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La notte oscura - san Giovanni della Croce

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pubblico preferibilmente che in privato, aiutati in questo dal demonio. Si compiacciono quandoquesti fenomeni, che ardentemente desiderano avere, sono conosciuti da tutti.4. Molti vogliono essere preferiti dal confessore e così nascono mille invidie e inquietudini. Sisentono imbarazzati a dire i propri peccati in maniera nuda e semplice per paura che il confessore listimi meno, e cercano di colorarli perché non appaiano tanto brutti; in breve, s’industriano ascusarsi più che ad accusarsi. A volte cercano un altro confessore per accusare quanto hanno digrave, perché il confessore ordinario non pensi che hanno commesso qualcosa di male, ma conoscasolo il bene. Così sono contenti di raccontargli solo le cose buone e spesso in termini esagerati oquanto meno con l’intenzione che le loro opere siano ritenute buone. Ma, come dirò più avanti,sarebbe più umile non parlare di tali opere, anzi desiderare che né il confessore né altri le stiminoaffatto.5. Inoltre alcuni di questi principianti considerano poca cosa le loro mancanze, mentre altre volte sirattristano troppo quando le commettono. Pen<strong>san</strong>o che dovrebbero essere già dei <strong>san</strong>ti e se laprendono con se stessi o s’impazientiscono, il che è una vera e propria imperfezione. Chiedono aDio con viva insistenza di liberarli dalle loro imperfezioni e dalle loro mancanze, ma, più che peramor suo, per poter stare in pace senza il fastidio che esse procurano. Non si accorgono che, se Dioli esaudisse, forse diventerebbero più superbi e presuntuosi. Odiano elogiare gli altri, mentre amanoessere lodati e a volte persino lo pretendono; sono simili alle vergini stolte che, avendo le lampadespente, volevano l’olio delle altre (Mt 25,8).6. Alcuni cadono in molte e più gravi imperfezioni o arrivano persino a commettere molti peccati.Per gli uni, il male è più o meno grande; altri non ne subiscono che i primi moti o poco più. Rarisono i principianti che al tempo dei primi fervori non cadono in simili imperfezioni. Quelli, invece,che in questo periodo seguono il cammino <strong>della</strong> perfezione agiscono in tutt’altra maniera e con unospirito molto diverso. Difatti compiono progressi nell’umiltà e vi si consolidano molto, non soloconsiderando un nulla le loro opere, ma sentendosi altresì poco soddisfatti di se stessi. Ritengonomigliori tutti gli altri e provano per essi una <strong>san</strong>ta invidia, desiderosi di servire Dio come loro. Più illoro fervore è grande, più opere buone compiono provando in esse una viva gioia, dal momento chesi tengono nell’umiltà; più riconoscono, altresì, l’onore e la gloria che spettano a Dio e quanto pocofanno per lui. Per questo motivo, più lavorano per la sua gloria, più si sentono insoddisfatti. È cosìintensa la carità e grande l’amore per il Signore che tutto ciò che fanno per lui è nulla in confronto aquanto vorrebbero fare. Tale sollecitudine d’amore li spinge, li preoccupa e li inebria talmente chenon si accorgono se gli altri fanno o non fanno; e se vi pongono attenzione, sono convinti che tuttigli altri siano migliori di loro. Stimando poco se stessi, desiderano che anche gli altri non li stiminoe non considerino, anzi disprezzino le loro opere. Ma c’è di più: ogni volta che qualcuno li loda odimostra stima, non gli credono affatto e sembra ad essi davvero strano che si dica bene di loro.7. Costoro, nella massima serenità e umiltà, desiderano vivamente che s’insegni loro tutto ciò chepuò essere utile. Si comportano molto diversamente dai principianti, di cui sopra, che vorrebberoinsegnare a tutto il mondo; anzi, quando s’accorgono che qualcuno vuole insegnare loro qualcosa,prendono subito la parola come se sapessero già quel che si andrà a dire. Le persone umili, invece,non si sentono maestre di nessuno; vanno spedite per la loro strada e sono totalmente disposte aimboccarne un’altra se qualcuno glielo comanda, perché pen<strong>san</strong>o di non riuscire mai in nulla. Sonocontente quando vengono lodati gli altri e si rammaricano solo di non servire Dio come loro. Nondesiderano parlare delle loro cose, perché le stimano poco, e hanno ritegno persino a dirle al lorodirettore spirituale, convinte che non siano meritevoli d’essere riferite. Amano parlare delle loromancanze e dei loro peccati più che sciorinare le loro virtù. Di conseguenza, cercanopreferibilmente il direttore che stima meno le loro opere e il loro comportamento; tutto questo èindice di spirito semplice, puro e sincero, molto gradito a Dio. Infatti, poiché Dio ha infuso lo


spirito di saggezza nelle anime umili, le muove e le spinge a tenere segreti i loro tesori e amanifestare le loro miserie. Alle persone umili, insieme con le altre virtù, Dio dà questa grazia chenega ai superbi.8. Gli umili sono pronti a dare il <strong>san</strong>gue del loro cuore a colui che serve Dio e ad aiutare con tutte leforze chi lo serve. Quanto alle imperfezioni in cui si accorgono di cadere, sono motivo per essi disopportarsi con umiltà, dolcezza di spirito e timore pieno di amore per Dio e di fiducia in lui. Ma leanime che all’inizio camminano in questa via di perfezione, come ho detto, sono molto poche; micontenterei se non cadessero nei difetti contrari. Proprio per questo, come dirò in seguito, Diointroduce nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> coloro che vuole purificare da tutte queste imperfezioni per farliprogredire.CAPITOLO 3Ove si parla di alcune imperfezioni in cui cadono alcuni principianti circa l’avarizia spirituale, cheè il secondo vizio capitale.1. A volte, molti di questi principianti cadono in una grande avarizia spirituale, perché non sicontentano <strong>della</strong> vita spirituale che Dio dona loro. Sono molto scontenti e insoddisfatti perché nontrovano la consolazione che si aspettavano dagli esercizi di pietà. Molti non si stancano mai dichiedere consigli o di apprendere regole di vita spirituale, di possedere o di leggere una grandequantità di libri che trattano di questo argomento. Spendono più tempo in questo che nel praticare lamortificazione o nel perfezionare la povertà di spirito come dovrebbero. Oltre a questo, si caricanod’immagini e di corone del rosario molto originali; ne lasciano alcune per prenderne altre; lecambiano e le ricambiano; le vogliono ora in un modo ora in un altro, affezionandosi più a questacroce che a quella, perché più originale. Inoltre si vedono altri principianti ricoperti di agnusdei, direliquie o di «liste di <strong>san</strong>ti», come i fanciulli dei loro giocattoli. In tutto questo io condanno lospirito di possesso, perché l’attaccamento che nutrono per la forma, la quantità e la rarità di talioggetti è contrario alla povertà di spirito. Questa bada unicamente alla sostanza <strong>della</strong> devozione,contentandosi di ciò che basta ad alimentarla, mentre la quantità e la rarità degli oggetti porta allanoia. <strong>La</strong> vera devozione, infatti, deve partire dal cuore e guardare solo alla verità e alla sostanza diciò che tali oggetti di devozione rappresentano. Tutto il resto non è che attaccamento e spirito dipossesso dovuto a imperfezione, sicché per arrivare in qualche modo allo stato perfetto occorreliberarsi da simili tendenze sregolate.2. Ho conosciuto una persona che per più di dieci anni si è servita di una croce fatta rozzamente conun ramo benedetto, fissata con un fil di ferro ripiegato all’intorno; non l’aveva mai lasciata e laportò sempre addosso finché non gliela tolsi. Ebbene, non era una persona di poco giudizio o discarso buon senso. Ho conosciuto un’altra persona che pregava con una corona fatta di lische dipesce; certamente la sua devozione non era meno preziosa agli occhi di Dio. È fuori dubbio chequeste due persone non riponevano la loro devozione nella forma o nel valore di tali oggetti.Coloro, quindi, che seguono rettamente questi principi non si attaccano a questi strumenti visibili,non se ne aggravano né si preoccupano di sapere più di quanto conviene sapere per poter agire;mirano solo ad approfondire il loro rapporto con Dio e a piacergli. Questo è il loro unico desiderio.Danno con generosità tutto ciò che possiedono e la loro gioia consiste nel privarsi dei beni, siaspirituali che temporali, per amore verso Dio e per carità verso il prossimo. Costoro, ripeto, miranoin realtà solo alla vera perfezione interiore, cioè a piacere a Dio e a rinunciare a se stessi, in tutto.


3. Ma l’anima non può purificarsi completamente nemmeno da queste imperfezioni, come anchedalle altre, finché Dio non la colloca nella purificazione passiva di quella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> di cui parleròtra poco. È necessario, però, che l’anima, da parte sua, faccia quanto le è possibile per perfezionarsi,al fine di meritare che il Signore la sottoponga a quella purificazione che la guarisce da tutte leimperfezioni da cui non era riuscita a liberarsi da sola. Malgrado il suo impegno, l’anima non puòcon le sue forze raggiungere quella purificazione che la dispone, sia pure minimamente, all’unionecon Dio nella perfezione dell’amore. Occorre che Dio prenda l’iniziativa e la purifichi nel fuoco perlei oscuro, e questo in un modo di cui dirò in seguito.CAPITOLO 4Ove si parla di altre imperfezioni in cui abitualmente cadono i principianti relativamente allalussuria, terzo vizio capitale.1. Oltre alle imperfezioni causate da ciascun vizio capitale, di cui sto parlando, molti principianticadono in parecchie altre. Per il momento non parlo di queste ultime per evitare lungaggini;preferisco, invece, trattare solo di alcune delle principali, che sono come l’origine e la causa dellealtre. Qui tratto del vizio <strong>della</strong> lussuria, ma mio unico intento non è quello di parlare dei peccatirelativi a questo vizio capitale, nei quali cadono le persone spirituali, bensì di occuparmi delleimperfezioni da purificare nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>. Ora, sono molte le imperfezioni dei principianti suquesto punto: si potrebbero chiamare lussuria spirituale, non perché lo siano in realtà, ma perchéderivano da cose spirituali. Molte volte, infatti, accade che durante gli stessi esercizi di pietàinsorgano, anche se non si vogliono, moti di sensualità e atti disordinati. A volte ciò si verificapersino quando lo spirito è immerso in una profonda orazione o si sta celebrando il sacramento <strong>della</strong>penitenza o dell’eucaristia. Queste sensazioni, come ho detto, non dipendono da noi; derivano dauna delle tre cause seguenti.2. <strong>La</strong> prima è il piacere che spesso la natura prova nelle cose spirituali. Difatti, come lo spirito e ilsenso provano piacere in tali cose, così ciascuna delle due parti dell’uomo si porta verso lasoddisfazione secondo la propria natura e le proprie caratteristiche. Lo spirito, o parte superioredell’uomo, si porta a godere Dio e a gustarlo, mentre la sensualità, o parte inferiore, ricerca ilpiacere e la soddisfazione dei sensi, perché non è capace di possedere o gustare altri piaceri: siattacca al piacere che le è più adeguato, cioè quello disordinato dei sensi. Accade così che l’anima,pur essendo tutta immersa con lo spirito in una profonda orazione alla presenza di Dio, nei sensiprovi passivamente agitazioni, fermenti e atti sensuali, non senza grande ripugnanza da parte sua.Ciò accade spesso durante la comunione: poiché l’anima prova gioia e soddisfazione a compierequest’atto d’amore, perché il Signore le concede questo dono proprio a questo scopo, anche lasensualità vuole la sua parte, come ho detto, però a modo suo. Poiché le due parti, in fondo,costituiscono un unico soggetto, ordinariamente ciascuna di esse partecipa in modo proprio a ciòche l’altra riceve. Dice infatti il Filosofo a tale proposito: Tutto ciò che si riceve, viene ricevutosecondo il modo di colui che riceve. Così, agli inizi e anche quando l’anima è già avanzata, essendoimperfetta la sensualità, molto spesso riceve lo spirito di Dio secondo il grado d’imperfezione in cuisi trova. Al contrario, quando la parte sensitiva ha subito la purificazione <strong>della</strong> <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, di cuiparlerò dopo, non ha più queste debolezze; non è più essa, infatti, a ricevere lo spirito divino, mapiuttosto è ricevuta nello spirito divino; così tutto ciò che possiede, lo possiede secondo le modalitàdi questo spirito divino.3. <strong>La</strong> seconda causa, da cui provengono a volte queste agitazioni, è il demonio. Costui cercad’importunare e turbare l’anima che è in preghiera o vi si prepara; suscita nella natura questi


movimenti disordinati e reca all’anima, che vi presta attenzione, un grande danno. Difatti non soloper la paura che le insinua la rende svogliata nell’orazione, che è quanto egli vuole, dovendol’anima lottare contro simili suggestioni, ma spinge alcune persone ad abbandonare completamentela preghiera. Tali anime credono che simili agitazioni si verifichino proprio durante la preghiera enon in altri momenti. Ciò è vero, perché il demonio le suscita più in questi momenti che in altri,proprio perché abbandonino questo pio esercizio. Ma non è tutto. Arriva persino a presentare loromolto vivamente immagini brutte e turpi, collegandole a volte con l’immagine di un oggettospirituale o di persone che fanno loro del bene, per spaventarle e confonderle. Così le persone checadono in questa tentazione non o<strong>san</strong>o più guardare o pensare a nulla, perché subito s’imbattononella difficoltà di cui sopra. Tutto ciò si verifica in modo particolare e frequentemente nelle personemalinconiche con una veemenza tale che esse suscitano compassione. <strong>La</strong> loro vita è triste; lasofferenza è tale quando soffrono di quest’umore che sono convinte di avere il demonio in corpo edi non essere capaci di liberarsene; ciò nonostante, alcune di esse riusciranno a respingerlo se sifaranno coraggio. Quando queste prove capitano a tali persone a motivo <strong>della</strong> loro malinconia, essedi solito non se ne liberano finché non guariscono da quest’umore, inoltrandosi nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>che a poco a poco le purifica di tutti questi mali.4. <strong>La</strong> terza causa, da cui solitamente procedono e muovono guerra questi moti disordinati, è ingenerale la paura di provare ancora queste sensazioni e rappresentazioni turpi. Difatti questa paura,che improvvisamente si desta nelle persone a motivo di ciò che vedono, dicono o pen<strong>san</strong>o, fa sì cheesse abbiano quelle sensazioni senza alcuna loro colpa.5. Ci sono, poi, delle anime dal temperamento così sensibile e delicato che, appena provano qualchegusto di devozione o di preghiera, si vedono pure immediatamente invase dallo spirito di lussuria.<strong>La</strong> sensualità le stordisce e le inebria a tal punto che sono come sommerse nelle attrazioni e neipiaceri di questo vizio. Entrambe queste sensazioni perdurano contemporaneamente e in modopassivo; a volte si constata anche che si sono verificati dei gesti grossolani e sconsiderati. Questoperché, come ho detto, hanno un temperamento sensibile e delicato; quindi alla minima emozione siagitano gli umori e il <strong>san</strong>gue, e provocano tali sconvolgimenti. Del resto, la stessa cosa accade loroquando si accendono d’ira o hanno qualche turbamento o qualche pena.6. A volte queste persone spirituali, quando parlano di argomenti di devozione o compiono esercizidi pietà, si lasciano andare a una certa superbia e petulanza al pensiero dei presenti, con i quali sicomportano con una sorta di vana compiacenza. Anche questo sentimento è frutto di lussuriaspirituale, come la intendo qui, e di solito la volontà vi acconsente.7. Alcune di queste persone nutrono per altre dell’affetto, facendolo passare per un fatto spirituale,ma molto spesso queste amicizie sono morbose e per niente spirituali. Si appura che è così quando ilricordo di quell’affetto, anziché riportare a Dio e accrescere l’amore per lui, produce solo rimorsi dicoscienza. Difatti, se l’amicizia è puramente spirituale, crescendo essa, fa crescere anche l’amoreper Dio; anzi, quanto più l’anima si ricorda di tale amicizia, tanto più si ricorda di quella con Dio esi porta ardentemente verso di lui. Crescendo nell’una, cresce anche nell’altra, perché lo spirito diDio ha la proprietà di accrescere un bene con un altro bene a motivo <strong>della</strong> somiglianza edell’affinità che esiste fra loro. Se, invece, quell’affetto umano nasce dal suddetto vizio <strong>della</strong>sensualità, produce effetti contrari: quanto più esso cresce, tanto più diminuisce l’amore per Dioinsieme al ricordo di lui. Difatti, se cresce l’amore sensuale, immediatamente si vede l’animaraffreddarsi nell’amore per Dio, dimenticarsi di lui al ricordo dell’altro e provare rimorsi dicoscienza. Al contrario, quando l’amore di Dio cresce in un’anima, questa si raffredda nell’amoresensuale e lo dimentica, perché sono due amori contrari: non solo l’uno non aiuta l’altro, ma quelloche predomina spegne e soffoca l’altro rafforzando se stesso, come insegnano i filosofi. Per questoil Signore nel vangelo afferma che quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo


Spirito è spirito (Gv 3,6), cioè l’amore che nasce dalla sensualità termina nella sensualità, mentrequello che è dallo spirito termine nello spirito di Dio e lo fa crescere in noi. Tra i due amori vi èquesta differenza che ci permette di riconoscerli.8. Quando l’anima entra nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, tiene sotto il controllo <strong>della</strong> ragione questi due amori. Aquesto punto, però, purifica e rafforza l’amore che è secondo Dio, mentre abbandona e sopprimel’altro. Ma all’inizio fa in modo che entrambi si perdano di vista, come dirò in seguito.CAPITOLO 5Ove si parla delle imperfezioni in cui cadono i principianti circa il vizio dell’ira.1. Spinti dalla concupiscenza, molti principianti si portano alla ricerca dei gusti spirituali. Perquesto motivo, molto spesso cadono i numerose imperfezioni lasciandosi andare al vizio dell’ira.Difatti, quando non assaporano più le soavità e le delizie delle cose spirituali, naturalmente sitrovano disorientati e, a causa di questo dispiacere interno, si comportano sgarbatamente; si adiranomolto facilmente per qualsiasi inezia e a volte si rendono persino insopportabili. Tali fenomeni siverificano spesso quando, durante l’orazione, hanno provato qualche raccoglimento sensibile moltopiacevole. Nel momento in cui non provano più la sensazione piacevole, essi si ritrovanonaturalmente nell’aridità e nella svogliatezza. Assomigliano al bambino che viene allontanato dalseno materno che stava gustando con piacere. Se in quest’effetto <strong>della</strong> natura i principianti non silasciano trasportare dal disgusto, non c’è colpa, ma solo imperfezione che va purificata attraverso learidità e le prove <strong>della</strong> <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>.2. Vi sono, poi, persone spirituali che cadono in un’altra forma d’ira spirituale. Sono quelle che siarmano di uno zelo spropositato contro i vizi altrui, censurandoli. A volte si sentono portati arimproverarli bruscamente, e lo fanno anche, come se fossero maestri di virtù. Ora, questo modo difare è contrario alla mansuetudine spirituale.3. Ve ne sono altri, infine, che dinanzi alle loro imperfezioni si spazientiscono in modo contrario aogni umiltà, arrabbiandosi con se stessi. Sono talmente impazienti che vorrebbero divenire <strong>san</strong>ti inun giorno. Molti di costoro fanno numerosi progetti e prendono grandi decisioni. Ma non essendoumili e non diffidando di se stessi, quanto più propositi fanno, tanto più cadono e s’irritano. Nonhanno la pazienza d’aspettare il momento in cui Dio vorrà esaudirli. Anche questo comportamento ècontrario alla suddetta mansuetudine spirituale. Non vi può esser miglior rimedio a tale situazioneche la purificazione <strong>della</strong> <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>. Ciò nonostante, vi sono alcune persone che mostrano talepazienza o lentezza nel voler progredire, che Dio non vorrebbe ne avessero proprio tanta!CAPITOLO 6Ove si parla delle imperfezioni relative alla gola spirituale.1. Circa il quarto vizio, che è la gola spirituale, c’è davvero molto da dire. Quasi nessuno deiprincipianti, per quanto virtuoso sia, evita di cadere in qualcuna delle numerose imperfezioniprovocate da questo vizio, a motivo del gusto che, agli inizi, prova nelle pratiche di pietà. Molti diloro, ingolositi dal piacevole gusto che provano in tali esercizi, cercano più il sapore dello spiritoche la purezza del cuore e la debita discrezione, virtù da Dio richieste e a lui accette lungo il


cammino spirituale. Così, oltre all’imperfezione che commettono ricercando questi piaceri, la lorogolosità li spinge a pretendere ancora di più, superando i limiti del giusto mezzo, dove risiede e siconsolida la virtù. Attratti dal gusto che provano, alcuni si ammazzano a forza di penitenze e altri sidebilitano con i digiuni, dandosi a pratiche superiori alle proprie forze, senza l’ordine e il consigliodi nessuno; addirittura sfuggono a chi dovrebbero obbedire in tale caso; alcuni, poi, non temono difare il contrario di quanto è stato loro comandato.2. Costoro sono molto imperfetti, sono persone irragionevoli. <strong>La</strong>sciano da parte la sottomissione el’obbedienza, che sono la penitenza <strong>della</strong> ragione e <strong>della</strong> volontà pur sapendo che questo è ilsacrificio a Dio gradito più di qualsiasi altra cosa e <strong>della</strong> stessa penitenza corporale. Questa non èche una penitenza animale, verso la quale si è portati al pari degli animali, mossi dal piacere che siprova in questo esercizio. Ora, poiché gli eccessi sono cattivi e in questo modo di fare tali personeseguono la loro volontà, crescono nei vizi anziché nella virtù: acquistano quanto meno golaspirituale e superbia, perché non seguono la via dell’obbedienza in quello che fanno. D’altra parte,il demonio domina molti di costoro al punto di spingerli alla gola, eccitando i loro gusti e appetiti.Così questi poveri principianti, non potendo resistergli, cambiano, aggiungono o modificano ciò cheviene loro comandato, perché l’obbedienza su questo punto è per loro molto dura. Alcuni di loroarrivano a un tale eccesso che, per il fatto di praticare per obbedienza certi esercizi di pietà, perdonola voglia e la devozione di farli: ma questo non perché sono loro comandati, bensì perché loro unicogusto e voglia è seguire le proprie inclinazioni. Forse sarebbe meglio per loro non praticare similiesercizi di pietà.3. Vedrete molti di costoro insistere con i maestri spirituali per ottenere ciò che a loro piace, e metàlo ottengono quasi per forza. In caso contrario, si rattristano come bambini, si mostrano svogliati ecredono di non servire Dio quando non li si lascia fare quello che vorrebbero. Infatti, essendoattaccati ai loro gusti e alla loro volontà, che considerano loro dio, quando queste cose vengono lorotolte affinché aderiscano alla volontà divina, si rattristano, si abbattono e si scoraggiano. Credono diservire Dio e di farlo contento, se loro sono contenti e soddisfatti.4. Vi sono poi altri che, a motivo del vizio <strong>della</strong> gola, conoscono così poco la loro bassezza emiseria e trascurano talmente l’amoroso timore e il rispetto che devono alla maestà divina, che nonesitano a insistere molto con i loro confessori per avere il permesso di comunicarsi spesso. Il peggioè che molto sovente o<strong>san</strong>o comunicarsi senza il permesso e il consiglio del ministro di Cristo edispensatore dei suoi doni. Seguendo solo il proprio giudizio, cercano di nascondergli la verità. Atale scopo, per potersi comunicare, si confes<strong>san</strong>o alla meglio, desiderando più il comunicarsi checomunicarsi con una coscienza pura e ben disposta. Al contrario, sarà più giusto e lodevole avereuna disposizione diversa e pregare il confessore di non farli accostare alla comunione tanto spesso;sebbene, tra questi due estremi, la cosa migliore sia la rassegnazione umile, tuttavia la cosa chegenera più mali e attira castighi su di loro è la temerarietà.5. Quando si comunicano, tutta la preoccupazione consiste nel cercare qualche sensazione e qualchegusto più che nell’adorare e lodare umilmente Dio presente in loro. E si attaccano tanto a quest’ideache, se non vi trovano qualche gusto o consolazione sensibile, pen<strong>san</strong>o di non aver fatto nulla.Questo è un modo molto umano di giudicare Dio. Non comprendono che il vantaggio più piccoloche procuri il <strong>san</strong>tissimo sacramento è proprio il diletto dei sensi, mentre il più grande, quelloinvisibile, è la grazia divina. Ciò spiega perché Dio, molto spesso, nega gusti e favori sensibili,proprio perché non li considerano con gli occhi <strong>della</strong> fede. Essi, invece, vogliono sentire e gustareDio come se fosse comprensibile e accessibile, non solo su questo punto, ma anche negli altriesercizi di devozione. Tutto questo denota una grande imperfezione e una fede impura, contrariaalla natura di Dio.


a morte. Se talvolta non sentono nella preghiera la soddisfazione richiesta dal loro gusto – occorrepure che alla fine Dio li privi <strong>della</strong> soddisfazione e li metta alla prova –, non vorrebbero piùritornarvi; altre volte l’abbandonano o vi vanno di malavoglia. Così, cedendo all’accidia, nonimboccano il cammino <strong>della</strong> perfezione, che consiste nella rinuncia alla propria volontà e nelpiacere a Dio, e seguono invece quello <strong>della</strong> gioia e <strong>della</strong> soddisfazione <strong>della</strong> loro volontà. In questomodo cercano la soddisfazione personale più che la volontà di Dio.3. Molti di loro desiderano che Dio voglia ciò che essi vogliono; si rattristano per essere obbligati avolere ciò che vuole Dio, provando ripugnanza a conformare la loro volontà a quella di Dio. Moltevolte arrivano a pensare che ciò a cui non sono portati e in cui non provano gusto non sia volontà diDio; al contrario, quando si sentono soddisfatti, credono che lo sia anche Dio. Riducono Dio allapropria misura, anziché conformarsi a lui. Invece il Signore nel vangelo insegna proprio il contrario,quando afferma che chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vitaper causa mia, la troverà (Mt 16,25).4. I principianti mostrano persino intolleranza quando viene comandato qualcosa che dispiace aloro. <strong>La</strong>sciandosi guidare dal piacere e dalle delizie dello spirito, sono molto fiacchi di fronte allosforzo e alla fatica richieste dalla perfezione. Sono simili a coloro che si nutrono di cose elevate, marifuggono con tristezza da ogni asperità; si scandalizzano <strong>della</strong> croce, nella quale si trovano tutte ledelizie spirituali. Al contrario, le realtà, quelle più spirituali, procurano loro solo disgusto, perchépretendono di camminare a modo loro nelle vie dello spirito e di seguire i capricci <strong>della</strong> lorovolontà. Per tutti questi motivi provano una profonda tristezza e una grande ripugnanza adimboccare la via angusta che conduce alla vita, di cui parla Cristo (Mt 7.14).5. Basti per ora aver parlato di queste tra le molte imperfezioni in cui cadono i principianti nelprimo stadio. Ciò dimostra quanto sia necessario che Dio li collochi nello stato dei proficienti. Talepassaggio si realizza quando vengono introdotti nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, di cui parlerò tra poco. Nel corsodi questa purificazione il Signore li distacca da tutti i gusti e le delizie, per poi immergerlinell’aridità pura e nelle tenebre interiori. In questo modo li purifica da tutte le loro imperfezioni einfantilismi, perché acquistino la virtù per vie molto diverse. Infatti, anche se i principianti sidedicheranno a una dura mortificazione di sé in tutte le loro azioni e passioni, non vi riusciranno néin parte né in tutto finché Dio non realizzerà tale trasformazione passivamente e purificherà l’animanella suddetta <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>. Ma perché possa dire qualcosa di utile su di essa, voglia Dioconcedermi la sua divina luce. Questa mi è proprio necessaria per parlare di una <strong>notte</strong> così <strong>oscura</strong> eper trattare di un argomento così difficile a spiegare e a far comprendere. Ecco, dunque, il verso: Inuna <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>.CAPITOLO 8Ove si comincia a spiegare questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>.1. Questa <strong>notte</strong>, o contemplazione, produce due forme di tenebre o purificazione nelle personespirituali, secondo le due parti dell’uomo, cioè la sensitiva e la spirituale. Così la prima <strong>notte</strong> opurificazione sarà sensitiva, se purifica l’anima nella sua parte sensitiva, rendendola più conforme aquella spirituale. <strong>La</strong> seconda <strong>notte</strong> o purificazione sarà spirituale, se purifica e spoglia l’anima nellasua parte spirituale, preparandola e disponendola all’unione d’amore con Dio. <strong>La</strong> <strong>notte</strong> dei sensi èabbastanza comune, e molti ne fanno esperienza, tra cui i principianti; di essa parlerò subito. Quellaspirituale è riservata a pochissime persone, cioè a coloro che sono già esercitati e avanzati nellavirtù; di questi mi occuperò in un secondo momento.


