Gennaio - Febbraio - Marzo 2007 - Ordine dei Giornalisti
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<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong><br />
giornalisti<br />
della<br />
Lombardia<br />
Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo<br />
Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo<br />
Anno XXXVII<br />
n. 1-2-3 <strong>Gennaio</strong>/<strong>Febbraio</strong>/<strong>Marzo</strong><br />
<strong>2007</strong><br />
Direzione e redazione<br />
Via A. da Recanate, 1<br />
20124 Milano<br />
Telefono: 02 67 71 37 1<br />
Telefax: 02 66 71 61 94<br />
http://www.odg.mi.it<br />
e-mail:odgmi@odg.mi.it<br />
Poste Italiane SpA<br />
Sped.abb.post. Dl n. 353/2003<br />
(conv. in L. 27/2/2004 n. 46)<br />
art. 1 (comma 2).<br />
Filiale di Milano<br />
Palazzo<br />
Chigi avvia<br />
la riforma<br />
dell’editoria<br />
nota di Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia<br />
Roma, 28 dicembre 2006. “Il Governo, ha<br />
deciso di promuovere una riforma organica<br />
del settore dell’editoria e, con la Legge<br />
Finanziaria, ha formalmente assunto l’impegno<br />
di presentare entro i prossimi sei mesi<br />
un apposito disegno di legge. Con l’aiuto di<br />
un gruppo di esperti presieduto dal primo<br />
presidente dell’Autorità garante delle telecomunicazioni,<br />
Enzo Cheli, sono stati elaborati<br />
un indice ed un questionario, riguardanti<br />
tutti i temi sui quali dovrà intervenire la<br />
riforma, che verranno ora sottoposti all’attenzione<br />
delle associazioni rappresentative<br />
del mondo dell’editoria e <strong>dei</strong> soggetti interessati<br />
e pubblicati sul sito internet del<br />
Governo (www.governo.it).<br />
Vogliamo che gli operatori del settore, associazioni,<br />
ma anche singoli cittadini, siano<br />
attivamente coinvolti nella partecipazione a<br />
tale progetto, rispondendo al nostro questionario<br />
ed eventualmente arricchendolo<br />
con le loro indicazioni. Il termine per la risposta<br />
da indirizzare alla casella di posta<br />
elettronica scdie@palazzochigi.it è fissato<br />
al 20 gennaio <strong>2007</strong>”.<br />
Pubblicati<br />
schema e<br />
questionario.<br />
Il termine<br />
per la risposta<br />
era il 20<br />
gennaio <strong>2007</strong><br />
La “Commissione Cheli” parte male:<br />
pensa di attribuire deontologia <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e provvedimenti disciplinari all’Autorità<br />
per le garanzie nelle comunicazioni<br />
Fin qui il comunicato diramato ieri da<br />
Palazzo Chigi. Questo comunicato nasconde<br />
una polpetta avvelenata nella parte apparentemente<br />
innocua del documento (il<br />
“questionario della riforma dell’editoria”).<br />
Il punto 6, dedicato ai Codici deontologici,<br />
recita così: “Quali sono i vantaggi,<br />
ovvero svantaggi che potrebbero<br />
prevedersi adottando un Codice deontologico<br />
generale, applicabile anche all’editoria<br />
on-line e fatto proprio dall’Autorità<br />
garante per le comunicazioni,<br />
che in mancanza di proposta dell’<strong>Ordine</strong><br />
lo adotterebbe motu proprio, e che sarebbe<br />
competente a sanzionarne le violazioni,<br />
secondo la disciplina già prevista<br />
per il trattamento <strong>dei</strong> dati personali”.<br />
Diciamo subito che Enzo Cheli è un eminente<br />
giurista, già giudice costituzionale e<br />
presidente dell’Agcom, autore di svariati<br />
trattati di diritto costituzionale. Cheli appartiene<br />
a quella scuola fiorentina, che, fondata<br />
da Piero Calamandrei e Paolo Barile, studia<br />
da oltre 50 anni il mondo della televisione<br />
e del giornalismo, e che è nota per le<br />
sue critiche (legittime) all’esistenza dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti. Di questa scuola prestigiosa<br />
fanno parte a buon titolo lo stesso<br />
Cheli, Ugo De Siervo (giudice costituzionale)<br />
e Roberto Zaccaria (oggi parlamentare<br />
dell’Ulivo, docente universitario e già presidente<br />
della Rai).<br />
Non sorprende, quindi, il quesito appena citato.<br />
È figlio di una visione “fiorentina” e che<br />
incautamente vuole mettere sotto schiaffo i<br />
giornalisti, affidando deontologia e sanzioni<br />
disciplinari all’Autorità per le garanzie nelle<br />
comunicazioni (Agcom), i cui 9 membri sono<br />
nominati secondo questo schema: 4 dal<br />
Senato, 4 dalla Camera, mentre il presidente<br />
“è nominato con decreto del Presidente<br />
della Repubblica su proposta del<br />
Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri d’intesa<br />
con il ministro delle Comunicazioni”. In<br />
nessun caso la nomina può “essere effettuata<br />
in mancanza del parere favorevole<br />
espresso dalle Commissioni parlamentari a<br />
maggioranza <strong>dei</strong> due terzi <strong>dei</strong> componenti”.<br />
Il presidente, quindi, deve essere una personalità<br />
di altissimo profilo, capace di calamitare<br />
il consenso della maggioranza e dell’opposizione.<br />
L’Agcom è un organismo di<br />
estrazione politica, autorità indipendente<br />
che riferisce al Parlamento. Anzi è l’occhio<br />
del Parlamento sul mondo <strong>dei</strong> media.<br />
È corretto chiedere “quali sono i vantaggi,<br />
Segue in seconda<br />
Abruzzo: “Non ci siamo.<br />
Il potere politico cerca di mettere<br />
sotto schiaffo i giornalisti, mentre gli editori<br />
completano il lavoro, negando il contratto”<br />
Da sei mesi a tre anni<br />
Servizi: carcere<br />
per i giornalisti<br />
che divulgano<br />
atti del Copaco<br />
Roma, 2 febbraio <strong>2007</strong>. Il giornalista che<br />
divulgherà atti del Copaco di cui sia stata vietata<br />
la pubblicazione rischia il carcere da 6<br />
mesi a 3 anni. La norma è stata inserita nel<br />
testo di riforma <strong>dei</strong> servizi segreti licenziato<br />
ieri in via definitiva dalla Commissione Affari<br />
costituzionali della Camera. Nella versione<br />
precedente del provvedimento, infatti, non risultava.<br />
In sostanza, i cronisti dovranno rispondere,<br />
insieme ai componenti dell’ufficio e<br />
ai parlamentari, di violazione del segreto d’ufficio.<br />
Una misura che prevede appunto il carcere<br />
dai 6 mesi a 3 anni. Per i parlamentari la<br />
pena aumenta da un terzo alla metà. E in più<br />
rischiano la decadenza dal comitato. (ANSA)<br />
Reporters sans Frontières<br />
2006 tragico:<br />
almeno 81<br />
giornalisti uccisi<br />
e 56 rapiti<br />
Roma, 2 gennaio <strong>2007</strong>. Nel 2006, sono<br />
stati uccisi in 21 paesi del mondo almeno<br />
81 giornalisti e 32 collaboratori <strong>dei</strong> media.<br />
Inoltre, almeno 871 giornalisti sono stati<br />
fermati, 1472 aggrediti o minacciati, 912<br />
media censurati e 56 sono stati rapiti, soprattutto<br />
in Iraq e nella striscia di Gaza.<br />
Sono i dati del rapporto 2006 sulla libertà<br />
di stampa di Reporters sans Frontières, un<br />
anno infausto che trova un solo precedente,<br />
quello del 1994 quando furono assassinati<br />
103 giornalisti<br />
INSERTO<br />
Diffamazione<br />
tramite<br />
mass-media<br />
Sentenze emesse<br />
nel triennio<br />
2003-2005 dalla<br />
corte d’Appello<br />
penale di<br />
Milano.<br />
I più colpiti da<br />
querela sono gli<br />
articoli di cronaca<br />
(nel 44% <strong>dei</strong> casi),<br />
quindi gli articoli<br />
di critica (40%)<br />
ed infine<br />
le interviste (per<br />
il restante 16%).<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Ifg “Carlo De Martino”:<br />
via al bando del XVI biennio<br />
Dalla Regione Lombardia<br />
un contributo annuo di 280mila euro.<br />
Retta/anno di 4mila euro<br />
per i 40 allievi-praticanti<br />
Milano, 18 febbraio <strong>2007</strong>. La crisi, determinata dal taglio <strong>dei</strong><br />
contributi del Fondo sociale europeo (Fse), è alle spalle. La<br />
Regione Lombardia, nella persona dell’assessore alla<br />
Formazione Gianni Rossoni d’intesa con il presidente<br />
Roberto Formigoni, ha garantito all’Ifg “Carlo De Martino” un<br />
finanziamento annuo di 280mila euro tramite un “accordo” firmato<br />
il 16 febbraio tra la Regione stessa e l’Associazione<br />
“Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo. L’intesa vale<br />
fino al 2010. I 40 allievi del XVI biennio dell’Ifg pagheranno<br />
una retta di 4mila euro all’anno (nettamente inferiore rispetto<br />
a quella delle altre scuole o degli altri master). Il gettito<br />
delle rette è di 160mila euro all’anno. Con l’introito di<br />
440mila euro annui, la vita della Scuola è garantita a prescindere<br />
dai contributi aggiuntivi, che potranno essere versati<br />
da altri enti e che saranno finalizzati al rinnovamento tecnologico<br />
dell’Istituto. Questo accordo premia gli sforzi del presidente<br />
e del vicepresidente dell’<strong>Ordine</strong>, Franco Abruzzo e<br />
Damiano Nigro, nonché del presidente dell’Afg “Tobag”,<br />
Giuseppe Barranco di Valdivieso, e del direttore dell’Ifg,<br />
Massimo Dini. Un grazie particolare va al direttore generale<br />
della Formazione, dott. Roberto Albonetti. Anche l’opposizione<br />
si è occupata dell’Ifg con una interrogazione alla quale ha<br />
risposto l’assessore Rossoni nei giorni scorsi, dando notizia<br />
delle intese raggiunte nel frattempo.<br />
NELLE PAGINE 36 - 37 IL BANDO COMPLETO<br />
IN ULTIMA IL SERVIZIO<br />
L’assemblea degli iscritti giovedì 29 marzo <strong>2007</strong> (ore 15)<br />
al Circolo della Stampa<br />
“Oro” a 32 colleghi<br />
per 50 anni di Albo<br />
Milano, 2 gennaio <strong>2007</strong>. Sono 32 i colleghi (28 professionisti e 4 pubblicisti) che nel <strong>2007</strong><br />
compiono i 50 anni di iscrizione negli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’oro<br />
dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia in occasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà giovedì<br />
29 marzo (ore 15) al Circolo della Stampa. Ed ecco i loro nomi:<br />
Professionisti<br />
Alfredo Barberis, Giovanni Bianco, Pier Luigi Boselli; Candido Cannavò; Franco Damerini;<br />
Gian Carlo Ferretti; Giancarlo Galli; Angelo Garavaglia; Mario Gherarducci; Ambrogio<br />
Lucioni; Giancarlo Migliavacca; Guido Nicosia; Giuseppe Palmieri; Carlo Perelli Ercolini;<br />
Lorenzo Pilogallo; Giuseppe Pirovano; Vieri Poggiali; Gian Piero Ratti; Vittorio Reali;<br />
Giancarlo Rizza; Ugo Ronfani; Giuseppe Rossetti; Severino Franco Silvotti; Luigi Speroni;<br />
Carla Stampacchia; Roberto Tabozzi; Giorgio Torelli; Gianni Usvardi.<br />
Pubblicisti<br />
Pietro Pentimalli; Mario Scognamiglio; Albaluminosa Suraci; Alfredo Zavanone.<br />
Nel corso dell’assemblea verranno premiati anche i vincitori del “Concorso Tesi di laurea sul<br />
giornalismo”. All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura l’approvazione<br />
del bilancio preventivo <strong>2007</strong> e del conto consuntivo 2006.<br />
NELLE PAGINE CENTRALI UN PROFILO DEI COLLEGHI PREMIATI<br />
1
P R O F E S S I O N E<br />
continua dalla prima pagina<br />
La “Commissione Cheli” parte male:<br />
pensa di attribuire deontologia <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e provvedimenti disciplinari all’Autorità<br />
per le garanzie nelle comunicazioni.<br />
Abruzzo: “Non ci siamo. Il potere politico<br />
cerca di mettere sotto schiaffo i giornalisti,<br />
mentre gli editori completano il lavoro,<br />
negando il contratto”.<br />
IL SOLE 24 ORE del 20 dicembre 2006.<br />
L’«accountability» <strong>dei</strong> poteri pubblici:<br />
il nostro è l’unico Paese del G7 senza<br />
«Freedom of information act»<br />
per garantire l’accesso ai documenti pubblici<br />
La trasparenza<br />
che<br />
manca all’Italia<br />
ovvero svantaggi, che potrebbero prevedersi<br />
adottando un Codice deontologico<br />
generale, applicabile anche all’editoria<br />
on-line e fatto proprio dall’Autorità garante<br />
per le comunicazioni, che in mancanza<br />
di proposta dell’<strong>Ordine</strong> lo adotterebbe<br />
motu proprio, e che sarebbe competente<br />
a sanzionarne le violazioni, secondo<br />
la disciplina già prevista per il<br />
trattamento <strong>dei</strong> dati personali”. Con questa<br />
domanda viene sconvolto l’ordinamento<br />
attuale, che affida ai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti la missione di “contribuire a garantire<br />
il rispetto della personalità <strong>dei</strong><br />
giornalisti e, quindi, della loro libertà:<br />
compito, questo, che supera di gran lunga<br />
la tutela sindacale <strong>dei</strong> diritti della categoria<br />
e che perciò può essere assolto<br />
solo da un <strong>Ordine</strong> a struttura democratica<br />
che con i suoi poteri di ente pubblico<br />
vigili, nei confronti di tutti e nell’interesse<br />
della collettività, sulla rigorosa osservanza<br />
di quella dignità professionale che<br />
si traduce, anzitutto e soprattutto, nel<br />
non abdicare mai alla libertà di informazione<br />
e di critica e nel non cedere a sollecitazioni<br />
che possano comprometterla”<br />
(sentenza 11/1968 della Corte costituzionale<br />
firmata da Aldo Sandulli). Nel caso specifico<br />
le “regole” fissate dal legislatore<br />
(artt. 2 e 48 l. 69/1963) sono il perno, come<br />
afferma il contratto di lavoro, dell’autonomia<br />
<strong>dei</strong> giornalisti: l’editore non può<br />
impartire al direttore disposizioni in contrasto<br />
con la deontologia professionale,<br />
mentre il direttore deve garantire l’autonomia<br />
del suo collettivo redazionale. La<br />
risposta, quindi, è ovviamente positiva: sono<br />
evidenti i vantaggi collegati alla stesura<br />
di un “Codice deontologico generale”. La<br />
deontologia è il cuore di ogni professione.<br />
Quel “Codice generale”, però, è già scritto<br />
nella legge professionale citata; nella legge<br />
sulla stampa (che, con l’articolo 15, proibisce<br />
la pubblicazione di foto raccapriccianti o<br />
impressionanti); nelle leggi sulla privacy<br />
(675/1996 e 196/2003) che hanno partorito<br />
“Il Codice deontologico relativo al trattamento<br />
<strong>dei</strong> dati personali nell’esercizio dell’attività<br />
giornalistica”; nell’articolo 114<br />
(comma 6) del Cpp e nell’articolo 13 del<br />
Dpr 448/1988 sul processo penale minorile<br />
(assorbito nell’articolo 50 del dlgs<br />
196/2003), che bloccano anche le notizie indirette<br />
tali da determinare l’identificazione<br />
del minore: un reticolo di norme arricchito<br />
dalla legge 27 maggio 1991 n. 176 (Convenzione<br />
Onu 1989 sui diritti del bambino);<br />
nella nuova “Carta di Treviso” scritta di comune<br />
accordo tra <strong>Ordine</strong> nazionale e<br />
Garante della Privacy (pubblicata nella<br />
Gazzetta Ufficiale del 13 novembre 2006);<br />
nella “Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista” (firmata<br />
dall’<strong>Ordine</strong> e dalla Fnsi l’8 luglio 1993).<br />
Eppure quel punto 6 del questionario è figlio<br />
di una cultura del sospetto, quando afferma<br />
grosso modo “che in mancanza di proposta<br />
dell’<strong>Ordine</strong> l’Autorità garante per le<br />
comunicazioni adotterebbe motu proprio<br />
il Codice deontologico generale, applicabile<br />
anche all’editoria on-line.<br />
L’Autorità garante per le comunicazioni<br />
sarebbe competente a sanzionarne le<br />
violazioni, secondo la disciplina già prevista<br />
per il trattamento <strong>dei</strong> dati personali”.<br />
Perché l’<strong>Ordine</strong> nazionale non dovrebbe<br />
proporre un testo di “Codice generale”,<br />
avendo già scritto egregiamente il Codice<br />
della privacy, la nuova Carta di Treviso, la<br />
Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista, la Carta<br />
Informazione e Pubblicità, la Carta Informazione<br />
e Sondaggi, la Carta <strong>dei</strong> Doveri dell’Informazione<br />
economica Il giudice delle<br />
regole è soltanto l’<strong>Ordine</strong> professionale anche<br />
rispetto al Codice della privacy. Cheli è<br />
incorso in uno svarione, quando attribuisce<br />
al Garante della privacy funzioni di giudice<br />
<strong>dei</strong> giornalisti. Il giudice della privacy, invece,<br />
per i giornalisti, è soltanto l’<strong>Ordine</strong> professionale<br />
(art. 13, punto 2, del Codice di<br />
deontologia relativo al trattamento <strong>dei</strong><br />
dati personali nell’esercizio dell’attività<br />
giornalistica).<br />
Le considerazioni sopra esposte consentono<br />
di risalire alle ragioni che hanno spinto il<br />
Parlamento nel 1963 a tutelare la professione<br />
giornalistica. Senza legge professionale,<br />
direttori e redattori sarebbero degli impiegati<br />
di redazione vincolati soltanto da un<br />
articolo (2105) del Codice civile che riguarda<br />
gli obblighi di fedeltà verso l’azienda. Il<br />
direttore non sarebbe giuridicamente nelle<br />
condizioni di garantire l’autonomia della sua<br />
redazione.<br />
È quello che vogliono gli editori, impegnati da<br />
due anni nell’impresa di smontare un contratto<br />
di lavoro fortemente deontologico sin dalla<br />
prima stesura risalente al 1911.<br />
Non ci siamo. Il potere politico, tramite la<br />
Commissione Cheli, cerca di mettere sotto<br />
schiaffo i giornalisti, mentre gli editori completano<br />
il lavoro, negando il contratto. Cheli<br />
farebbe bene a compiere una precipitosa<br />
marcia indietro e a prendere atto che il Parlamento,<br />
con le leggi sulla privacy e sulla<br />
comunicazione pubblica (150/2000), ha<br />
rafforzato notevolmente l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
mentre l’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce<br />
«professione regolamentata»<br />
quella professione riconosciuta ai sensi dell’articolo<br />
2 del decreto legislativo 27 gennaio<br />
1992 n. 115 (Attuazione della direttiva<br />
89/48/CEE) ovvero ai sensi dell’articolo 2<br />
del decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319<br />
(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa<br />
ad un secondo sistema generale di riconoscimento<br />
della formazione professionale<br />
che integra la direttiva 89/48/CEE). Il dlgs<br />
70/2003, il dlgs 319/1994 e il dlgs 277/2003<br />
“europeizzano” la professione italiana di<br />
giornalista.<br />
Soltanto nel 2003, con il dlgs 277 citato, la<br />
Repubblica italiana ha compiuto un atto di<br />
riparazione parziale, modificando la tabella<br />
delle professioni (allegato C) inclusa nel<br />
dlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva<br />
92/51/CEE). Oggi, infatti, la professione di<br />
giornalista rientra tra quelle caratterizzate<br />
dal possesso del diploma (e non dalla laurea)<br />
riconosciute come tali dal dlgs 2 maggio<br />
1994 n. 319, che ha dato “attuazione alla<br />
direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo<br />
sistema generale di riconoscimento della<br />
formazione professionale che integra la<br />
direttiva 89/48/CEE”.<br />
Il dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece,<br />
attuazione della direttiva 2001/19/CE, che<br />
modifica le direttive del Consiglio relative al<br />
sistema generale di riconoscimento delle<br />
qualifiche professionali. L’allegato II (di cui all’art.<br />
2, comma 1, lettera l) del dlgs 277/2003<br />
cita espressamente la professione di giornalista<br />
come vigilata dal ministero della<br />
Giustizia.<br />
L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sostituito,<br />
come riferito, l’allegato C del dlgs<br />
319/1994. I dlgs 277/2003 e 319/1994 in sostanza<br />
dicono, con l’allegato II (ex allegato C),<br />
che la professione giornalistica (italiana), organizzata<br />
(ex legge 69/1963) con l’<strong>Ordine</strong> e<br />
l’Albo (in base all’art. 2229 Cc) e costituzionalmente<br />
legittima (sentenze 11 e 98/1968,<br />
2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 della<br />
Consulta), ha oggi sì il riconoscimento dell’Unione<br />
europea, ma a un livello inferiore rispetto<br />
a quelle comprese nell’allegato A del<br />
Dlgs 115/1992 caratterizzate dalla laurea. Con<br />
la “riforma Mastella”, questo gap dovrebbe essere<br />
superato, prevedendo la laurea come titolo<br />
obbligatorio per l’accesso al praticantato<br />
giornalistico (nel rispetto del comma 18 dell’articolo<br />
1 della legge 4/1999).<br />
di Fabrizio Galimberti<br />
«Dov’è la saggezza che abbiamo perso<br />
nella conoscenza Dov’è la conoscenza<br />
che abbiamo perso nell’informazione». Il<br />
canto del coro - in The Rock di T.S. Eliot -<br />
sembra mettere l’informazione ai piani bassi<br />
del sapere, ma in fondo sono i piani bassi<br />
che sorreggono i piani alti. E questo forse<br />
spiega perché più di sessanta Paesi in<br />
giro per il mondo hanno leggi che assicurano<br />
la «libertà di informazione».<br />
Questi Freedom of information act (Foi),<br />
per usare il nome anglosassone, presidiano<br />
cose molto diverse (ma non meno importanti)<br />
dalle basilari libertà di stampa e di<br />
espressione: assicurano il diritto <strong>dei</strong> cittadini<br />
a essere informati su quel che lo Stato<br />
scrive, fa e decide, sulle informazioni in suo<br />
possesso, che devono diventare possesso<br />
di tutti.<br />
Anche in Italia si comincia ad avvertire (vedi<br />
l’articolo di Pietro Ichino sul Corriere della<br />
Sera del 19 dicembre) l’importanza, per<br />
la crescita civica, del detto evangelico:<br />
«Non v’è nulla di nascosto che non debba<br />
essere svelato, e di segreto che non debba<br />
essere manifestato».<br />
Non tanto a proposito delle leggi e <strong>dei</strong> regolamenti,<br />
che sono pubblici per definizione,<br />
ma a proposito di tutti i documenti (con<br />
le dovute eccezioni) che la Pubblica amministrazione<br />
produce e conserva, dai contratti<br />
ai memorandum interni e agli scambi<br />
di lettere fra ministeri, dalle istruttorie delle<br />
authorities ai bandi di gara ai risultati delle<br />
assegnazioni e al funzionamento minuto<br />
<strong>dei</strong> servizi pubblici.<br />
Perché questo Foi è così cruciale Perché<br />
l’Italia è l’unico Paese del G7 a non averlo<br />
E perché, infine, sarebbe specialmente importante<br />
per il nostro Paese promulgare<br />
una legge che assicuri ai cittadini questo<br />
accesso<br />
1. Il Foi è un lubrificante essenziale della<br />
democrazia. Il contratto implicito fra elettori<br />
ed eletti stabilisce che questi ultimi forniranno<br />
ai primi i beni pubblici che costituiscono<br />
la ragion d’essere dello Stato. Ma fra<br />
un’elezione e l’altra chi controlla il modo in<br />
cui gli eletti operano Leggiamo tutti i giorni<br />
sui giornali critiche o consensi a quel che<br />
il Governo propone e fa, ma c’è di solito<br />
una profonda asimmetria di informazione<br />
fra quel che il Governo “sa” e quel che i cit-<br />
tadini sanno. Il Foi si propone appunto di<br />
correggere questa asimmetria per quanto<br />
possibile, di mettere a disposizione di tutti<br />
il corredo informativo che sta alla base delle<br />
decisioni che riguardano la vita pubblica.<br />
Negli Stati Uniti (uno <strong>dei</strong> 61 Paesi che hanno<br />
un Foi negli statuti) questo accesso è<br />
stato usato per mille scopi diversi, dal contestare<br />
i contratti di Halliburton in Iraq a sollevare<br />
veli di connivenze sulla sicurezza di<br />
alcuni medicinali, dal richiedere i rimborsi<br />
spese del viaggio all’estero di un sottosegretario<br />
a dettagliate informazioni sul’applicazione<br />
pratica del Patriot Act.<br />
2. Il Foi è, in un certo senso, il contrario<br />
della privacy: la sfera privata deve essere<br />
protetta, la sfera pubblica deve essere trasparente.<br />
In Italia le leggi sulla privacy sono<br />
state entusiasticamente adottate, forse<br />
perfino con qualche eccesso di complicazioni<br />
e di adempimenti. Un entusiasmo che<br />
riflette, a parte la giusta aspirazione alla<br />
privatezza, un desiderio di protezione che<br />
scolora nell’atavico e italico sospetto fra<br />
pubblico e privato. Come scriveva Riccardo<br />
Bacchelli nel Mulino del Po, descrivendo le<br />
attitudini della mugnaia Cecilia, «Governo<br />
e Stato eran noti soltanto come cosa da difendersene...».<br />
Questo atavico sospetto<br />
esiste però anche nell’altra direzione. La<br />
mancanza di trasparenza è un “peccato originale”<br />
della nostra convivenza civile. La<br />
cosa pubblica è troppo spesso “cosa nostra”:<br />
Stato e Governo non hanno nessuna<br />
inclinazione alla trasparenza perché in tanti<br />
casi il potere viene esercitato in un’ottica<br />
di spartizione delle spoglie piuttosto che in<br />
un’ottica di servizio al cittadino. Non si spiega<br />
altrimenti perché l’Italia è il solo, fra i<br />
maggiori Paesi industriali, a non avere mai<br />
adottato un Freedom of information act.<br />
3. Eppure, un Foi italiano rimane qualcosa<br />
per cui vale la pena di battersi. Il miglioramento<br />
delle istituzioni, con un Parlamento<br />
paralizzato da veti incrociati e una burocrazia<br />
allevata nel principio che tutto quel che<br />
non è permesso è proibito, è affidato a iniziative<br />
che partono dal basso, come fu per<br />
i referendum del 1992. In quello spirito, un<br />
Foi, in quanto permanente elemento di trasparenza,<br />
potrebbe innescare - «Poca favilla<br />
gran fiamma seconda», scriveva il<br />
Poeta - un processo di controllo civile dell’azione<br />
pubblica, indispensabile per la lotta<br />
alla corruzione e, più in generale, per la<br />
accountability dell’azione pubblica.<br />
Tradita la Costituzione<br />
La legge 241/1990, che con riferimento all’articolo 97 della<br />
Costituzione, avrebbe dovuto garantire l’accesso <strong>dei</strong> cittadini ai<br />
documenti delle pubbliche amministrazioni, ha subito una “compressione“<br />
con la legge 15/2005, mentre le stesse pubbliche amministrazioni<br />
si chiudono a riccio e oppongono, sbagliando, la legge sulla privacy<br />
(196/2003) ai cronisti, che bussano alle porte di ministeri, tribunali,<br />
Comuni, Regioni, Province, Asl, ospedali, prefetture, Questure,<br />
caserme di carabinieri, polizia, guardia di finanza. Sta prevalendo<br />
all’interno delle stesse pubbliche amministrazioni una linea che<br />
punta a ridurre il diritto <strong>dei</strong> cittadini a conoscere quel che accade nei<br />
piccoli e nei grandi palazzi del potere. Limitare i cronisti significa<br />
colpire un diritto fondamentale <strong>dei</strong> cittadini. Lo Stato non cambia,<br />
mentre il Parlamento è talmente distratto da essere sul punto di<br />
approvare il ddl sulle intercettazioni legali, che, come ha dimostrato<br />
un’analisi del Csm, frenerà ancora di più i cronisti. Non ci siamo: la<br />
Costituzione continua ad essere tradita. (Fr. Ab.)<br />
2 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
P R O F E S S I O N E<br />
INTERCETTAZIONI<br />
L’ascolto illecito è fuori dalla Costituzione,<br />
ma la distruzione delle registrazioni abusive<br />
è una prerogativa affidata soltanto al Gip<br />
commento di Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia<br />
Il senso della legge 281/2006, che ha convertito il dl 27 settembre<br />
2006 n. 259 sulla normativa in tema di intercettazioni<br />
telefoniche, si può sintetizzare così: l'ascolto illecito è fuori dalla<br />
Costituzione, ma la distruzione delle registrazioni abusive è<br />
una prerogativa affidata soltanto al Gip, mentre il Pm mantiene<br />
un ruolo rilevante nella fase iniziale del procedimento che<br />
porta alla distruzione delle registrazioni illegittime. La vecchia<br />
stesura del rinnovato articolo 240 Cpp (Documenti anonimi ed<br />
atti relativi ad intercettazioni illegali) parlava di “autorità giudiziaria”<br />
(i ruoli di Pm e Gip non erano chiari). Oggi, invece, il<br />
Pm “dispone l’immediata secretazione e la custodia in luogo<br />
protetto <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti concernenti<br />
dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a<br />
traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti.<br />
Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso<br />
la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare<br />
copia in qualunque forma e in qualunque fase del<br />
procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato. Il<br />
Pm, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti, entro quarantotto<br />
ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne<br />
la distruzione”. Il Gip a sua volta “entro le successive quarantotto<br />
ore fissa l’udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi<br />
dell’articolo 127 Cpp, dando avviso a tutte le parti interessate,<br />
che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre<br />
giorni prima della data dell’udienza”.<br />
Sentite le parti comparse, il Gip “legge il provvedimento in<br />
udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti, dispone<br />
la distruzione <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti e vi dà<br />
esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero<br />
e <strong>dei</strong> difensori delle parti. Delle operazioni di distruzione è redatto<br />
apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione<br />
o detenzione o acquisizione illecita <strong>dei</strong> documenti,<br />
<strong>dei</strong> supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di<br />
conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e<br />
telematico, illegalmente formati o acquisiti nonché delle modalità<br />
e <strong>dei</strong> mezzi usati oltre che <strong>dei</strong> soggetti interessati, senza<br />
alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti<br />
e atti”. La procedura è estremamente garantista e per<br />
quanto riguarda i tempi di azione (48 ore per il Pm e 48 ore<br />
per il Gip) è evidente il raddoppio delle 24 ore previste nell’articolo<br />
21 (IV comma) della Costituzione. È sempre consentita<br />
la lettura <strong>dei</strong> verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni<br />
di distruzione degli atti.<br />
Questa legge ha sullo sfondo l’articolo 15 della Costituizione<br />
secondo il quale “la libertà e la segretezza della corrispondenza<br />
e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.<br />
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato<br />
dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.<br />
Ne consegue che le intercettazioni illegali non rientrano nel diritto<br />
di cronaca e non possono trovare cittadinanza nelle pagine<br />
<strong>dei</strong> giornali. Diverso è il discorso sulle intercettazioni disposte<br />
dall’autorità giudiziarie: quelle (una volta depositate in<br />
cancelleria) si possono pubblicare, ma salvaguardando la dignità<br />
delle persone coinvolte.<br />
Della stesura originaria dell’articolo 240 rimane in piedi soltanto<br />
il primo comma: “I documenti che contengono dichiarazioni<br />
anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo<br />
utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano<br />
comunque dall’imputato”. Sotto il profilo strettamente<br />
giudiziario, le intercettazioni illecite non possono offrire ai Pm<br />
“spunti di indagine”, perché sono state raccolte senza “un atto<br />
motivato dell’Autorità giudiziaria” (la Cassazione sul punto<br />
è univoca).<br />
Sanzioni penali. L’articolo 3 della legge punisce chiunque<br />
consapevolmente detiene gli atti, i supporti o i documenti di<br />
cui sia stata disposta la distruzione con la pena della reclusione<br />
da sei mesi a quattro anni (in precedenza sei anni). Si<br />
applica la pena della reclusione da uno a cinque anni (in precedenza<br />
7 anni) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale<br />
o da un incaricato di pubblico servizio. Le pene, quindi,<br />
sono state addolcite (nel massimo).<br />
Colpiti editori, articolisti e direttori di giornali. L’articolo<br />
4 si rifà ai contenuti dell’articolo 11 (Responsabilità civile) della<br />
legge 47/1948 sulla stampa (“Per i reati commessi col mezzo<br />
della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli<br />
autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione<br />
e l’editore”) e a quelli dell’articolo 12 (Riparazione pecuniaria)<br />
della stessa legge (“Nel caso di diffamazione commessa col<br />
mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il<br />
risarcimento <strong>dei</strong> danni ai sensi dell’art. 185 del Codice penale,<br />
una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata<br />
in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello<br />
stampato”). L’assonanza è perfetta. Chi è diffamato in sostanza<br />
incassa due somme, una sotto il profilo <strong>dei</strong> danni e una<br />
a titolo riparatorio. Lo stesso schema è stato riprodotto nella<br />
legge 281/2006, che punisce chi pubblica intercettazioni abusive.<br />
L’articolo 4 afferma che “a titolo di riparazione può essere richiesta<br />
all’autore della pubblicazione degli atti o <strong>dei</strong> documenti<br />
documenti (concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni,<br />
relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente<br />
formati o acquisiti, ndr ) , al direttore responsabile e all’editore,<br />
in solido fra loro, una somma di denaro determinata<br />
in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero<br />
da 50.000 a 1.000.000 di euro secondo l’entità del bacino<br />
di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico,<br />
televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione<br />
non può essere inferiore a 10.000 euro (in precedenza<br />
20.000 euro). L’azione può essere proposta da parte di<br />
coloro a cui i detti atti o documenti fanno riferimento. L’azione<br />
si prescrive nel termine di cinque anni (un anno nel testo originario)<br />
dalla data della pubblicazione. Agli effetti della prova<br />
della corrispondenza degli atti o <strong>dei</strong> documenti pubblicati con<br />
quelli (distrutti) fa fede il verbale. Si applicano, in quanto compatibili,<br />
le norme di cui al capo III del titolo I del libro IV del codice<br />
di procedura civile. L’azione è esercitata senza pregiudizio<br />
di quanto il Garante per la protezione <strong>dei</strong> dati personali<br />
possa disporre ove accerti o inibisca l’illecita diffusione di dati<br />
o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte<br />
dell’interessato. Qualora sia promossa per i medesimi fatti<br />
anche l’azione per il risarcimento del danno, il giudice tiene<br />
conto, in sede di determinazione e liquidazione dello stesso,<br />
della somma già corrisposta (a titolo di riparazione, ndr)”.<br />
Il testo originario affermava che l’azione riparatoria “va proposta<br />
nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo<br />
che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza<br />
successivamente”. Il testo della legge, invece, recupera<br />
i termini (5 anni) dell’articolo 2947 del Codice civile. Con<br />
la sentenza n. 5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilito<br />
che ogni cittadino può tutelare il proprio onore e la propria dignità<br />
in sede civile senza avviare l’azione penale. Ogni cittadino<br />
può agire in sede penale entro tre mesi dalla pubblicazione<br />
della notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamento non<br />
ha provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempo per l’azione<br />
civile con quello previsto per l’azione penale. Così è rimasto<br />
in vigore l’articolo 2947 del Cc, in base al quale «il diritto<br />
al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive<br />
in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato... In ogni<br />
caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il<br />
reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica<br />
anche all’azione civile». Questa norma espone giornalisti ed<br />
aziende al rischio di vedersi citare in giudizio, anche a distanza<br />
di 7-10 anni, per fatti remoti e sui quali il giornalista non ha<br />
conservato alcuna documentazione. I tempi dell’azione civilistica,<br />
secondo Fnsi e <strong>Ordine</strong>, dovrebbero essere contenuti in<br />
180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta illecita o diffamatoria.<br />
L’azione del Garante della privacy non è stata ampliata: il potere<br />
di infliggere sanzioni pecuniarie resta solidamente nelle<br />
mani <strong>dei</strong> tribunali.<br />
Le sanzioni previste dall’articolo 4 sono pesanti e sono correlate<br />
alla lesione di diritti primari costituzionalmente protetti. Il<br />
rispetto della dignità della persona (art. 2 della Costituzione e<br />
art. 2 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione<br />
di giornalista) è il limite costituzionale interno all’esercizio del<br />
diritto di cronaca e di critica. Il riconoscimento del diritto-dovere<br />
di cronaca non può comportare il sacrificio del principio del<br />
rispetto della reputazione e della dignità della persona umana.<br />
I giornalisti ora sono avvertiti. Le intercettazioni illegali sono<br />
fuorilegge.<br />
Una contraddizione decisiva ai fini processuali. Il secondo<br />
comma dell’articolo 4 afferma che “agli effetti della prova<br />
della corrispondenza degli atti o <strong>dei</strong> documenti pubblicati<br />
con quelli di cui al comma 2 dell’articolo 240 del codice di procedura<br />
penale fa fede il verbale di cui al comma 6 dello stesso<br />
articolo”. Secondo il sesto comma dell’articolo 240 del Cpp,<br />
“delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel<br />
quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione o<br />
acquisizione illecita <strong>dei</strong> documenti, <strong>dei</strong> supporti e degli atti di<br />
cui al comma 2 nonché delle modalità e <strong>dei</strong> mezzi usati oltre<br />
che <strong>dei</strong> soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto<br />
degli stessi documenti, supporti e atti”. Domanda: se nel<br />
verbale non c’è “alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti,<br />
supporti e atti (distrutti)” come può stabilire il giudice<br />
che un giornale pubblica le “carte” distrutte se il verbale non<br />
può concretamente “far fede”<br />
(da Guida al diritto del dicembre 2006)<br />
TRACCIABILITA’<br />
BANCARIA<br />
ANCHE PER<br />
I GIORNALISTI<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Obbligo per gli esercenti arti e professioni<br />
di riscuotere i compensi loro dovuti<br />
esclusivamente tramite mezzi di pagamento<br />
diversi dal denaro contante e da titoli al portatore<br />
La legge 248/2006 (già decreto<br />
legge 223/06) prevede,<br />
tra l' altro, disposizioni<br />
dirette a garantire la<br />
piena tracciabilità <strong>dei</strong><br />
flussi di pagamento.<br />
L' art. 35, comma 12, dispone<br />
l' obbligo per gli esercenti<br />
arti e professioni di riscuotere<br />
i compensi loro<br />
dovuti esclusivamente tramite<br />
mezzi di pagamento<br />
diversi dal denaro contante<br />
e da titoli al portatore.<br />
L’art. 35 ( Misure di contrasto<br />
dell'evasione e dell'elusione<br />
fiscale) dice al comma<br />
12: “All'articolo 19 del<br />
decreto del Presidente della<br />
Repubblica 29 settembre<br />
1973, n. 600, dopo il secondo<br />
comma sono inseriti i seguenti:<br />
"I soggetti di cui al<br />
primo comma sono obbligati<br />
a tenere uno o più conti<br />
correnti bancari o postali ai<br />
quali affluiscono, obbligatoriamente,<br />
le somme riscosse<br />
nell'esercizio dell'attività<br />
e dai quali sono effettuati i<br />
prelevamenti per il pagamento<br />
delle spese.<br />
I compensi in denaro per<br />
l'esercizio di arti e professioni<br />
sono riscossi esclusivamente<br />
mediante assegni<br />
non trasferibili o bonifici ovvero<br />
altre modalità di pagamento<br />
bancario o postale<br />
nonché mediante sistemi di<br />
pagamento elettronico, salvo<br />
per importi unitari inferiori<br />
a 100 euro".<br />
Il comma 12-bis precisa: “Il<br />
limite di 100 euro di cui al<br />
quarto comma dell'articolo<br />
19 del decreto del Presidente<br />
della Repubblica 29<br />
settembre 1973, n. 600, introdotto<br />
dal comma 12 del<br />
presente articolo, si applica<br />
a decorrere dal 1° luglio<br />
2008. Dalla data di entrata<br />
in vigore della legge di conversione<br />
del presente decreto<br />
e sino al 30 giugno<br />
<strong>2007</strong> il limite è stabilito in<br />
1.000 euro. Dal 1° luglio<br />
<strong>2007</strong> al 30 giugno 2008 il limite<br />
è stabilito in 500 euro".<br />
Anche gli aspiranti praticanti<br />
(d’ufficio) e gli aspiranti<br />
pubblicisti “sono obbligati a<br />
tenere uno o più conti correnti<br />
bancari o postali ai<br />
quali affluiscono, obbligatoriamente,<br />
le somme riscosse<br />
nell'esercizio dell'attività<br />
(giornalistica)”.<br />
3
ORDINI PROFESSIONALI<br />
Accordi da stipulare entro e non oltre il 30 aprile <strong>2007</strong><br />
La Finanziaria apre alla trasformazione<br />
<strong>dei</strong> contratti di collaborazione<br />
in contratti biennali di lavoro subordinato<br />
Milano, 4 dicembre 2006. La Finanziaria per<br />
il <strong>2007</strong> (legge 296/2006), - con i commi 1202,<br />
1203, 1208 e 1210 -, apre alla trasformazione<br />
<strong>dei</strong> rapporti di collaborazione in contratti<br />
di lavoro subordinato “della durata non<br />
inferiore a ventiquattro mesi”. Il comma<br />
1204, invece, prevede “per i lavoratori che<br />
continuano ad essere titolari di rapporti di<br />
collaborazione coordinata a progetto, anche<br />
attraverso accordi interconfederali,<br />
misure atte a contribuire al corretto utilizzo<br />
delle predette tipologie di lavoro nonché<br />
stabilire condizioni più favorevoli per<br />
i collaboratori”. Il ministero del Lavoro e della<br />
Previdenza sociale “provvede ad effettuare<br />
- dice il comma 1204 - azioni di monitoraggio<br />
relative all’evoluzione della<br />
media <strong>dei</strong> corrispettivi effettivamente versati<br />
ai collaboratori coordinati a progetto,<br />
al netto delle ritenute previdenziali, al fine<br />
di effettuare un raffronto con la media <strong>dei</strong><br />
corrispettivi versati nei tre anni precedenti<br />
a quello di entrata in vigore delle disposizioni”<br />
della legge finanziaria per il <strong>2007</strong>. Il<br />
comma 1209 autorizza, per le finalità <strong>dei</strong><br />
commi da 1202 a 1208, la spesa di 300 milioni<br />
di euro per ciascuno degli anni 2008 e<br />
2009. Questi i nove commi, che potrebbero<br />
aiutare i precari a trovare una occupazione<br />
stabile:<br />
1202. In attesa di una revisione della disciplina<br />
della totalizzazione e della ricongiunzione<br />
<strong>dei</strong> periodi contributivi afferenti alle diverse<br />
gestioni previdenziali, al fine di promuovere<br />
la stabilizzazione dell’occupazione<br />
mediante il ricorso a contratti di lavoro<br />
subordinato nonché di garantire il corretto<br />
utilizzo <strong>dei</strong> rapporti di collaborazione coordinata<br />
e continuativa anche a progetto, i committenti<br />
datori di lavoro, entro e non oltre<br />
il 30 aprile <strong>2007</strong>, possono stipulare accordi<br />
aziendali ovvero territoriali, nei casi in<br />
cui nelle aziende non siano presenti le rappresentanze<br />
sindacali unitarie o aziendali,<br />
con le organizzazioni sindacali aderenti alle<br />
associazioni nazionali comparativamente più<br />
rappresentative conformemente alle previsioni<br />
<strong>dei</strong> commi da 1203 a 1208.<br />
1203. Gli accordi sindacali di cui al com-<br />
ma 1202 promuovono la trasformazione<br />
<strong>dei</strong> rapporti di collaborazione coordinata<br />
e continuativa, anche a progetto, mediante<br />
la stipula di contratti di lavoro subordinato.<br />
A seguito dell’accordo i lavoratori interessati<br />
alla trasformazione sottoscrivono atti<br />
di conciliazione individuale conformi alla disciplina<br />
di cui agli articoli 410 e 411 del<br />
Codice di procedura civile. I contratti di lavoro<br />
stipulati a tempo indeterminato godono <strong>dei</strong><br />
benefìci previsti dalla legislazione vigente.<br />
1204. Per i lavoratori che continuano ad essere<br />
titolari di rapporti di collaborazione coordinata<br />
a progetto, le parti sociali, ai sensi del<br />
comma 4 dell’articolo 61 e dell’articolo 63 del<br />
decreto legislativo 10 settembre 2003, n.<br />
276, possono stabilire, anche attraverso ac-<br />
rata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge<br />
8 agosto 1995, n. 335, a titolo di contributo<br />
straordinario integrativo finalizzato al<br />
miglioramento del trattamento previdenziale,<br />
di una somma pari alla metà della quota di<br />
contribuzione a carico <strong>dei</strong> committenti per i<br />
periodi di vigenza <strong>dei</strong> contratti di collaborazione<br />
coordinata e continuativa anche a progetto,<br />
per ciascun lavoratore interessato alla<br />
trasformazione del rapporto di lavoro.<br />
1206. I datori di lavoro depositano presso le<br />
competenti sedi dell’Inps gli atti di conciliazione<br />
di cui al comma 1203, unitamente ai<br />
contratti stipulati con ciascun lavoratore e all’attestazione<br />
dell’avvenuto versamento di<br />
una somma pari ad un terzo del totale dovuto<br />
ai sensi del comma 1205. I datori di lavo-<br />
Previste intese per stabilire “condizioni<br />
più favorevoli” per i collaboratori<br />
Stanziati 300 milioni di euro<br />
per ciascuno degli anni 2008 e 2009<br />
cordi interconfederali, misure atte a contribuire<br />
al corretto utilizzo delle predette tipologie<br />
di lavoro nonché stabilire condizioni più<br />
favorevoli per i collaboratori. Il ministero del<br />
Lavoro e della Previdenza sociale provvede<br />
ad effettuare azioni di monitoraggio relative<br />
all’evoluzione della media <strong>dei</strong> corrispettivi effettivamente<br />
versati ai collaboratori coordinati<br />
a progetto, al netto delle ritenute previdenziali,<br />
al fine di effettuare un raffronto con la<br />
media <strong>dei</strong> corrispettivi versati nei tre anni<br />
precedenti a quello di entrata in vigore delle<br />
disposizioni di cui alla presente legge.<br />
1205. La validità degli atti di conciliazione di<br />
cui al comma 1203 rimane condizionata all’adempimento<br />
dell’obbligo, per il solo datore<br />
di lavoro, del versamento alla gestione separo<br />
sono autorizzati a provvedere per la parte<br />
restante del dovuto in trentasei ratei mensili<br />
successivi. Il ministero del Lavoro e della<br />
Previdenza sociale, di concerto con il ministero<br />
dell’Economia e delle Finanze, approva<br />
i relativi accordi con riferimento alla possibilità<br />
di integrare presso la gestione separata<br />
dell’Inps la posizione contributiva del lavoratore<br />
interessato nella misura massima<br />
occorrente per il raggiungimento del livello<br />
contributivo previsto nel fondo pensioni lavoratori<br />
dipendenti nei limiti delle risorse finanziarie<br />
di cui al comma 1209. Qualora il datore<br />
di lavoro non proceda ai versamenti di cui<br />
al presente comma, si applicano le sanzioni<br />
previste dalla normativa vigente in caso di<br />
omissione contributiva.<br />
1207. Gli atti di conciliazione di cui al comma<br />
1203 producono l’effetto di cui agli articoli<br />
410 e 411 del codice di procedura civile con<br />
riferimento ai diritti di natura retributiva, contributiva<br />
e risarcitoria per il periodo pregresso.<br />
Il versamento della somma di cui al comma<br />
1205 comporta l’estinzione <strong>dei</strong> reati previsti<br />
da leggi speciali in materia di versamenti<br />
di contributi o premi e di imposte sui redditi,<br />
nonché di obbligazioni per sanzioni amministrative<br />
e per ogni altro onere accessorio<br />
connesso alla denuncia e il versamento <strong>dei</strong><br />
contributi e <strong>dei</strong> premi, ivi compresi quelli di<br />
cui all’articolo 51 del testo unico delle disposizioni<br />
per l’assicurazione obbligatoria contro<br />
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,<br />
di cui al decreto del Presidente della<br />
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, nonché<br />
all’articolo 18 del decreto-legge 30 agosto<br />
1968, n. 918, convertito, con modificazioni,<br />
dalla legge 25 ottobre 1968, n. 1089, in materia<br />
di sgravi degli oneri sociali. Per effetto<br />
degli atti di conciliazione, è precluso ogni accertamento<br />
di natura fiscale e contributiva<br />
per i pregressi periodi di lavoro prestato dai<br />
lavoratori interessati dalle trasformazioni di<br />
cui ai commi da 1202 a 1208.<br />
1208. L’accesso alla procedura di cui al<br />
comma 1202 è consentito anche ai datori<br />
di lavoro che siano stati destinatari di<br />
provvedimenti amministrativi o giurisdizionali<br />
non definitivi concernenti la qualificazione<br />
del rapporto di lavoro. In ogni<br />
caso l’accordo sindacale di cui al comma<br />
1202 comprende la stabilizzazione delle<br />
posizioni di tutti i lavoratori per i quali<br />
sussistano le stesse condizioni <strong>dei</strong> lavoratori<br />
la cui posizione sia stata oggetto di<br />
accertamenti ispettivi. Gli effetti di tali<br />
provvedimenti sono sospesi fino al completo<br />
assolvimento degli obblighi di cui ai<br />
commi 1205 e 1206.<br />
1209. Per le finalità <strong>dei</strong> commi da 1202 a<br />
1208 è autorizzata la spesa di 300 milioni di<br />
euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.<br />
1210. I contratti di lavoro subordinato di<br />
cui al comma 1203 prevedono una durata<br />
del rapporto di lavoro non inferiore a ventiquattro<br />
mesi.<br />
Quesito posto dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />
L’azionista-tiranno di una società editoriale può farsi<br />
dalla stessa società L’Inpgi risponde negativamente:<br />
Milano, 27 dicembre 2006. Il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti di Milano, avvalendosi<br />
<strong>dei</strong> poteri istruttori riconosciutigli<br />
dall’articolo 6 della legge 241/1990, ha posto<br />
al direttore generale dell’Inpgi un quesito<br />
che può essere riassunto così:<br />
“L’azionista-tiranno di una società editoriale<br />
può farsi assumere come praticante dalla<br />
stessa società” L’Inpgi, nella persona<br />
del suo direttore generale avv. Arsenio<br />
Tortora, ha risposto negativamente con<br />
una memoria che viene qui pubblicata integralmente:<br />
“Caro presidente, fornendo riscontro<br />
alla tua nota del 19 dicembre u.s.,<br />
riassumo brevemente i criteri elaborati dalla<br />
giurisprudenza - ai quali l’Istituto si attiene<br />
- circa la possibilità di costituire un efficace<br />
rapporto assicurativo previdenziale,<br />
relativamente ai giornalisti assunti alle dipendenze<br />
di società delle quali siano soci<br />
ovvero nelle quali siano titolari di cariche<br />
sociali.<br />
Per quanto concerne il primo aspetto, è<br />
noto che - in via di principio - la costituzione<br />
di un rapporto di lavoro dipendente fra<br />
una società ed un proprio socio è legittima,<br />
purché tali soggetti siano effettivamente titolari<br />
di una personalità giuridica reciprocamente<br />
distinta (Cass. 6827/1999).<br />
L’efficacia del rapporto, quindi, è subordinata<br />
alla circostanza che tale distinzione<br />
sia reale, e che pertanto il socio/dipendente<br />
non possa condizionare - in ragione del<br />
proprio particolare status - l’andamento<br />
gestionale ed organizzativo dell’azienda.<br />
Secondo costante giurisprudenza,<br />
quindi, non si può configurare l’esistenza<br />
di un valido rapporto di lavoro<br />
subordinato tra società e il socio quando<br />
questi eserciti - indipendentemente<br />
dalla percentuale di capitale o dalla carica<br />
ricoperta - l’effettiva ed esclusiva<br />
titolarità <strong>dei</strong> poteri di gestione ordinaria<br />
e straordinaria della società (Cass.<br />
21759/2004).<br />
Quale indefettibile corollario a tale principio,<br />
si rileva l’esistenza di una incompatibilità<br />
assoluta in tutte quelle fattispecie<br />
in cui la prestazione lavorativa<br />
subordinata sia fornita dal socio unico<br />
o dal c.d. socio “tiranno”, vale a dire nei<br />
casi in cui la partecipazione al capitale<br />
sociale sia così rilevante da influire in<br />
misura decisiva sulle determinazioni<br />
assunte dalla società. In tale fattispecie<br />
rientra la situazione da te prospettata,<br />
posto che P.P. risulta proprietario del<br />
95% del capitale sociale della “XW Srl”.<br />
Questa circostanza determina l’impossibilità<br />
di costituire una valida posizione<br />
assicurativa riferita al giornalista de<br />
quo presso la gestione principale<br />
dell’Istituto.<br />
Per quanto concerne, invece, l’assunzione<br />
di cariche sociali da parte del lavoratore dipendente,<br />
va premesso che, in linea generale,<br />
tale circostanza non costituisce un<br />
elemento di incompatibilità qualora sia accertato<br />
in concreto lo svolgimento di mansioni<br />
diverse da quelle proprie della carica<br />
sociale rivestita, con l’assoggettamento ad<br />
un effettivo potere di supremazia gerarchica<br />
e di controllo da parte della società.<br />
In proposito, infatti la giurisprudenza è concorde<br />
nell’affermare la sussistenza di un<br />
efficace rapporto di lavoro dipendente (che<br />
determina pertanto l’insorgenza di un valido<br />
rapporto previdenziale) in tutti quei casi<br />
in cui il lavoratore al quale sono state attribuite<br />
funzioni di amministrazione sia effettivamente<br />
ed in concreto soggetto a un potere<br />
di eterodirezione o comunque di dipendenza<br />
gerarchica e funzionale dall’organo<br />
capace di esprimere la volontà societaria.<br />
Ciò che rileva, quindi, è l’esistenza di un<br />
organo sovraordinato all’amministratore/lavoratore<br />
al quale - da statuto - siano conferiti<br />
i poteri di formazione ed espressione<br />
della volontà sociale, in modo da garantire<br />
la permanenza del principio di distinzione<br />
fra i diversi soggetti del rapporto di lavoro<br />
e di salvaguardare l’esistenza del rapporto<br />
gerarchico funzionale, tipico del lavoro subordinato.<br />
Solo con riferimento alla figura dell’ammi-<br />
4 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
UFFICI STAMPA<br />
CORTE COSTITUZIONALE<br />
Stabilizzazione <strong>dei</strong> precari<br />
della Pubblica amministrazione:<br />
novità nella legge finanziaria<br />
Sentenze 423 e 424/2006:<br />
“Profili professionali e abilitazioni<br />
rimangono prerogativa dello Stato”<br />
Rendiamo noto il testo dell’articolo 1 (comma 519 e comma 558) della Legge Finanziaria<br />
<strong>2007</strong>, relativo alla stabilizzazione <strong>dei</strong> precari della Pubblica amministrazione. Molti colleghi<br />
degli uffici stampa pubblici versano in questa situazione: gli stessi sono tenuti a spedire la<br />
domanda agli enti e alle amministrazioni di appartenenza per la richiesta di applicazione<br />
delle nuove norme secondo il fac-simile.<br />
Legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria <strong>2007</strong>)<br />
Stabilizzazione del personale delle Pubbliche amministrazioni (articolo 1, legge comma<br />
519). Avvio della stabilizzazione del personale a tempo determinato della Pubblica amministrazione<br />
in possesso di determinati requisiti: in servizio da 3 anni, anche non continuativi;<br />
che consegua tale requisito sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data<br />
del 29 settembre 2006; sia stato in servizio per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel<br />
quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della Finanziaria. La procedura riguarda<br />
il personale in possesso <strong>dei</strong> requisiti che sia stato assunto mediante procedure selettive<br />
di natura concorsuale o previste da norme di legge. All’eventuale stabilizzazione di personale,<br />
dotato di requisiti, che sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse,<br />
si provvede previo espletamento di prove selettive.<br />
Stabilizzazione del personale di regioni ed enti locali (articolo 1, comma 558). A decorrere<br />
dall’entrata in vigore della Finanziaria Regioni ed Enti locali sottoposti al patto di<br />
stabilità interno, possono procedere alla stabilizzazione nei limiti <strong>dei</strong> posti vacanti in organico,<br />
del personale non dirigenziale a tempo determinato alternativamente: che sia già in<br />
servizio da almeno 3 anni, anche se non continuativi; che consegua tale diritto sulla base<br />
di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006; che sia stato in servizio<br />
per almeno 3 anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata<br />
in vigore della Finanziaria. La norma interessa il personale assunto mediante procedure<br />
selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge.<br />
(da www.fnsi.it)<br />
FAC-SIMILE<br />
assumere come praticante<br />
l’incompatibilità è assoluta<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Come compilare la domanda<br />
Al ……………………….<br />
Roma, …/…./ <strong>2007</strong><br />
Oggetto: applicazione legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1 comma 519<br />
Il/la sottoscritto/a, assunto/a dal………… e in servizio presso …………., con contratto<br />
di lavoro a tempo determinato e a tempo pieno, con la qualifica di ……………, chiede<br />
l’applicazione della legge in oggetto, in quanto si trova nelle condizioni previste dalla citata<br />
legge.<br />
In attesa di conoscere le determinazioni che verranno adottate porge<br />
distinti saluti.<br />
In fede<br />
nistratore unico è stata ravvisata l’esistenza<br />
di una incompatibilità assoluta (Cass.<br />
13009/2003), mentre per quanto riguarda<br />
la posizione del lavoratore che rivesta la<br />
carica di amministratore delegato è stato<br />
precisato che il rapporto organico che lo<br />
lega alla società non esclude - in via di<br />
principio - la configurabilità di un rapporto<br />
di lavoro fra le parti, a condizione tuttavia<br />
che l’esistenza di detto rapporto di dipendenza<br />
risulti dal concreto svolgimento, in<br />
posizione di subordinazione, di attività<br />
estranee alle funzioni inerenti alla carica rivestita.<br />
In questi casi, quindi, è necessario condurre<br />
una approfondita disamina <strong>dei</strong> poteri<br />
conferiti all’amministratore delegato, al fine<br />
di accertare se lo stesso debba o meno<br />
rispondere - per quanto concerne l’attività<br />
di gestione ed organizzazione della<br />
struttura societaria - ad un organo terzo ad<br />
esso sovraordinato.<br />
Particolare rilevanza assume, in tale ambito,<br />
l’attribuzione all’amministratore delegato<br />
della facoltà di costituire, disciplinare ed<br />
estinguere i rapporti di lavoro con il personale<br />
dipendente, in quanto l’eventuale titolarità<br />
di tali poteri determinerebbe l’inammissibile<br />
coincidenza in un unico soggetto<br />
di entrambe le posizioni giuridiche del datore<br />
di lavoro e del lavoratore.<br />
Le considerazioni svolte, tuttavia, afferiscono<br />
unicamente ai profili circa la configurabilità<br />
o meno di un valido rapporto di<br />
lavoro subordinato, in quanto fattispecie<br />
idonea a determinare l’efficace costituzione<br />
del sottostante rapporto assicurativo<br />
previdenziale presso la gestione principale<br />
dell’Istituto.<br />
Ogni questione relativa alla sussistenza o<br />
meno, nelle fattispecie descritte, <strong>dei</strong> presupposti<br />
per il riconoscimento dello status<br />
professionale di praticante in capo ai lavoratori<br />
assunti da aziende di cui detengono<br />
partecipazioni societarie è infatti -<br />
come è ovvio - demandata alla competenza<br />
dell’<strong>Ordine</strong> professionale da te presieduto”.<br />
Roma, 20 dicembre 2006. L’individuazione<br />
di nuove figure professionali è una prerogativa<br />
esclusiva dello Stato centrale. Un orientamento<br />
già noto ma confermato da due sentenze<br />
della Corte costituzionale - 423 e 424<br />
del 19 dicembre 2006 (per entrambe, presidente<br />
Bile, redattore Mazzella) - con cui i giudici<br />
hanno dichiarato illegittime una legge<br />
della Provincia autonoma di Bolzano, che disciplinava<br />
la figura del «maestro odontotecnico»,<br />
e una della Regione Campania, che<br />
disciplinava requisiti e registro <strong>dei</strong> musicoterapisti.<br />
Nel primo caso, la sentenza 423/2006 ha infatti<br />
“cassato” l’articolo 5, comma 2 della legge<br />
provinciale 8/2005 con cui Bolzano, disciplinando<br />
l’attività del “maestro odontotecnico”<br />
e le condizioni per l’acquisizione della relativa<br />
qualifica, definisce una nuova professione,<br />
ambito che rientra nella competenza<br />
legislativa dello Stato. La direttiva del<br />
Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione<br />
europea del 7 settembre 2005, n.<br />
2005/36 - che stabilisce le regole in base alle<br />
quali ciascuno Stato membro riconosce,<br />
per l’accesso ad una professione ed al suo<br />
esercizio, le qualifiche professionali acquisite<br />
in altri Stati membri - nell’Allegato II include<br />
quella dell’odontotecnico tra le attività per il<br />
cui esercizio in Italia è richiesta una «formazione<br />
con struttura particolare», riconducendo<br />
quindi l’odontotecnico medesimo tra le<br />
qualifiche professionali di cui all’art. 11, lettera<br />
c), punto ii). Si deve dunque concludere<br />
nel senso della riconduzione dell’odontotecnico<br />
nell’ambito delle professioni invece che<br />
in quello dell’artigianato. “Lo statuto speciale<br />
della Provincia autonoma di Bolzano non contempla<br />
una competenza legislativa della<br />
Provincia nella materia delle professioni, materia<br />
che invece l’art. 117, terzo comma, Cost.,<br />
inserisce tra quelle oggetto di competenza legislativa<br />
concorrente. Tale competenza concorrente<br />
si deve quindi intendere estesa alla<br />
Provincia autonoma di Bolzano ai sensi dell’art.<br />
10 della legge cost. n. 3 del 2001.<br />
Rispetto alla menzionata previsione dell’art.<br />
117, terzo comma, Cost., la Corte ha già affermato<br />
che sono riservate allo Stato sia l’individuazione<br />
delle figure professionali, con i<br />
relativi profili ed ordinamenti didattici (sentenze<br />
n. 40 del 2006; n. 424, n. 355 e n. 319 del<br />
2005; n. 353 del 2003), sia la disciplina <strong>dei</strong> titoli<br />
necessari per l’esercizio delle professioni<br />
(sentenza n. 153 del 2006), sia l’istituzione di<br />
nuovi albi (sentenze n. 40 del 2006, n. 424 e<br />
n. 355 del 2005). Dai rilievi svolti discende l’illegittimità<br />
costituzionale dell’art. 5, comma 2,<br />
della legge prov. Bolzano n. 8 del 2005, perché<br />
esso, disciplinando l’attività del maestro<br />
odontotecnico e le condizioni per l’acquisizione<br />
della relativa qualifica, definisce una nuova<br />
figura professionale ed incide così su di un<br />
ambito che rientra nella competenza legislativa<br />
dello Stato”.<br />
Analoga ratio guida la sentenza 424/2006,<br />
con cui i giudici hanno dichiarato illegittimi gli<br />
articoli 2, 4, 5 e 6 della legge della Campania<br />
18/2005, che disciplina l’attività di musicoterapista.<br />
La legge regionale impugnata dal<br />
Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri definisce<br />
la musicoterapia come «attività psicopedagogica<br />
e socio-sanitaria di pubblico interesse»,<br />
avente quale scopo «lo sviluppo e<br />
la riabilitazione di potenziali funzioni dell’individuo<br />
per il raggiungimento di una migliore<br />
integrazione sul piano intrapersonale e interpersonale<br />
e, conseguentemente, di una migliore<br />
qualità della vita» (art. 1). Essa, inoltre,<br />
qualifica il musicoterapista come «un soggetto<br />
in possesso di diploma superiore di secondo<br />
grado e con una buona conoscenza<br />
della musica, che ha svolto un corso triennale<br />
di impostazione multidisciplinare sociopsicopedagogico-medico-musicale<br />
e un tirocinio<br />
di un anno presso strutture pubbliche o<br />
convenzionate o del privato sociale, della formazione<br />
primaria e della riabilitazione, con<br />
supervisione clinica e di musicoterapia» (art.<br />
2); dispone che il musicoterapista svolge funzioni<br />
di prevenzione, di riabilitazione e sociosanitarie<br />
(art. 3); istituisce, presso l’assessorato<br />
alla Sanità della Regione Campania, «il<br />
registro professionale regionale <strong>dei</strong> musicote-<br />
rapisti al quale possono iscriversi coloro che<br />
hanno superato il corso per la formazione di<br />
musicoterapisti e che hanno effettuato il tirocinio<br />
professionale di almeno trecento ore o un<br />
anno presso centri specializzati pubblici o privati,<br />
con supervisione clinica e di musicoterapia»<br />
(art. 5). È evidente, pertanto, che la legge<br />
impugnata definisce un nuovo profilo professionale<br />
in materia sanitaria, essendo il<br />
musicoterapista un soggetto che esegue un<br />
particolare tipo di terapia al fine di prevenire<br />
o curare le conseguenze di determinati disturbi<br />
psichici o fisici. Si legge nella sentenza:<br />
“L’art. 117, terzo comma, della Costituzione,<br />
include la materia delle professioni tra<br />
quelle oggetto di competenza legislativa concorrente<br />
e questa Corte ha più volte affermato<br />
che, rispetto ad essa, debbono ritenersi riservate<br />
allo Stato sia l’individuazione delle figure<br />
professionali, con i relativi profili ed ordinamenti<br />
didattici (sentenze n. 40 del 2006; n.<br />
424, n. 355 e n. 319 del 2005), sia la disciplina<br />
<strong>dei</strong> titoli necessari per l’esercizio delle professioni<br />
(sentenza n. 153 del 2006), sia l’istituzione<br />
di nuovi albi (sentenze n. 40 del 2006,<br />
n. 424 e n. 355 del 2005). Da simili principi -<br />
enunciati anche in giudizi aventi ad oggetto,<br />
come quello presente, leggi regionali disciplinanti<br />
pratiche terapeutiche non convenzionali<br />
(sentenza n. 353 del 2003) - discende l’illegittimità<br />
delle disposizioni della legge<br />
Regione Campania n. 18 del 2005 impugnate<br />
dal Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri. In<br />
quanto ricadono tutte nel campo che, come si<br />
è detto, deve intendersi riservato allo Stato in<br />
forza dell’art. 117, terzo comma, della<br />
Costituzione. Resta così confermata l’illegittimità<br />
delle norme regionali impugnate, poiché<br />
il musicoterapista svolge funzioni che la stessa<br />
legge della Regione Campania n. 18 del<br />
2005 qualifica di natura preventiva, riabilitativa<br />
e socio-sanitaria e dunque, funzioni che presentano<br />
i caratteri che, a norma dell’art. 1,<br />
comma 1, della legge n. 43 del 2006, sono<br />
propri delle attività espletate da coloro che<br />
esercitano professioni sanitarie”.<br />
Per la Regione il dispositivo si limitava a promuoverne<br />
l’applicazione nel campo sociale e<br />
sanitario. Per la Corte, invece, la legge qualifica<br />
il musicoterapista, la sua formazione e<br />
ne istituisce un registro cui possono iscriversi<br />
quanti soddisfano i requisiti di legge. Come<br />
tale, la legge regionale impugnata «definisce<br />
un nuovo profilo professionale», prerogativa<br />
che è di pertinenza solo dello Stato, ed è da<br />
considerarsi illegittima. (Fonte: Il Sole 24<br />
Ore del 20 dicembre 2006)<br />
Dal Consiglio<br />
nazionale<br />
Solidarietà<br />
ai colleghi<br />
minacciati<br />
dal terrorismo<br />
Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. Il Consiglio<br />
nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, apprese<br />
le notizie sugli attentati che si stavano<br />
preparando ad opera di gruppi eversivi<br />
legati alle Brigate rosse nei confronti<br />
del quotidiano Libero e delle emittenti televisive<br />
Sky e Mediaset, esprime piena<br />
solidarietà ai direttori e ai collettivi redazionali<br />
delle tre testate.<br />
Il Consiglio nazionale esprime altresì il<br />
proprio apprezzamento per l’intervento<br />
tempestivo dell’Autorità giudiziaria e delle<br />
Forze dell’<strong>Ordine</strong>.<br />
5
ORDINI PROFESSIONALI<br />
Parcelle consensuali,<br />
tirocini limitati a un anno,<br />
sistema duale, giustizia<br />
disciplinare affidata ad<br />
organismi esterni ai Consigli<br />
Ingressi indiscriminati<br />
negli Albi<br />
a scapito della qualità<br />
e di un praticantato<br />
di durata ragionevole<br />
La proposta di riforma delle professioni varata<br />
comunitarie (con l’accesso aperto ai diplomati)<br />
nota tecnica di Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia<br />
La “riforma delle professioni”, varata il 1° dicembre<br />
2006 dal Governo Prodi, volta le<br />
spalle all'Europa, non spiega il concetto di<br />
“professione intellettuale o regolamentata”<br />
e non delinea i confini tra Ordini e associazioni<br />
professionali. Un brutto inizio, che accentuerà<br />
scontri e divisioni anche all'interno<br />
della maggioranza. Lo sconfitto per ora<br />
è il ministro dell’Università, Fabio Mussi,<br />
che non è riuscito, nonostante i principi fissati<br />
nel dlgs 300/1999 e nella legge 4/1999<br />
(art. 1, comma 18), a prendere in mano le<br />
redini della riforma, facendo prevalere la<br />
normativa comunitaria in base alla quale i<br />
professionisti intellettuali o regolamentati<br />
debbano avere almeno una laurea triennale.<br />
Il ddl, invece, prevede l’accesso alle professioni<br />
ancora con il semplice diploma. Il<br />
tirocinio avrà una “durata non superiore a<br />
dodici mesi” e potrà essere effettuato “parzialmente”<br />
e “contemporaneamente” all’ultima<br />
fase degli studi necessaria per il conseguimento<br />
di ciascun titolo di laurea “garantendo<br />
in ogni caso la conoscenza <strong>dei</strong><br />
fondamenti tecnici, pratici e deontologici<br />
della professione” (lo stesso discorso vale…<br />
per i diplomati). Il Governo pensa che<br />
così i giovani avranno più opportunità nel<br />
mondo delle professioni: c’è da scommettere,<br />
invece, che il livello basso nella preparazione<br />
complicherà l’entrata <strong>dei</strong> giovani<br />
nel comparto occupazionale. Si ripete a distanza<br />
di 40 anni quello che è avvenuto<br />
con la riforma universitaria (“Misasi”), quando<br />
fu consentito a tutti i diplomati di accedere<br />
a tutti i corsi di laurea (opzione prima<br />
limitata a chi aveva la maturità classica). I<br />
governi di centro/sinistra dell’epoca, non<br />
potendo assicurare il lavoro, avevano il problema<br />
di parcheggiare i giovani nelle università<br />
(il fenomeno degli abbandoni ebbe<br />
una accentuazione notevole). Oggi il<br />
Governo pensa di sistemare i giovani nelle<br />
professioni intellettuali all’insegna di uno<br />
slogan affascinante: “Diventa professionista<br />
e sarai ricco”.<br />
La giurisprudenza costituzionale ha più<br />
volte precisato che l’articolo 33 della<br />
Costituzione (sull’esame di Stato) reca<br />
in sé un principio di professionalità specifica,<br />
richiedendo che l’esercizio di attività<br />
professionali rivolte al pubblico avvenga<br />
in base a conoscenze sufficientemente<br />
approfondite ed ad un correlato<br />
sistema di controlli preventivi e successivi<br />
di tali conoscenze, per tutelare l’affidamento<br />
della collettività in ordine alle<br />
capacità <strong>dei</strong> professionisti (Corte costituzionale,<br />
sentenze 23 dicembre 1993 n.<br />
456 e 26 gennaio 1990 n. 29). Tale interpretazione<br />
della norma è del resto confermata<br />
dal parere n. 448/2001 reso il 13 marzo<br />
2002 e depositato il 7 maggio successivo<br />
dalla seconda sezione consultiva del<br />
Consiglio di Stato proprio con riferimento<br />
alla possibilità di includere la professione di<br />
giornalista nella disciplina regolamentare.<br />
In tale parere si afferma la natura di esame<br />
di Stato della prova di idoneità prevista per<br />
l’accesso alla professione di giornalista e si<br />
conclude per l’insussistenza di motivi ostativi<br />
alla riforma dell’ordinamento professionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti ai sensi dell’art. 1 (comma<br />
18) della legge n. 4/1999.<br />
L’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce «professione<br />
regolamentata» quella professione<br />
riconosciuta ai sensi dell’articolo 2<br />
del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n.<br />
115 (Attuazione della direttiva 89/48/CEE)<br />
ovvero ai sensi dell’articolo 2 del decreto<br />
legislativo 2 maggio 1994 n. 319<br />
(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa<br />
ad un secondo sistema generale di riconoscimento<br />
della formazione professionale<br />
che integra la direttiva 89/48/CEE).<br />
Quest’ultimo dlgs “europeizza” la professione<br />
di giornalista, riconoscendola su un piede<br />
di parità rispetto alle altre. La direttiva<br />
89/48/CEE, recepita con il Dlgs 115/1992,<br />
ha introdotto (con l’articolo 2/bis del dlgs<br />
115/1992) la definizione di “professione regolamentata”.<br />
Si definisce formazione regolamentata<br />
“qualsiasi formazione direttamente<br />
orientata all’esercizio di una determinata<br />
professione e consistente in un ciclo<br />
di studi post-secondari di durata minima<br />
di tre anni oppure di durata equivalente a<br />
tempo parziale in un’università o in un altro<br />
istituto di livello di formazione equivalente<br />
e, se del caso, nella formazione professionale,<br />
nel tirocinio o nella pratica professionale<br />
richiesti oltre il ciclo di studi post-secondari:<br />
la struttura e il livello di formazione<br />
professionale, del tirocinio o della pratica<br />
professionale devono essere stabiliti dalle<br />
disposizioni legislative, regolamentari o<br />
amministrative dello Stato membro interessato<br />
o soggetti al controllo o all’autorizzazione<br />
dell’autorità designata a tal fine”.<br />
Mentre l’articolo 5 del ddl prevede “il raccordo<br />
con la normativa dell’istruzione universitaria”,<br />
il successivo articolo 6 prevede<br />
il “raccordo con la normativa dell’istruzione<br />
secondaria superiore”. Eppure il ministro<br />
dell’Università Fabio Mussi nell’audizione<br />
del 4 luglio 2006 davanti alla VII<br />
Commissione della Camera (riportata nel<br />
sito www.miur.it alla voce interventi) aveva<br />
annunciato solennemente una svolta, affermando<br />
che “l’accesso agli Ordini professionali<br />
è materia sulla quale deve logicamente<br />
far premio il recepimento della Direttiva<br />
Comunitaria sulle qualifiche professionali<br />
superiori”. La Direttiva Comunitaria sulle<br />
qualifiche professionali superiori è la numero<br />
89/48/CEE del 21 dicembre 1988 “relativa<br />
ad un sistema generale di riconoscimento<br />
<strong>dei</strong> diplomi di istruzione superiore<br />
che sanzionano formazioni professionali<br />
di una durata minima di tre anni”.<br />
L’Antitrust ha avviato<br />
un’indagine conoscitiva<br />
sugli Ordini professionali<br />
Roma, 29 gennaio <strong>2007</strong>.<br />
L’Antitrust ha avviato un’indagine<br />
conoscitiva sugli<br />
ordini professionali per verificare<br />
se hanno abrogato<br />
le tariffe fisse o minime e<br />
consentono la pubblicità<br />
e la costituzione di società<br />
interdisciplinari tra<br />
professionisti. L’Autorità<br />
garante della concorrenza<br />
e del mercato, si legge in<br />
una nota, verificherà nei<br />
prossimi mesi se gli ordini<br />
professionali stanno recependo<br />
nei loro statuti e nei<br />
loro codici deontologici,<br />
anche alla luce della nuova<br />
normativa, i principi di<br />
concorrenza. L’indagine<br />
sarà svolta con specifico<br />
riferimento agli ordini di<br />
architetto, avvocato,<br />
commercialista e ragioniere,<br />
consulente del lavoro,<br />
farmacista, geologo,<br />
geometra, giornalista<br />
e pubblicista, ingegnere,<br />
medico e odontoiatra,<br />
notaio, perito industriale<br />
e psicologo.<br />
La verifica riguarderà in<br />
particolare l’avvenuta<br />
abolizione delle disposizioni<br />
deontologiche che<br />
L’articolo 1 (comma 18) della legge n.<br />
4/1999, stabilisce che “Con uno o più regolamenti<br />
adottati, a norma dell’articolo 17,<br />
comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.<br />
400, su proposta del ministro dell’Università<br />
e della ricerca scientifica e tecnologica,<br />
di concerto con il ministro di Grazia e<br />
giustizia, sentiti gli organi direttivi degli ordini<br />
professionali, con esclusivo riferimento<br />
alle attività professionali per il cui esercizio<br />
la normativa vigente già prevede l’obbligo<br />
di superamento di un esame di Stato, è<br />
modificata e integrata la disciplina del relativo<br />
ordinamento, <strong>dei</strong> connessi albi, ordini<br />
o collegi, nonché <strong>dei</strong> requisiti per l’ammissione<br />
all’esame di Stato e delle relative<br />
prove”. In attuazione di tale disposizione è<br />
già stato emanato il Dpr. n. 328/2001, che<br />
ha provveduto ad istituire le sezioni A e B<br />
degli albi <strong>dei</strong> dottori agronomi e dottori forestali,<br />
degli architetti, pianificatori, paesaggisti<br />
e conservatori, degli assistenti sociali,<br />
degli attuari, <strong>dei</strong> biologi, <strong>dei</strong> chimici,<br />
<strong>dei</strong> geologi e degli ingegneri, e a definire le<br />
relative competenze professionali, prevedendo<br />
l’iscrizione ad esse, rispettivamente,<br />
<strong>dei</strong> laureati specialistici e triennali, che abbiano<br />
superato l’apposito esame di abilitazione.<br />
La legge 4/1999 in sostanza recepisce la<br />
direttiva 89/48/Cee (dlgs 115/1992) secondo<br />
la quale i professionisti appartenenti a<br />
professioni regolamentate debbano avere<br />
alle spalle almeno una laurea triennale. I<br />
giornalisti (legge 69/1963) sono stati esclusi<br />
da tale Dpr, decisione questa successivamente<br />
censurata dal Consiglio di Stato<br />
(sezione seconda consultiva) con il parere<br />
448/2001 reso nell’adunanza 13 marzo<br />
2002 e depositato il 7 maggio successivo.<br />
In tale quadro normativo si inserisce anche<br />
contengono limitazioni<br />
alla concorrenza relative<br />
alle tariffe fisse o minime,<br />
la reale libertà per i<br />
professionisti di farsi<br />
pubblicità e di ricorrere,<br />
nel caso degli avvocati,<br />
ai patti di quota lite, e il<br />
riconoscimento della libertà<br />
di costituire società<br />
interdisciplinari tra<br />
professionisti. Nella delibera<br />
di avvio dell’indagine,<br />
l’Autorità ricorda i numerosi<br />
interventi effettuati nel<br />
settore <strong>dei</strong> servizi professionali,<br />
compreso l’avvio di<br />
istruttorie nei confronti <strong>dei</strong><br />
professionisti per intese restrittive<br />
della concorrenza,<br />
principi adesso incorporati<br />
nella disciplina di liberalizzazione<br />
prevista dal<br />
Decreto Bersani che ha introdotto<br />
il divieto di tariffe<br />
obbligatorie nonché abrogato<br />
il divieto di pubblicità<br />
professionale e di costituzione<br />
di società interdisciplinari<br />
tra professionisti.<br />
Dopo l’entrata in vigore del<br />
Decreto Bersani, alcuni organismi<br />
rappresentativi <strong>dei</strong><br />
professionisti hanno assunto<br />
decisioni che interpretano<br />
queste norme in<br />
senso restrittivo.<br />
Ugualmente non coerente<br />
alla nuova normativa sono<br />
state le modifiche alla legge<br />
notarile, relativamente<br />
agli onorari, apportate con<br />
un decreto legislativo successivo<br />
all’entrata in vigore<br />
della legge Bersani.<br />
Sono inoltre arrivate<br />
all’Autorità segnalazioni di<br />
singoli professionisti che<br />
lamentano comportamenti<br />
di alcuni organismi professionali<br />
tesi a precludere ai<br />
propri iscritti l’opportunità<br />
di avvalersi delle leve concorrenziali<br />
previste dal<br />
Decreto Bersani. L’Autorità<br />
ricorda che l’obbligo di<br />
adeguamento <strong>dei</strong> codici<br />
deontologici entro il primo<br />
gennaio <strong>2007</strong>, stabilito dal<br />
Decreto Bersani, ai principi<br />
di concorrenza riguarda<br />
tutti gli organismi rappresentativi<br />
di soggetti che<br />
svolgono attività professionali,<br />
siano essi costituiti<br />
nella forma di ordini e collegi,<br />
ma anche di associazioni.<br />
(AGI)<br />
la scelta operata dal legislatore con la legge<br />
n. 4/1999 che ha delegificato la materia<br />
degli esami di Stato. Il regolamento, infatti,<br />
è apparso al legislatore lo strumento più<br />
idoneo ad individuare i titoli di studio che<br />
danno accesso agli esami di Stato, tenendo<br />
conto della continua evoluzione <strong>dei</strong> percorsi<br />
formativi ad opera <strong>dei</strong> decreti ministeriali<br />
e <strong>dei</strong> regolamenti di ateneo.<br />
Nel “ddl di riforma” non c’è alcun riferimento<br />
alle direttive 89/48/Cee e<br />
92/51/CEE né al dlgs 8 luglio 2003 n. 277<br />
(Attuazione della direttiva 2001/19/CEE<br />
che modifica le direttive del Consiglio<br />
relative al sistema generale di riconoscimento<br />
delle qualifiche professionali).<br />
Nel ddl non c’è alcun accenno alla “legge<br />
D’Alema” 4/1999, che, all’articolo 1<br />
(comma 18), raccorda l’esame Stato (abilitativo<br />
all’esercizio delle professioni intellettuali)<br />
con il sistema delle lauree,<br />
principio valevole per tutte le professioni<br />
esistenti e organizzate con Ordini e<br />
Collegi e con l’esame di Stato. La legge<br />
4/1999 conferisce al ministero dell’Università<br />
l’iniziativa regolamentare “di<br />
concerto” con il ministero di Giustizia.<br />
Il provvedimento dell’1 dicembre 2006 afferma<br />
semplicemente che “il Governo è<br />
delegato ad emanare, entro diciotto mesi<br />
dalla data di entrata in vigore della<br />
presente legge, uno o più decreti legislativi<br />
aventi ad oggetto la disciplina<br />
delle professioni intellettuali, e delle relativi<br />
forme organizzative, nel rispetto<br />
delle competenze delle Regioni, in coerenza<br />
con la normativa comunitaria in<br />
materia di libertà di accesso”. Buio sulle<br />
regole comunitarie per l’accesso (laurea<br />
almeno triennale per le professioni regolamentate).<br />
Mussi su questo punto<br />
non ha nulla da dire<br />
Il “ddl di riforma” contempla i seguenti punti:<br />
• viene previsto il riconoscimento pubblico<br />
di associazioni professionali con il compito<br />
di certificare la qualità professionale degli<br />
iscritti: a queste associazioni sono richiesti<br />
alcuni requisiti di serietà ed organizzazione<br />
interna come richiesto dalla normativa comunitaria;<br />
• è previsto il riordino degli Albi esistenti e il<br />
loro eventuale accorpamento in funzione<br />
dell’esistenza di gruppi professionali omogenei.<br />
Verrà favorita la trasformazione in<br />
associazioni per quegli ordini, albi e collegi<br />
già esistenti per i quali non ricorrano<br />
specifici interessi pubblici, che rendano<br />
necessario il ricorso al sistema ordinistico;<br />
• i controlli sulla deontologia professionale<br />
vengono rafforzati, anche tramite la vigilanza<br />
affidata a rappresentanti non tutti iscritti<br />
al medesimo Albo;<br />
• le parcelle saranno fissate dalle parti, anche<br />
pattuendo compensi parametrati al raggiungimento<br />
degli obiettivi conseguiti;<br />
• viene consentito il ricorso alla pubblicità di<br />
carattere informativo;<br />
• vengono individuati diversi percorsi per<br />
l’accesso <strong>dei</strong> giovani al mercato delle professioni,<br />
introducendo criteri di tirocinio differenziati,<br />
cioè anche all’estero o contemporaneamente<br />
all’ultima fase degli studi per<br />
il titolo professionale;<br />
• viene mantenuto l’esame di Stato per l’abilitazione<br />
a quelle professioni il cui esercizio<br />
può incidere su diritti costituzionalmente<br />
garantiti o riguardanti interessi generali<br />
meritevoli di specifica tutela;<br />
• per garantire la terzietà degli esaminatori<br />
e l’oggettività delle valutazioni viene prevista<br />
una nuova disciplina per la composizione<br />
delle commissioni esaminatrici in modo<br />
da sottrarla alla prevalente competenza degli<br />
ordini;<br />
• viene prevista anche una nuova rilevanza<br />
delle strutture territoriali degli ordini e delle<br />
associazioni attraverso una maggiore responsabilizzazione<br />
