoglio e tradiscono<br />

forse un pizzico di nostalgia. “È stata un’esperienza irripetibile.<br />

In quella redazione sono cresciuto come uomo e come<br />

giornalista”.<br />

Era il 1956 quando Gianni Mazzocchi, che aveva da poco ceduto<br />

testate da lui stesso fondate come “L’Europeo” e “Il<br />

Mondo”, ebbe la grande intuizione, su consiglio di Antonio<br />

Bandini Buti, di investire in una pubblicazione dedicata all’automobile,<br />

in un momento in cui l’Italia si stava avviando alla motorizzazione<br />

di massa.<br />

Severino Franco Silvotti<br />

“Dettavo i pezzi al telefono<br />

per cinque redazioni diverse”<br />

di Matthias Pfaender<br />

“Il libro è l’ultimo baluardo contro la barbarie che ci sta<br />

tra“Adesso si parla tanto di precariato e difficoltà di accesso<br />

alla professione giornalistica; beh, non è che ai miei tempi<br />

fosse tanto diverso”.<br />

Severino Franco Silvotti, per tutti semplicemente Franco, nato<br />

nel 1930 a Castel San Giovanni, ricorda con affetto quel<br />

ragazzone ventenne che nei primi anni Cinquanta dalla provincia<br />

piacentina si avviò, senza contatti o referenze, alla volta<br />

di Milano, l’inespugnabile capitale dell’editoria che – cinquant’anni<br />

fa come oggi – attirava a sé chi cullava l’ambizione<br />

di fare del giornalismo la propria professione.<br />

“Ho ancora stampata in mente la prima volta che giunsi in<br />

stazione Centrale. Non conoscevo nessuno e non potevo<br />

contare su altro che la voglia di mettermi in gioco.<br />

Migliavacca venne assunto poco tempo dopo l’uscita del primo<br />

numero.<br />

“Fu Giancenzo Madaro, che aveva lavorato con me alla<br />

Edisport, una piccola casa editrice, a segnalarmi”, confida.<br />

“All’inizio eravamo solo in cinque, ma c’era grande entusiasmo.<br />

Mazzocchi ci spronava. Con lui avevamo un confronto continuo.<br />

Fummo i primi a proporre le prove su strada delle auto appena<br />

uscite sul mercato, segnalandone pregi e difetti.<br />

Facemmo una lunga serie d’inchieste sui problemi degli automobilisti:<br />

la più famosa fu quella che chiamammo “Operazione<br />

Bullone”. Ci presentavamo nelle officine in incognito, segnalando<br />

un rumore fastidioso.<br />

Avevamo appositamente svitato un bullone, lasciandolo cadere<br />

nella coppa della ruota. I meccanici onesti ci segnalavano<br />

subito quale fosse il problema, altri se ne inventavano di tutti i<br />

Scendendo le scale affollate che portano in piazza Duca<br />

d’Aosta, scorsi, alzando lo sguardo, un cartellone pubblicitario<br />

della Patria, il quotidiano dell’armatore Lauro.<br />

Decisi di cominciare proprio da lì. Mi presentai e dissi che<br />

volevo diventare giornalista”.<br />

Divertiti dalla schiettezza e dall’ingenuità di quel giovanotto,<br />

in redazione decisero di dargli una possibilità. “Mi fecero lavorare<br />

per una settimana intera a una didascalia. La scrissi<br />

e riscrissi, limando gli aggettivi e asciugando il testo, fino a<br />

ottenere una dida pubblicabile. Quello fu l’inizio di tutto.<br />

Restai alla Patria per quasi cinque anni, lavorando a tempo<br />

pieno senza un contratto o la minima garanzia. Furono anni<br />

faticosi ma appassionati: arrivavo al giornale per primo e me<br />

ne andavo per ultimo.<br />

Uscivo dalla redazione verso le tre di notte e prendevo il treno<br />

per Piacenza verso le quattro. Alle due del giorno dopo<br />

ero di nuovo a Milano davanti alla macchina per scrivere”.<br />

colori”. “Quattroruote” diventò un simbolo di libertà, uno strumento<br />

di tutela per gli automobilisti.<br />

Dagli editoriali del direttore partirono campagne a favore della<br />

costruzione delle autostrade, battaglie vittoriose per la riduzione<br />

del prezzo della benzina e per l’abolizione della corsia di<br />

sorpasso centrale. “Mazzocchi è stato un maestro di giornalismo<br />

per tutti noi – afferma Migliavacca – aveva una grande<br />

umanità e sapeva intuire il progresso prima degli altri. Quando<br />

venne inaugurato il primo tratto dell’Autostrada del Sole, titolò:<br />

‘7 metri e mezzo è poco’. Aveva capito che le carreggiate erano<br />

troppo strette per le esigenze future”. Dopo la scomparsa<br />

del fondatore, avvenuta nel 1984, il gruppo editoriale passò<br />

nelle mani della figlia Giovanna.<br />

Nel 1989 un evento terribile segnò la vita di “Miglia”, come veniva<br />

affettuosamente chiamato in redazione: una grave malattia<br />

gli portò via l’unico figlio, Alessandro, 22 anni. Di colpo, la<br />

carriera, il lavoro, i soldi non ebbero più alcuna importanza:<br />

“All’inizio degli anni Novanta, da caporedattore centrale, decisi<br />

di lasciare. Avrei potuto continuare ancora ma gli impegni non<br />

mi permettevano di stare vicino a mia moglie Valentina.<br />

Avevamo bisogno di ricostruire, soprattutto dal punto di vista<br />

spirituale, ciò che avevamo perduto. La morte di un figlio è un<br />

evento devastante. La fede in Dio ci ha dato il conforto che cercavamo.<br />

Ci siamo dedicati, assieme ad alcuni amici, a un’associazione<br />

che ha lo scopo di portare aiuto alle famiglie che<br />

hanno vissuto la nostra stessa esperienza”.<br />

Dopo l’esperienza a “La Patria”, Silvotti passa alla redazione<br />

sportiva del “Corriere Lombardo”, uno <strong>dei</strong> numerosi giornali<br />

del pomeriggio che all’epoca Milano contava. Qui affina<br />

le sue capacità di cronista e imbocca la strada che percorrerà<br />

per tutto il resto della carriera: giornalista sportivo, specializzato<br />

in politica sportiva.<br />

Fu lui uno <strong>dei</strong> primi a interessarsi delle strutture giuridicoamministrative<br />

che ruotano attorno al mondo del pallone.<br />

Successivamente, in seguito all’assorbimento da parte della<br />

“Notte” del “Corriere Lombardo”, Silvotti continua a svolgere<br />

il ruolo di inviato a seguito delle squadre italiane di calcio,<br />

collaborando allo stesso tempo alle pagine sportive del settimanale<br />

milanese “MilanInter” e <strong>dei</strong> quotidiani “Giornale di<br />

Sicilia”, “Gazzettino” di Venezia e “Napoli Notte”.<br />

Ricorda divertito: “Ho girato il mondo seguendo i campioni<br />

italiani, raccontando le imprese delle nostre squadre e passando<br />

ore e ore al telefono dettando i pezzi a cinque diverse<br />

redazioni.<br />

Penso che sia un riflesso di quelle esperienze il mio rifiuto di<br />

possedere adesso un cellulare. Ho trascorso tanto di quel<br />

tempo in sgabuzzini freddi o reception di alberghi con la cornetta<br />

in mano che il telefono è diventato per me un oggetto<br />

ostile”.<br />

Nel 1985 Silvotti lascia “La Notte” da caporedattore <strong>dei</strong> servizi<br />

sportivi, per concludere la brillante carriera nel mondo<br />

della stampa come direttore editoriale della Edisport, casa<br />

editrice specializzata in pubblicazioni sportive, supervisionando<br />

in prima persona la produzione di nove mensili.<br />

22 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Giovanni Bianco<br />

Una scrittura in punta di sci<br />

dal Giappone ai Pirenei<br />

di Alessandro Braga<br />

Di Giovanni “Gianni” Bianco, classe 1932, non si può certo dire<br />

che non sia stato un giornalista “d’alta quota”. Dalle montagne<br />

trentine alle olimpiadi invernali di Sapporo, la carriera di<br />

Bianco è stata segnata dalle piste innevate. Ha cominciato la<br />

sua attività alla sede Rai di Bolzano, quando era ancora studente<br />

universitario, per poi passare all’“Alto Adige”, dove nel<br />

1955 ha iniziato il praticantato. Nel 1957, l’iscrizione all’albo <strong>dei</strong><br />

giornalisti professionisti. Dieci anni dopo l’allora presidente del<br />

consiglio <strong>dei</strong> ministri Aldo Moro, al suo terzo incarico, chiese<br />

all’Eni, proprietario del Giorno, un “aiuto” per risolvere la questione<br />

dell’Alto Adige. Il quotidiano fondato da Enrico Mattei decise<br />

di aprire un dorso bolzanino e lo affidò a Giovanni Bianco.<br />

“È stata un’esperienza molto bella – ricorda Bianco – la questione<br />

altoatesina era tutt’altro che risolta, gli attentati nella regione<br />

erano all’ordine del giorno. Credo che io e i miei colleghi<br />

del Giorno siamo riusciti a dare un seppur piccolo contributo,<br />

almeno dal punto di vista mediatico, alla risoluzione della questione”.<br />

Cinque anni di grandi esperienze nelle cronache trentine<br />

poi, nel 1972, quando la questione altoatesina era ormai<br />

stata risolta da Moro, la decisione da parte dell’Eni, proprietario<br />

del “Giorno”, di chiudere il dorso bolzanino.<br />

Iniziò allora l’avventura milanese, sempre al “Giorno”: nel corso<br />

degli anni, responsabile della pagina culturale, capocronista<br />

(in quel periodo lavorava per la cronaca giudiziaria l’attuale presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti lombardi, Franco Abruzzo),<br />

infine inviato per la pagina politica. Un anno dopo il trasferimento<br />

a Milano, la svolta. Un caso fortuito lo proietta nel mondo<br />

dello sport invernale, una sua vecchia passione: “Eravamo<br />

alla vigilia delle Olimpiadi invernali di Sapporo e Gianni Clerici,<br />

che doveva seguire l’evento per il giornale, si ammalò. Italo<br />

Pietra, l’allora direttore, sapendo del mio interesse per lo sci,<br />

mi chiamò e mi disse: “Gianni, devi andare in Giappone, a<br />

Sapporo, per le olimpiadi invernali”. Combattuto tra la mia voglia<br />

e l’inquietudine per la nuova avventura, chiesi e ottenni 24<br />

ore di tempo prima di comunicare la mia risposta.<br />

Quella sera ne ho parlato a mia moglie che mi ha spronato ad<br />

affrontare la nuova prova: “Dai Gianni, che bello, non sei mai<br />

stato in Giappone!”. Il giorno stesso disse a Pietra che accettava.<br />

Preparò le valigie e volò in Giappone. Da qui ha inizio<br />

quella che lui stesso definisce la sua “doppia vita professionale”.<br />

Nei tre mesi invernali si occupava di sci, per i restanti nove<br />

mesi di politica, cronaca e cultura: “Una vita quasi schizofrenica,<br />

ma accomunata dallo stesso entusiasmo con cui seguivo<br />

le gare sportive come la cronaca giudiziaria cittadina”.<br />

Nel 1980 Gianni Brera passò al “Giornale” di Montanelli, e<br />

Bianco si dedicò totalmente alle vicende sportive, fino alla pensione,<br />

nel 1987. Ma non ha mollato del tutto. Ha continuato per<br />

altri dieci anni a seguire per il “Giorno” gli avvenimenti degli<br />

sport invernali, fino ai campionati mondiali di sci del 1996. In<br />

venticinque anni, ha collezionato sette Olimpiadi e quindici<br />

campionati mondiali invernali.<br />

La sua passione per lo sport continua anche dopo l’abbandono<br />

definitivo al “Giorno”. Nel 1996 diventa direttore responsabile<br />

della riviste “Sci” e “Sci fondo”, di cui è tuttora presidente<br />

onorario, e diventa presidente dell’associazione “<strong>Giornalisti</strong> italiani<br />

sciatori”. Oggi, settantacinquenne, non ha abbandonato<br />

l’interesse per lo sport: “Sono presidente <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> Italiani<br />

Golfisti, una realtà che conta 120 iscritti in tutta Italia e che organizza<br />

molti eventi e iniziative”, dice con orgoglio. Appesi sci,<br />

racchette e scarponi al chiodo, non lascia insomma il mondo<br />

dello sport, e si dedica con tutta la sua passione a mazze, buche<br />

e campi verdi.<br />

Giancarlo Rizza<br />

“Quando sul boss Turatello<br />

ho battuto sul tempo la polizia”<br />

di Valentina Colosimo<br />

Nella cartelletta sul tavolo del salottino sono raccolti i documenti<br />

che segnano i passaggi della sua carriera. Vecchie lettere scritte<br />

a macchina indirizzate all’<strong>Ordine</strong> e a Carlo De Martino, ritagli<br />

di giornali, fogli che certificano l'idoneità alla professione.<br />

Giancarlo Rizza, classe 1929, li sfoglia insieme alla moglie, e<br />

con una punta di emozione emergono ricordi, piccoli episodi dai<br />

suoi quarant’anni di carriera. “Il Giorno mi cambiò la vita”, dice<br />

senza esitazioni. Fin dal principio, il quotidiano fondato da Enrico<br />

Mattei segna il percorso di Rizza. “Riuscii a entrare al Corriere<br />

Lombardo come praticante perché Il Giorno di Gaetano<br />

Luigi Speroni<br />

Una vita da duemila interviste<br />

e l’amicizia con Gaber e Mina<br />

di Francesco Abiuso<br />

“Giovanotto, la proposta mi interessa. Cosa cerchi, soldi”,<br />

chiese Nino Nutrizio a uno <strong>dei</strong> tanti ventenni in attesa davanti<br />

alla sua scrivania. “No, voglio solo lavorare”, ribattè il giovane.<br />

La risposta piacque così tanto al leggendario direttore della<br />

“Notte” che volle subito mettere alla prova chi l’aveva pronunciata.<br />

Inizia così l’avventura giornalistica di Luigi Speroni.<br />

Mezzo secolo di un’attività che lo porterà a diventare firma di<br />

una tra le maggiori testate nazionali. “Da quel giorno cambiò<br />

tutto. Avevo 23 anni e iniziai a puntare la sveglia per alzarmi<br />

alle sette”.<br />

Il primo compito, affidatogli dal direttore della “Notte” in persona,<br />

fu quello di recarsi ogni mattina alle otto e un quarto alla<br />

stazione Centrale, a un passo dalla redazione. “Dovevo aspettare<br />

che dai vagoni letto scendessero i vip. Politici, divi dello<br />

sport e dello spettacolo. Intervistarli nei pochi metri che portano<br />

dalla banchina fino all’area <strong>dei</strong> taxi. Due domande, sufficienti<br />

per andare di corsa in redazione e, entro le nove e mezza<br />

– ora in cui il giornale chiudeva per andare in stampa –,<br />

scrivere l’intervista per la prima pagina”. Idea semplice e vincente:<br />

una delle tante del grande Nutrizio.<br />

Funzionò, ma non subito: “I primi giorni – racconta Speroni –<br />

non trovavo nessuno, perché non riconoscevo i volti, soprattutto<br />

<strong>dei</strong> politici. In quelle mattinate, però, scoprii che Nutrizio<br />

mi seguiva a distanza e mi spiava. Voleva vedere come sapevo<br />

muovermi sul campo”.<br />

Il primo grande vip “intercettato” da Speroni fu l’attore Memo<br />

Benassi: “Scese dal treno e aveva in braccio un gatto. Lo avvicinai,<br />

gli chiesi qualcosa al riguardo e scoprii una storia curiosa,<br />

da prima pagina. Benassi, in quei giorni di scena al teatro<br />

Nuovo, era così affezionato alla bestiola che, da quando<br />

questa si era ammalata, ogni giorno la portava avanti e indietro<br />

fino a Firenze per farla visitare da un veterinario. Qualche<br />

giorno dopo, incontrai Giuseppe Pella, allora presidente del<br />

Consiglio. Un po’ alla volta presi fiducia”.<br />

Dalla “Notte”, a metà degli anni Sessanta, Speroni passa in<br />

via Solferino. Prima come inviato alla “Domenica del Corriere”<br />

(diretta da Guglielmo Zucconi), poi al “Corriere della Sera”.<br />

Scrive nella pagina degli spettacoli, in cui prende il posto di<br />

Vincenzo Buonassisi. Per anni seguirà il festival di Sanremo,<br />

girerà l’Italia come inviato speciale: “Il bello di questo mestiere<br />

è che ti dà la possibilità di incontrare gente e situazioni diverse.<br />

In tutta la mia carriera avrò intervistato più di duemila<br />

persone. Alcuni sono diventati anche miei amici, come Sergio<br />

Endrigo, Giorgio Gaber, Mina, Piero Chiara”.<br />

Che emozione, il “Corrierone”: “Quegli anni mi hanno permesso<br />

di conoscere, soltanto per citarne alcuni, Dino Buzzati,<br />

Baldacci aveva rastrellato giornalisti ovunque e servivano nuove<br />

leve”. Durante il praticantato riesce a scrivere servizi importanti:<br />

le reazioni a livello cittadino del lancio dello Sputnik, la<br />

morte di Don Gnocchi. “Per un praticante era tanto”, ricorda<br />

Rizza. “Il mio maestro fu Leonida Villani, il capo della cronaca<br />

bianca”. Divenuto professionista, passa a “Il Popolo di Milano”.<br />

Ci resta per poco: è il 1960, Baldacci lascia la direzione del<br />

“Giorno” e fonda il settimanale “Abc”, portando con sé Leoni e<br />

Balzan, due colonne portanti del quotidiano milanese. Il nuovo<br />

direttore del “Giorno”, Italo Pietra, cerca cronisti. Giancarlo Rizza<br />

viene assunto e comincia a occuparsi di cronaca nera. È entusiasta:<br />

“Fu un periodo esaltante”, racconta. Un pensiero va agli<br />

ex colleghi: “C’erano grandi nomi che frequentavano la cronaca:<br />

Bernardo Valli, Natalia Aspesi, Adele Cambria”. Poi, ecco gli<br />

anni di piombo, le telefonate minatorie e gli interrogatori della<br />

polizia. “Arrivavano minacce anche dai carcerati. Chiamavano a<br />

casa e mi chiedevano perché scrivevo di terrorismo. Io non ci<br />

tenevo a fare il martire, ho sempre tentato di tenerli buoni”, confessa<br />

Rizza. Una mattina lo convoca anche la Procura della<br />

Repubblica: “Volevano sapere come avevo avuto la notizia di alcuni<br />

arresti, nomi importanti indagati per corruzione”. Mentre il<br />

procuratore Mauro Gresti lo interroga, “fuori dalla stanza un ufficiale<br />

<strong>dei</strong> carabinieri faceva tintinnare le manette”, racconta oggi<br />

con un sorriso. Un altro caso clamoroso è la rapina al Brera<br />

Club. Rizza, giocatore professionista di bridge, viene a sapere<br />

che il boss della mala Francis Turatello, detto “Faccia d’angelo”,<br />

ha fatto irruzione nel seminterrato dove si gioca d’azzardo, rapinando<br />

tutti i presenti.“Turatello gestiva le bische di tutta Milano<br />

ed era infastidito dall’apertura del circolo. Nessuno sporse denuncia<br />

perché Faccia d’angelo si era preso anche le carte d’identità<br />

<strong>dei</strong> giocatori come arma di ricatto”. La rapina avviene di<br />

sabato sera. La polizia lo apprende dal giornale il lunedì mattina:<br />

“Dal commissariato mi chiamarono increduli”. In via<br />

Fatebenefratelli lo conoscono bene, Rizza frequenta quotidianamente<br />

la sala stampa della polizia, è un “topo da questura”.<br />

Finché la nomina a caposervizio lo riporta in redazione, ancora<br />

al “Giorno”, il giornale che lo ha sempre accompagnato, dove<br />

termina la sua carriera nel 1993.<br />

D'<br />

MEDAGL<br />

Achille Campanile, Giancarlo Fusco. Ce li avevi lì di fianco,<br />

ogni giorno, e ti sembrava normale. Soltanto dopo mi sono reso<br />

conto della fortuna avuta”.<br />

Il primo pezzo firmato che appare sul primo quotidiano d’Italia<br />

non si scorda mai: “Adesso è diverso, firmano tutti e con molta<br />

più facilità. Prima bisognava aspettare un bel po’. Quando<br />

venne il mio momento, ero fuori per servizio. Mi chiamarono<br />

per dirmi che il giorno dopo avrei avuto una bella sorpresa.<br />

Offrii champagne a tutti. Ricordo che nello stesso periodo ottenne<br />

la sua prima firma anche Ettore Mo. Al Corriere erano<br />

preoccupati perché, con un cognome come il suo, anche la sigla<br />

era come una firma”.<br />

Altro ricordo molto vivo l’arrivo alla direzione di via Solferino di<br />

Piero Ottone: “Mi trovavo in Versilia, in un hotel vicino alla<br />

Bussola. Il segretario di redazione mi chiamò: il primo ordine<br />

del nuovo direttore, disse, è di non accettare più nessuna<br />

ospitalità. Scesi alla reception e dissi che volevo pagare. Un<br />

problema con il presidente della Proloco: la sentì come un’offesa<br />

personale”.<br />

Ma la carriera di Speroni va ben oltre il quotidiano. Direttore<br />

<strong>dei</strong> programmi Rizzoli Tv, capo ufficio stampa della Rizzoli libri,<br />

direttore <strong>dei</strong> servizi giornalistici e delle relazioni esterne di<br />

Euro Tv. Quindi la collaborazione con Enzo Tortora (“Una persona<br />

perbene, di una correttezza esemplare”) in veste di coautore<br />

per le trasmissioni Portobello e Giallo di Rai 2. Infine, il<br />

ruolo di consulente per la Televisione della Svizzera italiana.<br />

Speroni è anche un appassionato storico e saggista, autore<br />

di una ventina di libri come Il Duca degli Abruzzi (con cui ha<br />

vinto il Premio Lunigiana), Amedeo d’Aosta Re di Spagna e<br />

Fiorello La Guardia. Per sei anni, fino al febbraio 2005, ha diretto<br />

l’Ifg Carlo De Martino, prima scuola di giornalismo italiana.<br />

Il 7 dicembre del 2004 l’allora sindaco di Milano, Gabriele<br />

Albertini, gli ha consegnato l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza<br />

milanese: “Al di fuori dell’ambito lavorativo, la mia più<br />

grande soddisfazione”.<br />

O R<br />

O<br />

Albaluminosa Suraci<br />

“Che coraggio negli anni ‘50<br />

essere croniste di nera”<br />

“Ai miei tempi per una donna era difficile entrare in un mondo<br />

chiuso come quello del giornalismo, c’erano molti pregiudizi nei<br />

nostri confronti”. Sorride Albaluminosa Suraci, Bernard da sposata,<br />

ricordando i suoi primi passi da cronista: “Per fortuna le<br />

cose sono cambiate”.<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

di Andrea Sillitti<br />

Gli inizi nel 1951 alla “Provincia di Como”. La Suraci segue alcuni<br />

grandi processi del dopoguerra, come quello alla contessa<br />

Pia Bellentani, accusata dell’omicidio dell’amante, che finisce<br />

con la condanna dell’imputata a 10 anni di reclusione.<br />

Cronaca giudiziaria, ‘bianca’, poi il passaggio a un altro quotidiano<br />

della zona, “Il Corriere della Provincia”, dove cura una<br />

pagina su Cantù e in genere si occupa di fatti locali. Quindi il<br />

matrimonio e l’abbandono del lavoro di redazione.<br />

Passano gli anni e, una volta stabilitasi a Varese, la Suraci comincia<br />

a dedicarsi alla ricerca storica, pubblicando una decina<br />

di libri sulle piccole e grandi realtà del territorio. Protagonisti e<br />

soggetti tra i più disparati: il lago di Varese, le corse di cavalli o<br />

la storica associazione <strong>dei</strong> cotonifici milanesi.“Mi è sempre piaciuto<br />

andare all’origine delle cose”, spiega. Oggi la giornalista<br />

continua a scrivere per i quotidiani sui temi a lei cari, ma ha ancora<br />

vivi nella memoria gli anni da giovane cronista giudiziario:<br />

“Di recente mi sono rivista in televisione, proprio quando hanno<br />

riproposto il caso Bellentani.<br />

All’epoca fece molto scalpore, il palazzo di Giustizia di Como<br />

era stracolmo di gente”. Durante un’udienza, un giorno in cui<br />

non si riusciva a respirare tanta era la ressa, la Suraci avanzò<br />

una proposta: “Chiesi al presidente della Corte d’Assise di aprire<br />

a un gruppo di persone, tra curiosi e colleghi giornalisti, la<br />

gabbia degli imputati, visto che era vuota”.<br />

L’episodio suscitò un tale scalpore che ci fu addirittura un’interrogazione<br />

parlamentare. Albaluminosa Suraci ricorda sorridendo:<br />

“Feci proprio un bel casino”.<br />

23


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Ugo Ronfani<br />

Inviato, critico ed educatore<br />

con lo sguardo al futuro<br />

di Paolo Stefanini<br />

Ugo Ronfani parla con tono pacato. E per iniziare la conversazione<br />

cita Jean Daniel, lo storico direttore, e fondatore, del settimanale<br />

francese “Nouvel Observateur”, il “buon vecchio amico”<br />

conosciuto a Parigi durante il quindicennio (1960-1975) di<br />

vita da corrispondente, prima per la “Gazzetta del Popolo”, poi<br />

per “Il Giorno”.<br />

“Noi giornalisti eravamo partiti per conquistare le ricchezze del<br />

mondo”, scriveva Daniel nel suo libro L’ère des ruptures del<br />

1979. “E dove siamo finiti – si chiede Ronfani – A fare battaglie<br />

di retroguardia. Non dico che nel dopoguerra avessimo<br />

idee migliori, ma sicuramente avevamo migliori illusioni”.<br />

Lo mette subito in chiaro Ronfani, ex vicedirettore del “Giorno”<br />

a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, noto critico teatrale, autore<br />

di 34 libri e vincitore di decine di premi culturali. Non vuole<br />

una commemorazione: “Non mi va di fare la lista <strong>dei</strong> miei ‘mi<br />

ricordo’. È inutile parlare del passato d’un giornalista senza discutere<br />

del futuro del giornalismo”.<br />

È da tempo che va scrivendo delle sue preoccupazioni. “Mi inquieta<br />

il conformismo delle redazioni, la burocratizzazione del<br />

lavoro, la smobilitazione d’ogni impegno culturale”, spiega.<br />

“Cultura che non è l’accademia o il museo, ma dovrebbe essere<br />

almeno la quotidiana osmosi tra il pensiero e l’azione, tra<br />

i fatti e le idee”. La sua critica è spesso vigorosa. Ma “non si<br />

tratta degli atri umori di un ottuagenario” che in vita sua si è al-<br />

Giuseppe Palmieri<br />

Un lavoraccio affascinante<br />

le ribattute di notte al “Giorno”<br />

di Damiano Beltrami<br />

“Signori, stanotte ribattiamo la due, la tre, la dieci, la venti e la<br />

quindici”. A ripensarci Giuseppe Palmieri, l’uomo che al<br />

“Giorno” lavorava di notte, ride divertito: “Ogni volta che scendevo<br />

in tipografia scatenavo un coro di lamenti”.<br />

Capelli candidi e occhiali sul naso, Palmieri parla con il distacco<br />

che si riserva a ricordi sfumati dal tempo. Rammenta che<br />

era un lavoraccio, un lavoraccio che però gli ha dato anche<br />

soddisfazioni: “Due di notte del 4 agosto 1974. L’Ansa informa<br />

di una bomba esplosa sulla vettura numero cinque del treno<br />

Italicus, l’espresso Roma-Brennero. Una decina morti e oltre<br />

50 feriti il bilancio provvisorio. Ero solo al giornale. Così chia-<br />

lontanato dalla politica per delusione, e che è insoddisfatto <strong>dei</strong><br />

suoi due grandi amori: il giornalismo e il teatro. “Farò l’effetto<br />

d’una figura d’altri tempi, e per questi tempi nostri caricaturale”,<br />

sorride. “Sembrerò forse un anarchico in pantofole, ma voglio<br />

dirlo: Anche a ottant’anni, solo gli astratti furori giovanili<br />

possono salvarci dal basso conformismo dominante; solo i residui<br />

d’insofferenza. Per fortuna la vecchiaia non mi ha reso<br />

saggio”.<br />

“Ma nella categoria – mette in guardia – deve cominciare un<br />

periodo di riesame delle posizioni dell’informazione nella società.<br />

Perché abbiamo fallito. O comunque abbiamo dimenticato<br />

cose importanti. Fatto sta che siamo nella risacca, e come<br />

attori del mondo della comunicazione, rischiamo non solo di<br />

renderci partecipi della superficiale ignoranza dell’Occidente,<br />

ma anche della barbarie inconsapevole della società <strong>dei</strong> lussi<br />

e del benessere”.<br />

“Magari ho sbagliato tutto – riprende, intrecciando le dita – ma<br />

ho cercato di fare del mio meglio. Ho creduto in un giornalismo<br />

d’impegno, di ricerca, e di plusvalore culturale. E quando durante<br />

l’estate non ero impegnato col giornale, mentre mia moglie<br />

e mia figlia si crogiolavano al sole di Liguria, io, inutilmente<br />

folle, scrivevo libri e testi teatrali. Volumi che non mi hanno<br />

certo dato il Nobel, ma che mi sono serviti per trovare, o forse<br />

meglio, per cercare, un equilibrio”.<br />

Ronfani abbraccia con lo sguardo il grande salone di casa:<br />

“Proprio perché credo alle responsabilità culturali del giornalismo<br />

e a una vita professionale spesa come investimento per il<br />

mai il direttore Afeltra e un altro collega. In tre ribattemmo la<br />

prima e la seconda pagina. Alle sei uscimmo con il servizio<br />

completo”.<br />

Palmieri resta in silenzio per qualche secondo, passa i polpastrelli<br />

su una pagina di “I nostri diritti”, il giornale degli invalidi<br />

civili, che creò nel 1966 e a cui ancora oggi presta consulenza.<br />

“Le notti terrificanti al Giorno non sono mancate. Un’altra fu<br />

quella del 20 luglio 1969, pochi mesi dopo che venni assunto<br />

rispondendo a un annuncio sul giornale. Fu la notte dello sbarco<br />

dell’Apollo 11 sulla luna. Per la cronaca dell’allunaggio ci<br />

servimmo della televisione e ricostruimmo le prime due pagine<br />

in tempi record”.<br />

Ma Palmieri, benché abbia appena compiuto 80 anni, non è un<br />

futuro, e non come raccolta di aneddoti d’un nebbioso passato,<br />

l’esperienza di cui vado più fiero è il periodo passato<br />

all’Istituto per la formazione al Giornalismo di Milano”. “Sono un<br />

didatta per vocazione, credo nel valore dell’insegnamento. E –<br />

rivendica con garbo – sento la scuola un po’ come una mia<br />

creatura. Ho contribuito a fondarla assieme a Carlo De Martino,<br />

al quale oggi l’istituto è intitolato, e a Luigi Marinatto. Ho compilato<br />

personalmente i primi piani didattici, mentre ero in ospedale,<br />

convalescente per un’operazione. Poi ho presieduto per<br />

anni la Commissione per la programmazione didattica. Infine,<br />

per un biennio, dal 1985 al 1987 sono stato direttore<br />

dell’Istituto. Non esagero se dico che la fondazione e la gestione<br />

della scuola hanno contato professionalmente per me<br />

più delle esperienze da giornalista all’estero. Più di certe grandi<br />

soddisfazioni teatrali, come quando, appena ventunenne, un<br />

mio radiodramma venne scelto da Raffaele La Capria e trasmesso<br />

dalla Rai. L’Ifg è una piccola grande utopia di cui ero<br />

e resto fiero. E rivendico con orgoglio di essere stato tra i primi<br />

ad averci creduto”.<br />

Ronfani ha insegnato anche per tre anni nelle scuole carcerarie,<br />

ha tradotto Eugène Ionesco e fatto conoscere in Italia<br />

Nathalie Sarraute, capofila del Nouveau Roman, genere reso<br />

poi celebre da Alain Robbe-Grillet. Ha collaborato lungamente<br />

al “Dramma” di Lucio Lidenti, la prima rivista storica del teatro<br />

italiano e nel 1988 ha fondato il trimestrale di drammaturgia<br />

“Hystrio”. Ha seguito da vicino le vicende del Piccolo Teatro e<br />

realizzato un libro intervista su Giorgio Strehler. È stato per sei<br />

anni presidente dell’Associazione critici teatrali e nel 1993<br />

coordinatore artistico del Bicentenario goldoniano.<br />

“Ma la lista delle mie opere è lunga. Corrisponde a una vita<br />

intera. Può risultare enfatica o noiosa per chi legge”, avverte.<br />

E conclude: “È meglio riassumere così: ho creduto a un giornalismo<br />

di arricchimento intellettuale. A una cultura che non<br />

vedevo come arma di pochi ma come strumento per migliorare<br />

la vita di tutti. Ho iniziato da pubblicista nel 1949 alla<br />

Risaia di Vercelli, un settimanale socialista che difendeva le<br />

ragioni <strong>dei</strong> braccianti e delle mondariso. E lì ho stabilito il sodalizio<br />

con gli umili che sarà, fino alla fine <strong>dei</strong> miei giorni, la<br />

mia ragione di vita”.<br />

tipo che si lascia catturare dalle nostalgie. Dopo aver rievocato<br />

gli anni all’“Avanti!”, dal ’60 al ’69, dove curava la pagina<br />

sportiva, e a “MilanInter”, il primo giornale con cui collaborò appena<br />

diciottenne, si proietta subito nel futuro. “Ho almeno dodici<br />

idee per nuovi progetti editoriali, una è formidabile”, confida.<br />

Il che non sorprende. Negli ultimi 50 anni ha ideato una decina<br />

di giornali di categoria: “Di notte lavoravo al Giorno e la<br />

mattina progettavo nuovi giornali”.<br />

Tra i fogli di categoria lanciati da Palmieri il “Giornale del<br />

Parrucchiere”, “Medicina Pubblica”, “Intendere” (un mensile per<br />

non udenti), il “Giornale del Dirigente”, “I nostri diritti”. “Ma il colpo<br />

grosso è stato Bargiornale, una pubblicazione da distribuire<br />

nei bar: un successo strepitoso”, sorride Palmieri con un misto<br />

di orgoglio e amarezza, “l’idea di Bargiornale venne subito<br />

raccolta da un collega. Ero incerto: lasciare il Giorno e diventare<br />

editore Non rischiai, ma fu un errore. Cinque anni fa la<br />

testata è stata venduta per 32 miliardi di vecchie lire. Morale:<br />

ho inventato una testata miliardaria, ma è divenuto ricco un altro”.<br />

Signor Palmieri, perché non realizzare le nuove idee per giornali<br />

on line Accenna un sorriso impacciato: “Mah! Sono sempre<br />

stato un nemico del computer. Mi sento a mio agio con carta<br />

e macchina per scrivere. La mia Olivetti Lettera 32. Che tra<br />

l’altro adesso è scassata, devo farla aggiustare. Di nuove, purtroppo,<br />

non ne fanno più”.<br />

MEDA<br />

D' O<br />

Guido Nicosia<br />

Nell’officina rivoluzionaria<br />

del maestro Italo Pietra<br />

di Francesco Abiuso<br />

Giornalismo come passione ma anche come impegno civile,<br />

perché “la società ha bisogno di controlli, di gente che si accorga<br />

se le norme vengono rispettate o meno”. Questa la frase-chiave<br />

per interpretare la carriera di Guido Nicosia. “Iniziai<br />

a scrivere fin dai tempi delle superiori”, racconta. “Ricordo che<br />

il giornale si chiamava La virgola. Niente punti, insomma. Nella<br />

vita, come nelle frasi, la nostra volontà era quella di non fermarci<br />

mai”.<br />

Da allora, in effetti, Nicosia non si è fermato. Prima l’università,<br />

dove si appassionò alla politica, poi i primi tentativi di farsi strada<br />

nel quotidiano della sua città. “Alla Provincia pavese mi occupavo<br />

di cronaca locale, soprattutto di nera. Allora era molto<br />

più seguita di oggi, perché di grandi fatti ne succedevano pochi”.<br />

Nel frattempo, Nicosia inviava corrispondenze anche a<br />

quotidiani nazionali come “la Stampa”: “La dirigeva Giulio De<br />

Benedetti, il quale voleva che il suo giornale fosse scritto tutto<br />

nello stesso stile. Per questo quasi tutti i pezzi venivano fatti ribattere.<br />

Io però mi misi d’impegno e riuscii a capire quello che<br />

voleva, tanto che mi chiamò a Torino per propormi il praticantato”.<br />

In partenza per il servizio militare, Nicosia deve però rifiutare.<br />

Al ritorno riprende il suo posto alla “Provincia pavese”:<br />

un giornale libero, erede di una tradizione risorgimentale, ceduto<br />

ad Abele Boerchio direttamente dal Cln. Così iniziano le<br />

battaglie civili. La città in quegli anni è in fase di grande espansione.<br />

Il rischio è la speculazione edilizia, che Nicosia denuncia<br />

in appassionate inchieste.<br />

Nei primi anni Sessanta, il grande salto: Italo Pietra lo chiama<br />

al “Giorno”: “Un quotidiano nuovo, davvero una bomba a<br />

orologeria per il giornalismo italiano”. Nicosia (soprannominato<br />

dai colleghi “il Barone di Vidigulfo”) viene assegnato alla cronaca<br />

della Lombardia: lì svolgerà altri “servizi” che faranno molto<br />

discutere. Quello sul “caro estinto” (il business delle pompe<br />

funebri), sui “pirati della salute”, sull’inquinamento delle acque.<br />

“Erano vere inchieste, anche se non le chiamavamo così.<br />

Raccoglievamo fino a duecento testimonianze per articolo.<br />

Quando raccontavi un fatto, però, eri in grado di provarlo. Non<br />

ho mai preso una querela”. Al “Giorno” il cronista (poi promosso<br />

inviato) resterà per 18 anni, rifiutando persino l’opportunità<br />

di entrare al “Corriere della Sera”.<br />

Opterà, invece, per l’“Avvenire”, come inviato di Esteri. Il Libano<br />

e la Cambogia, il Sudafrica e le Filippine, la Lega Araba e i<br />

Consigli europei. Nicosia andrà anche al seguito di Pertini e<br />

Cossiga nei loro viaggi presidenziali. Anni in giro per il mondo,<br />

tra interviste “strappate” ai grandi della terra (Arafat, Sihanuk,<br />

“Cory” Aquino) e situazioni spesso rischiose, come quando in<br />

Libano ci fu il terribile attentato al quartiere generale <strong>dei</strong> marines.<br />

Innumerevoli gli aneddoti e i consigli: “Bisogna sempre andare<br />

sul posto a verificare, mai farsi raccontare un fatto per telefono.<br />

La verità, già di per sé, è parziale”. Secondo, mai temere<br />

il futuro: lui, che ha conosciuto il mondo della tv (avendo<br />

diretto i servizi giornalistici di Telemontepenice) oggi si adegua<br />

alla sfida di internet col quotidiano online “Italia nel mondo”. La<br />

sua avventura nel giornalismo davvero non si ferma.<br />

Mario Scognamiglio<br />

Il sovietologo di Renato Mieli<br />

catturato dalla bibliofilia<br />

di Marco Guidi<br />

“Il libro è l’ultimo baluardo contro la barbarie che ci sta travolgendo”,<br />

dice Mario Scognamiglio. Sarà per questo che gli scaffali<br />

del suo studio, a due passi dal castello Sforzesco, sono<br />

stracolmi di volumi. Molti anche pregiati, come i manuali sette-<br />

centeschi sugli usi e i costumi della Napoli borbonica. Dal<br />

1975, anno in cui fonda le Edizioni Rovello, la bibliofilia è diventata<br />

per lui un lavoro, oltre che una passione. Prima si era<br />

occupato di politica su quotidiani e periodici. Negli anni<br />

Cinquanta (è pubblicista dal 1957) era all’“Unità” e a “Paese<br />

Sera”. L’amore per il giornalismo si sposava con il suo fervore<br />

ideologico. Imparò il russo, tanto che Renato Mieli lo considerava<br />

il suo “sovietologo di fiducia”. Saranno i lunghi viaggi a<br />

Mosca a farlo ricredere. Scognamiglio è deluso da quel mondo<br />

immaginato migliore, più giusto: “Prima ero di sinistra. Dopo,<br />

solo un utopista di sinistra”.<br />

Disilluso, abbandonò il giornalismo politico per dedicarsi alle<br />

pagine storiche e culturali. Alla “Domenica del Corriere”, come<br />

sulla rivista “Historia”. Fino alla decisione di diventare un bibliofilo<br />

a tempo pieno. A lui si deve la creazione dell’Aldus Club,<br />

di cui ora è presidente Umberto Eco, e della rivista “Esopo”,<br />

fondata nel 1979 e composta ancora a caratteri mobili “Monotype”.<br />

Ha pubblicato diverse opere, fra cui, nel 1990,<br />

L’almanacco del bibliofilo. Di rado scrive per i giornali, due o<br />

tre volte all’anno, non di più. E dedica dodici ore al giorno alla<br />

divulgazione <strong>dei</strong> libri. La passione del giornalismo l’ha però<br />

tramandata a una delle due figlie, Silvia. “Quella del giornalista<br />

è una professione bellissima, anche se negli ultimi tempi<br />

è cambiata molto per colpa degli editori”, conclude. Come si<br />

considera oggi dopo cinquant’anni di mestiere “Un operatore<br />

di cultura”.<br />

MEDAGLIE<br />

24 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

AGLIE<br />

R<br />

Vieri Poggiali<br />

Giornalista a 360 gradi<br />

tra Toscana e Mitteleuropa<br />

Quando il curriculum dell’interlocutore riempie tre pagine fitte<br />

fitte, vuol dire che la chiacchierata si prospetta intensa e interessante.<br />

Vieri Poggiali, classe 1934, vive in una casa elegante<br />

nel centro di Milano, e non appena si varca la soglia della<br />

sua abitazione gli occhi cadono sui busti di due personaggi a<br />

lui particolarmente cari: Giuseppe Verdi e Franz Joseph<br />

(Francesco Giuseppe), l’ultimo kaiser dell’impero austro-ungarico.<br />

Sono il ricordo di una grande passione, la musica lirica, e<br />

delle origini della madre. Poggiali è nato a Milano, figlio di un<br />

toscano – da qui il nome tipicamente fiorentino – e di una triestina,<br />

quando ancora Trieste era sotto l’impero austro-ungarico<br />

ed emergeva in Europa come crogiuolo di etnie e di lingue. “In<br />

casa – ricorda – si parlava tedesco. Infatti ho frequentato la<br />

scuola tedesca, dove le suore non venivano a dividere due che<br />

si azzuffavano, ma si preoccupavano solo che i contendenti<br />

non si colpissero nelle parti basse, perché quello era un segno<br />

di vigliaccheria”.<br />

Vieri si laurea all’Università Cattolica di Milano in Scienze<br />

Politiche. Il padre, giornalista, gli sconsiglia di intraprendere la<br />

sua stessa carriera e preferirebbe per il figlio un incarico da di-<br />

O<br />

di Alessandro Ruta<br />

plomatico. Ma Vieri non cede: a 22 anni diventa redattore del<br />

quotidiano economico “Il Sole”, e a 27 anni ne è già vice-direttore.<br />

In seguito, però, sceglie di diventare free-lance: “Le proposte<br />

alternative non mancavano. Mi avevano chiamato per fare<br />

il caposervizio agli interni del Corriere della Sera, ma erano<br />

tempi in cui si finiva troppo tardi e avevo problemi in famiglia.<br />

Poi mi volevano corrispondente fisso da Vienna, ma rifiutai anche<br />

quell’incarico: la capitale austriaca mi sembrava troppo<br />

lontana. Fosse stato oggi, chissà”.<br />

Inizia così a collaborare con vari giornali, dal “Sole 24 Ore” a<br />

“Gente”, da “La nazione” alla “Domenica del Corriere”. In più,<br />

dal 1966, comincia una quasi trentennale collaborazione fissa<br />

con la Rai: “Il servizio pubblico è un gran carrozzone, ma è un<br />

ambiente simpatico. Ho lavorato per i telegiornali, le rubriche<br />

economiche e i giornali-radio. Nel 1978 dovevo diventare caporedattore<br />

del Tg1 ma le beghe politiche, già allora d’attualità,<br />

mi tennero nel limbo per un anno e mezzo. Quando la situazione<br />

si sbloccò era troppo tardi: avevo già rinunciato all’incarico.<br />

In Rai comunque non entro più dal 1995”.<br />

Da libero professionista, Poggiali comincia ad accostarsi agli<br />

uffici stampa. Dal 1972 al 1976 e dal 1978 al 1982, Vieri è direttore<br />

responsabile delle Relazioni esterne del gruppo<br />

Montedison. “Sono convinto – ammette – di essere stato corretto<br />

in entrambi gli ambiti. C’era chi mi criticava aspramente,<br />

ad esempio L’Espresso, accusandomi di conflitto d’interesse, in<br />

quanto facevo commenti di borsa e la Montedison era quotata.<br />

Ma ho sempre avuto sufficiente onestà intellettuale per non<br />

farmi influenzare negativamente dalle mie due occupazioni. Se<br />

uno ha la coscienza a posto può conciliare il lavoro giornalistico<br />

e di ufficio stampa. Certo, quando Montedison ha comprato<br />

Il Messaggero e ha dato soldi a Rizzoli per il Corriere della<br />

Sera, allora lì ho fatto un passo indietro e me ne sono andato<br />

dal Gruppo. D’altronde, era un periodo in cui ero anche sindacalista”.<br />

Poggiali, infatti, è attivo quasi da sempre nel sindacato.<br />

Dal 1961 al 1991 è stato delegato per la Lombardia a tutti i<br />

congressi nazionali della Fnsi. Dal 1964 al 1997 è stato componente<br />

del consiglio direttivo dell’Alg, del Consiglio dell’ordine<br />

<strong>dei</strong> giornalisti di Milano, del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti e del Consiglio nazionale della Fnsi. È stato inoltre<br />

presidente dell’Inpgi.<br />

Giornalista, soprattutto, ma anche scrittore di libri di successo<br />

come Antonio Ghiringhelli, una vita per la Scala, dedicato allo<br />

storico sovrintendente del teatro milanese, e Montedisoneide:<br />

quest’ultimo poema eroicomico in endecasillabi rimati in 33<br />

canti, composto sotto pseudonimo. A questi vanno aggiunti i<br />

saggi didattici, soprattutto sul linguaggio del giornalismo economico,<br />

che definisce “spesso troppo criptico e incomprensibile,<br />

mentre invece dovrebbe essere un misto di informazione e<br />

formazione”. Poggiali, infatti, ha insegnato dal 1993 al 2005<br />

Dottrina e tecnica dell’informazione economica alla Cattolica di<br />

Milano. Ora le sue occupazioni predilette sono le collaborazioni<br />

su un sito economico-finanziario e la musica lirica: “Sono abbonato<br />

alla Scala, alla Fenice di Venezia e all’Opera di Roma.<br />

Ho fatto abbonare persino la mia nipotina di 13 anni, così già<br />

abitua l’orecchio alle meravigliose note di Verdi e di Richard<br />

Strauss”.<br />

Gian Carlo Ferretti<br />

A lezione da Pasolini<br />

per capire dove va il domani<br />

di Massimo Lanari<br />

Pontedera, quartiere operaio, inizio anni Cinquanta. “Scendi<br />

Gian Carlo, cercano un redattore al Calendario del Popolo!”.<br />

Sorride Gian Carlo Ferretti nel ricordare l’episodio che gli cambiò<br />

la vita. Un sorriso nostalgico perché rivede il personaggio<br />

che pronunciò quella frase. “Si chiamava Firenze Rovini”, racconta,<br />

“era un sarto, aveva uno di quei nomi un po’ strani tipici<br />

della Toscana. Uno di quei personaggi non rari all’epoca, gli autodidatti:<br />

reduci dalla guerra partigiana, ex deportati, studenti<br />

che avevano dovuto abbandonare la scuola, operai desiderosi<br />

di apprendere. Tutta gente che amava la storia, la scienza, la<br />

letteratura, ma che per ragioni di reddito o di lavoro non pote-<br />

va pagarsi gli studi. E che nel tempo libero leggeva libri e giornali<br />

creandosi così una cultura vivace e originale ”.<br />

Ferretti si era appena laureato all’Università di Pisa. Si era accostato<br />

al giornalismo scrivendo sul “Tirreno” e su altri quotidiani<br />

locali. “Fin da piccolo sognavo di fare il giornalista in una<br />

grande città. La mia passione erano le pagine culturali, ma seguivo<br />

anche la vita politica di quel periodo. Mi sentivo vicino alle<br />

posizioni del Pci e avevo molti amici tra gli operai comunisti,<br />

anche se non ero ancora un militante”.<br />

Per uno come Ferretti “Il Calendario del Popolo” era perfetto:<br />

un mensile di cultura popolare, “fiancheggiatore” del Pci e con<br />

sede a Milano. Nelle pagine del periodico, Ferretti risponde alle<br />

domande di quegli autodidatti che aveva conosciuto bene a<br />

Pontedera: “Chi era Alessandro Manzoni Oppure, quali sono<br />

le principali religioni nel mondo”<br />

Nel 1955 il passaggio all’“Unità”, prima agli Interni e poi in terza<br />

pagina. Qui Ferretti si occupa di critica letteraria e intervista<br />

molti autori italiani del tempo, da Pasolini a Sereni, fino a<br />

Calvino”.<br />

Ferretti rimane colpito, in particolare, da Pier Paolo Pasolini:<br />

“Un intellettuale ‘disorganico’ e controcorrente rispetto a tutto,<br />

ai partiti, alle tradizioni letterarie, al potere. Un pessimista che<br />

criticava la società senza pretendere però di cambiarla secondo<br />

modelli utopistici. Era unilaterale, come tutti i grandi che<br />

sanno vedere il futuro: questa era la grande forza di Pasolini, e<br />

io mi definisco un pasolinista”.<br />

Nel 1968 lavora a “Tempo medico”. Nel 1976 approda nel mondo<br />

dell’editoria: dal 1982 al 1984 diventa direttore editoriale degli<br />

Editori Riuniti. Nel frattempo, infatti, Ferretti si dedica allo studio<br />

del mercato editoriale librario fino a quando, nel 1987, ottiene<br />

la cattedra di Letteratura italiana contemporanea<br />

all’Università La Sapienza di Roma.<br />

Durante la sua carriera, Ferretti ha vissuto il giornalismo e la<br />

letteratura con la stessa intensità, ma con ottiche diverse. “Dal<br />

mio maestro Luigi Russo ho imparato che ogni autore è<br />

espressione di un determinato periodo storico. Ma mentre il<br />

grande scrittore sa fare qualcosa di più, sa incidere sulla società,<br />

il giornalista deve solo riportare la notizia e commentarla<br />

con onestà. Il lettore, ieri come oggi, è un soggetto maturo”.<br />

Giuseppe Rossetti<br />

Legato da un filo magico<br />

al mondo della sua Pavia<br />

di Valentina Colosimo<br />

Prima, gli anni di lavoro sette giorni su sette, senza altro pensiero<br />

che il giornale. Infine, l’addio continuamente rimandato<br />

alla sua prima passione, nata ai tempi dell’università e coltivata<br />

con determinazione in un piccolo quotidiano di provincia,<br />

“Il Giornale di Pavia”.<br />

Per Giuseppe Rossetti il legame con il giornalismo non si è<br />

mai allentato, e anche quando è diventato dirigente dell’Aler<br />

(Azienda lombarda per l’Edilizia residenziale) a Pavia, ha trovato<br />

il modo di occuparsi di carta stampata, gestendo la società<br />

editrice di Federcasa. A 73 anni, Rossetti ci riflette su:<br />

“Rimangono sempre <strong>dei</strong> fili rossi”.<br />

A percorrerlo a ritroso, il filo rosso conduce all’Università di<br />

Firenze. È il 1954. Il giovane studente di Scienze politiche<br />

Giuseppe Rossetti dirige il giornale universitario “Nuova generazione”.<br />

Sono solo le prove generali del futuro incarico. Ha<br />

già le idee chiare e una professione che lo attira. Comincia infatti<br />

a frequentare la redazione della “Gazzetta di Mantova”.<br />

L’occasione per diventare praticante nasce per un caso: “Uno<br />

<strong>dei</strong> redattori della Gazzetta di Mantova era andato a fare il militare<br />

e quindi si liberò un posto”. Quel posto Rossetti lo occupa<br />

da praticante lavorando in cronaca “senza un giorno di vacanza,<br />

neppure a Natale”. Nonostante tutto, quell’anno<br />

Rossetti riesce ancora a studiare: “Dormivo sul treno di notte<br />

per andare a Firenze e il pomeriggio seguente ero di nuovo a<br />

Mantova al giornale”.<br />

Quando nel 1956 diventa professionista, viene assunto dal<br />

“Giornale di Pavia”. Dodici mesi da redattore ordinario, poi l’incarico<br />

più prestigioso. Un primato: a 27 anni è il più giovane<br />

direttore di quotidiano d’Italia. “Non ho mai avuto grossi problemi,<br />

anche con i giornalisti più vecchi di me: l’ambiente era<br />

piccolo e ci si conosceva bene”, racconta Rossetti.<br />

Lavora tantissimo, dalle dieci del mattino alle tre di notte, ma<br />

considera l’impegno “una fatica piacevole”, sommando sforzi<br />

e passione per il mestiere.<br />

Di quell’esperienza, Rossetti ricorda soprattutto la vitalità del<br />

microcosmo provinciale, dove i contatti sono più diretti e i personaggi<br />

più coloriti; dove non manca neppure l’assessore che<br />

si offende e denuncia il giovane direttore per diffamazione per<br />

un’interiezione mal interpretata: un “per Bacco” scritto così,<br />

con la B maiuscola, a indicare il dio del vino e, secondo l’assessore<br />

vilipeso, una sottile insinuazione al suo vizio di bere.<br />

Nel 1971 la società editrice Athena viene dichiarata fallita dal<br />

Tribunale di Milano e “Il Giornale di Pavia” cessa le pubblicazioni.<br />

Giuseppe Rossetti si trasferisce a Milano, dove comincia a dirigere<br />

l’ufficio stampa della Federazione regionale delle industrie<br />

lombarde, e registra la testata “Lombardia Notizie”. Poi,<br />

gli incarichi dirigenziali: direttore dell’Unione industrie della<br />

provincia di Pavia, infine presidente dell’Aler della sua città.<br />

Ma il filo rosso continua a tenerlo legato al giornalismo, tanto<br />

che da alto dirigente riesce ancora a occuparsi di carta stampata,<br />

gestendo le riviste di settore di Federcasa.<br />

Carla Stampa<br />

Da “Epoca” a Montecitorio<br />

una vita tra inchieste e politica<br />

“Politica, in una sintesi elementare, è l’agire comune per il bene<br />

comune, non l’agire in proprio per il bene di pochi”. Così<br />

Carla Stampa, all’anagrafe Stampacchia, definiva la gestione<br />

della cosa pubblica in un articolo del febbraio 2002. Parole forti<br />

nella loro semplicità, espresse da chi per una vita intera ha<br />

avuto a che fare, da giornalista e da personaggio istituzionale,<br />

con le problematiche legate alla deontologia professionale e alla<br />

politica.<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

di Matthias Pfaender<br />

Carla Stampa nasce a Roma nel 1930 e si trasferisce a Milano<br />

nel 1965. Qui, come ha raccontato nello stesso articolo, ha avvio<br />

la sua carriera, svolta ininterrottamente nell’ambito del maggiore<br />

gruppo editoriale italiano: “Ho trascorso una trentina d’anni<br />

in Mondadori, anni conclusi con una singolare coincidenza:<br />

quando Berlusconi si appropriava della prima casa editrice nazionale,<br />

dopo una feroce battaglia proprietaria con Carlo De<br />

Benedetti (Lodo Mondadori), io me ne uscivo per andare in<br />

parlamento come deputata del Pds nel proporzionale della<br />

Lombardia. Era il 1994”.<br />

Per la Mondadori lavora come inviata per il settimanale<br />

“Epoca”, realizzando inchieste sociali e di costume. Scrive anche<br />

un libro sul caso di Sacco e Vanzetti (Mondatori, 1974).<br />

Durante gli anni da inviata muove i primi passi nel mondo della<br />

politica, e ricopre prima il ruolo di rappresentante del<br />

Comitato di redazione a “Epoca”, poi di consigliere nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>.<br />