2. <strong>La</strong> prima <strong>notte</strong> o purificazione è amara e terribile per i sensi, come dirò subito. <strong>La</strong> seconda non haconfronto, perché è orrenda e spaventosa per lo spirito, come dirò più avanti. Per procedere conordine tratterò in primo luogo <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dei sensi, che corrisponde alla prima purificazione. Diròqualcosa di essa molto velocemente, perché è quella più comune e se n’è già scritto molto. Misoffermerò a parlare in modo particolare <strong>della</strong> <strong>notte</strong> spirituale, perché se ne tratta poco, sia nelleconferenze che nei libri, e meno ancora se ne fa esperienza.3. Il modo di comportarsi dei principianti nel cammino verso Dio è imperfetto e molto condizionatodall’amor proprio e dai gusti sensibili, come ho detto sopra. Per questo motivo Dio vuole farliprogredire gradatamente, liberarli da questo modo imperfetto di amare e condurli a un livello piùalto d’amore. Allora li svincola da questo basso esercizio dei sensi e dei ragionamenti, attraversocui cercano Dio in una maniera così meschina e piena d’inconvenienti; li colloca nell’esercizio dellospirito, dove potranno comunicare con Dio molto più fruttuosamente e diverranno più liberi dalleloro imperfezioni. Già essi si sono esercitati un po’ nel cammino <strong>della</strong> virtù; hanno perseveratonella meditazione e nell’orazione; il sapore e le delizie che hanno gustato in queste pie pratiche lihanno distaccati dalle cose del mondo; hanno trovato una certa forza spirituale in Dio per tenere afreno le loro sregolate inclinazioni verso le creature. Per questo motivo saranno in grado disopportare per Dio qualche peso o qualche aridità senza voler tornare indietro, ai tempi piùpiacevoli. Quanto più gusto e gioia provano in questi esercizi spirituali, tanto più credono di essereilluminati dal sole delle grazie divine. Ma il Signore li priva di questa luce, chiude la porta delle suedelizie e dissecca le sorgenti delle acque spirituali di cui essi gustavano in lui la dolcezza ogni voltae per tutto il tempo che lo desideravano. Poiché erano deboli e fiacchi, per loro non c’erano portechiuse, come dice <strong>san</strong> <strong>Giovanni</strong> nell’Apocalisse (3,8). Il Signore li lascia, dunque, in tenebre cosìprofonde che essi non <strong>san</strong>no dove andare con l’aiuto dell’immaginazione e del ragionamento. Sonoincapaci di meditare come prima; i loro sensi interiori sono come annegati in queste tenebre; sono inpreda a una tale aridità che non solo non ricavano frutto e gusto dalle cose spirituali e dai buoniesercizi nei quali erano soliti trovare delizie e gioie, ma, al contrario, in queste stesse pratiche nontrovano che disgusto e amarezza. Il motivo, ripeto, sta nel fatto che sono un po’ cresciuti, e alloraDio, per fortificarli e farli uscire dal loro infantilismo, li stacca dal petto delle sue consolazioni; nonli tiene più in braccio e insegna loro a camminare da soli. In tutto questo essi avvertono una grandenovità, che è opposta al loro modo precedente di trattare con Dio.4. Questo cambiamento di solito si verifica nelle persone ritirate dal mondo, più che in altre, e pocodopo il loro ingresso nella vita spirituale, perché sono più libere dalle occasioni di tornare indietro epiù disponibili anche a riformare alla svelta le inclinazioni per i beni di questo mondo. Ciò è quantosi richiede per cominciare a entrare in questa beata <strong>notte</strong> dei sensi. Di solito non passa molto tempodall’inizio, senza che entrino in questa <strong>notte</strong> dei sensi; ora, la maggior parte di esse vi entrano,perché le si vede attraversare queste aridità.5. Su questa forma di purificazione sensitiva, che è assai comune, potrei citare numeroseaffermazioni <strong>della</strong> sacra Scrittura, molto frequenti soprattutto nei Salmi e nei profeti. Ma nonintendo dilungarmi su questo, perché a chi non sapesse trovarle lì può bastare l’esperienza comuneche se ne ha.CAPITOLO 9Ove si parla dei segni dai quali si riconosce che la persona spirituale è in questa <strong>notte</strong> opurificazione dei sensi.


umiliarli, correggere il loro appetito e impedire che acquistino una golosità viziosa nelle cosespirituali, ma questo non per elevarli alla vita dello spirito, cioè alla contemplazione. Difatti nontutti quelli che deliberatamente si consacrano alla vita spirituale vengono da Dio elevati allacontemplazione: forse nemmeno la metà. Perché questo? Solo Dio lo sa. Ne segue che costoro nonriescono a staccarsi mai completamente dalle considerazioni e dai ragionamenti; riescono, come hodetto, a farlo solo per qualche tempo e di tanto in tanto.CAPITOLO 10Ove si descrive come ci si deve comportare nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>.1. Quando si verificano le aridità di questa <strong>notte</strong> dei sensi, nella quale Dio opera il cambiamento dicui ho parlato prima, egli sottrae l’anima alla vita dei sensi per elevarla a quella dello spirito, cioè lafa passare dalla meditazione alla contemplazione, dove essa non può più agire con le sue facoltà ediscorrere sulle cose di Dio. Proprio a questo punto le persone spirituali soffrono grandi pene, nontanto per le aridità che subiscono, quanto per la paura di vedersi smarrire in questo cammino.Pen<strong>san</strong>o che tutto il bene spirituale sia finito e che Dio le abbia abbandonate, perché non trovano néaiuto né consolazione alcuna negli esercizi di pietà. Allora si affaticano e cercano, com’erano solite,di fissare con un certo piacere le loro potenze su qualche oggetto discorsivo. Se non fanno così enon si sentono portate ad agire, credono di non fare nulla. Tutto ciò procura all’anima un profondodisgusto e una grande ripugnanza interiore, mentre essa voleva restare nella calma, nella tranquillitàe nel riposo delle potenze. Così, dunque, da una parte essa si affatica, dall’altra non trae nessunbene. Volendo servirsi del proprio spirito, perde questo spirito di tranquillità e di pace che aveva.Somiglia a colui che abbandona il già fatto per rifarlo daccapo; a colui che esce dalla città per poirientrarvi; o a colui che lascia la preda catturata per inseguirla di nuovo. Tale comportamento èassolutamente inutile perché, ripeto, l’anima non approderà a nulla ritornando al suo primo metodo.2. Se in tale situazione queste anime non trovano un padre spirituale che le comprenda, tornanoindietro, abbandonando o rallentando il cammino, o perlomeno si creano ostacoli a procedere, acausa dei molteplici sforzi che fanno per seguire il cammino <strong>della</strong> meditazione e del ragionamento.Si affaticano e si tormentano fino all’eccesso, convinte che ciò accade a motivo delle loronegligenze e dei loro peccati. Ora, tutto ciò è inutile, perché ormai Dio le guida per un altrocammino, quello <strong>della</strong> contemplazione, totalmente diverso dal precedente: quest’ultimo, infatti, èquello <strong>della</strong> meditazione e del ragionamento, mentre il nuovo si sviluppa senza l’immaginazione e ilragionamento.3. Coloro che si trovano in questa situazione, si consolino perseverando nella pazienza, senzaaffliggersi. Confidino in Dio, che non abbandona coloro che lo cercano con cuore semplice esincero. Egli non mancherà di dare loro l’aiuto necessario per il cammino, fino a elevarli alla pura echiara luce dell’amore, che comunicherà loro nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> dello spirito, se meriteranno cheDio ve li faccia entrare.4. Il comportamento che l’anima deve tenere in questa <strong>notte</strong> dei sensi è quello di non preoccuparsiaffatto del ragionamento e <strong>della</strong> meditazione, perché non è più il tempo per queste cose. Cerchipiuttosto di restare nella pace e nella calma, anche se ha la sensazione netta di non fare niente, diperdere tempo, e a motivo <strong>della</strong> sua tiepidezza non ha voglia di pensare a nulla. Sarà già molto seconserverà la pazienza e persevererà nell’orazione, pur non facendo altro. L’unica cosa da fare èlasciare l’anima libera, sgombra e al riparo da tutte le conoscenze e i pensieri, non preoccupandosidi cosa dovrà pensare o meditare. Si limiterà soltanto a un’attenzione piena d’amore e di pace in


Dio, evitando ogni preoccupazione, desiderio ardente o semplice voglia di gustarlo o di sentirlo.Tutte queste pretese, infatti, turbano e distraggono l’anima dalla pacifica quiete e dal dolce riposo<strong>della</strong> contemplazione che le viene concesso.5. Anche se le viene lo scrupolo di perdere tempo e pensa che sarebbe bene fare qualcos’altro,poiché nell’orazione non può fare né pensare nulla, abbia pazienza e rimanga tranquilla, perché nonsi va all’orazione per cercarvi un piacere personale o la libertà di spirito. Se l’anima vuole farequalcosa di sua iniziativa con le facoltà interiori, non farà che disturbare e perdere i beni che Dio staimprimendo in lei attraverso la pace e la quiete dello spirito. È come se un pittore volesse dipingereo disegnare un volto: se la persona muove continuamente la testa per fare qualcosa, il pittore nonpuò concludere nulla perché viene disturbato nel suo lavoro. Allo stesso modo, quando l’animavuole stare nella pace e nella quiete interiore, qualsiasi azione, affetto o attenzione che essa volessecoltivare non farebbe che distrarla, metterla in agitazione e procurarle aridità e vuoto dei sensi.Quanto più vorrà appoggiarsi agli affetti e alle conoscenze, tanto più ne sentirà la mancanza che nonpuò essere colmata attraverso questi mezzi.6. Pertanto quest’anima non deve preoccuparsi se le vengono meno le operazioni delle potenze. Alcontrario dev’essere lieta che cessino, perché così, non disturbando più la contemplazione infusa incui viene introdotta, Dio può accordarle maggiore abbondanza di pace. Egli le darà la possibilità diardere e di infiammarsi nello spirito d’amore che questa contemplazione <strong>oscura</strong> e segreta comportae le comunica. <strong>La</strong> contemplazione, infatti, non è altro che infusione segreta, piena di pace e d’amoreper Dio che, all’occasione, infiamma l’anima d’amore, come essa fa intendere nel verso seguente:con ansie, dal mio amor tutta infiammata.CAPITOLO 11Ove vengono spiegati i tre versi <strong>della</strong> strofa.1. Questo incendio d’amore, di solito, non si sente agli inizi, perché non è ancora cominciato acausa dell’impurità <strong>della</strong> natura, oppure perché l’anima, non comprendendolo, non lo accoglie in sépacificamente. A volte, invece, con o senza questi ostacoli, l’anima comincia a provareimprovvisamente un certo desiderio di Dio pieno si spasimo; quanto più questo desiderio aumenta,tanto più l’anima si sente trasportata verso Dio e infiammata d’amore per lui, senza sapere nécomprendere né come né donde le vengano quest’amore e quest’affetto. A volte sente solo crescerein sé tanto questa fiamma e quest’incendio da desiderare Dio con un amore pieno di spasimo. Ciò èappunto quanto Davide, che pure attraversò questa <strong>notte</strong>, riferisce di sé nei seguenti termini: Il miocuore era infiammato, nell’amore <strong>della</strong> contemplazione, i miei reni erano alterati (Sal 72,21-22Volg.), cioè i miei gusti e i miei affetti sensibili sono stati trasformati, sono passati dalla vitasensitiva a quella spirituale, attraverso l’aridità e la rinuncia a tutti i gusti, di cui sto parlando. E io,aggiunge Davide, ero ridotto un niente e non capivo (ibid.); perché l’anima, senza sapere dove va,si vede annientata in tutte le cose di lassù e di quaggiù, ove era solita trovare le sue consolazioni.Essa constata soltanto di essere infiammata d’amore, senza sapere come né perché si sia prodottotale cambiamento. E poiché a volte l’incendio d’amore assume proporzioni inverosimili, gli spasimiper Dio si fanno talmente intensi nell’anima da sembrare che questa sete ardente inaridisca tutte leossa, indebolisca la natura, tolga all’anima il suo calore e la sua forza per l’acutezza <strong>della</strong> seted’amore che l’anima sente tanto potentemente. Tale è la sete che Davide provava; dice infatti:L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente (Sal 41,3). È come se dicesse: la sete <strong>della</strong> mia anima èmolto ardente. Questa sete, essendo vivissima, si può ben dire che fa morire. Ma dobbiamo


icordare che la veemenza di questa sete non è continua, bensì intermittente, anche se l’animaabitualmente prova sempre un po’ dei suoi ardori.2. Occorre ricordare, come ho già detto in apertura, che ordinariamente quest’amore non si avverteall’inizio. Al contrario, l’anima prova l’aridità e il vuoto di cui sto parlando. E allora, invece diquest’amore, che pure va accendendosi e che l’anima consegue in mezzo alle aridità e al vuoto dellesue potenze, c’è una costante attenzione e sollecitudine di piacere a Dio, mista al dolore e al timoredi non servirlo abbastanza. Ora, è sacrificio non poco gradito a Dio vedere un cuore affranto esollecito per l’amor suo (Sal 50,19). Questa sollecitudine e attenzione si sviluppano nell’anima inseguito alla segreta contemplazione, finché, con il tempo, accendono nello spirito quest’amoredivino, dopo che sono stati alquanto purificati i sensi, cioè le forze e gli affetti naturali <strong>della</strong> partesensitiva, per mezzo dell’aridità che si viene a produrre. Ma nel frattempo l’anima assomiglia almalato che è tenuto sotto cura: tutto è sofferenza in quest’<strong>oscura</strong> e arida purificazione dei sensi, perguarire da molte imperfezioni, esercitarsi nella pratica delle virtù ed essere, così, degni dell’amoredivino, come si dice nel verso seguente: oh, sorte fortunata!3. In un primo momento Dio introduce l’anima nella <strong>notte</strong> dei sensi al fine di purificare i sensi <strong>della</strong>parte inferiore, adattarli, assoggettarli e unirli allo spirito, immergendoli nelle tenebre e mettendofine ai loro ragionamenti. In seguito poi, per purificare lo spirito e unirlo a sé, come dirò più avanti,Dio lo introduce nella <strong>notte</strong> spirituale. In questo modo l’anima, anche se non le sembra, ottiene cosìtanti vantaggi che ritiene sorte fortunata essere sfuggita ai lacci e alla presa dei sensi <strong>della</strong> parteinferiore attraverso questa <strong>notte</strong>, come recita il verso presente, oh, sorte fortunata! Al riguardooccorre sottolineare i vantaggi che l’anima ottiene in questa <strong>notte</strong> e a causa dei quali stima sortefortunata l’averla attraversata. Ora, tutti questi vantaggi si trovano racchiusi nel verso seguente:uscii, né fui notata.4. Uscii qui si riferisce all’anima che si libera dall’asservimento in cui la teneva la parte sensitiva,costringendola a cercare Dio attraverso mezzi così deboli, limitati e pericolosi come quelli <strong>della</strong>parte inferiore. Ad ogni passo, infatti, cadeva in mille imperfezioni o ignoranze, come si è notatosopra parlando dei sette vizi capitali. Ma essa se ne libera, quando questa <strong>notte</strong> spegne tutte lesoddisfazioni spirituali e terrene, immerge nelle tenebre tutti i suoi ragionamenti e le procura moltialtri beni, arricchendola di virtù, come dirò subito. Sarà piacevole e molto consolante, per chicammina su questa strada, constatare che ciò che sembrava all’anima così duro, amaro e contrario aisuoi gusti spirituali, sia divenuto la sorgente di tanti beni. Ora, torno a ripetere, l’anima ottienequesti beni quando, con il favore <strong>della</strong> <strong>notte</strong>, si allontana effettivamente ed effettivamente da tutte lecose create e si eleva verso i beni eterni. Ciò costituisce una felice e fortunata sorte per l’anima:prima di tutto perché è una grande vittoria aver spento le passione e gli affetti che la inclinavanoalle cose create; in secondo luogo, perché sono pochissimi coloro che soffrono e perseverano nelpassare per questa porta stretta e seguire la via angusta che conduce alla vita (Mt 7,14), come diceil Signore. <strong>La</strong> porta stretta è la <strong>notte</strong> dei sensi, dei quali l’anima si spoglia e si libera per entrare inessa, appoggiandosi alla fede, che è estranea a ogni senso, per poi percorrere la via angusta, o l’altra<strong>notte</strong>, che è quella dello spirito. Successivamente, attraverso questa seconda <strong>notte</strong>, l’anima avanzaverso Dio, sostenuta solo dalla fede, che è il mezzo con cui si unisce a Dio. Poiché questo camminoè molto stretto, oscuro e terribile – non c’è paragone tra questa <strong>notte</strong> dei sensi e l’oscurità e leangosce <strong>della</strong> seconda, come dirò a suo tempo – sono molto pochi quelli che lo percorrono, ma isuoi vantaggi sono incomparabilmente superiori a quelli <strong>della</strong> prima <strong>notte</strong>. Comincio dunque aparlare dei vantaggi <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dei sensi, il più brevemente possibile, per poi passare alla <strong>notte</strong> dellospirito.


CAPITOLO 12Ove si parla dei vantaggi procurati all’anima da questa <strong>notte</strong>.1. <strong>La</strong> <strong>notte</strong> o purificazione degli appetiti è vantaggiosa per l’anima a motivo dei grandi beni eprofitti che le procura, anche se, come ho detto, a lei sembri che glieli tolga. Come Abramo fecegran festa quando svezzò il figlio Isacco (Gn 21,8), così in cielo ci si rallegra quando Dio toglieun’anima dalle fasce, non la tiene più in braccio, ma la fa camminare sui suoi piedi. E ci si rallegraanche perché, togliendole il latte e il nutrimento delicato e dolce dei bambini, le dà a mangiare ilpane con la crosta e fa sì che vi prenda gusto. In quest’aridità e <strong>notte</strong> dei sensi comincia a essereofferto il cibo dei forti allo spirito libero e distaccato da ogni consolazione sensibile. Questo pane èla contemplazione infusa, di cui ho parlato.2. Il primo e principale vantaggio, procurato all’anima da quest’arida e <strong>oscura</strong> <strong>notte</strong> dicontemplazione, è la conoscenza di sé e <strong>della</strong> propria miseria. È vero che tutte le grazie da Dioconcesse all’anima abitualmente sono accompagnate da questa conoscenza; ma è altrettanto veroche l’aridità e il vuoto delle potenze comparati all’abbondanza di cui esse godevano in passato,insieme alla difficoltà che l’anima prova nel compiere il bene, le fanno scoprire in sé una grettezza euna miseria che non riusciva a vedere al tempo <strong>della</strong> sua prosperità. Nel libro dell’Esodo (cfr. 33,5)si può trovare un’ottima esemplificazione di tale situazione. Vi si legge che, volendo Dio umiliare ifigli d’Israele e insegnar loro a conoscere se stessi, ordinò che deponessero l’abito e gli ornamentifestivi, che ordinariamente indossavano nel deserto, dicendo loro: «D’ora in poi deponete gliornamenti festivi e indossate abiti comuni da lavoro, perché conosciate il trattamento che meritate».Tale espressione vuol dire questo: il vestito che indossate è un abito di festa e d’allegria; per voi èoccasione di non ritenervi tanto umili quanto invece siete; toglietevi dunque queste vesti, perchéd’ora in poi, vedendovi ricoperti di abiti dimessi, sappiate che non meritate di più e chi siete inrealtà. Questo esempio mostra all’anima la realtà <strong>della</strong> propria miseria che prima ignorava, cioèquando era in festa e trovava in Dio molta gioia, consolazione e sostegno; si sentiva più soddisfattae contenta; le sembrava di servirlo in qualcosa. Sebbene non nutrisse in sé espressamente questisentimenti, tuttavia era portata, attraverso la soddisfazione che provava, alla gioia. Al contrario, orache ha indossato l’abito da lavoro ed è nell’aridità e nell’abbandono e le luci di una volta si sonospente, possiede molto più verosimilmente questa virtù così eccellente e tanto necessaria <strong>della</strong>conoscenza di sé e si ritiene ormai un niente e non prova alcuna soddisfazione di sé: vede che dasola non fa e non può fare nulla. Ora, Dio stima di più la scarsa soddisfazione di sé e la desolazionein cui l’anima si trova per l’incapacità di servirlo, che non tutte le sue opere e tutte le gioie chesentiva prima, per quanto elevate fossero. In queste cose, infatti, vi era il pericolo di molteimperfezioni e di molta ignoranza. Al presente, invece, da quest’aridità, che è come un abito perl’anima, derivano non solo i beni di cui si è parlato, ma altresì i vantaggi di cui sto per trattare emolti altri che passerò sotto silenzio. Tutti questi beni nascono dalla conoscenza di sé come da lorofonte originaria.3. Anzitutto, sorgono nell’anima maggior rispetto e affabilità nei suoi rapporti con Dio, condizionirichieste quando ci si avvicina all’Altissimo. Ora, qui l’anima trova ciò che non faceva quandogodeva a iosa dei gusti spirituali e delle consolazioni. Questo favore dei gusti le suggeriva neiconfronti di Dio più audacia di quanto non convenisse, meno rispetto e poca soggezione verso ilSignore. Ciò è quanto accadde a Mosè quando si accorse che Dio gli parlava. Travolto dalla gioia edal suo ardente desiderio, non pensava ad altro che ad avvicinarsi a Dio, se questi non gli avesseordinato di fermarsi e di togliersi i calzari. Questo dice il rispetto, la discrezione e la povertà dispirito con cui si deve trattare con Dio. Così, dopo aver obbedito, Mosè divenne tanto prudente ediscreto che, come dice la Scrittura, non solo non osava avvicinarsi, ma nemmeno guardare (Es 3,2-6; At 7,32); infatti, solo dopo aver tolto i calzari, cioè aver mortificato gli appetiti e i gusti, conobbe


profondamente la sua miseria di fronte a Dio, cosa necessaria per ascoltare la parola di Dio. Tale èaltresì la disposizione interiore che Dio concesse a Giobbe per parlare con lui. Non quando godevale delizie e la gloria che era solito avere da Dio, di cui lo stesso Giobbe ci parla (Gb 1,1-8), maquando fu posto tutto nudo sul letamaio, abbandonato e persino tormentato dai suoi amici, colmo diangoscia e di amarezza, ricoperto di vermi, sulla nuda terra (Gb 29-30), solo allora colui che solleval’indigente dalla polvere (Sal 112,7), il Dio altissimo, si degnò di scendere e parlare con lui faccia afaccia, mostrandogli le profondità incommensurabili <strong>della</strong> sua sapienza, come non aveva mai fattonel tempo <strong>della</strong> sua prosperità (Gb 38-42).4. È opportuno ricordare qui anche un altro prezioso vantaggio che proviene da questa <strong>notte</strong> oaridità <strong>della</strong> parte sensitiva, perché è arrivato il momento di parlarne. In questa <strong>notte</strong> si verifica ciòche dice il profeta: Brillerà fra le tenebre la tua luce (Is 58,10). Dio illumina l’anima, e questa nonsolo conosce la sua grettezza e la sua miseria, come ho detto, ma altresì la grandezza e l’eccellenzadi Dio. Spenti infatti gli appetiti, i gusti e gli attaccamenti sensibili, l’intelletto ha acquistato lapurezza e la libertà necessaria per comprendere la verità. I gusti sensibili e gli appetiti, anche percose spirituali, offuscano e ingombrano lo spirito; mentre, al contrario, l’angustia e l’aridità deisensi illuminano e vivificano l’intelletto, come dice Isaia: solo il terrore fa capire il discorso (Is28,19). Quando l’anima è distaccata e libera come le occorre per rendersi disponibile all’influssodivino, passa attraverso la <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> e arida <strong>della</strong> contemplazione, e Dio, come ho detto, nella suadivina saggezza la istruisce soprannaturalmente, cosa che non faceva quando l’anima gustava legioie e le soddisfazioni di una volta.5. Ciò è quanto ci fa capire chiaramente lo stesso lo profeta Isaia quando riferisce: A chi vuoleinsegnare la scienza? A chi vuole spiegare il discorso? Ai bambini divezzati, appena staccati dalseno? (Is 28,9). Queste parole ci fanno comprendere che la disposizione necessaria per ricevere lecomunicazioni divine non è il primo latte <strong>della</strong> soavità spirituale, né il sostegno dei saporosi discorsidelle facoltà sensitive, già gustati dall’anima, ma la mancanza dell’uno e il distacco dall’altro. Perascoltare Dio, infatti, l’anima deve stare all’erta e distaccata da ogni affetto e dai sensi, come dice ilprofeta: Mi metterò di sentinella, in piedi sulla fortezza (Ab 2,1), cioè staccato dagli appetiti, aspiare e non a discorrere con i sensi per vedere che cosa mi dirà, cioè per sapere che messaggio miviene da Dio. Dobbiamo, quindi, sapere che da questa <strong>notte</strong> arida deriva anzitutto conoscenza di sée questa a sua volta è il fondamento <strong>della</strong> conoscenza di Dio. Per questo <strong>san</strong>t’Agostino prega così:Fa’, o Signore, che io mi conosca e ti conosca! E i filosofi aggiungono che un termine si conoscemeglio confrontandolo con il suo contrario.6. Per meglio provare l’efficacia <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dei sensi che, attraverso le aridità e il distacco attirasull’anima la luce divina, riporto un testo di Davide. Il salmista fa chiaramente capire il valore diquesta <strong>notte</strong> in vista <strong>della</strong> conoscenza profonda di Dio con le seguenti parole: Come terra deserta,arida, senz’acqua, così nel <strong>san</strong>tuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria(Sal 62,3). È sorprendente: Davide ci fa capire che le delizie spirituali e le abbondanti soavità cheaveva provato non gli erano servite per conoscere la gloria di Dio; era invece riuscito nell’intentopas<strong>san</strong>do per le aridità e l’abbandono <strong>della</strong> parte sensitiva, rappresentata qui dalla terra arida edeserta. Inoltre egli dice che neanche i concetti e i discorsi celesti, di cui si era frequentementeservito, erano stati per lui una via per conoscere e contemplare la gloria di Dio. Al contrario, unmezzo adatto a tale scopo erano stati l’incapacità di fissare il suo pensiero in Dio, come purel’impotenza a procedere con il ragionamento e le considerazioni dell’immaginazione, qui significatadalla terra senza una strada. Pertanto il mezzo che abbiamo per conoscere Dio e noi stessi è la <strong>notte</strong><strong>oscura</strong> con le sue aridità e il suo deserto. Ma la pienezza e l’abbondanza di tale conoscenza siavranno solamente nella <strong>notte</strong> dello spirito: questa prima conoscenza non è che l’inizio dell’altra.


7. Dall’aridità o deserto <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dei sensi l’anima ricava anche l’umiltà di spirito, virtù contrariaal primo vizio capitale, cioè la superbia spirituale, di cui si è parlato in precedenza. Quest’umiltà,che proviene dalla conoscenza di sé, purifica l’anima da tutte le imperfezioni d’orgoglio in cuicadeva al tempo <strong>della</strong> sua prosperità. Vedendosi, infatti, tanto arida e miserabile, non pensa, comefaceva prima, nemmeno con moto istintivo, di essere migliore degli altri o di superarli in qualcosa;al contrario, riconosce che gli altri le sono superiori.8. Questa considerazione genera bell’anima l’amore del prossimo, perché stima gli altri e non ligiudica come era solita fare prima, quando era piena di fervore e gli altri no. Ora considera solo lapropria miseria e la tiene davanti agli occhi, tanto che questo pensiero non le consente di guardare idifetti altrui. Ciò è quanto Davide, attraver<strong>san</strong>do questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, afferma stupendamente inquesti termini: Sono rimasto quieto, in silenzio; tacevo privo di bene, la sua fortuna ha esasperatoil mio dolore (Sal 38,3). Si esprime così, perché gli sembra che i beni <strong>della</strong> sua anima sianotalmente finiti che non solo non può dirne nulla e non trova il modo di parlarne, ma la conoscenza<strong>della</strong> propria miseria lo rende muto di dolore soprattutto se guarda alla virtù degli altri.9. Durante questa <strong>notte</strong> le anime diventano anche sottomesse e obbedienti nel cammino spirituale.Vedendosi così piene di miseria, non solo ascoltano quanto viene loro insegnato, ma desideranoaltresì che chiunque dia loro consigli e avvisi su quanto devono fare. Perdono quella presunzioneaffettiva che a volte avevano nella prosperità. Infine, andando avanti, si spogliano di tutte leimperfezioni che ho ricordato qui e che derivano dal primo vizio, cioè dalla superbia spirituale.CAPITOLO 131. In questa <strong>notte</strong> arida e <strong>oscura</strong> l’anima si libera anche dalle imperfezioni che provengonodall’avarizia spirituale. Essa bramava ora questo ora quell’altro bene spirituale; non si sentiva maisoddisfatta di alcuni esercizi di pietà, a motivo del desiderio delle dolcezze e delle soddisfazioni chetrovava in essi. Ora, invece, in questa <strong>notte</strong> arida e <strong>oscura</strong> è completamente trasformata. Nontrovandovi più le gioie e i piaceri di prima, ma piuttosto disgusto e fatica, pratica le sue devozionicon tanta calma che potrebbe forse peccare per difetto, laddove in passato peccava per eccesso. Ciònonostante, l’anima che è introdotta in questa <strong>notte</strong> riceve abitualmente da Dio umiltà e spirito diprontezza, perché compia solo per amore e senza consolazioni quanto Dio le comanda. Così essa sidistacca da molte imperfezioni, nelle quali in passato trovava le sue compiacenze.2. Va aggiunto, altresì, che le aridità e il disgusto <strong>della</strong> parte sensitiva, che l’anima prova nellepratiche di pietà, la liberano da quelle impurità di cui si parlava a proposito <strong>della</strong> lussuria spirituale;dicevo, infatti, che queste miserie comunemente derivano dalle compiacenze che dallo spirito siriver<strong>san</strong>o sui sensi.3. Delle imperfezioni relative alla gola spirituale, quarto vizio capitale, di cui l’anima si purifica inquesta <strong>notte</strong>, se n’è parlato a suo tempo, anche se non sono state elencate tutte perché innumerevoli.Non ne parlerò, dunque, qui, perché vorrei concludere con questa <strong>notte</strong> per passare all’altra, circa laquale ho da esporre importanti insegnamenti e una dottrina profonda. Per farsi un’idea degliinnumerevoli vantaggi che, oltre a quelli già elencati, l’anima ottiene in questa <strong>notte</strong> contro il vizio<strong>della</strong> gola spirituali, basti dire che si libera da tutte le imperfezioni che ho elencato e da molti altrigravi danni e vizi detestabili di cui non ho detto nulla. In tali imperfezioni sono cadute moltepersone, di cui ho avuto esperienza, perché non hanno corretto il vizio <strong>della</strong> gola spirituale. InfattiDio, in quest’arida e <strong>oscura</strong> <strong>notte</strong> in cui introduce l’anima, tiene a freno la sua concupiscenza e isuoi appetiti, di modo che essa non può cibarsi di alcun gusto o piacere sensibile per cose celesti o


terrene. Così l’anima prosegue in questo cammino in modo da rimanere sottomessa, trasformata emortificata nella concupiscenza e negli appetiti. Le sue passioni e la sua concupiscenza hanno persola loro forza, mentre la loro attività, non essendo più alimentata dai piaceri precedenti, è ormaisenza vigore, come quando i condotti delle mammelle s’inaridiscono perché non si spreme più illatte. Una volta soggiogate le passioni, l’anima, oltre ai vantaggi suddetti, ne acquista altrimeravigliosi grazie a questa sobrietà spirituale. In verità, sedate le passioni e spenta laconcupiscenza, l’anima vive nella pace e nella tranquillità spirituale, perché dove non regnano piùle passioni e la concupiscenza non c’è più turbamento, ma solo la pace e le consolazioni divine.4. Da ciò deriva un secondo vantaggio, ed è il sentimento abituale <strong>della</strong> presenza di Dio,accompagnato dal timore di tornare indietro, come ho detto, nel cammino spirituale. Il presentevantaggio è molto prezioso e certamente non il più piccolo in mezzo a quest’aridità e purificazionedei sensi, perché l’anima si purifica e si libera dalle imperfezioni che le si attaccano per mezzo dellepassioni e degli affetti, che per loro natura la indeboliscono e la offuscano.5. In questa <strong>notte</strong> c’è un altro vantaggio molto grande, ed è che l’anima si esercitacontemporaneamente nella pratica di più virtù. Si esercita nella pazienza e nella longanimità, amotivo dell’abbandono e dell’aridità, quando occorre perseverare nelle pratiche di pietà senzacercare gusto o consolazione. Si esercita, altresì, nella carità verso Dio, perché non è mossa dalgusto piacevolmente attraente che trova nelle opere, ma solo da Dio. Allo stesso modo pratica anchela virtù <strong>della</strong> fortezza, perché nelle difficoltà e nei disgusti che contrastano la sua attività, prendeforza dalla sua debolezza e diviene più energica. In breve, tutte le virtù teologali, cardinali e moraliagiscono sia sul corpo che sullo spirito durante quest’aridità.6. Questa <strong>notte</strong>, dunque, produce nell’anima i vantaggi che ho detto, cioè il diletto <strong>della</strong> pace, ilricordo abituale e attento di Dio, il candore e la purezza dell’anima e la pratica delle virtù. Ciò èquanto Davide ha sperimentato personalmente, trovandosi in questa <strong>notte</strong>. Ne parla nei terminiseguenti: Io rifiuto ogni conforto; mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mio spirito. Esubito aggiunge: Un canto nella <strong>notte</strong> mi ritorna nel cuore; rifletto e il mio spirito si vainterrogando su tutte le affezioni (Sal 76,3-4.7).7. Per quanto riguarda le imperfezioni degli altri tre vizi spirituali di cui ho parlato, e che sono l’ira,l’invidia e l’accidia, in quest’aridità dell’appetito l’anima se ne purifica e acquisisce le virtùcontrarie. Difatti, temperata e umiliata da queste aridità e difficoltà e da altre tentazioni e fatiche diquesta <strong>notte</strong> in cui talvolta Dio la esercita, diventa mite con Dio e con se stessa e anche con ilprossimo; così non si agita per le proprie mancanze, né per quelle altrui si irrita contro il prossimo,né si disgusta o si lamenta inopportunamente con Dio perché non la rende buona in fretta.8. Contro ogni reale invidia, pratica la carità verso gli altri. E se prova qualche invidia, non si trattadi invidia viziosa come la precedente, quando soffriva perché altri le erano preferiti o erano piùvirtuosi di lei. Ora, invece, si dà per vinta, vedendosi tanto miserabile; e l’invidia che prova, se laprova, è virtuosa, perché desidera imitarli, e questa virtù è profonda.9. Quanto all’accidia e al tedio che l’anima prova nelle cose spirituali, non sono viziosi come prima.Difatti, in passato, questi sentimenti provenivano dai gusti spirituali che a volte provava e chedesiderava avere quando li provava; mentre ora questo tedio non procede dal gusto imperfetto,perché Dio le ha tolto tale gusto in rapporto a tutte le cose create in questa purificazione dei sensi.10. Oltre a questi vantaggi appena elencati, ve ne sono innumerevoli altri che l’anima acquistaattraverso quest’arida contemplazione. Difatti, in mezzo alle aridità e angustie, molte volte, quandomeno se l’aspetta, Dio comunica all’anima soavità spirituale, amore purissimo e conoscenze