delle loro strutture territoriali.<br />
(Fonti: www.cittadinolex.it del 1° dicembre<br />
2006 e Il Sole 24 Ore del 2 dicembre<br />
2006)<br />
6 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
PROFESSIONI:<br />
MASTELLA, NESSUNA<br />
VOLONTÀ DI ABOLIRE ORDINI<br />
ROMA, 1 dicembre 2006. ‘’Nessun terremoto per gli ordini e i collegi esistenti, nessuna volontà di abolirli, ma soltanto la necessità<br />
di procedere ad una loro riorganizzazione eventualmente attraverso un accorpamento in gruppi professionali omogenei’’.<br />
È quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia Clemente Mastella conversando con i giornalisti a margine del forum ‘’Verso il<br />
piano strategico’’, organizzato dall’Amministrazione comunale di Benevento.<br />
“E chiaro, ha aggiunto il Guardasigilli, che se viene meno l’interesse pubblico che ha reso necessaria l’istituzione dell’ <strong>Ordine</strong>,<br />
l’attività professionale dovrà essere diversamente disciplinata al fine di garantire gli interessi degli utenti, la cui tutela è di primaria<br />
importanza’’.<br />
(ANSA)<br />
dal “Governo Prodi” volta le spalle alle regole<br />
e alle legge 4/1999 del “Governo D’Alema”<br />
<strong>Ordine</strong>:<br />
Corriere della Sera<br />
30 dicembre 2006<br />
Lettere al Corriere<br />
Risponde<br />
SERGIO ROMANO<br />
botta e<br />
risposta<br />
Romano/<br />
Abruzzo<br />
Corriere della Sera<br />
3 gennaio <strong>2007</strong><br />
rubrica<br />
INTERVENTI<br />
E REPLICHE<br />
ORDINI PROFESSIONALI:<br />
L’ANOMALIA DEI GIORNALISTI<br />
Qualche tempo fa lei intervenne sul Corriere<br />
per denunciare il carattere anacronistico degli<br />
ordini professionali, come sono attualmente<br />
ordinati, cioè a difesa del privilegio e ostacolo<br />
al merito. E poiché il problema è ancora<br />
aperto e attende una risposta in sede politica,<br />
credo che meriti qualche considerazione.<br />
Naturalmente la questione non è quella della<br />
esistenza di un ordine professionale di per sé.<br />
La questione sta nel fatto che da noi non si<br />
tratta, come in ogni Paese civile, di libere associazioni<br />
private, bensì di vere e proprie corporazioni<br />
imposte e regolate da una legge.<br />
Anche negli Stati Uniti, ad esempio, esistono<br />
in ogni Stato le Bar Associations, ma non si<br />
ha l’obbligo di appartenervi per esercitare legittimamente<br />
la professione legale una volta<br />
che ne siano accertati i titoli. Una delle maggiori<br />
anomalie è rappresentata a mio avviso<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, una professione<br />
che in un Paese libero dovrebbe essere soggetta<br />
soltanto al giudizio del pubblico.<br />
Attualmente l’<strong>Ordine</strong> è minuziosamente regolato<br />
dalla legge 3 febbraio 1963 che si compone<br />
di ben 75 articoli e che impone vincoli<br />
ferrei al libero esercizio della professione.<br />
Varrà la pena di ricordare che l’<strong>Ordine</strong> è un<br />
frutto del fascismo.<br />
Fu istituito il 26 febbraio 1928, decreto n. 384,<br />
in funzione <strong>dei</strong> fini repressivi che il regime si<br />
proponeva. Ora i tempi sono cambiati e a parole<br />
non si perde occasione per esaltare la libertà,<br />
ma evidentemente la tentazione del<br />
privilegio continua a prevalere. Mi chiedo, e<br />
chiedo a lei, non sarebbe una bella prova di<br />
civiltà se dai ranghi stessi <strong>dei</strong> giornalisti si levassero<br />
voci perché la anomalia di questo ordine<br />
palesemente illiberale fosse cancellata<br />
Roberto Vivarelli / Firenze<br />
Caro Vivarelli, qualche giorno dopo l’articolo<br />
del Corriere a cui lei si riferisce,ricevetti la lettera<br />
di un giovane notaio con cui ebbi più tardi<br />
una conversazione. Mi disse che il suo<br />
<strong>Ordine</strong> garantiva la serietà e la preparazione<br />
professionale <strong>dei</strong> membri, che gli esami erano<br />
severi, che le tariffe erano molto ragionevoli,<br />
che la liberalizzazione avrebbe provocato<br />
un effetto «forbice»: servizi mediocri a<br />
prezzi stracciati e servizi di qualità a prezzi<br />
più alti di quelli praticati ora. Anche un difensore<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti potrebbe sostenere<br />
che l’istituzione garantisce con l’esame<br />
di ammissione e i corsi universitari la<br />
competenza professionale, punisce la violazione<br />
<strong>dei</strong> principi deontologici, mette la categoria<br />
in condizione di meglio resistere alle interferenze<br />
esterne. Questi argomenti non sono<br />
privi di una certa validità, ed è probabile<br />
che la soppressione degli Ordini, se mai qualche<br />
governo ne avrà il coraggio, creerebbe,<br />
soprattutto nella fase iniziale, un certo numero<br />
di inconvenienti. Ma continuo a pensare<br />
che gli Ordini rappresentino una istituzione<br />
anacronistica e che i vantaggi della loro soppressione<br />
siano maggiori degli inconvenienti.<br />
Ecco, con particolare riferimento all’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti, le mie ragioni.<br />
Non credo che i problemi di deontologia professionale<br />
debbano essere lasciati ai soci del<br />
club. Vi sono Paesi in cui il problema è stato<br />
risolto con la creazione di commissioni o collegi<br />
formati da rappresentanti della professione,<br />
rappresentanti <strong>dei</strong> consumatori, magistrati,<br />
avvocati, boniviri di diversa estrazione.<br />
L’idea che ogni persona debba essere giudicata<br />
dai suoi pari prefigura un possibile conflitto<br />
di interessi ed è feudale, cioè tipica di<br />
una società costituita da poteri autonomi, autogestiti<br />
e autoreferenziali. Gli Ordini obbediscono<br />
inevitabilmente alla logica dell’autoconservazione<br />
e del potere. Come ogni altro<br />
organismo associativo (penso ai sindacati)<br />
producono una nomenklatura dirigente con il<br />
suo inevitabile complemento di ambizioni personali,<br />
partiti, programmi elettorali. Per ottenere<br />
il consenso e l’appoggio <strong>dei</strong> soci la nomenklatura<br />
deve fornire servizi previdenziali,<br />
assistenziali, sanitari. Per finanziare questi<br />
servizi deve poter contare su un certo numero<br />
di soci, ma conservare al tempo stesso il<br />
principio della cooptazione. L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
ha creduto di potere raggiungere questo<br />
risultato con due misure molto discutibili:<br />
la moltiplicazione <strong>dei</strong> corsi universitari che<br />
fungono da praticantato (il tirocinio che precede<br />
l’ingresso nella professione) e l’estensione<br />
della qualifica di giornalista agli addetti<br />
stampa. I corsi universitari, soprattutto in un<br />
Paese dove gli sbarramenti all’accesso sono<br />
piuttosto bassi, producono un numero di<br />
aspettative che non ha alcun rapporto con le<br />
esigenze del mercato e finiscono per creare,<br />
soprattutto nelle fasi di mutamento e transizione,<br />
molto precariato. Gli addetti stampa<br />
non sono e non possono essere giornalisti. Il<br />
portavoce di un’azienda è un avvocato difensore,<br />
tenuto dal suo impegno professionale, a<br />
esaltare i meriti dell’azienda, della istituzione<br />
o della persona per cui lavora, nascondendone<br />
per quanto possibile i difetti. Non so davvero<br />
come l’<strong>Ordine</strong> possa conciliare la sua<br />
funzione di garante della deontologia con il<br />
desiderio di allargare agli addetti stampa la<br />
cerchia <strong>dei</strong> soci. Aggiunga a tutto questo, caro<br />
Vivarelli, che il giornalismo vive di libertà<br />
ed è, come sosteneva Thomas Jefferson, l’indispensabile<br />
pilastro di un sistema politico liberale.<br />
Gli Ordini professionali tendono a<br />
creare lealtà e solidarietà che possono entrare<br />
in rotta di collisione con il principio della libertà.<br />
Sergio Romano<br />
LE RAGIONI DELL’ORDINE<br />
DEI GIORNALISTI<br />
Franco Abruzzo ringrazia l’ambasciatore<br />
Sergio Romano, che, con straordinaria<br />
sensibilità, ha chiesto al presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia di far conoscere ai lettori<br />
del Corriere della Sera il suo punto di<br />
vista sull’argomento trattato dallo<br />
stesso Sergio Romano nell’edizione<br />
del 30 dicembre 2006 (“Ordini professionali:<br />
l’anomalia <strong>dei</strong> giornalisti”).<br />
Sergio Romano, rispondendo il 30 dicembre<br />
2006 a un lettore nella rubrica del<br />
Corriere della Sera dedicata alle lettere,<br />
non ha perso l’occasione per sferrare un<br />
duro attacco agli ordini professionali e in<br />
particolare all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
Nessuno pensa di censurare le opinioni<br />
dell’ex ambasciatore, ma sulle sue omissioni<br />
è lecito esprimere riserve e critiche:<br />
1) Il lettore di Firenze scrive: “Una delle<br />
maggiori anomalie è rappresentata a mio<br />
avviso dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti…<br />
Attualmente l’<strong>Ordine</strong> è minuziosamente<br />
regolato dalla legge 3 febbraio 1963 che<br />
si compone di ben 75 articoli e che impone<br />
vincoli ferrei al libero esercizio della<br />
professione. Varrà la pena di ricordare<br />
che l’<strong>Ordine</strong> è un frutto del fascismo. Fu<br />
istituito il 26 febbraio 1928, decreto n.<br />
384, in funzione <strong>dei</strong> fini repressivi che il<br />
regime si proponeva….”. Lo storico<br />
Romano ha glissato sugli errori ... storici<br />
di Vivarelli. Con il regio decreto 384/1928,<br />
il Governo Mussolini ha creato l’Albo (non<br />
l’<strong>Ordine</strong>) <strong>dei</strong> giornalisti, Albo gestito da un<br />
comitato di 5 giornalisti operante all’interno<br />
<strong>dei</strong> sindacati regionali fascisti <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
L’articolo 7 della legge 2307/1925<br />
- che prefigurava la nascita di un <strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti - non è stato mai attuato dal<br />
regime, perché, con la nascita delle corporazioni<br />
(1926), la rappresentanza delle<br />
professioni è stata affidata ai sindacati fascisti.<br />
Romano avrebbe potuto precisare<br />
che l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti è nato nel 1963<br />
su iniziativa di due eminenti personalità<br />
della democrazia repubblicana, Aldo<br />
Moro e Guido Gonella.<br />
L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti “impone vincoli ferrei<br />
al libero esercizio della professione”<br />
Romano, come giornalista pubblicista, conosce,<br />
si presuppone, la legge professionale<br />
69/1963 e in particolare gli articoli 2<br />
e 48 dedicati alla deontologia. Questi i<br />
principi che si ricavano da quei due articoli:<br />
1) la libertà di informazione e di critica<br />
come diritto insopprimibile <strong>dei</strong> giornalisti;<br />
2) la tutela della persona umana e il<br />
rispetto della verità sostanziale <strong>dei</strong> fatti<br />
principi da intendere come limiti alle libertà<br />
di informazione e di critica; 3) l’esercizio<br />
delle libertà di informazione e di<br />
critica ancorato ai doveri imposti dalla<br />
buona fede e dalla lealtà; 4) il dovere di<br />
rettificare le notizie inesatte; 5) il dovere<br />
di riparare gli eventuali errori; 6) il rispetto<br />
del segreto professionale sulla fonte<br />
delle notizie, quando ciò sia richiesto dal<br />
carattere fiduciario di esse; 7) il dovere di<br />
promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori;<br />
8) il mantenimento del decoro e della<br />
dignità professionali; 9) il rispetto della<br />
propria reputazione; 10) il rispetto della<br />
dignità dell’<strong>Ordine</strong> professionale; 11) il<br />
dovere di promozione dello spirito di collaborazione<br />
tra i colleghi; 12) il dovere di<br />
promozione della cooperazione tra giornalisti<br />
ed editori. Le "regole" fissate dal legislatore<br />
sono il perno dell’autonomia <strong>dei</strong><br />
giornalisti: l’editore non può impartire al<br />
direttore disposizioni in contrasto con la<br />
deontologia professionale. Senza legge<br />
professionale, direttori e redattori sarebbero<br />
degli impiegati di redazione tenuti<br />
soltanto all’obbligo di fedeltà verso l’azienda<br />
(articolo 2105 del Codice civile).<br />
2) Romano scrive: “Gli Ordini obbediscono<br />
inevitabilmente alla logica dell’autoconservazione<br />
e del potere… Per ottenere<br />
il consenso e l’appoggio <strong>dei</strong> soci la nomenklatura<br />
deve fornire servizi previdenziali,<br />
assistenziali, sanitari… L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti ha creduto di poter raggiungere<br />
questo risultato con due misure molto<br />
discutibili: la moltiplicazione <strong>dei</strong> corsi universitari<br />
che fungono da praticantato e<br />
l’estensione della qualifica di giornalisti<br />
agli addetti stampa”. Anche qui, Romano<br />
incorre in molteplici errori: l’<strong>Ordine</strong> non si<br />
occupa di servizi previdenziali, compito<br />
questo del sindacato (Fnsi). L’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti, figlio della Costituzione, con<br />
20 master universitari ha aperto le porte<br />
a tutti, togliendo agli editori il potere<br />
esclusivo di fare i giornalisti, un potere<br />
che dura appunto dal 1928. Tutti hanno il<br />
diritto di andare sul mercato e di giocare<br />
la loro partita personale.<br />
3) L’ambasciatore Romano ama citare gli<br />
Stati Uniti e Jefferson, ma probabilmente<br />
dimentica di vivere in Italia, dove gli editori<br />
hanno interessi in altri campi (banche,<br />
auto, cemento, assicurazioni, costruzioni<br />
etc). Perché Romano non si batte<br />
per introdurre una norma antitrust del tipo<br />
“chi ha interessi privati in altri settori<br />
non può possedere giornali”<br />
Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
7
PROFESSIONE<br />
Avventurosi editori condannati<br />
a pagare dall’azione<br />
del servizio legale dell’<strong>Ordine</strong><br />
Gli negano il compenso<br />
per la testata on line.<br />
E poi pretendono anche…<br />
la rifusione del danno<br />
Tra le più significative, la sentenza n.<br />
13919/05 del 28.12.2005, resa dal Tribunale<br />
di Milano, Sez. V, dott. Malaspina, a favore<br />
del giornalista G.G., che si era indirizzato al<br />
servizio legale dell’<strong>Ordine</strong>, per rivendicare<br />
un credito professionale maturato nei confronti<br />
di un editore operante nel settore dell’informazione<br />
medico-scientifica. Al giornalista<br />
era stato affidato l’incarico di direttore responsabile<br />
della testata on line www.naturalismedicina.it<br />
pubblicata dallo stesso editore,<br />
con il compito aggiuntivo di provvedere al<br />
restyling dell’impostazione grafica e alla<br />
completa redazione <strong>dei</strong> testi. Il pubblicista<br />
aveva agito in giudizio rivendicando il pagamento<br />
- mai ottenuto - di alcune note relative<br />
a prestazioni pregresse e di altre somme<br />
a lui spettanti quali rimborsi per spese anticipate.<br />
Lo stesso giornalista aveva chiesto<br />
altresì la condanna dell’editore al risarcimento<br />
danni per un uso indebito del suo nome<br />
nella gerenza della testata (dopo l’intervenuta<br />
conclusione del rapporto professionale)<br />
per oltre 9 mesi, sino all’effettiva cancellazione<br />
del nome dello stesso dal colophon<br />
della pubblicazione. L’editore, che in<br />
data 27 marzo 2002, aveva sollevato G.G.<br />
dall’incarico direttivo già conferitogli, aveva<br />
infatti continuato (fino alla notifica dell’atto<br />
introduttivo del giudizio avvenuta in data 15<br />
gennaio 2003) ad utilizzare il nome del giornalista<br />
in veste di direttore responsabile con<br />
tutte le conseguenze di legge che ne discendono,<br />
proseguendo nella pubblicazione<br />
on line della testata. Prima di agire in giudizio,<br />
G.G. aveva sottoposto al competente<br />
parere dell’<strong>Ordine</strong> le note delle proprie competenze,<br />
ritenute congrue e allineate al tariffario<br />
giornalistico.<br />
Il convenuto, ovvero l’editore, costituendosi<br />
in giudizio, aveva contestato integralmente<br />
Sempre più numerosi<br />
e gravi i tentativi<br />
di sfruttamento<br />
del lavoro <strong>dei</strong> free-lance<br />
in fatto e in diritto la domanda proposta dal<br />
giornalista, chiedendone il rigetto e sollevando,<br />
a tal fine, una serie di eccezioni, tra<br />
cui quella relativa a una pretesa impossibilità<br />
di dimostrare l’esatta configurazione on<br />
line di quanto apparso all’interno della rivista<br />
telematica e degli effettivi tempi di pubblicazione;<br />
non solo, svolgeva altresì domanda riconvenzionale,<br />
chiedendo lui stesso, in sostanza,<br />
la condanna di chi aveva promosso<br />
il giudizio, per asseriti danni subiti a causa<br />
di una presunta lesione prodotta alla propria<br />
immagine di editore e per una pretesa assenza<br />
di professionalità da parte del giornalista<br />
stesso.<br />
La particolarità della causa, relativa alla<br />
realtà delle ormai numerose testate telematiche,<br />
è stata superata grazie a un’abbondante<br />
produzione documentale <strong>dei</strong> contenuti<br />
del sito Internet, oltreché dall’escussione<br />
<strong>dei</strong> testimoni, che hanno confermato il reiterato<br />
successivo utilizzo del nome del giornalista<br />
in qualità di direttore responsabile<br />
anche in data successiva alla conclusione<br />
del rapporto professionale.<br />
Il Tribunale di Milano, all’esito di una ampia<br />
istruttoria, si pronunciava - riconoscendo<br />
pienamente il credito del giornalista e respingendo<br />
le domande riconvenzionali dell’editore<br />
convenuto - precisando che “emerge<br />
evidente l’esatta esecuzione da parte<br />
dell’attore dell’incarico ricevuto e della legittimità<br />
delle notule azionate in giudizio, mai<br />
saldate”.<br />
Peraltro, aggiunge la sentenza, “gli importi<br />
fatturati sono stati sottoposti all’esame del<br />
competente <strong>Ordine</strong> professionale al quale<br />
G.G. risulta iscritto, e devono ritenersi congrui<br />
e conformi alle tariffe vigenti”. Il<br />
Tribunale ha altresì condannato l’editore della<br />
testata telematica al pagamento richiesto<br />
dal giornalista per l’utilizzo del suo nome<br />
come direttore responsabile indebitamente<br />
effettuato (con implicito coinvolgimento di responsabilità)<br />
dopo la conclusione di ogni<br />
rapporto professionale, posto che “G.G. ha<br />
provato documentalmente che fino al<br />
15.01.2003 il nome dell’attore ha continuato<br />
a figurare nella gerenza della rivista, così<br />
come prodotta in atti, nonostante l’espresso<br />
divieto e la formale diffida inviata da G.G. all’editore,<br />
affinché rimuovesse tempestivamente<br />
il suo nome. Non pare revocabile in<br />
dubbio che il convenuto ha continuato, di fatto,<br />
a utilizzare il nome professionale dell’attore.<br />
Conseguentemente, va affermato il diritto<br />
dell’attore al pagamento di tutti i successivi<br />
trimestri di utilizzo della direzione responsabile<br />
del giornalista G.G., alla cifra già<br />
inizialmente concordata tra le parti”. La sentenza<br />
rigetta poi, completamente, la pretesa<br />
risarcitoria svolta in via riconvenzionale,<br />
svolta dal convenuto “essendo la stessa assolutamente<br />
generica e non essendo neppure<br />
chiaramente individuati, e soprattutto<br />
all’esito del giudizio, non provati i danni siccome<br />
richiesti, per violazione di obblighi professionali,<br />
rimasti privi di qualsivoglia supporto<br />
probatorio”.<br />
Bella la veste grafica<br />
della nuova rivista,<br />
ma a chi l’ha ideata non<br />
va il becco di un quattrino<br />
Di altro genere - seppure sempre annoverata<br />
tra le sentenze rese in forza di un giudizio<br />
radicato grazie al patrocinio fornito ai propri<br />
iscritti dall’<strong>Ordine</strong> della Lombardia e con<br />
l’assistenza dell’avvocato Luisella Nicosia -<br />
è la pronuncia, n. 9133/05, di condanna del<br />
Tribunale di Milano, sezione V civile, dottor<br />
Roberto Pertile, a carico della convenuta<br />
Società A… srl, chiamata in causa dal giornalista<br />
F.T. che rivendicava il mancato pagamento<br />
di quanto dovutogli per la ideazione<br />
ed esecuzione di un progetto grafico relativo<br />
a una nuova testata, Luxury, data alle<br />
stampe con una ricca versione patinata. Il<br />
giornalista esponeva in proposito che le parti<br />
si erano incontrate nel novembre del 2000<br />
ed avevano raggiunto accordi che prevedevano,<br />
per quella prestazione, il compenso di<br />
5 milioni di lire.<br />
L’editore avrebbe poi dovuto corrispondere,<br />
di Annamaria Delle Torri<br />
Anche il 2006 - come è accaduto negli anni precedenti a partire<br />
dal 1999 - si è chiuso con un bilancio positivo per il servizio<br />
di assistenza legale a favore <strong>dei</strong> giornalisti free-lance, attivato<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia. Centinaia di<br />
colleghi che operano come collaboratori esterni di numerose<br />
testate giornalistiche (dai quotidiani nazionali a quelli locali, dai<br />
periodici alle radio e alle televisioni, dagli uffici stampa alle<br />
pubblicazioni editate nella Rete) si sono rivolti allo “sportello”<br />
dell’<strong>Ordine</strong> per ottenere il riconoscimento e la tutela <strong>dei</strong> propri<br />
diritti, troppo spesso violati da editori grandi e piccoli che si sono<br />
avvalsi - senza rispettare la normativa di legge e talvolta<br />
pretendendo, addirittura, di non retribuire le prestazioni richieste<br />
- del loro prezioso contributo di lavoro. Gli interventi dell’avvocato<br />
Luisella Nicosia, che gestisce il servizio legale, sono<br />
stati come sempre puntuali ed efficaci. E va detto che il<br />
contenzioso, anche per l’anno appena trascorso, ha registrato<br />
una crescita costante, facendo tuttavia riscontrare soddisfacenti<br />
risultati per chi si è trovato nella necessità di rivolgersi al<br />
giudice. Sono state molte le pronunce favorevoli che si sommano<br />
a quelle già descritte in precedenti articoli su Tabloid.<br />
nella fase di realizzazione della rivista, una<br />
ulteriore somma di 45 mila lire per l’impaginazione<br />
di ogni singola pagina. E la congruità<br />
della richiesta e della relativa parcella,<br />
veniva documentata, in giudizio, da un esplicito<br />
parere reso dall’<strong>Ordine</strong> professionale <strong>dei</strong><br />
giornalisti.<br />
L’editore si costituiva in giudizio affermando<br />
che gli accordi intercorsi prevedevano un<br />
compenso di 3 milioni e cinquecentomila lire<br />
e non di 5 milioni come invece affermato dal<br />
giornalista.<br />
Ed ammetteva l’accordo per la retribuzione<br />
di ogni singolo impaginato nella misura indicata<br />
da F.T. Ma aggiungeva che in fase di<br />
realizzazione del primo numero della pubblicazione<br />
aveva rilevato “alcune carenze” che<br />
l’avevano costretto a correggere “il tutto” con<br />
costi non preventivati e non preventivabili<br />
“che si sono conosciuti nel loro ammontare<br />
solo a giugno 2001”.<br />
E, ancora, l’editore lamentava che il giornalista<br />
aveva improvvisamente posto in atto il<br />
suo recesso unilaterale dal contratto, nel<br />
marzo 2001, mentre era in fase di preparazione<br />
il secondo numero della rivista costringendolo<br />
anche in questo caso a dover<br />
correre ai ripari con conseguente esborso di<br />
altro denaro. Perciò chiedeva, in via riconvenzionale,<br />
la condanna del giornalista al<br />
pagamento di 4.957,37 euro (somma spesa<br />
per ovviare alle “carenze” già descritte) più 3<br />
mila euro per l’inopinata risoluzione del contratto.<br />
E chiedeva che tali importi fossero compensati<br />
con quelli rivendicati dall’attore. Il giudice,<br />
considerata la genericità delle istanze<br />
esposte dall’editore e la mancanza di documentazione<br />
probante delle stesse, a fronte<br />
di una accertata consistenza delle richieste<br />
del giornalista, confermate del resto dalle<br />
ammissioni implicite rese dalla società convenuta,<br />
oltre che dalla pubblicazione sulla rivista<br />
del suo nome come realizzatore del<br />
progetto grafico, ha respinto la domanda riconvenzionale<br />
e ha riconosciuto al giornalista<br />
il compenso di 7.200.000 lire (euro<br />
3718,49), condannando la convenuta al relativo<br />
pagamento, oltre alla corresponsione<br />
Precisazione<br />
del presidente del Cnog<br />
sollecitata<br />
dall’<strong>Ordine</strong> della<br />
Lombardia<br />
Uffici stampa privati:<br />
possono chiedere l’is<br />
Milano, 29 gennaio <strong>2007</strong>. Gli operatori degli<br />
Uffici stampa privati possono chiedere, dopo<br />
due anni di attività, l’iscrizione all’elenco<br />
pubblicisti dell’Albo.<br />
Lo scrive Lorenzo Del Boca, presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> nazionale in una lettera/precisazione<br />
(datata 24 gennaio <strong>2007</strong>) indirizzata<br />
all’<strong>Ordine</strong> della Lombardia, al ministero della<br />
Giustizia e alla Procura generale della<br />
Repubblica di Milano. Scrive Del Boca: “In tal<br />
senso, si conferma che attualmente possono<br />
essere addetti agli uffici stampa degli enti<br />
pubblici solo coloro che sono già iscritti<br />
all’<strong>Ordine</strong> mentre per quanto concerne gli uffici<br />
stampa privati ai fini dell’iscrizione all’elenco<br />
pubblicisti valgono per loro le disposizioni<br />
generali della legge n. 69/1963, attività giornalistica<br />
continuativa e regolarmente documentata<br />
e retribuita per un biennio, a nulla rilevando<br />
a tal fine la frequenza a corsi di formazione<br />
ed aggiornamento sia pur specificatamente<br />
rivolti agli uffici stampa.<br />
Nel concreto, gli Ordini sono chiamati a valutare<br />
se l’attività documentata a supporto della<br />
richiesta di iscrizione sia di natura giornalistica<br />
o meramente commerciale”.<br />
L’aspirante pubblicista:<br />
a. è normalmente una persona che esercita<br />
altre professioni o impieghi. È una persona,<br />
cioè, che non può svolgere in esclusiva la<br />
professione di giornalista, caratteristica quest’ultima<br />
del giornalista professionista;<br />
b. condizione per l’iscrizione è l’aver svolto<br />
per due anni un’attività giornalistica non<br />
occasionale e retribuita regolarmente;<br />
c. l’attività giornalistica consiste in scritti, articoli,<br />
corrispondenze su giornali e periodici<br />
(la legge non parla di tirature, aree<br />
diffusionali, corpo redazionale, etc.);<br />
d. i certificati rilasciati dai direttori (delle pubblicazioni)<br />
devono comprovare l’attività<br />
pubblicistica regolarmente retribuita da<br />
almeno due anni;<br />
e. la domanda deve essere corredata dai<br />
giornali e periodici con gli scritti, gli articoli e<br />
le corrispondenze (anche non firmati). Il<br />
Regolamento aggiunge che la documentazione<br />
deve contenere elementi circa l’effettivo<br />
svolgimento dell’attività giornalistica<br />
nell’ultimo biennio.<br />
f. per quanto riguarda gli addetti agli<br />
Uffici stampa privati gli “scritti” possono<br />
essere benissimo anche i comunicati<br />
diretti ai mass media. Secondo lo<br />
Zingarelli, per “scritto” si intende “qualunque<br />
notazione, espressione, comunicazione<br />
e sim. realizzara tramite la<br />
scrittura”.<br />
g. non devono esibire alcuna documentazione<br />
contabile gli aspiranti pubblicisti<br />
soci di una società editrice legata al<br />
volontariato (articolo 2 della legge<br />
266/1991). L’<strong>Ordine</strong> di Milano ha sempre<br />
tenuto un comportamento aperto verso<br />
i religiosi, che hanno fatto voto di povertà<br />
e che quindi non percepiscono<br />
compensi per l’attività giornalistica.<br />
Il Dpr 442 (emanato il 4 dicembre 2001) è il<br />
regolamento della legge 150/2000 sugli Uffici<br />
stampa pubblici, che ha dato il titolo di pubblicista<br />
a coloro che lavoravano negli Uffici<br />
stampa pubblici a quella data dopo un percorso<br />
formativo di 60-120 ore. Il Consiglio nazionale<br />
ha esteso (con delibere 4/5 dicembre<br />
2002 e 9 giugno 2003) la sanatoria anche<br />
agli operatori degli Uffici stampa privati, pur<br />
senza il richiamo di una legge ad hoc, ma sulla<br />
base del principio costituzionale dell’uguaglianza.<br />
In particolare la sanatoria, con quelle due delibere,<br />
è stata allargata, senza alcun presupposto<br />
normativo specifico, agli operatori<br />
degli Uffici stampa privati sulla base di<br />
questo assioma: “Considerato che le opportunità<br />
offerte agli addetti agli uffici<br />
stampa pubblici è giusto siano garantite<br />
anche agli addetti agli uffici stampa<br />
privati, coloro che svolgono tale funzione<br />
da data antecedente all’entrata in vigore<br />
della legge 150/2000, sia come dipendenti<br />
sia sotto forma di collaborazione<br />
libero-professionale, possono<br />
chiedere l’iscrizione nell’elenco <strong>dei</strong><br />
pubblicisti allegando la seguente documentazione…”.<br />
A costoro è stata richiesta<br />
la stessa documentazione imposta agli operatori<br />
degli uffici stampa degli enti pubblici.<br />
Successivamente è stato precisato che la sanatoria<br />
riguarda coloro che erano in servizio<br />
alla data del 4 dicembre 2001 giorno della<br />
pubblicazione in Gazzetta del Dpr 422 (regolamento<br />
della legge 150/2000).<br />
8 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
TEMPI LUNGHI PER L’APERTURA DEL TAVOLO SECONDO BIANCHERI.<br />
degli interessi legali dalla data della domanda<br />
al saldo, oltre alla propria parte delle<br />
spese di lite.<br />
… e lo stesso trattamento<br />
per chi collabora<br />
È sempre lo stesso editore a dovere dare<br />
conto, davanti al Giudice (che lo ha condannato),<br />
di altre gravi inadempienze retributive<br />
nei confronti di altre due giornalisti, che lo<br />
hanno trascinato in giudizio - entrambe con<br />
l’assistenza dell’avvocato Luisella Nicosia -<br />
in successive e distinte cause. La prima è<br />
stata promossa dalla collega V.B. che rivendicava<br />
il mancato pagamento di compensi<br />
per un totale di 2000 euro, dovuti per la collaborazione<br />
alla rivista Luxury.<br />
Al decreto ingiuntivo che gli imponeva di corrispondere<br />
la cifra richiesta, l’editore proponeva<br />
opposizione.<br />
Pur riconoscendo l’incarico professionale<br />
conferito alla ricorrente, nonché l’effettiva<br />
esecuzione da parte della stessa delle prestazione<br />
giornalistiche assicurate, eccepiva<br />
un preteso intervenuto accordo su un quantum<br />
inferiore da corrispondere come compenso,<br />
ammettendo di essere debitore di soli<br />
1000 euro, somma mai corrisposta alla<br />
giornalista a distanza di due anni dalla pubblicazione<br />
<strong>dei</strong> suoi articoli.<br />
E si dichiarava disponibile ad onorare in<br />
quella misura il proprio debito. Ma anche<br />
questa volta veniva meno all’impegno rivelando<br />
la natura pretestuosa ed infondata dell’opposizione<br />
svolta con evidente intento dilatorio.<br />
La condanna (Giudice di Pace di<br />
Milano, sentenza n. 20639/06 pubblicata in<br />
data 4 luglio 2006) è stata inevitabile: pagamento<br />
della somma richiesta in prima istanza<br />
più, ovviamente, il carico delle spese legali.<br />
La seconda chiamata in giudizio è stata promossa<br />
dall’iniziativa di un’altra collega, L.F.,<br />
che rivendicava a sua volta il mancato pagamento<br />
di prestazioni giornalistiche effettuate<br />
per la stessa rivista Luxury. Con la<br />
stessa tattica dilatoria, già descritta per il caso<br />
precedente, l’editore riconosceva un debito<br />
inferiore, dichiarandosi disposto a regolare<br />
la pendenza, senza poi provvedervi. Il<br />
giudice di Pace di Milano (sentenza<br />
21464/06 pubblicata in data 10 luglio 2006)<br />
ha condannato la società debitrice al pagamento<br />
di quanto rivendicato dalla giornalista,<br />
con l’aggravio delle spese processuali.<br />
Bisogna notare, per concludere, che l’editore<br />
neppure in presenza delle sentenze <strong>dei</strong><br />
magistrati ha provveduto a liquidare le somme<br />
dovute, rendendo indispensabile, da parte<br />
<strong>dei</strong> creditori, ulteriori iniziative giudiziarie,<br />
con la notifica di atto di precetto e successivi<br />
atti esecutivi.<br />
Contratto: la Fnsi annuncia<br />
“Nuove iniziative di lotta”<br />
Editori orientati alla contrattazione aziendale e personale. Audizioni di Fnsi e Fieg davanti alla Commissione Lavoro della Camera.<br />
Paolo Serventi Longhi ha spiegato che ''la Fieg avrebbe detto che se non si rinnova il contratto nazionale si elimina il primo livello di<br />
contrattazione e si passa alla contrattazione aziendale, non escludendo quella individuale''. Per il segretario Fnsi, ''la seconda cosa<br />
molto grave sarebbe quella di individuare tra le soluzioni ai problemi <strong>dei</strong> giornalisti quella dell'abolizione dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti''.<br />
Roma, 15 febbraio <strong>2007</strong>. Il Consiglio nazionale<br />
della Federazione nazionale della stampa<br />
e le Commissioni contratto hanno approvato<br />
all'unanimita' un ordine del giorno con<br />
cui ''impegnano la Giunta esecutiva a proseguire<br />
con forza tutte le iniziative utili per l'avvio<br />
del negoziato contrattuale con la Fieg''. Lo<br />
spiega una nota della Fnsi. Nell'ordine del<br />
giorno Consiglio nazionale e Commissioni<br />
contratto ''impegnano la Giunta esecutiva ad<br />
avviare una forte iniziativa nei confronti delle<br />
istituzioni e della opinione pubblica sulla centralita'<br />
imprescindibile della contrattazione collettiva<br />
e dell'autonomia e della qualita' dell'informazione<br />
e del giornalismo''. Inoltre si impegna<br />
''la Giunta Esecutiva e la Segreteria a<br />
proseguire il confronto su tutti i tavoli proposti<br />
dal Ministero del Lavoro e dalla Presidenza<br />
del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri, attenendosi ai mandati<br />
congressuali e alle decisioni sulle singole<br />
materie prese dal CN e dalle Commissioni<br />
contrattuali, anche per quanto riguarda la previdenza<br />
di categoria nel rispetto della posizione<br />
espressa dal Consiglio generale<br />
dell'Inpgi''.<br />
Consiglio e Commissioni propongono ancora<br />
''a tutte le strutture sindacali di proseguire la<br />
riflessione avviata oggi sulle trasformazioni in<br />
atto nel settore dell'informazione, con particolare<br />
attenzione ai temi della convergenza multimediale<br />
e della transizione del sistema televisivo<br />
verso la piattaforma digitale.<br />
Temi che costituiscono il vero snodo che nei<br />
prossimi anni la categoria e la professione<br />
dovranno affrontare, anche se gli editori sembrano<br />
incapaci di coglierne la assoluta rilevanza''.<br />
Consiglio e Commissioni, infine, ''concordano<br />
sulla proposta di riunire, in tempi brevi, la conferenza<br />
nazionale <strong>dei</strong> comitati e fiduciari di redazione<br />
congiuntamente alle commissioni<br />
contrattuali per fare il punto sullo scontro contrattuale<br />
e per discutere e decidere nuove e<br />
incisive iniziative di mobilitazione e di lotta<br />
della categoria''.<br />
(ANSA)<br />
Ribadita dalla Fnsi al Parlamento la disponibilità<br />
a trattare a tutto campo con gli editori: "Dalla<br />
Fieg solo attacchi sia sul contratto sia sull'<strong>Ordine</strong>"<br />
Roma, 15 febbraio <strong>2007</strong>. Davanti alla commissione Lavoro della<br />
Camera la Fnsi ha ribadito oggi la disponibilità a riaprire la trattativa<br />
''senza pregiudiziali'', e domani al consiglio nazionale porra' la questione<br />
di un ''patto generazionale'' che metta fine ai ''due giornalismi'',<br />
quello <strong>dei</strong> contrattualizzati e quelli <strong>dei</strong> precari, che esiste oggi in Italia<br />
Mentre, secondo quanto riporta la stessa Fnsi, davanti alla<br />
Commissione sarebbe venuta dalla Fieg una ''posizione gravissima''<br />
sul contratto nazionale e la richiesta ''dell'abolizione dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti''.<br />
Lo dice Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale della Fnsi al termine<br />
dell'audizione che ha visto prima i rappresentanti degli editori,<br />
poi quelli del sindacato <strong>dei</strong> giornalisti, ascoltati dalla stessa commissione<br />
in merito al rinnovo del contratto nazionale, che vede le due parti<br />
ancora contrapposte. Al termine dell'audizione Fieg, il presidente<br />
Boris Biancheri, si è limitato a dire che nulla era cambiato e che i tempi<br />
per l'apertura di un tavolo sembravano ancora lunghi.<br />
Paolo Serventi Longhi, invece, da parte sua, riportando quanto ascoltato<br />
nelle domande <strong>dei</strong> parlamentari, ha spiegato che ''la Fieg avrebbe<br />
detto che se non si rinnova il contratto nazionale si elimina il primo<br />
livello di contrattazione e si passa alla contrattazione aziendale, non<br />
escludendo quella individuale''. Per il segretario Fnsi, ''la seconda cosa<br />
molto grave sarebbe quella di individuare tra le soluzioni ai problemi<br />
<strong>dei</strong> giornalisti quella dell'abolizione dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti''.<br />
''Ci sembrano entrambe - ha spiegato ancora Serventi - posizioni gravissime,<br />
lesive delle stesse leggi sulla contrattazione e di quella professionale.<br />
Ne verificheremo la fondatezza nei prossimi giorni. Noi intanto - ha aggiunto<br />
- abbiamo ribadito la disponibilita' ad aprire subito una trattativa<br />
senza pregiudiziali su punti come la flessibilita', la multimedialita' e<br />
sul nostro lavoro giornalistico. Ma abbiamo chiesto che la Fieg la faccia<br />
finita con le mistificazioni sulle dimensioni del fenomeno del precariato<br />
giornalistico. E' questo il problema centrale - ha detto ancora il<br />
segretario - perche' accanto ai circa 16 mila giornalisti con un contratto<br />
a tempo indeterminato, ci sono non poche centinaia ma decine<br />
di migliaia di professionisti, pubblicisti o non iscritti all'albo che vivono<br />
di giornalismo in condizioni insostenibili e che rappresentano il futuro<br />
della categoria''.<br />
Per tutto questo, il segretario spiega che ''domani intanto, al Consiglio<br />
nazionale, diremo che occorre un patto generazionale e leggi adeguate<br />
per superare questa esistenza di due giornalismi. Bisogna trovare<br />
forme di tutela previdenziale, sanitaria, contributiva per questi colleghi''.<br />
(ANSA)<br />
: gli “addetti”, dopo due anni di attività,<br />
crizione all’elenco pubblicisti dell’Albo<br />
Questo il testo della lettera di Lorenzo Del Boca indirizzata<br />
all’<strong>Ordine</strong> di Milano, alla Procura generale della Repubblica<br />
di Milano e all’Ufficio III (Libere professioni) della Direzione<br />
generale Giustizia civile del ministero della Giustizia.:<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Oggetto: Addetti uffici stampa - Corsi di formazione e aggiornamento - Delibera<br />
Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti del 9 giugno 2003.<br />
In riferimento alla nota prot. n. 340 del 16 gennaio u.s., relativa alla materia in oggetto, si<br />
precisa quanto segue.<br />
Con comunicazione prot. n. 71 del 10 gennaio scorso indirizzata ai Consigli regionali, il<br />
Comitato esecutivo ha rammentato che l’iscrizione in qualità di pubblicisti da parte <strong>dei</strong> dipendenti<br />
pubblici che alla data di entrata in vigore della legge n. 150/2000 fossero risultati<br />
in servizio presso gli uffici stampa di enti pubblici, previa anche frequenza a corsi di formazione<br />
promossi dall’<strong>Ordine</strong>, è da considerarsi non più possibile.<br />
La materia dell’iscrizione degli addetti agli uffici stampa degli enti pubblici era stata oggetto<br />
da ultimo della delibera del Consiglio nazionale del 9 giugno 2003, allegata alla citata<br />
nota di codesto <strong>Ordine</strong>, nella quale erano indicate riportate le motivazioni che avevano portato<br />
ad attribuire anche gli addetti degli uffici stampa privati le medesime opportunità <strong>dei</strong> dipendenti<br />
pubblici, ferma restando per loro la presentazione di documentazione comprovante<br />
l’attività di ufficio stampa regolarmente retribuita da almeno due anni (buste paga o<br />
fatture).<br />
In entrambe le situazioni, pubblica e privata, era stata peraltro sempre subordinata la possibilità<br />
di applicazione delle normative agevolanti l’iscrizione ai soli soggetti svolgenti la funzione<br />
di addetto stampa entro i termini indicati dalla legge n.150/2000.<br />
Da ciò deriva che, comunque, coloro che avessero iniziato la loro attività successivamente<br />
a tale termine non avrebbero potuto beneficiare di dette previsioni, né l’eventuale frequenza<br />
ai Corsi dell’<strong>Ordine</strong> ex l.n. 150/2000 avrebbe potuto avere efficacia di sanatoria, atteso<br />
peraltro che la stessa era concorrente con altri requisiti di attività e non aveva di per sé carattere<br />
abilitante.<br />
In tal senso, si conferma che attualmente possono essere addetti agli uffici<br />
stampa degli enti pubblici solo coloro che sono già iscritti all’<strong>Ordine</strong> mentre per<br />
quanto concerne gli uffici stampa privati ai fini dell’iscrizione all’elenco pubblicisti<br />
valgono per loro le disposizioni generali della l.n. 69/1963, attività giornalistica<br />
continuativa e regolarmente documentata e retribuita per un biennio, a nulla<br />
rilevando a tal fine la frequenza a corsi di formazione ed aggiornamento sia<br />
pur specificatamente rivolti agli uffici stampa. Nel concreto, gli Ordini sono chiamati<br />
a valutare se l’attività documentata a supporto della richiesta di iscrizione<br />
sia di natura giornalistica o meramente commerciale.<br />
Si resta a disposizione per ogni utile apprendimento e si inviano distinti saluti.<br />
Il presidente Lorenzo Del Boca<br />
9
P R E V I D E N Z A<br />
Pres. M. Alemanno, rel. B. Bove - Delibera n. 106/2006, del 20 dicembre<br />
2006 - Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla<br />
gestione finanziaria dell’Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />
(Inpgi) - esercizi 2004 e 2005.<br />
Tutti i numeri dell’Inpgi 1 e 2 verificati<br />
(I primi pensionati dell’Inpgi2 incassano<br />
La Gestione principale Inpgi<br />
(o Inpgi1)<br />
A decorrere dal 1° gennaio 1995 l’Inpgi, come<br />
è noto, ha dismesso la veste di ente di diritto<br />
pubblico per assumere quella di persona<br />
giuridica privata, nella specie della fondazione,<br />
in conformità alle previsioni normative del<br />
decreto legislativo 30 giugno 1994, n.509.<br />
Nella nuova configurazione giuridica l’Istituto<br />
gode di autonomia gestionale, organizzativa<br />
e contabile nell’ambito del quadro giuridico e<br />
del regime <strong>dei</strong> controlli previsti dal decreto<br />
medesimo in ragione della natura, che rimane<br />
pubblica, dell’attività istituzionale dell’ente,<br />
articolata, a partire dal 1° gennaio 1996, in<br />
due diverse forme di previdenza.<br />
Di queste l’una, la più risalente nel tempo, ha<br />
per finalità la tutela previdenziale e assistenziale<br />
obbligatoria, sostitutiva dell’Ago, nei riguardi<br />
<strong>dei</strong> giornalisti professionisti e <strong>dei</strong> praticanti<br />
giornalisti, successivamente estesa alla<br />
categoria <strong>dei</strong> pubblicisti, titolari di rapporto di<br />
lavoro subordinato ed iscritti nell’Albo e nel<br />
Registro tenuti dall’<strong>Ordine</strong>.<br />
In favore di tali categorie di assicurati, l’ordinamento<br />
dell’Istituto contempla inoltre altri tipi<br />
di prestazioni, di natura assistenziale e facoltativa.<br />
In particolare, è compito dell’Istituto erogare<br />
ai medesimi la seguente estesa gamma di<br />
prestazioni (obbligatorie e facoltative): trattamenti<br />
pensionistici (invalidità, vecchiaia e superstiti;<br />
prepensionamenti ex art. 37 della L.<br />
416/1981; pensioni non contributive (equivalenti<br />
alle pensioni sociali Inps); liquidazione in<br />
capitale (agli iscritti ultrasessantacinquenni<br />
privi <strong>dei</strong> requisiti utili al pensionamento); liquidazione<br />
Tfr (a valere sull’apposito Fondo di<br />
garanzia di cui alla L. 297/1982); trattamenti<br />
temporanei di carattere assistenziale (assegni<br />
per il nucleo familiare, trattamenti di disoccupazione,<br />
trattamenti per cassa integrazione,<br />
indennità di mobilità, indennità per<br />
infortuni), prestazioni di natura creditizia (prestiti,<br />
mutui edilizi ipotecari); prestazioni per finalità<br />
sociali (borse e assegni di studio, ricoveri<br />
in case di riposo) ed una serie di altre<br />
prestazioni consistenti in sussidi straordinari,<br />
contributi per cure termali, assegni una tantum<br />
ai superstiti, assegni temporanei di inabilità,<br />
assegni di superinvalidità.<br />
Sono 16.675 i giornalisti contribuenti<br />
a fronte di 5.567 pensioni erogate<br />
Prospetto 1<br />
Iscritti 2003 2004 2005<br />
Professionisti 12.551 13.066 13.668<br />
Pubblicisti 1.241 1.607 1.901<br />
Praticanti 1.045 1.106 1.106<br />
TOTALE 14.837 15.779 16.675<br />
Prospetto 2<br />
2003 2004 2005<br />
PENSIONI DIRETTE<br />
- Vecchiaia 2.696 2.716 2.712<br />
- Prepensionamenti ex L. 416/81 329 331 337<br />
- Anzianità 408 476 566<br />
- Invalidità 100 105 109<br />
Totale pensioni dirette 3.533 3.628 3.724<br />
PENSIONI AI SUPERSTITI<br />
- Indirette 463 474 476<br />
- Reversibilità 1.308 1.319 1.367<br />
Totale pensioni superstiti 1.771 1.793 1.843<br />
TOTALE GENERALE 5.304 5.421 5.567<br />
Variazione % rispetto 1,5 2,2 2,7<br />
esercizio precedente<br />
Il rapporto tra iscritti attivi e pensionati<br />
(1 pensionato, 3 contribuenti)<br />
CORTE DEI CONTI - SEZIONE CONTROLLO ENTI<br />
Disoccupazione e Cigs. Nei prospetti n. 8<br />
e n. 9 sono riassunti i dati relativi, rispettivamente.<br />
ai trattamenti di disoccupazione ed alla<br />
cassa integrazione guadagni straordinaria.<br />
Prospetto 8<br />
(in migliaia di euro)<br />
TRATTAMENTO DISOCCUPAZIONE 2003 2004 2005<br />
numero beneficiari 1.354 1.415 1.475<br />
onere complessivo 8.183 7.738 8.029<br />
Prospetto 9<br />
(in migliaia di euro)<br />
INPGI<br />
Cigs 2003 2004 2005<br />
numero beneficiari 92 105 98<br />
onere complessivo 589 359 501<br />
Prospetto 12<br />
(in migliaia di euro)<br />
Nel 2005 l’80% delle entrate destinato<br />
alle pensioni.<br />
Riassuntivamente l’ammontare in ciascun<br />
esercizio di tutte le prestazioni obbligatorie e<br />
delle entrate contributive aventi la stessa natura<br />
è indicato nel prospetto n. 12 in cui sono<br />
altresì esposti i dati relativi al saldo tra contributi<br />
e prestazioni e all’incidenza percentuale<br />
di quest’ultime sui primi.<br />
2003 2004 2005<br />
Contributi obbligatori (compresi IVS) 308.847 337.760 353.322<br />
Prestazioni obbligatorie (comprese IVS) 257.422 269.909 284.081<br />
Differenza contr./prestaz. 51.425 67.851 69.241<br />
Incidenza % prestaz./contrib. 83,3 79,9 80,4<br />
Nel 2005, ammonta a 2 milioni e 288mila euro il contributo al sindacato<br />
CONTO ECONOMICO<br />
2003 2004 2005<br />
RISULTATO DELLA GESTIONE PATRIMONIALE (B) 26.534 34.676 36.931<br />
COSTI DI STRUTTURA<br />
Spese per gli organi 1.308 1.151 1.199<br />
Costo del personale 9.529 9.877 11.037<br />
Spese acquisto beni e servizi 1.722 2.291 2.027<br />
Contributo Ass. stampa e altri costi 2.015 2.362 2.288<br />
Oneri finanziari 31 28 23<br />
Ammortamenti 712 712 754<br />
TOTALE COSTI DI STRUTTURA (C) 15.317 16.421 17.328<br />
Dai dati esposti nei prospetti n. 1 e n. 2 si Riguardo all’onere globale per le altre prestazioni<br />
obbligatorie è da evidenziare che<br />
ricava che nel biennio il rapporto tra iscritti<br />
attivi e pensionati (evidenziato nel prospetto<br />
n. 4) ha conosciuto un lento ma continuo te, misura (dal 76,5% del 2003 al 69,4%<br />
esso è imputabile, in larga, ma decrescen-<br />
La riserva di garanzia<br />
miglioramento.<br />
del 2005), alla spesa complessivamente (5 annualità circa ai valori 2005)<br />
sostenuta per gli ammortizzatori sociali costituiti<br />
dal trattamento di disoccupazione e<br />
Prospetto 4<br />
dalla Cigs, entrambi tornati a crescere nel<br />
2005 dopo la flessione registrata nell’esercizio<br />
La riserva di garanzia Ivs, che costituisce nualità di pensione al 31 dicembre 1994 e<br />
precedente.<br />
la riserva tecnica, è risultata superiore, in la riserva Ivs, dopo la destinazione dell’a-<br />
Anno Iscritti Pensioni Rapporto<br />
2003 14.837 5.304 2,80<br />
Di questi solo il trattamento di disoccupazione<br />
è finanziato da entrate contributive (il legale minima (mgl euro 746.191, ammon-<br />
(a fronte <strong>dei</strong> 7,980 nell’esercizio preceden-<br />
entrambi gli esercizi esaminati, alla riserva vanzo di esercizio, risulta pari a 8,587 anni<br />
2004 15.779 5.421 2,91<br />
contributo, la cui aliquota è pari all’1,61%, tare questo corrispondente a cinque annualità<br />
te), mentre se il confronto viene operato<br />
2005 16.675 5.567 2,99<br />
è versato dalle aziende a titolo di assicurazione<br />
delle pensioni in essere al 31 di-<br />
con l’ammontare delle pensioni in essere al<br />
di disoccupazione), mentre le indennità<br />
cembre 1994, secondo quanto stabilito dal-<br />
31 dicembre 2005, il valore del rapporto tra<br />
Cigs sono a totale carico dell’Inpgi, cola<br />
legge 449/1997).<br />
la riserva Ivs (sempre dopo la destinazione<br />
sì come, per quanto riguarda i prepensionamenti<br />
Dai dati esposti nel prospetto seguente si dell’avanzo) e il detto ammontare è pari a<br />
ex L. 416/1981, gli oneri derivanti ricava che nel 2005 il rapporto tra una an- 4,715 anni (4,603 nel 2004).<br />
dall’accredito di contributi figurativi (c.d. scivolo).<br />
10 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
315 pensionati nel 2005<br />
Il numero delle pensioni Ivs in essere a fine<br />
2005 risulta pari a 315, a fronte delle 200 dell’esercizio<br />
precedente, con un onere complessivo,<br />
rispettivamente, di 175 e 115 mgl.<br />
(in media una pensione… di 46 euro al<br />
mese, ndr)<br />
Esonero di contribuzione per chi<br />
percepisce meno di 5mila euro annui<br />
In merito alla gestione previdenziale va infine<br />
detto che è condivisibile il motivato auspicio<br />
espresso dall’Istituto (cfr., a riguardo, il paragrafo<br />
n. 1.1) di una modifica legislativa che<br />
consenta l’esonero da contribuzione obbligatoria<br />
per i percettori di redditi derivanti da collaborazioni<br />
giornalistiche occasionali e di importo<br />
non superiore ai 5.000 euro annui.<br />
dalla Corte <strong>dei</strong> Conti<br />
46 euro al mese!)<br />
Il comma 763 rende l’Inpgi diverso dalle<br />
altre casse perché è sostitutivo dell’Inps:<br />
di fronte ai rischi della vertenza contrattuale<br />
è prudente studiare il ritorno dell’Istituto<br />
alla veste pubblica degli anni 1951/1994<br />
I riflessi della<br />
Finanziaria <strong>2007</strong><br />
La Gestione separata Inpgi<br />
(o Inpgi2)<br />
In merito all’altra forma di previdenza obbligatoria<br />
gestita dall’Inpgi va rammentato che<br />
essa trova origine nella normativa recata dal<br />
decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, in<br />
attuazione della quale sono stati inclusi tra gli<br />
assicurati, a decorrere dal 1° gennaio 1996, i<br />
giornalisti professionisti, i pubblicisti ed i praticanti<br />
che esercitano attività autonoma di libera<br />
professione ed è stata istituita la relativa<br />
gestione previdenziale separata (a seguito<br />
dell’istituzione di quest’ultima, contraddistinta<br />
anche mediante l’acronimo di Inpgi 2, l’altra<br />
gestione previdenziale, relativa agli assicurati<br />
lavoratori dipendenti, ha assunto la denominazione<br />
di Gestione principale o di Inpgi 1).<br />
La Gestione separata, che pure ha formato<br />
oggetto del precedente referto, garantisce ai<br />
propri iscritti, con il sistema contributivo a capitalizzazione,<br />
la pensione di invalidità, di vecchiaia<br />
e ai superstiti; provvede altresì all’erogazione<br />
del trattamento di maternità, spettante<br />
alle libere professioniste ai sensi della legge<br />
11 dicembre 1990, n. 379 e successive<br />
modificazioni.<br />
Prospetto 1<br />
Prospetto 2<br />
(in migliaia<br />
di euro)<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Le entrate contributive sono, a norma del<br />
Regolamento, costituite da contributi obbligatori<br />
e da una contribuzione facoltativa, rappresentati,<br />
i primi, dai seguenti:<br />
- contributo soggettivo, pari al 10% del reddito<br />
professionale netto di lavoro autonomo;<br />
- contributo integrativo, pari al 2% di tutti i corrispettivi<br />
che concorrono a formare il reddito<br />
imponibile dell’attività giornalistica autonoma,<br />
conseguito anche sotto forma di collaborazione<br />
coordinata e continuativa, contributo<br />
destinato alla copertura delle spese di gestione<br />
ed anche a colmare, come sopra detto,<br />
gli eventuali scarti negativi tra i tassi di rendimento<br />
del patrimonio ed i tassi di capitalizzazione;<br />
- contributo di maternità, la cui misura, originariamente<br />
fissata in lire 50.000 annue a carico<br />
di ciascun iscritto, è stata annualmente rivalutata<br />
raggiungendo nel 2005 l’importo di<br />
euro 29,59; e, la seconda, dal contributo soggettivo<br />
aggiuntivo che gli iscritti possono versare<br />
(con aliquota minima pari al 5% del reddito<br />
professionale).<br />
ISCRITTI 2003 2004 2005<br />
Professionisti 4.676 5.575 6.331<br />
Pubblicisti 11.464 12.931 14.224<br />
Praticanti 82 88 109<br />
Pubblicisti/Praticanti 463 471 507<br />
TOTALE 16.685 19.065 21.171<br />
PROVENTI 2003 2004 2005<br />
Contr. soggettivi 15.793 16.367 17.269<br />
Contr. integrativi 3.954 4.159 4.446<br />
Contr. maternità 445 508 571<br />
Totale contr. dell’anno 20.192 21.034 22.286<br />
Contr. anni precedenti 8.341 200 949<br />
Totale Contributi 28.533 21.234 23.235<br />
Sanzioni, int., recup. 920 1.428 820<br />
Totale proventi 29.453 22.662 24.055<br />
Secondo quanto riferito dall’Inpgi,<br />
una parte consistente degli iscritti<br />
(8.139 nel 2005) dichiara un<br />
reddito annuo non superiore a<br />
euro 5.000 e tra essi sono 5.039<br />
quelli che non superano i 1.500 euro<br />
di reddito.<br />
A determinare l’evoluzione della platea degli<br />
assicurati ha contribuito principalmente la categoria<br />
<strong>dei</strong> pubblicisti (con un’incidenza sul totale<br />
degli iscritti oscillante tra il 67 e il 68%),<br />
seguita da quella <strong>dei</strong> professionisti (con un’incidenza<br />
intorno al 29%), mentre sull’andamento<br />
crescente poco hanno influito, stante la<br />
loro limitata consistenza, le altre due categorie<br />
professionali costituite dai praticanti e dai<br />
pubblicisti/praticanti (pubblicisti iscritti anche<br />
nel Registro <strong>dei</strong> praticanti).<br />
Secondo quanto riferito dall’Inpgi, una parte<br />
consistente degli iscritti (8.139 nel 2005) dichiara<br />
un reddito annuo non superiore a euro<br />
euro 5.000 e tra essi sono n. 5.039 quelli che<br />
non superano i 1.500 euro di reddito.<br />
L’assoggettamento a contribuzione obbligatoria,<br />
seppur nella misura minima, di questi esigui<br />
redditi, provoca spesso, sempre secondo<br />
l’Istituto, insofferenza da parte degli obbligati,<br />
comportando poi, all’atto del pensionamento,<br />
l’erogazione di trattamenti di modestissima entità<br />
(che possono ridursi, in particolare per le<br />
pensioni di reversibilità, anche a poche decine<br />
di euro), e di qui l’auspicio, che non può che<br />
condividersi, di una modifica legislativa che<br />
consenta (a somiglianza di quanto in tal<br />
senso già previsto dall’art. 44 della L.<br />
326/2003 per la Gestione separata Inps di<br />
cui all’art. 26 comma 2 della L. 335/1995)<br />
l’esonero da contribuzione <strong>dei</strong> percettori di<br />
redditi derivanti da collaborazioni giornalistiche<br />
occasionali e di importo non superiore<br />
a 5.000 euro.<br />
Riguardo ai proventi della gestione previdenziale<br />
va preliminarmente ricordato che<br />
le entrate contributive sono state contabilizzate<br />
dall’Istituto in conformità al criterio indicato<br />
dalla direttiva ministeriale del 6 dicembre<br />
1999, secondo il quale “i contributi<br />
di competenza dell’anno” sono esclusivamente<br />
quelli correlati ai redditi conseguiti<br />
dagli iscritti nell’anno di riferimento del bilancio.<br />
Questo criterio (del quale l’Istituto ha più<br />
volte segnalato ai ministeri vigilanti l’opportunità<br />
di una modifica) comporta che la<br />
quantificazione ed imputazione al conto<br />
economico di detti contributi non si fonda<br />
sui dati reddituali dichiarati dagli iscritti bensì<br />
su una stima prudenziale del gettito contributivo<br />
(non essendo l’Istituto in possesso,<br />
al momento della redazione del consuntivo,<br />
delle denunce degli iscritti relative all’anno<br />
cui si riferisce il consuntivo stesso), e di qui<br />
l’ulteriore conseguenza che l’eccedenza, rispetto<br />
alle entrate stimate, di quelle effettivamente<br />
accertate sulla base delle denunce<br />
viene iscritta in successivo bilancio, sotto<br />
la voce “contributi di anni precedenti”.<br />
nota di Franco Abruzzo<br />
presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Con la sentenza 214/1972 la Corte costituzionale<br />
ha scritto che è “insussistente l’analogia<br />
fra la cassa di previdenza <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e quelle degli avvocati, <strong>dei</strong> dottori commercialisti,<br />
<strong>dei</strong> ragionieri e <strong>dei</strong> geometri…<br />
Ancora meno sussiste poi una analogia tra<br />
la struttura e gli scopi della cassa <strong>dei</strong> giornalisti<br />
e le finalità di quella <strong>dei</strong> liberi professionisti<br />
di cui si è detto, perché la prima, e<br />
cioè l’Istituto nazionale di previdenza <strong>dei</strong><br />
giornalisti italiani “Giovanni Amendola” (legge<br />
20 dicembre 1951, n. 1564), cui possono<br />
iscriversi solo i giornalisti che hanno in atto<br />
un rapporto di lavoro, sostituisce a tutti gli effetti<br />
le corrispondenti forme di previdenza ed<br />
assistenza obbligatorie (art. 1) e cioè non solo<br />
quelle attinenti alla pensione di vecchiaia<br />
e invalidità, ma anche quelle che concernono<br />
la disoccupazione involontaria, la tubercolosi,<br />
le malattie e gli assegni famigliari (art.<br />
3), mentre le ricordate casse di liberi professionisti<br />
hanno compiti ben più limitati e circoscritti.<br />
In sostanza, la cassa <strong>dei</strong> giornalisti<br />
costituisce un settore autonomo del complesso<br />
sistema previdenziale predisposto a<br />
tutela <strong>dei</strong> lavoratori dipendenti e i cui compiti<br />
sono assolti principalmente dall’Inps e<br />
dall’Inam”. Questo principio è diventato norma<br />
ordinaria con il comma 763 della legge<br />
296/2006 (Finanziaria per il <strong>2007</strong>).<br />
Il comma 763, - che modifica il comma 12<br />
dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1995 n.<br />
335 (riforma Dini) -, cancella il primo e il secondo<br />
periodo dello stesso comma 12 e li<br />
sostituisce con i seguenti: “Nel rispetto <strong>dei</strong><br />
princìpi di autonomia affermati dal decreto<br />
legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto<br />
legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, e<br />
con esclusione delle forme di previdenza sostitutive<br />
dell’assicurazione generale obbligatoria,<br />
allo scopo di assicurare l’equilibrio di<br />
bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo<br />
2, comma 2, del suddetto decreto<br />
legislativo n. 509 del 1994, la stabilità delle<br />
gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti<br />
legislativi è da ricondursi ad un arco temporale<br />
non inferiore ai trenta anni”. Dalla riforma,<br />
quindi, sono escluse le forme di previdenza<br />
sostitutive dell’assicurazione generale<br />
obbligatoria: l’Inpgi è l’unica cassa sostitutiva<br />
dell’Inps (art. 76, punto 4, della legge<br />
388/2000). L’Inpgi, quindi, non ha l’obbligo di<br />
preparare previsioni attuariali proiettate fino al<br />
2037. L’Inpgi, invece, ha l’obbligo di avere una<br />
riserva tecnica pari a 5 annualità delle pensioni<br />
pagate nel 1994. Il comma 763 significa<br />
in sostanza che l’Inpgi ha natura pubblica<br />
e che è diverso dalle altre casse.<br />
RISERVA TECNICA. La relazione della<br />
Corte <strong>dei</strong> Conti sui bilanci 2004 e 2005<br />
(delibera 106/2006) mette in luce che “l’avanzo<br />
patrimoniale netto, composto dalla riserva<br />
di garanzia Ivs, dalla riserva generale<br />
e dall’avanzo di gestione, ha registrato un<br />
aumento pressoché costante, passando dai<br />
mln euro 1.122,8 del 2003 ai 1.210,7 del<br />
2004 ed ai 1.300,3 del 2005 (con un incremento<br />
finale del 15,8%). La riserva di garanzia<br />
IVS, che costituisce la riserva tecnica,<br />
è risultata superiore, in entrambi gli esercizi<br />
esaminati, alla riserva legale minima (mgl<br />
euro 746.191, ammontare questo corrispondente<br />
a cinque annualità delle pensioni in<br />
essere al 31 dicembre 1994, secondo quanto<br />
stabilito dalla legge 449/1997).<br />
Dai dati esposti si ricava che nel 2005 il rapporto<br />
tra una annualità di pensione al 31 dicembre<br />
1994 e la riserva Ivs, dopo la destinazione<br />
dell’avanzo di esercizio, risulta pari<br />
a 8,587 anni (a fronte <strong>dei</strong> 7,980 nell’esercizio<br />
precedente), mentre se il confronto viene<br />
operato con l’ammontare delle pensioni in<br />
essere al 31 dicembre 2005, il valore del<br />
rapporto tra la riserva Ivs (sempre dopo la<br />
destinazione dell’avanzo) e il detto ammontare<br />
è pari a 4,715 anni (4,603 nel 2004)”.<br />
ISCRITTI IN CRESCITA. “Va inoltre evidenziato<br />
che nel 2005 gli iscritti attivi sono stati<br />
16.675 (+5,7% rispetto al 2004); il rapporto<br />
tra iscritti e pensioni (passate complessivamente<br />
dalle 5.421 del 2004 alle 5.567 dell’esercizio<br />
successivo, con un incremento del<br />
2,7%) è risultato del 2,99 (2,91 nel 2004);<br />
l’indice di copertura della pensionistica IVS<br />
da parte del correlato gettito contributivo (entrate<br />
correnti + quelle riferite ad esercizi precedenti)<br />
è risultato, in entrambi gli esercizi,<br />
pari a 1,19; le uscite complessive della gestione<br />
previdenziale e assistenziale hanno<br />
inciso sul complesso delle entrate contributive<br />
(comprese sanzioni ed interessi) per il<br />
77,7% (76,8% nel 2004)” (Corte <strong>dei</strong> Conti -<br />
Delibera n. 106/2006, del 20 dicembre 2006).<br />
Scrive la Corte <strong>dei</strong> Conti nella delibera appena<br />
citata: “Alla lievitazione degli iscritti<br />
attivi ha contribuito, secondo le notizie<br />
fornite dall’Ente, l’ingresso nell’Inpgi <strong>dei</strong><br />
giornalisti operanti nella Pubblica Amministrazione<br />
(a riguardo vedasi il precedente<br />
referto) e la costante crescita <strong>dei</strong><br />
contratti Aer-Anti-Corallo (disciplinati dal<br />
contratto collettivo del lavoro giornalistico<br />
nelle aziende del settore dell’emittenza<br />
radiotelevisiva a diffusione locale).<br />
Quanto alla situazione occupazionale<br />
l’Istituto segnala che il trend ascendente<br />
<strong>dei</strong> rapporti di lavoro (i quali hanno mediamente<br />
raggiunto, nell’ultimo esercizio<br />
considerato, il numero complessivo di<br />
16.906), è dovuto principalmente alla crescita<br />
<strong>dei</strong> contratti a tempo indeterminato<br />
e, in minor misura, all’aumentato numero<br />
<strong>dei</strong> contratti a termine (riguardanti in gran<br />
parte il praticantato), ma con un tasso di<br />
incremento di quest’ultimi, nel 2005 rispetto<br />
all’esercizio precedente, molto superiore<br />
a quello registrato dai primi<br />
(11,87% a fronte del 5,07%). Dinanzi al fenomeno<br />
rappresentato dalla crescita <strong>dei</strong><br />
rapporti a tempo determinato (giunti nel<br />
2005 ad una media di n.1.649 ed incidenti<br />
per il 9,75% sul totale <strong>dei</strong> rapporti di lavoro),<br />
al quale si accompagnano spesso<br />
situazioni, tendenti a divenire stabili, di<br />
precarietà dell’occupazione, l’Inpgi ha deliberato,<br />
nel maggio 2004, di concedere<br />
uno sconto contributivo quasi totale a<br />
quelle aziende che avessero assunto un<br />
disoccupato per un anno e di impegnarsi<br />
a prolungare per altri dodici mesi lo<br />
sconto, qualora il contratto fosse stato<br />
trasformato a tempo indeterminato. Tale<br />
agevolazione contributiva non ha però<br />
prodotto, a differenza di analoga iniziativa<br />
assunta in passato, risultati di gran rilievo<br />
(84 contratti a termine stipulati e soltanto<br />
31 resi poi stabili)”.<br />
Prospetto 1 (vedi a pagina 10)<br />
LE PENSIONI. Scrive ancora la Corte <strong>dei</strong><br />
Conti sul fronte del numero <strong>dei</strong> pensionati: “A<br />
fronte dell’evidenziata consistenza annuale<br />
degli iscritti alla Gestione principale risulta, a<br />
fine di ciascun esercizio, gravante sulla<br />
Gestione medesima il seguente numero di<br />
trattamenti pensionistici obbligatori Ivs (invalidità,<br />
vecchiaia e superstiti), ripartiti secondo<br />
le varie tipologie, trattamenti i cui dati di flusso<br />
annuale, sono evidenziati nell’ulteriore<br />
prospetto.<br />
Prospetto 2 (vedi a pagina 10)<br />
“Dai dati esposti nei prospetti n. 1 e n. 2 si ricava<br />
che nel biennio il rapporto tra iscritti attivi<br />
e pensionati (evidenziato nel prospetto n.<br />
4) ha conosciuto un lento ma continuo miglioramento.<br />
Prospetto 4 (vedi a pagina 10)<br />
segue<br />
11
P R E V I D E N Z A<br />
INPGI<br />
segue dalla pagina precedente<br />
IL FUTURO. Il futuro della professione, però,<br />
è incerto. La Fieg punta a distruggere l’attuale<br />
contratto e la figura stessa del giornalista<br />
professionista dipendente di una testata. Gli<br />
editori vogliono la gran parte <strong>dei</strong> giornalisti liberi<br />
professionisti ed i “capi” delle strutture redazionali<br />
licenziabili con l’attribuzione agli<br />
stessi della qualifica dirigenziale. La cancellazione<br />
dello scatto biennale (pagato oggi al<br />
6%) arrecherebbe un danno non solo alle tasche<br />
<strong>dei</strong> giornalisti ma sarebbe drammatico<br />
per la vita dell’Inpgi. La Fieg sostiene che questo<br />
quadro è figlio della globalizzazione dell’informazione:<br />
la rete è ricca di notizie. Si tratta<br />
di avere nelle redazioni un pugno di ragazzetti<br />
pronti a tagliare e incollare i testi sotto lo<br />
sguardo di pochi “capi”. La polpa <strong>dei</strong> giornali<br />
sarebbe affidata ai commentatori (ambasciatori,<br />
professori universitari, avvocati, commercialisti,<br />
etc.). I giornalisti professionisti sarebbero<br />
inutili.<br />
L’INPGI, NONOSTANTE QUESTI NUMERI,<br />
DEVE TORNARE PUBBLICO (COME L’IN-<br />
PS), PERCHÉ I GIORNALISTI NON DEVO-<br />
NO CONVIVERE CON IL RISCHIO DI RICE-<br />
VERE UN CERTO GIORNO LA PENSIONE<br />
SOCIALE. Voglio l’Inpgi pubblico come l’Inps<br />
per sentirmi, andando avanti negli anni (Dio<br />
volendo), più sicuro per quanto riguarda l’accredito<br />
mensile della pensione sul conto corrente<br />
bancario. E non sono il solo a pensarla<br />
così. L’Inpgi privatizzato, privo dello scudo pubblico,<br />
mi fa paura. Secondo il ministero del<br />
Lavoro, tutte le casse privatizzate hanno una<br />
prospettiva non certa. Nessuno dice che se le<br />
cose dovessero andare male (faccio scongiuri),<br />
lo Stato, secondo una sentenza della Corte<br />
costituzionale, dovrà sì garantire il diritto alla<br />
pensione ma non avrà l’obbligo di garantire il<br />
“quantum” (cioè l’assegno in essere). Ne consegue<br />
che lo Stato assolverà il suo obbligo<br />
(articolo 38 della Costituzionale) passando ai<br />
giornalisti iscritti all’Inpgi soltanto l’assegno sociale<br />
(meno di 600 euro al mese). Perché dobbiamo<br />
correre simili paurosi rischi Perché<br />
non riflettere sulla necessità di ritornare al<br />
pubblico e al “come eravamo” fino al 1994.<br />
L’Inpgi non ammette la pericolosità potenziale<br />
<strong>dei</strong> bilanci anche se incassiamo 100 e spendiamo<br />
77. Fortunatamente l’Inpgi è l’unica cassa<br />
privatizzata qualificata dall’articolo 76 (punto<br />
4) della legge 388/2000 “ente sostitutivo<br />
dell’Inps”. L’altro collegamento Inpgi-Inps è<br />
rappresentato dall’articolo 3 della “legge<br />
Vigorelli” (n. 1122/1955): i due enti, in presenza<br />
di contributi versati all’uno e all’altro Istituto,<br />
danno la pensione pro-quota (cioè “ripartita in<br />
proporzione dell’importo <strong>dei</strong> contributi a ciascuno<br />
versati”). Questi collegamenti con l’Inps,<br />
in caso di emergenze, potrebbero significare<br />
la salvezza. Nessuno ha la palla di vetro. Il problema<br />
è: in futuro aumenteranno gli occupati<br />
stabili o no Gli editori dicono di no. Dalla ri-<br />
sposta dipende il futuro dell’Inpgi. Preparare<br />
scenari diversi (tra cui quello del ritorno al pubblico)<br />
è soltanto una misura dettata dalla prudenza.<br />
Significa comportarsi da buoni padri di<br />
famiglia.<br />
L’ALLARME DELL’ATTUARIO. “L’Inpgi evidenzia<br />
dal 1° gennaio 2017 uno squilibrio<br />
che non consente di fronteggiare, nel lungo<br />
periodo, il pagamento delle pensioni<br />
promesse agli iscritti mediante le risorse<br />
derivanti dalla contribuzione corrente”:<br />
questa affermazione è sottoscritta dal prof.<br />
Fulvio Gismondi, titolare di uno studio di consulenza<br />
finanziaria e attuariale, che, in data<br />
30 agosto 2004, ha trasmesso al presidente<br />
dell’Inpgi una “Relazione al bilancio tecnico al<br />
31 dicembre 2003 della Gestione Previdenziale<br />
Principale dell’Inpgi”.<br />
Il prof. Gismondi scrive ancora: “Ritengo opportuno<br />
precisare quanto segue:<br />
1. Dalle simulazioni attuariali eseguite, ed<br />
in particolare dalle dinamiche descritte nei<br />
bilanci tecnici, emergono alcuni rilevanti<br />
tendenze.<br />
2. Con riferimento alla Gestione Principale,<br />
il Fondo evidenzia dal 1° gennaio 2017 uno<br />
squilibrio che non consente di fronteggiare,<br />
nel lungo periodo, il pagamento delle<br />
pensioni promesse agli iscritti mediante le<br />
risorse derivanti dalla contribuzione corrente.<br />
3. La natura dello squilibrio è di tipo strutturale:<br />
l’attuale modello contributi/prestazioni,<br />
sancito dal Regolamento, stante l’attuale<br />
assetto demografico del Fondo, non<br />
consente ipotesi di equilibrio tendenziale<br />
della gestione in ripartizione.<br />
4. Peraltro l’ottimizzazione dell’area finanziaria<br />
ed amministrativa del Fondo non<br />
può essere considerata una soluzione di<br />
riequilibrio della gestione previdenziale; in<br />
primo luogo perché l’attuale “stato dell’arte”<br />
presenta una condizione in linea con<br />
quella di enti analoghi, in secondo luogo<br />
perché pur ulteriormente ottimizzando le<br />
aree in questione (attivazione di strategie<br />
di asset allocation coerenti con la struttura<br />
temporale degli impegni del Fondo, perfetto<br />
allineamento tra entrate e uscite, ulteriore<br />
contenimento delle spese) il risultato<br />
prodotto potrebbe posporre, peraltro<br />
marginalmente, l’epoca del default senza<br />
incidere strutturalmente sulla condizione<br />
di squilibrio del Fondo”.<br />
A questo punto bisogna parlarsi chiaro ed<br />
avere buon senso. Se la situazione è quella<br />
descritta dal prof. Gismondi e se è vero che<br />
nei prossimi anni le uscite (pensioni) supereranno<br />
le entrate (contributi), allora bisognerà<br />
riconsiderare la scelta fatta nel 1994, cioè la<br />
privatizzazione dell’Istituto. Bisogna tornare<br />
ad essere ente pubblico, come l’Inpgi lo era<br />
tra il 1951 e il 1994.<br />
Franco Abruzzo<br />
DOCUMENTAZIONE NORMATIVA<br />
Legge 296/2006.<br />
Disposizioni per la formazione<br />
del bilancio annuale e pluriennale<br />
dello Stato (Finanziaria <strong>2007</strong>)<br />
Gu 299 del 27.12.2006<br />
(Supplemento ordinario 244)<br />
Comma 763. All’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il primo e il secondo<br />
periodo sono sostituiti dai seguenti: “Nel rispetto <strong>dei</strong> princìpi di autonomia affermati<br />
dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e dal decreto legislativo 10 febbraio 1996,<br />
n. 103, e con esclusione delle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale<br />
obbligatoria, allo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto<br />
previsto dall’articolo 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo n. 509 del 1994, la stabilità<br />
delle gestioni previdenziali di cui ai predetti decreti legislativi è da ricondursi ad un<br />
arco temporale non inferiore ai trenta anni. Il bilancio tecnico di cui al predetto articolo<br />
2, comma 2, è redatto secondo criteri determinati con decreto del ministro del Lavoro e<br />
della Previdenza sociale di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, sentite<br />
le associazioni e le fondazioni interessate, sulla base delle indicazioni elaborate dal<br />
Consiglio nazionale degli attuari nonché dal Nucleo di valutazione della spesa previdenziale.<br />
In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dal suddetto articolo 2, comma<br />
2, sono adottati dagli enti medesimi, i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio<br />
finanziario di lungo termine, avendo presente il principio del pro rata in relazione<br />
alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti<br />
suddetti e comunque tenuto conto <strong>dei</strong> criteri di gradualità e di equità fra generazioni.<br />
Qualora le esigenze di riequilibrio non vengano affrontate, dopo aver sentito l’ente<br />
interessato e la valutazione del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale, possono<br />
essere adottate le misure di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 30 giugno<br />
1994, n. 509”. Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati<br />
dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai ministeri vigilanti prima della data<br />
di entrata in vigore della presente legge.<br />
Il vecchio comma 12 (art 3 legge 335/1995)<br />
12. Nel rispetto <strong>dei</strong> princìpi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno<br />
1994, n. 509 (60), relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo di assicurare<br />
l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2, del<br />
predetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi ad<br />
un arco temporale non inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione di<br />
quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli<br />
enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione<br />
<strong>dei</strong> coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del<br />
trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità<br />
già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti<br />
suddetti. Nei regimi pensionistici gestiti dai predetti enti, il periodo di riferimento<br />
per la determinazione della base pensionabile è definito, ove inferiore, secondo<br />
i criteri fissati all’articolo 1, comma 17, per gli enti che gestiscono forme di<br />
previdenza sostitutive e al medesimo articolo 1, comma 18, per gli altri enti. Ai fini<br />
dell’accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, trovano applicazione le disposizioni<br />
di cui all’articolo 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di previdenza<br />
sostitutive, e al medesimo articolo 1, comma 28, per gli altri enti. Gli enti<br />
possono optare per l’adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente<br />
legge.<br />
Inpgi a Fieg: “Grave e provocatorio<br />
il blocco della riforma previdenziale”<br />
Roma, 10 gennaio <strong>2007</strong>.<br />
È “gravissimo” che la Federazione<br />
degli editori blocchi<br />
la riforma previdenziale<br />
varata dall’Inpgi a giugno<br />
2005: un atteggiamento diventato<br />
“provocazione”<br />
quando la Fieg ha affermato<br />
di collegare il proprio parere<br />
sulla riforma, previsto<br />
dalla legge, con la conclusione<br />
della trattativa per il<br />
rinnovo del contratto giornalistico.<br />
È quanto denuncia il<br />
Consiglio generale dell’Inpgi,<br />
che fa il punto della<br />
situazione in un ordine<br />
del giorno approvato oggi.<br />
“La Federazione italiana<br />
editori giornalisti - si legge<br />
nell’ordine del giorno - da<br />
mesi sta conducendo un<br />
durissimo attacco contro i<br />
giornalisti e il loro sindaca-<br />
to, negando la disponibilità<br />
ad iniziare il confronto per<br />
il rinnovo del contratto,<br />
scaduto nel lontano febbraio<br />
2005. Tale attacco è<br />
stato esteso da tempo anche<br />
alla previdenza di categoria,<br />
gestita dall’Inpgi.<br />
Infatti, dopo aver concorso<br />
ad approvare il 30 giugno<br />
2005 nel Cda dell’ente una<br />
riforma previdenziale che<br />
lo stesso ministero del<br />
Lavoro aveva sollecitato a<br />
garanzia delle generazioni<br />
future, la Fieg ha bloccato<br />
(e tutt’ora tiene in ostaggio)<br />
la relativa delibera, rifiutandosi<br />
di esprimere in sede<br />
sindacale il parere formale<br />
previsto dal decreto legislativo<br />
509/94”.<br />
Per il Consiglio generale<br />
dell’Istituto di previdenza,<br />
“si tratta di un atto gravissimo,<br />
che ha assunto gli inquietanti<br />
contorni della provocazione<br />
allorché la<br />
Federazione editori ha giustificato<br />
tale decisione asserendo<br />
di voler collegare<br />
il proprio parere alla conclusione<br />
della trattativa<br />
contrattuale: che la stessa<br />
Fieg, tuttavia, ha rifiutato e<br />
rifiuta di iniziare. Ma la provocazione<br />
è cresciuta recentemente,<br />
dopo 16 mesi<br />
di vana attesa, allorché la<br />
stessa Fieg ha notificato la<br />
pregiudiziale di voler porre<br />
nuove condizioni per esprimere<br />
il sospirato parere:<br />
più posti assegnati agli editori<br />
nel Cda Inpgi, fino a<br />
raggiungere la pariteticità”.<br />
“In una recente riunione<br />
svoltasi al ministero del Lavoro<br />
- si ricorda ancora<br />
nell’odg - i rappresentanti<br />
dell’Inpgi, rispondendo al<br />
ministro Damiano che si<br />
esprimeva a favore di un<br />
tentativo di riproporzionamento,<br />
hanno fatto presenti<br />
le due seguenti considerazioni,<br />
fatte proprie dal<br />
Cda nella riunione del 19<br />
dicembre e che oggi il<br />
Consiglio generale condivide<br />
integralmente:<br />
1) L’attuale composizione<br />
del Consiglio di amministrazione<br />
dell’Inpgi è pienamente<br />
coerente con<br />
quanto previsto dal decreto<br />
legislativo 509/94; inoltre ai<br />
criteri di composizione previsti<br />
espressamente nell’articolo<br />
1, comma 4, lettera<br />
a) dello stesso decreto,<br />
si è fatto puntualmente riferimento<br />
- con l’assenso <strong>dei</strong><br />
ministeri vigilanti - al momento<br />
di formazione del<br />
nuovo Cda dell’ente privatizzato.<br />
2) L’invito al dialogo rivolto<br />
dal ministero del Lavoro<br />
potrà essere accolto, purché<br />
in stretto collegamento<br />
a quanto esposto al punto<br />
(1) e a condizione che in<br />
via preventiva venga eliminato<br />
ogni blocco da parte<br />
della Fieg”.<br />
“È quindi innanzitutto indispensabile<br />
che la riforma<br />
previdenziale e la delibera<br />
per il riassorbimento <strong>dei</strong> disoccupati,<br />
approvata nel<br />
giugno del 2006 - continua<br />
l’Inpgi - siano liberate e riconsegnate<br />
per la ratifica<br />
ai ministeri del Lavoro e<br />
dell’Economia. Solo in seguito<br />
sarà possibile aprire<br />
un confronto, che non dovrà<br />
tuttavia trascurare l’autonomia<br />
organizzativa,<br />
contabile e amministrativa<br />
che il dlgs 509/94 riconosce<br />
agli enti privatizzati, e<br />
che dovrà anche occuparsi,<br />
tra l’altro, di evitare che<br />
per il futuro abbiano a ripetersi<br />
altri veti impropri, e<br />
certamente non voluti dal<br />
legislatore”. Il Consiglio generale,<br />
infine, “giudica rilevante<br />
il parere pro-veritate<br />
redatto dal prof. Sorrentino<br />
e impegna il Cda a dare attuazione<br />
alle indicazioni<br />
conclusive dell’atto, al fine<br />
di favorire, da parte del ministero<br />
del Lavoro, la definitiva<br />
approvazione delle<br />
delibere riguardanti la<br />
riforma previdenziale ed il<br />
riassorbimento <strong>dei</strong> giornalisti<br />
disoccupati e cassintegrati”.<br />
(ANSA)<br />
12 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
La riforma pensionistica rende difficile<br />
per i giovani rimasti senza lavoro<br />
il ricorso all’indennità di disoccupazione<br />
materiali raccolti da Franco Abruzzo<br />
Milano, 21 gennaio <strong>2007</strong>. La riforma pensionistica<br />
dell’Inpgi - bloccata dal veto della Fieg - punisce i giovani<br />
giornalisti assunti a tempo determinato e rimasti<br />
poi privi di lavoro. Oggi chi lavora tre mesi può chiedere<br />
all’Istituto una indennità di disoccupazione di tre<br />
mesi. Quando la riforma diventerà operativa questa soluzione<br />
non sarà possibile. Per tutti i futuri iscritti il diritto<br />
di accesso all’indennità di disoccupazione scatterà<br />
dopo che sia stato maturato un biennio di iscrizione<br />
all’Istituto.<br />
La riforma prevede: a) per tutti i futuri iscritti il diritto<br />
di accesso all’indennità di disoccupazione dopo che<br />
sia stato maturato un biennio di iscrizione; b) il periodo<br />
di disoccupazione indennizzabile rapportato alle<br />
sole giornate contrattualizzate; c) l’introduzione di un<br />
termine per la richiesta <strong>dei</strong> ratei di disoccupazione.<br />
Va detto che l’Inpgi, come si potrà vedere qui sotto, incassa<br />
ogni anno dagli editori da 15 a 17 milioni di euro<br />
per far fronte alle spese per la indennità di disoccupazione<br />
e ne spende in media la metà. Come si giustifica<br />
allora la stretta<br />
NORMATIVA IN VIGORE OGGI - QUANDO SI HA DIRITTO<br />
Prospetto 7<br />
(in migliaia di euro)<br />
Il giornalista disoccupato ha diritto all’indennità<br />
quando abbia almeno 12 contributi<br />
mensili, per l’assicurazione contro la disoccupazione,<br />
accreditati (versati o dovuti) nel<br />
biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione.<br />
Il diritto all’indennità si consegue anche nel<br />
caso in cui siano stati prestati almeno 3 mesi<br />
di attività lavorativa nel biennio precedente<br />
lo stato di disoccupazione, per i quali<br />
siano stati accreditati (versati o dovuti) i contributi.<br />
In questo caso però l’indennità sarà<br />
corrisposta per un numero di mesi pari alle<br />
mensilità di contribuzione accreditata. In<br />
questa seconda ipotesi si parla di ammissione<br />
al trattamento con requisito ridotto.<br />
I contributi accreditati durante il periodo di lavoro<br />
a termine stipulato ai sensi del decreto<br />
Treu (con la defiscalizzazione) o similari, non<br />
danno diritto all’indennità di disoccupazione.<br />
(da: www.inpgi.it/prestazioni/inpgi_prestazioni-obbligatorie-disoccupazione.htm)<br />
Le altre prestazioni erogate dall’Inpgi<br />
(dalla relazione della Corte <strong>dei</strong> Conti ai bilanci 2004 e 2005)<br />
Oltre alle pensioni Ivs, che costituiscono la<br />
parte preponderante dell’attività istituzionale,<br />
la Gestione principale eroga, come già ricordato,<br />
una serie di altre prestazioni di carattere<br />
obbligatorio, quali indicate, con i corrispondenti<br />
costi annui, nel prospetto n. 6.<br />
Gli altri contributi obbligatori (esclusi cioè<br />
Prospetto 6<br />
(in migliaia di euro)<br />
LA RIFORMA DEL 1° LUGLIO 2005 (ancora<br />
non operativa).<br />
Trattamento di disoccupazione - Sono<br />
confermati i trattamenti che all’Inpgi sono di<br />
gran lunga superiori rispetto all’Inps. Sono<br />
state introdotte, inoltre, più favorevoli misure<br />
di sostegno per i dipendenti di aziende in crisi,<br />
fallite o in liquidazione, che perdano il lavoro<br />
in età variante tra i 40 e i 55 anni. In questi<br />
