Calascibetta
Città “vittoriosa” ed equidistante dai tre mari

Comune di calascibetta
(Provincia di Enna)
Altitudine
m. 691 – 902 s.l.m.
Abitanti
4228

patrono

San Pietro in vincoli – Il primo lunedì del mese di agosto

info turismo

Comune, Via Conte Ruggero 14,
tel. 0935 569111

www.comune.calascibetta.en.it

Centro I.A.T.
Via Dante, 2
tel. 0935 1976330

Lo spirito del luogo

Il nome

Calat-Xibet è l’unione di due termini arabi: il prefisso qal’at, “castello”, seguito da xibet, “monte”, quindi “castello sulla vetta”.

La storia

Ai confini del Val di Noto, nel cuore della Sicilia, si eleva sul monte Xibet Calascibetta. La posizione geografica è stata da sempre un punto di forza della cittadina e dei suoi abitanti: infatti è pressoché equidistante dai tre mari che bagnano l’isola. Il barocco siciliano trova nelle città di Catania, Ragusa e Siracusa la sua massima espressione, pochi, però, conoscono il confine nord di questo antico Vallo, posizionato nel centro dell’isola. Calascibetta, tra i centri meno famosi di quest’area, appunto, del Val di Noto, offre una storia unica nel suo genere, diversificata dal proprio ambito territoriale. Il nucleo storico mantiene il suo impianto medievale e vanta origini normanne legate a Ruggero d’Hauteville (Altavilla), dal quale ricevette un primo grande apporto allo sviluppo urbano.

Fra siti sino a ieri dimenticati e leggi speciali, la città ebbe nel passato un ruolo eccezionale e completamente diverso da quello odierno. In particolare una legge, speciale nel suo genere, fece sì che si avvalesse di privilegi e franchigie riservate a lei ed a poche altre città della Sicilia, il cosiddetto diritto della “Legazia Apostolica” o “Monarchia Sicula”. Questo diritto regio, in Sicilia, era applicabile solo alle città demaniali e fu ritenuto, a ragione, “la gemma più preziosa dei re di Sicilia”, grazie al quale i sovrani dell’isola dall’XI sec. al 1929 diedero vita al loro sistema di Governo Ecclesiastico, che prese il nome di “Monarchia Sicula”; da ciò Calascibetta trasse notevoli vantaggi, fino ad ottenere il 24° posto nel Parlamento Siciliano.

La Sicilia, infatti, vanta il più antico Parlamento d’Europa; di conseguenza la nostra cittadina si trovò contemporaneamente ad avere rapporti costanti e privilegiati con il potere regio. La città, inoltre, era conosciuta come una delle 57 comunità ebraiche di Sicilia; gli ebrei vi abitarono già dal XIV secolo, in una giudecca, allora esterna al centro abitato, ed erano dediti ai commerci, all’usura ed all’artigianato. La loro presenza, senza dubbio, costituiva una sorta d’indicatore del tenore di vita cittadino. Durante la dominazione spagnola, la città demaniale diventò anche “Capocomarca” di un comprensorio di sette comuni. I primi ritrovamenti archeologici documentati della Sicilia riguardano il territorio di Calascibetta e risalgono al novembre del 1456, quando Antonio Raffo Spatafora, Presidente del Regno, incaricò un ufficiale per eseguire scavi “… appressu la porta di la parti versu Castrogiovanni….”. La peculiarità storica e culturale di Calascibetta le conferisce una tipicità particolare, poiché luoghi, fatti storici, privilegi e prerogative di questo centro sono ineguagliabili. Il suo notevole patrimonio archeologico, artistico e storico è noto a pochi, i relativi reperti sono frammentati in diversi musei siciliani, sicuramente apprezzati, ma attualmente non valorizzati. La presenza dell’uomo in questo territorio è stata documentata dall’età del rame: ne sono una testimonianza i reperti ospitati nei musei delle Soprintendenze ai BB.CC.AA. di Enna e di Siracusa. L’attuale centro urbano mostra segni ancora tangibili e ben conservati, come il tessuto urbano ingrottato, risalente all’epoca troglodita e piccole tracce di quello bizantino. Nell’851 nasce il quartiere arabo, di modeste dimensioni ed arroccato sulla sommità del monte Xibet. Il nome CalatXibet deriva dall’arabo: il prefisso Càlat significa rocca fortificata dalla natura, seguito dal nome del monte Xibet, da cui è derivato nel tempo il nome “Calascibetta”. Nella storia più recente, a partire dall’XI secolo, cacciati gli arabi dalla rocca, vi si insediarono i normanni con il Conte Ruggero d’Altavilla (Hauteville), figlio di Tancredi, che scelse Calascibetta per il trentennale assedio della roccaforte di Enna. Oggi ne costituisce testimonianza la Torre Normanna, anche conosciuta come Torre campanaria di S. Pietro.

