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Ilaria Maria Sala
Processo alla democrazia
a Hong Kong
Cile
L’acqua c’è
ma non per tutti
10/16 febbraio 2023 n. 1498 • anno 30 SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 8,80 € • BE 7,90 € CH 8,80 CHF • CH CT 8,50 CHF D 10,00 € • PTE CONT 7,50 € • E 7,50 €
Turchia
Siria
6 febbraio
2023
Sommario
internazionale.it/sommario
10/16 febbraio 2023 • Numero 1498 • Anno 30
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 5
La settimana
“Quando suoniamo, abbiamo la sensazione
che siano presenti i nostri antenati”
NAVID KERMANI A PAGINA 50
STATI UNITI
28 La crisi del fiume
Colorado
trasforma
il sudovest
Los Angeles Times
BRASILE
30 Un movimento
solidale con i
nativi yanomami
Sumaúma
DIPLOMAZIA
32 Pechino e
Washington
litigano per un
pallone
Foreign Policy
CONFRONTI
34 L’intelligenza
artificiale negli
articoli scientifici
The Conversation,
Science
VISTI DAGLI ALTRI
36 Lo sciopero della
fame per abolire
il 41 bis
Le Temps
37 Il pizzaiolo della
’ndrangheta
Le Monde
CILE
42 L’acqua c’è
ma non per tutti
Gatopardo
MADAGASCAR
48 Aperture
musicali
Die Zeit
ECONOMIA
52 A corto di
medicine
Le Monde
NUOVA ZELANDA
56 Tornare
a parlare
maori
NRC Handelsblad
PORTFOLIO
60 Compagni
di gioco
Hyunmin Ryu
RITRATTI
68 Tarek Bitar.
Giustizia
sarà fatta
L’Orient-Le Jour
VIAGGI
72 Avvisi agli
sciatori
Süddeutsche
Zeitung
GRAPHIC
JOURNALISM
74 Cartoline
da Palermo
Paolo Parisi
NIGERIA
76 In comunione
con gli autori
Al Jazeera
POP
88 AIUTO_UMANO
Laura Preston
SCIENZA
96 Un nuovo tipo
di ghiaccio
Zme Science
ECONOMIA
E LAVORO
100 Gli scambi globali
sono senza guida
The Wall Street
Journal
Cultura
80 Cinema, libri, suoni
Le opinioni
14 Domenico Starnone
38 Ilaria Maria Sala
40 Slavoj Žižek
78 Goffredo Fofi
80 Giorgio Cappozzo
82 Nadeesha Uyangoda
84 Giuliano Milani
86 Claudia Durastanti
94 Leonardo Caffo
Le rubriche
6 Dalla redazione
di Internazionale
14 Posta
17 Editoriali
103 Strisce
105 L’oroscopo
106 L’ultima
Articoli in formato
mp3 per gli abbonati
IN COPERTINA
Turchia e Siria in macerie
I contesti sono diversi, ma la distruzione causata dal terremoto è
uguale. Turchi e siriani fanno i conti con la lentezza dei soccorsi,
l’instabilità politica e il freddo (p. 18). Foto di Erçin Ertürk (Anadolu
Agency/Getty)
Internazionale pubblica in
esclusiva per l’Italia gli articoli
dell’Economist.
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Turchia
Siria
6 febbraio
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Internazionale pubblica in
esclusiva per l’Italia gli articoli
dell’Economist.
Artificiale
Giovanni De Mauro
“Questa scoperta, per la mancanza di
esercizio della memoria, produrrà
nell’anima di coloro che la impareranno la
dimenticanza, perché fidandosi della
scrittura ricorderanno dal di fuori
mediante caratteri estranei, non dal di
dentro e da se stessi”. Platone era
preoccupato che la parola scritta
minacciasse l’arte della retorica, basata
sulla memoria. Nei suoi dialoghi sosteneva
che la scrittura avrebbe dato alle persone
“non la verità, ma solo l’apparenza della
verità” e che gli studenti avrebbero creduto
“di conoscere molte cose, mentre per lo più
le ignorano”, diventando “portatori di
opinione anziché sapienti”. Se Platone
fosse vivo oggi, direbbe cose simili su
ChatGpt? È la domanda che si è fatta
qualche settimana fa sul New York Times
la sociologa turca Zeynep Tüfekçi.
ChatGpt è un programma basato
sull’intelligenza artificiale e
l’apprendimento automatico, ed è
specializzato nella conversazione con gli
esseri umani. Non è solo un altro gadget
nell’affollato mondo dell’intelligenza
artificiale di cui si parla tanto oggi.
“Rappresenta un progresso significativo ed
è in grado di produrre testi paragonabili a
buoni saggi scritti da studenti di scuola
superiore”, scrive Tüfekçi. Proprio per
questo, sostiene la sociologa, è nelle scuole
e nelle università che i suoi effetti si faranno
sentire di più. Non solo. Secondo il saggista
Seth Godin, tutto il clamore intorno a
programmi come ChatGpt, su cui le
aziende tecnologiche statunitensi stanno
cominciando a investire grandi quantità di
denaro, potrebbe distrarre dalla questione
essenziale: “Il vero impatto
dell’intelligenza artificiale non sarà nella
capacità di produrre risultati stabilmente
molto migliori del miglior sforzo umano,
ma nell’essere diffusa, economica e
sempre presente”. Perché “l’ubiquità è il
cambiamento silenzioso che raramente
vediamo arrivare”. Per certi versi proprio
come la scrittura di cui parlava Platone. u
Febbraio 2023
numero 41
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È arrivato
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Internazionale
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Dalla redazione di Internazionale
6 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
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La newsletter su economia e
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Ogni due settimane, il
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Mediorientale
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“Mi sono sposata a 21 anni e
sto con mio marito da sette.
Nell’ultimo anno mi sono
accorta che il nostro noioso
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non mi eccita”.
CINEMA
Andate subito a vedere
Gli spiriti dell’isola
La storia della fine di
un’amicizia in Irlanda. Il
risultato è cupamente
esilarante, tragico, avvincente,
sconvolgente, commovente.
SIRIA
La doppia tragedia
degli sfollati di Idlib
Quattro milioni e mezzo di
persone nel nordovest siriano
sono intrappolate in una zona
in cui da anni l’arrivo degli aiuti
umanitari è limitato.
CULTURA
Alice trascinò Sanremo
negli anni ottanta
I tre minuti che
trasformarono il festival.
EUROPA
Pensioni, studenti,
letteratura
Nel notiziario video di Arte: le
proteste in Francia sulla
riforma delle pensioni, essere
Un futuro per le Dolomiti
Video Articoli
◆ Nelle ultime settimane in Italia ha nevicato, ma non basterà
per rimediare alla carenza d’acqua e salvare l’economia delle
Alpi, ormai legata soprattutto al turismo sciistico. È possibile
immaginare un rapporto diverso con la montagna? Il video di Andrea Zinzani e Danilo Ortelli raccoglie alcune voci dalle Dolomiti
per parlare della situazione ambientale e immaginare soluzioni.
DR
Podcast
ELEZIONI AMMINISTRATIVE
La destra si prepara
alle regionali tornando
al passato
Il 12 e 13 febbraio si vota in
Lazio e Lombardia, ma il
dibattito politico è soprattutto
nazionale.
POLITICA
Per il fine vita resta solo la
disobbedienza civile
In Italia una legge sul suicidio
assistito ancora non c’è.
Dovrebbe garantire risposte
certe a chi lo richiede, e non fare
differenza tra le persone e i tipi
di malattie.
CULTURA
Perché Sanremo è perfetto
per i social
La rinascita del festival degli
ultimi anni dipende anche dalle
nuove piattaforme attraverso
cui si può seguire.
La vicenda di
Cospito e la storia
violenta del carcere
◆ Il caso dell’anarchico al
41 bis non è cominciato
oggi: va avanti da 250 anni
e 110 giorni. I secoli sono
più o meno quelli della
storia del carcere così come
lo conosciamo nella sua
forma attuale, i giorni sono
quelli dello sciopero della
fame di Cospito. Se queste
due vicende non si leggono
insieme, si rischia di non
capire né l’una né l’altra.
Per ritrovare gli
articoli di cui si parla
in questa pagina si
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◆ Il Mondo è il nuovo
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Il Mondo è disponibile
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Alexander Graham Bell kissing his wife Mabel Hubbard Gardiner Bell, who is standing in a tetrahedral kite, Baddeck, Nova Scotia.
Credit Prints and Photographs Division Washington, Library of Congress, LC-DIG-ds-06863.
a cura di
Maristella Casciato,
Pippo Ciorra
TECHNOSCAPE
L’ARCHITETTURA
DELL’INGEGNERIA
01.10.2022
10.04.2023
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Scosse devastanti
Maraş, Turchia
7 febbraio 2023
I danni provocati dal terremoto a
Maraş, città della Turchia meridionale. Il 6 febbraio una serie di scosse ha
colpito il sudest della Turchia e il nord
della Siria. L’8 febbraio il bilancio aveva superato le undicimila vittime. Il 7
febbraio hanno cominciato a giungere
in Turchia le prime squadre di soccorso internazionali. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, circa
cinque milioni di persone sono in uno
stato di vulnerabilità a causa del sisma.
Foto di Ahmet Akpolat (dia images/
Getty)
Immagini
Contro la giunta
Bangkok, Thailandia
1 febbraio 2023
Il giorno del secondo anniversario del
colpo di stato in Birmania, migliaia di
attivisti si sono riuniti a Bangkok di
fronte all’ambasciata birmana e al palazzo delle Nazioni Unite per protestare contro la giunta militare. Il 1 febbraio 2021 l’esercito birmano ha preso il
potere e ha arrestato la premio nobel
per la pace Aung San Suu Kyi e altri
esponenti del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld). Oggi
i detenuti politici sono più di tredicimila, e Aung San Suu Kyi è stata condannata a 26 anni di carcere.
Foto di Sirachai Arunrugstichai (Getty)
Immagini
Regina del mare
Salvador, Brasile
2 febbraio 2023
Un momento della festa in onore di
Iemanjá, la regina delle acque e del
mare celebrata da alcune religioni
afrodiscendenti e da culti sincretici
come l’umbanda. L’evento si svolge il
2 febbraio di ogni anno sulla spiaggia
di Rio Vermelho, a Salvador, e anche
in altre città del paese. In quell’occasione i fedeli offrono alla dea candele,
cesti pieni di fiori e dolci, che sono
portati al largo su piccole imbarcazioni. Iemanjá è considerata una divinità
protettrice dei pescatori e di tutte le
persone che lavorano in mare.
Foto di Antonello Veneri (Afp/Getty)
Parole
Dear Daddy
14 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
L’etichetta nutrizionale
detestata dall’Italia
u Ho letto l’articolo sul nutri-score, la proposta di una
classificazione unica per tutti i
prodotti alimentari dell’Unione europea (Internazionale
1496). Se da una parte è auspicabile che venga messo a
punto un sistema di etichettatura a favore dei consumatori,
dall’altra può sembrare discutibile ricondurre le caratteristiche nutrizionali di un alimento a un simbolo cromatico
(molto simile a quello usato
per la classificazione energetica degli elettrodomestici). È
una valutazione, come riportato nell’articolo, basata peraltro su algoritmi. Per quanto
riguarda le critiche mosse a
un sistema industriale italiano
restio ad accettare il nuovo
criterio, andrebbe puntualizzato che la Francia, che è la
principale sostenitrice dell’iniziativa, ha interessi economici altrettanto importanti,
visto che è la sede di alcune
delle più grandi multinazionali del settore.
Luca Gnarra
Altri animali
u Attraverso le lettere ricevute e pubblicate sul giornale
noto che le opinioni espresse
da Leonardo Caffo nella sua
rubrica danno fastidio a chi
continua a pensare con presunzione antropocentrica e
specista e, soprattutto, dallo
sfruttamento animale trae
profitto. Vorrei ringraziare Leonardo Caffo perché tira fuori
questioni fondamentali e di
difficile digestione per molti.
Giovanni Bongera
L’Europa supera
la prova dell’inverno
u A proposito dell’articolo
del Financial Times sulle
iniziative per limitare i consumi di energia in Europa
(Internazionale 1494), credo
sia opportuno precisare che
per affrontare la crisi climatica globale servono anzitutto politiche forti, idealmente mondiali. Le scelte individuali contano e sono necessarie, ma scaricare sugli individui la responsabilità di
un problema enorme è controproducente: aumenta la
percezione dei limiti del risultato, sfavorisce la spinta
all’aggregazione politica,
discosta il pensiero dal cuore del problema. E finisce
per giovare a chi, in realtà,
ai massimi livelli non sta facendo abbastanza.
Alessandro Moretto
Errata corrige
u Su Internazionale 1496, a
pagina 82, nella rubrica di
Giorgio Cappozzo la frase
corretta è: “Il regista Paolo
Sorrentino monologa sulla
smania dei genitori d’inzeppare il tempo dei figli”.
Errori da segnalare?
Una mia amica si è separata dal marito e si sono organizzati così: i figli restano nella casa familiare e
ad alternarsi sono i genitori, che si dividono un piccolo appartamento per
quando non sono con i
bambini. Non avevo mai
sentito questa forma di separazione e sono curiosa
di sapere cosa ne pensi.
–Giulia
Quello di cui parli si chiama
bird nesting, per analogia con
gli uccelli che si alternano nel
nido per prendersi cura delle
uova. Ma non è detto che i genitori separati debbano dividere anche la sistemazione alternativa – scelta che di solito
è dettata da motivi economici, perché condividere un piccolo appartamento in affitto
costa meno che mantenere
tre abitazioni. Chi sceglie il
bird nesting lo fa per diminuire il trauma subìto dai figli
quando i genitori si separano
e non farli muovere tra due
case. Ma io temo che per evitare un disagio ai figli si finisca per crearne altri ancora
più grandi. Perché con il bird
nesting i figli diventano i veri
padroni di casa mentre i genitori sono degli ospiti che vanno e vengono con la loro valigia. E questo può alterare i
rapporti familiari. Inoltre, in
una coppia che si divide,
ognuno ha bisogno di uno
spazio nettamente separato
dall’ex e continuare a condividere gli spazi, seppur in modo
alternato, non mi pare l’ideale. Alla fine, con l’illusione di
creare meno traumi ai bambini, si rischia di danneggiare la
qualità della vita di tutta la famiglia. Credo sia più facile
per i figli abituarsi ad avere
due case che per i genitori vivere senza averne nessuna.
Claudio Rossi Marcelli
Da una casa all’altra
Numeri
muti
uLa storia maestra di vita?
Mah. Forse il povero Cicerone,
con questa definizione, aveva
preso un abbaglio. La prima
guerra mondiale lasciò sul terreno diciassette milioni di
morti, una ventina di milioni
di feriti e mutilati, e parecchie
delle ragioni che avviarono la
seconda guerra mondiale coi
suoi sessantacinque milioni di
ammazzati. Milioni, eh, milioni di vite distrutte, milioni di
esistenze con tutti i tratti e gli
affetti che riconosciamo in noi
qui, adesso. Ma questi numeri
hanno qualche peso o significato per chi oggi ventila la terza guerra mondiale un giorno
sì e un giorno no, per chi a
chiacchiere inorridisce all’idea dello sterminio che ne deriverebbe, e tuttavia lo prepara, l’avvia, mossa e contromossa, su svariate scacchiere
del pianeta? No. A volersi ammaestrare, ci sarebbe un cospicuo numero di saggi, romanzi e film di atroce realismo
sui massacri bellici e sul loro
insensato spreco di vite. Ma
anche su quelli, come sui numeri dei massacrati, tendiamo
a sorvolare. Ce la spassiamo di
più con la retorica del pugnare,
con l’elenco delle armi e la loro pregiata fabbricazione, con
la vestizione guerresca del
prode che o vince o muore.
Mai che ci appassioniamo al
rifiuto della rissa e dei fiumi di
sangue, ai trattati che dicono:
signori, se si continua a distruggere, altro che ammaestramenti, altro che storia.
Quelle pagine lì le saltiamo,
sono noiose.
Domenico Starnone
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AD ACQUA
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 17
Editoriali
Troppa agitazione a Washington
La politica non ostacoli i soccorsi
Ben Rhodes, consigliere diplomatico dell’ex
presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ci
ha scherzato su, scrivendo sui social network:
“Nessuno di noi dimenticherà mai dove si trovava quando ha ricevuto la notizia del Pallone,
né la faticosa vittoria riportata negli ultimi
istanti della Battaglia del Pallone”. Si riferiva
alla reazione isterica di una parte dei repubblicani statunitensi quando si è saputo di un pallone aerostatico di sorveglianza cinese in volo
sopra gli Stati Uniti. L’iperventilazione è continuata anche dopo che è stato abbattuto. La sua
distruzione ha scatenato la furia di Pechino.
Questa politicizzazione è una cattiva notizia. Finora a Washington il dossier cinese aveva riscosso un consenso bipartisan, una rarità
nel brutto clima che regna tra i due grandi partiti statunitensi. Il fatto che i repubblicani abbiano accusato l’amministrazione democratica di avere paura ha certamente avuto un peso
nella decisione di annullare la visita a Pechino
del segretario di stato Antony Blinken.
Bisognerà aspettare molti mesi per conoscere i veri motivi della strana odissea del pallone, ufficialmente impiegato per le rilevazioni
meteorologiche. D’altra parte la vicenda ha già
mostrato come i rapporti tra le due grandi potenze possano finire ostaggio di bassi calcoli
politici ed eccessi di nervosismo. Quest’agitazione va fermata. Il conflitto che la Russia ha
scatenato attaccando l’Ucraina è già sufficientemente destabilizzante.
Lo scorso novembre a Bali, in Indonesia, i
presidenti di Cina e Stati Uniti avevano cominciato a riallacciare rapporti deboli, ma necessari. I loro paesi hanno solo da guadagnare dal
dialogo. Le sfide comuni sono troppe – dalla
lotta alle pandemie a quella contro la crisi climatica – perché le due parti si rinchiudano nella diffidenza e nell’ostilità. ufdl
Mentre il bilancio delle vittime del terremoto
del 6 febbraio 2023 continua a salire, dalle città
del sudest della Turchia e del nord della Siria
arrivano storie di bambini, anziani e intere famiglie estratti dalle macerie dalle squadre di
soccorritori e dai sopravvissuti. Le persone si
arrampicano tra le mura delle case crollate per
liberare i familiari a mani nude, ma quello che
fanno è solo una goccia nel mare.
La stima iniziale delle autorità turche è di
almeno 6.200 edifici distrutti. Tredici milioni
di persone sono state colpite dal più grave terremoto nella regione dal 1939. Le Nazioni Unite prevedono che 23 milioni di turchi e siriani,
tra cui un milione di bambini, ne soffriranno in
qualche modo le conseguenze. I sopravvissuti,
costretti a vivere all’aperto ed esposti al freddo,
alla pioggia e alla neve, dovranno fare i conti
con le interruzioni di corrente elettrica e la
mancanza di viveri e acqua potabile. Le strade
impraticabili complicano enormemente i soccorsi.
Nel nord della Siria, una delle ultime roccaforti di quel che resta dell’opposizione al presidente Bashar al Assad, la situazione è forse
peggiore. La popolazione chiede aiuto, ma
quasi nessuno risponde. Già prima del terremoto 2,7 milioni di sfollati al confine con la
Turchia contavano sugli aiuti umanitari per
sopravvivere. Molti abitano in baraccopoli alla
periferia delle città, in campi o edifici abbandonati. In più di un decennio di guerra il regime
siriano ha causato la distruzione di gran parte
delle infrastrutture, ospedali compresi. Il conflitto ha tolto praticamente tutto alla popolazione. Che ora ha ancora meno. Damasco ha il
dovere di fermare le ostilità per facilitare l’arrivo degli aiuti internazionali.
Intanto il presidente turco ha dichiarato lo
stato d’emergenza di tre mesi. Il provvedimento garantisce al governo poteri straordinari. I
donatori internazionali dovranno invitare Ankara a usarli con moderazione.
Finora la risposta internazionale è stata
compatta e rapida. La Turchia ha ricevuto offerte d’aiuto da settanta paesi e organizzazioni,
mentre l’Unione europea ha mobilitato più di
trenta squadre di soccorso ed équipe mediche.
Si spera che questi specialisti, insieme a quelli
inviati da Iran, Cina ed Emirati Arabi Uniti, trovino il modo di lavorare insieme. Un disastro di
queste dimensioni impone che le divergenze
politiche siano messe da parte per rendere più
efficaci i soccorsi. uas
Irish Times, Irlanda
Le Monde, Francia
“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,
di quante se ne sognano nella vostra filosofia”
William Shakespeare, Amleto
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Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini
Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele
Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri),
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Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli
Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli
Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara
Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati
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columnist sono di Scott Menchin Progetto
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8 febbraio 2023
Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832
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S
u entrambi i lati della frontiera che separa la Turchia e la
Siria per centinaia di chilometri ci sono le stesse scene
di terrore, paura, inquietudine e rabbia. A venti ore dal
terremoto di magnitudo 7,8 avvenuto il 6
febbraio alle 4.17 decine di migliaia di
persone nel distretto di Pazarcık, a una
sessantina di chilometri dal confine siriano vicino alla città di Gaziantep, continuano a vagare sul ciglio delle strade, o di
quel che ne resta, in cerca di riparo o di
aiuto.
Il bilancio provvisorio è salito a più di
novemila morti in Turchia, secondo l’agenzia governativa di gestione dei disastri (dati aggiornati all’8 febbraio). Si tratta del terremoto con più vittime dopo
quello del 1999, quando una violenta
scossa devastò la parte orientale del mar
di Marmara, vicino a Istanbul, uccidendo
più di 17mila persone.
Il terremoto è stato avvertito in tutta la
regione e ha devastato dieci province del
sudest: Kahramanmaraş, Adıyaman,
Diyarbakır, Şanlıurfa, Gaziantep, Kilis,
Osmaniye, Malatya, Adana e Hatay. Ci
sono state circa quaranta scosse di assestamento, di cui una particolarmente forte (magnitudo 7,5) alle 13.24. A quel punto
altre migliaia di edifici, che sembravano
aver resistito alla prima onda d’urto, sono
crollati.
A Kahramanmaraş, considerata l’epicentro del sisma, centinaia di case sono
andate distrutte. Quasi diciotto ore dopo
nella zona mancano ancora le squadre di
ricerca e soccorso e gli aiuti alimentari.
Altrove è lo stesso. L’entità e la portata
dei danni sono impressionanti. Chilometri di strade al buio, migliaia di case rase
al suolo. L’asfalto strappato come se fosse
un foglio di carta. Ovunque colate di fango, di pietre o di terra. I pali della luce sono sdraiati ai lati della strada come matite posate sul bordo di un tavolo. Alcuni
sono piegati in due o polverizzati.
Villaggi fantasma
Ad Hatay il terremoto ha colpito più duramente, con quasi duemila morti secondo
un primo bilancio. A Diyarbakır si contano trecento morti, più di cinquecento a
Osmaniye. All’ingresso della città, una
casa sembra affondata nel suolo, come
una barca nell’oceano. Una decina di persone si muove intorno, chiamando e gridando, invano. Sotto le macerie c’è Remzi
Saldiray, 63 anni. È riuscito a far uscire di
casa tutti i familiari, la madre, i bambini, i
cugini. Da alcune ore non risponde più. Il
fratello fissa le macerie, le mani al cielo.
Chiede aiuto a Dio, e piange: “Non è venuto nessuno da stamattina. Nessuno”.
Lungo la strada ci sono villaggi fantasma, che gli abitanti hanno abbandonato
per paura delle scosse di assestamento.
Stanno nelle vicinanze, nelle auto, per
tenere d’occhio le loro cose. A volte un
po’ più lontano, in un punto in cui la ricezione dei telefoni funziona a tratti. Ovunque si vedono gruppi di auto con i finestrini chiusi e appannati dall’interno. “Impossibile tornare a dormire a casa”, dice
Ali, che con la moglie si è sistemato sui
sedili. Suo fratello ha una concessionaria.
Ha dato tutte le chiavi delle auto alle perNicolas Bourcier, Marie Jégo e Laure Stephan,
Le Monde, Francia
I due paesi sono diversi, ma la distruzione
causata dal terremoto è la stessa. Turchi
e siriani fanno i conti con la lentezza dei
soccorsi, l’instabilità politica e il freddo
Turchia e Siria in m CAN EROK (AFP/GETTY)
18 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 19
sone del quartiere in modo che ci possano dormire dentro.
Alla fine della strada, a Samandag, remoto sobborgo balneare di Antiochia di
122mila abitanti – come indica un cartello
di benvenuto – il terremoto ha ridotto tutto al silenzio. Due case su tre sono gravemente danneggiate, i negozi sono disintegrati. Non si vede nessuno in quello che
resta delle strade. Le file di auto sono più
distanti, in alto. “Ci hanno detto che c’era
il rischio di uno tsunami e di una terza violenta scossa di assestamento entro poche
ore”, spiega Ali, trent’anni, seduto nella
sua macchina.
Il distributore della Shell in centro è
l’unico posto dove si incontrano i sopravvissuti. Un generatore tiene accese le luci
iria in macerie
Adana, in Turchia, il 6 febbraio 2023
In copertina
20 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
e permette di riempire i serbatoi di benzina: un’isola di vita in un mare di desolazione. Tutto intorno gli edifici sono crollati. È
un ammasso di rovine lungo centinaia di
metri, come se la città fosse stata bombardata dall’interno. Qui è sparita in un istante una famiglia di dieci persone. Laggiù la
sorella di Hasan, un anziano in lacrime.
“Abbiamo cercato di tirare fuori le persone con le nostre mani, ma è impossibile”,
esclama l’uomo.
Dentro il distributore si svuotano i pochi scaffali ancora forniti. Ci si riscalda
come si può sotto una coperta condivisa.
“Non abbiamo niente da mangiare né da
bere”, dice un giovane a voce bassa. Gli
sguardi sono tristi e seri. “All’inizio abbiamo chiamato. Abbiamo portato un
neonato all’ospedale che è a cinque chilometri da qui, poi nient’altro. Sì, certo,
aspettiamo che arrivino”, continua Yelda, 32 anni, originaria della città. Punta il
dito verso destra: “C’è una coppia proprio
qui dietro, lui è morto e la moglie è ancora viva, ma è sotto le macerie, accanto al
corpo del marito”. Yelda dice di essere in
attesa, insieme agli altri nella stazione di
servizio, ma ha perso la speranza: “Sentiamo la gente che grida, ma non possiamo fare niente. Di fatto, stiamo aspettando che muoiano”.
Quasi ventidue ore dopo il terremoto,
nessun soccorso è ancora arrivato a Samandag. Gli unici a prestare aiuto, secondo la dichiarazione di un medico dell’ospedale del posto, sono le ambulanze del
pronto soccorso e dieci vigili del fuoco
della caserma. Nessun altro.
Mezzi limitati
In Siria si ripetono le stesse scene di desolazione. I morti sono quasi tremila: la metà circa concentrata nella regione di Idlib,
nel nordovest del paese, secondo il bilancio fornito dai soccorritori della roccaforte dei ribelli che si oppongono al presidente Bashar al Assad; l’altra metà nelle città
di Aleppo, Hama (nel centro), Tartous e
Latakia (sulla costa), stando alle cifre del
ministero della sanità siriano. La lentezza
delle operazioni e le informazioni frammentarie fanno temere un bilancio ancora
più pesante.
Quando finirà l’orrore? In questo paese
devastato dalla guerra il terremoto sembra quasi una maledizione, un ulteriore
colpo contro una popolazione dissanguata, che ormai dipende dagli aiuti umanitari. Nel freddo e nella pioggia, territori nemici mostrano scene identiche di caos e di
dolore. Nella regione di Idlib e nella città
di Aleppo sotto controllo governativo l’emergenza è la stessa: trovare i sopravvissuti, e identificare e offrire una sepoltura
ai morti.
I mezzi dei soccorritori per estrarre i
corpi dalle macerie sono limitati. Nella
zona controllata dal regime si usano i bulldozer. Nelle aree urbane, intere porzioni
di edifici sono crollate e a volte intere famiglie risultano disperse.
Nell’enclave di Idlib la situazione è un
“disastro”, hanno riferito il 6 febbraio i
soccorritori locali della difesa civile, i caschi bianchi, alle prese con una delle loro
missioni più difficili. Già dal mattino gli
ospedali erano sommersi. Il sisma ha creato scene di panico, gli abitanti si sono
precipitati in strada.
Il palazzo in cui viveva Osama Abdelhamid con la moglie e i figli , nel villaggio siriano di Azmarin, al confine con la
Turchia, è crollato nell’istante in cui sono
usciti dall’appartamento, ha raccontato
l’uomo all’agenzia Associated Press dal
letto d’ospedale. I vicini sono tutti morti.
In questa regione, che negli ultimi mesi è rimasta un bersaglio regolare dei bombardamenti delle forze del regime, e dove
vivono più di quattro milioni di persone,
molte sfollate da altre province, interi
campi profughi sono stati spazzati via.
Nelle zone governative la Mezzaluna
rossa siriana è stata incaricata di estrarre
i vivi e di trasportare i cadaveri. Ad Aleppo il giorno dopo il terremoto la paura è
ancora logorante. Alcuni edifici sono
crollati come castelli di carte. “L’abbiamo scampata per un soffio. La nostra casa
è ancora in piedi”, si ripete sconvolto Jamal, un giovane segnato dalla guerra.
Aleppo, seconda città della Siria, è stata
spaccata in due dai combattimenti tra
esercito e ribelli dal 2012 al 2016. “Ma abbiamo la sensazione che tutto sia pericoloso, siamo preoccupati per il dopo: ci
saranno nuove scosse? La gente è rimasta
in strada perché ha paura che le case crollino”. Ma il clima è gelido, con una pioggia incessante. Alcuni abitanti sono rimasti nei grandi giardini pubblici di Aleppo.
Sono stati aperti dei rifugi improvvisati:
più di mille sfollati hanno trascorso la
notte in alcune chiese della città.
“Siamo riusciti a offrire un pasto, ma
non abbiamo potuto distribuire coperte. È
Da sapere Come si muove l’Anatolia
◆ La Turchia si sposta verso ovest di circa due
centimetri all’anno lungo la faglia dell’Anatolia
orientale, dove si sono sviluppati i violenti terremoti di questi giorni. La maggior parte del
paese si trova infatti sulla placca anatolica, che
è schiacciata tra altre quattro placche, tra cui
quella araba (dove si trova buona parte della
Siria) che preme verso nordovest, e la grande
placca eurasiatica che si muove verso sudest.
Placche Secondo la teoria più accreditata, la
litosfera, formata dalla crosta terrestre e dalla
parte più esterna del mantello superiore, è divisa in una ventina di porzioni rigide, dette
placche o zolle, che “galleggiano” sullo strato
sottostante. Le placche si muovono lentamente, allontanandosi e avvicinandosi tra loro.
Faglie Lungo i margini delle placche le rocce
scivolano l’una contro l’altra spinte dal movimento, e accumulano grandi quantità di energia. Quando il materiale roccioso, sottoposto
alle sollecitazioni, supera il limite elastico e
raggiunge il punto di rottura, si formano le faglie, profonde fratture da cui è più probabile
che sia rilasciata l’energia immagazzinata. I
terremoti sono appunto generati dal brusco rilascio di quest’energia lungo le faglie.
Scale Diversi fattori hanno contribuito a rendere il terremoto in Turchia e in Siria particolarmente devastante. Uno è la sua intensità. La
magnitudo della prima scossa è stata di 7,8 e
quella della seconda di 7,5. Può sembrare una
piccola differenza, ma la scala che misura l’energia liberata, chiamata scala di magnitudo
del momento sismico (Mw), è di tipo logaritmico. Significa che cresce in modo esponenziale:
tra un grado e l’altro l’ampiezza del movimento
del terreno è dieci volte più grande e l’energia
sprigionata è quasi 32 volte superiore. Per avere un termine di paragone, il terremoto di
Amatrice del 2016 ha avuto una magnitudo 6,0
e quello del 2009 dell’Aquila, 6,3. La Mw è un
aggiornamento della scala Richter. È ormai diventata il metodo standard per la misura dei
terremoti. The Economist, Usgs
Mar Nero
TURCHIA
SIRIA
400 km
Istanbul
Epicentri
Placca
Placca anatolica
dell’Egeo
Placca
africana Placca
araba
Placca euroasiatica
FONTE: THE ECONOMIST
impossibile trovarne, in questa devastazione”, spiega Safir Salim, direttore
dell’Hope center (centro speranza), un’associazione cristiana. È in attesa di aiuti dal
Libano. “Tutti sono terrorizzati”, aggiunge, prima che la linea si interrompa: i collegamenti sono difficili, la connessione
molto debole.
Nessun posto
Il terremoto ha spazzato via le vecchie abitazioni costruite senza fondamenta o senza il rispetto delle norme antisismiche,
oppure già parzialmente distrutte dai
bombardamenti. La catastrofe è avvenuta
in un paese in cui i servizi sono al collasso:
a Idlib negli ultimi dieci anni le strutture
sanitarie sono state ripetutamente colpite
dall’aviazione russa o siriana. Nelle zone
governative molti medici se ne sono andati da tempo e le attrezzature degli ospedali sono per lo più deteriorate.
Il terremoto si sovrappone a una quotidianità che è già durissima per i siriani.
Nella zona sotto il controllo del regime, in
cui vive la maggioranza della popolazione, l’economia è strozzata, colpita dal tracollo del vicino Libano, dalle sanzioni statunitensi (Washington impedisce tutte le
transazioni con il regime), dalla corruzione. Le forniture di petrolio dall’Iran, l’alleato del regime insieme alla Russia, si sono
drasticamente ridotte.
Senza mezzi per riscaldarsi, i siriani
anche quest’inverno bruciano tutto quello che gli capita sotto mano per resistere
al freddo: plastica, tessuti, gusci di pistacchio. “Già prima del terremoto la Siria stava attraversando la peggiore crisi
umanitaria dall’inizio del conflitto”, spiega Bahia Zrikem, responsabile dei programmi per la Siria del Norwegian refugee council (Nrc), una ong presente nelle
zone ribelli e governative. Con la difficoltà della popolazione a nutrirsi o ad accedere ai servizi di base “assistiamo a un
aumento di pratiche di sopravvivenza,
come il lavoro minorile”.
La risposta umanitaria internazionale
sarà portata avanti da partner locali, su
un territorio diviso tra forze politiche (il
gruppo islamista radicale Hayat tahrir al
Sham nella provincia di Idlib, i ribelli alleati della Turchia intorno ad Aleppo, il
regime nelle zone lealiste). “Stiamo ancora cercando i dispersi”, avverte Louise
Bichet, resposabile Medio Oriente per
Médecins du monde Francia, ong attiva
sia nelle zone ribelli sia in quelle governative. “Bisognerà contare le strutture sanitarie sicure per i pazienti e il personale,
capire come potranno essere trasportati i
materiali necessari”.
Le persone della diaspora siriana,
sconvolte di fronte alla vastità del dramma, hanno lanciato delle raccolte fondi
sui social network. I soccorritori libanesi
della Croce rossa sono partiti per la Siria.
Nonostante i timori per una scossa di
assestamento, Jamal, il giovane di Aleppo, appena diventato padre, non ha intenzione di lasciare la città con la moglie
e il figlio. “Non abbiamo un mezzo di trasporto. E poi dove dovremmo andare?
Non abbiamo nessun posto dove rifugiarci”. ufdl
Il villaggio di Besnia, nella provincia di Idlib, in Siria, il 6 febbraio 2023
OMAR HAJ KADOUR (AFP/GETTY)
Ad Aleppo il giorno
dopo il terremoto la
paura è ancora
logorante
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 21
In copertina
D
opo il devastante terremoto del
6 febbraio, la comunità internazionale ha rapidamente organizzato l’invio di aiuti umanitari in Turchia. Per quanto riguarda la
Siria, invece, la situazione è più complicata. I soccorsi internazionali, strumentalizzati per anni dal regime di Bashar al Assad, si trovano di fronte a un dilemma:
come sostenere una popolazione in pericolo senza fare il gioco del regime di Damasco, soprattutto nelle regioni controllalizzazione dei rapporti con la Siria, come
gli Emirati Arabi Uniti, e quelli di chi non
ha mai interrotto del tutto le relazioni, come l’Iraq.
Un solo passaggio
Ma c’è anche un paese che ha sorpreso
tutti, annunciando l’invio di aiuti umanitari ad Assad. In una dichiarazione a effetto, il 6 febbraio il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di
averli approvati “dopo aver ricevuto una
richiesta da una fonte diplomatica”, senza però precisarne l’origine.
Secondo Ayman Aldassouky, specialista di questioni siriane e ricercatore del
centro Omran di Istanbul, “Netanyahu
vuole incrinare i rapporti tra il regime di
Assad e l’Iran, dimostrando che esistono
canali diplomatici non ufficiali con Israele, attraverso la Russia”. Il regime siriano,
pur avendo lanciato un appello alla comunità internazionale, ha smentito di
aver chiesto aiuto a Israele, paese che
considera nemico.
Da quando Assad è stato isolato a livello internazionale, dopo la sua sanguinosa
repressione delle rivolte del 2011, non ha
Damasco strumentalizza
gli aiuti umanitari
Il presidente Bashar al Assad
cercherà di approfittare
dell’emergenza per uscire
dall’isolamento diplomatico
Noura Doukhi e Philippine Masson,
L’Orient-Le Jour, Libano
te dall’opposizione? Nelle ultime ore i social network sono pieni di immagini dei
siriani che vivono in queste aree, abbandonati a se stessi mentre cercano di estrarre le vittime dalle macerie. In Siria il bilancio provvisorio del sisma di magnitudo 7,8
e delle forti scosse successive, con epicentro nel sudest della Turchia, è di quasi tremila morti e cinquemila feriti, di cui la
maggioranza nella zona nordoccidentale,
controllata dalle fazioni legate ad Ankara
e in parte dall’organizzazione jihadista
Hayat tahrir al Sham (Htc).
Dopo la notizia della catastrofe, gli aiuti sono arrivati in Siria soprattutto dagli
alleati del regime di Assad, come l’Iran, e
dalla Cina. Si sono aggiunti anche quelli di
paesi impegnati in un percorso di normaAAREF WATAD (AFP/GETTY)
22 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
mai smesso di usare gli aiuti umanitari per
fini politici. Il governo siriano si oppone al
meccanismo creato a livello internazionale per soccorrere le zone controllate dai
ribelli, che aggira la sua autorità, e vorrebbe che tutti gli aiuti passassero da Damasco. L’obiettivo è fare in modo che il suo
potere sia riconosciuto dall’Onu su tutto il
territorio e ottenere una legittimità internazionale.
Dei quattro passaggi di frontiera esistenti nel 2014, dal 2020 ne è rimasto solo
uno, dopo la chiusura pretesa dalla Russia
e dalla Cina di un valico in Turchia e di altri due in Giordania e Iraq. “Il regime di
Assad ha limitato questo meccanismo
transfrontaliero per usare gli aiuti umanitari internazionali a proprio vantaggio e
rafforzare la sua legittimità, la sua base e
le sue istituzioni”, sottolinea Aldassouky.
Ormai l’Onu conta solo sul valico di
Bab al Hawa, alla frontiera con la Turchia,
per inviare gli aiuti ai siriani che vivono
nel nordovest del paese, senza l’avallo delle autorità di Damasco. Ma secondo fonti
locali il passaggio, colpito dal terremoto,
sarebbe stato chiuso. La portavoce dell’Onu per gli affari umanitari, Madevi SunSuon, ha dichiarato che i convogli di aiuti
sono fermi lungo il confine, ammettendo
di non sapere ancora quando potranno ripartire.
Riproponendo la retorica di Damasco,
il 6 febbraio l’ambasciatore siriano alle
Nazioni Unite, Bassam Sabbagh, ha dichiarato che “gli accessi in Siria esistono.
Le organizzazioni internazionali possono
coordinarsi con il governo”. E ha aggiunto
che Damasco è pronta a gestire gli aiuti
“per tutti i siriani, in tutti i territori”, rifiutando la possibilità che arrivino in modo
indipendente attraverso i valichi di frontiera.
Gli Stati Uniti hanno escluso esplicitamente la possibilità di trattare con il governo siriano, che non considerano legittimo, precisando che consegneranno
aiuti al paese attraverso le ong. “Sarebbe
paradossale, oltre che controproducente,
tendere la mano in questo momento a un
governo che ha martoriato il suo popolo
per dodici anni, colpendolo con il gas,
massacrandolo e rendendosi responsabile della maggior parte delle sue sofferenze”, ha dichiarato il portavoce del dipartimento di stato statunitense Ned Price. Dal
2011 la comunità internazionale ha imposto una serie di sanzioni economiche alla
Siria. Queste misure sono state rafforzate
nell’estate 2020 dall’entrata in vigore della legge statunitense Caesar, che colpisce
qualunque persona, azienda o istituzione
faccia affari con il governo di Damasco o
contribuisca alla ricostruzione del paese.
Dopo il terremoto vari sostenitori del regime hanno diffuso sui social network
l’hashtag #stopsanctionssyria, rafforzando la tesi delle autorità secondo cui la crisi
economica sarebbe direttamente legata
alle sanzioni.