casi sarà accordato un accredito aggiuntivo<br />
di contributi figurativi variabile tra i 6 e i 12<br />
mesi. La riforma prevede inoltre: a) per tutti i<br />
futuri iscritti il diritto di accesso all’indennità di<br />
disoccupazione dopo che sia stato maturato<br />
un biennio di iscrizione; b) il periodo di disoccupazione<br />
indennizzabile rapportato alle sole<br />
giornate contrattualizzate; c) l’introduzione di<br />
un termine per la richiesta <strong>dei</strong> ratei di disoccupazione.<br />
(da:www.inpgi.it/circolari/2005/inpgi_cir<br />
colari-2005-ratifica-riforma-previdenziale.htm)<br />
quelli per Ivs) ed il rispettivo gettito annuo sono<br />
evidenziati nell’ulteriore prospetto (n. 7),<br />
dal quale risulta che il loro ammontare complessivo<br />
nel 2005 è aumentato del 13,1% rispetto<br />
al 2003, per effetto di incrementi che,<br />
seppur in varia misura, hanno interessato tutte<br />
le tipologie di contribuzione.<br />
ALTRE PRESTAZIONI OBBLIGATORIE 2003 2004 2005<br />
Liquidazione in capitale 14 6 53<br />
Pensioni non contributive 158 165 170<br />
Assegni familiari 155 190 209<br />
Trattamenti disoccupazione 8.183 7.738 8.029<br />
Gestione infortuni* 1.554 2.153 2.222<br />
Fondo garanzia trattamento fine rapporto 696 568 1.097<br />
Assegni per cassa integrazione 590 359 501<br />
Indennità cassa integrazione 104 0 0<br />
contr. solidarietà<br />
Indennità di mobilità 8 0 0<br />
Totale 11.462 11.179 12.281<br />
*Nel 2005 tra i costi figura anche l’accantonamento al Fondo infortuni dell’avanzo economico<br />
della<br />
Gestione, pari a mgl 737 di euro, accantonamento previsto dall’art. 6 della convenzione con la<br />
Fnsi<br />
ALTRI CONTRIBUTI OBBLIGATORI 2003 2004 2005<br />
Contributi Disoccupazione 15.947 17.029 17.629<br />
Contributi TBC anni precedenti* 38 32 15<br />
Contributi assegni familiari 487 516 534<br />
Contributi assicurazione infortuni 1.424 2.069 2.157<br />
Contributi mobilità 1.982 2.087 2.150<br />
Contributi fondo garanzia indennità anzianità 2.896 3.084 3.197<br />
Contributi di solidarietà 3.309 3.696 3.812<br />
Totale 26.083 28.513 29.494<br />
* Il contributo dello 0,05% per la TBC è stato soppresso dall’1/1/2000 (art. 3 della L. 448/1998)<br />
A fine biennio l’ammontare complessivo delle<br />
prestazioni elencate nel prospetto n. 6, è<br />
aumentato del 7,1% rispetto al 2003, con un<br />
tasso annuo di crescita più elevato nel 2005<br />
(9,8% contro il 7,5% dell’esercizio precedente)<br />
a causa, prevalentemente, delle variazioni<br />
della spesa per i trattamenti di disoccupazione<br />
e della lievitazione degli oneri per il trattamento<br />
di fine rapporto, mentre minor peso<br />
ha avuto l’aumento della spesa per la cassa<br />
integrazione guadagni straordinaria.<br />
Riguardo all’onere globale per le altre prestazioni<br />
obbligatorie è da evidenziare che esso<br />
è imputabile, in larga, ma decrescente, misura<br />
(dal 76,5% del 2003 al 69,4% del 2005),<br />
alla spesa complessivamente sostenuta per<br />
gli ammortizzatori sociali costituiti dal trattamento<br />
di disoccupazione e dalla Cigs, entrambi<br />
tornati a crescere nel 2005 dopo la<br />
flessione registrata nell’esercizio precedente.<br />
Riguardo all’onere globale per le altre prestazioni<br />
obbligatorie è da evidenziare che esso<br />
è imputabile, in larga, ma decrescente, misura<br />
(dal 76,5% del 2003 al 69,4% del 2005),<br />
alla spesa complessivamente sostenuta per<br />
Prospetto 8 (in migliaia di euro)<br />
gli ammortizzatori sociali costituiti dal trattamento<br />
di disoccupazione e dalla Cigs, entrambi<br />
tornati a crescere nel 2005 dopo la<br />
flessione registrata nell’esercizio precedente.<br />
Di questi solo il trattamento di disoccupazione<br />
è finanziato da entrate contributive (il contributo,<br />
la cui aliquota è pari all’1,61%, è versato<br />
dalle aziende a titolo di assicurazione di<br />
disoccupazione), mentre le indennità Cigs sono<br />
a totale carico dell’Inpgi, così come, per<br />
quanto riguarda i prepensionamenti ex L.<br />
416/1981, gli oneri derivanti dall’accredito di<br />
contributi figurativi (c.d. scivolo).<br />
Dal raffronto <strong>dei</strong> dati esposti nei prospetti n. 8<br />
e n. 9 risulta che, pur in presenza di un analogo<br />
andamento altalenante degli oneri sostenuti<br />
per i due ammortizzatori sociali, non<br />
sono variati nello stesso senso i rispettivi beneficiari.<br />
Tale divergenza trova spiegazione<br />
nel fatto che l’entità degli oneri è determinata<br />
non solo dal numero <strong>dei</strong> beneficiari, ma anche<br />
dall’ammontare <strong>dei</strong> trattamenti liquidati e<br />
dalla loro durata (sulla quale influiscono le interruzioni<br />
<strong>dei</strong> trattamenti per avvenuta rioccupazione<br />
<strong>dei</strong> beneficiari).<br />
TRATTAMENTO DISOCCUPAZIONE 2003 2004 2005<br />
numero beneficiari<br />
onere complessivo 1.354 1.415 1.475<br />
8.183 7.738 8.029<br />
Prospetto 9<br />
(in migliaia di euro)<br />
CIGS 2003 2004 2005<br />
numero beneficiari<br />
onere complessivo 92 105 98<br />
589 359 501<br />
Previsioni attuariali che restano<br />
a 15 anziché tararsi<br />
su 30 anni. E obblighi invariati<br />
- sempre con riserva<br />
tecnica pari a cinque annualità<br />
delle pensioni pagate<br />
nel 1994 - per l’Inpgi,<br />
l’Istituto di previdenza <strong>dei</strong><br />
giornalisti, esplicitamente<br />
escluso dal comma 763<br />
della Finanziaria <strong>2007</strong> che<br />
ha raddoppiato l’equilibrio<br />
<strong>dei</strong> conti nel lungo periodo<br />
e aumentato l’autonomia<br />
delle Casse privatizzate dal<br />
Dlgs 509/1994. Tutte tran-<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
<strong>Giornalisti</strong>: riordino fermo.<br />
Inpgi, con la Finanziaria<br />
l’orizzonte resta a 15 anni<br />
ne, appunto, l’Inpgi che il<br />
comma 763 (modificando<br />
l’articolo 3, comma 12, della<br />
legge 335/95) chiama<br />
fuori dalle nuove misure in<br />
quanto «previdenza sostitutiva<br />
dell’assicurazione<br />
generale obbligatoria».<br />
Ovvero, dell’Inps.<br />
«Una richiesta - ha spiegato<br />
Giovanni Battafarano,<br />
capo della segreteria<br />
tecnica del ministro<br />
del Lavoro, Cesare Damiano<br />
- espressa direttamente<br />
dall’Inpgi, in una<br />
logica opposta rispetto<br />
alle Casse professionali<br />
aderenti all’Adepp».<br />
Ma la principale partita dell’Inpgi<br />
resta l’approvazione,<br />
da parte del ministero, delle<br />
delibere di riforma delle<br />
pensioni ( n. 6/2005) e degli<br />
incentivi alle assunzioni<br />
(n. 62/2006). «Congelate -<br />
dice Battafarano - non per<br />
volontà del ministro, ma<br />
perché manca (in base all’articolo<br />
3, comma 2, del<br />
Dlgs 509/94 la volontà di<br />
ratifica da parte degli edito-<br />
ri», che, in cambio, chiedono<br />
di aumentare il proprio<br />
“peso” nella governance<br />
dell’Inpgi.<br />
Sul punto, venerdì è atteso<br />
un incontro tra Damiano,<br />
Fnsi, Inpgi e Fieg.«E se il<br />
veto dovesse proseguire -<br />
ha concluso Battafarano - il<br />
dicastero chiederà un parere<br />
al Consiglio di Stato<br />
per capire bene se e quali<br />
prerogative ha il ministero<br />
vigilante per uscire dall’impasse».<br />
L.Ca.<br />
Giancarlo Zingoni<br />
(Fieg)<br />
“Anche<br />
lo Statuto<br />
dell’impresa<br />
in costruzione<br />
a Palazzo<br />
Chigi<br />
aggraverà<br />
le relazioni<br />
con la Fnsi”<br />
Roma, 10 gennaio <strong>2007</strong>.<br />
“Anche lo Statuto dell’impresa<br />
in costruzione a<br />
Palazzo Chigi, nell’ambito<br />
della riforma dell’editoria,<br />
aggraverà le relazioni con<br />
la Fnsi”. Questo è il cuore<br />
dell’intervento dell’avvocato<br />
Giancarlo Zingoni, vicedirettore<br />
generale della<br />
Fieg e vicepresidente dell’Inpgi,<br />
all’assemblea generale<br />
dell’Istituto.<br />
Secondo Zingoni, l’iniziativa<br />
del Governo crea un<br />
quadro di incertezza sull’assetto<br />
delle imprese<br />
editoriali e finisce con<br />
“l’allontanare il rinnovo<br />
del contratto”. Lo Statuto<br />
punta a dividere gestione<br />
giornalistica delle testate<br />
e proprietà delle imprese<br />
editoriali, “creando un<br />
nuovo equilibrio <strong>dei</strong> poteri<br />
tra editori e giornalisti,<br />
prospettiva inaccettabile”.<br />
13
La vicenda in tre lettere<br />
Damiano blocca la riforma pensionistica e la delibera<br />
sul riassorbimento <strong>dei</strong> disoccupati perché<br />
per lui è prioritario dare più posti alla Fieg<br />
nel Consiglio di amministrazione dell’Istituto<br />
INPGI<br />
Dal nostro corrispondente<br />
Roma, 7 gennaio <strong>2007</strong>. Il<br />
ministro del Lavoro, Cesare<br />
Damiano, purtroppo è<br />
schierato dalla parte degli<br />
editori. Così si spiega, dopo<br />
le intese di fatto tra Fieg ed<br />
Fnsi, il “congelamento” della<br />
delibera n. 6/2005 e della<br />
delibera n. 62/2006 relative<br />
alla riforma pensionistica e<br />
agli incentivi per l’assunzione<br />
di giornalisti disoccupati<br />
e cassintegrati.<br />
Il presidente dell’Inpgi,<br />
Gabriele Cescutti, nella lettera<br />
14 dicembre 2006, ha<br />
tenuto un atteggiamento dignitoso<br />
e fermo, quando ha<br />
scritto:<br />
“Onorevole Ministro, nell’incontro<br />
tenutosi martedì<br />
sera 12 dicembre<br />
presso il Suo Dicastero,<br />
Ella ha espresso l’avviso<br />
che allo stato attuale non<br />
sia possibile dar corso all’approvazione<br />
delle due<br />
delibere adottate dall’Inpgi,<br />
aventi ad oggetto<br />
la riforma del nostro sistema<br />
previdenziale ed il<br />
riassorbimento <strong>dei</strong> disoccupati<br />
e <strong>dei</strong> cassaintegrati.<br />
E ciò in quanto non si è<br />
raggiunto un accordo per<br />
il riproporzionamento della<br />
rappresentanza della<br />
Fieg in seno agli Organi<br />
deliberativi dell’Istituto;<br />
accordo che porterebbe<br />
alla risoluzione contestuale<br />
delle problematiche<br />
Inpgi. Lei ha anche dichiarato<br />
che, in assenza<br />
di intese tra le parti (che<br />
Ella caldeggia e che auspica<br />
possano essere al<br />
più presto raggiunte al tavolo<br />
da Lei aperto) si riserva<br />
di avanzare una<br />
Sua proposta, al fine di<br />
pervenire comunque alla<br />
ridefinizione dell’assetto<br />
del Consiglio di amministrazione<br />
dell’Inpgi. Nel<br />
mio intervento ho assicurato<br />
che l’Ente è disponibile<br />
a discutere il problema<br />
e a trovare una soluzione<br />
condivisa con le altri<br />
parti coinvolte, purché<br />
il confronto non sia posto<br />
in relazione con la questione<br />
affatto diversa dell’approvazione<br />
delle delibere<br />
adottate dall’Inpgi, le<br />
quali dovrebbero essere<br />
liberate in via preliminare”.<br />
Nella prima settimana dell’anno<br />
i contatti tra l’Inpgi e<br />
il ministero del Lavoro sono<br />
stati frenetici.<br />
L’incontro ufficiale era previsto<br />
per il 12 gennaio (tra<br />
Damiano e le delegazioni di<br />
Fnsi, Inpgi e Fieg), ma è<br />
slittato. Cescutti difficilmente<br />
potrà resistere visto che<br />
anche la Fnsi punta all’accordo<br />
con l’obiettivo di<br />
sbloccare le trattative sul<br />
contratto.<br />
I giornalisti perderanno il<br />
controllo del loro Istituto e<br />
anche del Servizio Ispettivo,<br />
che tanti dolori ha dato negli<br />
ultimi anni (con la gestione<br />
Calzolari) a Rai ed editori<br />
Vedremo.<br />
F. de B.<br />
Ed ecco le tre lettere tra ministero del Lavoro ed Inpgi e tra Inpgi e ministro<br />
1. Lettera (29 novembre 2006-5724/sy)<br />
del direttore generale del Lavoro al presidente<br />
e al direttore generale Inpgi. Queste le richieste della<br />
Fieg in tema di riforma pensionistica e di incentivi<br />
per l’assunzione di giornalisti disoccupati.<br />
OGGETTO: Inpgi - Delibera n. 6/2005 del C.G. e delibera n. 62/2006<br />
del C.d.A.<br />
In relazione al tavolo tecnico svoltosi in data 20 ottobre u.s., si rende noto che<br />
in data 31 ottobre è pervenuta alla scrivente una nota della Fieg relativa alla<br />
posizione della Federazione sulla delibera n. 6/2005 adottata dal Consiglio generale<br />
dell’Inpgi, nonché sulla delibera n. 62/2006 adottata dal C.d.A. inerente<br />
agli incentivi per l’assunzione di giornalisti disoccupati. Nella nota a firma<br />
del vice direttore generale avv. Giancarlo Zingoni la Fieg precisa:<br />
• relativamente alla riforma del trattamento pensionistico: “la delibera<br />
... deve essere modificata prevedendosi: a) la decorrenza degli effetti<br />
della riforma del 1 ° gennaio 2006 facendo salve le posizioni pensionistiche<br />
<strong>dei</strong> giornalisti ai quali è stato erogato il trattamento nel periodo decorrente dal<br />
1 ° gennaio medesimo alla data di approvazione della delibera dal parte del<br />
ministero del Lavoro; b) eliminazione <strong>dei</strong> commi 8 bis degli articoli 7 e 8 del<br />
nuovo testo regolamentare relativi all’abbattimento dello 0,5% per ogni anno<br />
di integrazione concesso sulle pensioni di vecchiaia anticipata ex art. 37 della<br />
legge 416/81 (prepensionamenti), da applicare anche quando gli iscritti abbiano<br />
raggiunto i requisiti di età e contributivi minimi per la liquidazione della<br />
pensione di vecchiaia anticipata ovvero per la pensione di anzianità”;<br />
• relativamente agli incentivi per l’assunzione <strong>dei</strong> giornalisti disoccupati:<br />
“la delibera deve essere modificata nel senso di prevedere:<br />
a) l’applicazione <strong>dei</strong> benefici ai giornalisti assunti ex artt. 1, 2, 12 e 35;<br />
b) riconoscimento, per i giornalisti disoccupati assunti inizialmente con contratto<br />
a tempo indeterminato, del beneficio indipendentemente dal collegamento<br />
con nuove iniziative editoriali;<br />
c) l’eliminazione della condizione di iscrizione nelle liste <strong>dei</strong> disoccupati per un<br />
periodo di almeno 6 mesi;<br />
d) la conferma della misura del contributo previsto dalla delibera in esame (euro<br />
2,88 settimanali), anche in presenza di variazioni legislative sui regimi di incentivazione.<br />
Tale misura deve inoltre essere confermata sino a scadenza <strong>dei</strong><br />
contratti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato ancora in essere<br />
in applicazione del regime di incentivazione esaurito nel luglio 2005”.<br />
Nonostante la formale richiesta formulata al tavolo tecnico e condivisa dai partecipanti,<br />
nulla è invece finora pervenuto da parte della Fnsi.<br />
Tanto si comunica ai fini dell’accordo ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) del<br />
d.lgs 509/1994.<br />
IL DIRETTORE GENERALE<br />
(dr.ssa Maria Teresa Ferraro)<br />
2. Lettera (7 dicembre 2006-24/IX/0008972)<br />
del direttore generale del Lavoro<br />
al presidente e al direttore generale<br />
Inpgi. La Fnsi concorda con i<br />
suggerimenti tecnici avanzati dalla Fieg.<br />
OGGETTO: Inpgi - Delibera n. 6/2005 del C.G. e delibera n. 62/2006<br />
del C.d.A.<br />
Si fa seguito alla nota n. 5724/DG del 29 novembre u.s. per fornire a codesto<br />
Istituto le valutazioni della Federazione nazionale della stampa italiana, pervenute<br />
con nota prot. n. 2222 del 6 dicembre c.m., a firma del segretario generale,<br />
relativamente alle richieste avanzate dalla Federazione italiana editori<br />
giornali sui contenuti delle delibera Inpgi di cui all’oggetto.<br />
In particolare, la citata Fnsi rappresenta: “Per quanto riguarda la<br />
riforma regolamentare del trattamento pensionistico si conviene sulle<br />
seguenti richieste:<br />
1. decorrenza degli effetti della riforma dal 1° gennaio 2006, facendo salve le<br />
posizioni pensionistiche <strong>dei</strong> giornalisti ai quali sia stato erogato il trattamento<br />
nel periodo decorrente dal 1° gennaio 2006 alla data di approvazione ministeriale<br />
della delibera stessa.<br />
2. eliminazione <strong>dei</strong> commi 8 bis degli articoli 7 e 8 del testo di riforma relativi<br />
all’abbattimento dello 0,5 % per ogni anno di integrazione concesso sulle pensioni<br />
di vecchiaia anticipata ai sensi dell’articolo 37 della legge 416/81, da applicare<br />
anche nei casi di raggiungimento da parte degli iscritti <strong>dei</strong> requisiti d’età<br />
e contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia anticipata<br />
ovvero per la pensione dì anzianità.<br />
Per quanto riguarda la delibera sugli incentivi per l’assunzione <strong>dei</strong><br />
giornalisti disoccupati, si conviene sulle seguenti richieste:<br />
1. applicare i benefici ai giornalisti assunti ex articolo 1, 2 (collaboratori fissi),<br />
2, 12 (corrispondenti) e 35 (praticanti) del Contratto nazionale di lavoro giornalistico<br />
e ai sensi dell’articolo 2 del Contratto nazionale di lavoro per i giornalisti<br />
dell’emittenza locale.<br />
2. riconoscere anche per i giornalisti disoccupati assunti inizialmente con contratto<br />
a tempo indeterminato, il beneficio indipendentemente dal collegamento<br />
con le iniziative editoriali.<br />
3. Confermare la misura del contributo prevista (euro 2,88 a settimana) anche<br />
in presenza di modifiche legislative inerenti i regimi di incentivazione, sino alla<br />
scadenza <strong>dei</strong> contratti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato,<br />
che siano ancora in essere in applicazione del regime di incentivi terminato<br />
nel luglio 2005”.<br />
Tanto si comunica ai fini dell’accordo ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b) del<br />
DLgs 509/1994.<br />
IL DIRETTORE GENERALE<br />
(dr.ssa Maria Teresa Ferraro)<br />
3. Lettera (14 dicembre 2006 - n. 479) del presidente dell’Inpgi al ministro del Lavoro:<br />
“Le parti sociali concordano: le due delibere (pensioni e incentivi) possono essere varate.<br />
Siamo pronti a discutere gli assetti degli organi di gestione, ma la richiesta della Fieg non può bloccare<br />
l’applicazione delle delibere. Il congelamento provoca ‘seri danni’ all’Istituto”.<br />
Onorevole Ministro, nell’incontro tenutosi martedì sera 12 dicembre presso<br />
il Suo Dicastero, Ella ha espresso l’avviso che allo stato attuale non sia possibile<br />
dar corso all’approvazione delle due delibero adottate dall’Inpgi, aventi<br />
ad oggetto la riforma del nostro sistema previdenziale ed il riassorbimento <strong>dei</strong><br />
disoccupati e <strong>dei</strong> cassaintegrati. E ciò in quanto non si è raggiunto un accordo<br />
per il riproporzionamento della rappresentanza della Fieg in seno<br />
agli Organi deliberativi dell’Istituto; accordo che porterebbe alla risoluzione<br />
contestuale delle problematiche Inpgi.<br />
Lei ha anche dichiarato che, in assenza di intese tra le parti (che Ella caldeggia<br />
e che auspica possano essere al più presto raggiunte al tavolo da Lei aperto)<br />
si riserva di avanzare una Sua proposta, al fine di pervenire comunque alla<br />
ridefinizione dell’assetto del Consiglio di amministrazione dell’Inpgi.<br />
Nel mio intervento ho assicurato che l’Ente è disponibile a discutere il problema<br />
e a trovare una soluzione condivisa con le altri parti coinvolte, purché il<br />
confronto non sia posto in relazione con la questione affatto diversa dell’approvazione<br />
delle delibere adottate dall’Inpgi, le quali dovrebbero essere liberate<br />
in via preliminare.<br />
A tale riguardo mi permetto di avanzare le seguenti considerazioni,<br />
chiedendoLe la cortesia di valutarle.<br />
Il Direttore generale della Previdenza del Suo Dicastero ha recentemente inviato<br />
all’Inpgi due note con le quali comunica le posizioni assunte dalle Parti<br />
sociali in ordine alla riforma previdenziale proposta dall’Ente e al provvedimento<br />
avente ad oggetto gli sgravi contributivi in favore delle aziende che assumano<br />
giornalisti disoccupati.<br />
Su entrambi i provvedimenti, la Fieg (nel testo riportato nelle predette<br />
note) propone solamente alcuni suggerimenti tecnici sui quali<br />
la Fnsi concorda.<br />
A me sembra, quindi, che si sia realizzata la fattispecie delineata dall’art. 3,<br />
comma 2, lettera b), del decreto legislativo 509/94, vale a dire che siano state<br />
espresse le determinazioni volute dalla legge.<br />
A tal proposito, il decreto citato non contempla specifiche modalità con le quali<br />
le Parti sociali debbano formalizzare le proprie posizioni. Pertanto, a mio parere,<br />
deve ritenersi a tutti gli effetti valida ed efficace ogni manifestazione della<br />
volontà, chiaramente riconducibile ai soggetti in questione, che esprima in<br />
termini inequivocabili la rispettiva posizione sulla specifica materia della riforma<br />
previdenziale dell’Ente.<br />
In tal senso, quindi, le comunicazioni della Fieg e della Fnsi costituiscono<br />
espliciti atti dichiarativi di adesione ai contenuti del progetto di riforma, sebbene<br />
subordinati all’adozione di alcune modifiche, che l’Inpgi si impegna fin d’ora<br />
a recepire.<br />
Per quanto concerne, invece, le riserve formulate dalla Fieg (relative all’esigenza<br />
di modificare l’attuale composizione degli Organi di amministrazione<br />
dell’Istituto) ritengo che queste costituiscano un elemento di discussione del<br />
tutto separato ed avulso dall’esame di merito del provvedimento di riforma delle<br />
prestazioni previdenziali ed assistenziali dell’Inpgi e che pertanto non ne<br />
debbano condizionare l’approvazione.<br />
A tal proposito sono convinto che il legislatore, nell’attribuire un ruolo alle determinazioni<br />
delle Parti sociali in materia di prestazioni e contributi, abbia inteso<br />
realizzare un loro coinvolgimento sulla materia, al fine di consentire alle<br />
Parti medesime il controllo sulla sostenibilità del costo del lavoro, chiaramente<br />
influenzabile da un sistema previdenziale fuori misura o da immotivate richieste<br />
di aumento della contribuzione.<br />
Conseguentemente ogni esercizio di tali funzioni ad opera delle Parti sociali,<br />
che non sia strettamente ispirato alle finalità per le quali le stesse sono istituzionalmente<br />
attribuite, costituirebbe una distorsione degli strumenti legislativi.<br />
Per i motivi esposti, ed in relazione ai seri danni che il “congelamento”<br />
della nostra riforma sta provocando alla sostenibilità finanziaria<br />
del nostro sistema previdenziale, l’Ente ritiene di dover procedere<br />
(salvo Suo diverso avviso) al recepimento <strong>dei</strong> suggerimenti formulati<br />
dalle Parti sociali, adottando in via definitiva - in una prossima<br />
riunione del Consiglio di amministrazione - le due delibere relative<br />
alla riforma previdenziale e agli sgravi contributivi in favore delle<br />
aziende che assumano giornalisti disoccupati ed inviandole quindi<br />
sollecitamente all’approvazione del Suo Ministero.<br />
La ringrazio per l’attenzione e in attesa di un Suo gentile riscontro La saluto<br />
con viva cordialità.<br />
Gabriele Cescutti<br />
14 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
FONDO COMPLEMENTARE<br />
Decreti attuativi della legge finanziaria <strong>2007</strong> in tema di Tfr<br />
e moduli per la scelta di conferimento del Tfr<br />
Tfr, le istruzioni<br />
di Marina Cosi<br />
Milano, 13 dicembre<br />
2006. Raggiunta un’intesa<br />
sul Tfr, il trattamento di fine<br />
rapporto, ma rimane la chiusura,<br />
da parte degli editori,<br />
sul contratto. La Federazione<br />
nazionale della stampa<br />
(Fnsi) e quella degli editori<br />
(Fieg) hanno, infatti, raggiunto<br />
un accordo sul trasferimento<br />
del Tfr di tutti i giornalisti<br />
contrattualizzati al fondo<br />
di previdenza complementare<br />
della categoria. L’intesa tra<br />
le due delegazioni è stata siglata<br />
ieri al ministero del<br />
Lavoro alla presenza del ministro<br />
Cesare Damiano.<br />
Nell’annunciare la notizia,<br />
però, la Fnsi ha sottolineato<br />
che «permangono purtroppo<br />
le inconcepibili chiusure del-<br />
<strong>Giornalisti</strong>:<br />
accordo<br />
sul Tfr<br />
all’Inpgi<br />
la Fieg all’apertura delle trattative<br />
contrattuali e alla approvazione<br />
definitiva della<br />
riforma dell’Inpgi».<br />
Nell’incontro, al quale ha partecipato<br />
il presidente dell’Inpgi<br />
Gabriele Cescutti, il<br />
ministro Damiano «ha annunciato<br />
- si legge in una nota<br />
della Federazione <strong>dei</strong> gior-<br />
nalisti - che il tavolo di confronto<br />
sulla previdenza proseguirà<br />
nonostante la Fnsi e<br />
l’Inpgi abbiano respinto le richieste<br />
degli editori.<br />
Quelle cioè di condizionare<br />
lo sblocco delle delibere sulla<br />
previdenza e sugli sgravi<br />
contributivi <strong>dei</strong> disoccupati al<br />
riequilibrio della presenza di<br />
editori e giornalisti nel Cda<br />
dell’Inpgi stesso con un aumento<br />
<strong>dei</strong> rappresentanti<br />
della Fieg».<br />
Il ministro, ha aggiunto la<br />
Fnsi, «ha annunciato anche<br />
la convocazione di un tavolo<br />
di confronto sul mercato del<br />
lavoro giornalistico, sul precariato<br />
e sugli ammortizzatori<br />
sociali». (Fonte “Il Sole 24<br />
Ore” del 13 dicembre 2006)<br />
Roma, 31 gennaio <strong>2007</strong>. Il sito del ministero<br />
del Lavoro (www.lavoro.gov.it) pubblica<br />
il testo <strong>dei</strong> decreti interministeriali che<br />
prevedono tra l’altro le modalità di espressione<br />
della volontà del lavoratore circa la<br />
destinazione del Tfr maturando. In materia,<br />
i decreti in questione individuano, altresì,<br />
degli specifici moduli da compilare da parte<br />
<strong>dei</strong> dipendenti e che prevedono le varie<br />
opzioni esercitabili per la destinazione del<br />
Tfr maturando. Tali moduli compiono rispettivamente<br />
riferimento ai dipendenti assunti<br />
entro il 31 dicembre 2006 (Tfr1) ed a quelli<br />
assunti dopo il 31 dicembre 2006 (Tfr2).<br />
Per i lavoratori che successivamente al 31<br />
dicembre 2006 e prima della data di pubblicazione<br />
del decreto abbiano già manifestato<br />
al datore di lavoro la volontà di conferire<br />
il Tfr ad una forma pensionistica complementare,<br />
è salvaguardata la decorrenza<br />
degli effetti dalla data della scelta già compiuta<br />
a condizione che, tale scelta, venga<br />
confermata mediante la compilazione del<br />
modulo Tfr1 o Tfr2, conferma che deve essere<br />
effettuata entro 30 giorni dalla pubblicazione<br />
del decreto. Tale pubblicazione è<br />
attesa ad ore.<br />
In alcune sezioni <strong>dei</strong> suddetti moduli allegati<br />
al decreto, è presente la dicitura<br />
“Allega: copia del modulo di adesione”. Tale<br />
modulo dovrà essere compilato SOLO dai<br />
giornalisti non iscritti al Fondo.<br />
MODULI MINISTERIALI SU TFR E PRE-<br />
VIDENZA COMPLEMENTARE, COME<br />
COMPILARLI PER EFFETTUARE O PER<br />
CONFERMARE LA SCELTA DI DESTINA-<br />
ZIONE<br />
Comunicato di Marina Cosi, vicepresidente<br />
del Fondo di Previdenza complementare<br />
<strong>dei</strong> giornalisti italiani (Fpcgi):<br />
“Allegati ai decreti ufficiali, pubblicati il 31<br />
gennaio sul sito del ministero del Lavoro, vi<br />
sono due moduli: uno destinato a chi comincia<br />
a lavorare dal <strong>2007</strong> (mod Tfr2) ed<br />
uno per tutti gli altri (Tfr1). Sono scaricabili<br />
anche attraverso il nostro sito www.fondogiornalisti.it.<br />
Tuttavia, non essendo i testi<br />
ministeriali per così dire di semplicissima<br />
lettura, può essere utile qualche indicazione.<br />
Premessa: non diversamente dagli altri lavoratori,<br />
i colleghi dipendenti, a tempo indeterminato<br />
o determinato, pieno o parziale,<br />
professionisti, praticanti e pubblicisti, sono<br />
chiamati dalla legge 252 ad esprimere<br />
una scelta sulla destinazione del proprio<br />
Tfr (che matura dal primo gennaio di quest’anno;<br />
invece quello maturato precedentemente<br />
è e resta in azienda). Moltissimi<br />
giornalisti hanno già optato, chi destinando<br />
il Tfr all’Azienda/Inps, chi indirizzandolo al<br />
Fondo di categoria (o ad un fondo Aperto o<br />
a un Pip). Lo hanno fatto compilando uno<br />
stampato standard scaricato dal sito o fornito<br />
dall’azienda e consegnandolo a quest’ultima.<br />
Giacché, i colleghi avevano segnalato<br />
il comparto di destinazione e si erano<br />
premurati di effettuare la scelta entro il<br />
mese di gennaio. Adesso tutti i lavoratori<br />
sono chiamati dalla legge a confermare la<br />
decisione presa, ricompilando il modulo ufficiale<br />
entro 30 giorni dalla sua prossima e<br />
definitiva pubblicazione sulla Gazzetta<br />
Ufficiale (cioè presumibilmente entro i primi<br />
di marzo). Siccome si tratta di una conferma,<br />
restano valide sia l’opzione sia la data<br />
indicate sullo stampato standard: basta trascriverle<br />
sul modulo ministeriale, allegare il<br />
“modulo di adesione” laddove indicato e<br />
consegnare il tutto all’azienda, la quale,<br />
compilata la parte di propria competenza,<br />
provvederà alla consegna.<br />
Venendo ai moduli ufficiali, quello denominato “TFR1” si riferisce alla stragrande maggioranza<br />
<strong>dei</strong> colleghi: gli assunti fino a tutto il 2006. Delle quattro sezioni previste solo le prime<br />
tre riguardano i giornalisti.<br />
“Tfr1- Sezione 1”. Riguarda i colleghi “post ‘93”, ossia tutti quelli che hanno iniziato a lavorare<br />
(Inpgi o Inps non importa) dopo il 28 aprile 1993, e prevede che si scelga di conferire<br />
integralmente il tfr maturando (prima opzione) al Fondo oppure (seconda opzione)<br />
all’Azienda/Inps. Si allega il “modulo d’adesione” debitamente compilato.<br />
“Tfr1- Sezione 2”. Riguarda i colleghi “ante ‘93”, ossia tutti quelli che già lavoravano prima<br />
del 29 aprile 1993, e consente di scegliere fra destinare il Tfr maturando<br />
all’Azienda/Inps (prima opzione) oppure di conferire integralmente il tfr maturando al Fondo<br />
(seconda opzione). In quest’ultimo caso il Tfr maturando confluisce nel comparto cui il collega<br />
è già iscritto, a meno che non venga espressamente data una diversa indicazione (in<br />
tal caso va scaricato dal sito del Fondo il relativo modello, compilato ed allegato).<br />
“Tfr1- Sezione 3”. Riguarda chi, pur avendo già un rapporto di lavoro anteriore al 29 aprile<br />
1993, tuttavia non s’era iscritto al Fondo entro il 31 dicembre 2006. Essi possono scegliere<br />
fra tre opzioni, nell’ordine:<br />
1° - lasciare il 100% del Tfr maturando in Azienda/Inps;<br />
2° - inviare al Fondo una quota di Tfr pari a quella prevista dal Cnlg (ovvero pari al<br />
doppio del contributo a carico dell’azienda) e il rimanente Tfr lasciarlo in<br />
Azienda/Inps;<br />
3° - destinare l’intero Tfr al Fondo. Anche in questo caso si allega il “modulo d’adesione”.<br />
Invece nel modulo ufficiale “Tfr2”, che riguarda i lavoratori assunti a partire dal 1°gennaio<br />
di quest’anno, i giornalisti devono effettuare la scelta tra la sezione 1 e la sezione 2.<br />
“Tfr2- Sezione 1”. Riguarda i colleghi “post 93” che possono optare tra il conferimento integrale<br />
al Fondo o lasciare il Tfr maturando in Azienda/Inps.<br />
“Tfr2- Sezione 2”. Riguarda i colleghi “ante 93” che possono optare fra tre scelte:<br />
1° - 100 del Tfr per l’Azienda/Inps;<br />
2° - 2% Tfr al Fondo e il restante all’Azienda/Inps;<br />
3°- 100 del Tfr al Fondo.<br />
Se si rendessero necessarie ulteriori precisazioni, verranno tempestivamente comunicate<br />
oltre che pubblicate sul sito www.fondogiornalisti.it<br />
Si informano i colleghi che questo comunicato e le stesse informazioni pratiche e aggiornate<br />
sul Tfr al 31 gennaio <strong>2007</strong> si trovano sul sito del Fondo Complementare www.fondogiornalisti.it<br />
in Comunicazioni e nel settore Iscritti alla voce Modulistica. (da www.fnsi.it)<br />
Sentenza della Cassazione in www.previdenza-professionisti.it<br />
La prescrizione del credito contributivo delle Casse<br />
è regolata dalla legge 335/95 e non va al di là <strong>dei</strong> 5 anni<br />
Con la sentenza n.<br />
20343/2006, depositata il 27<br />
giugno 2006, la Suprema<br />
Corte di Cassazione, Sezione<br />
Lavoro, è nuovamente<br />
intervenuta sul tema della<br />
prescrizione <strong>dei</strong> contributi,<br />
degli accessori e delle sanzioni<br />
dovute agli enti previdenziali<br />
privatizzati. Nella<br />
specie, si trattava di sanzioni<br />
dovute alla Cassa Forense<br />
per l'omessa comunicazione<br />
dell’ammontare del reddito<br />
professionale da parte di un<br />
iscritto con riferimento agli<br />
anni 1992 e 1993, sanzioni<br />
per le quali la Cassa Forense<br />
aveva notificato una cartella<br />
esattoriale successivamente<br />
opposta per la dedotta intervenuta<br />
prescrizione quinquennale<br />
del credito dell’ente<br />
previdenziale.<br />
La problematica della prescrizione<br />
<strong>dei</strong> contributi, degli<br />
accessori e delle sanzioni<br />
dovute agli enti previdenziali<br />
privatizzati concerne, in primo,<br />
luogo l’individuazione<br />
della normativa di riferimento,<br />
in quanto gli ordinamenti<br />
previdenziali <strong>dei</strong> singoli enti<br />
di previdenza (Cassa Forense,<br />
Cassa Commercialisti,<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Inarcassa, Cassa Ragionieri,<br />
Cassa Geometri, Inpgi, ecc.<br />
ecc.) contemplano specifiche<br />
norme in tema di prescrizione<br />
che prevedono un termine<br />
decennale della prescrizione<br />
e una decorrenza della<br />
medesima fissata in coincidenza<br />
con l’invio, da parte<br />
dell’obbligato, della comunicazione<br />
obbligatoria annuale<br />
<strong>dei</strong> redditi e <strong>dei</strong> volumi d’affari<br />
prodotti.<br />
Nel surriferito quadro normativo,<br />
è intervenuto il Legislatore<br />
del 1995, con la legge<br />
n. 335/95 di riforma del sistema<br />
pensionistico obbligatorio<br />
e complementare, prevedendo,<br />
ai commi 9 e 10<br />
dell’art. 3, che tutti i contributi<br />
di previdenza e assistenza<br />
sociale obbligatoria si prescrivono<br />
e non possono più<br />
essere versati con il decorso<br />
di 5 anni.<br />
Si è posta e tuttora si pone la<br />
questione dell’applicabilità<br />
delle norme di cui alla legge<br />
n. 335/95 in tema di prescrizione<br />
agli enti previdenziali<br />
privatizzati, soprattutto in relazione<br />
alla prassi di alcuni<br />
importanti enti del comparto<br />
(Inarcassa e Cassa Forense)<br />
di applicare la propria normativa<br />
speciale sui termini<br />
prescrizionale, considerando<br />
la medesima non abrogata<br />
dalle disposizioni richiamate<br />
della legge n. 335/95.<br />
La Suprema Corte, con la<br />
sentenza in commento, ponendosi<br />
nel solco di una<br />
consolidata giurisprudenza<br />
di legittimità ha ribadito<br />
l’applicabilità delle disposizioni<br />
in tema di prescrizione<br />
di cui alla legge n.<br />
335/95, agli enti previdenziali<br />
privatizzati. In tal senso<br />
ha richiamato le precedenti<br />
decisioni nn.<br />
5522/2203 e 6340/2005 riferite<br />
a Cassa Forense, la prima<br />
e a Cassa Geometri la<br />
seconda.<br />
In effetti la Suprema Corte di<br />
Cassazione, in questa materia,<br />
non ha mostrato mai alcun<br />
genere di tentennamento<br />
avendo costantemente affermato<br />
l’applicabilità <strong>dei</strong><br />
commi 9 e 10 dell’art. 3 della<br />
legge n. 335/95 agli enti previdenziali<br />
privatizzati, sia sotto<br />
il profilo del termine di prescrizione<br />
applicabile (si veda<br />
in tal senso la già richiamata<br />
Cass. Civ. Sez. Lav. n.<br />
5522/2003 nonchè Cass. Civ.<br />
Sez. Lav. n. 20343/2006 oggetto<br />
del presente commento),<br />
sia sotto il profilo dell’irricevibilità<br />
<strong>dei</strong> contributi prescritti<br />
(si vedano, sul punto<br />
Cass. Civ. Sez. Lav. nn.<br />
2760/2006, 24863/2005,<br />
6340/2005, 23116/2004,<br />
9408/2002, 9525/2002,<br />
330/2002, 11140/2001).<br />
Con la sentenza n.<br />
20343/2006, la Suprema<br />
Corte di Cassazione ha posto<br />
in rilievo, tuttavia, un’importante<br />
distinzione, precisando<br />
che, sia le disposizioni<br />
di cui ai commi 9 e 10 dell’art.<br />
3 della legge n. 335/95<br />
che quelle di cui alle norme<br />
speciali <strong>dei</strong> singoli ordinamenti<br />
previdenziali degli enti<br />
privatizzati concernenti la<br />
prescrizione non riguardano<br />
le sanzioni per il tardivo o per<br />
l’omesso invio delle comunicazioni<br />
reddituali.<br />
Il sistema della riscossione<br />
<strong>dei</strong> contributi degli enti previdenziali<br />
privatizzati è fondato,<br />
infatti, sull’autodichiarazione<br />
<strong>dei</strong> redditi e <strong>dei</strong> volumi d’affari<br />
da parte del professionista<br />
entro un termine che generalmente<br />
è fissato in riferimento<br />
alla scadenza del termine<br />
per la presentazione<br />
della dichiarazione fiscale. La<br />
tardiva/omessa comunicazione<br />
<strong>dei</strong> dati reddituali all’ente<br />
di previdenza comporta<br />
l’applicazione di una sanzione<br />
(qualificata dalla giurisprudenza<br />
di legittimità come<br />
sanzione amministrativa).<br />
Gli enti previdenziali <strong>dei</strong> liberi<br />
professionisti hanno generalmente<br />
applicato a tali sanzioni<br />
lo stesso regime della<br />
prescrizione previsto per i<br />
contributi (5 o 10 anni decorrenti<br />
dall’invio della comunicazione<br />
reddituale da parte<br />
del professionista).<br />
La sentenza n. 20343/2006,<br />
invece, partendo dalla considerazione<br />
per cui la sanzione<br />
per tardiva omessa<br />
comunicazione <strong>dei</strong> dati<br />
reddituali non assume valenza<br />
accessoria rispetto<br />
ai contributi, ha ritenuto<br />
che alla stessa non sia applicabile<br />
il regime della<br />
Prescrizione di cui all’art.<br />
19 della L. n. 576/1980 (analogo<br />
ad altre disposizioni<br />
in tema di prescrizione presenti<br />
in altri Ordinamenti libero<br />
professionali), il cui titolo<br />
recita: “Prescrizione<br />
<strong>dei</strong> contributi” ma quello di<br />
cui all’art. 28 della legge n.<br />
689/81.<br />
In tale prospettiva, il termine<br />
di prescrizione risulta<br />
quinquennale (cioè lo stesso<br />
previsto dall’art. 3 commi<br />
9 e 10 della L. n. 335/95)<br />
ma tale termine decorre<br />
dalla commessa infrazione<br />
e non già, come prevederebbero<br />
le norme speciali<br />
degli enti previdenziali privatizzati,<br />
dalla data di invio<br />
della comunicazione reddituale.<br />
Per fare un esempio, ove<br />
la scadenza per l’invio della<br />
comunicazione reddituale<br />
del 1993, fosse il<br />
30/9/1993 e la stessa fosse<br />
stata concretamente inviata<br />
solo nel 2005, la sanzione,<br />
seguendo la linea interpretativa<br />
di Cass. Civ. n.<br />
20343/2006, risulterebbe<br />
prescritta, mentre, seguendo<br />
l’impostazione sin qui<br />
seguita dagli enti previdenziali<br />
privatizzati, risulterebbe<br />
tuttora esigibile.<br />
15
DELIBERE DISCIPLINARI<br />
L’intera delibera è in www.odg.mi.it<br />
Radiato Gianni Gambarotta (direttore del<br />
ha incassato 30 mila euro da Gianpiero Fior<br />
Milano, 25 gennaio <strong>2007</strong>.<br />
Pubblichiamo il parere<br />
sul ricorso presentato<br />
dal giornalista Giovanni<br />
(Gianni) Gambarotta avverso<br />
la delibera disciplinare<br />
del consiglio Regionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti della Lombardia<br />
adottata in data 11 dicembre<br />
2006.<br />
Il Procuratore<br />
generale<br />
Presso la Corte d’Appello di<br />
Milano, in persona del sostituto,<br />
dott.ssa Maria Antonietta<br />
Pezza;<br />
letta la delibera in oggetto<br />
con la quale è stata applicata<br />
al giornalista Giovanni<br />
Gambarotta, già direttore responsabile<br />
del periodico Il<br />
Mondo, la sanzione della radiazione<br />
per violazione degli<br />
artt. 2, 48 della legge professionale<br />
(n. 69/1963), dell’art.<br />
1 del Cnlg e della Carta <strong>dei</strong><br />
doveri del giornalista; letto il<br />
ricorso presentato dal difensore<br />
avverso la citata delibera<br />
(ricorso depositato in data<br />
29.12. 2006; delibera comu-<br />
Consiglio nazionale:<br />
sospesa la radiazione<br />
di Gianni Gambarotta<br />
Roma, 13 febbraio <strong>2007</strong>. Il Consiglio nazionale ha accolto<br />
l’istanza di sospensiva del provvedimento di radiazione<br />
adottato dall’<strong>Ordine</strong> di Milano nei confronti<br />
del giornalista professionista Gianni Gambarotta.<br />
Milano, 14 dicembre 2006. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia, al termine di un’istruttoria durata 6 mesi,<br />
ha deliberato di infliggere la sanzione della radiazione al giornalista<br />
professionista Giovanni (Gianni) Gambarotta, direttore<br />
responsabile del settimanale Il Mondo. Dice l’articolo 55 della<br />
legge professionale 69/1963: “La radiazione può essere disposta<br />
nel caso in cui l’iscritto con la sua condotta abbia gravemente<br />
compromesso la dignità professionale fino a rendere<br />
incompatibile con la dignità stessa la sua permanenza nell’albo,<br />
negli elenchi o nel registro”.<br />
Dalla documentazione consegnata dal Cdr di Rcs Periodici (i<br />
verbali di interrogatorio del 4 e del 5 gennaio 2006 di<br />
Gianfranco Boni e Gianpiero Fiorani) sono emersi elementi,<br />
che riguardano la posizione di Giovanni (Gianni) Gambarotta.<br />
Il 4 gennaio 2006 Gianfranco Boni, direttore finanziario della<br />
BpL dichiara ai sostituti procuratori della Repubblica Francesco<br />
Greco ed Eugenio Fusco: “Il secondo episodio di dazione di<br />
denaro con i fondi neri dell’amministratore delegato cui ho assistito<br />
non riguarda un pagamento di un uomo politico bensì<br />
ad un giornalista tale GAMBAROTTA direttore del MONDO.<br />
Ricordo che mi trovavo da FIORANI quando MONDANI annunciò<br />
l’arrivo di GAMBAROTTA ed in particolare ricordo che<br />
FIORANI tirò 4 accidenti e disse “gli devo dare <strong>dei</strong> soldi”. Non<br />
ho idea del motivo del pagamento e non so se il GRUPPO abbia<br />
pagato altri giornalisti per una buona stampa”.<br />
Il 5 gennaio 2006 Gianpiero Fiorani, a.d. della BpL dichiara ai<br />
sostituti procuratori della Repubblica Francesco Greco, Giulia<br />
Pernotti ed Eugenio Fusco: “Ho pagato, utilizzando la provvista<br />
“SPINELLI” il giornalista GAMBAROTTA, direttore del periodico<br />
“IL MONDO”. Credo di avergli dato 30.000,00 euro. La<br />
ragione della dazione era nell’ottenere un atteggiamento di benevolenza<br />
dal direttore di questa testata”.<br />
Su queste basi, il Consiglio, nella seduta dell’11 luglio 2006,<br />
aveva deliberato l’apertura del procedimento disciplinare.<br />
Questa delibera, che è un “provvedimento limitativo della sfera<br />
giuridica <strong>dei</strong> privati”, “acquista efficacia nei confronti di ciascun<br />
destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata”<br />
(art. 21-bis della legge 241/1990 ed “i provvedimenti amministrativi<br />
efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente<br />
stabilito dalla legge o dal provvedimento medesimo”<br />
(art. 21-quater della legge 241/1990). La delibera per la<br />
sua natura amministrativa è, quindi, di immediata esecutività.<br />
Va rilevato, infine, che l’incolpato e il difensore (nominato il 3 ottobre<br />
2006) non hanno utilizzato l’art. 116 del Cpp in base al<br />
quale avrebbero potuto chiedere copia <strong>dei</strong> verbali di Fiorani e<br />
Boni. Non solo: il Corriere della Sera (fratello maggiore del<br />
Mondo) del 13 maggio 2006 ha pubblicato il verbale Fiorani.<br />
Gianni Gambarotta non ha promosso alcuna iniziativa giudiziaria<br />
contro il quotidiano, che, secondo il suo assunto, avrebbe<br />
utilizzato un atto secretato. Gianni Gambarotta, inoltre, non<br />
ha avviato alcuna iniziativa legale contro Fiorani e Boni. Con<br />
questo comportamento ha implicitamente ammesso di avere<br />
incassato i 30mila euro da Fiorani. Gambarotta evidentemente<br />
ha avvertito il peso della sconfessione operata nei suoi riguardi<br />
dal giornale più eminente della sua stessa casa editrice.<br />
Il Corriere della Sera, pubblicando il verbale Fiorani, indirettamente<br />
ne ha ammesso il fondamento anche per quanto<br />
concerne l’accusa al direttore del settimanale più prestigioso<br />
del gruppo.<br />
A questo punto il Consiglio ritiene di dovere affermare le responsabilità<br />
gravissime di Gianni Gambarotta: i 30mila euro, ricevuti<br />
da Fiorani (presente Boni), sono il prezzo di una corruzione<br />
atipica, non penalmente rilevante, trattandosi di un negozio<br />
tra privati. Con questo comportamento Gambarotta ha<br />
tradito il suo collettivo redazionale, il suo editore, i suoi lettori.<br />
Le dichiarazioni di Boni e Fiorani formano un incastro accusatorio<br />
solido e inattaccabile. È evidente che è Boni ad anticipare<br />
il 4 gennaio 2006 le accuse di Fiorani (del 5 gennaio 2006)<br />
e non viceversa. Gianni Gambarotta ha “gravemente compromesso<br />
la dignità professionale fino a rendere incompatibile<br />
con la dignità stessa la sua permanenza nell’alb”.<br />
Anche la testimonianza di Elli è rilevante al fine di comprendere<br />
il comportamento amichevole di Gambarotta nei riguardi di<br />
Fiorani.<br />
Gambarotta rivendica come merito la “conclusione di due “pacchetti”<br />
di abbonamenti a il Mondo con la Banca popolare di<br />
Lodi nel 2002 e 2004 da parte di Rcs Periodici. Rientra a pieno<br />
titolo - in quanto tale - nei miei compiti di direttore responsabile,<br />
e che deve essere inquadrata nel mio impegno complessivo<br />
dedicato, in tutti questi anni, al salvataggio e al rilancio<br />
di una testata storica del giornalismo italiano”. Il direttore fa<br />
il direttore: “Oltre all’obbligo del rispetto della verità sostanziale<br />
<strong>dei</strong> fatti con l’osservanza <strong>dei</strong> doveri di lealtà e di buona fede, il<br />
giornalista, nel suo comportamento oltre ad essere, deve anche<br />
apparire conforme a tale regola, perché su di essa si fonda<br />
il rapporto di fiducia tra i lettori e la stampa” (App. Milano,<br />
18 luglio 1996; Riviste: Foro Padano, 1996, I, 330, n. Brovelli;<br />
Foro It., 1997, I, 938). La deontologia professionale - che vincola<br />
anche l’editore - non prevede per i giornalisti l’esercizio di<br />
ruoli di natura commerciale. La legge professionale n. 69/1963,<br />
con l’articolo 1 (3° comma), impone ai giornalisti professionisti<br />
di svolgere la professione “in modo esclusivo e continuativo”. I<br />
professionisti non possono fare i procacciatori di affari (= abbonamenti)<br />
per conto dell’editore. Un direttore responsabile,<br />
che si dedica alla caccia di abbonamenti, rischia di subire pesanti<br />
condizionamenti e di compromettere l’autonomia del suo<br />
collettivo redazionale salvaguardato dagli articoli 1 e 6 del<br />
Cnlg. Questi accordi, propri dell’Ufficio marketing della Rcs e<br />
non confacenti per il direttore responsabile di una testata, sono<br />
stati firmati in una fase successiva al dossier su Fiorani costruito<br />
da Stefano Elli, dossier stoppato, come è emerso, dal<br />
direttore sulla base di un veto dell’ufficio legale di Rcs.<br />
Gambarotta non ha spiegate quante altre volte abbia fatto ricorso<br />
alle consulenze dell’Ufficio legale di Rcs. È ipotizzabile<br />
che Fiorani si sia sdebitato prima con la sottoscrizione degli abbonamenti<br />
e poi con la elargizione <strong>dei</strong> 30mila euro. Nel 2005,<br />
soprattutto quando si manifesta la scalata di Ricucci, anche il<br />
Mondo comincia a prendere le distanze dal duo<br />
Fiorani&Ricucci nonché dal Governatore Fazio, seguendo la<br />
scia della corazzata Corriere della Sera, e, quindi, una scelta<br />
editoriale di fondo della Rcs. È una scelta, quindi, che<br />
Gambarotta subisce. Gambarotta cita a sua difesa una copertina<br />
del Mondo dal titolo “Bankitalia contro Fazio” pubblicata il<br />
3 giugno 2005. Domenica 22 maggio 2005 il Corriere della<br />
Sera non era uscito per uno sciopero <strong>dei</strong> giornalisti. Alla manifestazione<br />
di protesta hanno aderito anche i redattori di<br />
Corriere.it. In un comunicato del Comitato di redazione si spiegano<br />
le ragioni: “A una minaccia esterna crescente che ogni<br />
giorno occupa le cronaca di Borsa non corrisponde una<br />
capacità di difesa dell’azienda. Il rastrellamento di azioni<br />
da parte di Stefano Ricucci, in assoluta mancanza di trasparenza,<br />
alimenta inquietudini. Quanto accade nel mercato<br />
dimostra che il corretto funzionamento del Corriere,<br />
già di per sé difficile, può essere messo in pericolo nonostante<br />
gli impegni di stabilità assunti, negli ultimi giorni,<br />
dai membri del patto di sindacato RCS MediaGroup… Di<br />
pari passo il management, con accanimento che appare<br />
ottuso e burocratico, rifiuta al funzionamento del giornale<br />
le risorse indispensabili, in uomini e mezzi, perché il<br />
Corriere possa difendersi e onorare il primato in edicola”.<br />
Il Cdr ha chiesto al presidente del gruppo”di separare con<br />
chiarezza e con atti formali il giornale dall’azionariato, dagli<br />
interessi degli azionisti e da possibili incursioni di raider.<br />
Questo, stante la situazione proprietaria, è indispensabile<br />
per assicurare ai lettori, con l’impegno <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
il mantenimento dell’autorevolezza, dell’indipendenza<br />
e della credibilità del Corriere ogni giorno”. (in<br />
www.odg.mi.it/docview.aspDID=1894 e anche a pagina<br />
266 del II volume del Codice dell’informazione e delle comunicazione,<br />
edito nell’aprile 2006 dal Centro di documentazione<br />
giornalistica di Roma, a firma Franco Abruzzo). La copertina<br />
del Mondo, quindi, non è un merito, ma un atto doveroso del<br />
direttore del Mondo in difesa dell’autonomia <strong>dei</strong> Rcs Media<br />
Group.<br />
Il Consiglio sottolinea che Gianni Gambarotta nella lettera/memoria<br />
del 12 giugno si dice “del tutto ignaro del contenuto di<br />
quegli atti”, cioè <strong>dei</strong> verbali di interrogatorio di Gianfranco Boni<br />
e Gianpiero Fiorani. Ne era, invece,a conoscenza, come è<br />
emerso dall’istruttoria, sin dal 23/24 maggio precedente e aveva<br />
confessato ad alcuni colleghi di essere anche preoccupato.<br />
In particolare il giornalista professionista Gambarotta :<br />
a. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione<br />
(articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamento<br />
della professione di giornalista), assoggettando la sua libertà<br />
di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazione<br />
del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione);<br />
b. ha violato il principio dell’autonomia professionale (affermato<br />
dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendo<br />
così meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampa<br />
e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);<br />
c. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’<strong>Ordine</strong><br />
professionale (articolo 48 della legge professionale<br />
69/1963).<br />
d. ha violato la Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista del 1993 nella<br />
parte in cui afferma: “La responsabilità del giornalista verso<br />
i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra.<br />
Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri...”.<br />
...ma la Procura generale chiede al Consiglio nazionale di assolvere l’ e<br />
nicata a mezzo posta elettronica<br />
in data 14.12. 2006 e notificata<br />
in data 18.12. 2006):<br />
Osserva<br />
Esaminate le doglianze difensive<br />
reputa la scrivente di<br />
effettuare le assorbenti considerazioni<br />
qui di seguito<br />
enunciate.<br />
Al giornalista Giovanni Gambarotta<br />
è stato addebitato<br />
uno specifico fatto storico<br />
emerso a seguito della pubblicazione<br />
sul quotidiano<br />
Corriere della Sera, nell’edizione<br />
del 13.05. 2006, di uno<br />
stralcio delle dichiarazioni rilasciate<br />
dall’ex amministratore<br />
delegato della Banca<br />
Popolare di Lodi Giampiero<br />
Fiorani ai pubblici ministeri<br />
che lo interrogavano.<br />
Il fatto addebitato consiste<br />
nell’avere incassato la somma<br />
di denaro di 30 mila euro<br />
elargita da Fiorani con l’obiettivo<br />
“di acquistare pagando<br />
almeno la neutralità o la<br />
benevolenza del periodico diretto<br />
da Gambarotta negli avvenimenti<br />
di cui quell’istituto<br />
era protagonista” (vedi avviso<br />
disciplinare).<br />
Compito essenziale del<br />
Consiglio territoriale era quello<br />
di accertare in termini univoci<br />
e rigorosi la sussistenza<br />
di quel fatto, da sempre e da<br />
subito contestato dal giornalista<br />
incolpato nelle varie sedi<br />
in cui ha avuto modo di<br />
esprimersi pubblicamente,<br />
essendo evidente che la prova<br />
di esso, stante la particolare<br />
gravità della violazione<br />
delle regole di deontologia<br />
professionale scaturente dalla<br />
condotta addebitata, a-<br />
vrebbe comportato automaticamente<br />
l’applicazione di<br />
sanzione disciplinare.<br />
Ebbene ad avviso della scrivente<br />
l’esito dell’istruttoria<br />
svolta in sede territoriale non<br />
consente di ritenere che detta<br />
prova sia stata raggiunta di<br />
talché il giornalista dovrà essere<br />
mandato assolto dall’addebito<br />
ascrittogli.<br />
Nucleo fondante delle delibera<br />
disciplinare è costituito dalle<br />
dichiarazioni di Boni e di<br />
Fiorani definite (impropriamente)<br />
quali “testimonianze”.<br />
Si è in realtà al di fuori dalla<br />
testimonianza (prova orale)<br />
per tale dovendo intendersi,<br />
sotto il profilo tecnico-processuale,<br />
l’insieme delle dichiarazioni<br />
rese al giudice da una<br />
persona estranea alla controversia<br />
con riferimento ai fatti<br />
di cui è a conoscenza e con<br />
obbligo, sanzionato penalmente,<br />
di dire la verità su<br />
quanto narrato, essendosi invece<br />
in presenza di dichiarazioni,<br />
quelle di Boni e di<br />
Fiorani, rese da indagati di<br />
gravi reati sottoposti a misura<br />
cautelare custodiale e<br />
dunque rese da soggetti che<br />
non erano tenuti, come sono<br />
i testimoni, a dire il vero in ordine<br />
ai fatti sui quali vengono<br />
interrogati essendo le dichiarazioni<br />
degli indagati di natura<br />
eminentemente difensiva<br />
con riferimento ai reati loro<br />
addebitati. A fronte della dichiarazione<br />
di estraneità al<br />
fatto da parte del giornalista<br />
ed a fronte della eccezione<br />
difensiva di acquisizione irrituale<br />
<strong>dei</strong> verbali delle dichiarazioni<br />
di Boni e di Fiorani<br />
(consegnati al Consiglio territoriale<br />
da una componente<br />
del c.d.r della RCS Periodici<br />
sentita in sede di istruttoria la<br />
quale a sua volta li aveva ottenuti<br />
in via non ufficiale)<br />
nonché a fronte della connessa<br />
eccezione di inutilizzabilità<br />
<strong>dei</strong> verbali medesimi<br />
(perché secretati) non si è ritenuto<br />
di effettuare alcun pertinente<br />
approfondimento<br />
istruttorio ed in particolare<br />
non si è ritenuto di procedere<br />
all’audizione <strong>dei</strong> suddetti<br />
dichiaranti né in sede di decisione<br />
si è ritenuto di procedere<br />
ad un vaglio di dette dichiarazioni<br />
(prive di indicazioni<br />
circa il contesto e circa il<br />
tempo in cui il fatto narrato si<br />
sarebbe verificato).<br />
Si è invece ritenuto di dare<br />
senz’altro valore di prova a<br />
quelle dichiarazioni e di superare<br />
le eccezioni del giornalista<br />
rimarcandosi come<br />
fosse suo onere di chiedere i<br />
verbali delle dichiarazioni rese<br />
da Boni e da Fiorani<br />
all’A.G. investita delle indagini<br />
sulla vicenda penale e come<br />
fosse parimenti suo onere,<br />
qualora si fosse trattato di<br />
verbali secretati, assumere<br />
inizikive giudiziarie nei confronti<br />
del quotidiano (Corriere<br />
della Sera) che quei verbali<br />
aveva pubblicato così aggirandosi<br />
compiti di verifica che<br />
spettavano all’organo investito<br />
dell’istruttoria.<br />
Escluso che le dichiarazioni<br />
rese dagli indagati Boni e<br />
Fiorani siano da qualificarsi<br />
come testimonianze (difettando<br />
<strong>dei</strong> requisiti essenziali)<br />
16 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
L'intera delibera è in www.odg.mi.it<br />
“Mondo”):<br />
ani (ad di BpL)<br />
Sentiti dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />
Sallusti e il Cdr<br />
di “Libero” dicono<br />
che “Dreyfus<br />
non è Renato Farina”<br />
Milano, 16 gennaio <strong>2007</strong>. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia ha condotto una indagine amministrativa<br />
diretta ad accertare l’identità di “Dreyfus”, una firma<br />
apparsa più volte anche nella prima pagina del quotidiano<br />
Libero. Il direttore responsabile, Alessandro Sallusti, e i tre<br />
membri del Cdr (Attilio Barbieri, Andrea Morigi e Maurizio<br />
Zottarelli) hanno dichiarato che “Dreyfus non è Renato<br />
Farina”. Sallusti ha precisato che quella di “Dreyfus” è una<br />
firma a disposizione della direzione, un po’ come quella dell’elefantino<br />
per il Foglio: “Dreyfus” sarebbe un autore collettivo.<br />
“Farina - ha aggiunto Sallusti - non svolge alcuna attività<br />
giornalistica dopo la sospensione di 12 mesi inflittagli<br />
dall’<strong>Ordine</strong>”. Il Cdr ha aggiunto, facendo riferimento a un colloquio<br />
con il direttore generale dell’azienda, che “Farina non<br />
prende lo stipendio, che non è a bilancio e che la sua firma<br />
non è nel sistema editoriale”.<br />
Sequestro Abu Omar:<br />
Renato Farina patteggia<br />
una pena di sei mesi<br />
per favoreggiamento<br />
Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. Il giornalista Renato Farina, vice<br />
direttore di Libero (ora sospeso dalla professione) ha<br />
patteggiato la pena a sei mesi. Era accusato di favoreggiamento<br />
nell'ambito del procedimento sul sequestro di<br />
Abu Omar<br />
Il patteggiamento a sei mesi di reclusione accordato dal<br />
gup di Milano Caterina Interlandi a Renato Farina è stato<br />
convertito in una pena pecuniaria di 6.840 euro. Un anno,<br />
9 mesi e 10 giorni e' invece la pena patteggiata dall'ex carabiniere<br />
del Ros Luciano Pironi, accusato di concorso in<br />
sequestro di persona. La pena patteggiata dall'ex maresciallo<br />
<strong>dei</strong> Ros Luciano Pironi, unico reo confesso per il rapimento,<br />
è sospesa con la condizionale. (ANSA)<br />
ex direttore del “Mondo”<br />
esse costituiscono elementi<br />
di sospetto in ordine al fatto<br />
narrato che per essere ritenuto<br />
provato avrebbe dovuto<br />
essere suffragato da robusti<br />
elementi di riscontro fattuale<br />
o logico.<br />
Ebbene non può ritenersi<br />
che siano emersi elementi a<br />
sostegno, delle dichiarazioni<br />
suddette con riferimento al<br />
prospettato asservimento ed<br />
all’asserita benevolenza del<br />
giornale diretto da Gambarotta<br />
nei confronti di Fiorani,<br />
della sua banca o <strong>dei</strong><br />
suoi amici/ sostenitori.<br />
Le copertine del Mondo prodotte<br />
in istruttoria hanno dato<br />
conto della linea critica del<br />
giornale nel periodo “caldo”<br />
delle vicende Fiorani/Ricucci/Bankitalia<br />
ed anche con riferimento<br />
al periodo antecedente<br />
laddove la pregressa<br />
mancata pubblicazione del<br />
“dossier” di Stefano Elli ha<br />
trovato una spiegazione nelle<br />
parole di Gambarotta e<br />
dello stesso Elli che non si<br />
presta ad essere interpretata<br />
come voluta benevolenza nei<br />
confronti di Fiorani.<br />
Costituisce infine un evidente<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
salto logico l’affermazione<br />
del Consiglio secondo cui la<br />
mancata assunzione da parte<br />
di Gambarotta di iniziative<br />
legali nei confronti di Boni e<br />
di Fiorani costituirebbe un’implicita<br />
ammissione della percezione<br />
del denaro essendo<br />
detto comportamento, peraltro<br />
spiegato dal giornalista,<br />
del tutto neutro con riferimento<br />
all’accusa di un fatto<br />
violativo delle regole deontologiche<br />
la cui prova doveva<br />
essere fornita da chi quell’accusa<br />
aveva elevata (vige anche<br />
nel giudizio disciplinare<br />
la regola civilistica sull’onere<br />
della prova).<br />
p. q. m.<br />
chiede che il Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
voglia riformare la delibera<br />
impugnata mandando<br />
assolto il giornalista Giovanni<br />
Gambarotta dall’addebito<br />
ascrittogli disponendo, nelle<br />
more, la sospensione dell’efficacia<br />
esecutiva della delibera<br />
medesima.<br />
Milano 22.01.<strong>2007</strong>.<br />
In:www.odg.mi.it/docview.-<br />
aspDID=2585 la delibera<br />
dell’<strong>Ordine</strong> di Milano<br />
Rapporti distorti col Sismi:<br />
Fazzo sospeso per 12 mesi<br />
Milano, 18 dicembre 2006. Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia ha inflitto la sanzione della sospensione<br />
di 12 mesi al giornalista professionista Luca Fazzo, già<br />
inviato speciale di Repubblica per i rapporti anomali e distorti<br />
mantenuti per due anni con il n. 2 (Marco Mancini) del<br />
Sismi. Dice l’articolo 54 della legge 69/1963: “La sospensione<br />
dall’esercizio professionale può essere inflitta nei casi in cui<br />
l’iscritto con la sua condotta abbia compromesso la dignità professionale”.<br />
La delibera è esecutiva.<br />
Nell’articolo apparso nell’edizione 18 luglio 2006 del Corriere<br />
della Sera si poteva leggere: “Il Sismi cerca di capire cosa<br />
pubblicheranno i quotidiani attraverso i giornalisti<br />
che seguono per mestiere i Servizi. Nessuno di questi<br />
è indagato. Il 10 maggio il capocentro Sismi di Milano,<br />
colonnello Gerli, comunica a Mancini che un giornalista<br />
di Repubblica, l’inviato milanese Luca Fazzo, gli ha<br />
preannunciato un articolo sul carabiniere del Ros che<br />
ha confessato il sequestro. «Alle 22.20 il giornalista<br />
chiama Mancini e gli anticipa che l’indomani sarà pubblicato<br />
anche un articolo pesante (firmato da<br />
Giuseppe D’Avanzo, ndr), che gli riassume e che subito<br />
dopo gli invia per fax»”. Nell’articolo pubblicato il<br />
19 luglio 2006 da Repubblica si poteva leggere: "Alle<br />
22.20 del 10 maggio, il giornalista di Repubblica Luca<br />
Fazzo chiama Marco Mancini e gli anticipa che l’indomani<br />
sarà pubblicato un articolo pesante il cui contenuto<br />
gli riassume e che subito dopo gli invia per fax.<br />
Alle 9.34 del giorno successivo ancora il giornalista<br />
chiama Mancini, commenta con lui gli articoli, apparsi<br />
sui quotidiani di quel giorno e l’attività di alcuni suoi<br />
“colleghi” (“È come se si fosse creato un circuito che<br />
si autoalimenta, in cui alcuni hanno i loro cazzi da sistemare...<br />
Colpiscono te per colpire il direttore”)”.<br />
Il Consiglio afferma la piena responsabilità di Luca Fazzo,<br />
protagonista di episodi (non solo quello dell’invio via fax di un<br />
articolo di un collega al n. 2 del Sismi) che dimostrano la sua<br />
sudditanza nei riguardi del Servizio segreto militare. La linea<br />
difensiva si può riassumere così: “Per svolgere il suo lavoro in<br />
tali situazioni, Luca Fazzo ha necessariamente avuto contatti,<br />
assolutamente leciti, con esponenti <strong>dei</strong> servizi segreti ed ha<br />
utilizzato tali rapporti per trovare e scrivere notizie sul suo giornale.<br />
Luca Fazzo aveva importanti fonti nei servizi segreti, ma<br />
non era affatto fonte di questi: è emerso dalle indagini penali,<br />
infatti, come Luca Fazzo non avesse alcun rapporto con Pio<br />
Pompa. In tale ambito deve quindi essere giudicato l’invio del<br />
fax a Mancini”.<br />
Fazzo precisa: “Ho mandato quel fax soltanto per tenere salda<br />
una fonte che forniva a Repubblica notizie importanti, di cui<br />
Repubblica si è giovata per due anni… Ezio Mauro è un direttore<br />
presente e meticoloso, legge il suo giornale fino all’ultima<br />
riga. E per due anni ha potuto, quantomeno, leggere in articoli<br />
a firma di Luca Fazzo notizie la cui provenienza dai servizi<br />
era evidente, se non altro perché spesso i servizi - in particolare<br />
il Sismi - erano indicati senza giri di parole come fonti<br />
dell’articolo… Dunque, Repubblica sapeva e pubblicava.<br />
Certo, non conosceva i nomi e i cognomi delle mie fonti al<br />
Sismi. Avrei dovuto comunicarli Credo proprio di no, se ogni<br />
norma deontologica mette ai primi posti <strong>dei</strong> doveri del<br />
giornalista la tutela delle proprie fonti. Ed è ovvio che è<br />
una tutela che vale anche all’interno del giornale, visto che<br />
quello che Mauro si aspettava - così vi ha raccontato - non era<br />
una confidenza a tu per tu, ma una “messa in comune”, una<br />
rivelazione della fonte nella riunione di redazione: «e poi magari<br />
alle sei quando abbiamo la riunione di tutto il gruppo di direzione<br />
nella mia stanza lo ripete di nuovo perché diventi un<br />
patrimonio condiviso». Avrei dovuto, secondo lui, rendere pubblica<br />
l’identità di una mia fonte, di una fonte delicatissima come<br />
un agente segreto. Questo sì che sarebbe stata una violazione<br />
imperdonabile <strong>dei</strong> miei doveri”.<br />
Ezio Mauro, invece, prospetta un’altra verità, credibile, che<br />
non demonizza l’utilizzazione <strong>dei</strong> servizi come fonti corrette:<br />
“Io non ero assolutamente a conoscenza di questi rapporti e<br />
come me non ne erano a conoscenza i colleghi della direzione.<br />
Non esisterà nessuna traccia, noi eravamo - come è evidente<br />
degli avvisi di garanzia mandati dalla procura di Milano<br />
- intercettati dagli amici di Fazzo a nostra insaputa. ….. non c’è<br />
mai una mia telefonata, non c’è una mia mail, non c’è nulla in<br />
cui io gli chieda di muoversi in quegli ambienti. Voglio precisare,<br />
e poi torno subito al punto, che naturalmente si possono<br />
frequentare per lavoro i servizi segreti come fonte e non necessariamente<br />
bisogna comportarsi in modo infedele nel proprio<br />
giornale e in modo sleale verso i propri colleghi altrimenti<br />
noi potremmo consegnare le chiavi della nostra deontologia e<br />
smettere di occuparcene. Se tutti i colleghi che si sono occupati<br />
nella storia del giornalismo e che si occupano oggi di servizi<br />
segreti dovessero per questo diventare infedeli nei confronti<br />
del proprio giornale, spiare i colleghi e trasmettere ad<br />
un’altra entità con cui - tra parentesi ma nel caso in questione<br />
è così, il giornale era in conflitto perché le nostre inchieste ci<br />
hanno portato in conflitto con questi signori e quindi in patente<br />
e conosciuta situazione di conflitto - il collega sceglie quella<br />
struttura e quel potere invece del suo giornale, quindi è una<br />
cosa inconcepibile. Si può benissimo occuparsi di Servizi ed<br />
essere puliti nel fare il proprio mestiere; puliti nei confronti <strong>dei</strong><br />
lettori, puliti nei confronti <strong>dei</strong> propri colleghi, puliti nei confronti<br />
del direttore, puliti nei confronti del giornale e di tutta la struttura<br />
(questo, detto tra parentesi). Lui avrebbe benissimo potuto<br />
occuparsene ed essere un giornalista leale ai suoi doveri<br />
professionali tra i quali c’è anche il dovere nei confronti dell’azienda<br />
che gli paga lo stipendio, convinto che si tratti di un lavoro<br />
in esclusiva - convinto come prevede il contratto che si<br />
tratta di lavoro in esclusiva - e che ci sia un accesso al sistema<br />
informatico interno del giornale dove sono posti via via tutti<br />
i pezzi nella convinzione che si lavora per un’opera intellettuale<br />
collettiva dove il lavoro viene diviso ed è nello stesso tempo<br />
a disposizione di tutti in un presupposto di buona fede… Ma<br />
la lettera che lui mi ha fatto sul piano personale è una lettera<br />
che aveva scarsissimi elementi di difesa rispetto alla gravità di<br />
quello che era successo; una sottovalutazione assoluta di<br />
quello che era successo tanto che lui sembrava non doversi<br />
difendere, non sentire il bisogno di difendersi e poi nella lettera<br />
lui sottolinea di avere avuto - cosa non richiesta, cosa che<br />
non era contestata dai fatti - oltre a Mancini e tutte queste persone<br />
qua, anche incontri con Pollari “che stimo tantissimo”, eccetera,<br />
eccetera.<br />
Quando lui è venuto poi a parlarmi degli incontri con Pollari<br />
“che stimo tantissimo” gli ho detto «Senti una cosa, io lo ricordo<br />
che qualche volta, due forse tre, ti ho trovato qui in redazione<br />
che era probabilmente prima o dopo, o prima e dopo i<br />
tuoi incontri con Pollari e non hai mai sentito il bisogno di informarmi<br />
di questo….. Comunque, presidente, nel punto specifico,<br />
guardandoci in faccia: io non ho mai saputo né ho avuto<br />
elementi; nessuno, né il giornale, né chiacchiere, né indicazioni<br />
concrete per dire «Ah, no, ma su questo punto abbiamo<br />
Fazzo che può fare verifiche…». Mai, mai, mai! Io non ho mai<br />
saputo che c’era quella cosa lì, lui ne ha fatta una gestione privata.<br />
Il direttore, la struttura di direzione del giornale non l’hanno<br />
mai saputo e la prova del nove, ricavata a posteriori casualmente,<br />
è questa cosa qui che addirittura è di quattro o cinque<br />
incontri con Pollari. Se tu ti vanti di avere <strong>dei</strong> rapporti organici<br />
scoperti con i Servizi e che il tuo giornale lo sapeva e ti<br />
incitava a farlo allora perché quando sei andato dal capo non<br />
lo hai detto al direttore prima e dopo E non gli hai riferito, non<br />
hai messo a disposizione del giornale quella cosa lì O almeno<br />
del direttore chiedendogli una gestione confidenziale delle<br />
fonti Magari mi potevi dire «Questa roba matura tra un mese,<br />
non dirla a nessuno me ne sto occupando io». Niente, niente,<br />
niente. E ti ripeto questo gli è stato con te sta to e non ha detto<br />
una parola su questo”.<br />
Anche il Cdr non conosceva i rapporti reali tra Sismi e Fazzo.<br />
Ha detto Andrea Montanari: “Quello che è sempre stato noto<br />
a noi, ma come a chiunque, insomma, qualsiasi collega può,<br />
anche il lettore di Repubblica, dire che il collega Fazzo era del<br />
settore della giudiziaria del nostro quotidiano, dopodiché quello<br />
che facesse, quali fossero i suoi contatti noi come Cdr non<br />
siamo neanche venuti a saperlo…”.<br />
Riassumendo: Luca Fazzo dal 2004 al 2006 ha sviluppato<br />
rapporti intensi con Marco Mancini (n. 2 del Sismi) conosciuto<br />
tramite Giuliano Tavaroli (capo della sicurezza<br />
Pirelli/Telecom). Tavaroli per lui è un amico di famiglia.<br />
Incontrerà “5 o 6 volte”, attraverso Mancini, il direttore del<br />
Sismi Nicolò Pollari. Fazzo fu utilizzato da Mancini “per far<br />
pervenire” all’editore di Repubblica e dell’Espresso, Carlo De<br />
Bendetti, “la notizia dell’arrabbiatura del Sismi” per via di un<br />
articolo del settimanale del gruppo.<br />
Nella lettera a Ezio Mauro del 18 luglio 2006, Fazzo scrive:<br />
“È successo un paio di volte che Mancini mi abbia chiesto di<br />
sapere cosa Repubblica avrebbe pubblicato il giorno successivo.<br />
A queste richieste ho sempre risposto in modo generico<br />
e senza comunicare nulla di rilevante o in grado di danneggiare<br />
il giornale. In un solo caso ho comunicato in anticipo al<br />
Sismi il contenuto di un articolo non ancora pubblicato. Si trattava<br />
del mio articolo sull’interrogatorio del maresciallo Luciano<br />
Pironi, indagato per il sequestro di Abu Omar.<br />
Mi rivolsi al servizio per chiedere se c’erano stati rapporti tra<br />
Pironi e il servizio stesso, e ne ebbi risposta negativa. Poi l’articolo,<br />
come ti è noto, venne stoppato su richiesta del dottor<br />
Spataro, che era stato anch’egli informato della pubblicazione<br />
imminente”.<br />
Conclude Fazzo: “È tutto. Mancherei di lealtà a Marco Mancini<br />
se non ti dicessi che lo considero a tutt’oggi un servitore fedele<br />
di questo Stato e - con parola desueta - un patriota. Degli<br />
eventuali illeciti che possa aver commesso risponderà lui. I<br />
miei rapporti con Mancini sono stati quelli di un giornalista con<br />
la sua fonte, una fonte che lavorava per la sicurezza del nostro<br />
Paese e che affrontava sulla sua pelle rischi che ben pochi<br />
avrebbero affrontato. Te lo dico perché lo dirò anche ai magistrati<br />
nel caso che davvero decidano di interrogarmi”.<br />
Su quest’ultima confessione di Fazzo - la lettera a Mauro è<br />
una confessione con ammissione di colpevolezza -<br />
Mauro ha così riferito il colloquio con Fazzo, mentre aveva<br />
sotto gli occhi la lettera del 18 luglio: “”Mancherei di lealtà a<br />
Marco Mancini…”. Eh, ma non ti preoccupi mica di aver mancato<br />
di lealtà nei confronti del giornale “Mancherei di lealtà<br />
a Marco Mancini…” e la lealtà nei confronti del giornale non<br />
viene prima di tutto “Se non ti dicessi che lo considero a<br />
segue<br />
17
DELIBERE DISCIPLINARI<br />
SEGUE LA DELIBERA DELL’ORDINE SU LUCA FAZZO<br />
segue dalla pagina precedente<br />
tutt’oggi un servitore fedele di questo Stato e (…ESPRES-<br />
SIONE ININTELLIGIBILE…) un patriota”. Sì è una lettera personale<br />
che io ho. Dopodiché, se posso fare una parentesi,<br />
è chiaro che con questa lettera lui meritava il licenziamento<br />
in tronco…”.<br />
Fazzo non è protagonista, come si pensava, soltanto dell’episodio<br />
di aver spedito via fax l’articolo di un collega al n. 2<br />
del Sismi. Ricevendo notizie spesso esclusive dagli uomini<br />
<strong>dei</strong> servizi, ne era condizionato fino al punto di essere utilizzato<br />
da Mancini come corriere di un “messaggio” minaccioso<br />
diretto al suo editore. Fazzo non si rendeva conto che il Sismi<br />
lo “alimentava” per farlo crescere nel suo giornale al fine poi<br />
di ottenere a sua volta favori sotto forma di informazioni privilegiate.<br />
Mancini era in grado di chiedergli notizie particolari<br />
alle quali, dice, dava risposte generiche. E chi può garantirlo<br />
Luca Fazzo - che con la sua lettera a Mauro ha confermato<br />
il fondamento dell’accusa - ammette di fatto di avere tenuto<br />
un rapporto distorto con il suo giornale e ha strumentalizzato<br />
la professione giornalistica, ponendosi al servizio del<br />
Sismi e piegando l’esercizio della libertà di stampa (con la<br />
trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n. 2 del<br />
Sismi) a fini estranei ai doveri di indipendenza e autonomia,<br />
lealtà e buona fede, osservanza delle leggi e rispetto <strong>dei</strong> lettori<br />
propri di chi svolge una funzione di pubblico interesse,<br />
qual è quella del giornalista professionista mediatore intellettuale<br />
tra i fatti e i cittadini. Nella lettera a Mauro, Fazzo scrive:<br />
“Non credo che esistano norme precise e codificate<br />
sui rapporti tra i giornalisti e le loro fonti, men che<br />
meno sui rapporti con fonti particolari come sono<br />
quelle dell’intelligence”, mentre l’articolo 1 della legge<br />
801/1977 afferma che “In nessun caso i Servizi possono avere<br />
alle loro dipendenze, in modo organico o saltuario, … giornalisti<br />
professionisti”. Questa norma, che vale anche sul rovescio,<br />
vieta ai giornalisti professionisti di lavorare, comunque,<br />
anche se in forma indiretta ed episodica, per i Servizi segreti<br />
civili e militari. Nella Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista si legge:<br />
“La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre<br />
nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla<br />
ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell’editore,<br />
del governo o di altri organismi dello Stato … Il giornalista<br />
non può accettare privilegi, favori o incarichi che possono<br />
condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale”.<br />
Fazzo ignorava e ignora questi obblighi e questi doveri.<br />
“Ogni norma deontologica - afferma Fazzo - mette ai primi posti<br />
<strong>dei</strong> doveri del giornalista la tutela delle proprie fonti”. Il segreto<br />
professionale sulle fonti fiduciarie è esterno, non interno.<br />
Il cronista non svela le sue fonti a nessuno (magistrati<br />
compresi). Il segreto professionale, secondo la Corte di<br />
Strasburgo, è un pilastro del buon giornalismo, perché contribuisce<br />
a garantire ai cittadini le informazioni su tutto quello<br />
che accade nei Palazzi del potere. Il segreto professionale,<br />
però, non può essere opposto al proprio direttore, garante<br />
dell’autonomia della redazione e punto di riferimento deontologico<br />
<strong>dei</strong> redattori, come questo Consiglio ha avuto modo di<br />
affermare in plurime occasioni. Fazzo sbaglia, quando sostiene<br />
il contrario e sbaglia ancora quando afferma: “Avevo<br />
creato con il Sismi un rapporto di fiducia nell’interesse del giornale”.<br />
La delicatezza e i rischi di quel rapporto, insolito per i<br />
cronisti, dovevano far scattare in Fazzo l’esigenza di ottenere<br />
il sostegno del suo direttore.<br />
In particolare il giornalista professionista Luca Fazzo:<br />
a. ha strumentalizzato, come rilevato, la professione giornalistica,<br />
ponendosi al servizio del Sismi (in contrasto con le<br />
finalità di cui all’articolo 1, primo comma, della legge<br />
801/1977) e piegando l’esercizio della libertà di stampa<br />
(con la trasmissione via fax dell’articolo di un collega al n.2<br />
del Sismi) a fini estranei ai doveri di lealtà e buona fede,<br />
osservanza delle leggi e rispetto <strong>dei</strong> lettori propri di chi<br />
svolge una funzione di pubblico interesse, qual è quella del<br />
giornalista professionista mediatore intellettuale fra i fatti e<br />
i cittadini;<br />
b. ha violato l’obbligo di esercitare con dignità e decoro la professione<br />
(articolo 48 della legge 69/1963 sull’ordinamento<br />
della professione di giornalista), assoggettando la sua libertà<br />
di cronaca e di critica a interessi esterni (con violazione<br />
del comma 2 dell’articolo 21 della Costituzione) fino<br />
al punto di “essere tirato per la giacca” in ogni momento<br />
da Marco Mancini;<br />
c. ha violato il principio dell’autonomia professionale (affermato<br />
dall’articolo 1, comma 3, del Cnlg 2001/2005), venendo<br />
così meno al dovere di promuovere la fiducia tra la stampa<br />
e i lettori (articolo 2 della legge 69/1963);<br />
d. non ha rispettato la sua reputazione e la dignità dell’<strong>Ordine</strong><br />
professionale (articolo 48 della legge professionale<br />
69/1963);<br />
e. ha tradito, con comportamenti sleali, il rapporto di fiducia<br />
con il direttore, i redattori e l’editore di la Repubblica in un<br />
momento in cui apparati deviati del Sismi controllavano il<br />
quotidiano e in particolare due giornalisti, impegnati sul<br />
fronte delle indagini sulle attività illegali dello stesso<br />
Servizio segreto militare.<br />
Cassazione<br />
“Diritto di critica<br />
va motivato<br />
con giudizio<br />
di disvalore”<br />
Per il corretto esercizio del diritto di critica è necessario motivare<br />
in modo congruo il giudizio di disvalore, che incide sull'onore<br />
o la reputazione. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione<br />
(Sezione Terza n. 27141 del 19 dicembre 2006), secondo cui<br />
il diritto di critica non si estrinseca, come quello di cronaca,<br />
nella mera narrazione <strong>dei</strong> fatti ma in un'opinione che, in quanto<br />
tale, non può che essere soggettiva. In quanto manifestazione<br />
del punto di vista della persona che la esprime, la critica,<br />
per non sfociare nella lesione della reputazione, deve essere<br />
corredata da adeguate motivazioni di disapprovazione<br />
morale.<br />
“Il diritto di critica, - precisa la Corte - non diversamente da<br />
quello di cronaca, è condizionato, quanto alla legittimità del<br />
suo esercizio, dal limite della continenza, sia sotto l'aspetto<br />
della correttezza formale dell’esposizione, sia sotto quello sostanziale<br />
della non eccedenza <strong>dei</strong> limiti di quanto strettamente<br />
necessario per il pubblico interesse, e dov’essere accompagnato<br />
da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente<br />
sull’onore o la reputazione”.<br />
“Tuttavia, - dichiara la Cassazione - allorquando la narrazione<br />
di determinati fatti, per essere esposta insieme ad opinioni<br />
dell’autore, rappresenti nel contempo esercizio del diritto di<br />
cronaca e di quello di critica, la valutazione di continenza non<br />
può essere condotta sulla base degli indicati criteri di natura<br />
essenzialmente formale, ma deve lasciare spazio alla interpretazione<br />
soggettiva <strong>dei</strong> fatti esposti, in modo che la critica<br />
non può ritenersi sempre vietata quando sia idonea ad offendere<br />
la reputazione individuale, essendo, invece, decisivo, ai<br />
fini del riconoscimento dell’esimente, un bilanciamento dell’interesse<br />
individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione<br />
del pensiero, costituzionalmente garantita, il quale<br />
è ravvisabile nella pertinenza della critica di cui si tratta all’interesse<br />
dell’opinione pubblica alla conoscenza del fatto oggetto<br />
della critica”.<br />
(da: www.criticamente.it)<br />
Sentenze della Corte d’Appello e del Tribunale civile di Milano<br />
Le deliberazioni disciplinari sono<br />
e devono essere accessibili a tutti.<br />
La loro divulgazione non è illecito civile<br />
Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia, con delibera 15 luglio 1996, ha<br />
dichiarato di avvalersi del “diritto di diffondere<br />
informazioni (e quindi anche le deliberazioni<br />
disciplinari) attraverso la stampa”<br />
(“osservando le norme di legge dettate a<br />
tutela della personalità altrui”) e anche nell’ambito<br />
della “formazione sociale” dove “si<br />
svolge la personalità” degli iscritti all’Albo<br />
<strong>dei</strong> giornalisti (articoli 10, secondo comma,<br />
della legge 4 agosto 1955 n. 848; 19, secondo<br />
comma, della legge 25 ottobre 1977<br />
n. 881; 2 della Costituzione della<br />
Repubblica italiana e 2, primo comma, della<br />
legge n. 69/1963).<br />
Le decisioni (disciplinari) del Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong>, una volta depositate in segreteria<br />
e affisse, sono, infatti, pubbliche e possono<br />
essere divulgate al fine di sottoporle<br />
al controllo della pubblica opinione e di<br />
orientare anche il comportamento degli<br />
iscritti all’Albo <strong>dei</strong> giornalisti; principi, questi,<br />
riconosciuti come legittimi dalla Corte<br />
d’Appello (I sezione civile) di Milano con la<br />
sentenza Pietroni (n. 2159, depositata in<br />
cancelleria il 18 dicembre 1992): “La pubblicità<br />
data... alla sanzione... rientra del<br />
tutto legittimamente nella funzione di tutela<br />
anche pubblica della correttezza<br />
della professione giornalistica di cui è<br />
indubbiamente investito l’<strong>Ordine</strong>”.<br />
L’orientamento dell’<strong>Ordine</strong> della Lombardia<br />
è stato condiviso dalla I sezione civile del<br />
Tribunale di Milano (sentenza n. 8810 del<br />
10-27 luglio 1998, RG n. 10667/1996; n.<br />
8432 Reg. Dep.; Andrea Monti contro<br />
<strong>Ordine</strong> giornalisti Lombardia): “Il Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> è organo preposto alla sorveglianza<br />
e alla disciplina <strong>dei</strong> suoi iscritti<br />
e i suoi provvedimenti sono e devono<br />
essere, per loro natura e per la natura<br />
dell’ente che li emana, accessibili a tutti.<br />
Aver comunicato alla stampa nazionale<br />
il provvedimento completo ed averlo<br />
pubblicato su Tabloid non costituisce<br />
certo comportamento illecito, lesivo <strong>dei</strong><br />
diritti del Monti. Meraviglia che le censure<br />
muovano da chi ha fatto dell’informazione<br />
il proprio impegno quotidiano e<br />
dovrebbe quindi ben sapere che l’interesse<br />
del pubblico alla corretta e completa<br />
informazione su tutto ciò che riguarda<br />
la vita ‘pubblica’ in genere, ivi<br />
comprese le vicende relative ai giornalisti,<br />
che della vita ‘pubblica’ sono gli interpreti<br />
ed i veicoli primi, deve sempre e<br />
comunque prevalere sul diritto del singolo,<br />
chiunque esso sia, alla riservatezza.<br />
Corre poi obbligo di rilevare come la<br />