Una volta passata alla politica, mette la sua esperienza di giornalista<br />

a disposizione della VII Commissione della Camera<br />

(Cultura, Scienza, Informazione) e della Commissione speciale<br />

Napolitano per il riordino del sistema radiotelevisivo e per<br />

l’Editoria.<br />

Pur trasferitasi a Roma per frequentare le sedute della<br />

Camera, la Stampa mantiene stretti contatti con il suo collegio<br />

elettorale e con il territorio lombardo, seguendo in particolare,<br />

direttamente con interpellanze, i problemi della piccola editoria<br />

e del volontariato, la questione della chiusura della discarica di<br />

Cerro Maggiore, la ristrutturazione del settore periodici della<br />

Rizzoli, la vicenda delle scuole civiche e <strong>dei</strong> Centri Donna di<br />

Milano.<br />

Anche se in questa circostanza ha preferito non rilasciare interviste,<br />

l'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia trova doveroso<br />

rendere omaggio alla sua carriera.<br />

25


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Giancarlo Galli<br />

Da Cuccia agli Agnelli<br />

pioniere della stampa economica<br />

di Massimo Lanari<br />

La libreria di Giancarlo Galli è un po’ la sua carta d’identità. Lì,<br />

tra mobili in stile ottocentesco e soldatini di piombo, scorre la<br />

sua vita di giornalista e scrittore, con le sue coordinate culturali<br />

e la sua grande passione: il giornalismo economico e le storie<br />

<strong>dei</strong> protagonisti del capitalismo italiano. Da Giuseppe<br />

Prezzolini a Thomas Mann, da Vilfredo Pareto a Guido Carli,<br />

“sono tanti i modelli ai quali mi sono ispirato per i miei libri di<br />

maggior successo”, racconta Galli. Come le biografie della famiglia<br />

Agnelli, la storia <strong>dei</strong> poteri forti italiani, Enrico Cuccia, i<br />

sindacati, l’euro e i rapporti tra Chiesa e finanza.<br />

Giancarlo Galli, infatti, è uno <strong>dei</strong> pionieri del giornalismo economico<br />

in Italia. Da Milano, dove il palazzo della politica si incontra<br />

e si scontra con il potere industriale e finanziario, ha raccontato<br />

cinquant’anni di intrecci e di tensioni.<br />

Nato a Gallarate 73 anni fa, Galli è un milanese doc: a 17 anni<br />

si avvicina all’Azione Cattolica e dirige il periodico “Azione<br />

giovanile”. Il debutto nei quotidiani arriva con “L’Italia”, battagliero<br />

giornale cattolico diretto da monsignor Ernesto Pisoni.<br />

Dal 1952 collabora anche alla “Notte” di Nino Nutrizio.<br />

Con “L’Italia” inizia a occuparsi di economia, soprattutto di sin-<br />

Giuseppe Pirovano<br />

“Ho fatto il cronista per caso<br />

e il medico per vocazione”<br />

di Cleto Romantini<br />

“Il giornalismo mi ha fatto lavorare e guadagnare, ma la mia vera<br />

passione è sempre stata la medicina”. Parola di Giuseppe<br />

Pirovano, giornalista per mestiere e medico per hobby.<br />

Nato a Milano il 19 marzo 1930, Pirovano, dopo aver fatto sin<br />

dall’età di dieci anni i lavori più svariati (calzolaio, contadino,<br />

operaio in fonderia) comincia a collaborare con l’“Avanti!” nel<br />

1952.<br />

“Studiavo nel tempo libero”, racconta. “Dopo aver preso la maturità<br />

da privatista mi sono iscritto alla facoltà di pedagogia alla<br />

Cattolica. Nel 1955 sono stato nominato direttore dello<br />

Sportello, un periodico <strong>dei</strong> bancari. Due anni dopo sono di-<br />

dacati. È il 1954: “Il mio primo scoop fu un tentativo di sabotaggio<br />

da parte della Cgil ai tram dell’Atm. Volevano mettere<br />

della sabbia negli ingranaggi <strong>dei</strong> mezzi. Pubblicata la notizia,<br />

nel mondo sindacale scoppiò un putiferio, ci furono proteste e<br />

un licenziamento”. Conosce intanto il segretario della Cisl Giulio<br />

Pastore e dirige il settimanale “Milano sindacale”. “Sempre con<br />

L’Italia – racconta – seguii le elezioni sindacali alla Fiat vinte dalla<br />

Cisl. Stabilii il mio quartier generale alla Uil di Torino, dove potevo<br />

seguire i fatti senza lasciarmi influenzare né dagli amici della<br />

Cisl, né dalla Fiat. Mi sono così cautelato da un potenziale<br />

conflitto di interessi, guadagnandomi il rispetto della redazione<br />

e <strong>dei</strong> protagonisti della vita economica di allora”.<br />

Dopo “La Notte”, ecco l’altra rivoluzione mediatica: esce “Il<br />

Giorno”. “Il vicedirettore Angelo Rozzoni mi chiamò nella nuova<br />

redazione. È stato lui il mio maestro di giornalismo, un<br />

esempio di rigore che ho preso come modello per tutta la carriera”.<br />

Di quegli anni, in particolare, Galli ricorda la clamorosa<br />

intervista a Giuseppe Di Vittorio che accusava gli Stati Uniti di<br />

aver finanziato la scissione di Cisl e Uil dalla Cgil. E poi lo<br />

scoop del progetto di una nuova automobile che stava per essere<br />

lanciata dalla Fiat: la 500. Al “Giorno” sono gli anni battaglieri<br />

e controversi di Enrico Mattei e degli editoriali di<br />

Francesco Forte: il giornalismo economico inizia a decollare.<br />

ventato pubblicista. Nel frattempo però continuavo a fare tanti<br />

altri mestieri, tra i quali lo stilista e persino il dentista abusivo”.<br />

Nel 1960 è praticante all’“Avanti!” ma dopo pochi mesi ne “combina”<br />

un’altra: accantona il giornalismo e si lancia in una nuova<br />

avventura. Diventa rappresentante di dischi alla Saar.<br />

Sorride, Pirovano: “Era il periodo di 24mila Baci di Celentano e<br />

di Bambina Bambina di Tony Dallara. Si guadagnava molto bene”.<br />

Terminata l’esperienza discografica, Pirovano torna<br />

all’“Avanti!”, dove diventa professionista nel 1962. Al quotidiano<br />

socialista rimase fino alla metà degli anni Sessanta.<br />

Dopo sei mesi di malattia, e il licenziamento dall’“Avanti!”,<br />

Pirovano collabora per qualche tempo con il settimanale “ABC”<br />

Dopo la morte di Mattei, nel 1962, iniziarono <strong>dei</strong> contrasti con<br />

il direttore Italo Pietra. Nel 1964 Galli uscì dal “Giorno” e fu assunto<br />

da Piero Bassetti nelle pubbliche relazioni della sua<br />

azienda: “Non si chiamava ancora ufficio stampa, ma allora ero<br />

l’unico giornalista professionista in Italia a ricoprire quel ruolo”.<br />

Piero Bassetti, imprenditore e uomo politico della corrente di sinistra<br />

della Dc, era allora chiamato “il Kennedy <strong>dei</strong> navigli”. La<br />

sua ascesa culminò nel 1970 quando divenne il primo presidente<br />

della Regione Lombardia e si portò dietro Giancarlo Galli<br />

come direttore del servizio stampa.<br />

Nel 1972 l’approdo al “Corriere della Sera”: “L’errore più grande<br />

della mia vita”, racconta Galli. Lui stesso doveva, infatti, diventare<br />

direttore del “Corriere d’Informazione”, ma fu bruciato<br />

dal cambio di proprietà in via Solferino.<br />

L’anno successivo Bassetti e il presidente della Montedison<br />

Eugenio Cefis lanciano la sfida del settimanale “Il Lombardo”,<br />

diretto dallo stesso Galli. “L’idea era quella di un giornale che,<br />

15 anni prima della Lega, desse voce al malessere del Nord.<br />

Per motivi politici, però, Cefis si ritirò dal progetto e senza i suoi<br />

finanziamenti dovemmo chiudere dopo un anno”. Torna quindi<br />

alla Bassetti e nel 1980 inizia la sua attività di editorialista<br />

all’“Avvenire”, ruolo che ricopre tuttora.<br />

Nella sua carriera Galli ha visto da vicino il rapporto tra giornali<br />

e proprietà: “Gli editori – spiega – sono in realtà <strong>dei</strong> padroni che<br />

vogliono vedere pubblicato ciò che a loro interessa. Il caso<br />

Fazio è esemplare: in altri Paesi la stampa avrebbe subito sparato<br />

a zero, da noi invece l’attacco al governatore è partito solo<br />

quando gli editori lo hanno consentito”. Una situazione, quella<br />

italiana, in cui i grandi gruppi industriali proprietari <strong>dei</strong> giornali<br />

sono, più che poteri forti, “poteri deboli”. “I poteri forti esistono<br />

là dove uno Stato è forte. In Italia, dove lo Stato è compromissorio<br />

e calabraghe, i potentati economici non si coagulano<br />

ma creano un connubio instabile con il potere politico. La<br />

Confindustria, la Chiesa, i salotti buoni del capitalismo italiano<br />

sono in realtà <strong>dei</strong> poteri tutt’altro che forti”.<br />

e con l’azienda americana Link-Belt, per la quale inventa e<br />

confeziona un giornale. Riprende poi anche la collaborazione<br />

con l’“Avanti!”, per il quale segue gli spettacoli teatrali. “Fu proprio<br />

la sera che andai a teatro a Varese per una prima – rievoca<br />

Pirovano – che ricevetti la telefonata di un collega. Mi disse<br />

che il Corriere mi aveva cercato per tutto il giorno. L’indomani<br />

andai in via Solferino e ne uscii con un contratto in tasca per<br />

sei mesi”.<br />

Terminata la collaborazione con il “Corriere della Sera”,<br />

Pirovano chiama la Rai: “Cercavo un amico. Mi rispose un’ex<br />

collega dell’Avanti! alla quale parlai della mia situazione. Lei mi<br />

suggerì di andare proprio alla Rai, dove un giornalista stava per<br />

essere pensionato. Così vado in corso Sempione, parlo con il<br />

capo della redazione Emilio Pozzi e con il caporedattore<br />

Roberto Costa. Poco tempo dopo mi richiama la segretaria di<br />

redazione, proponendomi un contratto di otto giorni per sostituire<br />

alcuni colleghi impegnati al congresso della Democrazia<br />

Cristiana. Gli otto giorni divennero due mesi, poi altri due, fino<br />

a quando un giorno Costa mi sventolò davanti il contratto a<br />

tempo indeterminato”.<br />

Una volta ottenuto il posto fisso in Rai, Pirovano può riabbracciare<br />

la sua vecchia passione per la medicina. Tra un turno e<br />

l’altro di lavoro, tra un “Gazzettino Padano” e un telegiornale,<br />

frequenta le lezioni di medicina all’università. Laureato nel<br />

1983, si specializza in chirurgia dell’apparato digerente.<br />

Pier Luigi Boselli<br />

“Molti snobbavano ‘Grand Hotel’<br />

e ci scrivevano sotto falso nome”<br />

di Luca Gualtieri<br />

Le cravatte di Nino Nutrizio. Il nido d’amore di Fausto Coppi e<br />

della ‘Dama bianca’. La dieta degli astronauti. Per Pier Luigi<br />

Boselli cinquant’anni di giornalismo sono stati più lievi di una<br />

commedia. Adagiato su un divano, lo sguardo da gatto soriano<br />

che studia l’interlocutore sotto il velo di un’ingannevole indolenza,<br />

Boselli appare così, un po’ cronista, un po’ flâneur.<br />

Nato a Parma, Pier Luigi studia al liceo classico Gian<br />

Domenico Romagnosi insieme a Giorgio Torelli e a Luigi<br />

Malerba. Nell’Emilia di Attilio Bertolucci, Giovannino Guareschi<br />

e Cesare Zavattini cresce una generazione che fin dall’adole-<br />

Gianni Usvardi<br />

Sindaco, deputato e giornalista<br />

col cuore sempre a Mantova<br />

di Francesca Caria<br />

In uno scaffale è conservata una ventina di volumi rossi: contengono<br />

gli articoli che ha scritto in oltre cinquant’anni di carriera.<br />

Sul ripiano accanto, altrettanti fascicoli raccolgono invece<br />

i servizi che i giornali hanno dedicato a lui. Gianni Usvardi,<br />

classe 1930, è stato giornalista ma anche politico socialista,<br />

deputato e sindaco dell’amatissima città natale, Mantova.<br />

“Ogni anno ritagliavo gli articoli e li raccoglievo in un album”,<br />

racconta la moglie Milena Gasparini. “Era il mio regalo di<br />

Natale”. È lei, la compagna di una vita, a raccontare la lunga<br />

carriera del marito, che per motivi di salute non può sostenere<br />

l’intervista. Nella loro bella casa nel centro di Mantova so-<br />

no molti gli oggetti che parlano di Usvardi: le pipe di ogni foggia<br />

esposte in una vetrinetta dell’ingresso, i numerosi riconoscimenti<br />

e premi appesi alle pareti, i libri che riempiono due<br />

stanze insieme ai souvenir <strong>dei</strong> tanti viaggi. Milena Gasparini<br />

ricorda bene le difficoltà degli esordi: “Gianni era figlio di un<br />

ferroviere e di una sarta. Frequentava la facoltà di medicina,<br />

ma fu costretto a interrompere gli studi al quinto anno, quando<br />

il padre morì”.<br />

Da allora si dedicò a tempo pieno alla politica e al giornalismo,<br />

a cui si era accostato sin da giovanissimo: nel 1949 scriveva<br />

già per la “Ronda sportiva” e, dal 1952, collaborava con la<br />

“Gazzetta di Mantova”. “Il primo articolo fu la cronaca di una<br />

partita di calcio – racconta ancora la moglie – poi passò ad altri<br />

settori. A quei tempi all’inizio ti facevano scrivere di tutto:<br />

scenza sogna il giornalismo. Boselli si laurea in Giurisprudenza<br />

ma non vuole fare l’avvocato e, contro la volontà <strong>dei</strong> genitori,<br />

si trasferisce a Milano. Entra a “La Notte” dove realizza il primo<br />

scoop della carriera. Il direttore Nino Nutrizio lo manda sulle<br />

tracce di Fausto Coppi e della ‘Dama Bianca’. Boselli riesce a<br />

introdursi nella villa <strong>dei</strong> due amanti spacciandosi per idraulico<br />

e ruba qualche battuta. Una mossa da detective che gli varrà<br />

l’assunzione. Pier Luigi ricorda Nutrizio come un “direttore da<br />

passerella” che viaggiava in Aurelia coupè, indossava abiti<br />

sempre diversi e regalava le cravatte usate ai dipendenti. Dopo<br />

“La Notte”, Boselli passerà a “Grand Hotel”, il femminile di Cino<br />

Del Duca. Nutrizio è dispiaciuto per questa separazione, ma il<br />

giovane cronista vuole cambiare aria: “Gli intellettuali disprezzavano<br />

Grand Hotel anche se molti di loro ci scrivevano sotto<br />

falso nome”. Boselli tiene a sottolineare l’alto livello professionale<br />

con cui veniva confezionato il prodotto: “Per i fotoromanzi<br />

lavoravano grandi attori come Vittorio Gassman. Avevamo poco<br />

da invidiare al cinema o al teatro”. Dopo sette anni a Boselli<br />

viene affidata la direzione di “Confidenze”, che è sull’orlo del<br />

fallimento. Qui può sperimentare soluzioni nuove, per esempio<br />

la possibilità di allegare gadget. Tra questi, uno <strong>dei</strong> più geniali<br />

e discussi è un 33 giri con il metodo Ogino-Knaus spiegato alle<br />

lettrici. “Confidenze” passa da 100 mila copie a 500 mila.<br />

Seguono quattro anni al timone di “Grazia”. Proprio su “Grazia”<br />

Boselli lancerà la ‘dieta a punti’, che porterà sulle tavole italiane<br />

il menù degli astronauti americani. Un altro successo si rivelerà<br />

l’idea di mandare quattro lettrici e un giornalista su un’isola<br />

deserta <strong>dei</strong> Caraibi. Come dire: Boselli aveva inventato<br />

l’Isola <strong>dei</strong> Famosi.<br />

Gli ultimi anni di carriera scorrono via tra mille impegni: una trasmissione<br />

televisiva con Enzo Tortora, l’ufficio stampa alla<br />

Parmalat, “Playboy”. Poi la pensione e il riposo, meritato. Oggi<br />

la vita di Pier Luigi Boselli si svolge tra Venezia, Parma e<br />

Milano, in appartamenti zeppi di libri e arredati con gusto.<br />

Qualche viaggetto in luoghi che valga veramente la pena di visitare.<br />

Due chiacchiere con gli amici. Qualche articolo. La vita<br />

di un flâneur di gran classe che non rimpiange il giornalismo.<br />

D'<br />

MEDAGLIE<br />

O R<br />

una volta per esempio lo hanno mandato al festival delle mondine,<br />

ma ha seguito anche l’alluvione del ‘51, e nel 1957 si è<br />

occupato della tragedia di Guidizzolo, con cui si conclusero le<br />

Mille Miglia”. In quegli anni, Usvardi, che nel frattempo era diventato<br />

il corrispondente da Mantova dell’“Avanti!” e collaborava<br />

con alcune riviste socialiste, milita attivamente nel Psi.<br />

“Lavorava al giornale fino alle quattro di notte. Però la sera verso<br />

le dieci riusciva a liberarsi un paio d’ore e mi portava al cinema”,<br />

rievoca la moglie. “Dopo tornava in redazione, e la<br />

mattina andava nella sede del partito. Non si fermava mai”.<br />

Eletto consigliere comunale nel 1959, tra il 1960 e il 1963 è<br />

assessore alla Cultura e all’Urbanistica del comune di<br />

Mantova. Nel 1962 diventa il più giovane deputato d’Italia: in<br />

Parlamento siederà dal 1963 al 1972, sarà sottosegretario alla<br />

Sanità e, per due volte, al Turismo e Spettacolo. Ma, nonostante<br />

la stima di cui godeva a livello nazionale, Usvardi non<br />

volle mai lasciare Mantova.<br />

Sindaco amatissimo della città per quasi 13 anni, dovette rinunciare<br />

alla carica nel 1985, per questioni interne al partito,<br />

a dispetto di un record di preferenze popolari (2753) e di un<br />

referendum in suo favore promosso dai concittadini.<br />

Nonostante gli svariati incarichi ricoperti, però, Usvardi non ha<br />

mai smesso di sentirsi un giornalista. Milena Gasparini sorride:<br />

“L’anno scorso gli ho proposto di non rinnovare il tesserino<br />

e lui mi ha chiesto, semplicemente: ‘Perché’”<br />

O<br />

26 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Franco Damerini<br />

Nella redazione di Missiroli<br />

tra rigore e goliardia<br />

di Luca Gualtieri<br />

Uno studio affacciato sui giardini di Milano Due. Da quindici<br />

anni queste stanze sono il regno di Franco Damerini, ex cronista.<br />

Tappezzeria pastello, abat-jour d’epoca, un romanzo di<br />

Alexandre Dumas, una collezione di libri per bambini. “Sto allestendo<br />

una mostra sulle vecchie edizioni di Pinocchio.<br />

Volumi che ho trovato nelle fiere di antiquariato dopo lunghe<br />

ricerche”, spiega Damerini. La conversazione parte da qui,<br />

dalle illustrazioni di Lucignolo e Mangiafuoco, dal profumo di<br />

antico che colpisce il visitatore.<br />

Damerini è in pensione dal 1992. Un addio senza ripensamenti:<br />

“Quando esci da questa professione, non puoi tornare<br />

indietro: è una scelta definitiva”. Oggi è ancora attivissimo, organizza<br />

mostre, scrive su un bimensile di antiquariato, passeggia<br />

per fiere e mercatini, frequenta gli amici, ma ha smesso<br />

di occuparsi di giornalismo. Un’esperienza chiusa, “anche<br />

se è stata una gran bella esperienza”.<br />

Milanese, Franco Damerini viene da una famiglia di giornalisti.<br />

Il nonno aveva lavorato al “Secolo”, storico quotidiano della<br />

sinistra democratica diretto dal premio Nobel per la Pace<br />

Ernesto Teodoro Moneta, mentre il padre aveva scritto per il<br />

“Corriere Lombardo”. Dopo il liceo classico al Carducci, appena<br />

diciottenne, Damerini si lascia contagiare dal “vizio di fa-<br />

miglia” e inizia a collaborare con l’agenzia Reuters. Questa prima<br />

esperienza gli insegna soprattutto a usare gli strumenti del<br />

mestiere, come la macchina per scrivere e la telescrivente.<br />

Intanto studia Giurisprudenza e si laurea.<br />

Tra l’avvocatura e il giornalismo Damerini sceglie senza esitazioni:<br />

continua il percorso intrapreso alla Reuters. Nel 1952<br />

entra a “La Notte” di Nino Nutrizio, fondata proprio quell’anno.<br />

Diventerà professionista nel 1957 al prezzo di una gavetta durissima.<br />

Malgrado gli orari sfibranti, l’assenza di tutele sindacali e le paghe<br />

da fame, Damerini ricorda quel periodo con emozione.<br />

“La Notte fu un giornale rivoluzionario che dava grande spazio<br />

alla cronaca e allo sport. Anche se ci rendeva la vita difficile,<br />

Nutrizio era un genio, un maestro. Ci insegnò che nel giornalismo<br />

quello che davvero conta è la notizia”. E allora via, a<br />

caccia di notizie.<br />

La mattina a Palazzo di giustizia per stenografare i grandi processi<br />

del dopoguerra; il pomeriggio in giro per commissariati<br />

ad annotare ogni furto, ogni rissa. “E se tornavi in redazione<br />

con uno scoop, Nutrizio ti regalava una cravatta o ti concedeva<br />

un aumento”. Di quegli anni Damerini rimpiange soprattutto<br />

“la vibrazione della notizia”, un sentimento che i cronisti di<br />

oggi, a suo avviso, non provano più.<br />

Dopo otto anni nella scuderia di Nutrizio, il giovane passa al<br />

“Corriere d’Informazione”. Damerini entra in via Solferino come<br />

redattore ordinario ma diventerà ben presto caporedattore.<br />

Nella sua cronaca si formeranno alcune delle firme più prestigiose<br />

del giornalismo italiano. Quattro nomi per tutti: Walter<br />

Tobagi, Edoardo Raspelli (“Allora non si occupava di cucina”),<br />

Gian Antonio Stella (“Simpaticissimo”) e Ferruccio de Bortoli<br />

(“Quadrato e inflessibile”). L’atmosfera evoca molto una caserma:<br />

disciplina ferrea e parentesi goliardiche che sdrammatizzavano<br />

la tensione e facevano volare il tempo. Su tutti vegliava<br />

il grande direttore Mario Missiroli, “un altro maestro importantissimo,<br />

la colonna portante del giornale”.<br />

Damerini resta al “Corriere d’informazione” fino al 1979, quando<br />

si lancia nell’avventura dell’“Occhio” di Maurizio Costanzo.<br />

Lo solletica l’idea di un quotidiano nazionalpopolare, ispirato<br />

ai modelli inglesi e allora assente in Italia: “Avevamo in mente<br />

un giornalismo che condensasse toni alti e bassi, senza la seriosità<br />

di molta stampa nostrana. Avrebbe potuto essere una<br />

rivoluzione”. Invece si rivela un flop e Damerini si ritira dall’impresa<br />

dopo qualche mese.<br />

Negli anni Ottanta è al “Corriere della sera”, caporedattore degli<br />

Spettacoli. Un’esperienza del tutto inedita per lui, che dimostra<br />

come il vero giornalista debba sapersi destreggiare in<br />

ogni settore: “Un cronista di nera deve conoscere il rock e la<br />

musica classica: non possono esserci lacune”.<br />

Nel 1992 Franco Damerini raggiunge i limiti della pensione e<br />

abbandona il mondo giornalistico. Da allora ha iniziato una<br />

nuova vita: gli hobby di un tempo sono diventati un lavoro. Un<br />

bilancio Cinquant’anni di fatica ma anche di grandi soddisfazioni.<br />

L’unica ombra che lo inquieta riguarda il futuro della cronaca:<br />

“Non vedo in giro giornali all’altezza della Notte o del Corriere<br />

d’Informazione. I cronisti della mia generazione sono cresciuti<br />

inseguendo il mito di Kirk Douglas in L’asso nella manica.<br />

Andavamo in giro a caccia di notizie, verificavamo le fonti, facevamo<br />

inchieste. Oggi non vedo più questa determinazione”.<br />

Ma di giornalismo ormai parla poco. Capitolo chiuso.<br />

La vita è altrove.<br />

MEDA<br />

D' O<br />

Alfredo Barberis<br />

“Grazie a me i bambini<br />

hanno amato la Pimpa”<br />

di Alessandro Braga<br />

Sentire Alfredo Barberis che racconta la sua carriera è un po’<br />

come fare un viaggio, tra l’onirico e il fantastico, nel mondo della<br />

letteratura, della televisione e del cinema italiano degli ultimi<br />

cinquant’anni, visto con gli occhi di chi, da una redazione giornalistica,<br />

lo ha raccontato e vissuto.<br />

Barberis è stato il primo giornalista di critica televisiva: nel 1952<br />

teneva una rubrica su “La Patria”, si chiamava Teleprima. “Fu lì<br />

che commisi il mio primo sbaglio – racconta divertito – Scrissi<br />

che le trasmissioni a puntate non avrebbero avuto successo,<br />

perché era come invitare una persona a cena e servirle solo<br />

l’antipasto, dicendole di tornare il giorno dopo per il primo”.<br />

Negli anni successivi, tante collaborazioni, come critico cinematografico<br />

e televisivo, e la direzione di alcune riviste letterarie.<br />

Il racconto si trasferisce poi in via Settala a Milano, nella storica<br />

redazione del “Giorno”, dove recensisce trame di film in<br />

quartine perché “quel genio di Giuseppe Trevisani aveva avuto<br />

questa pazza idea. Peccato che poi l’idea non ebbe conseguenze<br />

pratiche sulle pagine del giornale, e il giudizio sui film<br />

in uscita lo facevo dando valutazioni in ‘pallini’”. Un pallino, statevene<br />

a casa; due pallini, fate quello che volete; tre pallini, andate<br />

a vederlo; quattro pallini, che fate ancora a casa È un capolavoro<br />

impedibile. Certo, da viceresponsabile delle pagine cinematografiche,<br />

non poteva sbizzarrirsi in giudizi troppo personali:<br />

“Come quella volta in cui andai a vedere ‘I soliti ignoti’ e<br />

‘Il sorpasso’. Chiamai il mio capo e gli dissi che per me valevano<br />

quattro pallini. La risposta “Dottor Barberis, stia calmo,<br />

tre sono più che sufficienti”. Dopo averli visti però si ricredette<br />

anche lui”.<br />

Nel 1975 diventa direttore responsabile del “Corriere <strong>dei</strong><br />

Piccoli”. Resterà in carica per due anni. Nei primi mesi della<br />

sua direzione il giornale cambia veste grafica e formato, diventa<br />

più colorato e divertente per rispondere meglio alle esigenze<br />

<strong>dei</strong> suoi piccoli lettori.<br />

E appare sulle pagine della rivista un personaggio che entrerà<br />

nel cuore di tutti i bambini italiani: la Pimpa. “Altan mi propose<br />

la sua cagnolina a pois e io accettai subito di pubblicarla, nonostante<br />

una persona molto vicina all’editore mi criticasse, in<br />

quell’occasione, sostenendo che volevo fare un giornale solo<br />

per i figli degli architetti. Singolare, visto che decisi di pubblicare<br />

un personaggio dell’inventore di Cipputi. In ogni caso, se<br />

Altan è a pieno titolo il padre della Pimpa, io posso considerarmi<br />

almeno l’ostetrica”. Alle sue dipendenze, in quel biennio,<br />

alcuni giovani destinati a affermarsi: Ferruccio De Bortoli, ma<br />

anche Tiziano Sclavi, l’inventore di Dylan Dog. “Un ragazzo geniale<br />

che quando si licenziò dal Corriere <strong>dei</strong> Piccoli scrisse la<br />

lettera di dimissioni in rima, raccontando <strong>dei</strong> suoi paurosi viaggi<br />

da Pavia a Milano, disperso nella nebbia dove vagavano gatti<br />

morti e spettri”.<br />

Ambrogio Lucioni<br />

Di questo mestiere rimpiango<br />

ancora il profumo del piombo<br />

di Andrea Schiappapietra<br />

Ambrogio Lucioni ha lo sguardo sereno di chi dalla vita ha<br />

avuto tutto quello che poteva desiderare. Una famiglia, due figli,<br />

adesso a loro volta sposati e sistemati, un lavoro che lo<br />

ha divertito e appassionato.<br />

E che gli ha riservato anche qualche delusione. “Non ho rimpianti”,<br />

afferma deciso. C’è da credergli. Anche se (lo s’intuisce<br />

dalla difficoltà con cui ne parla) l’esperimento fallito del<br />

“Giornale” di Varese rappresenta una ferita ancora aperta.<br />

Nel 1973 alcuni imprenditori locali lanciarono il progetto di un<br />

nuovo quotidiano, con l’obiettivo di creare un’alternativa alla<br />

“Prealpina”. Lucioni, che dal 1953 lavorava nello storico gior-<br />

nale varesino ed era stato anche corrispondente del “Giorno”,<br />

venne chiamato come direttore responsabile. La testata registrata<br />

in tribunale creò qualche problema con Indro<br />

Montanelli, che quasi contemporaneamente aveva lasciato il<br />

“Corriere della Sera” per dare vita al suo “Il Giornale”. Fino a<br />

che gli editori non si misero d’accordo, il più famoso giornalista<br />

italiano dovette inserire la parola “nuovo” per differenziarsi.<br />

“Accettai con entusiasmo l’incarico”, racconta Lucioni. “I primi<br />

mesi furono duri, non era facile imporsi. La redazione era<br />

composta da persone in gamba, riuscimmo a ottenere <strong>dei</strong> risultati<br />

ma ben presto cominciarono i problemi con la proprietà.<br />

Non accettavo ingerenze. Così, dopo circa due anni,<br />

decisi di dimettermi. Fu una decisione che mi provocò tanta<br />

amarezza, pensavo di aver fallito io, di non essere riuscito a<br />

farmi capire. In realtà, con il passare del tempo, di molte cose<br />

ho saputo darmi una spiegazione”. Il momento difficile<br />

durò alcuni mesi, al termine <strong>dei</strong> quali ricevette una nuova proposta<br />

di lavoro: fu Angelo Narducci, direttore di “Avvenire”, a<br />

chiedergli di entrare a far parte del giornale cattolico per occuparsi<br />

degli Esteri. Prima nella sede in via Vittor Pisani, poi<br />

in quella nuova, all’interno del Palazzo della Stampa, in piazza<br />

Cavour.<br />

“Erano anni tormentati – sottolinea – arrivavano chiamate<br />

anonime, i giornalisti erano nel mirino. C’era un po’ di preoccupazione,<br />

cercavamo di farci forza l’un l’altro. In famiglia, poi,<br />

si cercava di non far trapelare nulla, mostrandosi tranquilli,<br />

anche se non era facile”.<br />

Dopo un anno e mezzo, nel 1977, il passaggio a “Famiglia<br />

Cristiana”, dove rimase fino al 31 ottobre del 1991, quando<br />

andò in pensione con il grado di caposervizio. “La figura di riferimento<br />

per tutti noi in quegli anni – spiega – è stata quella<br />

del direttore, don Giuseppe Zilli, un uomo di straordinaria<br />

cultura, prudente ma nello stesso tempo coraggioso, dotato<br />

di un grande fiuto giornalistico. Con lui Famiglia Cristiana ottenne<br />

grandi risultati. Alla fine nessuno mi ha forzato: ho scelto<br />

io di lasciare perché era arrivato il momento giusto, dopo<br />

quarant’anni di lavoro”.<br />

Una vita intera passata in redazione, con una passione particolare<br />

per la tipografia: “Mi sembra di sentire ancora il profumo<br />

del piombo, che t’impregnava i vestiti. Per gli altri era un<br />

odore cattivo, per me aveva un fascino particolare”.<br />

Alfredo Zavanone<br />

Dalle fotografie <strong>dei</strong> paesini<br />

ai siti gastronomici<br />

In sessant’anni di professione Alfredo Zavanone ha sperimentato<br />

ogni mezzo di comunicazione, dalla carta stampata a internet.<br />

Inizia alla fine della Seconda guerra mondiale, quando,<br />

appena ventenne, collabora al “Corriere del Piemonte”, quotidiano<br />

voluto dagli Alleati e dall’Associated Press. La passione<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

di Marco Guidi<br />

per la fotografia, inoltre, lo porta<br />

a operare dietro la cinepresa e<br />

gli consente di approdare alla “Settimana Incom”.<br />

Negli anni successivi collabora con il “Candido” di Guareschi,<br />

“l’Europeo”, “la Tribuna” e molti altri periodici. L’amore per il cinema<br />

lo fa recitare nel film di Piero Nelli “La pattuglia sperduta”.<br />

Era il 1953.<br />

“Fu un’esperienza indimenticabile”, commenta Zavanone. Nel<br />

1956 cura la fotografia di “Carcoforo ab.103”, documentario su<br />

un piccolo paesino isolato dal mondo firmato dal regista e giornalista<br />

Oliviero Sandria. Un suo scatto di allora vincerà il<br />

“Fotogramma d’oro” al Festival del cinema di Merano. “Penso<br />

di aver meritato il premio per l’originalità del servizio.<br />

Documentare la vita di un paesello piemontese di 103 abitanti,<br />

posto a 1800 metri di altitudine e d’inverno senza collegamenti<br />

né strade è stata un’idea innovativa per gli anni<br />

Cinquanta”, dice con orgoglio.<br />

Con l’avvento della televisione entra a far parte di una troupe<br />

della Rai, facendo da operatore per diversi sketch di<br />

“Carosello”. Zavanone ha collaborato agli spot del dentifricio<br />

Durban, del confetto Falqui e dell’olio Dante.<br />

Si occupa poi di religione, sport, cibo e cronaca musicale in radio.<br />

Da vero polivalente, a fine anni Novanta si appassiona anche<br />

di internet. Tanto che oggi è direttore e collaboratore di diverse<br />

riviste telematiche, fra cui “Informacibo” e “Apodittico”. I<br />

suoi articoli in campo alimentare, in particolare sull’elicicoltura,<br />

gli fanno vincere nel 2006 la prestigiosa “Lumaca d’oro”.<br />

27


Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />

Vittorio Reali<br />

Con sigaretta e trench<br />

il Bogart della “bianca”<br />

di Paolo Stefanini<br />

Sul foglietto di carta intestata che rigira tra le mani ci sono appunti<br />

allineati in una fitta grafia e l’indirizzo di un albergo romano.<br />

Da anni, infatti, Vittorio Reali fa la spola tra Milano e<br />

Roma, dove è impegnato come commissario agli esami di<br />

Stato per l’abilitazione alla professione giornalistica. Si è segnato<br />

alcune idee che gli stanno a cuore. Pensieri maturati di<br />

fronte ai tanti giovani aspiranti giornalisti che arrivano a Roma<br />

armati di speranza. Ha scritto, tra l’altro, di credere con forza<br />

agli istituti di formazione al giornalismo, ma che spera in un<br />

punto d’incontro con l’esperienza <strong>dei</strong> veterani: “Non voglio mitizzare<br />

i miei anni raccontando di come mi sono formato sulla<br />

strada e tra la gente”, chiarisce. “Sono ben cosciente che le<br />

nuove tecnologie hanno cambiato sia il lavoro che l’apprendimento<br />

del mestiere. Ma non bisogna dimenticare che fuori<br />

dalle redazioni, coi loro computer connessi al mondo tramite<br />

internet, esistono pur sempre la gente e la strada”.<br />

Reali ha dedicato metà della sua vita all’attività di cronista e<br />

metà alla categoria, con importanti incarichi nell’<strong>Ordine</strong> e nel<br />

Sindacato. “Poco invece alla moglie”, confida. E sorride: “Forse<br />

non aveva tutti i torti la mia futura suocera quando male accolse<br />

la notizia del fidanzamento della figlia con un giornalista.<br />

A quel tempo non godevamo di buona fama. C’era l’idea<br />

che fossimo una squadra di Humphrey Bogart col trench, la<br />

sigaretta in bocca, frequentatori assidui <strong>dei</strong> bordelli”. “Battute<br />

a parte, eravamo davvero a contatto diretto con la società.<br />

Anche coi suoi lati oscuri. Quando uscivamo dal giornale, alle<br />

tre del mattino, per strada e nei pochi bar aperti c’erano solo<br />

giornalisti, agenti della volante e prostitute”.<br />

Reali ha lavorato per più d’un ventennio alla “Notte”, il quotidiano<br />

del pomeriggio che proprio sulla cronaca basò il suo<br />

successo, sbaragliando la concorrenza di “Milano Sera”, di<br />

“Stasera”, del “Corriere Lombardo” e infine anche del “Corriere<br />

d’Informazione”. “La Notte” arrivò a vendere 75-80 mila copie,<br />

guadagnando un pubblico di lettori eterogeneo, a dispetto delle<br />

posizioni liberal-conservatrici e degli “schieratissimi” fondi<br />

del direttore Nino Nutrizio.<br />

Alla “Notte” di Nutrizio, dov’era entrato nel 1956 (dopo un decennio<br />

da pubblicista con esperienze, tra gli altri, all’“Avanti!”,<br />

alla “Voce repubblicana”, al “Pensiero Romagnolo” e al<br />

“Giornale <strong>dei</strong> costruttori”), Reali era il responsabile della cronaca<br />

bianca. Insomma, era di casa in Comune, in Provincia,<br />

nelle segreterie <strong>dei</strong> partiti. Più tardi divenne capo servizio<br />

Interni-Esteri, per chiudere l’esperienza da vice caporedattore<br />

centrale. A 31 anni, dopo una provocazione di Nutrizio<br />

(“Non vi vergognate Tutti ci danno del ‘dottore’ e qua dentro<br />

nessuno di noi è laureato”), tornò a iscriversi a Scienze<br />

Politiche. Si laureò, studiando nei giorni di corta.<br />

Proprio nel comitato di redazione della “Notte”, intanto, Reali<br />

s’impegnava nell’attività sindacale. “Riuscii – rivendica – a ottenere<br />

un contratto aziendale. Fummo i secondi in Italia ad<br />

averne uno, dopo il Sole 24 Ore. Avevo scoperto che dopo cinque<br />

giorni di sciopero i contratti con le agenzie di pubblicità<br />

decadono. Sbattei quelle carte in faccia al direttore Livio<br />

Caputo. E l’editore dovette cedere di fronte alla minaccia di<br />

una lunga astensione dal lavoro, che avrebbe fatto perdere<br />

tutta la raccolta pubblicitaria.<br />

Un successo incredibile in un giornale di proprietà d’un conservatore<br />

inflessibile come il nostro editore, Carlo Pesenti, padrone<br />

di Italcementi”.<br />

Negli anni successivi, Reali ha ideato congressi e conferenze<br />

e ha diretto vari uffici stampa. Dal 1968 al 1976 è stato consigliere<br />

d’amministrazione dell’Ente autonomo Teatro alla Scala<br />

e dal 1982 dell’Ente esposizioni della Triennale di Milano. Dal<br />

1970 al 1975 ha ricoperto la carica di presidente dell’Unci<br />

(Unione nazionale cronisti italiani; il sindacato di specializzazione<br />

della Federazione Nazionale della Stampa), per poi divenire<br />

presidente del Gruppo cronisti lombardi. In quello stesso<br />

periodo, spesso non firmando col proprio nome, ha compiuto<br />

numerosi viaggi per inchieste in Libano, India, Israele,<br />

Egitto, Algeria, Cipro, Grecia e Unione Sovietica. Ha inventato<br />

il premio giornalistico “Cronista dell’anno”, che si svolgeva<br />

a Senigallia. “L’idea – racconta – mi venne in treno, mentre nella<br />

notte raggiungevo Roma per una riunione del sindacato. A<br />

quel tempo i giornalisti della bianca, a differenza degli altri colleghi,<br />

non firmavano. Erano ingranaggi, fondamentali ma anonimi,<br />

del quotidiano. Immaginai quel premio come una compensazione”.<br />

Reali ha ricoperto per dieci anni, dal 1984 al 1994, il ruolo di<br />

capo ufficio stampa e portavoce dell’Ente Fiera Milano, “con<br />

soddisfazioni professionali e responsabilità paragonabili alla<br />

direzione di un grande giornale”, afferma. Dal 1996 ha deciso<br />

di rifiutare incarichi giornalistici e collaborazioni retribuite: “È<br />

inutile lamentarsi del poco spazio che i giovani hanno nei giornali<br />

e poi continuare a scrivere fino a novant’anni”.<br />

Roberto Tabozzi<br />

“Per far correre noi cronisti<br />

ci regalavano le scarpe”<br />

di Ilaria Sesana<br />

“Bisogna iniziare sempre nuove cose”, spiega Roberto<br />

Tabozzi, parlando della sua avventura giornalistica. Mezzo secolo<br />

di carriera, passando dall’economia all’arte, dalla cronaca<br />

all’antiquariato, nelle redazioni di una decina di quotidiani e periodici.<br />

“Restando nello stesso posto ci si stanca – spiega – e<br />

quando inizi ad annoiarti vuol dire che è ora di cambiare”.<br />

L’avventura ebbe inizio in un’estate milanese del 1954, come<br />

correttore di bozze a “La Notte”: “È stata dura, ma mi è servito<br />

per imparare a conoscere i meccanismi del giornale”. Pochi<br />

mesi dopo, il passaggio in cronaca, dove 20 redattori su 22<br />

erano abusivi. “A fine mese c’era un signore che lasciava sul<br />

Giorgio Torelli<br />

Contrarre il virus del giornalismo sui banchi del liceo assieme<br />

a Luca Goldoni e Baldassarre Molossi. Ma se dalle malattie si<br />

può guarire, liberarsi di quella strana febbre che lo spingeva a<br />

“smontare i pezzi <strong>dei</strong> giornali come le motociclette” è stato impossibile<br />

per Giorgio Torelli che per cinquant’anni ha viaggiato<br />

per il mondo come inviato speciale, tornando sempre a casa<br />

“con l’osso in bocca”.<br />

Gli inizi della carriera a Parma, alla “Gazzetta”. Ed ecco, dopo<br />

pochi mesi, giungere un brillante telegramma: “Ora la Notte<br />

emette fischio, venga Torelli senza rischio, firmerà contratto a<br />

tavolo delle buste bianche, senza nome, e dentro c’erano le nostre<br />

ventimila lire”, racconta. “Però avevamo un grande direttore,<br />

Nino Nutrizio, che a noi giovani regalava le scarpe smesse<br />

perché diceva che il cronista deve camminare, camminare,<br />

camminare”.<br />

Continuò la sua carriera nella redazione del “Giorno” di<br />

Baldacci, a “Panorama” come inviato e anche come sindacalista,<br />

a “Il Mondo”, spinto sempre dalla voglia di non fermarsi mai<br />

perché “il giornalismo ti obbliga a essere vivo. Adesso forse il<br />

mestiere si è un po’ svilito… però è sempre bello”.<br />

Si toglie gli occhiali e li posa sulla scrivania. Spiega che il giornalismo<br />

permette di colmare le lacune, di accendere nuove<br />

passioni e di “accelerare” quelle già esistenti, nel suo caso<br />

“Nutrizio mi assunse alla ‘Notte’<br />

con un telegramma in versi”<br />

di Ilaria Sesana<br />

Milano, molto lavoro e poco grano. Suo Nutrizio”. Dopo “La<br />

Notte” il passaggio a “Candido”, con Giovannino Guareschi, direttore<br />

“parmigianissimo”, capace di condensare e spiegare gli<br />

umori dell’Italia di quegli anni con una matita da disegno e<br />

l’Olivetti.<br />

“Ho viaggiato per capire e narrare le bellissime storie che si<br />

possono trovare in giro per il mondo”, racconta. “Le persone<br />

sono uno spettacolo, un capolavoro: dentro a ciascuno c’è una<br />

fiammella segreta che arde. Ecco, di queste fiammelle io sono<br />

stato curiosissimo”. Missionari, medici e “uomini <strong>dei</strong> deserti”,<br />

che lavoravano negli angoli più remoti della terra e che Torelli<br />

andava a cercare a bordo di aerei spericolati. “Ho una grandissima<br />

gratitudine per la Provvidenza. Non si capisce come<br />

quella per l’arte. Una parete dello studio è piastrellata da 1.500<br />

volumi, tra monografie e cataloghi. “La fatica maggiore è stata<br />

metterli in ordine alfabetico, così posso trovare subito quello<br />

che cerco”, sorride, sotto lo sguardo vigile di due piccoli totem<br />

africani di legno scuro.<br />

“Sono soddisfatto perché ho fatto un mestiere che mi è piaciuto<br />

e che mi ha dato tante soddisfazioni”, commenta, ora che<br />

ha ridotto i propri impegni. Ma la curiosità del cronista è rimasta<br />

viva, così come la voglia di non fermarsi mai e accettare<br />

sempre nuove sfide, anche quelle lanciate dall’informatica.<br />

Nella fattispecie c’è un contenzioso in corso con lo scanner che<br />

non ne vuole sapere di funzionare ma che è basilare per un<br />

suo nuovo progetto: un libro fotografico su Nino Rollo, “scultore<br />

pietrante” leccese pressoché sconosciuto in Italia.<br />

Mentre racconta il suo peregrinare da una redazione all’altra,<br />

tra le parole di Tabozzi affiorano i nomi di tanti colleghi e amici:<br />

Alfredo Barberis, Pier Luigi Boselli, Carla Stampa, Giancarlo<br />

Galli, Romolo Mombelli; e si commuove ricordando Franco<br />

Nasi, sfortunato e bravissimo inviato del “Giorno”. “La persona<br />

che ricordo con più affetto e che incontro con maggior piacere<br />

è Bernardo Valli”, sorride raccontando un viaggio sotto la neve<br />

verso Parma, a bordo di una Topolino, per festeggiare il<br />

Capodanno. Difficile interrompere la conversazione, ogni nome<br />

ne evoca un altro. Per concludere, tre consigli agli aspiranti<br />

giornalisti: “Fare la scaletta prima di scrivere, essere puliti dentro,<br />

e cambiare spesso redazione, se è possibile”.<br />

D'<br />

MEDAGLIE<br />

O R<br />

sia sempre tornato a casa”.Torelli ha lavorato in sette quotidiani<br />

e cinque settimanali. Ha pubblicato 25 libri ed è “Osservatore<br />

dall’aeroplano honoris causa”.<br />

Poi il passaggio al “Giornale” di Montanelli (“Indro vantava una<br />

somma di difetti bellissimi. Dopo che si è lavorato con lui, è difficile<br />

farlo con altri direttori”). “Scrivi quello che vuoi”, fu la consegna<br />

per Torelli: doveva riempire una colonnina e mezza tre<br />

volte alla settimana. “Questa rubrica era il mio appezzamento<br />

– spiega – volevo comunicare le belle notizie che di solito non<br />

trovano spazio nei giornali. È quello che mi sono proposto: far<br />

compagnia al lettore e non mandarlo via dal pezzo senza avergli<br />

offerto le ragioni della speranza”.<br />

Torelli ha sempre cercato di offrire occasioni di ottimismo, raccontando<br />

storie che avevano il sigillo dell’autenticità, vicende<br />

positive. Ed ecco tornare al centro del discorso quei personaggi<br />

“da fondo <strong>dei</strong> deserti” come il dottor Invernizzi, che ha<br />

costruito un orfanotrofio al confine tra Kenia e Somalia, o l’imprenditore<br />

Marcello Candia, che lasciò tutto per dedicarsi alla<br />

cura <strong>dei</strong> lebbrosi brasiliani. E ancora quel Natale a bordo di una<br />

petroliera tra uomini costretti a restare in mare per nove mesi<br />

a causa della crisi di Suez. “Come si fa a non raccontare queste<br />

storie”, conclude. “Sarei senza attenuanti se non avessi<br />

provato a crescere, se non avessi capito tutto quello che dovevo<br />

capire”.<br />

O<br />

Pietro Pentimalli<br />

Una raffica di scoop<br />

da Saint Moritz al caso Ustica<br />

di Francesca Caria<br />

“Uno <strong>dei</strong> primi autentici freelance, sempre a caccia di scoop”.<br />