Reti informali
“Per il regime il flusso di aiuti umanitari
rappresenterà un’occasione per uscire
dall’isolamento a livello regionale e internazionale”, suggerisce Fayçal Abbas Mohammad, ex professore di relazioni internazionali siriano-canadese. Secondo lui,
dal 2021 Assad ha fatto grandi passi avanti
in termini di normalizzazione dei rapporti
internazionali, soprattutto dopo aver incontrato nel marzo 2022 il principe ereditario ad Abu Dhabi, la prima visita in un
paese arabo dal 2011. Il 7 febbraio, in una
conferenza stampa organizzata a Damasco, Khaled Haboubati, direttore della
Mezzaluna rossa siriana, che opera nelle
zone controllate dal governo, ha chiesto
all’Unione europea di cancellare le sanzioni internazionali, perché “dopo questo
terremoto è il momento di farlo”.
Nonostante le sanzioni, le aree controllate dal regime siriano ricevono aiuti
internazionali attraverso le agenzie
dell’Onu, che spesso hanno sede a Damasco. Tuttavia, diverse inchieste condotte
negli ultimi anni hanno rivelato la scomparsa di somme astronomiche destinate
agli aiuti e finite nelle tasche del regime.
Secondo uno studio pubblicato nell’ottobre 2021 dal Center for strategic &
international studies (Csis), tra il 2019 e il
2020 il governo siriano si sarebbe impossessato di cento milioni di dollari di aiuti
umanitari dell’Onu attraverso l’imposizione di un tasso di cambio estremamente
sfavorevole. “I soldi che arriveranno in
Siria continueranno a passare attraverso
le istituzioni finanziarie controllate dal
regime, con il tasso di cambio imposto da
Damasco”, nota Abbas Mohammad. Dopo il sisma, l’Unione europea ha annunciato una donazione di circa 650mila dollari alla Federazione internazionale della
Croce rossa e della Mezzaluna rossa destinata alla Turchia e alla Siria, ma senza
precisare il modo in cui il denaro sarà inviato nel secondo paese.
“Il regime cercherà di rafforzare le sue
reti informali, come il Syria trust for development, assegnandogli il diritto di controllare gli aiuti umanitari internazionali e
di usarli per finanziare la fornitura di servizi e sostenere la base di Assad, alle prese
con le conseguenze del conflitto”, aggiunge Ayman Aldassouky.
I paesi occidentali sono in forte imbarazzo davanti alle manovre del regime siriano, ma è difficile che possano evitare di
trattare con i suoi leader se vogliono aiutare la popolazione. “Dobbiamo considerare che tutti i mezzi pesanti necessari per
sgomberare le macerie in vista delle operazioni di ricerca e salvataggio sono a diesel”, sottolinea Karam Shaar, economista
siriano e ricercatore del Middle East institute. “È impossibile sapere quanto gasolio
sia disponibile nel paese senza dialogare
con le istituzioni governative”.
Negli anni è sembrato che diversi paesi
della regione volessero avere un atteggiamento pragmatico con la Siria, partendo
dal presupposto che, a dodici anni dalla
rivoluzione, Bashar al Assad resterà a lungo al potere. Sul fronte interno il peggioramento della crisi economica sembrava
aver ridotto il sostegno di una parte della
base nei suoi confronti. Ma ora molti oppositori temono che il terremoto sia
un’occasione d’oro per il regime. Assad ha
l’abitudine di mettersi in scena al capezzale della sua popolazione, come quando ha
visitato Latakia dopo i gravi incendi nei
boschi che avevano provocato diverse vittime nell’ottobre 2021. “Il terremoto sarà
usato dal regime per distogliere l’attenzione dagli abusi, dagli omicidi e dalla repressione, e dall’incapacità cronica di fornire servizi e soddisfare i bisogni più elementari di nove milioni di siriani che vivono sotto il suo controllo”, riassume Fayçal
Abbas Mohammad. uas
I paesi occidentali
sono in imbarazzo
davanti alle manovre
del regime siriano
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 23
Nell’ospedale di Bab al Hawa,
nella provincia siriana di Idlib,
il 6 febbraio 2023
24 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
In copertina
Hatay, Turchia, 6 febbraio 2023
P
er la Turchia è la catastrofe naturale più grave degli ultimi decenni: una folle sequenza di
scosse di terremoto e d’assestamento, in pieno inverno e in una zona, il
sudest del paese, segnata dalla povertà e
dai disordini politici. E, come se non bastasse, la violenza della natura si è abbattuta anche sulla vicina Siria, dove milioni
di persone scappate dalla guerra civile
vivono ammassate in miseri campi profughi. Una tragedia immane, con migliaia
di vittime.
Il presidente turco Recep Tayyip
Erdoğan, che è in piena campagna elettorale e la sera prima del terremoto, in un
grande evento con i giovani, si era scagliato violentemente contro l’opposizione, ha subito raffreddato i toni invocando
l’unità nazionale. “Ci auguriamo di superare questo disastro insieme, nel minor
tempo e con le minori perdite possibili”,
parte la gestione di alcune grandi città,
non ha incarichi importanti. I terremoti
sono considerati scherzi della natura e
l’opposizione non può dare la colpa al governo. Conta, invece, il cittadino che si dà
da fare. Se Erdoğan saprà affrontare le
conseguenze del terremoto con grande
risolutezza, potrà guadagnare consensi.
Gli avversari
Ma le cose possono andare diversamente.
Quando 85 milioni di turchi realizzeranno la dimensione effettiva del disastro, il
dolore e la solidarietà potrebbero lasciare
il posto alla rabbia e all’indignazione contro il potere. I cittadini allora potrebbero
interessarsi di più agli avversari di
Erdoğan. Ma l’opposizione è impreparata. Non è riuscita a capitalizzare politicamente la frustrazione nei confronti del
presidente, l’inflazione ormai assurda e
l’impoverimento di molte persone. I sei
partiti all’opposizione, che compongono
un’alleanza, non hanno ancora presentato il loro candidato (dovrebbero farlo il 13
febbraio).
Tra le macerie della catastrofe non ci
sarà uno sfidante capace di consolare, di
mostrarsi presente. Quest’alleanza di socialdemocratici, nazionalisti di destra,
religiosi e liberali, improvvisata in funzione anti-Erdoğan, è presa dalle lotte interne. Tutti sono convinti che alla fine lo sfidante sarà Kemal Kılıçdaroğlu, il lea der
del Partito popolare repubblicano (Chp),
che tuttavia non è molto bravo ad affascinare gli elettori. Ci potrebbe essere anche
Ekrem İmamoğlu, il sindaco di Istanbul,
che però è stato messo fuori gioco con una
condanna per insulti a funzionari elettorali. Un’altra opzione sarebbe Mansur
Yavaş, il sindaco di Ankara, ma è poco conosciuto e ha meno carisma.
La tragedia, inoltre, si è abbattuta nella regione curda, dove molte persone
odiano Erdoğan. Ma l’opposizione non ha
voluto allearsi con la formazione filocurda del Partito democratico dei popoli
(Hdp). Davanti a una catastrofe simile
può sembrare inopportuno parlare di chi
può sfruttarla politicamente. Ma il primo
a farlo sarà Erdoğan. Non si può dare per
scontato che con lo stato d’emergenza
nelle province colpite si svolgeranno le
elezioni. I turchi, con il loro dolore inconsolabile, potrebbero ribellarsi contro il
potere. Sarebbe un terremoto politico,
dopo quello naturale. unv
In cerca di consensi
dopo il sisma
Recep Tayyip Erdoğan cercherà
di sfruttare la tragedia in vista
delle elezioni. Approfittando
di un’opposizione debole e divisa
Tomas Avenarius, Süddeutsche Zeitung, Germania
ha scritto su Twitter. Ma, a tre mesi dalle
elezioni presidenziali, il terremoto potrebbe decidere il futuro del paese. Il 14
maggio si vota anche per rinnovare il parlamento. Erdoğan, che il 26 febbraio compirà 69 anni e da più di venti è al potere, si
ricandida. La gestione della crisi e delle
conseguenze del terremoto deciderà se
dovrà fare i bagagli e lasciare Ankara.
Alcuni elementi fanno pensare che
Erdoğan, leader del partito islamico conservatore Akp e figura sempre più autoritaria, sfrutterà la situazione.
In politica estera, per esempio, l’aiuto
offerto prontamente dalla Svezia potrebbe offrirgli una via d’uscita dalle tensioni
sulla richiesta di Stoccolma di entrare nella Nato. Ma, soprattutto, i turchi colpiti
dalla catastrofe, quelli che hanno perso i
parenti, che sono feriti in ospedale o che
non hanno più un tetto sulla testa ora non
pensano certo alle questioni politiche, alle
palesi mancanze del governo, ai fallimenti e alla corruzione che hanno limitato le
opere di prevenzione e antisismiche. Ora
le persone hanno bisogno d’aiuto. E l’aiuto
arriverà dallo stato. Quindi da Erdoğan.
L’opposizione invece ha poco da offrire. A
MURAT SENGUL (ANADOLU AGENCY/GETTY)
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 25
C’ è un modo di dire in Turchia: “buttarla in politica”.
Come se la politica fosse
una cosa separata dalla società, indipendente dalle cause e dalle
conseguenze del modo in cui viviamo.
“Non buttarla in politica” significa “non
è compito nostro rendere conto della realtà”. Impedire ai cittadini di difendere i
propri interessi significa proteggere la
superiorità degli interessi personali, di
classe, di rango.
Per comprendere le dimensioni del
più grande disastro degli ultimi vent’anni bisogna guardare prima di tutto al disastro ventennale. Siamo di fronte a un
regime che non dà importanza ad altro
che al proprio profitto, che non ha altri
piani a parte salvarsi nel momento del
pericolo, che non vede neppure il bisogno di un simile piano, che non esita a
manovrare per trovare qualche vantaggio nella tragedia. Non dobbiamo proteggerci solo dal terremoto, ma anche
da questo regime.
Da vent’anni la Turchia è amministrata secondo il principio “quel che conta è il profitto, costi quel che costi”. In
questo periodo avremmo dovuto prepararci a nuovi terremoti dopo quello di
İzmit, che nel 1999 uccise 18mila persone. Invece abbiamo consegnato il paese
a un appaltatore che lo ha distrutto e ha
costruito un mostro di cemento. I faccendieri criminali degli anni precedenti
sono dei dilettanti in confronto.
Qualcuno penserà che è inappropriato dire queste cose dopo una catastrofe
simile. Invece è proprio questo il momento. Un intero paese si è mobilitato e
cerca di aiutare le vittime. Gli aerei non
possono atterrare negli aeroporti costruiti su terreni paludosi, le strade appaltate con criteri politici si sbriciolano
come biscotti.
Quelli che hanno mandato le forze
armate turche a invadere la Siria, e nominato prefetti nei territori occupati come fossero sultani ottomani, esitano a
inviare nelle zone terremotate l’esercito
pagato con le tasse dei cittadini. E i religiosi con le Mercedes, sempre finanziati
dalle tasse, recitano orazioni funebri per
il paese. Anche il ministro degli interni,
che si precipita davanti alle telecamere
appena in Siria si muove una foglia, non
si è fatto vedere. Quando le macerie saranno rimosse, probabilmente manderà
alle vittime le forze speciali e le camionette della polizia.
Arroganza e indifferenza
Per ogni evenienza, il potere ha messo in
piedi una campagna di pubbliche relazioni. Temendo che qualcosa filtrasse
dalla melma dei mezzi d’informazione,
alcuni rappresentanti del Partito giustizia e sviluppo (Akp) sono stati mandati
sul campo a stuccare le crepe. Dovevano
solo pronunciare qualche discorso di circostanza e dare almeno un’impressione
di umanità, ma non sono riusciti a fare
nemmeno questo. A emergere sono l’arroganza e l’indifferenza di chi non riesce
a guardare in faccia il suo popolo e non
sa neanche offrire una parola di conforto
senza guardare alla mappa dei risultati
delle elezioni amministrative.
Chi è abbastanza vecchio da ricordare il terremoto di İzmit sa cosa sia uno
stato che non riesce ad aiutare le vittime
di una calamità naturale. Ma uno stato
che ritiene umiliante aiutare il proprio
popolo, che lo considera una minaccia
alla propria esistenza, è a un livello molto più avanzato di degenerazione.
In realtà il regime del partito-stato
non ha torto, perché come in ogni crimine in questo paese ci sono le sue impronte digitali dappertutto. Oggi stiamo vivendo le conseguenze di una calamità
ventennale che dopo il terremoto del
1999 ha fatto l’esatto contrario di ciò che
chiedevano gli scienziati, e lo ha fatto di
proposito, per creare un nuovo capitalismo asservito; che è stata accecata
dall’avidità e dalla partigianeria; e che ha
fatto dell’attacco all’interesse pubblico la
base della sua strategia.
Da vent’anni l’Akp governa il paese
secondo il motto “dopo di noi il diluvio”.
Non si è mai preoccupato di fare l’interesse pubblico, e non lo farà mai.
Riconoscerlo non significa “buttarla
in politica”. Al contrario, vuol dire intervenire nella politica già esistente in modo da evitare altre distruzioni. Rendere
nuovamente pubblico l’interesse pubblico usurpato. Dire: “Dovete fare bene il
vostro lavoro o ne pagherete le conseguenze”.
Nessuno si lasci ingannare. Anche i
morti del terremoto sono politici. Non si
può impedire un terremoto, ma si possono limitare i danni di un disastro ampiamente annunciato. Basta volerlo.
Indicare chi non ha questa intenzione
non significa “buttarla in politica” ma
cercare di tenere i piromani che da
vent’anni girano per il paese con le taniche di benzina lontano dal luogo del
prossimo incendio. u ga
Una catastrofe
che dura da vent’anni
L’opinione
La strage causata dal terremoto
in Turchia è il risultato del totale
disinteresse della politica
per il bene pubblico
Dağan Irak, Diken, Turchia
Non si può impedire
un terremoto, ma si
possono limitare
i danni di un disastro
ampiamente
annunciato. Basta
volerlo
26 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
IRAN
Panahi
rilasciato
Jafar Panahi (nella foto), uno dei
registi iraniani più conosciuti, è
stato liberato su cauzione il 3
febbraio. Due giorni prima aveva cominciato uno sciopero della fame per protestare contro la
sua detenzione in corso da sette
mesi nel carcere di Evin, a Teheran. Iran Wire ricorda che Panahi, vincitore del Leone d’oro
al festival di Venezia nel 2000 e
dell’Orso d’oro al festival di Berlino nel 2015, il 19 luglio 2022 era
stato condannato a scontare sei
anni di prigione in base a una
sentenza emessa nel 2010. Era
stato arrestato a Teheran l’11 luglio, dopo aver chiesto la scarcerazione di due suoi colleghi. Il 5
febbraio l’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del paese, ha
annunciato la liberazione o la riduzione della pena per decine di
migliaia di detenuti. Il provvedimento, che prevede però il rispetto di alcune condizioni, si
applicherà anche a molte delle
persone arrestate negli ultimi
mesi per aver partecipato alle
manifestazioni contro il governo seguite alla morte di Mahsa
Jina Amini.
IRAQ
Le donne
in piazza
Decine di irachene hanno manifestato il 5 febbraio davanti al
consiglio supremo della magistratura a Baghdad per chiedere
una legge contro la violenza domestica, scrive Al Mada. La
protesta è stata scatenata dalla
morte di Tiba al Ali, una blogger
di 22 anni uccisa dal padre il 31
gennaio nella provincia meridionale di Diwaniya. La ragazza
viveva in Turchia ed era tornata
in Iraq per risolvere affari di famiglia. Il suo omicidio ha scatenato un’ondata d’indignazione
sui social network, mentre i
gruppi per la difesa dei diritti
umani invocano leggi più dure
per proteggere le donne dalla
violenza di genere. In base
all’articolo 409 del codice penale iracheno, i giudici possono infliggere condanne più leggere a
chi uccide per “motivi d’onore”.
IN BREVE
Jihadismo Secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato il 7 febbraio, le principali motivazioni che spingono gli africani a unirsi ai movimenti jihadisti
sono, più che le credenze religiose, la povertà e la mancanza
di lavoro.
Israele-Palestina L’esercito
israeliano ha annunciato il 6
febbraio di aver ucciso cinque
“assalitori palestinesi” in un
raid nel campo profughi di
Aqbat Jabr, vicino a Gerico, in
Cisgiordania. L’obiettivo era arrestare dei miliziani che avevano cercato di attaccare un ristorante frequentato da coloni.
SOMALIA
Alleanze
in discussione
Sono almeno 58, secondo fonti
ospedaliere, le vittime degli
scontri del 6 e 7 febbraio nella
città di Las Anod, in
Somaliland. I combattimenti
hanno visto le forze di
sicurezza locali, leali allo stato
autoproclamato nel 1991,
opporsi a milizie vicine a gruppi
che vorrebbero tornare sotto
l’autorità del Puntland, uno dei
cinque stati federali della
Somalia, spiega il sito Garowe
Online. Il 7 febbraio il
presidente somalo Hassan
Sheikh ha chiesto un cessate il
fuoco, invitando le parti a
trovare una soluzione pacifica.
300 km
Oceano
Indiano
ETIOPIA
GIBUTI
SOMALIA
Mogadiscio
Las Anod
Hargeisa
Somaliland
Puntland
Il 22 gennaio a Yaoundé, la capitale
del Camerun, è stato ritrovato il
corpo di Martinez Zogo, un
giornalista radiofonico noto per
aver denunciato la corruzione nel
governo. Da allora il quotidiano
Mutations ha seguito con
attenzione il caso, richiamando le
autorità al dovere di fare luce
sull’omicidio. Il 7 febbraio il giornale ha dato la notizia
dell’arresto di Jean-Pierre Amougou Belinga, capo del
gruppo editoriale L’anecdote. Zogo aveva più volte
parlato degli affari sporchi dell’imprenditore. Nei giorni
precedenti erano state arrestate una ventina di persone
dei servizi di controspionaggio, tra cui il capo Léopold
Maxime Eko Eko e un suo collaboratore, Justin Danwe.
Nella deposizione che l’ong Reporters sans frontières
(Rsf ) ha potuto visionare, Danwe chiama in causa il
ministro della giustizia in relazione all’omicidio. Per
questo Rsf parla di un “crimine di stato”, commesso in
un contesto di destabilizzazione legata alla successione
del presidente Paul Biya, al potere dal 1982. Il 2 febbraio
un altro conduttore radiofonico, Jean-Jacques Ola Bébé,
è stato ucciso a colpi di pistola nella sua abitazione. ◆
Mutations, Camerun
CAMERUN
Un crimine di stato
RDC
Una forza
inutile
Un soldato sudafricano schierato con la Monusco, la missione delle Nazioni Unite nella
Repubblica Democratica del
Congo (Rdc), è stato ucciso a
Goma il 5 febbraio, in un attacco contro l’elicottero su cui
viaggiava. Nella zona sono in
corso i combattimenti con la
milizia ribelle M23, spiega il
quotidiano The Nation. Il
giorno dopo migliaia di abitanti
della città hanno protestato
contro la presenza nella loro regione di una forza militare inviata dalla Comunità dell’Africa orientale (Eac), che dallo
scorso novembre ha fatto ben
poco per fermare l’avanzata dei
ribelli appoggiati dal Ruanda.
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Oriente. Per riceverle:
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Africa e Medio Oriente
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 27
FRANCIA
La protesta
continua
Il 7 febbraio più di 750mila persone hanno partecipato alla terza giornata di proteste indetta
dai sindacati francesi contro la
riforma delle pensioni, una partecipazione leggermente inferiore a quella registrata il 19 e il
26 gennaio. Anche stavolta la
mobilitazione è stata accompagnata da una serie di scioperi
che hanno bloccato i trasporti
pubblici e le raffinerie. L’11 febbraio è in programma un’altra
giornata di agitazione. Intanto
la riforma è approdata in parlamento, dove il partito centrista
del presidente Emmanuel Macron non ha la maggioranza assoluta e dovrà cercare voti tra le
file dell’opposizione. La premier
Élisabeth Borne ha annunciato
al Journal du dimanche di essere pronta ad accogliere alcune
delle richieste avanzate dai
Républicains per evitare il ricorso all’articolo 49 della costituzione, che permetterebbe al governo di far passare la misura
senza il voto delle camere. Ma la
sua apertura ha diviso il partito
di centrodestra, che non ha ancora trovato una posizione unitaria sulla riforma.
MOLDOVA
Il paese
che scompare
Secondo una nuova stima elaborata dall’ufficio nazionale di
statistica, la popolazione della
Moldova è di appena 2,6 milioni
di persone, il 40 per cento in
meno rispetto al 1990, quando
il paese aveva più di 4,3 milioni
di abitanti. Oltre che al calo della natalità osservato in tutti i
paesi europei, questa “catastrofe demografica” senza precedenti è dovuta soprattutto all’emigrazione di massa, scrive
Contrafort. Negli ultimi anni
il fenomeno ha subìto una forte
accelerazione con l’abolizione
dei visti per l’Unione europea e
la legge con cui la Romania ha
offerto la cittadinanza ai moldavi di origine romena. Se la
tendenza sarà confermata, entro il 2040 la popolazione moldava si ridurrà a 1,7 milioni di
abitanti.
MOLDOVA
45 km
Transnistria
Mar
Nero
Tiraspol
Chișinău
UCRAINA
ROMANIA
CHARLY TRIBALLEAU (AFP/GETTY)
IN BREVE
Francia Il senato ha approvato
l’emendamento che include il
diritto all’aborto nella costituzione. La legge, proposta dal
partito di sinistra La France insoumise, dovrà essere approvata anche dall’assemblea nazionale e poi sottoposta a referendum.
Finlandia Il parlamento ha approvato la riforma della legge
sull’assegnazione di genere,
che consente di cambiare sesso
anagrafico attraverso un’autodichiarazione, senza più bisogno di sottoporsi a una visita
psichiatrica.
UCRAINA
Altri aiuti
dall’Europa
La visita a Kiev della presidente
della Commissione europea
Ursula von der Leyen (nella foto) e del presidente del consiglio europeo Charles Michel, il
3 febbraio, è stata una parziale
delusione per il presidente Volodimyr Zelenskyj. I due hanno
ribadito il loro appoggio all’Ucraina e annunciato nuove misure di sostegno, tra cui un pacchetto di aiuti da 450 milioni di
euro e un accordo per favorire
l’accesso delle aziende ucraine
al mercato europeo, ma non
hanno fissato una data per l’avvio del processo di adesione
dell’Ucraina all’Unione. Kiev
ha ottenuto lo status di candidata a luglio del 2022, e prima
della visita Zelenskyj aveva dichiarato di sperare che i colloqui cominciassero entro dicembre, ma secondo Von der Leyen
“non c’è una tabella di marcia
rigida”. In compenso gli alleati
occidentali sembrano disposti a
sbloccare gli aiuti militari richiesti dal presidente per contrastare la nuova offensiva russa nel Donbass, che Kiev considera ormai imminente. La Germania avrebbe intenzione di
consegnare un centinaio di carri armati Leopard 1, meno avanzati dei Leopard 2 già promessi.
Inoltre il Regno Unito ha annunciato che addestrerà i piloti
ucraini a usare i velivoli della
Nato, segno che anche le esitazioni sulla consegna degli aerei
da combattimento potrebbero
presto essere superate, nota il
Financial Times.
UKRAINIAN PRESIDENCY (ANADOLU AGENCY/GETTY)
Tolosa, 7 febbraio 2023
La legge sulla libertà sessuale, che
era stata celebrata come uno dei
principali risultati ottenuti dal
governo di Pedro Sánchez,
minaccia di spaccare la coalizione
di centrosinistra tra il Partito
socialista (Psoe) e Podemos. La
norma, soprannominata “solo sì è
sì”, mirava ad accogliere anni di
rivendicazioni femministe contro la colpevolizzazione
di chi subisce uno stupro, classificando come violenza
tutti i rapporti sessuali senza consenso esplicito. Da
quando è entrata in vigore a ottobre, però, la sua
applicazione retroattiva ha portato alla scarcerazione
di una trentina di stupratori e alla riduzione della pena
per altri quattrocento condannati per violenza
sessuale. ll 7 febbraio il Psoe ha presentato in
parlamento una bozza di riforma per correggere questi
“effetti indesiderati”. Podemos, il partito della
ministra dell’uguaglianza Irene Montero, che ha
elaborato la legge, rifiuta però di sostenere la modifica.
La spaccatura arriva a poco più di tre mesi dalle
elezioni amministrative del 28 maggio, considerate un
test cruciale in vista delle legislative di dicembre. ◆
El País, Spagna
SPAGNA
Un sì complicato
Europa
I
l fiume Colorado nasce dalla neve
scongelata che scende dalle montagne Rocciose e crea una serie di ruscelli che confluiscono nei prati e
nelle valli. Come le arterie dell’apparato
circolatorio, i suoi principali affluenti attraversano vari stati – Wyoming, Colorado, Utah e New Mexico – fino a unirsi in un
fiume maestoso che viaggia per più di
2.300 chilometri e che nell’ultimo secolo
ha reso possibile lo sviluppo del sudovest
degli Stati Uniti.
L’acqua deviata dal fiume ha fatto prosperare l’agricoltura su più di due milioni
di ettari e serve circa quaranta milioni di
persone in città come Denver e Los
Angeles. Le risorse del Colorado hanno
alimentato l’economia di sette stati del
paese, oltre che del nord del Messico. Ma
da molto tempo la quantità d’acqua prelevata è eccessiva. Oggi il fiume non può più
sostenere la sfrenata sete dell’arida zona
occidentale degli Stati Uniti.
Un secolo fa sette stati firmarono un
accordo, il Colorado river compact, per
spartirsi le risorse del fiume. Quel patto
sovrastimò la quantità d’acqua che poteva
essere destinata ai centri abitati e ai terreni agricoli. Oggi, dopo anni di allarmi lanciati dagli scienziati e sforzi insufficienti
per adattarsi, quel patto sta andando a
sbattere contro la realtà di un fiume che
continua a prosciugarsi. Dal 2000, mentre l’aumento delle temperature dovuto
all’uso di combustibili fossili ha aggravato
la peggiore siccità degli ultimi secoli, la
portata del Colorado è calata del 20 per
cento. I bacini hanno raggiunto i minimi
storici e la situazione continua a peggiorare. Questo sta convincendo la regione ad
affrontare finalmente il problema. Ancora
non è chiaro come saranno ripartiti i razionamenti tra gli stati, i distretti idrici e le
comunità indigene. È possibile che alla fine dovrà intervenire il governo federale e
non è escluso che la questione finisca in
tribunale. In ogni caso, per limitare lo
sfruttamento dell’acqua, le autorità dovranno diminuire le forniture alle aziende
agricole e far ridurre i consumi di milioni
di persone. Bisognerà limitare il numero
di giardini ben curati e abbandonare colture particolarmente “assetate” come
l’erba medica e destinare meno acqua ai
campi da golf e ad altre attività che comportano consumi elevati.
Raccolta inutile
Facendosi strada sugli sci in una foresta di
pini coperti di neve, Brian Domonkos raggiunge l’area della montagne Rocciose in
cui nasce il fiume Colorado. Vuole controllare lo stato del manto nevoso vicino al
passo Berthoud, nello stato del Colorado,
dove il giorno prima sono caduti dodici
centimetri di neve. “Spero che regga ancora per un po’”, spiega Domonkos, supervisore degli studi sulla neve per il Natural resources conservation service,
un’agenzia del governo federale. È preoccupato perché in Colorado nevica sempre
meno. Nella primavera del 2022 il manto
nevoso nel bacino idrografico dell’alto
Colorado si è fermato all’86 per cento della media storica, ma alla fine di luglio la
portata d’acqua prodotta dallo scioglimento della neve è stata solo del 67 per
cento rispetto alla media. Questa tendenza si ripete anno dopo anno. Un manto
nevoso vicino alla media alla sorgente si
traduce spesso in una portata scarsa d’acqua del fiume e dei suoi affluenti.
Negli ultimi anni si è formato un manto più spesso del solito grazie alle intense
tempeste invernali, ma la neve che è caduta non basterà a riempire le riserve idriche, il cui livello si riduce da più di vent’anni. Le temperature medie nel bacino idrico superiore – da cui dipende gran parte
della portata del fiume – sono aumentate
di tre gradi rispetto al 1970. Nello stesso
periodo sono stati registrati i 22 anni più
secchi degli ultimi 1.200. Quando le temperature salgono, gli alberi e altre piante
assorbono più acqua e cresce la quantità
di umidità che evapora.
Negli ultimi anni, i lunghi periodi di
siccità hanno fatto inaridire i terreni delle
montagne. E quando la neve si scioglie, in
primavera, la quantità d’acqua che scorre
nei torrenti è piuttosto bassa. “L’acqua sta
diminuendo”, sintetizza Domonkos.
“Dobbiamo trovare il modo di adattarci”.
RJ SANGOSTI (MEDIANEWS GROUP/THE DENVER POST/GETTY)
Il fiume Colorado vicino a Page, in Arizona, il 1 gennaio 2023
La crisi del fiume Colorado
trasforma il sudovest
Uno dei più importanti corsi
d’acqua degli Stati Uniti si sta
prosciugando. Per salvarlo
decine di milioni di persone
dovranno ridurre i consumi
e cambiare abitudini
Molly Hennessy-Fiske e Ian James,
Los Angeles Times, Stati Uniti
STATI UNITI
Americhe
28 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 29
Il corso principale del fiume prende
forma nel Rocky mountain national park,
per poi incunearsi nella valle e raggiungere i terreni agricoli. In una delle fattorie
della zona, Wendy Thompson riesce a vedere il fiume da casa. Si avvicina alla riva,
dove l’acqua torbida scorre vorticosamente. “In questo periodo dell’anno il fiume
dovrebbe essere trenta o sessanta centimetri più profondo”, spiega. Thompson
ha 67 anni e ricorda che quando era ragazza nello stato c’era molta più neve. Un
tempo il fiume allagava i pascoli. “L’ultima volta che abbiamo avuto una vera
inondazione è stato nel 1985”.
Più a monte rispetto ai ranch del Colorado occidentale, l’acqua viene deviata e
incanalata verso est, scorrendo in una serie di tunnel che passano sotto il continental divide, lo spartiacque che divide i fiumi
che scorrono verso l’oceano Atlantico e
quelli che finiscono nel Pacifico, per rifornire Denver e altre città in espansione. Al
momento sono in fase di sviluppo due
progetti per aumentare la capacità di raccolta idrica. Ken Fucik, scienziato ambientale e dirigente dell’Upper Colorado
river watershed group, è preoccupato. Si
chiede quale sia il senso dei due nuovi progetti, in un momento in cui i bacini esistenti alimentati dal Colorado si stanno
prosciugando rapidamente. “Con quale
acqua vorrebbero riempirli?”, si chiede.
Illusione di abbondanza
Il Colorado ha seguito il suo corso per milioni di anni, scavando solchi nell’arenaria, nella roccia calcarea, nel granito,
nell’argillite e nello scisto, fino a formare il
Grand canyon. I popoli indigeni che vissero lungo le rive del fiume e dei suoi affluenti per migliaia di anni decorarono le
rocce dei canyon con petroglifi e pittogrammi. A metà dell’ottocento, quando i
coloni bianchi si spostarono in massa verso ovest, le acque del basso Colorado si
riempirono di battelli a vapore. I coloni
cominciarono a deviare i corsi d’acqua e i
torrenti, assegnando le concessioni in base a un sistema che di fatto concedeva il
diritto di utilizzo al primo arrivato. L’acqua era considerata una fonte di ricchezza
da accaparrarsi. La grande ambizione di
politici, ingegneri e avventurieri era domare il fiume e sfruttarlo. All’inizio del
novecento l’attenzione si spostò sui progetti d’irrigazione per “recuperare le terre
aride”, secondo la definizione del Reclamation service, un’agenzia creata nel
1902 durante la presidenza di Theodore
Roosevelt. Fin dall’inizio ci fu qualcuno
che metteva in guardia dall’eccessiva dipendenza dal fiume. Prima della firma del
Colorado river compact, nel 1922, alcuni
scienziati sottolinearono che l’acqua del
fiume non sarebbe bastata. Ma nessuno li
ascoltò. L’accordo ripartiva lo sfruttamento del fiume “in perpetuo”, assegnando
circa dieci miliardi di metri cubi all’anno
agli stati dell’alto bacino (Colorado, Wyoming, Utah e New Mexico) e altrettanti a
quelli del basso bacino (California, Arizona e Nevada). In base a un trattato siglato
nel 1944, il Messico ottenne circa due miliardi di metri cubi.
Quelle quote furono stabilite in un periodo particolarmente piovoso, all’inizio
del novecento. Negli anni trenta, durante
la grande depressione, fu costruita la diga
di Hoover, tra Arizona e Nevada, e nel
1963 fu completata la diga di Glen canyon,
nel nord dell’Arizona. Michael Hiltzik,
giornalista del Los Angeles Times, scrive
che le dighe e i bacini “crearono solo l’illusione di un’abbondanza d’acqua”. Negli
ultimi cinquant’anni è stata deviata una
quantità d’acqua così grande che per molto tempo il fiume è rimasto prosciugato,
lasciando il posto ad appezzamenti desertici e polverosi nel punto dove prima sfociava in mare, sulla costa messicana.
Le sofferenze del fiume Colorado sono
state aggravate dal surriscaldamento del
pianeta provocato dagli esseri umani. Negli anni novanta e duemila gli scienziati
continuavano a ripetere che lo sfruttamento eccessivo del fiume, abbinato agli
effetti della crisi climatica, avrebbe intaccato i bacini portandoli a livelli pericolosamente bassi. Negli ultimi anni gli scienziati hanno scoperto che la riduzione della
portata del fiume è dovuta per metà all’aumento delle temperature, che il cambiamento climatico sta determinando l’aridificazione del sudovest e che per ogni grado in più la portata del Colorado potrebbe
diminuire di circa il 9 per cento.
L’abbassamento del flusso d’acqua
nella prima parte del corso del fiume ha
accelerato il prosciugamento del lago Powell, nato dalla costruzione della diga di
Glen canyon, e del lago Mead, creato dalla
diga Hoover. Il sistema di ripartizione
dell’acqua si basa su un clima che non esiste più, spiega Becky Bollinger, climatologa del Colorado climate center. Secondo
Bollinger, continuare a sfruttare le acque
del fiume è come svuotare progressivamente un conto corrente spendendo più
di quello che si guadagna, avvicinandosi
sempre di più alla bancarotta.
Il tempo stringe
Il governo federale ha cominciato a preparare il campo per limitare l’uso dell’acqua.
I funzionari del dipartimento dell’interno
hanno dichiarato che i prelievi annuali dovranno essere ridotti almeno del 15 per
cento e fino al 30 per cento, invitando i
sette stati che dipendono dal fiume a trovare un accordo e sottolineando che potrebbe essere necessario imporre tagli alla
fornitura. Per ora i negoziatori dei governi
statali e delle agenzie idriche non hanno
trovato un’intesa e c’è chi teme che la discussione possa finire in tribunale.
Intanto i livelli dei bacini continuano a
scendere e il tempo stringe.
Il fiume Colorado ha raggiunto uno
stato critico in un decennio in cui le siccità
estreme hanno portato ai minimi storici
altri grandi fiumi: dal Mississippi al Rio
Grande, dallo Yangtze in Cina al Danbuio
e al Reno in Europa. Le ricerche indicano
che la crisi climatica sta intensificando il
ciclo dell’acqua, producendo, da un lato,
siccità più frequenti e intense e, dall’altro,
precipitazioni e inondazioni più abbondanti. Uno studio recente ha rilevato che
negli ultimi settant’anni i corsi d’acqua
degli Stati Uniti occidentali e meridionali
si sono progressivamente prosciugati. I
dati rivelano periodi più lunghi e più estremi di flusso scarso.
Anche se i cicli umidi e secchi continuano ad alternarsi, secondo Brad Udall,
esperto di acqua e clima della Colorado
state university, il fiume va verso un’aridificazione a lungo termine. uas
STATI UNITI
Oceano
Pacifico
Los Angeles
Las Vegas
Denver
San Diego
MESSICO
CALIFORNIA
NEVADA
WYOMING
UTAH
COLORADO
NEW
MESSICO
ARIZONA
500 km
Fiume Colorado
L
a condizione dei nativi yanomami rivela gli effetti di quattro anni
di governo di estrema destra. Davanti alle immagini di bambini
che muoiono di fame e di malattie curabili, il 23 e 24 gennaio quasi ventimila operatori sanitari si sono iscritti come volontari
al programma Forza nazionale del sistema sanitario brasiliano: medici, infermieri, psicologi sono disposti ad abbandonare
la loro routine per andare nel territorio
yanomami, nel nord del paese. Nel dicembre 2022 c’erano 2.502 volontari, oggi
sono più di 33mila.
La psicologa Juliana Sangoi, 39 anni e
residente a Brasília, è una delle operatrici
sanitarie che si sono iscritte al programma: “Gli yanomami stanno vivendo una
catastrofe umanitaria”.
Il 23 gennaio il ministero della giustizia e della sicurezza pubblica ha ordinato
l’apertura di un’indagine sui crimini commessi da Bolsonaro e dal suo governo. Tra
gli atti ipotizzati ci sono il genocidio e l’omissione di soccorso. Tre giorni prima
questo giornale aveva denunciato che,
negli ultimi quattro anni, almeno 570
bambini sotto i cinque anni erano morti
per cause che si sarebbero potute evitare.
La procura generale ha affermato che
“i problemi di salute pubblica e sicurezza
alimentare degli yanomami sono il risultato dell’omissione dello stato brasiliano,
che non ha protetto i loro territori”. Tra le
soluzioni proposte c’è l’espulsione dei garimpeiros, i minatori d’oro illegali, dalle
terre dei nativi.
Intanto il presidente Luiz Inácio Lula
da Silva ha già disposto la sostituzione di
alcuni funzionari della Fundaçao nacional do índio, l’ente del governo che deve
tutelare i popoli nativi. Almeno tredici militari sono stati allontanati. Nel territorio
yanomami più di mille persone con gravi
problemi di salute e in situazione di estrema vulnerabilità hanno ricevuto assistenza medica, la maggior parte erano denutriti e avevano la malaria.
Situazioni estreme
La psicologa Juliana Sangoi si emoziona
quando parla delle migliaia di volontari
che, come lei, sono pronti a partire. “Abbiamo bisogno di stare uniti, ci sarà molto
lavoro da fare”, dice. “Credo che questo
sia un momento di ripresa, bisogna costruire e rafforzare le politiche che salvaguardano la salute dei popoli nativi”.
Anche la dottoressa Cecilia Machado
si è iscritta al programma. Vive a Salvador,
dove si è specializzata in pediatria. “Non è
tollerabile che in un paese come il nostro,
con un potenziale così grande, le persone
continuino a morire di fame. Vogliamo
che il sistema sanitario funzioni davvero,
dando di più a chi ha bisogno, come è giusto che sia”, dice.
La forza nazionale del servizio sanitario interviene in situazioni estreme, quando le capacità di risposta dello stato non
bastano. Nel caso degli yanomami, il programma è partito dopo il decreto d’emergenza sanitaria emanato dal governo il 20
gennaio. Possono partecipare assistenti
sociali, biologi, biochimici, autisti di ambulanze, dentisti, infermieri, farmacisti,
fisioterapisti, medici generici, nutrizionisti, insegnanti di educazione fisica, psicologi, infermieri, radiologi e veterinari.