Ai normanni seguirono gli aragonesi con re Pietro II d’Aragona, il quale edificò, nel 1340, la Regia 1 Cappella Palatina, la seconda della Sicilia, dotandola d’ulteriori feudi. Alla città rupestre si è successivamente sovrapposta quella costruita, nascondendone alla vista la prima: sono, infatti, numerose le grotte e caverne, a volte comunicanti fra loro, scavate nella roccia, dimore di una civiltà troglodita. Queste tracce di antichi insediamenti stratificati, d’indubbio valore, evidenziano un singolare tessuto urbanistico. La Sicilia dal punto di vista amministrativo fu ripartita dagli arabi in tre Valli, mentre dal XVII sec. i tre Valli furono ancora suddivisi in 44 comarche. Le ripartizioni amministrative più circoscritte, denominate comarche, comprendevano diversi comuni con a capo una città demaniale, cioè appartenente al patrimonio dello Stato. Calascibetta, in quanto città libera e Capo Comarca, come ricordato dagli storici Fazello ed Amico nelle loro opere, ebbe fino al 1818 il comando e l’autorità su sette paesi: Valguarnera, Villarosa, Villapriolo, S. Caterina Villarmosa, Caltanissetta e San Cataldo. Durante la dominazione spagnola, nella cittadina ennese fiorirono nuove chiese e monasteri vari, di notevoli valenze architettoniche e culturali. Gli orizzonti sconfinati ed i panorami mozzafiato ne arricchiscono il patrimonio intrinseco, tanto da lasciare incantato il visitatore. L’unicità di questa città si riscontra anche nel suo antico sistema viario esterno, in parte ancora oggi conservato. Erano dodici le regie trazzere (il termine trazzera significa strada diritta) che partivano da Calascibetta; quelle antiche vie, larghe 36 m. nelle dimensioni minime, avevano origine dalla città o dalle sue propaggini e si distribuivano a raggiera, collegandola soprattutto con i tre mari che bagnano la Sicilia.

Piazza Umberto I – Villa Co,unale e Chiesa di Maria SS del Monte Carmelo

Lungo la piazza Umberto I, dove primeggia un’imponente fontana marmorea con statue in bronzo di cui una è allegoria della città di Calascibetta. La piazza ornata da piante, alberi e arbusti, sovrasta in parte la Villa Comunale, dove possiamo ammirare la Venere di Sicilia ad opera dello scultore G. Balderi: è una statua in pietra di Comiso commissionata dal Comune di Calascibetta in occasione dei 150 anni dell’Unità di Italia. Presente è anche la lapide sepolcrale dell’architetto Tabita del 1586, realizzata in bassorilievo sulla particolare pietra locale petra di cutu. Lo slargo ricompreso tra Piazza Umberto I e Via Dante, oggi intitolato all’on. Giuseppe D’Angelo, è dominato dalla chiesa Maria SS. Del Monte Carmelo. Al suo interno, fra le varie opere, l’Annunciazione attribuita ad Antonello Gagini. L’attuale via Dante, il Municipio, la casa parrocchiale, la villa comunale e la chiesa della SS. Trinità facevano parte, in origine, del monastero dei Carmelitani. Dell’antica chiesa del XIV secolo rimane il gruppo marmoreo dell’ “Annunciazione” attribuita ad Antonello Gagini trasferito nel 1771 nella chiesa attuale. Nei secoli successivi fu fondata la Congregazione di Maria SS. Del Monte Carmelo, il cui scopo principale era la venerazione della “Cappella di Maria SS. Del Monte Carmelo”. I cosiddetti “capitoli” regolavano la vita associativa in ogni dettaglio. L’associazione si impegnò in atti di solidarietà tra i soci, quando la protezione sociale pubblica era inesistente, garantendo sostegno agli agricoltori che spesso si trovavano in difficoltà. L’associazione diede vita anche alla costituzione dei “monti frumentari” o “colonna frumentaria”, il ricorrere a tale risorsa veniva chiamato “succursu” (soccorso). L’ordine dei carmelitani di Calascibetta fu soppresso nel 1659 e ripristinato nel 1665.Sulla piazza centrale si staglia la Chiesa di Maria SS. del Carmelo, costruita nel 1771 dai Carmelitani, alla quale era connesso il Convento. La Chiesa ad una sola navata, conserva sull’altare maggiore il gruppo marmoreo raffigurante l’Annunciazione del Gagini.