Così ama definirsi Pietro Pentimalli, 78 anni portati con disinvoltura.<br />

“Ai miei tempi tutti cercavano un posto fisso in redazione.<br />

Io invece ho sempre amato essere indipendente, anche<br />

se questo, talvolta, comportava andare avanti a pane e latte”.<br />

Così, per cinquant’anni ha scelto di essere “pubblicista a tem-<br />

po pieno”, senza legarsi ad alcuna testata.<br />

Nel 1953 Pentimalli, originario dell’Aspromonte ma trapiantato<br />

a Napoli per studiare medicina, collabora con il “Corriere di<br />

Napoli” e il “Mattino d’Italia”. Per promuovere un libro di racconti<br />

scritto insieme a un amico (con lo pseudonimo di Angelo<br />

Montesahara, che manterrà per tutta la carriera), comincia a<br />

girare per la Sicilia, producendo per la Rai di Palermo servizi<br />

sui vari centri dell’isola. L’anno dopo, fallito il tentativo di organizzare<br />

un “raid pubblicitario-giornalistico” sino a Stoccolma per<br />

promuovere i prodotti siciliani, si trasferisce a Milano. Nel capoluogo<br />

lombardo Pentimalli avvia numerose collaborazioni e<br />

completa la sua trasformazione in freelance. Un litigio con Mike<br />

Bongiorno, causato dal fotografo che lo affiancava in un servizio<br />

(rivendette gli scatti ad altre riviste, diffondendo la voce di<br />

un flirt del conduttore con Enza Sampò), lo porta a un’autonomia<br />

professionale totale: comincia a fare da sé anche le foto,<br />

proponendo alle testate (tra le altre “Tempo”, “Gente”, “Stop”,<br />

“Novella 2000”, “Oggi”) servizi completi. “Da quel momento divenni<br />

praticamente il cronista ufficiale del ‘bel mondo’ divistico,<br />

politico ed economico di Saint Moritz”, composto da personaggi<br />

che “vogliono che si parli di loro, anche se dicono di no”.<br />

Conobbe così Farah Diba e Alfred Hitchcock, Gianni Agnelli e<br />

Vittorio Emanuele, che una volta lo prese a pugni.<br />

Guardandosi indietro Pentimalli è soddisfatto. Tra gli scoop della<br />

sua carriera annovera la scoperta del figlio segreto di Mike<br />

Bongiorno, ma anche il caso Ustica (fu il primo a ipotizzare il<br />

coinvolgimento di un jet libico). E della sua vita può dire: “Ogni<br />

giorno mi svegliavo, andavo in giro a cercare le notizie, facevo<br />

qualcosa di diverso. È stato bello”.<br />

28 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


RICORRENZA DI SAN FRANCESCO DI SALES<br />

Tettamanzi<br />

“Auspicabile che ci siano sempre<br />

più comunicatori che si specializzino<br />

nel sapere interloquire<br />

e dialogare con i bambini”<br />

La ricorrenza annuale del patrono di scrittori e giornalisti, san Francesco di Sales, ha offerto lo spunto per anticipare il tema della<br />

Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la quarantunesima, che quest’anno punta l’obiettivo sul rapporto bambini e media. A<br />

Milano i giornalisti si sono incontrati il 20 gennaio all’Ambrosianeum per un’analisi del problema.<br />

di Sergio Borsi<br />

Rileggiamo alcuni passaggi.<br />

Due dati per avvicinarsi al tema. Quando diciamo<br />

bambini e ragazzi ci riferiamo a una<br />

popolazione che va dai tre/quattro anni fino<br />

ai 14. Fra i media preferiti c’è assolutamente<br />

prima la televisione (con i programmi per fascia<br />

d’orario e di età) e internet. Molte le preferenze<br />

anche per i videogames. Aggiungiamo<br />

che un ragazzo su due di età compresa<br />

fra i 7 e i 14 anni usa il telefono cellulare,<br />

molto spesso per inviare e ricevere sms.<br />

Ci dicono i ricercatori che i ragazzi dedicano<br />

15 mila ore alla tv e 11 mila ore allo studio. E<br />

4 milioni di ragazzi fra i 3 e i 10 anni guardano<br />

la tv in media 2 ore e 40 minuti al giorno.<br />

Si possono dire soddisfatti i comunicatori<br />

(ideatori, produttori, sceneggiatori, programmisti,<br />

giornalisti) di quanto offre oggi la tv<br />

Certamente no e la conferma viene dai ra-<br />

gazzi: i telegiornali sono difficili da capire,<br />

spesso provocano paure, di fronte a episodi<br />

di violenza molti ragazzi cambiano canale<br />

oppure chiudono gli occhi per non vedere le<br />

scene.<br />

Ma allora viene da chiedersi: sono efficaci le<br />

norme contenute nelle varie carte e decaloghi,<br />

negli indirizzi del Parlamento, nei controlli<br />

e nelle sanzioni dell’Autorità e della<br />

Commissione<br />

Diciamo che c’è ancora molto lavoro da svolgere<br />

e che gli argini troppo spesso sono superati<br />

e i limiti non rispettati.<br />

Lo spazio che l’informazione dedica ai ragazzi<br />

è comunque rilevante.<br />

Oltre ai programmi (oggi si stanno sviluppando<br />

anche fiction e reality interpretati solo<br />

da ragazzi) in Europa, Italia compresa, ogni<br />

giorno le tv pubbliche trasmettono 14 tg per<br />

i ragazzi. Che significa selezionare le notizie,<br />

adeguare il linguaggio, controllare con severità<br />

le immagini, dare una chiave interpretativa<br />

ad ogni avvenimento in scaletta.<br />

C’è materia sulla quale riflettere. La proposta<br />

è stata fatta ai giornalisti dal cardinale arcivescovo<br />

Tettamanzi. Ne ripropongo due concetti.<br />

Il primo. “Non c’è dubbio che i bambini hanno<br />

‘un loro mondo’, ma non c’è neppure dubbio<br />

che non devono rimanere chiusi in questo<br />

mondo tutto loro: devono, invece, essere<br />

aiutati ad aprirsi. In altri termini, non è corretto<br />

escluderli sempre dai problemi reali del<br />

nostro mondo, quasi per un eccessivo senso<br />

di difesa e di protezione.<br />

Possono e devono, invece, essere coinvolti e<br />

bisogna di fatto aiutarli a capire, e questo rispondendo<br />

alle loro domande, imparando<br />

con pazienza e disponibilità a dialogare con<br />

loro”.<br />

Il secondo. “È auspicabile che ci siano sempre<br />

più comunicatori che si specializzino nel<br />

sapere interloquire e dialogare con i bambini.<br />

Cercando ora di immaginare come potrebbe<br />

essere il comunicatore capace e responsabile<br />

in questo delicatissimo ambito,<br />

direi che dovrebbe essere una persona positiva,<br />

amante della vita, una persona che<br />

conosce bene la realtà di questo mondo e<br />

che in essa sa scoprire segni di speranza,<br />

buone notizie, e che sa come comunicarle ai<br />

bambini. Dovrebbe essere un comunicatore<br />

che rifugge dalla ricerca ostentata del limite<br />

e del trasgressivo, che non ama la violenza<br />

ma ricerca la pace e il dialogo. Dovrebbe essere,<br />

infine, una persona che sa tessere relazioni<br />

costruttive e amicali, una persona nel<br />

cui animo sono vivi i valori fondamentali del<br />

rispetto della vita e della passione per la verità”.<br />

La provocazione, cioè il suggerimento, è da<br />

raccogliere, non solo in una carta, ma nel<br />

nostro lavoro quotidiano. La dovrebbero raccogliere<br />

anche le imprese la cui offerta per i<br />

più giovani è comparata col mercato pubblicitario<br />

e con i costi di produzione.<br />

In alto, il cardinale Tettamanzi. Qui sopra, la sala dell’Ambrosianeum durante i lavori e, a destra, l’intervento del presidente Abruzzo all’incontro.<br />

IL PREMIO È GIUNTO ALLA SESTA EDIZIONE.<br />

Emilio Pozzi “Campione per la solidarietà” del <strong>2007</strong><br />

Franco<br />

Abruzzo<br />

con Mario<br />

Furlan<br />

(al centro)<br />

ed<br />

Emilio Pozzi.<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

Milano, 24 gennaio <strong>2007</strong>. Un riconoscimento<br />

a chi migliora il proprio ambiente professionale<br />

o sociale e rappresenta un esempio<br />

positivo per l’opinione pubblica: è il premio<br />

“Il Campione”, giunto alla sesta edizione.<br />

Nato da un’idea di Mario Furlan, fondatore<br />

<strong>dei</strong> City Angels, è organizzato dalla<br />

sua associazione di volontariato e<br />

dall’Osservatorio giornalistico Mediawatch,<br />

con la sponsorizzazione della casa farmaceutica<br />

Bayer e il patrocinio della Provincia<br />

di Milano.<br />

Il premio consiste in una statuina in vetro simile<br />

a quelle del premio Oscar: rappresenta<br />

la sagoma di un uomo con un grande<br />

cuore in mano ed è stata realizzata da una<br />

cooperativa che dà lavoro a persone svantaggiate.<br />

“Il premio è un riconoscimento per<br />

le persone che hanno lanciato messaggi e<br />

valori positivi attraverso i mass-media.<br />

Per essere campioni, infatti, non basta diventare<br />

protagonisti <strong>dei</strong> mezzi di comunicazione,<br />

ma bisogna anche influenzare positivamente<br />

l’opinione pubblica”, spiega Mario<br />

Furlan, fondatore dell’associazione di volontariato<br />

<strong>dei</strong> City Angels e ideatore dell’iniziativa.<br />

Quest’anno il titolo di “Campione per<br />

la Comunicazione” è stato assegnato al<br />

giornalista professionista Emilio Pozzi (già<br />

voce notissima di Radio Rai) e a sua moglie<br />

Luciana Invernizzi, che nel carcere di San<br />

Vittore, dove i reclusi stranieri sono oltre la<br />

metà, si adoperano per insegnare l’italiano<br />

ai detenuti stranieri e per tenere incontri sulle<br />

varie culture.<br />

Pozzi, docente di Storia del teatro<br />

all’Università di Urbino, è anche stato l’ideatore<br />

e il coordinatore del notiziario del carcere,<br />

Il due, al quale collaborano i detenuti.<br />

Il Comitato d’onore del Premio annovera, tra<br />

gli altri, il presidente dell’ordine <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia, Franco Abruzzo, il comandante<br />

della Polizia municipale Emiliano<br />

Bezzon, il prefetto di Milano Gian Valerio<br />

Lombardi, l’assessore Vittorio Sgarbi, in rappresentanza<br />

del Comune di Milano, l’assessore<br />

Domenico Zambetti, in rappresentanza<br />

della Regione Lombardia, il personaggio televisivo<br />

Raffaello Tonon.<br />

La Provincia è rappresentata dal presidente<br />

del Consiglio provinciale, Vincenzo Ortolina.<br />

29


MOSTRE, PREMI<br />

E CONVEGNI<br />

XXVI edizione del Premio nazionale patrocinato dalla Provincia di Milano<br />

Il “Max David” a Milena<br />

Gabanelli: ha rilanciato<br />

il giornalismo d’inchiesta<br />

di Patrizia Pedrazzini<br />

“A Milena Gabanelli che, dopo aver dato prova<br />

di grande professionalità e coraggio con i<br />

suoi servizi dai fronti di guerra, ha dimostrato<br />

altrettanta bravura e coraggio affrontando<br />

per Rai 3, con la trasmissione Report, i problemi<br />

più scottanti, e spesso ignorati, della<br />

società italiana. Milena Gabanelli ha così rilanciato,<br />

con grinta, determinazione e onestà<br />

professionale, quel giornalismo d'inchiesta<br />

che da tempo sembrava essersi sbiadito nel<br />

panorama <strong>dei</strong> media italiani”.<br />

Così la freelance della Rai, oggi autrice e<br />

conduttrice dell’acclamato programma di inchieste<br />

Report, ma con alle spalle una consistente<br />

esperienza come inviata di guerra<br />

sui fronti più “caldi” del mondo (vedi riquadro)<br />

ha vinto la XXVI edizione dell’ambito “Max<br />

David”, il Premio nazionale per l’inviato speciale<br />

patrocinato dalla Provincia di Milano. Il<br />

riconoscimento le è stato assegnato la sera<br />

di venerdì 26 gennaio, nel corso della cerimonia<br />

che ogni anno accompagna la tradizionale<br />

cena di gala all’Excelsior Hotel Gallia,<br />

alla presenza del vicepresidente della<br />

Provincia Alberto Mattioli, <strong>dei</strong> promotori e <strong>dei</strong><br />

giurati, di personalità delle istituzioni, della<br />

cultura e del giornalismo.<br />

A porre l’accento sui meriti del Premio ha<br />

provveduto lo stesso Mattioli, evidenziando<br />

sia la lunga vita del riconoscimento - testimonianza<br />

di valore e di merito pur in tempi,<br />

come gli attuali, di restrizione - sia la costante<br />

attenzione che esso riserva “a un mestiere<br />

significativo per una società civile e libera”,<br />

quale è quello del giornalista.<br />

“Precari pagati<br />

come domestiche”<br />

Tempi “di quaresima economica”, come li<br />

aveva poco prima definiti, in apertura di serata,<br />

il presidente Lucio Lami, ricordando<br />

l’impegno da lui stesso assunto 25 anni or<br />

sono quando (vedi riquadro) “la vedova del<br />

mio amico Max mi chiese di prendere in mano<br />

il Premio, pro tempore, in modo che non<br />

scomparisse sul nascere. Un pro tempore<br />

che dura ancor oggi”.<br />

“Molte cose - ha quindi sottolineato - sono<br />

cambiate, nel mondo giornalistico, da allora,<br />

e talvolta mi sento come uno di quei generali<br />

americani dell’esercito sudista che, a guerra<br />

persa, continuavano ad assegnare medaglie<br />

ai loro combattenti. La categoria <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

infatti, vive una crisi senza precedenti, e<br />

non vede rinnovato il suo contratto, scaduto<br />

da molti mesi, nonostante l’intervento del<br />

Presidente della Repubblica. Mentre si sta<br />

gonfiando di precari, pagati come domestiche,<br />

sconta errori passati, suoi e <strong>dei</strong> gruppi<br />

editoriali, e si vede abbandonata da quel<br />

mondo politico al quale, forse, si era troppo<br />

incautamente aggrappata”.<br />

Di qui l’accusa di Lami a un sistema editoriale<br />

nel quale, “col pretesto del risparmio, si<br />

assiste al cecchinaggio sistematico degli inviati,<br />

sostituiti dall’uso acritico delle tecnologie<br />

e di elementi improvvisati, e a una standardizzazione<br />

<strong>dei</strong> media che privilegia il mercato,<br />

soprattutto pubblicitario, nell’oblio sconcertante<br />

delle esigenze della pubblica opinione”.<br />

Un contesto insomma abbastanza<br />

drammatico, nel quale il Premio Max David,<br />

“uno <strong>dei</strong> pochi sganciati dalla politica e dal<br />

mercato editoriale, continua a veleggiare in<br />

mari tempestosi, alla ricerca di quei giornalisti<br />

che, malgrado la situazione, continuano a<br />

operare nel rispetto della deontologia e in<br />

nome dell’indipendenza professionale, testimoni<br />

di talento al servizio della pubblica opinione.<br />

Di anno in anno la ricerca si fa più difficile,<br />

ma la resistenza di quanti ancora considerano<br />

il lettore o il telespettatore come il<br />

loro unico padrone ci conforta e fa sperare<br />

che una catarsi sia possibile, oltre che indispensabile”.<br />

“Onore a un mestiere<br />

nobile”<br />

“Di anno in anno - ha poi esordito il presidente<br />

onorario Sergio Zavoli - il mio pudore e<br />

la mia ritrosia aumentano, perché con il progredire<br />

dell’età mi sento sempre più lontano<br />

da tutto questo. Ma torno sempre qui, perché<br />

qui vale la pena di essere, a maggior ragione<br />

in un momento difficile come l’attuale”.<br />

Quindi, quello che lui stesso ha definito il “bollettino<br />

di guerra” del 2006: 155 reporter uccisi,<br />

mentre dall’inizio del <strong>2007</strong> hanno già perso<br />

la vita 11 giornalisti e quattro collaboratori.<br />

“Gli inviati speciali - ha aggiunto - sono presenti<br />

in 24 teatri di guerra e in dieci nazioni<br />

sull’orlo di un conflitto. Il Paese più pericoloso<br />

è l’Iraq, dove nel 2006 ne sono morti 68,<br />

170 in tutto dal 2003. Mentre in Messico,<br />

Colombia e Venezuela lo scorso anno ne sono<br />

rimasti uccisi 37, e in vari punti dell’Asia<br />

34. Onore quindi a questa professione, un<br />

onore che passa attraverso la trasparenza e<br />

la dedizione. E basta con la vecchia storia<br />

per la quale fare il giornalista è sempre meglio<br />

che lavorare. Questa è gente che ci crede,<br />

e questo è un mestiere nobile, nel quale<br />

vale la pena di credere”.<br />

La serata è stata anche occasione per il ricordo,<br />

da parte di Pilade Del Buono, del grande<br />

giornalista sportivo Aldo De Martino, del<br />

quale ha ripercorso la vita e la carriera, sottolineandone<br />

la curiosità professionale e le<br />

grandi doti di intuito e di generosità. Mentre<br />

Max Victor David ha posto l’accento su uno<br />

in particolare <strong>dei</strong> due volumi appositamente<br />

stampati e distribuiti nell’ambito della serata:<br />

Sulle orme di Lawrence d’Arabia -Corrispondenze<br />

dal deserto di Max David (l’altro<br />

era La peste la fame la guerra di Ettore Mo),<br />

il libro al quale il padre stava lavorando quando<br />

morì, “non una biografia - come lui stesso<br />

disse - ma una ricerca dell’Uomo”.<br />

Grinta, coraggio e diciotto cause,<br />

“ma non me l’ha ordinato il medico”<br />

“Pochi giorni fa, quando a Varsavia è morto<br />

Riszard Kapuscinski, uno <strong>dei</strong> più grandi reporter<br />

del mondo, gli elogi e i giudizi superlativi<br />

con i quali i giornali ne hanno descritto e<br />

commentato la figura mi sono sembrati tagliati<br />

su misura per lei, per questa collega fortunatamente<br />

viva e vegeta qui, fra noi, questa<br />

sera”.<br />

Così Ettore Mo ha presentato Milena<br />

Gabanelli, o meglio “la grintosa Gabanelli”,<br />

come gli piace definirla, ripercorrendone, fra<br />

ricordi privati e pubblici scoop, la storia professionale.<br />

Dal Vietnam alla Birmania all’ex<br />

Storia e nomi del “Pulitzer” italiano<br />

Il Premio Max David venne fondato in Versilia nel 1980, per<br />

iniziativa del poeta e pittore Vittorio Grotti, sotto l’egida della<br />

Fondazione Lorenzo Viani <strong>dei</strong> fratelli Barsanti, in collaborazione<br />

con la Rai e con il contributo di Linda David<br />

Locatelli, vedova di Max David, il grande inviato (oltre 40<br />

anni di servizio, <strong>dei</strong> quali 25 al Corriere della Sera) originario<br />

di Cervia, nato nel 1908 e morto nel 1980. La giuria,<br />

composta allora da cento giornalisti, assegnò il primo riconoscimento<br />

a Lucio Lami.<br />

Nel 1982, scomparso Grotti, Linda David chiese a Lami di<br />

garantire la vita del Premio, che quello stesso anno si decise<br />

di trasferire a Cervia. Nel 1984, secondo e definitivo<br />

trasferimento nel capoluogo lombardo, dove il Premio viene<br />

tuttora celebrato, con il patrocinio e il contributo della<br />

Provincia di Milano.<br />

Emanazione dell’Associazione Max David per il giornalismo,<br />

presieduta da Lucio Lami - vicepresidente è Max<br />

Jugoslavia, “con la sua arma segreta, una videocamera<br />

tascabile che fruga e racconta”<br />

(“L’ho vista commuoversi mentre filmava i soldatini<br />

russi mandati a Grozny, fermi ai posti<br />

di blocco a mendicare, nel gelo, una sigaretta”).<br />

“Chi è abituato alle grosse troupe televisive<br />

- ha detto - magari ha sottovalutato il suo<br />

lavoro, ma l’interesse è invece continuato a<br />

crescere. Fino alle inchieste di Report che, di<br />

qualunque argomento parlino, dal terrorismo<br />

internazionale alle truffe sull’olio d’oliva, portano<br />

tutte il suo marchio di fabbrica”. Come le<br />

querele per diffamazione che la stanno accompagnando,<br />

con richieste di risarcimenti<br />

anche astronomici (“una - ha fatto notare<br />

Lami - di 70 miliardi di lire). Ma tant’è: “una<br />

grinta così - ha commentato l’inviato del<br />

Corriere - s’era vista poche volte nel panorama<br />

giornalistico italiano”.<br />

“Non so se lo merito, un Premio come questo<br />

- ha replicato la vincitrice - ma di sicuro<br />

l’assegno che ho qui appena ricevuto mi ser-<br />

Victor David, figlio del giornalista - e riservato agli inviati<br />

speciali, è il riconoscimento giornalistico più ambito e prestigioso,<br />

tanto da essere definito il Pulitzer italiano.<br />

Nelle passate edizioni, i vincitori sono stati: Lucio Lami,<br />

Ettore Mo, Piero Accolti, Bernardo Valli, Franco Ferrari,<br />

Piero Benetazzo, Frane Barbieri, Vittorio Zucconi, Mimmo<br />

Candito, Egisto Corradi (alla memoria), Lucia Annunziata,<br />

Vittorio Dell’Uva, Paolo Rumiz, Antonio Ferrari, Valerio<br />

Pellizzari, A. Pasolini Zanelli, Carmen Lasorella, Renzo<br />

Cianfanelli, Renata Pisu, Giovanni Porzio, Toni Capuozzo,<br />

Guido Rampoldi, Ugo Tramballi, Fabrizio Gatti.<br />

Finora il riconoscimento è stato assegnato cinque volte a<br />

giornalisti de la Repubblica, quattro a colleghi del Corriere<br />

della Sera, tre a giornalisti de La Stampa e il Giornale, due<br />

a colleghi della Rai e, una volta ciascuno, a giornalisti de Il<br />

Messaggero, Il Tempo, Il Mattino, Il Piccolo, Panorama,<br />

Tg5, Il Sole 24 Ore, L’Espresso.<br />

30 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Moda e deontologia professionale: convegno al Circolo della Stampa<br />

Il Diavolo veste Prada<br />

Purché la pubblicità<br />

non si vesta da giornalismo<br />

Accanto al<br />

titolo il<br />

ritratto di<br />

Max David.<br />

Qui sopra,<br />

con Sergio<br />

Zavoli,<br />

Luciano<br />

Lami e<br />

Alberto<br />

Mattioli,<br />

Milena<br />

Gabanelli<br />

alla<br />

consegna<br />

del premio.<br />

Una giuria di inviati che rende<br />

omaggio solo al merito<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

virà come anticipo per le spese dell’avvocato,<br />

visto che proprio ieri mi è stata comunicata<br />

la mia diciottesima causa. Anni fa,<br />

quando seguivo Mo all’estero, mi sembrava<br />

di fare chissà che cosa. Oggi, francamente,<br />

mi sembra di fare solo il mio lavoro.<br />

Dopodiché, che sono perfida me lo dicono<br />

un po’ tutti. Ma Report, che ha ormai dieci<br />

anni di vita, si occupa di storie che nessuno<br />

racconta. Certo, le rogne sono parecchie, le<br />

cause 18, ma non me l’ha ordinato il medico”.<br />

Ma come e perché ha avuto inizio l’avventura<br />

“Nella vita di tutti a un certo punto succede<br />

qualcosa che ti fa cambiare direzione,<br />

o che ti indirizza verso quello che sarà il tuo<br />

mestiere”. Per lei è stata la descrizione di<br />

Ayacucho, Sierra peruviana, che si legge<br />

nell’introduzione al libro di Ettore Mo La peste<br />

la fame la guerra, edito nel 1897 e ristampato<br />

per la XXVI edizione del “Max<br />

David”: “dopo aver letto quelle righe, è scattato<br />

in me un meccanismo. Ho pensato che<br />

prima di tutto dovevo conoscere Mo. Ci ho<br />

messo quattro anni, poi siamo andati in<br />

Cecenia insieme. Io non ho modelli, però<br />

Ettore è stato la molla, senza saperlo”. Da<br />

allora sono trascorsi vent’anni.<br />

“Lavoravo moltissimo, e in fondo aspettavo<br />

un riconoscimento che però non arrivava:<br />

ero come invisibile. Adesso invece i riconoscimenti<br />

arrivano. Ecco, vorrei invitare chi organizza<br />

i premi giornalistici a guardare bene<br />

ai giovani, perché un riconoscimento, in un<br />

momento della vita magari critico, può rivelarsi<br />

ancora più utile”.<br />

Milena Gabanelli, classe 1954, è laureata<br />

in Storia del Cinema all’Università di<br />

Bologna. Nel 1981 è alla Rai 3 dell’Emilia<br />

Romagna: contratti a termine per la realizzazione<br />

di servizi in ambito regionale. Tre<br />

anni dopo, il passaggio a Rai 3 Lombardia.<br />

Nel 1986, l’approdo ai Servizi speciali del<br />

Tg1. Dal 1989 al ‘98 è inviata di guerra per<br />

la trasmissione Mixer in numerosi punti del<br />

globo: Cina, Vietnam, Pitcairn Island,<br />

Cambogia, ex Jugoslavia, Nogorno<br />

Karabah, Somalia, Mozambico, Cecenia,<br />

Kazakistan, Tamil Nadu, Sudafrica,<br />

Palestina, Israele. Dal 1994 al ‘96 cura come<br />

autrice e conduttrice, per Rai 2,<br />

Professione Reporter, un programma sperimentale<br />

di servizi realizzati da neo-videogiornalisti.<br />

Non mancano le polemiche, per<br />

timore che l’iniziativa possa veicolare una<br />

politica di riduzione del personale, con<br />

giornalisti che possono fare a meno dell’operatore.<br />

Dal 1997 è alla guida di Report,<br />

rotocalco di informazione videogiornalistica.<br />

Al suo attivo, riconoscimenti professionali<br />

quali il “Premiolino”, il “Flaiano”, il<br />

“Premio Ilaria Alpi”, e il “Premio Saint<br />

Vincent” come giornalista dell’anno nel<br />

2005.<br />

Al fine di rispettare lo spirito del Premio, che<br />

è dichiaratamente apolitico, la giuria del Max<br />

David è composta in prevalenza da inviati o<br />

ex inviati di lunga esperienza, compresi alcuni<br />

vincitori di precedenti edizioni. Ogni<br />

componente vota i tre giornalisti ritenuti più<br />

meritevoli nel corso dell’anno precedente,<br />

assegnando tre, due e un punto. Quindi le<br />

schede vengono raccolte e il giornalista con<br />

il punteggio più alto viene dichiarato vincitore.<br />

Il presidente onorario è Sergio Zavoli. La<br />

giuria è attualmente composta da Lucia Annunziata,<br />

Edgardo Bartoli, Piero Benetazzo,<br />

Giuseppe Chisari, Renzo Cianfanelli, Vittorio<br />

Dell’Uva, Lucio Lami, Ettore Mo, Valerio<br />

Pellizzari, Giorgio Torchia.<br />

Il riconoscimento consiste nella somma di<br />

2.600 euro e in una targa d’argento con l’effigie<br />

di Max David.<br />

di Patrizia Pedrazzini<br />

Le giornaliste che si occupano di moda<br />

Colleghe che “sanno solo scrivere del tailleurino”,<br />

quasi considerate alla stregua di soubrette,<br />

professionalmente poco, o niente, credibili.<br />

E magari, il tailleurino del quale scrivere,<br />

lo potessero liberamente e obiettivamente<br />

selezionare: “nell'ambito dell’informazione<br />

di moda si parla sempre <strong>dei</strong> soliti noti, <strong>dei</strong> soliti,<br />

grandi, stilisti. Mentre alle sfilate delle giovani<br />

griffes non c’è mai nessuno”.<br />

Intervenendo al convegno La moda italiana:<br />

pubblicità, editoria e deontologia della<br />

professione giornalistica, svoltosi il 25 novembre<br />

scorso al Circolo della Stampa di<br />

Milano, la giornalista di MF Fashion Michela<br />

Zio ha messo senza troppi preamboli il dito<br />

nella piaga. “In questo settore la commistione<br />

fra pubblicità e informazione è la regola, e<br />

non solo nei periodici femminili, ma anche nei<br />

quotidiani. Per le aziende di moda, la comunicazione<br />

<strong>dei</strong> marchi passa solo attraverso la<br />

pubblicità, conditio sine qua non per ottenere<br />

spazio nei servizi giornalistici. Il che porta, al<br />

di là dell’aspetto deontologico, a un appiattimento<br />

pazzesco dell’informazione di moda.<br />

Come ha detto Natalia Aspesi: il giornalismo<br />

di moda è un supporto pubblicitario”.<br />

Ma con la credibilità se ne vanno<br />

anche i lettori<br />

Insomma, la consueta e ovvia considerazione:<br />

senza pubblicità i giornali chiudono, ma<br />

con troppi, o peggio ancora mascherati, messaggi<br />

promozionali, le stesse testate perdono<br />

credibilità. E, con la credibilità, i lettori.<br />

“Possibile - si è chiesta Michela Zio - non rendersi<br />

conto che, così facendo, si va verso la<br />

chiusura <strong>dei</strong> giornali di moda Quando invece<br />

questo è un ambito ricco di notizie, interessanti<br />

e divertenti, che, se trattate con sana<br />

obiettività, restituirebbero dignità a un settore<br />

forte. Mentre una sana collaborazione<br />

con la pubblicità andrebbe a tutto vantaggio<br />

<strong>dei</strong> giornali stessi”.<br />

Patrocinato dall’Associazione “Otre la moda”<br />

(nata a Milano nell’aprile 2006 e presieduta<br />

da Luigi Salvioli), il convegno è stato anche<br />

occasione per affrontare ancora una volta nel<br />

suo complesso il problema della commistione<br />

fra informazione e pubblicità (già discusso<br />

in un precedente incontro, sempre al Circolo<br />

della Stampa, il 10 novembre, come riferito<br />

su <strong>Ordine</strong> Tabloid n. 11-12 novembre-dicembre<br />

2006).<br />

Dopo aver ricordato come già da tempo e per<br />

legge (articolo 44 del Contratto nazionale di<br />

lavoro giornalistico e articolo 8 della Legge<br />

Mammì) i due ambiti debbano chiaramente e<br />

nettamente risultare separati, e quanto<br />

l’<strong>Ordine</strong> lombardo si faccia costantemente<br />

carico di intervenire in questa sempre più ardua<br />

battaglia in difesa di un’informazione corretta,<br />

il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

della Lombardia Franco Abruzzo ha sottolineato<br />

la serietà della situazione attuale.<br />

“Della pubblicità - ha detto - il 58% va alla televisione:<br />

il 38% alle reti Mediaset, il 18% a<br />

quelle Rai, il 2% alle altre. Quanto alla parte<br />

restante, il 20% finisce alla stampa quotidiana,<br />

il 14% a quella periodica, mentre il rimanente<br />

8% viene distribuito fra Internet, radio<br />

e affissioni. Ma le cose stanno cambiando: in<br />

Inghilterra Internet ha già superato, quanto a<br />

introiti pubblicitari, la tv. I nostri quotidiani sono<br />

in grave difficoltà. L’ultimo tentativo di invertire<br />

la rotta è stato la scelta del full color,<br />

ma la televisione, al contrario della carta<br />

stampata, è invasiva. E gli editori cosa fanno<br />

Regalano. Ma è una strada sbagliata. E<br />

intanto emerge che fra le grandi case pubblicitarie<br />

e la stampa esiste un accordo: io ti do<br />

tot di pubblicità, tu mi dai tot di redazionali.<br />

Un inganno, un vero e proprio tradimento della<br />

professione giornalistica”.<br />

Senza l’<strong>Ordine</strong>, diventiamo<br />

tutti impiegati<br />

Una partita quindi molto chiara nelle sue connotazioni,<br />

ma anche estremamente delicata<br />

e difficile. Che coinvolge, tra gli altri, il ruolo<br />

stesso del direttore. “In questi ultimi anni - ha<br />

detto ancora Abruzzo - nei Consigli di amministrazione<br />

<strong>dei</strong> giornali stanno entrando i direttori.<br />

E questo non va bene: l’editore e il direttore<br />

sono due figure dialetticamente opposte.<br />

Il direttore non è, come piace sostenere<br />

agli editori, un semplice dipendente: è l’arbitro<br />

del giornale, del quale garantisce l’autonomia<br />

e la qualità. Ma oggi le aziende editoriali<br />

si stanno trasformando in fabbriche di<br />

notizie, ai giornalisti viene chiesto di essere<br />

sempre più flessibili, ai capi di trasformarsi in<br />

manager, mentre la pubblicità e l’informazione<br />

confluiscono in un’unica, immensa marmellata,<br />

e i giornali femminili sono <strong>dei</strong> cataloghi”.<br />

Di qui gli attacchi mirati a disintegrare la<br />

figura del giornalista. E la stessa offensiva<br />

per l’abolizione dell’<strong>Ordine</strong>, o meglio della<br />

deontologia che esso incarna e difende: “senza,<br />

si diventa impiegati del Catasto”.<br />

Una battaglia comunque, per Abruzzo, “non<br />

persa, anche se, come <strong>Ordine</strong>, siamo soli. In<br />

ogni caso una battaglia da vincere qui, a<br />

Milano. Perché, se a Milano passa una linea<br />

regressiva, che cosa può succedere a<br />

Palermo o a Napoli”.<br />

“Senza autonomia non c’è informazione. Ma<br />

libertà assoluta equivale ad arbitrio assoluto.<br />

Ecco allora la grande assente in questa nostra<br />

società: l’etica. In politica, nello sport: gli<br />

esempi, anche recentissimi, sono sotto gli<br />

occhi di tutti. E non è scandaloso che personaggi<br />

compromessi siano ancora protagonisti<br />

della vita televisiva”. Così Remo Danovi,<br />

avvocato e docente di Deontologia forense<br />

all’Università degli Studi di Milano, ha allargato<br />

il tiro sulla questione morale nel suo insieme:<br />

“Pensiamo alla tv: ogni dieci minuti,<br />

urla e insulti; ogni venti, parolacce; ogni trenta,<br />

un omicidio. Si è affermato che la televisione<br />

non produce programmi da dare al<br />

pubblico, ma pubblico da dare agli inserzionisti.<br />

Eppure il bisogno di etica c’è, e si avverte.<br />

La stessa pubblicità ha un codice etico,<br />

che bacchetta quanti non rispettano i canoni.<br />

E il Giurì è in più di un’occasione intervenuto<br />

contro messaggi pubblicitari ritenuti non corretti.<br />

Fra tutti, il caso di un famoso amaro che<br />

ha suscitato la vivace protesta della categoria<br />

<strong>dei</strong> veterinari, cui il liquore veniva strettamente<br />

associato”.<br />

Le regole ci sono:<br />

bisogna solo rispettarle<br />

Regole, quindi. Ma regole da rispettare. “I<br />

giornalisti le hanno - ha proseguito Danovi -<br />

e sono regole che parlano di libertà, di autonomia,<br />

di indipendenza, di buona fede, di diritto<br />

del pubblico ad avere un’informazione<br />

corretta. Pensiamo anche a quelle relative al<br />

giornalismo economico e finanziario: il rifiuto<br />

di regali e prebende; il non farsi testimonial di<br />

alcunché, se non in presenza di un fine culturalmente<br />

accettabile; l’attenzione a non turbare<br />

il corretto andamento <strong>dei</strong> mercati”.<br />

Quindi il problema della pubblicità occulta:<br />

“Se un giornale non manifesta chiaramente<br />

la differenza fra informazione e pubblicità, si<br />

è in presenza di un tradimento della fiducia<br />

del lettore. Per non parlare <strong>dei</strong> viaggi offerti<br />

dalle grandi aziende ai giornalisti per presentare<br />

iniziative e prodotti, che tanto, e giustamente,<br />

hanno suscitato l’indignazione di<br />

Abruzzo. E la questione <strong>dei</strong> comunicati stampa<br />

È diffusa l’idea che rappresentino un’occasione<br />

per lavorare meno, per cui li si pubsegue<br />

31


MOSTRE, PREMI<br />

E CONVEGNI<br />

Modernità e progresso all’Esposizione internazionale del 1906<br />

E Milano<br />

divenne capitale<br />

dell’industria<br />

tipografica<br />

segue dalla pagina 31<br />

blica come notizie giornalistiche. Ma veniamo<br />

al settore moda. Quando su un giornale femminile<br />

c’è un servizio che parla di sfilate, l’intento<br />

promozionale è presente. Certo, non è facile<br />

separare in questi casi la zona del lecito da<br />

quella dell’illecito. Ma si può fare”.<br />

Renato Bocca, avvocato e docente di Diritto industriale<br />

all’Università degli Studi del Piemonte<br />

orientale, ha invece esaminato la questione<br />

della pubblicità occulta dal punto di vista<br />

dell’Antitrust, “che non è - ha subito chiarito -<br />

un’autorità giurisdizionale, ma amministrativa”.<br />

La pubblicità occulta è anche ingannevole E<br />

chi può rivolgersi all’autorità garante È ingannevole<br />

un messaggio non veritiero, ma inquadrare,<br />

anche se solo di sfuggita, in uno sceneggiato<br />

televisivo un pacchetto di sigarette o<br />

un’automobile con il marchio ben in vista, è altra<br />

cosa. Ecco allora la difesa, che sostiene di<br />

non poter controllare se, in un’inquadratura, finisca<br />

anche l’immagine di un prodotto, mentre<br />

l’Antitrust, non rigido in materia di prove in<br />

quanto appunto autorità amministrativa, una<br />

volta accertata la presenza di un messaggio<br />

nascosto, ne inibisce la prosecuzione, comminando<br />

sanzioni dai mille ai diecimila euro.<br />

Niente inchieste.<br />

Solo foto e marchette<br />

Quanto ai soggetti “attivi”, che possono cioè rivolgersi<br />

a questa autorità, ha chiarito Bocca, si<br />

tratta <strong>dei</strong> consumatori, <strong>dei</strong> concorrenti, del ministero<br />

per le Attività produttive, delle pubbliche<br />

amministrazioni interessate, “come per esempio<br />

l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti”. Mentre fra i soggetti<br />

“passivi”, che cioè possono essere colpiti dai<br />

provvedimenti dell’Antitrust, figurano “i committenti,<br />

gli autori, o in loro mancanza i proprietari<br />

<strong>dei</strong> mezzi, ovvero gli editori”.<br />

Unica voce fuori dal coro, al convegno, quella<br />

di Pietro Brunelli, docente e specialista in<br />

Sociologia <strong>dei</strong> consumi e Psicologia della moda,<br />

il quale, pur definendo “sacrosanta” la<br />

deontologia professionale e fuori discussione il<br />

suo essere legge, ha tuttavia spostato il tiro<br />

sull’esigenza, da parte di un giornalista, di<br />

“confrontarsi nella propria vita professionale<br />

con realtà particolari”.<br />

“Il ricorso - ha chiarito - a quello che viene definito<br />

publiredazionale creativo potrebbe rappresentare<br />

una soluzione diversa dalla comune<br />

marchetta. Ma presuppone anche una professionalità<br />

notevole, soprattutto se tratta di<br />

moda. E la moda ha un ruolo tutt’altro che banale<br />

nella nostra vita, rappresentando anzi una<br />

parte consistente della nostra identità. Un abito<br />

può anche incarnare, come nel caso per<br />

esempio degli adolescenti, l’anima rappresentativa<br />

di una persona. È un ambito che ci tocca<br />

tutti: per questo anche i regolamenti si dovrebbero<br />

un po’ differenziare. A mio parere, il<br />

giornalista dovrebbe avere grande capacità di<br />

compromesso creativo. Dovrebbe esserci tolleranza,<br />

soprattutto quando si parla di made in<br />

Italy”. “A parte il fatto - gli ha risposto il giornalista<br />

Edmondo Rho, segretario del Circolo della<br />

Stampa - che il publiredazionale creativo già<br />

esiste e non c’è quindi bisogno di inventarlo, le<br />

regole vanno applicate e basta. La moda non<br />

è così diversa da altri settori dell’economia.<br />

Anzi, considerarla come un qualcosa al di fuori<br />

è sbagliato in quanto concetto, e in più equivale<br />

a una sorta di ghettizzazione”.<br />

Già, ma intanto, come è stato fatto notare dai<br />

presenti in sala, fare giornalismo di moda equivale<br />

a “svolgere un lavoro da impiegati: niente<br />

inchieste, solo foto e marchette”. E ancora:<br />

“Inchieste sui cosmetici Nemmeno una.<br />

Questa è la morte del giornalismo”; “Diciamolo<br />

una volta per tutte: sono cataloghi, non giornali.<br />

Perché la pubblicità paga, ma la moda e i cosmetici<br />

pagano ancora di più”.<br />

La soluzione “Toccarli nel borsellino. Che<br />

l’Antitrust faccia pagare le multe. Solo così si<br />

può porre freno al problema”. Perché il Diavolo<br />

vestirà anche Prada. Ma non è bene che la<br />

pubblicità si vesta da giornalismo.<br />

di Patrizia Pedrazzini<br />

“Ricordo che parecchi anni fa, quando io ero<br />

appena entrato nel giornalismo, si incominciò a<br />

sussurrare in tipografia di una grande novità<br />

che doveva mettere sottosopra il mondo tipografico.<br />

Laggiù, nella lontana via Vincenzo<br />

Monti, una deserta via degli allora quartieri<br />

nuovi di Milano, cui si accedeva per mezzo<br />

d'un tram che correva senza cavalli (era il primo<br />

tram elettrico di Milano), laggiù dico, stava<br />

nientemeno che una macchina da comporre. È<br />

impossibile! dissero i più; ma qualcuno si azzardò<br />

in quella lontana via, e poté accertare<br />

che la macchina non era un mito, ma qualche<br />

cosa di vero e reale. Ed allora si formarono due<br />

correnti. Chi la riteneva un giuocattolo, un oggetto<br />

di lusso buono per chi voleva buttare via<br />

<strong>dei</strong> denari in réclame; chi invece la ritenne una<br />

macchina che avrebbe avuto il suo tempo, solo<br />

era ancora presto”.<br />

Era, con tutta probabilità, la misteriosa macchina<br />

così annunciata da A. Codara nel 1903<br />

sul Giornale della libreria, una Linotype, la<br />

compositrice meccanica messa a punto nel<br />

1884 a Baltimora dall'orologiaio tedesco<br />

Ottmar Mergenthaler, installata per la prima<br />

volta due anni dopo alla New York Tribune e la<br />

cui costruzione in serie venne avviata a partire<br />

dal 1890 (nel 1906, in Italia, ne erano entrate<br />

in funzione 90). Ma, Linotype o Monotype che<br />

essa fosse (la seconda, inventata dall’americano<br />

Tolbert Lanston nel 1887, arrivò in Italia nel<br />

1903), una cosa fu subito certa: le tipografie<br />

milanesi e lombarde di allora capirono subito,<br />

e al volo, che l’innovativo marchingegno avrebbe<br />

garantito produzioni superiori, a costi inferiori<br />

e in tempi molto più rapidi. Tanto che si affrettarono<br />

a farlo entrare trionfalmente nelle loro<br />

officine dove, sia pure con un certo ritardo<br />

rispetto a quanto già avvenuto negli Stati Uniti,<br />

in Inghilterra, in Francia e in Germania, rivoluzionò<br />

“usi e sistemi che dai tempi di Gutenberg<br />

erano sempre rimasti gli stessi o quasi”.<br />

In Lombardia i primi colossi<br />

poligrafici<br />

Milano primo Novecento. Milano e il mito della<br />

modernità, la celebrazione del progresso, il sogno<br />

del “mondo nuovo”. Sul fronte economico,<br />

sul piano più prettamente sociale, su quello,<br />

vastissimo, della cultura e dell’arte. Una sorta<br />

di “età dell’oro” che di lì a poco sarebbe tragicamente<br />

sprofondata nel fango delle trincee<br />

della Grande Guerra, ma che, in quella manciata<br />

di anni che vanno dal 1890 al 1915, diede<br />

corpo e vita a un progetto di libertà, a una<br />

promessa di progresso nel quale le arti e le<br />

scienze erano chiamate a promuovere il controllo<br />

delle forze naturali, ma anche la giustizia<br />

e, con essa, la felicità dell’uomo.<br />

Un grande, affascinante affresco riportato alla<br />

luce dal convegno Milano e l’Esposizione<br />

internazionale del 1906 - La rappresentazione<br />

della modernità, svoltosi il 18 e 19<br />

dicembre scorso al Museo di Storia contemporanea<br />

e alla Camera di Commercio del capoluogo<br />

lombardo. Perché quell’Expo rappresentò<br />

non solo il coronamento delle celebrazioni<br />

per l’avvenuta apertura del traforo del<br />

Sempione (il terzo, dopo quelli del Fréjus nel<br />

1871 e del San Gottardo nel 1882), ma anche<br />

la colossale esaltazione, su un’area espositiva<br />

di un milione di metri quadri al Parco<br />

Sempione, cui confluirono quasi otto milioni di<br />

visitatori, di tutto quanto di bello e di moderno<br />

si stava affacciando all’alba del nuovo secolo.<br />

E nella quale tanta parte ebbe il mondo della<br />

comunicazione.<br />

L’industria tipografico-editoriale, infatti, era già<br />

in fase di decollo. Come ha spiegato nel suo intervento<br />

Ada Gigli Marchetti, docente di Storia<br />

del giornalismo all’Università degli Studi di<br />

Milano, “alla fine del XIX secolo, nella provincia<br />

di Milano, erano attivi ben 196 opifici, con 3.789<br />

operai. La maggior parte era concentrata nel<br />

capoluogo lombardo: 171 opifici, per un totale<br />

di 3.578 addetti. Numerose erano le piccole e<br />

piccolissime industrie dalla vita stiracchiata e<br />

incerta, sempre sull’orlo del fallimento. Ma accanto<br />

a esse si ergevano, consolidandosi sempre<br />

più, i colossi tipografici”. I primi stabilimenti<br />

cosiddetti poligrafici, che conglobavano l’intero<br />

ciclo industriale, dalla fabbricazione <strong>dei</strong> caratteri<br />

alla fotomeccanica: la tipografia Reggiani<br />

Enrico e Rebeschini e C., l’editore Sonzogno<br />

(libri, giornali e spartiti musicali), i Fratelli Treves<br />

(libri e giornali illustrati), G. Ricordi (edizioni<br />

musicali), i Vallardi (carte geografiche e opere<br />

scientifiche). Nomi già di per sé sufficienti a fare<br />

di Milano il centro vitale della tipografia non<br />

solo della provincia, ma anche della regione se<br />

non dell’intera nazione. Ma ai quali vanno aggiunte<br />

le tante piccole e medie imprese dedite<br />

esclusivamente alla litografia il cui lavoro, anche<br />

con l’introduzione di nuove tecniche (oleografia,<br />

cromolitografia, fototipia, fotoincisione)<br />

consentiva di immettere sul mercato una variegata<br />

gamma di prodotti: dai manifesti pubblicitari<br />

alle cartoline postali illustrate, dalle immagini<br />

sacre alle scatole di fiammiferi, ai ventagli,<br />

agli almanacchi. In aperta concorrenza<br />

con le aziende straniere, soprattutto tedesche,<br />

e con un’intensa esportazione verso la Francia,<br />

la Spagna, l’Argentina.<br />

Linotype e Monotype:<br />

la rivoluzione<br />

Così, secondo l’Annuario italiano delle arti grafiche,<br />

nel 1902 in provincia di Milano gli opifici<br />

tipolitografici erano già saliti a 296, <strong>dei</strong> quali<br />

208 nel solo capoluogo. Oltre a tre industrie per<br />

la costruzione di macchine tipografiche, una<br />

per la fabbricazione di oli per macchine, tredici<br />

per la fusione <strong>dei</strong> caratteri, dodici per la fotoincisione<br />

e la stereotipia.<br />

Chiaro che, a questo punto, l’introduzione di<br />

nuove macchine compositrici, nei due tipi della<br />

Linotype e della Monotype, non fu indolore,<br />

comportando inevitabilmente il sacrificio della<br />

secolare composizione a mano. Una “rivoluzione”<br />

la cui portata, come ha sottolineato Ada<br />

Gigli Marchetti, “fu pari certamente a quella<br />

provocata dall’invenzione e dall’introduzione<br />

nella tipografia della macchina da stampa e<br />

della rotativa”.<br />

Un successo, quello della macchina compositrice,<br />

strettamente legato all’esplosione della<br />

stampa periodica, soprattutto quotidiana. Così<br />

scriveva l’industriale milanese Raffaello Bertieri<br />

sul giornale da lui stesso diretto, Il Risorgimento<br />

grafico: “Benché il giornalismo rappresenti<br />

una forza quasi onnipotente, uno strumento<br />

di progresso e di lotta per tutto ciò che<br />

di grande e di importante vi è nella vita non solo<br />

degli individui, ma delle nazioni stesse, pure<br />

non è esistito finora e non potrà esistere in avvenire<br />

che per effetto dello sviluppo tipografico.<br />

Ed infatti togliete i moderni progressi della macchina<br />

tecnica, togliete gli ultimi perfezionamenti<br />

delle arti grafiche, ed il giornale non potrà più<br />

essere qual è attualmente”.<br />

Un successo ampiamente documentato dai<br />

numeri. “A Milano - ha ricordato ancora la professoressa<br />

Gigli Marchetti - nel 1905 venivano<br />

pubblicati 323 periodici (contro i 213 di fine<br />

Ottocento), <strong>dei</strong> quali 13 quotidiani. Tra questi Il<br />

Secolo che, pur ormai avviato al declino, continuava<br />

a essere uno <strong>dei</strong> quotidiani più diffusi<br />

d’Italia (dalle 150.000 copie giornaliere dell’inizio<br />

del secolo era sceso a 70.000 del 1909) e<br />

il Corriere della Sera che, passato dalle 75.000<br />

copie al giorno del 1900 alle 150.000 del 1906,<br />

si avviava a diventare non solo il giornale più<br />

venduto nel Paese, ma anche l’unico capace di<br />

competere con i più illustri colleghi europei, dal<br />

Times di Londra al Matin di Parigi, non solo dal<br />

punto di vista politico e intellettuale, ma anche<br />

nella tecnica. In tal modo i due quotidiani veni-<br />

32 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Presentata una raccolta “inedita”al Consolato svizzero di Milano<br />

