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Autore: Walpurgisnacht    11/12/2016    0 recensioni
Dunque, come riassumere questa storia?
Proviamo così: la Kibougamine, Junko che ha preoccupazioni molto meno folli del sommergere il mondo nella disperazione, un'antipatia fra protagonisti e un chilo di idiozia sparsa sulla testa di un po' tutti.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Ohibò, siete aumentati?”

Sakakura lasciò vagare lo sguardo tra i banchi, beandosi di quell’inaspettata sorpresa: oltre agli otto delinquenti della classe 77 se ne erano aggiunti altri cinque dalla classe 78.
Si portò una mano al petto con fare solenne: “Cos’avrò mai fatto per meritare tanta grazia?”
Venne ricompensato da grugniti sparsi che erano musica per le sue orecchie. Squadrò i nuovi arrivati, cercando di abbinarli ai rispettivi nomi: Makoto Naegi (la versione nana di Hinata, apparentemente), Kyouko Kirigiri (la ficcanaso figlia del preside), Mondo Oowada (il teppista dai capelli improbabili), Mukuro Ikusaba (la soldatessa alle grandi manovre) e Byakuya Togami (definito da Kizakura ‘suprema spina in culo’, e a giudicare dall’espressione da stitico nell’anima non poteva che concordare).

“Dunque, mi è stato detto che la vostra permanenza qui è dovuta ad una faida tra le vostre due classi” disse, sfoderando un sorriso da iena. “Vista la mole di scherzetti che vi siete fatti a vicenda nelle ultime settimane, spero ardentemente vi venga voglia di proseguire mentre siete sotto la mia tutela. Datemi la possibilità di divertirmi a vostre spese, da bravi.”
L’unica risposta che ottenne fu un coretto di borbottii e lamentele, sulle quali sovrastava il “Quel plebeo non sa chi sono io” di Togami. Juzo sorrise ancora e decise di tenere a mente il biondino. Aveva idea che quel fesso potesse essere un’involontaria e meravigliosa fonte di risate.
“Posso disturbare?”

Si voltò verso la porta, da cui faceva capolino la testa di Kyosuke Munakata.
La 77 piagnucolò, mentre la 78 osservava confusa.
“Entra pure, accomodati” rispose il Pugile, “voglio sapere come vanno le cose oltreoceano. Non tralasciare niente.”
Munakata non se lo fece ripetere due volte, e la 77 invocò la morte.
Juzo Sakakura sghignazzò.

La vita da custode di delinquenti era fantastica.

*


La mia vita fa schifo.

Hinata si lasciò cadere sulla poltroncina della sala ricreativa, mentre il resto della classe chiacchierava o giocava a freccette.
Prima la tregua forzata con la classe 78, poi la detenzione con Sakakura insieme a Naegi e gli altri scarti di galera che lo accompagnavano.
“Nanami-san, ho riparato lo schermo del televisore! Vuoi fare una partita per provarlo?”
“Grazie, Souda-kun!”
E poi, dulcis in fundo, c’era Chiaki.
O meglio, c’era ma non per lui. Da quando gli aveva dato il due di picche (perché di quello si tratta, inutile girarci attorno) la Gamer non gli aveva più rivolto la parola, nemmeno per sbaglio, ed ogni tentativo da parte del ragazzo di rattoppare quel che rimaneva del loro strano rapporto era naufragato.
La faida è andata a farsi benedire, metà classe è fidanzata, quel maledetto gnomo senza ascia di Naegi è fidanzato, Chiaki mi ignora. E Komaeda mi fissa.

Lanciò un’occhiata furtiva al Maledettamente Fortunato, che gli rivolgeva inquietanti sguardi languidi dall’angolo opposto della stanza. Decise di ignorarlo.

L’ho già detto che la mia vita fa schifo?

Si chiese per un attimo da quando fosse diventato così melodrammatico e lagnoso.

Da quando Naegi ha incrociato il mio cammino.