spirituali, a volte molto elevate, ognuna delle quali è più vantaggiosa e preziosa di quelle gustateprima. Ma occorre dire che l’anima agli inizi non la pensa così, perché la comunicazione spirituale alei accordata è elevata per natura, ragion per cui i sensi non possono percepirla.11. In conclusione, a questo punto, più l’anima si purifica dagli affetti e dai desideri sensitivi, piùacquista libertà di spirito, nella quale si sviluppano i dodici frutti dello Spirito Santo. In questo statosi libera straordinariamente dalle mani dei suoi tre nemici, che sono il mondo, il demonio e la carne;infatti, scomparendo il sapore e il gusto sensibile per le cose, né il demonio né il mondo né lasensualità hanno armi o forze contro lo spirito.12. Queste aridità, dunque, fanno avanzare l’anima nella via del puro amore per Dio. Difatti es<strong>san</strong>on è più spinta ad agire perché influenzata dal gusto o dal sapore che provava nelle sue azioni,come forse faceva prima, ma solo per far piacere a Dio. Non è più arrogante né ammettesoddisfazioni sul piano personale, come forse era abituata all’epoca <strong>della</strong> prosperità. Al contrario, èdivenuta timorosa e sospettosa di sé e non cerca più soddisfazione in se stessa; insomma, vive nel<strong>san</strong>to timore di Dio, che conserva e accresce le virtù. L’aridità, inoltre, spegne anche leconcupiscenze e gli slanci <strong>della</strong> natura, come ho detto; in questo stato, infatti, se Dio a volte non leconcedesse qualche gioia, difficilmente l’anima potrebbe procurarsi con tutta la sua diligenza unagioia o un piacere sensibile nelle sue opere o pratiche di pietà, come ho già detto.13. In questa <strong>notte</strong> arida cresce l’attenzione per Dio e l’ardente desiderio di servirlo. Inaridendosi lafonte <strong>della</strong> sensualità, che nutriva l’accattivante cupidigia, all’anima resta soltanto, nel distaccoassoluto, un ardente desiderio di servire Dio. Tale sentimento è molto gradito a Dio, perché, comedice Davide, uno spirito contrito è sacrificio a Dio (Sal 50,19).14. Poiché l’anima capisce che in quest’arida purificazione, che ha attraversato, ha ottenuto tanti ecosì preziosi vantaggi, come ho detto, non stupisce molto che nella strofa che sto spiegandoesclami: Oh, sorte fortunata! Uscii, né fui notata, cioè mi liberai dai lacci e dalla soggezione in cuimi tenevano i miei appetiti sensibili e i miei affetti, senza essere notata, senza che i tre suddettinemici me lo potessero impedire. Infatti sono gli appetiti e i vani piaceri che con i loro legamiimprigionano l’anima e le impediscono di uscire da sé e di attingere nella libertà l’amore di Dio; maprivati dei legami, di cui sopra, essi non possono combattere l’anima.15. Perciò, quando, attraverso una continua mortificazione, si sedano le quattro passioni dell’anima,che sono la gioia, il dolore, la speranza e il timore; quando si addormentano gli appetiti naturali<strong>della</strong> sensualità attraverso un’aridità costante, allora i sensi e le potenze interne si stabiliscono inun’armonia perfetta, perché ces<strong>san</strong>o le loro operazioni discorsive che, come ho detto, costituisconotutto il mondo interiore <strong>della</strong> parte sensitiva, che qui l’anima chiama sua casa: allora essa può dire:stando la mia casa al sonno abbandonata.CAPITOLO 141. Quando la casa <strong>della</strong> sensualità è ormai acquietata, cioè mortificata, le sue passioni sedate, gliappetiti sopiti e addormentati, per mezzo <strong>della</strong> beata <strong>notte</strong> <strong>della</strong> purificazione dei sensi, alloral’anima è uscita. In realtà, essa comincia a percorrere la via dello spirito, che è quella dei proficientio di coloro che sono già avanzati. Tale cammino si chiama anche via illuminativi o <strong>della</strong>contemplazione infusa. È qui dove Dio nutre l’anima di se stesso e la ristora, senza che essa vicontribuisca con i suoi ragionamenti o collaborazione alcuna. Questa è, come ho detto, la <strong>notte</strong> opurificazione dei sensi, una <strong>notte</strong> che non è attraversata da un gran numero di persone. Infatti sono


pochi quelli che ordinariamente l’attraver<strong>san</strong>o, per poi entrare nell’altra <strong>notte</strong> più terribile dellospirito fino a raggiungere l’unione d’amore con Dio. Di solito è accompagnata da terribilitribolazioni e tentazioni nei sensi. È una prova che dura a lungo, in alcuni più, in altri meno. Alcunisono assaliti dall’angelo di Satana (2Cor 12,7), un vero e proprio spirito di fornicazione, che frusta iloro sensi con odiose e possenti tentazioni, oppure tormenta il loro spirito con brutti pensieri e laloro immaginazione con rappresentazioni molto vive nella fantasia, infliggendo loro maggior dolore<strong>della</strong> stessa morte.2. A volte coloro che attraver<strong>san</strong>o questa <strong>notte</strong> sono tentati dallo spirito di bestemmia: tutti i loropensieri e concetti sono attraversati da esecrande parole blasfeme. Anzi molte volte vengonosuggerite all’immaginazione con tanta forza da indurli quasi a pronunciarle, procurando loro grandetormento.3. Altre volte essi vengono assaliti da un altro detestabile spirito che Isaia chiama spiritus vertiginis,spirito di smarrimento (Is 19,14). Tale spirito mira non tanto a farli peccare, quanto a metterli allaprova. Questo spirito offusca talmente i loro sensi da riempirli di mille scrupoli e perplessità tantointricate per il loro animo che non si sentono soddisfatti di niente né sono capaci, secondo il lorogiudizio, di seguire il consiglio e i suggerimenti di altri. Ciò costituisce uno dei più gravi tormenti eorrori di questa <strong>notte</strong>, molto simile a quanto avverrà nella <strong>notte</strong> dello spirito.4. Di solito Dio invia simili tempeste e prove in questa <strong>notte</strong> e purificazione sensitiva a coloro che,come dico, deve introdurre più tardi nell’altra <strong>notte</strong>, anche se non tutti vi arrivano. Quando sonoprovati e tartassati in questo modo, essi si esercitano, si preparano e adattano i loro sensi e le lorofacoltà all’unione con la Sapienza, ove saranno accolti in quella <strong>notte</strong>. Se l’anima non è tentata,esercitata e messa alla prova con pene e sofferenze, non può affinare i suoi sensi per accogliere lasapienza. Per questo l’Ecclesiastico dice: Chi non è stato tentato, che sa mai? Chi non ha subitoprove, conosce poco (Sir 34,11 e 10). Di questa verità rende testimonianza anche Geremia quandoafferma: Tu mi hai castigato e io ho imparato (Ger 31,18). Ora, la correzione più sicura perintrodurre l’anima nella sapienza divina è data dalle prove interiori di cui sto parlando. Sono proprioquelle più dure a purificare i sensi da tutte le soddisfazioni e consolazioni a cui erano attaccati pernaturale debolezza. Se a questo punto l’anima è veramente umiliata, lo è in vista dell’esaltazione cuiè destinata.5. Non si può dire con esattezza quanto tempo l’anima trascorra in questo digiuno e penitenza deisensi, perché non tutti subiscono le stesse tentazioni né alla stessa maniera. Ciò dipende dallavolontà di Dio. Questi, in base alle maggiore o minore imperfezione che dev’essere purificata inciascun’anima, come pure in base al grado d’amore unitivo al quale intende elevarla, la umilierà piùo meno intensamente o più o meno a lungo. Nondimeno, la purificazione di coloro che sono piùforti e più capaci di sopportare la sofferenza è più intensa e più rapida. Al contrario, i più debolisono molto meno provati e tentati, ma restano più a lungo in questa <strong>notte</strong>. Di solito il Signoreconcede loro qualche consolazione sensibile, perché non tornino indietro. In questo modo essiarrivano tardi alla purezza perfetta in questa vita, anzi alcuni non vi arrivano affatto, perché nonsono completamente immersi in questa <strong>notte</strong> né sono fuori di essa. Sebbene non procedano oltre,tuttavia, perché si mantengano nell’umiltà e nella conoscenza di sé, Dio li esercita per qualchetempo o per qualche giorno in quelle tentazioni e aridità; di tanto in tanto li sostiene con alcuneconsolazioni, perché non perdano coraggio e non tornino a cercare i piaceri del mondo. Con altreanime ancora più deboli Dio si comporta ora mostrandosi e ora nascondendosi per esercitarle nelsuo amore, perché senza tali assenze non imparerebbero mai ad avvicinarsi a lui.


6. Quanto alle anime che devono arrivare al beato e sublime stato dell’unione d’amore, per quantopresto Dio ve le conduca, di solito restano molto a lungo nelle aridità e nelle prove, come dimostral’esperienza. Ma ora è il momento di cominciare a parlare <strong>della</strong> seconda <strong>notte</strong>.LIBRO IIOve si parla <strong>della</strong> purificazione più profonda che avviene nella <strong>notte</strong> dello spirito.CAPITOLO 1Ove si comincia a parlare <strong>della</strong> <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> dello spirito. Si indica, altresì, il momento in cui hainizio.1. Quando Dio vuol far progredire un’anima, non la pone nella <strong>notte</strong> dello spirito appena è uscitadalle aridità e dalle prove <strong>della</strong> prima purificazione o <strong>notte</strong> dei sensi. Di solito passa molto tempo, avolte anni, prima che l’anima, superato lo stato dei principianti, si eserciti in quello dei proficienti.Simile a colui che è uscito da un angusto carcere, l’anima avanza nelle cose di Dio con moltamaggiore facilità e soddisfazione, insieme a una gioia più abbondante e intima, di quanto nonavesse fatto agli inizi, prima di entrare nella <strong>notte</strong> dei sensi. Ormai la sua immaginazione e le suefacoltà non sono più condizionate, come prima, dal ragionamento e dalle preoccupazioni spirituali,perché con grande facilità trova subito in sé una contemplazione molto serena e piena d’amore,come pure un piacere spirituale senza alcun bisogno di ragionare. Tuttavia la purificazionedell’anima non è ancora compiuta, perché le manca la fase principale, che è quella dello spirito. Sequesta non si verifica – tra l’una e l’altra c’è relazione di continuità, dato che avvengono nellostesso soggetto –, anche la purificazione dei sensi, per quanto profonda sia stata, risulta incompiutae imperfetta. Così l’anima non mancherà, di tanto in tanto, di passare attraverso abbandoni, aridità,tenebre e angosce, a volte anche più intense che in passato. Sono come presagi e messaggeri <strong>della</strong>futura <strong>notte</strong> dello spirito. Non durano però quanto la <strong>notte</strong> che si aspetta, ragion per cui, trascorso unperiodo o alcuni giorni di questa <strong>notte</strong> tempestosa, l’anima ritorna alla sua abituale serenità. Inquesto modo Dio purifica alcune anime che non devono arrivare all’alto grado d’amore come lealtre; a volte, e a intervalli, le fa passare per questa <strong>notte</strong> di contemplazione e purificazionespirituale; spesso le fa passare dalle tenebre <strong>della</strong> <strong>notte</strong> alla luce del giorno. È in questo modo che siavvera quanto afferma Davide, che cioè Dio getta la sua grandine, ossia la sua contemplazione,come briciole (Sal 147,17), sebbene questi chicchi di <strong>oscura</strong> contemplazione non siano maipenetranti come quelli dell’orrenda <strong>notte</strong> <strong>della</strong> contemplazione – di cui sto per parlare – nella qualeDio introduce di proposito l’anima per elevarla all’unione con sé.2. Il godimento intimo, che con abbondanza e facilità i proficienti provano e gustano nel lorospirito, viene loro comunicato più copiosamente che in passato, river<strong>san</strong>dosi nei sensi più di quantonon accadesse prima <strong>della</strong> purificazione dei sensi. Difatti, quanto più i sensi sono purificati, contanta maggiore facilità possono gustare a modo loro le gioie dello spirito. In definitiva, poiché laparte sensitiva dell’anima è debole e inadeguata alle forti impressioni dello spirito, ne deriva che iproficienti, data l’espansione dello spirito sulla parte sensitiva, provano in questa numerosedebolezze, sofferenze in genere, languore di stomaco e affanni spirituali. Ciò è quanto dice il Saggioin questi termini: Un corpo corruttibile appe<strong>san</strong>tisce l’anima (Sap 9,15). Di conseguenza, lecomunicazioni dello spirito non possono essere molto forti né troppo intense né molto spirituali,come invece devono essere quelle per l’unione con Dio, perché partecipano <strong>della</strong> debolezza e <strong>della</strong>corruzione dei sensi. Tutto questo spiega i rapimenti, le estasi, le slogature di ossa che si verificanoogni volta che le comunicazioni non sono soltanto spirituali, cioè fatte al solo spirito, come nel casodei perfetti. Essendo già stati purificati nella seconda <strong>notte</strong> dello spirito, in loro non si verificano più


estasi e tormenti del corpo. Ormai godono <strong>della</strong> libertà di spirito, senza che i loro sensi ne sianooffuscati o strapazzati.3. Per ben comprendere la necessità, in cui si trovano i proficienti, di entrare in questa <strong>notte</strong> dellospirito, annoterò qui sotto alcune imperfezioni e pericoli a cui sono esposti.CAPITOLO 2Ove si continua a parlare di alcune imperfezioni dei proficienti.1. I proficienti cadono in due tipi di imperfezioni, alcune abituali, altre attuali. Quelle abituali sonogli affetti e le abitudini difettose, le cui radici sono ancora rimaste nello spirito, dove non puògiungere la purificazione dei sensi. <strong>La</strong> differenza che intercorre tra le due purificazioni è simile aquella che esiste tra l’estirpare la radice di una pianta e il tagliarne un ramo; ovvero: togliere unamacchia fresca oppure una secca e incrostata. Come ho detto, la purificazione dei sensi non è che laporta e il principio <strong>della</strong> contemplazione che conduce alla purificazione dello spirito. Ho pure dettoche il suo scopo è più quello di adattare i sensi allo spirito che di unire lo spirito a Dio. Ma lemacchie dell’uomo vecchio rimangono ancora nello spirito, anche se non se ne accorge e non levede; se tali macchie non vengono tolte con il sapone e la lisciva forte <strong>della</strong> purificazione di questa<strong>notte</strong>, lo spirito non potrà pervenire alla purezza dell’unione divina.2. I proficienti hanno ancora, come imperfezioni abituali, la hebetudo mentis, cioè l’ottusità <strong>della</strong>mente, e la rozzezza naturale che ogni uomo contrae con il peccato, e nel loro spirito sono distratti esuperficiali. Per questo motivo occorre che siano illuminati, purificati e messi nel raccoglimentoattraverso le sofferenze e le angustie <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dello spirito. Tutti quelli che non sono ancorapassati per lo stato di proficienti sono soggetti a queste imperfezioni abituali, che, come tali, sonoincompatibili con lo stato perfetto dell’unione d’amore.3. Non tutti incorrono allo stesso modo nelle imperfezioni attuali. Alcuni accolgono i beni spiritualiin modo così strano e conforme ai sensi, che cadono in inconvenienti e pericoli più grandi di quellielencati all’inizio. Difatti ricevono molte comunicazioni e percezioni nei loro sensi e nel lorospirito; molto spesso hanno visioni immaginarie e spirituali. Del resto, in questo stato essi hanno difrequente anche sentimenti piacevoli. È allora che il demonio e la fantasia tendono inganniall’anima. Il maligno insinua e suggerisce simili percezioni e sensazioni con un incantesimo tale daingannarla e sedurla molto facilmente, se essa non ha l’avvertenza di vivere nella rassegnazione allavolontà di Dio e di difendersi con forza nella fede, da tutte le visioni e immaginazioni. In questostato il demonio spinge molte persone a credere in false visioni e in false profezie, insinuando inloro la presunzione che sia Dio o qualche <strong>san</strong>to a parlare, mentre il più delle volte non si tratta che<strong>della</strong> loro immaginazione. Il demonio è solito ancora riempirli di presunzione e di superbia, e questepersone, spinte dalla loro vanità e arroganza, amano farsi vedere in atteggiamenti da <strong>san</strong>ti, come inestasi o in altri fenomeni straordinari. Tali persone si mostrano piene di audacia nei confronti diDio, tanto da perderne il <strong>san</strong>to timore, chiave e salvaguardia di tutte le virtù. Alcune di essemoltiplicano a tale punto il numero delle loro falsità e degli inganni e s’induriscono così tanto darendere molto incerto il loro ritorno al cammino puro <strong>della</strong> virtù e del vero spirito. Cadono in questemiserie perché agli inizi, quando cominciano a progredire nelle vie soprannaturali dello spirito, siaffidano con troppa sicurezza alle conoscenze o sensazioni spirituali.4. Ci sarebbe molto da dire su queste imperfezioni, ma poiché sono incurabili al punto tale che le siritiene più spirituali delle prime, non voglio dirne nulla. Aggiungo soltanto, per confermare la


necessità <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dello spirito o <strong>della</strong> purificazione spirituale di colui che deve andare avanti, chenessuno dei proficienti, malgrado i suoi sforzi, è esente da questi affetti naturali e da questeabitudini imperfette, da cui è necessario purificarsi per passare all’unione divina.5. Inoltre, come ho detto in precedenza, per quanto la parte inferiore possa avere comunicazioni difavori spirituali, questi non saranno mai così intensi, puri e forti come si richiede per l’unionedivina. All’anima che deve arrivare all’unione conviene, perciò, entrare nella seconda <strong>notte</strong>, quelladello spirito. Qui i sensi e lo spirito vengono completamente spogliati di tutte le percezioni e i gustisensibili. Ivi l’anima sarà obbligata a camminare nell’oscurità e nella purezza <strong>della</strong> fede, unicomezzo proprio e adeguato per l’unione con Dio, come afferma Osea: Ti farò mia sposa per sempre,cioè ti unirò a me nella fede (Os 2,21-22).CAPITOLO 3Osservazioni su quanto segue.1. Le persone spirituali hanno fatto dei progressi, dunque, durante il tempo trascorso a nutrire i lorosensi di dolci comunicazioni. Così la parte sensitiva, attratta e invogliata dalle delizie <strong>della</strong> partespirituale, si adegua e si unisce ad essa. L’una e l’altra si cibano, ognuna a suo modo, dello stessoalimento spirituale; lo prendono dalla stessa fonte e lo offrono a un solo e unico soggetto. Congiuntiin qualche maniera, il senso e lo spirito sono insieme pronti a soffrire la dura e penosa purificazionedello spirito che li attende. È qui dove le due parti dell’anima, la spirituale e la sensitiva, devonoessere purificate completamente, perché la purificazione dell’una non avviene mai senza che anchel’altra venga purificata, e quella del senso non è efficace se non è veramente cominciata quella dellospirito. Questo è il motivo per cui quella che si è chiamata <strong>notte</strong> dei sensi si può e si deve chiamareriforma e imbrigliamento degli appetiti piuttosto che purificazione. Questo perché tutte leimperfezioni e i disordini <strong>della</strong> parte sensitiva hanno la loro forza e la loro radice nello spirito, dovesi formano tutte le abitudini buone e cattive; quindi, finché queste non vengono purificate, nonpotranno mai essere purificate completamente nemmeno le ribellioni e i vizi dei sensi.2. Nella <strong>notte</strong>, di cui sto per parlare, la parte sensitiva e quella spirituale vengono purificate allostesso tempo. Per questo motivo è stato conveniente che il senso passasse attraverso la riforma <strong>della</strong>prima <strong>notte</strong>, al fine di ricuperare la quiete che da essa deriva. Una volta unito allo spirito, sipurificano in qualche modo insieme e sopportano con più forza le sofferenze. Per sostenere unapurificazione così dolorosa e aspra, occorre una disposizione tale che, se la debolezza <strong>della</strong> parteinferiore non fosse stata prima riformata e non avesse acquistato forza in Dio, nel dolce e piacevolerapporto con lui, non avrebbe mai avuto la forza e la capacità di affrontare una sì grande sofferenza.3. Ma il modo di comportarsi di questi proficienti con Dio è ancora molto grossolano e moltonaturale. L’oro del loro spirito non è ancora purificato e lucidato. Per questo pen<strong>san</strong>o di Dio comebambini e parlano di Dio come bambini e ragionano e <strong>san</strong>no di Dio come bambini, come dice <strong>san</strong>Paolo (1Cor 13,11), perché non sono ancora pervenuti alla perfezione, cioè all’unione dell’animacon Dio. È in forza di quest’unione che essi diventano grandi. Una volta investiti dallo Spiritodivino, essi compiono grandi opere, perché ormai le loro opere e le loro facoltà sono più divine cheumane, come dirò in seguito. Dio vuole effettivamente spogliarli del vecchio uomo e rivestirlidell’uomo nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza a immagine del suo Creatore, come dice<strong>san</strong> Paolo (Col 3,10). Il Signore opera la spoliazione delle loro facoltà, dei loro affetti e sentimenti,sia spirituali che sensibili, sia esteriori che interiori. <strong>La</strong>scia al buio l’intelletto, arida la volontà evuota la memoria; getta gli affetti dell’anima nella più profonda afflizione, nell’amarezza e


nell’angustia; priva l’anima del sentimento e del gusto che essa provava precedentemente nei benispirituali. Tale privazione è una delle condizioni richieste perché s’introduca nell’anima e si uniscaad essa la forma spirituale dello spirito che è l’unione d’amore. Ciò è quanto il Signore opera inessa per mezzo <strong>della</strong> pura e <strong>oscura</strong> contemplazione, come lo dà a intendere la prima strofa. Anchese essa è stata già spiegata quando si è parlato <strong>della</strong> prima <strong>notte</strong>, quella dei sensi, l’anima devecomprenderla soprattutto attraverso questa seconda <strong>notte</strong>, quella dello spirito, che costituisce laparte principale <strong>della</strong> purificazione dell’anima. È per questo motivo che la ripropongo e la spiegoun’altra volta.Prima strofaSpiegazioneIn una <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>,CAPITOLO 4Ove si riporta la prima strofa e la sua spiegazione.con ansie, dal mio amor tutta infiammata,oh, sorte fortunata!,uscii, né fui notata,stando la mia casa al sonno abbandonata.1. Applicando ora questa strofa alla purificazione, alla contemplazione, allo spogliamento o povertàdi spirito, realtà tutte che significano quasi la stessa cosa, posso spiegare nel modo seguente ciò chedice l’anima. In povertà, abbandono e distacco da tutte le percezioni <strong>della</strong> mia anima, cioènell’oscurità del mio intelletto, nell’aridità <strong>della</strong> mia volontà, nell’afflizione angosciosa <strong>della</strong>memoria, uscii da me stessa. Ciecamente abbandonata alla fede pura, che è <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> per lefacoltà naturali, con la volontà colpita da dolore, da afflizione e da spasimi d’amore per Dio, usciida me stessa, cioè dal mio modo umano di comprendere Dio, dalla mia debole volontà di amarlo,nonché dalla mia scarsa e povera maniera di goderlo, senza che la sensualità o il demonio abbianopotuto impedirmelo.2. Questa fu per me una sorte fortunata, perché mentre finivano di annientarsi e acquietarsi lefacoltà, le passioni, gli appetiti e gli affetti <strong>della</strong> mia anima, con cui percepivo e gustavo Dioimperfettamente, abbandonai il mio comportamento umano per assumere quello di Dio. Ciò vuoldire che il mio intelletto è uscito da se stesso, trasformandosi da umano e naturale in divino. Difatti,unendosi per mezzo di questa purificazione a Dio, non comprende più in virtù delle sue forzenaturali, ma in virtù <strong>della</strong> Sapienza divina, alla quale si è unito. Anche la mia volontà è uscita da sestessa, diventando divina, perché, unita all’amore divino, non ama più umanamente con la sua forzanaturale, ma con la forza e la purezza dello Spirito Santo. Ciò spiega perché essa non agisce più inmodo umano nei confronti di Dio. <strong>La</strong> stessa cosa si può dire <strong>della</strong> memoria, i cui ricordi si sonotrasformati in pensieri eterni di gloria. Infine tutte le forze e gli affetti dell’anima, per mezzo diquesta <strong>notte</strong> e purificazione del vecchio uomo, si sono rinnovati completamente nelle perfezioni enelle delizie <strong>della</strong> divinità. Si commenta il verso: In una <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>.


CAPITOLO 5Ove si comincia a spiegare come questa contemplazione <strong>oscura</strong> non solo è <strong>notte</strong> per l’anima, maanche pena e tormento.1. Questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> è l’azione che Dio esercita sull’anima per purificarla dalle sue ignoranze eimperfezioni abituali, naturali e spirituali. I contemplativi la chiamano contemplazione infusa oteologia mistica. Qui Dio istruisce segretamente l’anima e le insegna a perfezionarsi nell’amore,senza che essa faccia nulla o sappia come avvenga. <strong>La</strong> contemplazione infusa, in quanto sapienzapiena d’amore per Dio, produce due effetti principali nell’anima: la dispone all’unione d’amore conDio purificandola e illuminandola. Quella sapienza, piena d’amore, che purifica i beati in cieloilluminandoli, è la stessa che qui sulla terra purifica e illumina l’anima.2. Ma a questo punto può sorgere un dubbio: perché la sapienza eterna, che è luce divina e che,come si diceva, illumina e purifica l’anima dalle sue ignoranze, è qui chiamata <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>? A taleinterrogativo rispondo così: la divina sapienza non solo è <strong>notte</strong> e tenebre per l’anima, ma anche suapena e tormento per due motivi. Il primo è l’elevatezza <strong>della</strong> sapienza divina, che supera le capacitàdell’anima, alla quale proprio per questa ragione si presenta piena di oscurità. Il secondo è labassezza e l’impurità dell’anima. Questi due limiti fanno sì che la luce divina sia per l’animapenosa, dolorosa e anche <strong>oscura</strong>.3. A sostegno del primo motivo è opportuno ricordare qui la dottrina del Filosofo, il quale affermacon certezza che quanto maggiormente le verità divine sono in sé chiare e palesi, tanto più sono perloro natura oscure e occulte all’anima. <strong>La</strong> stessa cosa accade riguardo alla luce; quanto più è forte,tanto più acceca e <strong>oscura</strong> la pupilla <strong>della</strong> civetta; così il sole: quanto più è fissato direttamente, tantopiù abbaglia la potenza visiva e la priva <strong>della</strong> luce, perché è troppo superiore alla debolezzadell’occhio. Pertanto, quando questa luce divina <strong>della</strong> contemplazione investe l’anima non ancoratotalmente illuminata, le provoca tenebre spirituali, perché non solo la supera, ma la priva altresì<strong>della</strong> sua intelligenza naturale e ne <strong>oscura</strong> l’atto. Per questo motivo <strong>san</strong> Dionigi e altri teologimistici chiamano questa contemplazione infusa raggio di tenebra, cioè tenebre per l’anima nonancora illuminata e purificata, perché la grande luce soprannaturale di detta contemplazioneparalizza la forza naturale dell’intelletto. Per questo Davide dice che nubi e tenebre avvolgono ilSignore (Sal 96,2), non perché egli sia tale in se stesso, ma a causa dei nostri sensi deboli che difronte a una luce così immensa si <strong>oscura</strong>no e rimangono offuscati, non essendone all’altezza. Lostesso Davide per maggior chiarezza aggiunge: Davanti al tuo fulgore si interposero le nuvole (Sal17,13 Volg.), cioè tra Dio e il nostro intelletto. Questo spiega perché, quando Dio immettenell’anima non ancora trasformata qualche raggio splendente <strong>della</strong> sua sapienza segreta, producenell’intelletto dense tenebre.4. D’altronde appare evidente come questa contemplazione <strong>oscura</strong> agli inizi sia dolorosa perl’anima. Difatti, se da una parte tale contemplazione divina infusa racchiude in sé molti beni d’unasuperiorità estrema, dall’altra l’anima che li riceve, non essendo ancora purificata, presenta in sémolte e persino gravi miserie. Perciò, non potendo due contrari coesistere nell’unico soggetto che èl’anima, necessariamente essa deve penare e soffrire come campo di combattimento in cui siconfrontano due opposti che lottano l’uno contro l’altro, dal momento che la contemplazione vapurificando l’anima dalle sue imperfezioni. Lo proverò per induzione nel modo seguente.5. Anzitutto, poiché la luce o sapienza di questa contemplazione è molto luminosa e chiara, mentrel’anima – che ne è investita – è <strong>oscura</strong> e impura, quando la riceve soffre molto. Succede un po’


come quando gli occhi sono ammalati e sofferenti per umori cattivi e soffrono se colpiti da vivaluce. Ora, la sofferenza dell’anima, dovuta alla sua impurità, è realmente immensa quando vieneinvestita dalla luce divina. Quando, infatti, l’anima è investita da questa purissima luce al fine diessere liberata dalle sue impurità, si sente talmente impura e miserabile da avere la sensazione cheDio le sia contro e che essa stessa sia diventata nemica di Dio. Pen<strong>san</strong>do che Dio l’abbia scacciata,avverte tanta pena e sofferenza da sperimentare una delle prove più dure alle quali fu sottopostoGiobbe in situazione simile. Per questo egli gridava al Signore: Perché mi hai preso a bersaglio esono diventato un peso a me stesso? (Gb 7,20 Volg.). In questo stato, infatti, l’anima, anche se nelletenebre, vede chiaramente, illuminata com’è da questa luce divina, la sua impurità; riconoscechiaramente di non essere degna di Dio né di qualsiasi creatura. Ciò che la fa soffrire di più è ilpensiero che non ne sarà mai degna e che ormai non vi potrà essere più felicità per lei. Tutto questoperché la sua mente è profondamente immersa nella conoscenza e nel sentimento dei suoi mali edelle sue miserie. A questo punto essa li scopre tutti alla luce di questa divina e <strong>oscura</strong> luce;comprende, del resto, con evidenza che potrà avere in sorte, per quello che è, solo malizie. Tale è ilsenso che si può dare alla seguente affermazione di Davide: Per l’iniquità tu punisci l’uomo e faiconsumare la sua anima, come il ragno che produce la tela spingendo fuori il suo interno (Sal38,12 Volg.).6. Il secondo motivo per cui l’anima soffre è la debolezza morale e spirituale <strong>della</strong> sua natura.Poiché questa divina contemplazione investe l’anima con una certa violenza per fortificarla edisciplinarla, essa soffre nella sua fragilità, e quasi viene meno, soprattutto quando è investita conmaggiore intensità. Allora i sensi e lo spirito sono, per così dire, oppressi da un peso immenso einvisibile. Soffrono e vengono sottoposti a un’agonia tale che considerano la morte un sollievo.Giobbe aveva sperimentato un simile stato e per questo esclamava: Non vorrei che (Dio) trattassecon me con la sua grande potenza e mi schiacciasse sotto il peso <strong>della</strong> sua grandezza (Gb 23,6Volg.).7. In mezzo a questa oppressione e sotto questo peso l’anima non si sente assolutamente favorita ele sembra che anche quello in cui era solita trovare un certo appoggio sia svanito con il resto e chenessuno provi compassione per lei. A questo riguardo dice ancora Giobbe: Pietà, pietà di me,almeno voi amici miei, perché la mano di Dio mi ha percosso (Gb 19,21). È cosa strana e degna dicompassione che la debolezza e l’impurità dell’anima facciano sentire pe<strong>san</strong>te e avversa la mano diDio, che per natura è così lieve e dolce. Dio non fa mai pesare la sua mano sull’anima, ma la toccasolamente e con tanta misericordia, perché suo unico scopo è quello di concederle grazie, non dicastigarla.CAPITOLO 61. Il terzo motivo delle sofferenze e delle pene che l’anima subisce in questa <strong>notte</strong> proviene dai dueestremi, il divino e l’umano, che qui operano congiuntamente. Il divino è la contemplazionepurificatrice e l’umano è l’anima quale soggetto di questa contemplazione. L’elemento divinoinveste l’anima per purificarla, rinnovarla e renderla divina, spogliandola degli affetti abituali edelle caratteristiche dell’uomo vecchio, al quale è molto unita, assimilata e conformata.Immergendola in una profonda e densa tenebra, sconnette e scompone la sua sostanza spirituale, inmodo tale che l’anima si sente annientare e struggere alla vista delle sue miserie, come sesperimentasse una dura morte spirituale. Le sembra di essere come inghiottita nel ventre tenebrosod’una balena, ove si sente digerita, mentre soffre le stesse angosce di Giona (2,1) nel ventre delcetaceo. Ma le conviene passare per questa tomba di <strong>oscura</strong> morte per arrivare alla risurrezionespirituale che l’attende.