 

Grotte di via Carcere

Questo sito fa parte del circuito Camminare nella Storia. Uno dei sette itinerari di tale percorso Reliquie rupestri sulle trazzere di Calascibetta, invita a visitare alcuni luoghi di Calascibetta: Grotte di Via Carcere, Necropoli di Realmese e Villaggio Bizantino. Il sito rupestre delle Grotte di Via Carcere è scavato nella calcarenite ed utilizzato nel periodo medievale come carcere della città. Presenta delle grotte a vari livelli, fino a raggiungere il terzo piano, ben visibili dall’esterno. La roccia ingloba delle magnifiche conchiglie fossili di ostriche plioceniche. Il sito rupestre di Calascibetta che comprende oltre mille grotte sparse nella parte alta della città ed abilmente nascoste dalle moderne costruzioni antistanti, fu descritto dal famoso viaggiatore tedesco J.W. Goethe nel suo “Viaggio in Italia” che così riferiva: “Calascibetta è posta in una posizione estremamente panoramica ad anfiteatro sopra una rupe sforacchiata di grotte” e concludeva dicendo “ma chi poteva immaginare a godere tale spettacolo”.

 

Chiesa di San Domenico

oggi Parrocchia Ortodossa San Giovanni Battista adeguata al culto ortodosso presenta una iconostasi in legno, donata dai fedeli. Di pregevole fattura è l’acquasantiera posta a sinistra entrando, la stessa riporta sotto il bordo in lingua latina una dicitura sulla commissione del manufatto ad opera di Antonio Lo Vecchio. Nel 1523, i frati Domenicani abitarono in un convento fuori l’abitato, ma era talmente povero che i frati lo abbandonarono. Richiamati successivamente nel 1573 eressero un altro convento sulle rovine della Porta dell’Aquila, di cui oggi rimangono l’ex monastero e l’attuale chiesa di San Domenico. Il monastero, poiché era dotato di pochissime rendite fu nuovamente abbandonato nell’anno 1659. Lungo la facciata dell’antico monastero di via Conte Ruggero è ancora visibile un orologio solare.

 

 

Piazza S. Pietro (slargo medievale)

Accanto alla Chiesa Fortezza di S. Pietro, la Torre Normanna, fatta erigere dal Conte Ruggero d’Altavilla per contrastare gli arabi di Castrogiovanni che fino al 1091 (anno della conquista di Castrogiovanni da parte dei Normanni) professavano la fede musulmana.

 

Chiesa Madre dedicata a S.Pietro e Regia Cappella Palatina

La Chiesa costruita dal re Pietro II d’Aragona nel 1340, è senza dubbio il monumento più importante della città, lo stesso re la elevò a Regia Cappella Palatina. Essa ha pianta basilicale a tre navate, con caratteristiche architettoniche particolari e numerosi bassorilievi d’arte catalano-aragonese tipica delle grandi Cattedrali di Sicilia. Su tutti i bassorilievi s’impongono la figura di Pietro II d’Aragona riportata sulla seconda base a sinistra e quello di un tricipitium piccolo bassorilievo enigmatico, del tutto originale, riportato sulla quarta base destra, tutto realizzato con la pietra di cutu. Nella navata sinistra, si trova ubicata la cappella del fonte battesimale, in alto nella vecchia parete esterna rimane superstite, un’antica finestra dell’originaria facciata sostituita intorno al 1750, perché gravemente danneggiata dal terremoto del 1693. I tesori inestimabili della Regia Cappella Palatina sono esposti presso il Museo Diocesano di Caltanissetta, ed occupano un’area espositiva notevole.