“Quando ho saputo che molti nativi
soffrivano per la malnutrizione e non avevano accesso alle cure, che molti bambini
erano morti anche per le conseguenze
dell’attività mineraria illegale, ho pensato
che dovevo fare qualcosa”, dice lo psichiatra Nilson Sibemberg, originario di Porto
Alegre. “I medici avevano sostenuto in
massa Bolsonaro. Sapere che oggi migliaia di colleghi hanno sentito il dovere di rispondere all’emergenza offrendo il loro
sostegno è meraviglioso”, afferma. uar
EDMAR BARROS (AP/LAPRESSE)
Un bambino yanomami nell’ospedale di Boa Vista, 26 gennaio 2023
Un movimento solidale
con i nativi yanomami
Dopo che il governo brasiliano ha
decretato l’emergenza sanitaria
per sostenere i bambini indigeni
malnutriti, migliaia di medici
hanno deciso di offrirsi volontari
e dare una mano
Catarina Barbosa, Sumaúma, Brasile
BRASILE
Americhe
30 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Oceano
Atlantico
BOLIVIA
500 km
Brasília
São
Paulo
Boa Vista
Yanomami
Rio
de Janeiro
BRASILE
PARAGUAY
ARGENTINA
Il 7 febbraio 2023 Joe Biden ha pronunciato il suo discorso
sullo stato dell’unione, l’appuntamento annuale in cui il
presidente statunitense si rivolge ai parlamentari per fare
il punto sulle attività della sua amministrazione e sulla
situazione del paese. “Nei suoi due anni alla Casa Bianca,
Biden ha dedicato molto del suo tempo a capire come
rispondere all’aggressione russa dell’Ucraina e come
arginare l’ascesa internazionale della Cina”, scrive il
New York Times. “Ma nel suo discorso ha parlato
principalmente di politica interna, consapevole del fatto
che gli statunitensi sono preoccupati soprattutto
dell’andamento dell’economia e dell’aumento dei
prezzi”. Il presidente ha sottolineato i recenti progressi in
campo economico, tra cui il calo dell’inflazione e la forte
crescita dei posti di lavoro, e ha rivendicato le leggi
approvate per contenere i prezzi dei farmaci, per
espandere le prestazioni sanitarie garantite ai veterani,
per affrontare la crisi climatica e rinnovare le
infrastrutture. Biden ha promesso di collaborare con il
Partito repubblicano, che da gennaio controlla la camera
dei deputati, ma non gli ha fatto nessuna concessione. Al
contrario, ha detto di voler andare avanti con il suo
programma per alzare le tasse sui redditi più alti e per
estendere la rete di protezione sociale in modo da aiutare
le fasce più povere della popolazione. Durante il suo
discorso Biden ha cercato di essere energico e
combattivo, per dimostrare ai suoi sostenitori di poter
ancora guidare il partito e vincere le elezioni presidenziali
del 2024. Nei prossimi giorni dovrebbe annunciare la sua
intenzione di ricandidarsi, anche se secondo i sondaggi la
grande maggioranza degli elettori democratici vorrebbe
un candidato o una candidata più giovane. Se dovesse
essere rieletto, Biden avrebbe 86 anni alla fine del suo
secondo mandato. ◆
DREW ANGERER (GETTY)
Washington, 7 febbraio 2023
STATI UNITI
Joe Biden sfida il congresso
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 31
PERÙ
Senza via
d’uscita
“Il 3 febbraio il parlamento peruviano ha respinto la richiesta
presentata dal governo di Dina
Boluarte di anticipare le elezioni alla fine di quest’anno, come
chiedono i manifestanti”, scrive Bbc mundo. Questa decisione riduce le possibilità di
trovare una soluzione alla crisi
politica e sociale che vive il paese. Dal 7 dicembre, dopo la destituzione e l’arresto dell’ex
presidente di sinistra Pedro Castillo, in molte zone del Perù ci
sono proteste per andare al voto. Negli scontri con la polizia
sono morte più di cinquanta
persone, la maggior parte nelle
regioni del sud. Il governo ha
esteso lo stato d’emergenza per
sessanta giorni.
ERNESTO BENAVIDES (AFP/GETTY)
Lima, 4 febbraio 2023
ARGENTINA
Rugbisti
condannati
“Il 6 febbraio il tribunale di Dolores ha condannato otto giocatori di rugby, tra i 21 e 23 anni,
per l’omicidio del diciottenne
Fernando Báez Sosa, avvenuto
nel gennaio 2020 nella località
balneare di Villa Gesell, nella
provincia di Buenos Aires. Cinque sono stati condannati all’ergastolo”, scrive elDiarioAr. Il
processo è stato seguito da tutto
il paese e si è trasformato in una
sorta di spettacolo, con ripercussioni su uno sport che è spesso associato alla violenza e a
una mascolinità aggressiva.
EL SALVADOR
La strategia
di Bukele
“Dieci mesi dopo che il governo
ha decretato lo stato d’emergenza, alla fine di marzo del
2022, la Mara salvatrucha, le
due fazioni del Barrio 18 e le altre organizzazioni criminali minori non agiscono più nelle
strade del Salvador come facevano prima”. È il risultato di
un’inchiesta condotta per settimane da un gruppo di giornalisti del sito indipendente El Faro sugli effetti della politica del
presidente populista Nayib
Bukele. In questi mesi, in cui
sono state soppresse le garanzie
costituzionali di base e ci sono
state gravi violazioni dei diritti
umani, il governo salvadoregno
è riuscito a smantellare la struttura delle bande criminali, togliendogli il controllo capillare
del territorio e i mezzi principali di finanziamento.
IN BREVE
Brasile Il 3 febbraio la marina
militare ha fatto affondare la
portaerei dismessa São Paulo
trecento chilometri al largo delle coste brasiliane, nell’oceano
Atlantico. La nave, che da mesi
nessuno voleva fare attraccare,
era lunga più di duecento metri
e carica di tonnellate di sostanze tossiche e di amianto, vietato
in Brasile dal 2017. Nel 2021 era
stato trovato un accordo con la
Turchia per portare la nave lì e
smaltire le sostanze tossiche,
ma in seguito alle proteste di
varie organizzazioni ambientaliste il progetto non aveva avuto
seguito.
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succede negli Stati Uniti. Per
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Sudamericana raccoglie
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dall’America Latina. Per riceverla: intern.az/1CHV
I
l 3 febbraio il segretario di stato americano Antony Blinken ha rimandato
un importante viaggio diplomatico a
Pechino: sarebbe stato il primo di
questo genere dal 2018 ed era previsto un
incontro con il presidente cinese Xi
Jinping. Il motivo era un pallone aerostatico cinese che sorvolava il Montana, trasportando attrezzature grandi più o meno
quanto tre autobus, e non lontano da siti
nucleari sensibili.
L’amministrazione Biden lo ha sorvegliato per sette giorni: prima di abbatterlo
ha neutralizzato ogni possibile minaccia
d’intelligence, e ha valutato dove farlo cadere, temendo che finisse su aree abitate.
Alla fine ha deciso di colpirlo mentre sorvolava le acque dell’Atlantico, a poco più
di undici chilometri dalla costa. Due navi
militari sono subito salpate alla ricerca dei
detriti.
I palloni spia non sembrano poter reggere il confronto con le immagini satellitari, che sono in grado di cogliere anche
dettagli molto piccoli da grandi distanze.
Ma presentano molti vantaggi: costano
poco, possono viaggiare per mesi e fermarsi su un determinato punto anziché
seguire le prevedibili orbite dei satelliti.
Inoltre, sono sorprendentemente difficili
da abbattere e, se in passato erano alla
mercé del vento, le attuali tecnologie permettono di manovrarli sfruttando le correnti d’aria.
I dubbi sui tempi
Appurato che questi palloni possono essere un potente strumento di sorveglianza, è a dir poco strana una provocazione
cinese proprio alla vigilia di un’importante visita diplomatica, soprattutto alla luce
dei grandi sforzi di Pechino per ripristinare i rapporti con Washington dopo la pandemia. È chiaro che monitorare i siti nucleari statunitensi è nell’interesse della
Cina, e che gli americani sorveglino con
molta attenzione l’espansione nucleare
cinese. Ma va anche detto che gli Stati
Uniti sono talmente pieni di siti militari
che un pallone aerostatico fuori rotta ha
un’alta probabilità di passarci vicino. Non
possiamo escludere che si sia trattato di
una provocazione deliberata di qualche
fazione antiamericana dell’esercito o degli apparati di sicurezza cinesi. Più probabilmente è un semplice errore che ha svelato un programma di sorveglianza esistente. È perfino possibile che quel pallone non dovesse proprio entrare in territorio statunitense.
Venti di ponente
Seguendo l’ipotesi più plausibile, la Cina
stava usando questa tecnica già da un po’
e gli Stati Uniti lo sapevano ma non hanno
reagito per motivi diplomatici. Un portavoce del dipartimento della difesa statunitense ha confermato che intrusioni simili erano già avvenute in passato: “Non è
la prima volta che questo tipo di palloni
sorvola il paese. È già successo negli ultimi anni, anche prima dell’inizio della
presidenza di Joe Biden”. Stavolta sembra che le autorità statunitensi abbiano
deciso di agire perché il pallone volava
così basso da essere visto dai civili.
Pechino ha dichiarato che era un pallone meteorologico spinto fuori rotta dai
venti di ponente e si è rammaricata “per
l’ingresso involontario” nello spazio aereo degli Stati Uniti. È difficile che ammetta pubblicamente una colpa, ma è
possibile che lo faccia a porte chiuse.
È anche facile da capire che, dal punto
di vista cinese, la Casa Bianca sembra comunque piuttosto ipocrita: da decenni
Washington e i suoi alleati usano regolarmente diverse tecniche per sorvegliare
da vicino il territorio della Repubblica
popolare, dalle immagini satellitari al
monitoraggio subacqueo. I palloni spia,
una tecnica a cui il Pentagono lavora almeno dal 2020, potrebbero far parte di
questi strumenti.
La decisione di Blinken rischia di rafforzare i funzionari cinesi più intransigenti verso gli Stati Uniti, che la considerano
una prova del fatto che Washington non è
davvero intenzionata a ricostruire un rapporto di collaborazione. Difficile non interpretare la cancellazione della visita
come un segnale di quanto Washington
sia intrappolata in una politica interna anCHAD FISH (AP/LAPRESSE)
Il pallone abbattuto al largo del South Carolina, Stati Uniti, 4 febbraio 2023
Pechino e Washington
litigano per un pallone
Il segretario di stato americano
Antony Blinken ha rinviato il
viaggio a Pechino in risposta
alla violazione dello spazio
aereo statunitense. È l’inizio di
una nuova guerra fredda?
James Palmer, Foreign Policy, Stati Uniti
DIPLOMAZIA
Asia e Pacifico
32 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 33
ticinese. Questa vicenda conferma che
siamo nelle fasi iniziali di una guerra fredda 2.0, e la sorveglianza reciproca è una
delle questioni che produce maggiore tensione.
Prendiamo per esempio l’incidente
dell’aereo spia U-2 del 1960. Gli Stati Uniti subirono un’imbarazzante smentita
perché i sovietici non solo colpirono un
aereo che si pensava fosse invisibile, ma
catturarono vivo il suo pilota costringendolo a confessare davanti alle telecamere
della tv nazionale. Quel fatto vanificò i
tentativi di portare avanti negoziati seri
sul disarmo nonostante fosse una fase relativamente tranquilla delle relazioni tra
Stati Uniti e Unione Sovietica. In un’inquietante eco del presente, Washington
allora affermò che l’aereo stava svolgendo
compiti meteorologici e che era entrato
per errore in territorio sovietico, finché
non fu resa nota la cattura del pilota. Questa volta non c’è un aviatore cinese da esibire, ma se i detriti recuperati dagli Stati
Uniti dimostreranno che il pallone aveva
scopi militari e non meteorologici, l’imbarazzo di Pechino sarà tangibile.
A prescindere da come andrà a finire,
la vicenda alimenta una convinzione piuttosto forte nel congresso statunitense,
cioè che la Cina rappresenta una minaccia
grave per gli Stati Uniti. Un funzionario
statunitense ha sottolineato che se la visita di Blinken è stata rinviata, e non cancellata, è perché il segretario di stato non voleva che la questione del pallone spia dominasse i colloqui.
È probabile che le cose stiano così:
Wash ington ha tutto l’interesse a saggiare
l’aria che si respira in Cina dopo le proteste scoppiate alla fine del 2022 e l’inversione di rotta nelle politiche “zero covid”. In
ogni caso la relazione già fredda tra le due
più grandi potenze del mondo si è fatta ancora più gelida. ◆gim
CINA
STATI
UNITI
Oceano
Pacifico
Il percorso del pallone aerostatico cinese
Mar
Glaciale
Artico
2.500 km
PAKISTAN
La lezione
del generale
Il 5 febbraio è morto il generale Pervez Musharraf
(nella foto), che ha guidato il Pakistan dal colpo di
stato del 1999 al 2008.
Aveva 79 anni ed era affetto da amiloidosi, una
malattia rara che colpisce
organi e tessuti. Era in esilio negli Emirati Arabi dal
2016. I tribunali lo avevano condannato in contumacia come mandante
dell’omicidio della rivale
Benazir Bhutto e su di lui
pendeva una condanna a
morte per aver sospeso la
costituzione. “La domanda”, si legge in un editoriale di The Dawn, “è come
possa aver realizzato riforme liberali durante il suo
governo autoritario. La
sua storia è piena di lezioni per le élite civili e militari del paese”.
HONG KONG
La censura
sui Simpson
La piattaforma streaming
Disney+ non permette più
di vedere a Hong Kong una
puntata dei Simpson in cui si
fa riferimento ai campi di
lavoro cinesi. Già nel 2021
era sparito un episodio in
cui si citava il massacro di
piazza Tiananmen del 1989.
La censura applicata nella
Cina continentale è ora diffusa anche nell’ex colonia
britannica. Bbc
INDIA
I primi genitori
transgender
“Dopo aver affrontato la resistenza delle famiglie e gli
stereotipi della società,
Zahhad, 23 anni, e Zia, 21,
(nella foto) hanno messo in
pausa il loro percorso di
transizione di genere quando hanno scoperto che
Zahhad poteva ancora concepire”, si legge su Mooknayak, un giornale online
dedicato alle persone marginalizzate e svantaggiate
dell’India. Ora Zahhad è
all’ottavo mese. “Per quello
che ne sappiamo è la prima
gravidanza di un uomo
trans nella storia dell’India”, ha scritto Zia sul suo
profilo Instagram. Il censimento indiano del 2011 stima 488mila persone trans
ma, secondo quanto riporta
l’agenzia India Spend, la
maggior parte è in attesa di
documenti, non ha un conto
in banca, ha lasciato gli studi, guadagna poco ed è
spesso vittima di violenze.
Questo anche se una sentenza della corte suprema
ha riconosciuto i loro diritti
già nel 2014.
FILIPPINE
Nove basi agli Stati Uniti
Il 2 febbraio Washington e
Manila hanno annunciato un
accordo che, per la prima volta in trent’anni, estende la
presenza militare statunitense nelle Filippine: prevede il
potenziamento delle basi esistenti e l’accesso a quattro
nuovi siti, e ribalta le politiche dell’ex presidente Rodrigo Duterte. “Il risultato è che dall’estremo nord
della provincia di Cagayan all’estremo sud dell’isola di Palawan ora ci sono nove obiettivi nel mirino dell’esercito cinese, sia nel caso in cui la rivalità
tra le due superpotenze si trasformi in una guerra,
sia in quello di un conflitto limitato”, scrive preoccupato il Manila Times. Qualche giorno dopo lo
stesso quotidiano è tornato sul tema con un commento: “Il presidente Ferdinand Marcos jr. ha acconsentito al fatto che navi, sottomarini, aerei e
missili statunitensi usino le basi delle forze armate
filippine anche se la Casa Bianca non ha mai rivelato quale di questi sistemi è equipaggiato con armi nucleari”, espressamente vietate dalla costituzione filippina. ◆
Manila Times, FilippineINSTAGRAM
DANIEL BEREHULAK (GETTY)
FONTE: FINANCIAL TIMES
34 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Confronti
A
lcune delle più importanti case editrici di riviste accademiche vietano
ai loro autori di usare ChatGpt, il
soft ware basato sull’intelligenza artificiale che simula conversazioni
umane, o ne ammettono l’uso con
molte restrizioni. Visto che il software sfrutta informazioni prese da internet per produrre risposte molto
leggibili alle domande che gli vengono poste, gli editori temono un aumento dei casi di plagio e lavori inesatti.
Molti ricercatori hanno già inserito ChatGpt nella
lista degli autori dei loro studi, e alcuni editori hanno
preso provvedimenti per impedirlo. Il direttore di
Science, una delle riviste scientifiche più autorevoli al
mondo, ha fatto un passo in più, proibendo di inserire
qualsiasi testo prodotto dal software nei saggi proposti per la pubblicazione.
Non stupisce che gli editori accademici si interessino a questi strumenti. Di recente abbiamo condotto
uno studio, uscito su Finance Research Letters, per
dimostrare che ChatGpt può essere usato per scrivere
un saggio finanziario in grado di essere accettato da
una rivista accademica di settore. Secondo noi, editori e ricercatori non dovrebbero vedere ChatGpt come
una minaccia ma come un aiuto potenzialmente importante per la ricerca, una sorta di assistente a basso
costo. Se è facile ottenere buoni risultati semplicemente usando il programma, forse con uno sforzo in
più potremmo avere risultati eccezionali.
Abbiamo prima di tutto chiesto a ChatGpt di generare le quattro parti standard di una ricerca: l’idea di
base, la revisione della letteratura scientifica (una valutazione delle precedenti ricerche accademiche sullo stesso argomento), una serie di dati e i suggerimenti per le verifiche e l’analisi. Ci siamo limitati a dare
una definizione molto ampia del tema e abbiamo
specificato che il risultato doveva poter essere pubblicato su una “rivista finanziaria di buon livello”. QueSe usati con alcuni
accorgimenti, i software
come ChatGpt possono
rendere più facile e più
ricco il lavoro dei
ricercatori
sto è il primo modo in cui abbiamo impiegato
ChatGpt. Nel secondo abbiamo incollato nella finestra del programma circa duecento sintesi di ricerche
esistenti e pertinenti. Poi gli abbiamo chiesto di tenerne conto per creare le quattro fasi della ricerca.
Infine, nella terza versione, abbiamo aggiunto
l’“esperienza di settore”, cioè contributi di accademici: abbiamo letto le risposte prodotte da ChatGpt e
suggerito dei miglioramenti. Così abbiamo integrato
la nostra competenza a quella del software. A quel
punto abbiamo chiesto a 32 recensori di valutare
ognuna delle versioni. Dovevano stabilire se il risultato fosse abbastanza completo, corretto e se offrisse un
contributo tanto innovativo da poter essere pubblicato su una “buona” rivista accademica.
La grande lezione è stata che tutti questi studi sono stati generalmente considerati accettabili dai recensori esperti. È piuttosto impressionante: un
chatbot è stato in grado di generare ricerche accademiche di qualità. Questo solleva domande fondamentali sul significato della creatività e sulla proprietà delle idee creative, a cui nessuno ha ancora dato
una risposta sostanziale. Il software si è mostrato debole quando gli è stato affidato un compito che prevedeva più passaggi, per esempio la rassegna della letteratura scientifica e la verifica. Ma siamo riusciti a
superare questi limiti nella terza versione, quella più
avanzata, in cui abbiamo lavorato con ChatGpt per
ottenere dei risultati convincenti.
ChatGpt è uno strumento. Nel nostro studio abbiamo dimostrato che, con qualche accorgimento,
può essere usato per generare una ricerca accettabile
in campo finanziario. Questo ha chiaramente delle
implicazioni etiche. L’integrità della ricerca rappresenta già oggi un problema urgente nel mondo accademico. ChatGpt potrebbe aggravarlo?
La risposta breve è sì, potrebbe. Ma non si può più
tornare indietro. Inoltre questa tecnologia è destinata
a migliorare rapidamente. A un certo punto bisognerà
affrontare una questione più generale: come prendere atto del suo ruolo nella ricerca e come gestirla.
ChatGpt non dovrebbe essere considerato una
minaccia ma un aiuto, in particolare per i gruppi di
ricercatori che non hanno le risorse economiche per
assumere assistenti. Come altri programmi simili,
potrebbe quindi anche contribuire a democratizzare
il processo della ricerca.
I ricercatori, però, devono essere consapevoli che
le riviste non vogliono che si usi ChatGpt nella stesura
degli articoli. È chiaro che ci sono opinioni molto diverse su questa tecnologia, perciò sarà necessario
usarla con cautela. ugim
L’intelligenza artificiale
negli articoli scientifici
B. Lucey e M. Dowling, The Conversation, Australia
BRIAN LUCEY
E MICHAEL
DOWLING
insegnano finanza
rispettivamente al
Trinity college di
Dublino e alla Dublin
city university, nella
capitale irlandese.
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 35
I
n meno di due mesi ChatGpt, il programma
basato sull’intelligenza artificiale, si è diffuso
in ogni settore culturale. Lo si può usare gratuitamente sul sito dell’organizzazione che
l’ha sviluppato, OpenAi. Il programma – che
crea automaticamente dei testi basandosi su
suggerimenti scritti – è divertente. Gli ho chiesto di
riscrivere la prima scena di Morte di un commesso viaggiatore, opera teatrale di Arthur Miller, inserendo come protagonista Elsa, la principessa del film d’animazione Frozen. Ne è venuta fuori una conversazione in
cui Elsa – tornata a casa dopo una lunga giornata di
vendite – si sente dire dal figlio Happy: “Su mamma.
Tu sei Elsa di Frozen. Hai i poteri del ghiaccio e sei una
regina. Niente ti può fermare”. Scambi di questo tipo
fanno ridere, ma i programmi basati sull’intelligenza
artificiale hanno implicazioni serie per la scienza e il
mondo accademico.
Molti timori riguardano il modo in cui ChatGpt
potrebbe cambiare l’istruzione. È sicuramente in grado di scrivere saggi su una serie di argomenti. Gli ho
affidato sia un esame sia un progetto finale che avevo
assegnato agli studenti di un corso sul negazionismo
scientifico che tenevo all’università George Washington. Se l’è cavata bene nel trovare risposte basate sui
Includere in uno studio
testi generati da un bot
è una scorrettezza
inaccettabile come
un plagio o una foto
manipolata
fatti, ma sulla scrittura accademica ha ancora molta
strada da fare. Se non altro, le implicazioni per il settore dell’istruzione potrebbero spingere gli accademici a ripensare i loro corsi in modi innovativi e ad
assegnare compiti che l’intelligenza artificiale non
può svolgere con facilità. E questo sarebbe un fatto
positivo.
Sono molto più preoccupanti gli effetti di ChatGpt
sulla stesura di articoli scientifici. In uno studio recente, è stato chiesto a dei recensori accademici di
esaminare delle sintesi create da ChatGpt: sono riusciti a rilevare solo il 63 per cento dei falsi. Molti testi
generati dall’intelligenza artificiale potrebbero presto farsi strada nella letteratura scientifica.
Da anni gli autori degli articoli pubblicati su Science e altre riviste del gruppo devono firmare un documento in cui certificano che “l’opera è originale”. Per
le nostre riviste la parola “originale” implica che un
testo scritto da ChatGpt non può essere accettato.
Inoltre i nostri autori certificano di essere responsabili in prima persona della ricerca di cui parla l’articolo.
Tuttavia, per essere ancora più chiari, stiamo aggiornando quel documento e le nostre norme editoriali,
specificando che i testi generati dai software basati
sull’intelligenza artificiale non possono essere usati
negli articoli, e che non possono essere prodotti numeri, immagini o grafici basandosi su strumenti di
questo tipo. La violazione di tali norme sarà considerata una cattiva condotta scientifica, non diversa
dall’alterazione di immagini o dal plagio. Naturalmente gli articoli di ricerca comprendono molti insiemi legittimi di dati (e quindi non il testo di un articolo)
generati volutamente con l’intelligenza artificiale, a
cui non si applicano le regole appena descritte.
La maggior parte dei casi di cattiva condotta
scientifica in cui ci imbattiamo nelle nostre riviste riguarda autori che approfittano di scorciatoie – per
esempio programmi di manipolazione delle immagini o testi copiati da altre fonti – o curatori e recensori
che non danno ascolto al loro scetticismo o non si
concentrano abbastanza sui dettagli. In un’epoca in
cui la fiducia nella scienza si sta erodendo, è importante che gli scienziati prestino un’attenzione ancora
più scrupolosa e meticolosa ai dettagli.
La produzione scientifica è in fin dei conti uno dei
modi in cui gli esseri umani cercano di affrontare domande importanti. Le macchine giocano un ruolo
non secondario, ma come strumenti. Sono le persone
a fare le ipotesi, progettare gli esperimenti e dare un
senso ai risultati. Alla fine il prodotto deve scaturire –
ed essere espresso – dal meraviglioso computer che
abbiamo nella nostra testa. ugim
Herbert Holden Thorp, Science, Stati Uniti
HERBERT
HOLDEN THORP
è un chimico e
docente statunitense.
Dal 2019 è direttore
della rivista Science.
KATERYNA KON (SCIENCE PHOTO LIBRARY/GETTY)
Visti dagli altri
A
ccusando l’opposizione di sostenere un anarchico violento,
il nuovo uomo forte di Fratelli
d’Italia (FdI), il partito della
presidente del consiglio Giorgia Meloni,
vuole distogliere l’attenzione da una questione giuridica delicata che il governo
italiano fatica a gestire. “Voglio sapere se
questa sinistra sta dalla parte dello stato o
dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest’aula oggi!”, ha detto il parlamentare di FdI Giovanni Donzelli concludendo il suo intervento alla camera dei
deputati il 31 gennaio, rivolgendosi ad alcuni colleghi che avevano fatto visita in
carcere ad Alfredo Cospito.
Cospito, 55 anni, è stato condannato a
dieci anni e otto mesi e a vent’anni di detenzione per due attentati (nel maggio
2012 a Genova sparò alle gambe dell’amministratore delegato dell’Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi, e nel giugno 2006
fece esplodere due ordigni a basso potenziale davanti alla scuola allievi carabinieri
di Fossano, senza causare morti o feriti).
Cospito è al centro dell’attenzione della
politica e dell’informazione da quando,
nelle ultime settimane, il suo stato di salute è peggiorato dopo che lo scorso ottobre ha cominciato uno sciopero della fame. A maggio del 2022 l’allora ministra
della giustizia Marta Cartabia aveva deciso di applicargli il regime speciale di
detenzione stabilito dall’articolo 41 bis
dell’ordinamento penitenziario, il cosiddetto carcere duro, di solito riservato ai
mafiosi. Cospito è il primo anarchico a
cui è stata applicata questa misura. Alcuni deputati dell’opposizione sono andati
a visitarlo in carcere per verificare le sue
condizioni di salute.
La forma attuale dell’articolo 41 bis
risale al 1992, dopo l’attentato contro il
magistrato Giovanni Falcone. Pensata
per lottare contro la mafia, consente al
ministero della giustizia di sospendere le
ordinarie regole di trattamento dei carcerati. Un detenuto giudicato pericoloso e
sospettato di avere ancora un’influenza
fuori dal carcere può quindi essere isolato, sorvegliato a vista e vedere limitate le
ore d’aria e le visite. Cospito ha deciso di
rifiutare di alimentarsi per indurre le autorità ad abolire questa legge. Alcuni militanti anarchici hanno sostenuto la battaglia di Cospito con attacchi contro le
forze dell’ordine. Il 29 gennaio a Milano
due auto dei vigili sono state incendiate
con alcune bottiglie molotov. Altri veicoli sono stati presi di mira a Roma nel parcheggio della Tim. Inoltre, un magistrato
torinese si è visto recapitare un proiettile.
“Azioni del genere non intimidiranno le
istituzioni”, ha dichiarato la presidenza
del consiglio. “Tanto meno se l’obiettivo
è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici. Lo stato non scende a patti con chi
minaccia”.
Pressione crescente
Queste azioni violente fanno discutere
sia chi è contro il 41 bis sia chi è a favore. I
contrari sostengono che gli attacchi sono
stati incoraggiati dal detenuto, e che
quindi la misura è anche inutile. I favorevoli affermano che questi fatti dimostrano la sua necessità.
“Non si tocca”, ha confermato il 1 febbraio il ministro della giustizia Carlo Nordio al senato: “Se noi accedessimo al
principio che anche lo stato di salute precario dovesse essere una fonte di decisione di modifica del 41 bis ci troveremmo
un domani davanti agli scioperi della fame di centinaia di mafiosi per i quali non
potremmo tenere un comportamento
diverso”.
Questa situazione provoca però imbarazzo nelle autorità italiane. Accusato di
lasciar morire Cospito, il governo ha autorizzato solo il 30 gennaio il suo trasferimento dal carcere di Sassari, in Sardegna,
a quello di Opera, a Milano, attrezzato per
curarlo. E deve anche far fronte a una
pressione crescente di una parte della società civile che è contraria al 41 bis. Un
appello per abolirlo, lanciato da decine di
intellettuali, attivisti e associazioni ha già
raccolto centinaia di firme. La posizione
del governo è stata ulteriormente indebolita dalle dichiarazioni di Giovanni Donzelli. In occasione del suo intervento in
parlamento il 31 gennaio, ha denunciato
le connivenze del terrorista con alcuni
boss della mafia che sostengono la sua
lotta. Molti contestano al parlamentare di
Fratelli d’Italia il modo in cui ha ottenuto
queste informazioni e il fatto che non era
autorizzato a divulgarle. ugim
Lo sciopero della fame
per abolire il 41 bis
L’anarchico Alfredo Cospito
è detenuto e non si alimenta
da ottobre. Protesta contro
le norme sul carcere duro
Antonino Galofaro, Le Temps, Svizzera
36 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
STEFANO MONTESI (CORBIS/GETTY)
Manifestazione degli anarchici per Alfredo Cospito. Roma, 4 febbraio 2023
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 37
I
clienti della sua pizzeria, a SaintÉtienne, in Francia, lo chiamavano
Rocco, ma lui si presentava come
Paolo Dimitrio. In realtà questo pizzaiolo, che nel luglio 2021 si era fatto fotografare dal giornale Le Progrès vantando
la sua “cucina italiana fatta solo con prodotti freschi e fatti in casa”, si chiama Edgardo Greco, 63 anni. Dal 2006 per la
giustizia italiana era un “super latitante”
ricercato per l’appartenenza alla ’ndrangheta, l’organizzazione criminale calabrese.
All’1.45 della notte tra il 1 e il 2 febbraio
2023, mentre il suo forno si era appena raffreddato, è stato arrestato dalla polizia
giudiziaria locale e dagli agenti francesi
specializzati nella lotta al crimine organizzato, in collaborazione con i carabinieri di
Cosenza. L’operazione, pianificata con la
massima riservatezza, è stata condotta
nell’ambito del progetto I-Can per contrastare le organizzazioni criminali, avviato
nel 2020 dall’Interpol. Ora Greco dovrà
rispondere del suo passato criminale,
quello di un killer del clan Perna-Pranno,
uno dei più potenti.
Prima di rifarsi una vita a SaintÉtienne, Greco aveva scalato i gradini della gerarchia mafiosa grazie alle sue imprese criminali e al suo talento di rapinatore
di banche e di furgoni portavalori. Nel
momento in cui la guerra di mafia insanguinava la Calabria, Greco era stato aggredito dai componenti del clan Pino-Sena, e questo lo aveva spinto a scegliere il
clan dei loro nemici, i Perna-Pranno.
Fin dagli anni ottanta Greco si era conquistato il soprannome di “killer delle prigioni”, in seguito a un’aggressione con il
coltello contro il boss Franco Pino durante
l’ora d’aria. Non era riuscito a ucciderlo,
Il pizzaiolo
della ’ndrangheta
La storia di Edgardo Greco, killer
dell’organizzazione criminale
calabrese, che da anni gestiva
una pizzeria in Francia
Antoine Albertini e Thomas Saintourens,
Le Monde, Francia
ma si era fatto la fama di uomo spericolato. Fu però un duplice omicidio particolarmente crudele a valergli la reputazione di
killer spietato, e a spingere la Direzione
distrettuale antimafia (Dda) della procura
di Catanzaro a dargli la caccia.
Il 5 gennaio 1991 Greco aveva attirato
in una pescheria di Cosenza due fratelli
che volevano rendersi autonomi, Stefano
e Giuseppe Bartolomeo, e li aveva uccisi
selvaggiamente con una sbarra di ferro.
Ma il suo lavoro non era ancora finito. Tre
anni dopo, per non lasciare alcuna traccia
delle vittime, aveva disseppellito i loro
corpi e li aveva sciolti nell’acido. In seguito, sperando in uno sconto di pena, aveva
accettato di collaborare con la giustizia.
Poi dopo qualche piccola confessione aveva cambiato idea e scelto la latitanza. Ma
mentre la maggioranza dei latitanti della
’ndrangheta preferisce nascondersi in Calabria, vicino ai loro complici e al loro territorio, Greco era andato lontano.
Dal 2006 era diventato ufficialmente
latitante, sottraendosi all’esecuzione della misura cautelare in carcere emessa dal
gip di Catanzaro, nell’ambito del maxiprocesso Missing. Durante la sua latitanza, il 16 maggio 2014 era stata data esecuzione al mandato di arresto europeo affinché scontasse l’ergastolo per l’omicidio
dei fratelli Bartolomeo. Ma Greco era riuscito a non farsi trovare, a parte qualche
indizio e delle piste false, fino a quando
non si è fatto fotografare sorridente sulle
pagine del Progrès.
Sulle pagine del quotidiano locale
francese si vantava della sua specialità,
una pasta flambé in una forma di parmigiano, raccontando della nonna calabrese
e del suo sogno di ricreare un piccolo angolo d’Italia in Francia, con un “menù basato sulle specialità regionali”. Ma “questo bravo cittadino di Saint-Étienne da
quattordici anni”, come precisava l’articolo, non avrebbe dovuto abbassare la guardia così.
Una pseudonormalità
I carabinieri di Cosenza, che si erano rimessi sulle sue tracce alla fine del 2019,
hanno trovato nell’articolo la foto recente
e sorridente di un uomo il cui ultimo ritratto noto mostrava un volto dall’aspetto
sinistro. Greco usava il nome di Paolo Dimitrio, un delinquente pugliese senza alcun legame con la mafia calabrese. Nel
frattempo è stata smascherata anche la
sua rete di complici.
“Questa cattura assume una forte dimensione simbolica perché Greco era una
figura di spicco della ’ndrangheta degli
anni ottanta e novanta, anche se secondo
le nostre indagini non era più coinvolto in
attività criminali”, sottolinea Marisa
Manzini, magistrato della procura di Catanzaro. “In gioventù Greco aveva già lavorato nel campo della ristorazione”, continua Manzini. “ Riprendere questa attività in Francia gli ha permesso di ritrovare
una situazione di ‘pseudonormalità’, attraverso il lavoro che faceva prima di diventare un killer”.
Greco, il cui arresto è stato festeggiato
anche dal ministero dell’interno italiano,
è in attesa di essere estradato in Italia, di
cui si era fatto ambasciatore gastronomico. uadr
Edgardo Greco, in un’immagine diffusa dai carabinieri il 2 febbraio 2023
ANSA
Si vantava della sua
specialità, una pasta
flambé in una forma
di parmigiano
38 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Le opinioni
È
come se fosse un maxiprocesso, ma nella
versione di Hong Kong. Ci sono 47 imputati a cui è stato intimato di non recitare
slogan o fare segni che possano ricordare
i gesti che hanno caratterizzato le proteste del 2019. In tribunale siedono quasi
tutti gli oppositori politici della città: gli uomini e le
donne che fino al 6 gennaio 2021 erano tra gli attivisti
più in vista per le strade, sui giornali e all’interno del
mini parlamento di Hong Kong, il cosiddetto consiglio legislativo (LegCo).
Sono stati arrestati all’alba di quel giorno e accusati di cospirazione al fine di sovvertire
lo stato. Tranne un paio di loro, nessuno è stato scarcerato in attesa del processo, che è cominciato il 6 febbraio e
durerà fino a maggio.
Si tratta del caso più importante in
cui è stata applicata la legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino ed
entrata in vigore il 1 luglio 2020. La legge prevede un tribunale e giudici speciali per crimini che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza nazionale
come secessione, sovversione, terrorismo e collusione con organizzazioni o forze straniere. La legge è interpretata nel modo più severo possibile: fare discorsi a favore della secessione, per
esempio, è punibile con una pena che può arrivare
all’ergastolo indipendentemente dalle conseguenze
delle proprie azioni.
I 47 imputati avrebbero messo in pericolo la sicurezza nazionale partecipando alle primarie dell’opposizione per le elezioni del 2020, che furono rinviate di un anno con la scusa della pandemia (nel frattempo è stata approvata una riforma elettorale). La
strategia dell’opposizione era consultare gli elettori
per scegliere i candidati con più preferenze, conquistare la maggioranza del consiglio legislativo per
fare un’opposizione dura e spingere alle dimissioni il
capo dell’esecutivo.
Le istituzioni politiche di Hong Kong sono complesse. Create dai colonizzatori britannici e affinate
dopo il 1997, quando la sovranità è passata da Londra a Pechino, hanno creato un sistema apparentemente democratico, che però non consente ai cittadini di avere realmente voce in capitolo. Gli abitanti
della città possono eleggere solo una parte del consiglio e non scelgono il capo del governo. Questo infatti è scelto da un gruppo ristretto di persone fra due,
massimo tre, candidati che hanno ricevuto l’ok di
Pechino. È poi suo compito selezionare i segretari,
che hanno funzione di ministri. Dal 1997, poi, il consiglio può solo avallare o bocciare le leggi proposte
dal governo. Oggi, addirittura, alcune leggi sono approvate per via straordinaria, senza neanche sottoporle al miniparlamento.
La strategia messa in campo con le primarie del
2020 sperava di creare una maggioranza parlamentare capace di ostacolare ogni proposta del governo,
fino ad aprire una crisi. L’obiettivo finale era tornare
a chiedere il suffragio universale per eleggere il consiglio legislativo. Il risultato, invece, è stato l’arresto
in massa degli esponenti delle opposizioni, che sono
stati tenuti due anni in carcere in attesa
del processo.
Nel frattempo la legge sulla sicurezza nazionale è stata il perno su cui modellare la nuova Hong Kong. La legge
elettorale è stata modificata e solo chi è
considerato “patriota” può candidarsi
alle elezioni. Anche i programmi scolastici sono stati “corretti”, mentre i testi
ritenuti sovversivi sono stati tolti dalle
biblioteche pubbliche e dalle università. Giornali come l’Apple Daily e lo
Stand News sono stati costretti a chiudere e gli slogan scanditi dai manifestanti e le canzoni delle proteste del 2019 sono stati definitivamente
banditi. C’è anche una nuova legge sulla censura cinematografica, che in parte è retroattiva.
Il processo ad alcuni dei volti storici del movimento per la democrazia di Hong Kong si tiene dunque in questa nuova atmosfera. Solo 39 posti sono
riservati al pubblico, ma la lunga coda davanti al tribunale sembra composta da persone che vogliono
impedire ai sostenitori degli imputati di entrare in
aula: fotografano i giornalisti, dicono di non sapere
chi siano gli accusati, si fanno zittire da chi sta davanti o dietro di loro.
Figure come Albert Ho, ex segretario generale
del Partito democratico; Joshua Wong, il giovane leader del movimento degli ombrelli del 2014;
Gwyneth Ho, ex giornalista entrata in politica perché sconvolta dalla reazione delle forze dell’ordine
alle proteste del 2019; Eddie Chu, il più amato ambientalista di Hong Kong, noto come “il re dei voti”
perché pur candidandosi da indipendente riceveva
sempre il più alto numero di preferenze: rischiano
tutti fino all’ergastolo.
Alla fine di questo maxiprocesso sapremo un po’
meglio quali sono le linee invalicabili della politica
nella nuova Hong Kong: più severe saranno le pene,
più stretto sarà lo spazio di libertà concesso. u
Hong Kong processa
l’0pposizione democratica
Ilaria Maria Sala
ILARIA MARIA
SALA
è una giornalista
italiana che vive a
Hong Kong.
Collabora con il New
York Times e il
Guardian. Il suo
ultimo libro è L’eclissi
di Hong Kong.
Topografia di una città
in tumulto (add
editore 2022).
Solo 39 posti sono
riservati al pubblico.
La lunga coda
davanti al tribunale
sembra composta
da persone che
vogliono impedire
ai sostenitori degli
imputati di entrare
in aula
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Economia commestibile
Comprendere la teoria economica
attraverso il cibo
40 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Le opinioni
L
a lotta per la successione a Vladimir
Putin, che secondo i mezzi d’informazione è in corso, mostra la miseria della politica russa: non è una lotta tra
formazioni politiche organizzate, ma
tra bande di oligarchi, tra centri di potere informali. Già il fatto che la forza militare russa
più efficace in Ucraina non sia l’esercito, ma una
compagnia privata, la Wagner, la dice lunga: in Russia oggi ci sono i signori della guerra,
qualcosa che associamo agli stati canaglia. Contro l’ascesa di questo esercito
privato è successa una cosa divertente:
si è schierata in Ucraina una compagnia militare privata di veterani statunitensi, che con meravigliosa ironia si è
chiamata Mozart (nel frattempo questo gruppo si è sciolto).
Quello che rende interessante la situazione è la combinazione tra questa
regressione verso uno stato canaglia e
una versione del fondamentalismo religioso specificamente russa. La celebrazione della
morte nella Russia di oggi è cominciata con alcuni
predicatori religiosi, convinti che i russi possono “diventare se stessi” solo uccidendo, e che “l’intera creazione divina” è oggi in gioco in Ucraina. Seguendo
questa linea Vladimir Solovëv, uno dei principali
propagandisti di Putin, in un messaggio di capodanno trasmesso dalla televisione russa ha detto: “La
vita è sopravvalutata. Perché temere quello che è
inevitabile? Soprattutto quando si va in paradiso. La
morte è la fine di un percorso terreno e l’inizio di un
altro. Non lasciamo che la sua paura influenzi le nostre decisioni. Vale la pena vivere solo per qualcosa
per cui si può morire. Stiamo combattendo contro
dei satanisti. Questa è una guerra santa e dobbiamo
vincere”. Magomed Kitanaev, teologo ceceno e comandante nell’esercito russo, ha portato questo ragionamento alle estreme conseguenze: “Ucraini,
perché avete permesso le parate gay a Kiev, Charkiv
e Odessa? Perché non vi siete ribellati al vostro governo, controllato dai fascisti? Senza vergogna davanti a dio, queste persone stanno palesemente diffondendo le loro oscenità”.
Per capire davvero l’influenza di ideologi come
Aleksandr Dugin o Solovëv bisogna analizzare le loro
radici nella tradizione russa del cosmismo. Il cosmismo si sviluppò a partire dalle opere del filosofo russo
Nikolaj Fëdorov che, come scrive Jules Evans, professore della Queen Mary university di Londra, nel Regno Unito, “fu soprannominato il ‘Socrate di Mosca’
per le sue abitudini ascetiche e le sue idee radicali.