2. Davide descrive questo genere di tortura e di tormento, anche se trascende ogni comprensione,nei seguenti termini: Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti impetuosi… nel mioaffanno invocai il Signore (Sal 17,5-7). Ma in questo stato l’anima soffre soprattutto perché lesembra chiaro che Dio l’abbia abbandonata e, aborrendola, l’abbia gettata nelle tenebre. <strong>La</strong>convinzione di essere respinta da Dio costituisce per l’anima una pena insopportabile, che le meritacompassione. È per aver provato intensamente questa sofferenza che Davide esclama: È tra i mortiil mio giaciglio, sono come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali tu non conservi il ricordo e che latua mano ha abbandonato. Mi hai gettato nella fossa profonda, nelle tenebre e nell’ombra di morte.Pesa su di me il tuo sdegno e con tutti i tuoi flutti mi sommergi (Sal 87,6-8). In realtà, quandoquesta contemplazione purificatrice prende il sopravvento, l’anima sente molto vivamente l’ombra ei gemiti <strong>della</strong> morte nonché i tormenti dell’inferno. Questo stato consiste nel sentirsi privata di Dio,punita e da lui respinta, oggetto <strong>della</strong> sua indignazione e <strong>della</strong> sua collera. Tutto quello che prova inquesto stato è tanto più intenso in quanto pensa che sia per sempre.3. L’anima, inoltre, si sente oggetto del medesimo abbandono e disprezzo anche da parte dellecreature, soprattutto da parte degli amici. Per questo Davide prosegue dicendo: Hai allontanato dame i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore (Sal 87,9). Anche Giona testimonia molto benetutti questi tormenti, perché li ha sperimentati, corporalmente e spiritualmente, nel ventre <strong>della</strong>balena: Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare, e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoiflutti e le tue onde sono passate sopra di me. Io dicevo: sono scacciato lontano dai tuoi occhi;eppure tornerò a guardare il tuo <strong>san</strong>to tempio (dice così perché Dio in questo stato purifica l’animaaffinché torni a vederlo); le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l’abisso mi ha avvolto, lealghe si sono attorcigliate al mio capo. Sono sceso alle radici dei monti, la terra ha chiuso lespranghe dietro a me per sempre (Gio 2,4-7). In questo caso le spranghe rappresentano leimperfezioni dell’anima, che la tengono prigioniera in modo che non goda <strong>della</strong> contemplazionegustosa.4. Il quarto motivo di sofferenza è causato dalla contemplazione <strong>oscura</strong>, la cui eccessiva sublimitàle fa sentire l’altro estremo, quello <strong>della</strong> sua povertà e miseria; questa è una delle sofferenzemaggiori che sperimenta durante la purificazione. Difatti avverte in sé un profondo vuoto e lamancanza di tre forme di beni destinati a compiacerla: beni temporali, naturali e spirituali. Inoltre sivede immersa in tre mali opposti, che sono la miseria delle sue imperfezioni, l’aridità o il vuotodelle sue facoltà e l’abbandono spirituale in mezzo alle tenebre. In verità, poiché Dio a questo puntopurifica le facoltà sensitive e spirituali dell’anima, come pure le sue potenze interiori ed esteriori,l’anima dev’essere posta nel vuoto, nella povertà e nell’abbandono di tutte queste parti, lasciataarida, vuota e nelle tenebre. <strong>La</strong> parte sensitiva, infatti, si purifica nell’aridità e le facoltà nel vuotodelle loro percezioni e lo spirito nella profondità delle tenebre.5. Dio produce tutti questi effetti per mezzo <strong>della</strong> contemplazione <strong>oscura</strong>. L’anima, allora, soffrenon solo per il vuoto e la mancanza di appoggi naturali e di conoscenze – il che è già una sofferenzapiena d’angoscia, come se uno fosse tenuto sospeso in aria senza che possa respirare –, ma soffrealtresì perché Dio la purifica, come fa il fuoco con la ruggine sul metallo. Egli annienta, svuota econsuma in lei tutti gli affetti e le abitudini manchevoli contratte nel corso <strong>della</strong> vita. Ora, poichéquesti difetti sono profondamente radicati nella sostanza dell’anima, essa soffre inquietudini etormenti interiori, che si aggiungono all’indigenza e alla miseria naturale e spirituale. In questomodo sembra che si verifichi l’affermazione di Ezechiele: Ammassa la legna, fa’ divampare ilfuoco, fa’ consumare la carne, riducila in poltiglia e le ossa siano riarse (Ez 24,10). Questo spiegala sofferenza che l’anima prova nel vuoto e nella povertà <strong>della</strong> sua sostanza sensitiva e spirituale. Aquesto proposito lo stesso profeta subito dopo aggiunge: Metti la pentola vuota sulla brace, perchési riscaldi e il rame si arroventi; si distrugga la sozzura che c’è dentro e si consumi la sua ruggine(Ez 24,11). Queste parole ci fanno capire l’indicibile tormento che l’anima affronta quando viene


purificata dal fuoco di questa contemplazione. Difatti il profeta dice che, per purificarsi e liberarsidalla ruggine degli affetti che ha dentro di sé, occorre che l’anima in certo modo si annichili e sidistrugga, tanto si è assimilata alle passioni e imperfezioni.6. Pertanto questa fucina purifica l’anima come l’oro nel crogiolo (Sap 3,6), come dice il Saggio.L’anima avverte questo profondo liquefarsi fin nella sua stessa sostanza, e raggiunge il colmo <strong>della</strong>sua indigenza, tanto da sembrare un’agonizzante. Davide, rivolgendosi a Dio, esprime tutto questocon le seguenti parole: Salvami, o Dio, l’acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango e non hosostegno; sono caduto in acque profonde e l’onda mi travolge; sono sfinito dal gridare, riarse sonole mie fauci; i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio (Sal 68,2.4). In questo stato Dioumilia profondamente l’anima ma per poi esaltarla. Se egli non disponesse che quelle acute pene sicalmassero presto, l’anima non vivrebbe che pochissimi giorni. A intervalli essa sente quanto èprofonda la sua indegnità. A volte il suo tormento è così vivo che ha l’impressione di vederel’inferno spalancato e sentirsi sicuramente perduta. Queste sono, in verità, le anime che discendonovive all’inferno (Sal 54,16), perché in questa condizione si purificano come avverrebbe laggiù, se lacosa fosse possibile. Pertanto l’anima che passa per questa prova, o non va in purgatorio o vi resteràmolto poco, perché un’ora sola di queste sofferenze quaggiù basta a purificarla assai più che moltotempo in purgatorio.CAPITOLO 7Ove si prosegue sullo stesso argomento parlando di altre afflizioni e sofferenze <strong>della</strong> volontà.1. Le sofferenze e le afflizioni <strong>della</strong> volontà in questo stato sono indicibili. Alcune volte trafiggonol’anima con il ricordo improvviso dei mali in cui si trova immersa e con l’incertezza di trovarvi unrimedio. A ciò si aggiunge il ricordo <strong>della</strong> prosperità passata, perché, di solito, le anime prima dientrare in questa <strong>notte</strong> hanno ricevuto da Dio molte consolazioni e gli hanno reso molta gloria.Tutto questo accresce il loro dolore, perché si vedono private di quei favori e pen<strong>san</strong>o di non poterlipiù riavere. Ciò è quanto Giobbe, che ne aveva fatto esperienza, esprime molto bene in questitermini: Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha rovinato, mi ha afferrato per il collo e mi hastritolato; ha fatto di me il suo bersaglio. I suoi arcieri mi circondano; mi trafigge i fianchi senzapietà, versa a terra il mio fiele, mi apre ferita su ferita, si avventa contro di me come un guerriero.Ho cucito un sacco sulla mia pelle e ho prostrato la fronte nella polvere. <strong>La</strong> mia faccia è rossa peril pianto e sulle mie palpebre c’è una fitta oscurità (Gb 16, 12-16).2. Sono tante e così terribili le sofferenze di questa <strong>notte</strong> e così numerose le affermazioni <strong>della</strong>Scrittura che si potrebbero citare a questo riguardo, che non basterebbero il tempo e la forza perdescrivere tutto. Del resto, tutto ciò che si può dire è sempre insufficiente. Dai testi citati possiamoaverne un’idea. Tuttavia, prima di terminare la spiegazione di questi versi e allo scopo di far megliocomprendere ciò che l’anima prova in questa <strong>notte</strong>, riporterò i sentimenti di Geremia. <strong>La</strong> suasofferenza è tale che scoppia in lacrime e si esprime in questi termini: Io sono l’uomo che haprovato la miseria sotto la sferza <strong>della</strong> sua ira. Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare nelletenebre e non nella luce. Solo contro di me egli ha volto e rivolto la sua mano tutto il giorno. Egliha consumato la mia carne e la mia pelle, ha rotto le mie ossa. Ha costruito sopra di me, mi hacircondato di veleno e d’affanno. Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi come i morti da lungotempo. Mi ha costruito un muro tutt’intorno, perché non potessi più uscire; ha reso pe<strong>san</strong>ti le miecatene. Anche se grido e invoco aiuto, egli soffoca la mia preghiera. Ha sbarrato le mie vie conblocchi di pietra, ha ostruito i miei sentieri. Egli era per me un orso in agguato, un leone in luoghinascosti. Seminando di spine la mia via, mi ha lacerato, mi ha reso desolato. Ha teso l’arco, mi ha


posto come bersaglio alle sue saette. Ha conficcato nei miei fianchi le frecce <strong>della</strong> sua faretra. Sonodiventato lo scherno di tutti i popoli, la loro canzone d’ogni giorno. Mi ha saziato con erbe amare,mi ha dissetato con assenzio. Mi ha spezzato con la sabbia i denti, mi ha steso nella polvere. Sonrimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere e dico: «È sparita la mia gloria, lasperanza che mi veniva dal Signore». Il ricordo <strong>della</strong> mia miseria e del mio vagare è come assenzioe veleno. Ben se ne ricorda e si accascia dentro di me la mia anima (<strong>La</strong>m 3,1-20).3. Sono questi i lamenti di Geremia che vuole dipingere al vivo le sofferenze <strong>della</strong> sua anima inquesta purificazione o <strong>notte</strong> dello spirito. Per questo motivo occorre nutrire una grande compassioneper l’anima che Dio introduce in questa <strong>notte</strong> tempestosa e terribile. Senza dubbio, sarà una sortebeata per l’anima ricuperare i beni incomparabili che le procurerà questa <strong>notte</strong>; ciò si verifica, comedice Giobbe, quando Dio strappa dalle tenebre i segreti e porta alla luce le cose oscure (Gb 12,22),ragion per cui, come dice Davide, nemmeno le tenebre per te sono oscure (Sal 138,12). Ciònonostante, l’anima sperimenta una sofferenza immensa ed è nella più grande incertezza circa la suaguarigione, perché crede, come dice lo stesso profeta, che il suo male non finirà, sembrandole, comeafferma ancora Davide, che Dio mi ha relegato nelle tenebre come i morti da gran tempo; in melanguisce il mio spirito, si agghiaccia il mio cuore (Sal 142,3-4). Per questo motivo è degna digrande pietà e commiserazione. Oltre alle sofferenze che le vengono dalla solitudine edall’abbandono che prova in questa <strong>oscura</strong> <strong>notte</strong>, l’anima soffre anche per il fatto di non trovareconsolazione in solide letture né sostegno in maestri spirituali. Per quanto le si facciano notare imotivi di consolazione che le vengono dai beni racchiusi in simili sofferenze, essa non può credervi.Difatti è completamente presa e immersa nel sentimento di quei mali in cui vede così chiaramente lesue miserie; le sembra che i suoi direttori le dicano così perché non vedono quello che essa sente enon la capiscano. Anziché consolazione riceve nuovo dolore, pen<strong>san</strong>do che non è quello il rimediodel suo male, ed è proprio così. Finché il Signore non avrà finito di purificarla come a lui piace,nessun mezzo o rimedio serve o aiuta a sollevarla dal suo dolore. Tanto più che l’anima, in questostato, può fare molto poco; è come un prigioniero rinchiuso in una cella <strong>oscura</strong> con le mani e i piedilegati. Non può muoversi né vedere né ricevere alcun favore dall’alto o dal basso. Questa situazionedura finché lo spirito non si umilia, non si addolcisce e non si purifica, diventando talmente sottile,semplice e puro da poter costituire un tutt’uno con quello di Dio, secondo il grado di unioned’amore che egli nella sua misericordia vorrà concedergli. In vista di questo grado da raggiungere,la purificazione è più o meno intensa e dura più o meno a lungo.4. Ma se tale purificazione dev’essere qualcosa di serio, per quanto sia profonda, dura alcuni anni.Tuttavia essa presenta delle pause di sollievo, durante le quali, per disposizione divina, questacontemplazione <strong>oscura</strong> non investe più l’anima per purificarla, bensì per illuminarla e accordarletanto amore. L’anima, allora, sembra uscire dal carcere e dalle catene. Libera e distesaspiritualmente, sente e gusta soavità di pace, amabilità e familiarità piena d’amore con Dio, inoltrericeve le comunicazioni spirituali con molta facilità. Per l’anima tutto ciò è indizio <strong>della</strong> salvezzache la suddetta purificazione va operando nel suo intimo nonché preludio dell’abbondanza dei beniche l’aspetta. Inoltre la sua gioia è, a volte, così profonda, da sembrarle che siano finite le sueprove. Tale è, in realtà, la natura delle cose spirituali, soprattutto quando si tratta di cose moltoelevate. Infatti, quando si riaffacciano le sofferenze, all’anima sembra di non uscirne più e averperduto tutti i beni, come si è visto nelle citazioni riportate sopra. Quando, al contrario, le vengonoaccordati beni spirituali, l’anima ha la sensazione che siano finiti i suoi mali e che non lemancheranno più i beni, come confessò Davide quando si trovò in una situazione simile: Nellaprosperità ho detto: nulla mi farà vacillare! (Sal 29,7).5. Questo accade perché due contrari non possono stare allo stesso tempo nel medesimo soggetto:l’uno scaccia naturalmente l’altro e il sentimento dell’uno esclude quello dell’altro. <strong>La</strong> stessa cosaavviene nella parte sensitiva dell’anima, perché la sua capacità di percezione è debole. Ma poiché lo


spirito in questo stato non è ancora ben purificato e libero dagli affetti contratti dalla sua parteinferiore, anche se come spirito non può vacillare, tuttavia in quanto unito alla parte inferiore puòessere soggetto alla sofferenza. Ciò è quanto constatiamo in Davide che vacillò quando fusottoposto a grandi sofferenze, sebbene al tempo <strong>della</strong> sua prosperità avesse detto: Nulla mi faràvacillare! (Sal 29,7). Anche l’anima, quando si vede fornita di abbondanti beni spirituali e nonriesce a scorgere la radice delle imperfezioni e impurità che le restano ancora, pensa che le suesofferenze siano finite.6. Ma sono rare le volte in cui le viene in mente questo pensiero, perché, fin quando non è ultimatala purificazione spirituale, molto raramente la comunicazione soave sarà così abbondante da coprirela radice dei mali che restano nell’anima. Essa avverte, allora, nel più profondo del suo essere, chequalcosa manca o resta da compiere, e ciò non le permette di godere appieno di quei favori. Senteinteriormente come un nemico che, anche se sopito e addormentato, fa temere di risvegliarsi percompiere qualcuna delle sue imprese. Ed è così. Quando l’anima si sente più sicura ed è menoall’erta, questo nemico torna per farla cadere in uno stato peggiore del primo, più duro, più oscuro edoloroso, la cui durata si protrae per un lungo periodo di tempo, forse più lungo del precedente. El’anima crede ancora una volta che tutti i beni siano ormai perduti per sempre. Non le basta piùl’esperienza del bene passato, goduto dopo il primo periodo di sofferenza, quando pensava di nonavere più da penare. Pensa che in questo secondo periodo di sofferenza tutto il bene sia finito persempre e che non le succederà come la volta precedente. Infatti, ripeto, questa sorta di certezza ètalmente radicata nell’anima dall’attuale convinzione dello spirito, da annientare ogni pensiero chele è contrario.7. Questo è il motivo per cui coloro che si trovano in purgatorio soffrono per il dubbio fortissimoche non ne usciranno mai e che le loro pene non avranno fine. Sebbene possiedano abitualmente letre virtù teologali, cioè la fede, la speranza e la carità, attualmente hanno la sensazione delle lorosofferenze e <strong>della</strong> privazione di Dio. Per il momento non possono godere del bene e <strong>della</strong>consolazione derivante da quelle virtù. Benché sappiano con certezza di amare Dio, ciò non liconforta, perché hanno l’impressione di non essere amati da Dio nella loro indegnità. Anzi,vedendosi privati di lui e immersi nelle loro miserie, pen<strong>san</strong>o di avere in sé motivi più chesufficienti per essere aborriti e rifiutati da Dio, giustamente e per sempre. Similmente, l’anima cheattraversa questo stato di purificazione è consapevole di amare Dio. È altresì disposta a dare millevite per lui, ed è veramente così, perché davvero ama Dio in mezzo alle sofferenze; tuttavia nonsolo non trova in tutto questo alcun sollievo, ma ne riceve una pena maggiore. Essa ama tanto Dioda non preoccuparsi di null’altro che di lui, ma si vede tanto misera da non poter credere che Dio laami, perché non ha e non avrà mai motivi per farlo. Scopre in sé motivi per essere sempre detestatada Dio e da ogni creatura. Il suo tormento consiste nel constatare in sé le ragioni per cui merita divenire respinta da chi essa ama tanto e desidera con tutto il cuore.CAPITOLO 8Ove si parla di altre sofferenze che affliggono l’anima in questo stato.1. C’è un’altra cosa che rattrista e tormenta molto l’anima in questo stato. Poiché le sue potenze e isuoi affetti sono bloccati in questa <strong>notte</strong> di contemplazione, l’anima non può, come prima, elevare isuoi affetti e la sua mente a Dio né può pregarlo. Come accadde a Geremia, le sembra che Dio si siaavvolto in una nube che impedisce alla supplica di giungere fino a lui (<strong>La</strong>m 3,44). Questaespressione spiega la citazione già riportata: Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra (<strong>La</strong>m 3,9).Se poi qualche volta prega, lo fa senza convinzione e devozione, perché le sembra che Dio non


l’ascolti e non le badi, come fa capire lo stesso profeta quando dice: Anche se grido e invoco aiuto,egli soffoca la mia preghiera (<strong>La</strong>m 3,8). In verità questo non è il momento di parlare con Dio, ma dimettere, come dice Geremia, nella polvere la bocca: forse c’è ancora speranza (<strong>La</strong>m 3,29),sopportando con pazienza la prova di questa purificazione. Poiché Dio sta purificando l’animapassivamente, essa non può far nulla: non può pregare né assistere con attenzione alla liturgia nétanto meno attendere alle cose di questo mondo. Oltre a ciò, molte volte le accade di essere talmentedistratta e avere delle dimenticanze così gravi da passare molto tempo senza sapere cosa ha fatto oha detto, né ciò che fa o farà e, anche volendolo, non può prestare attenzione a nulla.2. Quando l’anima è in questo stato non solo l’intelletto viene purificato del suo lume e la volontàdei suoi affetti, ma anche la memoria si spoglia dei suoi discorsi e delle sue conoscenze; è, quindi,necessario che quest’ultima sia come annientata nei confronti di tali conoscenze, perché in questapurificazione si verifichi ciò che Davide dice di sé: Io ero stolto e non capivo (Sal 72,22). Questonon capire si riferisce alle amnesie e dimenticanze <strong>della</strong> memoria, provocate dal raccoglimentointeriore in cui l’anima è immersa durante questa contemplazione. Difatti, perché l’anima siadisposta e preparata alle realtà divine con tutte le sue facoltà e giunga all’unione d’amore con Dio, èopportuno che venga prima assorbita con tutte le sue potenze da questa divina e <strong>oscura</strong> luce <strong>della</strong>contemplazione; in seguito occorre che venga distolta da tutti i suoi affetti e conoscenze dellecreature. Tutto questo lavoro dura più o meno a lungo in ciascuna persona e corrisponde al gradod’intensità <strong>della</strong> luce. Questo è il motivo per cui, quanto più semplice e pura è questa luce divinache investe l’anima, tanto più la getta nelle tenebre, la spoglia dei suoi affetti particolari e la privadelle sue conoscenze spirituali e temporali. Similmente, quanto meno semplice e pura è questa luce,tanto meno spoglia l’anima e la <strong>oscura</strong>. Sembra incredibile che la luce soprannaturale e divina tantopiù getti l’anima nelle tenebre quanto più è chiara e pura, e tanto meno l’ottenebri quanto meno èpura! Ora tutto questo si comprende bene se ricordiamo l’affermazione del Filosofo, che ho giàprovato, secondo cui le realtà soprannaturali sono tanto più oscure per la nostra intelligenza quantopiù chiare ed evidenti sono in se stesse.3. Per far meglio comprendere questa dottrina prendo a paragone la luce naturale e comune. Ilraggio di sole che entra da una finestra, quanto più è limpido e privo di pulviscolo, tanto menochiaramente lo si vede; al contrario, quanto più l’aria è polverosa e irrespirabile, tanto più il raggiosi fa visibile agli occhi. Questo perché la luce non è visibile per se stessa, ma è il mezzo con cui sivedono gli oggetti che essa investe; e solo allora può essere vista, cioè solo per il riflesso che sidetermina sugli oggetti, altrimenti non si vedrebbe nulla. Allo stesso modo, se un raggio di soleentrasse attraverso la finestra di una stanza e uscisse dall’altra e non s’imbattesse in nulla, né vifossero nell’aria particelle su cui possa riflettersi, non vi sarebbe più luce di prima nella stanza, né ilraggio potrebbe essere visto. Al contrario, se si osserva bene, c’è più oscurità proprio dove passa ilraggio, perché esso <strong>oscura</strong> e diminuisce alquanto ogni altra luce; esso poi non si vede perché, comeho detto, non ci sono oggetti visibili su cui possa riflettersi.4. In modo simile si comporta nell’anima il raggio <strong>della</strong> contemplazione. Investendola con la sualuce divina, trascende le forze naturali dell’anima e la introduce nelle tenebre. <strong>La</strong> priva, poi, di tuttele conoscenze e gli affetti naturali che prima sperimentava mediante la luce naturale. In questomodo non solo la lascia nelle tenebre, ma spoglia altresì le sue facoltà e le sue tendenze sia spiritualiche naturali. Svuotandola e lasciandola nell’oscurità, la purifica e la illumina con la sua luce divina,senza che l’anima si accorga di possederla; anzi, crede di essere sempre nelle tenebre. Ciò è quantosi è detto del raggio del sole che, pur trovandosi nella stanza, resta invisibile a noi se è puro e nons’imbatte in qualche oggetto che lo rifletta. Ma quando questa luce spirituale, da cui l’anima èinvestita, incontra qualche oggetto che la riflette, cioè quando le si presenta qualche problemaspirituale di perfezione o d’imperfezione, per quanto di poco conto, oppure un giudizio di ciò che èvero o falso, subito essa lo vede e lo comprende molto più chiaramente di prima, quando non era


ancora immersa in queste tenebre. Inoltre sa di possedere anche la luce spirituale per conoscere confacilità l’imperfezione che le si presenta. È come il raggio di cui si è detto, il quale resta oscuronella stanza e invisibile per se stesso, ma appena una mano o un oggetto s’interpone, subito si favisibile la mano e si conosce che lì c’è la luce del sole.5. Questa luce spirituale è molto semplice, pura, di carattere generale, e per questo motivo non ècondizionata né specificata da nessun particolare oggetto intelligibile, né divino né umano, perchéconserva spoglie e vuote di tutte queste conoscenze le potenze dell’anima. Ne segue che l’animaconosce e penetra con grande facilità ed estensione qualsiasi fatto divino e umano che le si presenta.Ciò è quanto l’Apostolo ha detto: Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio (1Cor2,10). Possiamo attribuire a questa sapienza generale e semplice ciò che, per bocca del Saggio, dicelo Spirito Santo: Per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa (Sap 7,24), perché non èlegata a nessun intelligibile particolare né ad alcun affetto. Questa è la proprietà dello spiritopurificato da tutti gli affetti e le conoscenze particolari. E poiché non vuole gustare né intenderenulla in particolare, rimanendo nel suo vuoto e nella sua tenebra, possiede una grande disposizionea penetrare tutto, così che si verifica in lui quanto afferma <strong>san</strong> Paolo: Nihil habentes et omniapossidentes: Gente che non ha nulla, mentre possediamo tutto (2Cor 6,10). Tale beatitudine èriservata ai poveri di spirito.CAPITOLO 9Ove si dice come questa <strong>notte</strong>, pur gettando lo spirito nelle tenebre, lo illumini e gli infonda luce.1. Ora non ci resta che mostrare come questa gioiosa <strong>notte</strong>, se produce tenebre nello spirito, è soloper illuminarlo su tutte le cose; se lo umilia e lo priva di ogni bene, lo fa solo per elevarlo edesaltarlo; se lo rende povero e spoglio d’ogni possesso e attaccamento umano, lo fa solo perché siadivinamente preparato a godere e gustare le cose soprannaturali e naturali, in perfetta libertà dispirito. Difatti, come gli elementi per entrare a far parte di tutti i composti e gli esseri <strong>della</strong> naturadevono essere privi di ogni colore, odore e sapore al fine di adattarsi a tutti i sapori, gli odori e icolori, così dev’essere lo spirito. Occorre che sia semplice, puro e spoglio di tutti i possibili affettinaturali, sia attuali che abituali, per poter comunicare in totale libertà di spirito con la Sapienzadivina, nella quale gusta tutti i sapori di tutte le cose, in modo eminente, grazie alla sua purezza.Senza questa purificazione non potrà sentire né gustare in alcun modo il sapore di questaabbondanza di delizie spirituali. Basta un affetto o un oggetto particolare al quale sia attaccato,attualmente o abitualmente, perché lo spirito non senta, non gusti e non partecipi al delicato saporedello spirito d’amore, che contiene in grado eminente tutti i sapori.2. I figli d’Israele, soltanto perché avevano conservato un unico affetto e ricordo <strong>della</strong> carne e delcibo d’Egitto (Es 16,3), non potevano gustare il delicato pane degli angeli nel deserto, che era lamanna e che, come dice la sacra Scrittura, si adattava al gusto di chi lo inghiottiva e si trasformavain ciò che ognuno desiderava (Sap 16,21). Così è dello spirito: esso non può riuscire a gustare ledelizie dello spirito di libertà, come vuole la volontà, se è ancora attaccato a qualche affetto attualeo abituale o si sofferma su qualche conoscenza particolare o su qualsiasi altra percezione. Questoperché gli affetti, i sentimenti e le percezioni dello spirito perfetto, essendo divini, sono di un generetalmente diverso da quello naturale e talmente eminente che, per possederli attualmente eabitualmente, occorre necessariamente espellere e distruggere abitualmente e attualmente gli altri;due contrari, infatti, non possono esistere contemporaneamente nello stesso soggetto. Perciò èopportuno, anzi necessario, che la <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> <strong>della</strong> contemplazione prima distrugga e facciasparire le imperfezioni dell’anima, perché possa raggiungere tali altezze, e poi la introduca nelle