No ok, doveva essere onesto almeno in questo: la sua propensione al dramma non era causata dal Super Fortunello della 78, nonostante gli piacesse usarlo come capro espiatorio, ma era qualcosa che nasceva da dentro… dal suo essere senza talento. Era una cosa che aveva odiato per anni, e l’ammissione fortuita al corso principale della Kibougamine non era bastata a placare tutti i suoi dubbi.
Solo Chiaki Nanami ci era riuscita.
Con i suoi goffi e adorabili tentativi di renderlo partecipe delle sue passioni, del giocare insieme a Gala Omega, con i suoi discorsi d’incoraggiamento sul prendere la sua mancanza di talento come un’occasione per poter diventare ciò che voleva nella vita, la ragazza era riuscita a mitigare almeno un po’ il costante senso d’inadeguatezza di Hinata. Grazie a lei era riuscito a relegare quelle brutte sensazioni in un angolo remoto della sua mente e aveva trovato qualcuno su cui contare, qualcuno da…

Arrossì violentemente, e si augurò che nessuno l’avesse notato.
Secondo giocatore un corno!

Continuare a girarci intorno era inutile: Hajime Hinata era perdutamente innamorato di Chiaki Nanami, e ora non poteva farci assolutamente più niente perché lei lo odiava.

La mia vita continua a fare sempre più schifo.

E lo fa… in gran parte per colpa mia.

Oh sì, non aveva la faccia tosta di negarlo. Non con se stesso, perlomeno. Se ne rendeva conto molto bene, di aver toppato alla grande con Chiaki. Poteva dare la colpa a Naegi quanto gli pareva, lo stato dei fatti non sarebbe cambiato: Hajime Hinata aveva pisciato fuori dal vaso. Mancandolo di chilometri.

Assorto in questi pensieri autolesionisti, il suo sguardo capitò casualmente di nuovo su Komaeda che a quanto pareva non gli aveva staccato gli occhi di dosso un solo attimo. Grugnendo gli dedicò un “No” muto, mimandolo molto bene con le mani ma non ottenendo nessun risultato concreto.

Decise di lasciarlo perdere, stavolta si sperava in maniera definitiva.

...l’Hajime innamorato soffre. Mi si spezza il cuoricino.

No. NO. Izuru di merda, evapora. Non è proprio il momento.

...scortese. Mi annoiavo e ho deciso di venire a vedere come sta il mio alter ego preferito.

Preferito? Perché, siamo in più di due inquilini in questo cervello?

...no.

E allora piantala di parlare a vanvera.

...sei patetico. Non hai neanche le palle per ammettere i tuoi errori.

Eh? E cosa avrei fatto finora, ginnastica mentale?

...solo i piccolodotati non parlano ad alta voce se c’è un problema da risolvere.

Che cosa stai cercando di dirmi?

...la tua lentezza mi disgusta. Arrangiati.

Voglio scendere da questo pianeta.

Però… cavolo, non ci avrebbe mai creduto ma… l’occupante abusivo del suo corpo mica aveva tutti i torti, eh.

Aveva pisciato fuori dal vaso, è vero. E non ne aveva neanche sfiorato i bordi. Ma si voleva sperare che il getto fosse lungo e potente abbastanza da permettergli di correggere il tiro prima di esaurirsi. Per chi non dovesse essere pratico di metafore urinarie: l’aveva combinata, siamo tutti d’accordo. Ma chi o cosa gli impediva, una volta realizzatolo, di cercare di metterci una pezza? E non un tentativo a mezza bocca come i precedenti, di quelli che fai tanto per pulirti la coscienza. Qualcosa di grosso, a la va o la spacca.

Ok, era deciso: le avrebbe parlato. Forse non sarebbe servito a niente, magari lei era ancora troppo furiosa con lui per volerlo stare ad ascoltare. Ma il gioco valeva la candela, eccome se la valeva.

Nel caso peggiore si sarebbe ripetuta la scena del giorno prima, con lei che lo mandava più o meno platealmente a quel paese. E fare il bagno nel fuoco una seconda volta non brucia come la prima.