Fëdorov aveva un obiettivo: il raggiungimento
dell’immortalità e la resurrezione dei morti”. Tra i
suoi seguaci comunisti c’erano Konstantin
Tsiolkovskij (che teorizzò i viaggi spaziali), Aleksandr
Bogdanov (bersaglio della critica di Lenin
all’“empiriocriticismo”, che praticava la trasfusione
di sangue come mezzo per prolungare la vita) e – in
una perfetta coincidenza – Vladimir Solovëv, un pensatore religioso della seconda metà
dell’ottocento.
Secondo Evans, il primo Solovëv
“invocava una teocrazia universale
sotto uno zar russo, per accelerare il
‘lungo e difficile passaggio dell’umanità dall’umanità-bestia all’umanitàdio’. Lo stadio successivo dell’evoluzione consisteva nel diventare esseri
spirituali immortali: solo Cristo aveva
raggiunto quello stadio fino ad allora,
ma tutta l’umanità lo avrebbe seguito
presto. Solovëv, tuttavia, pensava che
questa evoluzione spirituale sarebbe avvenuta attraverso mezzi magico-spirituali, mentre Fëdorov insisteva sulla resurrezione scientifica. Ma entrambi
concordavano sul fatto che l’umanità sarebbe stata
salvata dalla teocrazia russa”.
Denys Sultanhaliiev, dell’università di Tartu, in
Estonia, ha esplorato i legami tra i due Solovëv e ha
stabilito una chiara discendenza dal cosmismo russo, nella sua forma mistica come in quella scientifica. Sultanhaliiev individua una linea diretta tra il
cosmismo prevalente nei primi anni dell’Unione
Sovietica, che influenzò profondamente anche il
programma spaziale sovietico, il nichilismo e la politica del rischio calcolato sul fronte nucleare in atto
oggi con Putin. La chiave è la fede nella resurrezione
e nella vita eterna. Ma il cosmismo poteva emergere
solo all’interno dell’interpretazione russo-ortodossa del cristianesimo, la cui formula di base è “dio si è
fatto uomo affinché l’uomo diventi dio”. È così che i
cosmisti interpretano Cristo, dio-uomo: come modello a cui tutta l’umanità dovrebbe aspirare. Un’idea che si contrappone a quella di Martin Lutero, che
vedeva l’uomo come un escremento di dio.
Quando ridiamo con costernazione della follia
ideologica della Russia di oggi, dovremmo ricordare
che le sue radici affondano in quell’ortodossia che
molti in occidente ammirano, vedendoci una cura
contro il protestantesimo occidentale che ha aperto la
strada alla decadenza liberale. In un modo perverso
hanno ragione: la morte risolve tutti i problemi. uff
Morte o gloria
nella Russia di Putin
Slavoj Žižek
SLAVOJ ŽIŽEK
è un filosofo e
studioso di
psicoanalisi sloveno.
Il suo ultimo libro
è Il sesso e l’assoluto
(Ponte alle grazie
2022).
Quando ridiamo con
costernazione della
follia ideologica
della Russia di oggi,
dovremmo
ricordare che le sue
radici affondano in
quell’ortodossia che
molti in occidente
ammirano
Cile
42 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
L’acqua c’è
ma non per tutti
María Ignacia Pentz, Gatopardo, Messico. Foto di Martin Bernetti
Nella regione cilena di Valparaíso la siccità provoca razionamenti e disagi agli
abitanti. La responsabilità è anche di un sistema che privilegia i grandi coltivatori
AFP/GETTY IMAGES
Il lago Peñuelas, un bacino idrico nella regione di Valparaíso. Cile, 18 marzo 2022
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 43
ta di vegetazione. Mentre Cabildo s’inaridisce, le colline circostanti brillano per il
verde delle grandi piantagioni di avocado, coltivate principalmente per l’esportazione in Europa.
“Non c’è bisogno di essere un esperto
per parlare della realtà in cui viviamo”,
dice la donna.
Siamo nell’epicentro della crisi idrica
in Cile: la provincia di Petorca, nella regione di Valparaíso.
Negli ultimi dodici anni il Cile ha vissuto una siccità senza precedenti, soprattutto nelle zone centrali e meridionali. Dal
2010 si è registrato un calo costante delle
precipitazioni. Le temperature sono aumentate e il deserto è avanzato da nord
verso il centro. Il 2019 e il 2021 sono stati
due anni di ipersiccità. Oggi quasi sei milioni di persone hanno problemi di approvvigionamento di acqua potabile (secondo il censimento del 2017, in Cile ci
sono 17,5 milioni di abitanti). Nel 2019 il
World resources institute ha stabilito che,
in termini di stress idrico, il paese è il diciottesimo nel mondo e il primo nel continente americano.
Gli esperti non sono ottimisti: nei prossimi anni il Cile continuerà a essere a corto d’acqua. Gli effetti di qualsiasi soluzione si vedranno a lungo termine e nel frattempo aumenteranno i razionamenti, le
interruzioni alla fornitura e i camion cisterna. Queste misure sono già state applicate in alcune località della regione di
Valparaíso. Allo stato cileno è mancato il
senso dell’urgenza e ora è troppo tardi.
La crisi idrica non si spiega solo con il
cambiamento climatico, ma anche con la
maggiore domanda d’acqua di settori produttivi come la silvicoltura, l’agricoltura e
l’industria mineraria. A questo si aggiunge un modello inadatto alle condizioni
critiche del paese: in Cile il diritto di sfruttamento dell’acqua appartiene ai privati.
Lo stabiliscono la costituzione del 1980 e
il codice dell’acqua dell’anno successivo.
Come spiega Pablo Jaeger, professore
di diritto dell’acqua dell’università del Cile, la costituzione cilena prevede che i diritti di sfruttamento possano essere alienati – cioè venduti o trasferiti – dai loro
proprietari (agricoltori, minatori, aziende
sanitarie e chiunque usi l’acqua nelle attività produttive) senza l’intervento dello
stato. I diritti di sfruttamento dell’acqua di
un fiume, di un estuario o di una falda sotterranea, concessi gratuitamente dal ministero dei lavori pubblici attraverso la direzione generale delle acque (Dga), sono
perpetui e trasferibili agli eredi. Nel 2022
la riforma del codice dell’acqua ha stabilito che i diritti valgono trent’anni.
Proprietari terrieri
Vilches è nata a Cabildo. È cresciuta in
campagna, in mezzo alla natura, e fin da
bambina ha difeso il diritto all’acqua. Oggi fa parte del movimento Secas, defensoras de las aguas. Lei e la sua famiglia vivono con cinquanta litri d’acqua al giorno,
che equivalgono a circa dieci minuti di
doccia. Cerca di arrangiarsi come può: fa
le pulizie, imbianca le case o tiene in ordine qualche chiesa. A Cabildo e nelle zone
rurali circostanti l’acqua arriva con i camion cisterna. In passato si vedevano polli, cavalli, mucche, capre e agnelli pascolare sulle colline, ma praticamente tutti gli
animali sono morti di sete. Prima la gente
coltivava frutta e verdura. Ora, senz’acqua, non si coltiva più niente.
“Bisogna mettere da parte l’acqua e
usarla con cautela. Un giorno laviamo i
vestiti, un altro ci facciamo la doccia o ci
laviamo a pezzi per evitare sprechi. Ci rimane solo l’acqua sotterranea del fiume,
perché in superficie non c’è più nulla. I
problemi sono cominciati negli anni novanta con l’arrivo dei proprietari terrieri”,
afferma Vilches. Tra le case e i negozi del-
“P
ermesso”, dice Verónica
Vilches camminando sul
letto del fiume La Ligua,
completamente asciutto.
Parla con i fiori selvatici
che sono cresciuti grazie
alle piogge di quest’inverno.
Sotto il sole implacabile e il vento incessante di Cabildo, una cittadina nel
centro del Cile, Vilches si fa strada lungo
un tratto dove molti anni fa l’acqua scorreva con forza. Un posto dove in estate le
famiglie facevano il bagno per rinfrescarsi e i turisti montavano le tende sulla riva.
Ora è estate e non c’è una goccia d’acqua:
ci sono solo pietre e qualche traccia isola-
Cile
44 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
la via principale di Chincolco, nel comune di Petorca, c’è un bar. I proprietari Gerardo Castillo ed Erika Figueroa e il leader della comunità locale Gilberto Tapia
sono seduti intorno a un tavolo vuoto.
“I proprietari terrieri hanno tolto la vegetazione autoctona per piantare alberi di
avocado sui fianchi delle colline. Hanno
prosciugato le falde acquifere e nel frattempo le piogge sono diminuite. Con drenaggi e pozzi, prendevano anche l’acqua
che scendeva dal fiume in inverno”, dice
Castillo, sessant’anni.
“Da quando le aziende hanno cominciato a comprare terreni per le loro piantagioni di avocado, gli alberi nativi che
mantenevano l’ecosistema si sono seccati”, dice Tapia, 72 anni, che faceva parte
del movimento per la difesa dell’accesso
all’acqua, alla terra e alla protezione ambientale (Modatima).
Castillo e Tapia parlano di “febbre
dell’oro verde”: si riferiscono all’arrivo
dell’industria agroalimentare nella provincia di Petorca, alla fine degli anni novanta. I grandi agricoltori, attirati dal clima caldo della zona, comprarono migliaia di ettari di terreno sulle colline, diventarono proprietari dei diritti sull’acqua e
piantarono avocado.
Lo scorso dicembre la scuola Fernando García Oldini, nella località di Hierro
Viejo, ha dovuto sospendere le lezioni a
causa dei tagli al rifornimento d’acqua. “A
Petorca non solo si viola il diritto umano
all’acqua, ma anche quello all’istruzione.
Questo è inaccettabile. Il problema è
strutturale”, ha dichiarato il preside della
scuola, Nicolás Quiroz, al quotidiano Resumen.
“Gli esseri umani si sono accaparrati
l’acqua”, afferma Figueroa, 52 anni, seduta all’altro capo del tavolo.
“Abbiamo già perso la fiducia nelle autorità, visto che nessuno si è occupato di
Petorca”, gli fa eco Tapia.
Il Cile è il terzo paese produttore ed
esportatore di avocado al mondo, dopo il
Messico e il Perù. Secondo il censimento
della frutta 2020, nella regione di Valparaíso si concentra più della metà delle
piantagioni nazionali di avocado, il 67,2
per cento delle quali è destinato all’esportazione. Nella provincia di Petorca, la seconda area di produzione di avocado del
Cile, su 8.134 ettari usati per la coltivazione, 5.078 sono destinati a questo frutto, si
legge nel censimento. Tuttavia i dati forniti dal comitato cileno per l’avocado,
un’associazione indipendente che rappresenta i coltivatori e i commercianti,
indicano che nella provincia oggi ci sono
2.539 ettari di alberi di avocado, cioè l’8,7
per cento del totale nazionale. A causa
della siccità la superficie coltivata a Petorca si è ridotta almeno del cinquanta per
cento negli ultimi tre anni.
“In questa provincia le risorse idriche
vengono solo dalle precipitazioni”, afferma il comitato in un’email. “Negli ultimi
quarant’anni le precipitazioni si sono più
che dimezzate. Ma la crisi idrica dipende
anche dall’incuria dello stato. L’acqua per
il consumo umano ci sarebbe, il problema è la mancanza d’infrastrutture idriche pubbliche per garantire alle comunità l’accesso all’acqua. Gli agricoltori hanno investito nelle infrastrutture necessarie per le coltivazioni, rendendosi autonomi dai servizi sanitari rurali (Ssr),
mentre lo stato non ha fatto questi investimenti. La politica pubblica per l’acqua
potabile nelle zone rurali ha fallito di
fronte alla siccità”.
Gli Ssr sono i sistemi comunitari di acqua potabile, da cui dipende il nove per
cento della popolazione cilena e che sono
gestiti da chi li usa. Lo stato fornisce alle
famiglie un pozzo, una pompa per estrarre l’acqua e l’infrastruttura necessaria per
renderla potabile, poi sono gli stessi abitanti a garantire che tutti abbiano accesso
all’acqua e a far pagare per il suo sfruttamento. Ma in molte zone i pozzi sono già
asciutti e gli abitanti devono comprare
l’acqua dai camion.
Quello che succede a Petorca si ripete
su piccola scala anche nel resto del paese.
Finché lo sviluppo economico sarà più
importante delle persone, qualsiasi area
– agricola, forestale o mineraria – potrebbe subire lo stesso destino. È solo una
questione di tempo, spiega María Christina Fragkou, ricercatrice ambientale
all’università del Cile.
Pochi controlli
“Ascolta”, dice Vilches. “Sono acque sotterranee, e questo è un pozzo illegale. Alcuni pozzi sono profondi più di cento metri. L’acqua va veloce, ma qui non segna
nulla”, afferma indicando il contatore
che dovrebbe registrare la quantità d’acqua che passa. Gli altri pozzi illegali sono
in mezzo al fiume e nessuno dice niente.
Tutta l’acqua finisce in collina, dove si
trovano gli alberi di avocado. L’acqua c’è,
il problema è che la rubano.
FONTE: ODEPA, MINAGRI, REDAGRÍCOLA
2000
2003
2006
2009
2012
2015
2018
2021
800
600
400
200
0
Cile Perù Colombia
Esportazione annuale di avocado da tre paesi
dell’America Latina, migliaia di tonnellate
Da sapere
Avocado dal Sudamerica
AFP/GETTY IMAGES
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 45
Da anni Vilches denuncia il furto d’acqua nella provincia di Petorca e soprattutto a Cabildo. Quello che dice è noto,
ne ha parlato anche il presidente Gabriel
Boric: “In Cile abbiamo un problema di
siccità e uno di saccheggio. La distribuzione non funziona, ci sono attività produttive che usano male le risorse idriche,
a scapito di altre”.
Ignacio Villalobos, sindaco di Petorca, afferma: “Oggi ci sono circa 1.200
pozzi registrati. Poi ce ne sono molti altri
non registrati né regolamentati. D’altra
parte, i diritti di sfruttamento dell’acqua
non corrispondono al numero di ettari
posseduti da alcune aziende agricole.
Faccio un esempio: se ho quattrocento
ettari di coltivazioni e solo cento litri
d’acqua, ci sono trecento ettari che non
potrei irrigare. Invece li irrigo. Da dove
prendo l’acqua? È un furto, lo stato non
mi ha autorizzato a usare questa risorsa.
Sto prendendo l’acqua che appartiene a
un altro utente, a un servizio sanitario o
agli abitanti della zona. Mancano i controlli”, dice Villalobos.
Rodrigo Mundaca, uno dei fondatori
del movimento Modatima e oggi governatore della regione di Valparaíso, da anni sostiene che Petorca è “l’epicentro
della violazione del diritto umano all’acqua”. Mundaca ha denunciato il furto
d’acqua nella provincia e ha ricevuto minacce di morte. “Come governatore non
ho poteri di vigilanza in materia, ma stiamo mettendo a disposizione della direzione generale dell’acqua tutte le denunce di uso irregolare che ci arrivano dal
territorio, dove il numero di supervisori è
salito da quattro a sette”.
Anche Vilches è stata minacciata:
“Sono stata chiamata terrorista e trafficante di droga. Mi è successo di tutto”,
racconta. Sui muri dell’ufficio del comitato per l’acqua potabile del villaggio di San
José e per le strade di Cabildo sono apparse scritte come “Morte a Verónica Vilches”. Poi, nel 2021, qualcuno ha dato
Piantagioni di avocado a La Ligua, nella provincia di Petorca. Cile, settembre 2019.
Cile
46 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
fuoco alla macchina di sua madre e al
portone di casa. Questi eventi la mettono
in agitazione ogni volta che deve uscire.
Una battaglia persa
“È una sfilata di camion, quale le piace di
più?”, chiede Vilches camminando per le
strade di Cabildo. In pieno inverno – la
stagione delle piogge in Cile – ci sono ancora i camion dell’acqua.
Questi veicoli raccolgono, trasportano
e distribuiscono l’acqua potabile e ormai
fanno parte del paesaggio urbano, anche
se dovrebbero essere una “misura di mitigazione”, non una politica pubblica permanente. Attualmente 400mila famiglie
ricorrono ai camion cisterna. Secondo
uno studio condotto da geografi dell’università del Cile, nella provincia di Petorca
i camion cisterna sono gestiti dagli agricoltori locali. Quindi lo stato compra l’acqua dalle aziende private per poi consegnarla alle case.
“Non manca l’acqua in termini assoluti, ma è mal distribuita”, afferma María
Christina Fragkou, autrice di una ricerca
sulle misure adottate dal Cile durante la
siccità. Il comitato cileno per l’avocado si
difende: “La situazione non ha nulla a
che fare con l’industria che rappresentiamo. Nessun produttore di avocado associato al comitato vende acqua ai camion
cisterna. La vendita d’acqua prolunga la
crisi idrica, che dev’essere affrontata con
investimenti pubblici a diretto beneficio
delle comunità. Con una piccola parte di
quello che si spende per i camion si potrebbero ottenere soluzioni stabili per far
arrivare l’acqua a tutti”.
Secondo il governatore Mundaca, “alcuni proprietari terrieri non solo hanno
l’acqua necessaria alla loro produzione
agricola, ma addirittura gliene avanza
per poterci guadagnare. Questo dimostra
quanto sia perverso il modello privato di
gestione dell’acqua e l’assenza di politiche pubbliche per renderla un bene comune accessibile a tutti: un diritto umano
fondamentale”.
“Fanno tutti affari con l’acqua. Hanno
dei pozzi profondi e acqua da vendere: è
un business perfetto”, dice Gerardo Castillo. “A certe persone la siccità fa comodo. Per alcuni è un bene che non piova,
perché così scavano pozzi sempre più
profondi da cui estraggono l’acqua. Quei
pozzi si trovano in luoghi strategici: sono
vicino ai fiumi o alle falde acquifere sotterranee. Al cittadino comune si dà l’acqua solo quando i potenti lo vogliono,
non quando si dovrebbe. Chi ha soldi può
irrigare di più. I boschi di Petorca si sono
seccati. La popolazione la considera una
battaglia persa: l’acqua appartiene ai
grandi imprenditori”.
Le radio locali della provincia di Petorca danno consigli per risparmiare acqua e nelle scuole si tengono lezioni su
come gestire questa risorsa. Nei comuni
di Cabildo, Petorca e La Ligua, i tre più
colpiti dalla crisi idrica, tutti sono consapevoli del problema.
“La situazione è critica”, dice Lilian
Cortés, 23 anni, proprietaria di una panetteria a Cabildo. “Abbiamo paura di restare senz’acqua. Mio fratello voleva investire nella zona, poi ha cambiato idea. Io ho
una cisterna in cui raccolgo l’acqua per le emergenze. Ci sono
clienti anziani che arrivano
piangendo perché non hanno
nulla da mangiare per i loro animali e devono ucciderli. Ora
molti sono contenti perché nel 2022 ha
piovuto di più, l’erba è cresciuta e gli animali si sono sfamati. La gente non vuole
arrendersi”.
“In estate spesso l’acqua non arriva e
quando arriva la pressione è al minimo”,
dice dall’altra parte del bancone la commessa di un negozio di Cabildo. “Non
possiamo lavare i vestiti né riempire le
piscine, sarebbe da incoscienti. Inoltre
l’acqua è pessima, piena di calcare, e bisogna farla bollire prima di berla”.
L’attività mineraria
Gli abitanti del Melón, poco più di ottanta
chilometri a sud di Petorca, vivono una
situazione simile. Secondo loro, però, la
responsabilità è soprattutto delle miniere. Nel novembre 2019 il Movimiento popular pozo 9 occupò uno dei sedici pozzi
dell’azienda mineraria Anglo American.
“Non è siccità, la Anglo sta privando
Melón dell’acqua”, recitava uno dei tanti
striscioni dei manifestanti.
L’occupazione, segnata da sgomberi e
arresti, si è conclusa nel febbraio 2020
con un accordo che sembrava una soluzione: sono stati realizzati due bypass,
uno dal pozzo 9 al sistema di acqua potabile comunale e l’altro dal pozzo 4. Entrambi sono di proprietà dell’azienda
mineraria, che opera nella zona dal 2002
e consuma 109 litri al secondo.
“Non avevamo acqua nelle nostre case
e, quando arrivava, la pressione era bassa”, spiega Karen White, portavoce del
movimento. “Ci dovevamo lavare alle
quattro di mattina perché era l’unico momento in cui c’era un po’ di pressione.
Non sapevamo come irrigare i campi e il
settore agricolo ne stava pagando le conseguenze. Poi abbiamo capito che il problema della scarsità d’acqua riguardava
solo noi, cioè la gente comune. L’azienda,
che inquina la zona da anni, non aveva
nessun problema”.
La soluzione trovata nel 2020, quindi,
non ha risolto le cose. Nel febbraio 2022 il comune di Nogales
(dove si trova El Melón) ha introdotto un razionamento quotidiano dell’acqua a causa del
basso livello dei pozzi. Per mitigare le conseguenze del razionamento,
insieme alla Anglo American il comune
ha cominciato a distribuire l’acqua con i
camion cisterna. A marzo Gonzalo Jaramillo, direttore del programma Agua rural della Anglo American, ha dichiarato:
“Tra i fattori che rendono più critica la
carenza idrica nella zona ci sono i problemi del sistema comunale di acqua potabile: le perdite, gli allacci irregolari e altre
questioni che stiamo analizzando insieme
al comune. Per compensare questo deficit
idrico l’amministrazione ha introdotto i
camion cisterna e alcuni miglioramenti
tecnologici nella gestione operativa. L’obiettivo è ridurre il più possibile le perdite
del sistema idrico”.
A distanza di mesi, i camion cisterna
continuano ad arrivare e consegnano cento litri al giorno. I bypass tra i due pozzi
sono ancora in funzione.
Il militante ambientalista Andrés
Marín, ex portavoce del Movimiento popular pozo 9, afferma: “È gravissimo che
per soddisfare il diritto all’acqua si debba
dipendere da una multinazionale che ha
prosciugato El Melón”.
Questa mattina Vilches prepara delle
uova strapazzate e tosta il pane. Mentre
aspetta i cinquanta litri quotidiani di acqua, tiene i piatti in ammollo in un contenitore con l’acqua avanzata dal giorno
prima. Sul tavolo c’è una brocca di vetro
piena. Fuori, sull’auto, sono attaccati tre
adesivi con la scritta “Basta al furto d’acqua”. “Ecco”, dice aprendo il rubinetto.
Senza perdere tempo, prende il bollitore e
lo riempie. Deve decidere se lavare i piatti
o dare da bere ai cani. ufr
Il problema della
scarsità d’acqua
riguardava solo la
gente comune
SOLO AL CINEMA
SCRITTO E
DIRETTO DA
NOMINATION AL
6
MIGLIOR FILM
MIGLIOR
MIGLIOR REGIA
ATTRICE
PROTAGONISTA
MIGLIOR
SCENEGGIATURA
ORIGINALE
TRA CUI
® PREMIO OSCAR
6
® PREMIO OSCAR
Madagascar
48 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
L
a musica comincia con un
canto a cappella e già dalle
finestre aperte si sente soffiare l’aria del vasto paesaggio pianeggiante del sud. Il
sud dei musicisti: il Madagascar meridionale, che oggi è colpito dalla carestia. Le pareti della stanza sono
bianche, così come le piastrelle del pavimento, che fanno risaltare i colori sgargianti degli abiti tradizionali indossati dai
musicisti per le prove ogni mattina e sera,
anche quando ad assistere non c’è nessuno. Portano anche dei piccoli cappelli di
rafia a punta originari dei loro villaggi, che
ricordano quelli dei giullari. In sala prove
si affacciano spesso altri gruppi provenienti dal sud, una piccola diaspora nella
capitale malgascia Antananarivo. Anzi,
non una diaspora, ma un’ambasciata. Come mi dirà poi il cantante Naïnako, i muAperture
musicali
Navid Kermani, Die Zeit, Germania
La musica popolare del Madagascar ha subìto varie
contaminazioni e influenze, ma continua a
rappresentare bene il carattere del paese. Uno
scrittore tedesco incontra gli interpreti più famosi
sicisti tradizionali sono l’ultima speranza
della loro regione. E presto mi renderò
conto di quanto sia vera quest’affermazione azzardata. A dare speranza non sono le
politiche di sviluppo né quelle del governo, non sono gli indicatori economici, gli
obiettivi climatici, le filiere produttive. È
la musica.
Parte un ritmo fatto di tamburi, basso e
sonagli, prima molto semplice, giusto il
tempo di entrare nel groove. In sottofondo,
il suono tremolante di kabosy (una specie
di mandolino) e chitarra, poi si aggiungono una voce solista, una seconda voce, il
coro. Un sorriso si trasmette di volto in
volto e dopo neanche un minuto la gioia
contagia tutti i presenti, dai bambini seduti per terra agli amici in visita, dai vicini
che entrano dalla porta alla madre che si
affaccia dalla cucina, da dove arriva un
buon odore. Non possiamo fare a meno di
muovere mani e piedi, ondeggiare con il
busto e ridere, come se all’improvviso il
mondo fosse diventato più bello. Chissà
se quei berretti, che non sono da giullare,
indicano che avverrà un incantesimo.
Appropriazione riuscita
Naïnako mi parla della musica tradizionale che il suo gruppo porta in giro nel mondo. In tournée hanno un amplificatore e
per le percussioni usano un moderno
cajón, uno strumento a forma di scatola di
legno, originario del Sudamerica. Nei loro
brani ci sono influenze gospel, pop e soul.
Le stesse che ho sentito in villaggi sperduti, a tre giorni di viaggio da una strada
asfaltata. La musica era tutt’altro che “pura”: al primo funerale a cui ho assistito, ho
sentito una specie di trance con un canto
parlato che sembrava hip- hop – e forse lo
era davvero – e il ritmo scandito da fischietti, come quelli che si usano nelle
partite di calcio. Al secondo funerale, un
gruppo rock si esibiva in rumorosi riff dal
suono metallico; al terzo, che per la precisione era una famadihana, cioè una seconda sepoltura – la cerimonia più importante di tutte – c’erano quindici ottoni e un
tamburo, come in una banda che suona
alla festa di paese. Quella musica, con il
suo parlato, i riff di chitarra e gli ottoni,
non dava l’impressione di essere artificiosa, ma risultava autentica e inconfondibiWAKEUPMAKEMADAGASCAR (FLICKR)
Canale di Mozambico
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 49
le. Insomma, un’appropriazione culturale
perfettamente riuscita.
In Africa l’adozione più stupefacente,
e musicalmente più fruttuosa, delle armonie occidentali è stata quella compiuta
negli ultimi sessant’anni dal jazz, che di
per sé è già la fusione di due culture. Questo genere ha prodotto star di fama internazionale come il sudafricano Abdullah
Ibrahim e l’etiope Mulatu Astatke. Anche
in Madagascar c’è un’importante scena
jazz che, come il settore culturale nel suo
insieme, ha sofferto per la crisi economica
e la pandemia di covid-19. Nell’estremo
nord dell’isola, ad Antsiranana, ho assistito al concerto di Hajazz, chitarrista e cantante, che si esibisce in un gruppo formato
da una batterista e un percussionista. Inizialmente la chitarra jazz elettrica suonava morbida e familiare, ma pian piano ho
capito che al centro della scena non c’era
Hajazz: a catturare l’attenzione erano soprattutto le percussioni, che non facevano da sostegno o da sottofondo alla musica, ma ne costituivano il centro. Un’unica
variazione improvvisata e il modello ritmico cambiava completamente, strutturando una sua narrazione. La chitarra,
strumento principale del jazz europeo,
sembrava semplicemente un elemento
di raccordo melodico tra le percussioni.
A qualche centinaio di metri dalla sala
prove del gruppo di Naïnako c’è il quartiere di Ambohipo, che è pieno di studenti e
ha un’atmosfera decisamente più rilassata di quella del centro, dove s’incontrano
una ricchezza oscena e un’estrema povertà. Ho appuntamento con il cantante Jaojoby in un locale rock gestito da sua figlia.
Negli anni settanta, ispirandosi a una tradizione locale semisconosciuta, Jao joby
ha inventato il salegy, che oggi è la musica
popolare più tipica e ascoltata del Madagascar, con chitarre e bassi elettrici dal
suono chiaro, sintetizzatori, spesso fisarmoniche, molte percussioni e un canto a
più voci. Ovviamente lui è il “re del salegy”, ed è considerato alla stregua di un
Il musicista malgascio Jaojoby durante un concerto in Francia, maggio 2012
Madagascar
50 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
padre da tanti musicisti più giovani di lui
con cui ho parlato. Quando gli chiedo di
raccontarmi la sua idea di tradizione, Jaojoby risponde: “Cosa ascoltavamo alla
radio da ragazzi? La musica americana,
quella sudafricana, quella mozambicana,
e assorbivamo tutto. Quando ho cominciato a suonare mi veniva naturale il
rhythm’n’blues, cantare il soul, fare le cover di James Brown, Ray Charles e Louis
Armstrong. Ho cominciato così. Per quanto riguarda la musica tradizionale, io vengo da un villaggio sperduto e prima dei
quindici anni non sapevo neanche cosa
fosse la radio. Conoscevo solo le nostre
canzoni. Per fortuna”.
Secondo lui, la maggior parte dei musicisti del Madagascar – o almeno quelli
che vengono dalle campagne – sono così
immersi nella tradizione musicale da poter assorbire elementi esterni senza perdere la loro specificità. Non possono far
altro che suonare in modo tradizionale: il
ritmo è sempre quello, indipendentemente dagli strumenti che usano. Più
gruppi ascolto, più mi rendo conto che
Jao joby ha ragione: non c’è mai niente di
estraneo, la musica è sempre autenticamente malgascia.
Corpo e mente
Questo, però, significa che il concetto europeo di tradizione è troppo stretto per le
altre culture musicali, e forse anche per le
nostre. Probabilmente anche per un’orchestra sinfonica le cose non sono poi
così diverse. Solo che in Madagascar la
discendenza non è intesa in senso strettamente genealogico. “Quando suoniamo, abbiamo la sensazione che siano
presenti i nostri antenati. Suonando parliamo con loro, cantando li evochiamo”,
mi dice Naïnako.
Presto il ritmo si ramifica in ottavi, sedicesimi, strutture misteriosissime, poi
torna ad accelerare in un beat veloce e
monotono. Naïnako posa la chitarra e comincia a ballare con la figlia, che faceva
da seconda voce: il busto in avanti, le
braccia allargate e i piedi che saltellano a
una velocità pazzesca seguendo un ritmo
tutto loro, complementare al beat. Ho visto fare così anche ai funerali, che nel sud
sono celebrati come delle feste. Le gambe
sembrano staccarsi dal corpo di chi balla.
Vecchi o giovani, uomini o donne, grassi
o magri: sembravano tutti ballerini nati.
Sarà una forma di razzismo, e come minimo di essenzialismo culturale, o una conseguenza di quel brutto stereotipo occidentale secondo cui i neri hanno il ritmo
nel sangue e così via? Forse sì, eppure lo
penso ogni volta che vedo qualcuno ballare. I corpi non si muovono, sono mossi, ed
è sempre meraviglioso: perfino gli anziani
sono eleganti e leggeri. Certo, qualche
ballerino e musicista occidentale è in grado di muoversi senza sforzo al ritmo contagioso della musica africana, e pure di
insegnarlo. Ma quando torno in Germania ho comunque difficoltà ad andare a
ballare, a vedere tutti saltellare scomposti. Un’altra forma di essenzialismo? Che
il mio sguardo sia distorto da pregiudizi
razzisti? No, dev’esserci qualcos’altro, un
motivo per cui la mia pelle piuttosto pallida sembra una specie
di handicap. Non bastano l’etnia
o la cultura a spiegare l’evidente
musicalità di un intero popolo o
di un mezzo continente.
Di cosa si tratta allora? Forse la domanda è mal posta, forse dovrei procedere al
contrario e chiedermi cos’è che non funziona da noi, cos’è che dall’infanzia, ormai da tante generazioni, interrompe il
collegamento tra corpo e cervello. Forse,
anzi, sicuramente, la moderna vita in città
si ripercuote sulla nostra consapevolezza
del corpo. Negli ultimi due secoli ci siamo
allontanati dalla natura e da noi stessi,
tanto che dobbiamo prendere lezioni per
imparare ad ascoltare i nostri corpi, per
esercitare il respiro e allenare l’udito.
Anche Naïnako e la figlia camminano
sull’asfalto e vivono tra quattro mura. Lo
stesso fanno Jao joby, il jazzista Hajazz e i
suoi due incredibili percussionisti. Ma i
loro nonni probabilmente no. Perfino la
parola “prove” sembra inadatta: si va in
un posto e si comincia a suonare senza
interruzioni e correzioni, l’intesa viene
da sé e ogni esecuzione è diversa dalle
precedenti. Sembra che stonare non faccia parte del loro repertorio. Forse invocano gli antenati anche per riuscire a conservare, per qualche generazione ancora,
l’unità di corpo e spirito che, a un certo
punto, finirà per appartenere irrimediabilmente al passato, a un passato che –
anche se non è mai stato migliore del presente – ci ricorda ciò che abbiamo perso.
Prima che ci chiamino per il pranzo incontro Surgi, cantante e violinista. La sua
band Vilon’Androy è composta da suoi
parenti, tra cui le tre figlie adulte che cantano e ballano. Sono scioltissime e senza
mai aver bisogno di guardarsi rispondono
l’una ai movimenti dell’altra, trasmettendosi un cenno del capo, una mossa delle
anche, una flessione particolare dell’avambraccio, come fossero collegate da
una corrente di energia.
Questa corrente invisibile è la musica.
O forse l’armonia, l’allegria e la grazia mi
colpiscono tanto solo perché contrastano
con la miseria, la siccità e la disperazione
che ho visto nel sud del Madagascar, facendo da balsamo, ricordo, forma di resistenza. Surgi non si limita a cantare: con il
volto, il corpo e il violino elettrico che si è
costruito da solo racconta una
storia di arbitrio e corruzione,
interpreta diversi ruoli, si lamenta, canta, scandisce, scherza, incede, balla, marcia e striscia per tutta la sala prove. Sarebbe piaciuto a Bertolt Brecht che però,
probabilmente, avrebbe avuto meno senso dell’umorismo, e meno musicalità.
“Perché i musicisti tradizionali sono
l’ultima speranza del sud?”, chiedo mentre alcuni ragazzi prendono gli strumenti
per partecipare alla jam session. “Perché”,
risponde Naïnako indicando l’amico Soubi, “uniscono le persone, le spingono a
difendersi. La loro musica racconta al paese e al mondo la miseria del sud, ma non
solo: parla anche di quanto sono belle le
persone, quanto sono ricche la cultura e la
terra, che sarebbe fertilissima se solo tornasse l’acqua. E poi portano idee nuove
nei villaggi su come sopravvivere nonostante la siccità e salvare la foresta dal disboscamento, che è inarrestabile perché il
carbone di legna è l’ultima fonte di guadagno rimasta”.
Prima che sia pronto da mangiare ballano tutti e lo faccio anch’io. I vicini e perfino i bambini sono abbastanza educati da
non ridere di me, anche se il vero giullare
qui sono io. usk
“Cosa ascoltavamo da ragazzi? La musica americana, quella
sudafricana, quella mozambicana, e assorbivamo tutto”
L’AUTORE
Navid Kermani è uno scrittore tedesco
d’origine iraniana. Si occupa di viaggi e
religioni. Il suo ultimo libro pubblicato in
Italia è Stato di emergenza (Keller 2019).
Ogni giorno due notizie
dal mondo scelte dalla redazione
di Internazionale
Dal lunedì al venerdì dalle 6.30
sulle principali piattaforme di ascolto
internazionale.it/ilmondo
il podcast
quotidiano di
Economia
52 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
“S
ono già stata in cinque
farmacie e non trovo
lo sciroppo per mio figlio. Non ho mai visto
una cosa simile!”, si
allarma Maria Andrionikou. Accanto a lei un’altra donna si
rammarica di non aver fatto scorta: “Mio
figlio ha l’asma e sono preoccupata di non
trovare il Ventolin”, spiega. Il panico regna in questa farmacia nella periferia di
Atene, in Grecia, da dove le due donne
sono appena uscite a mani vuote.
Davanti al negozio si è formata una fila, triste prova della mancanza di farmaci
nel paese. “Non so più cosa dire ai clienti
angosciati perché non trovano antibiotici,
antidiabetici, sciroppi o medicinali pediatrici”, dice la farmacista Eftychia Kouteli.
“Quando è possibile gli consiglio di prendere dei farmaci generici, ma in alcuni
casi mancano anche quelli”.
La stessa scena si sarebbe potuta svolgere in Francia, in Germania, nel Regno
Unito, e la dice lunga sulla carenza di medicinali che da mesi colpisce l’Europa. A
causa dei diversi metodi e criteri usati, che
variano molto da un paese all’altro, è difficile valutare la situazione complessiva.
Tuttavia i resoconti delle autorità sanitarie nazionali permettono di farsi un’idea.
Attualmente in Spagna 672 medicinali
non sono disponibili in farmacia. In Svizzera sono 773, in Estonia 375, in Italia più
Le Monde, Francia. Foto di Ulf Lundin
A corto
di medicine
Nelle farmacie europee alcuni
dei medicinali più comuni sono
ormai introvabili. Un problema
che ha molte cause e nessuna
soluzione semplice
Dal progetto Bless you (salute), in cui il
fotografo Ulf Lundin ha ritratto delle
persone che starnutiscono
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 53
di tremila, ma in questo caso sono conteggiati anche i prodotti ritirati dal commercio negli ultimi dieci anni. In Francia al 23
gennaio scarseggiavano 320 farmaci fondamentali per alcune terapie.
Il fenomeno non è nuovo, ma preoccupa sempre di più i responsabili del settore,
che anno dopo anno vedono diminuire le
scorte nelle farmacie. Nel 2019 l’agenzia
francese dei farmaci aveva ricevuto 1.504
segnalazioni. Due anni dopo sono state
2.160, un aumento del 43 per cento.
È il risultato di difficoltà di approvvigionamento che dipendono da molte ragioni. La filiera di produzione dei farmaci
è complessa, e basta un intoppo lungo il
percorso per bloccare tutto. Una contaminazione durante la formulazione del prodotto o la mancanza di un ingrediente
possono rallentare o fermare l’intero processo. Negli ultimi decenni la delocalizzazione nella produzione dei principi attivi,
che rende le aziende dipendenti dai fornitori stranieri, ha aumentato la fragilità del
sistema. L’80 per cento dei princìpi attivi
usati nell’Unione europea è prodotto fuori dal continente, per lo più in Cina, e il 40
per cento dei medicinali è importato. Da
qualche mese la situazione è peggiorata,
soprattutto nel caso delle versioni per
bambini di farmaci come il paracetamolo
e l’amoxicillina.
“I problemi riguardano tutte le categorie di farmaci: antitumorali, antidiabetici,
antiepilettici, analgesici, antipertensivi e
così via”, osserva Pierre Olivier Variot,
presidente dell’Unione dei sindacati dei
farmacisti francesi. Qualche giorno fa ha
dovuto trovare una soluzione d’emergenza per una paziente che aveva un problema con la nuova formula dell’Eutirox, non
adatta al suo caso. “Era impossibile trovare il medicinale con la vecchia formula.
Alla fine siamo riusciti a trovare un’alternativa temporanea, che l’obbliga a prendere quattro pasticche al posto di una, ma
non sono sicuro di avere una soluzione
quando tornerà”. Negli ultimi mesi i suoi
collaboratori hanno passato in media dodici ore alla settimana a cercare alternative per i farmaci mancanti.
Il momento più difficile è stato nell’autunno 2022, quando hanno cominciato a
scarseggiare il paracetamolo e l’amoxicillina per bambini. “Questo ha attirato l’attenzione, perché si tratta di due prodotti
molto conosciuti”, osserva Laurent Bendavid, presidente della camera sindacale
della distribuzione farmaceutica (Csrp).
“In media le carenze riguardano il 20 per
cento dei farmaci, siamo abituati ad affrontarle. La novità è che cominciano a
scarseggiare anche i prodotti di base”.
Le case farmaceutiche rifiutano di parlare di carenza e preferiscono usare l’espressione “forniture sotto pressione”.
Per giustificare l’assenza di alcuni prodotti citano un contesto epidemico imprevedibile, caratterizzato dall’arrivo precoce e
intenso delle infezioni invernali (influenza, covid, bronchiolite).
Il 16 gennaio la Sanofi ha annunciato
una produzione record di Doliprane (paracetamolo): 424 milioni di confezioni in
totale nel 2022. “Per la versione pediatrica
la cifra è aumentata del 49 per cento rispetto al 2021, per un totale di 24 milioni di
confezioni, con una forte accelerazione a
fine anno”.
Ma questi dati non convincono i farmacisti. “Tra le cifre fornite dalle aziende
e quelle dei distributori all’ingrosso c’è un
abisso”, dice Variot. “Quello che vediamo
ogni giorno è molto diverso”.
