Patate: attenti alla solanina!

Sapevate che le patate vanno mangiate sbucciate? In questo modo si riduce il contenuto di solanina, un alcaloide naturalmente presente nel tubero che ad alte dosi comporta rischi per la salute.

28 Settembre 2020  
Patate: attenti alla solanina! Salute naturale

Come il tabacco contiene la nicotina, i peperoni la capsicina, i pomodori la tomatina, così le patate contengono un alcaloide chiamato solanina.

Si tratta di una sostanza potenzialmente tossica - più di quanto non lo siano gli alcaloidi contenuti in peperoni, melanzane e pomodori - che si trova nei tuberi e rappresenta un efficace sistema chimico di difesa contro animali, insetti (come la dorifora) e funghi (peronospora, fusarium, alternaria, scabbia argentea, rizottonia).

La solanina diventa pericolosa se assunta in quantità superiore a 20 milligrammi per 100 grammi di prodotto fresco, ma non bisogna lasciarsi prendere dagli allarmismi. Infatti, perché si manifesti un inizio di intossicazione, è necessario che una persona del peso di 70 kg mangi, in un solo pasto, 2 kg di patate. I sintomi dell’avvelenamento appaiono dopo circa 8-12 ore dal pasto e si manifestano con nausea, vomito, diarrea, accelerazione del battito del cuore (tachicardia), dilatazione della pupilla (midriasi), depressione del sistema respiratorio e di quello cardiovascolare.

La solanina si concentra prevalentemente nella buccia e negli strati immediatamente sottostanti; tuttavia è presente anche nel resto del tubero, per cui ne vengono ingerite modeste quantità anche consumando patate sottoposte a un’abbondante pelatura.

La concentrazione della sostanza non dipende solo dalle tecniche di coltivazione, ma anche dallo stato e dalla conservazione dei tuberi dopo la raccolta. Dipende inoltre dalla varietà delle patate usate, perché a parità di condizioni di terra e coltura corrispondono diverse concentrazioni medie di solanina. Inoltre, sappiamo che tale sostanza si sviluppa in seguito all’esposizione dei tuberi alla luce solare, in conseguenza di danneggiamenti meccanici e anche in relazione alle tecniche di trasformazione.

Tutto questo è raccontato in dettaglio nel libro di Linda Sacchetti, Solanina: mangiare patate senza mal di pancia, Pentàgora (2013), di cui anticipiamo alcune conclusioni ricavate da una ricerca sperimentale seguita per due anni dall’autrice su incarico del Consorzio della Quarantina, in collaborazione con l’Università di Siena (prof.ssa Nadia Marchettini), presso il laboratorio chimico di Albenga della Cciaa di Savona.

Proprio perché si tratta di un sistema di difesa necessario alla patata in condizioni di particolare debolezza, la solanina è presente in maggiore concentrazione quando le patate:

• sono raccolte immature con la pianta ancora non completamente secca (attenti alle patate novelle!);

• presentano una colorazione verde sulla buccia per effetto dell’esposizione alla luce solare;

• presentano germogli;

• sono surmature, cioè iniziano ad appassire e mostrano una buccia raggrinzita;

• sono danneggiate o malate.

Questo ci insegna che le patate devono essere mangiate solo se sono state raccolte a completa maturazione (dopo che la pianta è seccata) e non oltre cinque mesi dalla loro raccolta, purché conservate al fresco e al buio. La ricerca ha inoltre mostrato altri aspetti estremamente importanti. Ne riportiamo in sintesi solo alcuni:

• le diverse varietà di patata, a parità di terra e trattamenti, presentano in percentuale diverse concentrazioni di solanina: si va dagli 8 mg/kg della Quarantina Prugnona ai 24 mg/kg della Desirée, venduta in tutti i negozi;

• la stessa varietà coltivata dallo stesso contadino nella stessa zona, con metodo biologico, presenta una quantità di solanina minore del 30% rispetto a quella coltivata con metodo convenzionale. Attenzione però: è inutile che siano «biologiche» se poi vengono esposte alla luce (quindi inverdite) e hanno i germogli già sviluppati;

• il metodo di cottura influenza la percentuale di solanina ingerita, e comunque questa sostanza non inizia a decomporsi che a partire da 243-260° C. Sono state eseguite prove con buccia e senza, cuocendo le patate in acqua, al vapore, tramite frittura, in forno e al microonde. Ebbene, la percentuale di solanina nelle patate bollite in acqua con la buccia è risultata 170 volte maggiore della percentuale rilevata nelle patate cotte senza buccia in pentola a pressione;

• le varietà tradizionali contengono di gran lunga meno solanina rispetto a quelle commerciali, come Kennebec, Sirtema, Tonde di Berlino e Desirée.

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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova

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