Si alzò e si avvicinò al televisore, dove Nanami ci stava dando dentro a Ultimate Fight XVI.


*


“Beccati ‘sto gancio, Abubu del cacchio!” urlacchiò Chiaki mentre stendeva l’ultimo panzone che la separava dal boss di fine livello.

La Playstashun 4 ebbe come un sussulto, forse dovuto al sensore di ultima generazione che dava il maggior senso di realismo possibile. Nei picchiaduro ciò significava non arrischiarsi ad appoggiarla vicino al bordo di un tavolo, sarebbe caduta infrangendosi come un cristallo di Boemia.

Stava per salire sull’ascensore che l’avrebbe condotta da Rilento quando…

THUMP.

Qualcosa batté sulla sua schiena.

Stava per girarsi ma una voce le impose di non farlo.

Era la voce di Hinata.

Urca. Punto per il modo di approcciarsi, Hajime.

“Prosegui pure col tuo gioco, non intendo distrarti. D’altronde al momento anche una cosa come Ultimate Fight è più importante di me, no?”.

Mi fai l’offeso? Dopo tutte le stupidaggini che sei riuscito a commettere hai anche il coraggio di farmi l’offeso? Quanti chili di insulti vuoi?

“Immagino che starai pensando male di me. Non posso darti torto, ho davvero esagerato. E nel caso non volessi avere più a che fare con me per il resto della tua esistenza lo capirò. Prima di tagliarmi il ponte sotto ai piedi, però, volevo dirti una cosa. Posso? Mi starai ad ascoltare?”.

Bella domanda. Voleva stare a sentirlo? Voleva concedergli una possibilità?

Rudy, al di là dello schermo, prese a battere i piedi scocciato dalla prolungata inattività. Sin da quando aveva sentito la sua presenza alle spalle, difatti, aveva appoggiato il controller della console per terra e si era completamente dimenticata di andare avanti.

Inspirò, cercando di raccogliere le idee.

“...parla. Ma fai in fretta, ho un militare sporco e cattivo da prendere a botte”.

“Grazie. Quel che volevo dirti è in realtà molto, molto, molto semplice: ti amo e mi dispiace”.

Per fortuna l’aveva sussurrato, altrimenti il resto della 77 li starebbe circondando per sapere tutti i retroscena della dichiarazione nei minimi dettagli.

Beh… non me lo aspettavo. Proprio non me lo aspettavo. Ce ne hai messo di tempo a rendertene conto, stupido che non sei altro.

L’imbarazzo e la tensione fecero capolino, cominciando a farla sudare copiosamente. Dovette persino passarsi un braccio sulla fronte per togliere il grosso.

“Sei… sei serio?”.

“Mai stato più serio in vita mia, Chiaki. È un bel po’ di tempo che provo questo nei tuoi confronti e non ho mai avuto il coraggio di riverlartelo perché sono un fottuto codardo, in sostanza. Come potrei sentire qualcosa di diverso per te? Sei stata l’unica persona capace di tirarmi fuori dal mio guscio di insicurezza, grazie ai tuoi adorabili tentativi di rendermi partecipe della tua ossessione per i videogiochi. Mi hai teso la mano sorridendo proprio quando rischiavo di sprofondare in una pozza di catrame nero e denso, solo e incompreso da tutti. Se ora sono un essere umano mediamente funzionante il merito è solo tuo, e a prescindere da come andrà questo mio tentativo di riconciliazione sappi che avrai per sempre la mia gratitudine”.

La Gamer colse nitidamente la voce incrinata di lui durante la lunga confessione. Non stava mentendo, poco ma sicuro.

“Che… che cosa vuoi? Perché… perché dirmelo ora?”.

“Perché non dirtelo ora? Anzi, ho aspettato fin troppo e mi maledirò per sempre se quella stronzata di faida con la 78 ha rovinato le poche possibilità che avevo. La tua sfuriata di ieri mi ha aperto gli occhi e ha messo a posto le mie priorità. Naegi può far quel che gli pare, non m’interessa più. Adesso l’unica cosa che mi interessa è essere onesto nei tuoi confronti, ammettere che ho sbagliato di brutto e sperare in un tuo atto magnanimo”.