I grossisti respingono le critiche: “Sappiamo per esperienza che spesso è difficile
conciliare le nostre cifre con quelle delle
case farmaceutiche, in particolare perché
non si sa mai bene cosa vogliono dire
quando parlano di mettere sul mercato un
prodotto”, osserva Emmanuel Déchin,
delegato generale della Csrp. “Significa
che i prodotti sono usciti dalla fabbrica o
che sono stati consegnati ai distributori?
Quello che invece sappiamo perfettamente sono le quantità arrivate nelle nostre
strutture. Queste cifre sono attendibili”.
Medicines for Europe, l’associazione
che rappresenta i produttori europei di
farmaci generici, ammette che la forte domanda ha sorpreso i laboratori e ha superato le loro previsioni. “Dobbiamo migliorare queste stime. Ma per farlo ci vuole
una maggiore comunicazione tra le aziende e le istituzioni, in particolare sui dati
relativi ai tassi d’infezione”, dice il direttore generale Adrian van den Hoven. SeconDa sapere Effetti collaterali
◆ In Europa scarseggiano
medicinali di tutte le categorie. In cima alla lista: antimicrobici, farmaci per il sistema
nervoso, compresi i prodotti
per l’epilessia o il parkinson, e
quelli per il sistema cardiocircolatorio, come i trombolitici
usati in caso di ictus. Ma anche antitumorali, antibiotici e
antinfiammatori. Si tratta
spesso di vecchi farmaci poco costosi, il più delle volte
generici.
Per rimediare a queste carenze, negli ospedali francesi
si usano farmaci equivalenti o
soluzioni iniettabili se mancano le capsule, si diluiscono i
medicinali o si preparano formule sul posto, andando incontro a problemi di autorizzazioni. Tutto questo complica e rallenta il lavoro dei medici. Negli Stati Uniti la mancanza di ibuprofene liquido,
utile per chi non riesce a mandare giù le compresse, come i
bambini piccoli, ha spinto le
autorità a consentire temporaneamente alle case farmaceutiche di produrre e distribuire formulazioni non approvate.
Per i pazienti la carenza di
medicinali può significare
avere prodotti meno efficaci,
problemi di intolleranza, errori di dosaggio e stress. Uno
studio condotto in Francia
tra il 1985 e il 2019 sugli effetti
dell’esaurimento delle scorte
di farmaci ha rivelato che nel
16 per cento dei casi era stato
registrato un peggioramento
della malattia, soprattutto a
causa della minore efficacia
del prodotto sostitutivo. Secondo un sondaggio della Lega contro il cancro, pubblicato
nel settembre 2020, il 74 per
cento degli oncologi francesi
aveva dovuto fare i conti con
la carenza di antitumorali e di
farmaci contro gli effetti collaterali.
Il problema riguarda anche i malati di diabete, che sono più di cinquecento milioni
nel mondo. In molti paesi
mancano l’insulina, il semaglutide e il dulaglutide.
In Italia l’Agenzia italiana
del farmaco (Aifa) segnala la
carenza di più di tremila farmaci. Ma l’elenco comprende
anche tutti i medicinali la cui
produzione è cessata nell’arco
dell’ultimo decennio, che rappresentano più del 50 per cento del totale. Inoltre circa 400
si trovano ancora, anche se
dovrebbero scarseggiare nel
2023. Almeno 750 farmaci sono difficili da reperire per problemi produttivi e quasi 170
mancano a causa della domanda elevata. Le Monde
FONTE: COMMISSIONE EUROPEA
2013
Totale
10
8
6
4
2
0
2020*
*Dati incompleti
2014 2015 2016 2017 2018 2019
Media degli stati
Farmaci segnalati come carenti nell’Unione
europea, migliaia
In Europa
Scaffali vuoti
Economia
54 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
do lui una soluzione sarebbe il tracciamento dei medicinali, che permetterebbe
di conoscere in tempo reale i consumi.
“Esiste già un sistema europeo di lotta alla
contraffazione dei medicinali, che garantisce la tracciabilità di ogni confezione.
Questi dati potrebbero essere usati anche
per seguire l’aumento dei consumi”, dice
Van den Hoven.
Soluzioni creative
In attesa di trovare delle soluzioni a lungo
termine, i paesi europei più colpiti hanno
imposto il razionamento e vietato le
esportazioni di paracetamolo e amoxicillina. Ma la situazione resta tesa. In Svizzera l’ufficio federale della sanità ha autorizzato i farmacisti a preparare prodotti galenici se mancano alcuni medicinali. L’iniziativa riprende una misura simile lanciata in Francia nel dicembre 2022.
In Germania la crisi ha stimolato la
creatività dei medici. A fine dicembre
2022 il presidente dell’ordine, Klaus
Reinhardt, ha proposto di creare una sorta
di mercatino attraverso il quale chi possiede farmaci inutilizzati possa cederli a chi
ne ha bisogno. “Assurdo!”, ha commentato il presidente del sindacato tedesco dei
farmacisti del Baden-Württemberg,
Frank Eickmann: se le confezioni sono
danneggiate può essere impossibile individuare la data di scadenza, e i farmaci
non dovrebbero essere usati senza un parere medico: “Mancano antipertensivi,
insulina, antibiotici a largo spettro e analgesici. Non possiamo scambiarli gli uni
con gli altri”.
La mancanza di farmaci, che riguarda
soprattutto quelli più economici, ha permesso alle aziende di rilanciare il dibattito
sulle politiche dei prezzi. I produttori di
farmaci generici fanno notare il loro scarso valore economico rispetto ai medicinali più innovativi. Ma con più di otto miliardi di confezioni consumate in Europa ogni
anno, i generici costituiscono gran parte
delle prescrizioni.
In Germania il ministro della salute
Karl Lauterbach ha annunciato un piano
per cercare di migliorare la situazione.
“Nel pianificare le nostre scorte di farmaci
generici abbiamo messo troppo l’accento
sul risparmio, e oggi ne paghiamo le conseguenze, in particolare sui medicinali
per bambini. È inaccettabile che in Germania sia difficile trovare uno sciroppo
che è disponibile all’estero”, ha dichiarato
il ministro. Così ora alcuni generici indispensabili, come l’ibuprofene, potranno
essere venduti anche al doppio del prezzo,
e saranno comunque rimborsati dal sistema sanitario.
La Grecia ha seguito l’esempio tedesco. Il ministro della sanità Thanos Plevris ha inviato una lettera alla Commissione europea, chiedendo di rafforzare la
produzione di farmaci nell’Unione e annunciando che il prezzo di alcuni medicinali aumenterà per evitare che le case
farmaceutiche li esportino altrove. Ma
diversamente dalla Germania, in questo
caso il rincaro peserà interamente sui pazienti. uadr
Le autrici di questo articolo sono
Zeliha Chaffin, Marina Rafenberg
e Cécile Boutelet.
FONTE: COMMISSIONE EUROPEA
Altri paesi
Cina
India
44%
20%
36%
Percentuale del volume di princìpi attivi
prodotti nel mondo, 2019
Quote di mercato
Duopolio asiatico
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 55
A
ll’apice della pandemia di covid-19 alcuni paesi dell’Unione
europea, tra cui la Germania,
erano pronti a tutto pur di ottenere mascherine e vaccini, anche a danno
dei loro vicini. Ora che in tutto il continente scarseggiano alcuni farmaci, la tentazione dell’ognun per sé è tornata. La Germania si è detta pronta a pagare di più alcuni medicinali per evitare che le aziende
li vendano altrove a un prezzo più alto. Un
discorso simile è stato fatto dalla Grecia,
che ha deciso di bloccare l’esportazione di
alcuni prodotti. Anche la Romania ha fatto sapere che potrebbe vietare l’esportazione di certi farmaci generici.
La Commissione europea e l’Agenzia
europea per i medicinali (Ema) hanno cominciato a occuparsi della questione, ma
la sanità è un tema di competenza nazionale e questo limita le possibilità d’intervento delle istituzioni comunitarie. “Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione”, ha assicurato la commissaria per
la salute Stella Kyriakides.
Ora è possibile commercializzare farmaci anche se i foglietti illustrativi non
sono tradotti nella lingua del paese in cui
sono venduti, così da ridurre i vincoli sulle
confezioni (che prima della guerra erano
fatte per lo più in Ucraina). Inoltre si potrà
autorizzare un medicinale che possiede
gli stessi principi attivi di uno mancante,
vendere pillole sfuse o sostituire prodotti
da assumere per via orale con delle supposte. L’Ema vuole anche autorizzare rapidamente gli stabilimenti ad aumentare la
produzione di antibiotici.
“Se necessario l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera, l’organo di crisi creato durante la pandemia) potrà comprare farmaci
per conto degli stati” e creare riserve
strategiche, ha aggiunto Kyriakides. Ma
Serve una risposta
coordinata
Virginie Malingre, Le Monde, Francia
A breve la Commissione
europea dovrebbe annunciare
nuove misure per uniformare
le norme e semplificare la
distribuzione dei farmaci
finché il problema sarà strutturale, sul
lungo periodo queste misure non saranno sufficienti. “In Europa negli ultimi
vent’anni le carenze di medicinali si sono
moltiplicate per venti”, osserva l’eurodeputata francese Nathalie Colin-Oesterlé,
del Partito popolare europeo.
Oggi quasi l’80 per cento dei princìpi
attivi e il 40 per cento dei farmaci è prodotto fuori dall’Europa. Di conseguenza
l’Unione dipende dagli altri paesi, che
possono decidere di interrompere le loro
esportazioni.
“Bisogna dare la precedenza alla sicurezza delle forniture rispetto alla questione dei prezzi”, dice Colin-Oesterlé. Finché gli europei compreranno ai prezzi più
bassi possibili per ridurre le spese del sistema sanitario, produrre generici in Europa non sarà redditizio. Ma anche per i
farmaci più recenti l’Europa sta diventando un mercato sempre meno interessante. “In dieci anni nell’Unione la percentuale degli investimenti in ricerca e
sviluppo è calata dal 40 al 30 per cento,
mentre in Cina è cresciuta dall’1 al 10 per
cento e negli Stati Uniti dal 40 al 50 per
cento”, osserva l’eurodeputata.
A marzo la Commissione europea dovrebbe presentare una revisione della sua
strategia sui farmaci, che dovrebbe imporre l’obbligo di dichiarare le scorte di
farmaci per anticipare possibili mancanze future. Inoltre i produttori dovranno
avvisare per tempo prima di ritirare un
medicinale dal mercato.
La futura legislazione dovrebbe anche
incentivare le aziende a distribuire i farmaci autorizzati dall’Ema in tutta l’Unione europea, pena la perdita di alcune tutele. Oggi non è sempre così. “In Romania o in Bulgaria i produttori di antitumorali non vendono tutti i loro prodotti”,
dice un alto funzionario europeo.
“È necessaria anche una strategia di
rilocalizzazione dell’industria farmaceutica”, osserva l’eurodeputata Véronique
Trillet-Lenoir, di Renew Europe. Non è
chiaro se la Commissione europea vorrà
impegnarsi fin da subito in questo senso o
se invece preferirà un’iniziativa più ampia
sulla competitività dell’industria europea.
Riforma degli aiuti di stato, creazione
di un fondo sovrano europeo: le idee sono note, ma devono ancora essere formulate con precisione. Inoltre si dovrà decidere su quali farmaci puntare, perché i 27
paesi europei non sono ancora riusciti a
mettersi d’accordo su un elenco di medicinali strategici.
Secondo Trillet-Lenoir bisogna anche
riformare il processo di commercializzazione. Oggi le case “devono negoziare 27
volte l’autorizzazione e i prezzi dei farmaci nei singoli paesi, in modo non coordinato e poco trasparente”. Una situazione che
secondo l’eurodeputata “mette gli stati in
competizione tra loro”. uadr
Da sapere Una questione di prezzi
u La mancanza di farmaci ha
cause diverse. La pandemia di
covid-19 e la guerra in Ucraina
hanno peggiorato problemi
già esistenti, rallentando il
commercio internazionale. La
grande maggioranza dei princìpi attivi è infatti realizzata in
India e in Cina, mentre l’alluminio, il cartone e il vetro delle confezioni sono spesso prodotti in Ucraina.
Negli Stati Uniti, la Food
and drug administration
(Fda) ha dichiarato che tra le
cause della carenza ci sono
“problemi di qualità della produzione” e difficoltà nella filiera di approvvigionamento, “soprattutto a causa della
dipendenza dalla Cina per i
princìpi attivi”.
In gran parte del mondo la
produzione è stata esternalizzata e si concentra in pochi paesi. All’origine di questo fenomeno, spiega Bruno Bonnemain, vicepresidente dell’Accademia nazionale di farmacia francese, c’è l’arrivo dei generici una ventina d’anni fa,
che ha ridotto i margini di guadagno sui vecchi medicinali.
Questo ha spinto le aziende a
delocalizzare la produzione in
Asia per ridurre i costi.
Secondo Bonnemain servirebbe un elenco dei farmaci
essenziali e regole specifiche
per questa categoria. Dovrebbe essere possibile aumentare
i prezzi in modo che le aziende
abbiano interesse a continuare a produrre. Sarebbe utile
fissare un prezzo medio europeo per evitare che i prodotti
finiscano nei paesi che garantiscono più margine, e creare
delle riserve europee, da cui i
paesi possano attingere in caso di necessità. Si parla di far
tornare le industrie in Europa, ma non si può pensare di
produrre tutto in tutti i paesi,
continua Bonnemain. Bisognerebbe distribuire la produzione, e per farlo ci vorranno
anni. Ma se non si interviene, i
problemi non faranno che aumentare. Le Monde
Nuova Zelanda
56 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
A
mokura Panoho, 62 anni,
ne aveva dodici quando
scoprì il suo vero nome.
Seguendo le usanze maori, suo nonno le aveva
dato quello della bisnonna. Ma quattro anni dopo la sua nascita, i
genitori si erano separati e sua madre
aveva deciso di dare una svolta occidentale alle loro vite. “Francesizzò il mio nome, che diventò Amor. Alcune delle mie
cugine e cugini mi chiamano ancora
così”. Oltre al nome, le fu tolta anche la
lingua. “A scuola i miei genitori venivano
picchiati se parlavano maori. Per questo
non vollero che lo imparassi, un fatto che
Tornare
a parlare
maori
Meike Wijers, NRC Handelsblad, Paesi Bassi
Foto di Andrea Bruce
Dopo decenni di repressione, la cultura dei nativi
della Nuova Zelanda ha ricominciato a diffondersi.
Ma questa comunità è ancora svantaggiata rispetto
al resto della popolazione
per me è ancora un grande trauma”. L’esperienza di Panoho non è un’eccezione.
Più del 16 per cento degli abitanti della
Nuova Zelanda si identifica come maori,
la popolazione originaria di quei territori.
Ma appena un quarto di loro è madre lingua maori. “Mi vergogno di non conoscere la mia lingua, perché identità e lingua
sono collegate”, dice Panoho.
Gli psicologi hanno usato una parola
proprio di questa lingua per descrivere
questo stato d’animo: whakamā, vergogna. Quella che i nativi provano perché
non riescono a padroneggiare la loro lingua può causare disturbi mentali. Ma la
situazione è migliorata molto rispetto al
passato. Cinquant’anni fa il maori, chiamato anche te reo (la lingua), era vicino
all’estinzione.
Legati e picchiati
Quando nel 1769 il capitano James Cook
piantò la bandiera britannica in quella
che oggi è la Nuova Zelanda, la lingua locale è stata ostacolata. Nel 1840 maori e
inglesi firmarono il trattato di Waitangi,
che lasciava ai nativi terre, boschi e zone
di pesca. Ma la lingua e la cultura maori
sono state a lungo considerate inferiori
rispetto a quelle occidentali. Il Native
schools act del 1867 stabilì che l’inglese
doveva essere la lingua d’insegnamento
in tutte le scuole. I bambini che parlavano
maori in classe erano legati e picchiati.
Tame Iti, un noto attivista e artista, ha
raccontato che una volta fu costretto a
scrivere sulla lavagna cento volte la frase
“non parlerò maori”.
Negli anni settanta del novecento i
giovani maori si ribellarono contro la repressione della loro cultura, incoraggiati
da movimenti nati in altre zone del mondo in opposizione alla guerra in Vietnam
e all’apartheid in Sudafrica. La zia di Panoho, Hana Te Hemara, era una dei leader del movimento di emancipazione
NOOR
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 57
Ngā Tamatoa (i giovani guerrieri). Questi
giovani girarono il paese per promuovere
una petizione che chiedeva l’insegnamento della loro lingua nelle scuole. Ci
vollero due anni per raccogliere trentamila firme.
“A quei tempi non si facevano online,
bisognava bussare a ogni porta, scuola e
pub per parlare con le persone”, racconta
Panoho. Molte storie di quell’epoca le ha
sentite da studente, quando ha vissuto
per qualche anno a casa della zia. Poteva
essere anche pericoloso. “Capitava che i
cani fossero aizzati contro i manifestanti,
che ricevevano ogni insulto possibile”.
La petizione fu firmata anche da molti
non maori. Fu un primo, timido cambiamento nel modo di considerare la popolazione indigena, le sue usanze e la sua lingua. Nel 1972 gli attivisti, guidati da Hana
Te Hemara, che aveva 22 anni, presentarono la petizione al parlamento. Energica
e vistosa, la donna lasciò il segno. “Zia
Hana era famosa perché andava alle manifestazioni con i tacchi alti”, racconta
Panoho. “Diceva sempre: ‘Se sei donna in
un sistema patriarcale coloniale, il tuo
aspetto sarà usato come un’arma contro
di te’. Ma lei ribaltava la situazione e usava la sua bellezza per rafforzare la causa”.
La petizione fu accolta e nel 1987 il maori
fu riconosciuto come una delle lingue ufficiali della Nuova Zelanda.
Il 50° anniversario della presentazione
della petizione è stato festeggiato in grande stile a settembre del 2022. Ad animare
il progetto, chiamato “I am Hana”, sono
state Panoho e sua figlia Monowai. Te Hemara è stata anche celebrata con un grande murales a New Plymouth (Ngāmotu,
in maori).
La donna è stata una grande fonte d’ispirazione per Panoho, che quando era
adolescente decise di voler insegnare la
sua lingua. “Tutti i miei figli parlano maWaitangi, Nuova Zelanda, febbraio 2020
Nuova Zelanda
58 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
ori. Ne vado fiera”, dice. Con Monowai,
41 anni, e con la nipote Arihia Turei, 16
anni, gestisce il Marae, un centro comunitario che è anche una scuola maori, voluto da Hana Te Hemara. Visto che inizialmente le scuole maori non ricevevano
sostegni dal governo, la donna raccolse i
soldi per costruire la struttura. È stato il
primo istituto del paese a usare solo il maori per le lezioni. I figli di Panoho hanno
frequentato quella scuola.
Hana, Amokura e Monowai rappresentano tre generazioni di donne maori,
e tutte hanno un’esperienza unica di cosa
significhi accettare la propria identità.
Monowai indossa un kākahu, un mantello tradizionale che simboleggia whenua
(la terra) e moana (il mare). “La mia lingua e la mia cultura sono il nucleo della
mia esistenza”, dice. Ha imparato a leggere e scrivere in inglese solo a
quattordici anni. “I miei genitori temevano che questo rinvio
mi avrebbe sfavorito. Ma oggi li
ringrazio per questa scelta, che
ha arricchito la mia vita e le mie
possibilità di carriera”.
Monowai è dispiaciuta che sua madre
non abbia avuto la stessa possibilità. “I
miei genitori fanno parte della generazione dimenticata”, spiega. Arihia Turei, la
figlia di Monowai, è invece ancora più immersa nella cultura tradizionale. Il maori
è la sua lingua madre. “Quando ero giovane, a volte avevo paura di mostrare la
mia identità maori. La gente per strada ti
fissava. Mia figlia non ha più paura, né si
vergogna”.
Nuovi termini
Oggi la cultura nativa è popolare e le frasi
in maori compaiono per strada, nelle
pubblicità e sui social network. I turisti se
ne accorgono ancora prima di scendere
dall’aereo: il video sulla sicurezza della
compagnia aerea Air New Zealand racconta una storia maori sul prendersi cura
della Terra. La tradizione maori è esibita
con orgoglio, come mostra il caso della
haka, la danza eseguita dalla squadra nazionale di rugby prima delle partite.
Molte emittenti televisive e radiofoniche trasmettono esclusivamente in maori. Per strada, in parlamento e in tv è normale vedere persone con i tatuaggi tradizionali sul viso. Gli uomini hanno il moko
kanohi, un tatuaggio che copre tutto il
volto. E sono sempre più numerose le
donne con il sacro moko kauae, un tatuaggio su mento e labbra. Anche tra gli altri
neozelandesi comincia a diffondersi l’uso
di alcune parole maori. Se nel 2018 quelli
con una conoscenza di base della lingua
erano appena il 24 per cento della popolazione, nel 2021 erano al 30 per cento. L’inglese è di gran lunga la lingua più parlata,
ma è infarcito di parole maori.
Anche la discussione sul nome del paese è tornata attuale. Nel 1642 l’esploratore Abel Tasman usò quello di
una provincia olandese per ribattezzare quella terra. Per sottolineare l’assurdità di questa
situazione, ad agosto del 2022
l’artista Hohepa ‘Hori’ Thompson è andato nella Zelanda, nei Paesi
Bassi, per restituire simbolicamente il
nome “Nuova Zelanda” alla provincia
olandese.
Nella lingua popolare il paese è spesso
chiamato Aotearoa, che significa “terra
della lunga nuvola bianca”. Oggi questo
nome compare sui documenti governativi, sui mezzi d’informazione e anche sul
passaporto dei cittadini neozelandesi. Il
partito Te Pāti Māori ha presentato una
petizione per cambiare ufficialmente il
nome della Nuova Zelanda, raccogliendo
settantamila firme. Il partito, che ha due
seggi in parlamento, chiede inoltre al governo di sostituire tutti i nomi di città e
altre località con quelli di origine maori
entro il 2026.
Difficilmente queste proposte saranno approvate. I partiti di opposizione sono contrari. Una petizione per mantenere
il nome attuale è stata firmata da più di
settantamila persone. Secondo un sondaggio del 2021, al 58 per cento della popolazione piace il nome attuale, il 31 per
cento propone Aotearoa Nuova Zelanda
e solo il 9 per cento vorrebbe che il paese
si chiamasse Aotearoa.
La diffusione del maori nella vita quotidiana ha causato una sorta di guerra
culturale. Una parte della popolazione
non è d’accordo con il fatto che la Tvnz,
l’emittente pubblica, usi una lingua che
tante persone non conoscono. Le aziende che usano il maori, come il produttore
di cioccolata Whittaker’s, sono molto criticate.
Ostinatamente ottimista
Questa rinnovata attenzione nei confronti della popolazione indigena non significa che i problemi di razzismo ed emarginazione siano stati risolti. Secondo una
ricerca recente, il 93 per cento dei maori
dichiara di avere a che fare con il razzismo ogni giorno.
Monowai Panoho ritiene che i maori
siano ancora svantaggiati sotto molti
punti di vista. Lei vive a Gisborne, la città
in cui il sole sorge prima al mondo. “Qui
la maggior parte degli abitanti è maori.
Le loro prospettive per il futuro non sono
buone, c’è molta povertà e criminalità”.
Rispetto al resto della popolazione, i
maori tendono ad avere una situazione
abitativa difficile, hanno un accesso limitato al mercato del lavoro e finiscono di
più in carcere. Molti ragazzi entrano in
bande criminali, contesti in cui il tatuaggio sul viso è usato come un segno di affiliazione. Questa tradizione sacra per i
nativi ha quindi finito per avere una connotazione negativa. “È triste vedere come i bambini qui non riescano a immaginare un futuro diverso dalla vita in una
gang”, dice Monowai.
Tuttavia, Amokura Panoho rimane
ottimista. “C’è ancora molto da fare, ma
abbiamo già fatto tanta strada. Hana mi
ha insegnato a non arrendermi mai”.
L’influenza della zia si vede anche nell’aspetto. Amokura non si veste mai di nero.
“Sii colorata e piena di vita. Così anche il
tuo messaggio sarà ascoltato con più attenzione”. uvf
FONTE: FINANCIAL TIMES
15-24
50
40
30
20
10
0
25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75+
2016 2021
Neozelandesi che conoscono più di qualche
parola o frase in maori, per fascia d’età e anni; %
Da sapere
Una cultura da scoprire
Una parte della
popolazione non è
d’accordo con il fatto
che la Tvnz,
l’emittente pubblica,
usi una lingua che
molti non conoscono
Portfolio
Hyunmin Ryu racconta il suo rapporto con il nipote di undici anni, tra momenti
spontanei e messe in scena surreali. Creando un originale album di famiglia,
che riflette anche sul mezzo fotografico, scrive Christian Caujolle
E
se la vita fosse un grande
gioco? E se lo fosse anche la
fotografia? Queste sono le
domande che ci facciamo
dopo aver sorriso guardando le foto dell’artista coreano Hyunmin Ryu insieme al nipote Kim
Saehyun. Forse sono le stesse che nel
2020 hanno spinto Ryu a cominciare questo originale progetto composto da più di
150 immagini difficili da definire, per via
Compagni
di gioco
delle loro diverse caratteristiche. È molto
più che un semplice insieme di ritratti.
Mostra una grande libertà e la volontà di
lasciarsi guidare dal caso, ma si fa fatica a
trovare un filo conduttore. L’unico sembra essere il gioco.
Un primo piano commovente su una
cicatrice, il nipote che gioca con il telefono sul letto, delle matite colorate infilate
tra le dita dei piedi: tutte le immagini sono
proposte come se avessero la stessa importanza. Anzi, come se non avessero alcuna importanza. Quasi sempre scattate
con una luce naturale, si passa da frammenti di vita quotidiana a messe in scena
elaborate, accurate, divertenti, in cui si
percepisce la complicità tra l’artista e il
bambino. E a volte, per sottolinearla,
Hyunmin Ryu stesso entra nell’inquadratura insieme al suo modello, in una posa
frontale o semplicemente con la presenza
del suo braccio.
60 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 61
Qui accanto:
Il bambino
con otto
occhi.
A pagina 62:
Pomeriggio
fingendo di
dormire.
Portfolio
Nato nel 1979 a Daegu, in Corea del
Sud, Hyunmin Ryu è entrato nel mondo
della fotografia dalla porta sul retro, facendo pratica nel laboratorio di stampa
dei cugini e in seguito specializzandosi
nella post-produzione. L’artista precisa:
“Non l’ho fatto perché ero interessato alla
fotografia, ma perché era un modo per
guadagnare dei soldi”. Tuttavia, guardando le immagini degli altri ha progressivamente cominciato a interessarsi al
mezzo e alla fine si è iscritto al corso di
fotografia dell’università di Chung-Ang di
Seoul, laureandosi nel 2009 in arti visive.
Poi è partito per Londra, nel Regno Unito,
dove nel 2012 ha fatto un master alla Slade
62 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Nella foto grande: Regalo del matrimonio
di nonna. Sotto, a sinistra: Cicatrice.
Qui accanto: Figlio e madre.
A pagina 65, in alto: Foto di famiglia.
In basso: Sulla strada per tornare a casa
.
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 63
Portfolio
school of fine arts, l’accademia di belle
arti. L’artista, che ricorda di non aver mai
amato la scuola e di essere stato un bam
-
bino che in classe preferiva fare scherzi, è
poi tornato nella sua città e ha cominciato
a lavorare ai suoi progetti artistici.
È in quel periodo che è andato a vivere
con la sorella maggiore e suo figlio di un
anno, nella casa in cui è cresciuto. Ed è lì
che è nata la voglia di fotografare il nipote,
puntando l’obiettivo verso la persona che
sentiva più vicina, ma anche probabil
-
mente per la necessità di conservare i ricordi della propria infanzia. “Ho visto
crescere mio nipote, stando con lui fin
dalla nascita… Dopo undici anni viviamo
ancora insieme, come grandi amici”. Da
qui deriva certamente questa serie d’im
-
magini surreali e provocatorie, di mo
-
menti intimi e scherzi visivi che alimenta
-
no il loro rapporto.
Se le unghie delle mani di Hyunmin
Ryu possono trasformarsi in otto occhi sul
volto del bambino, due petali di ciliegio
possono diventare delle lacrime poetiche.
E ancora, il nipote sdraiato su un enorme
orso di peluche, i momenti in cui fa i com
-
piti indossando un casco futuristico, il
primo giorno di scuola, ma anche le prote
-
zioni in plexiglass che circondavano i ban
-
chi degli alunni durante la pandemia di
covid. I giochi sono fotografati con la
maggiore naturalezza possibile, senza
uno stile particolare, con un’attenzione
tenera che trasforma immediatamente il
banale in qualcosa di serio. Una strana
cronaca della vita quotidiana che, con una
certa umiltà, possiede anche una forma
d’ambizione di carattere universale: “Co
-
mincio il mio lavoro a partire da quello
che conosco meglio della mia vita. M’in
-
teressano le relazioni con le persone che
mi sono vicine e che penso di capire, o
l’assurdità ontologica e i limiti che vivo in
quanto artista”.
Il gioco è visivo: con messe in scena di
immagini nelle immagini. E così si spazia
da una foto incorniciata tenuta in mano da
Kim Saehyun a una scena inverosimile in
cui fa volare un ritratto di famiglia appeso
a un drone. Questi espedienti sono anche
un modo per avvertirci, per dirci che il gio
-
co permette di riflettere sulla fotografia,
su quelle che l’autore chiama le sue “im
-
perfezioni”, i suoi limiti. Il rifiuto di con
-
formarsi a regole estetiche determinate, a
dei generi prestabiliti, è anche un modo
per interrogarsi sulla natura della fotogra
-
fia, e in particolare sul ritratto fotografico.
“Questo progetto è diventato un’opera
su più livelli, che mescola l’esistenza di
Sopra: Trucco di
scena.
Qui accanto: Scambio
di vestiti.
64 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Qui sotto: Camouflage.
Saehyun, il rapporto tra noi, e il mio
sguardo concettuale ed emotivo sul mezzo fotografico”. Accumulando momenti
colti al volo, considerati più “autentici”, e
scene divertenti, esplicitamente costruite, Hyunmin Ryu riesce al tempo stesso a
sedurci e a farci riflettere su quello che è la
fotografia. “Considerata la sua accessibilità, oggi sembra essere lo strumento più
democratico. A differenza della pittura, il
momento in cui lo spettatore si confronta
con la fotografia, la situazione, la scena e
l’oggetto inquadrati non sono una creazione dall’artista, ma sembrano essere
basati sull’esperienza dello spettatore.
Questo è dovuto probabilmente al fatto
che le persone pensano che ciò che vedono sia realmente esistito, nel tempo e nello spazio”.
Al di là del piacere che si prova nello
sfogliare questo album di grande condivisione ludica, si finisce per pensare che il
gioco sia, da un lato, l’autoritratto del fotografo che proietta i suoi ricordi d’infanzia sulla vita del nipote, dall’altro il modo
di creare il ricordo visivo del passaggio dai
primi anni di vita all’adolescenza e forse
all’età adulta.
“Non c’è un progetto estetico definito
dal punto di vista formale”, dice Ryu, “la
cosa importante è che non mi annoio mai
a guardare mio nipote crescere”. ◆adr
Da sapere
◆ Hyunmin Ryu è un artista coreano che lavora con la fotografia e il video. Ha ricevuto numerosi premi internazionali e ha esposto in Corea
del Sud, Giappone e molti paesi europei.
L’artista
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 65
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68 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
◆ 1974 Nasce nel distretto di Akkar, nel nord
del Libano.
◆ 1999 Si laurea in giurisprudenza a Beirut.
◆ febbraio 2021 Gli viene assegnata
l’indagine sulla doppia esplosione al porto di
Beirut, avvenuta il 4 agosto 2020.
◆ gennaio 2023 Dopo tredici mesi di stallo,
riprende in mano l’inchiesta sull’esplosione e
mette sotto accusa otto persone, tra cui il
procuratore generale Ghassan Oweidat. Il
procuratore denuncia Bitar per “usurpazione
di potere” e “ribellione contro la giustizia”.
Biografia
Q
uesta è la storia di un giudice che, nel momento in cui
ha accettato d’indagare
sulla doppia esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 al
porto di Beirut, in Libano,
ha capito che stava per andare incontro a
una tempesta. Quell’incidente, che ha
causato almeno 218 morti, ha scosso il
paese e le sue ramificazioni superano ampiamente i confini nazionali. Nel decrepito palazzo di giustizia della capitale, simbolo del lassismo e del fallimento del governo libanese, Tarek Bitar è rimasto l’unico a dedicarsi all’inchiesta.
“Negli Stati Uniti a un caso simile sarebbero state assegnate quattrocento
persone”, dice una fonte vicina all’inchiesta. Invece il magistrato, che ha 48
Tarek Bitar
Giustizia
sarà fatta
Marie Jo Sader, L’Orient-Le Jour, Libano
Illustrazione di Ale&Ale
anni, non è mai stato solo come oggi. Bitar, da molti considerato come un autentico giustiziere, vorrebbe condurre l’indagine fino alla fine, “per mostrare ai
cittadini libanesi che il sistema giudiziario ha magistrati capaci di affrontare un
caso come questo”, fanno sapere i suoi
collaboratori.
Il bersaglio
Dietro il braccio di ferro che lo vede contrapposto alla classe politica libanese e a
una parte della stessa magistratura si decide la partita per la costruzione di uno
stato di diritto, indispensabile per il funzionamento di una vera democrazia, e
per interrompere l’egemonia delle milizie nella vita pubblica del paese. Ma le
acque in cui naviga il magistrato sono
agitate e rischiano di farlo finire in mare.
Bitar è stato il bersaglio di un’aggressiva campagna di diffamazione condotta
da numerosi politici, in particolare da
quelli di Amal e Hezbollah, dopo aver avviato azioni penali contro ex ministri, deputati e funzionari degli apparati di sicurezza libanesi appartenenti proprio ai
due partiti sciiti. Erano accusati di essere
coinvolti nello stoccaggio del nitrato di
ammonio che ha causato l’esplosione in
un deposito del porto di Beirut. La campagna ha scatenato violente polemiche;
ha portato anche alla diffusione di notizie
false sui mezzi d’informazione e sui social network che hanno danneggiato la
reputazione del magistrato, rinfacciandogli di aver politicizzato le indagini. Ci
sono stati vari tentativi di togliergli l’inchiesta.
Anche se Bitar è famoso per la sua indipendenza e per la sua determinazione
“alla Giovanni Falcone” contro i criminali, la sua sorte è riuscita a spaccare le piazze libanesi. Il 14 ottobre 2021 a Beirut una
manifestazione contro il magistrato è
degenerata in scontri armati nel quartiere di Tayouneh, che hanno causato sette
Ritratti
È il magistrato che guida le indagini sull’esplosione
dell’agosto 2020 al porto di Beirut. È considerato
incorruttibile e non ha rapporti con i politici. Per
questo molti cercano di fermarlo
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 69
morti e decine di feriti. Bitar guida l’indagine dal febbraio 2021, ma il suo nome
era già stato proposto subito dopo il
dramma del 4 agosto, quando le autorità
del paese avevano deciso di sottoporre il
caso alla corte di giustizia, un tribunale
straordinario che si occupa dei crimini di
stato. Lui figurava al secondo posto tra i
giudici istruttori proposti al consiglio superiore della magistratura dall’allora ministra della giustizia Marie-Claude
Najm. “Per sopportare questo pesante
carico c’è bisogno di un magistrato competente, ma che sia al tempo stesso giovane e dinamico. E senza dubbio Bitar
soddisfa tutte le condizioni di base: è indipendente e onesto”, aveva dichiarato
Najm.
All’epoca, però, il magistrato aveva
esitato. “Bitar non è nato ieri. Vedeva dei
grossi nodi legali che rischiavano di bloccare il suo lavoro ed era consapevole che
bisognava prima creare un quadro normativo che mettesse tutti su un piano di
uguaglianza di fronte alla legge”, raccontano i collaboratori del giudice. Secondo
loro, il magistrato aveva chiarito che prima di far partire l’indagine bisognava
abolire l’immunità per i funzionari pubblici e creare una commissione speciale.
Ma le autorità si sono opposte a tutte le
sue richieste, e questo l’ha frenato.
L’istruttoria alla fine è stata affidata al
suo collega Fadi Sawan, che ha subìto
presto l’accanimento politico di chi voleva seppellire l’inchiesta. Dopo sei mesi,
Sawan è stato sfiduciato dalla corte di
cassazione in seguito a un ricorso per “legittimo sospetto” depositato da Ali Hassan Khalil e Ghazi Zeaiter, due deputati
ed ex ministri del partito Amal, che sarebbero poi finiti nel mirino di Bitar insie-
Ritratti
me ad altri alti funzionari libanesi.
Dopo l’allontanamento di Sawan doveva essere scelto un nuovo magistrato
ma, vista la piega presa dal caso, i candidati rimasti erano pochi ed erano ancora
meno i nomi che mettevano d’accordo il
consiglio superiore della magistratura e
la ministra della giustizia. Così il nome di
Bitar è tornato in primo piano. “Per certi
versi lui è un figlioccio del consiglio superiore della magistratura, perché è molto
rispettato e apprezzato dall’istituzione”,
spiega una fonte. “Il fatto che il fascicolo
fosse andato nelle mani di un altro per poi
tornare a lui era un segno del destino.
Questa volta non poteva più rifiutare. È
diventata la sua missione”.
“È chiaro che sapeva in cosa si stava
imbarcando. Non sarebbe stata una passeggiata nel bosco, ma una tempesta e un
mare burrascoso”, testimonia un avvocato che ha avuto più volte a che fare con il
giudice. “È un tipo molto determinato.
Quando crede nella sua missione niente
può fermarlo. E se per impedirgli di fare il
suo lavoro si usano tattiche scorrette, la
sua determinazione è ancora più forte”.
Questa tenacia non piace alla classe
politica libanese, poco abituata a difendersi dalle inchieste, che infatti continua
a tendergli delle trappole. Da quando è
subentrato al suo predecessore, Bitar non
conosce la tranquillità. È stato rimosso
temporaneamente dal caso varie volte
dopo ricorsi presentati dai funzionari incriminati, e le sue richieste di autorizzazione per rinviare a giudizio i dirigenti
della sicurezza, indirizzate al ministro
competente, sono state in gran parte respinte (il 23 gennaio Bitar, dopo tredici
mesi di stallo, è riuscito a far riaprire le
indagini mettendo sotto accusa otto persone, tra cui il procuratore generale
Ghassan Oweidat. In risposta Oweidat
l’ha a sua volta incriminato per “usurpazione di potere” e “ribellione contro la
giustizia” e ha ottenuto il rilascio delle
diciassette persone già in carcere per l’inchiesta).
Contro i favoritismi
Secondo i dirigenti di Hezbollah e di
Amal, l’indagine di Bitar è “politicizzata”
e rivolta solo contro i partiti sciiti libanesi,
seguendo un’agenda dettata dagli Stati
Uniti. Le accuse tuttavia sono totalmente
in contrasto con la reputazione di un uomo che odia i favoritismi e la collusione tra
i giudici e il mondo politico libanese.
Originario del distretto di Akkar, nel
nord del paese, Tarek Bitar è il settimo di
otto figli. Non ha mai mostrato un grande
interesse per la politica. “Ha scelto di servire il suo paese impegnandosi nella giustizia. Il Libano è la sua unica ideologia”,
sostengono i suoi collaboratori.
Laureato in giurisprudenza nella capitale presso l’Université libanaise, ha cominciato la sua carriera nel governatorato del Libano settentrionale, ricoprendo
incarichi di prestigio nonostante la giovane età. All’inizio ha fatto il giudice a Tripoli, poi nel 2010 è stato nominato procuratore d’appello per il governatorato. Nel
2017, a 41 anni, è diventato il capo della
sessione penale del tribunale di Beirut e
ha cominciato a occuparsi di casi di terrorismo, omicidio, stupro, crimini finanziari e traffico di droga, alcuni dei quali hanno avuto una vasta eco su giornali e tv. Per
esempio ha condannato a morte Tarek
Yatim, che aveva accoltellato un uomo in
pieno giorno per strada, sotto gli occhi
della moglie, dopo un litigio nel quartiere
di Gemmayzeh. Uno dei fascicoli più recenti su cui ha lavorato è stato il caso di
Ella Tannous, che ha sollevato grande
clamore in Libano: nel 2020 il giudice ha
condannato due ospedali privati e due
medici a risarcire la famiglia di una bambina che per un errore dei sanitari ha dovuto subire l’amputazione di braccia e
gambe. Con il suo verdetto Bitar si è inimicato la categoria dei medici, che ha
proclamato uno sciopero.
Il magistrato ha già subìto anche diverse minacce. Nel luglio 2020 una persona
ha tentato di piazzare delle bombe all’interno del suo ufficio prima di essere fermata dalle forze di sicurezza. “L’uomo
arrestato era un disgraziato, ma non abbiamo mai saputo se fosse agli ordini di
qualcuno. All’epoca il giudice stava avviando un giro di vite contro i trafficanti di
droga”, riferisce una persona a lui vicina.
Bitar, sposato e padre di due figli, lavora senza sosta. La sera rientra a casa molto tardi e non prende mai ferie. “Aveva
bisogno di soldi, eppure non ha mai accettato le cattedre all’università che gli sono
state offerte. Per lui quello era tempo in
meno da dedicare alla giustizia, era fuori
discussione”, racconta una sua amica.