Eugenio Balzan,<br />

grande come amministratore<br />

del “Corriere della Sera”,<br />

ma anche come cultore d’arte<br />

In alto il<br />

simbolo dell’Esposizione<br />

internazionale<br />

del 1906.<br />

A lato la<br />

rivoluzionaria<br />

Linotype<br />

del principio<br />

del ‘900.<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

vano a distanziare, e di molte lunghezze, tutti<br />

gli altri. Si pensi che, nel 1905, Il Commercio<br />

arrivava a 35.000 tirature giornaliere, Il Tempo<br />

a 30.000, La Lombardia a 25.000, La Sera a<br />

19.000. Per non parlare de L’Osservatore cattolico<br />

e La Perseveranza, che raggiungevano a<br />

malapena le 8.000 copie giornaliere”.<br />

Un rinnovamento tecnologico che chiaramente<br />

non si limitò all’utilizzo delle macchine compositrici,<br />

ma che stimolò anche i rami collaterali<br />

dell’industria grafica - a partire da quello<br />

della fusione <strong>dei</strong> caratteri - portando alla nascita<br />

di un nuovo settore che, pur continuando<br />

sostanzialmente a escludere la costruzione<br />

delle rotative (unica eccezione in questo<br />

senso, la ditta Norberto Arbizzoni di Monza),<br />

incominciò ad affermarsi sul mercato nazionale<br />

e, in alcuni casi, a competere con la concorrenza<br />

straniera.<br />

Quel mostro d’acciaio che imprime,<br />

trascina, piega e cuce<br />

Di tutto questo l’Esposizione internazionale del<br />

1906 divenne testimonianza e celebrazione.<br />

Furono 21 le ditte milanesi attive nel campo<br />

delle arti grafiche che vi presentarono i loro<br />

prodotti, accanto a quelle tedesche, francesi e<br />

inglesi. Spiccava, nei padiglioni allestiti al Parco<br />

Sempione, la Società editrice Corriere della<br />

Sera, “con un macchinario modernissimo per<br />

la stampa del giornale, capace di sfornare<br />

24.000-25.000 copie all’ora” (fu proprio in quell’anno<br />

che al Corriere fece il suo ingresso la gigantesca<br />

rotativa americana Hoe, chiamata a<br />

soppiantare le vecchie Marinoni di Eugenio<br />

Torelli Viollier, fondatore e primo direttore del<br />

quotidiano nel 1876, le quali arrivavano a 4.000<br />

copie l’ora). Ma c’erano anche, ha ricordato<br />

Ada Gigli Marchetti, “la Società editrice<br />

Sonzogno, che stampava con macchinario potente<br />

e moderno il quotidiano Il Secolo; la<br />

Urania, che aveva una bella e completa mostra<br />

di macchine tipografiche e litografiche con relativi<br />

accessori in azione e che esponeva anche<br />

una piccola fonderia di caratteri e numerosi<br />

punzoni e matrici originali; la ditta Eredi di F.<br />

Gerosa che esponeva un apparecchio per la riproduzione<br />

di manoscritti e disegni mediante<br />

pergamena vegetale e inchiostro appositamente<br />

preparato”.<br />

Grande dovette essere il successo del settore,<br />

se è vero che particolarmente numeroso fu il<br />

pubblico “profano” che, con senso di ammirato<br />

stupore, lo visitò, stando a quanto riferito dai<br />

giornali del tempo. Significativo in questo senso<br />

il commento apparso sulla rivista Milano e<br />

l’Esposizione internazionale del Sempione,<br />

pubblicata da Treves: “Le macchine in moto -<br />

che svelano la parte più significante dell’opera<br />

loro, che ostentano quasi la meravigliosa trasformazione<br />

delle cose più semplici e più disparate<br />

- sorprendono il visitatore, lo trattengono<br />

e lo divertono. Il moto multiforme, rapidissimo<br />

e pigro, continuo e intermittente, tenue e rude,<br />

sommesso e fragoroso; tutte le vibrazioni<br />

strane di quelle anime d’acciaio assumono nell’insieme<br />

un aspetto lusingatore e una voce carezzevole,<br />

che incantano. Ogni macchina, ogni<br />

apparecchio, ogni prodotto ha il suo pubblico;<br />

un pubblico diverso, che gli si raggruppa intorno,<br />

proporzionato di numero, d’aspetto e d’intelligenza<br />

all’oscurità del segreto e all’importanza<br />

dell’uso. Così la maggiore fortuna tocca<br />

al riparto delle grosse macchine grafiche.<br />

Davanti a loro v’è sempre una folla, che ammira<br />

l’intelligenza sicura <strong>dei</strong> maggiori colossi, che<br />

sente tutta la lotta fra la fibra fragile del foglio<br />

che si svolge e il metallo inflessibile che imprime,<br />

trascina, piega e cuce”.<br />

“Nel solenne principio d’un’epoca nuova” (così<br />

Ugo Ojetti sul Corriere definì quell’Expo), tutto<br />

sembrava possibile. “Di questo - ha sottolineato<br />

la professoressa Gigli Marchetti - si mostravano<br />

convinti gli industriali e i lavoratori della<br />

carta stampata, che in quell’occasione si unirono<br />

a congresso. Di questo si mostrarono convinti<br />

anche gli osservatori stranieri, che nella<br />

produzione delle arti grafiche italiane videro<br />

l’immagine di una giovane nazione, piena di ardore<br />

e di generosità”.<br />

di Vito Soavi<br />

Della poliedrica figura di Eugenio Balzan, il<br />

grande personaggio che ha contribuito, con<br />

Luigi Albertini, a portare il Corriere della Sera<br />

nel primo ventennio del secolo scorso al primo<br />

posto in Italia, per prestigio e diffusione,<br />

viene rivelato in questi giorni un inaspettato<br />

risvolto della sua personalità.<br />

Perché Balzan non è stato solo un brillante<br />

giornalista ed un illuminato amministratore<br />

ma anche un attento ed appassionato cultore<br />

d'arte; ciò gli ha permesso di collezionare<br />

con competenza e pazienza una straordinaria<br />

raccolta di dipinti di grandi artisti di scuola<br />

italiana che operarono dalla fine dell’Ottocento<br />

ai primi del Novecento.<br />

“Questa raccolta ha avuto inizio nel 1910, come<br />

ricorda Chiara Vanzetto in un articolo apparso<br />

recentemente sul Corriere. Cercava<br />

opere di affermati pittori contemporanei, consigliato<br />

da amici critici e mercanti d'arte.<br />

Prediligeva autori tradizionali tra naturalismo,<br />

paesaggio e pittura di genere, temi che rispecchiavano<br />

l'ambiente sociale, culturale e<br />

borghese che ruotava intorno al giornale di<br />

via Solferino”.<br />

Le opere più significative di questa collezione<br />

sono state presentate, al pubblico, per le prima<br />

volta in Italia, nella sede del Centro<br />

Culturale Svizzero di Milano dal 25 gennaio al<br />

28 febbraio <strong>2007</strong>.<br />

L'iniziativa è stata promossa dalla Banca<br />

Corner che con l'occasione ha realizzato, con<br />

la collaborazione della Fondazione Balzan,<br />

uno splendido volume curato con sensibile<br />

preparazione artistica da Giovanna Ginex,<br />

con testi di Renata Broggini, la ricercatrice<br />

storica, giornalista ticinese, che del Nostro è<br />

autrice del volume Eugenio Balzan: una vita<br />

per il Corriere, un progetto per l'umanità edito<br />

da Rizzoli.<br />

Nel ventennio fascista la raccolta<br />

nell’ambasciata d’Italia a Berna<br />

Il pubblico che ha affollato la mostra è stato<br />

premiato dalla scoperta del grande valore artistico<br />

delle 34 opere esposte, dalla Darsena<br />

di porta Ticinese di Mosè Bianchi al Bagno<br />

Pompeiano di Domenico Morelli, dal Uomo<br />

nel bosco di Giovanni Fattori, fino ad un piccolo<br />

capolavoro, e non poteva mancare nella<br />

collezione, un delicato Ritratto Muliebre di<br />

Achille Beltrame, il famoso illustratore della<br />

Domenica del Corriere.<br />

La raccolta, a causa <strong>dei</strong> tempi procellosi del<br />

ventennio fascista, seguì inizialmente il suo<br />

mecenate nei suoi spostamenti da Milano a<br />

Zurigo, a Lugano, ed ancora a Berna, accolta<br />

nei locali dell'Ambasciata d'Italia.<br />

Alla fine della guerra la collezione rientrata<br />

nel nostro Paese, venne immagazzinata a<br />

Venezia, grazie all'intervento del prof.<br />

Giuseppe de Logu, grande amico di Balzan<br />

suo consulente artistico già dai tempi del comune<br />

esilio a Zurigo, e reintegrato nell'incarico<br />

di direttore dell'Accademia di Belle Arti<br />

della città lagunare.<br />

Oggi conservati e protetti<br />

nella Fondazione intitolata al padre<br />

In alto, una<br />

delle rare<br />

immagini<br />

di Eugenio<br />

Balzan.<br />

Qui sotto,<br />

uno <strong>dei</strong><br />

quadri<br />

della sua<br />

collezione<br />

esposto a<br />

Milano:<br />

Mosè<br />

Bianchi,<br />

La darsena<br />

di Porta<br />

Ticinese,<br />

1889.<br />

Lina Balzan, la figlia erede, costituendo la<br />

Fondazione intitolata al padre (Premio Balzan<br />

per promovere la cultura, le scienze, e le più<br />

meritevoli iniziative di pace e di fratellanza tra<br />

i popoli), destinò i preziosi dipinti per arricchire<br />

l'arredamento della sede milanese di questa<br />

Istituzione, dove ancor oggi vengono conservati<br />

e protetti.<br />

Mi sono dilungato nel racconto delle peripezie<br />

cui la collezione è stata esposta, per lanciare<br />

un'idea, a titolo strettamente personale,<br />

ma consapevole che Eugenio Balzan, che ho<br />

avuto la fortuna di conoscere e di frequentare,<br />

sono certo avrebbe approvato.<br />

Bisogna trovare finalmente a Milano una sede<br />

definitiva per questi dipinti, per consentire<br />

agli appassionati di belle arti, di poterli liberamente<br />

ammirare, perché rappresentano un<br />

patrimonio culturale per questa città.<br />

Ad esempio, nel restaurato edificio del “suo”<br />

Corriere, magari con accesso diretto dalla via<br />

che gli è stata recentemente intitolata.<br />

Sarebbe fantastico!<br />

La mia provocazione tende ad evitare che<br />

con il trascorrere degli anni il ricordo della figura<br />

di questo geniale giornalista appassisca,<br />

come purtroppo sta capitando.<br />

Sarebbe doveroso, invece, che avvenisse<br />

proprio il contrario.<br />

33


SUL MODELLO DI QUELLA TOSCANA<br />

Nasce a Milano la carta deontologica<br />

sull’informazione bio-medica<br />

Durante il convegno<br />

“Scienza e Media”<br />

il presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della<br />

Lombardia e il Gruppo<br />

2003 annunciano<br />

una carta deontologica<br />

sull’informazione<br />

bio-medica<br />

Bozza in fase di esame<br />

La Carta deontologica<br />

sull’informazione bio-medica<br />

Premessa<br />

1. Il progresso tecnico-scientifico in ambito biomedico, che si è<br />

intensificato a partire dalla metà del secolo scorso, ha ampliato<br />

lo spettro delle opportunità legate al mondo della salute, nella<br />

sua accezione più vasta.<br />

La medicina è diventata sempre più avanzata e sofisticata e la<br />

figura del medico pratico è andata progressivamente separandosi<br />

da quella del ricercatore. Sono aumentate le promesse di<br />

efficacia terapeutica, ma è cresciuto anche il tasso di incertezza<br />

che inevitabilmente accompagna tutto ciò che è connesso<br />

con la salute dell’individuo. Il rapporto fra i soggetti attivi nella<br />

relazione clinica è diventato più complesso.<br />

Se un tempo l’accesso all’informazione bio-medica era, per<br />

più motivi, estremamente limitato e legato al rapporto biunivoco<br />

medico-paziente, oggi, invece, intervengono altri interlocutori<br />

e l’informazione raggiunge ampi strati dell’opinione pubblica,<br />

prevalentemente attraverso i mass-media e le nuove<br />

tecnologie multimediali che restano al di fuori di contesti normativi<br />

precisi.<br />

2. La questione di offrire una informazione corretta e trasparente<br />

nel settore bio-medico si pone in termini più pregnanti, rispetto<br />

ad altri settori dell’informazione, in quanto coinvolge, in<br />

modo particolare, il mondo <strong>dei</strong> valori.<br />

L’esigenza di linee-guida, che siano di riferimento per una<br />

“buona pratica” nella comunicazione bio-medica, viene sollecitata<br />

da più parti, in nome del diritto del cittadino a una informazione<br />

comprensibile, ampia e corretta e non è possibile eludere,<br />

da parte <strong>dei</strong> professionisti, quelle competenze che possono<br />

essere acquisite solo attraverso una alta formazione mirata.<br />

Queste esigenze si ripercuotono in numerosi aspetti dell’informazione<br />

mediatica, coinvolgendo i rapporti tra strutture, professionisti,<br />

personale sanitario, cittadini, soggetti impegnati<br />

nella ricerca e gestori del mercato, spesso guidati dalla logica<br />

<strong>dei</strong> finanziamenti.<br />

Come sottolinea la Carta internazionale della professionalità<br />

medica, “il giudizio professionale riguardante un interesse primario<br />

come la salute <strong>dei</strong> cittadini può essere influenzato indebitamente<br />

da un interesse secondario” e per questo esiste un<br />

“obbligo per i medici di riconoscere, rendere pubblici e affrontare<br />

i conflitti di interesse che si presentano nello svolgimento<br />

<strong>dei</strong> loro compiti e attività professionali”. Parole che possono essere<br />

fatte proprie da tutte le professionalità coinvolte all’informazione.<br />

3. La figura di un professionista, che sia garante <strong>dei</strong> principi di<br />

qualità nella comunicazione, è perciò esigenza irrinunciabile e<br />

risponde a quei criteri di etica della informazione che sono alla<br />

base del rapporto tra media e utente.<br />

Solo in questo modo potrà essere garantita quella capacità di<br />

Milano, 8 febbraio <strong>2007</strong>. Il presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

promuove una carta deontologica sull’informazione<br />

bio-medica (sul modello di quella toscana).<br />

Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong>,<br />

ha infatti dichiarato che il Consiglio<br />

dell’ente sta lavorando all’elaborazione della<br />

carta deontologica, proposta dal Gruppo<br />

2003, associazione che riunisce gli scienziati<br />

italiani che lavorano in Italia e che figurano<br />

negli elenchi <strong>dei</strong> ricercatori più citati al mondo<br />

nella letteratura scientifica secondo gli<br />

elenchi compilati per le diverse discipline<br />

dall'Institute for Scientific Information (ISI) di<br />

Philadelphia.<br />

È quanto è emerso oggi al convegno<br />

“Scienza e Media”, un tormentato rapporto: il<br />

caso della salute’, tenutosi al centro congres-<br />

Il garante della privacy:<br />

notizie su adozioni solo<br />

con l’assenso <strong>dei</strong> genitori<br />

si MIC di Fieramilanocity. Il convegno, organizzato<br />

dalla Fondazione Carlo Erba e dal<br />

Gruppo 2003, con il patrocinio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />

giornalisti della Lombardia, è uno degli appuntamenti<br />

di Aspettando MilanoCheckUp,<br />

un ciclo di incontri con protagonisti del mondo<br />

della sanità e della medicina in vista di<br />

MilanoCheckUp, la nuova mostra della medicina<br />

che si terrà nel quartiere Fieramilano di<br />

Rho dal 6 al 9 giugno.<br />

“La questione di offrire un’informazione corretta<br />

e trasparente nel settore bio-medico –<br />

dichiara il prof. Pier Mannuccio Mannucci,<br />

presidente del Gruppo 2003 – è di grande attualità<br />

e di primaria importanza. Ogni comunicazione<br />

medica che i media diffondono suscita<br />

grande interesse da parte <strong>dei</strong> lettori e va<br />

a toccare la loro emotività e ad influenzare le<br />

scelta autonoma e consapevole che il cittadino può esercitare<br />

esclusivamente nel momento in cui sia in possesso di una<br />

informazione adeguata. In questa prospettiva, ridurre l’asimmetria<br />

informativa diventa garanzia essenziale di democrazia.<br />

L’importanza di un codice deontologico i cui valori siano condivisi<br />

da parte degli operatori del settore bio-medico e dagli operatori<br />

dell’informazione e della comunicazione è stata più volte<br />

ribadita.<br />

Nella convinzione che si dovrebbe avviare su tutto il territorio<br />

nazionale un’opera di approfondimento di questo aspetto cruciale<br />

di una società complessa, cioè del rapporto di fiducia fra<br />

ricercatori, medici, informatori e cittadini, che devono essere<br />

messi in grado di fare scelte autonome e consapevoli su tutto<br />

quanto riguarda la salute, proponiamo la seguente<br />

Carta Etica per l’informazione bio-medica<br />

Dal momento che l’informazione deve rispondere ai più alti<br />

standard di qualità propri del processo della ricerca e dell’applicazione<br />

<strong>dei</strong> risultati scientifici e tecnologici, medici e giornalisti<br />

si impegnano - nel rispetto <strong>dei</strong> distinti ruoli e nell’esercizio<br />

<strong>dei</strong> loro rispettivi diritti e doveri - a garantire ai cittadini un’informazione<br />

corretta, obiettiva, trasparente e verificata.<br />

Essi riconoscono l’importanza che il cittadino – sia esso malato<br />

o sano – acquisisca una capacità autentica di partecipare<br />

con le sue scelte alla promozione e alla tutela della sua salute<br />

e di quella della collettività. A tali fini il Gruppo 2003 e l’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia si impegnano a favorire, attuare<br />

e sostenere presso tutte le autorità competenti, in particolare<br />

nell’insegnamento universitario, le opportune e adeguate iniziative<br />

formative nei confronti <strong>dei</strong> propri iscritti e affermano i seguenti<br />

principi che tradurranno in regolamenti nei rispettivi codici<br />

deontologici.<br />

1. Comunicazione. I professionisti del settore bio-medico-sanitario,<br />

medici e ricercatori, hanno un obbligo di comunicazione<br />

che non attiene solo alla relazione clinica, che si articola nel<br />

complesso <strong>dei</strong> rapporti interpersonali professionali. Esiste un<br />

obbligo più generale di informare i cittadini su tutto ciò che riguarda<br />

la tutela della salute e gli strumenti per realizzarla. La<br />

relazione clinica è regolata dal codice deontologico della professione<br />

e dalle leggi vigenti dirette anche a garantire la riservatezza<br />

<strong>dei</strong> dati personali. I rapporti fra giornalisti e gli altri soggetti<br />

dell’informazione biomedica e sanitaria sono regolati dal<br />

codice deontologico <strong>dei</strong> giornalisti oltre che dalle leggi vigenti.<br />

2. Responsabilità. Esiste una responsabilità comune <strong>dei</strong> medici,<br />

ricercatori e degli operatori dell’informazione che riguarda<br />

la diffusione di una corretta informazione. Da una parte in funzione<br />

di contribuire alle politiche o ai programmi di prevenzione,<br />

dall’altra, più in generale, nel diffondere una conoscenza<br />

precisa, oggettiva e attenta a indicare limiti e conseguenze di<br />

determinate scoperte o procedure scientifiche così da non<br />

estendere in modo illusorio gli scopi e le possibilità della medicina,<br />

superandone i limiti.<br />

3. Interesse generale. In ambito medico e scientifico-sanitario<br />

è prioritaria la valutazione dell’interesse generale nel consentire<br />

la divulgazione di qualsiasi notizia e informazione.<br />

aspettative di vita e di guarigione. È importante<br />

mettere a punto la carta etica soprattutto<br />

in questo momento storico, in cui la sanità<br />

è più che mai ‘sotto esame’ e una comunicazione<br />

errata, sensazionalistica e superficiale,<br />

potrebbere offuscare tutto quello che di buono<br />

i centri di ricerca e di cura hanno fatto finora<br />

e stanno continuando a fare”.<br />

Ufficio Stampa MilanoCheckUp<br />

Sergio Pravettoni, tel. 02.4997.7582, sergio.pravettoni@fieramilano.it<br />

Laura Manfredi, tel. 02.4997.7582,<br />

laura.manfredi@fieramilano.it<br />

Ufficio Stampa Fiera Milano Tech<br />

Davide Grassi, tel. 02.3264393, davide.grassi@fieramilanotech.it<br />

4. Servizio. Il medico, il ricercatore e il giornalista collaborano<br />

affinché l’informazione medico-sanitaria permetta la distinzione<br />

fra notizia di cronaca e quella utile per l’educazione alla salute,<br />

nell’interesse del singolo e della collettività.<br />

5. Trasparenza. Le parti si impegnano a garantire il rigore<br />

scientifico delle informazioni, a prescindere da qualsiasi intreccio<br />

di interessi personali o societari per quanto legittimi essi siano.<br />

In caso di presenza di questi interessi, essi devono essere<br />

dichiarati in base al principio della trasparenza. L’aspetto commerciale<br />

che riguarda farmaci o attrezzature tecnologiche, così<br />

come la promozione di marchi individuali o societari devono<br />

essere tenuti nettamente separati (o dichiarati come tali) nella<br />

diffusione delle informazioni attraverso un canale mediatico.<br />

6. Qualità. Medici, ricercatori e giornalisti condividono il fine di<br />

garantire la qualità dell’informazione impegnandosi a non trasmettere<br />

o a non diffondere notizie premature o non verificate.<br />

Gli Ordini sono disponibili a collaborare alla pratica attuazione<br />

di tale impegno.<br />

7. Precauzione. In ogni caso medici, ricercatori e giornalisti<br />

si atterranno al principio della precauzione secondo il quale<br />

non verranno indicati in modo apodittico vantaggi e svantaggi<br />

di una scoperta o di una terapia fino a che questa non avrà<br />

superato una sperimentazione inoppugnabile per tempi e risultati.<br />

Con particolare riferimento ai temi di politica sanitaria, il principio<br />

di precauzione, inteso come non recepimento supino di dati<br />

statistici eventualmente forniti o di informazioni-denuncia, dovrà<br />

valere (nei termini di una verifica-riscontro di tipo giornalistico)<br />

anche nei confronti delle fonti istituzionali politico-partitiche<br />

e di quelle legate alle associazioni di cittadini e alle organizzazioni<br />

di pazienti.<br />

8. Completezza. I professionisti si impegnano a fornire l’informazione<br />

più completa possibile. Le informazioni non verranno<br />

abbandonate dopo le prime uscite pubbliche, ma seguite in<br />

modo da confermare o rettificare l’esattezza di quanto comunicato<br />

in modo da non suscitare né eccessive attese, né allarme.<br />

9. Competenza. Medici e giornalisti si impegnano a seguire il<br />

principio della competenza. L’informazione verrà resa pubblica<br />

quando chi l’ha elaborata è riconosciuta persona competente<br />

e chi la diffonde ha ragionevolmente acquisito strumenti per misurarne<br />

la validità e la portata.<br />

In tal senso è auspicabile che all'interno delle singole redazioni<br />

si incentivino sinergie tra i settori di cronaca e quelli più specialistici<br />

al fine di evitare la diffusione di informazioni distorte,<br />

quando non allarmanti o addirittura inverosimili.<br />

10. Linguaggio. Medici, ricercatori e giornalisti dovranno verificare<br />

l’esattezza scientifica <strong>dei</strong> termini, evitando di usarli al di<br />

fuori di qualunque contesto che possa mutarne il senso o fare<br />

loro acquisire una connotazione emotiva per obiettivi di spettacolarizzazione<br />

dell’informazione.<br />

<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />

Gruppo 2003<br />

Quotidiano Libération:<br />

Carlo Caracciolo<br />

azionista con Carlo Perrone<br />

Roma, 18 dicembre 2006. spiega una nota - ha ribadito do scrivono di minori, la regola<br />

Parigi, 15 febbraio <strong>2007</strong>. lioni di euro nel gruppo di La percentuale restante del<br />

Non si può pubblicare, senza<br />

che le informazioni sullo sta-<br />

dell’essenzialità del-<br />

Carlo Caracciolo, co-fonda-<br />

Liberation", dice il comuni-<br />

giornale è detenuta dai<br />

il consenso <strong>dei</strong> genitori, la to di adozione sono oggetto l’informazione. Il codice tore di Repubblica, ha concato.<br />

Carlo Perrone, azioni-<br />

membri della Mediascap<br />

notizia che un minore è stato<br />

di una speciale protezione. deontologico afferma infatti fermato la sua entrata nel sta di controllo del gruppo (società del gruppo La<br />

adottato: lo vietano la nor-<br />

Per tutelare la personalità che il diritto <strong>dei</strong> minori alla ri-<br />

capitale del quotidiano del-<br />

editoriale Mercurio, "si è Libre Belgique - La dernie-<br />

mativa sulla privacy, il codice dell’adottato e la sua famiglia,<br />

servatezza deve essere la gauche, Liberation, di cui contemporaneamente imre<br />

Heure), Suez e Pathé, e<br />

deontologico <strong>dei</strong> giornalisti e<br />

infatti, la legge stabilisce sempre considerato come deterrà il 34% insieme ad pegnato ad investire da molte personalità, tra le<br />

la legge sulle adozioni. che siano i genitori adottivi a primario rispetto al diritto di un altro investitore italiano, 500.000 euro", precisa lo quali André Rousselet e<br />

Questo il richiamo ai mezzi decidere i modi e i tempi per cronaca. Inoltre il Codice della<br />

Carlo Perrone.<br />

studio legale.<br />

Bernard-Henri Levy, riunite<br />

di informazione con cui il informare il minore della sua<br />

privacy prevede che in ca-<br />

La notizia è pubblicata I due investitori deterranno nella "società degli amici di<br />

Garante per la privacy ha condizione e individua limiti so di pubblicazione di sentenze<br />

dall'AFP che ha fatto riferi-<br />

così il 34% del capitale del Liberation".<br />

concluso l’esame della segnalazione<br />

rigorosi, anche penali, ri-<br />

o altri provvedimenti mento ad un comunicato giornale, di cui Edouard de Carlo Perrone non figurava<br />

di una persona guardo alla diffusione di que-<br />

su riviste giuridiche siano dello studio legale Grarunt Rothschild rimane il primo tra gli azionisti inizialmente<br />

che lamentava la pubblicazione<br />

sta informazione. L’Autorità omesse le generalità o altre Avocats. "Carlo Caracciolo azionista, con un quota di presentati da Edouard de<br />

della notizia relativa al-<br />

ha anche ribadito la neces-<br />

informazioni che rendano si è impegnato 'a certe con-<br />

5,8 milioni di euro, corri-<br />

Rothschild all' inizio di gensta<br />

l’adozione, da parte sua, di sità che i giornalisti rispettino identificabili i minori.<br />

dizioni' ad assumere una spondenti al "35,9 del capitale",<br />

naio.<br />

indica il comunicato.<br />

(ANSA).<br />

un bambino. Il Garante - con particolare rigore, quan-<br />

(ANSA) partecipazione fino a 5 mi-<br />

34 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Il tariffario per il <strong>2007</strong><br />

approvato dal Consiglio nazionale<br />

Il Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti nella seduta del 20 e 21 dicembre 2006<br />

visti gli artt. 2, 11 e 35 della legge 3.2.1963 n.69;<br />

visto l'art.20 ter lettera a) del D.P.R. 3.5.1972 n. 212;<br />

visti gli artt. 2230, 2231 e 2233 del codice civile<br />

DELIBERA: È approvata la seguente tabella <strong>dei</strong> compensi minimi, al netto delle contribuzioni previdenziali, per le prestazioni professionali<br />

autonome <strong>dei</strong> giornalisti (locatio operis) non regolate dal contratto collettivo di lavoro perché non comportanti subordinazione anche se costituenti<br />

cessioni di diritto d'autore.<br />

Titolo I<br />

Notizie, articoli e servizi<br />

A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre<br />

250.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione nazionale -<br />

Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale<br />

e network<br />

1) Notizia euro 33,00<br />

2) Articolo euro 171,00<br />

3) Servizio euro 342,00<br />

B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a<br />

250.000 copie<br />

1) Notizia euro 30,00<br />

2) Articolo euro 159,00<br />

3) Servizio euro 318,00<br />

C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />

oltre 40.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione regionale o<br />

locale - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale,<br />

con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari<br />

1) Notizia euro 29,00<br />

2) Articolo euro 148,00<br />

3) Servizio euro 214,00<br />

D) Quotidiani a diffusione regionale o locale, con tiratura fino a<br />

40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />

da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione<br />

regionale o locale con potenziale bacino di utenza da<br />

100.000 fino a 400.000 destinatari<br />

1) Notizia euro 28,00<br />

2) Articolo euro 93,00<br />

3) Servizio euro 122,00<br />

E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000<br />

copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con<br />

potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari<br />

1) Notizia euro 25,00<br />

2) Articolo euro 60,00<br />

3) Servizio euro 93,00<br />

F) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani,<br />

periodici e agenzie a diffusione nazionale o con visite mensili superiori<br />

a 150.000<br />

1) Notizia euro 28,00<br />

2) Articolo euro 93,00<br />

G) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati con visite<br />

mensili inferiori a 150.000<br />

1) Notizia euro 25,00<br />

2) Articolo euro 60,00<br />

Titolo II<br />

Collaborazioni professionali<br />

coordinate e continuative<br />

Quotidiani e periodici, anche telematici, agenzie di stampa, emittenti<br />

radiotelevisive e network (su base annuale da corrispondere per<br />

frazioni mensili)<br />

1) Per almeno 2 collaborazioni al mese euro 2.178,00<br />

2) Per almeno 4 collaborazioni al mese euro 4.357,00<br />

3) Per almeno 8 collaborazioni al mese euro 8.709,00<br />

4) Per almeno 14 collaborazioni al mese euro 11.760,00<br />

Titolo III<br />

Servizi fotogiornalistici<br />

A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre<br />

250.000 copie - Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione<br />

nazionale e network<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 136,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 153,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 427,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 460,00<br />

5) Ripubblicazione euro 101,00<br />

B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a<br />

250.000 copie<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 122,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 137,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 355,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 400,00<br />

5) Ripubblicazione euro 87,00<br />

C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />

oltre 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale<br />

o locale con potenziale bacino di utenza superiore a<br />

400.000 destinatari<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 93,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 108,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 122,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 153,00<br />

5) Ripubblicazione euro 52,00<br />

D) Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a<br />

40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />

da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione<br />

regionale o locale con potenziale bacino di utenza da<br />

100.000 fino a 400.000 destinatari<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 81,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 92,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 110,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 122,00<br />

5) Ripubblicazione euro 38,00<br />

E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000<br />

- Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale<br />

bacino di utenza fino a 100.000 destinatari<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 49,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 60,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 72,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 93,00<br />

5) Ripubblicazione euro 24,00<br />

F) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili superiore a<br />

150.000<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 122,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 137,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 355,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 400,00<br />

5) Ripubblicazione euro 87,00<br />

G) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili inferiori a<br />

150.000<br />

1) Fotografia singola bianco e nero euro 93,00<br />

2) Fotografia singola colore euro 108,00<br />

3) Foto in copertina bianco e nero euro 122,00<br />

4) Foto in copertina colore euro 153,00<br />

5) Ripubblicazione euro 52,00<br />

NOTA I - I compensi indicati si riferiscono a servizi giornalistici completi<br />

di tutte le indicazioni essenziali per la corretta pubblicazione in<br />

rapporto alla identità <strong>dei</strong> personaggi che appaiono nelle immagini,<br />

al luogo, alla data e ad una cronaca giornalistica dell'avvenimento<br />

cui le fotografie si riferiscono, escluso naturalmente l'eventuale testo,<br />

che va compensato a parte.<br />

NOTA II - Tutti i compensi si riferiscono a fotografia singola e, quando<br />

il servizio comprende più fotografie diverse fra loro, il minimale di<br />

cessione si intende triplicato.<br />

Titolo IV<br />

Servizi<br />

cine-videogiornalistici<br />

A) Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network<br />

Servizio non superiore a 180” euro 1.334,00<br />

B) Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale<br />

Servizio non superiore a 180” euro 792,00<br />

C) Attività cinevideogiornalistica di collaborazione fissa<br />

pro-tempore<br />

Al giorno euro 428,00<br />

D) Collaborazioni coordinate e continuative (su base annuale da<br />

corrispondere per frazioni mensili)<br />

1) Per almeno 2 collaborazioni al mese euro 2.178,00<br />

2) Per almeno 4 collaborazioni al mese euro 4.356,00<br />

3) Per almeno 8 collaborazioni al mese euro 8.709,00<br />

4) Per almeno 14 collaborazioni al mese euro 11.706,00<br />

NOTA I - Il compenso indicato per la cessione e la distribuzione del servizio<br />

si intende per una ripresa su nastro o su pellicola cinematografica<br />

realizzata con materiale tecnico proprio comprensivo di eventuale<br />

utilizzo di personale tecnico ausiliario completo di montaggio e con indicazioni<br />

tecnico-giornalistiche necessarie per la stesura del testo.<br />

NOTA II - Tutto il materiale videocinematografico girato per la realizzazione<br />

del servizio e non utilizzato rimane di proprietà dell'autore.<br />

Compensi minimi per le prestazioni<br />

professionali giornalistiche nei quotidiani,<br />

nei periodici, anche telematici, nelle agenzie,<br />

nelle emittenti radiotelevisive<br />

e negli uffici stampa<br />

NOTA III - Il servizio ceduto rimane in esclusiva dell'emittente per 48<br />

ore se utilizzato per un telegiornale quotidiano, per 15 giorni se invece<br />

utilizzato per rubriche o speciali settimanali.<br />

NOTA IV - Nel caso di servizio di durata superiore a 180'' o di esclusiva,<br />

il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione e comunque<br />

superiore a quanto stabilito nelle lettere A) e B).<br />

NOTA V - La tariffa indicata alla lettera C) è intesa per l'utilizzo di una<br />

collaborazione di carattere esclusivamente professionale con supporti<br />

tecnici messi a disposizione dal richiedente.<br />

Titolo V<br />

Prestazioni per ufficio stampa<br />

A) Prestazioni fisse continuative da addetto stampa, portavoce e<br />

collaboratore professionale di uffici stampa pubblici e privati senza<br />

vincolo di orario e di presenza<br />

1) Su base annuale euro 35.571,00<br />

2) Su base semestrale euro 17.766,00<br />

Per prestazioni saltuarie i compensi sono rapportati ad ogni singola<br />

prestazione secondo le tariffe sottoesposte<br />

B) Organizzazione di una conferenza stampa<br />

1) Per una manifestazione a carattere regionale e. 4.993,00<br />

2) Per una manifestazione a carattere nazionale e. 7.284,00<br />

C) Responsabilità di ufficio stampa per manifestazione di breve durata<br />

con adeguato lavoro preparatorio redazionale, contatti con<br />

la stampa, redazione comunicati, organizzazione conferenza<br />

stampa e incontri di lavoro<br />

1) Per manifestazione della durata sino a 5 giorni e. 8.665,00<br />

2) Per manifestazioni della durata sino a 10 giorni e. 11.456,00<br />

D) Attività giornalistica di collaborazione pro-tempore<br />

1) Al giorno e. 427,00<br />

E) Stesura di testi per conto di un ufficio stampa<br />

1) Fino a due cartelle (25 righe a 60 battute l’una) e. 153,00<br />

2) Oltre le due cartelle e fino a cinque e. 247,00<br />

Titolo VI<br />

Impostazione grafica di pubblicazioni<br />

quotidiane o periodiche<br />

1) Impostazione di base della pubblicazione (primo numero)<br />

A carattere nazionale euro 3.024,00<br />

A carattere regionale o locale euro 489,00<br />

2) Impostazione di base di una pagina (prima volta)<br />

Per una pubblicazione a carattere nazionale euro 121,00<br />

Per una pubblicazione a carattere regionale o locale e. 47,00<br />

Titolo VII<br />

Direttore responsabile che esplica in maniera<br />

saltuaria prestazioni giornalistiche autonome<br />

(locatio operis) non comportanti<br />

cioè subordinazione<br />

1) Di periodici a diffusione regionale o locale e/o specializzati (aziendali,<br />

sindacali, associativi, di categoria o editati da enti pubblici e<br />

privati)<br />

a) Con tiratura oltre 400.000 copie a numero euro 1.350,00<br />

b) Con tiratura da 10.000 a 400.000 copie a numero euro 705,00<br />

c) Con tiratura fino a 10.000 copie a numero euro 367,00<br />

2) Di emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale<br />

a) Con potenziale bacino di utenza superiore<br />

a 400.000 destinatari, al mese euro 1.968,00<br />

b) Con potenziale bacino di utenza<br />

da 100.000 a 400.000 destinatari, al mese euro 1.350,00<br />

c) Con potenziale bacino di utenza<br />

fino a 100.000 destinatari, al mese euro 900,00<br />

3) Di quotidiani e periodici telematici<br />

e agenzie collegati a quotidiani, periodici e agenzie<br />

A diffusione nazionale<br />

o con visite mensili superiori a 150.000 euro 705,00<br />

4) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie<br />

Con visite mensili inferiori a 150.000 euro 367,00<br />

Titolo VIII<br />

Norme per l’applicazione<br />

del tariffario<br />

A) Il presente tariffario indica cifre minime, al<br />

lordo delle ritenute di legge, al di sotto delle<br />

quali l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti ritiene che non<br />

sia possibile andare, stabilendo in tal caso la<br />

incongruità del compenso. In ogni caso la determinazione<br />

dell’effettivo ammontare <strong>dei</strong><br />

corrispettivi deve tenere conto della qualità<br />

del committente, <strong>dei</strong> compiti in concreto demandati<br />

al giornalista, dell’impegno necessario,<br />

del tempo richiesto.<br />

B) Le spese sostenute dal collaboratore e direttamente<br />

inerenti le prestazioni sono rimborsate<br />

a piè di lista, su presentazione di idonea<br />

documentazione, salvo patto contrario scritto.<br />

C) I compensi di cui sopra sono dovuti anche in<br />

caso di mancata pubblicazione del materiale<br />

giornalistico commissionato oppure inviato<br />

nel quadro della collaborazione concordata,<br />

a meno che il materiale stesso non venga<br />

tempestivamente restituito all’autore con<br />

espressa motivazione entro tre giorni per<br />

quotidiani, agenzie di stampa, settimanali e<br />

bisettimanali, ed entro dieci giorni per i mensili.<br />

D) Ai fini del presente tariffario si adottano le seguenti<br />

definizioni:<br />

a) Notizia: è una concisa informazione fornita<br />

dal giornalista su fatti o situazioni.<br />

b) Articolo: è un testo in chiave di resoconto<br />

o di analisi su fatti o temi diversi, fino a due<br />

cartelle da 25 righe di 60 battute l’una (esempio:<br />

politici, economici, sociali, morali, religiosi,<br />

culturali, sportivi, etc.).<br />

c) Servizio: è un elaborato oltre le due cartelle<br />

più complesso e articolato che presuppone<br />

un approfondito lavoro di indagine o di<br />

ricerca.<br />

E) L’applicazione delle presenti tariffe e la liquidazione<br />

del compenso sono soggette alla vigilanza<br />

e alla disciplina del Consiglio regionale<br />

o interregionale dell’<strong>Ordine</strong> al quale il<br />

giornalista è iscritto.<br />

F) In caso di contestazione giudiziale o extragiudiziale,<br />

il giornalista può rivolgersi al competente<br />

Consiglio regionale o interregionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> per ottenere il parere sulla congruità<br />

del compenso, ai sensi degli artt. 633<br />

e 636 cpc.<br />

G) In armonia con le norme concordate in sede<br />

di CCNL giornalistico, modifiche ed integrazioni<br />

sostanziali ad ogni articolo o servizio<br />

firmato devono essere apportate con il consenso<br />

dell’autore, sempre che sia reperibile.<br />

L’articolo non dovrà comparire firmato nel caso<br />

in cui le modifiche siano apportate senza<br />

l’assenso del giornalista.<br />

Gli articolisti non possono cedere prima di 10<br />

giorni articoli se inviati ai quotidiani o di 30<br />

giorni se inviati ai periodici senza previo consenso<br />

del direttore.<br />

H) L’articolista può pubblicare in volume gli articoli<br />

inviati, siano o non siano stati retribuiti,<br />

tre mesi dopo la consegna dell’ultimo della<br />

serie, anche se non pubblicati dal giornale al<br />

quale erano destinati. Per gli addetti ai periodici,<br />

il termine indicato nel comma che precede<br />

è di un anno, salvo diverso accordo<br />

scritto tra le parti.<br />

I) L’utilizzazione della prestazione giornalistica<br />

regolata dal tariffario è limitata ai media per<br />

il quale la collaborazione è stata richiesta. Le<br />

eventuali ulteriori utilizzazioni, anche parziali,<br />

nell’ambito delle attività dello stesso editore<br />

o presso altri editori, debbono essere autorizzate<br />

dall’autore, concordando il relativo<br />

compenso, che per ogni successiva utilizzazione<br />

non comunque essere inferiore al 30%<br />

del corrispettivo iniziale.<br />

L) Il compenso di un elaborato oltre le cinque<br />

cartelle è maggiorato del 20%.<br />

M) Si riconosce al collaboratore inviato fuori sede<br />

per un servizio l’indennità (il 30% del compenso<br />

tabellare) che il contratto nazionale di<br />

lavoro (art. 7) accorda ai giornalisti chiamati<br />

occasionalmente a prestare la propria opera<br />

in funzione di inviati.<br />

Titolo IX<br />

I compensi erogati sono al netto delle contribuzioni<br />

previdenziali e, pertanto, non ricomprendono<br />

il contributo del 12%, ai sensi del D. Lgs n.<br />

103/96, da versare alla “Gestione separata lavoro<br />

autonomo Inpgi”. Detto contributo è così ripartito:<br />

- 10% del reddito imponibile a totale carico dell’iscritto;<br />

- 2% a titolo di contributo integrativo, a carico di<br />

coloro (aziende, etc.) che si avvalgono dell’attività<br />

professionale, calcolato sul reddito lordo e addebitato<br />

dall’iscritto all’azienda, con indicazione nella<br />

relativa fattura, all’atto di ogni pagamento.<br />

Il versamento alla Gestione separata Inpgi dell’intero<br />

contributo dovuto (12%) è a carico del<br />

giornalista.<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

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REGIONE LOMBARDIA - ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA -<br />

Bando per il XVI biennio<br />

(<strong>2007</strong>-2009)<br />

dell’Istituto “Carlo De Martino”<br />

per la Formazione<br />

al Giornalismo<br />

La Scuola in 30 anni di vita ha creato<br />

636 giornalisti professionisti<br />

(tra questi: 34 direttori di testate, 6 vicedirettori,<br />

87 capiredattori e vicecapiredattori,<br />

42 inviati o corrispondenti dall’estero,<br />

208 redattori ordinari)<br />

<strong>Giornalisti</strong> si diventa a Milano, capitale<br />

L’Ifg, scuola di eccellenza europea, cerca 40 giovani laureati, determinati,<br />

di studi e che sappiano cogliere le nuove opportunità della professione<br />

Bando di concorso XVI biennio <strong>2007</strong>-2009<br />

È bandito il concorso di ammissione al XVI biennio di formazione al giornalismo con l’attribuzione della qualifica di “praticante<br />

giornalista” ai sensi di legge, secondo le norme qui di seguito esposte.<br />

Sono ammessi al concorso i cittadini italiani, dell’Unione europea e <strong>dei</strong> Paesi a essa associati (in questi ultimi due casi<br />

con perfetta conoscenza della lingua italiana) in possesso almeno di diploma di laurea triennale (direttiva 89/48/Cee)<br />

e nati dal 1° gennaio 1977. I diplomi di laurea devono essere riconosciuti dalla Repubblica italiana.<br />

Il numero di candidati ammessi al XVI biennio è fissato in 40.<br />

Le domande d’iscrizione, corredate di copia del titolo di studio e della ricevuta di versamento della tassa d’iscrizione,<br />

debbono pervenire all’Ifg a partire dal 1° marzo e non oltre il 30 giugno <strong>2007</strong>.<br />

NOTIZIE<br />

1<br />

PRELIMINARI<br />

Norme sulla professione<br />

giornalistica<br />

La legge istitutiva dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti prescrive, per diventare<br />

giornalisti professionisti, una prova di idoneità professionale<br />

equivalente all’esame di Stato (di cui all’articolo 33, V<br />

comma, della Costituzione). Per accedere a tale esame la procedura<br />

consiste nell’essere assunti da un’azienda editoriale (o<br />

frequentare una scuola di giornalismo o un master biennale universitario<br />

in giornalismo riconosciuti dall’<strong>Ordine</strong> nazionale) e<br />

svolgere diciotto mesi di praticantato.<br />

L’esame di idoneità professionale è organizzato dal Consiglio<br />

nazionale dell’<strong>Ordine</strong> ed è affidato ad una Commissione formata<br />

da due magistrati e cinque giornalisti. Si svolge a Roma in<br />

due sessioni annuali (primavera e autunno) e comprende prove<br />

scritte e una prova orale.<br />

Superato l’esame, il praticante, a sua domanda, viene iscritto<br />

nell’elenco professionisti dell’Albo.<br />

2L’Afg - Associazione<br />

“Walter Tobagi”<br />

per la Formazione<br />

al Giornalismo<br />

L’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al<br />

Giornalismo (Afg) gestisce l’Istituto “Carlo De Martino” per la<br />

Formazione al Giornalismo (Ifg) il cui corso biennale di studi<br />

è parificato allo svolgimento del praticantato tradizionale.<br />

L’Afg è un’istituzione riconosciuta dalla Regione<br />

Lombardia (con delibera della Giunta Regionale n. 11854 del<br />

4/10/1977 a norma della legge regionale del 16/6/1975 sulla<br />

formazione professionale). È inoltre accreditata presso la<br />

Regione Lombardia per la formazione professionale e certificata<br />

secondo la norma ISO 9001:2000.<br />

Il corso dell’Ifg, di livello universitario, è stato promosso<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia con delibera del<br />

27/11/1974.<br />

L’Afg è un ente privato senza scopo di lucro, che trae la<br />

maggior parte <strong>dei</strong> mezzi di finanziamento da un contributo<br />

annuale della Regione Lombardia (ai sensi della legge<br />

regionale n. 95/80) nell’ambito della formazione professionale.<br />

L’Afg è sostenuto economicamente anche dal Consiglio<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />

Gli allievi partecipano, nel corso del biennio, a concorsi per<br />

borse di studio interne ed esterne.<br />

3L’Ifg - Istituto<br />

“Carlo De Martino”<br />

per la Formazione<br />

al Giornalismo<br />

Obiettivo dell’Ifg è la preparazione di giornalisti polivalenti<br />

della carta stampata, delle agenzie di stampa, della televisione,<br />

della radio, dell’informazione on line e degli uffici<br />

stampa, non disgiunta dal progressivo avviamento alle specializzazioni<br />

classiche della professione.<br />

Gli allievi, in quanto redattori nelle testate-laboratorio<br />

edite dall’Ifg, sono iscritti nel Registro <strong>dei</strong> praticanti per<br />

cui, ottenuto l’attestato di compiuto praticantato al termine<br />

del biennio, possono sostenere l’esame di Stato per l’accesso<br />

alla professione di giornalista (salvo le eventuali inadempienze<br />

previste dal Regolamento interno dell’Ifg sulla<br />

base delle regole stabilite dalla legge regionale n. 95/1980<br />

e accertate dalla direzione dell’Istituto).<br />

Il rapporto dell’allievo con l’Ifg cessa al termine del biennio.<br />

I programmi di studio e le esercitazioni pratiche sono elaborati<br />

dal direttore, giornalista professionista d’intesa con la<br />

Commissione didattica e sono approvati dal Consiglio di<br />

presidenza dell’Afg, nel rispetto del “Quadro di indirizzi per<br />

il riconoscimento delle strutture di formazione al giornalismo”<br />

emanato il 17 aprile 2002 dal Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

Il corpo docente è formato da giornalisti professionisti<br />

con almeno 10 anni di iscrizione all’Albo, da docenti<br />

universitari ed esperti della comunicazione e delle altre<br />

discipline inserite nel programma.<br />

Questo bando, il modulo di iscrizione e altre informazioni sono disponibili sui siti:<br />

