Le cause di esclusione della colpevolezza o anche dette scusanti

 

Le cause di esclusione della colpevolezza o scusanti rendono non colpevole un fatto tipico ed antigiuridico.

 

La ratio consiste nel fatto che il soggetto agente agisce in condizioni anomale in cui viene esposto ad una particolare pressione psichica, che influisce sul processo motivazionale alla base della condotta tipica, impedendo al soggetto di conformare il proprio comportamento alla regola obiettiva di diligenza da osservare nel caso concreto.

 

Le scusanti pertanto si fondano sulla inesigibilità di un determinato comportamento in presenza di alcune situazioni che si inseriscono nell’ambito della concezione normativa della colpevolezza e precludono il giudizio di rimproverabilità per l’atteggiamento atidoveroso dovuto.

 

Le scusanti si collocano all’interno della struttura dell’illecito penale: incidono sull’elemento soggettivo, il fatto materiale posto in essere dal soggetto rimane antigiuridico ma, mancando l’elemento soggettivo (dolo o colpa), esso non costituisce reato e, quindi, non è punibile.

 

Possiamo dire che "scusano" il soggetto agente per l'atteggiamento antidoveroso tenuto a causa delle circostanze nelle quali lo stesso è stato posto in essere.

 

Il Codice penale non menziona espressamente le scusanti, ma fa riferimento alle sole cause di esclusione della pena. Nel novero delle cause di esclusione della colpevolezza rientra senza dubbio l’errore di fatto, così come disciplinato dall’art. 47 c.p., e, secondo autorevole dottrina (FIANDACAMUSCO), anche il caso fortuito o la forza maggiore ed il costringimento fisico.

Caso fortuito (Art.45 c.p.: "non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito"

Il caso fortuito ( Art.45 ) si verifica, per effetto del comportamento dell’agente, un evento da lui non voluto, né da lui causato per imprudenza o negligenza ma determinato da un fattore causale, sopravvenuto, concomitante o preesistente ed indipendente dalla condotta del soggetto che ha reso eccezionalmente possibile il verificarsi di un vento, assolutamente non prevedibile e non evitabile.

 

Es. un automobilista procedendo nel pieno rispetto delle norme sulla circolazione stradale investe un ciclista che, colpito da un malore, gli taglia improvvisamente la strada senza che lui possa far niente per evitare l’investimento

Forza maggiore (Art.45 c.p.:"non è punibile chi ha commesso il fatto per ... forza maggiore")

L'esimente della forza maggiore postula l'esistenza di una vis maior cui resisti non potest, cioè di un evento derivante dalla natura o dal fatto dell'uomo che non può essere preveduto o, che, anche se preveduto non può essere impedito.

 

Tale esimente ricorre tutte le volte in cui il soggetto agente abbia fatto quanto era in suo potere per uniformarsi alla legge, ma per cause indipendenti dalla sua volontà non vi era la possibilità di impedire l'evento o la condotta antigiuridica.

 

La Corte di Cassazione ha affermato che sussiste l'esimente della forza maggiore che esclude il reato di violazione dell'obbligo di assistenza familiare ex art.570 n.2 c.p. allorchè il soggetto agente versi nell'impossibilità assoluta di somministrare dei mezzi di sussistenza ai soggetti indicati dalla norma quando essa non solo non derivi da condotta colpevole dell'obbligato medesimo, ma, a maggior ragione, quando sia la conseguenza di un evento che il soggetto sia costretto a subire e che, non potendo essere impedito, sia tale da rendere inevitabile una determinata condotta, escludendone la punibilità in virtù della causa di giustificazione della forza maggiore, di cui all'art.45 c.p. .

 

Costringimento fisico (art.46 c.p.).

E' un ipotesi di forza maggiore in virtù della quale l’autore del reato è la longa manus di altro soggetto che è l’unico responsabile del reato (es. chi è costretto con la forza a premere il grilletto di una pistola, uccidendo altra persona).