 

Convento dei Frati Cappuccini

Fu costruito nel 1589 dall’ordine dei Frati Minori francescani. La data si può ammirare su un gradino sottostante il portone. Il Convento custodisce la tela più importante del pittore fiorentino Filippo Paladini che fu realizzata nel 1610 e raffigura l’Adorazione dei Magi. All’interno si conserva un inestimabile archivio antico su vari manoscritti.

 

Necropoli di Realmese

È la seconda necropoli pantalicana della Sicilia datata IX – VI sec. a.C.

La regia trazzera Calascibetta – Gangi attraversa l’area della necropoli di Realmese, all’interno della quale si possono ancora notare un tratto dell’antica pavimentazione lastricata con basole di pietra di “cutu” (arenaria compatta) ed un tratto scavata nella roccia viva.

La regia trazzera Calascibetta – Gangi, passa attraverso le campagne dell’area xibetana, per giungere al borgo di Cacchiamo, nelle vicinanze della cappella privata di S. Giuseppe, caratterizzata da affreschi del XVIII sec. ed annessa alla villa-masseria appartenuta al barone Bongiorno di Gangi. L’antica arteria proseguiva per l’attuale strada detta della “Menta” e costeggiando Bordonaro e l’antico castello di Re Giovanni a pochi chilometri da Cacchiamo prosegue per Gangi raggiungendo successivamente la città di Cefalù sul mar Tirreno. La necropoli di Realmese dell’IX e VI sec. a.C. è caratterizzata da 288 tombe a grotticella del tipo Pantalicano, ci troviamo in età protostorica (IX sec. a. C.), seguita da un riutilizzo in età arcaica (VI sec. a.C.).

 

Caratterizzata da 288 tombe a grotticella del tipo Pantalicano, durante la campagna di scavi di questo sito archeologico, eseguita negli anni 1949-1950 sotto la guida di Luigi Bernabò Brea, furono rinvenuti reperti in terracotta ed in rame e da ceramiche, coltellini a fiamma, anelli digitali, orecchini e fibule, nonché di corredi miniaturizzati esposti, insieme ad una gigantografia in bianco e nero del sito durante i lavori di scavo, nel Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Tracce dell’uso del sito in epoca bizantina sono state individuate all’interno di una tomba a camera dell’età del Bronzo Finale. Tale sepoltura presenta una pianta quadrangolare con copertura interna piana. Al suo interno, sulla parete destra, si apre una grande nicchia, mentre a sinistra una panchina è stata intagliata nella roccia, per cui si ritiene che in età bizantina la tomba fosse utilizzata come abitazione.

 

Villaggio Bizantino – Canalotto

È un insediamento rupestre d’epoca tardo romana – bizantina. Nell’anno 535 iniziava in Sicilia l’occupazione bizantina con il generale Belisario; le sue conquiste si spinsero anche nel centro dell’Isola, modificando così usi e costumi della popolazione locale. I conquistatori bizantini portarono nell’isola il loro patrimonio formale ed iconografico del cristianesimo primitivo. Durante la dominazione bizantina, la popolazione dell’attuale Calascibetta viveva in piccoli villaggi, nelle campagne distanti solo pochi chilometri dall’attuale centro abitato. In seguito alla conquista araba, le popolazioni delle campagne si trasferirono gradualmente sulla parte più alta di Calascibetta dove troviamo il primo nucleo arabo caratterizzato da stradine strette e tortuose, come le Vie Balata e S. Agata, occupando le dimore rupestri dei primi abitatori trogloditi.

La regia trazzera Calascibetta – Alimena costituisce la naturale prosecuzione in direzione nord della regia trazzera Calascibetta – Palagonia, mentre l’intero tracciato si chiamava Siracusa Thermai, l’antica arteria passando da Calascibetta che conduceva appunto all’odierna Termini Imerese.