tenebre, nell’aridità, nelle angustie e nel vuoto. Difatti la luce che l’anima deve ricevere èun’altissima luce divina che supera qualsiasi luce naturale e non è compresa naturalmente da alcunaintelligenza.3. Per poter arrivare a unirsi con essa e divenire divino nello stato di perfezione, l’intelletto deve,come prima operazione, aver purificato e ridotto a nulla la sua luce naturale; solo così potrà entrarenelle tenebre attraverso questa <strong>oscura</strong> contemplazione. È opportuno che resti in queste tenebre iltempo necessario per espellere e ridurre a nulla l’abitudine, da tempo contratta, di comprendere amodo proprio e mettere, invece, al suo posto la rivelazione e la luce di Dio. Poiché la facoltà dicomprendere che aveva precedentemente era una facoltà naturale, ne consegue che le tenebre cheora soffre sono profonde, orribili e molto dolorose. E poiché sono avvertite nelle profondità <strong>della</strong>sostanza dello spirito, sembrano tenebre sostanziali. L’amore che sarà comunicato all’animanell’unione d’amore è divino, quindi è molto spirituale, delicato e interiore; supera ogni affetto esentimento naturale e imperfetto <strong>della</strong> volontà, come pure tutti i suoi appetiti. Questo è il motivo percui, se la volontà deve arrivare a sentire e a gustare tramite l’unione d’amore questa gioia divinacosì sublime, che naturalmente non è in suo potere, occorre che venga prima purificata e spogliatadi tutti i suoi affetti e attaccamenti. È necessario, altresì, che resti nell’aridità e nell’angoscia tutto iltempo necessario perché scompaiano i suoi affetti naturali verso le cose divine e umane. Una voltapurificata, spogliata e completamente liberata nel fuoco di questa contemplazione divina da ognigenere di demoni, come avvenne quando il cuore del pesce da Tobia fu posto sulla brace degliincensi (Tb 6,17), avrà una disposizione pura e semplice, e il suo palato sarà purificato e <strong>san</strong>o perapprezzare gli elevati e insoliti tocchi dell’amore divino, in cui si vedrà divinamente trasformata.Ormai, come dicevo prima, sono stati eliminati tutti gli ostacoli attuali e abituali presentinell’anima.4. Affinché l’anima divenga idonea all’unione divina, verso cui cammina mentre attraversa la <strong>notte</strong><strong>oscura</strong>, occorre che sia colma d’una certa splendidezza densa di gloria per comunicare con Dio,splendidezza che racchiude in sé innumerevoli beni e abbondanti delizie, e che l’anima non puòpossedere naturalmente, data la sua natura debole e impura, come dice Isaia: Orecchio non hasentito, occhio non ha visto, né è entrato in cuore umano ciò che è apparso… (Is 64,3). Occorre,dunque, prima d’ogni cosa, che l’anima sia nel vuoto e nella povertà di spirito, purificata da ogniattaccamento, conforto e percezione naturale di cose divine e umane. Una volta svuotata di tutto, èveramente povera di spirito e spoglia dell’uomo vecchio; può finalmente vivere quella nuova ebeata vita che si raggiunge attraverso questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> e che è lo stato dell’unione con Dio.5. Inoltre l’anima deve giungere ad avere una sensazione e una conoscenza divina molto alta egustosa di tutte le cose divine e umane. <strong>La</strong> sua non sarà né una sensazione volgare né unaconoscenza naturale, ma guarderà quelle cose con occhi tanto diversi da prima, quando diverso è lospirito rispetto ai sensi e il divino rispetto all’umano. Lo spirito deve purificarsi e liberarsi dai mezzivolgari e naturali di comprensione; occorre farlo passare attraverso angustie e amarezze in questacontemplazione purificatrice. Quanto alla memoria, essa dovrà allontanarsi da ogni nozionepiacevole e serena; dovrà nutrire un sentimento molto intimo e una disposizione che la renderannoestranea a tutto e l’allontaneranno da ogni cosa. Solo allora le apparirà che tutto quaggiù ècompletamente diverso da come l’immaginava in passato. Questa <strong>notte</strong>, dunque, toglie lo spirito dalsuo modo abituale e comune di conoscere la realtà, per sostituire ad esso sentimenti divini; ètalmente elevato e lontano da ogni modo umano di agire, che sembra essere fuori di sé, con grandeangustia. Altre volte si chiede se quello che prova sia incantesimo o intontimento e si meraviglia diciò che vede e sente, quasi si trattasse di cose insolite e strane, mentre sono le stesse di cui sioccupava abitualmente in altri tempi. Tutto ciò è dovuto al fatto che l’anima si sta allontanando edestraniando dal comune modo di sentire le cose e di conoscerle. Tale modo di conoscere è stato


idotto a nulla ed è divenuto divino. In questa situazione, l’anima sembra appartenere più all’altravita che alla presente.6. L’anima sopporta tutte queste dolorose purificazioni dello spirito al fine di essere rigenerata allavita nuova dello spirito per mezzo di questo influsso divino. È in queste doglie che essa arriva agenerare lo spirito di salvezza, secondo quanto dice il profeta Isaia: Davanti a te, Signore, abbiamoconcepito, abbiamo avuto dolori di partoriente…, abbiamo generato lo spirito di salvezza (cfr. Is26,17-18). Inoltre, per mezzo di questa <strong>notte</strong> contemplativa l’anima si prepara alla tranquillità e allapace interiore che è così profonda e piena di delizie che, come afferma la Chiesa, sorpassa ogniintelligenza (Fil 4,7). È opportuno che l’anima sacrifichi completamente la sua pace anteriore, laquale, essendo carica d’imperfezioni, non era pace vera. All’anima che si vedeva piena diabbondanze spirituali sembrava vera questa pace, perché conforme al suo gusto; pensava, cioè, chefosse pace, anzi pace due volte, avendo conquistato la pace dei sensi e dello spirito. Ma essendoancora imperfetta questa pace, occorre che l’anima ne venga prima purificata, liberata e separata.Questo è quanto provava ed esprimeva piangendo Geremia nella citazione riportata sopra perdescrivere le prove di questa terribile <strong>notte</strong>: Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato ilbenessere (<strong>La</strong>m 3,17).7. Si tratta di una purificazione molto dolorosa per l’anima a causa di numerosi timori, delleimmaginazioni e delle lotte che l’anima prova dentro di sé. <strong>La</strong> visione e sensazione delle propriemiserie fa credere all’anima che sia perduta e che siano altresì perduti per sempre tutti i suoi beni.Di conseguenza si lascia andare a un dolore e a gemiti così profondi da scoppiare in forti grida estrida spirituali, che a volte le sfuggono dalle labbra e si sciolgono in lacrime quando ne ha la forzae il coraggio, sebbene goda raramente di questo sollievo. Davide, che aveva sperimentato questaprova, la descrive molto bene in un salmo: Afflitto e sfinito all’estremo, ruggisco per il fremito delmio cuore (Sal 37,9). Questo ruggito è segno di grande dolore, perché a volte, per l’improvviso evivo ricordo delle sue miserie, l’anima avverte i suoi affetti talmente avviluppati dal dolore e dallatristezza che non so come esprimerlo. A tale scopo sarà meglio prendere in prestito le parole diGiobbe, che aveva fatto un’esperienza del genere: I miei ruggiti sgorgano come acqua (Gb 3,24).Difatti, come l’acqua a volte produce tale inondazione da sommergere tutto, così questo ruggitodoloroso dell’anima talvolta cresce tanto da inondarla e penetrarla interamente. Tutti i suoi affetti ele sue forze più profonde sono prese da angosce e dolori spirituali tali che è impossibile descrivere.8. Tali sono gli effetti prodotti nell’anima da questa <strong>notte</strong> che nasconde la speranza di rivedere laluce del giorno. Sempre a questo proposito il profeta Giobbe afferma: Di <strong>notte</strong> mi sento trafiggerele ossa, e i dolori che mi rodono non mi danno riposo (Gb 30,17). Per ossa, qui, s’intende la volontàche è trafitta da questi dolori che non danno tregua e non ces<strong>san</strong>o di lacerare l’anima, perché i dubbie i timori che la tormentano non conoscono sosta né riposo.9. Questa lotta e questo combattimento sono tremendi, perché la pace che si aspetta dev’esseremolto profonda; anche il dolore spirituale è intimo e sottile, perché anche l’amore che si dovràraggiungere dev’essere molto elevato e puro. Quanto più perfetta e accurata dev’essere e risultarel’opera, tanto più intimo, accurato e puro dev’essere l’impegno; un edificio è tanto più solidoquanto più stabili sono le sue fondamenta. Per questo dice Giobbe: Ora mi consumo… e le mieviscere ribollono senza posa (Gb 30,16 e 27). Poiché l’anima è chiamata a possedere e godere nellostato di perfezione, verso il quale cammina attraverso questa <strong>notte</strong> purificatrice, innumerevoli benidi doni e di virtù, a livello sia di sostanza che di potenze, deve anzitutto vedersi e sentirsi privata ingenerale di tutti questi beni. Deve sentirsi vuota e povera di ogni bene, tanto da credere d’essernecosì lontana da non riuscire mai a raggiungerlo e che tutto il bene sia finito per lei. Questo è quantodà a intendere Geremia in un passo già citato: Ho dimenticato il benessere (<strong>La</strong>m 3,17).


10. In questa situazione sorge una difficoltà da risolvere. Si tratta di sapere perché questa luce dicontemplazione, pur molto soave e dolce per l’anima tanto da non trovare nulla di più desiderabile –ho detto, infatti, che per suo tramite l’anima deve unirsi e raggiungere tutti quei beni nello stato diperfezione che ricerca –, con i suoi assalti all’inizio le procuri effetti dolorosi e strani come quelliche ho descritto.11. Si può facilmente rispondere a questo dubbio ripetendo ciò che in parte ho già spiegato, e cioèche tutto ciò non è dovuto alla contemplazione o infusione divina, che di per sé non può dare dolorema piuttosto grande dolcezza e piacere, come dirò in seguito. <strong>La</strong> causa di queste sofferenze sta nelladebolezza e nell’imperfezione in cui si trova in quel momento l’anima, come pure nelle suedisposizioni interiori contrarie a ricevere tali favori. Questo spiega perché quando l’anima ricevequesta luce divina necessariamente prova le sofferenze di cui si è parlato.CAPITOLO 10Ove si spiega a fondo, mediante un paragone, questa purificazione.1. Per maggior chiarezza di quanto sto dicendo e ancora dirò, è opportuno ora osservare che laconoscenza amorosa e purificatrice, o luce divina, di cui sto parlando, purifica l’anima e la disponealla perfetta unione con Dio, come fa il fuoco con il legno per trasformarlo, appunto, in fuoco. Ilfuoco, appiccato al legno, prima lo dissecca, espellendone l’umidità e facendogli lacrimare tuttol’umore, poi lo rende nero, brutto e anche maleodorante. Essiccandolo a poco a poco, gli cava fuoritutti gli elementi interni incompatibili, anzi contrari, all’azione del fuoco. Alla fine, quandocomincia a incendiarlo all’esterno e a farlo crepitare, lo trasforma in fuoco, rendendolo brillantecom’è esso stesso. A questo punto il legno non presenta più alcuna sua proprietà e capacità naturale,se non il peso e la densità che sono superiori a quelli del fuoco, di cui ora possiede le proprietà e leforze attive. È secco e dissecca; è caldo e riscalda; è luminoso e diffonde il suo chiarore; è molto piùleggero di prima, avendogli il fuoco comunicato le sue proprietà e i suoi effetti.2. Ora possiamo applicare il nostro ragionamento al fuoco divino dell’amore contemplativo che,prima di unirsi all’anima e trasformarla in sé, la purifica da tutti i suoi elementi contrari. Ne fauscire tutte le sue brutture, la rende nera e <strong>oscura</strong>, tanto da sembrare più sporca e obbrobriosa diprima. Questa purificazione divina, infatti, rimuove gradualmente tutti gli umori cattivi e viziosi chel’anima non riusciva a vedere perché profondamente radicati in lei. Non si rendeva conto di quantomale avesse dentro; ora, invece, perché li possa buttare fuori e distruggere, le vengono posti davantiagli occhi e li vede benissimo, illuminata dalla luce <strong>della</strong> contemplazione divina, anche se perquesto motivo non è peggiore di prima, né in se stessa né nei confronti di Dio. Poiché riesce avedere dentro di sé ciò che prima non vedeva, ha la sensazione chiara non solo di non essereguardata da Dio, ma addirittura di essere aborrita da lui. Da questo paragone si possono finalmentecapire molte cose circa quanto ho detto e intendo ancora dire.3. Anzitutto, possiamo comprendere come questa luce e sapienza piena d’amore, che deve unirsiall’anima per trasformarla, è la stessa che all’inizio l’ha purificata e preparata. È come il fuoco chetrasforma il legno penetrandolo, quello stesso fuoco che prima lo aveva predisposto a tale scopo.4. In secondo luogo, possiamo renderci conto che queste sofferenze non vengono prodottenell’anima dalla suddetta sapienza, perché, come dice il Saggio, insieme con essa mi sono venutitutti i beni (Sap 7,11). Tali sofferenze provengono, invece, dalla debolezza e dalle imperfezionidell’anima che, senza questa purificazione, è incapace di ricevere la luce divina e gustarne la


soavità e le delizie. L’anima è come il legno che non può incendiarsi immediatamente, senza essereprima trasformato e predisposto; per questo motivo soffre tantissimo. A tale proposito ci viene inaiuto la testimonianza dell’Ecclesiastico che racconta quanto dovette soffrire per attingere lasapienza e goderne: Ho impegnato tutte le mie forze per la sapienza… Il mio intimo si è sconvoltoper cercarla, ma dopo ho fatto un grande acquisto (Sir 51,19.21).5. In terzo luogo, possiamo farci un’idea, solo incidentalmente, di come soffrono le anime delpurgatorio. Il fuoco, infatti, non avrebbe potere su di esse, anche se le avvolgesse, se non avesserodelle colpe da espiare. Tali colpe costituiscono la materia del fuoco. Così è pure dell’anima inquesto stato: una volta purificata dalle imperfezioni, cessa di soffrire e non le rimane che la gioia.6. Quarto: possiamo dedurre che, a mano a mano che si spoglia e si purifica grazie a questo fuocod’amore, l’anima se ne infiamma sempre più, come il legno s’incendia più o meno presto secondoche viene più o meno predisposto a ricevere il fuoco. L’anima, però, non sempre avverte questoincendio d’amore, ma solo a tratti, quando non è investita troppo intensamente dallacontemplazione. In questo caso l’anima ha modo di vedere e anche di apprezzare il lavoro che si varealizzando in lei, perché le si manifesta. <strong>La</strong> mano che la prova sembra fermarsi e tirarla fuori dallafucina perché essa possa constatare la trasformazione che si va operando nel suo intimo. L’animapuò così scorgere in sé il bene che non riusciva a vedere durante le sofferenze. Similmente, quandola fiamma cessa di investire il legno, si vede bene quanto ne abbia bruciato.7. Quinto: da questo paragone possiamo dedurre anche quello che ho detto sopra, cioè quanto siavero che, dopo questa pausa di sollievo, l’anima riprende a soffrire più intensamente eprofondamente di prima. Infatti, dopo quella breve pausa che si ha quando l’anima è stata purificatasoprattutto dalle imperfezioni esterne, il fuoco d’amore torna a ferirla ancora, la consuma e lapurifica in profondità. <strong>La</strong> sofferenza dell’anima è tanto più intima, penetrante e spirituale, quantopiù la purificazione raggiunge le imperfezioni più intime, penetranti e spirituali o più radicate nelfondo del suo essere. Accade proprio come al legno: quando il fuoco penetra più profondamente,aumenta la forza e il furore per trasformarlo fin nelle fibre più intime e, così, impossessarsene.8. Sesto: dal paragone fatto possiamo dedurre anche il motivo per cui l’anima crede che tutto il benesia perduto e che, anzi, sia piena di mali, perché durante questa purificazione non prova altro cheamarezza. Così è del legno che brucia: l’aria o altra cosa non fa che alimentare il fuoco che lodivora. Ma se si verificano altre pause di sollievo come le prime, la sua gioia sarà più intima, perchéla purificazione è stata più profonda.9. Settimo: possiamo pure dedurre che in questi intervalli l’anima goda maggiormente e che a voltele sembri addirittura che le sofferenze non debbano più tornare; ma poiché ritorneranno ben presto,se ci fa caso, e a volte anche se non ci fa caso, continuerà ad avvertire la cattiva radice che le rimanee le impedisce di gustare una gioia piena. Le sembra di sentire, infatti, la minaccia di un nuovoassalto; quando è così, esso non tarda a venire. Infine, ciò che resta da purificare e illuminare nellaparte più intima dell’anima non può essere nascosto completamente a quella parte dell’anima giàpurificata. Anche nel legno è ben visibile la differenza tra la parte esterna già accesa e quella internanon ancora bruciata. Quando poi la purificazione tocca la parte più intima, non dobbiamomeravigliarci se l’anima crede un’altra volta di aver perduto tutto il bene e di non poterlo mai piùriavere; infatti, immersa nelle sofferenze più intime, perde di vista tutti i beni esteriori.10. Ora, tenendo presente questo paragone insieme alle spiegazioni del primo verso <strong>della</strong> primastrofa <strong>della</strong> «Notte <strong>oscura</strong>» e delle sue terribili caratteristiche, sarà opportuno passare oltre questecose tristi dell’anima e cominciare invece a trattare del frutto delle sue lacrime nonché delle sue


proprietà preziose che sono annunciate dal secondo verso: con ansie, dal mio amor tuttainfiammata.CAPITOLO 11Ove si dice che l’anima, come frutto di queste dolorose prove, si sente animata da una veementepassione d’amore per Dio.1. In questo verso l’anima lascia intendere che il fuoco d’amore, di cui si è parlato, si diffonde in lei– proprio come fa il fuoco naturale che brucia il legno – col favore <strong>della</strong> dolorosa <strong>notte</strong> dicontemplazione. Se da una parte questo incendio d’amore è simile, in certo modo, a quello che si èverificato nella parte sensitiva dell’anima, come ho illustrato in precedenza, dall’altra è assaidiverso, quanto lo è l’anima dal corpo o la parte spirituale da quella sensitiva. Si tratta di un fuocod’amore che si accende nello spirito. Ivi, oppressa da tenebrose angosce, l’anima si sente feritavivamente e profondamente da un forte amore divino; allo stesso tempo prova una certa sensazione,un vago presentimento che Dio è là, senza tuttavia comprendere nulla in particolare, perché, ripeto,l’intelletto è all’oscuro.2. <strong>La</strong> persona sente ora il suo spirito travolto da un intenso amore, perché l’incendio spiritualeproduce una passione amorosa. Dal momento che quest’amore è infuso, è più passivo che attivo, ecosì genera nell’anima un’intensa passione d’amore. Tale amore ha già in sé qualcosa dell’unionecon Dio, di conseguenza partecipa in qualche modo alle sue proprietà. Queste ultime sono azioni diDio ricevute passivamente dall’anima, mediante il suo consenso. Ma il calore, la forza, laresistenza, la passione o incendio d’amore, come qui è chiamato, procedono solo dall’amore di Dioche attira l’anima per unirla a sé. Ora quest’amore trova tanto più spazio e accoglienza nell’anima,per unirla a sé e ferirla, quanto più essa ha domato, sottomesso e inabilitato tutti i suoi appetiti,privandoli <strong>della</strong> gioia delle cose celesti e terrene.3. Ciò è quanto accade in modo singolare in questa purificazione piena di tenebre. Infatti Dio hacosì privato l’anima di tutti i suoi gusti e li ha raccolti in sé al punto che non possono più gustare lecose che vorrebbero. Dio fa questo perché, separando tali gusti dal resto e riservandoseli tutti per sé,l’anima abbia più forza e capacità per accogliere quest’intensa unione d’amore con lui, che eglicomincia a concederle attraverso la purificazione. È a questo punto che l’anima deve amare congrande forza, con tutte le sue forze e con tutte le sue passioni spirituali e sensitive, cosa che nonpotrebbe accadere se esse si distraessero nell’amare altre cose. Davide, per poter ricevere la forzadell’amore di quest’unione con Dio, diceva al Signore: A te, mia forza, io mi rivolgo (Sal 58,10),cioè con tutta la capacità, la brama e la forza delle mie facoltà, e non voglio impiegare la loroazione o la loro soddisfazione in nient’altro al di fuori di te.4. Da quanto esposto possiamo in qualche modo farci un’idea dell’intensità e <strong>della</strong> forza di questoincendio d’amore nello spirito, ove Dio tiene concentrate tutte le forze, le facoltà e gli appetitidell’anima, sia spirituali che sensitivi. Egli desidera che l’anima impieghi armonicamente le sueforze e le sue virtù in quest’amore e così compia realmente il primo precetto che, non disprezzandonulla dell’uomo né escludendo niente di suo da quest’amore, dice: Tu amerai il Signore tuo Dio contutto il cuore, con tutta la tua mente, con tutta l’anima e con tutte le forze (Dt 6,5).5. E allora, poiché tutte le facoltà e le forze dell’anima sono concentrate in questo incendio d’amoree l’anima stessa è ferita, raggiunta in ogni facoltà dalla passione d’amore, quali saranno i movimentie gli slanci di tali facoltà, vedendosi infiammate e ferite da intenso amore, senza averne tuttavia il


possesso e la gioia, perché nelle tenebre e nell’incertezza? Esse indubbiamente, come dice Davide,ringhiano come cani, si aggirano per la città, vagando in cerca di cibo, e, se non possono saziarsidi quest’amore, latrano (Sal 58,15-16). Il contatto di quest’amore o fuoco divino, infatti, inaridiscelo spirito e ne accende le passioni al punto che, per soddisfare la sete d’amore divino, l’anima siagita in mille modi per mostrare a Dio la sua brama. Ciò è quanto Davide esprime molto bene,quando dice: Di te ha sete l’anima mia, in molti modi a te anela mia carne (Sal 62,2), cioè con isuoi desideri. Un’altra versione dice: <strong>La</strong> mia anima ebbe sete di te, la mia anima si perde o muoreper te.6. Questo è il motivo per cui l’anima nel verso dice con ansie dal mio amor, e non con ansienell’amore infiammata. Difatti l’anima ama in mille modi, nei suoi pensieri, nelle sue occupazioni enegli avvenimenti che le si presentano; i suoi desideri non smettono di tormentarla in ogni tempo ein ogni luogo, ragion per cui non trova mai pace. Prova quest’ansia, tutta infiammata e feritad’amore, come fa intendere il profeta Giobbe quando afferma: Come lo schiavo sospira l’ombra e ilmercenario aspetta il suo salario, così a me sono toccati mesi di illusione e notti di dolore mi sonostate assegnate. Se mi corico dico: «Quando mi alzerò?». Si allungano le mie tenebre e sono stancodi rigirarmi fino all’alba (Gb 7,2-4). Tutto diventa angusto per l’anima; perde il controllo di sé; isuoi desideri superano il cielo e la terra; i dolori la sommergono fino alle tenebre di cui parlaGiobbe. Parlando spiritualmente e in riferimento al nostro argomento, si tratta di una pena e di unasofferenza senza consolazione alcuna e senza offrire alcuna speranza di luce o di soccorsospirituale. Perciò l’ansia e la sofferenza dell’anima in questo incendio d’amore sono tanto piùgrandi in quanto hanno due cause: da una parte, le tenebre spirituali in cui l’anima si vede immersae che sono i dubbi e i timori che l’affliggono; dall’altra, l’amore di Dio che la incendia, la stimolacon la sua ferita d’amore e la intimorisce in modo indicibile.7. Queste due forme di sofferenza sono descritte molto bene dal profeta Isaia quando dice: <strong>La</strong> miaanima anela a te di <strong>notte</strong>, cioè nella mia miseria. Tale è la sofferenza che proviene da questa <strong>notte</strong><strong>oscura</strong>. Al mattino il mio spirito ti cerca, aggiunge il profeta (Is 26,9). Questo è il secondo modo disoffrire, che scaturisce dai desideri e dall’ansia d’amore nell’intimo dello spirito, cioè dalleaffezioni spirituali. Anche se immersa in queste pene che provengono dalle tenebre e dall’amore,l’anima avverte in sé una certa presenza amica e una forza che l’accompagnano e la sostengono.Così, quando cessa il peso di queste angoscianti tenebre, molte volte si sente sola, vuota e debole.Questo accade perché la forza e l’energia le venivano comunicate passivamente dal fuoco tenebrosod’amore da cui era investita. Di conseguenza, quando cessa l’azione del fuoco, ces<strong>san</strong>o le tenebre,ma anche la forza e il calore d’amore nell’anima.CAPITOLO 12Ove si mostra come questa terribile <strong>notte</strong> sia purificazione e come in essa la Sapienza divinaillumini gli uomini qui sulla terra allo stesso modo con cui purifica e illumina gli angeli in cielo.1. Quanto esposto sopra ci permette di notare che questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> di fuoco d’amore, come nelletenebre purifica l’anima, così pure nelle tenebre la illumina gradualmente. Si vedrà pure che, comenell’altra vita un fuoco tenebroso e materiale purifica gli spiriti, così in questa vita un fuoco pienod’amore, tenebroso e spirituale, purifica ed emenda l’anima. Questa infatti è la differenza: di làvengono purificati con il fuoco e di qua vengono purificati e illuminati solo con l’amore. Tale èl’amore che Davide chiedeva quando pregava: Cor mundum crea in me, Deus, ecc.: Un cuore purocrea in me, o Dio… (Sal 50,12). <strong>La</strong> purezza del cuore, infatti, non è nient’altro che l’amore e la


grazia di Dio. Perciò i puri di cuore sono chiamati dal Signore beati (Mt 5,8), vale a direinnamorati, perché la beatitudine non si dà che all’amore.2. Che l’anima venga purificata allorquando viene illuminata dal fuoco <strong>della</strong> sapienza pienad’amore (Dio non concede mai la sapienza mistica senza accordare allo stesso tempo l’amore,perché è lo stesso amore che la infonde), lo dimostra molto chiaramente Geremia quando dice:Dall’alto ha scagliato un fuoco e nelle mie ossa lo ha fatto penetrare (<strong>La</strong>m 1,13). E Davideaggiunger che i detti del Signore sono puri, argento raffinato nel crogiolo (Sal 11,7), cioè nel fuocopurificatore dell’amore. Quest’<strong>oscura</strong> contemplazione, difatti, infonde nell’anima sia l’amore sia lasapienza, a ognuno secondo le proprie capacità e i propri bisogni, quando appunto l’anima èilluminata e purificata dalle sue ignoranze, come dice il Saggio (Sir 51,19), che ne aveva fattoesperienza.3. Da ciò possiamo anche dedurre che queste anime sono purificate e illuminate dalla stessasapienza di Dio che purifica gli angeli dalle loro ignoranze, istruendoli e illuminandoli su ciò chenon <strong>san</strong>no. Essa discende da Dio attraverso le prime gerarchie fino alle ultime e poi agli uomini. Perquesto nella Scrittura si dice, giustamente e con proprietà di linguaggio, che tutte le opere e leispirazioni degli angeli provengono da Dio e da loro. Infatti Dio ordinariamente comunica la suavolontà per mezzo degli angeli. Questi, a loro volta, se la comunicano gli uni agli altri senza alcunaesitazione, come il raggio del sole passa attraverso molte vetrate poste l’una dopo l’altra. Sebbene ilraggio le attraversi tutte da solo, tuttavia ognuna lo rinvia all’altra modificato, secondo la natura diquella vetrata, più o meno intensamente, secondo la sua lontananza dal sole.4. Ne segue che gli spiriti superiori e quelli inferiori più sono vicini a Dio, più sono purificati eilluminati e ricevono un’illuminazione generale; mentre i più lontani ricevono quest’illuminazionemolto più debolmente e remotamente. Ne segue, ancora, che l’uomo, essendo l’ultima persona allaquale perverrà questa contemplazione amorosa di Dio, quando Dio gliela vorrà concedere lariceverà secondo le sue capacità, in modo molto limitato e come a stento. <strong>La</strong> luce di Dio cheillumina l’angelo, lo illumina e lo colma delle soavità del suo amore, perché è puro spirito, quindidisposto all’infusione di simili grazie; l’uomo, invece, essendo impuro e debole, viene illuminatosecondo la sua natura, come ho detto sopra, introducendolo nella <strong>notte</strong> e cau<strong>san</strong>dogli pene eangosce, come fa il sole con l’occhio sporco e ammalato. Lo illumina riempiendolo d’amore e diafflizione, finché tale fuoco d’amore non lo spiritualizza e lo raffina, perché, purificato, possapartecipare con soavità all’unione di quest’amoroso influsso, similmente agli angeli, come dirò inseguito, con l’aiuto di Dio. Nell’attesa, egli riceve la contemplazione e la conoscenza amoro<strong>san</strong>ell’angoscia e nell’ansia d’amore, di cui sto parlando.5. Ma non sempre l’anima sente quest’incendio e quest’ansia d’amore. Agli inizi <strong>della</strong> purificazionespirituale, infatti, il fuoco divino si volge più ad asciugare e disporre il legno dell’anima che ariscaldarla; ma poi, con il passare del tempo, quando il fuoco comincia a riscaldare l’anima, assaisovente essa percepisce questi ardori e questo calore d’amore. Poiché attraverso questa tenebral’intelletto viene purificato progressivamente, accade che molte volte questa mistica e amorosateologia, oltre a infiammare la volontà, ferisca anche, illuminandola, la facoltà dell’intellettodonandogli qualche conoscenza o luce divina, molto saporosa e celestiale. Allora la volontà,sostenuta dall’intelletto, s’accende di un fervore meraviglioso. Senza fare nulla, sente ardere cosìtanto nel suo intimo questo fuoco divino fiammeggiante d’amore che le sembra, grazie alla vivaintelligenza che le è stata offerta, di essere divenuta un braciere ardente. A ciò si riferisce Davidequando in un salmo dice: Ardeva il cuore nel mio petto, al ripensarci è divampato il fuoco (Sal38,4).