comunicazione della decisione (peraltro<br />
confermata in secondo grado) sia stata<br />
particolarmente completa, esauriente e<br />
corretta. La notizia è stata data senza il<br />
minimo commento, ma tutti gli elementi,<br />
di accusa e di difesa, sono stati puntigliosamente<br />
riportati, sia nel comunicato<br />
alla stampa che nell’articolo apparso<br />
su Tabloid”.<br />
La delibera disciplinare, infine, è un atto<br />
amministrativo governato dai principi “di<br />
pubblicità e di trasparenza” (art. 1, punto 1,<br />
della legge 241/1990).<br />
La pubblicità alle delibere<br />
disciplinari non costituisce<br />
illecito disciplinare<br />
Non costituisce illecito civile, e non comporta<br />
pertanto alcun obbligo di risarcimento<br />
in favore dell’incolpato, la divulgazione e<br />
la pubblicazione su un organo di stampa di<br />
una deliberazione disciplinare del Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti. (Trib. Milano, 27-<br />
07-1998; Monti c. Abruzzo e altri; FONTI<br />
Foro It., 1999, I, 3083).<br />
Il Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> è organo preposto<br />
alla sorveglianza ed alla disciplina <strong>dei</strong> suoi<br />
iscritti ed i suoi provvedimenti sono, e devono<br />
essere, per la loro natura accessibili a<br />
tutti. Pertanto la pubblicazione integrale sulla<br />
stampa del provvedimento disciplinare<br />
non costituisce comportamento illecito lesivo<br />
<strong>dei</strong> diritti dell’incolpato (Trib. Milano, 27<br />
luglio 1998; Parti in causa A..M. c. F.A. e altro;<br />
Riviste Rass. Forense, 1999, 200).<br />
Una nota del<br />
Garante<br />
della Privacy<br />
“La conoscibilità delle informazioni<br />
relative ai provvedimenti disciplinari<br />
rende quindi lecita la loro divulgabilità,<br />
anche tramite eventuali riviste,<br />
notiziari o altre pubblicazioni curati<br />
dai Consigli dell’<strong>Ordine</strong> purché i dati<br />
siano esatti ed aggiornati nonché<br />
riportati in termini di sostanziale correttezza.<br />
La pubblicazione di queste<br />
riviste, ha spiegato il Garante, da<br />
parte di soggetti pubblici ricade peraltro<br />
nell’ampia nozione di trattamento<br />
<strong>dei</strong> dati personali finalizzato<br />
alla pubblicazione o diffusione occasionale<br />
di articoli, saggi o altre manifestazioni<br />
del pensiero, trattamento<br />
cui si applica la disciplina prevista<br />
in generale per l’attività giornalistica<br />
e di informazione, a prescindere dalla<br />
natura privata o pubblica del soggetto<br />
che cura la pubblicazione”.<br />
(Newsletter del Garante, 9 - 15<br />
aprile 2001)<br />
18 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
La normativa prevista da una direttiva comunitaria<br />
Il decreto (firmato da Mastella) sulle misure<br />
compensative per i giornalisti stranieri<br />
che vogliono esercitare la professione in Italia<br />
Roma, 12 gennaio <strong>2007</strong>. È stato pubblicato nella Gazzetta<br />
Ufficiale n. 7 del 10 gennaio <strong>2007</strong>, il decreto 17 novembre<br />
2006, n. 304, che disciplina le misure compensative che<br />
possono essere richieste ai giornalisti professionisti stranieri<br />
che vogliono esercitare la professione in Italia. A tal fine<br />
essi devono presentare domanda al ministero di<br />
Giustizia che potrà accogliere la domanda subordinandola<br />
all'applicazione delle misure compensative costituite da<br />
una prova attitudinale o da un tirocinio di adattamento.<br />
L’applicazione di dette misure è disposta su parere del<br />
Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, chiamato ad<br />
esprimersi in sede di conferenza di servizi convocata dal<br />
ministero di Giustizia.<br />
L’allegato A pubblica l’ELENCO DELLE MATERIE, che i<br />
giornalisti stranieri devono conoscere qualora debbano sostenere<br />
la prova attitudinale prevista dalla normativa europea<br />
(direttiva 89/48/Ce calata nel dlgs 115/1992):<br />
1) Diritti, doveri, etica e deontologia dell’informazione;<br />
2) Elementi di storia del giornalismo e della comunicazione<br />
di massa;<br />
3) Elementi di storia moderna e contemporanea;<br />
4) Elementi di sociologia e psicologia dell’opinione pubblica;<br />
5) Norme giuridiche attinenti all’informazione: elementi di<br />
diritto pubblico; norme civili, penali e amministrative<br />
concernenti la stampa; ordinamento giuridico della professione<br />
di giornalista;<br />
6) Normativa comunitaria sull’informazione;<br />
7) Teoria e tecniche dell’informazione giornalistica;<br />
8) Metodi e strumenti di ricerca per il giornalismo;<br />
9) Elementi di grafica della comunicazione giornalistica;<br />
10) Elementi di informatica applicata al giornalismo;<br />
11) Elementi di fotogiornalismo e di radiogiornalismo.<br />
La prova attitudinale (art. 8 del dlgs 115/1992) “1. consiste<br />
in un esame volto ad accertare le conoscenze professionali<br />
e deontologiche ed a valutare la capacità all’esercizio<br />
della professione, tenendo conto che il richiedente il riconoscimento<br />
è un professionista qualificato nel Paese di<br />
origine o di provenienza. 2. Le materie su cui svolgere l’esame<br />
devono essere scelte in relazione alla loro importanza<br />
essenziale per l’esercizio della professione. 3. In ca-<br />
Dovranno<br />
studiare<br />
11 materie<br />
so di esito sfavorevole, la prova attitudinale può essere ripetuta<br />
non prima di sei mesi. 3-bis. L’esame di cui al comma<br />
1, si articola in una prova scritta o pratica e orale o in<br />
una prova orale da svolgersi in lingua italiana sulla base<br />
<strong>dei</strong> contenuti delle materie stabilite a seguito della procedura<br />
di cui all’articolo 12”.<br />
Questo decreto ministeriale è figlio dell’ articolo 6 del decreto<br />
legislativo 2 maggio 1994 n. 319 (Attuazione della direttiva<br />
92/51/CEE relativa ad un secondo sistema generale<br />
di riconoscimento della formazione professionale che integra<br />
la direttiva 89/48/CEE), che, in presenza di determinate<br />
condizioni, subordina il riconoscimento <strong>dei</strong> titoli al superamento<br />
di una prova attitudinale o di un tirocinio di adattamento.<br />
Arti colo 6. Misure compensative<br />
1. Qualora il richiedente sia in possesso di un titolo di formazione<br />
dello stesso livello o di livello superiore a quello<br />
prescritto per l’accesso o l’esercizio delle attività di cui all’art.<br />
2, il riconoscimento è subordinato, a scelta del richiedente,<br />
al compimento di un tirocinio di adattamento della<br />
durata massima di tre anni oppure al superamento di una<br />
prova attitudinale:<br />
a) se la formazione professionale attestata dai titoli di cui<br />
all’art. 1 e all’art. 3 verte su materie sostanzialmente diverse<br />
da quelle contemplate nella formazione professionale<br />
prescritta dalla legislazione vigente;<br />
b) se la professione cui si riferisce il riconoscimento <strong>dei</strong> titoli<br />
comprende attività professionali che non esistono nella<br />
professione corrispondente del Paese che ha rilasciato i titoli<br />
o nella professione esercitata ai sensi dell’art. 3, comma<br />
1.<br />
2. Il riconoscimento è, altresì, subordinato, a scelta del richiedente,<br />
al compimento di un tirocinio di adattamento<br />
della durata massima di tre anni, oppure al superamento di<br />
una prova attitudinale, se riguarda professioni per il cui accesso<br />
o esercizio è richiesto il possesso di un titolo di formazione<br />
rispondente ai requisiti dell’art. 1, comma 3, lette-<br />
ra a), ed il richiedente possiede un titolo di formazione rispondente<br />
ai requisiti di cui all’art. 1, comma 3, lettera b) o<br />
lettera c).<br />
2-bis. Quanto previsto al comma 1 è subordinato alla verifica<br />
del fatto che le conoscenze acquisite dal richiedente<br />
nel corso della propria esperienza professionale non colmino<br />
in tutto o in parte la differenza sostanziale di cui allo<br />
stesso comma 1 (2).<br />
(2) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 8 luglio 2003, n.<br />
277<br />
L’articolo 2 del dlgs 70/2003 definisce «professione regolamentata»<br />
quella professione riconosciuta ai sensi dell’articolo<br />
2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992 n. 115<br />
(Attuazione della direttiva 89/48/CEE) ovvero ai sensi dell’articolo<br />
2 del decreto legislativo 2 maggio 1994 n. 319<br />
(Attuazione della direttiva 92/51/CEE relativa ad un secondo<br />
sistema generale di riconoscimento della formazione<br />
professionale che integra la direttiva 89/48/CEE). Il dlgs<br />
70/2003, il dlgs 319/1994 e il dlgs 277/2003 “europeizzano”<br />
la professione italiana di giornalista.<br />
Soltanto nel 2003, con il dlgs 277 citato, la Repubblica italiana<br />
ha compiuto un atto di riparazione parziale, modificando<br />
la tabella delle professioni (allegato C) inclusa nel<br />
dlgs 319/1994 (che ingloba la direttiva 92/51/CEE). Oggi,<br />
infatti, la professione di giornalista rientra tra quelle caratterizzate<br />
dal possesso del diploma (e non dalla laurea) riconosciute<br />
come tali dal dlgs 2 maggio 1994 n. 319, che<br />
ha dato “attuazione alla direttiva 92/51/CEE relativa ad un<br />
secondo sistema generale di riconoscimento della formazione<br />
professionale che integra la direttiva 89/48/CEE”. Il<br />
dlgs 8 luglio 2003 n. 277 ha dato, invece, attuazione della<br />
direttiva 2001/19/CE, che modifica le direttive del Consiglio<br />
relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche<br />
professionali. L’allegato II (di cui all’art. 2, comma 1, lettera<br />
l) del dlgs 277/2003 cita espressamente la professione<br />
di giornalista come vigilata dal ministero di Giustizia.<br />
L’allegato II del dlgs 277/2003 ha anche sostituito, come riferito,<br />
l’allegato C del dlgs 319/1994. I dlgs 277/2003 e<br />
319/1994 in sostanza dicono, con l’allegato II (ex allegato<br />
C), che la professione giornalistica (italiana), organizzata<br />
(ex legge 69/1963) con l’<strong>Ordine</strong> e l’Albo (in base all’art.<br />
2229 Cc) e costituzionalmente legittima (sentenze 11 e<br />
98/1968, 2/1971, 71/1991, 505/1995 e 38/1997 della<br />
Consulta), ha oggi sì il riconoscimento dell’Unione europea,<br />
ma a un livello inferiore rispetto a quelle comprese<br />
nell’allegato A del Dlgs 115/1992 caratterizzate dalla laurea.<br />
Con la “riforma Mastella”, questo gap dovrebbe essere<br />
superato, prevedendo la laurea come titolo obbligatorio<br />
per l’accesso al praticantato giornalistico (nel rispetto del<br />
comma 18 dell’articolo 1 della legge 4/1999).<br />
Il testo del decreto in www.odg.it<br />
Ministero dell’Interno:<br />
“La tessera dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti valido<br />
documento di riconoscimento,<br />
non carta d’identità”<br />
Anes:<br />
per le riviste<br />
specializzate<br />
bene 2006<br />
e <strong>2007</strong><br />
Il massimario<br />
del Cnog<br />
utile<br />
strumento<br />
di lavoro<br />
Milano, 21 dicembre 2006. La tessera rilasciata<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti è un valido<br />
documento di riconoscimento, ma non vale<br />
come carta d’identità. Questa la risposta del<br />
ministero dell’Interno a un quesito posto dalla<br />
prefettura di Varese (prot. n. 34440/2006/Area<br />
II). Nella lettera della prefettura di Varese a un<br />
iscritto all’elenco professionisti dell’Albo di<br />
Milano si legge: “Si fa riferimento al quesito<br />
formulato dalla S.V. in ordine alla validità della<br />
propria tessera di appartenenza all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti quale documento di riconoscimento.<br />
Si fa presente che, in merito all’argomento<br />
in questione, è stato chiesto il parere del ministero<br />
dell’Interno che, con nota datata 7 novembre<br />
2006, ha rilevato che, ai sensi dell’art.<br />
1, lett. c) del D.P.R. n. 445/2000, “il documento<br />
di riconoscimento è ogni documento munito<br />
di fotografia del titolare e rilasciato... da una<br />
pubblica amministrazione italiana o di altri<br />
Stati, che consente l’identificazione personale<br />
del titolare”.<br />
Alla luce di quanto sopra esposto si ritiene<br />
che la tessera di appartenenza all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti soddisfi tali requisiti e possa essere<br />
quindi considerata documento di riconoscimento<br />
ai sensi del citato art. 1 lett. c) del D.P.R.<br />
n. 445/2000.<br />
Diversamente, riguardo alla possibilità di utilizzare<br />
tale tessera quale documento d’identità<br />
di cui all’art. 1 lett. d) del D.P.R. n.<br />
445/2000, con la finalità prevalente di dimostrare<br />
l’identità personale del suo titolare, si fa<br />
presente che l’art. 35 comma 2 dello stesso<br />
D.P.R. individua tra i documenti equipollenti alla<br />
carta di identità “... le tessere di riconoscimento,<br />
purché munite di fotografia e di timbro<br />
o di altra segnatura equivalente, rilasciate da<br />
un’amministrazione dello Stato”.<br />
Pertanto, poiché l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti rientra<br />
nella categoria della pubblica amministrazione,<br />
ma non dell’amministrazione dello Stato,<br />
la tessera rilasciata dal citato <strong>Ordine</strong> non può<br />
essere utilizzata quale documento di identità,<br />
ma solo come documento di riconoscimento”.<br />
Roma, 16 febbraio <strong>2007</strong>. L'anno 2006 ha<br />
dato risultati positivi per il 60% delle Società<br />
editrici e il miglioramento rilevato è mediamente<br />
superiore a 3 punti percentuali rispetto<br />
al 2005. Lo sostiene l'Associazione Nazionale<br />
Editoria Periodica e Specializzata, che ha reso<br />
noto i risultati del monitoraggio che effettua<br />
ogni sei mesi sull'andamento del mercato<br />
pubblicitario. L'Anes copre oltre l'80% del mercato<br />
pubblicitario delle riviste specializzate,<br />
pari a 850 milioni di euro circa. ''Il dato costituisce<br />
una vera inversione di marcia rispetto<br />
all'anno precedente - ha dichiarato Giuseppe<br />
Nardella, presidente Anes, commentando i risultati.<br />
Ricorda che nel gennaio 2006 solo il<br />
34% degli intervistati dichiarò un andamento<br />
positivo del 2005 sul 2004. Inoltre solo il 21%<br />
<strong>dei</strong> rispondenti dichiara un andamento negativo<br />
nel 2006 contro il 45% dello scorso anno''.<br />
Positivo anche il giudizio sulle attese per l'anno<br />
in corso, sostiene l'Anes. Il 31% degli editori<br />
prospetta per il <strong>2007</strong> un miglioramento superiore<br />
a 7 punti.<br />
(ANSA)<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
È stato pubblicato in questi giorni il massimario<br />
del Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti, i cui temi conduttori sono la salvaguardia<br />
<strong>dei</strong> valori e delle libertà dell’informazione<br />
e l’evoluzione della professione giornalistica.<br />
Si tratta di una raccolta, edita dal<br />
Centro di documentazione giornalistica, delle<br />
pronunce del 2005 e di un repertorio, sotto<br />
forma di cd-rom, delle decisioni più significative<br />
degli ultimi dieci anni.<br />
Il manuale rappresenta quindi un utile strumento<br />
pratico rivolto alla categoria della quale<br />
tratta i vari aspetti costitutivi ed evolutivi,<br />
dall’iscrizione negli elenchi dell’Albo, al registro<br />
<strong>dei</strong> praticanti, al regime disciplinare, ai diritti<br />
ed ai doveri elettorali, con un compendio<br />
di documenti varati dal Consiglio nazionale.<br />
Per acquistare il massimario è possibile rivolgersi<br />
al Centro di documentazione giornalistica<br />
in piazza di Pietra, 26 - 00186 Roma;<br />
tel. 066791496, fax: 066797492,<br />
info@cdgweb.it .<br />
(da www.odg.it -22 dicembre 2006)<br />
19
REDATTORE SOCIALE CURA I CONTENUTI GIORNALISTICI DEL PORTALE DELL’INAIL<br />
Saper distinguere<br />
i messaggi<br />
che vengono<br />
dal mondo<br />
della disabilità<br />
Franco Bomprezzi: “Decodificare i messaggi che vengono<br />
dal mondo della disabilità non è facile.<br />
I mass media si occupano spesso di questo tipo di temi a partire<br />
da casi estremi.<br />
E ci troviamo quasi sempre di fronte a un giornalismo troppo<br />
rapido, che non ha mai il tempo né di verificare le notizie né<br />
di approfondire i temi trattati. Un giornalismo che non sa distinguere”.<br />
<strong>Giornalisti</strong> e medici,<br />
seminario<br />
di formazione<br />
al Bambin Gesù<br />
Come raccontare i disagi fisici e psicologici <strong>dei</strong> bambini<br />
delle famiglie A metà gennaio giornalisti e medici si sono<br />
confrontati per una giornata al Bambin Gesù di Roma sul tema<br />
“Mass media e disabilità”. Il seminario, organizzato dall’ospedale<br />
stesso che da quattro anni promuove incontri con i<br />
comunicatori su temi sanitari, ha avuto il patrocinio dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti oltre che della Federazione nazionale degli<br />
Ordini <strong>dei</strong> medici e dell’Associazione italiana di comunicazione<br />
pubblica e istituzionale.<br />
Basta spostare il punto<br />
di vista, ed ecco Superabile:<br />
la normale informazione<br />
“dalla” disabilità<br />
Nove canali tematici.Lavoro, leggi, barriere architettoniche e culturali, ausili, viaggi e tempo libero, scuola e<br />
formazione, buoni esempi, sport, associazioni. 21 home page, una principale e 20 con notizie provenienti da<br />
tutte le regioni; notiziari audio e contributi video, photogallery, rassegna stampa; e poi recensioni di libri,<br />
calendario di eventi, glossario, repertorio di link.<br />
Ecco Superabile (www.superabile.it), il portale<br />
d’informazione dedicato alle questioni<br />
delle disabilità. Proprietà dell’Inail, è nato per<br />
porre uno sguardo attento sulle invalidità legate<br />
al mondo del lavoro, sui temi della sicurezza<br />
e della prevenzione: poi ha ampliato<br />
ancora il suo raggio, fino a proporsi come<br />
riferimento per tutto il mondo delle disabilità,<br />
per i singoli, le associazioni e le istituzioni<br />
che dell’argomento si occupano.<br />
Da inizio 2006 i contenuti giornalistici di<br />
Superabile sono curati da Redattore Sociale<br />
(www.redattoresociale.it).<br />
La rete di corrispondenti dell’agenzia da tutte<br />
le regioni garantisce su Superabile<br />
un’informazione puntuale e forte su temi “deboli”<br />
che faticano, come è noto, a trovare<br />
spazio sui grandi media ma che sono molte<br />
volte, e a ben guardare, “valori notizia”, cadi<br />
Elisabetta Proietti<br />
paci di raccontare attraverso punti di vista<br />
poco consueti le nostre città e le relazioni.<br />
Come riportare la forza, i problemi, i sogni,<br />
la quotidianità faticosa di una “categoria debole”<br />
è la sfida di Superabile.<br />
Cerca di farlo senza pietismi e giri di parole,<br />
senza la retorica del linguaggio e <strong>dei</strong> temi.<br />
Anzi, talvolta provando – quasi sempre su<br />
sprone di singoli cittadini e associazioni che<br />
sono i protagonisti principali del sito - a sbugiardare<br />
luoghi comuni, schemi vecchi e posizioni<br />
di comodo che pervadono il nostro vivere<br />
insieme.<br />
Perché “una buona informazione sulla disabilità<br />
è essenzialmente un’informazione normale”<br />
come sostiene Franco Bomprezzi,<br />
giornalista dell’Agr, disabile, colui al quale si<br />
deve il salto in avanti del portale durante la<br />
sua gestione, quasi sei anni fa.<br />
“E - aggiunge - non bisogna dimenticare<br />
che non esiste la disabilità, ma una serie di<br />
situazioni tutte diverse tra loro”.<br />
Ed ecco allora le reazioni al reality olandese<br />
con disabili che approderà presto anche in<br />
Italia, ma ecco anche il servizio sui voli aerei<br />
accessibili e sulla fruibilità <strong>dei</strong> musei per<br />
tutti; ecco la prima suora down e l’inchiesta<br />
sui giovani disabili che riescono a laurearsi -<br />
in quali città e con quali servizi -, quella sull’effettivo<br />
diritto di voto per chi non può spostarsi<br />
da casa, anche dopo l’introduzione<br />
della legge 22/06 che stabilisce il diritto di<br />
voto a domicilio solo per chi è attaccato ad<br />
apparecchi elettromedicali (e gli altri), su<br />
cui molto si è espresso anche Piergiorgio<br />
Welby.<br />
Ecco i dati al completo degli infortuni sul lavoro,<br />
regione per regione, ma anche le facce<br />
e le storie di quei numeri: il ritorno al lavoro<br />
dopo un grave incidente, la quotidiana<br />
tenacia della signora Angela, di Lecco, oggi<br />
centenaria, che perse un braccio da giovane<br />
in un ingranaggio in fabbrica e dovette rinunciare<br />
alla passione di arrampicare che<br />
condivideva con l’amico e famoso alpinista<br />
Riccardo Cassin; ecco il “no” del Vaticano alla<br />
ratifica della Convenzione Onu per i diritti<br />
<strong>dei</strong> disabili ed ecco la “buona prassi” realizzata<br />
in un piccolo territorio ma anche la denuncia<br />
<strong>dei</strong> genitori in provincia di Palermo<br />
che da giorni non vedono arrivare il pulmino<br />
che garantisce la scuola ai loro figli; ecco gli<br />
audiolibri e le case editrici che pubblicano a<br />
corpo 18 per gli ipovedenti, lo studente universitario<br />
che va a lezione anche per il suo<br />
collega disabile, le gesta mirabolanti dell’atleta<br />
paralimpico che dopo la gara torna in<br />
ufficio sulla sua sedia a ruote.<br />
Oltre che strumento di informazione,<br />
Superabile è portale di servizio con le risposte<br />
degli esperti ai quesiti <strong>dei</strong> lettori, i forum<br />
di discussione e con il call center dell’Inail<br />
(800-810810).<br />
Una carrellata di foto sportive dalla “photogallery” di www.superabile.it<br />
Il Gruppo altomilanese giornalisti (Gag), istituito nel 1993, con sede in Legnano, intende ricordare la figura<br />
di Mauro Gavinelli, che fu tra i soci fondatori e primo presidente del Gag. A tale scopo, bandisce la sesta edizione<br />
Il sesto “Premio <strong>Giornalisti</strong>co Mauro Gavinelli”<br />
REGOLAMENTO<br />
art. 1 – Il concorso premia il miglior articolo giornalistico, pubblicato su un quotidiano o un<br />
periodico italiani, che affronti un tema inerente l’attualità politica, economica, sociale, sportiva<br />
della Lombardia. Sono ammessi anche articoli pubblicati da riviste on-line.<br />
art. 2 – Il Premio è riservato ad autori fino a 35 anni di età (compiuti entro il 21 marzo<br />
<strong>2007</strong>), non necessariamente iscritti all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, nell’intento di valorizzare le<br />
intuizioni e l’impegno di Mauro Gavinelli sulla formazione professionale <strong>dei</strong> giovani colleghi<br />
e degli aspiranti giornalisti.<br />
art. 3 – Il vincitore del Premio riceverà la somma di euro 2.500 (duemilacinquecento).<br />
art. 4 – Ad un concorrente selezionato dalla giuria sarà inoltre offerta la possibilità di realizzare<br />
un reportage di viaggio da una capitale europea. Il servizio sarà pubblicato sulla rivista<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, Tabloid. Le spese di viaggio e soggiorno<br />
sono a carico della famiglia Gavinelli che finanzia il Premio.<br />
art. 5 – L’iscrizione al concorso è gratuita.<br />
art. 6 – Ogni concorrente può partecipare presentando un solo articolo che sia stato pubblicato<br />
tra il 1° marzo del 2006 e il 20 aprile del <strong>2007</strong>.<br />
art. 7 – Non sono ammessi articoli già premiati in altri concorsi giornalistici.<br />
art. 8 – Entro il 30 aprile del <strong>2007</strong> ogni concorrente dovrà far pervenire alla segreteria del<br />
Premio – recapito a mano o servendosi del servizio postale – una copia originale del giornale<br />
sul quale è stato pubblicato l’articolo firmato o siglato (nel caso di testate on-line una<br />
stampata della home page), accompagnata da:<br />
a) una breve domanda d’iscrizione al concorso redatta in carta semplice, corredata dai da-<br />
ti anagrafici, dal curriculum vitae e dal recapito del concorrente;<br />
b) cinque fotocopie dello stesso articolo con cui si intende concorrere al Premio. Copie originali<br />
<strong>dei</strong> giornali e fotocopie inviate non saranno restituite.<br />
art. 9 – La segreteria del Premio, alla quale indirizzare domanda d’iscrizione, articoli in<br />
concorso e relative fotocopie, è fissata nella sede legale del Gag: presso Studio avvocato<br />
Fabrizio Conti, via della Liberazione 13, 20025 Legnano (MI).<br />
art. 10 – Ogni concorrente conserva la proprietà letteraria dell’articolo in concorso.<br />
art. 11 – La Giuria del concorso, che valuterà gli articoli giunti alla segreteria stabilendo il<br />
vincitore del Premio, è composta da tre membri del Consiglio direttivo del Gag fra cui il<br />
presidente in carica, da un membro della famiglia Gavinelli e dal presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti di Milano o da un giornalista da questi indicato. Il giudizio della Giuria è insindacabile<br />
e inappellabile.<br />
art. 12 – I presidenti del Gag e dell’<strong>Ordine</strong> nomineranno un presidente di Giuria. La vice<br />
presidenza è ricoperta da una persona designata della famiglia Gavinelli.<br />
art. 13 – Tutti i partecipanti al concorso riceveranno l’invito alla cerimonia di premiazione<br />
che si terrà entro fine giugno <strong>2007</strong>.<br />
art. 14 – La partecipazione al Premio implica la piena accettazione delle norme contenute<br />
nel presente regolamento.<br />
La non osservanza di quanto richiesto comporterà l’esclusione dal concorso, senza che<br />
sia dovuta comunicazione al concorrente.<br />
Ulteriori informazioni sul concorso possono essere richieste telefonicamente<br />
(Francesco Chiavarini 02 67 47 90 17)<br />
20 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Candido Cannavò<br />
“Per me lo sport è stato<br />
un romanzo tinto solo di Rosa”<br />
di Andrea Sillitti<br />
Nella Catania del dopoguerra Candido Cannavò andava di corsa.<br />
Agile, magrissimo, resistente. Uno <strong>dei</strong> migliori mezzofondisti<br />
della Sicilia. È stata l’atletica a permettergli di uscire per la<br />
prima volta dall’isola e di gareggiare in giro per l’Italia con il Cus<br />
Catania. Ed è stata proprio la sconfinata passione per questa<br />
disciplina a procurargli il primo lavoro da giornalista: “Volevo diventare<br />
un medico, ho frequentato la facoltà per quattro anni,<br />
ma un giorno del ’48 venne da me il responsabile della cronaca<br />
sportiva della Sicilia di Catania. Iniziai a scrivere di atletica,<br />
poi mi dettero sempre più spazio: per l’Olimpiade di Helsinki facevo<br />
da solo due pagine al giorno in redazione”.<br />
Pochi anni e, nel ’55, la svolta: prima il contratto da praticante<br />
nel quotidiano catanese (“dopo sette anni di abusivismo di cui<br />
non rimpiango un solo giorno”), poi l’inizio del lungo e felicissimo<br />
matrimonio professionale con la “Gazzetta dello Sport”. Un<br />
sodalizio nato sulla scia di uno scandalo, il “caso Scaramella”.<br />
L’inchiesta portò alla luce la connivenza tra l’arbitro romano, poi<br />
squalificato a vita, e alcune società di calcio, tra cui il Catania<br />
che venne retrocesso in serie B. “Finì coinvolto anche il corrispondente<br />
della Gazzetta a Catania, così da Milano si ricordarono<br />
di una mia precedente candidatura. La fatalità non ha<br />
alternative né ama dare spiegazioni. Più volte io e il caso ci saremmo<br />
incontrati di nuovo in seguito”.<br />
Come un giorno del 1959, quando Cannavò si imbatte per caso<br />
in un collega che gli propone di andare a colazione con due<br />
ballerine di Milano. “Una delle due era Franca. L’anno dopo, il<br />
giorno di Sant’Ambrogio, ci siamo sposati”. Nel 2010 Candido<br />
e Franca festeggeranno le nozze d’oro. Una consuetudine, ormai,<br />
per Cannavò. Se ora può celebrare mezzo secolo di iscrizione<br />
all’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti, nel 2005 aveva già festeggiato i<br />
suoi leggendari 50 anni alla “Gazzetta”, dal 1983 al 2002 nelle<br />
vesti di direttore. “Ho lasciato il timone il 12 marzo 2002, proprio<br />
nel giorno in cui cadevano i miei 19 anni di direzione. Per<br />
l’occasione ho speso con felicità un capitale in rose color<br />
Gazzetta da regalare a tutte le colleghe e le signore che ruotano<br />
intorno al giornale”.<br />
Dopo quel primo articolo firmato nel ’55, Cannavò diventa ben<br />
presto una tra le grandi firme della “Gazzetta”, seguendo da inviato<br />
grandi eventi internazionali come Mondiali di calcio e<br />
Olimpiadi. Ma i tanti riconoscimenti ottenuti non lo allontanano<br />
dalla redazione della “Sicilia” e dall’amata Catania, città nella<br />
quale nel frattempo sono cresciuti i suoi tre figli: Alessandro,<br />
Marco e Marilisa. Nell’81, però, arriva una chiamata alla quale<br />
non può rispondere “no”. Gino Palumbo, direttore della<br />
“Gazzetta”, gli offre l’incarico di vice direttore. Due anni più tardi<br />
sarebbe arrivata la maglia rosa del giornalismo sportivo con<br />
l’investitura a direttore.<br />
Fatti, storie, incontri. In mezzo secolo di “Gazzetta” Cannavò ha<br />
visto tutto e il contrario di tutto. Ha provato a raccontare questi<br />
lunghi 50 anni nell’autobiografia Una vita in rosa, pubblicata nel<br />
2002 da Rizzoli. Un romanzo che attraverso la vicenda del protagonista<br />
fa rivivere i successi e i personaggi più importanti dello<br />
sport italiano e mondiale dal dopoguerra in poi. “Se mi chiedessero<br />
l’avvenimento che più mi è rimasto nel cuore – racconta<br />
– sceglierei la vittoria di Livio Berruti sui 200 metri ai<br />
Giochi di Roma del ‘60, le mie prime Olimpiadi, anche se di<br />
trionfi indimenticabili ne ho visti tanti. Quelli che ricordo meglio,<br />
purtroppo, sono gli episodi che invece cancellerei volentieri dalla<br />
memoria, come la tragedia dell’Heysel di Bruxelles nell’‘85 o<br />
l’estromissione di Pantani dal Giro d’Italia, il 5 maggio del<br />
1999”.<br />
E a proposito di fatti da dimenticare, è impossibile ignorare i<br />
drammatici scontri avvenuti il 2 febbraio scorso nella sua<br />
Catania, scontri che hanno sconvolto il calcio italiano: “Episodi<br />
come quelli che avvengono nei nostri stadi sono il segno di un<br />
grande disagio sociale. Il giornalismo in questo senso può ancora<br />
svolgere un ruolo positivo, battendosi per affermare i principi<br />
di lealtà e i valori dello sport”.<br />
Cannavò crede a tal punto nel ruolo educativo della professione<br />
da aver vissuto per otto mesi, nel 2003, da cronista volontario<br />
nel carcere di San Vittore. Esperienza da cui ha tratto un<br />
libro di successo, Libertà dietro le sbarre, edito tre anni fa da<br />
Rizzoli. “Ho scoperto che il carcere ha un’anima, e da quest’anima<br />
mi sono lasciato conquistare”. Oggi Cannavò continua a<br />
frequentare San Vittore, ma è solo uno <strong>dei</strong> tanti impegni del<br />
giornalista che, oltre a ricoprire il ruolo di Direttore editoriale<br />
Area Sport del gruppo Rcs, continua a scrivere libri e a firmare<br />
editoriali sulla “Gazzetta”. È passato più di mezzo secolo, ma<br />
Candido Cannavò continua a correre.<br />
Gian Piero Ratti<br />
“Che emozione quando Moser<br />
stabilì il record dell’ora”<br />
Fuma la pipa con del tabacco che fa arrivare dagli Stati Uniti e<br />
ha disegnato di persona la sua accogliente casa brianzola, non<br />
lontano dalla villa di Adriano Celentano. “Una volta – scherza<br />
– fumare, mangiare e bere tanto erano le caratteristiche peculiari<br />
del giornalista”.<br />
Gian Piero Ratti, per i colleghi Piero, ha passato ben più della<br />
metà <strong>dei</strong> suoi anni alla “Gazzetta dello Sport”, come inviato. E<br />
pensare che all’inizio la sua strada doveva essere un’altra:<br />
“Studiavo Medicina, ero al quinto anno, poi sono morti i miei<br />
genitori e ho dovuto provvedere ai due fratellini più piccoli.<br />
Pagare l’affitto della casa e permettere loro di studiare stava di-<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
di Alessandro Ruta<br />
Angelo Garavaglia<br />
“Mi ritempravo con Mozart<br />
e raccontavo le gesta di Coppi”<br />
di Giuseppe Vespo<br />
“Cominciamo col dire che i miei amori sono due: La Gazzetta<br />
dello Sport e il loggione della Scala”. Angelo Garavaglia racconta<br />
la sua esperienza professionale, lunga cinquant’anni:<br />
“Ma di quel giornalismo oggi è rimasto poco”. Nessun tono nostalgico,<br />
comunque, per il cronista in Rosa. Tutto scorre liscio<br />
come in quei racconti che i nonni rodano su generazioni di nipoti,<br />
archiviati in una mente brillante e interrotti da una voce<br />
che inneggia continuamente alla bellezza della vita e di questo<br />
mestiere. “Ho cominciato in Gazzetta”, racconta. “Ricordo che<br />
entrai al giornale a dicembre, ero il più giovane, e a Natale mi<br />
regalarono un panettone Motta di cinque chili. Quando tornai a<br />
Carlo Perelli<br />
Io, nelle steppe russe<br />
a caccia di storie su due ruote<br />
di Damiano Beltrami<br />
“La storia più bella in 58 anni di Motociclismo Quella di un<br />
campione che diceva di esser morto tre volte: Alfredo Ravaldini”.<br />
A ripensarci, Carlo Perelli, oggi indaffarato direttore responsabile<br />
della rivista “Motociclismo d’Epoca”, fondata nel 1995 dopo<br />
essersi ritirato da “Motociclismo”, sorride. “Nel 1979 visitai le<br />
principali fabbriche di moto sovietiche, i club e i circuiti. Un colpaccio<br />
per Motociclismo: ero il primo giornalista occidentale che<br />
ci riusciva”. E ancor più singolare fu il personaggio che emerse<br />
da quel viaggio: un motociclista romagnolo famoso in Unione<br />
Sovietica e sconosciuto in patria.<br />
“Tornato in Italia, scrissi il reportage e lanciai un appello allo sco-<br />
ventando un’impresa, e ho iniziato a cercare un lavoro. Ho<br />
mandato una lettera a Gianni Brera, che allora dirigeva la<br />
Gazzetta, chiedendogli di poter scrivere qualcosa. Quando mi<br />
ha risposto di sì non ci potevo credere. Così, era la fine degli<br />
anni Quaranta, ho cominciato a collaborare, e poi ad essere inviato,<br />
a seguire i grandi eventi, soprattutto ciclismo e sci:<br />
Mondiali, Olimpiadi. Ma l’emozione più grande me l’ha data<br />
Francesco Moser quando ha stabilito il record dell’ora a Città<br />
del Messico”.<br />
Durante una gara, la Varsavia-Berlino-Praga, Piero ha conosciuto<br />
la sua futura moglie, che faceva la traduttrice per la<br />
Reuters. Al matrimonio il testimone era Gualtiero Zanetti. Solo<br />
una corsa non è mai riuscito a seguire: la Parigi-Roubaix. Ratti<br />
casa, mio padre, che in gioventù era emigrato in Argentina a<br />
cercar fortuna, mi chiese se l’avessi rubato”. Ride il signor<br />
Garavaglia: “Erano tempi diversi, di grande fatica, ma di enormi<br />
soddisfazioni”. Cavalcava tutte le mattine le Nord, dalla provincia<br />
a Milano: “Sapevi quando partivi, ma non potevi prevedere<br />
l’arrivo”. Al lavoro, “in una terra tra mito e ragione, respiravamo<br />
la poesia di questo mestiere: tra Coppi e Bartali, le<br />
grandi imprese, la folla raccolta nel cortile della Gazzetta di via<br />
Galilei, nell’ex fabbrica del sapone. La gente guardava i ciclisti<br />
che punzonavano le bici, incantati dal mito che contribuivamo<br />
a formare con la semplice cronaca di imprese sportive vere”.<br />
Ogni giorno, fino a sera. Fino all’urlo del proto che echeggiava<br />
per tutto il giornale e imponeva la chiusura. Fatte le pagine, via<br />
a coltivare le altre passioni, la musica su tutte. Altri miti, altre<br />
ricorda con affetto il suo rapporto con Brera: “Col Giuànn piano<br />
piano siamo diventati amici e si andava a pescare insieme.<br />
Era uno spettacolo vederlo remare con una mano sola, lui che,<br />
nato praticamente sul fiume, sapeva come navigare senza far<br />
scappare i pesci. Un altro grande maestro è stato Gianni<br />
Clerici”.<br />
Piero ce l’ha impresso in mente come se fosse ieri, il primo articolo<br />
scritto per la rosea, su una partita di calcio: “Saronno-<br />
Monza zero a zero. Da lì quante soddisfazioni, che ricordi<br />
quando impaginavo la Gazzetta in piazza Cavour con i tipografi,<br />
o le cene con Mario Fossati e Giuseppe Ambrosini.<br />
Quante cose ho imparato da loro, anche quando ero incaricato<br />
di dettare semplicemente i pezzi che scrivevano alla fine delle<br />
tappe del Giro d’Italia. Oggi i giovani non ascoltano più gli<br />
anziani, e fanno male. L’umiltà deve essere una dote fondamentale<br />
per diventare giornalisti”.<br />
Ratti non ha mai smesso di scrivere. Alla fine di gennaio, infatti,<br />
ha seguito per la Gazzetta la tradizionale Marcialonga di sci<br />
di fondo: “Forse piaccio ai lettori perché riesco a far vivere un<br />
evento attraverso i miei pezzi. Oggi è tutto a portata di mano<br />
su internet, nessuno va più a fare il cronista sul campo, e parlare<br />
con gli sportivi è sempre più difficile. Le sale stampa di una<br />
volta erano piccole, e lavorare in mezzo al ticchettio delle macchine<br />
per scrivere ti dava una carica indescrivibile. Adesso, invece,<br />
basta schiacciare due tasti sul computer”.<br />
coppie: Mozart e Beethoven, Verdi e Wagner. “Ho vissuto in<br />
una penombra divina, il giornale mi assicurava la pagnotta e la<br />
musica mi ritemprava lo spirito”. Poi il mondo, i viaggi: alla scoperta<br />
delle imprese che fanno grandi gli uomini. Un giro lungo,<br />
fino al desk. Nel 1968 Garavaglia è caposervizio alle pagine del<br />
calcio, “del calcio vero” e la “Gazza” cambia sede, si sposta in<br />
piazza Cavour, palazzo <strong>dei</strong> giornali.<br />
Col trasferimento <strong>dei</strong> cronisti della “rosea” al “Corriere”,<br />
Garavaglia è nominato caporedattore. Ogni capo dirigeva le<br />
sue pagine, e in quel periodo non si convocava neanche la riunione.<br />
Angelo Garavaglia è stato tra quelli che hanno lavorato<br />
alla “Gazzetta dello Sport” in anni record: dalla direzione ad interim<br />
di Giuseppe Ambrosini e Gualtiero Zanetti a quella di<br />
Candido Cannavò, passando per tante imprese sportive e giornalistiche.<br />
Su tutte, il record <strong>dei</strong> tre milioni di lettori di media del 1983. È<br />
uscito dal giornale nel 1988, in tempo per vedere “l’appiattimento<br />
<strong>dei</strong> quotidiani e <strong>dei</strong> giornalisti” sui modelli televisivi.<br />
“L’avvento delle tv commerciali ha cambiato il modo di fare questo<br />
mestiere”. Testimone di un declino, canta un vecchio proverbio<br />
cinese: “Quando ti rendi conto – recita Garavaglia – che<br />
non è il pisello che fa sbocciare la primavera ma il contrario,<br />
capisci che è finita la poesia”. Quell’88, erano 51 i redattori in<br />
“odor di santità. Siamo usciti in quattro. Perché anche in queste<br />
cose bisogna cogliere il momento giusto”.<br />
D'<br />
MEDAGLIE<br />
O R<br />
nosciuto pilota. Per dieci anni nessuna risposta. Poi, una mattina,<br />
squilla il telefono: ‘Pronto, son Ravaldini’, dice la voce. ‘Ma<br />
quale Ravaldini’ ‘Quello della Russia’. ‘Ostrega, ma dove sei’<br />
‘Al mio paese’”. Perelli incontrò Alfredo e la moglie Galina a<br />
Gatteo a Mare, in provincia di Cesena: “Ripeteva divertito che<br />
si sentiva morto tre volte. Mentre si ritirava dalla Russia con<br />
l’Armir, cercò di farsi caricare su un camion nazista. Gli spararono<br />
una mitragliata e cascò nella neve. Mezzo assiderato, lo<br />
salvò una capitana dell’Armata rossa. I russi lo fecero prigioniero,<br />
deportandolo in Siberia. Sarebbe morto la seconda volta,<br />
se non fosse finito a fare il guidatore di trattori. Il che gli consentiva<br />
di difendersi dal gelo riscaldandosi vicino al motore.<br />
Finita la guerra restò in Russia. Cominciò a correre in moto e a<br />
vincere. Entrò nell’albo d’oro del campionato di velocità sovietico.<br />
Poi si laureò in ingegneria, si sposò e fece carriera. Alla fine<br />
degli anni Novanta, assalito dalla malinconia, tornò a Gatteo.<br />
Quando l’anziana madre aprì la porta, le venne un colpo. E appena<br />
si riprese dallo choc, gliene venne un altro: doveva restituire<br />
i soldi della pensione di guerra che aveva preso per quarant’anni.<br />
Lui si sentì morto per la terza volta. Era ormai il fu<br />
Alfredo Ravaldini”.<br />
Carlo Perelli, sguardo attento e occhiali alla Woody Allen, è un<br />
affabulatore quasi ipnotico. Figlio di un tipografo che stampava<br />
“Motociclismo”, imparò a leggere sillabando marche di moto. Poi<br />
un giornalista della rivista chiese al padre: “Te ghe minga un fieu<br />
per sistema i fotugrafie de’ l’archivi” Il 1° ottobre del 1949 il sedicenne<br />
Carluccio entrò al giornale. “In redazione sfogliavo le riviste<br />
straniere. Il vecchio redattore capo mi diceva: “Te vedet,<br />
‘lap’ voeur dì gir normal, ‘fast lap’, giro veloce. Non parlava inglese,<br />
conosceva solo alcuni termini. Così mi misi a studiare un<br />
po’ la lingua e dal 1953 cominciai a collaborare con riviste inglesi<br />
e olandesi”. E proprio su quelle riviste straniere, Perelli, all’inizio<br />
di settembre del 1957, pubblicò lo scoop più clamoroso<br />
della sua carriera. “Venni a sapere che la Gilera, grande protagonista<br />
del campionato del mondo, voleva ritirarsi dalle gare.<br />
Sparai subito la notizia sui giornali inglesi. Apriti cielo: mi chiama<br />
la Gazzetta dello Sport chiedendomi se mi dà di volta il cervello.<br />
La Gilera smentiva, ma il 26 settembre in una riunione<br />
stampa effettivamente annunciò il ritiro dalle corse”.<br />
21<br />
O
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Mario Gherarducci<br />
“Incantato dal grande Maradona<br />
ma il primo amore fu il nuoto”<br />
di Giuseppe Vespo<br />
Il caso volle che il giocatore, appena diciottenne, avesse un<br />
amico giornalista. Correva l’anno 1951. “E chissà perché nei<br />
racconti gli anni corrono sempre”, si sarebbe poi domandato<br />
Mario Gherarducci, rievocando gli ultimi anni della sua carriera.<br />
Studente di scienze politiche a Napoli, Mario incrociò il proprio<br />
futuro professionale mentre coltivava la passione sportiva per<br />
la pallanuoto: “Un amico che lavorava a Il Mattino D’Italia mi<br />
chiese di scrivere un articolo su una gara di nuoto. Nacque così<br />
una collaborazione che dalle piscine partenopee mi avrebbe<br />
portato alle gesta <strong>dei</strong> grandi del calcio, passando per i tappeti<br />
quadrati della boxe e per le arene olimpioniche”. Ma di<br />
bracciate ne ha dovute dare quel ragazzo per raggiungere la<br />
meta che sognava: “Il mattino D’Italia era sempre sull’orlo del<br />
fallimento, così cominciai a lavorare al Roma. Feci qualche anno<br />
da abusivo, tra lo sport e la cronaca nera di Napoli. Poi nel<br />
1957, la lettera del direttore mi consacrò professionista”.<br />
Cronachistico e riflessivo, Gherarducci descrive i suoi primi anni<br />
da professionista: “Al Roma stavo così bene che rifiutai la<br />
proposta di Gino Palumbo, capo dello sport del Mattino”.<br />
Undici anni dopo quel primo articolo sulla gara di nuoto,<br />
Palumbo, passato nel frattempo al “Corriere della Sera” ritenta<br />
il corteggiamento, questa volta con successo: “Come potevo rifiutare<br />
la prima vetrina del giornalismo italiano”. È il marzo del<br />
1963. Sarà perché gli affidarono anche la boxe o forse perché<br />
era abituato a lavorare in maniche di camicia, certo è che<br />
Gherarducci vanta un singolare primato: “Sono stato il primo<br />
che ha osato togliersi la giacca al Corriere, dove c’era un clima<br />
molto formale anche se poi il linguaggio era quello tipico<br />
delle redazioni”. Nel 1964, tra gli incontri di Duilio Loi e la serie<br />
A del campionato, il cronista viene inviato a seguire le Olimpiadi<br />
di Tokio. Dovette occuparsi un po’ di tutto: “Ricordo che<br />
Palumbo mi mandò a seguire l’equitazione. Una disciplina quasi<br />
sconosciuta, ma arrivò la notizia che l’Italia era inaspettatamente<br />
in corsa per l’oro e ne scrissi io”. Nel 1974 Palumbo passò<br />
a dirigere il “Corriere d’informazione”. Gherarducci diventò il<br />
vice delle pagine sportive del “Corriere”.<br />
Fino al ’77, quando Piero Ottone – al suo ultimo anno alla guida<br />
del “Corsera” – lo nominò caporedattore. Di quella direzione,<br />
così tormentata e burrascosa, Gherarducci conserva anche<br />
un aneddoto particolare: “Ottone rivoluzionò i rapporti in redazione.<br />
Fu lui a introdurre la regola tacita del ‘tu’ confidenziale<br />
tra direttore e redattori”.<br />
Mario rimase a dirigere lo sport per nove anni, poi tornò a fare<br />
l’inviato. Nel 1988 è alle Olimpiadi di Seul, poi agli Europei<br />
di calcio in Germania e alle Olimpiadi invernali. Di tutti i grandi<br />
campioni conosciuti, Gherarducci conserva ricordi indelebili,<br />
anche se i suoi preferiti restano Duilio Loi, Nino Benvenuti,<br />
Maradona e Rivera. Oggi è tornato a vivere vicino al mare, non<br />
a Napoli però. E i suoi campioni li vede in tv, con orgoglio: sono<br />
i figli Giorgio, della Gialappa’s Band, e Giampaolo, giornalista<br />
sportivo a Mediaset.<br />
D'<br />
MEDAGLIE<br />
O R<br />
O<br />
Lorenzo Pilogallo<br />
Un professionista stimato<br />
dall’Avvocato e da Enzo Ferrari<br />
di Cleto Romantini<br />
Una vita per il “Corriere della Sera”, trascorsa tra via Solferino<br />
e la sua abitazione in via Carlo Poma. Lorenzo Pilogallo ha lavorato<br />
con orgoglio per la più prestigiosa testata milanese, come<br />
racconta la moglie Rosanna: “Mio marito ha dedicato la vita<br />
al lavoro, tanto che io mi sono sempre chiesta se avesse<br />
sposato me o il Corriere”.<br />
Nato a Milano il 23 marzo del 1933, Pilogallo è entrato al<br />
“Corriere” come correttore di bozze. Dopo dieci mesi inizia a lavorare<br />
come giornalista nella redazione sportiva. Assunto come<br />
praticante nell’aprile del 1956, diventa professionista 18<br />
mesi dopo. “Al Corriere ha percorso tutti i gradini della carriera<br />
– ricorda Rosanna Pilogallo – fino a diventare capo della redazione<br />
sportiva. È stato lui a inventare la pagina della nautica<br />
e <strong>dei</strong> motori. Godeva della stima dell’avvocato Agnelli, con il<br />
quale andava spesso a fare colazione a Torino ed è stato buon<br />
amico del grande Enzo Ferrari, che tra l’altro avrebbe dovuto<br />
essere il nostro testimone di nozze. Rinunciò all’ultimo momento.<br />
Disse che non l’avrebbe più fatto perché ci voleva bene<br />
e non voleva che accadesse nulla di male. Si riferiva al fatto<br />
che l’ultima volta che aveva fatto il testimone a un matrimonio<br />
per un amico, quella persona morì poco tempo dopo”.<br />
Dopo 26 anni di lavoro al “Corriere della Sera”, Pilogallo diventa<br />
direttore del “Corriere d’Informazione”, il quotidiano<br />
Rizzoli del pomeriggio. Era il 26 marzo 1981.<br />
Di quel periodo la signora Pilogallo rievoca un episodio in particolare:<br />
“La tragedia di Vermicino fu una grande angoscia.<br />
Quando riuscirono ad agganciare il piccolo Alfredino in fondo<br />
al pozzo, sembrava che il bambino fosse ormai salvo, e così<br />
mio marito mise la notizia in prima pagina. Purtroppo non fu<br />
così, e il giorno dopo scrisse in prima pagina una bellissima<br />
lettera di scuse”.<br />
L’Informazione cessa le pubblicazioni il 15 dicembre di quell’anno.<br />
Pilogallo, dopo poco tempo, trova una nuova collocazione<br />
come vice di Gino Palumbo alla “Gazzetta dello Sport”.<br />
“In realtà mio marito – racconta la signora Rosanna – era in<br />
ballo per la vicedirezione del Corriere. Purtroppo proprio in<br />
quell’anno, in pieno scandalo P2, arrivò alla direzione Alberto<br />
Cavallari. Fu l’unica volta nella storia del Corriere che non vennero<br />
nominati vicedirettori”.<br />
Pilogallo ha continuato a fare il suo lavoro con amore e con<br />
buoni guizzi d’intuizione, tra i quali il debutto sulle pagine della<br />
“Rosea” di scrittori come Alberto Bevilacqua, che si cimentava<br />
per la prima volta con argomenti di carattere sportivo.<br />
Nel 1983, malato, deve lasciare il lavoro. “Da allora è stato un<br />
po’ abbandonato dai colleghi”, si rammarica la signora<br />
Pilogallo. “Gli unici che sono venuti a trovarlo sono stati Vittorio<br />
Feltri, Gaspare Barbiellini Ami<strong>dei</strong> e Roberto Milazzo, che prese<br />
il suo posto alla Gazzetta. È sempre stato un uomo rigido,<br />
molto serio. Ho sempre ammirato la sua dignità e la riservatezza<br />
che non gli ha mai fatto rivelare di essere il nipote di<br />
Eugenio Balzan, l’uomo che per trent’anni ha amministrato il<br />
Corriere” portandolo, con Luigi Albertini, al successo.<br />
Pilogallo ha ricevuto nel 1968 il premio “Dino Ferrari”, e ha pubblicato<br />
il libro Le automobili – La conquista della velocità<br />
(Piccioli Editrice, 1969).<br />
Giancarlo Migliavacca<br />
La mia penna in difesa<br />
<strong>dei</strong> diritti degli automobilisti<br />
di Andrea Schiappapietra<br />
Un’intera carriera dedicata al mensile che aveva contributo a<br />
far nascere. Quando Giancarlo Migliavacca parla di<br />
“Quattroruote”, i suoi occhi esprimono un grande orgoglio e tradiscono<br />
forse un pizzico di nostalgia. “È stata un’esperienza irripetibile.<br />
In quella redazione sono cresciuto come uomo e come<br />
giornalista”.<br />
Era il 1956 quando Gianni Mazzocchi, che aveva da poco ceduto<br />
testate da lui stesso fondate come “L’Europeo” e “Il<br />
Mondo”, ebbe la grande intuizione, su consiglio di Antonio<br />
Bandini Buti, di investire in una pubblicazione dedicata all’automobile,<br />
in un momento in cui l’Italia si stava avviando alla motorizzazione<br />
di massa.<br />
Severino Franco Silvotti<br />
“Dettavo i pezzi al telefono<br />
per cinque redazioni diverse”<br />
di Matthias Pfaender<br />
“Il libro è l’ultimo baluardo contro la barbarie che ci sta<br />
tra“Adesso si parla tanto di precariato e difficoltà di accesso<br />
alla professione giornalistica; beh, non è che ai miei tempi<br />
fosse tanto diverso”.<br />
Severino Franco Silvotti, per tutti semplicemente Franco, nato<br />
nel 1930 a Castel San Giovanni, ricorda con affetto quel<br />
ragazzone ventenne che nei primi anni Cinquanta dalla provincia<br />
piacentina si avviò, senza contatti o referenze, alla volta<br />
di Milano, l’inespugnabile capitale dell’editoria che – cinquant’anni<br />
fa come oggi – attirava a sé chi cullava l’ambizione<br />
di fare del giornalismo la propria professione.<br />
“Ho ancora stampata in mente la prima volta che giunsi in<br />
stazione Centrale. Non conoscevo nessuno e non potevo<br />
contare su altro che la voglia di mettermi in gioco.<br />
Migliavacca venne assunto poco tempo dopo l’uscita del primo<br />
numero.<br />
“Fu Giancenzo Madaro, che aveva lavorato con me alla<br />
Edisport, una piccola casa editrice, a segnalarmi”, confida.<br />
“All’inizio eravamo solo in cinque, ma c’era grande entusiasmo.<br />
Mazzocchi ci spronava. Con lui avevamo un confronto continuo.<br />
Fummo i primi a proporre le prove su strada delle auto appena<br />
uscite sul mercato, segnalandone pregi e difetti.<br />
Facemmo una lunga serie d’inchieste sui problemi degli automobilisti:<br />
la più famosa fu quella che chiamammo “Operazione<br />
Bullone”. Ci presentavamo nelle officine in incognito, segnalando<br />
un rumore fastidioso.<br />
Avevamo appositamente svitato un bullone, lasciandolo cadere<br />
nella coppa della ruota. I meccanici onesti ci segnalavano<br />
subito quale fosse il problema, altri se ne inventavano di tutti i<br />
Scendendo le scale affollate che portano in piazza Duca<br />
d’Aosta, scorsi, alzando lo sguardo, un cartellone pubblicitario<br />
della Patria, il quotidiano dell’armatore Lauro.<br />
Decisi di cominciare proprio da lì. Mi presentai e dissi che<br />
volevo diventare giornalista”.<br />
Divertiti dalla schiettezza e dall’ingenuità di quel giovanotto,<br />
in redazione decisero di dargli una possibilità. “Mi fecero lavorare<br />
per una settimana intera a una didascalia. La scrissi<br />
e riscrissi, limando gli aggettivi e asciugando il testo, fino a<br />
ottenere una dida pubblicabile. Quello fu l’inizio di tutto.<br />
Restai alla Patria per quasi cinque anni, lavorando a tempo<br />
pieno senza un contratto o la minima garanzia. Furono anni<br />
faticosi ma appassionati: arrivavo al giornale per primo e me<br />
ne andavo per ultimo.<br />
Uscivo dalla redazione verso le tre di notte e prendevo il treno<br />
per Piacenza verso le quattro. Alle due del giorno dopo<br />
ero di nuovo a Milano davanti alla macchina per scrivere”.<br />
colori”. “Quattroruote” diventò un simbolo di libertà, uno strumento<br />
di tutela per gli automobilisti.<br />
Dagli editoriali del direttore partirono campagne a favore della<br />
costruzione delle autostrade, battaglie vittoriose per la riduzione<br />
del prezzo della benzina e per l’abolizione della corsia di<br />
sorpasso centrale. “Mazzocchi è stato un maestro di giornalismo<br />
per tutti noi – afferma Migliavacca – aveva una grande<br />
umanità e sapeva intuire il progresso prima degli altri. Quando<br />
venne inaugurato il primo tratto dell’Autostrada del Sole, titolò:<br />
‘7 metri e mezzo è poco’. Aveva capito che le carreggiate erano<br />
troppo strette per le esigenze future”. Dopo la scomparsa<br />
del fondatore, avvenuta nel 1984, il gruppo editoriale passò<br />
nelle mani della figlia Giovanna.<br />
Nel 1989 un evento terribile segnò la vita di “Miglia”, come veniva<br />
affettuosamente chiamato in redazione: una grave malattia<br />
gli portò via l’unico figlio, Alessandro, 22 anni. Di colpo, la<br />
carriera, il lavoro, i soldi non ebbero più alcuna importanza:<br />
“All’inizio degli anni Novanta, da caporedattore centrale, decisi<br />
di lasciare. Avrei potuto continuare ancora ma gli impegni non<br />
mi permettevano di stare vicino a mia moglie Valentina.<br />
Avevamo bisogno di ricostruire, soprattutto dal punto di vista<br />
spirituale, ciò che avevamo perduto. La morte di un figlio è un<br />
evento devastante. La fede in Dio ci ha dato il conforto che cercavamo.<br />
Ci siamo dedicati, assieme ad alcuni amici, a un’associazione<br />
che ha lo scopo di portare aiuto alle famiglie che<br />
hanno vissuto la nostra stessa esperienza”.<br />
Dopo l’esperienza a “La Patria”, Silvotti passa alla redazione<br />
sportiva del “Corriere Lombardo”, uno <strong>dei</strong> numerosi giornali<br />
del pomeriggio che all’epoca Milano contava. Qui affina<br />
le sue capacità di cronista e imbocca la strada che percorrerà<br />
per tutto il resto della carriera: giornalista sportivo, specializzato<br />
in politica sportiva.<br />
Fu lui uno <strong>dei</strong> primi a interessarsi delle strutture giuridicoamministrative<br />
che ruotano attorno al mondo del pallone.<br />
Successivamente, in seguito all’assorbimento da parte della<br />
“Notte” del “Corriere Lombardo”, Silvotti continua a svolgere<br />
il ruolo di inviato a seguito delle squadre italiane di calcio,<br />
collaborando allo stesso tempo alle pagine sportive del settimanale<br />
milanese “MilanInter” e <strong>dei</strong> quotidiani “Giornale di<br />
Sicilia”, “Gazzettino” di Venezia e “Napoli Notte”.<br />
Ricorda divertito: “Ho girato il mondo seguendo i campioni<br />
italiani, raccontando le imprese delle nostre squadre e passando<br />
ore e ore al telefono dettando i pezzi a cinque diverse<br />
redazioni.<br />
Penso che sia un riflesso di quelle esperienze il mio rifiuto di<br />
possedere adesso un cellulare. Ho trascorso tanto di quel<br />
tempo in sgabuzzini freddi o reception di alberghi con la cornetta<br />
in mano che il telefono è diventato per me un oggetto<br />
ostile”.<br />
Nel 1985 Silvotti lascia “La Notte” da caporedattore <strong>dei</strong> servizi<br />
sportivi, per concludere la brillante carriera nel mondo<br />
della stampa come direttore editoriale della Edisport, casa<br />
editrice specializzata in pubblicazioni sportive, supervisionando<br />
in prima persona la produzione di nove mensili.<br />
22 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Giovanni Bianco<br />
Una scrittura in punta di sci<br />
dal Giappone ai Pirenei<br />
di Alessandro Braga<br />
Di Giovanni “Gianni” Bianco, classe 1932, non si può certo dire<br />
che non sia stato un giornalista “d’alta quota”. Dalle montagne<br />
trentine alle olimpiadi invernali di Sapporo, la carriera di<br />
Bianco è stata segnata dalle piste innevate. Ha cominciato la<br />
sua attività alla sede Rai di Bolzano, quando era ancora studente<br />
universitario, per poi passare all’“Alto Adige”, dove nel<br />
1955 ha iniziato il praticantato. Nel 1957, l’iscrizione all’albo <strong>dei</strong><br />
giornalisti professionisti. Dieci anni dopo l’allora presidente del<br />
consiglio <strong>dei</strong> ministri Aldo Moro, al suo terzo incarico, chiese<br />
all’Eni, proprietario del Giorno, un “aiuto” per risolvere la questione<br />
dell’Alto Adige. Il quotidiano fondato da Enrico Mattei decise<br />
di aprire un dorso bolzanino e lo affidò a Giovanni Bianco.<br />
“È stata un’esperienza molto bella – ricorda Bianco – la questione<br />
altoatesina era tutt’altro che risolta, gli attentati nella regione<br />
erano all’ordine del giorno. Credo che io e i miei colleghi<br />
del Giorno siamo riusciti a dare un seppur piccolo contributo,<br />
almeno dal punto di vista mediatico, alla risoluzione della questione”.<br />
Cinque anni di grandi esperienze nelle cronache trentine<br />
poi, nel 1972, quando la questione altoatesina era ormai<br />
stata risolta da Moro, la decisione da parte dell’Eni, proprietario<br />
del “Giorno”, di chiudere il dorso bolzanino.<br />
Iniziò allora l’avventura milanese, sempre al “Giorno”: nel corso<br />
degli anni, responsabile della pagina culturale, capocronista<br />
(in quel periodo lavorava per la cronaca giudiziaria l’attuale presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti lombardi, Franco Abruzzo),<br />
infine inviato per la pagina politica. Un anno dopo il trasferimento<br />
a Milano, la svolta. Un caso fortuito lo proietta nel mondo<br />
dello sport invernale, una sua vecchia passione: “Eravamo<br />
alla vigilia delle Olimpiadi invernali di Sapporo e Gianni Clerici,<br />
che doveva seguire l’evento per il giornale, si ammalò. Italo<br />
Pietra, l’allora direttore, sapendo del mio interesse per lo sci,<br />
mi chiamò e mi disse: “Gianni, devi andare in Giappone, a<br />
Sapporo, per le olimpiadi invernali”. Combattuto tra la mia voglia<br />
e l’inquietudine per la nuova avventura, chiesi e ottenni 24<br />
ore di tempo prima di comunicare la mia risposta.<br />
Quella sera ne ho parlato a mia moglie che mi ha spronato ad<br />
affrontare la nuova prova: “Dai Gianni, che bello, non sei mai<br />
stato in Giappone!”. Il giorno stesso disse a Pietra che accettava.<br />
Preparò le valigie e volò in Giappone. Da qui ha inizio<br />
quella che lui stesso definisce la sua “doppia vita professionale”.<br />
Nei tre mesi invernali si occupava di sci, per i restanti nove<br />
mesi di politica, cronaca e cultura: “Una vita quasi schizofrenica,<br />
ma accomunata dallo stesso entusiasmo con cui seguivo<br />
le gare sportive come la cronaca giudiziaria cittadina”.<br />
Nel 1980 Gianni Brera passò al “Giornale” di Montanelli, e<br />
Bianco si dedicò totalmente alle vicende sportive, fino alla pensione,<br />
nel 1987. Ma non ha mollato del tutto. Ha continuato per<br />
altri dieci anni a seguire per il “Giorno” gli avvenimenti degli<br />
sport invernali, fino ai campionati mondiali di sci del 1996. In<br />
venticinque anni, ha collezionato sette Olimpiadi e quindici<br />
campionati mondiali invernali.<br />
La sua passione per lo sport continua anche dopo l’abbandono<br />
definitivo al “Giorno”. Nel 1996 diventa direttore responsabile<br />
della riviste “Sci” e “Sci fondo”, di cui è tuttora presidente<br />
onorario, e diventa presidente dell’associazione “<strong>Giornalisti</strong> italiani<br />
sciatori”. Oggi, settantacinquenne, non ha abbandonato<br />
l’interesse per lo sport: “Sono presidente <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> Italiani<br />
Golfisti, una realtà che conta 120 iscritti in tutta Italia e che organizza<br />
molti eventi e iniziative”, dice con orgoglio. Appesi sci,<br />
racchette e scarponi al chiodo, non lascia insomma il mondo<br />
dello sport, e si dedica con tutta la sua passione a mazze, buche<br />
e campi verdi.<br />
Giancarlo Rizza<br />
“Quando sul boss Turatello<br />
ho battuto sul tempo la polizia”<br />
di Valentina Colosimo<br />
Nella cartelletta sul tavolo del salottino sono raccolti i documenti<br />
che segnano i passaggi della sua carriera. Vecchie lettere scritte<br />
a macchina indirizzate all’<strong>Ordine</strong> e a Carlo De Martino, ritagli<br />
di giornali, fogli che certificano l'idoneità alla professione.<br />
Giancarlo Rizza, classe 1929, li sfoglia insieme alla moglie, e<br />
con una punta di emozione emergono ricordi, piccoli episodi dai<br />
suoi quarant’anni di carriera. “Il Giorno mi cambiò la vita”, dice<br />
senza esitazioni. Fin dal principio, il quotidiano fondato da Enrico<br />
Mattei segna il percorso di Rizza. “Riuscii a entrare al Corriere<br />
Lombardo come praticante perché Il Giorno di Gaetano<br />
Luigi Speroni<br />
Una vita da duemila interviste<br />
e l’amicizia con Gaber e Mina<br />
di Francesco Abiuso<br />
“Giovanotto, la proposta mi interessa. Cosa cerchi, soldi”,<br />
chiese Nino Nutrizio a uno <strong>dei</strong> tanti ventenni in attesa davanti<br />
alla sua scrivania. “No, voglio solo lavorare”, ribattè il giovane.<br />
La risposta piacque così tanto al leggendario direttore della<br />
“Notte” che volle subito mettere alla prova chi l’aveva pronunciata.<br />
Inizia così l’avventura giornalistica di Luigi Speroni.<br />
Mezzo secolo di un’attività che lo porterà a diventare firma di<br />
una tra le maggiori testate nazionali. “Da quel giorno cambiò<br />
tutto. Avevo 23 anni e iniziai a puntare la sveglia per alzarmi<br />
alle sette”.<br />
Il primo compito, affidatogli dal direttore della “Notte” in persona,<br />
fu quello di recarsi ogni mattina alle otto e un quarto alla<br />
stazione Centrale, a un passo dalla redazione. “Dovevo aspettare<br />
che dai vagoni letto scendessero i vip. Politici, divi dello<br />
sport e dello spettacolo. Intervistarli nei pochi metri che portano<br />
dalla banchina fino all’area <strong>dei</strong> taxi. Due domande, sufficienti<br />
per andare di corsa in redazione e, entro le nove e mezza<br />
– ora in cui il giornale chiudeva per andare in stampa –,<br />
scrivere l’intervista per la prima pagina”. Idea semplice e vincente:<br />
una delle tante del grande Nutrizio.<br />
Funzionò, ma non subito: “I primi giorni – racconta Speroni –<br />
non trovavo nessuno, perché non riconoscevo i volti, soprattutto<br />
<strong>dei</strong> politici. In quelle mattinate, però, scoprii che Nutrizio<br />
mi seguiva a distanza e mi spiava. Voleva vedere come sapevo<br />
muovermi sul campo”.<br />
Il primo grande vip “intercettato” da Speroni fu l’attore Memo<br />
Benassi: “Scese dal treno e aveva in braccio un gatto. Lo avvicinai,<br />
gli chiesi qualcosa al riguardo e scoprii una storia curiosa,<br />
da prima pagina. Benassi, in quei giorni di scena al teatro<br />
Nuovo, era così affezionato alla bestiola che, da quando<br />
questa si era ammalata, ogni giorno la portava avanti e indietro<br />
fino a Firenze per farla visitare da un veterinario. Qualche<br />
giorno dopo, incontrai Giuseppe Pella, allora presidente del<br />
Consiglio. Un po’ alla volta presi fiducia”.<br />
Dalla “Notte”, a metà degli anni Sessanta, Speroni passa in<br />
via Solferino. Prima come inviato alla “Domenica del Corriere”<br />
(diretta da Guglielmo Zucconi), poi al “Corriere della Sera”.<br />
Scrive nella pagina degli spettacoli, in cui prende il posto di<br />
Vincenzo Buonassisi. Per anni seguirà il festival di Sanremo,<br />
girerà l’Italia come inviato speciale: “Il bello di questo mestiere<br />
è che ti dà la possibilità di incontrare gente e situazioni diverse.<br />
In tutta la mia carriera avrò intervistato più di duemila<br />
persone. Alcuni sono diventati anche miei amici, come Sergio<br />
Endrigo, Giorgio Gaber, Mina, Piero Chiara”.<br />
Che emozione, il “Corrierone”: “Quegli anni mi hanno permesso<br />
di conoscere, soltanto per citarne alcuni, Dino Buzzati,<br />
Baldacci aveva rastrellato giornalisti ovunque e servivano nuove<br />
leve”. Durante il praticantato riesce a scrivere servizi importanti:<br />
le reazioni a livello cittadino del lancio dello Sputnik, la<br />
morte di Don Gnocchi. “Per un praticante era tanto”, ricorda<br />
Rizza. “Il mio maestro fu Leonida Villani, il capo della cronaca<br />
bianca”. Divenuto professionista, passa a “Il Popolo di Milano”.<br />
Ci resta per poco: è il 1960, Baldacci lascia la direzione del<br />
“Giorno” e fonda il settimanale “Abc”, portando con sé Leoni e<br />
Balzan, due colonne portanti del quotidiano milanese. Il nuovo<br />
direttore del “Giorno”, Italo Pietra, cerca cronisti. Giancarlo Rizza<br />
viene assunto e comincia a occuparsi di cronaca nera. È entusiasta:<br />
“Fu un periodo esaltante”, racconta. Un pensiero va agli<br />
ex colleghi: “C’erano grandi nomi che frequentavano la cronaca:<br />
Bernardo Valli, Natalia Aspesi, Adele Cambria”. Poi, ecco gli<br />
anni di piombo, le telefonate minatorie e gli interrogatori della<br />
polizia. “Arrivavano minacce anche dai carcerati. Chiamavano a<br />
casa e mi chiedevano perché scrivevo di terrorismo. Io non ci<br />
tenevo a fare il martire, ho sempre tentato di tenerli buoni”, confessa<br />
Rizza. Una mattina lo convoca anche la Procura della<br />
Repubblica: “Volevano sapere come avevo avuto la notizia di alcuni<br />
arresti, nomi importanti indagati per corruzione”. Mentre il<br />
procuratore Mauro Gresti lo interroga, “fuori dalla stanza un ufficiale<br />
<strong>dei</strong> carabinieri faceva tintinnare le manette”, racconta oggi<br />
con un sorriso. Un altro caso clamoroso è la rapina al Brera<br />
Club. Rizza, giocatore professionista di bridge, viene a sapere<br />
che il boss della mala Francis Turatello, detto “Faccia d’angelo”,<br />
ha fatto irruzione nel seminterrato dove si gioca d’azzardo, rapinando<br />
tutti i presenti.“Turatello gestiva le bische di tutta Milano<br />
ed era infastidito dall’apertura del circolo. Nessuno sporse denuncia<br />
perché Faccia d’angelo si era preso anche le carte d’identità<br />
<strong>dei</strong> giocatori come arma di ricatto”. La rapina avviene di<br />
sabato sera. La polizia lo apprende dal giornale il lunedì mattina:<br />
“Dal commissariato mi chiamarono increduli”. In via<br />
Fatebenefratelli lo conoscono bene, Rizza frequenta quotidianamente<br />
la sala stampa della polizia, è un “topo da questura”.<br />
Finché la nomina a caposervizio lo riporta in redazione, ancora<br />
al “Giorno”, il giornale che lo ha sempre accompagnato, dove<br />
termina la sua carriera nel 1993.<br />
D'<br />
MEDAGL<br />
Achille Campanile, Giancarlo Fusco. Ce li avevi lì di fianco,<br />
ogni giorno, e ti sembrava normale. Soltanto dopo mi sono reso<br />
conto della fortuna avuta”.<br />
Il primo pezzo firmato che appare sul primo quotidiano d’Italia<br />
non si scorda mai: “Adesso è diverso, firmano tutti e con molta<br />
più facilità. Prima bisognava aspettare un bel po’. Quando<br />
venne il mio momento, ero fuori per servizio. Mi chiamarono<br />
per dirmi che il giorno dopo avrei avuto una bella sorpresa.<br />
Offrii champagne a tutti. Ricordo che nello stesso periodo ottenne<br />
la sua prima firma anche Ettore Mo. Al Corriere erano<br />
preoccupati perché, con un cognome come il suo, anche la sigla<br />
era come una firma”.<br />
Altro ricordo molto vivo l’arrivo alla direzione di via Solferino di<br />
Piero Ottone: “Mi trovavo in Versilia, in un hotel vicino alla<br />
Bussola. Il segretario di redazione mi chiamò: il primo ordine<br />
del nuovo direttore, disse, è di non accettare più nessuna<br />
ospitalità. Scesi alla reception e dissi che volevo pagare. Un<br />
problema con il presidente della Proloco: la sentì come un’offesa<br />
personale”.<br />
Ma la carriera di Speroni va ben oltre il quotidiano. Direttore<br />
<strong>dei</strong> programmi Rizzoli Tv, capo ufficio stampa della Rizzoli libri,<br />
direttore <strong>dei</strong> servizi giornalistici e delle relazioni esterne di<br />
Euro Tv. Quindi la collaborazione con Enzo Tortora (“Una persona<br />
perbene, di una correttezza esemplare”) in veste di coautore<br />
per le trasmissioni Portobello e Giallo di Rai 2. Infine, il<br />
ruolo di consulente per la Televisione della Svizzera italiana.<br />
Speroni è anche un appassionato storico e saggista, autore<br />
di una ventina di libri come Il Duca degli Abruzzi (con cui ha<br />
vinto il Premio Lunigiana), Amedeo d’Aosta Re di Spagna e<br />
Fiorello La Guardia. Per sei anni, fino al febbraio 2005, ha diretto<br />
l’Ifg Carlo De Martino, prima scuola di giornalismo italiana.<br />
Il 7 dicembre del 2004 l’allora sindaco di Milano, Gabriele<br />
Albertini, gli ha consegnato l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza<br />
milanese: “Al di fuori dell’ambito lavorativo, la mia più<br />
grande soddisfazione”.<br />
O R<br />
O<br />
Albaluminosa Suraci<br />
“Che coraggio negli anni ‘50<br />
essere croniste di nera”<br />
“Ai miei tempi per una donna era difficile entrare in un mondo<br />
chiuso come quello del giornalismo, c’erano molti pregiudizi nei<br />
nostri confronti”. Sorride Albaluminosa Suraci, Bernard da sposata,<br />
ricordando i suoi primi passi da cronista: “Per fortuna le<br />
cose sono cambiate”.<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
di Andrea Sillitti<br />
Gli inizi nel 1951 alla “Provincia di Como”. La Suraci segue alcuni<br />
grandi processi del dopoguerra, come quello alla contessa<br />
Pia Bellentani, accusata dell’omicidio dell’amante, che finisce<br />
con la condanna dell’imputata a 10 anni di reclusione.<br />
Cronaca giudiziaria, ‘bianca’, poi il passaggio a un altro quotidiano<br />
della zona, “Il Corriere della Provincia”, dove cura una<br />
pagina su Cantù e in genere si occupa di fatti locali. Quindi il<br />
matrimonio e l’abbandono del lavoro di redazione.<br />
Passano gli anni e, una volta stabilitasi a Varese, la Suraci comincia<br />
a dedicarsi alla ricerca storica, pubblicando una decina<br />
di libri sulle piccole e grandi realtà del territorio. Protagonisti e<br />
soggetti tra i più disparati: il lago di Varese, le corse di cavalli o<br />
la storica associazione <strong>dei</strong> cotonifici milanesi.“Mi è sempre piaciuto<br />
andare all’origine delle cose”, spiega. Oggi la giornalista<br />
continua a scrivere per i quotidiani sui temi a lei cari, ma ha ancora<br />
vivi nella memoria gli anni da giovane cronista giudiziario:<br />
“Di recente mi sono rivista in televisione, proprio quando hanno<br />
riproposto il caso Bellentani.<br />
All’epoca fece molto scalpore, il palazzo di Giustizia di Como<br />
era stracolmo di gente”. Durante un’udienza, un giorno in cui<br />
non si riusciva a respirare tanta era la ressa, la Suraci avanzò<br />
una proposta: “Chiesi al presidente della Corte d’Assise di aprire<br />
a un gruppo di persone, tra curiosi e colleghi giornalisti, la<br />
gabbia degli imputati, visto che era vuota”.<br />
L’episodio suscitò un tale scalpore che ci fu addirittura un’interrogazione<br />
parlamentare. Albaluminosa Suraci ricorda sorridendo:<br />
“Feci proprio un bel casino”.<br />
23
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Ugo Ronfani<br />
Inviato, critico ed educatore<br />
con lo sguardo al futuro<br />
di Paolo Stefanini<br />
Ugo Ronfani parla con tono pacato. E per iniziare la conversazione<br />
cita Jean Daniel, lo storico direttore, e fondatore, del settimanale<br />
francese “Nouvel Observateur”, il “buon vecchio amico”<br />
conosciuto a Parigi durante il quindicennio (1960-1975) di<br />
vita da corrispondente, prima per la “Gazzetta del Popolo”, poi<br />
per “Il Giorno”.<br />
“Noi giornalisti eravamo partiti per conquistare le ricchezze del<br />
mondo”, scriveva Daniel nel suo libro L’ère des ruptures del<br />
1979. “E dove siamo finiti – si chiede Ronfani – A fare battaglie<br />
di retroguardia. Non dico che nel dopoguerra avessimo<br />
idee migliori, ma sicuramente avevamo migliori illusioni”.<br />
Lo mette subito in chiaro Ronfani, ex vicedirettore del “Giorno”<br />
a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, noto critico teatrale, autore<br />
di 34 libri e vincitore di decine di premi culturali. Non vuole<br />
una commemorazione: “Non mi va di fare la lista <strong>dei</strong> miei ‘mi<br />
ricordo’. È inutile parlare del passato d’un giornalista senza discutere<br />
del futuro del giornalismo”.<br />
È da tempo che va scrivendo delle sue preoccupazioni. “Mi inquieta<br />
il conformismo delle redazioni, la burocratizzazione del<br />
lavoro, la smobilitazione d’ogni impegno culturale”, spiega.<br />
“Cultura che non è l’accademia o il museo, ma dovrebbe essere<br />
almeno la quotidiana osmosi tra il pensiero e l’azione, tra<br />
i fatti e le idee”. La sua critica è spesso vigorosa. Ma “non si<br />
tratta degli atri umori di un ottuagenario” che in vita sua si è al-<br />
Giuseppe Palmieri<br />
Un lavoraccio affascinante<br />
le ribattute di notte al “Giorno”<br />
di Damiano Beltrami<br />
“Signori, stanotte ribattiamo la due, la tre, la dieci, la venti e la<br />
quindici”. A ripensarci Giuseppe Palmieri, l’uomo che al<br />
“Giorno” lavorava di notte, ride divertito: “Ogni volta che scendevo<br />
in tipografia scatenavo un coro di lamenti”.<br />
Capelli candidi e occhiali sul naso, Palmieri parla con il distacco<br />
che si riserva a ricordi sfumati dal tempo. Rammenta che<br />
era un lavoraccio, un lavoraccio che però gli ha dato anche<br />
soddisfazioni: “Due di notte del 4 agosto 1974. L’Ansa informa<br />
di una bomba esplosa sulla vettura numero cinque del treno<br />
Italicus, l’espresso Roma-Brennero. Una decina morti e oltre<br />
50 feriti il bilancio provvisorio. Ero solo al giornale. Così chia-<br />
lontanato dalla politica per delusione, e che è insoddisfatto <strong>dei</strong><br />
suoi due grandi amori: il giornalismo e il teatro. “Farò l’effetto<br />
d’una figura d’altri tempi, e per questi tempi nostri caricaturale”,<br />
sorride. “Sembrerò forse un anarchico in pantofole, ma voglio<br />
dirlo: Anche a ottant’anni, solo gli astratti furori giovanili<br />
possono salvarci dal basso conformismo dominante; solo i residui<br />
d’insofferenza. Per fortuna la vecchiaia non mi ha reso<br />
saggio”.<br />
“Ma nella categoria – mette in guardia – deve cominciare un<br />
periodo di riesame delle posizioni dell’informazione nella società.<br />
Perché abbiamo fallito. O comunque abbiamo dimenticato<br />
cose importanti. Fatto sta che siamo nella risacca, e come<br />
attori del mondo della comunicazione, rischiamo non solo di<br />
renderci partecipi della superficiale ignoranza dell’Occidente,<br />
ma anche della barbarie inconsapevole della società <strong>dei</strong> lussi<br />
e del benessere”.<br />
“Magari ho sbagliato tutto – riprende, intrecciando le dita – ma<br />
ho cercato di fare del mio meglio. Ho creduto in un giornalismo<br />
d’impegno, di ricerca, e di plusvalore culturale. E quando durante<br />
l’estate non ero impegnato col giornale, mentre mia moglie<br />
e mia figlia si crogiolavano al sole di Liguria, io, inutilmente<br />
folle, scrivevo libri e testi teatrali. Volumi che non mi hanno<br />
certo dato il Nobel, ma che mi sono serviti per trovare, o forse<br />
meglio, per cercare, un equilibrio”.<br />
Ronfani abbraccia con lo sguardo il grande salone di casa:<br />
“Proprio perché credo alle responsabilità culturali del giornalismo<br />
e a una vita professionale spesa come investimento per il<br />
mai il direttore Afeltra e un altro collega. In tre ribattemmo la<br />
prima e la seconda pagina. Alle sei uscimmo con il servizio<br />
completo”.<br />
Palmieri resta in silenzio per qualche secondo, passa i polpastrelli<br />
su una pagina di “I nostri diritti”, il giornale degli invalidi<br />
civili, che creò nel 1966 e a cui ancora oggi presta consulenza.<br />
“Le notti terrificanti al Giorno non sono mancate. Un’altra fu<br />
quella del 20 luglio 1969, pochi mesi dopo che venni assunto<br />
rispondendo a un annuncio sul giornale. Fu la notte dello sbarco<br />
dell’Apollo 11 sulla luna. Per la cronaca dell’allunaggio ci<br />
servimmo della televisione e ricostruimmo le prime due pagine<br />
in tempi record”.<br />
Ma Palmieri, benché abbia appena compiuto 80 anni, non è un<br />
futuro, e non come raccolta di aneddoti d’un nebbioso passato,<br />
l’esperienza di cui vado più fiero è il periodo passato<br />
all’Istituto per la formazione al Giornalismo di Milano”. “Sono un<br />
didatta per vocazione, credo nel valore dell’insegnamento. E –<br />
rivendica con garbo – sento la scuola un po’ come una mia<br />
creatura. Ho contribuito a fondarla assieme a Carlo De Martino,<br />
al quale oggi l’istituto è intitolato, e a Luigi Marinatto. Ho compilato<br />
personalmente i primi piani didattici, mentre ero in ospedale,<br />
convalescente per un’operazione. Poi ho presieduto per<br />
anni la Commissione per la programmazione didattica. Infine,<br />
per un biennio, dal 1985 al 1987 sono stato direttore<br />
dell’Istituto. Non esagero se dico che la fondazione e la gestione<br />
della scuola hanno contato professionalmente per me<br />
più delle esperienze da giornalista all’estero. Più di certe grandi<br />
soddisfazioni teatrali, come quando, appena ventunenne, un<br />
mio radiodramma venne scelto da Raffaele La Capria e trasmesso<br />
dalla Rai. L’Ifg è una piccola grande utopia di cui ero<br />
e resto fiero. E rivendico con orgoglio di essere stato tra i primi<br />
ad averci creduto”.<br />
Ronfani ha insegnato anche per tre anni nelle scuole carcerarie,<br />
ha tradotto Eugène Ionesco e fatto conoscere in Italia<br />
Nathalie Sarraute, capofila del Nouveau Roman, genere reso<br />
poi celebre da Alain Robbe-Grillet. Ha collaborato lungamente<br />
al “Dramma” di Lucio Lidenti, la prima rivista storica del teatro<br />
italiano e nel 1988 ha fondato il trimestrale di drammaturgia<br />
“Hystrio”. Ha seguito da vicino le vicende del Piccolo Teatro e<br />
realizzato un libro intervista su Giorgio Strehler. È stato per sei<br />
anni presidente dell’Associazione critici teatrali e nel 1993<br />
coordinatore artistico del Bicentenario goldoniano.<br />
“Ma la lista delle mie opere è lunga. Corrisponde a una vita<br />
intera. Può risultare enfatica o noiosa per chi legge”, avverte.<br />
E conclude: “È meglio riassumere così: ho creduto a un giornalismo<br />
di arricchimento intellettuale. A una cultura che non<br />
vedevo come arma di pochi ma come strumento per migliorare<br />
la vita di tutti. Ho iniziato da pubblicista nel 1949 alla<br />
Risaia di Vercelli, un settimanale socialista che difendeva le<br />
ragioni <strong>dei</strong> braccianti e delle mondariso. E lì ho stabilito il sodalizio<br />
con gli umili che sarà, fino alla fine <strong>dei</strong> miei giorni, la<br />
mia ragione di vita”.<br />
tipo che si lascia catturare dalle nostalgie. Dopo aver rievocato<br />
gli anni all’“Avanti!”, dal ’60 al ’69, dove curava la pagina<br />
sportiva, e a “MilanInter”, il primo giornale con cui collaborò appena<br />
diciottenne, si proietta subito nel futuro. “Ho almeno dodici<br />
idee per nuovi progetti editoriali, una è formidabile”, confida.<br />
Il che non sorprende. Negli ultimi 50 anni ha ideato una decina<br />
di giornali di categoria: “Di notte lavoravo al Giorno e la<br />
mattina progettavo nuovi giornali”.<br />
Tra i fogli di categoria lanciati da Palmieri il “Giornale del<br />
Parrucchiere”, “Medicina Pubblica”, “Intendere” (un mensile per<br />
non udenti), il “Giornale del Dirigente”, “I nostri diritti”. “Ma il colpo<br />
grosso è stato Bargiornale, una pubblicazione da distribuire<br />
nei bar: un successo strepitoso”, sorride Palmieri con un misto<br />
di orgoglio e amarezza, “l’idea di Bargiornale venne subito<br />
raccolta da un collega. Ero incerto: lasciare il Giorno e diventare<br />
editore Non rischiai, ma fu un errore. Cinque anni fa la<br />
testata è stata venduta per 32 miliardi di vecchie lire. Morale:<br />
ho inventato una testata miliardaria, ma è divenuto ricco un altro”.<br />
Signor Palmieri, perché non realizzare le nuove idee per giornali<br />
on line Accenna un sorriso impacciato: “Mah! Sono sempre<br />
stato un nemico del computer. Mi sento a mio agio con carta<br />
e macchina per scrivere. La mia Olivetti Lettera 32. Che tra<br />
l’altro adesso è scassata, devo farla aggiustare. Di nuove, purtroppo,<br />
non ne fanno più”.<br />
MEDA<br />
D' O<br />
Guido Nicosia<br />
Nell’officina rivoluzionaria<br />
del maestro Italo Pietra<br />
di Francesco Abiuso<br />
Giornalismo come passione ma anche come impegno civile,<br />
perché “la società ha bisogno di controlli, di gente che si accorga<br />
se le norme vengono rispettate o meno”. Questa la frase-chiave<br />
per interpretare la carriera di Guido Nicosia. “Iniziai<br />
a scrivere fin dai tempi delle superiori”, racconta. “Ricordo che<br />
il giornale si chiamava La virgola. Niente punti, insomma. Nella<br />
vita, come nelle frasi, la nostra volontà era quella di non fermarci<br />
mai”.<br />
Da allora, in effetti, Nicosia non si è fermato. Prima l’università,<br />
dove si appassionò alla politica, poi i primi tentativi di farsi strada<br />
nel quotidiano della sua città. “Alla Provincia pavese mi occupavo<br />
di cronaca locale, soprattutto di nera. Allora era molto<br />
più seguita di oggi, perché di grandi fatti ne succedevano pochi”.<br />
Nel frattempo, Nicosia inviava corrispondenze anche a<br />
quotidiani nazionali come “la Stampa”: “La dirigeva Giulio De<br />
Benedetti, il quale voleva che il suo giornale fosse scritto tutto<br />
nello stesso stile. Per questo quasi tutti i pezzi venivano fatti ribattere.<br />
Io però mi misi d’impegno e riuscii a capire quello che<br />
voleva, tanto che mi chiamò a Torino per propormi il praticantato”.<br />
In partenza per il servizio militare, Nicosia deve però rifiutare.<br />
Al ritorno riprende il suo posto alla “Provincia pavese”:<br />
un giornale libero, erede di una tradizione risorgimentale, ceduto<br />
ad Abele Boerchio direttamente dal Cln. Così iniziano le<br />
battaglie civili. La città in quegli anni è in fase di grande espansione.<br />
Il rischio è la speculazione edilizia, che Nicosia denuncia<br />
in appassionate inchieste.<br />
Nei primi anni Sessanta, il grande salto: Italo Pietra lo chiama<br />
al “Giorno”: “Un quotidiano nuovo, davvero una bomba a<br />
orologeria per il giornalismo italiano”. Nicosia (soprannominato<br />
dai colleghi “il Barone di Vidigulfo”) viene assegnato alla cronaca<br />
della Lombardia: lì svolgerà altri “servizi” che faranno molto<br />
discutere. Quello sul “caro estinto” (il business delle pompe<br />
funebri), sui “pirati della salute”, sull’inquinamento delle acque.<br />
“Erano vere inchieste, anche se non le chiamavamo così.<br />
Raccoglievamo fino a duecento testimonianze per articolo.<br />
Quando raccontavi un fatto, però, eri in grado di provarlo. Non<br />
ho mai preso una querela”. Al “Giorno” il cronista (poi promosso<br />
inviato) resterà per 18 anni, rifiutando persino l’opportunità<br />
di entrare al “Corriere della Sera”.<br />
Opterà, invece, per l’“Avvenire”, come inviato di Esteri. Il Libano<br />
e la Cambogia, il Sudafrica e le Filippine, la Lega Araba e i<br />
Consigli europei. Nicosia andrà anche al seguito di Pertini e<br />
Cossiga nei loro viaggi presidenziali. Anni in giro per il mondo,<br />
tra interviste “strappate” ai grandi della terra (Arafat, Sihanuk,<br />
“Cory” Aquino) e situazioni spesso rischiose, come quando in<br />
Libano ci fu il terribile attentato al quartiere generale <strong>dei</strong> marines.<br />
Innumerevoli gli aneddoti e i consigli: “Bisogna sempre andare<br />
sul posto a verificare, mai farsi raccontare un fatto per telefono.<br />
La verità, già di per sé, è parziale”. Secondo, mai temere<br />
il futuro: lui, che ha conosciuto il mondo della tv (avendo<br />
diretto i servizi giornalistici di Telemontepenice) oggi si adegua<br />
alla sfida di internet col quotidiano online “Italia nel mondo”. La<br />
sua avventura nel giornalismo davvero non si ferma.<br />
Mario Scognamiglio<br />
Il sovietologo di Renato Mieli<br />
catturato dalla bibliofilia<br />
di Marco Guidi<br />
“Il libro è l’ultimo baluardo contro la barbarie che ci sta travolgendo”,<br />
dice Mario Scognamiglio. Sarà per questo che gli scaffali<br />