Ancora una volta anche questo antichissimo tacciato rivela un passato storico ricco di testimonianze legate ai primi secoli della cristianità. A circa mezzo chilometro da questa importante arteria in contrada Canalotto ed a soli cinque minuti di macchina dal centro abitato di Calascibetta troviamo un intero villaggio rupestre sviluppatosi in epoca bizantina. La comunità poteva contare su ambienti rupestri per gli usi civili e religiosi. Gli abitanti si erano organizzati per vivere con una certa autonomia; essi avevano trovato il modo di raccogliere le acque dilavanti sulle rocce tramite delle incisioni che alle volte diventano piccoli canaloni i quali convogliano le acque meteoriche in recipienti scavati nella roccia, che a loro volta venivano suddivise in piccole vasche di utilizzo pratico.

Il sito risalente probabilmente al VI a.C., è posto su sede acquifera ed è il sito più completo, comprende due chiese rupestri a due piani ed una trentina di grotte anche a diversi piani, utilizzate come abitazioni, sia successivamente che recentemente, adibite a ricovero per animali. Sopra la porta di una di queste grotte si distingue chiaramente una croce incisa sulla roccia a testimonianza della loro fede cristiana. Sulle pareti si notano le piccole bacheche scavate nella roccia, che servivano per la deposizione delle urne e vasi cinerari, poiché il culto dei morti seguiva ancora il rituale dell’impero romano: i defunti venivano cremati e le ceneri raccolte in vasi.

Il villaggio poteva contare anche sul supporto idrico del torrente che scorre alla base, che si riversa nel fiume Morello che scorre a circa sette chilometri di distanza. Nelle civiltà antiche le comunità si insediavano molto spesso in luoghi forniti di risorse idriche.

Gli abitanti avevano trovato il modo di raccogliere le acque dilavanti sulle rocce tramite delle incisioni che alle volte diventano piccoli canaloni i quali convogliavano le acque meteoriche in recipienti scavati nella roccia che a loro volta venivano suddivise in piccole vasche di utilizzo pratico. Durante la dominazione bizantina, la popolazione dell’attuale Calascibetta viveva in piccoli villaggi, nelle campagne distanti solo pochi chilometri dall’attuale centro abitato. In seguito alla conquista araba le popolazioni delle campagne si trasferirono gradualmente sulla parte più alta di Calascibetta, dove troviamo il primo nucleo arabo in grotte scavate nella roccia e caratterizzato da stradine strette e tortuose, come le Vie Balata e S. Agata.

Il primo sabato di settembre si svolge la Sagra della Salsiccia, nell’ambito della Festa della Madonna di Buonriposo che dura fino al lunedì successivo e prevede, la domenica, il Palio dei Berberi, un’avvincente corsa di cavalli, cavalcati rigorosamente al pelo, che ha origine nel IX secolo, quando i coloni arabi vivevano nelle vicinanze della fortezza di Calat-Xibet e facevano festa con le giostre dei cavalieri e le cavalcate nei boschi.

 

Il Presepe vivente, allestito in uno scenario naturale di grotte, richiama la Betlemme di duemila anni fa, anche grazie ai figuranti in costume che interpretano antichi mestieri.

I due prodotti tipici sono il piacentinu ennese Dop, formaggio stagionato a pasta compatta ottenuto con latte ovino intero, e gli sgrinfiati, biscotti di mandorle e scorza d’arancia a forma di rombo.

Piaceri e Sapori

A pochi km dal centro abitato gli impianti sportivi, un campo di calcio a 11 in erba sintetica di recentissima realizzazione, il circolo tennis con tre campi (due in terra battuta di ultima generazione ed uno in cemento) una struttura polivalente coperta, un campo ippico ed un’area di tiro con l’arco ed a breve un campo di calcetto a 7, un’area polivalente per la pallavolo ed il basket ed un campo di padel. La spazio antistante gli impianti sportivi è altresì attrezzato per ospitare camper e roulotte.  A pochi metri dal polo sportivo, all’interno del boschetto di querce secolari, sorgerà il parco avventura, con area attrezzata per pic-nic e barbecue ed il noleggio di ebike.