Fieramente indipendente, Bitar è
molto temuto dai politici. “I funzionari
pubblici non gli telefonano mai. Non
hanno il coraggio di farlo. E lui rifiuta tutti gli inviti. Odia la mondanità. La sua cerchia di amici è ristretta”, dice una persona che lo conosce bene. Il giudice ha eretto un muro invalicabile per proteggere il
suo lavoro dalle interferenze politiche,
spiega.
Acque agitate
Da quando ha assunto la guida del caso
della doppia esplosione al porto di Beirut,
il lavoro di Bitar non ha fatto che crescere.
Vede i figli ancora meno di prima, mentre
le pressioni da ogni parte aumentano.
Tuttavia è riuscito a mantenere un
volto umano e una sensibilità che ha colpito sia le famiglie delle vittime dell’esplosione sia i parenti degli imputati, che
ha spesso ricevuto nel suo ufficio, contrariamente al suo predecessore. Mounia
Fawaz, moglie di Charbel Fawaz, una delle persone incarcerate nei primi mesi
dell’inchiesta e poi liberate, lo considera
una persona di gran cuore. “All’inizio non
avevamo informazioni su Charbel. Ma
quando è stato nominato Bitar è cambiato tutto. Abbiamo cominciato a vedere un
po’ di luce”, afferma Fawaz. “Che Dio lo
protegga. Occuparsi di un caso simile in
questo paese dev’essere terrificante”.
Il magistrato e la sua famiglia, che vivono nella zona nord di Beirut, sono sotto
la protezione dell’esercito. La scorta che
lo accompagna spaventa un po’ i suoi figli. Lui, invece, non sembra affatto intimidito. “Spera di poter condurre l’inchiesta fino in fondo. Ma se le pressioni esterne avranno la meglio, almeno lui ha la
coscienza tranquilla, perché il suo successore avrà tra le mani un fascicolo confezionato molto bene, e soprattutto quasi
concluso”, dice una persona vicina al magistrato. Che aggiunge: “Dopotutto, non
è il destino della persona che conta, ma il
successo dell’inchiesta”. ◆fdl
70 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
La tenacia di Bitar
non piace alla classe
politica libanese,
che è poco abituata
a difendersi dalle
inchieste e continua
a tendergli trappole
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alle nove lui e i suoi colleghi si ritrovano
nella sede accanto all’ufficio turistico per
rispondere, a spese del comune, alle domande di chi pratica gli sport invernali.
Con l’aiuto di mappe e fotografie spiegano dove si può ancora trovare della neve
fresca affidabile e dove invece il rischio è
alto. “Sono informazioni che cambiano
costantemente”, spiega Monti.
Ogni giorno almeno una decina di
persone viene a chiedere informazioni.
“Prima di approfondire dobbiamo capire
quanto ne sanno sull’argomento. Non
possiamo chiedere solo se hanno esperienza”. Anche il bollettino valanghe che
Monti e la sua squadra pubblicano ogni
sera è piuttosto fuori dal comune: di solito si danno informazioni generiche che
coprono un’intera regione alpina, mentre
loro si dedicano esclusivamente alla zona
di Livigno. “Siamo in grado di dire esattamente quali sono le zone pericolose in
quel momento”, spiega Monti.
Se non si ha esperienza, interpretare
male il bollettino è facile: quando leggono livello tre, racconta Monti, alcuni credono che il rischio sia medio, una situazione relativamente sicura. “Ma è sufficiente una valanga di livello 1 per trascinare uno sciatore verso valle. Una di livello 2 può seppellirlo completamente e una
di livello 5 può distruggere un intero villaggio”.
Nell’ufficio un plastico raffigura le
montagne di Livigno. C’è anche il logo
S
e ci fosse un concorso per il
tragitto da casa al lavoro più
bello del mondo, quello che
fa Fabiano Monti avrebbe
buone probabilità di vincere.
Ogni mattina esce dalla sua
casa di legno in cima alla montagna, infila gli sci e scende sulle piste circondate da
boschi di larici fino a Livigno, un comune
in Lombardia a 1.800 metri d’altitudine.
Davanti a un edificio in pietra, legno e
vetro, Monti si toglie gli sci e li porta in
ufficio, dove li lascia in un angolo che ne
ospita già una ventina. Sono dei suoi colleghi: matematici, programmatori informatici e guide alpine. Tutti pazzi per lo
sci, come lui, soprannominato l’uomo
che sussurrava alla neve. Nel 2013 ha concluso un dottorato all’istituto per lo studio della neve e delle valanghe a Davos,
in Svizzera, e ha cominciato a pubblicare
bollettini sulle valanghe a Livigno, dando
vita al Freeride project, uno dei più completi servizi d’informazione sulle valanghe nelle Alpi.
Da ragazzo faceva gare di snowboard.
All’epoca a Livigno era vietato andare
fuori pista, mentre ora, nonostante l’alto
rischio di valanghe, il comune fa di tutto
per attirare chi va sulla neve fresca. “Di
solito qui nelle alpi centrali non nevica
molto”, spiega Monti, “ma il rischio valanghe è maggiore perché il manto nevoso si compatta poco ed è più facile che si
smuova. Lo dimostrano anche gli incidenti della stagione in corso”.
Negli ultimi dieci anni in questa zona
le valanghe hanno ucciso quattro persone. “Il numero delle vittime non scenderà mai a zero, ma spero di riuscire almeno
a impedire gli incidenti evitabili”, spiega
Monti. Ed è per questo che ogni mattina
Avvisi
agli sciatori
Florian Sanktjohanser, Süddeutsche Zeitung, Germania
A Livigno, in Lombardia,
c’è un ufficio valanghe: guide
alpine, programmatori
e matematici informano
i turisti e preparano bollettini
del programma italiano di ricerca in Antartide per il quale Monti ha lavorato. Sul
computer apre e chiude mappe colorate,
grafici a barre e diagrammi cartesiani.
Servono a rappresentare la struttura
del manto nevoso in inverno, i cambiamenti che avvengono di ora in ora e le
variabili come l’esposizione al sole, la forza del vento e la temperatura. Monti usa i
dati di quindici stazioni meteorologiche,
ma riceve anche le foto dalle guide alpine, che nelle riunioni del mattino raccontano le condizioni trovate in montagna.
Con tutti questi dati, l’Alpsolut, l’azienda di Monti, elabora simulazioni anche per varie regioni italiane e località
sciistiche in Tirolo, Andorra e Catalogna.
In programma c’è anche una versione
semplificata per i turisti, da scaricare sul
telefono. “Ma la cosa più importante è
l’interpretazione, che non è facile. E per
quanto le simulazioni possano aiutare,
andare sul campo è diverso”, spiega
Monti. E quindi di buon mattino, lasciandoci alle spalle i tanti negozi di gioielli,
vestiti e profumi di questa specie di dutyfree di montagna, ci incamminiamo verso la cabinovia Carosello 3000. Nella
stazione a valle, il livello di allarme valanghe è annunciato su un avviso luminoso.
Un cappuccino al volo e si parte, con vista
sulle montagne un tempo attraversate
dai contrabbandieri che portavano in
Svizzera sigarette, liquori e caffè.
Cristalli grandi e piccoli
I cartelli della stazione a monte danno
indicazioni sulle condizioni del terreno
fuori pista. C’è anche una stazione per
provare gli apparecchi usati per le ricerche in caso di valanga. Oppure punti informativi dove cominciano i percorsi per
le escursioni con sci e ciaspole. “Sono interessanti anche per chi è esperto”, dice
Monti. Anche la risalita si fa fuori pista,
ma se si vuole si può tornare in breve tempo su una di quelle battute.
Dopo qualche curva Monti fa un salto
e scende sul terreno scosceso e ghiacciato, poi si ferma su una pendenza di 35 gradi, sgancia gli sci e comincia a scavare
con una pala.
Una volta in Antartide ha scavato da
solo un fosso lungo venti metri e profondo due, racconta. In confronto quello che
sta scavando ora per fare il profilo stratigrafico di questa neve è niente. Solo un
metro di profondità. Con l’indice gratta
dall’alto in basso la parete di neve liscissima. “La neve ha gli strati, proprio come il
tiramisù”, dice. Poi mi spiega che quelli
72 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
morbidi s’individuano premendo leggermente il pugno sulla neve e vedendo se
affonda.
Il problema è la vicinanza di strati
morbidi e duri, o di cristalli grandi e piccoli. “Più i grani sono piccoli meglio è”,
spiega Monti. Sui grani e i cristalli più
grandi un lastrone di neve compressa dal
vento scivola come su dei cuscinetti a sfera. “Il profilo stratigrafico dice qualcosa,
ma non tutto. Non ci si deve fare affidamento”, osserva Monti,“bisogna raccogliere più informazioni possibili, come se
fossero le tessere di un puzzle. Prima di
tutto ci si guarda intorno cercando qualcosa che possa segnalare il rischio di valanghe, stando attenti a crepe e rumori”.
Più il suo racconto va avanti e più siamo
intimoriti, anche perché diverse volte è
stato travolto da una valanga. “Ma non
mi ha mai seppellito completamente”.
Consultare le applicazioni
Alla stazione a valle dello skilift ci si può
esercitare su cosa fare in caso di emergenza: sotto la neve sono stati messi cinque localizzatori che la guida alpina Emanuele Tizzoni attiva dalla sua valigetta.
Ci spiega ancora una volta il funzionamento degli apparecchi di ricerca in caso
di valanga e come ci si comporta durante
le ricerche e il recupero delle persone.
Viene spesso qui con i suoi clienti, che abbiano prenotato un’escursione per principianti oppure in elisci. L’ elicottero è stato
comprato nel 2014 per recuperare le vittime delle valanghe. Sono gli elisciatori a
finanziare quest’attività in cambio
dell’accesso esclusivo a un’area fuori pista di cento chilometri quadrati.
Oggi gli sciatori sono molto più informati sulle valanghe di quanto non lo
fossero dieci anni fa, dice Monti. E sono
utili anche le app, Skitourenguru o White
Risk per esempio. “Ma c’è anche chi esce
in condizioni meteo pessime. Li chiamiamo highlander, perché si sentono immortali”. u sk
PETER MARLOW (MAGNUM/CONTRASTO)
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 73
Livigno, Lombardia, 2004
Graphic journalism
74 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Cartoline da Palermo
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 75
Paolo Parisi vive e lavora a Roma come grafico e illustratore. Tra i suoi libri Blues for Lady Day e Coltrane (Coconino 2017).
Il suo sito è paoloparisi.org
Cultura
A
ll’inizio di dicembre del
2022 una lampadina brillava sopra la testa calva di
Umar Abubakar Sidi. I suoi
occhiali riflettevano la luce
blu dello schermo del computer mentre
sedeva di fronte a una libreria. Stava per
leggere un estratto dal suo libro di poesie,
nel secondo dei tre giorni di un festival
letterario, a un pubblico che si trovava in
gran parte nella città di Enugu, nella Nigeria sudoccidentale, a quasi seicento
chilometri da Lagos, dove Sidi vive.
“Non c’è gioia più grande che essere
in comunione con altri creativi”, ha detto
con un sorriso candido, prima di cominciare. Più di cento scrittori, artisti e lettori si sono riuniti all’Alliance française di
Enugu e su Zoom per ascoltare Sidi e gli
altri autori invitati a presentazioni, tavole
rotonde e conversazioni letterarie in occasione del Crater literary festival. Il festival è nato nel 2017, quando la sua fondatrice Adachukwu Onwudiwe, 34 anni,
non è riuscita a partecipare a quello di
arti e letteratura Aké di Abeokuta, una
città a due ore d’auto da Lagos, perché
non poteva lasciare neanche per poche
ore il suo lavoro di bibliotecaria in un’organizzazione non profit. A Enugu non
c’era niente di simile, perciò lei ha deciso
di colmare la lacuna fondandone uno.
Per anni Enugu è stata un importante
centro letterario, da dove sono emersi alcuni dei migliori scrittori africani, come
Chinua Achebe, Christopher Okigbo,
Chimamanda Ngozi Adichie e Chika
Unigwe. Ma nell’ultimo decennio, nella
regione, i festival di questo genere erano
praticamente scomparsi.
“Governo e privati non hanno fatto
alcuno sforzo per sostenere il patrimonio
letterario”, ha detto Onwudiwe. “Il motivo per cui abbiamo voluto lanciare il festival è promuovere la letteratura e la creatività. Ci sono persone nel paese che si
muovono in questo senso, ma poiché i
loro nomi non figurano sulle grandi riviste, nessuno sa cosa stanno facendo”.
Capacità di attenzione
Negli ultimi anni i ricercatori hanno riscontrato un calo della cultura della lettura in Nigeria. Il fenomeno coincide con la
diminuzione della capacità d’attenzione
delle persone in tutto il mondo, legato in
parte a social network come Instagram e
TikTok. Onwudiwe nota che l’età dei partecipanti alle cinque edizioni del festival
va dai 20 ai 45 anni. Sono proprio loro che
hanno fatto pubblicità agli eventi a cui
hanno partecipato, proprio attraverso social network. “Una delle cose di cui abbiamo discusso è la scarsa capacità di
concentrarsi, e di come rafforzare l’attenzione del pubblico. Con le giuste politiche educative e culturali, possiamo farcela”, ha detto.
In tutta la Nigeria stanno nascendo
festival simili per rivitalizzare le comuniIn Nigeria stanno nascendo
nuovi festival letterari
che ispirano una comunità
di appassionati di libri
In comunione
con gli autori
Pelumi Salako, Al Jazeera, Qatar
Nigeria
STEPHAN HEUNIS (AFP/GETTY)
76 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
La libreria indipendente The Jazzhole di Lagos
tà di scrittori e facilitare lo scambio intellettuale, sulla falsariga di manifestazioni
più consolidate come il Lagos book & art
festival (Labaf ) e il festival Aké, nati rispettivamente nel 1999 e nel 2013.
Molti di questi appuntamenti sono
programmati poco prima delle festività
di fine anno, ribattezzate detty December
(“dicembre in debito”, cioè il mese in cui
ci si diverte e ci si rilassa dopo aver lavorato sodo il resto dell’anno). Tra i festival
dedicati alle arti e alla letteratura nelle
diverse zone del paese, ci sono anche
quello di Sokoto, quello di Benin City e
quello dello stato di Kwara (Kwabafest).
Il festival Aké, secondo gli organizzatori il più grande evento letterario nel
continente, è stato un’inestimabile fonte
d’ispirazione. La decima edizione si è tenuta a novembre a Lagos. “Sono felice di
essere riuscita a dare a più persone la fiducia necessaria per fondare nuovi festival”, dice Lola Shoneyin, scrittrice e direttrice di Aké.
Secondo Shoneyin non ci sono abbastanza manifestazioni del genere in Nigeria, ed è una gioia vedere altre iniziative: “Ho incontrato la giovane fondatrice
del festival di Benin City, che quest’anno
è venuta ad Aké. Ho passato del tempo
con lei e le ho dato qualche consiglio su
come andare avanti”.
Poco prima che Sidi leggesse le sue
poesie al pubblico del Crater literary festival, un drammaturgo e tre studiosi provenienti da Ghana, Sierra Leone e Nigeria hanno partecipato a un dibattito in ricordo del secondo congresso degli scrittori e artisti neri, che si svolse a Roma nel
1959. Il festival Labaf, che ospita eventi al
Freedom park, un ex carcere d’epoca coloniale di Lagos, ha organizzato un confronto tra il pubblico e il noto regista Tunde Kelani, e proiettato il suo film politico
Saworoide.
Il confronto è un privilegio
Quest’anno al festival Aké c’erano ospiti
illustri, tra cui lo scrittore tanzaniano Abdulrazak Gurnah e il nigeriano Wole
Soyinka, entrambi premi Nobel per la letteratura, e due dei quattro neri a vincerlo.
C’erano le scrittrici Nnedi Okorafor e
Jennifer Makumbi, il rapper M.I. Abaga,
il cantante Brymo, e le star di Nollywood
Shaffy Bello e Deyemi Okanlawon. Era
presente anche Leye Adenle, autore del
romanzo Easy motion tourist, che vive a
Londra ma dice di sentirsi a casa solo nei
festival in Nigeria: “Potersi confrontare
con i lettori africani è un privilegio”.
Secondo Eseoghene Okereka, scrittrice trentenne che ha partecipato all’ultimo Crater festival, l’evento è stato un’occasione di conoscenza e di scambio. “È
confortante sapere che ci sono persone
con le tue stesse ambizioni”, dice. È d’accordo Wale Ayinla, poeta di 24 anni di
Abeokuta: andare ai festival gli ha permesso di frequentare una comunità di
scrittori più grandi, grazie ai cui consigli
ha trovato la sua voce ed è riuscito a
orientarsi nel mondo dell’editoria.
Ma gli ostacoli non mancano per gli
organizzatori dei festival. Le manifestazioni più grandi attirano i finanziamenti
delle aziende e possono far arrivare ospiti da tutto il mondo, ma Onwudiwe deve
procurarsi i fondi da sola. Finora ha potuto contare sulla buona volontà di alcuni
donatori e sull’impegno di una piccola
schiera di volontari. Nel 2022 ha lavorato
con un budget ridotto di 390mila naira
nigeriani (793 euro). “Non abbiamo trovato neanche uno sponsor”, dice. “Non
avere soldi significa che dobbiamo rimanere piccoli”. Inoltre, anche nel sudest
del paese si è diffusa l’instabilità legata
alla presenza di “non meglio identificati
uomini armati”, un termine usato genericamente per indicare separatisti e gruppi
militari. Onwudiwe ha dovuto quindi organizzare un festival in presenza e online
per ridurre i costi. Anche se le costa fatica
e tempo, è comunque felice di fornire
uno spazio d’espressione e di fare da tramite tra scrittori e lettori. “Ci sono persone che mi scrivono per dire che hanno
visto il programma del festival online e
vogliono incontrare un ospite. Allora cerco di metterli in contatto. Per me questo è
fondamentale”. uff
SOKOTO BOOKS AND ARTS FESTIVAL
SOBAFEST
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 77
Il Sokoto book and arts festival del 2021 Il Sokoto book and arts festival del 2021
I
l Luchino di Giovanni Testori, recuperato da
Giovanni Agosti e da lui curato, è un insolito
libro molto milanese, dietro il quale s’indovina l’interesse dell’editore Carlo Feltrinelli
per un intreccio di vicende artistiche e personali dalle quali anche lui proviene. È, in definitiva, una variegata e bella storia di amicizie che il
curatore ha in parte condiviso, facendosi carico anche per questo di una ricostruzione tanto rigorosa
quanto partecipe, e perfino affettuosa. L’amicizia tra
“il Gianni” Testori e “il conte” Visconti – due figure
centrali della vita milanese del novecento e della storia dello spettacolo, e non solo – ha prodotto opere di grande rilievo nel cinema
(Rocco e i suoi fratelli, che vide coinvolti
anche Vasco Pratolini e, più nell’ombra,
Carlo Levi, come ispiratore) e nel teatro
(L’Arialda, censuratissimi il testo e la regia, uno scandalo nel 1960, e La monaca di Monza), ha toccato quasi tutte le
vicende centrali della cultura e della
società dagli anni trenta agli anni ottanta del novecento.
Grande metteur en scène Visconti,
autore trasversale ma più che autore regista di film, commedie, opere liriche. E grande narratore e teatrante Testori, tutto dentro un presente
“basso” e una storia popolare reinventata con l’aiuto
di Ruzante. Ma con Ossessione Visconti era pur stato
alle origini del neorealismo – molto diverso da quello
di Rossellini nel modo di girare e, in parte, d’intendere le vicende umane dentro la storia – e al neorealismo
aveva dato un capolavoro come Bellissima, curandosi
poco della poetica zavattiniana. Del suo lavoro Testori aveva apprezzato e compreso come pochi la dimensione lirica e corale. Una storia generazionale e molto
meneghina, un’amicizia anche di classe (Testori di
stirpe non nobile ma ben borghese, e nella scia dei
Verri e dei Manzoni), un confronto con tante basi comuni. Ma con delle differenze di visione, e un latente
conflitto che a un certo punto dovette esplodere, se
Testori decise di non pubblicare il ritratto che qui scopriamo grazie ad Agosti. Non fu insomma un rapporto sempre facile, tra questi due grandi. Un’amicizia di
cui questo libro documenta gli incontri e scontri sulle
tante strade verso cui i due si aprivano, i confronti
quasi obbligati e non sempre pacifici proposti da un’epoca eccezionale della storia e della cultura italiane.
Sono gli anni di Gadda e Pasolini, di Antonioni e
Moravia, di Contini e Longhi, di Bene e Schifano, di
Berio e Nono, di Arbasino e Pagliarani, di Callas e Mina, di Manganelli e Sanguineti, di Panzieri e Fortini,
di Cederna e Bocca… E di Togliatti. Sono state tante le
figure che Testori e Visconti hanno finito per sfiorare
o con le quali si sono incontrati e a volte scontrati, approvando o disapprovando ed essendone a loro volta
approvati o disapprovati.
Testori nascose il suo testo quando tra lui e Visconti ci fu una rottura decisiva, dovuta in parte alle
promesse non mantenute del regista
nei confronti del giovane attore che di
Testori era il compagno. Agosti lo ha
recuperato. E si tratta di una difesa
dell’opera del regista anche nelle sue
apparenti contraddizioni. “Nei suoi
film, come in tutte le opere dell’arte vera e propria, non tanto s’avverte il disegno di una dimostrazione; quanto l’urto
d’una realtà impastata (e impestata) di
tutte le sue contraddizioni, di tutte le
sue ombre, le sue luci, le sue vergogne e
i suoi furori”. Il simpatetico e acutissimo saggio di Testori è lungo una novantina di pagine
del libro, mentre le note di Agosti ne prendono centocinquanta, seguite infine da un secondo saggio, sempre di Agosti, di altre ottanta pagine.
La quantità e qualità delle informazioni e degli
aneddoti, dei riferimenti e dei rimandi, delle riflessioni e dei giudizi sono appassionanti: restituiscono il
quadro di un’epoca di eccezionali aperture storiche e
sociali, culturali e artistiche, una “scienza” con la
quale nessun letterato e accademico di oggi mi sembra in grado di poter competere.
È uno dei rari casi di saggi che aprono la mente e
anche i ricordi di spettatore e lettore di chi quegli anni
li ha vissuti. E lo spingono a ripensare e a ri-ragionare
su autori, opere e contraddizioni su cui una società si
è formata. E non solo. Allo stesso tempo invogliano i
più giovani a paragoni avvincenti e talvolta utili. Insomma, le “note” e il saggio di Giovanni Agosti sono
uno dei risultati migliori di una critica finalmente
all’altezza dei personaggi e delle opere, e delle scelte
dell’epoca che si affronta: un grande regalo per i lettori più esigenti. u
Un’amicizia
milanese
Goffredo Fofi
GOFFREDO FOFI
è un giornalista e
critico teatrale,
cinematografico e
letterario. È stato
animatore di riviste
storiche come
Quaderni
piacentini, Ombre
rosse, Linea
d’ombra, La Terra
vista dalla Luna,
Lo straniero, e
direttore della
rivista Gli asini.
IL LIBRO
Luchino
Di Giovanni Testori,
a cura di
Giovanni Agosti,
Feltrinelli 2022,
412 pagine, 25 euro
78 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Cultura
Libri
Il simpatetico e
acutissimo saggio
che Testori nascose
dopo la rottura
con Visconti,
è una difesa
dell’opera del
regista, anche nelle
sue apparenti
contraddizioni
In edicola
3 euro
È arrivato il nuovo
Internazionale Kids!
In questo numero: la natura ha idee
geniali, come annoiarsi meglio, perché
i piedi puzzano, il mistero degli alieni,
che belli i bagni di Tokyo, adolescenti
in Ucraina, miele finto e molto altro
Ogni mese articoli, giochi e fumetti
dai giornali di tutto il mondo
per bambine e bambini
80 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
TelevisioneGiorgio Cappozzo
Buon compleanno
Massimo
RaiTre, venerdì 17 febbraio,
ore 21.25/RaiPlay
Il 19 febbraio Massimo Troisi
avrebbe compiuto settant’anni. Testimonianze inedite e
coinvolgenti di familiari, amici
e collaboratori ripercorrono i
momenti più importanti della
sua vita e della sua carriera.
Freak e i suoi fratelli
Rai 5, martedì 14 febbraio,
ore 22.50
Omaggio al leader degli Skiantos, artista, scrittore, comico e
ideologo dada-punk Roberto
Freak Antoni, con materiali
inediti tratti dalle registrazioni
con il gruppo e da un programma tv mai completato, per la
sua improvvisa scomparsa.
Il crollo
Zalab View
Dal giorno della catastrofe del
ponte Morandi a Genova, per
oltre un anno e mezzo Massimo Cannarella ha documentato la ferita causata da una tragedia collettiva, e i segni lasciati nella vita degli sfollati.
Inside the Uffizi
Sky Arte, domenica 12 febbraio,
ore 21.15
Malgrado i milioni di visitatori
ogni anno, anche il museo fiorentino deve ripensarsi continuamente. Questo affascinante documentario segue il lavoro dietro le quinte del direttore
Eike Schmidt e del suo staff.
Lo stato contro Mandela
e gli altri
Nexo+
Nel 1964 Nelson Mandela fu
condannato all’ergastolo insieme ad altre otto persone. Un
evento che finì per rafforzare il
movimento contro l’apartheid
e il regime sudafricano.
Nel 2020 Donald Trump aveva
provato a bloccare TikTok,
accusando il governo cinese di
usare l’app per spiare i cittadini
statunitensi. Non c’era
riuscito. Ora anche un gruppo
di democratici sta chiedendo
alla Apple e a Google di
togliere TikTok dai loro
sistemi: “Nessuna azienda
soggetta al Partito comunista
cinese dovrebbe poter
accumulare dati così estesi
sugli statunitensi o curare
contenuti per quasi un terzo di
loro”, ha scritto in una lettera
aperta il senatore democratico
Michael Bennet. Secondo
Time, TikTok è in trattative
riservate con il Comitato per
gli investimenti esteri negli
Stati Uniti ormai da due anni
per rassicurare
l’amministrazione Biden sulla
sua posizione.
Gaia Berruto
Documentari In rete
Apple Tv+, 6 episodi
Eva Green e Vincent Cassel
saranno i protagonisti della
prima serie francese prodotta
per la piattaforma di streaming della Apple, attesa al debutto il 24 febbraio. Diretta da
Stephen Hopkins, è descritta
come un thriller contemporaneo che esplora il potenziale
distruttivo degli errori compiuti nel passato. Ideato e scritto
da Virginie Brac, una firma
collaudata della tv francese,
Liaison combina azione, intrighi politici e spionaggio con
una storia d’amore appassionata. Nel cast figurano anche
Peter Mullan, Gérard Lanvin,
Daniel Francis, Irène Jacob,
Laëtitia Eïdo ed Eriq Ebouaney. Variety
Serie tv
Liaison
Gli Stati Uniti
contro TikTok
Tra le diverse forme di protesta in carcere, oltre allo sciopero della fame, su cui si è tornati
a scrivere per la vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito, c’è il
digiuno televisivo. A chi sta da
questa parte delle mura e considera il telecomando un’appendice del demonio, può apparire una stravaganza, ma in
cella la tv è importante come il
pane. Facile intuirne le ragioni:
distrae, insegna la lingua, racconta il mondo, smorza il senso di distacco, informa ed è un
sedativo spesso più efficace
degli psicofarmaci. Per questo
protestare spegnendo gli
schermi è una scelta tutt’altro
che scontata. Normalmente le
tv possono trasmettere solo le
reti nazionali. I canali locali
sono banditi in quanto in passato avrebbero veicolato messaggi in codice, e sono oscurate anche le piattaforme a pagamento. Un boss recluso a San
Vittore, a Milano, pur di vedere le partite di calcio si è offerto di pagare l’abbonamento a
tutto l’istituto. Richiesta respinta. Pochi anni fa il magistrato ordinò di ridurre gli orari
in cui vedere la tv dalle 7 alle
24, perché di notte disturberebbe il sonno degli altri detenuti. Qualcuno fece notare che
il volume si poteva anche regolare, e che privare i reclusi della compagnia notturna della
tv, quando l’insonnia è più nera, era una misura oltremodo
punitiva. Alla fine il provvedimento fu ritirato grazie soprattutto alle proteste, vale la pena
di ricordarlo in questa settimana di festival, dei detenuti del
carcere di Sanremo. u
Prima di mezzanotte
Cultura
Schermi
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 81
Gli spiriti dell’isola
Martin McDonagh,
in sala
Cunk on Earth
5 episodi,
Netflix
Decision to leave
Park Chan-wook,
in sala
Tár
Di Todd Field. Con Cate
Blanchett, Noémie Merlant,
Nina Hoss, Mark Strong. Stati
Uniti 2022, 158’. In sala
●●●●●
Il ruolo di Lydia Tár, famosa
direttrice d’orchestra che corre
verso la sua rovina, è stato
scritto da Todd Field pensando a Cate Blanchett. E l’interpretazione dell’attrice sembra
una summa dei suoi ruoli passati: donne che sembrano avere il controllo delle cose ma
che forse dentro di loro non
hanno nulla. Non è necessario
simpatizzare con Lydia, il suo
talento è evidente (è una protetta di Leonard Bernstein, tra
le poche vincitrici di un Emmy,
un Grammy, un Oscar e un Tony award), ma è anche una
donna crudele, manipolatrice
e violenta. E quando sospetti e
accuse di cattiva condotta cominciano a emergere i suoi rivali non si lasciano sfuggire
l’occasione. Tár è un film molto attuale sui discorsi che vorticano intorno al #MeToo e alla cancel culture, senza essere
polemico né condiscendente.
Risponde alla domanda:
“Dobbiamo separare l’arte
dall’artista?”, mostrando che è
impossibile.
Clarisse Loughrey,
Independent
Film Tutta la bellezza e il dolore
Di Laura Poitras. Stati Uniti
2022, 117’. In sala
●●●●●
Nan Goldin è sempre stata
una figura dirompente della
scena artistica statunitense.
Ma come suggerisce questa
avvincente e rivelatoria biografia realizzata da Laura Poitras, a rendere Goldin una figura davvero radicale non sono le sue trasgressioni né il
suo attivismo né che sia stata
pronta a tutto. È il fatto che,
da artista affermata, ha usato i
suoi privilegi per andare all’attacco delle stesse istituzioni
che la celebravano. Poitras
sintetizza tutto ciò in un ritratto in cui intreccia elementi
biografici con un resoconto
della campagna di Goldin
contro il “riciclaggio” di reputazione compiuto attraverso la
filantropia dalla famiglia Sackler, che ha fatto la sua fortuna miliardaria grazie all’ossicodone. Wendy Ide,
Screen International
The son
Di Florian Zeller. Con
Hugh Jackman, Zen McGrath.
Stati Uniti 2022, 123’. In sala
●●●●●
A un certo punto del film di
Florian Zeller, tratto dalla sua
omonima opera teatrale, un
medico informa una coppia di
genitori divorziati dello stato
mentale del loro figlio: “È in
buone mani, ora”. La parola
chiave è “ora” e implica che i
ricchi e ben intenzionati Peter
(Hugh Jackman) e Kate (Laura
Dern) non sono in grado di gestire i problemi del figlio Nicholas (Zen McGrath). Lo
stesso si potrebbe dire del
film, che affronta il tema della
depressione adolescenziale
con la perizia di un avvocato
immobiliare che esegue un intervento chirurgico a cuore
aperto. Natalia Winkelman,
The New York Times
Gigi la legge
Di Alessandro Comodin.
Con Pier Luigi Mecchia, Ester
Vergolini. Italia/Francia/Belgio
2022, 102’. In sala
●●●●●
È una gioia scoprire il dispositivo cinematografico messo in
piedi da Alessandro Comodin
nel suo terzo film che a Locarno ha giustamente vinto il
gran premio speciale della
giuria. In Gigi la legge seguiamo un poliziotto, Gigi (Pier
Luigi Mecchia), che pattuglia
le campagne del Friuli a bordo
della sua auto. Non succede
granché, a parte il ritrovamento di un corpo che spinge Gigi
a sospettare, senza ragione, di
un ragazzo che abita nei paraggi. Dietro il “parabrezza”
della sceneggiatura, Comodin
capta l’universo fantasmatico
del protagonista. Come un
acrobata, lo spettatore oscilla
da un trapezio all’altro, dal poliziesco al documentario, dal
surrealismo al naturalismo,
senza mai distrarsi da questo
strano poliziotto che forse inventa storie, di amori e di delitti. Ma meglio rinunciare a
decifrarlo per godersi il favoloso gioco di Comodin.
Clarisse Fabre,
Le Monde
Magic Mike.
The last dance
Di Steven Soderbergh.
Con Channing Tatum. Stati
Uniti 2022, 112’. In sala
●●●●●
A quarant’anni Mike non balla
più, fa il barista a Miami per
non affogare nei debiti e così
incontra Maxandra (Salma
Hayek), fresca di separazione
dal marito miliardario. Dopo
aver apprezzato le sue doti di
ballerino, Maxandra invita
Mike a seguirla a Londra, dove potrà finalmente mettere a
frutto il suo talento. L’ultima
danza di Channing Tatum e
Steven Soderbergh è un canto
del cigno stranamente intimo
e pacato che mostra però dei
lampi del primo dirompente
Magic Mike.
Leah Greenblatt,
Entertainment Weekly
DR
Gigi la legge
DR
Tár
I consigli
della
redazione
82 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
La narrativa storica che
illumina l’esperienza
afroamericana vive una
stagione di grazia. Romanzi
come The prophets di Robert
Jones Jr., I canti d’amore di
Wood Place di Honorée
Fanonne Jeffers (Guanda),
Libertie di Kaitlyn Greenidge o
The trees di Percival Everett
sono degli esempi perfetti e la
punta dell’iceberg di una
nicchia incredibilmente
vivace. The house of Eve,
l’ultimo romanzo di Sadeqa
Johnson, è un’esplorazione
toccante e coinvolgente
dell’essere donna e madre
nera a metà del novecento. E
Stati Uniti
Storie da riscrivere
Anna Maria Gehnyei
Il corpo nero
Fandango, 160 pagine, 16 euro
Dopo la follia della settimana
scorsa (cioè Villa del seminario
di Sacha Naspini), torniamo ai
libri di memorie. A parte l’ironia, devo dire che mi piace
davvero guardare con attenzione a questo momento felice dell’editoria italiana, grande e piccola. Felice, almeno
per me, perché mi sembra stia
creando lo spazio necessario
per le penne delle scrittrici
razzializzate, non più relegate
a una nicchia. Il primo libro di
cui ho scritto per questa rubrica era di un’autrice liberiana,
Wayétu Moore, quello di questa settimana è di una italo-liberiana, nata a Roma. Il corpo
nero di Anna Maria Gehnyei,
in una serie di capitoli brevi,
racconta l’esperienza di una
donna afrodiscendente: i capelli afro, il rapporto sempre
guardingo con la polizia
(“Quando ero piccola, ci fermavano spesso per controlli e
i poliziotti dicevano a mio padre che la sua macchina era
troppo bella e nuova per essere davvero sua”), i racconti
magici e nostalgici della madre sul paese d’origine. Ovunque si muova, il suo corpo è al
centro dello sguardo degli altri e di quello che lei rivolge a
se stessa, in un continuo tentativo di mediazione identitaria: “Il mio corpo è africano, è
italiano, il mio corpo è”. Scorrevole da leggere, quello di
Gehnyei, in arte Karima 2G, è
un libro lineare e sincero.
Gehnyei dialogherà con Mirfet Piccolo, autrice di Senzanome (Perrone 2022), al Book
pride di Milano, il prossimo
marzo. u
Il libroNadeesha Uyangoda
Memoria afrodiscendente
Italieni
I libri italiani letti da un
corrispondente straniero.
Questa settimana la freelance
norvegese Eva-Kristin
Urestad Pedersen.
Giada Biaggi
Il bikini di Sylvia Plath
Nottetempo, 256 pagine, 16 euro
●●●●●
Cara Giada Biaggi, ho letto il
tuo romanzo, Il bikini di Sylvia
Plath, e volevo innanzitutto
chiederti: dove hai trovato
quella energia linguistica? Il
romanzo è scritto con un
vigore insolito. Con una
lingua insistente e rapida,
perfetto per i nostri giorni, sei
riuscita a catapultarmi
profondamente nel mondo di
Eva. Abbiamo poche cose in
comune io e la tua Eva, a parte
il nome e un certo amore per i
libri. Ma ho comunque vissuto
intensamente le sue
disperazioni e le sue gioie, ho
riso di alcune sue scelte ma ho
anche sentito le sue lacrime. E
quindi grazie, prima di tutto
per la tua capacità di
coinvolgermi. Mi è piaciuto
anche come hai costruito la
storia. Mi sono fatta
sorprendere dalla bellissima
scena-scandalo in stile farsa e
commuovere dal finale,
che ha aggiunto una
profondità immensa a un
testo che a volte sembra
superficiale. È stata una gioia
letteraria. Quasi quasi mi
rileggo tutto il libro subito, il
mondo di Eva mi mancherà.
Scrivo questa recensione
come una lettera indirizzata a
te perché se sei un po’ come
Eva – la tua e la sottoscritta – e
hai bisogno di qualche tipo di
incoraggiamento per
rimetterti a scrivere, ti posso
dire che mi auguro di poter
leggere un tuo secondo
romanzo al più presto. u
anche se è meno straziante del
suo libro precedente, Yellow
wife, in cui raccontava la
vicenda di una schiava che
lotta per sopravvivere nella
Virginia dell’ottocento, è
comunque una storia molto
forte. Al centro di The house of
Eve ci sono due giovani,
talentuose e ambiziose donne
nere, che per seguire i loro
sogni e le loro aspirazioni
devono inoltrarsi in un campo
minato. Intorno a loro un
universo di personaggi
femminili, non sempre
incoraggianti e solidali.
The Washington Post
H. ARMSTRONG ROBERTS (GETTY)
The house of Eve di Sadeqa
Johnson è un esempio di
romanzo storico che prende spunto dall’esperienza
afroamericana
Cultura
Libri
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 83
Ashleigh Bryant Phillips
Pigiama party
Bompiani, 208 pagine, 17 euro
●●●●●
L’ambiziosa raccolta d’esordio
di Ashleigh Bryant Phillips
presenta ventiquattro racconti
tutti ambientati nella stessa
città rurale del sud. Anche se le
storie condividono gli stessi
luoghi, a tenerle veramente insieme è la voce limpida
dell’autrice e la sua attenzione
implacabile per i dettagli. Phillips è cresciuta nella zona rurale di Woodland, in North Carolina, e questo legame intimo
con le persone e i luoghi che
l’hanno formata genera un’autenticità cruda che raramente
vediamo nella narrativa. Per i
lettori che non hanno familiarità con la vita rurale i punti di
partenza dei racconti possono
sembrare esagerati, ma chiunque sia cresciuto in mezzo al
nulla li capirà perfettamente. È
un mondo in cui una gita da
Walmart è emozionante e il
primo centro commerciale con
l’Apple store è a un’ora e mezza
di distanza. Alcune storie sono
collegate dai luoghi, altre dai
personaggi, perché i protagonisti di un racconto compaiono
spesso in un altro. Questi cammei non risultano mai forzati,
ma rispecchiano ciò che si prova vivendo in una piccola città
in cui tutti si conoscono. L’aspetto più avvincente di queste
storie è la loro assenza di sentimentalismo. In quasi tutti i
racconti, a un certo punto arriva una scena così cruda da togliere il fiato. Queste svolte
sorprendenti, anche se a volte
brusche, riassumono tutte le
bellezze e le brutalità della vita
dei personaggi. Phillips mette
in luce figure tipicamente trascurate, private della loro
umanità, e infonde in loro dignità e complessità.
Taylor Grieshober,
Pittsburgh Post-Gazette
Alicia Giménez-Bartlett
La presidente
Sellerio, 416 pagine, 16 euro
●●●●●
Al centro dell’intrigo di La presidente c’è una politica valenciana che indossa perle, è sovrappeso, carismatica, bevitrice, fumatrice, collerica, sboccata, lesbica, divertente e ipercompetitiva. Si trova al centro
di una rete di corruzione in cui
il suo ruolo non è chiaro, cade
in disgrazia, deve testimoniare
all’Audiencia nacional, è molto
sola, beve caffè nelle prime ore
del mattino e muore, forse assassinata, in un hotel di Madrid. Si chiama Vita Castellá. A
imbattersi nel suo caso sono le
sorelle Berta e Marta Miralles,
detective di trenta e trentadue
anni, ragazze di provincia e
poliziotte alle prime armi che
vivono insieme a Valencia. In
una delle loro indagini compare Brenda, una giovane psicologa che qualcuno pensava potesse essere stata la fidanzata
di Vita nei suoi ultimi mesi. Secondo Brenda il problema di
Castellá era che aveva un bisogno molto doloroso di essere
amata, e che questo bisogno
l’aveva spinta a tollerare la corruzione dei suoi collaboratori,
perché i regali erano il suo modo di placare la sua dipendenza dall’amore e dall’accettazione: “Non era una donna corrotta, ma ha permesso la corruzione, anche quella organizzata e mafiosa, a causa del suo
desiderio di acquiescenza.
