13 agosto 2021 - 09:56

Tavullia, nella «Mecca» di Valentino Rossi. «Ragazzo semplice, esce ancora con gli amici d’infanzia»

Viaggio nel paese del campione dopo l’annuncio del ritiro. Turisti anche dalla Francia, tutti in coda al negozio di gadget. Al ranch un cartello: «Vale non abbandonare»

di Enea Conti

shadow

«Tavullia è come la Mecca, è un polo religioso, con i suoi pellegrini che arrivano da vicino e da lontano. Dall’Italia e dall’estero». Paride, tra i pionieri del fan club di Valentino Rossi spiega tra un cappuccino e una brioche che sorseggia in piedi davanti al bancone del bar Rossi (nessuna omonimia, perché il proprietario è proprio il campione) che cosa sia diventato in 25 anni (tanti quanto lunga è stata la carriera del campione nato a Urbino ma cresciuto qui) questo piccolo Comune delle Marche del nord dove lo sguardo si perde tra San Marino e la Riviera Romagnola più che tra Pesaro e Urbino. «Dopo l’uscita di scena – spiega un centauro arrivato da Torino – qui ci sarà ancora più gente perché le sue gesta avranno una eco ancora più mitica con le radici nel passato». A sentire residenti e «pellegrini», infatti, il ritiro di Valentino Rossi, fresco di annuncio, suscita una malinconia orfana di stupore.

Il paese di (e con) Valentino

Anche perché la presenza del campione dei nove motomondiali è una costante. Racconta la signora Berta, titolare dell’edicola centrale del paese accogliente come una casa un po’ all’antica che «Valentino è un bravo ragazzo». Lo dice con fare materno ma scanzonato prima di ricordare che «esce ancora con gli amici dell’asilo e della scuola, si vedono e si ritrovano qui in paese. Valentino è legato proprio a questa terra. Quando era piccolo andava in parrocchia, seguiva le lezioni di Don Cesare con i suoi coetanei ed era l’unico con le ginocchia sbucciate perché già correva. Ora corre nel ranch, nella sua pista con i più giovani. Lo fa per loro. Quanto al povero Don Cesare che è morto, due anni fa Valentino lo chiamò apposta per fargli benedire la casa che aveva fatto costruire e dove ora del resto vive. Non capita spesso ai giorni d’oggi».

Ranch e pista: mete obbligate

Il ranch, poco fuori Tavullia è un circuito, una pista personale che il pilota ha fatto costruire anni fa. Non si può non scorgervi una certa mania di grandezza: non ci si può accedere eppure la visione di questo enorme serpentone domina la vallata dal basso come un castello che però di solito sta in alto. E come se non bastasse la strada asfaltata che si affaccia sulla provinciale si snoda lungo una serie infinita di tornanti che conducono di fronte a una sbarra: è proprietà privata, non si entra c’è una scaletta di legno che illude di poter scavalcare un recinto che beffardamente è chiuso. Ci hanno provato alcuni turisti tedeschi in sella alle loro mountain bike. Ma niente da fare, sono stati costretti a risalire dopo uno sguardo a un cartello per loro indecifrabile su cui le scritte dei fan in italiano sono fresche di inchiostro di indelebile: «Non abbandonare Vale». A loro, i ciclisti teutonici era restato un chilometro di strada in salita ripida a sudare e pedalare

Coriano (e il ricordo di «Sic» ) sullo sfondo

Non ci si può credere: a girare per le vie di Tavullia ci si imbatte in un flusso continuo di persone in continuo pellegrinaggio tra gigantografie di Valentino Rossi appese alle mura e alle, alle bandiere sbiadite che sventolano oramai da decenni sui cancelli dei residenti. A Coriano, che si intravede dalle terrazze panoramiche di Tavullia il ricordo di Marco Simoncelli è vivo suscita la commozione ed è quasi superfluo spiegarne il perché. Si cercano tracce di eroi scomparsi nei luoghi che a loro appartengono.

Fan in pellegrinaggio (con prole)

Ma a Tavullia questo discorso non ha ragion d’essere per ovvi motivi. E in un giorno qualunque — ma neanche troppo — di agosto e con un’afa che toglie il respiro a ogni gradino capita pure di imbattersi in una coppia di turisti in vacanza arrivati dall’Alsazia che in un francese misto a italiano abbozzato dicono solo “Valentino” e indicano lo shop con il merchandising griffato Vr46 di fianco al “suo” bar, dove la fila pare quella di un museo con le transenne anti assembramento e le persone in fila rigorosa con la mascherina. C’è un rombo di moto continuo, centauri di passaggio alcuni venuti apposta, altri di passaggio in cerca di curve e panorami. «Abbiamo fatto una piccola deviazione eravamo poco lontani» dicono alcuni. Ma non Saverio, Andrea e Massimiliano: sono due trentini e un riccionese, amici da una vita, camminano nel centro storico e si sporgono dalle terrazze. «Quella è Portoverde a Misano» esclama Andrea, riccionese e «guida» del gruppetto. A chiedere loro cosa ci fanno qui la risposta è semplice. «Si respira aria di gloria, di storia, di motociclismo». Guardano in basso. C’è un piccolo parco giochi per bimbi dedicato a Valentino Rossi. C’è anche un piccolo podio, ma i bambini sono pochi. «Ci siamo fermati qui perché lui è un patito di moto e corse», spiega ridendo una ragazza mentre telefono alla mano si prepara a scattare una foto al marito, in posa con un sorriso da bambino. In piedi sul podio, naturalmente.

La newsletter del Corriere di Bologna

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di Bologna e dell’Emilia-Romagna iscriviti gratis alla newsletter del Corriere di Bologna. Arriva tutti i giorni direttamente nella tua casella di posta alle 12. Basta cliccare qui.

© RIPRODUZIONE RISERVATA