4 L’Ifg.<br />

Il corso di studi<br />

DISCIPLINE TEORICHE ED ESERCITAZIONI<br />

Il XVI biennio di formazione al giornalismo dell’Ifg avrà<br />

inizio nel mese di novembre <strong>2007</strong> e terminerà nell’ottobre<br />

2009 con l’ammissione alla sessione autunnale dell’esame<br />

di Stato.<br />

I posti a disposizione sono 40.<br />

La frequenza degli allievi è obbligatoria e a tempo pieno. Ogni<br />

assenza va giustificata per iscritto. Un numero di assenze superiore<br />

al 15% comporta l’esclusione dal corso.<br />

Il calendario delle lezioni viene stabilito dalla Direzione in base<br />

al programma didattico.<br />

Il programma di studi mira ad armonizzare la specifica formazione<br />

professionale dell’allievo con il completamento della<br />

sua preparazione culturale attraverso cicli di lezioni, corsi e<br />

seminari a livello universitario.<br />

Aspetti qualificanti del programma sono le sistematiche<br />

esercitazioni pratiche con l’uso di aggiornate attrezzature<br />

dell’editoria informatica, di uno studio di registrazione<br />

radiofonico e di postazioni di registrazione televisive.<br />

L’Ifg dispone di un sistema integrato in grado di garantire la<br />

gestione dell’intero ciclo produttivo di qualsiasi pubblicazione<br />

quotidiana, periodica e monografica.<br />

Ogni allievo usufruisce di una postazione informatica basata<br />

su computer con collegamenti internet in fibra ottica e risorse<br />

condivise per l’archiviazione e la stampa. Può inoltre utilizzare<br />

postazioni dedicate per il montaggio video e il montaggio<br />

radio.<br />

Alle esercitazioni pratiche si aggiungono lezioni e seminari su<br />

materie ritenute particolarmente utili ai fini della professione.<br />

Il XVI biennio porrà attenzione anche alle tecniche e alla gestione<br />

degli uffici stampa, settore che si prospetta come promettente<br />

fonte di occupazione.<br />

Al termine del biennio, gli allievi potranno partecipare, gratuitamente,<br />

al corso di preparazione all’esame di Stato organizzato<br />

dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />

Nel corso del biennio, in osservanza anche delle indicazioni<br />

del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> e delle norme che presiedono<br />

al funzionamento dell’Istituto, sono impartite lezioni teoriche<br />

di base o di approfondimento, nelle seguenti aree disciplinari:<br />

• <strong>Giornalisti</strong>ca (istituzioni professionali, deontologia-privacy,<br />

analisi critica e comparata <strong>dei</strong> media, tecniche professionali,<br />

modelli redazionali, sistemi editoriali, tecniche di gestione<br />

degli uffici stampa; infografica e photo-editor).<br />

• Grafica, informatica e innovazione (architettura dell’informazione;<br />

design dell’informazione; produzione, selezione e<br />

trattamento delle immagini; comunicazione visiva; strumenti<br />

e tecnologie dell’informazione visiva; storia dell’informazione<br />

visiva; tecniche avanzate di informatica applicata al<br />

giornalismo; teorie e tecniche del fotogiornalismo e del videogiornalismo;<br />

comunicazione multimediale; tecnologie<br />

dell’immagine digitale).<br />

• Linguistica (tecniche <strong>dei</strong> linguaggi del giornale quotidiano<br />

e del periodico, delle agenzie di stampa, del web e degli uffici<br />

stampa; tecniche del linguaggio televisivo, radiofonico e<br />

fotografico; semiotica del testo scritto e visivo).<br />

www.odg.mi.it<br />

• Lingue straniere (conoscenza funzionale di inglese e spagnolo).<br />

• Storica (storia del giornalismo e delle comunicazioni di<br />

massa; elementi di storia moderna e contemporanea).<br />

• Geografia politica ed economica, globalizzazione e relazioni<br />

internazionali.<br />

www.ifgonline.it<br />

• Giuridica (elementi di diritto costituzionale, di diritto comunitario,<br />

di diritto del giornalismo e dell’editoria, di diritto<br />

penale e di procedura penale, di diritto amministrativo<br />

con riguardo anche al ruolo delle autorità indipendenti, di<br />

diritto privato).<br />

36 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


ASSOCIAZIONE “WALTER TOBAGI” PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO<br />

Le domande d’iscrizione, corredate<br />

di copia del titolo di studio e della<br />

ricevuta di versamento della tassa<br />

d’iscrizione, debbono pervenire all'Ifg<br />

a partire dal 1° marzo<br />

e non oltre il 30 giugno <strong>2007</strong><br />

dell’editoria<br />

con un ottimo curriculum<br />

giornalistica<br />

• Sociologica - psicologica (elementi di scienza dell’opinione<br />

pubblica e <strong>dei</strong> sondaggi; di sociologia della comunicazione;<br />

di psicologia della comunicazione).<br />

• Economica - finanziaria (elementi di economia politica,<br />

storia economica, marketing, economia <strong>dei</strong> media e delle<br />

imprese editoriali, diritto pubblico dell’economia, mercato<br />

del risparmio e degli investimenti familiari con riguardo particolare<br />

al mercato borsistico, <strong>dei</strong> fondi di investimento e della<br />

gestione del risparmio).<br />

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE AL CONCORSO<br />

PER L’AMMISSIONE AL XVI BIENNIO (<strong>2007</strong>-2009)<br />

1. Requisiti<br />

per l’iscrizione al concorso<br />

Le iscrizioni al concorso di ammissione al XVI biennio sono<br />

aperte dal 1° marzo al 30 giugno <strong>2007</strong>.<br />

I candidati che intendono iscriversi al concorso devono essere<br />

nati a partire dal 1° gennaio 1977.<br />

I candidati devono essere cittadini italiani, o di uno stato membro<br />

dell’Unione europea o <strong>dei</strong> paesi a essa associati (in questi<br />

ultimi due casi è obbligatoria la perfetta conoscenza della<br />

lingua italiana, che sarà accertata dall’Ifg nel corso delle prove<br />

di ammissione).<br />

Può presentare domanda di ammissione chi, al 30 giugno<br />

<strong>2007</strong>, è in possesso almeno di diploma di laurea triennale.<br />

Saranno accettate sub condicione anche le domande <strong>dei</strong><br />

candidati che prevedono il superamento dell’esame di<br />

laurea entro il 31 luglio <strong>2007</strong>. In questo caso, il certificato<br />

rilasciato dall’Università che accerta il conseguimento<br />

del diploma di laurea, dovrà essere inviato alla segreteria<br />

tassativamente entro il 18 agosto <strong>2007</strong>. Per la data di spedizione<br />

fa fede il timbro postale.<br />

Le lauree conseguite all’estero saranno riconosciute valide<br />

solo se risulteranno conformi alle norme italiane.<br />

2. Modalità<br />

di iscrizione al concorso<br />

20124 Milano di ulteriori 200 (duecento) euro per spese d’esame,<br />

non rimborsabili anche se il candidato non dovesse concludere<br />

la prova scritta.<br />

Le prove scritte si svolgeranno in un’unica giornata e consistono<br />

in:<br />

a) un tema-articolo su argomenti d’attualità (politica interna ed<br />

estera, cultura, costume, economia, cronaca, spettacoli, sport),<br />

scelto tra quelli proposti dalla Commissione. Tale articolo non<br />

deve superare le 60 righe (da 60 battute ciascuna);<br />

b) un test di domande su argomenti di attualità;<br />

c) la sintesi di un articolo o di un servizio giornalistico (contenuta<br />

in un massimo di 20 righe, da 60 battute ciascuna).<br />

Gli elaborati dovranno essere rigorosamente anonimi. Le<br />

generalità del candidato andranno in busta piccola inserita<br />

nella busta grande con gli elaborati. Ogni segno che permetta<br />

l’identificazione del candidato ne comporterà l’esclusione.<br />

Per quanto non espressamente indicato valgono le norme<br />

sancite dal Dpr n. 115/1965 e dal Dpr n. 487/1994.<br />

La Commissione di selezione attribuisce ad ogni prova scritta un<br />

punteggio. La somma delle tre prove determina il punteggio complessivo.<br />

Solo a questo punto verranno aperte le buste contenenti i nomi<br />

<strong>dei</strong> candidati per poter stabilire la graduatoria.<br />

• Sindacale (con attenzione particolare al contratto e al sistema<br />

previdenziale/previdenziale complementare/assistenziale<br />

integrativo sanitario <strong>dei</strong> giornalisti).<br />

Gli allievi dovranno affrontare un esame al termine di ogni singola<br />

materia in base a un calendario stabilito dalla Direzione.<br />

I singoli esami verranno annotati nel libretto personale dello<br />

studente.<br />

Gli esami potranno essere ripetuti, in caso di bocciatura, a distanza<br />

di un mese.<br />

La preparazione degli allievi/praticanti verrà valutata, ogni mese,<br />

dai rispettivi tutor.<br />

Al termine del primo e del secondo anno agli allievi verrà rilasciato<br />

un certificato di frequenza con l’attestato del superamento<br />

delle materie del programma.<br />

Al termine del biennio i praticanti affronteranno un esame finale,<br />

scritto e orale. Della Commissione giudicatrice (nominata<br />

dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

d’intesa con la direzione dell’Istituto) farà parte anche un rappresentante<br />

della Regione Lombardia. La direzione della<br />

scuola, tenendo conto <strong>dei</strong> risultati dell’esame finale, rilascerà<br />

un certificato di frequenza e profitto. La prova, propedeutica<br />

all’esame di Stato, condiziona il rilascio, da parte del presidente<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, del certificato<br />

di fine praticantato.<br />

PRATICA GIORNALISTICA<br />

Momento fondamentale delle esercitazioni pratiche professionali<br />

è il lavoro di redazione per le testate-laboratorio.<br />

Le testate laboratorio dell’Ifg<br />

Ifg Tabloid - inserto del mensile <strong>Ordine</strong> Tabloid, organo del<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Milano Ore 13 - quotidiano d’informazione del pomeriggio a<br />

diffusione locale<br />

Ifg Notizie - agenzia quotidiana del pomeriggio di servizi giornalistici,<br />

inchieste e attualità, diffusa fra 45 testate nazionali e<br />

locali<br />

Speciale Video - servizi televisivi realizzati in proprio e trasmessi<br />

da canali regionali<br />

Speciale Fm - testata radiofonica di notiziari, inchieste e servizi,<br />

forniti a emittenti private<br />

Ifg on line - quotidiano telematico che comprende anche la<br />

versione on line di tutte le altre testate<br />

È prevista la realizzazione di inchieste televisive con strutture<br />

dell’Ifg e con la collaborazione di esperti del settore e di emittenti<br />

nazionali e regionali.<br />

GLI STAGES<br />

Strumento formativo importante è anche la pratica guidata<br />

(stage). Nel biennio gli stage esterni (regolati dalla legge n.<br />

196/1997) dovranno avere “durata complessiva non inferiore<br />

a sei mesi”, come stabilito dal Quadro di indirizzi dell’<strong>Ordine</strong><br />

nazionale <strong>dei</strong> giornalisti.<br />

L’allievo svolge periodi di tirocinio concordati dalla Direzione<br />

con le testate giornalistiche.<br />

Per partecipare al concorso è necessario ritirare il bando e il<br />

modulo di iscrizione (o richiederne l’invio per posta allegando<br />

6 euro in francobolli). In alternativa il bando e il modulo di iscrizione<br />

sono disponibili nei siti www.ifgonline.it oppure<br />

www.odg.mi.it.<br />

Dopo aver preso visione del bando di concorso e compilato il<br />

modulo di iscrizione in tutte le sue parti:<br />

• spedire il modulo, esclusivamente per via postale, entro il<br />

30 giugno <strong>2007</strong> (fa fede il timbro postale), allegando:<br />

a) fotocopia del titolo di studio (non saranno accettati titoli di<br />

studio prodotti in originale);<br />

b) ricevuta di versamento sul c/c postale n° 10519205, intestato<br />

a: Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio<br />

Filzi, 17 - 20124 Milano di 150 (centocinquanta) euro per<br />

spese postali e di segreteria, non rimborsabili;<br />

c) eventuali attestati di frequenza ad altri corsi (con preferenza<br />

per lingue straniere e informatica);<br />

d) per i pubblicisti, fotocopia della tessera di iscrizione<br />

all’<strong>Ordine</strong>.<br />

L’ammissione sarà deliberata da un’apposita Commissione di<br />

selezione presieduta da un giornalista professionista e nominata<br />

dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />

N.B. - Non sarà ritenuta valida la produzione di documenti<br />

successiva al 30 giugno <strong>2007</strong> salvo quanto previsto per i<br />

laureandi di luglio <strong>2007</strong>. Tutti i documenti presentati diventano<br />

di proprietà dell’Ifg e non saranno restituiti.<br />

Il mancato invio del documento o dell’attestazione comprovante<br />

il diploma di laurea o il mancato versamento<br />

della tassa d’iscrizione, escluderanno i candidati dalla<br />

partecipazione al concorso di ammissione.<br />

3. L’ammissione<br />

alle prove di selezione<br />

La Commissione di Selezione, il cui giudizio è insindacabile,<br />

effettua la verifica <strong>dei</strong> titoli e <strong>dei</strong> requisiti soggettivi, quali risultano<br />

dal modulo d’iscrizione e dai documenti presentati e<br />

convoca per iscritto i candidati ammessi. Valgono, comunque,<br />

per quanto applicabili, le regole fissate dagli articoli<br />

dal 47 al 54 del Dpr n. 115 del 1965 (e successive modificazioni)<br />

per l’esame di giornalista professionista, nonché<br />

dagli articoli dall’11 al 15 del Dpr 487/1994 sui concorsi<br />

pubblici.<br />

Le prove scritte<br />

di selezione<br />

Il candidato ammesso alle prove scritte, che si svolgeranno entro<br />

la prima quindicina di settembre <strong>2007</strong>, sarà convocato a<br />

Milano per sostenere gli esami, nel giorno e nella sede indicati<br />

nella lettera di convocazione.<br />

Il candidato potrà affrontare la prova scrivendo con una macchina<br />

per scrivere meccanica o a mano (con grafia leggibile, meglio<br />

se in stampatello).<br />

Dovrà inoltre esibile la lettera di convocazione e presentare la ricevuta<br />

di versamento sul c/c postale n 10519205 intestato a:<br />

Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi 17 -<br />

I primi 90 candidati della graduatoria saranno convocati per<br />

sostenere la prova orale (che è pubblica) nella sede dell’Ifg<br />

(via Fabio Filzi, 17 - Milano).<br />

Le prove scritte e orali sono soggette alle norme previste<br />

dalla legge 241/1990 sulla trasparenza.<br />

Le prove orali<br />

di selezione<br />

L’esame orale consiste in un colloquio tendente ad accertare le<br />

attitudini complessive alla professione giornalistica, il grado di cultura<br />

generale del candidato e la sua attenzione per i problemi dell’attualità<br />

politica, economica, sociale e culturale nelle loro dimensioni<br />

storiche, nonché il grado di conoscenza dell’ inglese.<br />

In base al risultato delle prove scritte e dell’orale, la Commissione<br />

compilerà una graduatoria degli idonei, che verrà resa pubblica.<br />

Alla formazione della graduatoria delle prove scritte concorrerà<br />

anche il punteggio complessivo acquisito dal candidato secondo<br />

le valutazioni della tabella che segue:<br />

Seconda laurea 4 punti<br />

Pubblicisti<br />

2 punti<br />

GLI AMMESSI<br />

AL XVI BIENNIO<br />

I primi 40 candidati in graduatoria saranno ammessi a frequentare<br />

il XVI biennio dell’Ifg.<br />

ADEMPIMENTI PRELIMINARI<br />

DEGLI AMMESSI AL XVI BIENNIO<br />

1 - Periodo di prova<br />

È previsto un periodo di prova della durata di 3 mesi, al<br />

termine del quale il Consiglio di presidenza dell’Afg, su proposta<br />

della Direzione dell’Istituto, può escludere il candidato<br />

ritenuto inidoneo o che abbia violato lo spirito e la lettera del<br />

Regolamento interno dell’Ifg, e della legge regionale n. 95/80.<br />

In queste ipotesi e nel caso di dimissioni volontarie, subentreranno<br />

i primi esclusi della graduatoria.<br />

2 - Tassa di iscrizione<br />

La tassa di iscrizione per il corso biennale è di 8.000 (ottomila)<br />

euro, così articolati:<br />

• entro il 30 novembre <strong>2007</strong> l’allievo dovrà presentare, per l’iscrizione<br />