del suo studio, a due passi dal castello Sforzesco, sono<br />
stracolmi di volumi. Molti anche pregiati, come i manuali sette-<br />
centeschi sugli usi e i costumi della Napoli borbonica. Dal<br />
1975, anno in cui fonda le Edizioni Rovello, la bibliofilia è diventata<br />
per lui un lavoro, oltre che una passione. Prima si era<br />
occupato di politica su quotidiani e periodici. Negli anni<br />
Cinquanta (è pubblicista dal 1957) era all’“Unità” e a “Paese<br />
Sera”. L’amore per il giornalismo si sposava con il suo fervore<br />
ideologico. Imparò il russo, tanto che Renato Mieli lo considerava<br />
il suo “sovietologo di fiducia”. Saranno i lunghi viaggi a<br />
Mosca a farlo ricredere. Scognamiglio è deluso da quel mondo<br />
immaginato migliore, più giusto: “Prima ero di sinistra. Dopo,<br />
solo un utopista di sinistra”.<br />
Disilluso, abbandonò il giornalismo politico per dedicarsi alle<br />
pagine storiche e culturali. Alla “Domenica del Corriere”, come<br />
sulla rivista “Historia”. Fino alla decisione di diventare un bibliofilo<br />
a tempo pieno. A lui si deve la creazione dell’Aldus Club,<br />
di cui ora è presidente Umberto Eco, e della rivista “Esopo”,<br />
fondata nel 1979 e composta ancora a caratteri mobili “Monotype”.<br />
Ha pubblicato diverse opere, fra cui, nel 1990,<br />
L’almanacco del bibliofilo. Di rado scrive per i giornali, due o<br />
tre volte all’anno, non di più. E dedica dodici ore al giorno alla<br />
divulgazione <strong>dei</strong> libri. La passione del giornalismo l’ha però<br />
tramandata a una delle due figlie, Silvia. “Quella del giornalista<br />
è una professione bellissima, anche se negli ultimi tempi<br />
è cambiata molto per colpa degli editori”, conclude. Come si<br />
considera oggi dopo cinquant’anni di mestiere “Un operatore<br />
di cultura”.<br />
MEDAGLIE<br />
24 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
AGLIE<br />
R<br />
Vieri Poggiali<br />
Giornalista a 360 gradi<br />
tra Toscana e Mitteleuropa<br />
Quando il curriculum dell’interlocutore riempie tre pagine fitte<br />
fitte, vuol dire che la chiacchierata si prospetta intensa e interessante.<br />
Vieri Poggiali, classe 1934, vive in una casa elegante<br />
nel centro di Milano, e non appena si varca la soglia della<br />
sua abitazione gli occhi cadono sui busti di due personaggi a<br />
lui particolarmente cari: Giuseppe Verdi e Franz Joseph<br />
(Francesco Giuseppe), l’ultimo kaiser dell’impero austro-ungarico.<br />
Sono il ricordo di una grande passione, la musica lirica, e<br />
delle origini della madre. Poggiali è nato a Milano, figlio di un<br />
toscano – da qui il nome tipicamente fiorentino – e di una triestina,<br />
quando ancora Trieste era sotto l’impero austro-ungarico<br />
ed emergeva in Europa come crogiuolo di etnie e di lingue. “In<br />
casa – ricorda – si parlava tedesco. Infatti ho frequentato la<br />
scuola tedesca, dove le suore non venivano a dividere due che<br />
si azzuffavano, ma si preoccupavano solo che i contendenti<br />
non si colpissero nelle parti basse, perché quello era un segno<br />
di vigliaccheria”.<br />
Vieri si laurea all’Università Cattolica di Milano in Scienze<br />
Politiche. Il padre, giornalista, gli sconsiglia di intraprendere la<br />
sua stessa carriera e preferirebbe per il figlio un incarico da di-<br />
O<br />
di Alessandro Ruta<br />
plomatico. Ma Vieri non cede: a 22 anni diventa redattore del<br />
quotidiano economico “Il Sole”, e a 27 anni ne è già vice-direttore.<br />
In seguito, però, sceglie di diventare free-lance: “Le proposte<br />
alternative non mancavano. Mi avevano chiamato per fare<br />
il caposervizio agli interni del Corriere della Sera, ma erano<br />
tempi in cui si finiva troppo tardi e avevo problemi in famiglia.<br />
Poi mi volevano corrispondente fisso da Vienna, ma rifiutai anche<br />
quell’incarico: la capitale austriaca mi sembrava troppo<br />
lontana. Fosse stato oggi, chissà”.<br />
Inizia così a collaborare con vari giornali, dal “Sole 24 Ore” a<br />
“Gente”, da “La nazione” alla “Domenica del Corriere”. In più,<br />
dal 1966, comincia una quasi trentennale collaborazione fissa<br />
con la Rai: “Il servizio pubblico è un gran carrozzone, ma è un<br />
ambiente simpatico. Ho lavorato per i telegiornali, le rubriche<br />
economiche e i giornali-radio. Nel 1978 dovevo diventare caporedattore<br />
del Tg1 ma le beghe politiche, già allora d’attualità,<br />
mi tennero nel limbo per un anno e mezzo. Quando la situazione<br />
si sbloccò era troppo tardi: avevo già rinunciato all’incarico.<br />
In Rai comunque non entro più dal 1995”.<br />
Da libero professionista, Poggiali comincia ad accostarsi agli<br />
uffici stampa. Dal 1972 al 1976 e dal 1978 al 1982, Vieri è direttore<br />
responsabile delle Relazioni esterne del gruppo<br />
Montedison. “Sono convinto – ammette – di essere stato corretto<br />
in entrambi gli ambiti. C’era chi mi criticava aspramente,<br />
ad esempio L’Espresso, accusandomi di conflitto d’interesse, in<br />
quanto facevo commenti di borsa e la Montedison era quotata.<br />
Ma ho sempre avuto sufficiente onestà intellettuale per non<br />
farmi influenzare negativamente dalle mie due occupazioni. Se<br />
uno ha la coscienza a posto può conciliare il lavoro giornalistico<br />
e di ufficio stampa. Certo, quando Montedison ha comprato<br />
Il Messaggero e ha dato soldi a Rizzoli per il Corriere della<br />
Sera, allora lì ho fatto un passo indietro e me ne sono andato<br />
dal Gruppo. D’altronde, era un periodo in cui ero anche sindacalista”.<br />
Poggiali, infatti, è attivo quasi da sempre nel sindacato.<br />
Dal 1961 al 1991 è stato delegato per la Lombardia a tutti i<br />
congressi nazionali della Fnsi. Dal 1964 al 1997 è stato componente<br />
del consiglio direttivo dell’Alg, del Consiglio dell’ordine<br />
<strong>dei</strong> giornalisti di Milano, del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti e del Consiglio nazionale della Fnsi. È stato inoltre<br />
presidente dell’Inpgi.<br />
Giornalista, soprattutto, ma anche scrittore di libri di successo<br />
come Antonio Ghiringhelli, una vita per la Scala, dedicato allo<br />
storico sovrintendente del teatro milanese, e Montedisoneide:<br />
quest’ultimo poema eroicomico in endecasillabi rimati in 33<br />
canti, composto sotto pseudonimo. A questi vanno aggiunti i<br />
saggi didattici, soprattutto sul linguaggio del giornalismo economico,<br />
che definisce “spesso troppo criptico e incomprensibile,<br />
mentre invece dovrebbe essere un misto di informazione e<br />
formazione”. Poggiali, infatti, ha insegnato dal 1993 al 2005<br />
Dottrina e tecnica dell’informazione economica alla Cattolica di<br />
Milano. Ora le sue occupazioni predilette sono le collaborazioni<br />
su un sito economico-finanziario e la musica lirica: “Sono abbonato<br />
alla Scala, alla Fenice di Venezia e all’Opera di Roma.<br />
Ho fatto abbonare persino la mia nipotina di 13 anni, così già<br />
abitua l’orecchio alle meravigliose note di Verdi e di Richard<br />
Strauss”.<br />
Gian Carlo Ferretti<br />
A lezione da Pasolini<br />
per capire dove va il domani<br />
di Massimo Lanari<br />
Pontedera, quartiere operaio, inizio anni Cinquanta. “Scendi<br />
Gian Carlo, cercano un redattore al Calendario del Popolo!”.<br />
Sorride Gian Carlo Ferretti nel ricordare l’episodio che gli cambiò<br />
la vita. Un sorriso nostalgico perché rivede il personaggio<br />
che pronunciò quella frase. “Si chiamava Firenze Rovini”, racconta,<br />
“era un sarto, aveva uno di quei nomi un po’ strani tipici<br />
della Toscana. Uno di quei personaggi non rari all’epoca, gli autodidatti:<br />
reduci dalla guerra partigiana, ex deportati, studenti<br />
che avevano dovuto abbandonare la scuola, operai desiderosi<br />
di apprendere. Tutta gente che amava la storia, la scienza, la<br />
letteratura, ma che per ragioni di reddito o di lavoro non pote-<br />
va pagarsi gli studi. E che nel tempo libero leggeva libri e giornali<br />
creandosi così una cultura vivace e originale ”.<br />
Ferretti si era appena laureato all’Università di Pisa. Si era accostato<br />
al giornalismo scrivendo sul “Tirreno” e su altri quotidiani<br />
locali. “Fin da piccolo sognavo di fare il giornalista in una<br />
grande città. La mia passione erano le pagine culturali, ma seguivo<br />
anche la vita politica di quel periodo. Mi sentivo vicino alle<br />
posizioni del Pci e avevo molti amici tra gli operai comunisti,<br />
anche se non ero ancora un militante”.<br />
Per uno come Ferretti “Il Calendario del Popolo” era perfetto:<br />
un mensile di cultura popolare, “fiancheggiatore” del Pci e con<br />
sede a Milano. Nelle pagine del periodico, Ferretti risponde alle<br />
domande di quegli autodidatti che aveva conosciuto bene a<br />
Pontedera: “Chi era Alessandro Manzoni Oppure, quali sono<br />
le principali religioni nel mondo”<br />
Nel 1955 il passaggio all’“Unità”, prima agli Interni e poi in terza<br />
pagina. Qui Ferretti si occupa di critica letteraria e intervista<br />
molti autori italiani del tempo, da Pasolini a Sereni, fino a<br />
Calvino”.<br />
Ferretti rimane colpito, in particolare, da Pier Paolo Pasolini:<br />
“Un intellettuale ‘disorganico’ e controcorrente rispetto a tutto,<br />
ai partiti, alle tradizioni letterarie, al potere. Un pessimista che<br />
criticava la società senza pretendere però di cambiarla secondo<br />
modelli utopistici. Era unilaterale, come tutti i grandi che<br />
sanno vedere il futuro: questa era la grande forza di Pasolini, e<br />
io mi definisco un pasolinista”.<br />
Nel 1968 lavora a “Tempo medico”. Nel 1976 approda nel mondo<br />
dell’editoria: dal 1982 al 1984 diventa direttore editoriale degli<br />
Editori Riuniti. Nel frattempo, infatti, Ferretti si dedica allo studio<br />
del mercato editoriale librario fino a quando, nel 1987, ottiene<br />
la cattedra di Letteratura italiana contemporanea<br />
all’Università La Sapienza di Roma.<br />
Durante la sua carriera, Ferretti ha vissuto il giornalismo e la<br />
letteratura con la stessa intensità, ma con ottiche diverse. “Dal<br />
mio maestro Luigi Russo ho imparato che ogni autore è<br />
espressione di un determinato periodo storico. Ma mentre il<br />
grande scrittore sa fare qualcosa di più, sa incidere sulla società,<br />
il giornalista deve solo riportare la notizia e commentarla<br />
con onestà. Il lettore, ieri come oggi, è un soggetto maturo”.<br />
Giuseppe Rossetti<br />
Legato da un filo magico<br />
al mondo della sua Pavia<br />
di Valentina Colosimo<br />
Prima, gli anni di lavoro sette giorni su sette, senza altro pensiero<br />
che il giornale. Infine, l’addio continuamente rimandato<br />
alla sua prima passione, nata ai tempi dell’università e coltivata<br />
con determinazione in un piccolo quotidiano di provincia,<br />
“Il Giornale di Pavia”.<br />
Per Giuseppe Rossetti il legame con il giornalismo non si è<br />
mai allentato, e anche quando è diventato dirigente dell’Aler<br />
(Azienda lombarda per l’Edilizia residenziale) a Pavia, ha trovato<br />
il modo di occuparsi di carta stampata, gestendo la società<br />
editrice di Federcasa. A 73 anni, Rossetti ci riflette su:<br />
“Rimangono sempre <strong>dei</strong> fili rossi”.<br />
A percorrerlo a ritroso, il filo rosso conduce all’Università di<br />
Firenze. È il 1954. Il giovane studente di Scienze politiche<br />
Giuseppe Rossetti dirige il giornale universitario “Nuova generazione”.<br />
Sono solo le prove generali del futuro incarico. Ha<br />
già le idee chiare e una professione che lo attira. Comincia infatti<br />
a frequentare la redazione della “Gazzetta di Mantova”.<br />
L’occasione per diventare praticante nasce per un caso: “Uno<br />
<strong>dei</strong> redattori della Gazzetta di Mantova era andato a fare il militare<br />
e quindi si liberò un posto”. Quel posto Rossetti lo occupa<br />
da praticante lavorando in cronaca “senza un giorno di vacanza,<br />
neppure a Natale”. Nonostante tutto, quell’anno<br />
Rossetti riesce ancora a studiare: “Dormivo sul treno di notte<br />
per andare a Firenze e il pomeriggio seguente ero di nuovo a<br />
Mantova al giornale”.<br />
Quando nel 1956 diventa professionista, viene assunto dal<br />
“Giornale di Pavia”. Dodici mesi da redattore ordinario, poi l’incarico<br />
più prestigioso. Un primato: a 27 anni è il più giovane<br />
direttore di quotidiano d’Italia. “Non ho mai avuto grossi problemi,<br />
anche con i giornalisti più vecchi di me: l’ambiente era<br />
piccolo e ci si conosceva bene”, racconta Rossetti.<br />
Lavora tantissimo, dalle dieci del mattino alle tre di notte, ma<br />
considera l’impegno “una fatica piacevole”, sommando sforzi<br />
e passione per il mestiere.<br />
Di quell’esperienza, Rossetti ricorda soprattutto la vitalità del<br />
microcosmo provinciale, dove i contatti sono più diretti e i personaggi<br />
più coloriti; dove non manca neppure l’assessore che<br />
si offende e denuncia il giovane direttore per diffamazione per<br />
un’interiezione mal interpretata: un “per Bacco” scritto così,<br />
con la B maiuscola, a indicare il dio del vino e, secondo l’assessore<br />
vilipeso, una sottile insinuazione al suo vizio di bere.<br />
Nel 1971 la società editrice Athena viene dichiarata fallita dal<br />
Tribunale di Milano e “Il Giornale di Pavia” cessa le pubblicazioni.<br />
Giuseppe Rossetti si trasferisce a Milano, dove comincia a dirigere<br />
l’ufficio stampa della Federazione regionale delle industrie<br />
lombarde, e registra la testata “Lombardia Notizie”. Poi,<br />
gli incarichi dirigenziali: direttore dell’Unione industrie della<br />
provincia di Pavia, infine presidente dell’Aler della sua città.<br />
Ma il filo rosso continua a tenerlo legato al giornalismo, tanto<br />
che da alto dirigente riesce ancora a occuparsi di carta stampata,<br />
gestendo le riviste di settore di Federcasa.<br />
Carla Stampa<br />
Da “Epoca” a Montecitorio<br />
una vita tra inchieste e politica<br />
“Politica, in una sintesi elementare, è l’agire comune per il bene<br />
comune, non l’agire in proprio per il bene di pochi”. Così<br />
Carla Stampa, all’anagrafe Stampacchia, definiva la gestione<br />
della cosa pubblica in un articolo del febbraio 2002. Parole forti<br />
nella loro semplicità, espresse da chi per una vita intera ha<br />
avuto a che fare, da giornalista e da personaggio istituzionale,<br />
con le problematiche legate alla deontologia professionale e alla<br />
politica.<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
di Matthias Pfaender<br />
Carla Stampa nasce a Roma nel 1930 e si trasferisce a Milano<br />
nel 1965. Qui, come ha raccontato nello stesso articolo, ha avvio<br />
la sua carriera, svolta ininterrottamente nell’ambito del maggiore<br />
gruppo editoriale italiano: “Ho trascorso una trentina d’anni<br />
in Mondadori, anni conclusi con una singolare coincidenza:<br />
quando Berlusconi si appropriava della prima casa editrice nazionale,<br />
dopo una feroce battaglia proprietaria con Carlo De<br />
Benedetti (Lodo Mondadori), io me ne uscivo per andare in<br />
parlamento come deputata del Pds nel proporzionale della<br />
Lombardia. Era il 1994”.<br />
Per la Mondadori lavora come inviata per il settimanale<br />
“Epoca”, realizzando inchieste sociali e di costume. Scrive anche<br />
un libro sul caso di Sacco e Vanzetti (Mondatori, 1974).<br />
Durante gli anni da inviata muove i primi passi nel mondo della<br />
politica, e ricopre prima il ruolo di rappresentante del<br />
Comitato di redazione a “Epoca”, poi di consigliere nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong>.<br />
Una volta passata alla politica, mette la sua esperienza di giornalista<br />
a disposizione della VII Commissione della Camera<br />
(Cultura, Scienza, Informazione) e della Commissione speciale<br />
Napolitano per il riordino del sistema radiotelevisivo e per<br />
l’Editoria.<br />
Pur trasferitasi a Roma per frequentare le sedute della<br />
Camera, la Stampa mantiene stretti contatti con il suo collegio<br />
elettorale e con il territorio lombardo, seguendo in particolare,<br />
direttamente con interpellanze, i problemi della piccola editoria<br />
e del volontariato, la questione della chiusura della discarica di<br />
Cerro Maggiore, la ristrutturazione del settore periodici della<br />
Rizzoli, la vicenda delle scuole civiche e <strong>dei</strong> Centri Donna di<br />
Milano.<br />
Anche se in questa circostanza ha preferito non rilasciare interviste,<br />
l'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia trova doveroso<br />
rendere omaggio alla sua carriera.<br />
25
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Giancarlo Galli<br />
Da Cuccia agli Agnelli<br />
pioniere della stampa economica<br />
di Massimo Lanari<br />
La libreria di Giancarlo Galli è un po’ la sua carta d’identità. Lì,<br />
tra mobili in stile ottocentesco e soldatini di piombo, scorre la<br />
sua vita di giornalista e scrittore, con le sue coordinate culturali<br />
e la sua grande passione: il giornalismo economico e le storie<br />
<strong>dei</strong> protagonisti del capitalismo italiano. Da Giuseppe<br />
Prezzolini a Thomas Mann, da Vilfredo Pareto a Guido Carli,<br />
“sono tanti i modelli ai quali mi sono ispirato per i miei libri di<br />
maggior successo”, racconta Galli. Come le biografie della famiglia<br />
Agnelli, la storia <strong>dei</strong> poteri forti italiani, Enrico Cuccia, i<br />
sindacati, l’euro e i rapporti tra Chiesa e finanza.<br />
Giancarlo Galli, infatti, è uno <strong>dei</strong> pionieri del giornalismo economico<br />
in Italia. Da Milano, dove il palazzo della politica si incontra<br />
e si scontra con il potere industriale e finanziario, ha raccontato<br />
cinquant’anni di intrecci e di tensioni.<br />
Nato a Gallarate 73 anni fa, Galli è un milanese doc: a 17 anni<br />
si avvicina all’Azione Cattolica e dirige il periodico “Azione<br />
giovanile”. Il debutto nei quotidiani arriva con “L’Italia”, battagliero<br />
giornale cattolico diretto da monsignor Ernesto Pisoni.<br />
Dal 1952 collabora anche alla “Notte” di Nino Nutrizio.<br />
Con “L’Italia” inizia a occuparsi di economia, soprattutto di sin-<br />
Giuseppe Pirovano<br />
“Ho fatto il cronista per caso<br />
e il medico per vocazione”<br />
di Cleto Romantini<br />
“Il giornalismo mi ha fatto lavorare e guadagnare, ma la mia vera<br />
passione è sempre stata la medicina”. Parola di Giuseppe<br />
Pirovano, giornalista per mestiere e medico per hobby.<br />
Nato a Milano il 19 marzo 1930, Pirovano, dopo aver fatto sin<br />
dall’età di dieci anni i lavori più svariati (calzolaio, contadino,<br />
operaio in fonderia) comincia a collaborare con l’“Avanti!” nel<br />
1952.<br />
“Studiavo nel tempo libero”, racconta. “Dopo aver preso la maturità<br />
da privatista mi sono iscritto alla facoltà di pedagogia alla<br />
Cattolica. Nel 1955 sono stato nominato direttore dello<br />
Sportello, un periodico <strong>dei</strong> bancari. Due anni dopo sono di-<br />
dacati. È il 1954: “Il mio primo scoop fu un tentativo di sabotaggio<br />
da parte della Cgil ai tram dell’Atm. Volevano mettere<br />
della sabbia negli ingranaggi <strong>dei</strong> mezzi. Pubblicata la notizia,<br />
nel mondo sindacale scoppiò un putiferio, ci furono proteste e<br />
un licenziamento”. Conosce intanto il segretario della Cisl Giulio<br />
Pastore e dirige il settimanale “Milano sindacale”. “Sempre con<br />
L’Italia – racconta – seguii le elezioni sindacali alla Fiat vinte dalla<br />
Cisl. Stabilii il mio quartier generale alla Uil di Torino, dove potevo<br />
seguire i fatti senza lasciarmi influenzare né dagli amici della<br />
Cisl, né dalla Fiat. Mi sono così cautelato da un potenziale<br />
conflitto di interessi, guadagnandomi il rispetto della redazione<br />
e <strong>dei</strong> protagonisti della vita economica di allora”.<br />
Dopo “La Notte”, ecco l’altra rivoluzione mediatica: esce “Il<br />
Giorno”. “Il vicedirettore Angelo Rozzoni mi chiamò nella nuova<br />
redazione. È stato lui il mio maestro di giornalismo, un<br />
esempio di rigore che ho preso come modello per tutta la carriera”.<br />
Di quegli anni, in particolare, Galli ricorda la clamorosa<br />
intervista a Giuseppe Di Vittorio che accusava gli Stati Uniti di<br />
aver finanziato la scissione di Cisl e Uil dalla Cgil. E poi lo<br />
scoop del progetto di una nuova automobile che stava per essere<br />
lanciata dalla Fiat: la 500. Al “Giorno” sono gli anni battaglieri<br />
e controversi di Enrico Mattei e degli editoriali di<br />
Francesco Forte: il giornalismo economico inizia a decollare.<br />
ventato pubblicista. Nel frattempo però continuavo a fare tanti<br />
altri mestieri, tra i quali lo stilista e persino il dentista abusivo”.<br />
Nel 1960 è praticante all’“Avanti!” ma dopo pochi mesi ne “combina”<br />
un’altra: accantona il giornalismo e si lancia in una nuova<br />
avventura. Diventa rappresentante di dischi alla Saar.<br />
Sorride, Pirovano: “Era il periodo di 24mila Baci di Celentano e<br />
di Bambina Bambina di Tony Dallara. Si guadagnava molto bene”.<br />
Terminata l’esperienza discografica, Pirovano torna<br />
all’“Avanti!”, dove diventa professionista nel 1962. Al quotidiano<br />
socialista rimase fino alla metà degli anni Sessanta.<br />
Dopo sei mesi di malattia, e il licenziamento dall’“Avanti!”,<br />
Pirovano collabora per qualche tempo con il settimanale “ABC”<br />
Dopo la morte di Mattei, nel 1962, iniziarono <strong>dei</strong> contrasti con<br />
il direttore Italo Pietra. Nel 1964 Galli uscì dal “Giorno” e fu assunto<br />
da Piero Bassetti nelle pubbliche relazioni della sua<br />
azienda: “Non si chiamava ancora ufficio stampa, ma allora ero<br />
l’unico giornalista professionista in Italia a ricoprire quel ruolo”.<br />
Piero Bassetti, imprenditore e uomo politico della corrente di sinistra<br />
della Dc, era allora chiamato “il Kennedy <strong>dei</strong> navigli”. La<br />
sua ascesa culminò nel 1970 quando divenne il primo presidente<br />
della Regione Lombardia e si portò dietro Giancarlo Galli<br />
come direttore del servizio stampa.<br />
Nel 1972 l’approdo al “Corriere della Sera”: “L’errore più grande<br />
della mia vita”, racconta Galli. Lui stesso doveva, infatti, diventare<br />
direttore del “Corriere d’Informazione”, ma fu bruciato<br />
dal cambio di proprietà in via Solferino.<br />
L’anno successivo Bassetti e il presidente della Montedison<br />
Eugenio Cefis lanciano la sfida del settimanale “Il Lombardo”,<br />
diretto dallo stesso Galli. “L’idea era quella di un giornale che,<br />
15 anni prima della Lega, desse voce al malessere del Nord.<br />
Per motivi politici, però, Cefis si ritirò dal progetto e senza i suoi<br />
finanziamenti dovemmo chiudere dopo un anno”. Torna quindi<br />
alla Bassetti e nel 1980 inizia la sua attività di editorialista<br />
all’“Avvenire”, ruolo che ricopre tuttora.<br />
Nella sua carriera Galli ha visto da vicino il rapporto tra giornali<br />
e proprietà: “Gli editori – spiega – sono in realtà <strong>dei</strong> padroni che<br />
vogliono vedere pubblicato ciò che a loro interessa. Il caso<br />
Fazio è esemplare: in altri Paesi la stampa avrebbe subito sparato<br />
a zero, da noi invece l’attacco al governatore è partito solo<br />
quando gli editori lo hanno consentito”. Una situazione, quella<br />
italiana, in cui i grandi gruppi industriali proprietari <strong>dei</strong> giornali<br />
sono, più che poteri forti, “poteri deboli”. “I poteri forti esistono<br />
là dove uno Stato è forte. In Italia, dove lo Stato è compromissorio<br />
e calabraghe, i potentati economici non si coagulano<br />
ma creano un connubio instabile con il potere politico. La<br />
Confindustria, la Chiesa, i salotti buoni del capitalismo italiano<br />
sono in realtà <strong>dei</strong> poteri tutt’altro che forti”.<br />
e con l’azienda americana Link-Belt, per la quale inventa e<br />
confeziona un giornale. Riprende poi anche la collaborazione<br />
con l’“Avanti!”, per il quale segue gli spettacoli teatrali. “Fu proprio<br />
la sera che andai a teatro a Varese per una prima – rievoca<br />
Pirovano – che ricevetti la telefonata di un collega. Mi disse<br />
che il Corriere mi aveva cercato per tutto il giorno. L’indomani<br />
andai in via Solferino e ne uscii con un contratto in tasca per<br />
sei mesi”.<br />
Terminata la collaborazione con il “Corriere della Sera”,<br />
Pirovano chiama la Rai: “Cercavo un amico. Mi rispose un’ex<br />
collega dell’Avanti! alla quale parlai della mia situazione. Lei mi<br />
suggerì di andare proprio alla Rai, dove un giornalista stava per<br />
essere pensionato. Così vado in corso Sempione, parlo con il<br />
capo della redazione Emilio Pozzi e con il caporedattore<br />
Roberto Costa. Poco tempo dopo mi richiama la segretaria di<br />
redazione, proponendomi un contratto di otto giorni per sostituire<br />
alcuni colleghi impegnati al congresso della Democrazia<br />
Cristiana. Gli otto giorni divennero due mesi, poi altri due, fino<br />
a quando un giorno Costa mi sventolò davanti il contratto a<br />
tempo indeterminato”.<br />
Una volta ottenuto il posto fisso in Rai, Pirovano può riabbracciare<br />
la sua vecchia passione per la medicina. Tra un turno e<br />
l’altro di lavoro, tra un “Gazzettino Padano” e un telegiornale,<br />
frequenta le lezioni di medicina all’università. Laureato nel<br />
1983, si specializza in chirurgia dell’apparato digerente.<br />
Pier Luigi Boselli<br />
“Molti snobbavano ‘Grand Hotel’<br />
e ci scrivevano sotto falso nome”<br />
di Luca Gualtieri<br />
Le cravatte di Nino Nutrizio. Il nido d’amore di Fausto Coppi e<br />
della ‘Dama bianca’. La dieta degli astronauti. Per Pier Luigi<br />
Boselli cinquant’anni di giornalismo sono stati più lievi di una<br />
commedia. Adagiato su un divano, lo sguardo da gatto soriano<br />
che studia l’interlocutore sotto il velo di un’ingannevole indolenza,<br />
Boselli appare così, un po’ cronista, un po’ flâneur.<br />
Nato a Parma, Pier Luigi studia al liceo classico Gian<br />
Domenico Romagnosi insieme a Giorgio Torelli e a Luigi<br />
Malerba. Nell’Emilia di Attilio Bertolucci, Giovannino Guareschi<br />
e Cesare Zavattini cresce una generazione che fin dall’adole-<br />
Gianni Usvardi<br />
Sindaco, deputato e giornalista<br />
col cuore sempre a Mantova<br />
di Francesca Caria<br />
In uno scaffale è conservata una ventina di volumi rossi: contengono<br />
gli articoli che ha scritto in oltre cinquant’anni di carriera.<br />
Sul ripiano accanto, altrettanti fascicoli raccolgono invece<br />
i servizi che i giornali hanno dedicato a lui. Gianni Usvardi,<br />
classe 1930, è stato giornalista ma anche politico socialista,<br />
deputato e sindaco dell’amatissima città natale, Mantova.<br />
“Ogni anno ritagliavo gli articoli e li raccoglievo in un album”,<br />
racconta la moglie Milena Gasparini. “Era il mio regalo di<br />
Natale”. È lei, la compagna di una vita, a raccontare la lunga<br />
carriera del marito, che per motivi di salute non può sostenere<br />
l’intervista. Nella loro bella casa nel centro di Mantova so-<br />
no molti gli oggetti che parlano di Usvardi: le pipe di ogni foggia<br />
esposte in una vetrinetta dell’ingresso, i numerosi riconoscimenti<br />
e premi appesi alle pareti, i libri che riempiono due<br />
stanze insieme ai souvenir <strong>dei</strong> tanti viaggi. Milena Gasparini<br />
ricorda bene le difficoltà degli esordi: “Gianni era figlio di un<br />
ferroviere e di una sarta. Frequentava la facoltà di medicina,<br />
ma fu costretto a interrompere gli studi al quinto anno, quando<br />
il padre morì”.<br />
Da allora si dedicò a tempo pieno alla politica e al giornalismo,<br />
a cui si era accostato sin da giovanissimo: nel 1949 scriveva<br />
già per la “Ronda sportiva” e, dal 1952, collaborava con la<br />
“Gazzetta di Mantova”. “Il primo articolo fu la cronaca di una<br />
partita di calcio – racconta ancora la moglie – poi passò ad altri<br />
settori. A quei tempi all’inizio ti facevano scrivere di tutto:<br />
scenza sogna il giornalismo. Boselli si laurea in Giurisprudenza<br />
ma non vuole fare l’avvocato e, contro la volontà <strong>dei</strong> genitori,<br />
si trasferisce a Milano. Entra a “La Notte” dove realizza il primo<br />
scoop della carriera. Il direttore Nino Nutrizio lo manda sulle<br />
tracce di Fausto Coppi e della ‘Dama Bianca’. Boselli riesce a<br />
introdursi nella villa <strong>dei</strong> due amanti spacciandosi per idraulico<br />
e ruba qualche battuta. Una mossa da detective che gli varrà<br />
l’assunzione. Pier Luigi ricorda Nutrizio come un “direttore da<br />
passerella” che viaggiava in Aurelia coupè, indossava abiti<br />
sempre diversi e regalava le cravatte usate ai dipendenti. Dopo<br />
“La Notte”, Boselli passerà a “Grand Hotel”, il femminile di Cino<br />
Del Duca. Nutrizio è dispiaciuto per questa separazione, ma il<br />
giovane cronista vuole cambiare aria: “Gli intellettuali disprezzavano<br />
Grand Hotel anche se molti di loro ci scrivevano sotto<br />
falso nome”. Boselli tiene a sottolineare l’alto livello professionale<br />
con cui veniva confezionato il prodotto: “Per i fotoromanzi<br />
lavoravano grandi attori come Vittorio Gassman. Avevamo poco<br />
da invidiare al cinema o al teatro”. Dopo sette anni a Boselli<br />
viene affidata la direzione di “Confidenze”, che è sull’orlo del<br />
fallimento. Qui può sperimentare soluzioni nuove, per esempio<br />
la possibilità di allegare gadget. Tra questi, uno <strong>dei</strong> più geniali<br />
e discussi è un 33 giri con il metodo Ogino-Knaus spiegato alle<br />
lettrici. “Confidenze” passa da 100 mila copie a 500 mila.<br />
Seguono quattro anni al timone di “Grazia”. Proprio su “Grazia”<br />
Boselli lancerà la ‘dieta a punti’, che porterà sulle tavole italiane<br />
il menù degli astronauti americani. Un altro successo si rivelerà<br />
l’idea di mandare quattro lettrici e un giornalista su un’isola<br />
deserta <strong>dei</strong> Caraibi. Come dire: Boselli aveva inventato<br />
l’Isola <strong>dei</strong> Famosi.<br />
Gli ultimi anni di carriera scorrono via tra mille impegni: una trasmissione<br />
televisiva con Enzo Tortora, l’ufficio stampa alla<br />
Parmalat, “Playboy”. Poi la pensione e il riposo, meritato. Oggi<br />
la vita di Pier Luigi Boselli si svolge tra Venezia, Parma e<br />
Milano, in appartamenti zeppi di libri e arredati con gusto.<br />
Qualche viaggetto in luoghi che valga veramente la pena di visitare.<br />
Due chiacchiere con gli amici. Qualche articolo. La vita<br />
di un flâneur di gran classe che non rimpiange il giornalismo.<br />
D'<br />
MEDAGLIE<br />
O R<br />
una volta per esempio lo hanno mandato al festival delle mondine,<br />
ma ha seguito anche l’alluvione del ‘51, e nel 1957 si è<br />
occupato della tragedia di Guidizzolo, con cui si conclusero le<br />
Mille Miglia”. In quegli anni, Usvardi, che nel frattempo era diventato<br />
il corrispondente da Mantova dell’“Avanti!” e collaborava<br />
con alcune riviste socialiste, milita attivamente nel Psi.<br />
“Lavorava al giornale fino alle quattro di notte. Però la sera verso<br />
le dieci riusciva a liberarsi un paio d’ore e mi portava al cinema”,<br />
rievoca la moglie. “Dopo tornava in redazione, e la<br />
mattina andava nella sede del partito. Non si fermava mai”.<br />
Eletto consigliere comunale nel 1959, tra il 1960 e il 1963 è<br />
assessore alla Cultura e all’Urbanistica del comune di<br />
Mantova. Nel 1962 diventa il più giovane deputato d’Italia: in<br />
Parlamento siederà dal 1963 al 1972, sarà sottosegretario alla<br />
Sanità e, per due volte, al Turismo e Spettacolo. Ma, nonostante<br />
la stima di cui godeva a livello nazionale, Usvardi non<br />
volle mai lasciare Mantova.<br />
Sindaco amatissimo della città per quasi 13 anni, dovette rinunciare<br />
alla carica nel 1985, per questioni interne al partito,<br />
a dispetto di un record di preferenze popolari (2753) e di un<br />
referendum in suo favore promosso dai concittadini.<br />
Nonostante gli svariati incarichi ricoperti, però, Usvardi non ha<br />
mai smesso di sentirsi un giornalista. Milena Gasparini sorride:<br />
“L’anno scorso gli ho proposto di non rinnovare il tesserino<br />
e lui mi ha chiesto, semplicemente: ‘Perché’”<br />
O<br />
26 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Franco Damerini<br />
Nella redazione di Missiroli<br />
tra rigore e goliardia<br />
di Luca Gualtieri<br />
Uno studio affacciato sui giardini di Milano Due. Da quindici<br />
anni queste stanze sono il regno di Franco Damerini, ex cronista.<br />
Tappezzeria pastello, abat-jour d’epoca, un romanzo di<br />
Alexandre Dumas, una collezione di libri per bambini. “Sto allestendo<br />
una mostra sulle vecchie edizioni di Pinocchio.<br />
Volumi che ho trovato nelle fiere di antiquariato dopo lunghe<br />
ricerche”, spiega Damerini. La conversazione parte da qui,<br />
dalle illustrazioni di Lucignolo e Mangiafuoco, dal profumo di<br />
antico che colpisce il visitatore.<br />
Damerini è in pensione dal 1992. Un addio senza ripensamenti:<br />
“Quando esci da questa professione, non puoi tornare<br />
indietro: è una scelta definitiva”. Oggi è ancora attivissimo, organizza<br />
mostre, scrive su un bimensile di antiquariato, passeggia<br />
per fiere e mercatini, frequenta gli amici, ma ha smesso<br />
di occuparsi di giornalismo. Un’esperienza chiusa, “anche<br />
se è stata una gran bella esperienza”.<br />
Milanese, Franco Damerini viene da una famiglia di giornalisti.<br />
Il nonno aveva lavorato al “Secolo”, storico quotidiano della<br />
sinistra democratica diretto dal premio Nobel per la Pace<br />
Ernesto Teodoro Moneta, mentre il padre aveva scritto per il<br />
“Corriere Lombardo”. Dopo il liceo classico al Carducci, appena<br />
diciottenne, Damerini si lascia contagiare dal “vizio di fa-<br />
miglia” e inizia a collaborare con l’agenzia Reuters. Questa prima<br />
esperienza gli insegna soprattutto a usare gli strumenti del<br />
mestiere, come la macchina per scrivere e la telescrivente.<br />
Intanto studia Giurisprudenza e si laurea.<br />
Tra l’avvocatura e il giornalismo Damerini sceglie senza esitazioni:<br />
continua il percorso intrapreso alla Reuters. Nel 1952<br />
entra a “La Notte” di Nino Nutrizio, fondata proprio quell’anno.<br />
Diventerà professionista nel 1957 al prezzo di una gavetta durissima.<br />
Malgrado gli orari sfibranti, l’assenza di tutele sindacali e le paghe<br />
da fame, Damerini ricorda quel periodo con emozione.<br />
“La Notte fu un giornale rivoluzionario che dava grande spazio<br />
alla cronaca e allo sport. Anche se ci rendeva la vita difficile,<br />
Nutrizio era un genio, un maestro. Ci insegnò che nel giornalismo<br />
quello che davvero conta è la notizia”. E allora via, a<br />
caccia di notizie.<br />
La mattina a Palazzo di giustizia per stenografare i grandi processi<br />
del dopoguerra; il pomeriggio in giro per commissariati<br />
ad annotare ogni furto, ogni rissa. “E se tornavi in redazione<br />
con uno scoop, Nutrizio ti regalava una cravatta o ti concedeva<br />
un aumento”. Di quegli anni Damerini rimpiange soprattutto<br />
“la vibrazione della notizia”, un sentimento che i cronisti di<br />
oggi, a suo avviso, non provano più.<br />
Dopo otto anni nella scuderia di Nutrizio, il giovane passa al<br />
“Corriere d’Informazione”. Damerini entra in via Solferino come<br />
redattore ordinario ma diventerà ben presto caporedattore.<br />
Nella sua cronaca si formeranno alcune delle firme più prestigiose<br />
del giornalismo italiano. Quattro nomi per tutti: Walter<br />
Tobagi, Edoardo Raspelli (“Allora non si occupava di cucina”),<br />
Gian Antonio Stella (“Simpaticissimo”) e Ferruccio de Bortoli<br />
(“Quadrato e inflessibile”). L’atmosfera evoca molto una caserma:<br />
disciplina ferrea e parentesi goliardiche che sdrammatizzavano<br />
la tensione e facevano volare il tempo. Su tutti vegliava<br />
il grande direttore Mario Missiroli, “un altro maestro importantissimo,<br />
la colonna portante del giornale”.<br />
Damerini resta al “Corriere d’informazione” fino al 1979, quando<br />
si lancia nell’avventura dell’“Occhio” di Maurizio Costanzo.<br />
Lo solletica l’idea di un quotidiano nazionalpopolare, ispirato<br />
ai modelli inglesi e allora assente in Italia: “Avevamo in mente<br />
un giornalismo che condensasse toni alti e bassi, senza la seriosità<br />
di molta stampa nostrana. Avrebbe potuto essere una<br />
rivoluzione”. Invece si rivela un flop e Damerini si ritira dall’impresa<br />
dopo qualche mese.<br />
Negli anni Ottanta è al “Corriere della sera”, caporedattore degli<br />
Spettacoli. Un’esperienza del tutto inedita per lui, che dimostra<br />
come il vero giornalista debba sapersi destreggiare in<br />
ogni settore: “Un cronista di nera deve conoscere il rock e la<br />
musica classica: non possono esserci lacune”.<br />
Nel 1992 Franco Damerini raggiunge i limiti della pensione e<br />
abbandona il mondo giornalistico. Da allora ha iniziato una<br />
nuova vita: gli hobby di un tempo sono diventati un lavoro. Un<br />
bilancio Cinquant’anni di fatica ma anche di grandi soddisfazioni.<br />
L’unica ombra che lo inquieta riguarda il futuro della cronaca:<br />
“Non vedo in giro giornali all’altezza della Notte o del Corriere<br />
d’Informazione. I cronisti della mia generazione sono cresciuti<br />
inseguendo il mito di Kirk Douglas in L’asso nella manica.<br />
Andavamo in giro a caccia di notizie, verificavamo le fonti, facevamo<br />
inchieste. Oggi non vedo più questa determinazione”.<br />
Ma di giornalismo ormai parla poco. Capitolo chiuso.<br />
La vita è altrove.<br />
MEDA<br />
D' O<br />
Alfredo Barberis<br />
“Grazie a me i bambini<br />
hanno amato la Pimpa”<br />
di Alessandro Braga<br />
Sentire Alfredo Barberis che racconta la sua carriera è un po’<br />
come fare un viaggio, tra l’onirico e il fantastico, nel mondo della<br />
letteratura, della televisione e del cinema italiano degli ultimi<br />
cinquant’anni, visto con gli occhi di chi, da una redazione giornalistica,<br />
lo ha raccontato e vissuto.<br />
Barberis è stato il primo giornalista di critica televisiva: nel 1952<br />
teneva una rubrica su “La Patria”, si chiamava Teleprima. “Fu lì<br />
che commisi il mio primo sbaglio – racconta divertito – Scrissi<br />
che le trasmissioni a puntate non avrebbero avuto successo,<br />
perché era come invitare una persona a cena e servirle solo<br />
l’antipasto, dicendole di tornare il giorno dopo per il primo”.<br />
Negli anni successivi, tante collaborazioni, come critico cinematografico<br />
e televisivo, e la direzione di alcune riviste letterarie.<br />
Il racconto si trasferisce poi in via Settala a Milano, nella storica<br />
redazione del “Giorno”, dove recensisce trame di film in<br />
quartine perché “quel genio di Giuseppe Trevisani aveva avuto<br />
questa pazza idea. Peccato che poi l’idea non ebbe conseguenze<br />
pratiche sulle pagine del giornale, e il giudizio sui film<br />
in uscita lo facevo dando valutazioni in ‘pallini’”. Un pallino, statevene<br />
a casa; due pallini, fate quello che volete; tre pallini, andate<br />
a vederlo; quattro pallini, che fate ancora a casa È un capolavoro<br />
impedibile. Certo, da viceresponsabile delle pagine cinematografiche,<br />
non poteva sbizzarrirsi in giudizi troppo personali:<br />
“Come quella volta in cui andai a vedere ‘I soliti ignoti’ e<br />
‘Il sorpasso’. Chiamai il mio capo e gli dissi che per me valevano<br />
quattro pallini. La risposta “Dottor Barberis, stia calmo,<br />
tre sono più che sufficienti”. Dopo averli visti però si ricredette<br />
anche lui”.<br />
Nel 1975 diventa direttore responsabile del “Corriere <strong>dei</strong><br />
Piccoli”. Resterà in carica per due anni. Nei primi mesi della<br />
sua direzione il giornale cambia veste grafica e formato, diventa<br />
più colorato e divertente per rispondere meglio alle esigenze<br />
<strong>dei</strong> suoi piccoli lettori.<br />
E appare sulle pagine della rivista un personaggio che entrerà<br />
nel cuore di tutti i bambini italiani: la Pimpa. “Altan mi propose<br />
la sua cagnolina a pois e io accettai subito di pubblicarla, nonostante<br />
una persona molto vicina all’editore mi criticasse, in<br />
quell’occasione, sostenendo che volevo fare un giornale solo<br />
per i figli degli architetti. Singolare, visto che decisi di pubblicare<br />
un personaggio dell’inventore di Cipputi. In ogni caso, se<br />
Altan è a pieno titolo il padre della Pimpa, io posso considerarmi<br />
almeno l’ostetrica”. Alle sue dipendenze, in quel biennio,<br />
alcuni giovani destinati a affermarsi: Ferruccio De Bortoli, ma<br />
anche Tiziano Sclavi, l’inventore di Dylan Dog. “Un ragazzo geniale<br />
che quando si licenziò dal Corriere <strong>dei</strong> Piccoli scrisse la<br />
lettera di dimissioni in rima, raccontando <strong>dei</strong> suoi paurosi viaggi<br />
da Pavia a Milano, disperso nella nebbia dove vagavano gatti<br />
morti e spettri”.<br />
Ambrogio Lucioni<br />
Di questo mestiere rimpiango<br />
ancora il profumo del piombo<br />
di Andrea Schiappapietra<br />
Ambrogio Lucioni ha lo sguardo sereno di chi dalla vita ha<br />
avuto tutto quello che poteva desiderare. Una famiglia, due figli,<br />
adesso a loro volta sposati e sistemati, un lavoro che lo<br />
ha divertito e appassionato.<br />
E che gli ha riservato anche qualche delusione. “Non ho rimpianti”,<br />
afferma deciso. C’è da credergli. Anche se (lo s’intuisce<br />
dalla difficoltà con cui ne parla) l’esperimento fallito del<br />
“Giornale” di Varese rappresenta una ferita ancora aperta.<br />
Nel 1973 alcuni imprenditori locali lanciarono il progetto di un<br />
nuovo quotidiano, con l’obiettivo di creare un’alternativa alla<br />
“Prealpina”. Lucioni, che dal 1953 lavorava nello storico gior-<br />
nale varesino ed era stato anche corrispondente del “Giorno”,<br />
venne chiamato come direttore responsabile. La testata registrata<br />
in tribunale creò qualche problema con Indro<br />
Montanelli, che quasi contemporaneamente aveva lasciato il<br />
“Corriere della Sera” per dare vita al suo “Il Giornale”. Fino a<br />
che gli editori non si misero d’accordo, il più famoso giornalista<br />
italiano dovette inserire la parola “nuovo” per differenziarsi.<br />
“Accettai con entusiasmo l’incarico”, racconta Lucioni. “I primi<br />
mesi furono duri, non era facile imporsi. La redazione era<br />
composta da persone in gamba, riuscimmo a ottenere <strong>dei</strong> risultati<br />
ma ben presto cominciarono i problemi con la proprietà.<br />
Non accettavo ingerenze. Così, dopo circa due anni,<br />
decisi di dimettermi. Fu una decisione che mi provocò tanta<br />
amarezza, pensavo di aver fallito io, di non essere riuscito a<br />
farmi capire. In realtà, con il passare del tempo, di molte cose<br />
ho saputo darmi una spiegazione”. Il momento difficile<br />
durò alcuni mesi, al termine <strong>dei</strong> quali ricevette una nuova proposta<br />
di lavoro: fu Angelo Narducci, direttore di “Avvenire”, a<br />
chiedergli di entrare a far parte del giornale cattolico per occuparsi<br />
degli Esteri. Prima nella sede in via Vittor Pisani, poi<br />
in quella nuova, all’interno del Palazzo della Stampa, in piazza<br />
Cavour.<br />
“Erano anni tormentati – sottolinea – arrivavano chiamate<br />
anonime, i giornalisti erano nel mirino. C’era un po’ di preoccupazione,<br />
cercavamo di farci forza l’un l’altro. In famiglia, poi,<br />
si cercava di non far trapelare nulla, mostrandosi tranquilli,<br />
anche se non era facile”.<br />
Dopo un anno e mezzo, nel 1977, il passaggio a “Famiglia<br />
Cristiana”, dove rimase fino al 31 ottobre del 1991, quando<br />
andò in pensione con il grado di caposervizio. “La figura di riferimento<br />
per tutti noi in quegli anni – spiega – è stata quella<br />
del direttore, don Giuseppe Zilli, un uomo di straordinaria<br />
cultura, prudente ma nello stesso tempo coraggioso, dotato<br />
di un grande fiuto giornalistico. Con lui Famiglia Cristiana ottenne<br />
grandi risultati. Alla fine nessuno mi ha forzato: ho scelto<br />
io di lasciare perché era arrivato il momento giusto, dopo<br />
quarant’anni di lavoro”.<br />
Una vita intera passata in redazione, con una passione particolare<br />
per la tipografia: “Mi sembra di sentire ancora il profumo<br />
del piombo, che t’impregnava i vestiti. Per gli altri era un<br />
odore cattivo, per me aveva un fascino particolare”.<br />
Alfredo Zavanone<br />
Dalle fotografie <strong>dei</strong> paesini<br />
ai siti gastronomici<br />
In sessant’anni di professione Alfredo Zavanone ha sperimentato<br />
ogni mezzo di comunicazione, dalla carta stampata a internet.<br />
Inizia alla fine della Seconda guerra mondiale, quando,<br />
appena ventenne, collabora al “Corriere del Piemonte”, quotidiano<br />
voluto dagli Alleati e dall’Associated Press. La passione<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
di Marco Guidi<br />
per la fotografia, inoltre, lo porta<br />
a operare dietro la cinepresa e<br />
gli consente di approdare alla “Settimana Incom”.<br />
Negli anni successivi collabora con il “Candido” di Guareschi,<br />
“l’Europeo”, “la Tribuna” e molti altri periodici. L’amore per il cinema<br />
lo fa recitare nel film di Piero Nelli “La pattuglia sperduta”.<br />
Era il 1953.<br />
“Fu un’esperienza indimenticabile”, commenta Zavanone. Nel<br />
1956 cura la fotografia di “Carcoforo ab.103”, documentario su<br />
un piccolo paesino isolato dal mondo firmato dal regista e giornalista<br />
Oliviero Sandria. Un suo scatto di allora vincerà il<br />
“Fotogramma d’oro” al Festival del cinema di Merano. “Penso<br />
di aver meritato il premio per l’originalità del servizio.<br />
Documentare la vita di un paesello piemontese di 103 abitanti,<br />
posto a 1800 metri di altitudine e d’inverno senza collegamenti<br />
né strade è stata un’idea innovativa per gli anni<br />
Cinquanta”, dice con orgoglio.<br />
Con l’avvento della televisione entra a far parte di una troupe<br />
della Rai, facendo da operatore per diversi sketch di<br />
“Carosello”. Zavanone ha collaborato agli spot del dentifricio<br />
Durban, del confetto Falqui e dell’olio Dante.<br />
Si occupa poi di religione, sport, cibo e cronaca musicale in radio.<br />
Da vero polivalente, a fine anni Novanta si appassiona anche<br />
di internet. Tanto che oggi è direttore e collaboratore di diverse<br />
riviste telematiche, fra cui “Informacibo” e “Apodittico”. I<br />
suoi articoli in campo alimentare, in particolare sull’elicicoltura,<br />
gli fanno vincere nel 2006 la prestigiosa “Lumaca d’oro”.<br />
27
Trentadue medaglie d’oro il 29 marzo <strong>2007</strong> al Circolo della Stampa<br />
Vittorio Reali<br />
Con sigaretta e trench<br />
il Bogart della “bianca”<br />
di Paolo Stefanini<br />
Sul foglietto di carta intestata che rigira tra le mani ci sono appunti<br />
allineati in una fitta grafia e l’indirizzo di un albergo romano.<br />
Da anni, infatti, Vittorio Reali fa la spola tra Milano e<br />
Roma, dove è impegnato come commissario agli esami di<br />
Stato per l’abilitazione alla professione giornalistica. Si è segnato<br />
alcune idee che gli stanno a cuore. Pensieri maturati di<br />
fronte ai tanti giovani aspiranti giornalisti che arrivano a Roma<br />
armati di speranza. Ha scritto, tra l’altro, di credere con forza<br />
agli istituti di formazione al giornalismo, ma che spera in un<br />
punto d’incontro con l’esperienza <strong>dei</strong> veterani: “Non voglio mitizzare<br />
i miei anni raccontando di come mi sono formato sulla<br />
strada e tra la gente”, chiarisce. “Sono ben cosciente che le<br />
nuove tecnologie hanno cambiato sia il lavoro che l’apprendimento<br />
del mestiere. Ma non bisogna dimenticare che fuori<br />
dalle redazioni, coi loro computer connessi al mondo tramite<br />
internet, esistono pur sempre la gente e la strada”.<br />
Reali ha dedicato metà della sua vita all’attività di cronista e<br />
metà alla categoria, con importanti incarichi nell’<strong>Ordine</strong> e nel<br />
Sindacato. “Poco invece alla moglie”, confida. E sorride: “Forse<br />
non aveva tutti i torti la mia futura suocera quando male accolse<br />
la notizia del fidanzamento della figlia con un giornalista.<br />
A quel tempo non godevamo di buona fama. C’era l’idea<br />
che fossimo una squadra di Humphrey Bogart col trench, la<br />
sigaretta in bocca, frequentatori assidui <strong>dei</strong> bordelli”. “Battute<br />
a parte, eravamo davvero a contatto diretto con la società.<br />
Anche coi suoi lati oscuri. Quando uscivamo dal giornale, alle<br />
tre del mattino, per strada e nei pochi bar aperti c’erano solo<br />
giornalisti, agenti della volante e prostitute”.<br />
Reali ha lavorato per più d’un ventennio alla “Notte”, il quotidiano<br />
del pomeriggio che proprio sulla cronaca basò il suo<br />
successo, sbaragliando la concorrenza di “Milano Sera”, di<br />
“Stasera”, del “Corriere Lombardo” e infine anche del “Corriere<br />
d’Informazione”. “La Notte” arrivò a vendere 75-80 mila copie,<br />
guadagnando un pubblico di lettori eterogeneo, a dispetto delle<br />
posizioni liberal-conservatrici e degli “schieratissimi” fondi<br />
del direttore Nino Nutrizio.<br />
Alla “Notte” di Nutrizio, dov’era entrato nel 1956 (dopo un decennio<br />
da pubblicista con esperienze, tra gli altri, all’“Avanti!”,<br />
alla “Voce repubblicana”, al “Pensiero Romagnolo” e al<br />
“Giornale <strong>dei</strong> costruttori”), Reali era il responsabile della cronaca<br />
bianca. Insomma, era di casa in Comune, in Provincia,<br />
nelle segreterie <strong>dei</strong> partiti. Più tardi divenne capo servizio<br />
Interni-Esteri, per chiudere l’esperienza da vice caporedattore<br />
centrale. A 31 anni, dopo una provocazione di Nutrizio<br />
(“Non vi vergognate Tutti ci danno del ‘dottore’ e qua dentro<br />
nessuno di noi è laureato”), tornò a iscriversi a Scienze<br />
Politiche. Si laureò, studiando nei giorni di corta.<br />
Proprio nel comitato di redazione della “Notte”, intanto, Reali<br />
s’impegnava nell’attività sindacale. “Riuscii – rivendica – a ottenere<br />
un contratto aziendale. Fummo i secondi in Italia ad<br />
averne uno, dopo il Sole 24 Ore. Avevo scoperto che dopo cinque<br />
giorni di sciopero i contratti con le agenzie di pubblicità<br />
decadono. Sbattei quelle carte in faccia al direttore Livio<br />
Caputo. E l’editore dovette cedere di fronte alla minaccia di<br />
una lunga astensione dal lavoro, che avrebbe fatto perdere<br />
tutta la raccolta pubblicitaria.<br />
Un successo incredibile in un giornale di proprietà d’un conservatore<br />
inflessibile come il nostro editore, Carlo Pesenti, padrone<br />
di Italcementi”.<br />
Negli anni successivi, Reali ha ideato congressi e conferenze<br />
e ha diretto vari uffici stampa. Dal 1968 al 1976 è stato consigliere<br />
d’amministrazione dell’Ente autonomo Teatro alla Scala<br />
e dal 1982 dell’Ente esposizioni della Triennale di Milano. Dal<br />
1970 al 1975 ha ricoperto la carica di presidente dell’Unci<br />
(Unione nazionale cronisti italiani; il sindacato di specializzazione<br />
della Federazione Nazionale della Stampa), per poi divenire<br />
presidente del Gruppo cronisti lombardi. In quello stesso<br />
periodo, spesso non firmando col proprio nome, ha compiuto<br />
numerosi viaggi per inchieste in Libano, India, Israele,<br />
Egitto, Algeria, Cipro, Grecia e Unione Sovietica. Ha inventato<br />
il premio giornalistico “Cronista dell’anno”, che si svolgeva<br />
a Senigallia. “L’idea – racconta – mi venne in treno, mentre nella<br />
notte raggiungevo Roma per una riunione del sindacato. A<br />
quel tempo i giornalisti della bianca, a differenza degli altri colleghi,<br />
non firmavano. Erano ingranaggi, fondamentali ma anonimi,<br />
del quotidiano. Immaginai quel premio come una compensazione”.<br />
Reali ha ricoperto per dieci anni, dal 1984 al 1994, il ruolo di<br />
capo ufficio stampa e portavoce dell’Ente Fiera Milano, “con<br />
soddisfazioni professionali e responsabilità paragonabili alla<br />
direzione di un grande giornale”, afferma. Dal 1996 ha deciso<br />
di rifiutare incarichi giornalistici e collaborazioni retribuite: “È<br />
inutile lamentarsi del poco spazio che i giovani hanno nei giornali<br />
e poi continuare a scrivere fino a novant’anni”.<br />
Roberto Tabozzi<br />
“Per far correre noi cronisti<br />
ci regalavano le scarpe”<br />
di Ilaria Sesana<br />
“Bisogna iniziare sempre nuove cose”, spiega Roberto<br />
Tabozzi, parlando della sua avventura giornalistica. Mezzo secolo<br />
di carriera, passando dall’economia all’arte, dalla cronaca<br />
all’antiquariato, nelle redazioni di una decina di quotidiani e periodici.<br />
“Restando nello stesso posto ci si stanca – spiega – e<br />
quando inizi ad annoiarti vuol dire che è ora di cambiare”.<br />
L’avventura ebbe inizio in un’estate milanese del 1954, come<br />
correttore di bozze a “La Notte”: “È stata dura, ma mi è servito<br />
per imparare a conoscere i meccanismi del giornale”. Pochi<br />
mesi dopo, il passaggio in cronaca, dove 20 redattori su 22<br />
erano abusivi. “A fine mese c’era un signore che lasciava sul<br />
Giorgio Torelli<br />
Contrarre il virus del giornalismo sui banchi del liceo assieme<br />
a Luca Goldoni e Baldassarre Molossi. Ma se dalle malattie si<br />
può guarire, liberarsi di quella strana febbre che lo spingeva a<br />
“smontare i pezzi <strong>dei</strong> giornali come le motociclette” è stato impossibile<br />
per Giorgio Torelli che per cinquant’anni ha viaggiato<br />
per il mondo come inviato speciale, tornando sempre a casa<br />
“con l’osso in bocca”.<br />
Gli inizi della carriera a Parma, alla “Gazzetta”. Ed ecco, dopo<br />
pochi mesi, giungere un brillante telegramma: “Ora la Notte<br />
emette fischio, venga Torelli senza rischio, firmerà contratto a<br />
tavolo delle buste bianche, senza nome, e dentro c’erano le nostre<br />
ventimila lire”, racconta. “Però avevamo un grande direttore,<br />
Nino Nutrizio, che a noi giovani regalava le scarpe smesse<br />
perché diceva che il cronista deve camminare, camminare,<br />
camminare”.<br />
Continuò la sua carriera nella redazione del “Giorno” di<br />
Baldacci, a “Panorama” come inviato e anche come sindacalista,<br />
a “Il Mondo”, spinto sempre dalla voglia di non fermarsi mai<br />
perché “il giornalismo ti obbliga a essere vivo. Adesso forse il<br />
mestiere si è un po’ svilito… però è sempre bello”.<br />
Si toglie gli occhiali e li posa sulla scrivania. Spiega che il giornalismo<br />
permette di colmare le lacune, di accendere nuove<br />
passioni e di “accelerare” quelle già esistenti, nel suo caso<br />
“Nutrizio mi assunse alla ‘Notte’<br />
con un telegramma in versi”<br />
di Ilaria Sesana<br />
Milano, molto lavoro e poco grano. Suo Nutrizio”. Dopo “La<br />
Notte” il passaggio a “Candido”, con Giovannino Guareschi, direttore<br />
“parmigianissimo”, capace di condensare e spiegare gli<br />
umori dell’Italia di quegli anni con una matita da disegno e<br />
l’Olivetti.<br />
“Ho viaggiato per capire e narrare le bellissime storie che si<br />
possono trovare in giro per il mondo”, racconta. “Le persone<br />
sono uno spettacolo, un capolavoro: dentro a ciascuno c’è una<br />
fiammella segreta che arde. Ecco, di queste fiammelle io sono<br />
stato curiosissimo”. Missionari, medici e “uomini <strong>dei</strong> deserti”,<br />
che lavoravano negli angoli più remoti della terra e che Torelli<br />
andava a cercare a bordo di aerei spericolati. “Ho una grandissima<br />
gratitudine per la Provvidenza. Non si capisce come<br />
quella per l’arte. Una parete dello studio è piastrellata da 1.500<br />
volumi, tra monografie e cataloghi. “La fatica maggiore è stata<br />
metterli in ordine alfabetico, così posso trovare subito quello<br />
che cerco”, sorride, sotto lo sguardo vigile di due piccoli totem<br />
africani di legno scuro.<br />
“Sono soddisfatto perché ho fatto un mestiere che mi è piaciuto<br />
e che mi ha dato tante soddisfazioni”, commenta, ora che<br />
ha ridotto i propri impegni. Ma la curiosità del cronista è rimasta<br />
viva, così come la voglia di non fermarsi mai e accettare<br />
sempre nuove sfide, anche quelle lanciate dall’informatica.<br />
Nella fattispecie c’è un contenzioso in corso con lo scanner che<br />
non ne vuole sapere di funzionare ma che è basilare per un<br />
suo nuovo progetto: un libro fotografico su Nino Rollo, “scultore<br />
pietrante” leccese pressoché sconosciuto in Italia.<br />
Mentre racconta il suo peregrinare da una redazione all’altra,<br />
tra le parole di Tabozzi affiorano i nomi di tanti colleghi e amici:<br />
Alfredo Barberis, Pier Luigi Boselli, Carla Stampa, Giancarlo<br />
Galli, Romolo Mombelli; e si commuove ricordando Franco<br />
Nasi, sfortunato e bravissimo inviato del “Giorno”. “La persona<br />
che ricordo con più affetto e che incontro con maggior piacere<br />
è Bernardo Valli”, sorride raccontando un viaggio sotto la neve<br />
verso Parma, a bordo di una Topolino, per festeggiare il<br />
Capodanno. Difficile interrompere la conversazione, ogni nome<br />
ne evoca un altro. Per concludere, tre consigli agli aspiranti<br />
giornalisti: “Fare la scaletta prima di scrivere, essere puliti dentro,<br />
e cambiare spesso redazione, se è possibile”.<br />
D'<br />
MEDAGLIE<br />
O R<br />
sia sempre tornato a casa”.Torelli ha lavorato in sette quotidiani<br />
e cinque settimanali. Ha pubblicato 25 libri ed è “Osservatore<br />
dall’aeroplano honoris causa”.<br />
Poi il passaggio al “Giornale” di Montanelli (“Indro vantava una<br />
somma di difetti bellissimi. Dopo che si è lavorato con lui, è difficile<br />
farlo con altri direttori”). “Scrivi quello che vuoi”, fu la consegna<br />
per Torelli: doveva riempire una colonnina e mezza tre<br />
volte alla settimana. “Questa rubrica era il mio appezzamento<br />
– spiega – volevo comunicare le belle notizie che di solito non<br />
trovano spazio nei giornali. È quello che mi sono proposto: far<br />
compagnia al lettore e non mandarlo via dal pezzo senza avergli<br />
offerto le ragioni della speranza”.<br />
Torelli ha sempre cercato di offrire occasioni di ottimismo, raccontando<br />
storie che avevano il sigillo dell’autenticità, vicende<br />
positive. Ed ecco tornare al centro del discorso quei personaggi<br />
“da fondo <strong>dei</strong> deserti” come il dottor Invernizzi, che ha<br />
costruito un orfanotrofio al confine tra Kenia e Somalia, o l’imprenditore<br />
Marcello Candia, che lasciò tutto per dedicarsi alla<br />
cura <strong>dei</strong> lebbrosi brasiliani. E ancora quel Natale a bordo di una<br />
petroliera tra uomini costretti a restare in mare per nove mesi<br />
a causa della crisi di Suez. “Come si fa a non raccontare queste<br />
storie”, conclude. “Sarei senza attenuanti se non avessi<br />
provato a crescere, se non avessi capito tutto quello che dovevo<br />
capire”.<br />
O<br />
Pietro Pentimalli<br />
Una raffica di scoop<br />
da Saint Moritz al caso Ustica<br />
di Francesca Caria<br />
“Uno <strong>dei</strong> primi autentici freelance, sempre a caccia di scoop”.<br />
Così ama definirsi Pietro Pentimalli, 78 anni portati con disinvoltura.<br />
“Ai miei tempi tutti cercavano un posto fisso in redazione.<br />
Io invece ho sempre amato essere indipendente, anche<br />
se questo, talvolta, comportava andare avanti a pane e latte”.<br />
Così, per cinquant’anni ha scelto di essere “pubblicista a tem-<br />
po pieno”, senza legarsi ad alcuna testata.<br />
Nel 1953 Pentimalli, originario dell’Aspromonte ma trapiantato<br />
a Napoli per studiare medicina, collabora con il “Corriere di<br />
Napoli” e il “Mattino d’Italia”. Per promuovere un libro di racconti<br />
scritto insieme a un amico (con lo pseudonimo di Angelo<br />
Montesahara, che manterrà per tutta la carriera), comincia a<br />
girare per la Sicilia, producendo per la Rai di Palermo servizi<br />
sui vari centri dell’isola. L’anno dopo, fallito il tentativo di organizzare<br />
un “raid pubblicitario-giornalistico” sino a Stoccolma per<br />
promuovere i prodotti siciliani, si trasferisce a Milano. Nel capoluogo<br />
lombardo Pentimalli avvia numerose collaborazioni e<br />
completa la sua trasformazione in freelance. Un litigio con Mike<br />
Bongiorno, causato dal fotografo che lo affiancava in un servizio<br />
(rivendette gli scatti ad altre riviste, diffondendo la voce di<br />
un flirt del conduttore con Enza Sampò), lo porta a un’autonomia<br />
professionale totale: comincia a fare da sé anche le foto,<br />
proponendo alle testate (tra le altre “Tempo”, “Gente”, “Stop”,<br />
“Novella 2000”, “Oggi”) servizi completi. “Da quel momento divenni<br />
praticamente il cronista ufficiale del ‘bel mondo’ divistico,<br />
politico ed economico di Saint Moritz”, composto da personaggi<br />
che “vogliono che si parli di loro, anche se dicono di no”.<br />
Conobbe così Farah Diba e Alfred Hitchcock, Gianni Agnelli e<br />
Vittorio Emanuele, che una volta lo prese a pugni.<br />
Guardandosi indietro Pentimalli è soddisfatto. Tra gli scoop della<br />
sua carriera annovera la scoperta del figlio segreto di Mike<br />
Bongiorno, ma anche il caso Ustica (fu il primo a ipotizzare il<br />
coinvolgimento di un jet libico). E della sua vita può dire: “Ogni<br />
giorno mi svegliavo, andavo in giro a cercare le notizie, facevo<br />
qualcosa di diverso. È stato bello”.<br />
28 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
RICORRENZA DI SAN FRANCESCO DI SALES<br />
Tettamanzi<br />
“Auspicabile che ci siano sempre<br />
più comunicatori che si specializzino<br />
nel sapere interloquire<br />
e dialogare con i bambini”<br />
La ricorrenza annuale del patrono di scrittori e giornalisti, san Francesco di Sales, ha offerto lo spunto per anticipare il tema della<br />
Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la quarantunesima, che quest’anno punta l’obiettivo sul rapporto bambini e media. A<br />
Milano i giornalisti si sono incontrati il 20 gennaio all’Ambrosianeum per un’analisi del problema.<br />
di Sergio Borsi<br />
Rileggiamo alcuni passaggi.<br />
Due dati per avvicinarsi al tema. Quando diciamo<br />
bambini e ragazzi ci riferiamo a una<br />
popolazione che va dai tre/quattro anni fino<br />
ai 14. Fra i media preferiti c’è assolutamente<br />
prima la televisione (con i programmi per fascia<br />
d’orario e di età) e internet. Molte le preferenze<br />
anche per i videogames. Aggiungiamo<br />
che un ragazzo su due di età compresa<br />
fra i 7 e i 14 anni usa il telefono cellulare,<br />
molto spesso per inviare e ricevere sms.<br />
Ci dicono i ricercatori che i ragazzi dedicano<br />
15 mila ore alla tv e 11 mila ore allo studio. E<br />
4 milioni di ragazzi fra i 3 e i 10 anni guardano<br />
la tv in media 2 ore e 40 minuti al giorno.<br />
Si possono dire soddisfatti i comunicatori<br />
(ideatori, produttori, sceneggiatori, programmisti,<br />
giornalisti) di quanto offre oggi la tv<br />
Certamente no e la conferma viene dai ra-<br />
gazzi: i telegiornali sono difficili da capire,<br />
spesso provocano paure, di fronte a episodi<br />
di violenza molti ragazzi cambiano canale<br />
oppure chiudono gli occhi per non vedere le<br />
scene.<br />
Ma allora viene da chiedersi: sono efficaci le<br />
norme contenute nelle varie carte e decaloghi,<br />
negli indirizzi del Parlamento, nei controlli<br />
e nelle sanzioni dell’Autorità e della<br />
Commissione<br />
Diciamo che c’è ancora molto lavoro da svolgere<br />
e che gli argini troppo spesso sono superati<br />
e i limiti non rispettati.<br />
Lo spazio che l’informazione dedica ai ragazzi<br />
è comunque rilevante.<br />
Oltre ai programmi (oggi si stanno sviluppando<br />
anche fiction e reality interpretati solo<br />
da ragazzi) in Europa, Italia compresa, ogni<br />
giorno le tv pubbliche trasmettono 14 tg per<br />
i ragazzi. Che significa selezionare le notizie,<br />
adeguare il linguaggio, controllare con severità<br />
le immagini, dare una chiave interpretativa<br />
ad ogni avvenimento in scaletta.<br />
C’è materia sulla quale riflettere. La proposta<br />
è stata fatta ai giornalisti dal cardinale arcivescovo<br />
Tettamanzi. Ne ripropongo due concetti.<br />
Il primo. “Non c’è dubbio che i bambini hanno<br />
‘un loro mondo’, ma non c’è neppure dubbio<br />
che non devono rimanere chiusi in questo<br />
mondo tutto loro: devono, invece, essere<br />
aiutati ad aprirsi. In altri termini, non è corretto<br />
escluderli sempre dai problemi reali del<br />
nostro mondo, quasi per un eccessivo senso<br />
di difesa e di protezione.<br />
Possono e devono, invece, essere coinvolti e<br />
bisogna di fatto aiutarli a capire, e questo rispondendo<br />
alle loro domande, imparando<br />
con pazienza e disponibilità a dialogare con<br />
loro”.<br />
Il secondo. “È auspicabile che ci siano sempre<br />
più comunicatori che si specializzino nel<br />
sapere interloquire e dialogare con i bambini.<br />
Cercando ora di immaginare come potrebbe<br />
essere il comunicatore capace e responsabile<br />
in questo delicatissimo ambito,<br />
direi che dovrebbe essere una persona positiva,<br />
amante della vita, una persona che<br />
conosce bene la realtà di questo mondo e<br />
che in essa sa scoprire segni di speranza,<br />
buone notizie, e che sa come comunicarle ai<br />
bambini. Dovrebbe essere un comunicatore<br />
che rifugge dalla ricerca ostentata del limite<br />
e del trasgressivo, che non ama la violenza<br />
ma ricerca la pace e il dialogo. Dovrebbe essere,<br />
infine, una persona che sa tessere relazioni<br />
costruttive e amicali, una persona nel<br />
cui animo sono vivi i valori fondamentali del<br />
rispetto della vita e della passione per la verità”.<br />
La provocazione, cioè il suggerimento, è da<br />
raccogliere, non solo in una carta, ma nel<br />
nostro lavoro quotidiano. La dovrebbero raccogliere<br />
anche le imprese la cui offerta per i<br />
più giovani è comparata col mercato pubblicitario<br />
e con i costi di produzione.<br />
In alto, il cardinale Tettamanzi. Qui sopra, la sala dell’Ambrosianeum durante i lavori e, a destra, l’intervento del presidente Abruzzo all’incontro.<br />
IL PREMIO È GIUNTO ALLA SESTA EDIZIONE.<br />
Emilio Pozzi “Campione per la solidarietà” del <strong>2007</strong><br />
Franco<br />
Abruzzo<br />
con Mario<br />
Furlan<br />
(al centro)<br />
ed<br />
Emilio Pozzi.<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
Milano, 24 gennaio <strong>2007</strong>. Un riconoscimento<br />
a chi migliora il proprio ambiente professionale<br />
o sociale e rappresenta un esempio<br />
positivo per l’opinione pubblica: è il premio<br />
“Il Campione”, giunto alla sesta edizione.<br />
Nato da un’idea di Mario Furlan, fondatore<br />
<strong>dei</strong> City Angels, è organizzato dalla<br />
sua associazione di volontariato e<br />
dall’Osservatorio giornalistico Mediawatch,<br />
con la sponsorizzazione della casa farmaceutica<br />
Bayer e il patrocinio della Provincia<br />
di Milano.<br />
Il premio consiste in una statuina in vetro simile<br />
a quelle del premio Oscar: rappresenta<br />
la sagoma di un uomo con un grande<br />
cuore in mano ed è stata realizzata da una<br />
cooperativa che dà lavoro a persone svantaggiate.<br />
“Il premio è un riconoscimento per<br />
le persone che hanno lanciato messaggi e<br />
valori positivi attraverso i mass-media.<br />
Per essere campioni, infatti, non basta diventare<br />
protagonisti <strong>dei</strong> mezzi di comunicazione,<br />
ma bisogna anche influenzare positivamente<br />
l’opinione pubblica”, spiega Mario<br />
Furlan, fondatore dell’associazione di volontariato<br />
<strong>dei</strong> City Angels e ideatore dell’iniziativa.<br />
Quest’anno il titolo di “Campione per<br />
la Comunicazione” è stato assegnato al<br />
giornalista professionista Emilio Pozzi (già<br />
voce notissima di Radio Rai) e a sua moglie<br />
Luciana Invernizzi, che nel carcere di San<br />
Vittore, dove i reclusi stranieri sono oltre la<br />
metà, si adoperano per insegnare l’italiano<br />
ai detenuti stranieri e per tenere incontri sulle<br />
varie culture.<br />
Pozzi, docente di Storia del teatro<br />
all’Università di Urbino, è anche stato l’ideatore<br />
e il coordinatore del notiziario del carcere,<br />
Il due, al quale collaborano i detenuti.<br />
Il Comitato d’onore del Premio annovera, tra<br />
gli altri, il presidente dell’ordine <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia, Franco Abruzzo, il comandante<br />
della Polizia municipale Emiliano<br />
Bezzon, il prefetto di Milano Gian Valerio<br />
Lombardi, l’assessore Vittorio Sgarbi, in rappresentanza<br />
del Comune di Milano, l’assessore<br />
Domenico Zambetti, in rappresentanza<br />
della Regione Lombardia, il personaggio televisivo<br />
Raffaello Tonon.<br />
La Provincia è rappresentata dal presidente<br />
del Consiglio provinciale, Vincenzo Ortolina.<br />
29
MOSTRE, PREMI<br />
E CONVEGNI<br />
XXVI edizione del Premio nazionale patrocinato dalla Provincia di Milano<br />
Il “Max David” a Milena<br />
Gabanelli: ha rilanciato<br />
il giornalismo d’inchiesta<br />
di Patrizia Pedrazzini<br />
“A Milena Gabanelli che, dopo aver dato prova<br />
di grande professionalità e coraggio con i<br />
suoi servizi dai fronti di guerra, ha dimostrato<br />
altrettanta bravura e coraggio affrontando<br />
per Rai 3, con la trasmissione Report, i problemi<br />
più scottanti, e spesso ignorati, della<br />
società italiana. Milena Gabanelli ha così rilanciato,<br />
con grinta, determinazione e onestà<br />
professionale, quel giornalismo d'inchiesta<br />
che da tempo sembrava essersi sbiadito nel<br />
panorama <strong>dei</strong> media italiani”.<br />
Così la freelance della Rai, oggi autrice e<br />
conduttrice dell’acclamato programma di inchieste<br />
Report, ma con alle spalle una consistente<br />
esperienza come inviata di guerra<br />
sui fronti più “caldi” del mondo (vedi riquadro)<br />
ha vinto la XXVI edizione dell’ambito “Max<br />
David”, il Premio nazionale per l’inviato speciale<br />
patrocinato dalla Provincia di Milano. Il<br />
riconoscimento le è stato assegnato la sera<br />
di venerdì 26 gennaio, nel corso della cerimonia<br />
che ogni anno accompagna la tradizionale<br />
cena di gala all’Excelsior Hotel Gallia,<br />
alla presenza del vicepresidente della<br />
Provincia Alberto Mattioli, <strong>dei</strong> promotori e <strong>dei</strong><br />
giurati, di personalità delle istituzioni, della<br />
cultura e del giornalismo.<br />
A porre l’accento sui meriti del Premio ha<br />
provveduto lo stesso Mattioli, evidenziando<br />
sia la lunga vita del riconoscimento - testimonianza<br />
di valore e di merito pur in tempi,<br />
come gli attuali, di restrizione - sia la costante<br />
attenzione che esso riserva “a un mestiere<br />
significativo per una società civile e libera”,<br />
quale è quello del giornalista.<br />
“Precari pagati<br />
come domestiche”<br />
Tempi “di quaresima economica”, come li<br />
aveva poco prima definiti, in apertura di serata,<br />
il presidente Lucio Lami, ricordando<br />
l’impegno da lui stesso assunto 25 anni or<br />
sono quando (vedi riquadro) “la vedova del<br />
mio amico Max mi chiese di prendere in mano<br />
il Premio, pro tempore, in modo che non<br />
scomparisse sul nascere. Un pro tempore<br />
che dura ancor oggi”.<br />
“Molte cose - ha quindi sottolineato - sono<br />
cambiate, nel mondo giornalistico, da allora,<br />
e talvolta mi sento come uno di quei generali<br />
americani dell’esercito sudista che, a guerra<br />
persa, continuavano ad assegnare medaglie<br />
ai loro combattenti. La categoria <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
infatti, vive una crisi senza precedenti, e<br />
non vede rinnovato il suo contratto, scaduto<br />
da molti mesi, nonostante l’intervento del<br />
Presidente della Repubblica. Mentre si sta<br />
gonfiando di precari, pagati come domestiche,<br />
sconta errori passati, suoi e <strong>dei</strong> gruppi<br />
editoriali, e si vede abbandonata da quel<br />
mondo politico al quale, forse, si era troppo<br />
incautamente aggrappata”.<br />
Di qui l’accusa di Lami a un sistema editoriale<br />
nel quale, “col pretesto del risparmio, si<br />
assiste al cecchinaggio sistematico degli inviati,<br />
sostituiti dall’uso acritico delle tecnologie<br />
e di elementi improvvisati, e a una standardizzazione<br />
<strong>dei</strong> media che privilegia il mercato,<br />
soprattutto pubblicitario, nell’oblio sconcertante<br />
delle esigenze della pubblica opinione”.<br />
Un contesto insomma abbastanza<br />
drammatico, nel quale il Premio Max David,<br />
“uno <strong>dei</strong> pochi sganciati dalla politica e dal<br />
mercato editoriale, continua a veleggiare in<br />
mari tempestosi, alla ricerca di quei giornalisti<br />
che, malgrado la situazione, continuano a<br />
operare nel rispetto della deontologia e in<br />
nome dell’indipendenza professionale, testimoni<br />
di talento al servizio della pubblica opinione.<br />
Di anno in anno la ricerca si fa più difficile,<br />
ma la resistenza di quanti ancora considerano<br />
il lettore o il telespettatore come il<br />
loro unico padrone ci conforta e fa sperare<br />
che una catarsi sia possibile, oltre che indispensabile”.<br />
“Onore a un mestiere<br />
nobile”<br />
“Di anno in anno - ha poi esordito il presidente<br />
onorario Sergio Zavoli - il mio pudore e<br />
la mia ritrosia aumentano, perché con il progredire<br />
dell’età mi sento sempre più lontano<br />
da tutto questo. Ma torno sempre qui, perché<br />
qui vale la pena di essere, a maggior ragione<br />
in un momento difficile come l’attuale”.<br />
Quindi, quello che lui stesso ha definito il “bollettino<br />
di guerra” del 2006: 155 reporter uccisi,<br />
mentre dall’inizio del <strong>2007</strong> hanno già perso<br />
la vita 11 giornalisti e quattro collaboratori.<br />
“Gli inviati speciali - ha aggiunto - sono presenti<br />
in 24 teatri di guerra e in dieci nazioni<br />
sull’orlo di un conflitto. Il Paese più pericoloso<br />
è l’Iraq, dove nel 2006 ne sono morti 68,<br />
170 in tutto dal 2003. Mentre in Messico,<br />
Colombia e Venezuela lo scorso anno ne sono<br />
rimasti uccisi 37, e in vari punti dell’Asia<br />
34. Onore quindi a questa professione, un<br />
onore che passa attraverso la trasparenza e<br />
la dedizione. E basta con la vecchia storia<br />
per la quale fare il giornalista è sempre meglio<br />
che lavorare. Questa è gente che ci crede,<br />
e questo è un mestiere nobile, nel quale<br />
vale la pena di credere”.<br />
La serata è stata anche occasione per il ricordo,<br />
da parte di Pilade Del Buono, del grande<br />
giornalista sportivo Aldo De Martino, del<br />
quale ha ripercorso la vita e la carriera, sottolineandone<br />
la curiosità professionale e le<br />
grandi doti di intuito e di generosità. Mentre<br />
Max Victor David ha posto l’accento su uno<br />
in particolare <strong>dei</strong> due volumi appositamente<br />
stampati e distribuiti nell’ambito della serata:<br />
Sulle orme di Lawrence d’Arabia -Corrispondenze<br />
dal deserto di Max David (l’altro<br />
era La peste la fame la guerra di Ettore Mo),<br />
il libro al quale il padre stava lavorando quando<br />
morì, “non una biografia - come lui stesso<br />
disse - ma una ricerca dell’Uomo”.<br />
Grinta, coraggio e diciotto cause,<br />
“ma non me l’ha ordinato il medico”<br />
“Pochi giorni fa, quando a Varsavia è morto<br />
Riszard Kapuscinski, uno <strong>dei</strong> più grandi reporter<br />
del mondo, gli elogi e i giudizi superlativi<br />
con i quali i giornali ne hanno descritto e<br />
commentato la figura mi sono sembrati tagliati<br />
su misura per lei, per questa collega fortunatamente<br />
viva e vegeta qui, fra noi, questa<br />
sera”.<br />
Così Ettore Mo ha presentato Milena<br />
Gabanelli, o meglio “la grintosa Gabanelli”,<br />
come gli piace definirla, ripercorrendone, fra<br />
ricordi privati e pubblici scoop, la storia professionale.<br />
Dal Vietnam alla Birmania all’ex<br />
Storia e nomi del “Pulitzer” italiano<br />
Il Premio Max David venne fondato in Versilia nel 1980, per<br />
iniziativa del poeta e pittore Vittorio Grotti, sotto l’egida della<br />
Fondazione Lorenzo Viani <strong>dei</strong> fratelli Barsanti, in collaborazione<br />
con la Rai e con il contributo di Linda David<br />
Locatelli, vedova di Max David, il grande inviato (oltre 40<br />
anni di servizio, <strong>dei</strong> quali 25 al Corriere della Sera) originario<br />
di Cervia, nato nel 1908 e morto nel 1980. La giuria,<br />
composta allora da cento giornalisti, assegnò il primo riconoscimento<br />
a Lucio Lami.<br />
Nel 1982, scomparso Grotti, Linda David chiese a Lami di<br />
garantire la vita del Premio, che quello stesso anno si decise<br />
di trasferire a Cervia. Nel 1984, secondo e definitivo<br />
trasferimento nel capoluogo lombardo, dove il Premio viene<br />
tuttora celebrato, con il patrocinio e il contributo della<br />
Provincia di Milano.<br />
Emanazione dell’Associazione Max David per il giornalismo,<br />
presieduta da Lucio Lami - vicepresidente è Max<br />
Jugoslavia, “con la sua arma segreta, una videocamera<br />
tascabile che fruga e racconta”<br />
(“L’ho vista commuoversi mentre filmava i soldatini<br />
russi mandati a Grozny, fermi ai posti<br />
di blocco a mendicare, nel gelo, una sigaretta”).<br />
“Chi è abituato alle grosse troupe televisive<br />
- ha detto - magari ha sottovalutato il suo<br />
lavoro, ma l’interesse è invece continuato a<br />
crescere. Fino alle inchieste di Report che, di<br />
qualunque argomento parlino, dal terrorismo<br />
internazionale alle truffe sull’olio d’oliva, portano<br />
tutte il suo marchio di fabbrica”. Come le<br />
querele per diffamazione che la stanno accompagnando,<br />
con richieste di risarcimenti<br />
anche astronomici (“una - ha fatto notare<br />
Lami - di 70 miliardi di lire). Ma tant’è: “una<br />
grinta così - ha commentato l’inviato del<br />
Corriere - s’era vista poche volte nel panorama<br />
giornalistico italiano”.<br />
“Non so se lo merito, un Premio come questo<br />
- ha replicato la vincitrice - ma di sicuro<br />
l’assegno che ho qui appena ricevuto mi ser-<br />
Victor David, figlio del giornalista - e riservato agli inviati<br />
speciali, è il riconoscimento giornalistico più ambito e prestigioso,<br />
tanto da essere definito il Pulitzer italiano.<br />
Nelle passate edizioni, i vincitori sono stati: Lucio Lami,<br />
Ettore Mo, Piero Accolti, Bernardo Valli, Franco Ferrari,<br />
Piero Benetazzo, Frane Barbieri, Vittorio Zucconi, Mimmo<br />
Candito, Egisto Corradi (alla memoria), Lucia Annunziata,<br />
Vittorio Dell’Uva, Paolo Rumiz, Antonio Ferrari, Valerio<br />
Pellizzari, A. Pasolini Zanelli, Carmen Lasorella, Renzo<br />
Cianfanelli, Renata Pisu, Giovanni Porzio, Toni Capuozzo,<br />
Guido Rampoldi, Ugo Tramballi, Fabrizio Gatti.<br />
Finora il riconoscimento è stato assegnato cinque volte a<br />
giornalisti de la Repubblica, quattro a colleghi del Corriere<br />
della Sera, tre a giornalisti de La Stampa e il Giornale, due<br />
a colleghi della Rai e, una volta ciascuno, a giornalisti de Il<br />
Messaggero, Il Tempo, Il Mattino, Il Piccolo, Panorama,<br />
Tg5, Il Sole 24 Ore, L’Espresso.<br />
30 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Moda e deontologia professionale: convegno al Circolo della Stampa<br />
Il Diavolo veste Prada<br />
Purché la pubblicità<br />
non si vesta da giornalismo<br />
Accanto al<br />
titolo il<br />
ritratto di<br />
Max David.<br />
Qui sopra,<br />
con Sergio<br />
Zavoli,<br />
Luciano<br />
Lami e<br />
Alberto<br />
Mattioli,<br />
Milena<br />
Gabanelli<br />
alla<br />
consegna<br />
del premio.<br />
Una giuria di inviati che rende<br />
omaggio solo al merito<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
virà come anticipo per le spese dell’avvocato,<br />
visto che proprio ieri mi è stata comunicata<br />
la mia diciottesima causa. Anni fa,<br />
quando seguivo Mo all’estero, mi sembrava<br />
di fare chissà che cosa. Oggi, francamente,<br />
mi sembra di fare solo il mio lavoro.<br />
Dopodiché, che sono perfida me lo dicono<br />
un po’ tutti. Ma Report, che ha ormai dieci<br />
anni di vita, si occupa di storie che nessuno<br />
racconta. Certo, le rogne sono parecchie, le<br />
cause 18, ma non me l’ha ordinato il medico”.<br />
Ma come e perché ha avuto inizio l’avventura<br />
“Nella vita di tutti a un certo punto succede<br />
qualcosa che ti fa cambiare direzione,<br />
o che ti indirizza verso quello che sarà il tuo<br />
mestiere”. Per lei è stata la descrizione di<br />
Ayacucho, Sierra peruviana, che si legge<br />
nell’introduzione al libro di Ettore Mo La peste<br />
la fame la guerra, edito nel 1897 e ristampato<br />
per la XXVI edizione del “Max<br />
David”: “dopo aver letto quelle righe, è scattato<br />
in me un meccanismo. Ho pensato che<br />
prima di tutto dovevo conoscere Mo. Ci ho<br />
messo quattro anni, poi siamo andati in<br />
Cecenia insieme. Io non ho modelli, però<br />
Ettore è stato la molla, senza saperlo”. Da<br />
allora sono trascorsi vent’anni.<br />
“Lavoravo moltissimo, e in fondo aspettavo<br />
un riconoscimento che però non arrivava:<br />
ero come invisibile. Adesso invece i riconoscimenti<br />
arrivano. Ecco, vorrei invitare chi organizza<br />
i premi giornalistici a guardare bene<br />
ai giovani, perché un riconoscimento, in un<br />
momento della vita magari critico, può rivelarsi<br />
ancora più utile”.<br />
Milena Gabanelli, classe 1954, è laureata<br />
in Storia del Cinema all’Università di<br />
Bologna. Nel 1981 è alla Rai 3 dell’Emilia<br />
Romagna: contratti a termine per la realizzazione<br />
di servizi in ambito regionale. Tre<br />
anni dopo, il passaggio a Rai 3 Lombardia.<br />
Nel 1986, l’approdo ai Servizi speciali del<br />
Tg1. Dal 1989 al ‘98 è inviata di guerra per<br />
la trasmissione Mixer in numerosi punti del<br />
globo: Cina, Vietnam, Pitcairn Island,<br />
Cambogia, ex Jugoslavia, Nogorno<br />
Karabah, Somalia, Mozambico, Cecenia,<br />
Kazakistan, Tamil Nadu, Sudafrica,<br />
Palestina, Israele. Dal 1994 al ‘96 cura come<br />
autrice e conduttrice, per Rai 2,<br />
Professione Reporter, un programma sperimentale<br />
di servizi realizzati da neo-videogiornalisti.<br />
Non mancano le polemiche, per<br />
timore che l’iniziativa possa veicolare una<br />
politica di riduzione del personale, con<br />
giornalisti che possono fare a meno dell’operatore.<br />
Dal 1997 è alla guida di Report,<br />
rotocalco di informazione videogiornalistica.<br />
Al suo attivo, riconoscimenti professionali<br />
quali il “Premiolino”, il “Flaiano”, il<br />
“Premio Ilaria Alpi”, e il “Premio Saint<br />
Vincent” come giornalista dell’anno nel<br />
2005.<br />
Al fine di rispettare lo spirito del Premio, che<br />
è dichiaratamente apolitico, la giuria del Max<br />
David è composta in prevalenza da inviati o<br />
ex inviati di lunga esperienza, compresi alcuni<br />
vincitori di precedenti edizioni. Ogni<br />
componente vota i tre giornalisti ritenuti più<br />
meritevoli nel corso dell’anno precedente,<br />
assegnando tre, due e un punto. Quindi le<br />
schede vengono raccolte e il giornalista con<br />
il punteggio più alto viene dichiarato vincitore.<br />
Il presidente onorario è Sergio Zavoli. La<br />
giuria è attualmente composta da Lucia Annunziata,<br />
Edgardo Bartoli, Piero Benetazzo,<br />
Giuseppe Chisari, Renzo Cianfanelli, Vittorio<br />
Dell’Uva, Lucio Lami, Ettore Mo, Valerio<br />
Pellizzari, Giorgio Torchia.<br />
Il riconoscimento consiste nella somma di<br />
2.600 euro e in una targa d’argento con l’effigie<br />
di Max David.<br />
di Patrizia Pedrazzini<br />
Le giornaliste che si occupano di moda<br />
Colleghe che “sanno solo scrivere del tailleurino”,<br />
quasi considerate alla stregua di soubrette,<br />
professionalmente poco, o niente, credibili.<br />
E magari, il tailleurino del quale scrivere,<br />
lo potessero liberamente e obiettivamente<br />
selezionare: “nell'ambito dell’informazione<br />
di moda si parla sempre <strong>dei</strong> soliti noti, <strong>dei</strong> soliti,<br />
grandi, stilisti. Mentre alle sfilate delle giovani<br />
griffes non c’è mai nessuno”.<br />
Intervenendo al convegno La moda italiana:<br />
pubblicità, editoria e deontologia della<br />
professione giornalistica, svoltosi il 25 novembre<br />
scorso al Circolo della Stampa di<br />
Milano, la giornalista di MF Fashion Michela<br />
Zio ha messo senza troppi preamboli il dito<br />
nella piaga. “In questo settore la commistione<br />
fra pubblicità e informazione è la regola, e<br />
non solo nei periodici femminili, ma anche nei<br />
quotidiani. Per le aziende di moda, la comunicazione<br />
<strong>dei</strong> marchi passa solo attraverso la<br />
pubblicità, conditio sine qua non per ottenere<br />
spazio nei servizi giornalistici. Il che porta, al<br />
