«Tavullia è come la Mecca, è un polo religioso, con i suoi pellegrini che arrivano da vicino e da lontano. Dall’Italia e dall’estero». Paride, tra i pionieri del fan club di Valentino Rossi spiega tra un cappuccino e una brioche che sorseggia in piedi davanti al bancone del bar Rossi (nessuna omonimia, perché il proprietario è proprio il campione) che cosa sia diventato in 25 anni (tanti quanto lunga è stata la carriera del campione nato a Urbino ma cresciuto qui) questo piccolo Comune delle Marche del nord dove lo sguardo si perde tra San Marino e la Riviera Romagnola più che tra Pesaro e Urbino. «Dopo l’uscita di scena – spiega un centauro arrivato da Torino – qui ci sarà ancora più gente perché le sue gesta avranno una eco ancora più mitica con le radici nel passato». A sentire residenti e «pellegrini», infatti, il ritiro di Valentino Rossi, fresco di annuncio, suscita una malinconia orfana di stupore.
Anche perché la presenza del campione dei nove motomondiali è una costante. Racconta la signora Berta, titolare dell’edicola centrale del paese accogliente come una casa un po’ all’antica che «Valentino è un bravo ragazzo». Lo dice con fare materno ma scanzonato prima di ricordare che «esce ancora con gli amici dell’asilo e della scuola, si vedono e si ritrovano qui in paese. Valentino è legato proprio a questa terra. Quando era piccolo andava in parrocchia, seguiva le lezioni di Don Cesare con i suoi coetanei ed era l’unico con le ginocchia sbucciate perché già correva. Ora corre nel ranch, nella sua pista con i più giovani. Lo fa per loro. Quanto al povero Don Cesare che è morto, due anni fa Valentino lo chiamò apposta per fargli benedire la casa che aveva fatto costruire e dove ora del resto vive. Non capita spesso ai giorni d’oggi».
Il ranch, poco fuori Tavullia è un circuito, una pista personale che il pilota ha fatto costruire anni fa. Non si può non scorgervi una certa mania di grandezza: non ci si può accedere eppure la visione di questo enorme serpentone domina la vallata dal basso come un castello che però di solito sta in alto. E come se non bastasse la strada asfaltata che si affaccia sulla provinciale si snoda lungo una serie infinita di tornanti che conducono di fronte a una sbarra: è proprietà privata, non si entra c’è una scaletta di legno che illude di poter scavalcare un recinto che beffardamente è chiuso. Ci hanno provato alcuni turisti tedeschi in sella alle loro mountain bike. Ma niente da fare, sono stati costretti a risalire dopo uno sguardo a un cartello per loro indecifrabile su cui le scritte dei fan in italiano sono fresche di inchiostro di indelebile: «Non abbandonare Vale». A loro, i ciclisti teutonici era restato un chilometro di strada in salita ripida a sudare e pedalare
Non ci si può credere: a girare per le vie di Tavullia ci si imbatte in un flusso continuo di persone in continuo pellegrinaggio tra gigantografie di Valentino Rossi appese alle mura e alle, alle bandiere sbiadite che sventolano oramai da decenni sui cancelli dei residenti. A Coriano, che si intravede dalle terrazze panoramiche di Tavullia il ricordo di Marco Simoncelli è vivo suscita la commozione ed è quasi superfluo spiegarne il perché. Si cercano tracce di eroi scomparsi nei luoghi che a loro appartengono.
Ma a Tavullia questo discorso non ha ragion d’essere per ovvi motivi. E in un giorno qualunque — ma neanche troppo — di agosto e con un’afa che toglie il respiro a ogni gradino capita pure di imbattersi in una coppia di turisti in vacanza arrivati dall’Alsazia che in un francese misto a italiano abbozzato dicono solo “Valentino” e indicano lo shop con il merchandising griffato Vr46 di fianco al “suo” bar, dove la fila pare quella di un museo con le transenne anti assembramento e le persone in fila rigorosa con la mascherina. C’è un rombo di moto continuo, centauri di passaggio alcuni venuti apposta, altri di passaggio in cerca di curve e panorami. «Abbiamo fatto una piccola deviazione eravamo poco lontani» dicono alcuni. Ma non Saverio, Andrea e Massimiliano: sono due trentini e un riccionese, amici da una vita, camminano nel centro storico e si sporgono dalle terrazze. «Quella è Portoverde a Misano» esclama Andrea, riccionese e «guida» del gruppetto. A chiedere loro cosa ci fanno qui la risposta è semplice. «Si respira aria di gloria, di storia, di motociclismo». Guardano in basso. C’è un piccolo parco giochi per bimbi dedicato a Valentino Rossi. C’è anche un piccolo podio, ma i bambini sono pochi. «Ci siamo fermati qui perché lui è un patito di moto e corse», spiega ridendo una ragazza mentre telefono alla mano si prepara a scattare una foto al marito, in posa con un sorriso da bambino. In piedi sul podio, naturalmente.
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