17 luglio 2022 - 07:35

Carolina Morace: «Dopo Tommasi a Verona pronta a candidarmi sindaco di Venezia. Il calcio e le donne? Italia 20 anni indietro rispetto agli altri»

La storica capitana, oggi commentatrice tv: «Col Belgio si può fare risultato e passare il turno. L’Italia è troppo maschilista. Il mio coming out? Nel calcio degli uomini sarebbe più complicato»

di Andrea Pistore

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Carolina Morace, 58 anni, sul campo e fuori (archivio)
Carolina Morace, 58 anni, sul campo e fuori (archivio)

Nel 1995 è stata eletta miglior calciatrice del mondo. Carolina Morace (58 anni) è la donna dei record: la storica capitana azzurra per 12 volte è stata capocannoniere in serie A, ha conquistato altrettanti scudetti e dal 2014 è nella Hall of Fame del football italiano. Laureata in giurisprudenza, avvocato, allenatrice, lavora in tv come commentatrice e in questi giorni dall’Inghilterra segue la Nazionale impegnata nelle fasi finali degli Europei.

Morace, l’Italia ce la farà a superare la fase a gironi?
«Col Belgio si può fare risultato e passare il turno. E’ un Europeo difficile, ci sono formazioni che stanno centrando i pronostici della vigilia e altre che hanno deluso. Il risultato della prima partita con la Francia ha sconvolto tutti (5-1) ma si poteva immaginare visto il livello delle avversarie. Mi spiace che alla squadra siano piovute addosso tutte quelle critiche».

In Inghilterra che clima si respira?
«L’atmosfera negli stadi è strepitosa. Qui le donne sono professioniste da 10 anni, la passione non nasce dal nulla. La Premier è seguita, è stata creata e incentivata».

Cosa che in Italia non è ancora successa…
«La prossima stagione sancirà il passaggio delle atlete al professionismo ma non vedo ancora un “main sponsor” del campionato e senza è difficile fare il salto di qualità. Serve una giusta politica per far incrementare la base delle tesserate. Devono essere i dirigenti a portare avanti i progetti, non le giocatrici ad auto alimentarsi. Bisogna recuperare 20 anni di gap con gli altri Paesi europei. La Francia è stata battuta l’ultima volta dall’Italia 20 anni fa e c’ero io in panchina. Al tempo eravamo al loro livello, poi gli altri sono cresciuti, noi siamo rimasti lì».

Soluzioni?
«Si potrebbe dare gratuitamente i diritti televisivi del campionato alla Rai così che le partite vengano trasmesse in chiaro».

Lei sarebbe in grado di guidare la Lega Calcio?
«Col carattere che ho presumo di sì, ma in Italia le persone intelligenti e indipendenti fanno paura».

Parliamo della sua infanzia, come si è avvicinata al pallone?
«Mio padre era un ufficiale di Marina, abitavamo in una zona di Venezia dove c’erano due campi da calcio. Giocavo sempre e mi sono innamorata di questo sport. In estate facevamo i tornei in spiaggia. Ero l’unica donna che vi partecipava».

I compagni l’hanno mai allontanata?
«Ero più forte di loro, mi hanno sempre rispettata anche perché vincevo la classifica dei cannonieri».

Da lì è partita una carriera infinita, il momento più bello?
«Quando segnai quattro reti a Wembley contro l’Inghilterra nel tempio del calcio mondiale. Nessun atleta, maschio o femmina, ha mai più battuto quel record».

Lei è stata anche la prima donna ad allenare una squadra professionistica maschile in Italia (Viterbese nel 1999), come nacque l’idea?
«Il presidente Luciano Gaucci aveva letto su un quotidiano che mi ero accordata per guidare una prima categoria maschile e prese ispirazione. Accettai subito. All’esordio in campionato la curva mi dedicò una coreografia tutta rosa. All’inizio c’era curiosità, poi tutti hanno capito che ero un coach come gli altri».

Nessun’altra ci è più riuscita, come mai?
«Perché l’Italia è un paese maschilista. Non abbiamo mai avuto neanche un primo ministro donna e ancora ci stupiamo quando una donna è ai livelli apicali della società».

Uno sportivo o una sportiva che ammira?
«Nel calcio Gianluca Vialli, esterna al pallone Sara Simeoni».

Nel 2020 ha sentito l’esigenza di fare coming out, come mai?
«Perché mia moglie che è australiana mi ha fatto capire che non esiste un amore di serie A e uno di serie B. Viviamo una storia pulita, mi aspettavo qualche insulto sui social ma ogni volta che posto una foto riceviamo tanti complimenti».

Perché nel mondo maschile è difficile che accada una cosa simile?
«Uscire allo scoperto è complicato, un calciatore verrebbe insultato dalla tifoseria avversaria. In Italia si fa ancora troppo poco per l’integrazione. Serve partire dalle scuole, insegnare il rispetto e anche il mondo della politica dovrebbe lavorare di più».

L’elezione di Damiano Tommasi a sindaco di Verona l’ha stupita?
«Ha sempre dimostrato di essere serio ed equilibrato nei suoi incarichi, quindi non più di tanto. A tal proposito posso raccontarle una cosa?»

Prego..
«Dopo la sua vittoria tante associazioni di Venezia mi hanno chiamato per chiedermi di candidarmi alle comunali del 2025. Sono una persona seria, mi piacciono i progetti ben costruiti e farei una cosa del genere solo se avessi le spalle coperte da una squadra solida dietro».

Ci sta dicendo che le piacerebbe diventare sindaco di Venezia?
«Vorrei fare qualcosa per la mia città che è la più bella del mondo. Magari se ci saranno le condizioni giuste ci proverò. Non mi interessano le poltrone ma gli orizzonti. Felice Casson, ad esempio, si mise in gioco, aveva un progetto serio ma non ce l’ha fatta. Sono rimasta delusa a scoprire che non siamo riusciti a eleggerlo».

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