Di recente istituzione il Geopark Center “Leonardo Macaluso” sito a Cacchiamo (piccolo borgo di poco più di 100 abitanti, frazione di Calascibetta). Un centro di accoglienza e promozione geoturistico, multimediale e tecnologico, sulla valorizzazione della scogliera corallina che sorge a sud del centro abitato. Un museo d’avanguardia volto a favorire il turismo esperienziale di tutto il comprensorio.

A breve sarà realizzato un museo multimediale che racconterà attraverso la realtà aumentata gli insediamenti rupestri che hanno caratterizzato la storia della città

MARZO – APRILE

Domenica delle Palme: La manifestazione ha inizio la Domenica mattina con una processione che sfila per le vie del paese; a differenza delle altre processioni a sfilare è un bambino, diverso ogni anno, in sella ad un asino circondato da dodici uomini con delle vesti tipiche dell’epoca, i dodici Apostoli. La processione si conclude con l’arrivo alla Chiesa Madre e con la Santa Messa e al termine si mette in scena una piccola rappresentazione: gli apostoli assopiti non si accorgono della scomparsa nel tempio del bambino e al loro risveglio iniziano la ricerca; il tutto si conclude con il ritrovamento di Gesù e un forte applauso di coloro i quali hanno partecipato alla Santa Messa durante la quale vengono benedetti rami d’ulivo e di palma. (domenica delle Palme)

 

Domenica di Pasqua: Vi è una processione con la statua del Cristo Risorto in piazza Umberto I la congregazione dell’Itria insieme all’associazione S. Antonio di Padova. La statua del Cristo viene lasciata sul sagrato della Chiesa del Carmelo mentre le confraternite proseguono la processione fino alla Chiesa di S. Antonio dove ad attendere c’è la confraternita Cuore di Gesù che prende la statua della Madonna con il manto nero, che simboleggia il lutto e il dolore della Madre di Gesù; tutti si spostano in processione verso la piazza Umberto I per il tanto atteso ‘u ncuntru: le due statue si vedono in lontananza, poi viene fatto scivolare di colpo il manto nero della Madonna, in seguito, portate a spalla, dopo una corsa veloce si fanno incontrare al centro della piazza al suono dell’inno pontificio della banda cittadina muovendosi simultaneamente in alto e in basso in segno di benedizione. La manifestazione si conclude con la processione fino alla chiesa Madre dove viene celebrata la santa Messa di Pasqua. (Pasqua)

 

MAGGIO

Festa della Madonna del Carmelo: I festeggiamenti iniziano con il triduo: tre celebrazioni Eucaristiche rispettivamente nelle sere del giovedì, venerdì e sabato, come preparazione spirituale al giorno centrale della festività della Madonna (domenica). La domenica alle otto del mattino il paese viene “svegliato” dai colpi di cannone e dalla banda musicale che allieta le vie della città. Continua nel pomeriggio con la solenne celebrazione Eucaristica e a seguire la processione con il simulacro grande della Madonna. Oltre ai confratelli della Congregazione del Monte Carmelo, partecipano le altre confraternite e associazioni religiose del paese stesso e provenienti da altre città sicule. La festività si conclude con spettacolari giochi pirotecnici. (seconda domenica di Maggio)

 

AGOSTO

Festa di San Pietro Apostolo: La festa dura tre giorni ed è particolarmente vissuta dalle Confraternite religiose che, con sforzi non indifferenti, la organizzano con la collaborazione della locale Pro-Loco e dell’Amministrazione comunale. Durante i tre giorni, il Paese si anima: bande e complessi musicali allietano le giornate. La festività si conclude con la solenne processione del fercolo del Santo Patrono portato a spalla dai fedeli della Confraternita a Lui dedicata. Per l’occasione, le strade cittadine sono riccamente illuminate con luci variopinte (archiggiati).  (Primo sabato, prima domenica e primo lunedì di agosto)

 