di là dell’aspetto deontologico, a un appiattimento<br />
pazzesco dell’informazione di moda.<br />
Come ha detto Natalia Aspesi: il giornalismo<br />
di moda è un supporto pubblicitario”.<br />
Ma con la credibilità se ne vanno<br />
anche i lettori<br />
Insomma, la consueta e ovvia considerazione:<br />
senza pubblicità i giornali chiudono, ma<br />
con troppi, o peggio ancora mascherati, messaggi<br />
promozionali, le stesse testate perdono<br />
credibilità. E, con la credibilità, i lettori.<br />
“Possibile - si è chiesta Michela Zio - non rendersi<br />
conto che, così facendo, si va verso la<br />
chiusura <strong>dei</strong> giornali di moda Quando invece<br />
questo è un ambito ricco di notizie, interessanti<br />
e divertenti, che, se trattate con sana<br />
obiettività, restituirebbero dignità a un settore<br />
forte. Mentre una sana collaborazione<br />
con la pubblicità andrebbe a tutto vantaggio<br />
<strong>dei</strong> giornali stessi”.<br />
Patrocinato dall’Associazione “Otre la moda”<br />
(nata a Milano nell’aprile 2006 e presieduta<br />
da Luigi Salvioli), il convegno è stato anche<br />
occasione per affrontare ancora una volta nel<br />
suo complesso il problema della commistione<br />
fra informazione e pubblicità (già discusso<br />
in un precedente incontro, sempre al Circolo<br />
della Stampa, il 10 novembre, come riferito<br />
su <strong>Ordine</strong> Tabloid n. 11-12 novembre-dicembre<br />
2006).<br />
Dopo aver ricordato come già da tempo e per<br />
legge (articolo 44 del Contratto nazionale di<br />
lavoro giornalistico e articolo 8 della Legge<br />
Mammì) i due ambiti debbano chiaramente e<br />
nettamente risultare separati, e quanto<br />
l’<strong>Ordine</strong> lombardo si faccia costantemente<br />
carico di intervenire in questa sempre più ardua<br />
battaglia in difesa di un’informazione corretta,<br />
il presidente dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />
della Lombardia Franco Abruzzo ha sottolineato<br />
la serietà della situazione attuale.<br />
“Della pubblicità - ha detto - il 58% va alla televisione:<br />
il 38% alle reti Mediaset, il 18% a<br />
quelle Rai, il 2% alle altre. Quanto alla parte<br />
restante, il 20% finisce alla stampa quotidiana,<br />
il 14% a quella periodica, mentre il rimanente<br />
8% viene distribuito fra Internet, radio<br />
e affissioni. Ma le cose stanno cambiando: in<br />
Inghilterra Internet ha già superato, quanto a<br />
introiti pubblicitari, la tv. I nostri quotidiani sono<br />
in grave difficoltà. L’ultimo tentativo di invertire<br />
la rotta è stato la scelta del full color,<br />
ma la televisione, al contrario della carta<br />
stampata, è invasiva. E gli editori cosa fanno<br />
Regalano. Ma è una strada sbagliata. E<br />
intanto emerge che fra le grandi case pubblicitarie<br />
e la stampa esiste un accordo: io ti do<br />
tot di pubblicità, tu mi dai tot di redazionali.<br />
Un inganno, un vero e proprio tradimento della<br />
professione giornalistica”.<br />
Senza l’<strong>Ordine</strong>, diventiamo<br />
tutti impiegati<br />
Una partita quindi molto chiara nelle sue connotazioni,<br />
ma anche estremamente delicata<br />
e difficile. Che coinvolge, tra gli altri, il ruolo<br />
stesso del direttore. “In questi ultimi anni - ha<br />
detto ancora Abruzzo - nei Consigli di amministrazione<br />
<strong>dei</strong> giornali stanno entrando i direttori.<br />
E questo non va bene: l’editore e il direttore<br />
sono due figure dialetticamente opposte.<br />
Il direttore non è, come piace sostenere<br />
agli editori, un semplice dipendente: è l’arbitro<br />
del giornale, del quale garantisce l’autonomia<br />
e la qualità. Ma oggi le aziende editoriali<br />
si stanno trasformando in fabbriche di<br />
notizie, ai giornalisti viene chiesto di essere<br />
sempre più flessibili, ai capi di trasformarsi in<br />
manager, mentre la pubblicità e l’informazione<br />
confluiscono in un’unica, immensa marmellata,<br />
e i giornali femminili sono <strong>dei</strong> cataloghi”.<br />
Di qui gli attacchi mirati a disintegrare la<br />
figura del giornalista. E la stessa offensiva<br />
per l’abolizione dell’<strong>Ordine</strong>, o meglio della<br />
deontologia che esso incarna e difende: “senza,<br />
si diventa impiegati del Catasto”.<br />
Una battaglia comunque, per Abruzzo, “non<br />
persa, anche se, come <strong>Ordine</strong>, siamo soli. In<br />
ogni caso una battaglia da vincere qui, a<br />
Milano. Perché, se a Milano passa una linea<br />
regressiva, che cosa può succedere a<br />
Palermo o a Napoli”.<br />
“Senza autonomia non c’è informazione. Ma<br />
libertà assoluta equivale ad arbitrio assoluto.<br />
Ecco allora la grande assente in questa nostra<br />
società: l’etica. In politica, nello sport: gli<br />
esempi, anche recentissimi, sono sotto gli<br />
occhi di tutti. E non è scandaloso che personaggi<br />
compromessi siano ancora protagonisti<br />
della vita televisiva”. Così Remo Danovi,<br />
avvocato e docente di Deontologia forense<br />
all’Università degli Studi di Milano, ha allargato<br />
il tiro sulla questione morale nel suo insieme:<br />
“Pensiamo alla tv: ogni dieci minuti,<br />
urla e insulti; ogni venti, parolacce; ogni trenta,<br />
un omicidio. Si è affermato che la televisione<br />
non produce programmi da dare al<br />
pubblico, ma pubblico da dare agli inserzionisti.<br />
Eppure il bisogno di etica c’è, e si avverte.<br />
La stessa pubblicità ha un codice etico,<br />
che bacchetta quanti non rispettano i canoni.<br />
E il Giurì è in più di un’occasione intervenuto<br />
contro messaggi pubblicitari ritenuti non corretti.<br />
Fra tutti, il caso di un famoso amaro che<br />
ha suscitato la vivace protesta della categoria<br />
<strong>dei</strong> veterinari, cui il liquore veniva strettamente<br />
associato”.<br />
Le regole ci sono:<br />
bisogna solo rispettarle<br />
Regole, quindi. Ma regole da rispettare. “I<br />
giornalisti le hanno - ha proseguito Danovi -<br />
e sono regole che parlano di libertà, di autonomia,<br />
di indipendenza, di buona fede, di diritto<br />
del pubblico ad avere un’informazione<br />
corretta. Pensiamo anche a quelle relative al<br />
giornalismo economico e finanziario: il rifiuto<br />
di regali e prebende; il non farsi testimonial di<br />
alcunché, se non in presenza di un fine culturalmente<br />
accettabile; l’attenzione a non turbare<br />
il corretto andamento <strong>dei</strong> mercati”.<br />
Quindi il problema della pubblicità occulta:<br />
“Se un giornale non manifesta chiaramente<br />
la differenza fra informazione e pubblicità, si<br />
è in presenza di un tradimento della fiducia<br />
del lettore. Per non parlare <strong>dei</strong> viaggi offerti<br />
dalle grandi aziende ai giornalisti per presentare<br />
iniziative e prodotti, che tanto, e giustamente,<br />
hanno suscitato l’indignazione di<br />
Abruzzo. E la questione <strong>dei</strong> comunicati stampa<br />
È diffusa l’idea che rappresentino un’occasione<br />
per lavorare meno, per cui li si pubsegue<br />
31
MOSTRE, PREMI<br />
E CONVEGNI<br />
Modernità e progresso all’Esposizione internazionale del 1906<br />
E Milano<br />
divenne capitale<br />
dell’industria<br />
tipografica<br />
segue dalla pagina 31<br />
blica come notizie giornalistiche. Ma veniamo<br />
al settore moda. Quando su un giornale femminile<br />
c’è un servizio che parla di sfilate, l’intento<br />
promozionale è presente. Certo, non è facile<br />
separare in questi casi la zona del lecito da<br />
quella dell’illecito. Ma si può fare”.<br />
Renato Bocca, avvocato e docente di Diritto industriale<br />
all’Università degli Studi del Piemonte<br />
orientale, ha invece esaminato la questione<br />
della pubblicità occulta dal punto di vista<br />
dell’Antitrust, “che non è - ha subito chiarito -<br />
un’autorità giurisdizionale, ma amministrativa”.<br />
La pubblicità occulta è anche ingannevole E<br />
chi può rivolgersi all’autorità garante È ingannevole<br />
un messaggio non veritiero, ma inquadrare,<br />
anche se solo di sfuggita, in uno sceneggiato<br />
televisivo un pacchetto di sigarette o<br />
un’automobile con il marchio ben in vista, è altra<br />
cosa. Ecco allora la difesa, che sostiene di<br />
non poter controllare se, in un’inquadratura, finisca<br />
anche l’immagine di un prodotto, mentre<br />
l’Antitrust, non rigido in materia di prove in<br />
quanto appunto autorità amministrativa, una<br />
volta accertata la presenza di un messaggio<br />
nascosto, ne inibisce la prosecuzione, comminando<br />
sanzioni dai mille ai diecimila euro.<br />
Niente inchieste.<br />
Solo foto e marchette<br />
Quanto ai soggetti “attivi”, che possono cioè rivolgersi<br />
a questa autorità, ha chiarito Bocca, si<br />
tratta <strong>dei</strong> consumatori, <strong>dei</strong> concorrenti, del ministero<br />
per le Attività produttive, delle pubbliche<br />
amministrazioni interessate, “come per esempio<br />
l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti”. Mentre fra i soggetti<br />
“passivi”, che cioè possono essere colpiti dai<br />
provvedimenti dell’Antitrust, figurano “i committenti,<br />
gli autori, o in loro mancanza i proprietari<br />
<strong>dei</strong> mezzi, ovvero gli editori”.<br />
Unica voce fuori dal coro, al convegno, quella<br />
di Pietro Brunelli, docente e specialista in<br />
Sociologia <strong>dei</strong> consumi e Psicologia della moda,<br />
il quale, pur definendo “sacrosanta” la<br />
deontologia professionale e fuori discussione il<br />
suo essere legge, ha tuttavia spostato il tiro<br />
sull’esigenza, da parte di un giornalista, di<br />
“confrontarsi nella propria vita professionale<br />
con realtà particolari”.<br />
“Il ricorso - ha chiarito - a quello che viene definito<br />
publiredazionale creativo potrebbe rappresentare<br />
una soluzione diversa dalla comune<br />
marchetta. Ma presuppone anche una professionalità<br />
notevole, soprattutto se tratta di<br />
moda. E la moda ha un ruolo tutt’altro che banale<br />
nella nostra vita, rappresentando anzi una<br />
parte consistente della nostra identità. Un abito<br />
può anche incarnare, come nel caso per<br />
esempio degli adolescenti, l’anima rappresentativa<br />
di una persona. È un ambito che ci tocca<br />
tutti: per questo anche i regolamenti si dovrebbero<br />
un po’ differenziare. A mio parere, il<br />
giornalista dovrebbe avere grande capacità di<br />
compromesso creativo. Dovrebbe esserci tolleranza,<br />
soprattutto quando si parla di made in<br />
Italy”. “A parte il fatto - gli ha risposto il giornalista<br />
Edmondo Rho, segretario del Circolo della<br />
Stampa - che il publiredazionale creativo già<br />
esiste e non c’è quindi bisogno di inventarlo, le<br />
regole vanno applicate e basta. La moda non<br />
è così diversa da altri settori dell’economia.<br />
Anzi, considerarla come un qualcosa al di fuori<br />
è sbagliato in quanto concetto, e in più equivale<br />
a una sorta di ghettizzazione”.<br />
Già, ma intanto, come è stato fatto notare dai<br />
presenti in sala, fare giornalismo di moda equivale<br />
a “svolgere un lavoro da impiegati: niente<br />
inchieste, solo foto e marchette”. E ancora:<br />
“Inchieste sui cosmetici Nemmeno una.<br />
Questa è la morte del giornalismo”; “Diciamolo<br />
una volta per tutte: sono cataloghi, non giornali.<br />
Perché la pubblicità paga, ma la moda e i cosmetici<br />
pagano ancora di più”.<br />
La soluzione “Toccarli nel borsellino. Che<br />
l’Antitrust faccia pagare le multe. Solo così si<br />
può porre freno al problema”. Perché il Diavolo<br />
vestirà anche Prada. Ma non è bene che la<br />
pubblicità si vesta da giornalismo.<br />
di Patrizia Pedrazzini<br />
“Ricordo che parecchi anni fa, quando io ero<br />
appena entrato nel giornalismo, si incominciò a<br />
sussurrare in tipografia di una grande novità<br />
che doveva mettere sottosopra il mondo tipografico.<br />
Laggiù, nella lontana via Vincenzo<br />
Monti, una deserta via degli allora quartieri<br />
nuovi di Milano, cui si accedeva per mezzo<br />
d'un tram che correva senza cavalli (era il primo<br />
tram elettrico di Milano), laggiù dico, stava<br />
nientemeno che una macchina da comporre. È<br />
impossibile! dissero i più; ma qualcuno si azzardò<br />
in quella lontana via, e poté accertare<br />
che la macchina non era un mito, ma qualche<br />
cosa di vero e reale. Ed allora si formarono due<br />
correnti. Chi la riteneva un giuocattolo, un oggetto<br />
di lusso buono per chi voleva buttare via<br />
<strong>dei</strong> denari in réclame; chi invece la ritenne una<br />
macchina che avrebbe avuto il suo tempo, solo<br />
era ancora presto”.<br />
Era, con tutta probabilità, la misteriosa macchina<br />
così annunciata da A. Codara nel 1903<br />
sul Giornale della libreria, una Linotype, la<br />
compositrice meccanica messa a punto nel<br />
1884 a Baltimora dall'orologiaio tedesco<br />
Ottmar Mergenthaler, installata per la prima<br />
volta due anni dopo alla New York Tribune e la<br />
cui costruzione in serie venne avviata a partire<br />
dal 1890 (nel 1906, in Italia, ne erano entrate<br />
in funzione 90). Ma, Linotype o Monotype che<br />
essa fosse (la seconda, inventata dall’americano<br />
Tolbert Lanston nel 1887, arrivò in Italia nel<br />
1903), una cosa fu subito certa: le tipografie<br />
milanesi e lombarde di allora capirono subito,<br />
e al volo, che l’innovativo marchingegno avrebbe<br />
garantito produzioni superiori, a costi inferiori<br />
e in tempi molto più rapidi. Tanto che si affrettarono<br />
a farlo entrare trionfalmente nelle loro<br />
officine dove, sia pure con un certo ritardo<br />
rispetto a quanto già avvenuto negli Stati Uniti,<br />
in Inghilterra, in Francia e in Germania, rivoluzionò<br />
“usi e sistemi che dai tempi di Gutenberg<br />
erano sempre rimasti gli stessi o quasi”.<br />
In Lombardia i primi colossi<br />
poligrafici<br />
Milano primo Novecento. Milano e il mito della<br />
modernità, la celebrazione del progresso, il sogno<br />
del “mondo nuovo”. Sul fronte economico,<br />
sul piano più prettamente sociale, su quello,<br />
vastissimo, della cultura e dell’arte. Una sorta<br />
di “età dell’oro” che di lì a poco sarebbe tragicamente<br />
sprofondata nel fango delle trincee<br />
della Grande Guerra, ma che, in quella manciata<br />
di anni che vanno dal 1890 al 1915, diede<br />
corpo e vita a un progetto di libertà, a una<br />
promessa di progresso nel quale le arti e le<br />
scienze erano chiamate a promuovere il controllo<br />
delle forze naturali, ma anche la giustizia<br />
e, con essa, la felicità dell’uomo.<br />
Un grande, affascinante affresco riportato alla<br />
luce dal convegno Milano e l’Esposizione<br />
internazionale del 1906 - La rappresentazione<br />
della modernità, svoltosi il 18 e 19<br />
dicembre scorso al Museo di Storia contemporanea<br />
e alla Camera di Commercio del capoluogo<br />
lombardo. Perché quell’Expo rappresentò<br />
non solo il coronamento delle celebrazioni<br />
per l’avvenuta apertura del traforo del<br />
Sempione (il terzo, dopo quelli del Fréjus nel<br />
1871 e del San Gottardo nel 1882), ma anche<br />
la colossale esaltazione, su un’area espositiva<br />
di un milione di metri quadri al Parco<br />
Sempione, cui confluirono quasi otto milioni di<br />
visitatori, di tutto quanto di bello e di moderno<br />
si stava affacciando all’alba del nuovo secolo.<br />
E nella quale tanta parte ebbe il mondo della<br />
comunicazione.<br />
L’industria tipografico-editoriale, infatti, era già<br />
in fase di decollo. Come ha spiegato nel suo intervento<br />
Ada Gigli Marchetti, docente di Storia<br />
del giornalismo all’Università degli Studi di<br />
Milano, “alla fine del XIX secolo, nella provincia<br />
di Milano, erano attivi ben 196 opifici, con 3.789<br />
operai. La maggior parte era concentrata nel<br />
capoluogo lombardo: 171 opifici, per un totale<br />
di 3.578 addetti. Numerose erano le piccole e<br />
piccolissime industrie dalla vita stiracchiata e<br />
incerta, sempre sull’orlo del fallimento. Ma accanto<br />
a esse si ergevano, consolidandosi sempre<br />
più, i colossi tipografici”. I primi stabilimenti<br />
cosiddetti poligrafici, che conglobavano l’intero<br />
ciclo industriale, dalla fabbricazione <strong>dei</strong> caratteri<br />
alla fotomeccanica: la tipografia Reggiani<br />
Enrico e Rebeschini e C., l’editore Sonzogno<br />
(libri, giornali e spartiti musicali), i Fratelli Treves<br />
(libri e giornali illustrati), G. Ricordi (edizioni<br />
musicali), i Vallardi (carte geografiche e opere<br />
scientifiche). Nomi già di per sé sufficienti a fare<br />
di Milano il centro vitale della tipografia non<br />
solo della provincia, ma anche della regione se<br />
non dell’intera nazione. Ma ai quali vanno aggiunte<br />
le tante piccole e medie imprese dedite<br />
esclusivamente alla litografia il cui lavoro, anche<br />
con l’introduzione di nuove tecniche (oleografia,<br />
cromolitografia, fototipia, fotoincisione)<br />
consentiva di immettere sul mercato una variegata<br />
gamma di prodotti: dai manifesti pubblicitari<br />
alle cartoline postali illustrate, dalle immagini<br />
sacre alle scatole di fiammiferi, ai ventagli,<br />
agli almanacchi. In aperta concorrenza<br />
con le aziende straniere, soprattutto tedesche,<br />
e con un’intensa esportazione verso la Francia,<br />
la Spagna, l’Argentina.<br />
Linotype e Monotype:<br />
la rivoluzione<br />
Così, secondo l’Annuario italiano delle arti grafiche,<br />
nel 1902 in provincia di Milano gli opifici<br />
tipolitografici erano già saliti a 296, <strong>dei</strong> quali<br />
208 nel solo capoluogo. Oltre a tre industrie per<br />
la costruzione di macchine tipografiche, una<br />
per la fabbricazione di oli per macchine, tredici<br />
per la fusione <strong>dei</strong> caratteri, dodici per la fotoincisione<br />
e la stereotipia.<br />
Chiaro che, a questo punto, l’introduzione di<br />
nuove macchine compositrici, nei due tipi della<br />
Linotype e della Monotype, non fu indolore,<br />
comportando inevitabilmente il sacrificio della<br />
secolare composizione a mano. Una “rivoluzione”<br />
la cui portata, come ha sottolineato Ada<br />
Gigli Marchetti, “fu pari certamente a quella<br />
provocata dall’invenzione e dall’introduzione<br />
nella tipografia della macchina da stampa e<br />
della rotativa”.<br />
Un successo, quello della macchina compositrice,<br />
strettamente legato all’esplosione della<br />
stampa periodica, soprattutto quotidiana. Così<br />
scriveva l’industriale milanese Raffaello Bertieri<br />
sul giornale da lui stesso diretto, Il Risorgimento<br />
grafico: “Benché il giornalismo rappresenti<br />
una forza quasi onnipotente, uno strumento<br />
di progresso e di lotta per tutto ciò che<br />
di grande e di importante vi è nella vita non solo<br />
degli individui, ma delle nazioni stesse, pure<br />
non è esistito finora e non potrà esistere in avvenire<br />
che per effetto dello sviluppo tipografico.<br />
Ed infatti togliete i moderni progressi della macchina<br />
tecnica, togliete gli ultimi perfezionamenti<br />
delle arti grafiche, ed il giornale non potrà più<br />
essere qual è attualmente”.<br />
Un successo ampiamente documentato dai<br />
numeri. “A Milano - ha ricordato ancora la professoressa<br />
Gigli Marchetti - nel 1905 venivano<br />
pubblicati 323 periodici (contro i 213 di fine<br />
Ottocento), <strong>dei</strong> quali 13 quotidiani. Tra questi Il<br />
Secolo che, pur ormai avviato al declino, continuava<br />
a essere uno <strong>dei</strong> quotidiani più diffusi<br />
d’Italia (dalle 150.000 copie giornaliere dell’inizio<br />
del secolo era sceso a 70.000 del 1909) e<br />
il Corriere della Sera che, passato dalle 75.000<br />
copie al giorno del 1900 alle 150.000 del 1906,<br />
si avviava a diventare non solo il giornale più<br />
venduto nel Paese, ma anche l’unico capace di<br />
competere con i più illustri colleghi europei, dal<br />
Times di Londra al Matin di Parigi, non solo dal<br />
punto di vista politico e intellettuale, ma anche<br />
nella tecnica. In tal modo i due quotidiani veni-<br />
32 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Presentata una raccolta “inedita”al Consolato svizzero di Milano<br />
Eugenio Balzan,<br />
grande come amministratore<br />
del “Corriere della Sera”,<br />
ma anche come cultore d’arte<br />
In alto il<br />
simbolo dell’Esposizione<br />
internazionale<br />
del 1906.<br />
A lato la<br />
rivoluzionaria<br />
Linotype<br />
del principio<br />
del ‘900.<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
vano a distanziare, e di molte lunghezze, tutti<br />
gli altri. Si pensi che, nel 1905, Il Commercio<br />
arrivava a 35.000 tirature giornaliere, Il Tempo<br />
a 30.000, La Lombardia a 25.000, La Sera a<br />
19.000. Per non parlare de L’Osservatore cattolico<br />
e La Perseveranza, che raggiungevano a<br />
malapena le 8.000 copie giornaliere”.<br />
Un rinnovamento tecnologico che chiaramente<br />
non si limitò all’utilizzo delle macchine compositrici,<br />
ma che stimolò anche i rami collaterali<br />
dell’industria grafica - a partire da quello<br />
della fusione <strong>dei</strong> caratteri - portando alla nascita<br />
di un nuovo settore che, pur continuando<br />
sostanzialmente a escludere la costruzione<br />
delle rotative (unica eccezione in questo<br />
senso, la ditta Norberto Arbizzoni di Monza),<br />
incominciò ad affermarsi sul mercato nazionale<br />
e, in alcuni casi, a competere con la concorrenza<br />
straniera.<br />
Quel mostro d’acciaio che imprime,<br />
trascina, piega e cuce<br />
Di tutto questo l’Esposizione internazionale del<br />
1906 divenne testimonianza e celebrazione.<br />
Furono 21 le ditte milanesi attive nel campo<br />
delle arti grafiche che vi presentarono i loro<br />
prodotti, accanto a quelle tedesche, francesi e<br />
inglesi. Spiccava, nei padiglioni allestiti al Parco<br />
Sempione, la Società editrice Corriere della<br />
Sera, “con un macchinario modernissimo per<br />
la stampa del giornale, capace di sfornare<br />
24.000-25.000 copie all’ora” (fu proprio in quell’anno<br />
che al Corriere fece il suo ingresso la gigantesca<br />
rotativa americana Hoe, chiamata a<br />
soppiantare le vecchie Marinoni di Eugenio<br />
Torelli Viollier, fondatore e primo direttore del<br />
quotidiano nel 1876, le quali arrivavano a 4.000<br />
copie l’ora). Ma c’erano anche, ha ricordato<br />
Ada Gigli Marchetti, “la Società editrice<br />
Sonzogno, che stampava con macchinario potente<br />
e moderno il quotidiano Il Secolo; la<br />
Urania, che aveva una bella e completa mostra<br />
di macchine tipografiche e litografiche con relativi<br />
accessori in azione e che esponeva anche<br />
una piccola fonderia di caratteri e numerosi<br />
punzoni e matrici originali; la ditta Eredi di F.<br />
Gerosa che esponeva un apparecchio per la riproduzione<br />
di manoscritti e disegni mediante<br />
pergamena vegetale e inchiostro appositamente<br />
preparato”.<br />
Grande dovette essere il successo del settore,<br />
se è vero che particolarmente numeroso fu il<br />
pubblico “profano” che, con senso di ammirato<br />
stupore, lo visitò, stando a quanto riferito dai<br />
giornali del tempo. Significativo in questo senso<br />
il commento apparso sulla rivista Milano e<br />
l’Esposizione internazionale del Sempione,<br />
pubblicata da Treves: “Le macchine in moto -<br />
che svelano la parte più significante dell’opera<br />
loro, che ostentano quasi la meravigliosa trasformazione<br />
delle cose più semplici e più disparate<br />
- sorprendono il visitatore, lo trattengono<br />
e lo divertono. Il moto multiforme, rapidissimo<br />
e pigro, continuo e intermittente, tenue e rude,<br />
sommesso e fragoroso; tutte le vibrazioni<br />
strane di quelle anime d’acciaio assumono nell’insieme<br />
un aspetto lusingatore e una voce carezzevole,<br />
che incantano. Ogni macchina, ogni<br />
apparecchio, ogni prodotto ha il suo pubblico;<br />
un pubblico diverso, che gli si raggruppa intorno,<br />
proporzionato di numero, d’aspetto e d’intelligenza<br />
all’oscurità del segreto e all’importanza<br />
dell’uso. Così la maggiore fortuna tocca<br />
al riparto delle grosse macchine grafiche.<br />
Davanti a loro v’è sempre una folla, che ammira<br />
l’intelligenza sicura <strong>dei</strong> maggiori colossi, che<br />
sente tutta la lotta fra la fibra fragile del foglio<br />
che si svolge e il metallo inflessibile che imprime,<br />
trascina, piega e cuce”.<br />
“Nel solenne principio d’un’epoca nuova” (così<br />
Ugo Ojetti sul Corriere definì quell’Expo), tutto<br />
sembrava possibile. “Di questo - ha sottolineato<br />
la professoressa Gigli Marchetti - si mostravano<br />
convinti gli industriali e i lavoratori della<br />
carta stampata, che in quell’occasione si unirono<br />
a congresso. Di questo si mostrarono convinti<br />
anche gli osservatori stranieri, che nella<br />
produzione delle arti grafiche italiane videro<br />
l’immagine di una giovane nazione, piena di ardore<br />
e di generosità”.<br />
di Vito Soavi<br />
Della poliedrica figura di Eugenio Balzan, il<br />
grande personaggio che ha contribuito, con<br />
Luigi Albertini, a portare il Corriere della Sera<br />
nel primo ventennio del secolo scorso al primo<br />
posto in Italia, per prestigio e diffusione,<br />
viene rivelato in questi giorni un inaspettato<br />
risvolto della sua personalità.<br />
Perché Balzan non è stato solo un brillante<br />
giornalista ed un illuminato amministratore<br />
ma anche un attento ed appassionato cultore<br />
d'arte; ciò gli ha permesso di collezionare<br />
con competenza e pazienza una straordinaria<br />
raccolta di dipinti di grandi artisti di scuola<br />
italiana che operarono dalla fine dell’Ottocento<br />
ai primi del Novecento.<br />
“Questa raccolta ha avuto inizio nel 1910, come<br />
ricorda Chiara Vanzetto in un articolo apparso<br />
recentemente sul Corriere. Cercava<br />
opere di affermati pittori contemporanei, consigliato<br />
da amici critici e mercanti d'arte.<br />
Prediligeva autori tradizionali tra naturalismo,<br />
paesaggio e pittura di genere, temi che rispecchiavano<br />
l'ambiente sociale, culturale e<br />
borghese che ruotava intorno al giornale di<br />
via Solferino”.<br />
Le opere più significative di questa collezione<br />
sono state presentate, al pubblico, per le prima<br />
volta in Italia, nella sede del Centro<br />
Culturale Svizzero di Milano dal 25 gennaio al<br />
28 febbraio <strong>2007</strong>.<br />
L'iniziativa è stata promossa dalla Banca<br />
Corner che con l'occasione ha realizzato, con<br />
la collaborazione della Fondazione Balzan,<br />
uno splendido volume curato con sensibile<br />
preparazione artistica da Giovanna Ginex,<br />
con testi di Renata Broggini, la ricercatrice<br />
storica, giornalista ticinese, che del Nostro è<br />
autrice del volume Eugenio Balzan: una vita<br />
per il Corriere, un progetto per l'umanità edito<br />
da Rizzoli.<br />
Nel ventennio fascista la raccolta<br />
nell’ambasciata d’Italia a Berna<br />
Il pubblico che ha affollato la mostra è stato<br />
premiato dalla scoperta del grande valore artistico<br />
delle 34 opere esposte, dalla Darsena<br />
di porta Ticinese di Mosè Bianchi al Bagno<br />
Pompeiano di Domenico Morelli, dal Uomo<br />
nel bosco di Giovanni Fattori, fino ad un piccolo<br />
capolavoro, e non poteva mancare nella<br />
collezione, un delicato Ritratto Muliebre di<br />
Achille Beltrame, il famoso illustratore della<br />
Domenica del Corriere.<br />
La raccolta, a causa <strong>dei</strong> tempi procellosi del<br />
ventennio fascista, seguì inizialmente il suo<br />
mecenate nei suoi spostamenti da Milano a<br />
Zurigo, a Lugano, ed ancora a Berna, accolta<br />
nei locali dell'Ambasciata d'Italia.<br />
Alla fine della guerra la collezione rientrata<br />
nel nostro Paese, venne immagazzinata a<br />
Venezia, grazie all'intervento del prof.<br />
Giuseppe de Logu, grande amico di Balzan<br />
suo consulente artistico già dai tempi del comune<br />
esilio a Zurigo, e reintegrato nell'incarico<br />
di direttore dell'Accademia di Belle Arti<br />
della città lagunare.<br />
Oggi conservati e protetti<br />
nella Fondazione intitolata al padre<br />
In alto, una<br />
delle rare<br />
immagini<br />
di Eugenio<br />
Balzan.<br />
Qui sotto,<br />
uno <strong>dei</strong><br />
quadri<br />
della sua<br />
collezione<br />
esposto a<br />
Milano:<br />
Mosè<br />
Bianchi,<br />
La darsena<br />
di Porta<br />
Ticinese,<br />
1889.<br />
Lina Balzan, la figlia erede, costituendo la<br />
Fondazione intitolata al padre (Premio Balzan<br />
per promovere la cultura, le scienze, e le più<br />
meritevoli iniziative di pace e di fratellanza tra<br />
i popoli), destinò i preziosi dipinti per arricchire<br />
l'arredamento della sede milanese di questa<br />
Istituzione, dove ancor oggi vengono conservati<br />
e protetti.<br />
Mi sono dilungato nel racconto delle peripezie<br />
cui la collezione è stata esposta, per lanciare<br />
un'idea, a titolo strettamente personale,<br />
ma consapevole che Eugenio Balzan, che ho<br />
avuto la fortuna di conoscere e di frequentare,<br />
sono certo avrebbe approvato.<br />
Bisogna trovare finalmente a Milano una sede<br />
definitiva per questi dipinti, per consentire<br />
agli appassionati di belle arti, di poterli liberamente<br />
ammirare, perché rappresentano un<br />
patrimonio culturale per questa città.<br />
Ad esempio, nel restaurato edificio del “suo”<br />
Corriere, magari con accesso diretto dalla via<br />
che gli è stata recentemente intitolata.<br />
Sarebbe fantastico!<br />
La mia provocazione tende ad evitare che<br />
con il trascorrere degli anni il ricordo della figura<br />
di questo geniale giornalista appassisca,<br />
come purtroppo sta capitando.<br />
Sarebbe doveroso, invece, che avvenisse<br />
proprio il contrario.<br />
33
SUL MODELLO DI QUELLA TOSCANA<br />
Nasce a Milano la carta deontologica<br />
sull’informazione bio-medica<br />
Durante il convegno<br />
“Scienza e Media”<br />
il presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della<br />
Lombardia e il Gruppo<br />
2003 annunciano<br />
una carta deontologica<br />
sull’informazione<br />
bio-medica<br />
Bozza in fase di esame<br />
La Carta deontologica<br />
sull’informazione bio-medica<br />
Premessa<br />
1. Il progresso tecnico-scientifico in ambito biomedico, che si è<br />
intensificato a partire dalla metà del secolo scorso, ha ampliato<br />
lo spettro delle opportunità legate al mondo della salute, nella<br />
sua accezione più vasta.<br />
La medicina è diventata sempre più avanzata e sofisticata e la<br />
figura del medico pratico è andata progressivamente separandosi<br />
da quella del ricercatore. Sono aumentate le promesse di<br />
efficacia terapeutica, ma è cresciuto anche il tasso di incertezza<br />
che inevitabilmente accompagna tutto ciò che è connesso<br />
con la salute dell’individuo. Il rapporto fra i soggetti attivi nella<br />
relazione clinica è diventato più complesso.<br />
Se un tempo l’accesso all’informazione bio-medica era, per<br />
più motivi, estremamente limitato e legato al rapporto biunivoco<br />
medico-paziente, oggi, invece, intervengono altri interlocutori<br />
e l’informazione raggiunge ampi strati dell’opinione pubblica,<br />
prevalentemente attraverso i mass-media e le nuove<br />
tecnologie multimediali che restano al di fuori di contesti normativi<br />
precisi.<br />
2. La questione di offrire una informazione corretta e trasparente<br />
nel settore bio-medico si pone in termini più pregnanti, rispetto<br />
ad altri settori dell’informazione, in quanto coinvolge, in<br />
modo particolare, il mondo <strong>dei</strong> valori.<br />
L’esigenza di linee-guida, che siano di riferimento per una<br />
“buona pratica” nella comunicazione bio-medica, viene sollecitata<br />
da più parti, in nome del diritto del cittadino a una informazione<br />
comprensibile, ampia e corretta e non è possibile eludere,<br />
da parte <strong>dei</strong> professionisti, quelle competenze che possono<br />
essere acquisite solo attraverso una alta formazione mirata.<br />
Queste esigenze si ripercuotono in numerosi aspetti dell’informazione<br />
mediatica, coinvolgendo i rapporti tra strutture, professionisti,<br />
personale sanitario, cittadini, soggetti impegnati<br />
nella ricerca e gestori del mercato, spesso guidati dalla logica<br />
<strong>dei</strong> finanziamenti.<br />
Come sottolinea la Carta internazionale della professionalità<br />
medica, “il giudizio professionale riguardante un interesse primario<br />
come la salute <strong>dei</strong> cittadini può essere influenzato indebitamente<br />
da un interesse secondario” e per questo esiste un<br />
“obbligo per i medici di riconoscere, rendere pubblici e affrontare<br />
i conflitti di interesse che si presentano nello svolgimento<br />
<strong>dei</strong> loro compiti e attività professionali”. Parole che possono essere<br />
fatte proprie da tutte le professionalità coinvolte all’informazione.<br />
3. La figura di un professionista, che sia garante <strong>dei</strong> principi di<br />
qualità nella comunicazione, è perciò esigenza irrinunciabile e<br />
risponde a quei criteri di etica della informazione che sono alla<br />
base del rapporto tra media e utente.<br />
Solo in questo modo potrà essere garantita quella capacità di<br />
Milano, 8 febbraio <strong>2007</strong>. Il presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
promuove una carta deontologica sull’informazione<br />
bio-medica (sul modello di quella toscana).<br />
Franco Abruzzo, presidente dell’<strong>Ordine</strong>,<br />
ha infatti dichiarato che il Consiglio<br />
dell’ente sta lavorando all’elaborazione della<br />
carta deontologica, proposta dal Gruppo<br />
2003, associazione che riunisce gli scienziati<br />
italiani che lavorano in Italia e che figurano<br />
negli elenchi <strong>dei</strong> ricercatori più citati al mondo<br />
nella letteratura scientifica secondo gli<br />
elenchi compilati per le diverse discipline<br />
dall'Institute for Scientific Information (ISI) di<br />
Philadelphia.<br />
È quanto è emerso oggi al convegno<br />
“Scienza e Media”, un tormentato rapporto: il<br />
caso della salute’, tenutosi al centro congres-<br />
Il garante della privacy:<br />
notizie su adozioni solo<br />
con l’assenso <strong>dei</strong> genitori<br />
si MIC di Fieramilanocity. Il convegno, organizzato<br />
dalla Fondazione Carlo Erba e dal<br />
Gruppo 2003, con il patrocinio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong><br />
giornalisti della Lombardia, è uno degli appuntamenti<br />
di Aspettando MilanoCheckUp,<br />
un ciclo di incontri con protagonisti del mondo<br />
della sanità e della medicina in vista di<br />
MilanoCheckUp, la nuova mostra della medicina<br />
che si terrà nel quartiere Fieramilano di<br />
Rho dal 6 al 9 giugno.<br />
“La questione di offrire un’informazione corretta<br />
e trasparente nel settore bio-medico –<br />
dichiara il prof. Pier Mannuccio Mannucci,<br />
presidente del Gruppo 2003 – è di grande attualità<br />
e di primaria importanza. Ogni comunicazione<br />
medica che i media diffondono suscita<br />
grande interesse da parte <strong>dei</strong> lettori e va<br />
a toccare la loro emotività e ad influenzare le<br />
scelta autonoma e consapevole che il cittadino può esercitare<br />
esclusivamente nel momento in cui sia in possesso di una<br />
informazione adeguata. In questa prospettiva, ridurre l’asimmetria<br />
informativa diventa garanzia essenziale di democrazia.<br />
L’importanza di un codice deontologico i cui valori siano condivisi<br />
da parte degli operatori del settore bio-medico e dagli operatori<br />
dell’informazione e della comunicazione è stata più volte<br />
ribadita.<br />
Nella convinzione che si dovrebbe avviare su tutto il territorio<br />
nazionale un’opera di approfondimento di questo aspetto cruciale<br />
di una società complessa, cioè del rapporto di fiducia fra<br />
ricercatori, medici, informatori e cittadini, che devono essere<br />
messi in grado di fare scelte autonome e consapevoli su tutto<br />
quanto riguarda la salute, proponiamo la seguente<br />
Carta Etica per l’informazione bio-medica<br />
Dal momento che l’informazione deve rispondere ai più alti<br />
standard di qualità propri del processo della ricerca e dell’applicazione<br />
<strong>dei</strong> risultati scientifici e tecnologici, medici e giornalisti<br />
si impegnano - nel rispetto <strong>dei</strong> distinti ruoli e nell’esercizio<br />
<strong>dei</strong> loro rispettivi diritti e doveri - a garantire ai cittadini un’informazione<br />
corretta, obiettiva, trasparente e verificata.<br />
Essi riconoscono l’importanza che il cittadino – sia esso malato<br />
o sano – acquisisca una capacità autentica di partecipare<br />
con le sue scelte alla promozione e alla tutela della sua salute<br />
e di quella della collettività. A tali fini il Gruppo 2003 e l’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia si impegnano a favorire, attuare<br />
e sostenere presso tutte le autorità competenti, in particolare<br />
nell’insegnamento universitario, le opportune e adeguate iniziative<br />
formative nei confronti <strong>dei</strong> propri iscritti e affermano i seguenti<br />
principi che tradurranno in regolamenti nei rispettivi codici<br />
deontologici.<br />
1. Comunicazione. I professionisti del settore bio-medico-sanitario,<br />
medici e ricercatori, hanno un obbligo di comunicazione<br />
che non attiene solo alla relazione clinica, che si articola nel<br />
complesso <strong>dei</strong> rapporti interpersonali professionali. Esiste un<br />
obbligo più generale di informare i cittadini su tutto ciò che riguarda<br />
la tutela della salute e gli strumenti per realizzarla. La<br />
relazione clinica è regolata dal codice deontologico della professione<br />
e dalle leggi vigenti dirette anche a garantire la riservatezza<br />
<strong>dei</strong> dati personali. I rapporti fra giornalisti e gli altri soggetti<br />
dell’informazione biomedica e sanitaria sono regolati dal<br />
codice deontologico <strong>dei</strong> giornalisti oltre che dalle leggi vigenti.<br />
2. Responsabilità. Esiste una responsabilità comune <strong>dei</strong> medici,<br />
ricercatori e degli operatori dell’informazione che riguarda<br />
la diffusione di una corretta informazione. Da una parte in funzione<br />
di contribuire alle politiche o ai programmi di prevenzione,<br />
dall’altra, più in generale, nel diffondere una conoscenza<br />
precisa, oggettiva e attenta a indicare limiti e conseguenze di<br />
determinate scoperte o procedure scientifiche così da non<br />
estendere in modo illusorio gli scopi e le possibilità della medicina,<br />
superandone i limiti.<br />
3. Interesse generale. In ambito medico e scientifico-sanitario<br />
è prioritaria la valutazione dell’interesse generale nel consentire<br />
la divulgazione di qualsiasi notizia e informazione.<br />
aspettative di vita e di guarigione. È importante<br />
mettere a punto la carta etica soprattutto<br />
in questo momento storico, in cui la sanità<br />
è più che mai ‘sotto esame’ e una comunicazione<br />
errata, sensazionalistica e superficiale,<br />
potrebbere offuscare tutto quello che di buono<br />
i centri di ricerca e di cura hanno fatto finora<br />
e stanno continuando a fare”.<br />
Ufficio Stampa MilanoCheckUp<br />
Sergio Pravettoni, tel. 02.4997.7582, sergio.pravettoni@fieramilano.it<br />
Laura Manfredi, tel. 02.4997.7582,<br />
laura.manfredi@fieramilano.it<br />
Ufficio Stampa Fiera Milano Tech<br />
Davide Grassi, tel. 02.3264393, davide.grassi@fieramilanotech.it<br />
4. Servizio. Il medico, il ricercatore e il giornalista collaborano<br />
affinché l’informazione medico-sanitaria permetta la distinzione<br />
fra notizia di cronaca e quella utile per l’educazione alla salute,<br />
nell’interesse del singolo e della collettività.<br />
5. Trasparenza. Le parti si impegnano a garantire il rigore<br />
scientifico delle informazioni, a prescindere da qualsiasi intreccio<br />
di interessi personali o societari per quanto legittimi essi siano.<br />
In caso di presenza di questi interessi, essi devono essere<br />
dichiarati in base al principio della trasparenza. L’aspetto commerciale<br />
che riguarda farmaci o attrezzature tecnologiche, così<br />
come la promozione di marchi individuali o societari devono<br />
essere tenuti nettamente separati (o dichiarati come tali) nella<br />
diffusione delle informazioni attraverso un canale mediatico.<br />
6. Qualità. Medici, ricercatori e giornalisti condividono il fine di<br />
garantire la qualità dell’informazione impegnandosi a non trasmettere<br />
o a non diffondere notizie premature o non verificate.<br />
Gli Ordini sono disponibili a collaborare alla pratica attuazione<br />
di tale impegno.<br />
7. Precauzione. In ogni caso medici, ricercatori e giornalisti<br />
si atterranno al principio della precauzione secondo il quale<br />
non verranno indicati in modo apodittico vantaggi e svantaggi<br />
di una scoperta o di una terapia fino a che questa non avrà<br />
superato una sperimentazione inoppugnabile per tempi e risultati.<br />
Con particolare riferimento ai temi di politica sanitaria, il principio<br />
di precauzione, inteso come non recepimento supino di dati<br />
statistici eventualmente forniti o di informazioni-denuncia, dovrà<br />
valere (nei termini di una verifica-riscontro di tipo giornalistico)<br />
anche nei confronti delle fonti istituzionali politico-partitiche<br />
e di quelle legate alle associazioni di cittadini e alle organizzazioni<br />
di pazienti.<br />
8. Completezza. I professionisti si impegnano a fornire l’informazione<br />
più completa possibile. Le informazioni non verranno<br />
abbandonate dopo le prime uscite pubbliche, ma seguite in<br />
modo da confermare o rettificare l’esattezza di quanto comunicato<br />
in modo da non suscitare né eccessive attese, né allarme.<br />
9. Competenza. Medici e giornalisti si impegnano a seguire il<br />
principio della competenza. L’informazione verrà resa pubblica<br />
quando chi l’ha elaborata è riconosciuta persona competente<br />
e chi la diffonde ha ragionevolmente acquisito strumenti per misurarne<br />
la validità e la portata.<br />
In tal senso è auspicabile che all'interno delle singole redazioni<br />
si incentivino sinergie tra i settori di cronaca e quelli più specialistici<br />
al fine di evitare la diffusione di informazioni distorte,<br />
quando non allarmanti o addirittura inverosimili.<br />
10. Linguaggio. Medici, ricercatori e giornalisti dovranno verificare<br />
l’esattezza scientifica <strong>dei</strong> termini, evitando di usarli al di<br />
fuori di qualunque contesto che possa mutarne il senso o fare<br />
loro acquisire una connotazione emotiva per obiettivi di spettacolarizzazione<br />
dell’informazione.<br />
<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia,<br />
Gruppo 2003<br />
Quotidiano Libération:<br />
Carlo Caracciolo<br />
azionista con Carlo Perrone<br />
Roma, 18 dicembre 2006. spiega una nota - ha ribadito do scrivono di minori, la regola<br />
Parigi, 15 febbraio <strong>2007</strong>. lioni di euro nel gruppo di La percentuale restante del<br />
Non si può pubblicare, senza<br />
che le informazioni sullo sta-<br />
dell’essenzialità del-<br />
Carlo Caracciolo, co-fonda-<br />
Liberation", dice il comuni-<br />
giornale è detenuta dai<br />
il consenso <strong>dei</strong> genitori, la to di adozione sono oggetto l’informazione. Il codice tore di Repubblica, ha concato.<br />
Carlo Perrone, azioni-<br />
membri della Mediascap<br />
notizia che un minore è stato<br />
di una speciale protezione. deontologico afferma infatti fermato la sua entrata nel sta di controllo del gruppo (società del gruppo La<br />
adottato: lo vietano la nor-<br />
Per tutelare la personalità che il diritto <strong>dei</strong> minori alla ri-<br />
capitale del quotidiano del-<br />
editoriale Mercurio, "si è Libre Belgique - La dernie-<br />
mativa sulla privacy, il codice dell’adottato e la sua famiglia,<br />
servatezza deve essere la gauche, Liberation, di cui contemporaneamente imre<br />
Heure), Suez e Pathé, e<br />
deontologico <strong>dei</strong> giornalisti e<br />
infatti, la legge stabilisce sempre considerato come deterrà il 34% insieme ad pegnato ad investire da molte personalità, tra le<br />
la legge sulle adozioni. che siano i genitori adottivi a primario rispetto al diritto di un altro investitore italiano, 500.000 euro", precisa lo quali André Rousselet e<br />
Questo il richiamo ai mezzi decidere i modi e i tempi per cronaca. Inoltre il Codice della<br />
Carlo Perrone.<br />
studio legale.<br />
Bernard-Henri Levy, riunite<br />
di informazione con cui il informare il minore della sua<br />
privacy prevede che in ca-<br />
La notizia è pubblicata I due investitori deterranno nella "società degli amici di<br />
Garante per la privacy ha condizione e individua limiti so di pubblicazione di sentenze<br />
dall'AFP che ha fatto riferi-<br />
così il 34% del capitale del Liberation".<br />
concluso l’esame della segnalazione<br />
rigorosi, anche penali, ri-<br />
o altri provvedimenti mento ad un comunicato giornale, di cui Edouard de Carlo Perrone non figurava<br />
di una persona guardo alla diffusione di que-<br />
su riviste giuridiche siano dello studio legale Grarunt Rothschild rimane il primo tra gli azionisti inizialmente<br />
che lamentava la pubblicazione<br />
sta informazione. L’Autorità omesse le generalità o altre Avocats. "Carlo Caracciolo azionista, con un quota di presentati da Edouard de<br />
della notizia relativa al-<br />
ha anche ribadito la neces-<br />
informazioni che rendano si è impegnato 'a certe con-<br />
5,8 milioni di euro, corri-<br />
Rothschild all' inizio di gensta<br />
l’adozione, da parte sua, di sità che i giornalisti rispettino identificabili i minori.<br />
dizioni' ad assumere una spondenti al "35,9 del capitale",<br />
naio.<br />
indica il comunicato.<br />
(ANSA).<br />
un bambino. Il Garante - con particolare rigore, quan-<br />
(ANSA) partecipazione fino a 5 mi-<br />
34 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Il tariffario per il <strong>2007</strong><br />
approvato dal Consiglio nazionale<br />
Il Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti nella seduta del 20 e 21 dicembre 2006<br />
visti gli artt. 2, 11 e 35 della legge 3.2.1963 n.69;<br />
visto l'art.20 ter lettera a) del D.P.R. 3.5.1972 n. 212;<br />
visti gli artt. 2230, 2231 e 2233 del codice civile<br />
DELIBERA: È approvata la seguente tabella <strong>dei</strong> compensi minimi, al netto delle contribuzioni previdenziali, per le prestazioni professionali<br />
autonome <strong>dei</strong> giornalisti (locatio operis) non regolate dal contratto collettivo di lavoro perché non comportanti subordinazione anche se costituenti<br />
cessioni di diritto d'autore.<br />
Titolo I<br />
Notizie, articoli e servizi<br />
A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre<br />
250.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione nazionale -<br />
Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale<br />
e network<br />
1) Notizia euro 33,00<br />
2) Articolo euro 171,00<br />
3) Servizio euro 342,00<br />
B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a<br />
250.000 copie<br />
1) Notizia euro 30,00<br />
2) Articolo euro 159,00<br />
3) Servizio euro 318,00<br />
C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />
oltre 40.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione regionale o<br />
locale - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale,<br />
con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari<br />
1) Notizia euro 29,00<br />
2) Articolo euro 148,00<br />
3) Servizio euro 214,00<br />
D) Quotidiani a diffusione regionale o locale, con tiratura fino a<br />
40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />
da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione<br />
regionale o locale con potenziale bacino di utenza da<br />
100.000 fino a 400.000 destinatari<br />
1) Notizia euro 28,00<br />
2) Articolo euro 93,00<br />
3) Servizio euro 122,00<br />
E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000<br />
copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con<br />
potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari<br />
1) Notizia euro 25,00<br />
2) Articolo euro 60,00<br />
3) Servizio euro 93,00<br />
F) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani,<br />
periodici e agenzie a diffusione nazionale o con visite mensili superiori<br />
a 150.000<br />
1) Notizia euro 28,00<br />
2) Articolo euro 93,00<br />
G) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati con visite<br />
mensili inferiori a 150.000<br />
1) Notizia euro 25,00<br />
2) Articolo euro 60,00<br />
Titolo II<br />
Collaborazioni professionali<br />
coordinate e continuative<br />
Quotidiani e periodici, anche telematici, agenzie di stampa, emittenti<br />
radiotelevisive e network (su base annuale da corrispondere per<br />
frazioni mensili)<br />
1) Per almeno 2 collaborazioni al mese euro 2.178,00<br />
2) Per almeno 4 collaborazioni al mese euro 4.357,00<br />
3) Per almeno 8 collaborazioni al mese euro 8.709,00<br />
4) Per almeno 14 collaborazioni al mese euro 11.760,00<br />
Titolo III<br />
Servizi fotogiornalistici<br />
A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre<br />
250.000 copie - Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione<br />
nazionale e network<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 136,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 153,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 427,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 460,00<br />
5) Ripubblicazione euro 101,00<br />
B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a<br />
250.000 copie<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 122,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 137,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 355,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 400,00<br />
5) Ripubblicazione euro 87,00<br />
C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />
oltre 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale<br />
o locale con potenziale bacino di utenza superiore a<br />
400.000 destinatari<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 93,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 108,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 122,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 153,00<br />
5) Ripubblicazione euro 52,00<br />
D) Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a<br />
40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura<br />
da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione<br />
regionale o locale con potenziale bacino di utenza da<br />
100.000 fino a 400.000 destinatari<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 81,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 92,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 110,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 122,00<br />
5) Ripubblicazione euro 38,00<br />
E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000<br />
- Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale<br />
bacino di utenza fino a 100.000 destinatari<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 49,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 60,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 72,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 93,00<br />
5) Ripubblicazione euro 24,00<br />
F) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili superiore a<br />
150.000<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 122,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 137,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 355,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 400,00<br />
5) Ripubblicazione euro 87,00<br />
G) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili inferiori a<br />
150.000<br />
1) Fotografia singola bianco e nero euro 93,00<br />
2) Fotografia singola colore euro 108,00<br />
3) Foto in copertina bianco e nero euro 122,00<br />
4) Foto in copertina colore euro 153,00<br />
5) Ripubblicazione euro 52,00<br />
NOTA I - I compensi indicati si riferiscono a servizi giornalistici completi<br />
di tutte le indicazioni essenziali per la corretta pubblicazione in<br />
rapporto alla identità <strong>dei</strong> personaggi che appaiono nelle immagini,<br />
al luogo, alla data e ad una cronaca giornalistica dell'avvenimento<br />
cui le fotografie si riferiscono, escluso naturalmente l'eventuale testo,<br />
che va compensato a parte.<br />
NOTA II - Tutti i compensi si riferiscono a fotografia singola e, quando<br />
il servizio comprende più fotografie diverse fra loro, il minimale di<br />
cessione si intende triplicato.<br />
Titolo IV<br />
Servizi<br />
cine-videogiornalistici<br />
A) Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network<br />
Servizio non superiore a 180” euro 1.334,00<br />
B) Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale<br />
Servizio non superiore a 180” euro 792,00<br />
C) Attività cinevideogiornalistica di collaborazione fissa<br />
pro-tempore<br />
Al giorno euro 428,00<br />
D) Collaborazioni coordinate e continuative (su base annuale da<br />
corrispondere per frazioni mensili)<br />
1) Per almeno 2 collaborazioni al mese euro 2.178,00<br />
2) Per almeno 4 collaborazioni al mese euro 4.356,00<br />
3) Per almeno 8 collaborazioni al mese euro 8.709,00<br />
4) Per almeno 14 collaborazioni al mese euro 11.706,00<br />
NOTA I - Il compenso indicato per la cessione e la distribuzione del servizio<br />
si intende per una ripresa su nastro o su pellicola cinematografica<br />
realizzata con materiale tecnico proprio comprensivo di eventuale<br />
utilizzo di personale tecnico ausiliario completo di montaggio e con indicazioni<br />
tecnico-giornalistiche necessarie per la stesura del testo.<br />
NOTA II - Tutto il materiale videocinematografico girato per la realizzazione<br />
del servizio e non utilizzato rimane di proprietà dell'autore.<br />
Compensi minimi per le prestazioni<br />
professionali giornalistiche nei quotidiani,<br />
nei periodici, anche telematici, nelle agenzie,<br />
nelle emittenti radiotelevisive<br />
e negli uffici stampa<br />
NOTA III - Il servizio ceduto rimane in esclusiva dell'emittente per 48<br />
ore se utilizzato per un telegiornale quotidiano, per 15 giorni se invece<br />
utilizzato per rubriche o speciali settimanali.<br />
NOTA IV - Nel caso di servizio di durata superiore a 180'' o di esclusiva,<br />
il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione e comunque<br />
superiore a quanto stabilito nelle lettere A) e B).<br />
NOTA V - La tariffa indicata alla lettera C) è intesa per l'utilizzo di una<br />
collaborazione di carattere esclusivamente professionale con supporti<br />
tecnici messi a disposizione dal richiedente.<br />
Titolo V<br />
Prestazioni per ufficio stampa<br />
A) Prestazioni fisse continuative da addetto stampa, portavoce e<br />
collaboratore professionale di uffici stampa pubblici e privati senza<br />
vincolo di orario e di presenza<br />
1) Su base annuale euro 35.571,00<br />
2) Su base semestrale euro 17.766,00<br />
Per prestazioni saltuarie i compensi sono rapportati ad ogni singola<br />
prestazione secondo le tariffe sottoesposte<br />
B) Organizzazione di una conferenza stampa<br />
1) Per una manifestazione a carattere regionale e. 4.993,00<br />
2) Per una manifestazione a carattere nazionale e. 7.284,00<br />
C) Responsabilità di ufficio stampa per manifestazione di breve durata<br />
con adeguato lavoro preparatorio redazionale, contatti con<br />
la stampa, redazione comunicati, organizzazione conferenza<br />
stampa e incontri di lavoro<br />
1) Per manifestazione della durata sino a 5 giorni e. 8.665,00<br />
2) Per manifestazioni della durata sino a 10 giorni e. 11.456,00<br />
D) Attività giornalistica di collaborazione pro-tempore<br />
1) Al giorno e. 427,00<br />
E) Stesura di testi per conto di un ufficio stampa<br />
1) Fino a due cartelle (25 righe a 60 battute l’una) e. 153,00<br />
2) Oltre le due cartelle e fino a cinque e. 247,00<br />
Titolo VI<br />
Impostazione grafica di pubblicazioni<br />
quotidiane o periodiche<br />
1) Impostazione di base della pubblicazione (primo numero)<br />
A carattere nazionale euro 3.024,00<br />
A carattere regionale o locale euro 489,00<br />
2) Impostazione di base di una pagina (prima volta)<br />
Per una pubblicazione a carattere nazionale euro 121,00<br />
Per una pubblicazione a carattere regionale o locale e. 47,00<br />
Titolo VII<br />
Direttore responsabile che esplica in maniera<br />
saltuaria prestazioni giornalistiche autonome<br />
(locatio operis) non comportanti<br />
cioè subordinazione<br />
1) Di periodici a diffusione regionale o locale e/o specializzati (aziendali,<br />
sindacali, associativi, di categoria o editati da enti pubblici e<br />
privati)<br />
a) Con tiratura oltre 400.000 copie a numero euro 1.350,00<br />
b) Con tiratura da 10.000 a 400.000 copie a numero euro 705,00<br />
c) Con tiratura fino a 10.000 copie a numero euro 367,00<br />
2) Di emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale<br />
a) Con potenziale bacino di utenza superiore<br />
a 400.000 destinatari, al mese euro 1.968,00<br />
b) Con potenziale bacino di utenza<br />
da 100.000 a 400.000 destinatari, al mese euro 1.350,00<br />
c) Con potenziale bacino di utenza<br />
fino a 100.000 destinatari, al mese euro 900,00<br />
3) Di quotidiani e periodici telematici<br />
e agenzie collegati a quotidiani, periodici e agenzie<br />
A diffusione nazionale<br />
o con visite mensili superiori a 150.000 euro 705,00<br />
4) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie<br />
Con visite mensili inferiori a 150.000 euro 367,00<br />
Titolo VIII<br />
Norme per l’applicazione<br />
del tariffario<br />
A) Il presente tariffario indica cifre minime, al<br />
lordo delle ritenute di legge, al di sotto delle<br />
quali l’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti ritiene che non<br />
sia possibile andare, stabilendo in tal caso la<br />
incongruità del compenso. In ogni caso la determinazione<br />
dell’effettivo ammontare <strong>dei</strong><br />
corrispettivi deve tenere conto della qualità<br />
del committente, <strong>dei</strong> compiti in concreto demandati<br />
al giornalista, dell’impegno necessario,<br />
del tempo richiesto.<br />
B) Le spese sostenute dal collaboratore e direttamente<br />
inerenti le prestazioni sono rimborsate<br />
a piè di lista, su presentazione di idonea<br />
documentazione, salvo patto contrario scritto.<br />
C) I compensi di cui sopra sono dovuti anche in<br />
caso di mancata pubblicazione del materiale<br />
giornalistico commissionato oppure inviato<br />
nel quadro della collaborazione concordata,<br />
a meno che il materiale stesso non venga<br />
tempestivamente restituito all’autore con<br />
espressa motivazione entro tre giorni per<br />
quotidiani, agenzie di stampa, settimanali e<br />
bisettimanali, ed entro dieci giorni per i mensili.<br />
D) Ai fini del presente tariffario si adottano le seguenti<br />
definizioni:<br />
a) Notizia: è una concisa informazione fornita<br />
dal giornalista su fatti o situazioni.<br />
b) Articolo: è un testo in chiave di resoconto<br />
o di analisi su fatti o temi diversi, fino a due<br />
cartelle da 25 righe di 60 battute l’una (esempio:<br />
politici, economici, sociali, morali, religiosi,<br />
culturali, sportivi, etc.).<br />
c) Servizio: è un elaborato oltre le due cartelle<br />
più complesso e articolato che presuppone<br />
un approfondito lavoro di indagine o di<br />
ricerca.<br />
E) L’applicazione delle presenti tariffe e la liquidazione<br />
del compenso sono soggette alla vigilanza<br />
e alla disciplina del Consiglio regionale<br />
o interregionale dell’<strong>Ordine</strong> al quale il<br />
giornalista è iscritto.<br />
F) In caso di contestazione giudiziale o extragiudiziale,<br />
il giornalista può rivolgersi al competente<br />
Consiglio regionale o interregionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> per ottenere il parere sulla congruità<br />
del compenso, ai sensi degli artt. 633<br />
e 636 cpc.<br />
G) In armonia con le norme concordate in sede<br />
di CCNL giornalistico, modifiche ed integrazioni<br />
sostanziali ad ogni articolo o servizio<br />
firmato devono essere apportate con il consenso<br />
dell’autore, sempre che sia reperibile.<br />
L’articolo non dovrà comparire firmato nel caso<br />
in cui le modifiche siano apportate senza<br />
l’assenso del giornalista.<br />
Gli articolisti non possono cedere prima di 10<br />
giorni articoli se inviati ai quotidiani o di 30<br />
giorni se inviati ai periodici senza previo consenso<br />
del direttore.<br />
H) L’articolista può pubblicare in volume gli articoli<br />
inviati, siano o non siano stati retribuiti,<br />
tre mesi dopo la consegna dell’ultimo della<br />
serie, anche se non pubblicati dal giornale al<br />
quale erano destinati. Per gli addetti ai periodici,<br />
il termine indicato nel comma che precede<br />
è di un anno, salvo diverso accordo<br />
scritto tra le parti.<br />
I) L’utilizzazione della prestazione giornalistica<br />
regolata dal tariffario è limitata ai media per<br />
il quale la collaborazione è stata richiesta. Le<br />
eventuali ulteriori utilizzazioni, anche parziali,<br />
nell’ambito delle attività dello stesso editore<br />
o presso altri editori, debbono essere autorizzate<br />
dall’autore, concordando il relativo<br />
compenso, che per ogni successiva utilizzazione<br />
non comunque essere inferiore al 30%<br />
del corrispettivo iniziale.<br />
L) Il compenso di un elaborato oltre le cinque<br />
cartelle è maggiorato del 20%.<br />
M) Si riconosce al collaboratore inviato fuori sede<br />
per un servizio l’indennità (il 30% del compenso<br />
tabellare) che il contratto nazionale di<br />
lavoro (art. 7) accorda ai giornalisti chiamati<br />
occasionalmente a prestare la propria opera<br />
in funzione di inviati.<br />
Titolo IX<br />
I compensi erogati sono al netto delle contribuzioni<br />
previdenziali e, pertanto, non ricomprendono<br />
il contributo del 12%, ai sensi del D. Lgs n.<br />
103/96, da versare alla “Gestione separata lavoro<br />
autonomo Inpgi”. Detto contributo è così ripartito:<br />
- 10% del reddito imponibile a totale carico dell’iscritto;<br />
- 2% a titolo di contributo integrativo, a carico di<br />
coloro (aziende, etc.) che si avvalgono dell’attività<br />
professionale, calcolato sul reddito lordo e addebitato<br />
dall’iscritto all’azienda, con indicazione nella<br />
relativa fattura, all’atto di ogni pagamento.<br />
Il versamento alla Gestione separata Inpgi dell’intero<br />
contributo dovuto (12%) è a carico del<br />
giornalista.<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
35
REGIONE LOMBARDIA - ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA -<br />
Bando per il XVI biennio<br />
(<strong>2007</strong>-2009)<br />
dell’Istituto “Carlo De Martino”<br />
per la Formazione<br />
al Giornalismo<br />
La Scuola in 30 anni di vita ha creato<br />
636 giornalisti professionisti<br />
(tra questi: 34 direttori di testate, 6 vicedirettori,<br />
87 capiredattori e vicecapiredattori,<br />
42 inviati o corrispondenti dall’estero,<br />
208 redattori ordinari)<br />
<strong>Giornalisti</strong> si diventa a Milano, capitale<br />
L’Ifg, scuola di eccellenza europea, cerca 40 giovani laureati, determinati,<br />
di studi e che sappiano cogliere le nuove opportunità della professione<br />
Bando di concorso XVI biennio <strong>2007</strong>-2009<br />
È bandito il concorso di ammissione al XVI biennio di formazione al giornalismo con l’attribuzione della qualifica di “praticante<br />
giornalista” ai sensi di legge, secondo le norme qui di seguito esposte.<br />
Sono ammessi al concorso i cittadini italiani, dell’Unione europea e <strong>dei</strong> Paesi a essa associati (in questi ultimi due casi<br />
con perfetta conoscenza della lingua italiana) in possesso almeno di diploma di laurea triennale (direttiva 89/48/Cee)<br />
e nati dal 1° gennaio 1977. I diplomi di laurea devono essere riconosciuti dalla Repubblica italiana.<br />
Il numero di candidati ammessi al XVI biennio è fissato in 40.<br />
Le domande d’iscrizione, corredate di copia del titolo di studio e della ricevuta di versamento della tassa d’iscrizione,<br />
debbono pervenire all’Ifg a partire dal 1° marzo e non oltre il 30 giugno <strong>2007</strong>.<br />
NOTIZIE<br />
1<br />
PRELIMINARI<br />
Norme sulla professione<br />
giornalistica<br />
La legge istitutiva dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti prescrive, per diventare<br />
giornalisti professionisti, una prova di idoneità professionale<br />
equivalente all’esame di Stato (di cui all’articolo 33, V<br />
comma, della Costituzione). Per accedere a tale esame la procedura<br />
consiste nell’essere assunti da un’azienda editoriale (o<br />
frequentare una scuola di giornalismo o un master biennale universitario<br />
in giornalismo riconosciuti dall’<strong>Ordine</strong> nazionale) e<br />
svolgere diciotto mesi di praticantato.<br />
L’esame di idoneità professionale è organizzato dal Consiglio<br />
nazionale dell’<strong>Ordine</strong> ed è affidato ad una Commissione formata<br />
da due magistrati e cinque giornalisti. Si svolge a Roma in<br />
due sessioni annuali (primavera e autunno) e comprende prove<br />
scritte e una prova orale.<br />
Superato l’esame, il praticante, a sua domanda, viene iscritto<br />
nell’elenco professionisti dell’Albo.<br />
2L’Afg - Associazione<br />
“Walter Tobagi”<br />
per la Formazione<br />
al Giornalismo<br />
L’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al<br />
Giornalismo (Afg) gestisce l’Istituto “Carlo De Martino” per la<br />
Formazione al Giornalismo (Ifg) il cui corso biennale di studi<br />
è parificato allo svolgimento del praticantato tradizionale.<br />
L’Afg è un’istituzione riconosciuta dalla Regione<br />
Lombardia (con delibera della Giunta Regionale n. 11854 del<br />
4/10/1977 a norma della legge regionale del 16/6/1975 sulla<br />
formazione professionale). È inoltre accreditata presso la<br />
Regione Lombardia per la formazione professionale e certificata<br />
secondo la norma ISO 9001:2000.<br />
Il corso dell’Ifg, di livello universitario, è stato promosso<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia con delibera del<br />
27/11/1974.<br />
L’Afg è un ente privato senza scopo di lucro, che trae la<br />
maggior parte <strong>dei</strong> mezzi di finanziamento da un contributo<br />
annuale della Regione Lombardia (ai sensi della legge<br />
regionale n. 95/80) nell’ambito della formazione professionale.<br />
L’Afg è sostenuto economicamente anche dal Consiglio<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />
Gli allievi partecipano, nel corso del biennio, a concorsi per<br />
borse di studio interne ed esterne.<br />
3L’Ifg - Istituto<br />
“Carlo De Martino”<br />
per la Formazione<br />
al Giornalismo<br />
Obiettivo dell’Ifg è la preparazione di giornalisti polivalenti<br />
della carta stampata, delle agenzie di stampa, della televisione,<br />
della radio, dell’informazione on line e degli uffici<br />
stampa, non disgiunta dal progressivo avviamento alle specializzazioni<br />
classiche della professione.<br />
Gli allievi, in quanto redattori nelle testate-laboratorio<br />
edite dall’Ifg, sono iscritti nel Registro <strong>dei</strong> praticanti per<br />
cui, ottenuto l’attestato di compiuto praticantato al termine<br />
del biennio, possono sostenere l’esame di Stato per l’accesso<br />
alla professione di giornalista (salvo le eventuali inadempienze<br />
previste dal Regolamento interno dell’Ifg sulla<br />
base delle regole stabilite dalla legge regionale n. 95/1980<br />
e accertate dalla direzione dell’Istituto).<br />
Il rapporto dell’allievo con l’Ifg cessa al termine del biennio.<br />
I programmi di studio e le esercitazioni pratiche sono elaborati<br />
dal direttore, giornalista professionista d’intesa con la<br />
Commissione didattica e sono approvati dal Consiglio di<br />
presidenza dell’Afg, nel rispetto del “Quadro di indirizzi per<br />
il riconoscimento delle strutture di formazione al giornalismo”<br />
emanato il 17 aprile 2002 dal Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
Il corpo docente è formato da giornalisti professionisti<br />
con almeno 10 anni di iscrizione all’Albo, da docenti<br />
universitari ed esperti della comunicazione e delle altre<br />
discipline inserite nel programma.<br />
Questo bando, il modulo di iscrizione e altre informazioni sono disponibili sui siti:<br />
4 L’Ifg.<br />
Il corso di studi<br />
DISCIPLINE TEORICHE ED ESERCITAZIONI<br />
Il XVI biennio di formazione al giornalismo dell’Ifg avrà<br />
inizio nel mese di novembre <strong>2007</strong> e terminerà nell’ottobre<br />
2009 con l’ammissione alla sessione autunnale dell’esame<br />
di Stato.<br />
I posti a disposizione sono 40.<br />
La frequenza degli allievi è obbligatoria e a tempo pieno. Ogni<br />
assenza va giustificata per iscritto. Un numero di assenze superiore<br />
al 15% comporta l’esclusione dal corso.<br />
Il calendario delle lezioni viene stabilito dalla Direzione in base<br />
al programma didattico.<br />
Il programma di studi mira ad armonizzare la specifica formazione<br />
professionale dell’allievo con il completamento della<br />
sua preparazione culturale attraverso cicli di lezioni, corsi e<br />
seminari a livello universitario.<br />
Aspetti qualificanti del programma sono le sistematiche<br />
esercitazioni pratiche con l’uso di aggiornate attrezzature<br />
dell’editoria informatica, di uno studio di registrazione<br />
radiofonico e di postazioni di registrazione televisive.<br />
L’Ifg dispone di un sistema integrato in grado di garantire la<br />
gestione dell’intero ciclo produttivo di qualsiasi pubblicazione<br />
quotidiana, periodica e monografica.<br />
Ogni allievo usufruisce di una postazione informatica basata<br />
su computer con collegamenti internet in fibra ottica e risorse<br />
condivise per l’archiviazione e la stampa. Può inoltre utilizzare<br />
postazioni dedicate per il montaggio video e il montaggio<br />
radio.<br />
Alle esercitazioni pratiche si aggiungono lezioni e seminari su<br />
materie ritenute particolarmente utili ai fini della professione.<br />
Il XVI biennio porrà attenzione anche alle tecniche e alla gestione<br />
degli uffici stampa, settore che si prospetta come promettente<br />
fonte di occupazione.<br />
Al termine del biennio, gli allievi potranno partecipare, gratuitamente,<br />
al corso di preparazione all’esame di Stato organizzato<br />
dall’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />
Nel corso del biennio, in osservanza anche delle indicazioni<br />
del Consiglio nazionale dell’<strong>Ordine</strong> e delle norme che presiedono<br />
al funzionamento dell’Istituto, sono impartite lezioni teoriche<br />
di base o di approfondimento, nelle seguenti aree disciplinari:<br />
• <strong>Giornalisti</strong>ca (istituzioni professionali, deontologia-privacy,<br />
analisi critica e comparata <strong>dei</strong> media, tecniche professionali,<br />
modelli redazionali, sistemi editoriali, tecniche di gestione<br />
degli uffici stampa; infografica e photo-editor).<br />
• Grafica, informatica e innovazione (architettura dell’informazione;<br />
design dell’informazione; produzione, selezione e<br />
trattamento delle immagini; comunicazione visiva; strumenti<br />
e tecnologie dell’informazione visiva; storia dell’informazione<br />
visiva; tecniche avanzate di informatica applicata al<br />
giornalismo; teorie e tecniche del fotogiornalismo e del videogiornalismo;<br />
comunicazione multimediale; tecnologie<br />
dell’immagine digitale).<br />
• Linguistica (tecniche <strong>dei</strong> linguaggi del giornale quotidiano<br />
e del periodico, delle agenzie di stampa, del web e degli uffici<br />
stampa; tecniche del linguaggio televisivo, radiofonico e<br />
fotografico; semiotica del testo scritto e visivo).<br />
www.odg.mi.it<br />
• Lingue straniere (conoscenza funzionale di inglese e spagnolo).<br />
• Storica (storia del giornalismo e delle comunicazioni di<br />
massa; elementi di storia moderna e contemporanea).<br />
• Geografia politica ed economica, globalizzazione e relazioni<br />
internazionali.<br />
www.ifgonline.it<br />
• Giuridica (elementi di diritto costituzionale, di diritto comunitario,<br />
di diritto del giornalismo e dell’editoria, di diritto<br />
penale e di procedura penale, di diritto amministrativo<br />
con riguardo anche al ruolo delle autorità indipendenti, di<br />
diritto privato).<br />
36 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
ASSOCIAZIONE “WALTER TOBAGI” PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO<br />
Le domande d’iscrizione, corredate<br />
di copia del titolo di studio e della<br />
ricevuta di versamento della tassa<br />
d’iscrizione, debbono pervenire all'Ifg<br />
a partire dal 1° marzo<br />
e non oltre il 30 giugno <strong>2007</strong><br />
dell’editoria<br />
con un ottimo curriculum<br />
giornalistica<br />
• Sociologica - psicologica (elementi di scienza dell’opinione<br />
pubblica e <strong>dei</strong> sondaggi; di sociologia della comunicazione;<br />
di psicologia della comunicazione).<br />
• Economica - finanziaria (elementi di economia politica,<br />
storia economica, marketing, economia <strong>dei</strong> media e delle<br />
imprese editoriali, diritto pubblico dell’economia, mercato<br />
del risparmio e degli investimenti familiari con riguardo particolare<br />
al mercato borsistico, <strong>dei</strong> fondi di investimento e della<br />
gestione del risparmio).<br />
MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE AL CONCORSO<br />
PER L’AMMISSIONE AL XVI BIENNIO (<strong>2007</strong>-2009)<br />
1. Requisiti<br />
per l’iscrizione al concorso<br />
Le iscrizioni al concorso di ammissione al XVI biennio sono<br />
aperte dal 1° marzo al 30 giugno <strong>2007</strong>.<br />
I candidati che intendono iscriversi al concorso devono essere<br />
nati a partire dal 1° gennaio 1977.<br />
I candidati devono essere cittadini italiani, o di uno stato membro<br />
dell’Unione europea o <strong>dei</strong> paesi a essa associati (in questi<br />
ultimi due casi è obbligatoria la perfetta conoscenza della<br />
lingua italiana, che sarà accertata dall’Ifg nel corso delle prove<br />
di ammissione).<br />
Può presentare domanda di ammissione chi, al 30 giugno<br />
<strong>2007</strong>, è in possesso almeno di diploma di laurea triennale.<br />
Saranno accettate sub condicione anche le domande <strong>dei</strong><br />
candidati che prevedono il superamento dell’esame di<br />
laurea entro il 31 luglio <strong>2007</strong>. In questo caso, il certificato<br />
rilasciato dall’Università che accerta il conseguimento<br />
del diploma di laurea, dovrà essere inviato alla segreteria<br />
tassativamente entro il 18 agosto <strong>2007</strong>. Per la data di spedizione<br />
fa fede il timbro postale.<br />
Le lauree conseguite all’estero saranno riconosciute valide<br />
solo se risulteranno conformi alle norme italiane.<br />
2. Modalità<br />
di iscrizione al concorso<br />
20124 Milano di ulteriori 200 (duecento) euro per spese d’esame,<br />
non rimborsabili anche se il candidato non dovesse concludere<br />
la prova scritta.<br />
Le prove scritte si svolgeranno in un’unica giornata e consistono<br />
in:<br />
a) un tema-articolo su argomenti d’attualità (politica interna ed<br />
estera, cultura, costume, economia, cronaca, spettacoli, sport),<br />
scelto tra quelli proposti dalla Commissione. Tale articolo non<br />
deve superare le 60 righe (da 60 battute ciascuna);<br />
b) un test di domande su argomenti di attualità;<br />
c) la sintesi di un articolo o di un servizio giornalistico (contenuta<br />
in un massimo di 20 righe, da 60 battute ciascuna).<br />
Gli elaborati dovranno essere rigorosamente anonimi. Le<br />
generalità del candidato andranno in busta piccola inserita<br />
nella busta grande con gli elaborati. Ogni segno che permetta<br />
l’identificazione del candidato ne comporterà l’esclusione.<br />
Per quanto non espressamente indicato valgono le norme<br />
sancite dal Dpr n. 115/1965 e dal Dpr n. 487/1994.<br />
La Commissione di selezione attribuisce ad ogni prova scritta un<br />
punteggio. La somma delle tre prove determina il punteggio complessivo.<br />
Solo a questo punto verranno aperte le buste contenenti i nomi<br />
<strong>dei</strong> candidati per poter stabilire la graduatoria.<br />
• Sindacale (con attenzione particolare al contratto e al sistema<br />
previdenziale/previdenziale complementare/assistenziale<br />
integrativo sanitario <strong>dei</strong> giornalisti).<br />
Gli allievi dovranno affrontare un esame al termine di ogni singola<br />
materia in base a un calendario stabilito dalla Direzione.<br />
I singoli esami verranno annotati nel libretto personale dello<br />
studente.<br />
Gli esami potranno essere ripetuti, in caso di bocciatura, a distanza<br />
di un mese.<br />
La preparazione degli allievi/praticanti verrà valutata, ogni mese,<br />
dai rispettivi tutor.<br />
Al termine del primo e del secondo anno agli allievi verrà rilasciato<br />
un certificato di frequenza con l’attestato del superamento<br />
delle materie del programma.<br />
Al termine del biennio i praticanti affronteranno un esame finale,<br />
scritto e orale. Della Commissione giudicatrice (nominata<br />
dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
d’intesa con la direzione dell’Istituto) farà parte anche un rappresentante<br />
della Regione Lombardia. La direzione della<br />
scuola, tenendo conto <strong>dei</strong> risultati dell’esame finale, rilascerà<br />
un certificato di frequenza e profitto. La prova, propedeutica<br />
all’esame di Stato, condiziona il rilascio, da parte del presidente<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia, del certificato<br />
di fine praticantato.<br />
PRATICA GIORNALISTICA<br />
Momento fondamentale delle esercitazioni pratiche professionali<br />
è il lavoro di redazione per le testate-laboratorio.<br />
Le testate laboratorio dell’Ifg<br />
Ifg Tabloid - inserto del mensile <strong>Ordine</strong> Tabloid, organo del<br />
Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Milano Ore 13 - quotidiano d’informazione del pomeriggio a<br />
diffusione locale<br />
Ifg Notizie - agenzia quotidiana del pomeriggio di servizi giornalistici,<br />
inchieste e attualità, diffusa fra 45 testate nazionali e<br />
locali<br />
Speciale Video - servizi televisivi realizzati in proprio e trasmessi<br />
da canali regionali<br />
Speciale Fm - testata radiofonica di notiziari, inchieste e servizi,<br />
forniti a emittenti private<br />
Ifg on line - quotidiano telematico che comprende anche la<br />
versione on line di tutte le altre testate<br />
È prevista la realizzazione di inchieste televisive con strutture<br />
dell’Ifg e con la collaborazione di esperti del settore e di emittenti<br />
nazionali e regionali.<br />
GLI STAGES<br />
Strumento formativo importante è anche la pratica guidata<br />
(stage). Nel biennio gli stage esterni (regolati dalla legge n.<br />
196/1997) dovranno avere “durata complessiva non inferiore<br />
a sei mesi”, come stabilito dal Quadro di indirizzi dell’<strong>Ordine</strong><br />
nazionale <strong>dei</strong> giornalisti.<br />
L’allievo svolge periodi di tirocinio concordati dalla Direzione<br />
con le testate giornalistiche.<br />
Per partecipare al concorso è necessario ritirare il bando e il<br />
modulo di iscrizione (o richiederne l’invio per posta allegando<br />
6 euro in francobolli). In alternativa il bando e il modulo di iscrizione<br />
sono disponibili nei siti www.ifgonline.it oppure<br />
www.odg.mi.it.<br />
Dopo aver preso visione del bando di concorso e compilato il<br />
modulo di iscrizione in tutte le sue parti:<br />
• spedire il modulo, esclusivamente per via postale, entro il<br />
30 giugno <strong>2007</strong> (fa fede il timbro postale), allegando:<br />
a) fotocopia del titolo di studio (non saranno accettati titoli di<br />
studio prodotti in originale);<br />
b) ricevuta di versamento sul c/c postale n° 10519205, intestato<br />
a: Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio<br />
Filzi, 17 - 20124 Milano di 150 (centocinquanta) euro per<br />
spese postali e di segreteria, non rimborsabili;<br />
c) eventuali attestati di frequenza ad altri corsi (con preferenza<br />
per lingue straniere e informatica);<br />
d) per i pubblicisti, fotocopia della tessera di iscrizione<br />
all’<strong>Ordine</strong>.<br />
L’ammissione sarà deliberata da un’apposita Commissione di<br />
selezione presieduta da un giornalista professionista e nominata<br />
dal Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia.<br />
N.B. - Non sarà ritenuta valida la produzione di documenti<br />
successiva al 30 giugno <strong>2007</strong> salvo quanto previsto per i<br />
laureandi di luglio <strong>2007</strong>. Tutti i documenti presentati diventano<br />
di proprietà dell’Ifg e non saranno restituiti.<br />
Il mancato invio del documento o dell’attestazione comprovante<br />
il diploma di laurea o il mancato versamento<br />
della tassa d’iscrizione, escluderanno i candidati dalla<br />
partecipazione al concorso di ammissione.<br />
3. L’ammissione<br />
alle prove di selezione<br />
La Commissione di Selezione, il cui giudizio è insindacabile,<br />
effettua la verifica <strong>dei</strong> titoli e <strong>dei</strong> requisiti soggettivi, quali risultano<br />
dal modulo d’iscrizione e dai documenti presentati e<br />
convoca per iscritto i candidati ammessi. Valgono, comunque,<br />
per quanto applicabili, le regole fissate dagli articoli<br />
dal 47 al 54 del Dpr n. 115 del 1965 (e successive modificazioni)<br />
per l’esame di giornalista professionista, nonché<br />
dagli articoli dall’11 al 15 del Dpr 487/1994 sui concorsi<br />
pubblici.<br />
Le prove scritte<br />
di selezione<br />
Il candidato ammesso alle prove scritte, che si svolgeranno entro<br />
la prima quindicina di settembre <strong>2007</strong>, sarà convocato a<br />
Milano per sostenere gli esami, nel giorno e nella sede indicati<br />
nella lettera di convocazione.<br />
Il candidato potrà affrontare la prova scrivendo con una macchina<br />
per scrivere meccanica o a mano (con grafia leggibile, meglio<br />
se in stampatello).<br />
Dovrà inoltre esibile la lettera di convocazione e presentare la ricevuta<br />
di versamento sul c/c postale n 10519205 intestato a:<br />
Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi 17 -<br />
I primi 90 candidati della graduatoria saranno convocati per<br />
sostenere la prova orale (che è pubblica) nella sede dell’Ifg<br />
(via Fabio Filzi, 17 - Milano).<br />
Le prove scritte e orali sono soggette alle norme previste<br />
dalla legge 241/1990 sulla trasparenza.<br />
Le prove orali<br />
di selezione<br />
L’esame orale consiste in un colloquio tendente ad accertare le<br />
attitudini complessive alla professione giornalistica, il grado di cultura<br />
generale del candidato e la sua attenzione per i problemi dell’attualità<br />
politica, economica, sociale e culturale nelle loro dimensioni<br />
storiche, nonché il grado di conoscenza dell’ inglese.<br />
In base al risultato delle prove scritte e dell’orale, la Commissione<br />
compilerà una graduatoria degli idonei, che verrà resa pubblica.<br />
Alla formazione della graduatoria delle prove scritte concorrerà<br />
anche il punteggio complessivo acquisito dal candidato secondo<br />
le valutazioni della tabella che segue:<br />
Seconda laurea 4 punti<br />
Pubblicisti<br />
2 punti<br />
GLI AMMESSI<br />
AL XVI BIENNIO<br />
I primi 40 candidati in graduatoria saranno ammessi a frequentare<br />
il XVI biennio dell’Ifg.<br />
ADEMPIMENTI PRELIMINARI<br />
DEGLI AMMESSI AL XVI BIENNIO<br />
1 - Periodo di prova<br />
È previsto un periodo di prova della durata di 3 mesi, al<br />
termine del quale il Consiglio di presidenza dell’Afg, su proposta<br />
della Direzione dell’Istituto, può escludere il candidato<br />
ritenuto inidoneo o che abbia violato lo spirito e la lettera del<br />
Regolamento interno dell’Ifg, e della legge regionale n. 95/80.<br />
In queste ipotesi e nel caso di dimissioni volontarie, subentreranno<br />
i primi esclusi della graduatoria.<br />
2 - Tassa di iscrizione<br />
La tassa di iscrizione per il corso biennale è di 8.000 (ottomila)<br />
euro, così articolati:<br />