6. Quest’incendio d’amore, nell’unione delle due potenze, intelletto e volontà, che avviene in questomomento, è fonte di grande ricchezza e diletto per l’anima. È un certo contatto con la Divinità e uninizio <strong>della</strong> perfezione dell’unione d’amore verso cui l’anima tende. Ma non si arriva a questocontatto così elevato di conoscenza e d’amore di Dio se non dopo aver attraversato molte prove ecompiuto gran parte <strong>della</strong> purificazione. D’altra parte, per arrivare agli altri gradi inferiori <strong>della</strong>perfezione, ove di solito pervengono le anime, non è necessaria tanta purificazione.7. Da quando ho detto si deduce che la volontà, ricevendo da Dio questi beni spiritualipassivamente, può amare molto bene senza che l’intelletto comprenda, così come l’intelletto puòcomprendere senza che la volontà ami. Difatti, poiché questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> di contemplazione constadi luce e d’amore divino, come il fuoco che rischiara e riscalda, non è impossibile che, quandoquesta luce piena d’amore si comunica, a volte la volontà sia ferita e infiammata d’amore, mentrel’intelletto rimanga nelle tenebre e all’oscuro di tutto. Altre volte, invece, la luce illuminal’intelletto, fornendogli le sue conoscenze, mentre lascia la volontà nell’aridità. Avviene così per ilfuoco: può donare il suo calore senza la sua luce, oppure la sua luce senza il suo calore. Tuttoquesto è opera del Signore che distribuisce i doni a suo piacimento (cfr. 1Cor 12,11).CAPITOLO 13Ove si parla di altri meravigliosi effetti prodotti nell’anima da questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> <strong>della</strong>contemplazione.1. Quest’incendio d’amore ci permette di comprendere alcuni effetti gradevoli prodotti nell’animadalla <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> <strong>della</strong> contemplazione. A volte, infatti, come ho appena detto, in mezzo a questetenebre l’anima viene illuminata e la luce risplende nelle tenebre (Gv 1,5). Questa intelligenzamistica si comunica all’intelletto, mentre la volontà rimane nell’aridità, cioè incapace di emettereeffettivamente atti d’amore unitivo. In compenso è avvolta da una pace e una semplicità tanto dolcie piacevoli ai sensi da non poterle descrivere; a volte ama Dio in un modo, altre volte in un altro.2. Altre volte, invece, intelletto e volontà sono feriti insieme da tale incendio, come ho detto, eallora l’amore arde improvvisamente, teneramente e intensamente. Talvolta, infatti, queste duepotenze si uniscono in maniera così perfetta e sublime che la purificazione dell’intelletto risulta piùcompleta. Ma prima di giungere a questo grado, è più facile che si senta il tocco del calore nellavolontà che il tocco dell’illuminazione nell’intelletto.3. A questo punto sorge una domanda: se queste due potenze si vanno purificandocontemporaneamente, perché all’inizio la volontà avverte l’incendio d’amore <strong>della</strong> contemplazionepurgativa più facilmente di quanto l’intelletto ne avverta la conoscenza? A tale domanda si rispondeche a questo punto l’amore passivo non ferisce direttamente la volontà, perché essa è libera;quest’incendio d’amore è più passione d’amore che atto libero <strong>della</strong> volontà, in quanto colpisce lasostanza dell’anima e quindi ne eccita passivamente gli affetti. Per questo motivo occorre chiamarlopassione d’amore piuttosto che atto libero <strong>della</strong> volontà: infatti lo si può dire atto <strong>della</strong> volontà inquanto è libero. Ma poiché queste passioni e questi affetti riguardano la volontà, per questo si diceche, se l’anima è attaccata a qualche passione, lo è anche la volontà. Ed è vero, perché è in questomodo che la volontà viene catturata e perde la sua libertà, tanto da farsi trascinare dalla forzaimpetuosa <strong>della</strong> passione. Possiamo, quindi, affermare che quest’incendio d’amore risiede nellavolontà, cioè ne infiamma l’appetito. Per questo motivo, ripeto, deve chiamarsi passione d’amorepiuttosto che atto libero <strong>della</strong> volontà. E poiché la passione ricettiva dell’intelletto può solo ricevereuna conoscenza pura e passivamente – il che non può avvenire se esso non è purificato –, risulta che


prima di tale purificazione l’anima sente meno frequentemente il tocco dell’intelligenza che quello<strong>della</strong> passione d’amore. Del resto, per ricevere questo tocco, non è necessario che la volontà sia,come l’intelletto, purificata dalle passioni, perché le passioni stesse l’aiutano a sentire l’amoreappassionato.4. Questa fiamma o sete d’amore che si produce nell’anima è già opera dello Spirito. I suoi effettisono molto diversi da quelli osservati nella <strong>notte</strong> dei sensi. Infatti, sebbene in questo caso anche isensi abbiano la loro parte, perché partecipano alla sofferenza dello spirito, tuttavia la sorgente diquesta sete d’amore è avvertita nella parte superiore dell’anima, cioè nello spirito. Questopercepisce e comprende tale sete o la privazione del bene che desidera, tanto da non dare alcun pesoalle sofferenze dei sensi, sebbene siano incomparabilmente superiori a quelle <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dei sensi,perché sente nell’intimo la mancanza di un bene così grande che non può essere sostituito connessun altro.5. A questo punto occorre osservare quanto segue: se è vero che all’inizio <strong>della</strong> <strong>notte</strong> dello spiritonon si avverte ancora quest’incendio d’amore, perché non ha ancora cominciato ad agire, tuttavia alsuo posto il Signore dona subito all’anima un amore estimativo nei suoi confronti. Si tratta di unamore così elevato, che tutto ciò che l’anima soffre e sopporta di penoso nelle prove <strong>della</strong> <strong>notte</strong><strong>oscura</strong> è il pensiero angosciante di aver perso Dio e di essere da lui abbandonata. Si può, quindi,affermare che fin dal principio di questa <strong>notte</strong> l’anima è ferita da ansie d’amore, amore dovuto siaalla considerazione di Dio sia all’incendio dell’anima. Ma nonostante tutto questo la sofferenzamaggiore che l’anima sopporta in queste prove è quella di sentirsi abbandonata da Dio. Se soltantopotesse persuadersi che non tutto è perduto e finito per lei, ma che tutto quello che passa è per ilmeglio, come è di fatto, e che Dio non è irritato con lei, non le importerebbe nulla di tutte quellepene; al contrario, se ne rallegrerebbe sapendo che servono a dare gloria a Dio. Difatti nutre per Dioun amore estimativo così profondo, anche se non se ne rende conto e non lo avverte, che non solosopporterebbe quelle sofferenze, ma sarebbe anche contenta di morire mille volte per fargli piacere.Ma quando all’amore estimativo che nutre per Dio viene ad aggiungersi la fiamma che l’ha giàconsumata, l’anima di solito acquista slancio e zelo tesi a servire Dio. Sono ardori d’amorecomunicati all’anima, che con grande audacia, senza guardare a nulla e senza rispetto per niente,nell’impeto e nell’ebbrezza dell’amore e del desiderio, senza tener conto di quello che fa, compiecose straordinarie e insolite, in qualsiasi modo le si presentino, pur di poter incontrare colui cheama.6. Questo è il motivo per cui Maria Maddalena, pur essendo così ben conosciuta, non fece caso aquella moltitudine di uomini – importanti o meno – presenti al banchetto e non stette a pensare seera bene o male andare a piangere e versare lacrime tra i convitati (Lc 7,37-38); le interessavasoltanto poter incontrare senza indugi Colui dal quale la sua anima era stata ferita e infiammata. Eratanta l’ebbrezza e l’ardire del suo amore! Pur sapendo che il suo Amato era chiuso nel sepolcro conuna grande pietra sigillata e vigilata dai soldati – questi facevano la guardia perché i suoi discepolinon lo portassero via (Mt 27,60-66) –, non si fermò dinanzi a questi ostacoli e andò di primomattino con gli unguenti a ungere il suo corpo (Gv 20,1).7. E ancora, spinta dall’ebbrezza e dall’ansia del suo amore, chiese a colui che credeva l’ortolano seavesse portato via lui dal sepolcro il corpo del Signore e dove l’avesse nascosto, perché volevaandare a prenderlo (Gv 20,15). <strong>La</strong> sua richiesta, analizzata a mente serena, era insensata, dalmomento che se l’ortolano avesse rubato lui il corpo, evidentemente non gliel’avrebbe detto, nétanto meno gliel’avrebbe fatto portare via. Ma la forza e la veemenza dell’amore ha proprio lacaratteristica di credere che tutto sia possibile e che tutti pensino la stessa cosa; crede, infatti, chenessuno possa occuparsi di qualcos’altro o ricercare cosa diversa da ciò che essa ricerca o ama;pensa che l’oggetto del suo amore e <strong>della</strong> sua sollecitudine sia lo stesso per tutti. Questo è il motivo


per cui, quando la sposa del Cantico uscì per cercare il suo Amato per le piazze e le contrade,credendo che gli altri stessero facendo la stessa cosa, disse loro che, se l’avessero trovato, glidicessero che lei soffriva d’amore per lui (Ct 5,8). Tale era la forza dell’amore di Maria Maddalena.Pensava che, se l’ortolano le avesse detto dove aveva nascosto il corpo del Signore, lei sarebbeandata a prelevarlo, anche se gliel’avesse impedito.8. Sono di questo genere le ansie d’amore che l’anima avverte a poco a poco, quando è già avanzatain questa purificazione spirituale. Difatti si alza di <strong>notte</strong>, cioè durante queste tenebre purificatrici, eagisce secondo gli affetti <strong>della</strong> volontà. Simile alla leonessa o all’orsa che con forza e ansia corronoin cerca dei loro cuccioli che hanno lasciato e non trovano (2Sam 17,8; Os 13,8), quest’anima feritadall’amore va in cerca del suo Dio. Trovandosi nelle tenebre, si sente priva di lui e muore d’amoreper lui. Tale è l’amore impaziente in cui non si può durare a lungo: o si ottiene ciò che si desidera osi muore. È un amore simile a quello di Rachele che desiderava avere dei figli e diceva a Giacobbe:Dammi dei figli, se no io muoio! (Gn 30,1).9. È bene ora osservare come l’anima, pur sentendosi così miserabile e indegna di Dio in questetenebre purificatrici, abbia tanto coraggio e ardire da aspirare all’unione con Dio. Questo è possibileperché l’amore le dà la forza di amarlo davvero e la caratteristica dell’amore è proprio quella ditendere all’unione, alla fusione, all’uguaglianza, all’assimilazione con l’oggetto amato, perraggiungere la perfezione dell’amore. Perciò l’anima che non è ancora pervenuta alla perfezionedell’amore, perché non è giunta all’unione, ha fame e sete di ciò che le manca, cioè dell’unione.Così le forze che l’amore ha immesso nella volontà, accendendone la passione, la rendonocoraggiosa e ardita, anche se l’intelletto, che si trova ancora nelle tenebre e senza luce, si senteindegno e si riconosce miserabile.10. Non voglio tralasciare di dire qui il motivo per cui questa luce divina, che è pur sempre luce perl’anima, non la illumina subito appena la investe, come invece farà in seguito, ma le procurapiuttosto tenebre e afflizione, come si diceva sopra. Qualcosa ho già detto, ma ora occorre scenderenei particolari. Le tenebre e le altre sofferenze che l’anima sperimenta, quando è investita dalla lucedivina, non provengono dalla luce bensì dall’anima stessa, anche se è la luce che gliele manifesta.Da qui si desume che la luce divina illumina l’anima istantaneamente; ora, servendosi di tale luce,l’anima non può vedere prima se non ciò che le è più vicino, o meglio, ciò che le è dentro, cioè lesue tenebre e miserie, che ormai vede grazie alla misericordia di Dio, mentre precedentemente nonle scorgeva perché non illuminata da quella luce soprannaturale. Questo è il motivo per cuiall’inizio non sente che tenebre e dolore; ma una volta purificata mediante la conoscenza viva dellesue miserie, avrà occhi per contemplare i beni di questa luce divina; eliminate tutte queste tenebre eimperfezioni dall’anima, sembra che questa cominci a scorgere a poco a poco i vantaggi e i beniinnumerevoli che va acquisendo in questa beata <strong>notte</strong> di contemplazione.11. Da quanto detto, si comprendono le grazie che Dio accorda in questo stato all’anima quando lapurifica e la guarisce con queste dure e amare tribolazioni. In realtà egli purifica la sua partesensitiva e spirituale da tutti gli affetti e abitudini difettose che essa ha in sé nell’ambito temporale,naturale, sensitivo, speculativo e spirituale. Dio ottenebra le sue potenze interiori e le spoglia ditutto; fa passare i suoi affetti sensitivi e spirituali attraverso l’angoscia e il deserto; debilita erettifica le forze naturali dell’anima in rapporto a tutto, cosa che l’anima non sarebbe mai riuscita aconseguire da sola, come dirò presto. Insomma, Dio la distacca naturalmente in questo modo datutto ciò che non è lui, per rivestirla a nuovo, una volta spogliata e liberata <strong>della</strong> sua vecchia pelle.Così rinnova come aquila la sua giovinezza (Sal 102,5), venendo essa vestita dell’uomo nuovo, che,come dice l’Apostolo, è creato secondo Dio (Ef 4,24). Questo non significa altro che illuminarlel’intelletto con la luce soprannaturale, di modo che da intelletto umano diventi divino, unito a quellodi Dio. D’altra parte, essendo la volontà infiammata d’amore divino, diviene divina, quindi ama


come Dio ama, perché forma una cosa sola con la volontà e l’amore di Dio. <strong>La</strong> stessa cosa si puòdire <strong>della</strong> memoria, degli affetti e degli appetiti, che sono cambiati e trasformati secondo Dio e inmaniera degna di lui. Si può dire così che quest’anima appartiene ormai al cielo, è celestiale, piùdivina che umana. Tutte queste trasformazioni, come si può vedere da quanto stiamo dicendo, Diole compie e realizza nell’anima per mezzo di questa <strong>notte</strong>, illuminandola e infiammandoladivinamente del desiderio di Dio solo e nulla più. Per questo motivo, giustamente e coerentemente,l’anima aggiunge subito il terzo verso <strong>della</strong> strofa che dice: oh, sorte fortunata!CAPITOLO 141. Questa sorte fortunata è stata tale a motivo di quello che l’anima dice immediatamente dopo, neiversi successivi: uscii, né fui notata, / stando la mia casa al sonno abbandonata. Qui vieneadoperata una metafora. Per meglio realizzare il suo progetto, l’anima esce <strong>notte</strong>tempo di casa, albuio, mentre tutti sono addormentati così che nessuno possa frapporle alcun ostacolo. Per compiereun atto così eroico e straordinario, come quello di unirsi con il suo Amato divino, l’anima deve,dunque, uscire fuori, perché l’Amato si trova solo fuori, nella solitudine. Per questo, anche la sposadel Cantico, che desiderava incontrarlo da solo, diceva: Oh, se tu fossi mio fratello… trovandotifuori ti potrei baciare e nessuno potrebbe disprezzarmi! (Ct 8,1). L’anima innamorata, perraggiungere il suo scopo ambito, deve fare altrettanto, cioè uscire di <strong>notte</strong>, mentre tutti quelli di casasua sono addormentati e tranquilli, cioè mentre tutte le operazioni imperfette, le passioni e gliappetiti dell’anima sono addormentati e pacificati da questa <strong>notte</strong>; essi infatti sono quella gente dicasa che, se sveglia, disturba sempre l’anima nel raggiungimento di questi beni, opponendosi allalibertà che si prende di fare a meno di tali beni. Questi sono i familiari, di cui parla nostro Signorenel vangelo, dicendoli nemici dell’uomo (Mt 10,36). È opportuno, dunque, che le loro operazioni,come anche i loro movimenti, siano addormentati in questa <strong>notte</strong>, perché non impediscanoall’anima il conseguimento dei beni soprannaturali dell’unione d’amore con Dio, cosa che non puòaccadere finché sono attivi e operanti. Tutta la loro attività naturale, infatti, è di ostacolo e non diaiuto per ricevere i beni spirituali dell’unione d’amore. Perciò nessuna capacità naturale è in gradodi procurare i beni soprannaturali che solo Dio può infondere nell’anima passivamente,segretamente e in silenzio. Occorre, dunque, che tutte le potenze dell’anima restino passive perpoter ricevere quest’infusione, senza interporre la loro attività imperfetta e le loro basseinclinazioni.2. Pertanto è stata una sorte fortunata per l’anima il fatto che Dio abbia addormentato, durantequesta <strong>notte</strong>, tutta la gente di casa, cioè tutte le sue potenze, le sue passioni, i suoi affetti e i suoiappetiti che vivono nella sua parte sensitiva e spirituale. In questo modo l’anima è potuta usciresenza essere notata, cioè senza venire ostacolata da tali affetti, ecc., che erano addormentati emortificati in questa <strong>notte</strong>, nella quale sono stati lasciati al buio perché non potessero osservare nésentire secondo le loro modalità imperfette e naturali e neppure potessero impedire all’anima diuscire da sé e dalla casa <strong>della</strong> sensualità. È potuta, così, arrivare all’unione spirituale del perfettoamore di Dio.3. Che sorte fortunata è per l’anima potersi liberare dalla casa <strong>della</strong> sensualità! Secondo me, l’animase ne può fare un’idea esatta solo se è passata per questa esperienza. Essa vede chiaramente in qualeinfelice schiavitù si trovava e a quante miserie l’assoggettava l’attività delle sue potenze e dei suoiappetiti. Essa conosce, altresì, che la vita dello spirito è la vera vita e il tesoro che racchiude in sébeni inestimabili, come si dirà tra poco nelle strofe che seguono. A quel punto si vedrà piùchiaramente quanta ragione abbia l’anima di cantare come una sorte fortunata il passaggioattraverso questa <strong>notte</strong> terribile di cui si sta parlando.


CAPITOLO 15Seconda strofaSpiegazioneAl buio e più sicura,per la segreta scala, travestita,oh, sorte fortunata!,al buio e ben celata,stando la mia casa al sonno abbandonata.1. In questa strofa l’anima sta ancora cantando alcune proprietà dell’oscurità <strong>della</strong> <strong>notte</strong>, ripetendo ipreziosi vantaggi che questa le ha procurato. Descrive poi tali proprietà, rispondendo a un’obiezioneimplicita, affermando che non si deve pensare che, avendo da attraversare questa <strong>notte</strong> e oscurità fratanti tormenti, dubbi, timori e orrori, come ho detto, abbia corso maggior pericolo di perdersi; alcontrario, in questa <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> ha guadagnato se stessa: si è liberata ed è sfuggita abilmente ai suoinemici quando le sbarravano il cammino. Col favore delle tenebre di questa <strong>notte</strong> ha cambiatol’abito e si è travestita con livree di tre colori diversi, come si dirà in seguito. Poi è passata per lasegreta scala, cioè quella <strong>della</strong> fede, all’insaputa delle persone di casa, come dirò più avanti;attraverso di essa è uscita nascosta e ben celata, realizzando così al meglio la sua impresa. Non sidava occasione per muoversi più sicura, particolarmente perché si trovava già in questa <strong>notte</strong>purificatrice, in cui gli appetiti, gli affetti, le passioni, ecc., <strong>della</strong> sua anima erano addormentati,mortificati e cancellati; se, invece, fossero stati svegli e attivi, non gliel’avrebbero consentito. Sicommenta, dunque, il verso che dice: Al buio e più sicura.CAPITOLO 16Ove si spiega come l’anima, benché nelle tenebre, avanzi sicura.1. Ho già detto che l’oscurità, di cui parla qui l’anima, si riferisce agli appetiti e alle potenzesensitive, interiori e spirituali; tutte, infatti, in questa <strong>notte</strong> rimangono all’oscuro relativamente allaloro luce naturale, così che, purificate da questa, pos<strong>san</strong>o essere illuminate dalla lucesoprannaturale. Gli appetiti sensitivi e spirituali sono addormentati e mortificati, non possonogustare cose divine né umane; le affezioni dell’anima, oppresse e soffocate, non possono muoversiverso di esse né trovare appiglio in nulla; l’immaginazione è imbrigliata e incapace di formulare unragionamento appropriato; la memoria è esaurita; l’intelletto, ottenebrato, non comprende nulla;anche la volontà è arida, oppressa; tutte le potenze sono nel vuoto assoluto e rese inutili; ma più ditutto grava sull’anima una spessa e pe<strong>san</strong>te nube che la tiene nell’angoscia e lontana da Dio. Perquesto l’anima dice di camminare al buio e più sicura.2. Il motivo di questa situazione è spiegato con molta chiarezza. Abitualmente, l’anima sbaglia soloquando segue i suoi appetiti o le sue inclinazioni, i suoi ragionamenti, le sue conoscenze, le sue


affezioni; in questi casi essa pecca per eccesso o per difetto; indulge a cambiamenti o si lasciaandare a spropositi; in breve, inclina verso ciò che non conviene. Risulta quindi chiaro che, unavolta sospese tutte queste operazioni e questi movimenti, l’anima è al sicuro dal pericolo di seguirlinei loro errori. Non solo si libera da se stessa, ma altresì dagli altri nemici, che sono il mondo e ildemonio, i quali, una volta soffocati gli affetti e le operazioni dell’anima, non le possono fareguerra in nessun altro modo.3. Per questo, quanto più l’anima si muove, nella <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, libera dalle sue operazioni naturali,tanto più procede sicura. Difatti, come scrive il profeta, la perdizione dell’anima viene da leimedesima – cioè dalle sue operazioni e dagli appetiti interiori e sensitivi – mentre il bene, dice ilSignore, solo da me (Os 13,9 Volg.). Così, una volta che l’anima si astiene dalle sue miserie, saràpronta ad accogliere i beni che l’unione con Dio produrrà nelle sue potenze e facoltà, rendendoledivine e celestiali. D’altra parte, fin quando dura il periodo delle tenebre, se l’anima ci bada, sarà ingrado di vedere molto chiaramente quanto poco le sue potenze e le sue facoltà si perdano dietro acose inutili o dannose e quanto essa sia al riparo dalla vanagloria, dalla superbia, dalla presunzionee dalla falsa gioia e da molte altre miserie. Di conseguenza, quando l’anima attraversa questa <strong>notte</strong><strong>oscura</strong>, non solo non si perde, ma ne trae grande profitto perché avanza nelle virtù.4. A questo punto, però, si presenta una domanda: se le cose soprannaturali per loro natura fannobene all’anima, la fanno avanzare e le danno sicurezza, perché Dio annebbia le sue potenze e facoltàcosì che essa non possa godere di quelle cose soprannaturali né servirsene, come per gli altri beni,anzi di meno? <strong>La</strong> risposta è semplice. È opportuno che, in questo stato, le potenze e le facoltà nonsiano attive né desiderino le cose spirituali, perché sono impure, imperfette e molto naturali; quindi,anche se fosse loro concesso di assaporare le cose soprannaturali e divine, non potrebberoapprofittarne se non in maniera molto imperfetta e naturale, cioè conforme alla loro struttura. IlFilosofo, infatti, afferma: Ognuno riceve una cosa secondo le capacità <strong>della</strong> propria natura. Questoè il motivo per cui, non avendo le potenze naturali né purezza né forza né capacità per poterricevere e gustare le cose soprannaturali in conformità alla natura di queste, cioè divinamente, masolo secondo la propria che è umana e imperfetta, è opportuno che vengano immerse nelle tenebreanche riguardo alle cose divine. Una volta divezzate, purificate, ridotte a nulla, liberate dal loromodo imperfetto e umano di ricevere e agire, tali potenze e facoltà saranno in grado di ricevere,sentire e gustare le realtà divine e soprannaturali in modo elevato e perfetto; ma questo non puòaccadere se prima non muore l’uomo vecchio (Col 3,9).5. Da ciò si deduce che ogni dono spirituale, se non viene dall’alto e discende dal Padre <strong>della</strong> luce(Gc 1,17) sul libero arbitrio e sulla volontà umana, non viene gustato divinamente e spiritualmente,ma umanamente e naturalmente – come del resto tutte le altre cose – dal gusto e dalle potenze.Anche se l’uomo eserciterà il suo gusto e le sue potenze per arrivare fino a Dio, non riuscirà mai agustarne le dolcezze, perché i beni non vanno dall’uomo a Dio, ma da Dio all’uomo. A taleproposito, se non fosse fuori luogo, potrei spiegare qui come molte persone siano felici di riferire aDio o ai beni spirituali i gusti, gli affetti e le attività delle loro facoltà, pen<strong>san</strong>do che tutto ciò siasoprannaturale e spirituale, mentre – forse! – non si tratta che di atti e desideri molto naturali eumani. Poiché tali persone nutrono simili disposizioni verso tutte le cose, le nutrono anche verso lecose buone, con quella facilità naturale che hanno nel dirigere le loro potenze e facoltà verso unoggetto qualsiasi.6. Se in seguito si presenterà l’occasione, ne parlerò. Offrirò, allora, alcuni indizi per conoscerequando i movimenti e gli atti interiori dell’anima nei suoi rapporti con Dio sono soltanto naturali osolo spirituali, oppure spirituali e naturali insieme. Qui basti sapere che, se gli atti e i movimentiinteriori dell’anima devono essere mossi da Dio in modo divino, devono prima passare per le


tenebre, essere addormentati, placati nella loro sfera naturale fin quando tutte le loro capacità eattività non vengano ridotte a nulla.7. Anima devota, quando vedrai i tuoi appetiti nelle tenebre, i tuoi affetti nell’aridità enell’oppressione, le tue facoltà ridotte all’impossibilità di compiere qualsiasi esercizio <strong>della</strong> vitainteriore, non te ne devi addolorare, ma al contrario considera questo stato una sorte fortunata: Dio,infatti, ti sta liberando da te stessa, ti sta togliendo di mani i tuoi averi. Malgrado il buon uso che neavevi fatto, non potevi agire così bene, perfettamente e sicuramente come ora, a causa <strong>della</strong> loroimpurità e imperfezione. Dio ti ha presa per mano, ti guida come un cieco nell’oscurità dove tu nonsai, e per una strada che non conosci, e dove mai riusciresti a camminare con i tuoi occhi e i tuoipiedi.8. Un altro motivo, per cui l’anima non solo avanza sicura al buio, ma riceve anche grande profitto,sta nel fatto che comunemente il suo progresso e la sua perfezione le vengono da dove meno sel’aspetta, anzi perlopiù di là dove pensa di perdersi. E infatti, non avendo mai sperimentato quellanovità che la fa uscire da se stessa, la confonde e sconvolge il suo primo modo di procedere, pensadi perdersi più che di guadagnare meriti, perché vede che nella realtà dei fatti si perde propriorelativamente alle sue conoscenze e ai suoi gusti ed è costretta ad andare dove non conosce e non lepiace nulla. Assomiglia a un viaggiatore che si reca in terre nuove, sconosciute, mai esplorateprima, lasciandosi guidare non dalle sue conoscenze, ma avvolto nell’incertezza, dalle informazionidegli altri. Certamente egli non potrà raggiungere questi nuovi paesi né sapere più di quanto sapevaprima, se non affronta strade a lui ignote, dopo aver lasciato quelle note. Allo stesso modo, chivuole perfezionarsi in un mestiere o in un’arte, si muove sempre a tentoni, sempre superando le sueconoscenze precedenti: se non le oltrepassasse, non progredirebbe nell’apprendimento. Così l’animapiù avanza nelle tenebre, senza sapere dove va, più progredisce nella perfezione. Perciò, secondoquanto ho detto, Dio è qui il maestro e la guida di questo cieco che è l’anima. E ora che essacomprende bene questa verità qui riferita, ha di che rallegrarsi e può ben dire: uscii al buio e piùsicura.9. Un altro motivo per cui l’anima ha attraversato sicura queste tenebre è la sofferenza. Ora, la via<strong>della</strong> sofferenza è più sicura e vantaggiosa di quella <strong>della</strong> gioia e dell’iniziativa personale; anzituttoperché, quando si soffre, si ricevono ulteriori forze da Dio, mentre quando l’anima agisce o è nellagioia manifesta le sue debolezze e le sue imperfezioni; e poi perché quando si soffre si esercitano esi acquistano le virtù, quindi l’anima si purifica e cresce nella sapienza e nella prudenza.10. Ma c’è ancora un altro motivo più importante per cui l’anima in questo stato avanza sicura nelbuio. Tale motivo va ricercato in quella luce o sapienza <strong>oscura</strong> di cui ho parlato. Questa <strong>notte</strong><strong>oscura</strong> <strong>della</strong> contemplazione investe e pervade l’anima al punto tale d’avvicinarla a Dio, porla alsuo riparo e liberarla da tutto ciò che non è Dio. In questo stato l’anima è, per così dire, in cura perricuperare la sua salute, che è Dio stesso. Sua Maestà, allora, la mette a dieta, la tiene nell’astinenzae distrugge in essa il cupido desiderio di tutte le cose create. Accade come al malato che è moltocaro ai familiari: lo tengono talmente riparato che non gli lasciano prendere aria né godere <strong>della</strong>luce, e nemmeno viene disturbato dai passi o rumori di quelli di casa; lo nutrono con un cibo moltoraffinato e secondo misura e badano che sia sostanzioso più che saporoso.11. Tali sono le proprietà prodotte nell’anima dalla contemplazione <strong>oscura</strong>; mirano tutte alla suasicurezza e salvaguardia, perché ormai è molto vicina a Dio. Quanto più l’anima si trova vicino alui, tanto più profonde sono le tenebre e intensa l’oscurità dovute alla sua debolezza. Assomiglia auno che si avvicina al sole: quel suo grande splendore acceca e fa soffrire l’occhio a causa <strong>della</strong> suadebolezza e impotenza. Così è <strong>della</strong> luce spirituale di Dio: è immensa e supera talmente l’intellettoumano che, quando gli si avvicina, lo acceca e lo getta nell’oscurità. Questo è il motivo per cui in


un salmo Davide dice che Dio si nascondeva avvolgendosi di tenebre come di velo, acque oscure edense nubi lo coprivano (Sal 17,12). Quest’acqua tenebrosa, contenuta nelle nubi dell’aria, èl’<strong>oscura</strong> contemplazione e sapienza divina accordata alle anime. L’anima comincia a rendersi contodi essere vicina a Dio, come tenda dov’egli abita, a mano a mano che egli la unisce a sé. E così,quanto più la luce e la luminosità di Dio sono eccelse, tanto più esse sono tenebre oscure perl’uomo, come dice <strong>san</strong> Paolo (1Cor 2,14). <strong>La</strong> stessa cosa dice Davide in un salmo: Davanti al suofulgore si dissipavano le nubi (Sal 17,13), cioè l’intelletto naturale, la cui luce, come dice Isaia, èspessa tenebra: obtenebrata est in caligine eius, è stata <strong>oscura</strong>ta dalla sua caligine (Is 5,30).12. Oh, misera condizione umana, ove si corrono tanti pericoli e si arriva tanto faticosamente allaconoscenza <strong>della</strong> verità, poiché ciò che è più chiaro e vero ci appare più oscuro e incerto, ragion percui evitiamo ciò che è meglio, e inseguiamo e abbracciamo ciò che brilla più forte e riempie i nostriocchi, mentre è proprio questo ciò che ci conviene meno e ci fa incespicare ad ogni passo! Chi maipotrà dire i pericoli e le paure che sperimenta l’uomo, dal momento che la stessa luce dei suoi occhi,che dovrebbe guidarlo, è invece la prima ad abbagliarlo e a farlo deviare dal cammino verso Dio?Se vuole scorgere la strada da seguire, deve tenere gli occhi chiusi e camminare al buio, ondeschivare i nemici di casa sua, cioè i suoi sensi e le sue potenze!13. L’anima, dunque, sta ben nascosta e al riparo nelle nube tenebrosa che circonda Dio. Comequesta serve a Dio da tenda e da abitazione, così servirà anche all’anima da rifugio sicuro e perfetto.Anche se è nelle tenebre, l’anima è ben nascosta e protetta da se stessa e da tutti i pericoliprovenienti dalle creature, come ho detto. Proprio di queste anime Davide parla ancora in un altrosalmo: Tu li nascondi al riparo del tuo volto, lontano dagli intrighi degli uomini; li metti al sicuronella tua tenda, lontano dalla rissa delle lingue (Sal 30,21): espressione con cui si lascia intendereogni genere di protezione. Infatti, essere al riparo del volto di Dio, lontano dagli intrighi degliuomini, significa essere fortificati in quest’<strong>oscura</strong> contemplazione contro tutti gli attacchi chepossono venire da parte degli uomini. Ed essere al sicuro nella sua tenda, lontano dalla rissa dellelingue, per l’anima significa essere immersa in questa nube tenebrosa, che Davide chiama la tendadi Dio. Poiché l’anima tiene sotto controllo tutti i suoi appetiti, i suoi affetti e le sue potenze nelletenebre, è libera da tutte le imperfezioni opposte al suo spirito, come pure dalla sua carne e da ognicosa creata. Per questo può a buon diritto dire di camminare al buio e più sicura.14. C’è ancora un altro motivo non meno efficace del precedente, per comprendere in modo piùchiaro perché l’anima cammina sicura al buio. È la forza che questa nube <strong>oscura</strong>, dolorosa etenebrosa di Dio trasmette immediatamente all’anima. Anche se tenebrosa, infatti, è pur sempreumida, pregna d’acqua, quindi capace di ristorare e fortificare l’anima in ciò di cui ha più bisogno,sebbene questo avvenga nell’oscurità e non senza sofferenza. Subito, infatti, l’anima sente in sé unadeterminazione vera ed efficace di non fare nulla che possa offendere Dio, né tralasciare nulla chepossa rendergli gloria. Quell’amore oscuro la riempie di zelo e sollecitudine per fare oppure nonfare le cose per piacere a Dio; esamina e scruta mille volte se stessa per vedere se l’ha offeso. Inbreve, agisce con molta più attenzione e sollecitudine di prima, quando era ansiosa d’amore, comesi è detto sopra. In questo stato, infatti, tutte le potenze, le forze e le facoltà dell’anima sono distoltedalle altre cose create, e tutti i suoi sforzi e la sua tensione mirano solo al servizio di Dio. In questomodo l’anima esce da se stessa e da tutte le cose create per avviarsi alla dolce e piacevole unioned’amore con Dio, al buio e più sicura.CAPITOLO 17Ove si spiega come questa contemplazione <strong>oscura</strong> sia segreta.