Kami, che situazione. Anche bella, per carità, ma non so che devo fare. Che devo dire. Se lo devo perdonare o no.

Vorrei. Ma non sono sicura che se lo meriti.

Il suo prolungato silenzio non migliorò il clima, al contrario portò lui a chiedere a più riprese se fosse ancora lì.

È che, davvero, non aveva la minima idea di cosa rispondergli. La sorpresa, il fatto che lui era riuscito a essere più tenero di una chiffon cake, quel rimasuglio di risentimento per tutto l’ultimo periodo…

Uno dei momenti più incerti della sua giovane vita. Forse il più incerto in assoluto.

Una cosa la so: se non lo ricambiassi almeno in parte non me la sarei presa così tanto. D’altronde non ho piantato scenate simili con Kuzuryuu, Komaeda o qualcuno degli altri. Pensavo solo a lui.

Il che, inevitabilmente, qualcosa lo vorrà pur dire.

“Beh, quello che avevo da dirti te l’ho detto. Se vorrai parlarmi sai dove trovarmi…”
Non poteva lasciarlo andare così. Si era comportato da stupido ma lo aveva ammesso, e Chiaki non poteva ignorarlo.

“Hinata-kun, aspetta!”
Un attimo di troppo, la goffaggine di lei, l’imbranataggine di lui e il peso di un cliché che non muore mai.

Quando si voltò per fermarlo, le labbra di Chiaki Nanami incontrarono quelle di Hajime Hinata.

Un contatto breve, brevissimo, che bastò a far scattare Hinata come una molla: “S-S-S-SCUSAMI! N-N-NON VOLEVO!”

In realtà la Gamer non credeva che il ragazzo le dovesse delle scuse. Insomma, era stato un bacio… bello. Casuale e breve, ma bello.

“Non devi scusarti” sorrise, “probabilmente l’avrei fatto io… dopo averti dato la risposta che meriti.”
“Significa che mi mandi a quel paese?” azzardò lui, e lei sbuffò: “Ora te lo meriteresti sul serio.”

Ma in fondo Chiaki non era arrabbiata, non più. Quelle scuse sincere e quel siparietto buffo avevano spazzato via il nervosismo degli ultimi giorni, ed era anche pronta ad ammetterlo ma…

“Kami, ma davvero volete ancora temporeggiare?”
Si voltarono alla loro sinistra. Kuzuryuu li osservava con un un mezzo sorriso sornione stampato in faccia, così come il resto della classe 77.

...quindi il mio primo bacio è stato di dominio pubblico come uno streaming live di LOLOL. Fantastico.

“Era anche ora che ti accorgessi di quest’esserino adorabile che è Nanami!” sbottò il Gangster, ma apparentemente Hajime Hinata aveva deciso di non mandarle più a dire: “Disse l’uomo vissuto che si è finalmente accorto di Pekoyama.” sorrise a sua volta.
La quale Peko arrossì di colpo, ma dovette comunque tenere a freno le ire imbarazzatissime del suo mini-fidanzato.

Tuttavia Chiaki non se la sentì di interromperli.

Avrebbe parlato con Hinata più tardi, lontani da occhi indiscreti.


*


Ammettere i propri errori era un conto.
Cercare di risolverli senza peggiorare le cose un altro.

Decidersi a mettere in pratica tale proposito un altro ancora.

Pensi di star lì a fissare il tuo riflesso nello specchio ancora per molto?

Taci. Non è veramente il momento.

Invece è proprio il momento migliore! Sia mai che mi perda il tuo momento di massimo splendore, Raggio di Sole!

Togami si lasciò scappare un rigurgito, ma molto piccolo e poco fastidioso. Rispetto alla gastrite che lo devastava da ormai due anni era un bel miglioramento.

Inspirò e ripassò mentalmente i punti salienti del suo piano.

Capelli: a posto. Alito: a posto. Abbigliamento: impeccabile. Occhiali: ci sono.