Aveva bisogno che tutti la
amassero e le obbedissero. Era
al centro di una rete criminale,
ma non ne ha beneficiato”,
spiega Giménez-Bartlett. Molte pagine di La presidente sono
divertenti, e le sorelle Miralles
sono come Buster Keaton, stupide e intelligenti allo stesso
tempo.
Luis Alemany,
El Mundo
Anuk Arudpragasam
Passaggio a nord
La nave di Teseo, 320 pagine,
20 euro
●●●●●
Il secondo romanzo di Anuk
Arudpragasam si apre con Krishan che viene a sapere della
morte di Rani, l’anziana badante della nonna, e si chiude,
due giorni dopo, con lui che
guarda il corpo di Rani bruciare sulla pira funeraria. Le pagine di mezzo, intensamente introspettive, raccontano i pensieri e i ricordi di Krishan mentre viaggia dalla sua casa di
Colombo, nello Sri Lanka, al
villaggio di Rani, nella parte
nord-orientale del paese, un
tempo controllato dalle Tigri
tamil e ancora segnato dalla
guerra civile. Rani, morta improvvisamente e forse suicida,
è rimasta “irrimediabilmente
traumatizzata” dalla perdita di
entrambi i figli: il primo è rimasto ucciso combattendo per
le Tigri e il secondo, di soli dodici anni, è stato ucciso da una
scheggia nel penultimo giorno
di guerra. Krishan, come
Arudpragasam, sente il dovere
di comprendere l’angoscia insondabile della donna. In questo romanzo, ascoltare e osservare sono atti morali. Arudpragasam cattura l’intelligenza
sensibile e vivace di Krishan
mentre medita sul conflitto,
dai suoi inizi idealistici, quando i ribelli sognavano uno stato tamil indipendente, alla sua
“violenza inimmaginabile” e
agli irreparabili danni psicologici. Le bombe possono anche
non esplodere più, la capitale
può essere fiorente, ma per coloro che appartengono alla minoranza etnica del paese la riIl romanzo
Dalla parte degli oppressi
presa può essere solo “parziale
e ambigua”. Passaggio a nord è
un romanzo politico, inequivocabile nella sua condanna delle atrocità commesse dal governo dello Sri Lanka contro i
civili tamil, ma è anche un’opera di filosofia. Arudpragasam pone domande esistenziali su come dovremmo vivere in un mondo così pieno di
sofferenza. Quali sono i nostri
obblighi nei confronti degli altri, soprattutto di coloro che,
come Rani, sono stati emarginati e oppressi? Il romanzo offre una risposta: dobbiamo loro tutta la nostra attenzione.
Ogni aspetto del mondo in cui
Krishan vive è esaminato scrupolosamente. In frasi di insolita bellezza e chiarezza,
Arudpragasam osserva anche
le azioni più banali, come
aspettare un treno, con un’attenzione così assoluta da sembrare devozionale. Passaggio a
nord è pieno di malinconia, ma
poiché prende sul serio l’amore e il desiderio quanto il dolore e la perdita, evita la disperazione. Tara K. Menon,
The New York Times
DAVID LEVENSON (GETTY)
Anuk Arudpragasam
Kristen Arnett
Con i denti
Bollati Boringhieri
Mohsin Hamid
L’ultimo uomo bianco
Einaudi
Louis Bayard
I delitti di West Point
La nave di Teseo
I consigli
della
redazione
84 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Paolo Morando
La strage di Bologna.
Bellini, i Nar, i mandanti
e un perdono tradito
Feltrinelli, 336 pagine, 20 euro
Benché siano passati quasi
quarantatré anni dalla strage
di Bologna, i processi per quel
massacro spaventoso continuano a essere celebrati e fanno emergere notizie importanti. Nell’aprile del 2022 è stato
condannato (in primo grado)
Paolo Bellini, che secondo l’indagine conclusa nel 2020 ha
agito in concorso con i neofascisti già condannati (Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini), nonché con i massoni Licio
Gelli e Umberto Ortolani, la
spia Federico Umberto D’Amato e il giornalista di destra
Mario Tedeschi. Usando le
carte processuali e aggiungendo dei suoi approfondimenti,
Paolo Morando, giornalista investigativo esperto della storia
italiana degli anni settanta e
ottanta, fa in questo libro due
operazioni importanti e complementari. Da un lato mostra
come vi siano ormai prove sufficienti per inserire la strage di
Bologna nella lunga storia di
quelle di stato, organizzate per
condizionare l’opinione pubblica e la politica, e abbandonare la cosiddetta pista palestinese secondo cui l’attentato
sarebbe invece legato al terrorismo internazionale. Dall’altro racconta una “piccola storia ignobile”, che mette in rilievo il modo interessato in cui
Fioravanti e Mambro hanno
usato i contatti con la sorella di
una delle vittime e toglie credibilità alle loro professioni di
totale innocenza rispetto alla
strage del 2 agosto 1980. u
Non fiction Giuliano Milani
85 morti e 200 feriti
Vendela Vida
Cavalchiamo la marea
Neri Pozza, 240 pagine, 20 euro
●●●●●
Tredicenni nella San Francisco degli anni ottanta, Eulabee e le sue amiche spadroneggiano nel loro ricco quartiere sulla costa. Sea Cliff è famoso per la sua vista sul Golden gate e, per mantenerla tale, tutto ciò che è brutto viene
nascosto. Tuttavia, la minaccia si diffonde con l’arrivo della nebbia fredda: ci sono gli
scogli e le onde che si infrangono, che le ragazze hanno
imparato a navigare cronometrando le maree. Hanno meno
controllo sui loro corpi che si
stanno trasformando e che, oltre a conferire nuovi poteri,
diventano calamite per un altro tipo di minaccia. Dopo che
una mattina un uomo accosta
per chiedere l’ora mentre vanno a scuola, l’amica più intima
di Eulabee, Maria Fabiola, afferma di aver assistito a un atto osceno. Quando poco dopo
l’incidente contestato Maria
Fabiola scompare, la comunità è scossa, ma Eulabee ha le
sue teorie. Seguono altre due
sparizioni, ma nonostante
l’aggiunta di un suicidio e di
un omicidio, i misteri che affascinano Vendela Vida, lei stessa originaria di San Francisco,
non sono di tipo poliziesco.
Cavalchiamo la marea sonda
in modo toccante la volatilità
dell’adolescenza femminile,
così come gli enigmi più senza
tempo dell’indipendenza e
dell’identità, della seduzione
e della narrazione.
Hephzibah Anderson,
The Guardian
Lukas Rietzschel
Battere i pugni sul mondo
Keller, 320 pagine, 18,50 euro
●●●●●
Il romanzo d’esordio di Lukas
Rietzschel racconta la storia di
Philipp e Tobias, due fratelli
che crescono in un villaggio
dell’Alta Lusazia, in Sassonia,
ed entrano in contatto con una
banda di neonazisti che disegna svastiche con lo spray e
che ben presto indirizza la propria rabbia e la propria violenza contro una famiglia che ha
adottato una bambina turca o
contro i siriani nel tendone
della festa. Una storia sull’adolescenza con feste popolari,
problemi scolastici e genitori
che litigano: ecco che cos’è
Battere i pugni sul mondo.
Rietzschel potrebbe aver avuto
un impulso politico a scrivere
proprio questo romanzo. Ma
ha anche lavorato per trovare
la forma letteraria più adatta.
E in effetti quella scelta è coerente, perché le frasi brevi rispecchiano l’universo mentale
di persone che non riescono a
trovare le parole per esprimere
i loro sentimenti. Quasi non ci
sono subordinate, come se
l’autore volesse lasciare tra le
frasi uno spazio vuoto in cui le
domande possano rimanere
aperte. Ma Lukas Rietzschel,
anche con il suo impegno politico, vuole trovare risposte alla
genesi dell’estremismo di destra. Felix Bayer,
Der Spiegel
Europa
JOHN MACDOUGALL (AFP/GETTY)
Robert Menasse
Die erweiterung
Suhrkamp Verlag
Adam è un funzionario della
Commissione europea, Mateusz è il primo ministro della
Polonia. Da bambini erano
grandi amici, ora si disprezzano. Robert Menasse è nato a
Vienna, in Austria, nel 1954.
Kaśka Bryla
Die eistaucher
Residenz Verlag
Bildungsroman su un gruppo di
amici la cui vita è sconvolta da
un incidente. Il romanzo è anche un’aspra denuncia del sistema scolastico austriaco,
della corruzione della polizia e
della gestione degli immigrati.
Kaśka Bryla è nata a Vienna.
Catalin Dorian Florescu
Der feuerturm
C.H.Beck
Saga di una famiglia di vigili
del fuoco di Bucarest, che copre anche oltre un secolo di
storia romena, dal 1892 al
1989. Catalin Dorian Florescu
è nato a Timișoara, in Romania, nel 1967.
Sevgi Soysal
Dawn
Archipelago
Turchia, anni settanta: una cena di famiglia è interrotta da
un’irruzione della polizia, che
sconvolgerà la vita di tutti i
presenti. Romanzo autobiografico pubblicato per la prima
volta nel 1975.
Maria Sepa
usalibri.blogspot.com
Cultura
Libri
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 85
Ricevuti
Fumetti
Santità refrattaria
Claudio Piersanti,
Lorenzo Mattotti
L’eremita
Terre di mezzo, 56 pagine,
14 euro
Ecco un’opera che malgrado
sia letteraria s’intreccia perfettamente con uno dei percorsi più appassionanti, rigorosi e profondi del fumetto internazionale, quello di Lorenzo Mattotti. Non quello maestro nella festa del colore, ma
il Mattotti sobrio del bianco e
nero di titoli come L’uomo alla
finestra (realizzato con Lilia
Ambrosi), dal tratto sottile e
aereo, leggero e delicato come
una piccola nuvola nel cielo
sereno, figlio delle opere di
poesia di Henri Michaux (il signor Piuma), nume tutelare
dell’opera del disegnatore.
Anche se a volte il bianco e
nero di Mattotti si coniuga al
vortice di un segno fuligginoso e tempestoso come in Stigmate, realizzato in collaborazione con lo scrittore Claudio
Piersanti. E come in Stigmate
siamo sempre in odore di misticismo e santità difficile, refrattaria, perché in questo libro scritto da Piersanti e illustrato da Mattotti si racconta
dell’eremita alieno a tutti,
una figura che, invisibile agli
esseri umani, dall’alto della
montagna infine si rivela. Raramente una rivelazione sorprese prima di tutto chi la fece, perché umilissimo. Qui,
dove la questione è l’unione
degli opposti, di farsi “serenamente pietra e ruscello”,
riesce il miracolo di ricongiungersi alla comunità in totale empatia e osmosi. Il singolo (ri)trova il collettivo e viceversa. E ritorna la speranza, l’utopia. Perché ha portato il silenzio. E a riscoprirlo
come cosa nuova.
Francesco Boille
Luca Pitoni
Ostinata bellezza
Fondazione Arnoldo e Alberto
Mondadori, 360 pagine,
40 euro
La storia professionale e
privata di Anita Klinz, prima
art director italiana, ideatrice
della grafica di Mondadori e
del Saggiatore.
A cura di James
M. Bradburne
Un filo d’oro
Corraini, 300 pagine, 48 euro
La vasta collezione di libri
viennesi per bambini raccolti
nei primi decenni del
novecento dall’architetto e
designer Otto Prutscher.
Martha C. Nussbaum
Orgoglio tossico
Il Saggiatore, 352 pagine,
25 euro
L’orgoglio maschile perpetua
l’abuso sessuale sistemico, il
narcisismo e la mascolinità
tossica. Indagine sulle
gerarchie del potere che si
concentra sul settore
giudiziario, su quello artistico
e quello sportivo.
Paolo Milone
Astenersi principianti
Einaudi, 144 pagine, 17 euro
Con grande sensibilità e un
tocco di sarcasmo l’autore ci
parla dell’arte del distacco e
di un tema particolarmente
difficile da affrontare: la
morte.
Jean Kyoung Frazier
Pizza girl
Blackie, 208 pagine, 18,90 euro
Una ragazza di diciotto anni,
incinta, vive con la mamma
coreana e il fidanzato, e
consegna pizze per lavoro. Un
giorno incontra una donna e
da quel momento non riesce
a smettere di pensare a lei.
Ragazzi
Diventare
un rifugiato
A.M. Dassu
Sami in fuga dalla guerra
Mondadori, 286 pagine,
17 euro
A.M. Dassu è una scrittrice
prolifica, piena d’inventiva e
con tanta voglia di cambiare
il mondo. Quando si cercano
notizie su di lei escono fuori,
come i conigli dal cilindro di
un mago, premi a non finire.
Non è solo un nome nel
settore dei libri per giovani
adulti, ma con la sua
caparbietà sta cercando di
aprire la strada a tante
persone, che come lei
affrontano la pluralità dei
mondi che le circondano.
Dassu infatti è sempre stata
consapevole che servono libri
plurali per una società
plurale. Per questo fa parte
dell’organizzazione Inclusive
minds, che promuove libri
più inclusivi e aperti. Sami in
fuga dalla guerra ha incantato
critica e pubblico. È la storia
di un ragazzo siriano, Sami,
che diventa rifugiato. La
guerra travolge lui e la sua
famiglia. In Siria avevano
tutto. Poi improvvisamente
un bombardamento al
supermercato, sua madre e
sua sorella terrorizzate, la
decisione di scappare. Ma la
fuga li porta verso l’ignoto.
Con parole quotidiane e
veloci A.M. Dassu ci spiega
come Sami diventa un
ragazzo in fuga e in cerca di
pace. Leggere di Siria dopo la
guerra e il terremoto
devastante che c’è stato potrà
farvi commuovere a ogni
pagina. L’autrice ha devoluto
i ricavati dell’anticipo ai
rifugiati siriani.
Igiaba Scego
86 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
A proposito di apprezzamento
dei dischi italiani all’estero,
Canti di guerra, di lavoro e
d’amore di Silvia Tarozzi e
Deborah Walker è stato
segnalato nelle classifiche di
fine anno di The Quietus e The
Wire. L’elenco di The Quietus
merita di essere percorso in
tutta la sua lunghezza, perché
se ne trae una specie di linea
narrativa: abbondano i dischi
acidi e pastorali, impiantati su
zufoli, cornamuse e canti
distrutti dal lavoro, storie orali
trasmesse in rifugi temporanei
fuori dalla città, dove ricordi e
voci prendono fuoco
annerendosi ai bordi. La
critica musicale marxista farà
presto dei collegamenti sulla
sostenibilità della “musica
urbana” nel senso di musica
scritta e registrata in città alla
luce del caro affitti, e della
possibilità di esistere in questi
ambienti. Nell’elenco non ci
sarebbe stato male Alto/Piano
di Everest Magma, ma intanto
è bene trovare il disco di Silvia
Tarozzi, che nel 2020 con Mi
specchio e rifletto aveva già fatto
un bel lavoro di trasfigurazione
legato alle parole di Alda
Merini. Questa volta Tarozzi e
Walker tornano all’infanzia
nell’Emilia rurale e decidono
di tradurre (è di questo che si
tratta) ritornelli popolari, cori
delle mondine e frammenti di
lessico sociale dedicati a
lavoratrici e persone senza
scuola in composizioni ariose
e inquiete in cui prevale la
scarnificazione della
memoria. In tempi in cui il
ricordo del passato
sovrabbonda di musei e
celebrazioni ritualizzate
preoccupate dall’idea che
tutto deve essere messo in
filologia per essere salvo,
Tarozzi e Walker scrivono
magnifiche fiabe ipnotiche (Fa
la nana) dal suono mistico e
nuovo, e salvano quello che c’è
da salvare così: inventando. u
Canzoni Claudia Durastanti
Scarnificazione della memoria
È un tranquillo pomeriggio di
novembre nel quartiere di
Santa María la Ribera a Città
del Messico, quando all’improvviso irrompe il suono del
perreo, un sottogenere del
reggaeton famoso per il suo
linguaggio esplicito. All’interno di un edificio c’è uno studio
di danza dove gli artisti e i discografici dell’etichetta locale
Tempvs Music stanno facendo le prove in vista della loro
esibizione al Coca-Cola Flow
Fest, il primo grande festival
di musica reggaeton messicano, che si è tenuto il 26 e 27 novembre. La cantante Charly
Gynn guida il gruppo, che
Charly Gynn è uno dei
nomi nuovi del reggaeton
di Città del Messico
comprende anche la boy band
#Mexasinpartys, il dj e ingegnere del suono Danny Damn
e lo stilista Youri Noyola. Le
prove vanno avanti da cinque
mesi, un tempo che potrebbe
sembrare eccessivo. Ma alla
Tempvs Music la preparazione è alla base del successo.
Quello di Charly Gynn è cominciato nel 2019, quando ha
aperto i concerti di Bad Gyal.
Il suo ep di debutto, La fiesta
de la virgen, è uscito nel marzo
2022, confermandola come
uno dei talenti emergenti del
reggaeton di Città del Messico. Ricorda gli anni dell’adolescenza: suo padre è emigrato a
nord per provvedere alla famiglia mentre sua madre ha lottato per sbarcare il lunario nella capitale. “Tutto quello che
avevamo erano i nostri amici e
la strada. Uscivamo e compravamo cd al mercato vicino al
capolinea degli autobus. È stato il periodo più difficile della
mia vita, economicamente
parlando, ma anche divertente e formativo”.
Richard Villegas,
Remezcla
Dal Messico
Fate spazio
DR
Charly Gynn
Podcast
Katz Laszlo
Ukraine. The counter +
The handoff
Rough Translation and
Radiolab
Quando scoppia un’emergenza sanitaria, alcuni beni necessari faticano a trovare associazioni disposte a farli arrivare
sul campo. Dopo l’esplosione
della guerra in Ucraina due
farmaci in particolare si sono
rivelati tanto fondamentali
quanto difficili da reperire: la
pillola del giorno dopo e la pillola abortiva. I motivi per cui
questi farmaci sono necessari
sono molti: c’è chi vuole interrompere una gravidanza scoperta dopo l’inizio della guerra; c’è l’obbligo per i maschi di
andare al fronte, che costringe
le madri ad affrontare tutto da
sole; c’è la paura per l’uso di
sostanze chimiche nelle armi
che potrebbero alterare la salute del feto; e c’è anche la legittima volontà di non far nascere un essere umano sotto le
bombe. Dopo l’assedio di
Buča, in cui lo stupro è stato
usato come arma di guerra,
l’approvvigionamento di pillole abortive è diventato una
questione urgente e per questo
una medica tedesca ha messo
in piedi un’operazione clandestina per farle arrivare in
Ucraina. L’ostacolo principale
è il confine con la Polonia, paese in cui l’aborto è proibito. In
due puntate realizzate da due
podcast della radio statunitense Npr, la reporter olandese
Katz Laszlo racconta prima il
viaggio delle pillole in territorio ucraino, poi l’importanza
per le donne di poter abortire
in tempo di guerra.
Jonathan Zenti
La pillola in
tempo di guerra
Cultura
Suoni
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 87
Album
ducente negli arrangiamenti, The Waeve è una gemma
singolare.
Bella Martin, DIY
Vilde Frang
Beethoven, Stravinskij:
concerti per violino
Vilde Frang, violino; Deutsche
Kammerphilharmonie, Brema;
direttore Pekka Kuusisto
Warner Classics
●●●●●
Queste due interpretazioni
luminose, energiche e raffinate sono una novità importante nella ricchissima discografia di questi lavori, che
sembrano avere solo due cose in comune: la tonalità di re
maggiore e la possibilità di
essere eseguiti in una prospettiva da camera, che è
quel che succede qui. Beneficiando della complicità di un
direttore d’orchestra che è
anche lui violinista, Vilde
Frang offre una versione del
concerto di Beethoven affascinante per audacia e intensità. La sua scelta è di non
privilegiare l’esaltazione della grande linea del pezzo, come molte imprescindibili
esecuzioni del passato (Menuhin con Furtwängler,
Oistrakh con Cluytens), ma
la sua brillantezza o la sua solennità. Il violino di Frang ha
colori di volta in volta selvatici, dorati, incisivi o diafani, e
le sue sfumature intense o
sottilmente vibranti creano
un arco che illumina il discorso dell’orchestra, malgrado la
sua sonorità tenue e l’apparente inconsistenza della sua
proiezione. La strategia sonora che i musicisti scelgono
per il concerto di Stravinskij,
apparentemente neoclassico
e sostanzialmente originale,
è radicalmente diversa. Qui
lo spazio in cui si muovono è
il timbro, chiave di un lavoro
in cui il materiale tematico,
decisamente semplice, conta
meno dell’incessante dialogo
tra il solista e l’orchestra.
Patrick Szersnovicz,
Diapason
The Waeve
The Waeve
Transgressive
●●●●●
Il debutto della coppia composta dal chitarrista dei Blur
Graham Coxon e Rose Elinor
Dougall, ex cantante delle
Pipettes, è una curiosa raccolta di contrasti. Su tutti c’è
quello tra le loro voci: quella
di Dougall è forte, levigata,
profonda e spesso con un impeccabile accento britannico, mentre Coxon è nasale,
tremolante e vulnerabile. Liscio e ruvido si strofinano di
continuo anche negli strumenti: chitarre irrequiete
contro ottoni vellutati e archi
che si librano in alto. Un contrasto è anche all’interno
dello stesso Coxon, considerato come un personaggio
spigoloso, un bastian contrario che si è allontanato dai
Blur quando la band ha cominciato ad andare troppo in
profondità nella sua esplorazione della cultura pop e che
qui, invece, scrive cose come
“Trovare il sogno giusto,
tentare la sorte per sempre”.
Gli Waeve si completano anche come duo: basta sentire
la cacofonia a più strati di
Drowning , che ci lascia sopraffatti. Cinematografico
nelle intenzioni, spesso seSTEVE GULLICK
Jakub Hrůša
Hans Rott:
sinfonia n. 1
Dg
Alina Ibragimova
Telemann: fantasie
per violino solo
Hyperion
Walter Gieseking
Complete Warner
recordings
Warner Classics
GUNNER STAHL
Lil Yachty
Let’s start here
Quality Control Music.
●●●●●
Il nuovo disco dello statunitense Lil Yachty si apre con il
brano The black seminole, e si
capisce subito che il rapper
guida la sua barchetta in mezzo a un oceano caleidoscopico
di nostalgia degli anni sessanta. Immaginate i Jefferson
Airplane cresciuti con una
dieta a base di Naruto o i
Creedence Clearwater
Revival strafatti di lean. Inoltre, un brano di sei minuti di
un artista trap è una cosa
inaudita, ma Yachty domina
lo spazio che si è creato un po’
come Jimi Hendrix faceva con
la Stratocaster. Stranamente,
la sua voce si adatta perfettamente a riff sfocati e batterie
rallentate alla Pink Floyd. La
successiva The ride continua
sulla stessa scia ma è meno
epica: è più una ballata pop
sciropposa simile ai Tame Impala. Non sarebbe una sorpresa se fosse stato Kevin Parker
a produrre questi brani. Altrove, come in Drive me crazy!, il
riferimento principale è Marvin Gaye, prima di un break
che potrebbe essere dei Grand
Funk Railroad. Poi arriva I’ve
officially lost vision!!!!, un altro
brano eclettico che saccheggia
tanto John Lennon quanto
Alicia Keys. Let’s start here sicuramente non piacerà a tutti,
ma era dai tempi di Speeding
bullet to heaven, l’omaggio di
Kid Cudi ai Nirvana, che un
rapper non s’impegnava tanto
nella contaminazione con il
rock. Se qualcuno doveva fare
qualcosa di così inaspettato,
quello era Lil Yachty. Aspettatevi una serie d’imitatori, d’ora in poi.
Tom Johnson,
Beats Per Minute
Lil Yachty
The Waeve
Classica
Scelti da Alberto
Notarbartolo
88 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Pop
AIUTO_UMANO
Laura Preston
L
a selezionatrice era una donna vispa
con un master in letteratura inglese; in
passato aveva lavorato come libraia indipendente. “La sua esperienza di laureata in inglese è ideale per questo ruolo”, mi aveva detto. Il lavoro era in un’azienda specializzata in soluzioni d’intelligenza artificiale (Ai) per il settore immobiliare. Avevano sviluppato un software che si chiamava Brenda, un’Ai conversazionale capace di rispondere alle domande sugli appartamenti in affitto. Brenda era stata acquistata da un’azienda più grande che forniva software alle
società d’intermediazione immobiliare, e migliaia di agenzie in tutto il paese
l’avevano adottata.
Brenda, mi aveva detto la selezionatrice, era una conversatrice sofisticata,
talmente spigliata che quasi tutti la
scambiavano per una persona.
Però, come tutte le intelligenze artificiali conversazionali, Brenda aveva
dei difetti: faceva fatica a capire le frasi
idiomatiche e non se la cavava molto
bene con le domande che uscivano dal
campo immobiliare. Per colmare queste lacune, l’azienda stava formando una squadra di
specialisti chiamati “operatori”. Gli operatori dovevano vigilare su Brenda ventiquattr’ore al giorno, e
quando lei usciva dal copione dovevano intervenire
e imitarla. Teoricamente, il cliente dall’altra parte del
filo non si sarebbe dovuto accorgere che prima stava
parlando con un software per la comunicazione automatica, un bot. Con l’esercizio, Brenda assorbiva i
modelli linguistici degli operatori e gradualmente li
faceva suoi.
Era la primavera del 2019. I miei giorni da studente di scrittura creativa erano finiti, e anche i miei
soldi, e dovevo pagare l’affitto: mi serviva un lavoro.
Avevo mandato il mio curriculum alla selezionatrice. Vari colloqui telefonici dopo avevo firmato il
contratto: mi avevano inserito in un corso di formazione e mi avevano mostrato una presentazione
PowerPoint di 45 minuti sulla legge in materia di
alloggi popolari. Mi ero fatta un po’ di conti: un operatore guadagnava 25 dollari l’ora e lavorava tra le
quindici e le trenta ore alla settimana, a seconda di
quanto era fortunato alla lotteria dei turni settimanali. Non bastava a coprire l’affitto, ma non avevo
alternative. Ho fatto i bagagli e sono tornata a vivere
con i miei genitori nel New Jersey.
Eravamo una sessantina di operatori: poeti e scrittori con un master in belle arti, ma anche laureati in
discipline dello spettacolo o in letteratura comparata
e qualche cantante lirico, evidentemente un altro segmento della popolazione considerato adatto a impersonare un bot che impersona una persona.
Abbiamo deciso di aprire un canale su un programma di collaborazione aziendale tipo Slack. Ed
eravamo tutti aggressivamente gentili e sorridenti.
Quando non parlavamo di Brenda, ci scambiavamo
programmi di studio, chiedevamo suggerimenti sui tatuaggi e distribuivamo
volantini digitali per laboratori di musica e movimento. Tra di noi c’era una
manciata di operatori più anziani che
avevano il ruolo di supervisori. Ogni
giorno, quando arrivavamo al lavoro, ci
accoglievano con un saluto da campo
estivo: “Il sole splende, mie adorate
Brenda!”. Sotto il messaggio spuntava
un florilegio di emoji e reazioni.
Nelle prime settimane il mio lessico
si è arricchito di nuove espressioni:
pertinenze, villette a schiera, canone anticipato; parole e frasi che prima galleggiavano alla periferia del
mio inconscio. Non mi era mai capitato di dire “specialista di locazione immobiliare in remoto”, ma era
così che Brenda si qualificava, e ormai la frase mi
usciva dalla bocca con disinvoltura.
La parola nuova più importante, però, era prospect. Indicava un potenziale inquilino. Lo scopo di
Brenda era aggiungere nuovi prospect alla banca
dati, prenotargli nuove visite e, fondamentalmente,
trasformarli in residenti. Gli operatori usavano la
parola prospect con grande slancio. Era talmente
onnipresente nei nostri discorsi che spesso l’abbreviavamo in prospy o prosp.
Una tipica interazione con Brenda cominciava
quando un prospect vedeva un appartamento su un
sito immobiliare online. Sull’annuncio c’era un numero di telefono e il prospect lo componeva. Era una
messinscena: il telefono squillava, ma non rispondeva nessuno. Alla fine, arrivava la voce ardente e ansimante di una donna. “Mi scusi se ho perso la chiamata!”, diceva. “Possiamo parlare in chat”. Quindi la linea cadeva. Cinque minuti dopo, il prospect riceveva
Brenda era una
conversatrice
talmente spigliata
che quasi tutti la
scambiavano per
una persona. Però,
come tutte le
intelligenze
artificiali, aveva
dei difetti
LAURA PRESTON
è una scrittrice
statunitense. Vive a
New York. Questo
articolo è uscito sul
trimestrale letterario
statunitense N+1 con
il titolo HUMAN_
FALLBACK.
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 89
FRANCESCA GHERMANDI
un messaggio: “Salve! Sono Brenda della Parc Mosaic. A quale immobile è interessato?”.
Se il prospect rispondeva, Brenda cominciava a
chattare. Le si potevano chiedere informazioni
sull’affitto, le utenze, il parcheggio e la metratura, e se
l’immobile non era disponibile lei suggeriva alternative gestite dalla stessa agenzia. La vera fissazione di
Brenda, però, era convincere il prospect a fare una
visita. Qualsiasi piega prendesse la conversazione,
tornava sempre sullo stesso ritornello: “Le fisso un
appuntamento! Che orario preferisce?”.
Se il cliente provava a richiamare Brenda al telefono, lei non rispondeva e inviava una serie di messaggi, uno più vago dell’altro, in cui si scusava spiegando
che non poteva rispondere. “Non posso ricevere chiamate su questa linea”, diceva. “Ma sono disponibile
via chat”. Al terzo tentativo, rispondeva con un laconico “mi scusi se ho perso la sua chiamata”, frase che
poi ripeteva inesorabilmente ogni volta che il cliente
ricomponeva il numero.
Nelle agenzie immobiliari i telefoni squillano di
continuo. Gli agenti passano gran parte della giornata a parlare con i prospect, che spesso ripetono la
stessa litania di domande. Con Brenda a prendere in
carico le chiamate, le linee telefoniche erano mute e
gli agenti erano liberi di sbrigare altre faccende.
Brenda, tra l’altro, era più efficiente di qualsiasi
agente in carne e ossa, anche il più solerte. Poteva
90 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Pop
fare controlli incrociati istantanei su un grande archivio d’informazioni immobiliari e rispondere ai
messaggi più velocemente di qualsiasi essere umano. Poteva prendere chiamate a qualsiasi ora del
giorno e della notte, non aveva bisogno della pausa
pranzo e lavorava anche nei fine settimana e nei
giorni festivi. Quando un agente immobiliare arrivava in ufficio la mattina trovava il giro delle visite perfettamente organizzato, come se tanti piccoli elfi ci
avessero dedicato la notte.
Dall’altra parte noi operatori, forti delle nostre
lauree in discipline umanistiche, avevamo capacità
che a Brenda mancavano. Eravamo intuitivi, ci esprimevamo con proprietà di linguaggio e facevamo caso
alle sottigliezze. Soprattutto, a 25 dollari l’ora, non
costavamo praticamente nulla, almeno per gli standard del settore. L’alleanza tra Brenda e l’operatore
era un vantaggio per tutti: l’operatore era pagato meglio di un professore universitario precario, e Brenda
diventava più simpatica, più convincente e più umana. Allo stesso tempo, le aziende erano contente di
sapere che le loro linee telefoniche non erano state
sostituite da un semplice bot per il customer service,
ma da un’intelligenza artificiale all’avanguardia assistita da laureati.
Di solito un turno durava cinque ore con una pausa
di dieci minuti, ma capitava spesso che gli operatori
decidessero di fare il doppio turno, e quindi di lavorare per dieci ore con due pause di dieci minuti. Quando
cominciavo il turno, mi collegavo a una centrale di
controllo che sembrava una casella di posta elettronica in modalità notte. A sinistra c’era una colonna di
nomi. Quando cliccavo su un nome compariva sullo
schermo la storia di tutti i messaggi tra Brenda e il
prospect.
Brenda cercava su ogni messaggio le parole chiave
poi gli assegnava un tag, che a sua volta determinava
la risposta da dare al cliente.
Per esempio, se Brenda leggeva la parola “cane”
classificava il messaggio con il tag REGOLE_ANIMALI e scriveva un messaggio generico sulla cauzione da
versare per gli animali. Una volta che Brenda aveva
preparato la risposta, compariva un timer di tre minuti, trascorsi i quali il messaggio veniva inviato. Il mio
lavoro era rileggere il testo e aggiungere eventuali
modifiche prima dello scadere del tempo.
La selezionatrice mi aveva assicurato che ero stata
scelta per le mie raffinate abilità linguistiche. In realtà, si trattava soprattutto di avere i riflessi pronti. Appena mi collegavo, i messaggi si accumulavano in
tempo reale. Ogni nuovo messaggio era accompagnato da un bip (bip che, ho subito scoperto, era impossibile silenziare) e spesso la successione era talmente rapida che i bip cominciavano a rimbalzare
uno sull’altro. Dovevo capire velocemente a quali
messaggi dare la precedenza.
Nel frattempo ho fatto una specie di corso accelerato sul mercato degli affitti statunitense. Qualcuno
chiedeva informazioni sui voucher per i sussidi per gli
alloggi a Sacramento, un altro cercava un appartamento in un grattacielo a Baltimora, un altro ancora si
era presentato all’appuntamento per vedere un appartamento a Detroit ma si era perso, e ora vagava per
il condominio tempestando Brenda di messaggi. L’unico modo per tenere il passo dei messaggi era mantenere un livello di concentrazione intensissimo. Non
ascoltavo niente e non sentivo niente, neanche i segnali del mio corpo. A volte mi sentivo stordita e mi
accorgevo che non stavo respirando. Un operatore
anziano controllava tutto il tempo le nostre statistiche, e se un messaggio restava senza risposta per più
di qualche minuto ci arrivava una lavata di capo in
pubblico su Slack.
Ogni giorno, man mano che sprofondavo nel fiume di messaggi, i vecchi punti di riferimento passavano in secondo piano. Non ero più una persona ma un
grande orecchio universale pronto a recepire le preoccupazioni e i dubbi di chi cercava un alloggio, un’esigenza ineluttabile che ognuno di noi, prima o poi,
deve affrontare.
“Mi serve una casa”, scriveva una prospect. “In
questo momento sono in vacanza. Sono russa e ho
appena divorziato da mio marito statunitense. Ha cominciato a frequentare un’altra persona e quando
torno voglio spostare immediatamente la mia roba”.
Brenda ha risposto così: “Abbiamo bilocali a partire da 1.484$. Vuole un appuntamento alle 13 martedì
11 gennaio?”.
Sul timer è partito il conto alla rovescia. Subito ho
corretto il messaggio: “Mi dispiace! Riesce a venire a
vedere l’immobile prima di traslocare? In caso contrario, controllo con i nostri agenti se è possibile organizzare un video tour. Abbiamo bilocali e trilocali a
partire da 1.484$”.
I messaggi degni di nota erano pochi. Il più delle
volte erano noiosi e banali, ma i piccoli squarci che si
aprivano su altre realtà erano più interessanti e vitali
di qualsiasi cosa mi fosse capitato di leggere nei laboratori di scrittura.
“Salve! Sono Brenda della Springwoods a Lake
Ridge. A quale immobile è interessato?”.
“Sono interessata al monolocale con la torretta.
Mi chiamo Candy”.
C’erano le solite lamentele sull’affitto, richieste
accorate di clemenza, missive solitarie nel cuore della notte. Alcuni temi erano ricorrenti. Mi colpiva in
particolare il numero delle madri che cercavano appartamenti per i figli adulti iscritti a un master o impegnati in un dottorato. Un’altra cosa che ho notato era
il numero di prospect che scrivevano a Brenda dalle
piattaforme petrolifere offshore. Riflettendoci, era logico: come avrebbe fatto altrimenti un operaio che
viveva a duecento chilometri dalla terra ferma a trovare una casa per quando sarebbe tornato? Ho cominciato a interessarmi anche agli animali con cui vivevano le persone.
“Vedo che ammettete cani e gatti”, ha scritto un
prospect. “E i maialini vietnamiti?”.
“C’è accesso alla rimessa?”, chiedeva un altro.
“Abbiamo delle anatre in cortile”.
“Potete fare un’eccezione per un furetto?”, chiedeva un altro.
Storie vere
Keith Richardson ha
cominciato a ricevere
messaggi da
Grubhub, un sito di
consegne alimentari
a domicilio, che gli
annunciavano che il
suo ordine era stato
spedito. Il problema
era che Richardson,
che vive con la sua
famiglia a
Chesterfield, nel
Michigan, non aveva
ordinato niente. Non
ha impiegato molto a
capire che gli acquisti
erano stati fatti da suo
figlio Mason, che ha
sei anni. Il bambino
aveva preso il
telefono del padre
dicendo che ci
avrebbe giocato un
po’ prima di andare a
letto, poi si era
collegato a Grubhub
e aveva fatto
ordinazioni per un
valore intorno ai mille
dollari. “Perché l’hai
fatto?”, ha chiesto
Keith a Mason, che si
era nascosto sotto il
suo piumone. “Non
lo so”, ha risposto
il bambino.
“Avevo fame”.
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 91
“Ho un bassotto e un gatto”, scriveva un altro
ancora.
Molti degli immobili di cui si occupava Brenda
erano odiosamente simili: colossi squadrati e policromi situati vicino a snodi di transito e interamente
composti di vetro e rivestimenti in vinile, con le facciate piatte come lo schermo di un iPhone. C’era un
che di colpevolmente incurante in questi edifici. Sembravano non sapere in che città si trovavano. Era come se dicessero all’inquilino di non interessarsi alle
particolarità della zona o all’idea di comunità. E di
non desiderare una casa nel senso tradizionale del
termine, con i suoi mobili vecchi, le ristrutturazioni
fai da te e i ricordi che attraversano generazioni.
L’inquilino tipo era un affittuario a vita, che passava più tempo in ufficio che a casa e che non avrebbe
mai potuto permettersi un immobile di proprietà. Poco male: il suo lavoro poteva sbatterlo un anno a
Omaha e l’anno dopo a El Paso, ma avrebbe sempre
trovato una casa fluida come internet, una casa che
non era da qualche parte ma dappertutto, quindi da
nessuna parte.
Prima di cominciare mi ero immaginata gli operatori come dei ventriloqui. Brenda avviava la conversazione e quando andava in difficoltà l’operatore parlava al suo posto. In realtà, mi è capitato raramente di
sostituire Brenda. Quasi tutti i suoi passi falsi nascevano da errori di comprensione. Si fissava sulla parola
chiave sbagliata e scriveva una risposta senza senso,
oppure pensava di non sapere come rispondere quando in realtà aveva la risposta giusta a portata di mano.
In queste situazioni, l’unica cosa che facevo era smanettare un po’ – bastavano un paio di clic – e Brenda
proseguiva spedita. Altre volte, un prospect faceva
domande in sequenza (Quanto costa l’affitto? E le
utenze? Quando posso trasferirmi?) e Brenda preparava un’unica risposta che metteva insieme tante informazioni da sembrare ostile. In questi casi ammorbidivo l’enumerazione aggressiva dei fatti con interruzioni di riga e commenti spiritosi. Più che prendere
il posto di Brenda tiravo i fili da dietro le quinte, spingendola da una parte o dall’altra. I nostri messaggi
erano piccole collaborazioni. Eravamo una creatura a
due teste: nessuna di noi due parlava per conto suo, ci
passavamo le parole.
C’erano però delle volte in cui l’intervento umano
diventava necessario. Quando Brenda non capiva un
messaggio e si rendeva conto di non aver capito, lo
classificava con il tag AIUTO_UMANO, che era la
bandiera bianca della resa. Scrivendo AIUTO_UMANO, Brenda mi cedeva la conversazione e dovevo assumere il suo tono e i suoi modi.
Durante la formazione ci avevano insegnato come imitare Brenda. Era vispa e informale, ma sempre controllata e professionale. Era di sesso femminile e quasi certamente bianca, anche se nessuno ce
lo aveva detto esplicitamente. Faceva commenti
come “Mi sembra ottimo!”, “Perfetto!” e “Mi dispiace”, e riportava sempre la conversazione all’ambito
immobiliare.
Le situazioni che richiedevano l’AIUTO_UMANO
potevano verificarsi in qualsiasi momento, ma di solito erano verso la fine di una conversazione, dopo che
il prospect aveva prenotato l’appuntamento. Una volta registrata la prenotazione, Brenda inviava un messaggio in cui elencava i requisiti per l’affitto, che normalmente prevedevano un punteggio di affidabilità
creditizia, nessun precedente penale, nessuno sfratto
e un reddito pari a quaranta volte il canone mensile.
“Va bene per lei?”, chiedeva. Sostanzialmente, era un
modo per fare una scrematura preliminare degli inquilini.
Se il prospect diceva di sì, Brenda confermava l’appuntamento. Se diceva di no, lo cancellava subito.
“Buona fortuna per la sua ricerca!”, diceva.
A Brenda serviva un sì o un no per continuare la
conversazione, ma raramente riceveva una risposta
così netta. Praticamente nessuno guadagnava quaranta volte l’affitto mensile. Una volta una supplente
ha detto a Brenda che non poteva dichiarare il reddito
richiesto perché altrimenti suo figlio, che aveva una
disabilità, avrebbe perso il diritto al sostegno per le
prestazioni previdenziali e sanitarie.