• entro il 30 novembre <strong>2007</strong> l’allievo dovrà presentare, per l’iscrizione<br />
al primo anno, la ricevuta di versamento di 4.000<br />
(quattromila) euro sul c/c postale n° 10519205, intestato a:<br />
Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi, 17 -<br />
20124 Milano.<br />
• entro il 31 ottobre 2008 l’allievo dovrà presentare, per l’iscrizione<br />
al secondo anno, la ricevuta di versamento di 4.000<br />
(quattromila) euro sul c/c postale n° 10519205, intestato a:<br />
Associazione Formazione Giornalismo - via Fabio Filzi, 17 -<br />
20124 Milano.<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
37
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Sabrina Peron<br />
La diffamazione<br />
tramite mass-media<br />
Massimo Pavanello<br />
I media per l’azione pastorale<br />
di Vincenzo Franceschelli<br />
(vincenzo.franceschelli@unimib.it)<br />
Temporibus illis, la diffamazione<br />
tramite mass-media<br />
non esisteva. Non c’erano i<br />
mass-media. Ma non c’era<br />
nemmeno una stampa libera.<br />
La stampa, controllata da<br />
una paterna e onnipresente<br />
dittatura, non diffamava: a<br />
tutto concedere, attaccava e<br />
condannava.<br />
L’odierno diffamato può dunque<br />
consolarsi: la diffamazione<br />
a mezzo stampa è segno<br />
di libertà, ed egli ne è la<br />
vivente e concreta testimonianza.<br />
Questo ovviamente<br />
non significa che l’indice di<br />
diffamazione sia progressivo.<br />
Se è vero che una stampa<br />
libera può diffamare, non<br />
è altrettanto vero che tanto<br />
più diffami, tanto più sia libera.<br />
E ciò ci conduce ai limiti<br />
della libertà di stampa, ai rimedi<br />
contro la diffamazione<br />
e alla difesa dell’ingiustamente<br />
diffamato.<br />
Se la diffamazione è lo scrivere<br />
ciò che è falso e ciò che<br />
offende, il diffamato deve poter<br />
ristabilire la verità, lavare<br />
l’offesa e, ciò fatto, sentirsi<br />
appagato.<br />
Complessi studi sociologici<br />
e psicologici dimostrano che<br />
la miglior sanzione contro la<br />
diffamazione a mezzo stampa<br />
è la controdiffamazione.<br />
Essa dà profonda soddisfazione<br />
al diffamato, appagando<br />
i suoi più bassi istinti di<br />
vendetta. Se, in ipotesi, il direttore<br />
di un importante quotidiano<br />
come il Corriere della<br />
Sera dovesse mai diffamare<br />
il direttore di un altrettanto<br />
importante quotidiano<br />
come Repubblica, quest’ultimo,<br />
allora, dovrebbe avere il<br />
diritto e il potere di controdiffamare,<br />
sulle colonne del<br />
suo giornale, il diffamante.<br />
La controdiffamazione, sebbene<br />
indubitabilmente straordinariamente<br />
efficace, ha<br />
un piccolo difetto. Per poterla<br />
esercitare, occorre essere<br />
direttore di un giornale.<br />
Accusata e inficiata di incostituzionalità<br />
in quanto costruita<br />
in violazione del principio<br />
di eguaglianza, la controdiffamazione<br />
è stata presto<br />
abbandonata per un sistema<br />
basato sul controllo<br />
giudiziale.<br />
L’arte del diffamare resta così<br />
in mano a giornalisti e<br />
commentatori televisivi. Ma<br />
la misura e i rimedi della diffamazione<br />
sono finiti in mano<br />
<strong>dei</strong> giuristi. Avvocati la individuano<br />
e la illustrano nelle<br />
aule di giustizia, avvocati<br />
la smontano, magistrati la<br />
misurano e la giudicano. In<br />
un mare di opinioni e di sentenze<br />
è difficile orientarsi.<br />
Provvede Sabrina Peron,<br />
con un volume che studia<br />
quello che è definito «il diritto<br />
negativo della libertà».<br />
Ché, infatti, la diffamazione<br />
è la figlia degenere del diritto<br />
di cronaca e del diritto di critica.<br />
Certo, il giornalista, come<br />
spiega Sabrina Peron,<br />
attraverso accurate modalità<br />
di presentazione della notizia,<br />
e nel rispetto del diritto<br />
alla riservatezza, non dovrebbe<br />
diffamare. Ma, come<br />
si sa, spesso il confine tra<br />
cronaca e diffamazione è labile,<br />
e può essere, d’impeto,<br />
superato. Ne va, in tal modo,<br />
di mezzo anche il direttore<br />
responsabile, che così finalmente<br />
giustifica pienamente<br />
il suo titolo e la sua qualifica.<br />
E non è solo questione di<br />
carta stampata. Ormai,<br />
ahimè, si può diffamare con<br />
radio e televisione. E poiché<br />
viviamo in piena rivoluzione<br />
informatica, la diffamazione<br />
può diffondersi tramite internet.<br />
Che può fare, dunque, il diffamato<br />
Certo v’è il diritto di<br />
rettifica. Ma se si dà retta alla<br />
saggezza di chi afferma<br />
che la rettifica è una notizia<br />
(diffamante) data due volte,<br />
meglio ricorrere, come illustra<br />
il volume, al risarcimento<br />
del danno.<br />
La diffamazione tramite<br />
mass-media di Sabrina Peron<br />
si avvia a essere, dunque,<br />
un manuale di successo.<br />
Strumento indispensabile<br />
per il maligno che si appresta<br />
a diffamare, perché leggendolo<br />
dalla prima all’ultima<br />
pagina impara come farlo<br />
subendo il minor danno.<br />
Ma, se letto al contrario, esso<br />
è prezioso strumento di<br />
difesa per il diffamato, che ivi<br />
apprende l’arte della difesa<br />
personale e del contrattacco.<br />
Sabrina Peron,<br />
La diffamazione tramite<br />
mass-media,<br />
CEDAM, Padova,<br />
pagine 472, euro 55,00.<br />
(Questo articolo,<br />
con il titolo<br />
La strategia del diffamato,<br />
è stato pubblicato<br />
nell’edizione<br />
del 10 dicembre 2006<br />
de Il Sole 24 Ore”).<br />
Nata come tesi di dottorato in<br />
teologia, la pubblicazione di<br />
Massimo Pavanello, risulta<br />
più che mai attuale per comprendere<br />
i meccanismi che<br />
regolano l’attività comunicativa<br />
cattolica. In un mondo assediato<br />
dai media, la Chiesa,<br />
che ha come compito primario<br />
la diffusione della parola<br />
del Vangelo, cerca di sfruttare<br />
le potenzialità <strong>dei</strong> mezzi di<br />
comunicazione. Quello <strong>dei</strong><br />
mass media è un tema spesso<br />
trattato nei documenti ufficiali:<br />
dalla Vigilante Cura che<br />
Pio XI dedicò nel 1936 al cinema,<br />
al recente messaggio<br />
di Benedetto XVI, sull’importanza<br />
<strong>dei</strong> media per favorire il<br />
dialogo e la pace tra i popoli,<br />
in occasione della XL Giornata<br />
mondiale delle comunicazioni<br />
sociali. L’autore dimostra<br />
come gli spunti teorici<br />
presenti negli elaborati ecclesiastici<br />
possano trasformarsi<br />
in “azione pastorale” descrivendo<br />
le esperienze comunicative<br />
della Chiesa in luoghi e<br />
dimensioni differenti: dal continente<br />
latino-americano alla<br />
Francia, fino alle più piccole<br />
realtà delle diocesi italiane.<br />
Proprio dall’esame di queste<br />
di Massimiliano Lanzafame<br />
ultime risulta evidente la preminenza<br />
dell’informazione<br />
stampata su quella radio-televisiva<br />
e l’importanza del localismo<br />
nelle notizie riportate.<br />
I settimanali cattolici sono<br />
un’ottima fucina e scuola pratica<br />
per i giovani giornalisti<br />
ma, in alcuni casi, non hanno<br />
ancora raggiunto un’organizzazione<br />
redazionale stabile e<br />
mancano di un adeguato apporto<br />
del marketing, per essere<br />
a tutti gli effetti paragonabili<br />
a quelli laici. Ma va da<br />
sé che un “giornale cattolico”<br />
ha finalità che vanno oltre le<br />
pure logiche di mercato e<br />
dell’etica professionale. La<br />
Chiesa è, quindi, chiamata a<br />
confrontarsi criticamente con<br />
i media odierni, in particolare<br />
Internet, non trascurandone i<br />
pericoli ma raccogliendone<br />
gli impulsi positivi, magari per<br />
ripensare il linguaggio con<br />
cui parla ai fedeli e non.<br />
Massimo Pavanello,<br />
I media per l’azione<br />
pastorale, prefazione di<br />
Luciano Rispoli, Centro<br />
Ambrosiano, Milano 2004,<br />
pagine 418, euro 20,00<br />
Claudio Bottagisi<br />
Argentina e Israele.<br />
Diario di viaggio<br />
Marta Paterlini<br />
Piccole visioni. La grande<br />
storia di una molecola<br />
Eugenio Zucchetti (a cura di)<br />
Milano 2006.<br />
Rapporto sulla città<br />
di Alberto Roccatano<br />
È un giornalista (Claudio<br />
Bottagisi), il viaggiatore, il turista,<br />
il pellegrino che, con un<br />
taccuino, una macchina fotografica,<br />
una videocamera, sta<br />
cercando con questo diario di<br />
viaggio, e magari ci riesce, di<br />
trasmettervi emozioni, immagini,<br />
storie di luoghi così distanti<br />
fra loro. Il diario vi racconta<br />
della fierezza e della dignità<br />
del popolo che abita<br />
l’immensa terra argentina,<br />
delle disastrose guerre interne,<br />
<strong>dei</strong> colpi di stato e delle<br />
dittature che hanno lacerato<br />
questo paese negli ultimi<br />
sessant’anni. Il diario vi racconta<br />
<strong>dei</strong> rancori, degli odi,<br />
<strong>dei</strong> muri, <strong>dei</strong> pianti, delle speranze<br />
radicate nella piccola<br />
cristiana terra santa dentro i<br />
confini dello Stato di Israele.<br />
Terra di contrasti l’immensa<br />
Argentina. Sullo sfondo <strong>dei</strong><br />
genocidi antichi e della resistenza<br />
ai dominatori spagnoli<br />
si mostra l’imponenza del numero<br />
di pellegrini che ogni<br />
anno da ogni parte raggiungono<br />
la basilica di Nostra<br />
Signora di Lujan patrona<br />
dell’Argentina. Terra di contrasti<br />
il piccolo Israele. La terra<br />
santa oggi è la terra dell’odio<br />
fra ebrei e palestinesi, dove<br />
i cristiani sono il 2% della<br />
popolazione e spariranno nei<br />
prossimi decenni. Immagini<br />
Tante. Le Cataratas: immense<br />
cascate sul fiume Iguazu<br />
nella foresta tropicale tra<br />
Brasile e Argentina. Lunga 7<br />
chilometri alta 200 metri, 18<br />
turbine in funzione, sostiene<br />
un lago di 1350 km quadrati,<br />
29mila milioni di metri cubi di<br />
acqua: è la diga Itaipù. E poi<br />
foreste, fiumi, cascate, boschi,<br />
laghi, città modernissime,<br />
tramonti, gli spazi sconfinati<br />
dell’Argentina. L’assolata<br />
Cana in Galilea, araba e musulmana,<br />
e il miracolo dell’acqua<br />
che diventa vino. Il convento<br />
e la basilica sul monte<br />
Tabor circondato da una zona<br />
malarica. Il sepolcro vuoto<br />
che per tre giorni tenne le<br />
spoglie di un morto pronto a<br />
risorgere, fondamento di una<br />
religione bimillenaria. Il museo<br />
dell’Olocausto, il ricordo delle<br />
vittime della Shoah, lo Yad<br />
Vashem, dove la memoria diventa<br />
progetto di un mondo<br />
senza barbarie. Inusuale. Da<br />
leggere e da vedere.<br />
Claudio Bottagisi,<br />
Argentina e Israele.<br />
Diario di viaggio,<br />
Edizioni Monte S. Martino,<br />
Lecco<br />
settembre 2006,<br />
Cattaneo Paolo Grafiche<br />
Oggiono, pagine 160,<br />
euro 22,00<br />
di Alberto Roccatano<br />
L’uomo è imprigionato in una<br />
caverna e mostra la schiena<br />
alla luce esterna. Egli non ha<br />
altro modo, per conoscere la<br />
realtà che scorre all’esterno,<br />
se non osservandone le ombre<br />
e i riflessi proiettati sul fondo<br />
della caverna. È Platone<br />
che lo dice nel Timeo. Un lungo<br />
corridoio sotterraneo: ad un<br />
estremo una fonte di luce, all’altro<br />
estremo un modello di<br />
due metri di una proteina, la<br />
poliglicina. I due uomini che<br />
stanno segnando i contorni<br />
dell’ombra su un foglio disteso<br />
sulla parete retrostante il modello,<br />
sono il fisico Francis<br />
Crick, e il biologo Alexander<br />
Rich. Scorre l’anno 1955. I sotterranei<br />
sono quelli del palazzo<br />
principale del Cavendish<br />
nell’università di Cambridge, in<br />
Inghilterra. A Cavendish sta<br />
nascendo e si sta affermando<br />
la biologia molecolare, una<br />
scienza di confine fra la chimica,<br />
la fisica e la biologia. I due<br />
analizzatori di ombre fanno<br />
parte di un gruppo di ricercatori<br />
da premio nobel. È il gruppo<br />
che fa capo a un biochimico e<br />
cristallografo: Max Ferdinand<br />
Perutz, una vita dedicata alla<br />
ricerca, premio Nobel per la<br />
chimica nel1962 con John<br />
Kendrew. Bisognava scoprire<br />
la struttura delle proteine e,<br />
per studiarle, occorreva cristallizzarne<br />
le molecole in laboratorio.<br />
Perutz passò decenni a<br />
fotografare con i raggi X le molecole<br />
cristallizzate di emoglobina.<br />
Oggi si sta costruendo<br />
un microscopio superpotente<br />
in grado di vedere e fotografare<br />
atomi e oggetti microscopici<br />
mentre si muovono; ma allora i<br />
mezzi erano praticamente artigianali.<br />
I primi computer per i<br />
calcoli, un groviglio di fili, di tubi<br />
e di valvole, occupavano due<br />
piani del laboratorio. La nascita<br />
della biologia molecolare<br />
raccontata attraverso la storia<br />
di Max Perutz. Un frughio -<br />
simpaticamente femminile -<br />
fra le carte di Perutz e <strong>dei</strong> suoi<br />
colleghi di avventura. Un libro<br />
che racconta come l’infinitamente<br />
piccolo diventa osservabile<br />
attraverso un gioco di riflessi.<br />
Giusto una neurobiologa<br />
e giornalista poteva scriverlo.<br />
E chissà se Marta Paterlini<br />
si è sentita sfiorare dal mito<br />
platonico della caverna mentre<br />
scriveva:“... la natura che si<br />
nasconde a tutti i costi”.<br />
Marta Paterlini,<br />
Piccole visioni.<br />
La grande storia<br />
di una molecola,<br />
Codice Edizioni,<br />
Torino maggio 2006,<br />
pagine 264, euro 19,00<br />
di Alberto Roccatano<br />
Sono gli adulti che si preoccupano<br />
del futuro e che cercano<br />
di immaginarlo attraverso<br />
i comportamenti giovanili.<br />
Ma se le nuove generazioni<br />
vivono in una sorta di<br />
presente assoluto e chiamano<br />
il futuro “sogno”, a causa<br />
di una precarietà ed incertezza,<br />
anche esistenziale,<br />
espansa dal processo di globalizzazione<br />
in atto, che futuro<br />
prefigura questo rapporto<br />
sulla città di Milano. È il<br />
problema migratorio che fa<br />
da sfondo generale a questo<br />
rapporto. Infatti Milano, una<br />
città complessa in cui accanto<br />
a nicchie di benessere<br />
economico convivono sacche<br />
di disagio sociale, è una<br />
città dove cresce il numero<br />
<strong>dei</strong> giovani stranieri e diminuisce<br />
quello <strong>dei</strong> giovani italiani.<br />
Ci aspetta una convivenza<br />
obbligata fra culture<br />
ed etnie diverse, mentre i<br />
giovani, italiani e no, dovranno<br />
fare i conti con l’incertezza<br />
del lavoro. È la precarietà<br />
la base delle maggiori opportunità<br />
di lavoro offerto ai<br />
giovani. Il mondo del lavoro<br />
giovanile è come un campo<br />
da gioco (senza arbitro) che<br />
continua a cambiare. I giovani<br />
sono costretti ai suoi bordi<br />
pronti ad entrare, senza nes-<br />
sun allenatore-sindacato<br />
che indichi i tempi, consapevoli<br />
che sarà una esperienza<br />
solitaria. Un campo da gioco<br />
dove la rendita di posizione<br />
non esisterà più, perché la<br />
formazione culturale e professionale<br />
si annuncia ormai<br />
continua e permanente, se<br />
si vuole evitare la marginalità<br />
culturale e tecnologica e<br />
quindi la perdita del lavoro.<br />
Eppure è una città dove si<br />
possono trovare giovani, anche<br />
se in difficoltà e senza<br />
certezze, che non rifiutano<br />
di impegnarsi nel sociale attraverso<br />
il volontariato. Sono<br />
le famiglie “di riferimento”<br />
che tendono invece a divenire<br />
eterotopiche rispetto alla<br />
società: uno spazio altro<br />
(non definito dalle mura domestiche)<br />
protetto dalle intrusioni<br />
della vita esterna, vissuta<br />
come nemica e da cui invece<br />
occorre proteggersi e<br />
proteggere i figli. Inatteso come<br />
scenario futuro.<br />
Eugenio Zucchetti<br />
(a cura di),<br />
Milano 2006.<br />
Rapporto sulla città,<br />
presentazione di Marco<br />
Garzonio,<br />
Fondazione<br />
Ambrosianeum,<br />
Editrice Franco Angeli<br />
Milano 2006<br />
pagine 220<br />
38 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Matteo Scanni,<br />
Ruben H. Oliva<br />
‘O Sistema. Un’indagine<br />
senza censure sulla camorra<br />
Angela G. Ferrari,<br />
Alberto Re<br />
Graffiti dell’anima<br />
Raffaello Vignali<br />
Eppur si muove.<br />
Innovazione<br />
e piccola impresa<br />
Periodicamente a Napoli<br />
scoppia una faida per il controllo<br />
del territorio e la camorra<br />
si guadagna le aperture<br />
<strong>dei</strong> telegiornali, ma al<br />
decimo morto consecutivo<br />
scompare. Di camorra si<br />
scrive poco, nonostante gli<br />
oltre 2700 morti negli ultimi<br />
vent’anni.<br />
Matteo Scanni e Ruben<br />
Oliva hanno deciso di volerci<br />
capire di più, sono partiti<br />
da Milano, armati di telecamera<br />
e taccuino, e hanno<br />
confezionato un’inchiesta,<br />
documentario più libro, che<br />
mostra i meccanismi del<br />
Sistema (termine usato dai<br />
camorristi) intorno al quale<br />
girano enormi interessi economici.<br />
Basti pensare che i<br />
clan si spartiscono una torta<br />
da 28.451 milioni di euro divisi<br />
tra: narcotraffico (16.459<br />
milioni), appalti pubblici truccati<br />
(5.878 milioni), prostituzione<br />
(587 milioni), usura<br />
(4.703 milioni) e traffico di<br />
armi (824 milioni).<br />
Il film è un racconto corale<br />
che parte dal basso, da quei<br />
vicoli dove la gente respira<br />
quotidianamente violenza a<br />
base di agguati ed estorsioni.<br />
Si vedono politici coraggiosi,<br />
come il senatore Lorenzo<br />
Diana, combattere la<br />
camorra e vivere sotto scorta.<br />
Ci sono le testimonianze<br />
<strong>dei</strong> magistrati e <strong>dei</strong> poliziotti<br />
che cercano di ricostruire i<br />
percorsi criminali <strong>dei</strong> clan.<br />
Quelle <strong>dei</strong> giornalisti locali<br />
che, incuranti delle minacce,<br />
raccontano di alleanze, di<br />
arresti e regolamenti di conti.<br />
Gli autori ci mostrano la<br />
droga di Scampia e ci spiegano<br />
la faida di Secon-<br />
di Massimiliano Lanzafame<br />
digliano, tra il clan Di Lauro<br />
e gli scissionisti, che ha lasciato<br />
sul campo 47 vittime.<br />
Un capitolo a parte è per la<br />
saga della famiglia Giuliano<br />
che per quasi mezzo secolo<br />
ha fatto di Forcella il cuore illegale<br />
della città. Poi le riprese<br />
si spostano fuori<br />
Napoli, a Casal di Principe,<br />
feudo del clan <strong>dei</strong> casalesi,<br />
gli unici esponenti camorristici<br />
che, come i corleonesi<br />
in Sicilia, sono espressione<br />
di una mafia locale e contadina.<br />
I casalesi controllano<br />
la prostituzione di Castelvolturno<br />
e hanno il monopolio<br />
del traffico illegale <strong>dei</strong> rifiuti,<br />
che negli ultimi cinque<br />
anni ha fruttato 20.000 miliardi<br />
di vecchie lire. Intanto<br />
l’inquinamento distrugge il<br />
territorio e sempre più persone<br />
si ammalano di tumore.<br />
È un quadro desolante con<br />
una camorra che, noncurante<br />
degli arresti e pentimenti,<br />
continua a reclutare<br />
nuovi affiliati. “Il Sistema -<br />
spiega il sostituto procuratore<br />
Giuseppe Narducci -<br />
quando individua il giovane,<br />
se lo coltiva, si fa carico del<br />
suo nucleo d’origine, della<br />
madre, del padre, <strong>dei</strong> fratelli,<br />
eventualmente della moglie<br />
e <strong>dei</strong> figli, si occupa delle<br />
spese legali in caso di detenzione,<br />
procura buoni avvocati.<br />
Il Sistema segue l’affiliato<br />
nei momenti più importanti<br />
della sua vita: matrimonio,<br />
impegni di spesa per<br />
l’auto, l’affitto.Tutto”.<br />
M. Scanni, R. H. Oliva,<br />
‘O Sistema, Rizzoli, 2006,<br />
pagine 115, euro 19,50<br />
di Filippo Senatore<br />
Bisogna fare il possibile per<br />
fermare il numero impressionante<br />
d’incidenti sulle strade<br />
del Belpaese.<br />
La regola prima è far prevalere<br />
il senso civico degli automobilisti<br />
che non rispettano<br />
le regole mettendo in pericolo<br />
se stessi e gli altri.<br />
Le vittime della strada sono la<br />
prima causa di morte in Italia.<br />
Le stragi del sabato sera<br />
coinvolgono soprattutto i giovani<br />
e i giovanissimi. È un’inchiesta<br />
sul dolore di coloro i<br />
quali rimangono impotenti rispetto<br />
alla vulnerabilità della<br />
vita. I fatti si svolgono<br />
all’Ospedale civile di Brescia,<br />
situato in una zona ad altissima<br />
mortalità per incidenti<br />
stradali.<br />
Durante i lavori di ristrutturazione<br />
e di ripulitura <strong>dei</strong> muri<br />
all’interno del nosocomio,<br />
Angela Ferrari scopre scritte<br />
di speranza e di disperazione<br />
<strong>dei</strong> familiari e degli amici delle<br />
vittime. Alberto Re prima che<br />
intervenga l’imbianchino, fotografa<br />
i graffiti destinati alla<br />
cancellazione. Il libro è un reportage<br />
sulla decifrazione<br />
delle parole, scritte sui muri<br />
delle sale d’attesa del pronto<br />
soccorso, delle scale e delle<br />
anticamere <strong>dei</strong> vari reparti<br />
dell’ospedale.<br />
Lo scopo è sensibilizzare le<br />
persone sui problemi della sicurezza<br />
stradale.<br />
Descrizione <strong>dei</strong> volti intubati<br />
nelle sale di rianimazioni come<br />
monito alla prudenza. “È<br />
già il quinto giorno che dormi;<br />
mi sembra che potrebbe bastare,<br />
non credi Apri gli occhi<br />
e torna con noi!” è uno <strong>dei</strong><br />
tanti messaggi struggenti.<br />
“Ma lasciate che a voi non la<br />
sveli, castissime stelle” (Shakespeare).<br />
Gli autori commentano le<br />
scritte con citazioni di Rousseau<br />
e Platone, Pessoa e<br />
Goethe.<br />
I graffiti ricordano le lapidi romane<br />
lungo le strade consolari.<br />
La disperazione nella ricerca<br />
del recupero di un passato<br />
dissolto, cede alla consolazione<br />
del racconto di una<br />
vita, delle consuetudini quotidiane<br />
fermate dalla memoria<br />
come l’emblema della descrizione<br />
di un volto caro.<br />
Il libro illustrato è corredato<br />
da lettere e pensieri <strong>dei</strong> familiari<br />
delle vittime raccolte dai<br />
curatori: “La strada deve essere<br />
luogo di vita, di progresso,<br />
di crescita umana e sociale<br />
e non di morte” riferisce<br />
il genitore di una vittima della<br />
strada. Grazie alla mobilitazione<br />
delle associazioni e<br />
delle istituzioni pubbliche, si<br />
cerca di ridurre il danno ed il<br />
numero d’incidenti con campagne<br />
pubbliche diffuse con<br />
spot televisivi e messaggi<br />
pubblicitari.<br />
Nel corso dell’anno passato il<br />
libro, grazie all’Associazione<br />
familiari e vittime delle strade<br />
onlus, è stato diffuso nelle<br />
scuole per sollecitare il senso<br />
di responsabilità tra i ragazzi<br />
freschi di patente.<br />
Conferenze itineranti hanno<br />
tentato e tentano di educare<br />
alla prudenza ed al rispetto<br />
del codice della strada per<br />
evitare vite spezzate, coma<br />
profondo e sedie a rotelle.<br />
Il libro di segni e disegni, aiuta<br />
a rispettare il codice della<br />
vita.<br />
Angela G. Ferrari, Alberto<br />
Re, Graffiti dell’anima,<br />
Vannini editrice,<br />
pagine 96, euro 13,00<br />
di Giacomo Ferrari<br />
L’innovazione è un problema<br />
che riguarda soltanto le<br />
grandi aziende Niente affatto.<br />
Bisogna superare i<br />
luoghi comuni che circondano<br />
questo concetto. Per<br />
prima cosa l’innovazione<br />
non significa soltanto tecnologia.<br />
In secondo luogo<br />
l’oggetto dell’innovazione<br />
non si limita al prodotto e al<br />
processo produttivo, ma<br />
comprende un universo assai<br />
più vasto. Tanto vasto<br />
che anche una piccola bottega<br />
artigiana, se vuole, fa<br />
dell’innovazione ogni giorno.<br />
È questo il messaggio<br />
contenuto in un agile volume<br />
che ogni piccolo imprenditore<br />
o aspirante tale<br />
dovrebbe leggere e meditare.<br />
Lo ha scritto Raffaello<br />
Vignali, presidente della<br />
Compagnia delle opere,<br />
l’associazione di piccole e<br />
medie imprese di ispirazione<br />
cattolica che vanta ben<br />
34 mila aderenti. Sociologo,<br />
43 anni, Vignali ha diretto<br />
l’Irer (Istituto regionale di ricerca<br />
della Lombardia) e<br />
insegna Management della<br />
ricerca pubblica e dell’alta<br />
formazione presso il<br />
Politecnico di Milano: è<br />
uno, insomma, che ha maturato<br />
l’esperienza necessaria<br />
per intervenire su<br />
questo delicato tema.<br />
Il libro è uscito alla vigilia<br />
del workshop organizzato a<br />
Milano (fine novembre<br />
2006) dalla Compagnia<br />
delle opere, che ha richiamato<br />
nei padiglioni della<br />
Fiera a Rho-Pero oltre mille<br />
piccole e medie imprese. E<br />
proprio da questa manifestazione<br />
sono arrivate le<br />
conferme delle tesi sostenute<br />
da Vignali. Tra gli<br />
espositori erano presenti<br />
imprenditori di ogni età e<br />
operanti nei più diversi settori<br />
merceologici. Sono<br />
emerse storie di successo,<br />
raccontate dai protagonisti,<br />
che potrebbero tranquillamente<br />
trovare posto in una<br />
raccolta dedicata a chi ha<br />
un’idea imprenditoriale e<br />
vuole verificarne le possibilità<br />
di realizzazione. Storie,<br />
inoltre, tutte costruite proprio<br />
intorno a un’idea innovativa.<br />
Ma ritorniamo al libro di<br />
Vignali. Il tema dell’innovazione<br />
è affrontato a 360<br />
gradi, attraverso una ricerca<br />
accurata, ricca di esempi<br />
e di case history. Ma soprattutto<br />
indica il percorso<br />
da seguire, in un’ottica che<br />
ha colto molto bene<br />
Adriano De Maio, rettore<br />
del Politecnico di Milano,<br />
nella postfazione: quella<br />
dell’ “assoluta centralità<br />
dell’uomo”. Perché, sono<br />
sempre sue parole, “il vero<br />
capitale di un’impresa è dato<br />
dalle persone che vi lavorano,<br />
innanzitutto, e dalla<br />
rete di persone esterne con<br />
cui si hanno rapporti”. Da<br />
qui la tesi centrale del libro,<br />
richiamata anche nelle<br />
conclusioni: l’innovazione,<br />
così come la creatività, “è<br />
una dimensione propria del<br />
capitale umano, non delle<br />
organizzazioni”.<br />
Raffaello Vignali<br />
Eppur si muove.<br />
Innovazione e<br />
piccola impresa,<br />
Guerini & Associati-<br />
Fondazione per la<br />
Sussidiarietà,<br />
pagine 186, euro 15,00<br />
Romano F. Cattaneo<br />
Antonio Locatelli<br />
tra eroismo e cultura<br />
Lello Gurrado<br />
Nomination<br />
di Massimiliano Lanzafame<br />
di Massimiliano Lanzafame<br />
Il libro narra le gesta del bergamasco<br />
Antonio Locatelli,<br />
eroe di guerra dell’aviazione<br />
italiana (decorato con tre medaglie<br />
d’oro). Pilota di straordinario<br />
talento e coraggio, si<br />
ricorda per il suo volo su<br />
Vienna in squadra con<br />
D’Annunzio, nel 1918, quando<br />
sommerse gli austriaci<br />
con una pioggia di volantini<br />
tricolori. L’anno seguente,<br />
s’imbarcò per l’Argentina dove,<br />
in aereo, fece la traversata<br />
del continente superando<br />
le Ande. Così, a soli ventitré<br />
anni, Locatelli inaugurò una<br />
nuova rotta aerea e s’inventò<br />
primo corriere postale della<br />
storia. Ma l’autore ci mostra<br />
anche un’altra faccia della<br />
personalità del protagonista,<br />
quella artistica, che svariava<br />
dalla poesia al disegno, dalla<br />
fotografia alla scrittura. Nel<br />
1924, edito da Treves, uscì il<br />
libro Le ali del prigioniero,<br />
scritto per ricordare l’avventurosa<br />
fuga dal campo d’internamento<br />
di Sigmundsherberg<br />
“travestito da soldato<br />
austriaco con documenti falsi”.<br />
Fu un ottimo cronista di<br />
guerra e un attento osservatore<br />
delle realtà in cui s’imbatteva<br />
nel suo peregrinare<br />
per il mondo, ma seppe dare<br />
la giusta attenzione alla sua<br />
città dirigendo La Rivista di<br />
Bergamo. Carlo De Martino,<br />
presidente <strong>dei</strong> giornalisti lombardi<br />
per circa venticinque<br />
anni, che fu redattore capo<br />
della testata ai tempi di<br />
Locatelli, lo descriveva così:<br />
“Fa il direttore, assegna argo-<br />
menti da trattare, escogita temi<br />
inconsueti, cura le attualità<br />
[...]. Giornalista pronto a<br />
trattare con dimestichezza gli<br />
argomenti più disparati, ma<br />
anche giornalista istintivo se<br />
si tien conto di tutte le serate<br />
da lui trascorse al Duse o al<br />
Nuovo, seduto in platea intento<br />
a ritrarre con la matita<br />
le opposte espressioni degli<br />
spettatori e gli atteggiamenti<br />
delle ballerine viennesi della<br />
Compagnia Schwarz, di cui<br />
riferirà sulla Rivista in diciotto<br />
schizzi senza testo”.<br />
Romano F. Cattaneo,<br />
Antonio Locatelli<br />
tra eroismo e cultura,<br />
Ferrari Editrice,<br />
Bergamo 2005,<br />
pagine 128, euro 10,00<br />
Immaginate un’isola sperduta<br />
nel Pacifico e otto spietati<br />
assassini, già condannati<br />
a morte, rinchiusi in un<br />
ranch spiati ventiquattr’ore<br />
su ventiquattro dalle telecamere.<br />
Cosa può succedere<br />
Il più assurdo reality<br />
show mai realizzato, che<br />
non mette in palio solo soldi,<br />
ma il “premio” più impensabile<br />
per un gioco: la vita<br />
umana. Ogni sabato sera, il<br />
pubblico vota, per decidere<br />
chi dev’essere giustiziato in<br />
diretta.<br />
Si discute spesso sulla deriva<br />
televisiva e sulla crescente<br />
insofferenza del<br />
pubblico telespettatori verso<br />
i reality. Lello Gurrado, nel<br />
suo primo romanzo noir,<br />
scritto col linguaggio e il piglio<br />
del cronista, appassiona<br />
il lettore pensando una<br />
tv che si spinge fino al punto<br />
di non ritorno.<br />
L’Esecuzione, è questo il<br />
nome dato alla trasmissione,<br />
riesce a incollare davanti<br />
agli schermi un’intera<br />
nazione. Nei bar, per strada<br />
e sui giornali americani non<br />
si parla d’altro. Sociologi e<br />
psicologi s’interrogano sulle<br />
personalità <strong>dei</strong> concorrenti.<br />
In video scorrono le immagini<br />
<strong>dei</strong> detenuti, che raccontano<br />
le loro agghiaccianti<br />
storie e si formano i<br />
partiti pro e contro i vari protagonisti<br />
dello show. Ci sono<br />
le prime nomination e le<br />
prime esecuzioni, ma di colpo<br />
la situazione va fuori<br />
controllo: i reclusi si ribella-<br />
no prendendo in ostaggio<br />
chi lavora alla realizzazione<br />
della trasmissione. Regista,<br />
conduttore, tecnici e produttori<br />
si ritrovano di colpo<br />
concorrenti del gioco e rischiano<br />
di morire se “nominati”<br />
dal pubblico.<br />
La politica non può stare a<br />
guardare degli innocenti<br />
che rischiano di morire,<br />
l’America va incontro a una<br />
pericolosa deriva della giustizia<br />
con ripercussioni disastrose<br />
sull’opinione pubblica.<br />
Allora decide di usare la<br />
forza, ma l’esito non è scontato,<br />
l’unica certezza è che<br />
va in onda il reality shock.<br />
Lello Gurrado,<br />
Nomination, Fanucci<br />
Editore, Roma 2006,<br />
pagine 215, euro 14,00<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
39
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Michele Ainis<br />
Vita e morte di una Costituzione.<br />
Una storia italiana<br />
Andrea Nicastro<br />
Nassiriya. Bugie<br />
tra pace e guerra<br />
Michele Cucuzza<br />
Ma il cielo è sempre più blu<br />
di Rosa Alba Bucceri<br />
Un’insolita pagina pubblicitaria<br />
è apparsa in rete e nei<br />
quotidiani all’inizio anno.<br />
L’oggetto, reclamizzato dal<br />
Governo, è la nostra Costituzione,<br />
prossima ai sessant’anni:<br />
traguardo per<br />
nulla scontato qualche mese<br />
fa.<br />
L’headline reca memoria<br />
dello scampato pericolo avvisando<br />
gli italiani che la<br />
Costituzione c’è, è dappertutto,<br />
anche se non si vede.<br />
Un pizzico d’enfasi non<br />
guasta, anzi fa bene.<br />
Purché non ci sfugga che la<br />
sopravvivenza della Carta<br />
del ‘47, garantita dal referendum,<br />
può equivalere a<br />
una morte di fatto.<br />
Un saggio, tra i numerosi<br />
scritti in suo soccorso - Vita<br />
e morte di una Costituzione.<br />
Una storia italiana -<br />
continua a ricordarcelo.<br />
“Il risultato delle urne - ribadisce<br />
l’autore, il giurista Michele<br />
Ainis - non annulla gli<br />
effetti di una delegittimazione<br />
di lungo corso, con cui<br />
tocca fare i conti”. Come dire<br />
che la partita è ancora<br />
da giocare. Perché la Costituzione<br />
- voluta e snobbata,<br />
massacrata e salvata<br />
in extremis - chiede ancora<br />
di essere applicata: è la rivoluzione<br />
vagheggiata in<br />
chiusura del libro. Con buona<br />
pace del pessimismo<br />
esibito nel titolo, contraddetto<br />
del resto dalla difesa<br />
puntigliosa della Carta, cui<br />
l’autore non riconosce altro<br />
difetto che i suoi indiscutibili<br />
pregi. E ci costa ammettere<br />
che la storia della sua mancata<br />
attuazione, che è la<br />
storia del nostro fallimento<br />
politico e civile, restituisce<br />
degli italiani ipocriti, mediocri<br />
pure nella parte del<br />
bell’Antonio.<br />
La vicenda costituzionale è<br />
offerta al lettore come un<br />
giallo, con tanto di vittima,<br />
la Costituzione e un colpevole<br />
principale, il sistema<br />
partitocratico. Che però è<br />
attecchito e cresciuto con la<br />
benedizione acquiescente<br />
di noi tutti, responsabili in<br />
qualche misura.<br />
Gli strali dell’autore non risparmiano<br />
i padri costituenti<br />
- Calamandrei, Scelba<br />
- né i giuristi, colpevoli di<br />
snobismo e mancata divulgazione.<br />
Il primo <strong>dei</strong> nove capitoli di<br />
cui si compone il saggio, ci<br />
porta sulla scena dell’ultimo<br />
delitto: la baita di<br />
Lorenzago. È lì che nell’agosto<br />
del 2003 la nostra<br />
Costituzione, già stremata<br />
da due decenni di incursioni<br />
maldestre denominate<br />
riforme, subisce l’ultimo<br />
massacro, in allegria. Se la<br />
sbrigano pochi “saggi” in<br />
poche giornate estive.<br />
Senza testimoni e nell’indifferenza<br />
generale, come<br />
nella migliore tradizione<br />
noir. Perché lo smantellamento<br />
della Costituzione<br />
ha intaccato legalità, giustizia<br />
e diritti, compreso quello<br />
all’informazione, presidio<br />
delle democrazie.<br />
Eppure, tre anni dopo, gli<br />
italiani corrono a salvarla,<br />
nelle urne, a colpi di no. In<br />
un soprassalto di sana diffidenza<br />
verso l’ultima novità<br />
di dubbio raccatto e pessima<br />
fattura. O forse di nostalgia,<br />
la stessa che pervade<br />
i capitoli centrali del libro,<br />
dalla nascita della Costituzione<br />
- travagliata eppure<br />
partecipata, dai 556<br />
costituenti come dai comuni<br />
cittadini - al felice intermezzo<br />
degli anni 60 e 70,<br />
stagione <strong>dei</strong> diritti e delle<br />
speranze di attuazione.<br />
Deluse, a causa anche <strong>dei</strong><br />
tradimenti, cominciati quando<br />
la Carta era ancora “in<br />
fasce”, <strong>dei</strong> sabotaggi (emblematico<br />
quello delle<br />
Regioni) culminati in una sistematica<br />
disapplicazione.<br />
La grande trovata delle<br />
“grandi riforme” inaugura<br />
poi una storia di tentativi<br />
falliti (tre Bicamerali, 687<br />
progetti depositati), frutto<br />
del gioco perverso di una<br />
partitocrazia bisognosa di<br />
capri espiatori e disposta,<br />
per accreditarsi, a passare<br />
sul cadavere della Costituzione.<br />
Michele Ainis,<br />
Vita e morte di una<br />
Costituzione.<br />
Una storia italiana,<br />
Laterza (Saggi Tascabili)<br />
2006,<br />
pagine 170, euro 10,00<br />
di Filippo Senatore<br />
“Non riesco più a ricordare<br />
com’è una città in pace”.<br />
Sono le parole di un cittadino<br />
iracheno che sogna di<br />
poter camminare per Nassiriya<br />
senza avere niente da<br />
temere. Il rapporto di fratellanza<br />
e di amicizia sul campo<br />
consente al giornalista di<br />
avere più notizie e di entrare<br />
nel doloroso ed intricato groviglio<br />
che è la guerra. I reportage<br />
di Egisto Corradi,<br />
Goffredo Parise e Tiziano<br />
Terzani, sono rivelatori di<br />
dialogo sul campo.<br />
Andrea Nicastro con la sua<br />
testimonianza <strong>dei</strong> fatti, Nassiriya.<br />
Bugie tra pace e guerra<br />
racconta gli avvenimenti<br />
accaduti a Nassiriya spiegando<br />
i differenti ruoli svolti<br />
dalla missione italiana dal<br />
2003.<br />
Il libro comprende un Dvd da<br />
lui realizzato con una piccola<br />
telecamera che supporta la<br />
veridicità <strong>dei</strong> fatti raccontati.<br />
Egli spiega lo scopo della<br />
missione americana e di<br />
quella italiana.<br />
Il parlamento italiano il 14<br />
maggio 2003 chiede ai soldati<br />
di “garantire la sicurezza<br />
essenziale per un aiuto effettivo<br />
alla popolazione e per<br />
contribuire alle attività d’intervento,<br />
più urgente nel ripristino<br />
delle infrastrutture e<br />
<strong>dei</strong> servizi essenziali”.<br />
I carabinieri catapultati a<br />
Nassirya vivono la dicotomia<br />
di un mandato non chiaro:<br />
quello di missione di pace, ritenuto<br />
tale dagli italiani in<br />
patria e quello reale di garante<br />
della sicurezza in virtù<br />
degli accordi internazionali e<br />
delle regole d’ingaggio.<br />
Quale forza militare non viene<br />
dotata <strong>dei</strong> mezzi idonei di<br />
attacco (inquietante il rifiuto<br />
di operazione militare da<br />
parte di una squadra di avieri)<br />
e quale missione di pace<br />
non dispone di risorse necessarie<br />
ad avviare la ricostruzione.<br />
Malgrado ciò, i militari si<br />
mettono al lavoro principalmente<br />
come forza di pace. I<br />
generali e i funzionari diventano<br />
manager avviando lavori<br />
per la ricostruzione di<br />
scuole, per la riparazione di<br />
acquedotti e per far ripartire<br />
le centrali elettriche. Il rapporto<br />
con le autorità locali e<br />
gli sceicchi corrotti, armati<br />
con una propria milizia, è difficoltoso.<br />
La polizia locale è<br />
male equipaggiata, uno stipendio<br />
da fame e non riscuote<br />
il rispetto della popolazione.<br />
I carabinieri addestrano gli<br />
agenti ad essere reattivi, pena<br />
il licenziamento, e impongono<br />
la loro subordinazione<br />
alla magistratura e all’amministrazione<br />
civile.<br />
I militari italiani si muovono<br />
diversamente dalle forze anglo-americane<br />
riscuotendo<br />
solidarietà da parte della popolazione.<br />
Ciò non basta. La situazione<br />
precipita e il ruolo della missione<br />
è di garantire la sicurezza:<br />
la strage del 13 novembre<br />
(White Horse) nella<br />
quale perdono la vita soldati<br />
italiani e civili iracheni è il<br />
momento della svolta. Il gioco<br />
cambia e si fa più duro.<br />
I militari non parlano più con<br />
i giornalisti; sono scoraggiati<br />
i contatti (specie dopo la<br />
Battaglia <strong>dei</strong> Ponti in aprile<br />
2004). Nicastro spiega come<br />
è andata. Secondo la sua ricostruzione<br />
gli italiani hanno<br />
combattuto bene senza rischi<br />
inutili e senza strafare.<br />
Hanno evitato di fare vittime.<br />
Le fonti irachene confermano<br />
la sua versione.<br />
La tregua è stata negoziata<br />
da Barbara Contini la quale<br />
ha mostrato coraggio e doti<br />
diplomatiche.<br />
Tuttavia viene proclamata la<br />
guerra santa da parte di Aws<br />
Al Kafaji (capo delle milizie<br />
fondamentaliste, e seguace<br />
di Al Sadr) Nel maggio 2004<br />
la tregua salta. La città è in<br />
mano ai rivoltosi e vivrà giornate<br />
di terrore.<br />
Alcuni soldati italiani sono<br />
feriti e il lagunare Matteo<br />
Vanzan morirà per mancanza<br />
di soccorsi.<br />
I soldati combattono per tre<br />
giorni, completamente isolati<br />
e senza viveri, e potranno<br />
evacuare la palazzina solo<br />
grazie all’intervento provvidenziale<br />
degli inglesi.<br />
Andrea Nicastro<br />
Nassiriya. Bugie<br />
tra pace e guerra,<br />
Reportage su carta e dvd,<br />
prefazione di Ettore Mo<br />
pagine 255, euro 18,00<br />
di Filippo Senatore<br />
Nel 1835 Alexandre Dumas<br />
viaggiando in Calabria coglie<br />
l’essenza della malavita<br />
organizzata, compromesso<br />
con l’apparato dello Stato. Il<br />
pluri-omicida dell’epoca Santo<br />
Coraffe paga alla polizia<br />
una piccola rendita per essere<br />
lasciato tranquillo.<br />
Nel 1902 il vice pretore di<br />
Oppido conferma le impressioni<br />
dell’autore del Conte di<br />
Montecristo e <strong>dei</strong> Tre Moschettieri:<br />
“Detta associazione<br />
(ndr la ‘ndrangheta) non aveva<br />
soltanto per scopo la manomessione<br />
della proprietà e<br />
persone, ma anche l’amministrazione<br />
della giustizia”.<br />
Tra il 1970 e il 1990 si scatena<br />
la stagione della mattanza<br />
per la conquista e il consolidamento<br />
<strong>dei</strong> blasoni delle<br />
‘ndrine calabresi.<br />
In questo periodo i delitti eccellenti<br />
sono pochissimi per<br />
evitare interferenze nel nuovo<br />
potere feudale. Secondo Curzio<br />
Maltese “La lotta alla criminalità<br />
sembra una metafora<br />
di Achille e la tartaruga.<br />
Per quanto le forze dell’ordine<br />
s’impegnino contro le mafie,<br />
accelerando il passo, arrivano<br />
sempre in ritardo sulla<br />
realtà”. Il fenomeno è internazionale<br />
e si irradia a Milano, a<br />
Sydney ecc.<br />
Il 16 ottobre 2005 Francesco<br />
Fortugno, vice presidente del<br />
Consiglio regionale viene ucciso<br />
a Locri, davanti a molti<br />
testimoni con i killer a volto<br />
scoperto. È una domenica in<br />
cui si svolgono le primarie<br />
dell’Unione.<br />
Michele Cucuzza, giornalista,<br />
volto noto della Rai, riprende<br />
il taccuino del vecchio cronista<br />
per indagare sui fatti di<br />
Calabria. Una voce responsabile<br />
in un momento grave<br />
nella vita civile calabrese.<br />
Sceglie nel taccuino il titolo di<br />
una canzone de crotonese<br />
Rino Gaetano, Ma il cielo è<br />
sempre più blu come viatico<br />
di speranza.<br />
A differenza del predecessore<br />
Alexandre Dumas che<br />
aveva come unico rieferente<br />
del potere locale, il barone<br />
Mollo di Cosenza, l’autore si<br />
reca nei fortilizi del potere locale<br />
e della società civile per<br />
interrogare sia testimoni resistenti<br />
che rassegnati. I calabresi<br />
parlano al microfono<br />
aperto del cronista senza intermediazioni,<br />
a volte per luoghi<br />
comuni e frasi scontate a<br />
volte accendendo speranze<br />
nuove di riscatto.<br />
Colpisce la semplicità e la<br />
determinatezza del vescovo<br />
di Locri Gian Carlo Bregantini<br />
che diffonde la cultura<br />
della legalità e del rifiuto della<br />
sopraffazione. I ragazzi di<br />
Locri hanno detto a viso<br />
aperto basta con la ’ndrangheta.<br />
Certezza della pena<br />
per chi vìola la legge, educazione<br />
e rispetto delle leggi<br />
nelle scuole e nella società<br />
civile. È il minimo comune<br />
denominatore per arrivare alla<br />
normalità e partire per un<br />
riscatto economico.<br />
Uno <strong>dei</strong> maggiori esperti di,<br />
ndrangheta, Enzo Ciconte,<br />
focalizza l’aspetto del consenso<br />
di massa. L’attività criminale<br />
organizzata rappresenta<br />
uno strumento formidabile<br />
per far soldi e per assicurarsi<br />
una rapida promozione<br />
sociale, cui segue il conseguente<br />
potere e prestigio.<br />
È un modello in una società<br />
nella quale vivono duecentomila<br />
giovani disoccupati. Il<br />
blocco sociale aggregatosi in<br />
Calabria con il potere politico<br />
sfrutta pesantemente e depreda<br />
le risorse dello Stato.<br />
La democrazia sembra diventare<br />
evanescente e viene<br />
vista come un involucro,<br />
svuotato di contenuto e di<br />
credibilità. Quello che fa impressione<br />
in Calabria, rispetto<br />
al resto d’Italia, è che l’aristocrazia<br />
delle famiglie criminali<br />
si tramanda da generazioni<br />
alla stessa maniera delle<br />
famiglie degli uomini politici.<br />
Ricorrono sempre gli<br />
stessi cognomi come se la<br />
fatale frase del principe di<br />
Salina cristallizzi una realtà<br />
immutabile.<br />
L’omicidio Fortugno ha spezzato<br />
tale visione del mondo<br />
La risposta arriva da Alexandre<br />
Dumas nel suo racconto<br />
calabrese. “Ma poiché<br />
bisognerà sempre finire da<br />
dove si è cominciato, ricominciamo<br />
e questa volta nessuna<br />
grazia, vi prego”.<br />
Michele Cocuzza,<br />
Ma il cielo è sempre<br />
più blu,<br />
Editori Riuniti,<br />
pagine 139, euro 18,00<br />
Michele Ruggiero<br />
Nei secoli fedele allo Stato<br />
di Massimiliano Ancona<br />
Nell’estate del 1964, al giovane<br />
tenente <strong>dei</strong> carabinieri<br />
Nicolò Bozzo, viene affidato il<br />
compito di gestire le celle di sicurezza<br />
dell’aereoporto milanese<br />
di Linate. Celle delle<br />
quali nessuno conosce l’esistenza.<br />
Qualche mese dopo, allo<br />
scoppio dello “scandalo Sifar”<br />
(Servizio informazioni forze<br />
armate), scoprirà che avrebbe<br />
dovuto prendere in custodia<br />
i cosiddetti “enucleandi” -<br />
ovvero gli esponenti politici<br />
comunisti e socialisti - da trasferire<br />
in Sardegna, nel quadro<br />
del “Piano Solo”, il colpo di<br />
Stato progettato dal generale<br />
Giovanni De Lorenzo.<br />
Nel 1972, Bozzo viene chiamato<br />
allo Stato maggiore della<br />
“Pastrengo” e guarda con<br />
poco favore la formazione di<br />
un singolare gruppo di potere<br />
parallelo onnipresente nella<br />
strategia della tensione e in al-<br />
tri fatti oscuri che gravano sulla<br />
Repubblica italiana. Negli<br />
anni di piombo, il generale<br />
Carlo Alberto dalla Chiesa lo<br />
vuole accanto a sé nei reparti<br />
speciali antiterrorismo, di cui è<br />
responsabile per il settore del<br />
Nord Italia. Presidente del<br />
Cocer carabinieri, la rappresentanza<br />
militare dell’Arma,<br />
non esiterà a denunciare le<br />
connivenze e le infiltrazioni<br />
della loggia P2 di Licio Gelli.<br />
Una lealtà verso le istituzioni,<br />
quella di Bozzo, che non gli<br />
verrà mai perdonata da quei<br />
settori dell’Arma e della politica<br />
sensibili ai richiami del<br />
“gran maestro venerabile”.<br />
Così viene emarginato e relegato<br />
in una posizione periferica.<br />
Riesce ancora ad avere<br />
un ruolo di protagonista nell’indagine<br />
sul presidente della<br />
Regione Liguria, Alberto<br />
Teardo, ovvero l’avvio - remoto<br />
e quasi dimenticato - dell’inchiesta<br />
“Mani pulite”, e nelle<br />
indagini sulle bombe di<br />
Savona nel 1974-75. La sua<br />
carriera riprende soltanto alla<br />
fine degli anni Ottanta, dopo<br />
una serie di denunce personali<br />
e pubbliche, con un crescendo<br />
che lo porta ai vertici<br />
dell’Arma in Lombardia.<br />
Tutto questo è Nei secoli fedele<br />
allo Stato.L’arma, i piduisti, i<br />
golpisti, i brigatisti, le coperture<br />
eccellenti, gli anni di piombo<br />
nel racconto del generale<br />
Nicolò Bozzo scritto insieme a<br />
Michele Ruggiero per Fratelli<br />
Frilli editori.<br />
Ruggiero è un giornalista professionista<br />
che vive e lavora a<br />
Torino e in quest’opera completa<br />
e avvincente descrive,<br />
nella forma di un’ampia intervista-autobiografia,<br />
i 42 anni<br />
di servizio nell’Arma del generale<br />
Nicolò Bozzo: una carriera<br />
intensa e mai lineare in cui,<br />
per caso o per volontà personale,<br />
gli è accaduto di incrociare<br />
episodi e trame significative<br />
della complessa storia<br />
italiana. «Non ho rimpianti, rifarei<br />
tutto» chiude Bozzo, che<br />
a 72 anni ha ovviamente altre<br />
cose a cui pensare.<br />
Michele Ruggiero,<br />
Nei secoli fedele allo<br />
Stato. L’arma, i piduisti,<br />
i golpisti, i brigatisti,<br />
le coperture eccellenti, gli<br />
anni di piombo<br />
nel racconto del generale<br />
Nicolò Bozzo,<br />
Fratelli Frilli Editori,<br />
pagine 316, euro 15,00<br />
40 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Giuseppe Corasaniti<br />
Diritto e deontologia<br />
dell’informazione<br />
Mauro Paissan<br />
Privacy e Giornalismo<br />
Vito Tartamella<br />
Parolacce<br />
di Sabrina Peron<br />
La libertà di informazione<br />
rappresenta il nucleo vitale<br />
delle libertà civili ed il presupposto<br />
per l’esercizio di<br />
ogni altra libertà costituzionalmente<br />
riconosciuta.<br />
Difatti solo una stampa libera,<br />
unitamente al diritto di<br />
tutti di manifestare il proprio<br />
pensiero, costituiscono i<br />
presupposti di ogni società<br />
autenticamente democratica.<br />
Accanto alla libertà di<br />
informare - ossia il diritto di<br />
ricercare e diffondere informazioni<br />
con ogni mezzo -<br />
sta anche il diritto di essere<br />
informati, il che comporta la<br />
necessità di avere una pluralità<br />
di fonti informative, il libero<br />
accesso alle medesime<br />
e l’assenza di ingiustificati<br />
ostacoli legali alla circolazione<br />
di notizie e idee.<br />
Il volume di Giuseppe Corasaniti,<br />
destinato non solo a<br />
chi si avvia alla professione<br />
giornalistica, ma anche a<br />
tutti coloro che sono interessati<br />
ad approfondirne i<br />
molteplici aspetti giuridici,<br />
affronta, in maniera chiara,<br />
completa ed accurata, le<br />
problematiche connesse all’esercizio<br />
della professione<br />
giornalistica. Il manuale si<br />
apre con un’analisi della disciplina<br />
dell’ordinamento<br />
professionale <strong>dei</strong> giornalisti<br />
(funzionamento e poteri<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
praticantato e accesso alla<br />
professione, lavoro e previdenza<br />
etc.), per poi approfondire<br />
i vari aspetti deontologici:<br />
rispetto della personalità<br />
altrui; rispetto della<br />
verità; dovere di lealtà e<br />
buona fede; dovere di rettifica;<br />
rispetto del segreto professionale.<br />
Con riferimento<br />
alla deontologia, non manca<br />
l’imprescindibile disamina<br />
delle varie Carte, quali la<br />
Carta <strong>dei</strong> doveri del giornalista<br />
e la Carta di Treviso,<br />
del Codice deontologico<br />
adottato in materia di protezione<br />
<strong>dei</strong> dati personali e<br />
del Ccnl giornalisti (all’interno<br />
del quale particolare attenzione<br />
è dedicata ai poteri<br />
del direttore, alla clausola<br />
di coscienza ed ai diritti sindacali).<br />
Il manuale si chiude con un<br />
lungo capitolo dedicato alla<br />
regolamentazione dell’attività<br />
informativa. In riferimento<br />
alla quale, vengono<br />
anzitutto in rilievo le norme<br />
penali concernenti il reato<br />
di diffamazione (con le relative<br />
scriminanti elaborate in<br />
sede giurisprudenziale di<br />
verità, interesse pubblico e<br />
continenza) e la responsabilità<br />
del direttore, nonché<br />
quelle relative i reati di aggiotaggio<br />
(che si realizza<br />
quando, a mezzo di notizie,<br />
false, esagerate e tendenziose,<br />
si cagiona una variazione<br />
fraudolenta <strong>dei</strong> prezzi)<br />
e di insider trading (ossia<br />
la diffusione di notizie riservate<br />
al fine di speculare in<br />
Borsa su titoli societari),<br />
che interessano soprattutto<br />
il delicatissimo ambito del<br />
giornalismo economico e finanziario.<br />
E proprio per prevenire<br />
il fenomeno dell’insider<br />
trading ed affrontare il<br />
problema del conflitto d’interessi,<br />
il Consiglio nazionale<br />
dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />
ha approvato, nel febbraio<br />
2005, la nuova Carta<br />
<strong>dei</strong> doveri per i giornalisti<br />
dell’informazione economica<br />
e finanziaria, anch’essa<br />
analiticamente esaminata<br />
nel volume di Corasaniti.<br />
Se dunque non vi è vera<br />
democrazia senza libertà di<br />
informazione, legalità e garanzie<br />
sono, e rimangono, i<br />
valori fondamentali e qualificanti<br />
della professione<br />
giornalistica, che, come ricorda<br />
l’Autore nella sua<br />
premessa, mantiene il suo<br />
senso proprio perché trae<br />
negli altri la propria legittimazione.<br />
Il manuale Diritto<br />
e deontologia dell’informazione,<br />
in definitiva si propone<br />
quale strumento per non<br />
confondere l’informazione<br />
consapevole con il pregiudizio<br />
urlato, spesso in assenza<br />
di confronto con l’altro, o<br />
con l’annullamento spettacolare<br />
dell’avversario.<br />
Giuseppe Corasaniti,<br />
Diritto e deontologia<br />
dell’informazione,<br />
CEDAM, 2006,<br />
pagine 347, euro 30,00<br />
di Sabrina Peron<br />
Il volume Privacy e Giornalismo.<br />
Diritto di cronaca e diritti<br />
<strong>dei</strong> cittadini, a cura di<br />
Mauro Paissan (membro dell'autorità<br />
Garante per la protezione<br />
<strong>dei</strong> dati personali),<br />
edito dal Garante per la protezione<br />
<strong>dei</strong> dati personali, innova<br />
la precedente edizione<br />
del 2003 (già da tempo esaurita),<br />
con la pubblicazione di<br />
nuovi provvedimenti e di nuovi<br />
materiali di documentazione.<br />
Il libro si divide in quattro parti:<br />
la prima parte è dedicata al<br />
codice deontologico, da Paissan<br />
qualificato fonte secondaria,<br />
sia pure atipica, dell’ordinamento;<br />
la seconda, dal titolo<br />
Temi, contiene un bilancio<br />
sull’applicazione delle regole<br />
della Carta di Treviso a<br />
15 anni dalla sua adozione,<br />
nonché la pubblicazione <strong>dei</strong><br />
quesiti che l’<strong>Ordine</strong> nazionale<br />
<strong>dei</strong> giornalisti ha posto al<br />
Garante con riferimento ad<br />
alcune questioni particolarmente<br />
scottanti (pubblicazione<br />
di immagini, ivi comprese<br />
quelle di minori, la pubblicazione<br />
<strong>dei</strong> nomi di persone<br />
coinvolte in fatti di cronaca,<br />
etc.), con i chiarimenti forniti<br />
dal Garante sulla base delle<br />
decisioni rese e delle più recenti<br />
novità normative; la terza<br />
parte, consiste in una raccolta<br />
delle decisioni più significative<br />
rese dal Garante, negli<br />
anni 1997-2006 (rispetto<br />
alla prima edizione sono stati<br />
pubblicate le decisioni più recenti,<br />
mentre altre più risalenti<br />
sono state tolte); infine nell’ultima<br />
parte vengono allegati<br />
documenti normativi in materia<br />
di privacy.<br />
Premesso che in tema di privacy<br />
non esiste una ricetta<br />
valida sempre e comunque, è<br />
il giornalista a dover decidere,<br />
spesso sotto la pressione<br />
dell’urgenza, in base alla norme<br />
al Codice deontologico<br />
ed alla propria etica, tra le decisioni<br />
più recenti, di particolare<br />
interesse sono quelle relative<br />
al diritto all’oblio. Ad<br />
esempio, il Garante ha ritenuto<br />
che la pubblicazione di articoli<br />
giornalistici contenenti gli<br />
estremi identificativi di una<br />
vittima di un reato, la reiterata<br />
pubblicazione della sua immagine,<br />
della sua residenza<br />
e la descrizione di particolari<br />
sul suo stato di salute, specie<br />
in articoli pubblicati a notevole<br />
distanza di tempo dal fatto<br />
sia lesivo della normativa in<br />
materia di privacy. Parimenti<br />
sono state ritenute lesive le<br />
immagini trasmesse a distanza<br />
di tempo da un’emittente<br />
televisiva ritraenti, nell’ambito<br />
di un processo penale<br />
di grande interesse, una<br />
persona presente tra il pubblico,<br />
estranea al processo e<br />
poi collegata alla vicenda penale<br />
solo in virtù della sua relazione<br />
sentimentale con uno<br />
degli imputati. In questa fattispecie<br />
il Garante ha ritenuto<br />
che la riproposizione di una<br />
così delicata vicenda giudiziaria<br />
e personale abbia leso<br />
il diritto della persona a veder<br />
rispettata la propria rinnovata<br />
dimensione sociale e affettiva<br />
così come si è venuta definendo<br />
successivamente alla<br />
vicenda stessa,anche in relazione<br />
al proprio diritto all’identità<br />
personale.<br />
Numerose sono anche le decisioni<br />
del Garante relative ai<br />
minori, tese a salvaguardarne<br />
lo sviluppo dai rischi che<br />
la spettacolarizzazione delle<br />
vicende che li vedono coinvolti<br />
possano compromettere<br />
l’ordinato sviluppo del loro<br />
processo di maturazione. In<br />
ogni caso il Garante ha ribadito<br />
la prevalenza del diritto<br />
del minore alla riservatezza<br />
rispetto all’esercizio del diritto<br />
di cronaca, con la conseguenza<br />
che è precluso al<br />
giornalista la facoltà di diffondere<br />
dati idonei ad identificarlo<br />
anche solo indirettamente.<br />
Attenzione, il libro non è acquistabile<br />
in libreria ma bisogna,<br />
chiederne copia direttamente<br />
agli uffici del Garante<br />
(Garante protezione dati personali<br />
- URP - piazza Monte<br />
Citorio, n. 121, 00186 Roma)<br />
allegando 5,00 euro in francobolli<br />
quale contributo spese.<br />
Mauro Paissan,<br />
Privacy e Giornalismo,<br />
Ed. Il Grarante per<br />
la protezione <strong>dei</strong> dati<br />
personali,<br />
seconda edizione<br />
aggiornata, 2006,<br />
pagine 357<br />
di Michele Giordano<br />
A dispetto della copertina, più<br />
consona a un istant-book di<br />
un comico di Zelig, Parolacce<br />
di Vito Tartamella, caporedattore<br />
di Focus, è un saggio sul<br />
linguaggio ad alta profondità<br />
di campo. Si tratta infatti di una<br />
accurata ricerca, che spazia<br />
dalla storia del turpiloquio alla<br />
sua funzione, non trascurando<br />
aspetti più strettamente<br />
scientifici come il potere che<br />
trasfondono le mala verba in<br />
chi ne fa uso e, conseguentemente,<br />
l’energia che scatenano<br />
quei tabù infranti. Ma anche<br />
gli effetti che il parlare<br />
senza censure può avere sul<br />
nostro corpo, fisicamente, e<br />
persino sull’identità personale.<br />
Il tutto condito da una statistica<br />
sul mondo delle parolacce:<br />
quante se ne dicono a voce,<br />
su Internet, quando si fa sesso<br />
(o se ne parla), quante ne<br />
pronunciano i bambini, gli anziani,<br />
e dove: in auto, al lavoro,<br />
alla tv e al cinema. Insomma,<br />
un’analisi a 360 gradi di un fenomeno,<br />
il turpiloquio, oggi<br />
deprivato di connotazioni proibite<br />
e alla portata, o meglio all’orecchio,<br />
di tutti (volenti o nolenti).<br />
Un fenomeno che investe<br />
anche l’informazione (intesa<br />
in senso lato) meno quella<br />
cartacea, molto di più quella<br />
televisiva. Partendo dal presupposto<br />
che le parolacce<br />
possono anche cambiare la<br />
storia, da quando Gesù fu giustiziato<br />
con l’accusa d’aver<br />
bestemmiato fino a Umberto<br />
Bossi condannato a sedici<br />
mesi per aver detto che usava<br />
il tricolore “per pulirsi il culo”,<br />
Tartamella ci spiega inizialmente<br />
il significato delle parolacce,<br />
alternando la parte saggistica<br />
ad aneddotti sempre<br />
curiosi: quando ci racconta le<br />
bestemmie in quanto attacco<br />
volontario alla divinità con tutte<br />
le implicazioni psicoanalitiche<br />
del caso, rende più appetibile<br />
il tutto ricordando come il<br />
giovane Mussolini fosse un<br />
bestemmiatore “da competizione”,<br />
nonostante dopo il<br />
1929, leggi Concordato, sia<br />
stato proprio il fascismo a introdurre<br />
il reato di bestemmia.<br />
La parolaccia è poi esaminata<br />
anche nelle sue diverse e numerosissime<br />
versioni regionali.<br />
Ed estere. L’area del libro<br />
più affascinante, almeno a parere<br />
di chi scrive, è quella dedicata<br />
alla parolaccia nella letteratura:<br />
dalla saga di<br />
Gilgamesh (2000 a.C.) fino ad<br />
Aldo Busi, “ultimo innovatore<br />
nel turpiloquio in letteratura”,<br />
passando per la Bibbia (per<br />
esempio con gli insulti scatologici<br />
di Malachia e le minacce<br />
di “smerdare” i sacerdoti infedeli),<br />
agli Egizi (con gli insultanti<br />
geroglifici del III millennio<br />
dove parole come “culo, vulva,<br />
merdoso o scopatore” sono<br />
all’ordine del giorno),<br />
all’India del Mahabharata che<br />
racconta, fra il V secolo a.C. e<br />
III d.C., della “regina fottuta da<br />
un cavallo”, ai Greci (fra i primi<br />
esempi, l’Archiloco, VII a.C.,<br />
dove si scrive: “Il suo cazzo<br />
[…] come quello di un asino di<br />
Priene / stallone gonfio di cibo<br />
eiaculava”), ai Romani<br />
(Catullo: “Pensate di avere voi<br />
soli le minchie, / a voi soli esser<br />
lecito, tutte quelle che son<br />
ragazze, / fotterle e pensare<br />
becchi gli altri”, giusto per ricordare<br />
un passo del Carme<br />
XXXVII). E poi avanti fino al divino<br />
Dante, a Geoffrey Chaucer,<br />
a Leonardo da Vinci (“[…]<br />
io, solo a metter dentro el cazzo,<br />
ebbi a pagar 10 ducati d’oro<br />
[…]”, Scritti letterari). E ai<br />
nostri giorni, passando per<br />
Carlo Porta, Giacchino Belli,<br />
Guillame Apollinaire, James<br />
Joyce e persino Cesare Pavese,<br />
solo per citare alcuni fra i<br />
tanti scrittori che mai si penserebbe<br />
abbiano fatto uso di turpiloquio.<br />
Certo, oggi nessuno<br />
finirebbe sul patibolo per aver<br />
diffamato il papa in una poesia,<br />
come capitò nel XVI secolo<br />
a Nicolò Franco, autore de<br />
La Priapea, o a Ferrante Pallavicino,<br />
autore de La rettorica<br />
delle puttane, ma le parolacce<br />
- come scrive Tartamella -<br />
“fanno ancora paura”. Perché<br />
ce lo racconta l’Autore che ci<br />
rivela anche una straordinaria<br />
scoperta scientifica: “Nel nostro<br />
cervello c’è un apparato<br />
specializzato nel produrre e<br />
archiviare le parolacce.E questo<br />
apparato può sopravvivere<br />
a traumi e malattie”.<br />
Insomma, “possiamo perdere<br />
la parola ma non le parolacce”.<br />
Vito Tartamella,<br />
Parolacce, Bur,<br />
pagine 378, euro 9,50<br />
Stefano Dambruoso con Guido Olimpio<br />
Milano Bagdad<br />
di Filippo Senatore<br />
Dopo la guerra in Iraq, l’internazionale<br />
del terrorismo si è<br />
spostata in Europa, dove sono<br />
nati ambienti che preparano<br />
e compiono attentati. Al<br />
Qaeda e Ansar al-Islam sono<br />
attivi in Italia, come “parte integrante<br />
di progetti di attentati in<br />
Europa” e con precisi “piani<br />
per colpire anche nel nostro<br />
Paese. L’Italia da retrovia è diventato<br />
terreno di jihad”.<br />
Molto decisivo è il reclutamento<br />
di terroristi non solo fra gli<br />
immigrati di religione musulmana,<br />
ma anche fra i convertiti<br />
europei. Stefano Dambruoso,<br />
oggi esperto giuridico<br />
presso la Rappresentanza<br />
permanente italiana alle Nazioni<br />
Unite di Vienna, è stato<br />
per otto anni sostituto procuratore<br />
della Repubblica a<br />
Milano, dove si è occupato<br />
d’inchieste sul terrorismo islamico.<br />
Guido Olimpio, corrispondente<br />
del Corriere della<br />
Sera, segue da anni le attività<br />
di terrorismo in Italia e all’estero.<br />
Dalla loro collaborazione è<br />
nato Milano Bagdad. Il libro<br />
presenta Milano come “una<br />
base avanzata del radicali-<br />
smo islamico, una rete di supporto<br />
logistico al terrorismo di<br />
Al Qaeda trasformatasi in un<br />
apparato operativo in grado di<br />
compiere attentati”.L’Italia, per<br />
la sua posizione geografica e<br />
geo-politica, occupa in questo<br />
quadro una posizione tanto rilevante<br />
quanto pericolosa.<br />
L’opera dà conto di una serie<br />
di inchieste compiute dal giudice<br />
Dambruoso, legati a una<br />
matrice ideologica comune.<br />
La prima indagine sgomina,<br />
nel marzo 2003, un’ampia rete<br />
terroristica internazionale<br />
legata alla moschea di viale<br />
Jenner a Milano. La seconda<br />
identifica un siciliano convertito<br />
all’islam a torto preso poco<br />
sul serio nel 2002 quando lascia<br />
rudimentali e inefficaci<br />
bombe a gas di fronte al<br />
Tempio di Minerva nella Valle<br />
<strong>dei</strong> Templi, e davanti al carcere<br />
di Agrigento. Egli viene arrestato<br />
quando deposita una<br />
bomba nella metropolitana di<br />
Milano. Questo pittoresco personaggio<br />
non è un membro di<br />
Al Qaeda: ma, secondo gli autori,<br />
dimostra che bin Laden,<br />
può ispirare terroristi fai da te,<br />
rozzi, ma pericolosi se non<br />
sono individuati prima che<br />
passino all’azione. Nella terza<br />
inchiesta gli uomini della polizia<br />
giudiziaria e della Digos di<br />
Milano seguono le tracce di<br />
un certo Mohammed, esponente<br />
di un gruppo somalo legato<br />
ad Al Qaeda, che<br />
conduce gli investigatori nelle<br />
note moschee radicali di viale<br />
Jenner e di Cremona. Gli sviluppi<br />
di questa inchiesta portano<br />
a individuare a Milano nuovi<br />
contatti fra ambienti lombardi<br />
ed emiliani e il superterrorista<br />
al Zarqawi. Agli investigatori<br />
milanesi sfugge nel 1999<br />
Abdelkader Es Sayed, forse il<br />
più importante terrorista venuto<br />
in Italia per organizzare la<br />
rete del movimento di Osama<br />
bin Laden. “La buona sorte e<br />
un certo formalismo della legge<br />
italiana” aiutano Es Sayed<br />
a fuggire, benché sia morto<br />
combattendo contro le truppe<br />
alleate in Afghanistan, così si<br />
sostiene negli ambienti musulmani<br />
milanesi. Un crogiolo di<br />
forze aggreganti si unisce a<br />
forze disgreganti. Da una parte<br />
l’esaltazione massima dell’individualità<br />
rappresentata<br />
dall’attentatore suicida.<br />
Dall’altra la volontà di riscatto<br />
della comune radice islamica.<br />
Gli elementi raccolti da Dambruoso<br />
indicano che nell’Iraq<br />
di Saddam si addestravano i<br />
terroristi curdi guidati da al<br />
Zarqawi. Nelle note finali un<br />
piccolo dizionario di terminologia<br />
islamica ed un elenco <strong>dei</strong><br />
gruppi terroristi. Questo libro è<br />
il diario di bordo di una procura<br />
impegnata giorno per giorno<br />
contro il terrorismo.<br />
Stefano Dambruoso con<br />
Guido Olimpio,<br />
Milano Bagdad. Diario<br />
di un magistrato in prima<br />
linea nella lotta al<br />
terrorismo islamico in Italia,<br />
Mondadori Editore, 2004,<br />
pagine 137, euro 15,00<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
41
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Roberta Gisotti<br />
Dalla Tv <strong>dei</strong> Professori alla Tv deficiente<br />
Dino Buzzati<br />
Il giornale segreto<br />
di Emilio Pozzi<br />
Certe battute, anche se passano<br />
di moda, entrano però<br />
nelle cronache della storia. È<br />
il caso della definizione di TV<br />
deficiente, coniata da Franca<br />
Ciampi in un’intervista (quando<br />
il marito era Presidente<br />
della Repubblica) e che fornì<br />
lo spunto per l’ennesimo dibattito<br />
sulla funzione del servizio<br />
pubblico televisivo. Il termine<br />
è stato ripreso per il titolo<br />
del nuovo libro di Roberta<br />
Gisotti la quale, lavorando alla<br />
Radio Vaticana e collaborando<br />
alla Rai, ha avuto modo<br />
di fissare alcune riflessioni,<br />
contrappuntando cronologicamente<br />
gli avvenimenti,<br />
più o meno salienti, legati alla<br />
magica scatola delle immagini.<br />
Di quello che è accaduto e<br />
di ciò che è stato detto fra il<br />
1993 e il 2005 (ma alcune<br />
notizie e gli organici dirigenziali<br />
sono aggiornati al 2006),<br />
si occupa l’ultimo volume,<br />
che si aggiunge ad altri tre su<br />
temi giornalistici, registrando<br />
come un sismografo, ogni variazione.<br />
E si sa che lo strumento<br />
è particolarmente<br />
sensibile ai terremoti. Il sottotitolo<br />
del volume avverte, con<br />
un concetto più politico, che<br />
si racconta la Rai della seconda<br />
Repubblica.<br />
Una sintetica e critica analisi<br />
della situazione, dell’azienda<br />
considerata con termine ormai<br />
abusato, ‘la più grande<br />
azienda culturale del paese’<br />
la si legge nella prefazione di<br />
Giovanni Valentini secondo il<br />
quale l’assetto strutturale,<br />
“non corrisponde e non ha<br />
mai corrisposto ad alcuna<br />
pianificazione editoriale,<br />
commerciale e pubblicitaria.<br />
È il prodotto di una lottizzazione<br />
politica, cioè di una<br />
spartizione tra i partiti e nei<br />
partiti che risale indietro nel<br />
tempo e ormai appartiene al<br />
codice genetico dell’azienda,<br />
al suo Dna”.<br />
L’auspicio, quasi un’ipotesi<br />
programmatica, di Valentini è<br />
questo: “È proprio da questa<br />
doppia sudditanza, - alla politica<br />
e alla pubblicità - che va<br />
affrancata la Rai per restituirla<br />
alla sua funzione di servizio,<br />
ammesso che l’abbia<br />
mai svolta veramente”.<br />
E precisa: “Da una parte un<br />
vertice sottratto alla subalternità,<br />
ai partiti, autonomo indipendente,<br />
rappresentativo<br />
delle competenze e anche<br />
delle categorie sociali.<br />
Dall’altra, un finanziamento<br />
che provenga essenzialmente<br />
dal canone, magari in linea<br />
con quello delle altre tv<br />
pubbliche europee per liberare<br />
la programmazione dall’ipoteca<br />
degli ascolti.”<br />
È questa idea di base quella<br />
che circola da anni ma che<br />
evidentemente, riducendo le<br />
entrate perché non si può<br />
pensare ad un aumento<br />
spropositato del canone, porterebbe<br />
a diminuire i canali,<br />
magari a uno solo. Il che favorirebbe<br />
i privati, tutti, non<br />
solo Mediaset. D’altro canto<br />
le innovazioni tecnologiche, i<br />
canali satellitari, il digitale,<br />
fanno apparire di retroguardia,<br />
anzi superati alcune ipotesi,<br />
persino quelle contenute<br />
nelle leggi Gasparri prima, e<br />
Gentiloni poi.<br />
Uno <strong>dei</strong> pregi del volume di<br />
Roberta Gisotti è peraltro<br />
quello di fornire un utile panorama,<br />
curato da Ylenia Berardi,<br />
delle normative in atto<br />
in alcuni paesi europei (Regno<br />
Unito, Francia, Germania,<br />
Spagna).<br />
Il racconto si dipana, sulla<br />
scorta di puntuale documentazione<br />
giornalistica (alle ricerche<br />
ha collaborato Maria<br />
Vittoria Savini), su una vicenda<br />
nella quale si sono avvicendati,<br />
in viale Mazzini, in<br />
tredici anni, ben otto Consigli<br />
d’amministrazione e undici<br />
direttori generali. La prosa è<br />
vivace, talvolta puntuta. Non<br />
si risparmiano considerazioni<br />
critiche. Citiamo, ad esempio,<br />
un passo, che ci sembra emblematico<br />
dello spirito dell’autrice<br />
e che fotografa, senza<br />
complimenti, la situazione.<br />
Siamo al 2004:<br />
“Il 3 gennaio la Rai compie<br />
cinquant’anni dibattendosi<br />
tra pochezza di contenuti televisivi,<br />
reiterati nelle espressioni<br />
minimalisti <strong>dei</strong> Talk<br />
show del mattino, del pomeriggio,<br />
e della domenica, occupati<br />
da schiere di conduttori<br />
e ospiti dietro i quali si nascondono<br />
cordate di poteri<br />
aziendali intrecciati alla politica.<br />
Trionfa l’infotainment,<br />
sempre meno info e sempre<br />
più tainment, ormai terra di<br />
conquista di giornalisti che<br />
interpretano copioni scritti da<br />
autori televisivi. Trionfano anche<br />
qui i quiz show con presentatori<br />
pagati milioni di euro<br />
per leggere domande<br />
scritte da altri, pagati anch’essi<br />
milioni di euro. E, come<br />
dimenticarlo si consolida<br />
definitivamente l’era <strong>dei</strong> reality<br />
che in realtà si dovrebbero<br />
chiamarsi fantasy e chi<br />
avviliscono concorrenti e<br />
spettatori. Parente stretto del<br />
reality è il cosiddetto peopleshow,<br />
delle finte storie vere o<br />
vere è storie finte, altro genere<br />
che negli ultimi anni ha trovato<br />
la sua consacrazione televisiva.<br />
E poi ancora la fiction<br />
della porta accanto, il<br />
meteo a tutte le ore, la pubblicità<br />
invasiva e perversa, i<br />
telegiornali urlati e ansiogeni,<br />
farciti di cronaca nera che<br />
dosano con il contaminuti le<br />
battute <strong>dei</strong> politici, lontani anni<br />
luce del paese reale, contenitori<br />
acritici di amori e tradimenti<br />
di attori, cantanti,<br />
calciatori, calendari sexy e<br />
gossip modello rotocalco,<br />
anche loro in prima linea nella<br />
gara degli ascolti per trainare<br />
il pubblico dal programma<br />
che precede e renderlo a<br />
quello che segue. Una Rai<br />
dove, salvo rare eccezioni,<br />
intelligenza e cultura sono<br />
ostacoli al successo, merito<br />
e professionalità handicap<br />
alla carriera, se non arricchiti<br />
da oneri politici e dove si stabilisce<br />
che un programma<br />
funziona o non funziona sulla<br />
solo sulla base <strong>dei</strong> dati<br />
Auditel e non importa se sia<br />
un concerto di Muti, un reportage<br />
dal Medio Oriente o<br />
l’ultima sfilata di Valeria<br />
Marini. In questo immenso<br />
mare di stupidità sopravvivono<br />
isole di sapienza confinate<br />
perlopiù a Rai Tre condannata<br />
non a caso a perdere i<br />
finanziamenti pubblicitari, o<br />
nelle ore notturne o mattutine<br />
di minore ascolto, per non<br />
danneggiare le performance<br />
delle reti e gli obiettivi d’ascolto<br />
che fruttano premi di<br />
produzione ai dirigenti. Non<br />
c’è spazio di azione per chi<br />
voglia ribellarsi a questa Rai”.<br />
Insomma qualche sassolino<br />
dalla scarpa se l’è levato.<br />
Certamente, come collaboratrice<br />
ha potuto analizzare e<br />
riflettere, prima di sfogarsi.<br />
Roberta Gisotti,<br />
Dalla Tv <strong>dei</strong> Professori alla<br />
Tv deficiente,<br />
Nutrimenti, Roma 2006,<br />
pagine 250, euro 12,00<br />
di Vito Soavi<br />
Il primo gennaio di quest’anno<br />
Fabrizio Cassinelli,<br />
tramite il presidente dell’<strong>Ordine</strong><br />
Abruzzo, ha lanciato<br />
un appello ai giornalisti italiani<br />
per perorare una buona<br />
causa: l’adesione a<br />
MediaCare, iniziativa che si<br />
prefigge di dare spazio alle<br />
notizie positive. Basta, ha<br />
affermato il promotore, impaginare<br />
solo violenze, polemiche,<br />
gossip! Corsi e ricorsi<br />
storici.<br />
Mezzo secolo fa Dino Buzzati,<br />
a commento di un progetto,<br />
commissionatogli dall’allora<br />
direttore del Corriere<br />
Missiroli per dar vita ad un<br />
nuovo quotidiano, affermava<br />
che la prima pagina di<br />
questo giornale avrebbe dovuto<br />
ospitare, principalmente,<br />
buone notizie, quelle che<br />
il lettore si aspetta sempre<br />
di leggere all’inizio della sua<br />
giornata.<br />
Questa norma fa parte degli<br />
appunti contenuti in quindici<br />
cartelle che Buzzati, allora<br />
cinquantenne, scrisse di<br />
getto per proporre una<br />
reimpostazione dell’edizione<br />
del pomeriggio del<br />
Corriere della Sera.<br />
Rileggendo oggi queste<br />
quindici cartelle ci si accorge<br />
quanto il quotidiano immaginato<br />
da Buzzati fosse<br />
anticipatore per quei tempi.<br />
L’autore infatti cercava nuove<br />
e più logiche soluzioni<br />
nell’impostazione del suo<br />
progetto dando innanzitutto<br />
la precedenza all’autonomia<br />
nella selezione <strong>dei</strong> servizi<br />
rispetto al fratello maggiore<br />
(il Corriere ) del quale<br />
avrebbe dovuto però mantenere<br />
la stessa severità di<br />
stile. Ma per quanto riguarda<br />
la scelta degli argomenti<br />
e dove collocarli auspicava<br />
che si contenessero gli<br />
scoop da portare in prima<br />
pagina, la terza pagina, intesa<br />
come raccolta di vuota<br />
cultura, doveva sparire per<br />
dare spazio ad inchieste di<br />
più viva attualità, le notizie<br />
politiche avrebbero dovuto<br />
essere ospitate solo due o<br />
tre volte la settimana, così<br />
come le notizie dall’estero,<br />
ridimensionate a beneficio<br />
degli eventi dell’hinterland<br />
milanese, dello sport, degli<br />
spettacoli e così via.<br />
Raccomandava una particolare<br />
attenzione alle scelte<br />
grafiche per i testi delle notizie,<br />
decretando la fine dell’impaginazione<br />
decorativa,<br />
l’introduzione anche in prima<br />
pagina di fotografie di<br />
grande formato, o di disegni,<br />
per dare senso veritiero<br />
agli argomenti, testi molto<br />
contenuti, unificazione dello<br />
stile <strong>dei</strong> caratteri (solo bastone)<br />
e abbondanza di capoversi<br />
e di spazi bianchi<br />
per dare aria alla presentazione<br />
generale della pagina.<br />
La titolazione, infine, vistosa<br />
solo quando necessario<br />
per mettere in evidenza<br />
notizie di avvenimenti di<br />
grande rilievo. Per analogia<br />
il buonsenso suggerisce di<br />
alzare il tono della voce di<br />
una conversazione solamente<br />
quando si vuole sottolineare<br />
un concetto di base,<br />
per non ritrovarci nella<br />
situazione delle rissose riunioni<br />
al bar sport, dove le<br />
urla di tutti annullano, nella<br />
confusione generale, la<br />
comprensione delle opinioni<br />
<strong>dei</strong> singoli.<br />
Lo studio però non fu accettato<br />
e venne accantonato.<br />
Marco Nozza<br />
Il pistarolo<br />
di Emilio Pozzi<br />
Terrorizzante. È un aggettivo,<br />
incisivo e forte, che enucleo<br />
dal saggio introduttivo di<br />
Corrado Staiano al volume di<br />
Marco Nozza, uscito qualche<br />
mese fa, a sette anni dalla<br />
morte dell’autore. A questo libro,<br />
Marco, anche se sofferente,<br />
aveva lavorato fino agli<br />
ultimi mesi. Il 15 gennaio<br />
1999 aveva consegnato il<br />
manoscritto all’editore Feltrinelli.<br />
Pochi mesi dopo, consumato<br />
dal male si era spento.<br />
Come spesso capita quelle<br />
pagine grondanti verità ancora<br />
da chiarire, erano rimaste<br />
in qualche cassetto. Erano<br />
state lette, apprezzate, ma<br />
non erano entrate nel circuito<br />
del ‘si stampi’.Timori Forse.<br />
Preoccupazioni per il numero<br />
delle pagine Anche. Eppure<br />
chi l’aveva avuto tra le mani<br />
aveva anticipato un giudizio<br />
estremamente positivo.<br />
Giustamente avrebbe scritto<br />
nella prefazione Corrado Staiano:<br />
“Un racconto gotico. Un<br />
brandello di storia sanguinante.<br />
Una testimonianza appassionata”.<br />
Poi Il pistarolo<br />
ha imboccato la strada giusta<br />
e, pressoché integro, è venuto<br />
alla luce.<br />
Chiudendo gli occhi si potrebbe<br />
immaginare di ascoltare<br />
Marco Nozza, leggerne<br />
le pagine agli amici, magari<br />
Ibio Paolucci, Gianni Flamini,<br />
e a qualche altro, riproponendo<br />
episodi e personaggi vissuti<br />
insieme.<br />
Avrebbe ricordato, mutuando<br />
dal linguaggio <strong>dei</strong> teatranti,<br />
con una riflessione aspra e<br />
amara: Eravamo una compagnia<br />
di giro, una brigata di<br />
pronto intervento, abbiamo<br />
tenuto duro per un decennio,<br />
i più testardi anche di più, poi<br />
ciascuno è tornato nel suo<br />
brodo, non siamo mai diventati<br />
una lobby, nessuno di noi<br />
ha mai indossato l’eskimo,<br />
nessuno di noi ha fatto carriera,<br />
mentre molti di quelli<br />
che indossavano l’eskimo,<br />
sono diventati direttori, direttori<br />
editoriali, editorialisti,<br />
commentatori con fotina, savonarola<br />
televisivi, vignettisti<br />
buoni per tutti i giornali e tutte<br />
le stagioni, da Lotta continua<br />
Marco Nozza (a destra) con Mauro Rostagno<br />
e Pietro Valpreda al primo processo<br />
a Catanzaro per la strage di piazza Fontana.<br />
al Corriere della sera, da Repubblica<br />
a Cuore, moralisti<br />
osannati a destra, a sinistra e<br />
al centro, professionisti dell’antidietrologia,<br />
in verità fustigatori<br />
di tutte le dietrologie<br />
degli altri ed esaltatori di una,<br />
la propria.<br />
Le troviamo nell’incipit, queste<br />
confessioni. E via, per<br />
quasi quattrocento pagine.<br />
Apparentemente uno zibaldone<br />
(e qui il vocabolo vuole<br />
riecheggiare Leopardi): in effetti<br />
un racconto, organico nel<br />
dipanarsi del filo cronologico,<br />
trent’anni di fatti, a partire dalla<br />
tragedia di piazza Fontana,<br />
ma diviso in capitoli ciascuno<br />
<strong>dei</strong> quali rappresenta una vicenda<br />
talmente complessa e<br />
completa da costituire, narrativamente,<br />
l’abbozzo di una<br />
storia a sé: densa di substrati,<br />
di emozioni, di interrogativi<br />
inquietanti: Ustica, piazza<br />
Maggiore, i rapimenti e gli attentati<br />
delle Br (Casalegno,<br />
Tobagi, Montanelli, Bruno,<br />
Bachelet, Passalaqua).<br />
Ecco: interrogativi inquietanti.<br />
Che ci toccano, nel sommerso<br />
delle memorie vissute, e<br />
che si indirizzano verso qualche<br />
personaggio, qualcuno<br />
ancora vivo, che forse avrebbe<br />
una sua verità nascosta<br />
da disseppellire.<br />
Due nomi, non a caso: Giulio<br />
Andreotti e Francesco Cossiga.<br />
Generosamente prodighi<br />
di comparsate televisive,<br />
da meritarsi ex-aequo il titolo<br />
di Grandi Puntualizzatori, citati<br />
da Nozza rispettivamente<br />
46 e 21 volte (sono tra i più<br />
nominati con, citati qui a caso,<br />
Craxi, Freda, Gelli,<br />
Giannettini, Malizia, Moro,<br />
Rumor, Tanassi, Valpreda,<br />
Ventura, Donat Cattin), hanno<br />
suscitato dubbi in molte<br />
circostanze. Nelle pagine di<br />
Nozza, alcuni dubbi si rinverdiscono:<br />
e gli interrogativi restano,<br />
al di là delle sentenze.<br />
Il ripercorrere strade già battute<br />
non dovrebbe dare sorprese.<br />
Eppure le novità, e gli<br />
stimoli a riprendere in mano il<br />
filo di certi discorsi, a indagare<br />
nelle pause reticenti di alcuni<br />
personaggi, a soffermarsi<br />
sulle annotazioni di Nozza,<br />
le cronache si arricchiscono<br />
di particolari imprevisti, vien<br />
voglia di ricominciare a scavare,<br />
come aveva ricominciato<br />
a fare il vecchio (di esperienza)<br />
cronista.<br />
Ci ha lasciato delle tracce.<br />
Qualcuno può e vuole farlo<br />
La passione per la verità e<br />
per la giustizia, concetti non<br />
sempre in sincronia e in sintonia,<br />
l’ha certamente consumato,<br />
anche se Marco riusciva<br />
a mantenere un invidiabile<br />
equilibrio formale di fronte ai<br />
grandi eventi e alle piccole<br />
miserie umane (nella professione):<br />
gli avevano dato forza<br />
gli anni di insegnamento nelle<br />
scuole medie, dopo la laurea<br />
in filologia romanza alla<br />
Cattolica di Milano, l’aveva<br />
aiutato uno stile di vita, limpido<br />
e umanamente riservato,<br />
ma dolcissimo.<br />
Eppure di un certo affanno, di<br />
un’impazienza quasi frenetica<br />
sono impregnate le ultime<br />
pagine del libro, scritte nel<br />
buen retiro di Dorga, ricuperando<br />
i blok notes con gli appunti<br />
criptici e i faldoni <strong>dei</strong> ritagli<br />
puntigliosamente accumulati<br />
(quando non si amava<br />
usare registratori e i primi<br />
computer) Marco Nozza se li<br />
portava appresso, riempiendo<br />
pesantemente valigie, per<br />
avere sempre a portata di<br />
mano un prezioso archivio<br />
personale.<br />
“Non amare gli scheletri ( e le<br />
vittime) non è una buona ragione<br />
per confondere le stragi<br />
(e i morti delle stragi). E invece<br />
a noi ex pistaroli è rima-<br />
42 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Maria Rosaria Ostuni, Gian Antonio Stella<br />
Sogni e fagotti<br />
Fino a quando, nel 1961, il<br />
neocaporedattore del Corriere<br />
d’Informazione Luigi<br />
Chiarelli chiese inaspettatamente<br />
a Buzzati di averne<br />
una copia.<br />
Forse poteva essere la volta<br />
buona, ma ancora l’improvvisa<br />
scomparsa di<br />
Chiarelli mandò l’elaborato<br />
a dormire fra le sue carte; fino<br />
a quando, nell’anno<br />
2000, proprio durante la rivoluzione<br />
in corso per preparare<br />
l’edizione fascicolata<br />
della cronaca milanese, il figlio<br />
di Chiarelli, Paolo, lo ritrovò<br />
e lo portò a Gian Giacomo<br />
Schiavi capocronista<br />
del Corriere.<br />
“Per cinque anni il rapporto<br />
è rimasto in Cronaca in un<br />
cassetto, poi il caso ha voluto<br />
che il capocronista ne<br />
parlasse in pubblico.<br />
Qualcuno ha pensato che<br />
potesse essere uno scoop.<br />
Invece è l’ultimo mistero di<br />
Buzzati. Un giornale da fare<br />
e che nessuno farà mai”<br />
scrive Schiavi nel suo commento<br />
di presentazione del<br />
volumetto Dino Buzzati il<br />
giornale segreto edito dalla<br />
Fondazione del Corriere<br />
della Sera nella collana “le<br />
carte del Corriere” per ricordare<br />
il centenario della nascita<br />
del grande giornalista.<br />
Recensire questo libro non<br />
è così semplice, anche perché,<br />
dopo la presentazione<br />