E questo sarebbe il tuo piano infallibile?

TAPPATI LA BOCCA CHE NON È SERIAMENTE IL MOMENTO, DIO BRANDO.

Mamma mia come sei permaloso, ha ragione Enoshima a dire che sei una regina del melodramma.

Altro rigurgito.

Attento che ti torna la gastrite mortale…

Con un ultimo, indecoroso insulto si impose di ignorare il suo omino del cervello. In quell’istante Byakuya Togami non aveva bisogno di distrazioni.

In fondo non è poi tanto diverso dal concludere un affare: so qual è la mia meta e so come chiudere con successo.

...forse.

Scosse la testa. Ormai era in ballo e doveva ballare, e non mancò di notare come la metafora che aveva usato era la stessa azione che aveva dato il via a quel casino.

L’universo ha un deprecabile senso dell’umorismo.

Uscì di corsa dalla sua stanza e si diresse verso quella di Touko Fukawa. Da quando aveva ascoltato le parole di Oogami aveva la sensazione di riuscire a vedere le cose per com’erano davvero, e senza scomodare le sue lenti graduate: quelle che aveva considerato come scocciature ora gli si paravano davanti come i più grandi errori della sua vita, e l’essere stato cresciuto con la convinzione che solo i deboli commettevano errori era una cosa che lo destabilizzava. Un Togami nasce per vincere, gli sbagli non sono contemplati. E soprattutto non prova sentimenti, non prova amicizia, non prova amore.

Byakuya aveva da poco realizzato di aver fatto tutte queste cose assieme e non sapeva da che parte girarsi per poter sistemare i casini che aveva combinato.

“Se hai capito di aver sbagliato troverai il modo di rimediare”. Belle parole, Oogami, ma è evidente che non sei stata svezzata con il metodo Togami.

Ci aveva rimuginato una notte intera, per arrivare alla logica conclusione che l’unica cosa che poteva fare era parlare con Touko e scusarsi. Probabilmente avrebbe dovuto farlo anche col resto della classe, prima o poi, ma lei al momento era quella che più gli stava a cuore.

Rallentò il passo, rendendosi conto del peso di quell’affermazione.

In quanto erede della Zaibatsu innamorarsi era una cosa impensabile, aliena. Eppure era successo, e lui non capiva come: era sempre stato convinto di non provare altro che fastidio nei confronti della Super Scrittrice, che la sopportasse a malapena e le concedesse di tenergli compagnia solo perché si era dimostrata un pelo migliore di altri. E perché in fondo chiacchierare di libri con lei era… piacevole, sì. Ma ora non era più tanto sicuro che quel sentimento fosse reale fastidio: forse non lo era mai stato, o forse era mutato in qualcos’altro nel tempo, solo che a Byakuya mancavano gli strumenti per poterlo comprendere.


“Sai, mi è capitato di osservarti in classe, quando il professore organizza i finti processi di classe. Le tue deduzioni logiche sono sempre inoppugnabili, ma quando ti capita di sbagliare… cerchi di non darlo a vedere, ma sembra quasi tu muoia dentro ogni volta.”


Ancora una volta gli tornarono in mente le parole di Oogami, e come sempre erano le più adatte. In effetti era vero: Byakuya era dotato di una grande mente analitica ma, come anche il loro professore gli aveva detto più volte, mancava di empatia. E questo lo portava a brillanti deduzioni logiche che finivano col rivelarsi errate, perché non teneva mai conto del fattore umano.

Così come non ne ho mai tenuto conto ogni volta che ho rivolto la parola a Touko, o a chiunque altro in classe. Nessuno mi ha spiegato come fare e io non ho mai perso tempo ad imparare.

Doveva ammettere che Aloysius, il suo fidato maggiordomo, aveva cercato in ogni modo di farlo crescere nella maniera più affettuosa possibile, nella speranza che non dovesse un giorno ritrovarsi ad essere un uomo arido come lo era suo padre.

E se ora si trovava davanti alla porta di Touko Fukawa nel tentativo di fare ammenda per tutti i suoi sbagli, forse Aloysius era riuscito nel suo intento.