al primo anno, la ricevuta di versamento di 4.000<br />

(quattromila) euro sul c/c postale n° 10519205, intestato a:<br />

Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi, 17 -<br />

20124 Milano.<br />

• entro il 31 ottobre 2008 l’allievo dovrà presentare, per l’iscrizione<br />

al secondo anno, la ricevuta di versamento di 4.000<br />

(quattromila) euro sul c/c postale n° 10519205, intestato a:<br />

Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi, 17 -<br />

20124 Milano.<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

37


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Sabrina Peron<br />

La diffamazione<br />

tramite mass-media<br />

Massimo Pavanello<br />

I media per l’azione pastorale<br />

di Vincenzo Franceschelli<br />

(vincenzo.franceschelli@unimib.it)<br />

Temporibus illis, la diffamazione<br />

tramite mass-media<br />

non esisteva. Non c’erano i<br />

mass-media. Ma non c’era<br />

nemmeno una stampa libera.<br />

La stampa, controllata da<br />

una paterna e onnipresente<br />

dittatura, non diffamava: a<br />

tutto concedere, attaccava e<br />

condannava.<br />

L’odierno diffamato può dunque<br />

consolarsi: la diffamazione<br />

a mezzo stampa è segno<br />

di libertà, ed egli ne è la<br />

vivente e concreta testimonianza.<br />

Questo ovviamente<br />

non significa che l’indice di<br />

diffamazione sia progressivo.<br />

Se è vero che una stampa<br />

libera può diffamare, non<br />

è altrettanto vero che tanto<br />

più diffami, tanto più sia libera.<br />

E ciò ci conduce ai limiti<br />

della libertà di stampa, ai rimedi<br />

contro la diffamazione<br />

e alla difesa dell’ingiustamente<br />

diffamato.<br />

Se la diffamazione è lo scrivere<br />

ciò che è falso e ciò che<br />

offende, il diffamato deve poter<br />

ristabilire la verità, lavare<br />

l’offesa e, ciò fatto, sentirsi<br />

appagato.<br />

Complessi studi sociologici<br />

e psicologici dimostrano che<br />

la miglior sanzione contro la<br />

diffamazione a mezzo stampa<br />

è la controdiffamazione.<br />

Essa dà profonda soddisfazione<br />

al diffamato, appagando<br />

i suoi più bassi istinti di<br />

vendetta. Se, in ipotesi, il direttore<br />

di un importante quotidiano<br />

come il Corriere della<br />

Sera dovesse mai diffamare<br />

il direttore di un altrettanto<br />

importante quotidiano<br />

come Repubblica, quest’ultimo,<br />

allora, dovrebbe avere il<br />

diritto e il potere di controdiffamare,<br />

sulle colonne del<br />

suo giornale, il diffamante.<br />

La controdiffamazione, sebbene<br />

indubitabilmente straordinariamente<br />

efficace, ha<br />

un piccolo difetto. Per poterla<br />

esercitare, occorre essere<br />

direttore di un giornale.<br />

Accusata e inficiata di incostituzionalità<br />

in quanto costruita<br />

in violazione del principio<br />

di eguaglianza, la controdiffamazione<br />

è stata presto<br />

abbandonata per un sistema<br />

basato sul controllo<br />

giudiziale.<br />

L’arte del diffamare resta così<br />

in mano a giornalisti e<br />

commentatori televisivi. Ma<br />

la misura e i rimedi della diffamazione<br />

sono finiti in mano<br />

<strong>dei</strong> giuristi. Avvocati la individuano<br />

e la illustrano nelle<br />

aule di giustizia, avvocati<br />

la smontano, magistrati la<br />

misurano e la giudicano. In<br />

un mare di opinioni e di sentenze<br />

è difficile orientarsi.<br />

Provvede Sabrina Peron,<br />

con un volume che studia<br />

quello che è definito «il diritto<br />

negativo della libertà».<br />

Ché, infatti, la diffamazione<br />

è la figlia degenere del diritto<br />

di cronaca e del diritto di critica.<br />

Certo, il giornalista, come<br />

spiega Sabrina Peron,<br />

attraverso accurate modalità<br />

di presentazione della notizia,<br />

e nel rispetto del diritto<br />

alla riservatezza, non dovrebbe<br />

diffamare. Ma, come<br />

si sa, spesso il confine tra<br />

cronaca e diffamazione è labile,<br />

e può essere, d’impeto,<br />

superato. Ne va, in tal modo,<br />

di mezzo anche il direttore<br />

responsabile, che così finalmente<br />

giustifica pienamente<br />

il suo titolo e la sua qualifica.<br />

E non è solo questione di<br />

carta stampata. Ormai,<br />

ahimè, si può diffamare con<br />

radio e televisione. E poiché<br />

viviamo in piena rivoluzione<br />

informatica, la diffamazione<br />

può diffondersi tramite internet.<br />

Che può fare, dunque, il diffamato<br />

Certo v’è il diritto di<br />

rettifica. Ma se si dà retta alla<br />

saggezza di chi afferma<br />

che la rettifica è una notizia<br />

(diffamante) data due volte,<br />

meglio ricorrere, come illustra<br />

il volume, al risarcimento<br />

del danno.<br />

La diffamazione tramite<br />

mass-media di Sabrina Peron<br />

si avvia a essere, dunque,<br />

un manuale di successo.<br />

Strumento indispensabile<br />

per il maligno che si appresta<br />

a diffamare, perché leggendolo<br />

dalla prima all’ultima<br />

pagina impara come farlo<br />

subendo il minor danno.<br />

Ma, se letto al contrario, esso<br />

è prezioso strumento di<br />

difesa per il diffamato, che ivi<br />

apprende l’arte della difesa<br />

personale e del contrattacco.<br />

Sabrina Peron,<br />

La diffamazione tramite<br />

mass-media,<br />

CEDAM, Padova,<br />

pagine 472, euro 55,00.<br />

(Questo articolo,<br />

con il titolo<br />

La strategia del diffamato,<br />

è stato pubblicato<br />

nell’edizione<br />

del 10 dicembre 2006<br />

de Il Sole 24 Ore”).<br />

Nata come tesi di dottorato in<br />

teologia, la pubblicazione di<br />

Massimo Pavanello, risulta<br />

più che mai attuale per comprendere<br />

i meccanismi che<br />

regolano l’attività comunicativa<br />

cattolica. In un mondo assediato<br />

dai media, la Chiesa,<br />

che ha come compito primario<br />

la diffusione della parola<br />

del Vangelo, cerca di sfruttare<br />

le potenzialità <strong>dei</strong> mezzi di<br />

comunicazione. Quello <strong>dei</strong><br />

mass media è un tema spesso<br />

trattato nei documenti ufficiali:<br />

dalla Vigilante Cura che<br />

Pio XI dedicò nel 1936 al cinema,<br />

al recente messaggio<br />

di Benedetto XVI, sull’importanza<br />

<strong>dei</strong> media per favorire il<br />

dialogo e la pace tra i popoli,<br />

in occasione della XL Giornata<br />

mondiale delle comunicazioni<br />

sociali. L’autore dimostra<br />

come gli spunti teorici<br />

presenti negli elaborati ecclesiastici<br />

possano trasformarsi<br />

in “azione pastorale” descrivendo<br />

le esperienze comunicative<br />

della Chiesa in luoghi e<br />

dimensioni differenti: dal continente<br />

latino-americano alla<br />

Francia, fino alle più piccole<br />

realtà delle diocesi italiane.<br />

Proprio dall’esame di queste<br />

di Massimiliano Lanzafame<br />

ultime risulta evidente la preminenza<br />

dell’informazione<br />

stampata su quella radio-televisiva<br />

e l’importanza del localismo<br />

nelle notizie riportate.<br />

I settimanali cattolici sono<br />

un’ottima fucina e scuola pratica<br />

per i giovani giornalisti<br />

ma, in alcuni casi, non hanno<br />

ancora raggiunto un’organizzazione<br />

redazionale stabile e<br />

mancano di un adeguato apporto<br />

del marketing, per essere<br />

a tutti gli effetti paragonabili<br />

a quelli laici. Ma va da<br />

sé che un “giornale cattolico”<br />

ha finalità che vanno oltre le<br />

pure logiche di mercato e<br />

dell’etica professionale. La<br />

Chiesa è, quindi, chiamata a<br />

confrontarsi criticamente con<br />

i media odierni, in particolare<br />

Internet, non trascurandone i<br />

pericoli ma raccogliendone<br />

gli impulsi positivi, magari per<br />

ripensare il linguaggio con<br />

cui parla ai fedeli e non.<br />

Massimo Pavanello,<br />

I media per l’azione<br />

pastorale, prefazione di<br />

Luciano Rispoli, Centro<br />

Ambrosiano, Milano 2004,<br />

pagine 418, euro 20,00<br />

Claudio Bottagisi<br />

Argentina e Israele.<br />

Diario di viaggio<br />

Marta Paterlini<br />

Piccole visioni. La grande<br />

storia di una molecola<br />

Eugenio Zucchetti (a cura di)<br />

Milano 2006.<br />

Rapporto sulla città<br />

di Alberto Roccatano<br />

È un giornalista (Claudio<br />

Bottagisi), il viaggiatore, il turista,<br />

il pellegrino che, con un<br />

taccuino, una macchina fotografica,<br />

una videocamera, sta<br />

cercando con questo diario di<br />

viaggio, e magari ci riesce, di<br />

trasmettervi emozioni, immagini,<br />

storie di luoghi così distanti<br />

fra loro. Il diario vi racconta<br />

della fierezza e della dignità<br />

del popolo che abita<br />

l’immensa terra argentina,<br />

delle disastrose guerre interne,<br />

<strong>dei</strong> colpi di stato e delle<br />

dittature che hanno lacerato<br />

questo paese negli ultimi<br />

sessant’anni. Il diario vi racconta<br />

<strong>dei</strong> rancori, degli odi,<br />

<strong>dei</strong> muri, <strong>dei</strong> pianti, delle speranze<br />

radicate nella piccola<br />

cristiana terra santa dentro i<br />

confini dello Stato di Israele.<br />

Terra di contrasti l’immensa<br />

Argentina. Sullo sfondo <strong>dei</strong><br />

genocidi antichi e della resistenza<br />

ai dominatori spagnoli<br />

si mostra l’imponenza del numero<br />

di pellegrini che ogni<br />

anno da ogni parte raggiungono<br />

la basilica di Nostra<br />

Signora di Lujan patrona<br />

dell’Argentina. Terra di contrasti<br />

il piccolo Israele. La terra<br />

santa oggi è la terra dell’odio<br />

fra ebrei e palestinesi, dove<br />

i cristiani sono il 2% della<br />

popolazione e spariranno nei<br />

prossimi decenni. Immagini<br />

Tante. Le Cataratas: immense<br />

cascate sul fiume Iguazu<br />

nella foresta tropicale tra<br />

Brasile e Argentina. Lunga 7<br />

chilometri alta 200 metri, 18<br />

turbine in funzione, sostiene<br />

un lago di 1350 km quadrati,<br />

29mila milioni di metri cubi di<br />

acqua: è la diga Itaipù. E poi<br />

foreste, fiumi, cascate, boschi,<br />

laghi, città modernissime,<br />

tramonti, gli spazi sconfinati<br />

dell’Argentina. L’assolata<br />

Cana in Galilea, araba e musulmana,<br />

e il miracolo dell’acqua<br />

che diventa vino. Il convento<br />

e la basilica sul monte<br />

Tabor circondato da una zona<br />

malarica. Il sepolcro vuoto<br />

che per tre giorni tenne le<br />

spoglie di un morto pronto a<br />

risorgere, fondamento di una<br />

religione bimillenaria. Il museo<br />

dell’Olocausto, il ricordo delle<br />

vittime della Shoah, lo Yad<br />

Vashem, dove la memoria diventa<br />

progetto di un mondo<br />

senza barbarie. Inusuale. Da<br />

leggere e da vedere.<br />

Claudio Bottagisi,<br />

Argentina e Israele.<br />

Diario di viaggio,<br />

Edizioni Monte S. Martino,<br />

Lecco<br />

settembre 2006,<br />

Cattaneo Paolo Grafiche<br />

Oggiono, pagine 160,<br />

euro 22,00<br />

di Alberto Roccatano<br />

L’uomo è imprigionato in una<br />

caverna e mostra la schiena<br />

alla luce esterna. Egli non ha<br />

altro modo, per conoscere la<br />

realtà che scorre all’esterno,<br />

se non osservandone le ombre<br />

e i riflessi proiettati sul fondo<br />

della caverna. È Platone<br />

che lo dice nel Timeo. Un lungo<br />

corridoio sotterraneo: ad un<br />

estremo una fonte di luce, all’altro<br />

estremo un modello di<br />

due metri di una proteina, la<br />

poliglicina. I due uomini che<br />

stanno segnando i contorni<br />

dell’ombra su un foglio disteso<br />

sulla parete retrostante il modello,<br />

sono il fisico Francis<br />

Crick, e il biologo Alexander<br />

Rich. Scorre l’anno 1955. I sotterranei<br />

sono quelli del palazzo<br />

principale del Cavendish<br />

nell’università di Cambridge, in<br />

Inghilterra. A Cavendish sta<br />

nascendo e si sta affermando<br />

la biologia molecolare, una<br />

scienza di confine fra la chimica,<br />

la fisica e la biologia. I due<br />

analizzatori di ombre fanno<br />

parte di un gruppo di ricercatori<br />

da premio nobel. È il gruppo<br />

che fa capo a un biochimico e<br />

cristallografo: Max Ferdinand<br />

Perutz, una vita dedicata alla<br />

ricerca, premio Nobel per la<br />

chimica nel1962 con John<br />

Kendrew. Bisognava scoprire<br />

la struttura delle proteine e,<br />

per studiarle, occorreva cristallizzarne<br />

le molecole in laboratorio.<br />

Perutz passò decenni a<br />

fotografare con i raggi X le molecole<br />

cristallizzate di emoglobina.<br />

Oggi si sta costruendo<br />

un microscopio superpotente<br />

in grado di vedere e fotografare<br />

atomi e oggetti microscopici<br />

mentre si muovono; ma allora i<br />

mezzi erano praticamente artigianali.<br />

I primi computer per i<br />

calcoli, un groviglio di fili, di tubi<br />

e di valvole, occupavano due<br />

piani del laboratorio. La nascita<br />

della biologia molecolare<br />

raccontata attraverso la storia<br />

di Max Perutz. Un frughio -<br />

simpaticamente femminile -<br />

fra le carte di Perutz e <strong>dei</strong> suoi<br />

colleghi di avventura. Un libro<br />

che racconta come l’infinitamente<br />

piccolo diventa osservabile<br />

attraverso un gioco di riflessi.<br />

Giusto una neurobiologa<br />

e giornalista poteva scriverlo.<br />

E chissà se Marta Paterlini<br />

si è sentita sfiorare dal mito<br />

platonico della caverna mentre<br />

scriveva:“... la natura che si<br />

nasconde a tutti i costi”.<br />

Marta Paterlini,<br />

Piccole visioni.<br />

La grande storia<br />

di una molecola,<br />

Codice Edizioni,<br />

Torino maggio 2006,<br />

pagine 264, euro 19,00<br />

di Alberto Roccatano<br />

Sono gli adulti che si preoccupano<br />

del futuro e che cercano<br />

di immaginarlo attraverso<br />

i comportamenti giovanili.<br />

Ma se le nuove generazioni<br />

vivono in una sorta di<br />

presente assoluto e chiamano<br />

il futuro “sogno”, a causa<br />

di una precarietà ed incertezza,<br />

anche esistenziale,<br />

espansa dal processo di globalizzazione<br />

in atto, che futuro<br />

prefigura questo rapporto<br />

sulla città di Milano. È il<br />

problema migratorio che fa<br />

da sfondo generale a questo<br />

rapporto. Infatti Milano, una<br />

città complessa in cui accanto<br />

a nicchie di benessere<br />

economico convivono sacche<br />

di disagio sociale, è una<br />

città dove cresce il numero<br />

<strong>dei</strong> giovani stranieri e diminuisce<br />

quello <strong>dei</strong> giovani italiani.<br />

Ci aspetta una convivenza<br />

obbligata fra culture<br />

ed etnie diverse, mentre i<br />

giovani, italiani e no, dovranno<br />

fare i conti con l’incertezza<br />

del lavoro. È la precarietà<br />

la base delle maggiori opportunità<br />

di lavoro offerto ai<br />

giovani. Il mondo del lavoro<br />

giovanile è come un campo<br />

da gioco (senza arbitro) che<br />

continua a cambiare. I giovani<br />

sono costretti ai suoi bordi<br />

pronti ad entrare, senza nes-<br />

sun allenatore-sindacato<br />

che indichi i tempi, consapevoli<br />

che sarà una esperienza<br />

solitaria. Un campo da gioco<br />

dove la rendita di posizione<br />

non esisterà più, perché la<br />

formazione culturale e professionale<br />

si annuncia ormai<br />

continua e permanente, se<br />

si vuole evitare la marginalità<br />

culturale e tecnologica e<br />

quindi la perdita del lavoro.<br />

Eppure è una città dove si<br />

possono trovare giovani, anche<br />

se in difficoltà e senza<br />

certezze, che non rifiutano<br />

di impegnarsi nel sociale attraverso<br />

il volontariato. Sono<br />

le famiglie “di riferimento”<br />

che tendono invece a divenire<br />

eterotopiche rispetto alla<br />

società: uno spazio altro<br />

(non definito dalle mura domestiche)<br />

protetto dalle intrusioni<br />

della vita esterna, vissuta<br />

come nemica e da cui invece<br />

occorre proteggersi e<br />

proteggere i figli. Inatteso come<br />

scenario futuro.<br />

Eugenio Zucchetti<br />

(a cura di),<br />

Milano 2006.<br />

Rapporto sulla città,<br />

presentazione di Marco<br />

Garzonio,<br />

Fondazione<br />

Ambrosianeum,<br />

Editrice Franco Angeli<br />

Milano 2006<br />

pagine 220<br />

38 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Matteo Scanni,<br />

Ruben H. Oliva<br />

‘O Sistema. Un’indagine<br />

senza censure sulla camorra<br />

Angela G. Ferrari,<br />

Alberto Re<br />

Graffiti dell’anima<br />

Raffaello Vignali<br />

Eppur si muove.<br />

Innovazione<br />

e piccola impresa<br />

Periodicamente a Napoli<br />

scoppia una faida per il controllo<br />

del territorio e la camorra<br />

si guadagna le aperture<br />

<strong>dei</strong> telegiornali, ma al<br />

decimo morto consecutivo<br />

scompare. Di camorra si<br />

scrive poco, nonostante gli<br />

oltre 2700 morti negli ultimi<br />

vent’anni.<br />

Matteo Scanni e Ruben<br />

Oliva hanno deciso di volerci<br />

capire di più, sono partiti<br />

da Milano, armati di telecamera<br />

e taccuino, e hanno<br />

confezionato un’inchiesta,<br />

documentario più libro, che<br />

mostra i meccanismi del<br />

Sistema (termine usato dai<br />

camorristi) intorno al quale<br />

girano enormi interessi economici.<br />

Basti pensare che i<br />

clan si spartiscono una torta<br />

da 28.451 milioni di euro divisi<br />

tra: narcotraffico (16.459<br />

milioni), appalti pubblici truccati<br />

(5.878 milioni), prostituzione<br />

(587 milioni), usura<br />

(4.703 milioni) e traffico di<br />

armi (824 milioni).<br />

Il film è un racconto corale<br />

che parte dal basso, da quei<br />

vicoli dove la gente respira<br />

quotidianamente violenza a<br />

base di agguati ed estorsioni.<br />

Si vedono politici coraggiosi,<br />

come il senatore Lorenzo<br />

Diana, combattere la<br />

camorra e vivere sotto scorta.<br />

Ci sono le testimonianze<br />

<strong>dei</strong> magistrati e <strong>dei</strong> poliziotti<br />

che cercano di ricostruire i<br />

percorsi criminali <strong>dei</strong> clan.<br />

Quelle <strong>dei</strong> giornalisti locali<br />

che, incuranti delle minacce,<br />

raccontano di alleanze, di<br />

arresti e regolamenti di conti.<br />

Gli autori ci mostrano la<br />

droga di Scampia e ci spiegano<br />

la faida di Secon-<br />

di Massimiliano Lanzafame<br />

digliano, tra il clan Di Lauro<br />

e gli scissionisti, che ha lasciato<br />

sul campo 47 vittime.<br />

Un capitolo a parte è per la<br />

saga della famiglia Giuliano<br />

che per quasi mezzo secolo<br />

ha fatto di Forcella il cuore illegale<br />

della città. Poi le riprese<br />

si spostano fuori<br />

Napoli, a Casal di Principe,<br />

feudo del clan <strong>dei</strong> casalesi,<br />

gli unici esponenti camorristici<br />

che, come i corleonesi<br />

in Sicilia, sono espressione<br />

di una mafia locale e contadina.<br />

I casalesi controllano<br />

la prostituzione di Castelvolturno<br />

e hanno il monopolio<br />

del traffico illegale <strong>dei</strong> rifiuti,<br />

che negli ultimi cinque<br />

anni ha fruttato 20.000 miliardi<br />

di vecchie lire. Intanto<br />

l’inquinamento distrugge il<br />

territorio e sempre più persone<br />

si ammalano di tumore.<br />

È un quadro desolante con<br />

una camorra che, noncurante<br />

degli arresti e pentimenti,<br />

continua a reclutare<br />

nuovi affiliati. “Il Sistema -<br />

spiega il sostituto procuratore<br />

Giuseppe Narducci -<br />

quando individua il giovane,<br />

se lo coltiva, si fa carico del<br />

suo nucleo d’origine, della<br />

madre, del padre, <strong>dei</strong> fratelli,<br />

eventualmente della moglie<br />

e <strong>dei</strong> figli, si occupa delle<br />

spese legali in caso di detenzione,<br />

procura buoni avvocati.<br />

Il Sistema segue l’affiliato<br />

nei momenti più importanti<br />

della sua vita: matrimonio,<br />

impegni di spesa per<br />

l’auto, l’affitto.Tutto”.<br />

M. Scanni, R. H. Oliva,<br />

‘O Sistema, Rizzoli, 2006,<br />

pagine 115, euro 19,50<br />

di Filippo Senatore<br />

Bisogna fare il possibile per<br />

fermare il numero impressionante<br />

d’incidenti sulle strade<br />

del Belpaese.<br />

La regola prima è far prevalere<br />

il senso civico degli automobilisti<br />

che non rispettano<br />

le regole mettendo in pericolo<br />

se stessi e gli altri.<br />

Le vittime della strada sono la<br />

prima causa di morte in Italia.<br />

Le stragi del sabato sera<br />

coinvolgono soprattutto i giovani<br />

e i giovanissimi. È un’inchiesta<br />

sul dolore di coloro i<br />

quali rimangono impotenti rispetto<br />

alla vulnerabilità della<br />

vita. I fatti si svolgono<br />

all’Ospedale civile di Brescia,<br />

situato in una zona ad altissima<br />

mortalità per incidenti<br />

stradali.<br />

Durante i lavori di ristrutturazione<br />

e di ripulitura <strong>dei</strong> muri<br />

all’interno del nosocomio,<br />

Angela Ferrari scopre scritte<br />

di speranza e di disperazione<br />

<strong>dei</strong> familiari e degli amici delle<br />

vittime. Alberto Re prima che<br />

intervenga l’imbianchino, fotografa<br />

i graffiti destinati alla<br />

cancellazione. Il libro è un reportage<br />

sulla decifrazione<br />

delle parole, scritte sui muri<br />

delle sale d’attesa del pronto<br />

soccorso, delle scale e delle<br />

anticamere <strong>dei</strong> vari reparti<br />

dell’ospedale.<br />

Lo scopo è sensibilizzare le<br />

persone sui problemi della sicurezza<br />

stradale.<br />

Descrizione <strong>dei</strong> volti intubati<br />

nelle sale di rianimazioni come<br />

monito alla prudenza. “È<br />

già il quinto giorno che dormi;<br />

mi sembra che potrebbe bastare,<br />

non credi Apri gli occhi<br />

e torna con noi!” è uno <strong>dei</strong><br />

tanti messaggi struggenti.<br />

“Ma lasciate che a voi non la<br />

sveli, castissime stelle” (Shakespeare).<br />

Gli autori commentano le<br />

scritte con citazioni di Rousseau<br />

e Platone, Pessoa e<br />

Goethe.<br />

I graffiti ricordano le lapidi romane<br />

lungo le strade consolari.<br />

La disperazione nella ricerca<br />

del recupero di un passato<br />

dissolto, cede alla consolazione<br />

del racconto di una<br />

vita, delle consuetudini quotidiane<br />

fermate dalla memoria<br />

come l’emblema della descrizione<br />

di un volto caro.<br />

Il libro illustrato è corredato<br />

da lettere e pensieri <strong>dei</strong> familiari<br />

delle vittime raccolte dai<br />

curatori: “La strada deve essere<br />

luogo di vita, di progresso,<br />

di crescita umana e sociale<br />

e non di morte” riferisce<br />

il genitore di una vittima della<br />

strada. Grazie alla mobilitazione<br />

delle associazioni e<br />

delle istituzioni pubbliche, si<br />

cerca di ridurre il danno ed il<br />

numero d’incidenti con campagne<br />

pubbliche diffuse con<br />

spot televisivi e messaggi<br />

pubblicitari.<br />

Nel corso dell’anno passato il<br />

libro, grazie all’Associazione<br />

familiari e vittime delle strade<br />

onlus, è stato diffuso nelle<br />

scuole per sollecitare il senso<br />

di responsabilità tra i ragazzi<br />

freschi di patente.<br />

Conferenze itineranti hanno<br />

tentato e tentano di educare<br />

alla prudenza ed al rispetto<br />

del codice della strada per<br />

evitare vite spezzate, coma<br />

profondo e sedie a rotelle.<br />

Il libro di segni e disegni, aiuta<br />

a rispettare il codice della<br />

vita.<br />

Angela G. Ferrari, Alberto<br />

Re, Graffiti dell’anima,<br />

Vannini editrice,<br />

pagine 96, euro 13,00<br />

di Giacomo Ferrari<br />

L’innovazione è un problema<br />

che riguarda soltanto le<br />

grandi aziende Niente affatto.<br />

Bisogna superare i<br />

luoghi comuni che circondano<br />

questo concetto. Per<br />

prima cosa l’innovazione<br />

non significa soltanto tecnologia.<br />

In secondo luogo<br />

l’oggetto dell’innovazione<br />

non si limita al prodotto e al<br />

processo produttivo, ma<br />

comprende un universo assai<br />

più vasto. Tanto vasto<br />

che anche una piccola bottega<br />

artigiana, se vuole, fa<br />

dell’innovazione ogni giorno.<br />

È questo il messaggio<br />

contenuto in un agile volume<br />

che ogni piccolo imprenditore<br />

o aspirante tale<br />

dovrebbe leggere e meditare.<br />

Lo ha scritto Raffaello<br />

Vignali, presidente della<br />

Compagnia delle opere,<br />

l’associazione di piccole e<br />

medie imprese di ispirazione<br />

cattolica che vanta ben<br />

34 mila aderenti. Sociologo,<br />

43 anni, Vignali ha diretto<br />

l’Irer (Istituto regionale di ricerca<br />

della Lombardia) e<br />

insegna Management della<br />

ricerca pubblica e dell’alta<br />

formazione presso il<br />

Politecnico di Milano: è<br />

uno, insomma, che ha maturato<br />

l’esperienza necessaria<br />

per intervenire su<br />

questo delicato tema.<br />

Il libro è uscito alla vigilia<br />

del workshop organizzato a<br />

Milano (fine novembre<br />

2006) dalla Compagnia<br />

delle opere, che ha richiamato<br />

nei padiglioni della<br />

Fiera a Rho-Pero oltre mille<br />

piccole e medie imprese. E<br />

proprio da questa manifestazione<br />

sono arrivate le<br />

conferme delle tesi sostenute<br />

da Vignali. Tra gli<br />

espositori erano presenti<br />

imprenditori di ogni età e<br />

operanti nei più diversi settori<br />

merceologici. Sono<br />

emerse storie di successo,<br />

raccontate dai protagonisti,<br />

che potrebbero tranquillamente<br />

trovare posto in una<br />

raccolta dedicata a chi ha<br />

un’idea imprenditoriale e<br />

vuole verificarne le possibilità<br />

di realizzazione. Storie,<br />

inoltre, tutte costruite proprio<br />

intorno a un’idea innovativa.<br />

Ma ritorniamo al libro di<br />

Vignali. Il tema dell’innovazione<br />

è affrontato a 360<br />

gradi, attraverso una ricerca<br />

accurata, ricca di esempi<br />

e di case history. Ma soprattutto<br />

indica il percorso<br />

da seguire, in un’ottica che<br />

ha colto molto bene<br />

Adriano De Maio, rettore<br />

del Politecnico di Milano,<br />

nella postfazione: quella<br />

dell’ “assoluta centralità<br />

dell’uomo”. Perché, sono<br />

sempre sue parole, “il vero<br />

capitale di un’impresa è dato<br />

dalle persone che vi lavorano,<br />

innanzitutto, e dalla<br />

rete di persone esterne con<br />

cui si hanno rapporti”. Da<br />

qui la tesi centrale del libro,<br />

richiamata anche nelle<br />

conclusioni: l’innovazione,<br />

così come la creatività, “è<br />

una dimensione propria del<br />

capitale umano, non delle<br />

organizzazioni”.<br />

Raffaello Vignali<br />

Eppur si muove.<br />

Innovazione e<br />

piccola impresa,<br />

Guerini & Associati-<br />

Fondazione per la<br />

Sussidiarietà,<br />

pagine 186, euro 15,00<br />

Romano F. Cattaneo<br />

Antonio Locatelli<br />

tra eroismo e cultura<br />

Lello Gurrado<br />

Nomination<br />

di Massimiliano Lanzafame<br />

di Massimiliano Lanzafame<br />

Il libro narra le gesta del bergamasco<br />

Antonio Locatelli,<br />

eroe di guerra dell’aviazione<br />

italiana (decorato con tre medaglie<br />

d’oro). Pilota di straordinario<br />

talento e coraggio, si<br />

ricorda per il suo volo su<br />

Vienna in squadra con<br />

D’Annunzio, nel 1918, quando<br />

sommerse gli austriaci<br />

con una pioggia di volantini<br />

tricolori. L’anno seguente,<br />

s’imbarcò per l’Argentina dove,<br />

in aereo, fece la traversata<br />

del continente superando<br />

le Ande. Così, a soli ventitré<br />

anni, Locatelli inaugurò una<br />

nuova rotta aerea e s’inventò<br />

primo corriere postale della<br />

storia. Ma l’autore ci mostra<br />

anche un’altra faccia della<br />

personalità del protagonista,<br />

quella artistica, che svariava<br />

dalla poesia al disegno, dalla<br />

fotografia alla scrittura. Nel<br />

1924, edito da Treves, uscì il<br />

libro Le ali del prigioniero,<br />

scritto per ricordare l’avventurosa<br />

fuga dal campo d’internamento<br />

di Sigmundsherberg<br />

“travestito da soldato<br />

austriaco con documenti falsi”.<br />

Fu un ottimo cronista di<br />

guerra e un attento osservatore<br />

delle realtà in cui s’imbatteva<br />

nel suo peregrinare<br />

per il mondo, ma seppe dare<br />

la giusta attenzione alla sua<br />

città dirigendo La Rivista di<br />

Bergamo. Carlo De Martino,<br />

presidente <strong>dei</strong> giornalisti lombardi<br />

per circa venticinque<br />

anni, che fu redattore capo<br />

della testata ai tempi di<br />

Locatelli, lo descriveva così:<br />

“Fa il direttore, assegna argo-<br />

menti da trattare, escogita temi<br />

inconsueti, cura le attualità<br />

[...]. Giornalista pronto a<br />

trattare con dimestichezza gli<br />

argomenti più disparati, ma<br />

anche giornalista istintivo se<br />

si tien conto di tutte le serate<br />

da lui trascorse al Duse o al<br />

Nuovo, seduto in platea intento<br />

a ritrarre con la matita<br />

le opposte espressioni degli<br />

spettatori e gli atteggiamenti<br />

delle ballerine viennesi della<br />

Compagnia Schwarz, di cui<br />

riferirà sulla Rivista in diciotto<br />

schizzi senza testo”.<br />

Romano F. Cattaneo,<br />

Antonio Locatelli<br />

tra eroismo e cultura,<br />

Ferrari Editrice,<br />

Bergamo 2005,<br />

pagine 128, euro 10,00<br />

Immaginate un’isola sperduta<br />

nel Pacifico e otto spietati<br />

assassini, già condannati<br />

a morte, rinchiusi in un<br />

ranch spiati ventiquattr’ore<br />

su ventiquattro dalle telecamere.<br />

Cosa può succedere<br />

Il più assurdo reality<br />

show mai realizzato, che<br />

non mette in palio solo soldi,<br />

ma il “premio” più impensabile<br />

per un gioco: la vita<br />

umana. Ogni sabato sera, il<br />

pubblico vota, per decidere<br />

chi dev’essere giustiziato in<br />

diretta.<br />

Si discute spesso sulla deriva<br />

televisiva e sulla crescente<br />

insofferenza del<br />

pubblico telespettatori verso<br />

i reality. Lello Gurrado, nel<br />

suo primo romanzo noir,<br />

scritto col linguaggio e il piglio<br />

del cronista, appassiona<br />

il lettore pensando una<br />

tv che si spinge fino al punto<br />

di non ritorno.<br />

L’Esecuzione, è questo il<br />

nome dato alla trasmissione,<br />

riesce a incollare davanti<br />

agli schermi un’intera<br />

nazione. Nei bar, per strada<br />

e sui giornali americani non<br />

si parla d’altro. Sociologi e<br />

psicologi s’interrogano sulle<br />

personalità <strong>dei</strong> concorrenti.<br />

In video scorrono le immagini<br />

<strong>dei</strong> detenuti, che raccontano<br />

le loro agghiaccianti<br />

storie e si formano i<br />

partiti pro e contro i vari protagonisti<br />

dello show. Ci sono<br />

le prime nomination e le<br />

prime esecuzioni, ma di colpo<br />

la situazione va fuori<br />

controllo: i reclusi si ribella-<br />

no prendendo in ostaggio<br />

chi lavora alla realizzazione<br />

della trasmissione. Regista,<br />

conduttore, tecnici e produttori<br />

si ritrovano di colpo<br />

concorrenti del gioco e rischiano<br />

di morire se “nominati”<br />

dal pubblico.<br />

La politica non può stare a<br />

guardare degli innocenti<br />

che rischiano di morire,<br />

l’America va incontro a una<br />

pericolosa deriva della giustizia<br />

con ripercussioni disastrose<br />

sull’opinione pubblica.<br />

Allora decide di usare la<br />

forza, ma l’esito non è scontato,<br />

l’unica certezza è che<br />

va in onda il reality shock.<br />

Lello Gurrado,<br />

Nomination, Fanucci<br />

Editore, Roma 2006,<br />

pagine 215, euro 14,00<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

39


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Michele Ainis<br />

Vita e morte di una Costituzione.<br />

Una storia italiana<br />

Andrea Nicastro<br />

Nassiriya. Bugie<br />

tra pace e guerra<br />

Michele Cucuzza<br />

Ma il cielo è sempre più blu<br />

di Rosa Alba Bucceri<br />

Un’insolita pagina pubblicitaria<br />

è apparsa in rete e nei<br />

quotidiani all’inizio anno.<br />

L’oggetto, reclamizzato dal<br />

Governo, è la nostra Costituzione,<br />

prossima ai sessant’anni:<br />

traguardo per<br />

nulla scontato qualche mese<br />

fa.<br />

L’headline reca memoria<br />

dello scampato pericolo avvisando<br />

gli italiani che la<br />

Costituzione c’è, è dappertutto,<br />

anche se non si vede.<br />

Un pizzico d’enfasi non<br />

guasta, anzi fa bene.<br />

Purché non ci sfugga che la<br />

sopravvivenza della Carta<br />

del ‘47, garantita dal referendum,<br />

può equivalere a<br />

una morte di fatto.<br />

Un saggio, tra i numerosi<br />

scritti in suo soccorso - Vita<br />

e morte di una Costituzione.<br />

Una storia italiana -<br />

continua a ricordarcelo.<br />

“Il risultato delle urne - ribadisce<br />

l’autore, il giurista Michele<br />

Ainis - non annulla gli<br />

effetti di una delegittimazione<br />

di lungo corso, con cui<br />

tocca fare i conti”. Come dire<br />

che la partita è ancora<br />

da giocare. Perché la Costituzione<br />

- voluta e snobbata,<br />

massacrata e salvata<br />

in extremis - chiede ancora<br />

di essere applicata: è la rivoluzione<br />

vagheggiata in<br />

chiusura del libro. Con buona<br />

pace del pessimismo<br />

esibito nel titolo, contraddetto<br />

del resto dalla difesa<br />

puntigliosa della Carta, cui<br />

l’autore non riconosce altro<br />

difetto che i suoi indiscutibili<br />

pregi. E ci costa ammettere<br />

che la storia della sua mancata<br />

attuazione, che è la<br />

storia del nostro fallimento<br />

politico e civile, restituisce<br />

degli italiani ipocriti, mediocri<br />

pure nella parte del<br />

bell’Antonio.<br />

La vicenda costituzionale è<br />

offerta al lettore come un<br />

giallo, con tanto di vittima,<br />

la Costituzione e un colpevole<br />

principale, il sistema<br />

partitocratico. Che però è<br />

attecchito e cresciuto con la<br />

benedizione acquiescente<br />

di noi tutti, responsabili in<br />

qualche misura.<br />

Gli strali dell’autore non risparmiano<br />

i padri costituenti<br />

- Calamandrei, Scelba<br />

- né i giuristi, colpevoli di<br />

snobismo e mancata divulgazione.<br />

Il primo <strong>dei</strong> nove capitoli di<br />

cui si compone il saggio, ci<br />

porta sulla scena dell’ultimo<br />

delitto: la baita di<br />

Lorenzago. È lì che nell’agosto<br />

del 2003 la nostra<br />

Costituzione, già stremata<br />

da due decenni di incursioni<br />

maldestre denominate<br />

riforme, subisce l’ultimo<br />

massacro, in allegria. Se la<br />

sbrigano pochi “saggi” in<br />

poche giornate estive.<br />

Senza testimoni e nell’indifferenza<br />

generale, come<br />

nella migliore tradizione<br />

noir. Perché lo smantellamento<br />

della Costituzione<br />

ha intaccato legalità, giustizia<br />

e diritti, compreso quello<br />

all’informazione, presidio<br />

delle democrazie.<br />

Eppure, tre anni dopo, gli<br />

italiani corrono a salvarla,<br />

nelle urne, a colpi di no. In<br />

un soprassalto di sana diffidenza<br />

verso l’ultima novità<br />

di dubbio raccatto e pessima<br />

fattura. O forse di nostalgia,<br />

la stessa che pervade<br />

i capitoli centrali del libro,<br />

dalla nascita della Costituzione<br />

- travagliata eppure<br />

partecipata, dai 556<br />

costituenti come dai comuni<br />

cittadini - al felice intermezzo<br />

degli anni 60 e 70,<br />

stagione <strong>dei</strong> diritti e delle<br />

speranze di attuazione.<br />

Deluse, a causa anche <strong>dei</strong><br />

tradimenti, cominciati quando<br />

la Carta era ancora “in<br />

fasce”, <strong>dei</strong> sabotaggi (emblematico<br />

quello delle<br />

Regioni) culminati in una sistematica<br />

disapplicazione.<br />

La grande trovata delle<br />

“grandi riforme” inaugura<br />

poi una storia di tentativi<br />

falliti (tre Bicamerali, 687<br />

progetti depositati), frutto<br />

del gioco perverso di una<br />

partitocrazia bisognosa di<br />

capri espiatori e disposta,<br />

per accreditarsi, a passare<br />

sul cadavere della Costituzione.<br />

Michele Ainis,<br />

Vita e morte di una<br />

Costituzione.<br />

Una storia italiana,<br />

Laterza (Saggi Tascabili)<br />

2006,<br />

pagine 170, euro 10,00<br />

di Filippo Senatore<br />

“Non riesco più a ricordare<br />

com’è una città in pace”.<br />

Sono le parole di un cittadino<br />

iracheno che sogna di<br />

poter camminare per Nassiriya<br />

senza avere niente da<br />

temere. Il rapporto di fratellanza<br />

e di amicizia sul campo<br />

consente al giornalista di<br />

avere più notizie e di entrare<br />

nel doloroso ed intricato groviglio<br />

che è la guerra. I reportage<br />

di Egisto Corradi,<br />

Goffredo Parise e Tiziano<br />

Terzani, sono rivelatori di<br />

dialogo sul campo.<br />

Andrea Nicastro con la sua<br />

testimonianza <strong>dei</strong> fatti, Nassiriya.<br />

Bugie tra pace e guerra<br />

racconta gli avvenimenti<br />

accaduti a Nassiriya spiegando<br />

i differenti ruoli svolti<br />

dalla missione italiana dal<br />

2003.<br />

Il libro comprende un Dvd da<br />

lui realizzato con una piccola<br />

telecamera che supporta la<br />

veridicità <strong>dei</strong> fatti raccontati.<br />

Egli spiega lo scopo della<br />

missione americana e di<br />

quella italiana.<br />

Il parlamento italiano il 14<br />

maggio 2003 chiede ai soldati<br />

di “garantire la sicurezza<br />

essenziale per un aiuto effettivo<br />

alla popolazione e per<br />

contribuire alle attività d’intervento,<br />

più urgente nel ripristino<br />

delle infrastrutture e<br />

<strong>dei</strong> servizi essenziali”.<br />

I carabinieri catapultati a<br />

Nassirya vivono la dicotomia<br />

di un mandato non chiaro:<br />

quello di missione di pace, ritenuto<br />

tale dagli italiani in<br />

patria e quello reale di garante<br />

della sicurezza in virtù<br />

degli accordi internazionali e<br />

delle regole d’ingaggio.<br />

Quale forza militare non viene<br />

dotata <strong>dei</strong> mezzi idonei di<br />

attacco (inquietante il rifiuto<br />

di operazione militare da<br />

parte di una squadra di avieri)<br />

e quale missione di pace<br />

non dispone di risorse necessarie<br />

ad avviare la ricostruzione.<br />

Malgrado ciò, i militari si<br />

mettono al lavoro principalmente<br />

come forza di pace. I<br />

generali e i funzionari diventano<br />

manager avviando lavori<br />

per la ricostruzione di<br />

scuole, per la riparazione di<br />

acquedotti e per far ripartire<br />

le centrali elettriche. Il rapporto<br />

con le autorità locali e<br />

gli sceicchi corrotti, armati<br />

con una propria milizia, è difficoltoso.<br />

La polizia locale è<br />

male equipaggiata, uno stipendio<br />

da fame e non riscuote<br />

il rispetto della popolazione.<br />

I carabinieri addestrano gli<br />

agenti ad essere reattivi, pena<br />

il licenziamento, e impongono<br />

la loro subordinazione<br />

alla magistratura e all’amministrazione<br />

civile.<br />

I militari italiani si muovono<br />

diversamente dalle forze anglo-americane<br />

riscuotendo<br />

solidarietà da parte della popolazione.<br />

Ciò non basta. La situazione<br />

precipita e il ruolo della missione<br />

è di garantire la sicurezza:<br />

la strage del 13 novembre<br />

(White Horse) nella<br />

quale perdono la vita soldati<br />

italiani e civili iracheni è il<br />

momento della svolta. Il gioco<br />

cambia e si fa più duro.<br />

I militari non parlano più con<br />

i giornalisti; sono scoraggiati<br />

i contatti (specie dopo la<br />

Battaglia <strong>dei</strong> Ponti in aprile<br />

2004). Nicastro spiega come<br />

è andata. Secondo la sua ricostruzione<br />

gli italiani hanno<br />

combattuto bene senza rischi<br />

inutili e senza strafare.<br />

Hanno evitato di fare vittime.<br />

Le fonti irachene confermano<br />

la sua versione.<br />

La tregua è stata negoziata<br />

da Barbara Contini la quale<br />

ha mostrato coraggio e doti<br />

diplomatiche.<br />

Tuttavia viene proclamata la<br />

guerra santa da parte di Aws<br />

Al Kafaji (capo delle milizie<br />

fondamentaliste, e seguace<br />

di Al Sadr) Nel maggio 2004<br />

la tregua salta. La città è in<br />

mano ai rivoltosi e vivrà giornate<br />

di terrore.<br />

Alcuni soldati italiani sono<br />

feriti e il lagunare Matteo<br />

Vanzan morirà per mancanza<br />

di soccorsi.<br />

I soldati combattono per tre<br />

giorni, completamente isolati<br />

e senza viveri, e potranno<br />

evacuare la palazzina solo<br />

grazie all’intervento provvidenziale<br />

degli inglesi.<br />

Andrea Nicastro<br />

Nassiriya. Bugie<br />

tra pace e guerra,<br />

Reportage su carta e dvd,<br />

prefazione di Ettore Mo<br />

pagine 255, euro 18,00<br />

di Filippo Senatore<br />

Nel 1835 Alexandre Dumas<br />

viaggiando in Calabria coglie<br />

l’essenza della malavita<br />

organizzata, compromesso<br />

con l’apparato dello Stato. Il<br />

pluri-omicida dell’epoca Santo<br />

Coraffe paga alla polizia<br />

una piccola rendita per essere<br />

lasciato tranquillo.<br />

Nel 1902 il vice pretore di<br />

Oppido conferma le impressioni<br />

dell’autore del Conte di<br />

Montecristo e <strong>dei</strong> Tre Moschettieri:<br />

“Detta associazione<br />

(ndr la ‘ndrangheta) non aveva<br />

soltanto per scopo la manomessione<br />

della proprietà e<br />

persone, ma anche l’amministrazione<br />

della giustizia”.<br />

Tra il 1970 e il 1990 si scatena<br />

la stagione della mattanza<br />

per la conquista e il consolidamento<br />

<strong>dei</strong> blasoni delle<br />

‘ndrine calabresi.<br />

In questo periodo i delitti eccellenti<br />

sono pochissimi per<br />

evitare interferenze nel nuovo<br />

potere feudale. Secondo Curzio<br />

Maltese “La lotta alla criminalità<br />

sembra una metafora<br />

di Achille e la tartaruga.<br />

Per quanto le forze dell’ordine<br />

s’impegnino contro le mafie,<br />

accelerando il passo, arrivano<br />

sempre in ritardo sulla<br />

realtà”. Il fenomeno è internazionale<br />

e si irradia a Milano, a<br />

Sydney ecc.<br />

Il 16 ottobre 2005 Francesco<br />

Fortugno, vice presidente del<br />

Consiglio regionale viene ucciso<br />

a Locri, davanti a molti<br />

testimoni con i killer a volto<br />

scoperto. È una domenica in<br />

cui si svolgono le primarie<br />

dell’Unione.<br />

Michele Cucuzza, giornalista,<br />

volto noto della Rai, riprende<br />

il taccuino del vecchio cronista<br />

per indagare sui fatti di<br />

Calabria. Una voce responsabile<br />

in un momento grave<br />

nella vita civile calabrese.<br />

Sceglie nel taccuino il titolo di<br />

una canzone de crotonese<br />

Rino Gaetano, Ma il cielo è<br />

sempre più blu come viatico<br />

di speranza.<br />

A differenza del predecessore<br />

Alexandre Dumas che<br />

aveva come unico rieferente<br />

del potere locale, il barone<br />

Mollo di Cosenza, l’autore si<br />

reca nei fortilizi del potere locale<br />

e della società civile per<br />

interrogare sia testimoni resistenti<br />

che rassegnati. I calabresi<br />

parlano al microfono<br />

aperto del cronista senza intermediazioni,<br />

a volte per luoghi<br />

comuni e frasi scontate a<br />

volte accendendo speranze<br />

nuove di riscatto.<br />

Colpisce la semplicità e la<br />

determinatezza del vescovo<br />

di Locri Gian Carlo Bregantini<br />

che diffonde la cultura<br />

della legalità e del rifiuto della<br />

sopraffazione. I ragazzi di<br />

Locri hanno detto a viso<br />

aperto basta con la ’ndrangheta.<br />

Certezza della pena<br />

per chi vìola la legge, educazione<br />

e rispetto delle leggi<br />

nelle scuole e nella società<br />

civile. È il minimo comune<br />

denominatore per arrivare alla<br />

normalità e partire per un<br />

riscatto economico.<br />

Uno <strong>dei</strong> maggiori esperti di,<br />

ndrangheta, Enzo Ciconte,<br />

focalizza l’aspetto del consenso<br />

di massa. L’attività criminale<br />

organizzata rappresenta<br />

uno strumento formidabile<br />

per far soldi e per assicurarsi<br />

una rapida promozione<br />

sociale, cui segue il conseguente<br />

potere e prestigio.<br />

È un modello in una società<br />

nella quale vivono duecentomila<br />

giovani disoccupati. Il<br />

blocco sociale aggregatosi in<br />

Calabria con il potere politico<br />

sfrutta pesantemente e depreda<br />

le risorse dello Stato.<br />

La democrazia sembra diventare<br />

evanescente e viene<br />

vista come un involucro,<br />

svuotato di contenuto e di<br />

credibilità. Quello che fa impressione<br />

in Calabria, rispetto<br />

al resto d’Italia, è che l’aristocrazia<br />

delle famiglie criminali<br />

si tramanda da generazioni<br />

alla stessa maniera delle<br />

famiglie degli uomini politici.<br />

Ricorrono sempre gli<br />

stessi cognomi come se la<br />

fatale frase del principe di<br />

Salina cristallizzi una realtà<br />

immutabile.<br />

L’omicidio Fortugno ha spezzato<br />

tale visione del mondo<br />

La risposta arriva da Alexandre<br />

Dumas nel suo racconto<br />

calabrese. “Ma poiché<br />

bisognerà sempre finire da<br />

dove si è cominciato, ricominciamo<br />

e questa volta nessuna<br />

grazia, vi prego”.<br />

Michele Cocuzza,<br />

Ma il cielo è sempre<br />

più blu,<br />

Editori Riuniti,<br />

pagine 139, euro 18,00<br />

Michele Ruggiero<br />

Nei secoli fedele allo Stato<br />

di Massimiliano Ancona<br />

Nell’estate del 1964, al giovane<br />

tenente <strong>dei</strong> carabinieri<br />

Nicolò Bozzo, viene affidato il<br />

compito di gestire le celle di sicurezza<br />

dell’aereoporto milanese<br />

di Linate. Celle delle<br />

quali nessuno conosce l’esistenza.<br />

Qualche mese dopo, allo<br />

scoppio dello “scandalo Sifar”<br />

(Servizio informazioni forze<br />

armate), scoprirà che avrebbe<br />

dovuto prendere in custodia<br />

i cosiddetti “enucleandi” -<br />

ovvero gli esponenti politici<br />

comunisti e socialisti - da trasferire<br />

in Sardegna, nel quadro<br />

del “Piano Solo”, il colpo di<br />

Stato progettato dal generale<br />

Giovanni De Lorenzo.<br />

Nel 1972, Bozzo viene chiamato<br />

allo Stato maggiore della<br />

“Pastrengo” e guarda con<br />

poco favore la formazione di<br />

un singolare gruppo di potere<br />

parallelo onnipresente nella<br />

strategia della tensione e in al-<br />

tri fatti oscuri che gravano sulla<br />

Repubblica italiana. Negli<br />

anni di piombo, il generale<br />

Carlo Alberto dalla Chiesa lo<br />

vuole accanto a sé nei reparti<br />

speciali antiterrorismo, di cui è<br />

responsabile per il settore del<br />

Nord Italia. Presidente del<br />

Cocer carabinieri, la rappresentanza<br />

militare dell’Arma,<br />

non esiterà a denunciare le<br />

connivenze e le infiltrazioni<br />

della loggia P2 di Licio Gelli.<br />

Una lealtà verso le istituzioni,<br />

quella di Bozzo, che non gli<br />

verrà mai perdonata da quei<br />

settori dell’Arma e della politica<br />

sensibili ai richiami del<br />

“gran maestro venerabile”.<br />

Così viene emarginato e relegato<br />

in una posizione periferica.<br />

Riesce ancora ad avere<br />

un ruolo di protagonista nell’indagine<br />

sul presidente della<br />

Regione Liguria, Alberto<br />

Teardo, ovvero l’avvio - remoto<br />

e quasi dimenticato - dell’inchiesta<br />

“Mani pulite”, e nelle<br />

indagini sulle bombe di<br />

Savona nel 1974-75. La sua<br />

carriera riprende soltanto alla<br />

fine degli anni Ottanta, dopo<br />

una serie di denunce personali<br />

e pubbliche, con un crescendo<br />

che lo porta ai vertici<br />

dell’Arma in Lombardia.<br />

Tutto questo è Nei secoli fedele<br />

allo Stato.L’arma, i piduisti, i<br />

golpisti, i brigatisti, le coperture<br />

eccellenti, gli anni di piombo<br />

nel racconto del generale<br />

Nicolò Bozzo scritto insieme a<br />

Michele Ruggiero per Fratelli<br />

Frilli editori.<br />

Ruggiero è un giornalista professionista<br />

che vive e lavora a<br />

Torino e in quest’opera completa<br />

e avvincente descrive,<br />

nella forma di un’ampia intervista-autobiografia,<br />

i 42 anni<br />

di servizio nell’Arma del generale<br />

Nicolò Bozzo: una carriera<br />

intensa e mai lineare in cui,<br />

per caso o per volontà personale,<br />

gli è accaduto di incrociare<br />

episodi e trame significative<br />

della complessa storia<br />

italiana. «Non ho rimpianti, rifarei<br />

tutto» chiude Bozzo, che<br />

a 72 anni ha ovviamente altre<br />

cose a cui pensare.<br />

Michele Ruggiero,<br />

Nei secoli fedele allo<br />

Stato. L’arma, i piduisti,<br />

i golpisti, i brigatisti,<br />

le coperture eccellenti, gli<br />

anni di piombo<br />

nel racconto del generale<br />

Nicolò Bozzo,<br />

Fratelli Frilli Editori,<br />

pagine 316, euro 15,00<br />

40 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Giuseppe Corasaniti<br />

Diritto e deontologia<br />

dell’informazione<br />

Mauro Paissan<br />

Privacy e Giornalismo<br />

Vito Tartamella<br />

Parolacce<br />

di Sabrina Peron<br />

La libertà di informazione<br />

rappresenta il nucleo vitale<br />

delle libertà civili ed il presupposto<br />

per l’esercizio di<br />

ogni altra libertà costituzionalmente<br />

riconosciuta.<br />

Difatti solo una stampa libera,<br />

unitamente al diritto di<br />

tutti di manifestare il proprio<br />

pensiero, costituiscono i<br />

presupposti di ogni società<br />

autenticamente democratica.<br />

Accanto alla libertà di<br />

informare - ossia il diritto di<br />

ricercare e diffondere informazioni<br />

con ogni mezzo -<br />

sta anche il diritto di essere<br />

informati, il che comporta la<br />

necessità di avere una pluralità<br />

di fonti informative, il libero<br />

accesso alle medesime<br />

e l’assenza di ingiustificati<br />

ostacoli legali alla circolazione<br />

di notizie e idee.<br />

Il volume di Giuseppe Corasaniti,<br />

destinato non solo a<br />

chi si avvia alla professione<br />

giornalistica, ma anche a<br />

tutti coloro che sono interessati<br />

ad approfondirne i<br />

molteplici aspetti giuridici,<br />

affronta, in maniera chiara,<br />

completa ed accurata, le<br />

problematiche connesse all’esercizio<br />

della professione<br />

giornalistica. Il manuale si<br />

apre con un’analisi della disciplina<br />

dell’ordinamento<br />

professionale <strong>dei</strong> giornalisti<br />

(funzionamento e poteri<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

praticantato e accesso alla<br />

professione, lavoro e previdenza<br />

etc.), per poi approfondire<br />

i vari aspetti deontologici:<br />

rispetto della personalità<br />

altrui; rispetto della<br />

verità; dovere di lealtà e<br />

buona fede; dovere di rettifica;<br />

rispetto del segreto professionale.<br />

Con riferimento<br />

alla deontologia, non manca<br />

l’imprescindibile disamina<br />

delle varie Carte, quali la<br />

Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista<br />

e la Carta di Treviso,<br />

del Codice deontologico<br />

adottato in materia di protezione<br />

<strong>dei</strong> dati personali e<br />

del Ccnl giornalisti (all’interno<br />

del quale particolare attenzione<br />

è dedicata ai poteri<br />

del direttore, alla clausola<br />

di coscienza ed ai diritti sindacali).<br />

Il manuale si chiude con un<br />

lungo capitolo dedicato alla<br />

regolamentazione dell’attività<br />

informativa. In riferimento<br />

alla quale, vengono<br />

anzitutto in rilievo le norme<br />

penali concernenti il reato<br />

di diffamazione (con le relative<br />

scriminanti elaborate in<br />

sede giurisprudenziale di<br />

verità, interesse pubblico e<br />

continenza) e la responsabilità<br />

del direttore, nonché<br />

quelle relative i reati di aggiotaggio<br />

(che si realizza<br />

quando, a mezzo di notizie,<br />

false, esagerate e tendenziose,<br />

si cagiona una variazione<br />

fraudolenta <strong>dei</strong> prezzi)<br />

e di insider trading (ossia<br />

la diffusione di notizie riservate<br />

al fine di speculare in<br />

Borsa su titoli societari),<br />

che interessano soprattutto<br />

il delicatissimo ambito del<br />

giornalismo economico e finanziario.<br />

E proprio per prevenire<br />

il fenomeno dell’insider<br />

trading ed affrontare il<br />

problema del conflitto d’interessi,<br />

il Consiglio nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

ha approvato, nel febbraio<br />

2005, la nuova Carta<br />

<strong>dei</strong> doveri per i giornalisti<br />

dell’informazione economica<br />

e finanziaria, anch’essa<br />

analiticamente esaminata<br />

nel volume di Corasaniti.<br />

Se dunque non vi è vera<br />

democrazia senza libertà di<br />

informazione, legalità e garanzie<br />

sono, e rimangono, i<br />

valori fondamentali e qualificanti<br />

della professione<br />

giornalistica, che, come ricorda<br />

l’Autore nella sua<br />

premessa, mantiene il suo<br />

senso proprio perché trae<br />

negli altri la propria legittimazione.<br />

Il manuale Diritto<br />

e deontologia dell’informazione,<br />

in definitiva si propone<br />

quale strumento per non<br />

confondere l’informazione<br />

consapevole con il pregiudizio<br />

urlato, spesso in assenza<br />

di confronto con l’altro, o<br />

con l’annullamento spettacolare<br />

dell’avversario.<br />

Giuseppe Corasaniti,<br />

Diritto e deontologia<br />

dell’informazione,<br />

CEDAM, 2006,<br />

pagine 347, euro 30,00<br />

di Sabrina Peron<br />

Il volume Privacy e Giornalismo.<br />

Diritto di cronaca e diritti<br />

<strong>dei</strong> cittadini, a cura di<br />

Mauro Paissan (membro dell'autorità<br />

Garante per la protezione<br />

<strong>dei</strong> dati personali),<br />

edito dal Garante per la protezione<br />

<strong>dei</strong> dati personali, innova<br />

la precedente edizione<br />

del 2003 (già da tempo esaurita),<br />

con la pubblicazione di<br />

nuovi provvedimenti e di nuovi<br />

materiali di documentazione.<br />

Il libro si divide in quattro parti:<br />

la prima parte è dedicata al<br />

codice deontologico, da Paissan<br />

qualificato fonte secondaria,<br />

sia pure atipica, dell’ordinamento;<br />

la seconda, dal titolo<br />

Temi, contiene un bilancio<br />

sull’applicazione delle regole<br />

della Carta di Treviso a<br />

15 anni dalla sua adozione,<br />

nonché la pubblicazione <strong>dei</strong><br />

quesiti che l’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />

<strong>dei</strong> giornalisti ha posto al<br />

Garante con riferimento ad<br />

alcune questioni particolarmente<br />

scottanti (pubblicazione<br />

di immagini, ivi comprese<br />

quelle di minori, la pubblicazione<br />

<strong>dei</strong> nomi di persone<br />

coinvolte in fatti di cronaca,<br />

etc.), con i chiarimenti forniti<br />

dal Garante sulla base delle<br />

decisioni rese e delle più recenti<br />

novità normative; la terza<br />

parte, consiste in una raccolta<br />

delle decisioni più significative<br />

rese dal Garante, negli<br />

anni 1997-2006 (rispetto<br />

alla prima edizione sono stati<br />

pubblicate le decisioni più recenti,<br />

mentre altre più risalenti<br />

sono state tolte); infine nell’ultima<br />

parte vengono allegati<br />

documenti normativi in materia<br />

di privacy.<br />

Premesso che in tema di privacy<br />

non esiste una ricetta<br />

valida sempre e comunque, è<br />

il giornalista a dover decidere,<br />

spesso sotto la pressione<br />

dell’urgenza, in base alla norme<br />

al Codice deontologico<br />

ed alla propria etica, tra le decisioni<br />

più recenti, di particolare<br />

interesse sono quelle relative<br />

al diritto all’oblio. Ad<br />

esempio, il Garante ha ritenuto<br />

che la pubblicazione di articoli<br />

giornalistici contenenti gli<br />

estremi identificativi di una<br />

vittima di un reato, la reiterata<br />

pubblicazione della sua immagine,<br />

della sua residenza<br />

e la descrizione di particolari<br />

sul suo stato di salute, specie<br />

in articoli pubblicati a notevole<br />

distanza di tempo dal fatto<br />

sia lesivo della normativa in<br />

materia di privacy. Parimenti<br />

sono state ritenute lesive le<br />

immagini trasmesse a distanza<br />

di tempo da un’emittente<br />

televisiva ritraenti, nell’ambito<br />

di un processo penale<br />

di grande interesse, una<br />

persona presente tra il pubblico,<br />

estranea al processo e<br />

poi collegata alla vicenda penale<br />

solo in virtù della sua relazione<br />

sentimentale con uno<br />

degli imputati. In questa fattispecie<br />

il Garante ha ritenuto<br />

che la riproposizione di una<br />

così delicata vicenda giudiziaria<br />

e personale abbia leso<br />

il diritto della persona a veder<br />

rispettata la propria rinnovata<br />

dimensione sociale e affettiva<br />

così come si è venuta definendo<br />

successivamente alla<br />

vicenda stessa,anche in relazione<br />

al proprio diritto all’identità<br />

personale.<br />

Numerose sono anche le decisioni<br />

del Garante relative ai<br />

minori, tese a salvaguardarne<br />

lo sviluppo dai rischi che<br />

la spettacolarizzazione delle<br />

vicende che li vedono coinvolti<br />

possano compromettere<br />

l’ordinato sviluppo del loro<br />

processo di maturazione. In<br />

ogni caso il Garante ha ribadito<br />

la prevalenza del diritto<br />

del minore alla riservatezza<br />

rispetto all’esercizio del diritto<br />

di cronaca, con la conseguenza<br />

che è precluso al<br />

giornalista la facoltà di diffondere<br />

dati idonei ad identificarlo<br />

anche solo indirettamente.<br />

Attenzione, il libro non è acquistabile<br />

in libreria ma bisogna,<br />

chiederne copia direttamente<br />

agli uffici del Garante<br />

(Garante protezione dati personali<br />

- URP - piazza Monte<br />

Citorio, n. 121, 00186 Roma)<br />

allegando 5,00 euro in francobolli<br />

quale contributo spese.<br />

Mauro Paissan,<br />

Privacy e Giornalismo,<br />

Ed. Il Grarante per<br />

la protezione <strong>dei</strong> dati<br />

personali,<br />

seconda edizione<br />

aggiornata, 2006,<br />

pagine 357<br />

di Michele Giordano<br />

A dispetto della copertina, più<br />

consona a un istant-book di<br />

un comico di Zelig, Parolacce<br />

di Vito Tartamella, caporedattore<br />

di Focus, è un saggio sul<br />

linguaggio ad alta profondità<br />

di campo. Si tratta infatti di una<br />

accurata ricerca, che spazia<br />

dalla storia del turpiloquio alla<br />

sua funzione, non trascurando<br />

aspetti più strettamente<br />

scientifici come il potere che<br />

trasfondono le mala verba in<br />

chi ne fa uso e, conseguentemente,<br />

l’energia che scatenano<br />

quei tabù infranti. Ma anche<br />

gli effetti che il parlare<br />

senza censure può avere sul<br />

nostro corpo, fisicamente, e<br />

persino sull’identità personale.<br />

Il tutto condito da una statistica<br />

sul mondo delle parolacce:<br />

quante se ne dicono a voce,<br />

su Internet, quando si fa sesso<br />

(o se ne parla), quante ne<br />

pronunciano i bambini, gli anziani,<br />

e dove: in auto, al lavoro,<br />

alla tv e al cinema. Insomma,<br />

un’analisi a 360 gradi di un fenomeno,<br />

il turpiloquio, oggi<br />

deprivato di connotazioni proibite<br />

e alla portata, o meglio all’orecchio,<br />

di tutti (volenti o nolenti).<br />

Un fenomeno che investe<br />

anche l’informazione (intesa<br />

in senso lato) meno quella<br />

cartacea, molto di più quella<br />

televisiva. Partendo dal presupposto<br />

che le parolacce<br />

possono anche cambiare la<br />

storia, da quando Gesù fu giustiziato<br />

con l’accusa d’aver<br />

bestemmiato fino a Umberto<br />

Bossi condannato a sedici<br />

mesi per aver detto che usava<br />

il tricolore “per pulirsi il culo”,<br />

Tartamella ci spiega inizialmente<br />

il significato delle parolacce,<br />

alternando la parte saggistica<br />

ad aneddotti sempre<br />

curiosi: quando ci racconta le<br />

bestemmie in quanto attacco<br />

volontario alla divinità con tutte<br />

le implicazioni psicoanalitiche<br />

del caso, rende più appetibile<br />

il tutto ricordando come il<br />

giovane Mussolini fosse un<br />

bestemmiatore “da competizione”,<br />

nonostante dopo il<br />

1929, leggi Concordato, sia<br />

stato proprio il fascismo a introdurre<br />

il reato di bestemmia.<br />

La parolaccia è poi esaminata<br />

anche nelle sue diverse e numerosissime<br />

versioni regionali.<br />

Ed estere. L’area del libro<br />

più affascinante, almeno a parere<br />

di chi scrive, è quella dedicata<br />

alla parolaccia nella letteratura:<br />

dalla saga di<br />

Gilgamesh (2000 a.C.) fino ad<br />

Aldo Busi, “ultimo innovatore<br />

nel turpiloquio in letteratura”,<br />

passando per la Bibbia (per<br />

esempio con gli insulti scatologici<br />

di Malachia e le minacce<br />

di “smerdare” i sacerdoti infedeli),<br />

agli Egizi (con gli insultanti<br />

geroglifici del III millennio<br />

dove parole come “culo, vulva,<br />

merdoso o scopatore” sono<br />

all’ordine del giorno),<br />

all’India del Mahabharata che<br />

racconta, fra il V secolo a.C. e<br />

III d.C., della “regina fottuta da<br />

un cavallo”, ai Greci (fra i primi<br />

esempi, l’Archiloco, VII a.C.,<br />

dove si scrive: “Il suo cazzo<br />

[…] come quello di un asino di<br />

Priene / stallone gonfio di cibo<br />

eiaculava”), ai Romani<br />

(Catullo: “Pensate di avere voi<br />

soli le minchie, / a voi soli esser<br />

lecito, tutte quelle che son<br />

ragazze, / fotterle e pensare<br />

becchi gli altri”, giusto per ricordare<br />

un passo del Carme<br />

XXXVII). E poi avanti fino al divino<br />

Dante, a Geoffrey Chaucer,<br />

a Leonardo da Vinci (“[…]<br />

io, solo a metter dentro el cazzo,<br />

ebbi a pagar 10 ducati d’oro<br />

[…]”, Scritti letterari). E ai<br />

nostri giorni, passando per<br />

Carlo Porta, Giacchino Belli,<br />

Guillame Apollinaire, James<br />

Joyce e persino Cesare Pavese,<br />

solo per citare alcuni fra i<br />

tanti scrittori che mai si penserebbe<br />

abbiano fatto uso di turpiloquio.<br />

Certo, oggi nessuno<br />

finirebbe sul patibolo per aver<br />

diffamato il papa in una poesia,<br />

come capitò nel XVI secolo<br />

a Nicolò Franco, autore de<br />

La Priapea, o a Ferrante Pallavicino,<br />

autore de La rettorica<br />

delle puttane, ma le parolacce<br />

- come scrive Tartamella -<br />

“fanno ancora paura”. Perché<br />

ce lo racconta l’Autore che ci<br />

rivela anche una straordinaria<br />

scoperta scientifica: “Nel nostro<br />

cervello c’è un apparato<br />

specializzato nel produrre e<br />

archiviare le parolacce.E questo<br />

apparato può sopravvivere<br />

a traumi e malattie”.<br />

Insomma, “possiamo perdere<br />

la parola ma non le parolacce”.<br />

Vito Tartamella,<br />

Parolacce, Bur,<br />

pagine 378, euro 9,50<br />

Stefano Dambruoso con Guido Olimpio<br />

Milano Bagdad<br />

di Filippo Senatore<br />

Dopo la guerra in Iraq, l’internazionale<br />

del terrorismo si è<br />

spostata in Europa, dove sono<br />

nati ambienti che preparano<br />

e compiono attentati. Al<br />

Qaeda e Ansar al-Islam sono<br />

attivi in Italia, come “parte integrante<br />

di progetti di attentati in<br />

Europa” e con precisi “piani<br />

per colpire anche nel nostro<br />

Paese. L’Italia da retrovia è diventato<br />

terreno di jihad”.<br />

Molto decisivo è il reclutamento<br />

di terroristi non solo fra gli<br />

immigrati di religione musulmana,<br />

ma anche fra i convertiti<br />

europei. Stefano Dambruoso,<br />

oggi esperto giuridico<br />

presso la Rappresentanza<br />

permanente italiana alle Nazioni<br />

Unite di Vienna, è stato<br />

per otto anni sostituto procuratore<br />

della Repubblica a<br />

Milano, dove si è occupato<br />

d’inchieste sul terrorismo islamico.<br />

Guido Olimpio, corrispondente<br />

del Corriere della<br />

Sera, segue da anni le attività<br />

di terrorismo in Italia e all’estero.<br />

Dalla loro collaborazione è<br />

nato Milano Bagdad. Il libro<br />

presenta Milano come “una<br />

base avanzata del radicali-<br />

smo islamico, una rete di supporto<br />

logistico al terrorismo di<br />

Al Qaeda trasformatasi in un<br />

apparato operativo in grado di<br />

compiere attentati”.L’Italia, per<br />

la sua posizione geografica e<br />

geo-politica, occupa in questo<br />

quadro una posizione tanto rilevante<br />

quanto pericolosa.<br />

L’opera dà conto di una serie<br />

di inchieste compiute dal giudice<br />

Dambruoso, legati a una<br />

matrice ideologica comune.<br />

La prima indagine sgomina,<br />

nel marzo 2003, un’ampia rete<br />

terroristica internazionale<br />

legata alla moschea di viale<br />

Jenner a Milano. La seconda<br />

identifica un siciliano convertito<br />

all’islam a torto preso poco<br />

sul serio nel 2002 quando lascia<br />

rudimentali e inefficaci<br />

bombe a gas di fronte al<br />

Tempio di Minerva nella Valle<br />

<strong>dei</strong> Templi, e davanti al carcere<br />

di Agrigento. Egli viene arrestato<br />

quando deposita una<br />

bomba nella metropolitana di<br />

Milano. Questo pittoresco personaggio<br />

non è un membro di<br />

Al Qaeda: ma, secondo gli autori,<br />

dimostra che bin Laden,<br />

può ispirare terroristi fai da te,<br />

rozzi, ma pericolosi se non<br />

sono individuati prima che<br />

passino all’azione. Nella terza<br />

inchiesta gli uomini della polizia<br />

giudiziaria e della Digos di<br />

Milano seguono le tracce di<br />

un certo Mohammed, esponente<br />

di un gruppo somalo legato<br />

ad Al Qaeda, che<br />

conduce gli investigatori nelle<br />

note moschee radicali di viale<br />

Jenner e di Cremona. Gli sviluppi<br />

di questa inchiesta portano<br />

a individuare a Milano nuovi<br />

contatti fra ambienti lombardi<br />

ed emiliani e il superterrorista<br />

al Zarqawi. Agli investigatori<br />

milanesi sfugge nel 1999<br />

Abdelkader Es Sayed, forse il<br />

più importante terrorista venuto<br />

in Italia per organizzare la<br />

rete del movimento di Osama<br />

bin Laden. “La buona sorte e<br />

un certo formalismo della legge<br />

italiana” aiutano Es Sayed<br />

a fuggire, benché sia morto<br />

combattendo contro le truppe<br />

alleate in Afghanistan, così si<br />

sostiene negli ambienti musulmani<br />

milanesi. Un crogiolo di<br />

forze aggreganti si unisce a<br />

forze disgreganti. Da una parte<br />

l’esaltazione massima dell’individualità<br />

rappresentata<br />

dall’attentatore suicida.<br />

Dall’altra la volontà di riscatto<br />

della comune radice islamica.<br />

Gli elementi raccolti da Dambruoso<br />

indicano che nell’Iraq<br />

di Saddam si addestravano i<br />

terroristi curdi guidati da al<br />

Zarqawi. Nelle note finali un<br />

piccolo dizionario di terminologia<br />

islamica ed un elenco <strong>dei</strong><br />

gruppi terroristi. Questo libro è<br />

il diario di bordo di una procura<br />

impegnata giorno per giorno<br />

contro il terrorismo.<br />

Stefano Dambruoso con<br />

Guido Olimpio,<br />

Milano Bagdad. Diario<br />

di un magistrato in prima<br />

linea nella lotta al<br />

terrorismo islamico in Italia,<br />

Mondadori Editore, 2004,<br />

pagine 137, euro 15,00<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

41


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Roberta Gisotti<br />

Dalla Tv <strong>dei</strong> Professori alla Tv deficiente<br />

Dino Buzzati<br />

Il giornale segreto<br />

di Emilio Pozzi<br />

Certe battute, anche se passano<br />

di moda, entrano però<br />

nelle cronache della storia. È<br />

il caso della definizione di TV<br />

deficiente, coniata da Franca<br />

Ciampi in un’intervista (quando<br />

il marito era Presidente<br />

della Repubblica) e che fornì<br />

lo spunto per l’ennesimo dibattito<br />

sulla funzione del servizio<br />

pubblico televisivo. Il termine<br />

è stato ripreso per il titolo<br />

del nuovo libro di Roberta<br />

Gisotti la quale, lavorando alla<br />

Radio Vaticana e collaborando<br />

alla Rai, ha avuto modo<br />

di fissare alcune riflessioni,<br />

contrappuntando cronologicamente<br />

gli avvenimenti,<br />

più o meno salienti, legati alla<br />

magica scatola delle immagini.<br />

Di quello che è accaduto e<br />

di ciò che è stato detto fra il<br />

1993 e il 2005 (ma alcune<br />

notizie e gli organici dirigenziali<br />

sono aggiornati al 2006),<br />

si occupa l’ultimo volume,<br />

che si aggiunge ad altri tre su<br />

temi giornalistici, registrando<br />

come un sismografo, ogni variazione.<br />

E si sa che lo strumento<br />

è particolarmente<br />

sensibile ai terremoti. Il sottotitolo<br />

del volume avverte, con<br />

un concetto più politico, che<br />

si racconta la Rai della seconda<br />

Repubblica.<br />

Una sintetica e critica analisi<br />

della situazione, dell’azienda<br />

considerata con termine ormai<br />

abusato, ‘la più grande<br />

azienda culturale del paese’<br />

la si legge nella prefazione di<br />

Giovanni Valentini secondo il<br />

quale l’assetto strutturale,<br />

“non corrisponde e non ha<br />

mai corrisposto ad alcuna<br />

pianificazione editoriale,<br />

commerciale e pubblicitaria.<br />

È il prodotto di una lottizzazione<br />

politica, cioè di una<br />

spartizione tra i partiti e nei<br />

partiti che risale indietro nel<br />

tempo e ormai appartiene al<br />

codice genetico dell’azienda,<br />

al suo Dna”.<br />

L’auspicio, quasi un’ipotesi<br />

programmatica, di Valentini è<br />

questo: “È proprio da questa<br />

doppia sudditanza, - alla politica<br />

e alla pubblicità - che va<br />

affrancata la Rai per restituirla<br />

alla sua funzione di servizio,<br />

ammesso che l’abbia<br />

mai svolta veramente”.<br />

E precisa: “Da una parte un<br />

vertice sottratto alla subalternità,<br />

ai partiti, autonomo indipendente,<br />

rappresentativo<br />

delle competenze e anche<br />

delle categorie sociali.<br />

Dall’altra, un finanziamento<br />

che provenga essenzialmente<br />

dal canone, magari in linea<br />

con quello delle altre tv<br />

pubbliche europee per liberare<br />

la programmazione dall’ipoteca<br />

degli ascolti.”<br />

È questa idea di base quella<br />

che circola da anni ma che<br />

evidentemente, riducendo le<br />

entrate perché non si può<br />

pensare ad un aumento<br />

spropositato del canone, porterebbe<br />

a diminuire i canali,<br />

magari a uno solo. Il che favorirebbe<br />

i privati, tutti, non<br />

solo Mediaset. D’altro canto<br />

le innovazioni tecnologiche, i<br />

canali satellitari, il digitale,<br />

fanno apparire di retroguardia,<br />

anzi superati alcune ipotesi,<br />

persino quelle contenute<br />

nelle leggi Gasparri prima, e<br />

Gentiloni poi.<br />

Uno <strong>dei</strong> pregi del volume di<br />

Roberta Gisotti è peraltro<br />

quello di fornire un utile panorama,<br />

curato da Ylenia Berardi,<br />

delle normative in atto<br />

in alcuni paesi europei (Regno<br />

Unito, Francia, Germania,<br />

Spagna).<br />

Il racconto si dipana, sulla<br />

scorta di puntuale documentazione<br />

giornalistica (alle ricerche<br />

ha collaborato Maria<br />

Vittoria Savini), su una vicenda<br />

nella quale si sono avvicendati,<br />

in viale Mazzini, in<br />

tredici anni, ben otto Consigli<br />

d’amministrazione e undici<br />

direttori generali. La prosa è<br />

vivace, talvolta puntuta. Non<br />

si risparmiano considerazioni<br />

critiche. Citiamo, ad esempio,<br />

un passo, che ci sembra emblematico<br />

dello spirito dell’autrice<br />

e che fotografa, senza<br />

complimenti, la situazione.<br />

Siamo al 2004:<br />

“Il 3 gennaio la Rai compie<br />

cinquant’anni dibattendosi<br />

tra pochezza di contenuti televisivi,<br />

reiterati nelle espressioni<br />

minimalisti <strong>dei</strong> Talk<br />

show del mattino, del pomeriggio,<br />

e della domenica, occupati<br />

da schiere di conduttori<br />

e ospiti dietro i quali si nascondono<br />

cordate di poteri<br />

aziendali intrecciati alla politica.<br />

Trionfa l’infotainment,<br />

sempre meno info e sempre<br />

più tainment, ormai terra di<br />

conquista di giornalisti che<br />

interpretano copioni scritti da<br />

autori televisivi. Trionfano anche<br />

qui i quiz show con presentatori<br />

pagati milioni di euro<br />

per leggere domande<br />

scritte da altri, pagati anch’essi<br />

milioni di euro. E, come<br />

dimenticarlo si consolida<br />

definitivamente l’era <strong>dei</strong> reality<br />

che in realtà si dovrebbero<br />

chiamarsi fantasy e chi<br />

avviliscono concorrenti e<br />

spettatori. Parente stretto del<br />

reality è il cosiddetto peopleshow,<br />

delle finte storie vere o<br />

vere è storie finte, altro genere<br />

che negli ultimi anni ha trovato<br />

la sua consacrazione televisiva.<br />

E poi ancora la fiction<br />

della porta accanto, il<br />

meteo a tutte le ore, la pubblicità<br />

invasiva e perversa, i<br />

telegiornali urlati e ansiogeni,<br />

farciti di cronaca nera che<br />

dosano con il contaminuti le<br />

battute <strong>dei</strong> politici, lontani anni<br />

luce del paese reale, contenitori<br />

acritici di amori e tradimenti<br />

di attori, cantanti,<br />

calciatori, calendari sexy e<br />

gossip modello rotocalco,<br />

anche loro in prima linea nella<br />

gara degli ascolti per trainare<br />

il pubblico dal programma<br />

che precede e renderlo a<br />

quello che segue. Una Rai<br />

dove, salvo rare eccezioni,<br />

intelligenza e cultura sono<br />

ostacoli al successo, merito<br />

e professionalità handicap<br />

alla carriera, se non arricchiti<br />

da oneri politici e dove si stabilisce<br />

che un programma<br />

funziona o non funziona sulla<br />

solo sulla base <strong>dei</strong> dati<br />

Auditel e non importa se sia<br />

un concerto di Muti, un reportage<br />

dal Medio Oriente o<br />

l’ultima sfilata di Valeria<br />

Marini. In questo immenso<br />

mare di stupidità sopravvivono<br />

isole di sapienza confinate<br />

perlopiù a Rai Tre condannata<br />

non a caso a perdere i<br />

finanziamenti pubblicitari, o<br />

nelle ore notturne o mattutine<br />

di minore ascolto, per non<br />

danneggiare le performance<br />

delle reti e gli obiettivi d’ascolto<br />

che fruttano premi di<br />

produzione ai dirigenti. Non<br />

c’è spazio di azione per chi<br />

voglia ribellarsi a questa Rai”.<br />

Insomma qualche sassolino<br />

dalla scarpa se l’è levato.<br />

Certamente, come collaboratrice<br />

ha potuto analizzare e<br />

riflettere, prima di sfogarsi.<br />

Roberta Gisotti,<br />

Dalla Tv <strong>dei</strong> Professori alla<br />

Tv deficiente,<br />

Nutrimenti, Roma 2006,<br />

pagine 250, euro 12,00<br />

di Vito Soavi<br />

Il primo gennaio di quest’anno<br />

Fabrizio Cassinelli,<br />

tramite il presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />

Abruzzo, ha lanciato<br />

un appello ai giornalisti italiani<br />

per perorare una buona<br />

causa: l’adesione a<br />

MediaCare, iniziativa che si<br />

prefigge di dare spazio alle<br />

notizie positive. Basta, ha<br />

affermato il promotore, impaginare<br />

solo violenze, polemiche,<br />

gossip! Corsi e ricorsi<br />

storici.<br />

Mezzo secolo fa Dino Buzzati,<br />

a commento di un progetto,<br />

commissionatogli dall’allora<br />

direttore del Corriere<br />

Missiroli per dar vita ad un<br />

nuovo quotidiano, affermava<br />

che la prima pagina di<br />

questo giornale avrebbe dovuto<br />

ospitare, principalmente,<br />

buone notizie, quelle che<br />

il lettore si aspetta sempre<br />

di leggere all’inizio della sua<br />

giornata.<br />

Questa norma fa parte degli<br />

appunti contenuti in quindici<br />

cartelle che Buzzati, allora<br />

cinquantenne, scrisse di<br />

getto per proporre una<br />

reimpostazione dell’edizione<br />

del pomeriggio del<br />

Corriere della Sera.<br />

Rileggendo oggi queste<br />

quindici cartelle ci si accorge<br />

quanto il quotidiano immaginato<br />

da Buzzati fosse<br />

anticipatore per quei tempi.<br />

L’autore infatti cercava nuove<br />

e più logiche soluzioni<br />

nell’impostazione del suo<br />

progetto dando innanzitutto<br />

la precedenza all’autonomia<br />

nella selezione <strong>dei</strong> servizi<br />

rispetto al fratello maggiore<br />

(il Corriere ) del quale<br />

avrebbe dovuto però mantenere<br />

la stessa severità di<br />

stile. Ma per quanto riguarda<br />

la scelta degli argomenti<br />

e dove collocarli auspicava<br />

che si contenessero gli<br />

scoop da portare in prima<br />

pagina, la terza pagina, intesa<br />

come raccolta di vuota<br />

cultura, doveva sparire per<br />

dare spazio ad inchieste di<br />

più viva attualità, le notizie<br />

politiche avrebbero dovuto<br />

essere ospitate solo due o<br />

tre volte la settimana, così<br />

come le notizie dall’estero,<br />

ridimensionate a beneficio<br />

degli eventi dell’hinterland<br />

milanese, dello sport, degli<br />

spettacoli e così via.<br />

Raccomandava una particolare<br />

attenzione alle scelte<br />

grafiche per i testi delle notizie,<br />

decretando la fine dell’impaginazione<br />

decorativa,<br />

l’introduzione anche in prima<br />

pagina di fotografie di<br />

grande formato, o di disegni,<br />

per dare senso veritiero<br />

agli argomenti, testi molto<br />

contenuti, unificazione dello<br />

stile <strong>dei</strong> caratteri (solo bastone)<br />

e abbondanza di capoversi<br />

e di spazi bianchi<br />

per dare aria alla presentazione<br />

generale della pagina.<br />

La titolazione, infine, vistosa<br />

solo quando necessario<br />

per mettere in evidenza<br />

notizie di avvenimenti di<br />

grande rilievo. Per analogia<br />

il buonsenso suggerisce di<br />

alzare il tono della voce di<br />

una conversazione solamente<br />

quando si vuole sottolineare<br />

un concetto di base,<br />

per non ritrovarci nella<br />

situazione delle rissose riunioni<br />

al bar sport, dove le<br />

urla di tutti annullano, nella<br />

confusione generale, la<br />

comprensione delle opinioni<br />

<strong>dei</strong> singoli.<br />

Lo studio però non fu accettato<br />

e venne accantonato.<br />

Marco Nozza<br />

Il pistarolo<br />

di Emilio Pozzi<br />

Terrorizzante. È un aggettivo,<br />

incisivo e forte, che enucleo<br />

dal saggio introduttivo di<br />

Corrado Staiano al volume di<br />

Marco Nozza, uscito qualche<br />

mese fa, a sette anni dalla<br />

morte dell’autore. A questo libro,<br />

Marco, anche se sofferente,<br />

aveva lavorato fino agli<br />

ultimi mesi. Il 15 gennaio<br />

1999 aveva consegnato il<br />

manoscritto all’editore Feltrinelli.<br />

Pochi mesi dopo, consumato<br />

dal male si era spento.<br />

Come spesso capita quelle<br />

pagine grondanti verità ancora<br />

da chiarire, erano rimaste<br />

in qualche cassetto. Erano<br />

state lette, apprezzate, ma<br />

non erano entrate nel circuito<br />

del ‘si stampi’.Timori Forse.<br />

Preoccupazioni per il numero<br />

delle pagine Anche. Eppure<br />

chi l’aveva avuto tra le mani<br />

aveva anticipato un giudizio<br />

estremamente positivo.<br />

Giustamente avrebbe scritto<br />

nella prefazione Corrado Staiano:<br />

“Un racconto gotico. Un<br />

brandello di storia sanguinante.<br />

Una testimonianza appassionata”.<br />

Poi Il pistarolo<br />

ha imboccato la strada giusta<br />

e, pressoché integro, è venuto<br />

alla luce.<br />

Chiudendo gli occhi si potrebbe<br />

immaginare di ascoltare<br />

Marco Nozza, leggerne<br />

le pagine agli amici, magari<br />

Ibio Paolucci, Gianni Flamini,<br />

e a qualche altro, riproponendo<br />

episodi e personaggi vissuti<br />

insieme.<br />

Avrebbe ricordato, mutuando<br />

dal linguaggio <strong>dei</strong> teatranti,<br />

con una riflessione aspra e<br />

amara: Eravamo una compagnia<br />

di giro, una brigata di<br />

pronto intervento, abbiamo<br />

tenuto duro per un decennio,<br />

i più testardi anche di più, poi<br />

ciascuno è tornato nel suo<br />

brodo, non siamo mai diventati<br />

una lobby, nessuno di noi<br />

ha mai indossato l’eskimo,<br />

nessuno di noi ha fatto carriera,<br />

mentre molti di quelli<br />

che indossavano l’eskimo,<br />

sono diventati direttori, direttori<br />

editoriali, editorialisti,<br />

commentatori con fotina, savonarola<br />

televisivi, vignettisti<br />

buoni per tutti i giornali e tutte<br />

le stagioni, da Lotta continua<br />

Marco Nozza (a destra) con Mauro Rostagno<br />

e Pietro Valpreda al primo processo<br />

a Catanzaro per la strage di piazza Fontana.<br />

al Corriere della sera, da Repubblica<br />

a Cuore, moralisti<br />

osannati a destra, a sinistra e<br />

al centro, professionisti dell’antidietrologia,<br />

in verità fustigatori<br />

di tutte le dietrologie<br />

degli altri ed esaltatori di una,<br />

la propria.<br />

Le troviamo nell’incipit, queste<br />

confessioni. E via, per<br />

quasi quattrocento pagine.<br />

Apparentemente uno zibaldone<br />

(e qui il vocabolo vuole<br />

riecheggiare Leopardi): in effetti<br />

un racconto, organico nel<br />

dipanarsi del filo cronologico,<br />

trent’anni di fatti, a partire dalla<br />

tragedia di piazza Fontana,<br />

ma diviso in capitoli ciascuno<br />

<strong>dei</strong> quali rappresenta una vicenda<br />

talmente complessa e<br />

completa da costituire, narrativamente,<br />

l’abbozzo di una<br />

storia a sé: densa di substrati,<br />

di emozioni, di interrogativi<br />

inquietanti: Ustica, piazza<br />

Maggiore, i rapimenti e gli attentati<br />

delle Br (Casalegno,<br />

Tobagi, Montanelli, Bruno,<br />

Bachelet, Passalaqua).<br />

Ecco: interrogativi inquietanti.<br />

Che ci toccano, nel sommerso<br />

delle memorie vissute, e<br />

che si indirizzano verso qualche<br />

personaggio, qualcuno<br />

ancora vivo, che forse avrebbe<br />

una sua verità nascosta<br />

da disseppellire.<br />

Due nomi, non a caso: Giulio<br />

Andreotti e Francesco Cossiga.<br />

Generosamente prodighi<br />

di comparsate televisive,<br />

da meritarsi ex-aequo il titolo<br />

di Grandi Puntualizzatori, citati<br />

da Nozza rispettivamente<br />

46 e 21 volte (sono tra i più<br />

nominati con, citati qui a caso,<br />

Craxi, Freda, Gelli,<br />

Giannettini, Malizia, Moro,<br />

Rumor, Tanassi, Valpreda,<br />

Ventura, Donat Cattin), hanno<br />

suscitato dubbi in molte<br />

circostanze. Nelle pagine di<br />

Nozza, alcuni dubbi si rinverdiscono:<br />

e gli interrogativi restano,<br />

al di là delle sentenze.<br />

Il ripercorrere strade già battute<br />

non dovrebbe dare sorprese.<br />

Eppure le novità, e gli<br />

stimoli a riprendere in mano il<br />

filo di certi discorsi, a indagare<br />

nelle pause reticenti di alcuni<br />

personaggi, a soffermarsi<br />

sulle annotazioni di Nozza,<br />

le cronache si arricchiscono<br />

di particolari imprevisti, vien<br />

voglia di ricominciare a scavare,<br />

come aveva ricominciato<br />

a fare il vecchio (di esperienza)<br />

cronista.<br />

Ci ha lasciato delle tracce.<br />

Qualcuno può e vuole farlo<br />

La passione per la verità e<br />

per la giustizia, concetti non<br />

sempre in sincronia e in sintonia,<br />

l’ha certamente consumato,<br />

anche se Marco riusciva<br />

a mantenere un invidiabile<br />

equilibrio formale di fronte ai<br />

grandi eventi e alle piccole<br />

miserie umane (nella professione):<br />

gli avevano dato forza<br />

gli anni di insegnamento nelle<br />

scuole medie, dopo la laurea<br />

in filologia romanza alla<br />

Cattolica di Milano, l’aveva<br />

aiutato uno stile di vita, limpido<br />

e umanamente riservato,<br />

ma dolcissimo.<br />

Eppure di un certo affanno, di<br />

un’impazienza quasi frenetica<br />

sono impregnate le ultime<br />

pagine del libro, scritte nel<br />

buen retiro di Dorga, ricuperando<br />

i blok notes con gli appunti<br />

criptici e i faldoni <strong>dei</strong> ritagli<br />

puntigliosamente accumulati<br />

(quando non si amava<br />

usare registratori e i primi<br />

computer) Marco Nozza se li<br />

portava appresso, riempiendo<br />

pesantemente valigie, per<br />

avere sempre a portata di<br />

mano un prezioso archivio<br />

personale.<br />

“Non amare gli scheletri ( e le<br />

vittime) non è una buona ragione<br />

per confondere le stragi<br />

(e i morti delle stragi). E invece<br />

a noi ex pistaroli è rima-<br />

42 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Maria Rosaria Ostuni, Gian Antonio Stella<br />