Per la segreta scala, travestita.1. È opportuno spiegare tre vocaboli del nostro verso. Due, cioè segreta e scala, riguardano la <strong>notte</strong><strong>oscura</strong> di contemplazione di cui sto parlando; il terzo, cioè travestita, si riferisce all’anima eriguarda il suo modo di comportarsi in questa <strong>notte</strong>. Quanto ai primi due termini, occorre ricordareche l’anima chiama segreta scala questa contemplazione <strong>oscura</strong>, attraverso cui perviene all’unioned’amore, a motivo di due caratteristiche che essa presenta, cioè quella di essere segreta e di esserescala. Parlerò di ciascuna di esse separatamente.2. Anzitutto, chiama segreta questa contemplazione tenebrosa perché, come ho detto sopra, qui sitratta di teologia mistica, che i teologi chiamano sapienza segreta e che, secondo <strong>san</strong> Tommaso,viene comunicata e infusa nell’anima per mezzo dell’amore. Questa operazione avvienesegretamente, all’insaputa dell’attività dell’intelletto e delle altre potenze. Si chiama, dunque,segreta proprio perché le suddette potenze non possono conseguirla, ma è lo Spirito Santo che lainfonde nell’anima, come dice la sposa del Cantico (2,4), senza che essa lo sappia né comprendacome avvenga. In realtà non è solo l’anima a non capire tutto questo, ma nessuno, nemmeno ildemonio. È il Maestro divino che insegna all’anima: ciò avviene nella sostanza del suo essere,laddove non possono penetrare né il demonio né i sensi naturali né l’intelletto.3. Non soltanto per questo può essere chiamata segreta, ma anche per gli effetti che producenell’anima. Infatti questa sapienza d’amore è segreta quando l’anima passa attraverso le tenebre e lesofferenze <strong>della</strong> purificazione e quando tale sapienza purifica l’anima, tanto che questa non sa checosa dirne. Non solo allora è segreta, ma anche in seguito, cioè quando l’anima viene illuminata equesta sapienza si comunica in modo più chiaro all’anima; anche in questo caso resta segreta alpunto che l’anima non può discernerla né trovare termini adatti per esprimerla; anzi, oltre a nonaver alcuna voglia di parlarne, non sa trovare espressioni o immagini adatte a manifestare unaconoscenza tanto sublime e un sentimento spirituale tanto delicato. Perciò, anche se avesse ungrande desiderio di esprimerla e ricorresse a tutte le spiegazioni possibili, tale contemplazionerimarrebbe sempre un segreto e qualcosa d’ineffabile. Poiché questa sapienza interiore è tantosemplice, generale e spirituale, non è entrata nell’intelletto avvolta o rivestita di alcuna forma oimmagine accessibile ai sensi. Ora, poiché i sensi e l’immaginazione non sono serviti da mediazioneattraverso cui essa penetrasse nell’anima, non ne conoscono l’aspetto e il colore, non <strong>san</strong>no quindispiegarla né immaginarla per poterne dire qualcosa; ciò nonostante, l’anima intende e gusta questasaporosa e misteriosa sapienza. Assomiglia a colui che vede per la prima volta una cosa senza avermai conosciuto in precedenza altro di simile; anche se ne comprende la natura e ne gode, malgrado isuoi sforzi non saprebbe darle un nome né descriverla a parole. Se questo si verifica per cosepercepite dai sensi, quanto più avviene per ciò che non è passato attraverso di essi! Questa, infatti, èla caratteristica del linguaggio di Dio: essendo moto intimo all’anima e spirituale, al di sopra di tuttii sensi, arresta immediatamente e riduce al silenzio tutta l’armonia e l’abilità dei sensi esterni einterni.4. Nella sacra Scrittura si possono riscontrare diversi esempi e affermazioni a tale riguardo.Geremia dimostra l’impotenza di manifestarlo e di parlarne esteriormente, quando, dopo che Dio sifu rivolto a lui, seppe soltanto dire: Ah, ah, ah (Ger 1,6 Volg.). Mosè manifesta questa incapacitàinteriore, cioè dell’immaginazione, e insieme quella esteriore, o del linguaggio, quando si trovadavanti a Dio che si è rivelato nel roveto ardente (Es 4,10). Non solo dice a Dio, con il quale si eraintrattenuto, che non riesce più a parlare, ma addirittura, come si osserva negli Atti degli Apostoli(7,32), non osa nemmeno guardarlo; gli sembrava che la sua immaginazione fosse molto lontana eincapace di rappresentarsi qualcosa di ciò che poteva comprendere di Dio, come anche di farseneun’idea. Poiché la sapienza di questa contemplazione è il linguaggio di Dio all’anima, da purospirito a spirito puro, tutto ciò che è inferiore allo spirito, come i sensi, non possono percepirlo;


esta quindi un segreto per essi, che, in quanto sensi, non lo conoscono né possono esprimerlo; delresto non ne hanno alcun desiderio, perché non lo vedono.5. Da ciò si può comprendere il motivo che induce alcune persone, pie ma timide, che percorronoquesto cammino, a dar conto al loro direttore spirituale di ciò che sperimentano, ma non <strong>san</strong>noesprimerlo, né lo possono. Non sapendo e non potendo farlo, provano grande ripugnanza araccontare la loro esperienza, soprattutto quando la contemplazione è più semplice e la stessa animal’avverte appena. Sanno dire soltanto di essere soddisfatte, tranquille e contente, oppure che sentonola presenza di Dio e che, a loro parere, sono sulla buona strada. Non riescono a esprimere ciò chel’anima sperimenta se non con termini generici, simili a quelli di cui ho parlato. <strong>La</strong> situazione èdiversa quando si tratta di grazie particolari, come visioni, sentimenti, ecc. Poiché abitualmentequesti favori si manifestano sotto qualche forma sensibile, se ne può parlare solo ricorrendo a questaforma sensibile o a qualcosa di simile. Ma proprio perché se ne può parlare, non si tratta dicontemplazione pura, perché, come ho detto, essa è ineffabile e per questo si chiama segreta.6. E non solo per questo si chiama ed è segreta, ma anche perché questa sapienza mistica ha laproprietà di nascondere l’anima in sé. Infatti, oltre agli effetti ordinari, a volte assorbe talmentel’anima e l’immerge nel suo abisso segreto, che l’anima si vede chiaramente molto lontana eseparata da ogni creatura. Le sembra, allora, di trovarsi in una profonda e vasta solitudine, dove nonha accesso alcuna creatura umana; le sembra di essere come un immenso deserto che non haconfini, tanto più gustoso, piacevole e amabile, quanto più profondo, vasto e solitario. Ivi l’anima sisente tanto più segreta quanto più si vede elevata sopra ogni altra creatura umana. In quest’abisso disapienza l’anima si eleva e cresce, dissetandosi alle acque <strong>della</strong> scienza d’amore. Ivi scopre nonsolo la bassezza <strong>della</strong> condizione umana rispetto alla conoscenza e alla scienza di Dio, ma vedealtresì quanto imperfetti, insufficienti e impropri siano tutti i termini o le espressioni con cui inquesta vita si parla delle cose divine. Comprende parimenti come sia impossibile, con l’aiuto deimezzi e degli sforzi naturali, anche se utili ed elevati, conoscere e sentire le cose divine così comesono, senza la luce <strong>della</strong> mistica teologia. L’anima, illuminata da essa, vede questa verità, che nonsaprebbe raggiungere e meno ancora spiegare con termini volgari e umani; per questi motivi lachiama giustamente segreta.7. <strong>La</strong> divina contemplazione ha la proprietà di essere segreta e al di sopra di ogni capacità umana,non solo perché è una realtà soprannaturale, ma anche in quanto è via che conduce l’anima alleperfezioni dell’unione con Dio. Ora, proprio perché queste sono realtà non conosciute umanamente,occorre incamminarsi verso di esse non sapendo nulla umanamente e ignorando tutto divinamente.Parlando infatti misticamente, come sto facendo, le cose e le perfezioni divine non si conoscono nési comprendono come sono, quando vengono cercate e sperimentate, ma solamente quando vengonopossedute e sperimentate. Di questa sapienza divina il profeta Baruc dice: Nessuno conosce la suavia, nessuno pensa al suo sentiero (Bar 3,31). Anche il profeta reale, parlando con Dio del camminodell’anima, si esprime in questi termini: I tuoi fulmini rischiararono il mondo, la terra tremò e fuscossa. Sul mare passava la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque e le tue orme rimaseroinvisibili (Sal 76,19.20).8. Tutto questo, parlando spiritualmente, si può applicare a ciò che sto dicendo. Rischiara il mondo,infatti, la luce che questa contemplazione divina diffonde nelle potenze dell’anima; la terra chetrema ed è scossa è la purificazione dolorosa che avviene in essa; e dire che la via e i sentieri diDio, che l’anima percorre, pas<strong>san</strong>o sul mare e rimangono invisibili, significa che questa via perandare a Dio è talmente segreta e nascosta per i sensi dell’anima quanto lo è per quelli del corpo lascia sul mare, che è in conoscibile. È proprio di Dio restare sconosciuto nelle vie che imbocca,quando vuole attirare le anime a sé e condurle alla perfezione unendole alla sua sapienza. Perquesto, volendo il libro di Giobbe esaltare l’azione di Dio, afferma: Conosci tu come la nube si libri


in aria e i prodigi di colui che tutto sa? (Gb 37,16). Con tale espressione s’intendono le vie e isentieri lungo i quali Dio eleva e perfeziona nella sua sapienza le anime, qui simboleggiate dallenubi. È dimostrato, quindi, che questa contemplazione, che conduce l’anima a Dio, è sapienzasegreta.CAPITOLO 18Ove si spiega come questa sapienza segreta sia anche scala.1. Ci resta ora da vedere il secondo termine, cioè come questa sapienza segreta sia anche scala. Alriguardo dobbiamo sapere che per molte ragioni possiamo chiamare scala questa contemplazionesegreta. Anzitutto perché, come mediante la scala si sale fino a raggiungere la sommità d’unafortezza, per impossessarsi dei beni, dei tesori e di tutte le ricchezze in essa nascoste, così attraversoquesta contemplazione segreta, senza sapere come, l’anima prende a salire fino alla conoscenza e alpossesso dei beni e dei tesori del cielo. Questo è quanto ci fa comprendere molto bene il profetareale quando dice: Beato l’uomo che trova in te la sua forza: ha disposto nel suo cuore leascensioni, dalla valle delle lacrime, nel luogo eletto. Siccome darà la benedizione il Legislatore,andranno di virtù in virtù, e in Sion si rivelerà il Dio degli dei (Sal 83,6-8 Volg.); il Signore è iltesoro <strong>della</strong> fortezza di Sion, egli è la beatitudine eterna.2. In secondo luogo, possiamo chiamare scala questa contemplazione segreta perché, come i gradini<strong>della</strong> scala servono a salire e a scendere, così anche questa segreta contemplazione si serve di questestesse comunicazioni per elevare l’anima a Dio e per umiliarla in se stessa. Difatti le verecomunicazioni, quelle che provengono da Dio, hanno la proprietà di elevare e nello stesso tempo diumiliare l’anima. In questo cammino spirituale discendere è salire e salire è discendere, perché chisi umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato (Lc 14,11). Oltre al fatto che la virtù dell’umiltàè una grandezza per l’anima che vi si esercita, di solito Dio la fa salire per questa scala perché ladiscenda, e la fa scendere perché la risalga, affinché si compia ciò che dice il Saggio: Prima <strong>della</strong>caduta il cuore dell’uomo si esalta, ma l’umiltà viene prima <strong>della</strong> gloria (Pro 18,12).3. Sposto ora il discorso sul piano naturale, perché quello spirituale non può essere indagato. Sel’anima vorrà riflettere su questo cammino, vedrà bene a quanti alti e bassi va soggetta e che, dopoil godimento di un periodo di prosperità, subentra subito quello <strong>della</strong> tempesta o <strong>della</strong> prova; vedrà,altresì, che le è stata concessa la bonaccia per prepararla e rafforzarla in vista delle tribolazionisuccessive; in breve, l’anima deve convincersi che alla miseria e alla tormenta fa seguitol’abbondanza e la pace: per questo motivo deve passare la vigilia nella prova, se vuole godere legioie <strong>della</strong> festa. Questa è la norma ordinaria dello stato di contemplazione fino a quando l’animanon raggiunge lo stato di quiete; per dirla in una parola, l’anima non è mai nello stesso stato, non faaltro che salire e scendere.4. Il motivo di questa norma sta nel fatto che lo stato di perfezione esige il perfetto amore di Dio e ildisprezzo di sé, il che non può verificarsi senza conoscere Dio e se stessi. Perciò l’anima devenecessariamente esercitarsi prima in una, poi nell’altra conoscenza. Dapprima Dio le fa gustare ilsuo amore e la esalta, poi le consente di conoscere se stessa e la umilia, finché, acquistate leabitudini perfette, l’anima smette di salire e di scendere. Arrivata alla sommità di questa scalamistica, l’anima si unisce a Dio, a lui si aggrappa e in lui trova il suo riposo. Questa scala dicontemplazione che, come ho detto, discende da Dio, è raffigurata dalla scala che Giacobbe vide insogno e per la quale salivano e scendevano gli angeli da Dio verso l’uomo e dall’uomo verso Dio,che stava all’estremità di detta scala (Gn 28,12). <strong>La</strong> Scrittura dice che questo sogno avvenne di


<strong>notte</strong>, mentre Giacobbe dormiva, per farci comprendere quanto segreta e diversa da ciò che l’uomopuò immaginare sia questa via o ascesa che conduce a Dio. Prova ne è il fatto che ordinariamente siritiene la peggiore delle sfortune ciò che è di grande profitto per l’uomo, come perdere o annientarese stesso; al contrario, si ritiene buona fortuna ciò che vale di meno, come le gioie e le consolazioni,ove generalmente ci si perde anziché guadagnare.5. Ma ora voglio parlare un po’ dettagliatamente di questa scala mistica <strong>della</strong> contemplazionesegreta. Il motivo principale per cui tale contemplazione viene qui chiamata scala sta nel fatto cheessa è scienza d’amore, cioè conoscenza piena d’amore, infusa da Dio, che nello stesso tempoillumina e fa innamorare l’anima, fino a elevarla di gradino in gradino a Dio, suo creatore, dalmomento che solo l’amore unisce definitivamente l’anima a Dio. Per maggior chiarezza indicheròqui i gradini di questa scala divina, accennando brevemente ai segni e agli effetti d’ognuno di essi,in modo che l’anima possa conoscere a quale grado è pervenuta. Li distinguerò in base ai loroeffetti, come fanno <strong>san</strong> Bernardo e <strong>san</strong> Tommaso, perché non ci è possibile conoscerli in se stessiattraverso i mezzi naturali. Questa scala d’amore, come ho detto, è talmente segreta che solo Diopuò conoscere il peso e la misura di questo amore.CAPITOLO 19Ove vengono esposti i primi cinque gradini <strong>della</strong> scala d’amore.1. Dico subito che i gradini <strong>della</strong> scala d’amore, attraverso i quali l’anima sale progressivamenteverso Dio, sono dieci. Il primo fa sì che l’anima si ammali, ma a suo vantaggio. Di questo gradod’amore parla la sposa quando dice: Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio Dilettoche cosa gli racconterete? Che sono malata d’amore! (Ct 5,8). Questa malattia non è per la morte,ma per la gloria di Dio (Gv 11,4), in quanto l’anima, per amore di Dio, muore al peccato e a tuttociò che non è Dio, come afferma Davide: L’anima mia viene meno nell’attesa <strong>della</strong> tua salvezza(Sal 118,81). Come il malato perde l’appetito, non prova più gusto per i cibi e perde il suo coloritonaturale, così l’anima in questo grado d’amore perde il gusto e il desiderio di tutte le cose;innamorata di Dio, non si lascia più prendere dalle allettanti abitudini <strong>della</strong> vita passata. L’animacade in questa infermità soltanto se dall’alto le viene comunicato un fuoco d’amore, come ci facapire Davide quando dice: Pluviam voluntariam segregabis, Deus, haereditati tuae, et infirmataest, ecc.: Una pioggia generosa mettesti a parte, o Dio, per la tua eredità; questa era indebolita,ma tu l’hai ristorata (Sal 67,10 Volg.). questa infermità e questo venir meno davanti a tutte le cosecreate è il punto di partenza, il primo gradino per andare a Dio. L’ho già spiegato sopra quando hoparlato dell’annientamento in cui si trova l’anima allorché comincia a salire questa scala dipurificazione quale si ha nella contemplazione; proprio allora l’anima non riesce a trovare gusto,sostegno, conforto o appoggio in nessuna cosa. Così essa abbandona subito il primo gradino perpassare al secondo.2. Pervenuta al secondo gradino l’anima non smette più di cercare Dio. <strong>La</strong> sposa dice che, quandolanguiva nel primo grado d’amore, lo cercò di <strong>notte</strong> nel suo letto, ma non lo trovò. Allora disse: Mialzerò… per cercare l’Amato del mio cuore (Ct 3,2). L’anima fa la stessa cosa inces<strong>san</strong>temente,come consiglia Davide con queste parole: Cercate sempre il suo volto (Sal 104,4), e cercandolo intutte le cose, non fermatevi su nessuna finché non lo abbiate trovato. Così faceva la sposa, la quale,dopo aver chiesto alle guardie notizie del suo Diletto, passò oltre e le lasciò (Ct 3,3-4). MariaMaddalena non si fermò nemmeno davanti agli angeli del sepolcro (Gv 20,14). Arrivata al secondogrado, l’anima cerca sollecitamente l’Amato in tutte le cose; in ogni suo pensiero si rivolgeall’Amato; nelle sue parole, in tutte le circostanze che si presentano, parla e si occupa sempre


dell’Amato; sia che mangi, dorma o vegli, sia che faccia qualsiasi altra cosa, tutta la sua attenzioneè rivolta all’Amato, come ho già detto parlando delle ansie d’amore. A questo punto l’anima vaguarendo e ricuperando le forze nell’amore; si prepara a salire prontamente verso il terzogradino,grazie a qualche nuova purificazione <strong>della</strong> <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, come dirò più avanti. Questogradino produce nell’anima gli effetti che seguono.3. Il terzo gradino <strong>della</strong> scala d’amore è quello che fa agire l’anima e le infonde ardore perché nonvenga meno. Di esso Davide dice: Beato l’uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoicomandamenti (Sal 111,1). Se il timore, che è figlio dell’amore, le infonde questa brama, che co<strong>san</strong>on farà l’amore stesso? Trovandosi in questo grado, ritiene piccole le grandi opere fatte perl’Amato, poche le molte azioni e breve il lungo tempo che spende per servirlo, tanto ardente èquest’incendio d’amore. Anche Giacobbe, dopo aver servito per sette anni, ritenne poca cosa servireper altri sette ancora, tanto era il suo amore per Rachele (Gn 29,20). Se in Giacobbe l’amore per unacreatura poté tanto, che cosa non potrà l’amore per il Creatore quando si impadronisce dell’anima inquesto terzo grado? Per il grande amore che nutre per Dio, l’anima soffre pene profonde vedendo ilpoco che fa per il suo Signore; se potesse immolarsi mille volte per lui, ne sarebbe contenta. Perquesto si ritiene inutile in tutto ciò che fa e le sembra di vivere invano. Tutto questo produce in leiun altro effetto straordinario; è persuasa di essere la più cattiva di tutte le creature, prima perchél’amore le va insegnando quanto deve a Dio, poi perché, pur essendo molte le opere che in questogrado compie per Dio, le ritiene tutte insufficienti e imperfette. Da tutte trae motivo di confusione edi sofferenza, riconoscendo quanto sia indegno il suo modo di agire nei confronti di un Signore cosìgrande. In questo terzo grado sta lontana dalla vanagloria e dalla presunzione, guardandosi bene dalcondannare gli altri. Tali e molti altri ancora sono gli effetti prodotti nell’anima da questo terzogrado, ragion per cui essa acquista coraggio e vigore per salire fino al seguente quarto grado.4. Il quarto gradino <strong>della</strong> scala d’amore è quello in cui, a motivo dell’Amato, sorge nell’anima unacapacità di soffrire che non la stanca affatto. Come dice <strong>san</strong>t’Agostino, l’amore rende quasiinsignificanti le cose grandi, difficili e pe<strong>san</strong>ti. Trovandosi nel quarto grado, la sposa, chedesidererebbe essere già nell’ultimo, dice allo Sposo: Mettimi come sigillo sul tuo cuore, comesigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, cioè l’atto e l’opera d’amore, tenacecome gli inferi è la passione (Ct 8,6). Qui lo spirito ha tanta forza da tenere assoggettata la carne, ene fa conto quanto l’albero d’una sua foglia. L’anima non cerca assolutamente la sua consolazione oil suo piacere, né in Dio né in altre cose; non desidera nulla né vuole chiedere grazie a Dio, perchévede chiaramente di averne ricevute in abbondanza. Tutta la sua preoccupazione è di far piacere aDio e di servirlo quanto può, a qualunque costo, perché egli lo merita e per tutto ciò che le è venutoda lui. Nell’intimo del suo cuore prega così: «O mio Signore e mio Dio, sono tanti quelli checercano in te conforto e piacere e desiderano grazie e doni, ma quanto pochi sono quelli che,mettendo da parte ogni interesse, si sforzano di piacere a te e di darti qualcosa che a loro costa! Ilmale, mio Dio, non sta nel fatto che tu non vuoi accordarci nuove grazie, ma nel cattivo uso che nefacciamo, quasi per obbligarti a concedercene continuamente!». Questo grado d’amore è moltoelevato. L’anima è così infiammata che pensa sempre a Dio, desiderosa di soffrire per lui. Così ilSignore molto spesso, anzi quasi abitualmente le concede gioia e l’assiste procurandole delizie esublimi dolcezze spirituali. L’immenso amore del Verbo incarnato non può permettere che chi loama soffra senza ricevere conforto. Ciò è quanto afferma Geremia con queste parole: MI ricordo dite, dell’affetto <strong>della</strong> tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivinel deserto (Ger 2,2). Da un punto di vista spirituale, il deserto rappresenta il distacco interioredell’anima da tutte le creature, tanto che essa non si può fermare o appagare in nulla. Questo quartogrado infiamma talmente l’anima e accende tanto il desiderio di Dio da farla salire al seguentequinto gradino.


5. Il quinto gradino <strong>della</strong> scala d’amore spinge l’anima a cercare e desiderare Dio impazientemente.Il desiderio che ha la sposa di abbracciare l’Amato e unirsi a lui è così ardente che ogni indugio, perquanto minimo, diventa lunghissimo, doloroso e insopportabile. Crede di trovare a ogni passol’Amato e, quando si vede delusa nel suo desiderio, si strugge di dolore e prega con il salmista:L’anima mia languisce e brama gli atri del Signore (Sal 83,3). In questo grado l’amante non haaltra possibilità : o vedere l’Amato o morire. Tale amore spinse Rachele, desiderosa di avere figli, adire a Giacobbe: Dammi dei figli, se no io muoio! (Gn 30,1). Queste anime sono affamate al puntotale che ringhiano come cani e si aggirano per la città (Sal 58,7). In questo grado la famedell’anima si nutre d’amore, perché la sazietà è commisurata alla fame. Da qui può salire al sestogradino, che produce gli effetti seguenti.CAPITOLO 20Ove vengono esposti gli altri cinque gradini.1. Il sesto gradino fa sì che l’anima corra leggera verso Dio e abbia frequenti contatti con lui.Animata dalla speranza e fortificata dall’amore, senza stancarsi mai, l’anima vola con leggerezzaverso Dio. Di questo grado dice Isaia: I <strong>san</strong>ti che sperano nel Signore riacquistano forza, mettonoali come aquile, procedono senza stancarsi (Is 40,31), come accadeva nel quinto grado. A questosesto grado si riferisce anche il Salmo 41,2: Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima miaanela a te, o Dio. Il cervo assetato, infatti, corre leggero verso l’acqua. Il motivo di questaleggerezza d’amore posseduta dall’anima in questo sesto grado è dovuta al fatto che l’amore in lei èmolto cresciuto, e anche perché è quasi del tutto purificata, come dicono il Salmo 58,5 (Volg.): Sineiniquitate cucurri: Io corsi e regolai i miei passi senza iniquità, e l’altro Salmo 118,32: Corro perla via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore. Da questo sesto gradino si passa,quindi, immediatamente al settimo, che è il seguente.2. Il settimo gradino di questa scala rende l’anima molto audace. A questo punto l’amore non siavvale del ragionamento per sperare, né del consiglio per desistere, né si lascia bloccare dal rispettoumano, perché i favori che Dio ha concesso all’anima la rendono oltremodo ardita. L’Apostolo,infatti, conferma questa verità con le parole seguenti: <strong>La</strong> carità tutto crede, tutto spera, tutto può(1Cor 13,7). Di questo settimo grado parlava Mosè quando chiedeva a Dio di perdonare il peccatodel popolo… se no, cancellami dal libro <strong>della</strong> vita che hai scritto (Es 32,31-32). A questo livello leanime ottengono da Dio ciò che a loro piace chiedergli. Per questo Davide dice: Cerca la gioia nelSignore, esaudirà i desideri del tuo cuore (Sal 36,4). Una volta pervenuta a questo grado la sposaosò dire: Osculetur me osculo oris sui!: Oh, mi baciasse col bacio <strong>della</strong> sua bocca! (Ct 1,1 Volg.).A ogni modo qui non è consentito all’anima essere così ardita se non sente il favore interiore delloscettro del re rivolto verso di lei (Est 5,2 Volg.), affinché non le capiti di cadere dagli altri gradinisaliti fino a quel momento, nei quali deve mantenersi sempre umile. Al settimo gradino, ove Dioconcede audacia e aiuto all’anima perché si rivolga a lui con tutta la veemenza dell’amore, seguel’ottavo. Qui l’anima è afferrata dall’Amato e a lui unita, come viene detto qui sotto.3. L’ottavo gradino d’amore fa sì che l’anima afferri e si stringa all’Amato senza mai più lasciarlo,come dice di sé la sposa: Quando trovai l’Amato del mio cuore, lo strinsi fortemente, e non lolascerò (Ct 3,4). In questo grado d’unione l’anima soddisfa il suo desiderio, anche se non inmaniera continua, perché alcuni arrivano a porvi il piede, ma poi lo ritirano. Se l’abbraccio con Dioperdurasse, l’anima godrebbe di una certa gloria già in questa vita, perciò quest’unione già in questavita, perciò quest’unione con Dio dura brevi momenti. Al profeta Daniele, uomo di grandi desideri,il Signore ordinò di restare in questo grado con le seguenti parole: Daniele, uomo dei desideri, resta


in questo grado d’amore dove sei (cfr. Dn 10,1 Volg.). A questo gradino segue il nono, quello deiperfetti, come si vedrà subito.4. Il nono gradino fa sì che l’anima arda di tenero amore per Dio. È la condizione dei perfetti, chegià bruciano d’amore soave per Dio. È lo Spirito Santo che, in virtù <strong>della</strong> loro unione con Dio,comunica loro quest’amore pieno di soavità e di delizie. San Gregorio Magno dice che quando loSpirito Santo scese visibilmente sugli apostoli, questi arsero interiormente d’amore soave. Èimpossibile descrivere i doni e le ricchezze divine che l’anima gode in questa condizione; anche sesi scrivessero molti libri su questo argomento, resterebbe ancora molto da esporre. Per questomotivo ora non dico nulla, anche perché dirò qualcosa più avanti. Qui dico solo che a questogradino segue il decimo e ultimo gradino <strong>della</strong> scala d’amore, il quale, però, non appartiene più allavita presente.5. Il decimo e ultimo gradino <strong>della</strong> scala segreta d’amore fa sì che l’anima venga assimilatatotalmente a Dio, perché lo contempla com’egli è e lo possiede immediatamente. Una voltapervenuta in questa vita al nono grado, l’anima non ha che da lasciare il corpo. Sono poche le animeche pervengono a queste altezze. Radicalmente purificate dall’amore, non pas<strong>san</strong>o neanche per ilpurgatorio. Per questo motivo <strong>san</strong> Matteo afferma: Beati mundo corde, quoniam ipsi Deumvidebunt, ecc.: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8). Ora, come dicevo, questavisione è la causa <strong>della</strong> totale somiglianza tra l’anima e Dio, secondo quanto afferma <strong>san</strong> <strong>Giovanni</strong>:Sappiamo che noi saremo simili a lui (1Gv 3,2). Tale espressione non va intesa nel senso chel’anima sarà potente quanto Dio, ciò che è impossibile, ma nel senso che diventerà in tutto simile aDio; così si chiamerà e sarà Dio per partecipazione.6. Questa è la segreta scala di cui parla l’anima nella seconda strofa. In verità, in questi ultimigradini, la scala non è più segreta per l’anima, perché l’amore produce in lei effetti tanto grandi darivelare meraviglie divine. Una volta raggiunto l’ultimo gradino, quello <strong>della</strong> chiara visione di Dio,l’ultimo <strong>della</strong> scala ove è Dio, come ho già detto, non vi è nulla di nascosto per l’anima, perchéormai è totalmente assimilata a Dio. Per questo il Signore afferma: In quel giorno non midomanderete più nulla… (Gv 16,23). Ma fino a quel giorno, per quanto elevata possa esserel’anima, le rimane nascosto qualcosa, esattamente in proporzione a quanto le manca per essereperfettamente simile alla divina Essenza. In tal modo, per mezzo <strong>della</strong> teologia mistica e diquest’amore segreto, l’anima si eleva al di sopra di tutte le cose create e di se stessa e ascende aDio. L’amore infatti è come il fuoco, tende sempre verso l’alto, desideroso di raggiungere il centro<strong>della</strong> sua sfera.CAPITOLO 21Ove si spiega la parola «travestita» e vengono indicati i colori del travestimento dell’anima inquesta <strong>notte</strong>.1. Dopo aver spiegato il motivo per cui l’anima chiama questa contemplazione scala segreta, nonresta che spiegare la terza parola del verso, cioè travestita, e dire anche il motivo per cui l’anima èuscita per la segreta scala, travestita.2. Per una maggiore comprensione di quanto sto dicendo, occorre ricordare che travestirsi significadissimularsi, nascondersi sotto un vestito diverso da quello che abitualmente s’indossa, o permostrare esternamente, con quel vestito, il desiderio di conquistare le grazie e l’affetto <strong>della</strong> personaamata, o per sottrarsi agli sguardi dei propri rivali e realizzare meglio le proprie imprese. Per questo