Mi ricorderò di ringraziarlo alla prossima telefonata.

Prese tutto il coraggio che aveva e poggiò l’indice sul campanello, pronto a suonare, quando la porta si aprì di scatto… e si trovò davanti il Super Impostore.

“Ma dai, e tu che ci fai di qui?”

Byakuya ringhiò mentalmente. Quello era un imprevisto a cui non aveva decisamente pensato.

Sempre perché non tieni mai conto del fattore umano.

Ignorò la voce per concentrarsi sulla sua fotocopia mal riuscita: “Dovrei essere io a dirlo.”
L’altro non non si scompose, anzi osò ghignare: “Ne sei sicuro? Fino a prova contraria io e Fukawa-chan siamo amici. Non credo si possa dire lo stesso di voi due.”

Alle spalle dell’Impostore, Touko li osservava con uno sguardo che era un misto di perplessità, timore e… fastidio. Decisamente non era particolarmente felice di vederlo, come da diverse settimane a questa parte. Ma ormai era lì e sarebbe andato fino in fondo.

“Mi piacerebbe continuare a parlare di fuffa variopinta con te, Impostore” disse, “ma sono venuto per parlare con Touko. Sempre se ne ha voglia” aggiunse, cercando di smorzare i toni e non sembrare autoritario come suo solito.

Ma che carino, stai proprio diventando un biscottino come Naegi-kun!

Piantala.

L’Impostore si limitò a voltarsi verso la ragazza, che dopo qualche istante fece un cenno affermativo con la testa.

E una è andata.

Quando si fece da parte per farlo uscire, l’altro ragazzo gli si avvicinò e disse a bassa voce: “Se quando torno la trovo in lacrime te la faccio pagare.”
“E come, di grazia?” sussurrò a sua volta. “Mi lanci mazzette di soldi non tuoi?”

“Sono il Super Impostore. Prega solo che non mi venga in mente di imitare Pekoyama… o Ikusaba.”

Bastò quel cenno alla Super Soldatessa a farlo desistere dal rispondere a tono.

Finalmente rimasti soli Byakuya rivolse tutta la sua attenzione a Touko, la quale era seduta alla sua scrivania a braccia conserte e lo squadrava dalla testa ai piedi. L’ironia nel vederla in una postura così simile alla sua solita non gli sfuggì, e fece anche un po’ male.

“Hai detto che dovevi parlarmi” proruppe lei. “Avanti allora, sono tutta orecchie.”

Aveva ormai imparato che una Touko incazzata non balbettava. Inspirò e cercò di ricordare il discorso che si era preparato quella mattina, ma l’unica cosa che riuscì a dire fu un flebile : “Mi dispiace.”

E menomale che volevi mostrarti sicuro di te.

...senti.

“Scusarti di cosa, esattamente?” sottolineò lei. “Di due anni di insulti e battutine al vetriolo? Dell’aver ballato con Sonia Nevermind? Dell’essere uno stronzo impenitente? Vuoi scusarti per tutto o devo sceglierne una?”

Cavolo, per essere un esserino così minuto e timido la ragazza ci va giù pesante con le parole.

Decisamente… dove diamine nascondeva tutta questa grinta?

Grinta non mi pare proprio il termine adatto, ma ok.

Byakuya cercò di replicare: “Voglio scusarmi per… tutto. Sono una persona orribile, e non me ne è mai importato nulla perché è così che sono stato cresciuto, pur non essendo una valida giustificazione. Con te poi ho dato veramente il peggio, sono stato uno stronzo… non ci sono se e ma che tengano purtroppo. Posso solo porgerti le mie più sincere scuse e prometterti che cercherò di rimediare.”

Lei si voltò di scatto, fissando il monitor del suo portatile: “Bene, fantastico. Ora, se vuoi scusarmi…”

Incredulo non iniziava nemmeno a definirlo.