Sogni e fagotti<br />

Fino a quando, nel 1961, il<br />

neocaporedattore del Corriere<br />

d’Informazione Luigi<br />

Chiarelli chiese inaspettatamente<br />

a Buzzati di averne<br />

una copia.<br />

Forse poteva essere la volta<br />

buona, ma ancora l’improvvisa<br />

scomparsa di<br />

Chiarelli mandò l’elaborato<br />

a dormire fra le sue carte; fino<br />

a quando, nell’anno<br />

2000, proprio durante la rivoluzione<br />

in corso per preparare<br />

l’edizione fascicolata<br />

della cronaca milanese, il figlio<br />

di Chiarelli, Paolo, lo ritrovò<br />

e lo portò a Gian Giacomo<br />

Schiavi capocronista<br />

del Corriere.<br />

“Per cinque anni il rapporto<br />

è rimasto in Cronaca in un<br />

cassetto, poi il caso ha voluto<br />

che il capocronista ne<br />

parlasse in pubblico.<br />

Qualcuno ha pensato che<br />

potesse essere uno scoop.<br />

Invece è l’ultimo mistero di<br />

Buzzati. Un giornale da fare<br />

e che nessuno farà mai”<br />

scrive Schiavi nel suo commento<br />

di presentazione del<br />

volumetto Dino Buzzati il<br />

giornale segreto edito dalla<br />

Fondazione del Corriere<br />

della Sera nella collana “le<br />

carte del Corriere” per ricordare<br />

il centenario della nascita<br />

del grande giornalista.<br />

Recensire questo libro non<br />

è così semplice, anche perché,<br />

dopo la presentazione<br />

dell’opera a cura del presidente<br />

della Fondazione<br />

Pier Gaetano Marchetti, un<br />

approfondito commento si<br />

trova già nell’apertura del libro,<br />

scritto appunto dall’autore<br />

dello scoop.<br />

Sono trenta pagine di ricerche<br />

e di riflessioni nelle<br />

quali Schiavi non nasconde<br />

il suo stupore e la sua ammirazione<br />

per un progetto<br />

pieno di intuizioni ancora<br />

oggi così attuali.<br />

“Un Pomeriggio fra la Notte<br />

e il Giorno” titola Schiavi il<br />

suo commento, e quanto si<br />

poteva riscontrare dalla lettura<br />

delle quindici cartelle,<br />

lo ha già detto. Rimangono<br />

così solo poche briciole di<br />

commento a questo intervento<br />

per ribadire che ancora<br />

una volta Buzzati ci riserva<br />

una straordinaria lezione<br />

di buonsenso, nel rispetto<br />

del buon gusto e della<br />

buona educazione.<br />

Un contentino finale a chi si<br />

aspetta, leggendo una recensione,<br />

di conoscere<br />

non solo i lati positivi del lavoro<br />

in esame ma anche<br />

quelli negativi.<br />

Dedico a costoro una sola,<br />

piccolissima macchia che<br />

ho rilevato da lettore pignolo.<br />

Il grande attore comico<br />

romano, citato nel commento<br />

di Schiavi, famoso conduttore<br />

del programma televisivo<br />

“Il musichiere” si<br />

chiamava in realtà Mario, e<br />

non Mariolino Riva.<br />

Mi auguro che nelle prossime<br />

ristampe del volume<br />

questo veniale errore venga<br />

sistemato.<br />

Dino Buzzati,<br />

Il giornale segreto<br />

(collana<br />

“ le carte del Corriere”),<br />

Fondazione del Corriere<br />

della Sera,<br />

2006 tiratura limitata,<br />

pagine 99<br />

di Filippo Senatore<br />

“Noi andavam per lo solingo<br />

piano / com’om che torna alla<br />

perduta strada, / che ‘nfino<br />

ad essa li pare ire invano.”<br />

(Purg. C. I, vv.118/120).<br />

In cento anni, dal 1876 al<br />

1976, gli emigrati italiani sono<br />

stati almeno ventisette<br />

milioni. Questa è la nostra<br />

storia da riscoprire e rivalutare<br />

senza enfasi o censure<br />

falsamente patriottiche.<br />

È un evento epocale che interessa<br />

oggi drammaticamente<br />

altri popoli migranti,<br />

ma ci tocca da vicino con il<br />

fenomeno in ripresa dall’inizio<br />

degli anni ’90. Gli italiani<br />

sono i nuovi emigranti in<br />

Germania e in altri paesi<br />

anche se l’emigrazione di<br />

massa non esiste più, secondo<br />

la studiosa Edith<br />

Pichler dell’università di<br />

Berlino.<br />

Un passato non troppo remoto<br />

di persone in cerca di<br />

un altrove. Un presente che<br />

ci mette di fronte lo straniero<br />

che si spinge verso le nostre<br />

sponde. Da qui il bisogno<br />

di preservare una memoria<br />

collettiva per rispettare<br />

i nostri antenati ed allo<br />

stesso modo, gli immigrati<br />

extracomunitari leggendo<br />

nei loro occhi il medesimo<br />

smarrimento familiare di coloro<br />

che hanno abbandonato<br />

la patria fuggendo le malattie<br />

e la fame alla ricerca<br />

di una dignità nuova.<br />

Sogni e fagotti. Immagini,<br />

parole e canti degli emigranti<br />

italiani, il volume illustrato<br />

e corredato da un cd,<br />

di Maria Rosaria Ostuni e<br />

Gian Antonio Stella, ha il<br />

vantaggio rispetto ai precedenti<br />

libri sull’emigrazione<br />

di focalizzare l’immaginario<br />

e di sviluppare anticorpi<br />

contro il razzismo.<br />

“Le lettere, le parole che<br />

viaggiano per il mondo sono<br />

il filo sottile ma resistente<br />

che tiene unite le due<br />

parti di una famiglia divisa<br />

dall’emigrazione”.<br />

Chi scrive ricorda ancora<br />

negli anni Sessanta, Annuzza,<br />

un’anziana madre<br />

che viveva in un catoio buio,<br />

col viso scuro del fumo insalubre<br />

dello scaldino invernale,<br />

attendere con emozione<br />

la lettera del figlio dal<br />

Canada, emigrato da più di<br />

venti anni senza tornare al<br />

paesello.<br />

Quando il postino le consegnava<br />

quell’involucro con<br />

l’emblema postale straniero,<br />

la donnina in nero andava<br />

dalla vicina per farsi leggere<br />

la lettera. Gliela portava<br />

chiusa e il primo impatto<br />

era la caduta di banconote<br />

di vario taglio, per dimostrare<br />

a se stessa e agli altri<br />

che il figliolo aveva raggiunto<br />

il benessere ambito dopo<br />

anni di sacrifici. “Cara matre...<br />

tuo devotissimo figlio<br />

Cicero Antonio”. Sento ancora<br />

con emozione la voce<br />

perduta della mia nonna,<br />

trasmettere alla madre<br />

analfabeta da un altrove<br />

fantastico, le emozioni di un<br />

emigrato col rimpianto della<br />

lontananza incolmabile.<br />

Ostuni e Stella raccontano<br />

storie individuali e collettive<br />

scavando negli archivi e<br />

raccontando codeste vicende<br />

di miseria, illusioni e<br />

sfruttamento.<br />

Gli autori assemblano frammenti<br />

d’inchieste, testimonianze<br />

dirette e documenti<br />

cercando di interpretare, di<br />

capire e di spiegare.<br />

La grande emigrazione italiana<br />

è illustrata attraverso<br />

una straordinaria collezione<br />

di fotografie, copertine<br />

(dall’Illustrazione Italiana alla<br />

Domenica del Corriere),<br />

cartoline, manifesti e vignette.<br />

Sono spunti che sollecitano<br />

approfondimenti e curiosità<br />

che il lettore potrà soddisfare<br />

per i rimandi bibliografici<br />

continui.<br />

La felice suddivisione del libro<br />

è scandita dal passo attento,<br />

dato al visitatore di un<br />

museo che è anche una finestra<br />

sul presente. Si snoda<br />

un lungo flash back con<br />

una tecnica filmica e documentarista.<br />

La partenza, il viaggio e<br />

l’arrivo. L’insediamento. Il<br />

dramma del mancato riscatto.<br />

Il razzismo che degenera<br />

in linciaggio ed ecatombe.<br />

Ostuni e Stella descrivono<br />

la violenza e l’orrore,<br />

subiti dagli emigranti.<br />

Dal massacro di New<br />

Orleans nel 1891 all’eccidio<br />

d’Aigues Mortes in Camargue<br />

nel 1893.<br />

Tante famiglie hanno atteso<br />

il riscatto nelle generazioni<br />

successive.<br />

Pochi i successi immediati.<br />

Tante le illusioni di trovare il<br />

nuovo mondo lastricato d’oro.<br />

I fortunati trasmettono, ai<br />

parenti rimasti in Italia, foto<br />

che ostentano benessere<br />

ed abbondanza.<br />

A volte mascherano le ambientazioni<br />

con colpi di teatro<br />

per millantare ricchezze<br />

ed agiatezze.<br />

Una piccola minoranza ce<br />

l’ha fatta. Personaggi noti e<br />

meno noti in pochi anni sono<br />

stati baciati dalla fortuna<br />

e possono fregiarsi del nome<br />

di zio d’America.<br />

Gli autori mescolano immagini<br />

di luoghi ed epoche diverse<br />

con l’intento del raffronto,<br />

dell’uso intelligente<br />

della decifrazione. I dormitori<br />

della Ginevra del 1962<br />

non sono molto diversi da<br />

quelli della New York del<br />

1898.<br />

Lavori insalubri e pericolosi,<br />

mortalità infantile, incidenti<br />

sul lavoro e case malsane<br />

riproducono la miseria del<br />

luogo di provenienza. Il sogno<br />

si è infranto, ma la volontà<br />

emancipa la speranza.<br />

Il tempo lenisce le storie dolorose<br />

col ritornello di qualche<br />

vecchia strofa.<br />

In allegato al libro c’è un cd<br />

della Compagnia delle<br />

Acque e di Gualtiero<br />

Bertelli, che riproduce vecchie<br />

canzoni sull’emigrazione.<br />

Mamma mia dammi<br />

cento lire, La ballata di<br />

Sacco e Vanzetti”, La partenza<br />

per la Merica ecc.<br />

Grazie agli archivi della<br />

Fondazione Cresci, del<br />

Corriere della Sera, d’altri<br />

fondi privati ed alla passione<br />

<strong>dei</strong> due autori vengono<br />

alla luce ricordi di un album<br />

ritrovato, dimenticato in soffitta<br />

che ci fa riscoprire le<br />

nostre radici lontane.<br />

Maria Rosaria Ostuni,<br />

Gian Antonio Stella<br />

Sogni e fagotti.<br />

Immagini, parole e canti<br />

degli emigranti italiani,<br />

con cd della Compagnia<br />

delle Acque,<br />

Rizzoli libri illustrati,<br />

pagine 160, euro 25,00<br />

sta la voglia di fare confusione<br />

il meno possibile ma di ricordare,<br />

ricordare tutto, rimettere<br />

in sesto (e bene in fila)<br />

gli avvenimenti, a cominciare<br />

da quelli <strong>dei</strong> quali siamo<br />

stati testimoni diretti, non<br />

sempre sereni, il più delle<br />

volte inquieti, tormentati, pieni<br />

di paure, nervosi, lupi solitari,<br />

oppure completamente<br />

sbadati, svaniti, increduli,<br />

perfino incoscienti. C’è rimasta<br />

una gran voglia di comporre<br />

il “puzzle (il ‘prima’, il<br />

‘poi’ il ‘durante’) e sentiamo<br />

che dobbiamo finirlo in fretta,<br />

il nostro puzzle, perché il fiato<br />

viene a mancare di giorno<br />

in giorno, la memoria corre il<br />

rischio di sbriciolarsi quando<br />

non è esercitata, ed è proprio<br />

questo (lo sbriciolamento,<br />

l’annullamento della memoria:<br />

quella individuale, quella<br />

collettiva, quella storica) l’obbiettivo<br />

di chi vuole mettere<br />

una grossa pietra sopra a<br />

tutte queste storie, con il pretesto<br />

che sono storie che dividono,<br />

fomentano l’odio,<br />

provocano le divisioni, allontanano<br />

gli equilibri, le riconciliazioni,<br />

gli accordi.<br />

È vero il contrario. Quel passato<br />

aiuta a capire. Illumina i<br />

comportamenti, altrimenti incomprensibili,<br />

<strong>dei</strong> personaggi<br />

che affollano i palcoscenici<br />

di oggi”.<br />

Scritte nel 1999, queste parole<br />

appaiono profetiche, anzi,<br />

come fossero scritte oggi.<br />

Fra le molte lezioni di giornalismo<br />

che Nozza, inconsapevolmente,<br />

ha lasciato ce n’è<br />

una di cui ha fatto tesoro<br />

Alberto Papuzzi, nello scrivere<br />

il suo Manuale del giornalista.<br />

Rievoca, proprio nel primo<br />

capitolo dedicato alla ‘notizia’,<br />

un episodio avvenuto<br />

alla fine degli anni Sessanta<br />

e legato alla venuta in Italia<br />

del filosofo Herbert Marcuse.<br />

A Venezia, all’appuntamento<br />

con una decina di giornalisti<br />

al suo posto si presentò l’addetto<br />

stampa di un editore<br />

che aveva acquistato in<br />

esclusiva per una rivista il<br />

racconto del viaggio italiano<br />

di Marcuse. Spiegò che<br />

Marcuse non poteva parlare<br />

ma che lui era a disposizione<br />

per raccontare tutto quello<br />

che aveva fatto e aveva visto.<br />

Di necessità virtù: dopo qualche<br />

timida protesta i giornalisti<br />

cominciarono a fare domande.<br />

Tutti, tranne uno:<br />

Marco Nozza. il quale scorto<br />

un signore alto e allampanato<br />

che, dall’ascensore si avviava<br />

svelto, al fianco della<br />

moglie, verso l’uscita (era<br />

proprio Marcuse), abbandonò<br />

il gruppo e si mise a seguirlo.<br />

Papuzzi dietro Nozza,<br />

e un fotografo dietro i due. Di<br />

rispondere a domande, neanche<br />

l’ombra. A un certo<br />

Marco Nozza a Venezia con Herbert Marcuse.<br />

punto, chiaramente infastidito,<br />

torna sui suoi passi, rientra<br />

in albergo e rientra in<br />

ascensore. E Nozza dietro.<br />

Fino alla porta della camera<br />

che gli viene sbattuta in faccia.<br />

Che fare Papuzzi, allora alle<br />

prime armi, si adegua. E come<br />

altri ricicla le notizie fornite<br />

dall’addetto stampa.<br />

Qualcuno spudoratamente<br />

aveva finto di aver veramente<br />

intervistato il personaggio.<br />

L’indomani legge i giornali. E<br />

qui da Marco Nozza, la grande<br />

lezione di giornalismo.<br />

Sul Giorno raccontava passo<br />

dopo passo l’intera storia<br />

della fuga di Marcuse e<br />

signora dall’albergo, l’inseguimento,<br />

il dietrofront, la<br />

ritirata in camera.<br />

Descriveva la salita in<br />

ascensore, il cronista con i<br />

signori Marcuse, sordi alle<br />

domande più innocenti: “Le<br />

piace Venezia, professore<br />

Le piace Venezia, signora”<br />

Ci rimasi malissimo.<br />

Nozza raccontava ciò che<br />

era veramente accaduto. È<br />

stata la migliore lezione di<br />

giornalismo che io abbia<br />

mai ricevuto.<br />

E qui si riabilita la figura romantica<br />

del giornalista (andare,<br />

vedere, raccontare).<br />

Il commento di Papuzzi, ad<br />

uso degli studenti di giornalismo,<br />

va anche al di là.“La notizia<br />

non era Marcuse a<br />

Venezia, che passava indifferente<br />

davanti ai muri dell’Istituto<br />

di architettura imbrattati<br />

di scritte in spray rosso<br />

ispirate alla contestazione.<br />

La notizia non erano i suoi<br />

progetti editoriali nel riassunto<br />

dell’addetto stampa. Né il<br />

suo giudizio sul movimento<br />

studentesco in America o in<br />

Europa. Qual era la notizia<br />

Che l’autore de L’uomo a<br />

una dimensione, il collaboratore<br />

di Horkeimer, il pensatore<br />

che denunciava la non-libertà<br />

delle società industriali<br />

avanzate, appariva così vincolato<br />

da un contratto editoriale<br />

in esclusiva da rifiutare<br />

qualsiasi altro rapporto, mostrandosi<br />

di fatto prigioniero<br />

delle leggi del mercato e della<br />

concorrenza. Il critico <strong>dei</strong><br />

sistemi di controllo dentro un<br />

sistema di controllo.<br />

Nel ricordare Marco Nozza,<br />

attraverso le avvincenti pagine<br />

de Il Pistarolo, rivado a un<br />

giorno lontano, agli inizi degli<br />

anni cinquanta. Ci eravamo<br />

conosciuti a Lecco a un piccolo<br />

Premio, tra il giornalistico<br />

e il letterario, vincitori ex<br />

aequo di un concorso dedicato<br />

al paesaggio manzoniano.<br />

Lui aveva pubblicato il<br />

suo articolo su L’eco di<br />

Bergamo, io sul Corriere<br />

Lombardo con il nome de<br />

plume di Elio Pomi (lavorando<br />

in Rai, al Giornale radio,<br />

non ero autorizzato a firmare<br />

con il mio nome). Il premio<br />

era modesto, diviso in due,<br />

poi. Ma per noi, poco più che<br />

ventenni, i soldi non contavano.<br />

Ci domandammo a vicenda<br />

“Quanto ci danno” Per<br />

pura curiosità. Sul non dare<br />

valore al denaro ci accorgemmo,<br />

da subito, di essere<br />

d’accordo. E non cambiammo<br />

mai parere.<br />

Marco Nozza,<br />

Il pistarolo<br />

(da piazza Fontana,<br />

trent’anni di storia<br />

raccontati da un grande<br />

cronista),<br />

introduzione<br />

di Corrado Staiano<br />

Il Saggiatore, Milano 2006,<br />

pagine 384, euro 19,00<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

43


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Lino Pellegrini<br />

Italiani del dottor Zhivago<br />

di Filippo Senatore<br />

Fra l’Ottocento e il Novecento<br />

migliaia di italiani emigrarono<br />

nella sterminata Russia partecipando<br />

alla costruzione<br />

della ferrovia transiberiana. Il<br />

flusso continuò con le due<br />

grandi guerre del secolo breve.<br />

Irridenti, prigionieri, comunisti,<br />

anarchici e democratici<br />

che scappavano dal fascismo.<br />

Lino Pellegrini frequentatore<br />

delle terre sovietiche dal<br />

1939 ricostruisce la storia attraverso<br />

le testimonianze <strong>dei</strong><br />

sopravvissuti nel libro inchiesta,<br />

Italiani del Dottor Zhivago.<br />

Chi ricorda il film di<br />

David Lean nella scena dell’addio<br />

a Lara (Julie Christie),<br />

ha fissato nei ricordi il girasole<br />

in primo piano che improvvisamente<br />

collassa i petali<br />

transeunti nella struggente<br />

partenza dall’ospedale. Lino<br />

Pellegrini suscita le medesime<br />

emozioni, arricchite di<br />

storie inedite e dimenticate. Il<br />

suo lavoro non è solo scavo<br />

di memoria, ma ricerca stratificatasi<br />

per oltre venti anni<br />

per sentire le voci <strong>dei</strong> vecchi<br />

sopravvissuti. Molti di questi<br />

oggi non ci sono più, ma sentiamo<br />

viva l’emozione dell’ultima<br />

testimonianza. Il generale<br />

medico Enrico Reginato è<br />

forse la personificazione del<br />

Zhivago italiano. Pellegrini<br />

raccoglie l’intervista pochi<br />

mesi prima della morte nel<br />

1989. Ufficiale medico nella<br />

divisione Julia, medaglia d’oro<br />

al valore militare, cadde<br />

prigioniero nella primavera<br />

del 1942 sul fronte del Don.<br />

Dalla prigionia di guerra ad<br />

un processo farsa nel 1950,<br />

egli torna finalmente libero in<br />

Italia nel 1954.Il filo conduttore<br />

del racconto si svolge tra<br />

altre centinaia di storie con<br />

l’anelito di rendere giustizia<br />

riabilitando migliaia di uomini,<br />

morti e sopravvissuti ai<br />

gulag. “Le prigionie - tanto interminabili<br />

quanto atroci -<br />

dell’inferno artico non hanno<br />

fatto storia”.<br />

Come Marzabotto, i crimini di<br />

guerra in Unione Sovietica<br />

sono stati rinchiusi negli armadi<br />

della vergogna.<br />

Occorrerebbe riaprire inchieste<br />

sugli italiani dispersi, su<br />

quelli che hanno scontato<br />

un’ingiusta detenzione senza<br />

colpe per riabilitare la loro<br />

memoria di cittadini.<br />

Lino Pellegrini dispone di un<br />

archivio di nomi e di fatti che<br />

andrebbero divulgati e conosciuti,<br />

senza pregiudizi ideologici,<br />

per l’amore della verità<br />

e della giustizia. Nel suo lungo<br />

peregrinare, l’autore ha<br />

conosciuto contadine russe,<br />

sposate a soldati italiani della<br />

Grande guerra, che hanno<br />

passato resto della loro vita<br />

sulle montagne del Trentino.<br />

Pellegrini ha intervistato l’ultima<br />

guerriera dello zar, Mar-<br />

garita Ivanova Lopukhina,<br />

classe 1895 che fece parte<br />

delle truppe bianche in<br />

Ucraina nel 1918-19, durante<br />

la guerra civile. Lo stile dell’autore<br />

è esemplare. Il metodo<br />

rigoroso. Percorre in lungo<br />

e in largo l’ex Unione<br />

Sovietica per scoprire luoghi<br />

e verificare fatti. Scova in<br />

Italia i sopravvissuti, l’interroga<br />

con riscontri rigorosi da<br />

pubblico ministero.<br />

Sfoltisce le debolezze della<br />

memoria <strong>dei</strong> testimoni con<br />

una documentazione d’archivio<br />

che rinverdisce dettagli e<br />

chiarifica visioni parziali da<br />

angolazioni troppo anguste<br />

per essere decifrate.<br />

Apre così una luce sulla verità<br />

scoprendo dettagli nuovi.<br />

Come nel film di Costa Gravas,<br />

La confessione, l’autore<br />

affonda il bisturi sulla tragedia<br />

dello stalinismo.<br />

Rievoca altri fantasmi come il<br />

suo compagno di giornalismo<br />

al fronte, Curzio Malaparte,<br />

che gli insegna il coraggio<br />

e l’ironia che trasmoda<br />

in burla ai danni del diplomatico<br />

Agustìn De Foxà che<br />

gettato nella neve dopo la<br />

sauna, “ve lo rotolarono, quasi<br />

palleggiandoselo”.<br />

Il coperchio di una gavetta testimonia<br />

la speranza di un ritorno<br />

e la voce del cronista<br />

tiene insieme i petali del fiore,<br />

la speranza di conoscere<br />

tante verità, per far tornare<br />

nella terra natia i fantasmi<br />

che vagano ancora nei cieli<br />

di Russia.<br />

Lino Pellegrini,<br />

Italiani del dottor Zhivago.<br />

Fantasmi d’Italia nei cieli<br />

di Russia,<br />

Tassotti Editore,<br />

pagine 270, euro 21,00<br />

Massimo Zamorani<br />

L’agguato di Matapan.<br />

28-29 marzo 1941<br />

di Massimiliano Ancona<br />

Mavis Lever, 19 anni, decodificava<br />

messaggi cifrati per i<br />

servizi inglesi durante il secondo<br />

conflitto mondiale. Fu<br />

suo uno <strong>dei</strong> ruoli principali in<br />

quella che è passata alla storia<br />

come la più grave sconfitta<br />

navale della storia d’Italia:<br />

lo scontro di Matapan. Non fu<br />

una battaglia, perché si<br />

sparò da una parte sola<br />

(quella inglese), mentre dall’altra<br />

(quella della Regia marina)<br />

si<br />

morì soltanto. L’agguato fu<br />

pagato con la perdita di tre<br />

incrociatori (Pola, Zara e<br />

Fiume), <strong>dei</strong> cacciatorpedinieri<br />

Alfieri e Carducci e - soprattutto<br />

- di 2.303 caduti tra<br />

morti e dispersi, più o meno<br />

gli stessi di Pearl Harbor,<br />

quattro volte quelli di Lissa,<br />

durante la III Guerra d’indipendenza.<br />

Antonino Trizzino, nel besteseller<br />

Navi e poltrone (Longanesi,<br />

1952), ha sostenuto<br />

la tesi del tradimento e dello<br />

spionaggio alla base di quella<br />

immane disfatta. In realtà,<br />

scrive il giornalista Massimo<br />

Zamorani nel suo L’agguato<br />

di Matapan. 28-29 marzo<br />

1941, il dramma ha un volto<br />

preciso. E un viso di donna.<br />

Quello di Mavis Lever, appunto,<br />

la studentessa britannica<br />

che, nel marzo 1941,<br />

decodificò il messaggio grazie<br />

al quale fu possibile, per il<br />

comandante della Mediterranean<br />

Fleet, sir Andrew<br />

Cunningham, organizzare il<br />

tragico attacco alla flotta italiana.<br />

A quasi 66 anni dall’evento,<br />

Zamorani dimostra<br />

che la battaglia di Matapan<br />

non fu uno «scontro casuale»,<br />

come credeva l’ammiraglio<br />

Angelo Iachino che comandava<br />

la squadra navale<br />

della Regia Marina, ma l’ultimo<br />

tassello di una serie di<br />

contatti il cui inizio era stato il<br />

primo fatale messaggio,<br />

«Oggi giorno X meno tre»,<br />

decrittato da Mavis Lever.<br />

Zamorani ricostruisce tutta la<br />

storia dell’evento, che costituì<br />

un altro duro colpo per la<br />

flotta da battaglia della Regia<br />

marina, già provata dall’altrettanto<br />

tragica “notte di<br />

Taranto” (11-12 novembre<br />

1940), durante la quale le<br />

corazzate Cavour, Littorio e<br />

Duilio furono colpite da una<br />

ventina di aerosiluranti inglesi.<br />

L’autore descrive come lavoravano<br />

le donne britanniche<br />

impegnate nell’intercettazione,<br />

nella registrazione e<br />

nella decrittazione <strong>dei</strong> messaggi.<br />

A illustrare i meccanismo è<br />

anche il discorso, riportato<br />

nel volume, tenuto dall’ammiraglio<br />

Cunningham, nella<br />

sede del gruppo di decrittazione,<br />

per ringraziare le ragazze<br />

che vi lavoravano.<br />

Così, da parte britannica,<br />

morirono solo tre aviatori. E<br />

la Mediterranean Fleet mantenne<br />

la supremazia nel bacino<br />

mediterraneo almeno fino<br />

al 18 dicembre 1941,<br />

quando tre maiali con equipaggi<br />

di due uomini penetrarono<br />

nelle fortificazioni del<br />

porto di Alessandria e depositarono<br />

mine a tempo sotto<br />

le chiglie delle corrazzate<br />

Queen Elizabeth, Valiant e la<br />

petroliera Saragona. Le mine<br />

esplosero e i danni misero<br />

fuori combattimento per mesi<br />

le tre navi ristabilendo, in<br />

qualche modo, l’equilibrio. La<br />

tragedia di capo Matapan,<br />

invece, ebbe un commovente<br />

epilogo in Sardegna nell’agosto<br />

del 1952, quando su<br />

una spiaggia nei pressi di<br />

Cagliari fu trovata una bottiglia<br />

con dentro un messaggio:<br />

“Regia nave Fiume - Vi<br />

prego, Signore, di informare<br />

la mia cara madre che io<br />

muoio per la Patria. Marinaio<br />

Chirico Francesco da Futani,<br />

Salerno. Grazie Signore -<br />

Italia!”. La madre venne informata<br />

e suo figlio ricevette la<br />

Medaglia di bronzo al valor<br />

militare alla memoria.<br />

Massimo Zamorani,<br />

L’agguato di Matapan.<br />

28-29 marzo 1941,<br />

Mursia editore,<br />

pagine 320, euro 18,50<br />

Pedro Sarubbi<br />

La passione di Barabba<br />

di Giacomo de Antonellis<br />

Nell’immaginario collettivo (e<br />

nella tradizione catechistica)<br />

la figura di Barabba si lega<br />

direttamente al dramma della<br />

Crocifissione; anzi viene<br />

addirittura memorizzato come<br />

l’uomo che, giovandosi<br />

della grazia popolare, avrebbe<br />

imposto la condanna del<br />

Cristo ovvero il Messia.<br />

Yeshua’ Bar Aba‚ - che in<br />

aramaico corrisponde a<br />

Salvatore “figlio del padre”,<br />

nome abbastanza comune<br />

nell’antica società ebraica -<br />

sarebbe dunque moralmente<br />

responsabile (inconsapevole,<br />

e quindi non perseguibile)<br />

della morte di Gesù il<br />

Nazareno, unico e autentico<br />

“Figlio del Padre”. Nella<br />

realtà storica questo personaggio<br />

ha diversa valenza.<br />

Egli era un ribelle anti-Roma,<br />

uno zelota nazionalista, un<br />

sedizioso e un terrorista nella<br />

visione odierna. Si batteva<br />

per una patria libera, per l’autonomia<br />

e per la indipendenza<br />

di Israele.<br />

Certamente era anche assassino<br />

e ladro, perché aveva<br />

ucciso numerosi soldati<br />

imperiali e le sue mani avevano<br />

sottratto beni di conquistatori<br />

e collaborazionisti.<br />

Catturato, veniva trattato come<br />

prigioniero “politico”.<br />

Tutto sommato, alla stregua<br />

di Gesù. Di qui, come aveva<br />

annunciato il profeta, “il<br />

Giusto giustificherà molti e<br />

delle loro colpe si caricherà…<br />

lasciandosi annoverare<br />

tra i malfattori mentre<br />

portava la colpa di molti e intercedeva<br />

per i malfattori”<br />

(Isaia, 53, 11-12). Egli doveva<br />

morire per tutti gli ingiusti,<br />

per l’intera umanità smarrita<br />

e peccatrice. La strada di<br />

Barabba, similmente a<br />

Pilato, si è incrociata con<br />

quella del Giusto soltanto<br />

perché, in tal modo - aveva<br />

ribadito il figlio di Amos -<br />

“piacque al Signore”.<br />

La premessa mi è parsa indispensabile<br />

prima di affrontare<br />

questo racconto di Pedro<br />

Sarubbi su La passione di<br />

Barabba. Prima ancora di<br />

sfogliarlo, mi sono detto: “Ci<br />

siamo. Un altro tassello della<br />

sindrome delle false scoperte<br />

letterarie; l’autore avrà certamente<br />

inventato qualcosa<br />

alla maniera di Dan Brown o<br />

del Vangelo di Giuda”. Apro il<br />

risguardo di copertina dove<br />

risalta il rullo di “attore professionista”<br />

e penso con<br />

supponenza: “Aiuto! La gente<br />

di spettacolo è tanto brava<br />

a recitare ma spesso utilizzando<br />

la penna si comporta<br />

come un giornalista della<br />

carta stampata che s’improvvisa<br />

conduttore radiotelevisivo”.<br />

Così maldisposto<br />

mi dedico alla lettura, con<br />

l’intenzione di farla in breve<br />

giusto per trarre i dati essenziali<br />

per la recensione.<br />

Ohibò, le pagine scorrono facili,<br />

invoglianti, gradevoli, tra<br />

note originali, tematiche attraenti,<br />

descrizioni genuine. Il<br />

tutto attraverso un periodare<br />

sciolto e incalzante. La testimonianza<br />

(sottotitolo “Storia<br />

della mia conversione”) diventa<br />

sempre più piacevole<br />

man mano che si procede<br />

dall’infanzia verso la maturità.<br />

Nella parte centrale della<br />

biografia affiora il salto di<br />

qualità grazie all’incontro con<br />

il regista Mel Gibson in fase<br />

di gestazione del suo straordinario<br />

affresco sul sacrificio<br />

divino. E qui diventa chiara<br />

l’espressione usata per il titolo.<br />

Alla figura di Barabba viene<br />

affidata un’insolita interpretazione.<br />

Ogni attore soppesa<br />

l’importanza del proprio<br />

ruolo in base al numero<br />

di battute che deve recitare.<br />

La tensione era palpabile nel<br />

salone del mitico Istituto<br />

Luce, tra marmi e opere d’arte<br />

con mosaici di ispirazione<br />

romana, esattamente come<br />

l’aveva voluto Mussolini durante<br />

il suo ventennio, mentre<br />

Gibson illustrava il progetto.<br />

Ad ogni interprete era stato<br />

distribuito un copione con<br />

le parti di ciascuno nelle lingue<br />

originali. Sarubbi: “Avrei<br />

avuto voglia di scorrere velocemente<br />

le pagine fino ad<br />

arrivare al mio ruolo ma mi<br />

trattenni… aspettavo con ansia<br />

la mia scena, la scena di<br />

Barabba, con la stessa apprensione<br />

di un padre in sala<br />

parto… finalmente arrivammo<br />

alla pagina dove entrava<br />

in azione Barabba, lessi velocemente<br />

tutto quello che<br />

c’era scritto alla ricerca della<br />

fonetica delle mie battute, in<br />

modo da essere pronto<br />

quando fosse toccato a me”.<br />

Sorpresa e sconcerto. “Per<br />

quanto cercassi, le mie battute<br />

non le trovavo, leggevo e<br />

rileggevo tutto ma niente, pagina<br />

69, 70 e 71, niente, il<br />

copione era scritto su tutti e<br />

due i lati delle pagine in aramaico,<br />

latino, inglese e italiano,<br />

c’era la versione letterale<br />

e quella fonetica, ma di battute<br />

di Barabba neanche<br />

l’ombra”. Il personaggio era<br />

descritto come “un grosso<br />

uomo incatenato, dall’aspetto<br />

animale, piuttosto che<br />

umano”; seguivano tre pagine<br />

fitte di indicazioni per il<br />

duello psicologico tra Caifa e<br />

Pilato ma senza la minima<br />

battuta riferibile a Barabba. È<br />

facile immaginare la tempesta<br />

nel cuore dell’attore che<br />

rifletteva in silenzio con il dolore<br />

dell’amante tradito. A fine<br />

sessione, con i presenti<br />

che si gettavano affamati sul<br />

buffet, Sarubbi prendeva il<br />

coraggio a due mani per affrontare<br />

il regista ipotizzando<br />

persino una rinuncia.<br />

Intuendo che qualcosa non<br />

andava, Mel Gibson si diresse<br />

verso un angolo della sala.<br />

Sarubbi cominciò a parlare,<br />

a fare premesse, a protestare<br />

la sua riconoscenza<br />

per la scelta. “Lui mi guardava<br />

e aspettava qualcosa di<br />

più concreto”. Poi, conosciuto<br />

finalmente il motivo della<br />

lagnanza, lo bloccò facendosi<br />

serio e guardandolo fisso<br />

negli occhi: “Barabba non<br />

parla perché non ha più parole,<br />

ha urlato tutto il suo fiato<br />

per l’ingiustizia subita;<br />

Barabba non è solo un ladrone<br />

ma è un nobile discendente<br />

dalla tribù degli Zeloti,<br />

l’unica tribù che aveva la forza<br />

di opporsi all’impero romano<br />

e proprio battendosi<br />

contro i romani è fatto prigioniero<br />

e torturato fino a trasformarsi<br />

in una bestia, e come<br />

le bestie non ha parole<br />

ma esprime tutto con gli occhi.<br />

Per questo ti ho scelto<br />

per fare il mio Barabba.<br />

Dovrai apparire come una<br />

belva, ma in fondo ai tuoi occhi<br />

ci deve essere lo sguardo<br />

di un uomo onesto… Questo<br />

film sarà innovativo e il tuo<br />

Barabba sarà per te e per il<br />

film più importante di un personaggio<br />

con tante battute.<br />

Fidati e vedrai”. All’attore non<br />

restava che ringraziare,<br />

commentando tra sé: “Mai<br />

nessun regista si era tanto<br />

preoccupato di me e del mio<br />

personaggio”. Cadeva così<br />

ogni pensiero di rinuncia; l’attore<br />

doveva portare avanti<br />

con onore quella interpretazione,<br />

come ha poi fatto.<br />

Il resto diventa parte essenziale<br />

della vita privata di<br />

Pedro Sarubbi, e persino e-<br />

lemento della sua conversione<br />

religiosa, maturata in seguito<br />

all’incontro con persone<br />

adatte nello spirito di Comunione<br />

e Liberazione. Bellissime<br />

le pagine finali sul carisma<br />

di don Luigi Giussani,<br />

da leggere con attenzione<br />

facendone motivo di condivisione.<br />

(A recensione finita, debbo<br />

confessare due cose: ho dedicato<br />

alla lettura l’intera<br />

giornata del Venerdì Santo,<br />

considerandola preghiera;<br />

sono poi corso ad acquistare<br />

alcune copie del libro, per<br />

me - <strong>Ordine</strong>/Tabloid non coltiva<br />

la norma di lasciare il libro<br />

al recensore - e per le<br />

persone più care alle quali è<br />

bello donare libri che fanno<br />

pensare).<br />

Pedro Sarubbi,<br />

La passione di Barabba,<br />

Piemme, Casale<br />

Monferrato 2006,<br />

pagine 182, euro 11,50<br />

44 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


LIBRERIA DI TABLOID<br />

Giorgio Dell’Arti,<br />

Massimo Parrini<br />

Catalogo <strong>dei</strong> viventi <strong>2007</strong>.<br />

5062 italiani notevoli<br />

Lucia Bellaspiga<br />

e Pino Ciociola<br />

Rivincite<br />

di Emilio Pozzi<br />

Gli autori mettono, nella prima<br />

pagina, le mani avanti. E<br />

fanno bene. Perché quando<br />

ci si avventura nell'impresa<br />

di compilare dizionari selettivi<br />

ci può sempre essere<br />

qualche involontaria dimenticanza.<br />

O mascherata come<br />

tale. Oppure la fonte, se non<br />

è diretta o controllata, può<br />

trasmettere qualche imprecisione<br />

o errore. Nella breve<br />

avvertenza iniziale Giorgio<br />

Dell'Arti e Massimo Parrini ,<br />

scrivono: “Gli autori, essendo<br />

umani, possono non aver<br />

notato qualcuno che andava<br />

notato. Di questo chiedono<br />

scusa. Gli autori sanno inoltre<br />

che la massa di informazioni<br />

contenute nel libro è<br />

troppo imponente perché<br />

non vi sia neanche uno sbaglio.<br />

Chiedono scusa anche<br />

di questo e pregano i lettori<br />

consapevoli di mandare correzioni,<br />

integrazioni, rettifiche<br />

e ulteriori informazioni<br />

all’indirizzo di posta elettronica”.<br />

I personaggi citati (5062 ‘italiani<br />

notevoli’, presi in considerazione<br />

alla data del 30<br />

settembre 2006) se sono superstiziosi,<br />

le mani le avranno<br />

messe da qualche altra<br />

parte, leggendo le prime righe<br />

dell’avvertenza “Fanno<br />

parte del seguente elenco<br />

gli italiani ancora in vita al 30<br />

settembre 2006, che sono<br />

stati notati dagli autori”. È<br />

quell’ “ancora in vita” che<br />

può aver indotto qualcuno a<br />

qualche scongiuro. Qualche<br />

nome, infatti non lo si ritroverà<br />

più nella prossima edizione<br />

come quelli di Mario<br />

Merola, Bruno Lauzi, Ondina<br />

Valla, Gillo Pontecorvo,<br />

Emilio Vedova, Pietro Rava,<br />

scomparsi tra ottobre e dicembre.<br />

Erano invece ancora in vita<br />

al 30 settembre, ma il loro<br />

nome non figura, come tanti<br />

altri che, a mio avviso,<br />

avrebbero meritato di essere<br />

inclusi don Lorenzo Bedeschi,<br />

Achille Millo, Flo<br />

Sandon’s, Giacinto Facchetti,<br />

Riccardo Pazzaglia (per<br />

citare quelli, per me ‘notevoli’<br />

di cui ho notato l’assenza).<br />

Comunque l’impresa alla<br />

quale si sono accinti Dell’arti<br />

e Parrini, oltre che affaticante,<br />

(e che può prestarsi al<br />

gioco salottiero della caccia<br />

al ‘chi non c’è’, sperimentato<br />

con successo nella trasmissione<br />

televisiva di Giuliano<br />

Ferrara e Ritanna Armeni su<br />

La7) è utile per una lettura<br />

decodificativa di costume.<br />

Occorrerebbe preliminarmente<br />

intendersi sul significato<br />

del vocabolo ‘notevole’:<br />

il mio dizionario di riferimento,<br />

il preziosissimo Battaglia,<br />

ne dà otto interpretazioni. La<br />

prima è questa: “Degno di<br />

essere notato, osservato,<br />

guardato, ammirato considerato,<br />

vagliato, studiato attentamente<br />

e profondamente,<br />

o di rivestire particolare<br />

importanza e rilievo in un<br />

determinato ambito o contesto<br />

e di essere ricordato a<br />

lungo; che attira l’attenzione<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

per l’originalità o per caratteristiche<br />

particolari; che susciti<br />

interesse, curiosità.” E<br />

fin qui ci siamo.<br />

I promossi sono molti. Però<br />

di fronte a qualche nome<br />

compreso nelle oltre 1800<br />

pagine del volume, resto<br />

perplesso. Ma poi il Battaglia<br />

mi toglie ogni dubbio: l’ottava<br />

definizione di ‘notevole’ è<br />

composta da una sola parola<br />

‘biasimevole’.<br />

E a motivarla c’è una citazione<br />

dal Convivio di padre<br />

Dante: “Però che virtuosissimo<br />

è ne la intenzione mostrare<br />

lo difetto e la malizia<br />

che lo accusatore, dirò, a<br />

confusione di coloro che accusano<br />

la italica loquela,<br />

perché a ciò fare si muovono;<br />

e di ciò farò al presente<br />

speziale capitolo, perché più<br />

notevole sia la loro infamia”<br />

Anche in questo caso ci si<br />

potrebbe esercitare a spulciare<br />

l’elenco <strong>dei</strong> biasimevoli<br />

a cominciare da Totò Riina e<br />

Bernardo Provenzano.<br />

Quanti tra i ‘notevoli’ sono i<br />

‘biasimevoli’<br />

Ecco un modesto suggerimento<br />

per gli autori: aggiungere<br />

al nome <strong>dei</strong> personaggi<br />

anche l’appartenenza a una<br />

categoria (che so ‘i fuochi di<br />

paglia’, gli ‘onnipresenti’, gli<br />

‘insopportabili’, gli ‘intramontabili’).<br />

Le persone veramente ‘notevoli’<br />

si sentirebbero così<br />

tutelate.<br />

In effetti la grande marmellata<br />

degli oltre cinquemila nomi,<br />

rischia di avere un sapore<br />

indefinito. E comunque<br />

non molto gradevole: se<br />

questo è lo specchio della<br />

società in cui viviamo, dobbiamo<br />

prendere atto che<br />

troppo è basata sull’effimero.<br />

Dell’Arti e Parrini sono<br />

però stati molto abili.<br />

Costretti a prendere atto della<br />

notorietà di alcuni (categoria<br />

Lecciso, per intenderci,<br />

hanno ripescato da giornali,<br />

riviste e libri, brani di interviste,<br />

giudizi di critici, descrizioni<br />

colorite, che danno<br />

la dimensione del soggetto<br />

citato. E così, partono frecce<br />

al curaro, firmate da altri. Ma<br />

evidentemente sottoscritte.<br />

Tre piccole annotazioni finali,<br />

molto marginali: 1) nonostante<br />

l’accuratezza degli<br />

estensori, qualche personaggio<br />

è riuscito a sottrarsi<br />

alla curiosità di conoscere la<br />

data di nascita (ad esempio<br />

il siculo Cristiano Malgioglio,<br />

sempre molto prodigo di autoreferenzialità);<br />

2) l’asciuttezza<br />

di alcune voci (solo tre<br />

righe) che non fanno onore<br />

al soggetto citato, in contrasto<br />

con il dilagare di colonne<br />

per nomi francamente ridimensionabili;<br />

3) l’inserimento<br />

del volume, del peso,<br />

controllato, di un chilo e seicentoquaranta<br />

grammi, nella<br />

collana ‘Tascabili’. Una<br />

candidatura nel Guinness<br />

<strong>dei</strong> primati<br />

Giorgio Dell’Arti,<br />

Massimo Parrini,<br />

Catalogo <strong>dei</strong> viventi. 5062<br />

italiani notevoli,<br />

Marsilio,Venezia 2006,<br />

pagine 1806, euro 34,00<br />

Pubblichiamo la presentazione<br />

di Antonio Maria<br />

Costa direttore dell’Ufficio<br />

delle Nazioni Unite contro<br />

la Droga e il Crimine<br />

In ogni essere umano la<br />

speranza è qualcosa che resiste<br />

a tutte le evidenze, è la<br />

forza che spinge avanti imprese<br />

ritenute irrealizzabili,<br />

ma che invece spesso segnano<br />

svolte epocali nella<br />

storia dell’umanità.<br />

Eppure, per molte persone<br />

è difficile sperare che la moltitudine<br />

di uomini e di donne<br />

che vivono ai margini della<br />

società possano riconquista<br />

re un destino diverso.<br />

Quando in strada ci si imbatte<br />

nel giovane tossicodipendente<br />

che cerca di racimolare<br />

soldi, quanti di noi<br />

scommetterebbero sulla<br />

possibilità che lo stesso ragazzo<br />

ci appaia tempo dopo<br />

in un parco mentre gioca sereno<br />

con i suoi figli<br />

Ogni uomo ha la forza della<br />

speranza dentro di sé, ma fa<br />

fatica a riconoscerla negli altri.<br />

Per chi decide o deciderà<br />

di lottare per guadagnare un<br />

destino diverso dalla sofferenza<br />

e dall’emarginazione,<br />

lo sguardo compassionevole<br />

o sprezzante ma comunque<br />

scettico delle persone<br />

cosiddette normali, che faticano<br />

anche solo a pensare<br />

a questa possibilità, equivale<br />

a una condanna.<br />

Ecco: il pregio principale di<br />

questo libro è quello di restituire<br />

la speranza a tutti noi,<br />

facendo piazza pulita degli<br />

stereotipi o preconcetti che<br />

limitano il nostro pensiero.<br />

Questo libro dà un volto a<br />

milioni di persone che camminano<br />

al nostro fianco seguendo<br />

un percorso parallelo,<br />

ma che ciascuno di noi<br />

dovrebbe condividere.<br />

La nostra umanità gioca<br />

sempre più con modelli virtuali,<br />

oggi ci si appassiona<br />

per ogni aspetto della vita di<br />

un attore, spesso si guarda<br />

senza spirito critico al vip<br />

cocainomane, mentre i più<br />

giovani spesso vorrebbero<br />

emularlo. L’immagine dell’eroe<br />

che l’antichità ci ha consegnato<br />

è quella di un uomo<br />

che sfida un destino ineluttabile,<br />

che supera ostacoli<br />

insormontabili per salvare<br />

se stesso, o il suo popolo.<br />

periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />

<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Le pagine di questo libro<br />

non ci portano in un passato<br />

di guerre tra ciclopi, ma ci<br />

accompagnano nelle stanze<br />

degli ospedali, nelle carceri,<br />

nelle case, per farci incontrare<br />

persone come noi eppure<br />

diverse. Persone che<br />

hanno attraversato gli abissi<br />

della disperazione, per ritrovare<br />

– anche per noi – qualcosa<br />

dell’essenza di ciò che<br />

rende eroiche le azioni di un<br />

uomo. Queste brevissime<br />

storie descrivono, con un’incredibile<br />

intensità, la parabola<br />

di tante meteoriti luminose.<br />

Le pagine del libro restituiscono<br />

al nostro essere<br />

umani una reale grandezza,<br />

poiché sono la testimonianza<br />

di chi si è lasciato alle<br />

spalle un destino ineluttabile<br />

o di chi ha fatto sì che una<br />

condanna si trasformasse in<br />

una possibilità. Di chi ha dimostrato<br />

che la forza di un<br />

essere umano supera limiti<br />

considerati evidenti e non<br />

aggirabili.<br />

Se ci si chiede a cosa associare<br />

l’immagine di un vincente,<br />

credo che in pochi risponderebbero<br />

a un ex detenuto<br />

che ha realizzato i<br />

suoi sogni, abbandonando<br />

la strada del crimine. O a<br />

una persona affetta da un<br />

handicap, che ha realizzato<br />

capolavori. Ai più verrebbero<br />

in mente i volti sorridenti,<br />

perfetti e tutti uguali che<br />

guizzano sugli schermi televisivi.<br />

Ma ci sono anche i "guardiani<br />

<strong>dei</strong> sogni", quelle migliaia<br />

di persone che lungo i<br />

corridoi <strong>dei</strong> centri di riabilitazione,<br />

negli ospedali, nelle<br />

scuole, in strada, coltivano<br />

la speranza che ogni uomo<br />

– anche chi sembra condannato<br />

– possa realizzare<br />

grandi imprese, imprese<br />

reali. Anche grazie a loro,<br />

medici, cuochi, educatori...,<br />

oggi leggiamo le storie di<br />

questo libro.<br />

Queste storie ci raccontano<br />

con leggerezza e con un infinito<br />

amore per la vita, che i<br />

vinti siamo noi quando abbandoniamo<br />

la speranza.<br />

Questo libro racconta anche<br />

di persone che non ce l’hanno<br />

fatta, e qui sentiamo che<br />

la loro sconfitta è anche un<br />

nostro fallimento.<br />

Oggi ripenso a La fortezza<br />

vuota, non entro nel merito<br />

Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004<br />

n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Anno XXXVII - Numero 1 - 2 - 3<br />