dell’opera a cura del presidente<br />
della Fondazione<br />
Pier Gaetano Marchetti, un<br />
approfondito commento si<br />
trova già nell’apertura del libro,<br />
scritto appunto dall’autore<br />
dello scoop.<br />
Sono trenta pagine di ricerche<br />
e di riflessioni nelle<br />
quali Schiavi non nasconde<br />
il suo stupore e la sua ammirazione<br />
per un progetto<br />
pieno di intuizioni ancora<br />
oggi così attuali.<br />
“Un Pomeriggio fra la Notte<br />
e il Giorno” titola Schiavi il<br />
suo commento, e quanto si<br />
poteva riscontrare dalla lettura<br />
delle quindici cartelle,<br />
lo ha già detto. Rimangono<br />
così solo poche briciole di<br />
commento a questo intervento<br />
per ribadire che ancora<br />
una volta Buzzati ci riserva<br />
una straordinaria lezione<br />
di buonsenso, nel rispetto<br />
del buon gusto e della<br />
buona educazione.<br />
Un contentino finale a chi si<br />
aspetta, leggendo una recensione,<br />
di conoscere<br />
non solo i lati positivi del lavoro<br />
in esame ma anche<br />
quelli negativi.<br />
Dedico a costoro una sola,<br />
piccolissima macchia che<br />
ho rilevato da lettore pignolo.<br />
Il grande attore comico<br />
romano, citato nel commento<br />
di Schiavi, famoso conduttore<br />
del programma televisivo<br />
“Il musichiere” si<br />
chiamava in realtà Mario, e<br />
non Mariolino Riva.<br />
Mi auguro che nelle prossime<br />
ristampe del volume<br />
questo veniale errore venga<br />
sistemato.<br />
Dino Buzzati,<br />
Il giornale segreto<br />
(collana<br />
“ le carte del Corriere”),<br />
Fondazione del Corriere<br />
della Sera,<br />
2006 tiratura limitata,<br />
pagine 99<br />
di Filippo Senatore<br />
“Noi andavam per lo solingo<br />
piano / com’om che torna alla<br />
perduta strada, / che ‘nfino<br />
ad essa li pare ire invano.”<br />
(Purg. C. I, vv.118/120).<br />
In cento anni, dal 1876 al<br />
1976, gli emigrati italiani sono<br />
stati almeno ventisette<br />
milioni. Questa è la nostra<br />
storia da riscoprire e rivalutare<br />
senza enfasi o censure<br />
falsamente patriottiche.<br />
È un evento epocale che interessa<br />
oggi drammaticamente<br />
altri popoli migranti,<br />
ma ci tocca da vicino con il<br />
fenomeno in ripresa dall’inizio<br />
degli anni ’90. Gli italiani<br />
sono i nuovi emigranti in<br />
Germania e in altri paesi<br />
anche se l’emigrazione di<br />
massa non esiste più, secondo<br />
la studiosa Edith<br />
Pichler dell’università di<br />
Berlino.<br />
Un passato non troppo remoto<br />
di persone in cerca di<br />
un altrove. Un presente che<br />
ci mette di fronte lo straniero<br />
che si spinge verso le nostre<br />
sponde. Da qui il bisogno<br />
di preservare una memoria<br />
collettiva per rispettare<br />
i nostri antenati ed allo<br />
stesso modo, gli immigrati<br />
extracomunitari leggendo<br />
nei loro occhi il medesimo<br />
smarrimento familiare di coloro<br />
che hanno abbandonato<br />
la patria fuggendo le malattie<br />
e la fame alla ricerca<br />
di una dignità nuova.<br />
Sogni e fagotti. Immagini,<br />
parole e canti degli emigranti<br />
italiani, il volume illustrato<br />
e corredato da un cd,<br />
di Maria Rosaria Ostuni e<br />
Gian Antonio Stella, ha il<br />
vantaggio rispetto ai precedenti<br />
libri sull’emigrazione<br />
di focalizzare l’immaginario<br />
e di sviluppare anticorpi<br />
contro il razzismo.<br />
“Le lettere, le parole che<br />
viaggiano per il mondo sono<br />
il filo sottile ma resistente<br />
che tiene unite le due<br />
parti di una famiglia divisa<br />
dall’emigrazione”.<br />
Chi scrive ricorda ancora<br />
negli anni Sessanta, Annuzza,<br />
un’anziana madre<br />
che viveva in un catoio buio,<br />
col viso scuro del fumo insalubre<br />
dello scaldino invernale,<br />
attendere con emozione<br />
la lettera del figlio dal<br />
Canada, emigrato da più di<br />
venti anni senza tornare al<br />
paesello.<br />
Quando il postino le consegnava<br />
quell’involucro con<br />
l’emblema postale straniero,<br />
la donnina in nero andava<br />
dalla vicina per farsi leggere<br />
la lettera. Gliela portava<br />
chiusa e il primo impatto<br />
era la caduta di banconote<br />
di vario taglio, per dimostrare<br />
a se stessa e agli altri<br />
che il figliolo aveva raggiunto<br />
il benessere ambito dopo<br />
anni di sacrifici. “Cara matre...<br />
tuo devotissimo figlio<br />
Cicero Antonio”. Sento ancora<br />
con emozione la voce<br />
perduta della mia nonna,<br />
trasmettere alla madre<br />
analfabeta da un altrove<br />
fantastico, le emozioni di un<br />
emigrato col rimpianto della<br />
lontananza incolmabile.<br />
Ostuni e Stella raccontano<br />
storie individuali e collettive<br />
scavando negli archivi e<br />
raccontando codeste vicende<br />
di miseria, illusioni e<br />
sfruttamento.<br />
Gli autori assemblano frammenti<br />
d’inchieste, testimonianze<br />
dirette e documenti<br />
cercando di interpretare, di<br />
capire e di spiegare.<br />
La grande emigrazione italiana<br />
è illustrata attraverso<br />
una straordinaria collezione<br />
di fotografie, copertine<br />
(dall’Illustrazione Italiana alla<br />
Domenica del Corriere),<br />
cartoline, manifesti e vignette.<br />
Sono spunti che sollecitano<br />
approfondimenti e curiosità<br />
che il lettore potrà soddisfare<br />
per i rimandi bibliografici<br />
continui.<br />
La felice suddivisione del libro<br />
è scandita dal passo attento,<br />
dato al visitatore di un<br />
museo che è anche una finestra<br />
sul presente. Si snoda<br />
un lungo flash back con<br />
una tecnica filmica e documentarista.<br />
La partenza, il viaggio e<br />
l’arrivo. L’insediamento. Il<br />
dramma del mancato riscatto.<br />
Il razzismo che degenera<br />
in linciaggio ed ecatombe.<br />
Ostuni e Stella descrivono<br />
la violenza e l’orrore,<br />
subiti dagli emigranti.<br />
Dal massacro di New<br />
Orleans nel 1891 all’eccidio<br />
d’Aigues Mortes in Camargue<br />
nel 1893.<br />
Tante famiglie hanno atteso<br />
il riscatto nelle generazioni<br />
successive.<br />
Pochi i successi immediati.<br />
Tante le illusioni di trovare il<br />
nuovo mondo lastricato d’oro.<br />
I fortunati trasmettono, ai<br />
parenti rimasti in Italia, foto<br />
che ostentano benessere<br />
ed abbondanza.<br />
A volte mascherano le ambientazioni<br />
con colpi di teatro<br />
per millantare ricchezze<br />
ed agiatezze.<br />
Una piccola minoranza ce<br />
l’ha fatta. Personaggi noti e<br />
meno noti in pochi anni sono<br />
stati baciati dalla fortuna<br />
e possono fregiarsi del nome<br />
di zio d’America.<br />
Gli autori mescolano immagini<br />
di luoghi ed epoche diverse<br />
con l’intento del raffronto,<br />
dell’uso intelligente<br />
della decifrazione. I dormitori<br />
della Ginevra del 1962<br />
non sono molto diversi da<br />
quelli della New York del<br />
1898.<br />
Lavori insalubri e pericolosi,<br />
mortalità infantile, incidenti<br />
sul lavoro e case malsane<br />
riproducono la miseria del<br />
luogo di provenienza. Il sogno<br />
si è infranto, ma la volontà<br />
emancipa la speranza.<br />
Il tempo lenisce le storie dolorose<br />
col ritornello di qualche<br />
vecchia strofa.<br />
In allegato al libro c’è un cd<br />
della Compagnia delle<br />
Acque e di Gualtiero<br />
Bertelli, che riproduce vecchie<br />
canzoni sull’emigrazione.<br />
Mamma mia dammi<br />
cento lire, La ballata di<br />
Sacco e Vanzetti”, La partenza<br />
per la Merica ecc.<br />
Grazie agli archivi della<br />
Fondazione Cresci, del<br />
Corriere della Sera, d’altri<br />
fondi privati ed alla passione<br />
<strong>dei</strong> due autori vengono<br />
alla luce ricordi di un album<br />
ritrovato, dimenticato in soffitta<br />
che ci fa riscoprire le<br />
nostre radici lontane.<br />
Maria Rosaria Ostuni,<br />
Gian Antonio Stella<br />
Sogni e fagotti.<br />
Immagini, parole e canti<br />
degli emigranti italiani,<br />
con cd della Compagnia<br />
delle Acque,<br />
Rizzoli libri illustrati,<br />
pagine 160, euro 25,00<br />
sta la voglia di fare confusione<br />
il meno possibile ma di ricordare,<br />
ricordare tutto, rimettere<br />
in sesto (e bene in fila)<br />
gli avvenimenti, a cominciare<br />
da quelli <strong>dei</strong> quali siamo<br />
stati testimoni diretti, non<br />
sempre sereni, il più delle<br />
volte inquieti, tormentati, pieni<br />
di paure, nervosi, lupi solitari,<br />
oppure completamente<br />
sbadati, svaniti, increduli,<br />
perfino incoscienti. C’è rimasta<br />
una gran voglia di comporre<br />
il “puzzle (il ‘prima’, il<br />
‘poi’ il ‘durante’) e sentiamo<br />
che dobbiamo finirlo in fretta,<br />
il nostro puzzle, perché il fiato<br />
viene a mancare di giorno<br />
in giorno, la memoria corre il<br />
rischio di sbriciolarsi quando<br />
non è esercitata, ed è proprio<br />
questo (lo sbriciolamento,<br />
l’annullamento della memoria:<br />
quella individuale, quella<br />
collettiva, quella storica) l’obbiettivo<br />
di chi vuole mettere<br />
una grossa pietra sopra a<br />
tutte queste storie, con il pretesto<br />
che sono storie che dividono,<br />
fomentano l’odio,<br />
provocano le divisioni, allontanano<br />
gli equilibri, le riconciliazioni,<br />
gli accordi.<br />
È vero il contrario. Quel passato<br />
aiuta a capire. Illumina i<br />
comportamenti, altrimenti incomprensibili,<br />
<strong>dei</strong> personaggi<br />
che affollano i palcoscenici<br />
di oggi”.<br />
Scritte nel 1999, queste parole<br />
appaiono profetiche, anzi,<br />
come fossero scritte oggi.<br />
Fra le molte lezioni di giornalismo<br />
che Nozza, inconsapevolmente,<br />
ha lasciato ce n’è<br />
una di cui ha fatto tesoro<br />
Alberto Papuzzi, nello scrivere<br />
il suo Manuale del giornalista.<br />
Rievoca, proprio nel primo<br />
capitolo dedicato alla ‘notizia’,<br />
un episodio avvenuto<br />
alla fine degli anni Sessanta<br />
e legato alla venuta in Italia<br />
del filosofo Herbert Marcuse.<br />
A Venezia, all’appuntamento<br />
con una decina di giornalisti<br />
al suo posto si presentò l’addetto<br />
stampa di un editore<br />
che aveva acquistato in<br />
esclusiva per una rivista il<br />
racconto del viaggio italiano<br />
di Marcuse. Spiegò che<br />
Marcuse non poteva parlare<br />
ma che lui era a disposizione<br />
per raccontare tutto quello<br />
che aveva fatto e aveva visto.<br />
Di necessità virtù: dopo qualche<br />
timida protesta i giornalisti<br />
cominciarono a fare domande.<br />
Tutti, tranne uno:<br />
Marco Nozza. il quale scorto<br />
un signore alto e allampanato<br />
che, dall’ascensore si avviava<br />
svelto, al fianco della<br />
moglie, verso l’uscita (era<br />
proprio Marcuse), abbandonò<br />
il gruppo e si mise a seguirlo.<br />
Papuzzi dietro Nozza,<br />
e un fotografo dietro i due. Di<br />
rispondere a domande, neanche<br />
l’ombra. A un certo<br />
Marco Nozza a Venezia con Herbert Marcuse.<br />
punto, chiaramente infastidito,<br />
torna sui suoi passi, rientra<br />
in albergo e rientra in<br />
ascensore. E Nozza dietro.<br />
Fino alla porta della camera<br />
che gli viene sbattuta in faccia.<br />
Che fare Papuzzi, allora alle<br />
prime armi, si adegua. E come<br />
altri ricicla le notizie fornite<br />
dall’addetto stampa.<br />
Qualcuno spudoratamente<br />
aveva finto di aver veramente<br />
intervistato il personaggio.<br />
L’indomani legge i giornali. E<br />
qui da Marco Nozza, la grande<br />
lezione di giornalismo.<br />
Sul Giorno raccontava passo<br />
dopo passo l’intera storia<br />
della fuga di Marcuse e<br />
signora dall’albergo, l’inseguimento,<br />
il dietrofront, la<br />
ritirata in camera.<br />
Descriveva la salita in<br />
ascensore, il cronista con i<br />
signori Marcuse, sordi alle<br />
domande più innocenti: “Le<br />
piace Venezia, professore<br />
Le piace Venezia, signora”<br />
Ci rimasi malissimo.<br />
Nozza raccontava ciò che<br />
era veramente accaduto. È<br />
stata la migliore lezione di<br />
giornalismo che io abbia<br />
mai ricevuto.<br />
E qui si riabilita la figura romantica<br />
del giornalista (andare,<br />
vedere, raccontare).<br />
Il commento di Papuzzi, ad<br />
uso degli studenti di giornalismo,<br />
va anche al di là.“La notizia<br />
non era Marcuse a<br />
Venezia, che passava indifferente<br />
davanti ai muri dell’Istituto<br />
di architettura imbrattati<br />
di scritte in spray rosso<br />
ispirate alla contestazione.<br />
La notizia non erano i suoi<br />
progetti editoriali nel riassunto<br />
dell’addetto stampa. Né il<br />
suo giudizio sul movimento<br />
studentesco in America o in<br />
Europa. Qual era la notizia<br />
Che l’autore de L’uomo a<br />
una dimensione, il collaboratore<br />
di Horkeimer, il pensatore<br />
che denunciava la non-libertà<br />
delle società industriali<br />
avanzate, appariva così vincolato<br />
da un contratto editoriale<br />
in esclusiva da rifiutare<br />
qualsiasi altro rapporto, mostrandosi<br />
di fatto prigioniero<br />
delle leggi del mercato e della<br />
concorrenza. Il critico <strong>dei</strong><br />
sistemi di controllo dentro un<br />
sistema di controllo.<br />
Nel ricordare Marco Nozza,<br />
attraverso le avvincenti pagine<br />
de Il Pistarolo, rivado a un<br />
giorno lontano, agli inizi degli<br />
anni cinquanta. Ci eravamo<br />
conosciuti a Lecco a un piccolo<br />
Premio, tra il giornalistico<br />
e il letterario, vincitori ex<br />
aequo di un concorso dedicato<br />
al paesaggio manzoniano.<br />
Lui aveva pubblicato il<br />
suo articolo su L’eco di<br />
Bergamo, io sul Corriere<br />
Lombardo con il nome de<br />
plume di Elio Pomi (lavorando<br />
in Rai, al Giornale radio,<br />
non ero autorizzato a firmare<br />
con il mio nome). Il premio<br />
era modesto, diviso in due,<br />
poi. Ma per noi, poco più che<br />
ventenni, i soldi non contavano.<br />
Ci domandammo a vicenda<br />
“Quanto ci danno” Per<br />
pura curiosità. Sul non dare<br />
valore al denaro ci accorgemmo,<br />
da subito, di essere<br />
d’accordo. E non cambiammo<br />
mai parere.<br />
Marco Nozza,<br />
Il pistarolo<br />
(da piazza Fontana,<br />
trent’anni di storia<br />
raccontati da un grande<br />
cronista),<br />
introduzione<br />
di Corrado Staiano<br />
Il Saggiatore, Milano 2006,<br />
pagine 384, euro 19,00<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
43
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Lino Pellegrini<br />
Italiani del dottor Zhivago<br />
di Filippo Senatore<br />
Fra l’Ottocento e il Novecento<br />
migliaia di italiani emigrarono<br />
nella sterminata Russia partecipando<br />
alla costruzione<br />
della ferrovia transiberiana. Il<br />
flusso continuò con le due<br />
grandi guerre del secolo breve.<br />
Irridenti, prigionieri, comunisti,<br />
anarchici e democratici<br />
che scappavano dal fascismo.<br />
Lino Pellegrini frequentatore<br />
delle terre sovietiche dal<br />
1939 ricostruisce la storia attraverso<br />
le testimonianze <strong>dei</strong><br />
sopravvissuti nel libro inchiesta,<br />
Italiani del Dottor Zhivago.<br />
Chi ricorda il film di<br />
David Lean nella scena dell’addio<br />
a Lara (Julie Christie),<br />
ha fissato nei ricordi il girasole<br />
in primo piano che improvvisamente<br />
collassa i petali<br />
transeunti nella struggente<br />
partenza dall’ospedale. Lino<br />
Pellegrini suscita le medesime<br />
emozioni, arricchite di<br />
storie inedite e dimenticate. Il<br />
suo lavoro non è solo scavo<br />
di memoria, ma ricerca stratificatasi<br />
per oltre venti anni<br />
per sentire le voci <strong>dei</strong> vecchi<br />
sopravvissuti. Molti di questi<br />
oggi non ci sono più, ma sentiamo<br />
viva l’emozione dell’ultima<br />
testimonianza. Il generale<br />
medico Enrico Reginato è<br />
forse la personificazione del<br />
Zhivago italiano. Pellegrini<br />
raccoglie l’intervista pochi<br />
mesi prima della morte nel<br />
1989. Ufficiale medico nella<br />
divisione Julia, medaglia d’oro<br />
al valore militare, cadde<br />
prigioniero nella primavera<br />
del 1942 sul fronte del Don.<br />
Dalla prigionia di guerra ad<br />
un processo farsa nel 1950,<br />
egli torna finalmente libero in<br />
Italia nel 1954.Il filo conduttore<br />
del racconto si svolge tra<br />
altre centinaia di storie con<br />
l’anelito di rendere giustizia<br />
riabilitando migliaia di uomini,<br />
morti e sopravvissuti ai<br />
gulag. “Le prigionie - tanto interminabili<br />
quanto atroci -<br />
dell’inferno artico non hanno<br />
fatto storia”.<br />
Come Marzabotto, i crimini di<br />
guerra in Unione Sovietica<br />
sono stati rinchiusi negli armadi<br />
della vergogna.<br />
Occorrerebbe riaprire inchieste<br />
sugli italiani dispersi, su<br />
quelli che hanno scontato<br />
un’ingiusta detenzione senza<br />
colpe per riabilitare la loro<br />
memoria di cittadini.<br />
Lino Pellegrini dispone di un<br />
archivio di nomi e di fatti che<br />
andrebbero divulgati e conosciuti,<br />
senza pregiudizi ideologici,<br />
per l’amore della verità<br />
e della giustizia. Nel suo lungo<br />
peregrinare, l’autore ha<br />
conosciuto contadine russe,<br />
sposate a soldati italiani della<br />
Grande guerra, che hanno<br />
passato resto della loro vita<br />
sulle montagne del Trentino.<br />
Pellegrini ha intervistato l’ultima<br />
guerriera dello zar, Mar-<br />
garita Ivanova Lopukhina,<br />
classe 1895 che fece parte<br />
delle truppe bianche in<br />
Ucraina nel 1918-19, durante<br />
la guerra civile. Lo stile dell’autore<br />
è esemplare. Il metodo<br />
rigoroso. Percorre in lungo<br />
e in largo l’ex Unione<br />
Sovietica per scoprire luoghi<br />
e verificare fatti. Scova in<br />
Italia i sopravvissuti, l’interroga<br />
con riscontri rigorosi da<br />
pubblico ministero.<br />
Sfoltisce le debolezze della<br />
memoria <strong>dei</strong> testimoni con<br />
una documentazione d’archivio<br />
che rinverdisce dettagli e<br />
chiarifica visioni parziali da<br />
angolazioni troppo anguste<br />
per essere decifrate.<br />
Apre così una luce sulla verità<br />
scoprendo dettagli nuovi.<br />
Come nel film di Costa Gravas,<br />
La confessione, l’autore<br />
affonda il bisturi sulla tragedia<br />
dello stalinismo.<br />
Rievoca altri fantasmi come il<br />
suo compagno di giornalismo<br />
al fronte, Curzio Malaparte,<br />
che gli insegna il coraggio<br />
e l’ironia che trasmoda<br />
in burla ai danni del diplomatico<br />
Agustìn De Foxà che<br />
gettato nella neve dopo la<br />
sauna, “ve lo rotolarono, quasi<br />
palleggiandoselo”.<br />
Il coperchio di una gavetta testimonia<br />
la speranza di un ritorno<br />
e la voce del cronista<br />
tiene insieme i petali del fiore,<br />
la speranza di conoscere<br />
tante verità, per far tornare<br />
nella terra natia i fantasmi<br />
che vagano ancora nei cieli<br />
di Russia.<br />
Lino Pellegrini,<br />
Italiani del dottor Zhivago.<br />
Fantasmi d’Italia nei cieli<br />
di Russia,<br />
Tassotti Editore,<br />
pagine 270, euro 21,00<br />
Massimo Zamorani<br />
L’agguato di Matapan.<br />
28-29 marzo 1941<br />
di Massimiliano Ancona<br />
Mavis Lever, 19 anni, decodificava<br />
messaggi cifrati per i<br />
servizi inglesi durante il secondo<br />
conflitto mondiale. Fu<br />
suo uno <strong>dei</strong> ruoli principali in<br />
quella che è passata alla storia<br />
come la più grave sconfitta<br />
navale della storia d’Italia:<br />
lo scontro di Matapan. Non fu<br />
una battaglia, perché si<br />
sparò da una parte sola<br />
(quella inglese), mentre dall’altra<br />
(quella della Regia marina)<br />
si<br />
morì soltanto. L’agguato fu<br />
pagato con la perdita di tre<br />
incrociatori (Pola, Zara e<br />
Fiume), <strong>dei</strong> cacciatorpedinieri<br />
Alfieri e Carducci e - soprattutto<br />
- di 2.303 caduti tra<br />
morti e dispersi, più o meno<br />
gli stessi di Pearl Harbor,<br />
quattro volte quelli di Lissa,<br />
durante la III Guerra d’indipendenza.<br />
Antonino Trizzino, nel besteseller<br />
Navi e poltrone (Longanesi,<br />
1952), ha sostenuto<br />
la tesi del tradimento e dello<br />
spionaggio alla base di quella<br />
immane disfatta. In realtà,<br />
scrive il giornalista Massimo<br />
Zamorani nel suo L’agguato<br />
di Matapan. 28-29 marzo<br />
1941, il dramma ha un volto<br />
preciso. E un viso di donna.<br />
Quello di Mavis Lever, appunto,<br />
la studentessa britannica<br />
che, nel marzo 1941,<br />
decodificò il messaggio grazie<br />
al quale fu possibile, per il<br />
comandante della Mediterranean<br />
Fleet, sir Andrew<br />
Cunningham, organizzare il<br />
tragico attacco alla flotta italiana.<br />
A quasi 66 anni dall’evento,<br />
Zamorani dimostra<br />
che la battaglia di Matapan<br />
non fu uno «scontro casuale»,<br />
come credeva l’ammiraglio<br />
Angelo Iachino che comandava<br />
la squadra navale<br />
della Regia Marina, ma l’ultimo<br />
tassello di una serie di<br />
contatti il cui inizio era stato il<br />
primo fatale messaggio,<br />
«Oggi giorno X meno tre»,<br />
decrittato da Mavis Lever.<br />
Zamorani ricostruisce tutta la<br />
storia dell’evento, che costituì<br />
un altro duro colpo per la<br />
flotta da battaglia della Regia<br />
marina, già provata dall’altrettanto<br />
tragica “notte di<br />
Taranto” (11-12 novembre<br />
1940), durante la quale le<br />
corazzate Cavour, Littorio e<br />
Duilio furono colpite da una<br />
ventina di aerosiluranti inglesi.<br />
L’autore descrive come lavoravano<br />
le donne britanniche<br />
impegnate nell’intercettazione,<br />
nella registrazione e<br />
nella decrittazione <strong>dei</strong> messaggi.<br />
A illustrare i meccanismo è<br />
anche il discorso, riportato<br />
nel volume, tenuto dall’ammiraglio<br />
Cunningham, nella<br />
sede del gruppo di decrittazione,<br />
per ringraziare le ragazze<br />
che vi lavoravano.<br />
Così, da parte britannica,<br />
morirono solo tre aviatori. E<br />
la Mediterranean Fleet mantenne<br />
la supremazia nel bacino<br />
mediterraneo almeno fino<br />
al 18 dicembre 1941,<br />
quando tre maiali con equipaggi<br />
di due uomini penetrarono<br />
nelle fortificazioni del<br />
porto di Alessandria e depositarono<br />
mine a tempo sotto<br />
le chiglie delle corrazzate<br />
Queen Elizabeth, Valiant e la<br />
petroliera Saragona. Le mine<br />
esplosero e i danni misero<br />
fuori combattimento per mesi<br />
le tre navi ristabilendo, in<br />
qualche modo, l’equilibrio. La<br />
tragedia di capo Matapan,<br />
invece, ebbe un commovente<br />
epilogo in Sardegna nell’agosto<br />
del 1952, quando su<br />
una spiaggia nei pressi di<br />
Cagliari fu trovata una bottiglia<br />
con dentro un messaggio:<br />
“Regia nave Fiume - Vi<br />
prego, Signore, di informare<br />
la mia cara madre che io<br />
muoio per la Patria. Marinaio<br />
Chirico Francesco da Futani,<br />
Salerno. Grazie Signore -<br />
Italia!”. La madre venne informata<br />
e suo figlio ricevette la<br />
Medaglia di bronzo al valor<br />
militare alla memoria.<br />
Massimo Zamorani,<br />
L’agguato di Matapan.<br />
28-29 marzo 1941,<br />
Mursia editore,<br />
pagine 320, euro 18,50<br />
Pedro Sarubbi<br />
La passione di Barabba<br />
di Giacomo de Antonellis<br />
Nell’immaginario collettivo (e<br />
nella tradizione catechistica)<br />
la figura di Barabba si lega<br />
direttamente al dramma della<br />
Crocifissione; anzi viene<br />
addirittura memorizzato come<br />
l’uomo che, giovandosi<br />
della grazia popolare, avrebbe<br />
imposto la condanna del<br />
Cristo ovvero il Messia.<br />
Yeshua’ Bar Aba‚ - che in<br />
aramaico corrisponde a<br />
Salvatore “figlio del padre”,<br />
nome abbastanza comune<br />
nell’antica società ebraica -<br />
sarebbe dunque moralmente<br />
responsabile (inconsapevole,<br />
e quindi non perseguibile)<br />
della morte di Gesù il<br />
Nazareno, unico e autentico<br />
“Figlio del Padre”. Nella<br />
realtà storica questo personaggio<br />
ha diversa valenza.<br />
Egli era un ribelle anti-Roma,<br />
uno zelota nazionalista, un<br />
sedizioso e un terrorista nella<br />
visione odierna. Si batteva<br />
per una patria libera, per l’autonomia<br />
e per la indipendenza<br />
di Israele.<br />
Certamente era anche assassino<br />
e ladro, perché aveva<br />
ucciso numerosi soldati<br />
imperiali e le sue mani avevano<br />
sottratto beni di conquistatori<br />
e collaborazionisti.<br />
Catturato, veniva trattato come<br />
prigioniero “politico”.<br />
Tutto sommato, alla stregua<br />
di Gesù. Di qui, come aveva<br />
annunciato il profeta, “il<br />
Giusto giustificherà molti e<br />
delle loro colpe si caricherà…<br />
lasciandosi annoverare<br />
tra i malfattori mentre<br />
portava la colpa di molti e intercedeva<br />
per i malfattori”<br />
(Isaia, 53, 11-12). Egli doveva<br />
morire per tutti gli ingiusti,<br />
per l’intera umanità smarrita<br />
e peccatrice. La strada di<br />
Barabba, similmente a<br />
Pilato, si è incrociata con<br />
quella del Giusto soltanto<br />
perché, in tal modo - aveva<br />
ribadito il figlio di Amos -<br />
“piacque al Signore”.<br />
La premessa mi è parsa indispensabile<br />
prima di affrontare<br />
questo racconto di Pedro<br />
Sarubbi su La passione di<br />
Barabba. Prima ancora di<br />
sfogliarlo, mi sono detto: “Ci<br />
siamo. Un altro tassello della<br />
sindrome delle false scoperte<br />
letterarie; l’autore avrà certamente<br />
inventato qualcosa<br />
alla maniera di Dan Brown o<br />
del Vangelo di Giuda”. Apro il<br />
risguardo di copertina dove<br />
risalta il rullo di “attore professionista”<br />
e penso con<br />
supponenza: “Aiuto! La gente<br />
di spettacolo è tanto brava<br />
a recitare ma spesso utilizzando<br />
la penna si comporta<br />
come un giornalista della<br />
carta stampata che s’improvvisa<br />
conduttore radiotelevisivo”.<br />
Così maldisposto<br />
mi dedico alla lettura, con<br />
l’intenzione di farla in breve<br />
giusto per trarre i dati essenziali<br />
per la recensione.<br />
Ohibò, le pagine scorrono facili,<br />
invoglianti, gradevoli, tra<br />
note originali, tematiche attraenti,<br />
descrizioni genuine. Il<br />
tutto attraverso un periodare<br />
sciolto e incalzante. La testimonianza<br />
(sottotitolo “Storia<br />
della mia conversione”) diventa<br />
sempre più piacevole<br />
man mano che si procede<br />
dall’infanzia verso la maturità.<br />
Nella parte centrale della<br />
biografia affiora il salto di<br />
qualità grazie all’incontro con<br />
il regista Mel Gibson in fase<br />
di gestazione del suo straordinario<br />
affresco sul sacrificio<br />
divino. E qui diventa chiara<br />
l’espressione usata per il titolo.<br />
Alla figura di Barabba viene<br />
affidata un’insolita interpretazione.<br />
Ogni attore soppesa<br />
l’importanza del proprio<br />
ruolo in base al numero<br />
di battute che deve recitare.<br />
La tensione era palpabile nel<br />
salone del mitico Istituto<br />
Luce, tra marmi e opere d’arte<br />
con mosaici di ispirazione<br />
romana, esattamente come<br />
l’aveva voluto Mussolini durante<br />
il suo ventennio, mentre<br />
Gibson illustrava il progetto.<br />
Ad ogni interprete era stato<br />
distribuito un copione con<br />
le parti di ciascuno nelle lingue<br />
originali. Sarubbi: “Avrei<br />
avuto voglia di scorrere velocemente<br />
le pagine fino ad<br />
arrivare al mio ruolo ma mi<br />
trattenni… aspettavo con ansia<br />
la mia scena, la scena di<br />
Barabba, con la stessa apprensione<br />
di un padre in sala<br />
parto… finalmente arrivammo<br />
alla pagina dove entrava<br />
in azione Barabba, lessi velocemente<br />
tutto quello che<br />
c’era scritto alla ricerca della<br />
fonetica delle mie battute, in<br />
modo da essere pronto<br />
quando fosse toccato a me”.<br />
Sorpresa e sconcerto. “Per<br />
quanto cercassi, le mie battute<br />
non le trovavo, leggevo e<br />
rileggevo tutto ma niente, pagina<br />
69, 70 e 71, niente, il<br />
copione era scritto su tutti e<br />
due i lati delle pagine in aramaico,<br />
latino, inglese e italiano,<br />
c’era la versione letterale<br />
e quella fonetica, ma di battute<br />
di Barabba neanche<br />
l’ombra”. Il personaggio era<br />
descritto come “un grosso<br />
uomo incatenato, dall’aspetto<br />
animale, piuttosto che<br />
umano”; seguivano tre pagine<br />
fitte di indicazioni per il<br />
duello psicologico tra Caifa e<br />
Pilato ma senza la minima<br />
battuta riferibile a Barabba. È<br />
facile immaginare la tempesta<br />
nel cuore dell’attore che<br />
rifletteva in silenzio con il dolore<br />
dell’amante tradito. A fine<br />
sessione, con i presenti<br />
che si gettavano affamati sul<br />
buffet, Sarubbi prendeva il<br />
coraggio a due mani per affrontare<br />
il regista ipotizzando<br />
persino una rinuncia.<br />
Intuendo che qualcosa non<br />
andava, Mel Gibson si diresse<br />
verso un angolo della sala.<br />
Sarubbi cominciò a parlare,<br />
a fare premesse, a protestare<br />
la sua riconoscenza<br />
per la scelta. “Lui mi guardava<br />
e aspettava qualcosa di<br />
più concreto”. Poi, conosciuto<br />
finalmente il motivo della<br />
lagnanza, lo bloccò facendosi<br />
serio e guardandolo fisso<br />
negli occhi: “Barabba non<br />
parla perché non ha più parole,<br />
ha urlato tutto il suo fiato<br />
per l’ingiustizia subita;<br />
Barabba non è solo un ladrone<br />
ma è un nobile discendente<br />
dalla tribù degli Zeloti,<br />
l’unica tribù che aveva la forza<br />
di opporsi all’impero romano<br />
e proprio battendosi<br />
contro i romani è fatto prigioniero<br />
e torturato fino a trasformarsi<br />
in una bestia, e come<br />
le bestie non ha parole<br />
ma esprime tutto con gli occhi.<br />
Per questo ti ho scelto<br />
per fare il mio Barabba.<br />
Dovrai apparire come una<br />
belva, ma in fondo ai tuoi occhi<br />
ci deve essere lo sguardo<br />
di un uomo onesto… Questo<br />
film sarà innovativo e il tuo<br />
Barabba sarà per te e per il<br />
film più importante di un personaggio<br />
con tante battute.<br />
Fidati e vedrai”. All’attore non<br />
restava che ringraziare,<br />
commentando tra sé: “Mai<br />
nessun regista si era tanto<br />
preoccupato di me e del mio<br />
personaggio”. Cadeva così<br />
ogni pensiero di rinuncia; l’attore<br />
doveva portare avanti<br />
con onore quella interpretazione,<br />
come ha poi fatto.<br />
Il resto diventa parte essenziale<br />
della vita privata di<br />
Pedro Sarubbi, e persino e-<br />
lemento della sua conversione<br />
religiosa, maturata in seguito<br />
all’incontro con persone<br />
adatte nello spirito di Comunione<br />
e Liberazione. Bellissime<br />
le pagine finali sul carisma<br />
di don Luigi Giussani,<br />
da leggere con attenzione<br />
facendone motivo di condivisione.<br />
(A recensione finita, debbo<br />
confessare due cose: ho dedicato<br />
alla lettura l’intera<br />
giornata del Venerdì Santo,<br />
considerandola preghiera;<br />
sono poi corso ad acquistare<br />
alcune copie del libro, per<br />
me - <strong>Ordine</strong>/Tabloid non coltiva<br />
la norma di lasciare il libro<br />
al recensore - e per le<br />
persone più care alle quali è<br />
bello donare libri che fanno<br />
pensare).<br />
Pedro Sarubbi,<br />
La passione di Barabba,<br />
Piemme, Casale<br />
Monferrato 2006,<br />
pagine 182, euro 11,50<br />
44 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
LIBRERIA DI TABLOID<br />
Giorgio Dell’Arti,<br />
Massimo Parrini<br />
Catalogo <strong>dei</strong> viventi <strong>2007</strong>.<br />
5062 italiani notevoli<br />
Lucia Bellaspiga<br />
e Pino Ciociola<br />
Rivincite<br />
di Emilio Pozzi<br />
Gli autori mettono, nella prima<br />
pagina, le mani avanti. E<br />
fanno bene. Perché quando<br />
ci si avventura nell'impresa<br />
di compilare dizionari selettivi<br />
ci può sempre essere<br />
qualche involontaria dimenticanza.<br />
O mascherata come<br />
tale. Oppure la fonte, se non<br />
è diretta o controllata, può<br />
trasmettere qualche imprecisione<br />
o errore. Nella breve<br />
avvertenza iniziale Giorgio<br />
Dell'Arti e Massimo Parrini ,<br />
scrivono: “Gli autori, essendo<br />
umani, possono non aver<br />
notato qualcuno che andava<br />
notato. Di questo chiedono<br />
scusa. Gli autori sanno inoltre<br />
che la massa di informazioni<br />
contenute nel libro è<br />
troppo imponente perché<br />
non vi sia neanche uno sbaglio.<br />
Chiedono scusa anche<br />
di questo e pregano i lettori<br />
consapevoli di mandare correzioni,<br />
integrazioni, rettifiche<br />
e ulteriori informazioni<br />
all’indirizzo di posta elettronica”.<br />
I personaggi citati (5062 ‘italiani<br />
notevoli’, presi in considerazione<br />
alla data del 30<br />
settembre 2006) se sono superstiziosi,<br />
le mani le avranno<br />
messe da qualche altra<br />
parte, leggendo le prime righe<br />
dell’avvertenza “Fanno<br />
parte del seguente elenco<br />
gli italiani ancora in vita al 30<br />
settembre 2006, che sono<br />
stati notati dagli autori”. È<br />
quell’ “ancora in vita” che<br />
può aver indotto qualcuno a<br />
qualche scongiuro. Qualche<br />
nome, infatti non lo si ritroverà<br />
più nella prossima edizione<br />
come quelli di Mario<br />
Merola, Bruno Lauzi, Ondina<br />
Valla, Gillo Pontecorvo,<br />
Emilio Vedova, Pietro Rava,<br />
scomparsi tra ottobre e dicembre.<br />
Erano invece ancora in vita<br />
al 30 settembre, ma il loro<br />
nome non figura, come tanti<br />
altri che, a mio avviso,<br />
avrebbero meritato di essere<br />
inclusi don Lorenzo Bedeschi,<br />
Achille Millo, Flo<br />
Sandon’s, Giacinto Facchetti,<br />
Riccardo Pazzaglia (per<br />
citare quelli, per me ‘notevoli’<br />
di cui ho notato l’assenza).<br />
Comunque l’impresa alla<br />
quale si sono accinti Dell’arti<br />
e Parrini, oltre che affaticante,<br />
(e che può prestarsi al<br />
gioco salottiero della caccia<br />
al ‘chi non c’è’, sperimentato<br />
con successo nella trasmissione<br />
televisiva di Giuliano<br />
Ferrara e Ritanna Armeni su<br />
La7) è utile per una lettura<br />
decodificativa di costume.<br />
Occorrerebbe preliminarmente<br />
intendersi sul significato<br />
del vocabolo ‘notevole’:<br />
il mio dizionario di riferimento,<br />
il preziosissimo Battaglia,<br />
ne dà otto interpretazioni. La<br />
prima è questa: “Degno di<br />
essere notato, osservato,<br />
guardato, ammirato considerato,<br />
vagliato, studiato attentamente<br />
e profondamente,<br />
o di rivestire particolare<br />
importanza e rilievo in un<br />
determinato ambito o contesto<br />
e di essere ricordato a<br />
lungo; che attira l’attenzione<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
per l’originalità o per caratteristiche<br />
particolari; che susciti<br />
interesse, curiosità.” E<br />
fin qui ci siamo.<br />
I promossi sono molti. Però<br />
di fronte a qualche nome<br />
compreso nelle oltre 1800<br />
pagine del volume, resto<br />
perplesso. Ma poi il Battaglia<br />
mi toglie ogni dubbio: l’ottava<br />
definizione di ‘notevole’ è<br />
composta da una sola parola<br />
‘biasimevole’.<br />
E a motivarla c’è una citazione<br />
dal Convivio di padre<br />
Dante: “Però che virtuosissimo<br />
è ne la intenzione mostrare<br />
lo difetto e la malizia<br />
che lo accusatore, dirò, a<br />
confusione di coloro che accusano<br />
la italica loquela,<br />
perché a ciò fare si muovono;<br />
e di ciò farò al presente<br />
speziale capitolo, perché più<br />
notevole sia la loro infamia”<br />
Anche in questo caso ci si<br />
potrebbe esercitare a spulciare<br />
l’elenco <strong>dei</strong> biasimevoli<br />
a cominciare da Totò Riina e<br />
Bernardo Provenzano.<br />
Quanti tra i ‘notevoli’ sono i<br />
‘biasimevoli’<br />
Ecco un modesto suggerimento<br />
per gli autori: aggiungere<br />
al nome <strong>dei</strong> personaggi<br />
anche l’appartenenza a una<br />
categoria (che so ‘i fuochi di<br />
paglia’, gli ‘onnipresenti’, gli<br />
‘insopportabili’, gli ‘intramontabili’).<br />
Le persone veramente ‘notevoli’<br />
si sentirebbero così<br />
tutelate.<br />
In effetti la grande marmellata<br />
degli oltre cinquemila nomi,<br />
rischia di avere un sapore<br />
indefinito. E comunque<br />
non molto gradevole: se<br />
questo è lo specchio della<br />
società in cui viviamo, dobbiamo<br />
prendere atto che<br />
troppo è basata sull’effimero.<br />
Dell’Arti e Parrini sono<br />
però stati molto abili.<br />
Costretti a prendere atto della<br />
notorietà di alcuni (categoria<br />
Lecciso, per intenderci,<br />
hanno ripescato da giornali,<br />
riviste e libri, brani di interviste,<br />
giudizi di critici, descrizioni<br />
colorite, che danno<br />
la dimensione del soggetto<br />
citato. E così, partono frecce<br />
al curaro, firmate da altri. Ma<br />
evidentemente sottoscritte.<br />
Tre piccole annotazioni finali,<br />
molto marginali: 1) nonostante<br />
l’accuratezza degli<br />
estensori, qualche personaggio<br />
è riuscito a sottrarsi<br />
alla curiosità di conoscere la<br />
data di nascita (ad esempio<br />
il siculo Cristiano Malgioglio,<br />
sempre molto prodigo di autoreferenzialità);<br />
2) l’asciuttezza<br />
di alcune voci (solo tre<br />
righe) che non fanno onore<br />
al soggetto citato, in contrasto<br />
con il dilagare di colonne<br />
per nomi francamente ridimensionabili;<br />
3) l’inserimento<br />
del volume, del peso,<br />
controllato, di un chilo e seicentoquaranta<br />
grammi, nella<br />
collana ‘Tascabili’. Una<br />
candidatura nel Guinness<br />
<strong>dei</strong> primati<br />
Giorgio Dell’Arti,<br />
Massimo Parrini,<br />
Catalogo <strong>dei</strong> viventi. 5062<br />
italiani notevoli,<br />
Marsilio,Venezia 2006,<br />
pagine 1806, euro 34,00<br />
Pubblichiamo la presentazione<br />
di Antonio Maria<br />
Costa direttore dell’Ufficio<br />
delle Nazioni Unite contro<br />
la Droga e il Crimine<br />
In ogni essere umano la<br />
speranza è qualcosa che resiste<br />
a tutte le evidenze, è la<br />
forza che spinge avanti imprese<br />
ritenute irrealizzabili,<br />
ma che invece spesso segnano<br />
svolte epocali nella<br />
storia dell’umanità.<br />
Eppure, per molte persone<br />
è difficile sperare che la moltitudine<br />
di uomini e di donne<br />
che vivono ai margini della<br />
società possano riconquista<br />
re un destino diverso.<br />
Quando in strada ci si imbatte<br />
nel giovane tossicodipendente<br />
che cerca di racimolare<br />
soldi, quanti di noi<br />
scommetterebbero sulla<br />
possibilità che lo stesso ragazzo<br />
ci appaia tempo dopo<br />
in un parco mentre gioca sereno<br />
con i suoi figli<br />
Ogni uomo ha la forza della<br />
speranza dentro di sé, ma fa<br />
fatica a riconoscerla negli altri.<br />
Per chi decide o deciderà<br />
di lottare per guadagnare un<br />
destino diverso dalla sofferenza<br />
e dall’emarginazione,<br />
lo sguardo compassionevole<br />
o sprezzante ma comunque<br />
scettico delle persone<br />
cosiddette normali, che faticano<br />
anche solo a pensare<br />
a questa possibilità, equivale<br />
a una condanna.<br />
Ecco: il pregio principale di<br />
questo libro è quello di restituire<br />
la speranza a tutti noi,<br />
facendo piazza pulita degli<br />
stereotipi o preconcetti che<br />
limitano il nostro pensiero.<br />
Questo libro dà un volto a<br />
milioni di persone che camminano<br />
al nostro fianco seguendo<br />
un percorso parallelo,<br />
ma che ciascuno di noi<br />
dovrebbe condividere.<br />
La nostra umanità gioca<br />
sempre più con modelli virtuali,<br />
oggi ci si appassiona<br />
per ogni aspetto della vita di<br />
un attore, spesso si guarda<br />
senza spirito critico al vip<br />
cocainomane, mentre i più<br />
giovani spesso vorrebbero<br />
emularlo. L’immagine dell’eroe<br />
che l’antichità ci ha consegnato<br />
è quella di un uomo<br />
che sfida un destino ineluttabile,<br />
che supera ostacoli<br />
insormontabili per salvare<br />
se stesso, o il suo popolo.<br />
periodico ufficiale del Consiglio dell’<strong>Ordine</strong><br />
<strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Le pagine di questo libro<br />
non ci portano in un passato<br />
di guerre tra ciclopi, ma ci<br />
accompagnano nelle stanze<br />
degli ospedali, nelle carceri,<br />
nelle case, per farci incontrare<br />
persone come noi eppure<br />
diverse. Persone che<br />
hanno attraversato gli abissi<br />
della disperazione, per ritrovare<br />
– anche per noi – qualcosa<br />
dell’essenza di ciò che<br />
rende eroiche le azioni di un<br />
uomo. Queste brevissime<br />
storie descrivono, con un’incredibile<br />
intensità, la parabola<br />
di tante meteoriti luminose.<br />
Le pagine del libro restituiscono<br />
al nostro essere<br />
umani una reale grandezza,<br />
poiché sono la testimonianza<br />
di chi si è lasciato alle<br />
spalle un destino ineluttabile<br />
o di chi ha fatto sì che una<br />
condanna si trasformasse in<br />
una possibilità. Di chi ha dimostrato<br />
che la forza di un<br />
essere umano supera limiti<br />
considerati evidenti e non<br />
aggirabili.<br />
Se ci si chiede a cosa associare<br />
l’immagine di un vincente,<br />
credo che in pochi risponderebbero<br />
a un ex detenuto<br />
che ha realizzato i<br />
suoi sogni, abbandonando<br />
la strada del crimine. O a<br />
una persona affetta da un<br />
handicap, che ha realizzato<br />
capolavori. Ai più verrebbero<br />
in mente i volti sorridenti,<br />
perfetti e tutti uguali che<br />
guizzano sugli schermi televisivi.<br />
Ma ci sono anche i "guardiani<br />
<strong>dei</strong> sogni", quelle migliaia<br />
di persone che lungo i<br />
corridoi <strong>dei</strong> centri di riabilitazione,<br />
negli ospedali, nelle<br />
scuole, in strada, coltivano<br />
la speranza che ogni uomo<br />
– anche chi sembra condannato<br />
– possa realizzare<br />
grandi imprese, imprese<br />
reali. Anche grazie a loro,<br />
medici, cuochi, educatori...,<br />
oggi leggiamo le storie di<br />
questo libro.<br />
Queste storie ci raccontano<br />
con leggerezza e con un infinito<br />
amore per la vita, che i<br />
vinti siamo noi quando abbandoniamo<br />
la speranza.<br />
Questo libro racconta anche<br />
di persone che non ce l’hanno<br />
fatta, e qui sentiamo che<br />
la loro sconfitta è anche un<br />
nostro fallimento.<br />
Oggi ripenso a La fortezza<br />
vuota, non entro nel merito<br />
Poste Italiane SpA Sped.abb.post. Dl n. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004<br />
n. 46) art. 1 (comma 2). Filiale di Milano Anno XXXVII - Numero 1 - 2 - 3<br />
<strong>Gennaio</strong> - <strong>Febbraio</strong> - <strong>Marzo</strong> <strong>2007</strong><br />
Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO<br />
Direzione, redazione, amministrazione: Via Antonio da Recanate, 1 -<br />
20124 Milano<br />
Centralino Tel. 02 67 71 371 Fax 02 66 71 61 94<br />
Consiglio dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti della Lombardia<br />
Franco Abruzzo presidente;<br />
Cosma Damiano Nigro vicepresidente;<br />
Sergio D’Asnasch consigliere segretario;<br />
Alberto Comuzzi consigliere tesoriere.<br />
Consiglieri: Letizia Gonzales, Laura Mulassano, Paola Pastacaldi,<br />
Giuseppe Spatola, Brunello Tanzi<br />
<strong>Ordine</strong>/Tabloid<br />
della validità scientifica di<br />
questo testo di psicanalisi.<br />
Ciò che mi colpì quando lo<br />
lessi era il modo in cui descriveva<br />
l’annichilimento del<br />
desiderio di vivere in un essere<br />
umano. Il libro vedeva<br />
l’autismo infantile come una<br />
condizione di assoluta chiusura<br />
al mondo, determinata<br />
dall’impossibilità di superare<br />
la convinzione che comunque<br />
sia non ci sono vie d’uscita.<br />
Una condizione paragonata<br />
a quella <strong>dei</strong> prigionieri <strong>dei</strong><br />
lager. Nei campi di sterminio<br />
innumerevoli persone - sfinite<br />
dalla sofferenza - avevano<br />
rinunciato alla speranza<br />
di superare l’orrore, ma vi<br />
era anche chi non abbandonava<br />
la fede nella possibilià<br />
di un futuro diverso. Una<br />
speranza che dava a questi<br />
ultimi la forza e la determinazione<br />
di andare con la<br />
mente oltre il filo spinato, di<br />
non abbandonarsi alla morte,<br />
di sopravvivere per a-<br />
spettare.<br />
Oggi nel ripensare alla fortezza<br />
vuota, credo che questa<br />
immagine valga anche<br />
per chi, pur avendo una vita<br />
"normale", al riparo dai crolli,<br />
si riduce a "non sentire" la<br />
vera energia che scaturisce<br />
dagli esseri umani. La fortezza<br />
vuota può essere metafora<br />
anche di chi - pur non<br />
avendo per sua fortuna una<br />
reale cognizione del dolore -<br />
vive ad occhi chiusi. Per<br />
molti infatti, la vita è soltanto<br />
conquista di una posizione<br />
sociale, di un lavoro ben remunerato,<br />
e troppo spesso<br />
questi traguardi sono assunti<br />
in modo passivo, introiettando<br />
modelli "obbligatori",<br />
che non danno misura<br />
della libertà di ciascun essere<br />
umano.<br />
In questo libro ritroviamo un<br />
po’ di questa libertà. Si comincia<br />
dalla voce di donne e<br />
uomini che, a partire dalla<br />
distruzione di ogni simulacro,<br />
hanno ripreso un cammino<br />
a partire da loro stessi.<br />
E di donne e uomini che<br />
hanno deciso di investire le<br />
loro energie per accompagnarli<br />
in questo viaggio.<br />
In questo libro si parla anche<br />
di malati terminali, per i<br />
quali nel tempo rimasto –<br />
breve o lungo che sia – si<br />
manifesta l’intensità di una<br />
vita. Ogni anno, quando presento<br />
i dati sul consumo di<br />
droga, provo a immaginare i<br />
volti che si nascondono dietro<br />
i numeri: un numero è un<br />
giovane che vaga cercando<br />
di racimolare i soldi per una<br />
dose, una famiglia che non<br />
sa più niente di lui. Tutte le<br />
volte ritrovo invece nei giovani<br />
<strong>dei</strong> centri di recupero<br />
dalle tossicodipendenze la<br />
gioia. Una gioia che nasce<br />
mentre si strappa terreno alla<br />
devastazione. È difficile<br />
riuscire anche solo a immaginare<br />
la sofferenza mentale<br />
e fisica di questi ragazzi,<br />
eppure attaverso di loro si<br />
avverte la grandezza di ogni<br />
essere umano che sceglie<br />
di essere libero.<br />
Questo libro ci offre la libertà<br />
di andare oltre l’ottusità<br />
di un determinismo che<br />
pretende di tracciare in modo<br />
definitivo la parabola della<br />
vita di ciascuno di noi, ci<br />
restituisce un po’ della bellezza,<br />
della dignità e della<br />
poesia del nostro essere<br />
uomini.<br />
Lucia Bellaspiga<br />
e Pino Ciociola,<br />
Rivincite,<br />
La Caravella,Viterbo<br />
2006, pagine 172, euro 12<br />
I diritti di questo libro vengono<br />
interamente devoluti dagli<br />
autori alla Casa Famiglia<br />
“Solidarietà e speranza” di<br />
Suor Paola a Roma e alla<br />
“Casa di Archimede” a<br />
Caprarola (Viterbo).<br />
Collegio <strong>dei</strong> revisori <strong>dei</strong> conti Giacinto Sarubbi (presidente),<br />
Ezio Chiodini e Marco Ventimiglia<br />
Direttore dell’OgL Elisabetta Graziani<br />
Segretaria di redazione Teresa Risé<br />
Realizzazione grafica: Franco Malaguti<br />
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Naviglio (Mi)<br />
Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano.<br />
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La tiratura di questo numero è di 25.052 copie. Chiuso in redazione<br />
il 21 febbraio <strong>2007</strong><br />
45
I N O S T R I L U T T I<br />
Vittorio Corona<br />
il “pittore” <strong>dei</strong> giornali<br />
di Marco Travaglio<br />
Adolfo Caldarini, un<br />
signore del giornalismo<br />
di Vittorio Reali<br />
Vittorio Corona se n’è andato l’altroieri, a 59<br />
anni, per un brutto male. Era un grande artigiano<br />
del giornalismo, schivo e geniale come<br />
solo i siciliani sanno essere. Un artista della<br />
grafica, un infaticabile e creativo creatore di<br />
giornali. La sua creatura più riuscita fu la Voce<br />
di Indro Montanelli, nata nel marzo 1994 dopo<br />
il divorzio del grande Indro dal Cavaliere e<br />
assassinata 13 mesi dopo, praticamente nella<br />
culla, con sistemi che sarebbe troppo lungo<br />
raccontare. Ma, quando affiancò Indro in<br />
quell’avventura, aveva già una lunga carriera<br />
dietro le spalle. Catanese di Aci Trezza, lavorò<br />
alla Sicilia e poi, nel 1971, salì a Milano<br />
e iniziò subito a svecchiare il mondo polveroso<br />
<strong>dei</strong> rotocalchi Rizzoli: da Novella 2000 ad<br />
Annabella. Mondo Uomo e Amica nacquero<br />
dalla sua fantasia. Come pure i giornali di tendenza<br />
Moda e King, due successi strepitosi<br />
della Eri negli anni 80. Nel ‘93 Berlusconi lo<br />
chiamò a Italia 1 per progettare Studio<br />
Aperto. Il direttore di tutte le news era Emilio<br />
Fede, ma il Cavaliere gli promise che, alla<br />
partenza, sarebbe toccato a lui. Non era vero,<br />
infatti arrivò Paolo Liguori.<br />
Corona se ne andò, subito ingaggiato da un<br />
gruppo di imprenditori che, fallito l’assalto al<br />
Giorno, preparavano un nuovo quotidiano: la<br />
Voce. Mentre vagliavano i possibili direttori, il<br />
Cavaliere cacciò Montanelli dal Giornale.<br />
Eccolo trovato, il direttore. Corona, da art director,<br />
diventò suo vice. E, conoscendo l’allergia<br />
a ogni novità del Grande Vecchio, rinfoderò<br />
il progetto originario, tutto bollicine e fotomontaggi,<br />
per passare a una formula più<br />
tradizionale. Poi però (quante volte ne abbiamo<br />
parlato, rievocando quei giorni irripetibili),<br />
per puro sfizio, mostrò al Vecchio quelle pagine<br />
rivoluzionarie. Montanelli lo stese con un<br />
tonante «E solo ora me le mostri È molto<br />
meglio questa Voce qua! Vai avanti, Vittorio».<br />
L’Avvocato Agnelli, stupefatto, commenterà:<br />
«Hanno messo la minigonna a Montanelli». Il<br />
Umberto Montefameglio,<br />
un anticonformista<br />
Umberto Montefameglio era nato a Metz<br />
(Francia) 25 maggio 1935 ed è morto a<br />
Vizzolo Predabissi il 26 gennaio <strong>2007</strong>. Ha iniziato<br />
l’attività giornalistica a 17 anni come<br />
aiutante del corrispondente da Torino della<br />
Gazzetta dello sport allora diretta da Gianni<br />
Brera. A vent’anni non ancora compiuti è stato<br />
assunto dal quotidiano «Il popolo nuovo»<br />
di Torino dove ha svolto il praticantato ed è<br />
diventato giornalista professionista il 1° gennaio<br />
1958, a 22 anni, rimanendo per parecchio<br />
tempo il più giovane giornalista italiano.<br />
Nell’arco di 37 anni ha lavorato con diverse<br />
mansioni (cronista, capocronista, inviato, redattore<br />
capo, direttore) nei quotidiani Il Popolo,<br />
L’Italia, L’Avvenire, La Notte, Il Giorno,<br />
in diverse radio e televisioni private e, negli<br />
ultimi 15 anni di professione nei periodici<br />
Mondadori dove ha svolto diverse mansioni<br />
e ha pubblicato testi e fotografie su Il<br />
Milanese, Bolero, Epoca, Panorama, Grazia,<br />
Topolino.<br />
Alla Mondadori è stato membro del Comitato<br />
di redazione e ha fatto parte della Consulta<br />
sindacale dell’Associazione lombarda <strong>dei</strong><br />
giornalisti.<br />
Della sua attività sindacale gli piaceva ricordare<br />
che è stato il primo giornalista-sindacalista<br />
a ottenere, nel contratto integrativo della<br />
Mondadori, il riconoscimento della qualifica<br />
di giornalista per i grafici e i fotogiornalisti e<br />
la loro ammissione all’<strong>Ordine</strong>.<br />
Ha fondato e diretto diverse pubblicazioni tra<br />
le quali il mensile Il mercato del legno, il bimestrale<br />
Il Club della pipa, il settimanale La<br />
Gazzetta della Martesana ed è stato il primo<br />
direttore del quotidiano radiodiffuso Radio<br />
Martesana.<br />
Ultimamente, oltre a Il Club degli autori è stato<br />
anche direttore responsabile <strong>dei</strong> periodici<br />
Vivere Melegnano e V.S., mensile per gli stu-<br />
successo in edicola, nelle prime settimane, è<br />
travolgente. Poi una serie di errori editoriali,<br />
misti ai sabotaggi politico-pubblicitari, spegneranno<br />
la Voce per sempre.<br />
Da allora, il sogno di Vittorio era riportarla in<br />
edicola. Due anni fa, nel decennale, aveva curato<br />
per la Bur un’antologia delle migliori copertine<br />
e <strong>dei</strong> migliori editoriali montanelliani,<br />
dal titolo Senza Voce. Era già malato, ma contava<br />
di farcela. Non è stato così. Le vicende<br />
del figlio, fotografo <strong>dei</strong> vip, non hanno aiutato.<br />
Ma dal ‘95 all’altroieri Corona ha fatto mille altre<br />
cose: un mensile per il gruppo Donati, lo<br />
splendido inserto culturale del Sole-24 ore,<br />
vari rotocalchi (anche per editori stranieri, soprattutto<br />
tedeschi). Ma sempre dietro le quinte:<br />
nessuno osava assumere l’uomo che aveva<br />
detto di no al Cavaliere. Non prima che si<br />
scusasse, almeno. Vittorio però, diversamente<br />
da tanti, anche ex-vociani, non era tipo da<br />
inginocchiatoio. Era un galantuomo dalla<br />
schiena dritta, fra tante serpi e troppi servi.<br />
(da la Repubblica del 26 gennaio <strong>2007</strong>).<br />
denti universitari; tutti a titolo gratuito.<br />
Personalità eclettica ed anticonformista,<br />
sempre attento a tutte le innovazioni è stato<br />
uno <strong>dei</strong> primi a credere nella diffusione e forza<br />
del web creando uno <strong>dei</strong> portali dedicati<br />
alla letteratura agli albori di internet e arrivando<br />
a vincere ben due premi indetti dal<br />
Sole 24ore nel 1996... Attualmente era<br />
Direttore responsabile della rivista da lui fondata<br />
Il Club degli autori e presidente dell’omonima<br />
associazione che ha istituito con lo<br />
scopo di promuovere gli autori esordienti ed<br />
emergenti, creatore e webmaster del<br />
network culturale http://www.club.it<br />
Nonostante la non più giovane età era un appassionato<br />
motociclista conosciuto nell’ambiente<br />
come “nonno Biker”, infatti una sua<br />
simpatica caricatura è apparsa sul numero<br />
11-2004 del mensile Focus. Ha ideato il sito<br />
http://www.bikersclub.it<br />
r.t.<br />
Era stato davvero un bel giorno, quello. Un<br />
gruppo nutrito di giovani aspiranti (alcuni<br />
nemmeno più tanto giovani) aveva superato i<br />
diciotto mesi di praticantato e, finalmente, erano<br />
diventati “professionisti”. Quasi tutti la “professione”<br />
se l’erano già guadagnata sul campo;<br />
ora però avevano quel tanto sospirato tesserino<br />
di pelle marrone-rossastro con le scritte<br />
sul frontespizio in caratteri dorati. Ti ricordi,<br />
Adolfo C’eri anche tu in quel drappello di colleghi,<br />
nel cui ideale zaino di ciascuno c’erano<br />
tante speranze, tanto orgoglio e quel “bastone<br />
di maresciallo” che Dumas aveva infilato<br />
nel sacco di D’Artagnan.<br />
Fu una buona infornata quella del maggio<br />
1973. Oltre a te così, presi a caso nel mucchio,<br />
c’erano Adriana Bruno, Mauro Castelli e<br />
Bruschetti della Rai, Edgardo Ferri, Giulio<br />
Giuzzi, Sebastiano Grasso, la pattuglia di<br />
quelli de La Notte (Giorgio Carbone, Luisa<br />
Purisiol, Luigi Foti, Costantino Muscau e tu,<br />
Adolfo Caldarini), Novarro Montanari, Nestore<br />
Morosini, quel Giorgio Oldrini che adesso è<br />
sindaco di Sesto San Giovanni, Edoardo<br />
Raspelli, Angelo Restelli, Roberta Sparano,<br />
Alberto Trivulzio. E tanti altri che proprio non<br />
posso citare ora.<br />
Tu, allora, avevi 32 anni esatti, ma per chi ti<br />
conosceva, ne avevi assai di più per serietà<br />
professionale, per senso critico, per esperienza<br />
di cronista e di organizzatore. Tutto ciò misto<br />
a un “aplomb” che involontariamente ti trasformava<br />
in un distinto giovin signore inglese.<br />
Ma in te - ora te lo posso dire senza tema di<br />
una tua reazione - c’erano pure una grande<br />
disponibilità verso chi ti stava accanto e un altruismo<br />
( qualcuno direbbe “di vecchio stampo”)<br />
che imbarazzava chi da te riceveva un favore<br />
accompagnato da un sorriso e da una<br />
pacca sulla spalla. Tutte cose, queste, difficilmente<br />
rintracciabili oggi nel convulso e un po’<br />
troppo superficiale mondo nostrano.<br />
Ti divertivi moltissimo quando qualcuno con<br />
un po’ di fantasia - forse per “colpa” del tuo<br />
naso e del tuo mento - ti paragonava a<br />
Giorgio Gaber. Erano i bei tempi di una nostra<br />
avventura poco più che giovanile in quel<br />
palcoscenico della vita invidiato da chi non lo<br />
conosceva, ch’era il giornalismo rampante<br />
non ancora coniugato con le nuove tecnologie<br />
(che poi divennero le tue “compagne”<br />
preferite).<br />
Regnava sovrano, prima in piazza Duca<br />
d’Aosta poi in piazza Cavour, quel grande direttore<br />
che fu Nino Nutrizio; tu, giovane praticante,<br />
destavi l’ammirazione del “maestro”<br />
Bertoli, responsabile delle pagine di provincia<br />
(ricordo quel giorno - fine anni Sessanta - durante<br />
una riunione di capi redattori e capi servizio<br />
per organizzare iniziative nuove, in cui<br />
Bertoli si alzò in tutta la sua scarsa altezza e<br />
disse a Nutrizio: su Caldarini non si discute, o<br />
me lo date oppure io non organizzo niente.<br />
Ed ebbe Caldarini. Tu, comasco verace, lavorasti<br />
anche a Milano con tutti noi; ma non per<br />
molto. Nascevano le edizioni locali de La<br />
Notte: chi poteva assumersi l’onere di Como<br />
Notte se non tu, Adolfo. È fu uno <strong>dei</strong> primi tuoi<br />
grandi successi, in un’epoca in cui - a Milano<br />
come a Venezia, a Como come a Varese, a<br />
Bergamo come a Brescia - non c’erano ancora<br />
i telegiornali; un’epoca in cui regnavano<br />
i quotidiani del mattino (nazionali o locali). Ma<br />
era anche il momento <strong>dei</strong> giornali del pomeriggio<br />
che portavano le notizie dello stesso<br />
giorno alle migliaia di impiegati che all’imbrunire<br />
sciamavano dagli uffici e volevano sapere<br />
cos’era accaduto in città, in Italia, nel mondo<br />
mentre loro erano chiusi in una banca, in<br />
un ufficio comunale, in un grande magazzino.<br />
Nutrizio portò la sua creatura fuori Milano: alle<br />
15, la Notte anche con due pagine locali,<br />
era nei capoluoghi di provincia, nella lontana<br />
piazza S. Marco a Venezia. E a Como c’eri tu<br />
per fare Como Notte: una garanzia per tutti<br />
noi della redazione centrale. Mario Bertoli<br />
gioiva perché aveva puntato su questo snello<br />
giovin signore in blazer blu e tanto entusiasmo<br />
nelle arterie, così come gioiva Arrigo<br />
Galli, il capo redattore dell’ultima edizione,<br />
che comasco anch’egli ti chiamava almeno<br />
dieci volte al giorno al telefono. E tu sempre<br />
disponibile, sempre pronto, sempre presente<br />
nel fare e rifare le tue pagine.<br />
Chi non ti ha conosciuto o ha avuto con te solo<br />
un breve rapporto di vita, non può capire<br />
questa nostra chiacchierata d’oggi.<br />
Caro Adolfo, hai voluto farci uno “scherzaccio”<br />
terribile. Te ne sei andato quasi in punta di<br />
piedi com’era nel tuo stile: temevi di non farcela<br />
questa volta e ne parlavi con chi, più<br />
amico di altri, potevi confidarti. Una malattia<br />
senza scampo, agghiacciante, incredibile e<br />
inattesa (si pensava di averla debellata qualche<br />
anno fa), fulminante ti ha portato via.<br />
Adolfo, non avermene. Ma i ricordi si affollano,<br />
premono, esigono ch’io dica a tutti - specie<br />
ai giovani colleghi che giungono ora al<br />
giornalismo, in periodi non certo facili - come<br />
si deve essere giornalisti. E adesso non puoi<br />
fermarmi. Dopo un’esperienza in un istituto di<br />
studi stranieri, cominciasti a collaborare su<br />
pubblicazioni varie locali e no; a vent’anni avesti<br />
la gioia di leggere il tuo primo, vero articolo<br />
sul Corriere della sera, il resto alle<br />
“Province” con Mario Bertoli. La sera tornavi<br />
a Como; devi riconoscerlo ora: la tua Como<br />
non potevi assolutamente lasciarla. Macché<br />
capo servizio a Milano, in piazza Cavour.<br />
Meglio combattere la battaglia delle “testate”<br />
da Como.<br />
E lì tu vincesti sempre. Fin dall’inizio. Nella tua<br />
città eri un “mito”. Qualche tempo fa, incontratici,<br />
ci trovammo a dire: noi due abbiamo<br />
qualcosa in comune, oltre al mestiere. Per noi<br />
il lavoro era (ed è) un hobby. Non far nulla Ci<br />
si stanca, ci si annoia, ci si rende conto di<br />
perdere un tempo sempre più prezioso. E tu<br />
non hai mai perso il tuo tempo: la direzione di<br />
“Antenna 3 Lombardia”, poi quella tua creatura<br />
che era “Espansione TV”, emittente comasca<br />
che mi costringesti a conoscere di persona<br />
e con quale amore mi avevi spiegato i<br />
marchingegni e le “nuove tecnologie” applicate<br />
a questa tua nuova avventura. Eri felice,<br />
quasi come quando - più tardi - in una nostra<br />
telefonata mi annunciasti che stavi per diventare<br />
nonno.<br />
E poi, ancora: in via Solferino ti avevano chiamato<br />
per uno scambio d’idee. E tu l’idea l’avevi<br />
già nel cassetto.<br />
Eccoti fondatore, direttore ( e un po’ tuttofare<br />
perché per te “direttore” era molto ma non era<br />
tutto…) del Corriere di Como. Un successo,<br />
poteva essere diverso Infine, direttore editoriale<br />
di questo “tuo” giornale. Non ti è piaciuto,<br />
lo so; temevi le pantofole. Marisa, tua moglie<br />
e Roberta, tua figlia hanno riempito questa<br />
malinconia. E poi ci ha pensato Susanna<br />
la tanto attesa nipotina. Ma tu, fino all’ultimo ti<br />
sei sentito giornalista, cronista, TV-man: un<br />
grande esempio per i giovani nostri colleghi.<br />
Sarà bello fra qualche tempo, ritrovarsi e discutere<br />
di una data piuttosto che di un’altra;<br />
parlando di te, Adolfo: un signore del nostro<br />
mestiere. Come scordare quel tuo sorriso…<br />
46 ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong>
Video choc girato ai danni di un giovane disabile<br />
Franco Gianola,<br />
giornalista e storico<br />
Una direttiva comunitaria<br />
potrebbe salvare Google<br />
di Gianni Buosi<br />
Si è spento all’improvviso, sabato 13 gennaio,<br />
a 76 anni, Franco Gianola, a lungo redattore<br />
de il Giorno. Lascia la moglie Donatella e dolore<br />
e rimpianto in tutti quelli che l’hanno conosciuto,<br />
apprezzato e amato per le sue qualità<br />
umane e professionali.<br />
Era nato a Remanzacco, in provincia di<br />
Udine, il 18 marzo del 1930. Aveva iniziato<br />
l’attività professionale negli anni Cinquanta, al<br />
Piccolo di Trieste, poi era passato a l’Unità, in<br />
qualità di inviato speciale nel Friuli. Nel ‘62 iniziava<br />
il suo periodo giornalisticamente più ricco<br />
di soddisfazioni, alla rivista Vie Nuove, prima<br />
a Milano, poi a Roma, infine di nuovo a<br />
Milano. Sui più svariati temi di politica e di costume<br />
aveva saputo far valere le sue virtù di<br />
Giuseppe Fumarola<br />
difensore della verità<br />
di Sergio Borsi<br />
Due, forse tre, giorni prima di Natale, durante<br />
i lavori del Consiglio nazionale dell'<strong>Ordine</strong> a<br />
Roma, siamo stati raggiunti dalla notizia della<br />
morte di un altro amico, Peppino Fumarola.<br />
Aveva da poco compiuto i 75 anni.<br />
Gli ultimi giorni della sua esistenza terrena<br />
sono stati duri, dolorosi. Si è così riprodotta,<br />
nel breve termine, l'essenza della sua vita,<br />
costellata di fatiche, di sofferenze, di impegno,<br />
di coerenza, spesso pagata a caro prezzo.<br />
Giuseppe Fumarola è venuto a Milano dal<br />
sud, dalla Puglia e ad Alberobello è stato ricondotto<br />
nel suo ultimo viaggio. Un ritorno a<br />
casa, in quella terra che ha sempre amato e,<br />
soprattutto, ha cercato in ogni modo di difendere<br />
e di nobilitare.<br />
A Milano ha lavorato a Il Giorno (“Quello di<br />
Baldacci e di Pietra” era solito puntualizzare),<br />
ha ricoperto incarichi per molti anni nel sindacato,<br />
nell'<strong>Ordine</strong>. È stato delegato a molti<br />
congressi della Federazione della stampa, è<br />
stato docente alla Cattolica, ai corsi di preparazione<br />
agli esami professionali e poi componente<br />
delle commissioni agli esami di Stato.<br />
Forse ho tralasciato qualche altro dato biografico.<br />
Mi scuso con Peppino, con i suoi cari,<br />
con i colleghi. Ma preferisco ricordarlo in altro<br />
modo: come un uomo coerente, convinto<br />
delle sue idee, difensore della verità, combattente<br />
per la giustizia. In questo senso gli dobbiamo<br />
qualche scusa: per averlo talvolta sottovalutato,<br />
per averlo giudicato troppo insistente<br />
e caparbio su talune letture della vita<br />
professionale e delle vistose carenze che si<br />
sono palesate nei vari ambiti del nostro lavo-<br />
ORDINE 1- 2- 3 <strong>2007</strong><br />
inviato scrupoloso, naturalmente portato all’approfondimento.<br />
La sua curiosità l’aveva<br />
portato anche a uno <strong>dei</strong> primi viaggi nella<br />
Cuba di Castro, dalla quale era tornato con<br />
un ampio reportage. La sua naturale tendenza<br />
all’approfondimento l’aveva spinto a scrivere<br />
anche due libri: Come l’uomo distrugge<br />
il pianeta e Il pianeta sesso.<br />
Ma poi Vie Nuove chiudeva e Franco, uomo<br />
schivo, orgoglioso ed estraneo agli apparati,<br />
affrontava un periodo di disoccupazione per<br />
approdare infine, nel 1980, a il Giorno in qualità<br />
di semplice redattore. E qui si era accontentato<br />
- lui così colto e preparato - di far valere,<br />
nel settore “i Fatti della Vita”, il suo bagaglio<br />
di esperienza e la sua scrupolosità nel<br />
lavoro redazionale di ogni giorno. Così, per<br />
quasi 15 anni, si era fatto stimare e amare da<br />
quanti - giornalisti, ma anche tipografi - erano<br />
riusciti a scalfire la sua maschera di riservatezza<br />
e di velata frustrazione professionale<br />
per scoprire sensibilità ed empatia rare.<br />
Ma si vedeva che quel mestiere ormai gli andava<br />
stretto. Anche se pochi avrebbero scommesso<br />
che - una volta approdato alla pensione,<br />
nel dicembre ‘94 - Franco avrebbe davvero<br />
realizzato il progetto che meditava da<br />
tempo: una rivista di storia.<br />
Invece, nel ‘96, decollava già Storia in<br />
Network, la prima rivista italiana on line specializzata<br />
nel settore. Con rigore scientifico<br />
ma con intenti divulgativi, la rivista avrebbe<br />
affrontato, per ben 123 numeri, i più svariati<br />
temi di storia, con un’attenzione particolare a<br />
quella moderna e con il coraggio di affrontare<br />
anche, negli editoriali, i temi più scottanti<br />
dell’attualità (da ultimo, il nodo dell’alta velocità<br />
in val di Susa). Questa formula intelligente<br />
aveva portato Storia in Network a raggiungere<br />
il primo posto fra le riviste on line del settore<br />
con oltre 10mila contatti a numero.<br />
Di questa brillante iniziativa editoriale Franco<br />
è stato l’ideatore, il fondatore, il direttore responsabile,<br />
il motore instancabile. Per lunghi<br />
dieci anni, finché la morte s’è portato via l’intellettuale<br />
arguto ma affabile, l’uomo dal tratto<br />
signorile, l’amico.<br />
ro quotidiano. È stato un cattolico militante,<br />
della tradizione popolare più genuina. Con<br />
noi è stato il fondatore del Gruppo giornalisti<br />
cattolici “Giuseppe Donati”. Studioso, critico<br />
<strong>dei</strong> processi politici ma senza mai rinnegare<br />
le proprie scelte. È stato al nostro fianco in<br />
una delle stagioni più difficili, quella della chiusura<br />
delle tipografie, <strong>dei</strong> computer in redazione,<br />
<strong>dei</strong> sistemi editoriali da definire con gli<br />
editori, <strong>dei</strong> piani di ristrutturazione da discutere<br />
nella difesa <strong>dei</strong> posti di lavoro. Severo nel<br />
giudizio, garbato nei suggerimenti, consapevole<br />
della portata della trasformazione. Il suo<br />
nome è apparso poche volte sul giornale ma<br />
fra noi è stato spesso un punto di riferimento.<br />
Gli dobbiamo tanta gratitudine assieme al ricordo<br />
e ad una preghiera.<br />
di Franco Abruzzo<br />
La notizia si può riassumere in poche righe<br />
nonostante la sua gravità: la Procura di<br />
Milano ha iscritto nel registro degli indagati i<br />
due legali rappresentanti di Google Italy Srl<br />
nell'ambito dell'inchiesta avviata sul video<br />
choc girato ai danni di un giovane disabile.<br />
Entrambi gli indagati sono americani. I reati<br />
contestati sono quelli di concorso omissivo<br />
nel reato di diffamazione a mezzo internet. In<br />
pratica è stata estesa a Google la normativa<br />
sulla stampa sul presupposto che “la rete<br />
Internet, quale sistema internazionale di interrelazione<br />
tra piccole e grandi reti telematiche,<br />
è equiparabile ad un organo di stampa”<br />
e che “il titolare di un nome di dominio<br />
Internet ha gli obblighi del proprietario di un<br />
organo di comunicazione” (Trib. Napoli, 8<br />
agosto 1997).<br />
La società Google Italia si è difesa affermando<br />
che “i filmati pubblicati dagli utenti vanno<br />
in linea automaticamente e che non c’è nessun<br />
filtro editoriale preventivo da parte nostra.<br />
Quello che facciamo è ‘tirare giù i contenuti<br />
illegali quando ce ne accorgiamo. Il video era<br />
evidentemente contrario alle nostre policy, infatti<br />
l’abbiamo cancellato immediatamente,<br />
appena ci è stato segnalato. Stiamo sperimentando,<br />
e continueremo a sperimentare,<br />
tecnologie in grado di individuare automaticamente<br />
i contenuti illegali. Ma non è un’impresa<br />
facile. Per fortuna ci siamo accorti che<br />
il filtro più importante è il controllo della comunità.<br />
Sono gli stessi utenti di Google, che<br />
appena vedono qualcosa di anomalo, provvedono<br />
a segnalarcelo”. Secondo il Garante<br />
della Privacy, “il caso del video del ragazzo<br />
down pestato in classe effettivamente pone il<br />
problema del controllo sui siti Internet e sui<br />
nuovi media per i quali è più difficile intervenire<br />
con provvedimenti interdettivi. Il web è<br />
molto ampio e la quantità <strong>dei</strong> siti si moltiplica<br />
quotidianamente. Spesso, perciò, sono difficili<br />
il monitoraggio e l’intervento tempestivo”.<br />
Oggi il web permette di inviare non solo messaggi<br />
ma anche immagini e filmati all’interno<br />
di newsgroups, mailing lists, chat line e di costruire<br />
pagine web personali.Tramite Internet,<br />
quindi, si possono commettere diversi reati: la<br />
violazione delle norme sul diritto d’autore, la<br />
diffamazione (è il caso di cui ci occupiamo),<br />
la violazione delle norme contro lo sfruttamento<br />
sessuale <strong>dei</strong> minori, la violazione delle<br />
norme sull’ordine pubblico con la diffusione<br />
di materiale di carattere terroristico; la violazione<br />
del diritto alla privacy.<br />
Quali sono le norme applicabili La Procura<br />
di Milano sembra orientata ad attribuire una<br />
responsabilità a Google (inquadrato come un<br />
internet provider) per fatti commessi da terzi<br />
in base alle norme sulla responsabilità del direttore<br />
di una testata giornalistica ed in particolare<br />
all’articolo 57 Cp, equiparando il gestore<br />
di un sito internet ad un direttore responsabile<br />
e attribuendogli l’obbligo di verificare<br />
la liceità del materiale pubblicato sul proprio<br />
server, compreso quello inviato da terzi.<br />
La legge 223/1990 (“legge Mammì”) ha esteso<br />
questa responsabilità ai direttori <strong>dei</strong> Tg e<br />
<strong>dei</strong> radiogiornali, mentre la legge 62/2001 ha<br />
coinvolto direttamente i direttori <strong>dei</strong> siti web.<br />
Una sentenza milanese va in questa direzione:<br />
“Alla luce della complessiva normativa<br />
in tema di pubblicazioni diffuse sulla rete<br />
Internet, risulta ormai acquisito all’ordinamento<br />
giuridico il principio della totale assimilazione<br />
della pubblicazione cartacea<br />
a quella diffusa in via elettronica, secondo<br />
quanto stabilito esplicitamente dall’articolo<br />
1 della legge 62/2001” (Tribunale di<br />
Milano, II sezione civile, sentenza 10-16 maggio<br />
2002 n. 6127).<br />
L’internet provider sarebbe corresponsabile<br />
della condotta illecita del terzo utente sulla<br />
base del principio giuridico della culpa in vigilando,<br />
che si realizza con il mancato adempimento<br />
dell’obbligo di monitoraggio del materiale<br />
sistemato nel server, obbligo sancito<br />
indirettamente dall’articolo. 57 Cp. Il direttore<br />
deve evitare che, con il mezzo della stampa<br />
(o di internet), si “commettano delitti”.<br />
Il Pm di Milano, però, dovrà valutare l’incidenza<br />
di una direttiva comunitaria, che sembra<br />
scagionare Google. L’articolo 31 della legge<br />
39/2002 delega il Governo ad emanare un<br />
dlgs per l’attuazione della direttiva<br />
2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici<br />
<strong>dei</strong> servizi della società dell’informazione, in<br />
particolare il commercio elettronico, nel mercato<br />
interno. Il dlgs è il n. 70/2003 (Attuazione<br />
della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni<br />
aspetti giuridici <strong>dei</strong> servizi della società dell’informazione<br />
nel mercato interno, con particolare<br />
riferimento al commercio elettronico).<br />
L’articolo 16 di questo dlgs, paragonabile alla<br />
classica ciambella di salvataggio (per<br />
Google), specifica che “nella prestazione di<br />
un servizio della società dell’informazione,<br />
consistente nella memorizzazione di informazioni<br />
fornite da un destinatario del servizio,<br />
il prestatore non è responsabile delle<br />
informazioni memorizzate a richiesta di un<br />
destinatario del servizio, a condizione che<br />
detto prestatore: a) non sia effettivamente a<br />
conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione<br />
è illecita e, per quanto attiene ad azioni<br />
risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di<br />
circostanze che rendono manifesta l’illiceità<br />
dell’attività o dell’informazione; b) non appena<br />
a conoscenza di tali fatti, su comunicazione<br />
delle autorità competenti, agisca immediatamente<br />
per rimuovere le informazioni o<br />
per disabilitarne l’accesso”.<br />
Google in questo caso svolge un’attività di<br />
semplice “ospitalità” del filmato incriminato.<br />
Tale circostanza potrebbe evitare grane alla<br />
società americana ove si legga anche l’articolo<br />
17 (Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza)<br />
del dlgs 70/2003: “Nella prestazione<br />
<strong>dei</strong> servizi… il prestatore non è assoggettato<br />
ad un obbligo generale di sorveglianza<br />
sulle informazioni che trasmette o memorizza,<br />
né ad un obbligo generale di ricercare attivamente<br />
fatti o circostanze che indichino la<br />
presenza di attività illecite. 2. … il prestatore<br />
è comunque tenuto: a) ad informare senza<br />
indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa<br />
avente funzioni di vigilanza, qualora<br />
sia a conoscenza di presunte attività o informazioni<br />
illecite riguardanti un suo destinatario<br />
del servizio della società dell’informazione;<br />
b) a fornire senza indugio, a richiesta delle<br />
autorità competenti, le informazioni in suo<br />
possesso che consentano l’identificazione<br />
del destinatario <strong>dei</strong> suoi servizi con cui ha accordi<br />
di memorizzazione <strong>dei</strong> dati, al fine di individuare<br />
e prevenire attività illecite. 3. Il prestatore<br />
è civilmente responsabile del contenuto<br />
di tali servizi nel caso in cui, richiesto<br />
dall’autorità giudiziaria o amministrativa<br />
avente funzioni di vigilanza, non ha agito<br />
prontamente per impedire l’accesso a detto<br />
contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza<br />
del carattere illecito o pregiudizievole<br />
per un terzo del contenuto di un servizio al<br />
quale assicura l’accesso, non ha provveduto<br />
ad informarne l’autorità competente”. Se non<br />
c’è obbligo di sorveglianza non c’è responsabilità<br />
penale. E se c’è correttezza nel comportamento<br />
con le autorità di vigilanza non<br />
c’è responsabilità civile.<br />
Frattanto un senatore di Forza Italia (Maria<br />
Burani Procaccini) ha presentato un disegno<br />
di legge per vietare la divulgazione via internet<br />
di immagini di episodi di bullismo.<br />
L’obiettivo è quello di colmare un “vuoto legislativo’’.<br />
Saranno previste pene pesanti per i<br />
trasgressori, con l’inasprimento delle pene<br />
per i minori e per i genitori correi nonché la<br />
chiusura <strong>dei</strong> siti. Probabilmente questa è la<br />
via giusta. Bisogna tener conto che il comma<br />
2 dell’articolo 21 proibisce la censura sulla<br />
stampa. Gli Internet provider non possono<br />
esercitare funzioni vietate espressamente<br />
dalla Carta fondamentale della Repubblica.<br />
Soltanto il giudice può ordinare che un filmato<br />
illecito sia tolto dal web. Altra storia è l’accusa<br />
di diffamazione: il Pm dovrà provare che<br />
i responsabili di Google abbiano agito con<br />
dolo. L’impresa, per le questioni illustrate, è a<br />
prima vista alquanto difficile. L’Europa sembra<br />
escludere questa accusa.<br />
(da Il Giorno/Il Resto del Carlino/La<br />
Nazione del 26 settembre 2006, pagina 6.<br />
IL COMMENTO/PENE PESANTI, MA AI VE-<br />
RI COLPEVOLI)<br />
47
Roma, 2 gennaio <strong>2007</strong>. Nel 2006, sono stati<br />
uccisi in 21 paesi del mondo almeno 81 giornalisti<br />
e 32 collaboratori <strong>dei</strong> media. Inoltre, almeno<br />
871 giornalisti sono stati fermati, 1472<br />
aggrediti o minacciati, 912 media censurati e<br />
56 sono stati rapiti, soprattutto in Iraq e nella<br />
striscia di Gaza. Sono i dati del rapporto 2006<br />
sulla libertà di stampa di Reporters sans<br />
Frontières, un anno infausto che trova un solo<br />
precedente, quello del 1994 quando furono assassinati<br />
103 giornalisti.<br />
Per il quarto anno consecutivo, l’Iraq resta il<br />
paese più pericoloso al mondo per i professionisti<br />
<strong>dei</strong> media: 64 giornalisti e collaboratori sono<br />
morti nel paese durante il 2006. In totale,<br />
dall’inizio della guerra, 139 giornalisti sono stati<br />
uccisi in Iraq, ossia più del doppio del numero<br />
<strong>dei</strong> giornalisti uccisi durante i venti anni della<br />
guerra in Vietnam (63 giornalisti uccisi tra il<br />
1955 e il 1975). Nel 90% <strong>dei</strong> casi, scrive Rsf,<br />
le vittime sono <strong>dei</strong> giornalisti iracheni.<br />
Le indagini per ritrovare i colpevoli, denuncia<br />
l’associazione, sono rarissime, incomplete e, in<br />
generale, inefficaci.<br />
Al secondo posto nella lista degli Stati più pericolosi,<br />
il Messico, diventato il Paese più violento<br />
del continente americano, davanti alla<br />
Colombia.<br />
Nel 2006, 9 giornalisti sono stati uccisi mentre<br />
indagavano sul narcotraffico locale oppure sullo<br />
sviluppo <strong>dei</strong> violenti movimenti sociali in corso<br />
nel Paese. Sono oltre 1.400 i casi di aggressioni<br />
e intimidazioni registrati da Reporters<br />
Reporters sans Frontières<br />
2006 tragico:<br />
almeno 81 giornalisti<br />
uccisi e 56 rapiti<br />
sans Frontières, atti di violenza che sono stati,<br />
il più delle volte, il corollario delle campagne<br />
elettorali svoltesi in alcuni paesi.<br />
Il numero <strong>dei</strong> casi di censura è invece leggermente<br />
diminuito: 912 nel 2006 contro i 1006<br />
dell’anno precedente. Quest’anno, il maggior<br />
numero di casi di censura è stato registrato in<br />
Thailandia. La rete Internet è rigorosamente<br />
controllata in numerosi paesi del mondo.<br />
Reporters sans frontieres ha diffuso, nel mese<br />
di novembre 2006, la lista <strong>dei</strong> 13 nemici di<br />
Internet: Arabia Saudita, Bielorussia, Birmania,<br />
Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran,<br />
Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan,<br />
Vietnam. Almeno 871 giornalisti sono stati arrestati<br />
nel 2006 e per la prima volta, Reporters<br />
sans Frontières ha registrato, in modo esatto,<br />
il numero di giornalisti rapiti nel mondo: almeno<br />
56 nel 2006 in una decina di paesi. Le due<br />
zone maggiormente a rischio sono l’Iraq, dove<br />
17 professionisti <strong>dei</strong> media sono stati rapiti dall’inizio<br />
del 2006, e la Striscia di Gaza, dove sei<br />
reporter sono stati rapiti. Se, nel caso <strong>dei</strong><br />
Territori palestinesi, i rapimenti si sono tutti conclusi<br />
con la liberazione degli ostaggi, in Iraq,<br />
sei professionisti <strong>dei</strong> media sono stati uccisi<br />
dai loro rapitori.<br />
“Un numero così alto di giornalisti uccisi, e<br />
però anche di violenze e di atti di repressione<br />
sui media in ogni parte del mondo, conferma<br />
purtroppo che i processi della conoscenza<br />
operano oggi in una condizione di crisi drammatica<br />
più che mai’’. Lo afferma Mimmo<br />
Candito, presidente italiano di Reporters Sans<br />
Frontières, commentando i dati del rapporto<br />
2006 sulla libertà di stampa dell’associazione.<br />
“Tutti questi morti - osserva Candito - ammazzati<br />
nel loro lavoro di ricerca e di costruzione di<br />
un’informazione credibile, ci dicono che, anche<br />
in un tempo di tecnologie spersonalizzanti, il<br />
giornalismo come testimonianza diretta della<br />
realtà, resta tuttora un impegno che i reporter<br />
affrontano con consapevolezza anche quando<br />
ciò comporta l’assunzione del rischio della<br />
morte’’.<br />
“Ma queste morti e queste violenze ci dicono<br />
anche che la consapevolezza che tutti i poteri<br />
ormai hanno della centralità dell’informazione,<br />
nelle dinamiche della vita sociale, spinge a<br />
tentare in ogni modo un controllo - sempre più<br />
forte, e sempre più spregiudicato, fino all’uccisione<br />
o alla censura violenta sul lavoro giornalistico,<br />
per condizionarne la libertà di indagine,<br />
l’autonomia di espressione, la forza della denuncia’’.<br />
“Appare dunque evidente - sottolinea - che,<br />
proprio perché il ricordo di queste morti e di<br />
queste violenze non è soltanto una celebrazione<br />
di retorica, i giornalisti italiani trovano nelle<br />
cifre amare documentate dal Rapporto di<br />
Rsf il sostegno e le ragioni della lotta che stanno<br />
conducendo in questi mesi con proteste e<br />
scioperi: la difesa di un giornalismo libero, autonomo<br />
contro tutti i tentativi di trasformarlo in<br />
uno strumento docile e piegato alle ragioni <strong>dei</strong><br />
poteri, quali che essi siano, non è un atto di miserie<br />
corporative, ma lo snodo vitale di una società<br />
dove le regole della democrazia non sono<br />
enunciazioni formali ma - conclude - piuttosto<br />
il riconoscimento di ruoli e di responsabilità<br />
irrinunciabili’’.<br />
(ANSA)<br />
Le date<br />
per le elezioni<br />
<strong>dei</strong> componenti<br />
del Consiglio<br />
nazionale<br />
(e <strong>dei</strong> Consigli<br />
regionali)<br />
Con delibera del Presidente del Consiglio nazionale<br />
dell'<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti del 5 febbraio <strong>2007</strong>, sono state<br />
fissate le date per le elezioni <strong>dei</strong> componenti del<br />
Consiglio nazionale (e <strong>dei</strong> Consigli regionali) per il<br />
triennio <strong>2007</strong>/2010:<br />
Domenica 13 maggio <strong>2007</strong>: prima convocazione;<br />
Qualora sia stato raggiunto il quorum di validità dell'assemblea<br />
ma i candidati non abbiano ottenuto la maggioranza<br />
<strong>dei</strong> voti, domenica 20 maggio <strong>2007</strong> avrà luogo<br />
la votazione di ballottaggio;<br />
Domenica 20 maggio <strong>2007</strong>, seconda convocazione<br />
(nel caso in cui nella prima convocazione non sia intervenuta<br />
almeno la metà degli iscritti nei rispettivi elenchi,<br />
aventi diritto al voto); qualora i candidati non abbiano<br />
ottenuto la maggioranza <strong>dei</strong> voti domenica 27<br />
maggio <strong>2007</strong> avrà luogo la votazione di ballottaggio.<br />
Con l'occasione il Consiglio nazionale ha pubblicato un<br />
vademecum contenente le "Norme per le elezioni <strong>dei</strong><br />
consigli regionali e del consiglio nazionale" - di cui è<br />
possibile scaricare il file in pdf - nel quale si precisano<br />
le procedure e le modalità per le elezioni. Nel documento<br />
è riportata la normativa di riferimento e la giurisprudenza<br />
del Consiglio nazionale relativa gli argomenti<br />
trattati.<br />
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