“Tutto qui? Non hai altro da dire?” chiese, ma Touko non si voltò nemmeno: “Cosa speravi che facessi, che mi buttassi di nuovo ai tuoi piedi urlando ‘Byakuya-sama!’ come ho fatto negli ultimi due anni? Che bastasse un accenno di pentimento e una faccia da cane bastonato a farti perdonare? Mi spiace ma non è così che funziona. Se avessi voluto continuare a farmi maltrattare sarei rimasta a casa con i miei.”

Quell’ultima frase fu una dolorosa stilettata al cuore. Sapeva abbastanza della sua famiglia da non voler essere associato a certi elementi.

“Touko sono sincero, voglio davvero farmi perdonare… permettimi di provarci” disse, e mai come in quel momento si era sentito più vulnerabile, esposto. In un breve ma intenso slancio di coraggio aggiunse: “Io ti…”
“Tu cosa?”
“Io…” cercò di completare la frase, ma le parole gli morirono in gola. Si diede mentalmente dell’idiota per quella scena così patetica.

Lei lo osservò in silenzio, per poi distogliere di nuovo lo sguardo: “Immagino me lo dirai un’altra volta, se proprio ci tieni. Ora scusa ma ho un manoscritto da editare e una scadenza imminente.”

Un modo come un altro per dirgli di andarsene.

Byakuya fece quanto gli era stato detto, e una volta tornato in camera sua si buttò sul letto, stanco come se avesse corso una maratona.

Fantastico, veramente un successo.

Solita regina del melodramma. Guarda che non è andata poi così male.

Davvero? Sicuro di aver assistito alla stessa scena che ho vissuto io?

Certo che sì, e ti assicuro che, viste le premesse, è andata meglio di quanto potessi sperare.

Deve essermi sfuggito un passaggio allora, perché quello che ho visto io era Touko Fukawa che mi usava come sacco da boxe.

Ha ragione Enoshima, sei veramente una diva del cavolo. Sappi che se Touko avesse davvero voluto tagliare i ponti con te non ti avrebbe nemmeno fatto entrare nella sua stanza, ma ti avrebbe chiuso la porta in faccia senza troppe cerimonie. Invece ti ha dato modo di spiegarti e, se proprio vogliamo analizzare tutto fino in fondo, ti ha pure concesso di provare a farti perdonare. Quella ragazza è ferita e furiosa, ma sotto sotto è ancora innamorata di te. E ora che anche tu sei riuscito a fare due più due con i tuoi sentimenti… devi solo dare il meglio di te.

Byakuya non era del tutto sicuro che il meglio di sé potesse bastare, in quella situazione.


*


“E quindi, Sakakura-kun, ti stavo spiegando che per ottenere le licenze e i permessi idonei…”.

“Prendetemi a martellate sui coglioni vi prego è meno doloroso di ‘sta palla mortale”.

WHOOOOOSH.

“Ohohohohohohohoh. Guardate un po’ chi è venuto a trovarvi!”.

“Kizakura-san. Cosa ci fai qui?”.

“Non posso venire a trovarvi, per caso?”.

“Figurati, era solo una domanda”.

“...zio Koichi, perché ho la sensazione che tu non sia finito qui per caso?”.

“Mi offendi, Kyouko-chan. Passavo di qui e volevo vedere come procedeva, semplice”.

“...tu sei tutto tranne che semplice. Ti conosco, so che adori sguazzare nella schadenfreude”.

“Che cos’è, un rutto fatto da Mozart? Io il vichingo mica lo so parlare”.

“...”.

“Senti un po’, Munakata. Ora che qui c’è Kizakura, e visto che manca meno di mezz’ora alla fine del periodo di punizione… perché io e te non andiamo a farci un giro? Ce li terresti mica tu, ubriacone?”.

“Perché no? Va bene. Ma mi devi un favore, Sakakura-san”.

“Basta che non mi chiedi il culo e va bene tutto”.

“Oh, per quello so che c’è già chi sopperisce per me”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“...”.

“Bene. Vogliamo andare?”.

“Andiamo”.

“Addirittura a braccetto. Che birbantelli quei due”.

   
 
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