 

Il costringimento fisico mediante violenza, per operare, a  mente dell'art.46 c.p., come causa di non punibilità, deve essere tale da sopprimere totalmente la possibilità di normale determinazione dell'agente, si da renderlo incapace di resistere all'imposizione altrui.

 

L'aver agito sotto l'influenza di altre persone, non vale ad escludere il dolo e, quindi, la punibilità del soggetto agente, tale esclusione può avvenire solo in presenza di un costringimento fisico o di una violenza morale che paralizzi la volontà del soggetto agente.

 

Errore di fatto sul fatto ( art.47, co.1 e 2 cod. pen.).

Il primo comma dell’art.47, co.1 cod. pen. dispone

 

<< l’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell’agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo>>.

 

L’errore di fatto che esclude la punibilità è quello c.d. essenziale, quello cioè che cade su uno degli elementi essenziali per la sussistenza del reato; così, chi per errore asporta una cosa altrui credendola propria, non sarà punibile, in quanto per la sussistenza del furto occorre la conoscenza dell’altruità della cosa.

 

L’errore sul fatto che, ai sensi dell’art.47 cod. pen., esime dalla punibilità è quello che cade su di un elemento materiale del reato e che consiste in una difettosa percezione della realtà che alteri il presupposto del processo volitivo, indirizzandolo verso una condotta viziata alla base; mentre, se la realtà è stata esattamente percepita nel suo concreto essere, non v’è errore sul fatto, bensì errore sulla interpretazione tecnica della realtà percepita e sulle norme che la disciplinano, ininfluente ai fini dell’applicazione della citata disposizione.

 

Quanto, invece, al dubbio su una circostanza di fatto che costituisce elemento essenziale della fattispecie criminosa, non è di per sé sufficiente ad escludere il dolo in quanto, mentre l’errore determina il convincimento circa l’esistenza di una situazione che non corrisponde alla realtà, chi agisce nel dubbio è invece consapevole di potersi esporre a violazione di legge, cosicché il compimento dell’azione comporta l’accettazione del rischio nella causazione dell’evento, concretizzando così una forma di responsabilità a titolo di dolo eventuale.

 

Sono di regola irrilevanti:

  • L’errore sull’oggetto, es. credo che la bicicletta di cui mi impossesso sia di Tizio ed invece è di Caio, il furto si realizza ugualmente;
  • L’errore sulla persona, es. colpisco alle spalle una persona credendola un mio nemico mentre non lo è, ricorre sempre il reato di percosse;
  • L’errore sul nesso causale, credo di uccidere Mario facendolo precipitare da una rupe ma, in realtà, egli muore di infarto per lo spavento.

Errore sugli elementi specializzanti della fattispecie ( art.47 capoverso).

Stabilisce il co.2 dell’art.47 che

 

<< l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso>>.

 

Così chi ignorava la qualità di pubblico ufficiale dell’offeso non risponderà di ingiuria aggravata i sensi dell’art.61 n.10, ma sarà sempre responsabile per il reato di ingiuria semplice.

 

L’errore di diritto sul fatto ( c.d. errore su norma exstrapenale art.47, co.3 cod. pen.).

L’ult. Comma dell’art.47 recita:

 

<< l’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la responsabilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato>>.

 

Il co.3 dell’art.47 disciplina l’ipotesi di errore sugli elementi normativi che si risolve in un errore sul fatto ( se si risolve in un errore sul diritto, non esclude la colpevolezza). 

Così non risponderà di furto chi, interpretando male la normativa sui contratti e ritenendo di aver acquistato la cosa mentre in realtà il contratto non si è concluso, se ne appropria.

 

Legge diversa dalla legge penale”, dunque, è qualsiasi norma ( civile, amministrativa, tributaria, ma anche penale diversa dalla norma incriminatrice di cui si discute ) che abbia funzione di precisare, specificare, chiarire il contenuto di una norma incriminatrice rispetto alla quale abbia la funzione di “elemento normativo”.