<strong>Gennaio</strong> - <strong>Febbraio</strong> - <strong>Marzo</strong> <strong>2007</strong><br />

Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO<br />

Direzione, redazione, amministrazione: Via Antonio da Recanate, 1 -<br />

20124 Milano<br />

Centralino Tel. 02 67 71 371 Fax 02 66 71 61 94<br />

Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />

Franco Abruzzo presidente;<br />

Cosma Damiano Nigro vicepresidente;<br />

Sergio D’Asnasch consigliere segretario;<br />

Alberto Comuzzi consigliere tesoriere.<br />

Consiglieri: Letizia Gonzales, Laura Mulassano, Paola Pastacaldi,<br />

Giuseppe Spatola, Brunello Tanzi<br />

<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />

della validità scientifica di<br />

questo testo di psicanalisi.<br />

Ciò che mi colpì quando lo<br />

lessi era il modo in cui descriveva<br />

l’annichilimento del<br />

desiderio di vivere in un essere<br />

umano. Il libro vedeva<br />

l’autismo infantile come una<br />

condizione di assoluta chiusura<br />

al mondo, determinata<br />

dall’impossibilità di superare<br />

la convinzione che comunque<br />

sia non ci sono vie d’uscita.<br />

Una condizione paragonata<br />

a quella <strong>dei</strong> prigionieri <strong>dei</strong><br />

lager. Nei campi di sterminio<br />

innumerevoli persone - sfinite<br />

dalla sofferenza - avevano<br />

rinunciato alla speranza<br />

di superare l’orrore, ma vi<br />

era anche chi non abbandonava<br />

la fede nella possibilià<br />

di un futuro diverso. Una<br />

speranza che dava a questi<br />

ultimi la forza e la determinazione<br />

di andare con la<br />

mente oltre il filo spinato, di<br />

non abbandonarsi alla morte,<br />

di sopravvivere per a-<br />

spettare.<br />

Oggi nel ripensare alla fortezza<br />

vuota, credo che questa<br />

immagine valga anche<br />

per chi, pur avendo una vita<br />

"normale", al riparo dai crolli,<br />

si riduce a "non sentire" la<br />

vera energia che scaturisce<br />

dagli esseri umani. La fortezza<br />

vuota può essere metafora<br />

anche di chi - pur non<br />

avendo per sua fortuna una<br />

reale cognizione del dolore -<br />

vive ad occhi chiusi. Per<br />

molti infatti, la vita è soltanto<br />

conquista di una posizione<br />

sociale, di un lavoro ben remunerato,<br />

e troppo spesso<br />

questi traguardi sono assunti<br />

in modo passivo, introiettando<br />

modelli "obbligatori",<br />

che non danno misura<br />

della libertà di ciascun essere<br />

umano.<br />

In questo libro ritroviamo un<br />

po’ di questa libertà. Si comincia<br />

dalla voce di donne e<br />

uomini che, a partire dalla<br />

distruzione di ogni simulacro,<br />

hanno ripreso un cammino<br />

a partire da loro stessi.<br />

E di donne e uomini che<br />

hanno deciso di investire le<br />

loro energie per accompagnarli<br />

in questo viaggio.<br />

In questo libro si parla anche<br />

di malati terminali, per i<br />

quali nel tempo rimasto –<br />

breve o lungo che sia – si<br />

manifesta l’intensità di una<br />

vita. Ogni anno, quando presento<br />

i dati sul consumo di<br />

droga, provo a immaginare i<br />

volti che si nascondono dietro<br />

i numeri: un numero è un<br />

giovane che vaga cercando<br />

di racimolare i soldi per una<br />

dose, una famiglia che non<br />

sa più niente di lui. Tutte le<br />

volte ritrovo invece nei giovani<br />

<strong>dei</strong> centri di recupero<br />

dalle tossicodipendenze la<br />

gioia. Una gioia che nasce<br />

mentre si strappa terreno alla<br />

devastazione. È difficile<br />

riuscire anche solo a immaginare<br />

la sofferenza mentale<br />

e fisica di questi ragazzi,<br />

eppure attaverso di loro si<br />

avverte la grandezza di ogni<br />

essere umano che sceglie<br />

di essere libero.<br />

Questo libro ci offre la libertà<br />

di andare oltre l’ottusità<br />

di un determinismo che<br />

pretende di tracciare in modo<br />

definitivo la parabola della<br />

vita di ciascuno di noi, ci<br />

restituisce un po’ della bellezza,<br />

della dignità e della<br />

poesia del nostro essere<br />

uomini.<br />

Lucia Bellaspiga<br />

e Pino Ciociola,<br />

Rivincite,<br />

La Caravella,Viterbo<br />

2006, pagine 172, euro 12<br />

I diritti di questo libro vengono<br />

interamente devoluti dagli<br />

autori alla Casa Famiglia<br />

“Solidarietà e speranza” di<br />

Suor Paola a Roma e alla<br />

“Casa di Archimede” a<br />

Caprarola (Viterbo).<br />

Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti Giacinto Sarubbi (presidente),<br />

Ezio Chiodini e Marco Ventimiglia<br />

Direttore dell’OgL Elisabetta Graziani<br />

Segretaria di redazione Teresa Risé<br />

Realizzazione grafica: Franco Malaguti<br />

Stampa Stem Editoriale S.p.A.Via Brescia, 22 20063 Cernusco sul<br />

Naviglio (Mi)<br />

Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano.<br />

Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC)<br />

Comunicazione e Pubblicità Imagina sas Corso di Porta Romana, 128<br />

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T. 02/58320509 Fax 02/58319824 e-mail: imagiuno@tin.it - www.imaginapubblicita.com<br />

La tiratura di questo numero è di 25.052 copie. Chiuso in redazione<br />

il 21 febbraio <strong>2007</strong><br />

45


I N O S T R I L U T T I<br />

Vittorio Corona<br />

il “pittore” <strong>dei</strong> giornali<br />

di Marco Travaglio<br />

Adolfo Caldarini, un<br />

signore del giornalismo<br />

di Vittorio Reali<br />

Vittorio Corona se n’è andato l’altroieri, a 59<br />

anni, per un brutto male. Era un grande artigiano<br />

del giornalismo, schivo e geniale come<br />

solo i siciliani sanno essere. Un artista della<br />

grafica, un infaticabile e creativo creatore di<br />

giornali. La sua creatura più riuscita fu la Voce<br />

di Indro Montanelli, nata nel marzo 1994 dopo<br />

il divorzio del grande Indro dal Cavaliere e<br />

assassinata 13 mesi dopo, praticamente nella<br />

culla, con sistemi che sarebbe troppo lungo<br />

raccontare. Ma, quando affiancò Indro in<br />

quell’avventura, aveva già una lunga carriera<br />

dietro le spalle. Catanese di Aci Trezza, lavorò<br />

alla Sicilia e poi, nel 1971, salì a Milano<br />

e iniziò subito a svecchiare il mondo polveroso<br />

<strong>dei</strong> rotocalchi Rizzoli: da Novella 2000 ad<br />

Annabella. Mondo Uomo e Amica nacquero<br />

dalla sua fantasia. Come pure i giornali di tendenza<br />

Moda e King, due successi strepitosi<br />

della Eri negli anni 80. Nel ‘93 Berlusconi lo<br />

chiamò a Italia 1 per progettare Studio<br />

Aperto. Il direttore di tutte le news era Emilio<br />

Fede, ma il Cavaliere gli promise che, alla<br />

partenza, sarebbe toccato a lui. Non era vero,<br />

infatti arrivò Paolo Liguori.<br />

Corona se ne andò, subito ingaggiato da un<br />

gruppo di imprenditori che, fallito l’assalto al<br />

Giorno, preparavano un nuovo quotidiano: la<br />

Voce. Mentre vagliavano i possibili direttori, il<br />

Cavaliere cacciò Montanelli dal Giornale.<br />

Eccolo trovato, il direttore. Corona, da art director,<br />

diventò suo vice. E, conoscendo l’allergia<br />

a ogni novità del Grande Vecchio, rinfoderò<br />

il progetto originario, tutto bollicine e fotomontaggi,<br />

per passare a una formula più<br />

tradizionale. Poi però (quante volte ne abbiamo<br />

parlato, rievocando quei giorni irripetibili),<br />

per puro sfizio, mostrò al Vecchio quelle pagine<br />

rivoluzionarie. Montanelli lo stese con un<br />

tonante «E solo ora me le mostri È molto<br />

meglio questa Voce qua! Vai avanti, Vittorio».<br />

L’Avvocato Agnelli, stupefatto, commenterà:<br />

«Hanno messo la minigonna a Montanelli». Il<br />

Umberto Montefameglio,<br />

un anticonformista<br />

Umberto Montefameglio era nato a Metz<br />

(Francia) 25 maggio 1935 ed è morto a<br />

Vizzolo Predabissi il 26 gennaio <strong>2007</strong>. Ha iniziato<br />

l’attività giornalistica a 17 anni come<br />

aiutante del corrispondente da Torino della<br />

Gazzetta dello sport allora diretta da Gianni<br />

Brera. A vent’anni non ancora compiuti è stato<br />

assunto dal quotidiano «Il popolo nuovo»<br />

di Torino dove ha svolto il praticantato ed è<br />

diventato giornalista professionista il 1° gennaio<br />

1958, a 22 anni, rimanendo per parecchio<br />

tempo il più giovane giornalista italiano.<br />

Nell’arco di 37 anni ha lavorato con diverse<br />

mansioni (cronista, capocronista, inviato, redattore<br />

capo, direttore) nei quotidiani Il Popolo,<br />

L’Italia, L’Avvenire, La Notte, Il Giorno,<br />

in diverse radio e televisioni private e, negli<br />

ultimi 15 anni di professione nei periodici<br />

Mondadori dove ha svolto diverse mansioni<br />

e ha pubblicato testi e fotografie su Il<br />

Milanese, Bolero, Epoca, Panorama, Grazia,<br />

Topolino.<br />

Alla Mondadori è stato membro del Comitato<br />

di redazione e ha fatto parte della Consulta<br />

sindacale dell’Associazione lombarda <strong>dei</strong><br />

giornalisti.<br />

Della sua attività sindacale gli piaceva ricordare<br />

che è stato il primo giornalista-sindacalista<br />

a ottenere, nel contratto integrativo della<br />

Mondadori, il riconoscimento della qualifica<br />

di giornalista per i grafici e i fotogiornalisti e<br />

la loro ammissione all’<strong>Ordine</strong>.<br />

Ha fondato e diretto diverse pubblicazioni tra<br />

le quali il mensile Il mercato del legno, il bimestrale<br />

Il Club della pipa, il settimanale La<br />

Gazzetta della Martesana ed è stato il primo<br />

direttore del quotidiano radiodiffuso Radio<br />

Martesana.<br />

Ultimamente, oltre a Il Club degli autori è stato<br />

anche direttore responsabile <strong>dei</strong> periodici<br />

Vivere Melegnano e V.S., mensile per gli stu-<br />

successo in edicola, nelle prime settimane, è<br />

travolgente. Poi una serie di errori editoriali,<br />

misti ai sabotaggi politico-pubblicitari, spegneranno<br />

la Voce per sempre.<br />

Da allora, il sogno di Vittorio era riportarla in<br />

edicola. Due anni fa, nel decennale, aveva curato<br />

per la Bur un’antologia delle migliori copertine<br />

e <strong>dei</strong> migliori editoriali montanelliani,<br />

dal titolo Senza Voce. Era già malato, ma contava<br />

di farcela. Non è stato così. Le vicende<br />

del figlio, fotografo <strong>dei</strong> vip, non hanno aiutato.<br />

Ma dal ‘95 all’altroieri Corona ha fatto mille altre<br />

cose: un mensile per il gruppo Donati, lo<br />

splendido inserto culturale del Sole-24 ore,<br />

vari rotocalchi (anche per editori stranieri, soprattutto<br />

tedeschi). Ma sempre dietro le quinte:<br />

nessuno osava assumere l’uomo che aveva<br />

detto di no al Cavaliere. Non prima che si<br />

scusasse, almeno. Vittorio però, diversamente<br />

da tanti, anche ex-vociani, non era tipo da<br />

inginocchiatoio. Era un galantuomo dalla<br />

schiena dritta, fra tante serpi e troppi servi.<br />

(da la Repubblica del 26 gennaio <strong>2007</strong>).<br />

denti universitari; tutti a titolo gratuito.<br />

Personalità eclettica ed anticonformista,<br />

sempre attento a tutte le innovazioni è stato<br />

uno <strong>dei</strong> primi a credere nella diffusione e forza<br />

del web creando uno <strong>dei</strong> portali dedicati<br />

alla letteratura agli albori di internet e arrivando<br />

a vincere ben due premi indetti dal<br />

Sole 24ore nel 1996... Attualmente era<br />

Direttore responsabile della rivista da lui fondata<br />

Il Club degli autori e presidente dell’omonima<br />

associazione che ha istituito con lo<br />

scopo di promuovere gli autori esordienti ed<br />

emergenti, creatore e webmaster del<br />

network culturale http://www.club.it<br />

Nonostante la non più giovane età era un appassionato<br />

motociclista conosciuto nell’ambiente<br />

come “nonno Biker”, infatti una sua<br />

simpatica caricatura è apparsa sul numero<br />

11-2004 del mensile Focus. Ha ideato il sito<br />

http://www.bikersclub.it<br />

r.t.<br />

Era stato davvero un bel giorno, quello. Un<br />

gruppo nutrito di giovani aspiranti (alcuni<br />

nemmeno più tanto giovani) aveva superato i<br />

diciotto mesi di praticantato e, finalmente, erano<br />

diventati “professionisti”. Quasi tutti la “professione”<br />

se l’erano già guadagnata sul campo;<br />

ora però avevano quel tanto sospirato tesserino<br />

di pelle marrone-rossastro con le scritte<br />

sul frontespizio in caratteri dorati. Ti ricordi,<br />

Adolfo C’eri anche tu in quel drappello di colleghi,<br />

nel cui ideale zaino di ciascuno c’erano<br />

tante speranze, tanto orgoglio e quel “bastone<br />

di maresciallo” che Dumas aveva infilato<br />

nel sacco di D’Artagnan.<br />

Fu una buona infornata quella del maggio<br />

1973. Oltre a te così, presi a caso nel mucchio,<br />

c’erano Adriana Bruno, Mauro Castelli e<br />

Bruschetti della Rai, Edgardo Ferri, Giulio<br />

Giuzzi, Sebastiano Grasso, la pattuglia di<br />

quelli de La Notte (Giorgio Carbone, Luisa<br />

Purisiol, Luigi Foti, Costantino Muscau e tu,<br />

Adolfo Caldarini), Novarro Montanari, Nestore<br />

Morosini, quel Giorgio Oldrini che adesso è<br />

sindaco di Sesto San Giovanni, Edoardo<br />

Raspelli, Angelo Restelli, Roberta Sparano,<br />

Alberto Trivulzio. E tanti altri che proprio non<br />

posso citare ora.<br />

Tu, allora, avevi 32 anni esatti, ma per chi ti<br />

conosceva, ne avevi assai di più per serietà<br />

professionale, per senso critico, per esperienza<br />

di cronista e di organizzatore. Tutto ciò misto<br />

a un “aplomb” che involontariamente ti trasformava<br />

in un distinto giovin signore inglese.<br />

Ma in te - ora te lo posso dire senza tema di<br />

una tua reazione - c’erano pure una grande<br />

disponibilità verso chi ti stava accanto e un altruismo<br />

( qualcuno direbbe “di vecchio stampo”)<br />

che imbarazzava chi da te riceveva un favore<br />

accompagnato da un sorriso e da una<br />

pacca sulla spalla. Tutte cose, queste, difficilmente<br />

rintracciabili oggi nel convulso e un po’<br />

troppo superficiale mondo nostrano.<br />

Ti divertivi moltissimo quando qualcuno con<br />

un po’ di fantasia - forse per “colpa” del tuo<br />

naso e del tuo mento - ti paragonava a<br />

Giorgio Gaber. Erano i bei tempi di una nostra<br />

avventura poco più che giovanile in quel<br />

palcoscenico della vita invidiato da chi non lo<br />

conosceva, ch’era il giornalismo rampante<br />

non ancora coniugato con le nuove tecnologie<br />

(che poi divennero le tue “compagne”<br />

preferite).<br />

Regnava sovrano, prima in piazza Duca<br />

d’Aosta poi in piazza Cavour, quel grande direttore<br />

che fu Nino Nutrizio; tu, giovane praticante,<br />

destavi l’ammirazione del “maestro”<br />

Bertoli, responsabile delle pagine di provincia<br />

(ricordo quel giorno - fine anni Sessanta - durante<br />

una riunione di capi redattori e capi servizio<br />

per organizzare iniziative nuove, in cui<br />

Bertoli si alzò in tutta la sua scarsa altezza e<br />

disse a Nutrizio: su Caldarini non si discute, o<br />

me lo date oppure io non organizzo niente.<br />

Ed ebbe Caldarini. Tu, comasco verace, lavorasti<br />

anche a Milano con tutti noi; ma non per<br />

molto. Nascevano le edizioni locali de La<br />

Notte: chi poteva assumersi l’onere di Como<br />

Notte se non tu, Adolfo. È fu uno <strong>dei</strong> primi tuoi<br />

grandi successi, in un’epoca in cui - a Milano<br />

come a Venezia, a Como come a Varese, a<br />

Bergamo come a Brescia - non c’erano ancora<br />

i telegiornali; un’epoca in cui regnavano<br />

i quotidiani del mattino (nazionali o locali). Ma<br />

era anche il momento <strong>dei</strong> giornali del pomeriggio<br />

che portavano le notizie dello stesso<br />

giorno alle migliaia di impiegati che all’imbrunire<br />

sciamavano dagli uffici e volevano sapere<br />

cos’era accaduto in città, in Italia, nel mondo<br />

mentre loro erano chiusi in una banca, in<br />

un ufficio comunale, in un grande magazzino.<br />

Nutrizio portò la sua creatura fuori Milano: alle<br />

15, la Notte anche con due pagine locali,<br />

era nei capoluoghi di provincia, nella lontana<br />

piazza S. Marco a Venezia. E a Como c’eri tu<br />

per fare Como Notte: una garanzia per tutti<br />

noi della redazione centrale. Mario Bertoli<br />

gioiva perché aveva puntato su questo snello<br />

giovin signore in blazer blu e tanto entusiasmo<br />

nelle arterie, così come gioiva Arrigo<br />

Galli, il capo redattore dell’ultima edizione,<br />

che comasco anch’egli ti chiamava almeno<br />

dieci volte al giorno al telefono. E tu sempre<br />

disponibile, sempre pronto, sempre presente<br />

nel fare e rifare le tue pagine.<br />

Chi non ti ha conosciuto o ha avuto con te solo<br />

un breve rapporto di vita, non può capire<br />

questa nostra chiacchierata d’oggi.<br />

Caro Adolfo, hai voluto farci uno “scherzaccio”<br />

terribile. Te ne sei andato quasi in punta di<br />

piedi com’era nel tuo stile: temevi di non farcela<br />

questa volta e ne parlavi con chi, più<br />

amico di altri, potevi confidarti. Una malattia<br />

senza scampo, agghiacciante, incredibile e<br />

inattesa (si pensava di averla debellata qualche<br />

anno fa), fulminante ti ha portato via.<br />

Adolfo, non avermene. Ma i ricordi si affollano,<br />

premono, esigono ch’io dica a tutti - specie<br />

ai giovani colleghi che giungono ora al<br />

giornalismo, in periodi non certo facili - come<br />

si deve essere giornalisti. E adesso non puoi<br />

fermarmi. Dopo un’esperienza in un istituto di<br />

studi stranieri, cominciasti a collaborare su<br />

pubblicazioni varie locali e no; a vent’anni avesti<br />

la gioia di leggere il tuo primo, vero articolo<br />

sul Corriere della sera, il resto alle<br />

“Province” con Mario Bertoli. La sera tornavi<br />

a Como; devi riconoscerlo ora: la tua Como<br />

non potevi assolutamente lasciarla. Macché<br />

capo servizio a Milano, in piazza Cavour.<br />

Meglio combattere la battaglia delle “testate”<br />

da Como.<br />

E lì tu vincesti sempre. Fin dall’inizio. Nella tua<br />

città eri un “mito”. Qualche tempo fa, incontratici,<br />

ci trovammo a dire: noi due abbiamo<br />

qualcosa in comune, oltre al mestiere. Per noi<br />

il lavoro era (ed è) un hobby. Non far nulla Ci<br />

si stanca, ci si annoia, ci si rende conto di<br />

perdere un tempo sempre più prezioso. E tu<br />

non hai mai perso il tuo tempo: la direzione di<br />

“Antenna 3 Lombardia”, poi quella tua creatura<br />

che era “Espansione TV”, emittente comasca<br />

che mi costringesti a conoscere di persona<br />

e con quale amore mi avevi spiegato i<br />

marchingegni e le “nuove tecnologie” applicate<br />

a questa tua nuova avventura. Eri felice,<br />

quasi come quando - più tardi - in una nostra<br />

telefonata mi annunciasti che stavi per diventare<br />

nonno.<br />

E poi, ancora: in via Solferino ti avevano chiamato<br />

per uno scambio d’idee. E tu l’idea l’avevi<br />

già nel cassetto.<br />

Eccoti fondatore, direttore ( e un po’ tuttofare<br />

perché per te “direttore” era molto ma non era<br />

tutto…) del Corriere di Como. Un successo,<br />

poteva essere diverso Infine, direttore editoriale<br />

di questo “tuo” giornale. Non ti è piaciuto,<br />

lo so; temevi le pantofole. Marisa, tua moglie<br />

e Roberta, tua figlia hanno riempito questa<br />

malinconia. E poi ci ha pensato Susanna<br />

la tanto attesa nipotina. Ma tu, fino all’ultimo ti<br />

sei sentito giornalista, cronista, TV-man: un<br />

grande esempio per i giovani nostri colleghi.<br />

Sarà bello fra qualche tempo, ritrovarsi e discutere<br />

di una data piuttosto che di un’altra;<br />

parlando di te, Adolfo: un signore del nostro<br />

mestiere. Come scordare quel tuo sorriso…<br />

46 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>


Video choc girato ai danni di un giovane disabile<br />

Franco Gianola,<br />

giornalista e storico<br />

Una direttiva comunitaria<br />

potrebbe salvare Google<br />

di Gianni Buosi<br />

Si è spento all’improvviso, sabato 13 gennaio,<br />

a 76 anni, Franco Gianola, a lungo redattore<br />

de il Giorno. Lascia la moglie Donatella e dolore<br />

e rimpianto in tutti quelli che l’hanno conosciuto,<br />

apprezzato e amato per le sue qualità<br />

umane e professionali.<br />

Era nato a Remanzacco, in provincia di<br />

Udine, il 18 marzo del 1930. Aveva iniziato<br />

l’attività professionale negli anni Cinquanta, al<br />

Piccolo di Trieste, poi era passato a l’Unità, in<br />

qualità di inviato speciale nel Friuli. Nel ‘62 iniziava<br />

il suo periodo giornalisticamente più ricco<br />

di soddisfazioni, alla rivista Vie Nuove, prima<br />

a Milano, poi a Roma, infine di nuovo a<br />

Milano. Sui più svariati temi di politica e di costume<br />

aveva saputo far valere le sue virtù di<br />

Giuseppe Fumarola<br />

difensore della verità<br />

di Sergio Borsi<br />

Due, forse tre, giorni prima di Natale, durante<br />

i lavori del Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> a<br />

Roma, siamo stati raggiunti dalla notizia della<br />

morte di un altro amico, Peppino Fumarola.<br />

Aveva da poco compiuto i 75 anni.<br />

Gli ultimi giorni della sua esistenza terrena<br />

sono stati duri, dolorosi. Si è così riprodotta,<br />

nel breve termine, l'essenza della sua vita,<br />

costellata di fatiche, di sofferenze, di impegno,<br />

di coerenza, spesso pagata a caro prezzo.<br />

Giuseppe Fumarola è venuto a Milano dal<br />

sud, dalla Puglia e ad Alberobello è stato ricondotto<br />

nel suo ultimo viaggio. Un ritorno a<br />

casa, in quella terra che ha sempre amato e,<br />

soprattutto, ha cercato in ogni modo di difendere<br />

e di nobilitare.<br />

A Milano ha lavorato a Il Giorno (“Quello di<br />

Baldacci e di Pietra” era solito puntualizzare),<br />

ha ricoperto incarichi per molti anni nel sindacato,<br />

nell'<strong>Ordine</strong>. È stato delegato a molti<br />

congressi della Federazione della stampa, è<br />

stato docente alla Cattolica, ai corsi di preparazione<br />

agli esami professionali e poi componente<br />

delle commissioni agli esami di Stato.<br />

Forse ho tralasciato qualche altro dato biografico.<br />

Mi scuso con Peppino, con i suoi cari,<br />

con i colleghi. Ma preferisco ricordarlo in altro<br />

modo: come un uomo coerente, convinto<br />

delle sue idee, difensore della verità, combattente<br />

per la giustizia. In questo senso gli dobbiamo<br />

qualche scusa: per averlo talvolta sottovalutato,<br />

per averlo giudicato troppo insistente<br />

e caparbio su talune letture della vita<br />

professionale e delle vistose carenze che si<br />

sono palesate nei vari ambiti del nostro lavo-<br />

ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />

inviato scrupoloso, naturalmente portato all’approfondimento.<br />

La sua curiosità l’aveva<br />

portato anche a uno <strong>dei</strong> primi viaggi nella<br />

Cuba di Castro, dalla quale era tornato con<br />

un ampio reportage. La sua naturale tendenza<br />

all’approfondimento l’aveva spinto a scrivere<br />

anche due libri: Come l’uomo distrugge<br />

il pianeta e Il pianeta sesso.<br />

Ma poi Vie Nuove chiudeva e Franco, uomo<br />

schivo, orgoglioso ed estraneo agli apparati,<br />

affrontava un periodo di disoccupazione per<br />

approdare infine, nel 1980, a il Giorno in qualità<br />

di semplice redattore. E qui si era accontentato<br />

- lui così colto e preparato - di far valere,<br />

nel settore “i Fatti della Vita”, il suo bagaglio<br />

di esperienza e la sua scrupolosità nel<br />

lavoro redazionale di ogni giorno. Così, per<br />

quasi 15 anni, si era fatto stimare e amare da<br />

quanti - giornalisti, ma anche tipografi - erano<br />

riusciti a scalfire la sua maschera di riservatezza<br />

e di velata frustrazione professionale<br />

per scoprire sensibilità ed empatia rare.<br />

Ma si vedeva che quel mestiere ormai gli andava<br />

stretto. Anche se pochi avrebbero scommesso<br />

che - una volta approdato alla pensione,<br />

nel dicembre ‘94 - Franco avrebbe davvero<br />

realizzato il progetto che meditava da<br />

tempo: una rivista di storia.<br />

Invece, nel ‘96, decollava già Storia in<br />

Network, la prima rivista italiana on line specializzata<br />

nel settore. Con rigore scientifico<br />

ma con intenti divulgativi, la rivista avrebbe<br />

affrontato, per ben 123 numeri, i più svariati<br />

temi di storia, con un’attenzione particolare a<br />

quella moderna e con il coraggio di affrontare<br />

anche, negli editoriali, i temi più scottanti<br />

dell’attualità (da ultimo, il nodo dell’alta velocità<br />

in val di Susa). Questa formula intelligente<br />

aveva portato Storia in Network a raggiungere<br />

il primo posto fra le riviste on line del settore<br />

con oltre 10mila contatti a numero.<br />

Di questa brillante iniziativa editoriale Franco<br />

è stato l’ideatore, il fondatore, il direttore responsabile,<br />

il motore instancabile. Per lunghi<br />

dieci anni, finché la morte s’è portato via l’intellettuale<br />

arguto ma affabile, l’uomo dal tratto<br />

signorile, l’amico.<br />

ro quotidiano. È stato un cattolico militante,<br />

della tradizione popolare più genuina. Con<br />

noi è stato il fondatore del Gruppo giornalisti<br />

cattolici “Giuseppe Donati”. Studioso, critico<br />

<strong>dei</strong> processi politici ma senza mai rinnegare<br />

le proprie scelte. È stato al nostro fianco in<br />

una delle stagioni più difficili, quella della chiusura<br />

delle tipografie, <strong>dei</strong> computer in redazione,<br />

<strong>dei</strong> sistemi editoriali da definire con gli<br />

editori, <strong>dei</strong> piani di ristrutturazione da discutere<br />

nella difesa <strong>dei</strong> posti di lavoro. Severo nel<br />

giudizio, garbato nei suggerimenti, consapevole<br />

della portata della trasformazione. Il suo<br />

nome è apparso poche volte sul giornale ma<br />

fra noi è stato spesso un punto di riferimento.<br />

Gli dobbiamo tanta gratitudine assieme al ricordo<br />

e ad una preghiera.<br />

di Franco Abruzzo<br />

La notizia si può riassumere in poche righe<br />

nonostante la sua gravità: la Procura di<br />

Milano ha iscritto nel registro degli indagati i<br />

due legali rappresentanti di Google Italy Srl<br />

nell'ambito dell'inchiesta avviata sul video<br />

choc girato ai danni di un giovane disabile.<br />

Entrambi gli indagati sono americani. I reati<br />

contestati sono quelli di concorso omissivo<br />

nel reato di diffamazione a mezzo internet. In<br />

pratica è stata estesa a Google la normativa<br />

sulla stampa sul presupposto che “la rete<br />

Internet, quale sistema internazionale di interrelazione<br />

tra piccole e grandi reti telematiche,<br />

è equiparabile ad un organo di stampa”<br />

e che “il titolare di un nome di dominio<br />

Internet ha gli obblighi del proprietario di un<br />

organo di comunicazione” (Trib. Napoli, 8<br />

agosto 1997).<br />

La società Google Italia si è difesa affermando<br />

che “i filmati pubblicati dagli utenti vanno<br />

in linea automaticamente e che non c’è nessun<br />

filtro editoriale preventivo da parte nostra.<br />

Quello che facciamo è ‘tirare giù i contenuti<br />

illegali quando ce ne accorgiamo. Il video era<br />

evidentemente contrario alle nostre policy, infatti<br />

l’abbiamo cancellato immediatamente,<br />

appena ci è stato segnalato. Stiamo sperimentando,<br />

e continueremo a sperimentare,<br />

tecnologie in grado di individuare automaticamente<br />

i contenuti illegali. Ma non è un’impresa<br />

facile. Per fortuna ci siamo accorti che<br />

il filtro più importante è il controllo della comunità.<br />

Sono gli stessi utenti di Google, che<br />

appena vedono qualcosa di anomalo, provvedono<br />

a segnalarcelo”. Secondo il Garante<br />

della Privacy, “il caso del video del ragazzo<br />

down pestato in classe effettivamente pone il<br />

problema del controllo sui siti Internet e sui<br />

nuovi media per i quali è più difficile intervenire<br />

con provvedimenti interdettivi. Il web è<br />

molto ampio e la quantità <strong>dei</strong> siti si moltiplica<br />

quotidianamente. Spesso, perciò, sono difficili<br />

il monitoraggio e l’intervento tempestivo”.<br />

Oggi il web permette di inviare non solo messaggi<br />

ma anche immagini e filmati all’interno<br />

di newsgroups, mailing lists, chat line e di costruire<br />

pagine web personali.Tramite Internet,<br />

quindi, si possono commettere diversi reati: la<br />

violazione delle norme sul diritto d’autore, la<br />

diffamazione (è il caso di cui ci occupiamo),<br />

la violazione delle norme contro lo sfruttamento<br />

sessuale <strong>dei</strong> minori, la violazione delle<br />

norme sull’ordine pubblico con la diffusione<br />

di materiale di carattere terroristico; la violazione<br />

del diritto alla privacy.<br />

Quali sono le norme applicabili La Procura<br />

di Milano sembra orientata ad attribuire una<br />

responsabilità a Google (inquadrato come un<br />

internet provider) per fatti commessi da terzi<br />

in base alle norme sulla responsabilità del direttore<br />

di una testata giornalistica ed in particolare<br />

all’articolo 57 Cp, equiparando il gestore<br />

di un sito internet ad un direttore responsabile<br />

e attribuendogli l’obbligo di verificare<br />

la liceità del materiale pubblicato sul proprio<br />

server, compreso quello inviato da terzi.<br />

La legge 223/1990 (“legge Mammì”) ha esteso<br />

questa responsabilità ai direttori <strong>dei</strong> Tg e<br />

<strong>dei</strong> radiogiornali, mentre la legge 62/2001 ha<br />

coinvolto direttamente i direttori <strong>dei</strong> siti web.<br />

Una sentenza milanese va in questa direzione:<br />

“Alla luce della complessiva normativa<br />

in tema di pubblicazioni diffuse sulla rete<br />

Internet, risulta ormai acquisito all’ordinamento<br />

giuridico il principio della totale assimilazione<br />

della pubblicazione cartacea<br />

a quella diffusa in via elettronica, secondo<br />

quanto stabilito esplicitamente dall’articolo<br />

1 della legge 62/2001” (Tribunale di<br />

Milano, II sezione civile, sentenza 10-16 maggio<br />

2002 n. 6127).<br />

L’internet provider sarebbe corresponsabile<br />

della condotta illecita del terzo utente sulla<br />

base del principio giuridico della culpa in vigilando,<br />

che si realizza con il mancato adempimento<br />

dell’obbligo di monitoraggio del materiale<br />

sistemato nel server, obbligo sancito<br />

indirettamente dall’articolo. 57 Cp. Il direttore<br />

deve evitare che, con il mezzo della stampa<br />

(o di internet), si “commettano delitti”.<br />

Il Pm di Milano, però, dovrà valutare l’incidenza<br />

di una direttiva comunitaria, che sembra<br />

scagionare Google. L’articolo 31 della legge<br />

39/2002 delega il Governo ad emanare un<br />

dlgs per l’attuazione della direttiva<br />

2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici<br />

<strong>dei</strong> servizi della società dell’informazione, in<br />

particolare il commercio elettronico, nel mercato<br />

interno. Il dlgs è il n. 70/2003 (Attuazione<br />

della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni<br />

aspetti giuridici <strong>dei</strong> servizi della società dell’informazione<br />

nel mercato interno, con particolare<br />

riferimento al commercio elettronico).<br />

L’articolo 16 di questo dlgs, paragonabile alla<br />

classica ciambella di salvataggio (per<br />

Google), specifica che “nella prestazione di<br />

un servizio della società dell’informazione,<br />

consistente nella memorizzazione di informazioni<br />

fornite da un destinatario del servizio,<br />

il prestatore non è responsabile delle<br />

informazioni memorizzate a richiesta di un<br />

destinatario del servizio, a condizione che<br />

detto prestatore: a) non sia effettivamente a<br />

conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione<br />

è illecita e, per quanto attiene ad azioni<br />

risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di<br />

circostanze che rendono manifesta l’illiceità<br />

dell’attività o dell’informazione; b) non appena<br />

a conoscenza di tali fatti, su comunicazione<br />

delle autorità competenti, agisca immediatamente<br />

per rimuovere le informazioni o<br />

per disabilitarne l’accesso”.<br />

Google in questo caso svolge un’attività di<br />

semplice “ospitalità” del filmato incriminato.<br />

Tale circostanza potrebbe evitare grane alla<br />

società americana ove si legga anche l’articolo<br />

17 (Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza)<br />

del dlgs 70/2003: “Nella prestazione<br />

<strong>dei</strong> servizi… il prestatore non è assoggettato<br />

ad un obbligo generale di sorveglianza<br />

sulle informazioni che trasmette o memorizza,<br />

né ad un obbligo generale di ricercare attivamente<br />

fatti o circostanze che indichino la<br />

presenza di attività illecite. 2. … il prestatore<br />

è comunque tenuto: a) ad informare senza<br />

indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa<br />

avente funzioni di vigilanza, qualora<br />

sia a conoscenza di presunte attività o informazioni<br />

illecite riguardanti un suo destinatario<br />

del servizio della società dell’informazione;<br />

b) a fornire senza indugio, a richiesta delle<br />

autorità competenti, le informazioni in suo<br />

possesso che consentano l’identificazione<br />

del destinatario <strong>dei</strong> suoi servizi con cui ha accordi<br />

di memorizzazione <strong>dei</strong> dati, al fine di individuare<br />

e prevenire attività illecite. 3. Il prestatore<br />

è civilmente responsabile del contenuto<br />

di tali servizi nel caso in cui, richiesto<br />

dall’autorità giudiziaria o amministrativa<br />

avente funzioni di vigilanza, non ha agito<br />

prontamente per impedire l’accesso a detto<br />

contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza<br />

del carattere illecito o pregiudizievole<br />

per un terzo del contenuto di un servizio al<br />

quale assicura l’accesso, non ha provveduto<br />

ad informarne l’autorità competente”. Se non<br />

c’è obbligo di sorveglianza non c’è responsabilità<br />

penale. E se c’è correttezza nel comportamento<br />

con le autorità di vigilanza non<br />

c’è responsabilità civile.<br />

Frattanto un senatore di Forza Italia (Maria<br />

Burani Procaccini) ha presentato un disegno<br />

di legge per vietare la divulgazione via internet<br />

di immagini di episodi di bullismo.<br />

L’obiettivo è quello di colmare un “vuoto legislativo’’.<br />

Saranno previste pene pesanti per i<br />

trasgressori, con l’inasprimento delle pene<br />

per i minori e per i genitori correi nonché la<br />

chiusura <strong>dei</strong> siti. Probabilmente questa è la<br />

via giusta. Bisogna tener conto che il comma<br />

2 dell’articolo 21 proibisce la censura sulla<br />

stampa. Gli Internet provider non possono<br />

esercitare funzioni vietate espressamente<br />

dalla Carta fondamentale della Repubblica.<br />

Soltanto il giudice può ordinare che un filmato<br />

illecito sia tolto dal web. Altra storia è l’accusa<br />

di diffamazione: il Pm dovrà provare che<br />

i responsabili di Google abbiano agito con<br />

dolo. L’impresa, per le questioni illustrate, è a<br />

prima vista alquanto difficile. L’Europa sembra<br />

escludere questa accusa.<br />

(da Il Giorno/Il Resto del Carlino/La<br />

Nazione del 26 settembre 2006, pagina 6.<br />

IL COMMENTO/PENE PESANTI, MA AI VE-<br />

RI COLPEVOLI)<br />

47


Roma, 2 gennaio <strong>2007</strong>. Nel 2006, sono stati<br />

uccisi in 21 paesi del mondo almeno 81 giornalisti<br />

e 32 collaboratori <strong>dei</strong> media. Inoltre, almeno<br />

871 giornalisti sono stati fermati, 1472<br />

aggrediti o minacciati, 912 media censurati e<br />

56 sono stati rapiti, soprattutto in Iraq e nella<br />

striscia di Gaza. Sono i dati del rapporto 2006<br />

sulla libertà di stampa di Reporters sans<br />

Frontières, un anno infausto che trova un solo<br />

precedente, quello del 1994 quando furono assassinati<br />

103 giornalisti.<br />

Per il quarto anno consecutivo, l’Iraq resta il<br />

paese più pericoloso al mondo per i professionisti<br />

<strong>dei</strong> media: 64 giornalisti e collaboratori sono<br />

morti nel paese durante il 2006. In totale,<br />

dall’inizio della guerra, 139 giornalisti sono stati<br />

uccisi in Iraq, ossia più del doppio del numero<br />

<strong>dei</strong> giornalisti uccisi durante i venti anni della<br />

guerra in Vietnam (63 giornalisti uccisi tra il<br />

1955 e il 1975). Nel 90% <strong>dei</strong> casi, scrive Rsf,<br />

le vittime sono <strong>dei</strong> giornalisti iracheni.<br />

Le indagini per ritrovare i colpevoli, denuncia<br />

l’associazione, sono rarissime, incomplete e, in<br />

generale, inefficaci.<br />

Al secondo posto nella lista degli Stati più pericolosi,<br />

il Messico, diventato il Paese più violento<br />

del continente americano, davanti alla<br />

Colombia.<br />

Nel 2006, 9 giornalisti sono stati uccisi mentre<br />

indagavano sul narcotraffico locale oppure sullo<br />

sviluppo <strong>dei</strong> violenti movimenti sociali in corso<br />

nel Paese. Sono oltre 1.400 i casi di aggressioni<br />

e intimidazioni registrati da Reporters<br />

Reporters sans Frontières<br />

2006 tragico:<br />

almeno 81 giornalisti<br />

uccisi e 56 rapiti<br />

sans Frontières, atti di violenza che sono stati,<br />

il più delle volte, il corollario delle campagne<br />

elettorali svoltesi in alcuni paesi.<br />

Il numero <strong>dei</strong> casi di censura è invece leggermente<br />

diminuito: 912 nel 2006 contro i 1006<br />

dell’anno precedente. Quest’anno, il maggior<br />

numero di casi di censura è stato registrato in<br />

Thailandia. La rete Internet è rigorosamente<br />

controllata in numerosi paesi del mondo.<br />

Reporters sans frontieres ha diffuso, nel mese<br />

di novembre 2006, la lista <strong>dei</strong> 13 nemici di<br />

Internet: Arabia Saudita, Bielorussia, Birmania,<br />

Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran,<br />

Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan,<br />

Vietnam. Almeno 871 giornalisti sono stati arrestati<br />

nel 2006 e per la prima volta, Reporters<br />

sans Frontières ha registrato, in modo esatto,<br />

il numero di giornalisti rapiti nel mondo: almeno<br />

56 nel 2006 in una decina di paesi. Le due<br />

zone maggiormente a rischio sono l’Iraq, dove<br />

17 professionisti <strong>dei</strong> media sono stati rapiti dall’inizio<br />

del 2006, e la Striscia di Gaza, dove sei<br />

reporter sono stati rapiti. Se, nel caso <strong>dei</strong><br />

Territori palestinesi, i rapimenti si sono tutti conclusi<br />

con la liberazione degli ostaggi, in Iraq,<br />

sei professionisti <strong>dei</strong> media sono stati uccisi<br />

dai loro rapitori.<br />

“Un numero così alto di giornalisti uccisi, e<br />

però anche di violenze e di atti di repressione<br />

sui media in ogni parte del mondo, conferma<br />

purtroppo che i processi della conoscenza<br />

operano oggi in una condizione di crisi drammatica<br />

più che mai’’. Lo afferma Mimmo<br />

Candito, presidente italiano di Reporters Sans<br />

Frontières, commentando i dati del rapporto<br />

2006 sulla libertà di stampa dell’associazione.<br />

“Tutti questi morti - osserva Candito - ammazzati<br />

nel loro lavoro di ricerca e di costruzione di<br />

un’informazione credibile, ci dicono che, anche<br />

in un tempo di tecnologie spersonalizzanti, il<br />

giornalismo come testimonianza diretta della<br />

realtà, resta tuttora un impegno che i reporter<br />

affrontano con consapevolezza anche quando<br />

ciò comporta l’assunzione del rischio della<br />

morte’’.<br />

“Ma queste morti e queste violenze ci dicono<br />

anche che la consapevolezza che tutti i poteri<br />

ormai hanno della centralità dell’informazione,<br />

nelle dinamiche della vita sociale, spinge a<br />

tentare in ogni modo un controllo - sempre più<br />

forte, e sempre più spregiudicato, fino all’uccisione<br />

o alla censura violenta sul lavoro giornalistico,<br />

per condizionarne la libertà di indagine,<br />

l’autonomia di espressione, la forza della denuncia’’.<br />

“Appare dunque evidente - sottolinea - che,<br />

proprio perché il ricordo di queste morti e di<br />

queste violenze non è soltanto una celebrazione<br />

di retorica, i giornalisti italiani trovano nelle<br />

cifre amare documentate dal Rapporto di<br />

Rsf il sostegno e le ragioni della lotta che stanno<br />

conducendo in questi mesi con proteste e<br />

scioperi: la difesa di un giornalismo libero, autonomo<br />

contro tutti i tentativi di trasformarlo in<br />

uno strumento docile e piegato alle ragioni <strong>dei</strong><br />

poteri, quali che essi siano, non è un atto di miserie<br />

corporative, ma lo snodo vitale di una società<br />

dove le regole della democrazia non sono<br />

enunciazioni formali ma - conclude - piuttosto<br />

il riconoscimento di ruoli e di responsabilità<br />

irrinunciabili’’.<br />

(ANSA)<br />

Le date<br />

per le elezioni<br />

<strong>dei</strong> componenti<br />

del Consiglio<br />

nazionale<br />

(e <strong>dei</strong> Consigli<br />

regionali)<br />

Con delibera del Presidente del Consiglio nazionale<br />

dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti del 5 febbraio <strong>2007</strong>, sono state<br />

fissate le date per le elezioni <strong>dei</strong> componenti del<br />

Consiglio nazionale (e <strong>dei</strong> Consigli regionali) per il<br />

triennio <strong>2007</strong>/2010:<br />

Domenica 13 maggio <strong>2007</strong>: prima convocazione;<br />

Qualora sia stato raggiunto il quorum di validità dell'assemblea<br />

ma i candidati non abbiano ottenuto la maggioranza<br />

<strong>dei</strong> voti, domenica 20 maggio <strong>2007</strong> avrà luogo<br />

la votazione di ballottaggio;<br />

Domenica 20 maggio <strong>2007</strong>, seconda convocazione<br />

(nel caso in cui nella prima convocazione non sia intervenuta<br />

almeno la metà degli iscritti nei rispettivi elenchi,<br />

aventi diritto al voto); qualora i candidati non abbiano<br />

ottenuto la maggioranza <strong>dei</strong> voti domenica 27<br />

maggio <strong>2007</strong> avrà luogo la votazione di ballottaggio.<br />

Con l'occasione il Consiglio nazionale ha pubblicato un<br />

vademecum contenente le "Norme per le elezioni <strong>dei</strong><br />

consigli regionali e del consiglio nazionale" - di cui è<br />

possibile scaricare il file in pdf - nel quale si precisano<br />

le procedure e le modalità per le elezioni. Nel documento<br />

è riportata la normativa di riferimento e la giurisprudenza<br />

del Consiglio nazionale relativa gli argomenti<br />

trattati.<br />

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