si scelgono i vestiti e le livree che meglio rivelano i sentimenti del proprio cuore, o quelli con i qualici si nasconde meglio agli avversari.3. L’anima, dunque, ferita dall’amore per Cristo suo sposo, desidera entrare nelle sue grazie econquistarne la volontà. Così essa esce travestita con quel costume che rappresenta al meglio gliaffetti del suo cuore e la protegge con maggior sicurezza dai suoi avversari e nemici, cioè ildemonio, il mondo e la carne. <strong>La</strong> livrea che indossa ha tre colori principali; il bianco, il verde e ilrosso. Essi simboleggiano le tre virtù teologali: la fede, la speranza e la carità. Forte di esse, l’animanon solo conquisterà la grazia e la volontà del suo Amato, ma sarà anche al sicuro dai suoi trenemici. <strong>La</strong> fede, infatti, è una tunica interiore di tale candore da abbagliare la vista di qualsiasiintelletto. Se, allora, l’anima va in giro rivestita di fede, non può essere vista né tanto menoraggiunta dal demonio, perché con questa virtù, più che con tutte le altre, è maggiormente al sicurodal diavolo, il nemico più temibile e astuto che ci sia.4. San Pietro non trovò aiuto migliore <strong>della</strong> fede per liberarsi dal maligno, quando disse: Cuiresistite fortes in fide: Resistetegli saldi nella fede (1Pt 5,9). Per ottenere la grazia e l’unione conl’Amato, l’anima non può avere miglior abito interiore di quello del vestito bianco <strong>della</strong> fede,principio e fondamento degli altri vestiti delle virtù. Infatti senza di essa, come dice la Scrittura, èimpossibile piacere a Dio (Eb 11,6), e con essa è impossibile non piacergli. Il Signore stessoconferma questa verità per mezzo del profeta Osea: Desponsabo te mihi in fide (Os 2,22), come adire: O anima, se vuoi unirti a me e sposarmi, occorre che venga vestita interiormente di fede.5. L’anima indossava questo vestito bianco <strong>della</strong> fede quando uscì dalla <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> <strong>della</strong>contemplazione; proprio allora, come si diceva prima, avanzava tra le tenebre e le angosce interiori;il suo intelletto non le dava alcun sollievo con la sua luce né dall’alto, perché il cielo gli sembravachiuso e Dio nascosto, né dal basso, perché tutti gli insegnamenti non la soddisfacevano. Ciònonostante, l’anima sofferse con costanza e perseverò, sopportando quelle angosce senza deludere esenza mancare all’appuntamento con l’Amato. Questi, in realtà, voleva provare la fede <strong>della</strong> suasposa per mezzo delle sofferenze e delle tribolazioni, in modo che essa potesse poi ripetere in tuttaverità ciò che Davide afferma: Seguendo la parola delle tue labbra ho camminato per sentieridifficili (Sal 16,4 Volg.).6. Sopra questa tunica bianca <strong>della</strong> fede l’anima indossa un secondo vestito di colore verde. Questo,come ho detto, simboleggia la virtù <strong>della</strong> speranza, per mezzo <strong>della</strong> quale l’anima si libera e sidifende soprattutto dal mondo, suo secondo nemico. Il verde di questa speranza viva in Dioconferisce all’anima tanta forza, coraggio e slancio verso le cose <strong>della</strong> vita eterna, che l’universointero le appare com’è in realtà, cioè arido, vuoto, morto, privo di qualsiasi valore rispetto a quantospera lassù in cielo. Quaggiù sulla terra si spoglia di tutti i vestiti e le livree del mondo, nonriponendo il suo cuore in nulla, né si aspetta niente da quello che c’è o ci sarà sulla terra; viverivestita solo <strong>della</strong> speranza <strong>della</strong> vita eterna. Così, tenendo il cuore assai elevato rispetto al mondo,questo non solo non la può toccare o avvincere, ma neppure sfiorare.7. Con questo travestimento e la livrea verde <strong>della</strong> speranza l’anima è al sicuro dal mondo, suosecondo nemico. Difatti <strong>san</strong> Paolo chiama la speranza elmo <strong>della</strong> salvezza (1Ts 5,8): l’elmo èl’armatura che difende e copre la testa in modo da lasciare scoperta solo una parte del viso perché sipossa vedere. <strong>La</strong> speranza copre anche tutti i sensi <strong>della</strong> testa dell’anima, in modo che non siingolfino in alcuna cosa del mondo e siano protetti dalle frecce di questa vita. Le lascia libera solola visiera perché l’occhio possa guardare verso l’alto e non altrove. Questo è il compito abituale<strong>della</strong> speranza nell’anima, che leva gli occhi al cielo per guardare solo Dio, come dice di aver fattoDavide: Oculi mei semper ad Dominum: I miei occhi sono rivolti sempre al Signore (Sal 24,15).Del resto egli non sperava nessun altro bene, come dice altrove: Ecco, come gli occhi <strong>della</strong> schiava


alla mano <strong>della</strong> sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbiapietà di noi (Sal 122,2) che abbiamo sperato in lui.8. Rivestita di questa livrea verde, l’anima ha sempre lo sguardo rivolto a Dio; perciò distoglie isuoi occhi da qualsiasi altra cosa e si aggrappa solo a Dio. In questo modo si rende così graditaall’Amato da ottenere realmente ciò che da lui spera. Questo è il motivo per cui lo Sposo delCantico le dice che con un solo suo sguardo gli ha rapito il cuore (Ct 4,9). Senza questa livreaverde <strong>della</strong> speranza in Dio solo non era opportuno che l’anima uscisse per raggiungere il suoamore, perché non avrebbe ottenuto nulla: ciò che muove Dio e ottiene da lui ogni cosa è la fermasperanza.9. Travestita con questa livrea di speranza, l’anima avanza in questa segreta e <strong>oscura</strong> <strong>notte</strong> di cui hoparlato. Libera da ogni possesso, facendo a meno di ogni appoggio, volge i suoi sguardi e il suoaffetto solo a Dio, cacciando nella polvere la bocca, caso mai ci fosse ancora speranza (<strong>La</strong>m 3,29),secondo l’espressione di Geremia riportata sopra.10. Insieme al bianco e al verde, per completare e perfezionare questo travestimento, l’animaindossa il terzo colore che è una splendida toga rossa, simbolo <strong>della</strong> carità, terza virtù teologale.Questo colore non solo conferisce grazia agli altri due colori, ma eleva senza indugio l’anima tantoda renderla bella e piacevole agli occhi di Dio, ragion per cui ella osa dire: Bruna sono ma bella, ofiglie di Gerusalemme! Sono bella e per questo il re mi ha amata e mi ha introdotta nelle sue stanze(Ct 1,5 e 4). Con questa livrea <strong>della</strong> carità che è quella dell’amore, l’anima suscita maggior dilettonell’Amato. Non solo, ma si difende e si mette al riparo dalla carne, suo terzo nemico (perché dovec’è vero amore di Dio non c’è amore di sé né interesse personale), ma rafforza anche le altre virtù.In breve, la carità conferisce a queste vigore e forza a difesa dell’anima e grazia e leggiadria perpiacere all’Amato; senza la carità, infatti, nessuna virtù è bella davanti a Dio. Essa è quella porpora,di cui parla il Cantico (3,10), sulla quale il Signore si adagia quando scende nell’anima. Proprio diquesta rossa livrea l’anima è vestita, quando, come ha affermato nella prima strofa, nella <strong>notte</strong><strong>oscura</strong> esce da sé e da tutte le cose create, con ansie, dal mio amor tutta infiammata, attraverso lasegreta scala <strong>della</strong> contemplazione, verso l’unione perfetta dell’amore di Dio, sua amata salvezza.11. Questo è, dunque, il travestimento che l’anima dice d’indossare nella <strong>notte</strong> <strong>della</strong> fede quandosale i gradini <strong>della</strong> scala segreta. Questi sono, altresì, i suoi tre colori, che costituiscono la miglioredisposizione per l’unione dell’anima con Dio nelle sue tre facoltà: intelletto, memoria e volontà. <strong>La</strong>fede, infatti, ottenebra l’intelletto e lo priva di tutta la sua intelligenza naturale, disponendolo così aunirsi alla Sapienza divina. <strong>La</strong> speranza fa il vuoto nella memoria e la separa dal possesso di ognicosa creata, perché, come dice <strong>san</strong> Paolo, la speranza ha per oggetto le cose non possedute (cfr. Rm8,24-25). Essa, quindi, distacca la memoria da ciò che può possedere e la colloca in ciò che essaspera. Per questo solo la speranza in Dio dispone la memoria, in maniera pura, all’unione divina.Ugualmente, la carità purifica la volontà dagli affetti e dagli appetiti sregolati relativamente a tuttociò che non è Dio, per concentrarli su lui solo. In questo modo tale virtù dispone la volontàall’unione d’amore con Dio. In definitiva, poiché queste virtù mirano a staccare l’anima da tutto ciòche è inferiore a Dio, tendono anche a unirla a lui.12. Se, dunque, non si è davvero rivestiti di queste tre virtù, è impossibile arrivare alla perfezionedell’amore di Dio. Di conseguenza, se l’anima vuole raggiungere il suo scopo, cioè l’unione pienad’amore e di dolcezza con il suo Amato, ha assoluto bisogno di travestirsi con quest’abito. Essereriuscita a rivestirsi e a perseverare con quell’abito fino al raggiungimento <strong>della</strong> meta tantodesiderata, qual è l’unione d’amore, è stata per lei una grande felicità, e per questo dice: oh, sortefortunata!


CAPITOLO 22Ove si spiega il terzo verso <strong>della</strong> seconda strofa.1. È fuori dubbio che per l’anima è stata una sorte fortunata riuscire in un’impresa così importante,cioè liberarsi dal demonio, dal mondo e dalla sua stessa sensualità. Per questo motivo ha raggiuntola libertà di spirito preziosa e da tutti desiderata; è salita dalle zone basse verso l’alto, da terrena èdiventata celeste e da umana divina, raggiungendo la sua patria che è il cielo (Fil 3,20), comeavviene nello stato di perfezione dell’anima, che descriverò più avanti, anche se brevemente.2. <strong>La</strong> cosa più importante, infatti, e che mi ero proposto, era quella di spiegare questa <strong>notte</strong> a molteanime che vi si trovano immerse senza saperlo, come è detto nel Prologo. Tutto questo ormai èabbastanza chiaro e comprensibile, anche se non in tutta la sua realtà. Ho già indicato qualiricchezze l’anima acquista in questo stato e quanto sia fortunata la sorte verso la quale cammina, dimodo che, se si spaventa di fronte a sofferenze così terribili, trova il coraggio nella ferma speranzadi numerosi e preziosi beni che Dio le concederà di ottenere. Ma oltre a questo l’anima ebbe sortefortunata ancora per un altro motivo, di cui parla il verso seguente: al buio e ben celata.CAPITOLO 23Ove si parla del mirabile nascondiglio in cui si trova l’anima in questa <strong>notte</strong> e come il demonio nonriesca a entrare in esso, sebbene entri in altri più reconditi.1. Ben celata equivale a dire: di nascosto, al riparo. Quando, dunque, l’anima dice che uscì al buio eben celata è per far meglio comprendere la completa sicurezza di cui ha parlato nel primo verso diquesta strofa e di cui gode lungo il cammino dell’unione d’amore con Dio con il favore dell’<strong>oscura</strong>contemplazione. Dire, quindi, che l’anima è uscita nel buio e ben celata equivale a dire che,sebbene cammini al buio, procede però riparata e nascosta al demonio, alle sue astuzie e alle sueinsidie.2. Il motivo per cui l’anima procede libera e nascosta alle insidie del demonio nell’oscurità diquesta contemplazione è che la contemplazione infusa, che ha raggiunto, viene data passivamente esegretamente all’anima senza il concorso dei sensi e delle potenze interiori o esteriori <strong>della</strong> partesensitiva. Ne segue che essa procede non solo di nascosto alle potenze e al riparo dagli ostacoli chepotrebbe opporgli la debolezza naturale, ma anche dal demonio che non può scoprire nulla diquanto accade nell’anima se non attraverso le sue facoltà sensitive. Così, quanto più lecomunicazioni sono spirituali, interiori e lontane dai sensi, tanto meno il demonio puòcomprenderle.3. È, quindi, molto importante per la sicurezza dell’anima che il suo rapporto intimo con Dio sia taleche i sensi <strong>della</strong> parte inferiore rimangano all’oscuro, lo ignorino e non ne siano a conoscenza. Inprimo luogo, la debolezza <strong>della</strong> parte sensitiva non sarà di ostacolo alla libertà di spirito e lacomunicazione spirituale potrà essere più abbondante; in secondo luogo, poiché, come sto dicendo,il demonio non può penetrare in una parte così intima, l’anima procede più sicura. Al riguardopossiamo interpretare in senso spirituale quell’affermazione del Signore: Non sappia la tua sinistraciò che fa la tua destra (Mt 6,3). È come se dicesse: ciò che accade nella destra, cioè nella partesuperiore e spirituale dell’anima, resti sconosciuto alla sinistra, cioè avvenga in modo che la parte


inferiore <strong>della</strong> tua anima, che è quella sensitiva, lo ignori; tale comunicazione resti un segreto tra lospirito e Dio.4. È vero che spesso, quando nell’anima ci sono o pas<strong>san</strong>o queste comunicazioni spirituali moltointeriori e segrete, il demonio, pur non conoscendo quali siano né come avvengano, si rendeperfettamente conto che essa sta ricevendo qualche bene, a motivo <strong>della</strong> grande calma e delprofondo silenzio che alcune di esse provocano nei sensi e nelle potenze <strong>della</strong> parte sensitiva. Eallora, vedendo che non può opporsi per il fatto che esse avvengono nel profondo dell’anima, faquanto gli è possibile per sconvolgere e turbare la parte sensitiva, che può raggiungere facilmente.Suscita in questa dolori, orribili fantasmi, paure, allo scopo di togliere la calma e turbare così laparte superiore e spirituale dell’anima, distogliendola da quei beni che sta ricevendo e godendo.Molte volte, però, quando la comunicazione di questa contemplazione investe di purezza lo spirito egli immette forza, il demonio non riesce a turbarla, anzi l’anima ne ricava un ulteriore vantaggio euna pace maggiore e più sicura. Difatti, avvertendo la molesta presenza del nemico, l’anima – cosadegna di nota! – senza sapere come avvenga e senza far nulla da parte sua, entra nella parte piùintima del suo spirito come in un rifugio sicuro; lì si accorge di essere molto lontana dal nemico eben protetta, e sente aumentare la pace e la gioia che il nemico voleva rapirle. E allora svanisconotutte le paure che provenivano dall’esterno; di questo l’anima si accorge con molta lucidità. Così sirallegra di poter godere con tanta sicurezza di quella pace dello Sposo nascosto, piena di dolcezze edi soavità, che il mondo e il demonio non possono dare né togliere. A questo punto conosce peresperienza la verità di quanto la sposa dice nel Cantico a tale proposito: Ecco la lettiga di Salomone,ses<strong>san</strong>ta forti le stanno intorno… contro i pericoli <strong>della</strong> <strong>notte</strong> (Ct 3,7-8). Ha coscienza <strong>della</strong> suaforza e <strong>della</strong> sua pace, anche se molto spesso sente la sua carne e le sue ossa tormentatedall’esterno.5. Altre volte, quando la comunicazione non viene infusa esclusivamente nello spirito ma vipartecipano anche i sensi, con più facilità il demonio riesce a turbare e sconvolgere lo spirito,terrorizzandolo, tramite i sensi. Provoca, allora, tormento e pena nello spirito, a volte molto piùprofondi di quanto sia possibile dire. Poiché il combattimento avviene tra due spiriti, l’orrore che ilcattivo provoca nel buono, cioè nell’anima, è intollerabile quando questa viene raggiunta dalturbamento. Ciò è quanto riferisce la sposa del Cantico, la quale ha sperimentato questo tormentoquando ha voluto addentrarsi nel raccoglimento interiore per godere di questi beni: Nel giardino deinoci io sono scesa, per vedere il verdeggiare <strong>della</strong> valle, per vedere se la vite metteva germogli, sefiorivano i melograni; non lo so, il mio desiderio fu turbato per i carri di Amminadib (Ct 6,11-12),cioè dal demonio.6. Capita, a volte, quando Dio si serve dell’angelo buono, che certi favori accordati all’anima sianonoti al demonio. Costui s’accorge, infatti, di alcune di queste grazie, perché Dio abitualmentepermette che il maligno venga a conoscenza soprattutto di quelle che egli concede all’anima permezzo dell’angelo buono. Questo perché il maligno vi si possa opporre con tutte le forze, nei limiti<strong>della</strong> giustizia, e non abbia motivo d’invocare i propri diritti dicendo che non gli è stato permesso diconquistare l’anima, come avvenne nel caso di Giobbe (1,9; 2,4-8). Questo accadrebbe se Dio nonpermettesse che nei confronti dell’anima ci fosse una certa parità tra i due avversari, cioè tral’angelo buono e quello cattivo; così la vittoria di uno dei due sarà più gloriosa, e l’anima cherisulterà vittoriosa e fedele nella tentazione avrà un premio più grande.7. Occorre, dunque, notare che questo è il motivo per cui Dio permette al demonio di agire neiconfronti dell’anima, nella stessa misura e modo con cui egli, Dio, la guida o si comporta con essa.Perciò se l’anima, mediante l’angelo buono, è favorita di visioni vere – le quali di solito vengonoaccordate mediante lui, anche se raffigurano il Cristo, che non appare quasi mai di persona –, Diopermette anche all’angelo cattivo di presentare visioni false, e queste visioni, essendo verosimili,


possono facilmente gettare nell’inganno l’anima imprudente, come è già accaduto molte volte. Neabbiamo una prova nell’Esodo (7,11-12.22; 8,3.14), dove si racconta che tutti i prodigi compiuti daMosè erano contraffatti dai maghi del faraone. Se egli faceva comparire le rane nel paese d’Egitto,per esempio, anch’essi le facevano comparire; se trasformava l’acqua in <strong>san</strong>gue, i maghi facevanoaltrettanto.8. Ma il demonio non imita solo questo genere di visioni corporali; s’insinua anche nellecomunicazioni spirituali provenienti dall’angelo buono; riesce a vederle, come si è detto. DifattiGiobbe dice del maligno: Omne sublime videt: Vede tutte le cose sublimi (Gb 41,25 Volg.), le imitae vi s’intromette. Tuttavia, poiché queste comunicazioni spirituali (per loro natura) non hanno néforma né figura, egli non può imitarle e dare loro una forma, come invece fa per le altre che sipresentano sotto qualche immagine o rassomiglianza materiale. E così, per contrastarle, presenta –allo stesso modo impiegato dall’angelo buono – uno spirito pieno di terrore, onde distruggere unospirito con un altro spirito. Quando ciò avviene, nel momento in cui l’angelo buono sta percomunicare all’anima la contemplazione spirituale, essa non ha il tempo di ritirarsi nel segreto <strong>della</strong>contemplazione così da non farsi vedere dal demonio. Questi, con la sua presenza, le ispira paure eturbamenti spirituali, a volte molto penosi. Tuttavia l’anima alcune volte può liberarsene in fretta,senza che lo spirito maligno abbia il tempo d’ingenerarle impressioni di terrore. Ella trova rifugiodentro di sé, favorita validamente e soccorsa spiritualmente dall’angelo buono.9. Altre volte prevale il demonio, e l’anima viene invasa dal turbamento e dal terrore, che leprovocano una pena maggiore di qualsiasi altro tormento in questa vita. Difatti, poiché questoterrore viene comunicato da uno spirito a un altro spirito in modo chiaro e alieno da tutto ciò che ècorporeo, è più straziante del dolore dei sensi. Dura alquanto, ma non troppo, perché se la prova siprolungasse, lo spirito si staccherebbe dal corpo, talmente straziante è il tormento comunicato dallospirito maligno. In seguito resta il ricordo che di per sé basta a rinnovarle la grande pena.10. Tutto ciò che ho detto avviene nell’anima passivamente, senza che essa possa farvi nulla, né proné contro. Però è bene ricordare che quando l’angelo buono lascia al demonio il vantaggio diraggiungere l’anima per insinuarle questi sentimenti di terrore spirituale, lo fa per purificarla. Inrealtà egli intende disporla attraverso questa preparazione spirituale a qualche grande festa o graziainteriore che le vuole accordare. È così che agisce colui che mortifica per dare la vita e umilia soloper esaltare (cfr. 1Re 2,6-7). L’anima non tarda a farne l’esperienza: quanto più la purificazione èstata tenebrosa e terribile, tanto più la contemplazione spirituale di cui ora gode è bellissima e pienadi dolcezze; questa grazia a volte è tanto sublime da non potersi descrivere a parole. Il terroreprovocato dallo spirito cattivo ha affinato talmente l’anima da disporla a un bene tanto grande.Queste visioni spirituali, infatti, appartengono più all’altra vita che a questa e sono tali che l’unaprepara all’altra.11. Quanto ho esposto si applica al caso in cui Dio visita l’anima per mezzo dell’angelo buono; siriferisce anche ai periodi in cui l’anima non si trova del tutto al buio e ben celata, così da impedireal nemico di attaccarla. Ma quando è Dio in persona a farle visita, allora si realizza pienamente ilverso suddetto, perché, immersa completamente al buio e ben celata al nemico, riceve le graziespirituali da Dio. Il motivo sta nel fatto che sua Maestà dimora sostanzialmente nell’anima, ove nél’angelo né il demonio possono riuscire a comprendere quanto accade o a conoscere lecomunicazioni intime e segrete che avvengono tra Dio e l’anima. Poiché è Dio stesso che concedetali comunicazioni, esse sono del tutto divine; sono tocchi sostanziali di unione divina tra l’anima eDio. Siccome si è di fronte al più alto grado di orazione, basta un solo tocco a comunicare all’animapiù beni che tutto il resto.


12. Questi sono i tocchi che la sposa chiede all’inizio del Cantico: Osculetur me osculo oris sui: Oh,mi baciasse col bacio <strong>della</strong> sua bocca! (Ct 1,1 Volg.), ecc. Poiché si tratta di un’esperienza cosìintima che avviene tra Dio e l’anima e del bene verso cui l’anima anela arrivare con ansie d’amore,desidera e stima questo tocco divino più di tutte le altre grazie che potrebbe ricevere da Dio. Perquesto, insoddisfatta delle molte grazie enumerate nel Cantico, già ricevute, chiede questi tocchidivini nei seguenti termini: Oh, se tu fossi mio fratello, allattato al seno di mia madre! Trovandotifuori ti potrei baciare e nessuno potrebbe disprezzarmi! (Ct 8,1). Con queste parole l’anima vuolfar capire quanto abbia desiderato che la comunicazione fosse per lei sola, come dicevo, al di fuori eall’insaputa di tutte le creature. Questo significano le parole trovandoti fuori, cioè soffocando gliappetiti e gli affetti <strong>della</strong> parte sensitiva (questo favore si ha quando l’anima, godendo <strong>della</strong> libertàdi spirito, senza che la parte sensitiva o il demonio pos<strong>san</strong>o impedirglielo, gusta la soavità e la paceintima procurate da questi beni). Il demonio, allora, non osa attaccarla, perché non potrebberaggiungerla né riuscirebbe a comprendere questi tocchi divini che fondono l’amorosa sostanza diDio, piena d’amore, alla sostanza dell’anima.13. Nessuno giunge a questo bene se non attraverso un intimo spogliamento, la purificazionespirituale e l’abnegazione di ogni cosa creata. Tutto ciò avviene al buio, come ho diffusamentespiegato sopra e come ancora dirà a proposito di questo verso: ben celata, cioè di nascosto. Inquesto nascondimento, ripeto, l’anima si rafforza nell’unione con Dio nel segno dell’amore. Perquesto nel verso canta: al buio e ben celata.14. Quando l’anima riceve quelle grazie in maniera ben celata, cioè solo nello spirito, di solito,senza sapere come, ritrova la parte superiore di se stessa tanto lontana e separata dalla parteinferiore e sensitiva da ritenerle molto distinte tra loro. Le sembra che non abbiano niente a chevedere l’una con l’altra, tanto esse sono vicendevolmente lontane e distanti. In verità, in un certosenso, è proprio così; difatti l’operazione che si compie, essendo del tutto spirituale, non ha alcunrapporto con la parte sensitiva. Così l’anima diventa a poco a poco tutta spirituale e nel segreto <strong>della</strong>contemplazione unitiva mette a tacere quasi totalmente le passioni e gli appetiti spirituali. Perquesto, parlando <strong>della</strong> sua parte superiore, l’anima proferisce subito l’ultimo verso: stando la miacasa al sonno abbandonata.CAPITOLO 241. Ciò equivale a dire: quando la parte superiore <strong>della</strong> mia anima, come quella inferiore, si trovòacquietata nelle sue operazioni e facoltà, uscii verso la divina unione d’amore con Dio.2. Ricordo che, come per mezzo <strong>della</strong> guerra <strong>della</strong> <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong> l’anima è vagliata e purificata a duelivelli – cioè nella parte sensitiva e in quella spirituale, con i loro sensi, potenze e passioni –, allostesso modo l’anima ora riesce a ottenere pace e sollievo in due modi, cioè nella sua parte sensitivae in quella spirituale, con tutte le potenze e gli appetiti. Per questo ripete due volte lo stesso verso,nella prima e nella seconda strofa, proprio perché due sono le parti dell’anima, quella spirituale equella sensitiva; per poter camminare verso l’unione divina d’amore, devono prima essereriformate, ordinate e acquietate entrambe dal punto di vista sensitivo e spirituale, conformementeallo stato originale d’innocenza posseduto da Adamo. Questo verso, quindi, che nella prima strofa siriferisce al riposo <strong>della</strong> parte inferiore e sensitiva, in questa seconda strofa si riferisce in modoparticolare alla parte superiore e spirituale. Per questo motivo è ripetuto due volte.3. Per quanto è possibile in questa vita, l’anima consegue la quiete e la pace <strong>della</strong> sua casaspirituale, in maniera abituale e perfetta, mediante l’azione dei tocchi sostanziali dell’unione or ora


descritti. Sono tocchi che riceve da Dio al sicuro e ben nascosta dai turbamenti del demonio, deisensi e delle passioni. In questi tocchi l’anima è stata gradualmente purificata, acquietata, fortificatae resa capace di ricevere stabilmente l’unione di cui sto parlando, cioè lo sposalizio spirituale tral’anima e il Figlio di Dio. Appena queste due case dell’anima riescono a calmarsi e fortificarsi,insieme con i loro familiari che sono le potenze e gli appetiti, immergendosi nel sonno silenziosocirca ogni bene celeste e terreno, immediatamente la Sapienza divina si unisca all’anima con unnuovo vincolo di possesso d’amore. Si verifica, allora, ciò che dice il libro <strong>della</strong> Sapienza: Dumquietum silentium tenerent omnia, et nox in suo cursu medium iter haberet, omnipotens sermo tuus,Domine, a regalibus sedibus…: Mentre un quieto silenzio avvolgeva tutte le cose e la <strong>notte</strong> era ametà del suo corso, la tua parola onnipotente dai troni regali… (Sap 18,14-15). <strong>La</strong> stessa cosa facapire la sposa del Cantico, quando dice che, dopo aver incontrato le guardie notturne che lapercossero, la ferirono e le tolsero il mantello (Ct 5,7), trovò l’Amato del suo cuore (Ct 3,4).4. Non si può pervenire a quest’unione senza una grande purezza, ma questa purezza non siraggiunge senza un totale spogliamento di ogni cosa creata e senza un’intensa mortificazione.Questo è significato dal mantello che viene tolto alla sposa e dalle ferite che riceve nella <strong>notte</strong> in cuisi mette alla ricerca dello Sposo; non poteva infatti indossare il nuovo vestito nuziale chedesiderava, senza prima togliersi il vecchio. Chi, dunque, rifiutasse di uscire nella <strong>notte</strong> suddetta incerca dell’Amato ed essere spogliato e mortificato nella sua volontà, e volesse cercarlo nellatranquillità del suo letto, come faceva la sposa, non lo troverebbe; quest’anima, invece, dice chel’ha trovato, uscendo in una <strong>notte</strong> <strong>oscura</strong>, / con ansie, dal mio amor tutta infiammata.Terza strofaSpiegazioneNella gioiosa <strong>notte</strong>,in segreto, senza esser veduta,senza veder cosa,né altra luce o guida aveafuor quella che in cuor mi ardea.CAPITOLO 25Ove viene spiegata brevemente la terza strofa.1. L’anima, mentre continua la metafora e il parallelo tra la <strong>notte</strong> naturale e quella spirituale, neenumera ed esalta le eccellenti proprietà. È con il favore <strong>della</strong> <strong>notte</strong> di contemplazione che essa leha scoperte e se n’è impossessata per raggiungere, in breve tempo e con sicurezza, lo scopodesiderato. Enumera tre di queste proprietà.2. <strong>La</strong> prima, dice l’anima, consiste nel fatto che in questa <strong>notte</strong> fortunata Dio la conduce per uncammino di contemplazione così solitario e segreto, così lontano ed estraneo ai sensi, che nulla diquello che le appartiene né creatura alcuna sono in grado d’influenzarla al punto di ostacolarla ofrenarla nella via dell’unione d’amore.


3. <strong>La</strong> seconda proprietà è data dalle tenebre spirituali di questa <strong>notte</strong>, per cui tutte le potenze <strong>della</strong>parte superiore dell’anima sono al buio. Perciò l’anima non vede né può vedere nulla, né si ferma innulla che non sia Dio, ma va diritto a lui. Ormai è libera da tutti gli ostacoli, forme, figure oconoscenze naturali che abitualmente le impediscono l’unione con l’essere eterno di Dio.4. <strong>La</strong> terza è questa: l’anima non è più attaccata a qualche particolare luce interiore dell’intelletto néad alcuna guida esterna per riceverne qualche conforto lungo questo arduo cammino; al contrario, inqueste dense tenebre è privata di tutto questo. Solo l’amore, che arde in lei lungo tutto questotempo, la spinge a offrire il suo cuore all’Amato, la muove, la guida e le consente di spiccare il voloverso il suo Dio attraverso il cammino <strong>della</strong> solitudine, senza sapere come ciò avvenga. Sicommenta il verso: Nella gioiosa <strong>notte</strong>.

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