 

La Cassazione ha sostenuto al riguardo che l’erronea interpretazione di una norma exstrapenale, perché rilevi ai fini che interessano, deve essere determinata da errore scusabile, e sancendo, fra i possibili criteri per l’accertamento dell’inescusabilità dell’errore, quello dell’agevole comprensibilità della realtà sottesa al rapporto giuridico regolato dalla norma, a prescindere dall’interpretazione della norma stessa.

 

Errore determinato dall’altrui inganno ( art.48 cod. pen.).

L’errore sul fatto costituente reato può derivare anche dall’altrui inganno.

 

A tal riguardo l’art.48 cod. pen. prevede che

 

<< le disposizioni dell’art.47 si applicano anche se l’errore sul fatto che costituisce reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo >>.

 

Secondo un orientamento consolidato in giurisprudenza, ma ormai minoritario in dottrina, l’art.48 cod. pen. disciplinerebbe una ipotesi di responsabilità dell’autore mediato. Nella categoria del c.d. autore mediato rientrerebbero, infatti, tutte le ipotesi in cui taluno si serva al fine di commettere un reato, di un soggetto non imputabile o non punibile per altra causa: in tali casi, l’autore materiale, in quanto mero strumento esecutivo, va per lo più esente da responsabilità ( artt. 46, 54 ult. Co.).

 

L’art.48, in particolare, presuppone che l’autore mediato abbia utilizzato artifici o altri mezzi di inganno per trarre in errore colui di cui si è servito per commettere il reato.

 

La vittima dell’inganno, comunque, andrà esente da pena solo se il suo errore sarà incolpevole; in caso contrario risponderà, a titolo di colpa, del fatto commesso. Es. del reato di falso ideologico, commesso dal notaio, risponde il privato che lo ha indotto in errore. Nel reato di favoreggiamento personale commesso dall’ospitante risponde chi lo ha convinto ad ospitare il ricercato dalla polizia, nascondendogli tale circostanza.

 

Il reato putativo ( art.49 cod. pen.).

Ricorre il reato putativo quanto l’agente commette un fatto che non costituisce reato credendo erroneamente che esso costituisca reato

Es. il soggetto crede di commettere furto ma in realtà la cosa asportata è propria.

 

Il reato putativo, in realtà, è un fatto lecito del tutto indifferente per il diritto penale, quindi il suo autore non è punibile a meno che concorrano nel fatto gli elementi costitutivi del reato diverso, nel qual caso risponderà di quest’ultimo. Es. un soggetto credendosi imprenditore ritiene di commettere bancarotta, anche se il soggetto non è passibile di bancarotta tuttavia, se nel fatto ricorrono gli estremi dell’appropriazione indebita risponderà ugualmente di tale reato. 

 

Errore sulle cause di giustificazione ( art.59 cod. pen.).

 Il co.3 dell’art.59 dispone che

 

<< se l’agente ritiene per errore che esistono circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui>>.

 

La norma utilizza il termine “circostanze” in senso atecnico. Con tale disposizione il codice realizza un’equiparazione tra la situazione di colui il quale agisca in presenza di una scriminante e di abbia l’erroneo convincimento della sua sussistenza.

 

Peraltro perché l’errore abbia efficacia scusante è necessario che ricada sui presupposti di fatto della scriminante ovvero su norma exstrapenale integratrice di un elemento normativo della scriminante.

 

Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. Es. se Tizio credendo di trovarsi in una situazione di difesa, ha reagito impulsivamente senza fare affatto attenzione alla situazione concreta, in caso di uccisione del presunto aggressore dovrà rispondere di omicidio colposo.

 

Per l’operatività del co.3 dell’art.59 occorre che l’errore sia giustificato dalla ragionevole convinzione di agire in una situazione di fatto che, se fosse vera, avrebbe i presupposti della previsione normativa di non punibilità. Evidentemente tale ragionevole convincimento non può avere carattere meramente soggettivo, fondandosi esclusivamente sulla mera percezione del reo, ma deve trovare riscontro in concreti dati di fatto, idonei a fondare l’erroneo convincimento, giustificandolo. 

 

Avv. Fatima Santina Kochtab

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