SETTEMBRE

Sagra della Salsiccia e Festa di Maria SS del Buonriposo

La manifestazione si svolge in tre giorni, il primo sabato , domenica e lunedì del mese di settembre, La giornata del sabato è incentrata sulla Sagra della salsiccia, vissuta, proprio, come custode del patrimonio enogastronomico territoriale e che include una rassegna di spettacoli della tradizione siciliana Una festa che unisce la sacralità dell’adorazione della Madonna di Buonriposo e la profanità dell’antichissimo Palio dei Berberi che ha origine nel lontano 800 a.C., quando i coloni arabi si stabiliscono nelle vicinanze della fortezza Kalat-Shibet costruita per espugnare Enna. Queste genti berbere amavano le feste con le immancabili giostre e i pali corsi da abili cavalieri con stupendi cavali tra percorsi alternati da boschi, ruscelli, salite e pianure per giungere all’attuale “chianu a cursa”, dove oggi rivive la corsa berbera.

La domenica, rivive una delle tradizioni arabe di cultura popolare il millenario PALIO DEI BERBERI, un’avvincente corsa di cavalli, veri protagonisti della manifestazione, cavalcati rigorosamente a pelo (senza sella) tra gli inebrianti profumi del timo e d’altre erbe selvatiche. Questa consuetudine fu portata a Calascibetta dai berberi, gente araba con usi e costumi diversi dalla popolazione autoctona. Si insediarono in Sicilia a partire dall’anno 827 a Mazara del Vallo e dall’anno 851 nella nostra Calascibetta. Il suo percorso originario, secondo la tradizione, partiva dalle pendici della necropoli pantalicana di Realmese, mentre l’attuale tratto rivisto solo qualche secolo fa ricalca solamente l’ultimo tratto dell’antico tracciato, denominato “A testa a cursa” la testa della corsa. Nel folklore di Buonriposo non mancano l’Antinna (albero della cuccagna), la rottura de ‘i pignateddri (rottura delle pignatte) e la corsa nei sacchi giochi che si svolgono nei pressi del Santuario dedicato a Maria SS. del Buonriposo e che ogni anno tornano, quasi a mantenere vive le tradizioni di un passato che ritorna sempre vivo.

 

DICEMBRE

Presepe vivente

Il presepe allestito in una location naturalistica, estremamente panoramica, ricca di aggrottati e scenari naturali che fanno da background ad un paesaggio quasi surreale che rappresenta uno spaccato di vita vera, dove gli oltre 100 figuranti reinterpretano antichi mestieri e in una tre giorni fanno rivivere l’atmosfera che duemila anni fa si respirava a Betlemme. Il visitatore, accompagnato passo passo all’interno del percorso, si sentirà parte di quel viaggio… Perché vivrà tra la gente di allora… Respirerà i profumi di allora… Assaggerà i sapori di allora ed alla fine si sentirà profondamente arricchito da un’esperienza che non ha eguali.

Sicuramente a far da padrona la salsiccia di maiale nero, la cui sagra è rinomata in tutta l’Isola e si tiene il primo sabato di settembre, in concomitanza con la festività religiosa di Maria SS del Buonriposo, nell’omonimo pianoro.

Molto apprezzati sono gli “sgrinfiati” dolci di mandorla duri, tipici della tradizione natalizia

Sgrinfiati – Dolce tipico di Calascibetta il cui ingrediente principe sono le mandorle. Bisogna tostare le mandorle e poi cuocerle con acqua, zucchero, scorza d’arancia, sfumando il tutto con un liquore secco; il composto va poi unito alla farina già setacciata. Si ricavano così i tipici biscotti romboidali.

 

Piacentinu Ennese DOP- Formaggio stagionato a pasta compatta pressata, ottenuto con latte ovino intero, crudo ad acidità naturale di fermentazione, prodotto dalle razze ovine autoctone siciliane Comisana, Pinzirita, Valle del Belice e loro meticci. Il Latte proveniente da un massimo di due munte portato ad una temperatura di 38° entro 24h, posto dentro contenitori in legno e viene arricchito di zafferano e coagulato con caglio di agnello. La cagliata viene fatta spurgare del siero dentro canestri di giunco e frugata con tecniche tradizionali. Stufatura in scotta e salatura a secco. Stagionatura in locali ventilati per un minimo di 60 giorni dalla produzione.