AIUTO_UMANO, ha scritto Brenda.
Un’altra volta un uomo di settant’anni ha scritto a
Brenda che dieci anni prima sua moglie era morta per
un danno cerebrale, le spese mediche lo avevano
mandato in bancarotta ed era stato sfrattato. A distanza di anni aveva ancora problemi a ottenere il
nulla osta per un appartamento.
AIUTO_UMANO, ha scritto Brenda.
Invariabilmente, la domanda di Brenda scatenava
rivelazioni clamorose: “Va bene per lei?”.
FRANCESCA GHERMANDI
Pop
92 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Non era autorizzata a dire “Non lo so”. In caso di
dubbio, ci era stato consigliato di rigirare la domanda.
“Perché non viene a visitare la casa per vedere se risponde alle sue esigenze?”, chiedevamo. Di solito la
tattica funzionava, ma dopo un po’ sembrava una presa in giro.
“Quanti anni hanno la cucina e i sanitari?”.
“Perché non viene a visitare la casa per vedere se
risponde alle sue esigenze?”.
“L’appartamento è al piano terra? Ho una disabilità e non posso usare le scale”.
“Perché non viene a visitare la casa per vedere se
risponde alle sue esigenze?”.
Naturalmente, alcuni prospect s’insospettivano.
Quando un prospect chiedeva se stava parlando con
un bot, non potevamo rispondere di sì. Era vietato anche dire “non sono un bot”, perché è esattamente
quello che direbbe un bot. Quando qualcuno metteva
in dubbio l’identità umana di Brenda, dovevamo dire
“Sono vera!”.
“Sono vera!”, dicevo. E lo ero davvero: una donna
di 29 anni nella sua vecchia cameretta, circondata dai
ricordi del liceo. Mia madre si era intestardita a portarmi il pranzo o la cena mentre lavoravo, e per qualche motivo il fatto di essere vicina a Brenda aveva
cambiato il suo modo di fare. Entrava in punta di piedi
nella mia stanza con il piatto in mano e sussurrava cosa c’era dentro, ma io non la sentivo per via dei frenetici bip dei messaggi in entrata. “Non ti sente nessuno”, dicevo. “Ah!”, sussurrava, abbassando la testa.
“Non ti vedono”, le dicevo, al che lei faceva dei segni
con le mani, lasciava il piatto a terra e sgattaiolava
fuori. Mentre lavoravo non riuscivo a mangiare, perciò m’ingozzavo durante i dieci minuti di pausa. “Può
andare bene per lei?”, scrivevo. Poi mi portavo il computer in bagno e rispondevo ai messaggi seduta sulla
tazza: “Perché non viene a visitare la casa per vedere
se risponde alle sue esigenze?”.
Il tempo passava in modo scoordinato. Ogni secondo era un monolito. Ogni volta che guardavo l’orologio mi sembrava di essere in un eterno presente.
Le ore, invece, erano sottili come carta igienica. Cominciavo un turno la mattina e poi, in un istante, mi
ritrovavo a fine giornata, come se le ore fossero state
sminuzzate con un paio di forbici. I giorni non erano
organizzati in sequenza ma si confondevano in una
specie di pozzanghera indistinta. “Sono una specialista di locazione immobiliare in remoto!”, scrivevo.
“Le consiglio di visitare l’immobile per vedere se risponde alle sue esigenze”.
“Sareste interessati a formare un nuovo agente
immobiliare che abiti in zona?”, ha scritto una volta
un prospect. “Penso che sarebbe una buona opportunità per entrambi”.
Dopo qualche settimana nel New Jersey avevo i
nervi a fior di pelle. Brenda mi aveva resa scorbutica e
irascibile, e mi ero convinta che il mio cervello fosse
in preda a chissà quale odioso processo neurologico.
Girando per la casa, mi accorgevo di essere sempre
sulla difensiva, come se dovessi guardarmi le spalle.
Ho scoperto, inorridita, che il lessico di Brenda si sta-
“Oddio, no. Il mio fidanzato ha una denuncia per
omicidio e io sono stata sfrattata una volta… Mi
dispiace!”.
“Va bene per lei?”.
“In realtà… sono un agente di polizia ma ho un
precedente per un reato minore, una stupidaggine.
Comunque sono sempre un agente di polizia, è ok?”.
“Va bene per lei?”.
“Sì, ma per trasparenza vi dico che sono in causa
con un altro condominio nella zona. C’è una sentenza
farlocca secondo la quale dovrei pagare 5.000 dollari
ma voglio farla annullare perché il condominio era
sudicio e le condizioni di vita erano inaccettabili. Ho
quasi cento foto che posso presentare come prova.
Sarei felice di farvele vedere domani. È l’unica cosa
negativa che troverete su di me. Non fraintendetemi;
non sono il tipo che si lamenta; sono molto passivo.
È che non mi piace quando mi dicono bugie, m’imbrogliano o mi fanno delle prepotenze. Hanno anche
dato fuoco alla mia macchina”.
AIUTO_UMANO, ha scritto Brenda.
La triste verità era che noi operatori eravamo inutili tanto quanto Brenda. Non eravamo in grado di
dire se un prospect aveva i requisiti per affittare un
appartamento.
Non eravamo agenti immobiliari. Non abitavamo
vicino agli immobili in questione né sapevamo che
aspetto avessero al di là delle foto ritoccate sui siti delle agenzie. Quando si entrava nei dettagli non eravamo in grado di dire molto, e i dettagli, alla fine, sono la
cosa che conta di più per i clienti. Moquette o parquet?
Quale esposizione avevano le finestre? Ovviamente
non ne avevamo idea, e neanche Brenda. Ma Brenda
era sempre positiva e competente.
FRANCESCA GHERMANDI
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 93
va insinuando nel mio. “Felice di essere d’aiuto!”, mi
sentivo dire. “Va bene per te?”.
Quella versione di me non mi piaceva, quindi ho
deciso di andare via di casa. Qualche mese prima era
morta mia nonna, e i miei genitori dovevano occuparsi della sua casa in campagna nel Maine. Allora sono
andata dai miei genitori e gli ho fatto una proposta:
potevo trasferirmi io nel Maine durante l’estate per
cominciare a mettere in ordine la casa. Sono partita
una mattina di giugno e sono arrivata lì al calare della
notte. Dopo una giornata di traffico e rumore, la quiete del bosco era stupefacente. Il cielo stellato era limpido e nero, incontaminato, il vialetto talmente buio
che non si vedeva niente tranne un cerchio illuminato
dalla luce della veranda. Ero da sola in un piccolo
avamposto su un asteroide.
Ho capito che con Brenda preferivo i turni di notte
e ho cominciato a fare solo quelli. Di notte le agenzie
immobiliari erano chiuse. Non c’era nessuno che si
perdeva tra gli appartamenti o mandava maniacalmente sms a Brenda lungo la strada. Le persone davano un’occhiata agli annunci prima di andare a letto e i
messaggi che mandavano erano di tutt’altro tenore.
Erano più strani, più tristi, tendenzialmente più intimi. Spesso richiedevano l’aiuto umano. All’inizio non
m’importava. Quei messaggi erano un diversivo salutare dal solito copione noiosissimo.
“Ehi Brenda”, ha scritto una volta un prospect.
“Scusa se non ti ho risposto. Sei stata così carina e disponibile, mi dispiace se sono stato stronzo. Non sono
stato molto attivo con il trasloco perché insomma… è
brutto traslocare da soli senza condividere l’emozione con qualcuno, capisci?”.
“Abbiamo monolocali e bilocali a partire
da 1.645$”, ha scritto Brenda. “Vuole un appuntamento?”.
Ogni sera sembrava una seduta spiritica. Ho trovato una vecchia poltrona reclinabile nel fienile e mi
sono messa a lavorare da lì. Il fienile era fresco e umido, molto meglio della casa, dove faceva caldissimo,
e di notte sentivo un gufo tra gli alberi e gli scoiattoli
che bisticciavano tra loro.
“Salve, mi chiamo Charmaine Banks… Non sto
cercando un appartamento, in realtà sto cercando il
mio padre biologico che si chiama Ernest Lockhart
Shaw. Credo che abiti in uno dei vostri residence, forse l’appartamento #1421?? Mi chiedevo se potevate
aiutarmi”.
Un altro prospect è spuntato dal nulla. “Chi sei?”,
ha scritto.
“Mi chiamo Brenda, sono un’agente immobiliare
della Springs a Kenosha. Sto rispondendo a una sua
chiamata. A quale immobile è interessato?”.
“Sei disponibile a incontrarmi?
Possiamo vederci alla mia casa al mare.
Sono interessato a te Brenda, sono sposato perciò
dobbiamo essere discreti”.
Per giorni ho chattato con centinaia di persone
senza dire una parola. Di notte i messaggi a Brenda
somigliavano al moto delle maree. C’erano periodi
di silenzio interrotti qua e là da missive solitarie nel
DANIEL POZNER
è un poeta francese
nato nel 1971. Questo
testo è uscito sulla
rivista rehauts (n. 48,
primavera-estate
2022). Traduzione dal
francese di
Domenico Brancale.
buio. Poi, improvvisamente, dalla centrale di controllo partiva una raffica di sms che prendevo in carico digitando continuamente sugli stessi tasti, come
in trance.
I tormentoni ciclici di Brenda avevano su di me un
effetto anestetizzante, quasi narcotico. Gli sviluppatori decantavano l’inesorabile coerenza della loro
creatura. Brenda, sostenevano, dice le stesse cose a
tutti, il che significa che è incapace di pregiudizi. In
compenso, era bravissima a respingere certe tipologie di clienti: quelli che non avevano uno smartphone
o una connessione internet stabile, quelli che non erano abituati a mandare messaggi, quelli che non sapevano leggere o scrivere in inglese e quelli che volevano sapere se potevano vedere un immobile prima di
presentarsi all’appuntamento programmato. Brenda
li sviava tutti con cortese violenza. Non era una portinaia ma una buttafuori, e i suoi modi gioviali e frizzanti la rendevano ancora più inquietante. Era una
barriera talmente efficace che molti proprietari la
usavano per evitare gli inquilini. Alcune agenzie non
davano un numero di telefono per contattare l’amministratore. Lo sapevo perché Brenda riceveva in continuazione foto di muffa e pezzi d’intonaco caduti dal
soffitto dai clienti che non sapevano a chi altro rivolgersi. AIUTO_UMANO, diceva Brenda, ma neanch’io potevo fare niente. “Sono una specialista immobiliare in remoto!”, scrivevo. “Le consiglio di chiamare il numero della manutenzione”.
“Questo è l’unico numero che mi hanno dato”, rispondeva inevitabilmente l’inquilino. Una volta, uno
dei supervisori mi ha detto che in queste situazioni
una buona tattica era appoggiarsi alle qualità robotiche di Brenda. Effettivamente, un po’ di ottusità strategica era di grande aiuto, e se l’inquilino ancora non
mollava, cominciavo a ripetermi a ciclo continuo.
Alla fine, ho raggiunto un tale virtuosismo che riuscivo a svuotare la casella della posta in entrata senza
fatica. Il lavoro ormai non c’entrava più niente con il
linguaggio. Non leggevo più i messaggi una parola
alla volta, ma li registravo come se il blocco di testo
fosse un’immagine. I miei occhi si fissavano sulle paOggi si pone
La domanda ma quale
La libellula dai piedi nudi
Oggi lei osserva
È troppo alata
Per le vostre assi sconnesse
Oggi blu carnivora e viva
Sarà passata senza
Vedervi.
Daniel Pozner
Poesia
94 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Pop
role cruciali – animali, affitto, utenze – e le mie mani
battevano sui tasti come in una partitura musicale.
Ho smesso di preoccuparmi del tono di Brenda. Mi
sono accorta che quando Brenda rispondeva in modo
strano o sgarbato, gli sms tendevano a diventare meno intimi, il che significava meno AIUTO_UMANO e
meno fatica per me. Dopo mesi passati a impersonare
Brenda, le mie risorse emotive si erano esaurite. Non
mi deliziavo più a leggere messaggi sconclusionati e
senza inibizioni, traboccanti d’emozione e tragedie
umane. Volevo solo lasciar scivolare via il mio turno.
Mi sono resa conto che non stavo addestrando Brenda a pensare come un’umana: era Brenda che mi stava addestrando a pensare come un bot. Forse l’obiettivo era sempre stato quello.
Nel Maine, il passaggio dall’estate all’autunno è repentino. Gli ultimi giorni di agosto di solito sono torridi, con il ronzio degli insetti e il fruscio dell’erba
secca, poi una mattina ti svegli e il giardino è avvolto
in una pallida foschia. Avevo fatto domanda alle case
editrici di New York per tutta l’estate e nessuna mi
aveva risposto, quindi ho allargato la ricerca a Filadelfia, poi a Boston e a Washington. A ottobre ho ricevuto la mia prima offerta di lavoro, un posto nell’amministrazione di un’università di Boston. Ho accettato e
mi sono messa a cercare un appartamento.
Il mercato degli affitti di Boston era tragico. Era
tutto fuori dal mio budget, perfino le stanze singole.
Questo però era un problema secondario, perché non
c’era neanche qualcuno che mi rispondesse. Con il
primo giorno di lavoro che si avvicinava, ho prenotato
un soggiorno di un mese su Airbnb.
Sono arrivata a Boston subito dopo Natale. Mi sono avvicinata a una casa buia alla fine dell’isolato, ho
trovato la chiave in mezzo ai cespugli e sono entrata.
Salendo le scale per andare in camera da letto ho
sentito un ronzio proveniente dall’alto. Ho alzato lo
sguardo e ho visto una telecamera su un braccio
meccanico che seguiva ogni mio movimento. Ho
sbloccato il lucchetto della camera da letto e sono
entrata. La stanza era poco più grande del letto. Non
c’era l’armadio, ma la finestra dava su una terrazza:
il proprietario, su Airbnb, mi aveva detto che potevo
usarla come guardaroba. La terrazza era piena di
giocattoli e mobili rotti. Ho tirato fuori i vestiti dalla
valigia e li ho appesi lì.
La mattina dopo ho indossato un vestito che si era
congelato durante la notte e sono andata al lavoro
facendo tre chilometri a piedi.
Il giorno ero in ufficio e di notte lavoravo per
Brenda. Alla fine sono riuscita a trovare un appartamento, un monolocale nel seminterrato, a 1.650 dollari al mese, a partire da febbraio. In realtà non me lo
potevo permettere, e puzzava anche un po’ di umido.
Ora che avevo un impiego a tempo pieno e relativo
stipendio, non avevo più bisogno di lavorare per
Brenda, quindi ho dato il preavviso. Avrei finito il 31
gennaio.
Il mio ultimo turno è stato misericordiosamente
tranquillo. Quando è finito non ho dovuto nemmeno
scollegarmi: il sistema mi ha buttata fuori e le mie credenziali sono state immediatamente disattivate. Il
turbine di chiacchiere nel quale ero stata immersa per
nove mesi è diventato un luogo inaccessibile. Sono
rimasta stupita dall’improvvisa realtà della mia stanza. La luce fluorescente faceva brillare le finestre buie. Per riposarmi ho appoggiato la schiena contro la
parete.
Era un nuovo anno. Sono andata a letto sentendomi vuota, con la mente piacevolmente sgombra, come non mi capitava da tempo. Le possibilità apparivano oltre i miei occhi chiusi: fresche, ariose, illi mitate. ufas
L’artista italiano Nico Vascellari
ha recentemente realizzato
un’opera molto discussa dal titolo Tre, quattro galline. Si tratta
di una scatola colorata, con dei
grandi occhi disegnati sui bordi,
che produce suoni assai simili a
quelli fatti dalle galline ovaiole
nelle gabbie di contenimento.
Vascellari è vegetariano e, pur
non avendo mai schiacciato il
suo lavoro artistico su questa
scelta, ha voluto ricordarci con
un’opera che nel titolo ha quantità incerte – “tre, quattro” – come gran parte degli animali che
consumiamo sia per noi solo
quantità e mai qualità. Mangiamo o conosciamo “la gallina”,
ma mai quella gallina lì, quello
specifico soggetto, e ci facciamo
un’idea abbastanza sciocca delle cose del mondo (“stupida come una gallina”). Eppure le galline hanno un loro linguaggio,
fatto di vocalizzi e mimiche, che
serve a comunicare informazioni diverse: una prova della loro
autocoscienza e della consapevolezza che hanno degli altri.
Insomma le galline sono esseri
molto intelligenti, tecnicamente più intelligenti di un bambino
di sei anni. Lesley Rogers, una
delle più importanti ricercatrici
mondiali in neuroscienze e
comportamento animale, ha
scoperto la latera lizzazione cerebrale nelle galline quando si
riteneva che solo il cervello
umano fosse diviso in due emisferi con funzioni differenti. Vascellari, attraverso l’arte, ci costringe essenzialmente a questo: osservare chi sono gli animali di cui parliamo senza sapere nulla, e poi decidere come
comportarci davvero.u
Altri animali Leonardo Caffo
La gallina qualunque
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Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 95
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Scienza
I
l ghiaccio presente sulla superficie
terrestre, da quello che si forma in
giardino in inverno alle gigantesche
calotte dell’Antartide, è uguale
ovunque e ha una struttura cristallina
esagonale. Ma quando l’acqua viene congelata e compressa a una pressione molto
alta, migliaia di volte superiore a quella
dell’atmosfera terrestre al livello del mare, la geometria molecolare cambia e il
ghiaccio assume le strutture cristalline
più varie.
Conosciamo una ventina di tipi diversi di ghiaccio, ciascuno con il suo particolare reticolo cristallino, ma secondo alcune stime potrebbero essercene più di
trecento ancora da scoprire. Un nuovo
tipo è stato appena individuato quasi per
caso dai ricercatori dello University college di Londra durante un esperimento degno di un cocktail bar.
Senza avere uno scopo preciso, quasi
per gioco, gli scienziati hanno mescolato
energicamente del ghiaccio comune e
delle sfere d’acciaio in un mulino a biglie,
raffreddato a duecento gradi sottozero
grazie all’azoto liquido. Invece di ghiaccio tritato perfetto per un gin tonic, però,
hanno prodotto un nuovo tipo di ghiaccio, diverso da quelli noti.
Molecole in disordine
Le molecole d’acqua non avevano la normale struttura chimica ordinata, ma erano in disordine all’interno di una struttura amorfa. Si tratta dello stesso stato molecolare dell’acqua liquida, riscontrato
però in questo caso in un solido. I ricercatori l’hanno chiamato “ghiaccio amorfo a
media densità”.
La scoperta è sorprendente, anche se
i solidi amorfi non sono del tutto sconosciuti. Il vetro, la plastica e perfino i gel
sono solidi non cristallini con atomi e
molecole non organizzati in un reticolo
preciso. E conoscevamo già due tipi di
ghiaccio amorfo, uno ad alta e uno a bassa densità. Quello appena scoperto è una
via di mezzo tra i due.
Secondo i ricercatori, il ghiaccio
amorfo a media densità, che ha l’aspetto
di una polvere bianca molto fina, potrebbe essere presente in natura nelle lune
ghiacciate di Giove e Saturno, due enormi pianeti gassosi, dove le forze di marea
esercitano sul ghiaccio comune forze di
taglio simili a quelle prodotte dal mescolamento con sfere d’acciaio in un mulino
a biglie. Sotto i chilometri di ghiaccio di
quei mondi alieni, il ghiaccio amorfo a
media densità potrebbe causare movimenti tettonici e perfino “ghiaccimoti”,
considerando la grande quantità di calore che rilascia quando è riscaldato e risolidificato.
Copia perfetta
Gli scienziati hanno definito la nuova
scoperta “acqua vetrosa” perché è la copia perfetta dell’acqua liquida in forma
solida proprio come il vetro lo è della silice liquida.
“Abbiamo dimostrato che è possibile
creare un tipo d’acqua che sembra quasi
in ‘stop-motion’. È una scoperta inaspettata e abbastanza incredibile”, afferma
Andrea Sella, chimico dello University
college di Londra e coautore dello studio.
“L’acqua è alla base della vita. La nostra esistenza dipende dall’acqua. Progettiamo missioni spaziali per cercarla.
Ma dal punto di vista scientifico non l’abbiamo ancora capita del tutto”, dice Christoph Salzmann, collega di Sella e principale autore dello studio.
In effetti ci sono molti aspetti bizzarri
e poco compresi dell’acqua. Per esempio,
raggiunge la densità massima a quattro
gradi, ma quando ghiaccia, contro ogni
aspettativa, diventa meno densa. È per
questo che il ghiaccio galleggia. Un’altra
stranezza è che più si esercita pressione
sull’acqua più è facile comprimerla, mentre per la maggior parte dei liquidi succede l’opposto.
Nel corso dell’esperimento, gli scienziati hanno analizzato il ghiaccio amorfo
a media densità con sofisticati strumenti
di analisi molecolare e chimica, tra cui il
microscopio elettronico, la diffrazione
dei raggi X e la spettroscopia Raman.
Presto inoltre lo sottoporranno ai potenti
raggi X emessi da un sincrotrone. L’obiettivo è conoscere più a fondo questa misteriosa forma d’acqua. usdf
Un nuovo tipo di ghiaccio
Il ghiaccio amorfo a media
densità, che alcuni ricercatori
hanno individuato quasi per
caso durante un esperimento, è
solido ma ha una struttura
simile a quella dell’acqua liquida
Tibi Puiu, Zme Science, Romania
CHIARA DATTOLA
CHIMICA
96 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Per ottimizzare l’isolamento
termico degli edifici, i ricercatori della Pritzker school of molecular engineering dell’università di Chicago hanno realizzato
un materiale da costruzione a
infrarossi capace di cambiare
colore. “Permette di mantenere
stabile la temperatura in un edificio senza usare grandi quantità
di energia”, spiegano su Nature
Sustainability. In estate il materiale rilascia fino al 90 per
cento del calore che si accumula
mantenendo fresco l’interno,
mentre in inverno ne rilascia solo il 7 per cento con effetti opposti. È un materiale elettrocromico formato da un liquido che,
applicando una piccola quantità
di energia, si trasforma in una
pellicola di rame solido: allo stato liquido emette e a quello solido trattiene. Il passaggio da uno
stato all’altro è regolato da un
semplice interruttore. Secondo
le Nazioni Unite, gli edifici sono
responsabili del 33 per cento
delle emissioni di gas serra.
Il fungo tossico Amanita phalloides ha invaso la costa della California, negli Stati Uniti, ricorrendo all’autofecondazione.
Dall’analisi del dna dei funghi
sono emersi molti nuclei geneticamente identici, quindi provenienti da un unico individuo.
Negli stati del New Jersey e di
New York, sulla costa opposta, il
fungo si sta diffondendo meno
rapidamente e senza autofecondazione. In uno studio preliminare pubblicato su bioRxiv, i
micologi dell’università del
Wisconsin spiegano che alcuni
funghi hanno imparato ad aggirare il gene che regola la riproduzione tramite spore sessuali
di individui diversi.
L’uso degli antibiotici negli allevamenti è in crescita nel mondo. Secondo Plos Global Public Health, nel 2020 sono state usate più di 99mila tonnellate
di antibiotici e nel 2030 si arriverà a 107mila, con un aumento
dell’8 per cento. L’impiego è intenso soprattutto in alcune regioni dell’Asia, tra cui l’est della
Cina, il sud dell’India e l’isola
indonesiana di Java. Un uso eccessivo degli antibiotici negli allevamenti potrebbe favorire lo
sviluppo di infezioni difficili da
curare negli esseri umani.
Zoologia Il processo di domesticazione del lupo ha cambiato
il modo di comunicare dei cani.
Secondo uno studio pubblicato
su Communications Biology, le
razze di cani più recenti, geneticamente più lontane dai lupi,
tendono ad abbaiare in risposta
agli ululati; quelle più antiche –
come gli shiba, i siberian husky
e gli alaskan malamute – tendono a ululare. La selezione ha
quindi ridotto il ricorso all’ululato.
Neuroscienze In uno studio
preliminare pubblicato su
bioRxiv, alcuni ricercatori hanno analizzato il cervello di venticinque poliglotti, capaci di
parlare almeno cinque lingue.
Ascoltare lingue simili alla propria e lingue ben comprese suscitava risposte cerebrali forti.
Invece ascoltare lingue meno
comprese e, a sorpresa, la propria lingua madre produceva risposte deboli.
Rivestimento
a infrarossi
Riproduzione
asessuata
Troppi farmaci
agli animali
GÁTI OSZKÁR DÁNIEL
Science Advances, Stati Uniti
Il 20 gennaio il Giappone ha registrato un picco di decessi per covid-19. Il paese ha mantenuto a lungo misure restrittive per contenere il virus sars-cov-2, limitando così il numero delle vittime. Più
di recente la revoca di molte restrizioni, l’apertura ai viaggi internazionali e la diffusione di nuove sottovarianti hanno causato un rapido aumento dei contagi, in una popolazione con una bassa immunità. La situazione, scrive la Bbc, è resa più difficile dal fatto che il
Giappone ha una popolazione molto anziana.
Picco di decessi in Giappone
PALEOANTROPOLOGIA
COVID-19
TECNOLOGIA
BIOLOGIA
SALUTE
IN BREVE
La carne dei neandertal
I neandertal cacciavano elefanti
giganteschi, li macellavano con
metodo e ne conservavano la carne.
La novità è emersa analizzando i
reperti rinvenuti in un sito vicino
alla città di Halle, in Germania,
dove circa 125mila anni fa c’era un
lago frequentato da gruppi di
neandertal. Oltre a resti di bovini,
cavalli e cervi, i ricercatori hanno trovato molte ossa di
Palaeoloxodon antiquus, un elefante estinto che era due
volte più grande dell’attuale elefante africano. Le ossa
appartenevano quasi tutte a maschi adulti. Secondo i
ricercatori, una possibile spiegazione è che i maschi
vivevano isolati ed erano quindi più facili da cacciare.
Sulle ossa sono stati individuati segni di utensili diversi
per la macellazione, usati contemporaneamente da più
individui. Probabilmente per completare la
macellazione erano necessarie centinaia di ore di
lavoro. Ma ne valeva la pena, perché un elefante nutriva
circa cento individui per un mese, grazie alle tecniche
messe a punto per conservare la carne e il grasso. I
neandertal vivevano quindi in gruppi piuttosto
numerosi e collaboravano tra loro. ◆
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 97 FONTE: OURWORLDINDATA/JOHNS HOPKINS UNIVERSITY
6 febbraio 2022
Italia
Giappone
6
5
4
3
2
1
0
6 febbraio 2023
Decessi giornalieri di covid-19 in Italia e in Giappone per un milione
di abitanti, media settimanale
98 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Il diario della Terra
◆ Un maggior numero di alberi in città potrebbe evitare molte morti premature dovute alle
ondate di caldo estive. Questi
fenomeni sono più gravi nei
centri urbani per l’effetto “isola di calore”, un aumento delle
temperature causato dalla cementificazione, dalla maggiore presenza di superfici asfaltate rispetto a quelle verdi e
dalle emissioni di automobili,
impianti industriali e sistemi
domestici di riscaldamento e
raffreddamento. I ricercatori
hanno analizzato 93 città europee nell’estate 2015, scoprendo
che la temperatura media urbana è stata superiore di un
grado e mezzo rispetto alle
aree circostanti. Secondo lo
studio, pubblicato su The
Lancet, l’effetto isola di calore
ha causato 6.700 morti premature, circa il 4 per cento dei decessi estivi. Un aumento della
copertura arborea fino al 30
per cento della superficie
avrebbe permesso di raffreddare le città di 0,4 gradi, evitando 2.664 decessi.
I ricercatori hanno analizzate 93 città europee, tra cui
dieci italiane: Roma, Milano,
Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bari, Bologna, Trieste e
Padova. La mortalità è risultata più alta in Europa meridionale e orientale, in particolare
in Spagna, Italia, Ungheria,
Croazia e Romania. Londra e
Madrid sono state le città con
più morti premature in termini
assoluti, mentre quelle con la
maggiore mortalità sono state
Malaga, Barcellona e Budapest
(in Italia sono state rispettivamente Roma e Palermo). Bisognerebbe quindi progettare
città più adatte alle nuove condizioni climatiche.
Più alberi
in città
Incendi
nel centro
del Cile
Il nostro clima
Incendi Almeno ventiquattro
persone sono morte e 2.180
sono rimaste ferite negli incendi che si sono sviluppati
nel centro del Cile. Le fiamme,
alimentate dalla siccità e dalle
alte temperature, hanno distrutto 1.150 case e più di
290mila ettari di vegetazione.
Terremoti Un sisma di magnitudo 7,8 ha colpito il sudest della Turchia e il nord
della Siria, causando più di
11.700 vittime: 9.057 in Turchia e 2.662 in Siria. Circa
55mila persone sono rimaste
ferite. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità,
SHAWAN CHOWDHURY (CC BY-SA)
MARK SANDERS
circa cinque milioni di persone sono in uno stato di vulnerabilità.
Vulcani Il vulcano sottomarino East Epi, al largo di Vanuatu, si è risvegliato proiettando
cenere a un centinaio di metri
d’altezza.
Frane Nella regione di Arequipa, nel sud del Perù, almeno quindici persone sono morte travolte da una serie di frane, causate dalle forti piogge
degli ultimi giorni.
Foreste Il governo statunitense ha reintrodotto le misure di
protezione della foresta nazionale di Tongass, in Alaska, che
erano state revocate dall’amministrazione Trump nel
2020.
Valanghe Otto persone sono
morte travolte da una serie di
valanghe nell’ovest dell’Austria. ◆ Una valanga ha ucciso
due sciatori polacchi nel Kashmir indiano.
Rinoceronti Nel 2022 i bracconieri hanno ucciso 448 rinoceronti in Sudafrica, tre in meno rispetto al 2021.
Marsupiali Secondo alcuni
ricercatori australiani, gli
esemplari maschi di quoll settentrionale (Dasyurus hallucatus) muoiono dopo una stagione riproduttiva perché rinunciano al sonno pur di accoppiarsi il più possibile. La specie
è in declino a causa della distruzione dell’habitat.
Insetti Le aree protette esistenti non tutelano gli insetti, anche se questi animali svolgono funzioni importanti per gli ecosistemi, soprattutto con l’impollinazione dei fiori. Il 76 per cento delle
specie non è coperto in modo adeguato da aree protette e quasi il 2 per cento è del tutto assente da
queste zone. Gli insetti sono senza tutele soprattutto in Nordamerica, Europa orientale, Australasia e Asia meridionale e sudorientale. Su molti di loro i dati sono però incompleti, affermano i ricercatori nello studio pubblicato su One Earth. Secondo alcune stime, le popolazioni di insetti sono in declino in tutto il mondo. Le minacce principali sono l’agricoltura intensiva, la crisi climatica, l’urbanizzazione e la distruzione degli habitat. Nella foto: una farfalla Vanessa kershawi
Radar
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 99
◆ Quest’immagine, scattata
dal satellite Terra della Nasa,
mostra le alluvioni lungo la
costa nordoccidentale del Madagascar dopo il passaggio
della tempesta tropicale Cheneso. La tempesta ha causato
almeno 33 vittime, ma il bilancio potrebbe aumentare perché ci sono alcuni dispersi.
Trentottomila persone sono
state costrette a lasciare le loro case.
L’entità delle devastazioni
è dipesa anche dalle caratteristiche della tempesta, che
muovendosi lentamente ha
stazionato a lungo sulla regione, aggravando gli allagamenti e le frane. Dopo essersi formata nell’oceano Indiano,
aveva raggiunto la costa nordorientale del Madagascar il
19 gennaio. Poi si è indebolita
andando verso l’interno e la
parte nordoccidentale dell’isola, su cui si sono però abbattute piogge intense. Il 23 gennaio la tempesta si è spostata
sul canale del Mozambico,
rafforzandosi fino a diventare
un ciclone e continuando a
portare forti piogge lungo la
costa.
Nell’immagine spiccano le
acque alluvionali ricche di sedimenti che si riversano in
mare. Il color ruggine dipende
dall’abbondanza di ossidi di
ferro nei terreni della zona.
Cheneso è stata la prima
tempesta a colpire il Madagascar nella stagione ciclonica
2022-2023, che va da fine ottobre a maggio. L’anno scorso
l’isola è stata raggiunta da varie tempeste devastanti tra
gennaio e febbraio.–Nasa
La tempesta tropicale
Cheneso, la prima a colpire
l’isola nella stagione
ciclonica 2022-2023, ha
causato almeno 33 vittime,
mentre 38mila persone
sono state costrette a
lasciare le loro case.
Il pianeta visto dallo spazio 29.01.2023
Le alluvioni dopo un ciclone in Madagascar
EARTHOBSERVATORY/NASA
◆
Nord
5 km
Canale del Mozambico
N
egli anni novanta la globalizzazione non si è creata da sola:
dietro c’era la volontà delle
maggiori economie mondiali
di scrivere, far applicare e rispettare regole condivise. Quel consenso oggi vacilla.
L’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), che è la materializzazione di
quell’ordine fondato sulle regole, è sempre più ai margini ora che i paesi vogliono
di nuovo introdurre controlli alle esportazioni, sussidi e dazi doganali per promuovere l’industria nazionale o danneggiare
gli avversari. Molti puntano il dito contro
gli Stati Uniti, dal momento che prima
Donald Trump e poi Joe Biden hanno respinto l’autorità della Wto e ripristinato
finanziamenti e dazi che hanno infastidito
i partner commerciali. In realtà, la credibilità dell’organizzazione aveva cominciato a indebolirsi molto tempo prima,
con l’ascesa della Cina: la sua economia
statalista e autoritaria si è dimostrata incompatibile con il sistema commerciale
costruito nel secondo dopoguerra dalle
democrazie fondate sul mercato.
Biden è arrivato alla Casa Bianca come campione dell’ordine internazionale,
ma sul commercio ha proseguito gran
parte delle politiche apertamente nazionaliste di Trump. Ha mantenuto i dazi
imposti alla Cina dal suo predecessore e
ha bloccato le nomine dell’organo d’appello della Wto, che ha l’ultima parola
sulle controversie, impedendogli di fatto
di funzionare.
A dicembre, con due decisioni separate, i comitati della Wto hanno stabilito che
Trump ha violato gli obblighi nei confronti dell’organizzazione imponendo dei dazi
sulle importazioni di acciaio e alluminio e
chiedendo che i prodotti realizzati a Hong
Kong fossero etichettati come “made in
China”. La Wto autorizza un paese a introdurre barriere commerciali solo se servono a difendere la sicurezza nazionale, ma
non è questo il caso degli Stati Uniti, ha
affermato il comitato. Un portavoce della
rappresentante per il commercio degli
Stati Uniti Katherine Tai ha risposto che la
Wto non ha l’autorità per giudicare le misure degli Stati Uniti. E ha aggiunto che la
Casa Bianca insiste da più di settant’anni
sul fatto che spetta a Washington decidere
cosa fa parte della sicurezza nazionale,
non alla Wto.
Tacito accordo
Questo scontro è un esempio delle tensioni che stanno indebolendo il sistema del
commercio mondiale. Sotto la Wto e il suo
precursore, l’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (Gatt), i paesi
erano tacitamente d’accordo a non tirare
in ballo la sicurezza nazionale, dice William Reinsch, del Center for strategic and
international studies. Quell’accordo non
detto non esiste più. Se altri seguiranno il
precedente creato dagli Stati Uniti, “l’intero sistema diventerà inutile”.
Anche l’Unione europea ha dichiarato
che gli Stati Uniti hanno violato le regole
della Wto con il recente Inflation reduction act, che prevede incentivi solo per i
veicoli elettrici assemblati in Nordamerica. Pechino ha aperto una causa sui limiti
imposti dagli Stati Uniti alle esportazioni
verso la Cina dei processori e delle tecnologie che servono per produrli. Ma le lamentele per il comportamento statunitense riflettono nel migliore dei casi solo
una parte dei problemi del sistema. Un
quadro più completo dovrebbe includere
anche i motivi per cui gli statunitensi sono
diventati così indisciplinati. In origine
Washington aveva spinto per un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie interno alla Wto, proprio perché
con il precedente sistema l’applicazione
delle decisioni poteva essere facilmente
bloccata da ogni singolo paese.
La conseguenza involontaria, però, è
stata che i paesi insoddisfatti delle leggi
commerciali statunitensi, invece di negoziare, citano in giudizio Washington presso la Wto e spesso vincono perché i giudici
dell’organizzazione hanno un’ampia considerazione della loro autorità di interpretare e – sostengono gli avversari – di riscrivere le leggi commerciali.
Altrettanto frustrante è stata l’incapacità della Wto di disciplinare le pratiche
protezionistiche e discriminatorie della
Cina. Nelle democrazie occidentali, per
esempio, lo stato tratta con le aziende a
AARON FOSTER (GETTY)
Gli scambi globali
sono senza guida
L’Organizzazione mondiale del
commercio ha sempre meno
potere, ignorata soprattutto da
Stati Uniti e Cina. Si prospetta un
sistema in cui la forza prevarrà
sul diritto
Greg Ip, The Wall Street Journal, Stati Uniti
GLOBALIZZAZIONE
Economia e lavoro
100 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 101
condizioni di mercato, i sussidi sono trasparenti e basati sulle regole. In Cina la
distinzione tra lo stato e il settore privato è
molto sfumata. I sussidi sono diffusi e
opachi, quindi difficili da controllare. Per
esempio, per anni solo i veicoli elettrici
dotati di batterie prodotte da aziende cinesi hanno avuto diritto a sovvenzioni dal
governo cinese. Ma, come osserva Brad
Setser, del Council on foreign relations,
poiché questo comportamento discriminatorio non era codificato è stato difficile
dimostrare la violazione delle leggi sul
commercio. Il risultato è che oggi la Wto
non è in grado di disciplinare i due stati
più importanti dell’organizzazione, lasciando un mondo in via di deglobalizzazione senza un poliziotto sul mercato.
Dove stiamo andando
Tutto ciò non significa un ritorno agli anni
trenta, quando i paesi aumentarono drasticamente le tariffe doganali e si chiusero
nell’autarchia. La Wto esiste ancora e la
maggior parte dei paesi rispetta gli impegni. Ma invece di avere un unico pacchetto
di regole imposte a sistemi fondamentalmente incompatibili come quello cinese e
statunitense, il mondo andrà verso una
serie di accordi regionali. I paesi potranno
così scegliere settori e partner che si sentono allineati per valori e interessi, com’è
successo per l’accordo di libero scambio
digitale tra Singapore e l’Australia. Inoltre,
il futuro somiglierà all’epoca precedente
alla Wto per il fatto che molte controversie
saranno risolte attraverso i negoziati invece che con i processi.
Di sicuro non sarà una partita alla pari.
Così come nell’hockey senza arbitri è favorita la squadra che ha i giocatori più imponenti, anche nel commercio senza procedure vincolanti per la risoluzione delle
controversie saranno avvantaggiati i paesi
con più mezzi per vendicarsi o per resistere alle ritorsioni, cioè gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione europea. Ai paesi più piccoli
non resterà che accettare le loro offerte.
“Gli Stati Uniti tornano a ‘i vincitori
hanno sempre ragione’”, afferma Jennifer
Hillman, esperta di commercio della
George town university che ha anche lavorato come relatrice in alcune controversie
commerciali per la Wto. “Se sei un grande
paese con una grande capacità di ritorsione, sei tu a porti limiti da solo. Se sei un
paese piccolo, non credo che il diritto di
vendicarti serva a qualcosa”. unv
UNIONE EUROPEA
Embargo
sul diesel russo
Il 5 febbraio è entrato in vigore l’embargo dell’Unione
europea sui prodotti petroliferi russi, tra cui il carburante diesel, che si aggiunge a quello sul greggio,
scattato il 5 dicembre 2022,
scrive Le Monde. Secondo
la presidente della Commissione europea Ursula
von der Leyen, le sanzioni
sul petrolio e i suoi derivati
costano alla Russia “circa
160 milioni di euro al giorno”. A gennaio il ministero
delle finanze russo aveva
confermato che le entrate
del fondo sovrano, in cui
confluiscono quelle del petrolio, erano scese di 38,1
miliardi di dollari nel giro
di un mese. Il fondo, spiega
il quotidiano francese, ha
permesso finora al Cremlino di assorbire il deficit del
bilancio pubblico.
TECNOLOGIA
Le nuove sfide
con ChatGpt
Il 6 febbraio Google ha annunciato il lancio di Bard,
scrive il Financial Times.
ChatGpt è un software
dell’azienda californiana
OpenAi in grado di generare
in pochi secondi un testo su
qualunque argomento, rispondendo alle domande
dell’utente. L’8 febbraio la
Microsoft ha invece deciso
di integrare ChatGpt nel suo
motore di ricerca Bing.
ARGENTINA
Banconote
pesanti
Il 3 febbraio la banca centrale argentina ha annunciato l’emissione di una
nuova banconota da duemila pesos nel tentativo di
contrastare l’inflazione galoppante che affligge l’economia nazionale, scrive la
Bbc. Varrà undici dollari al
cambio ufficiale e arriva dopo che alla fine del 2022
l’aumento dei prezzi al consumo in Argentina ha raggiunto il tasso record del 95
per cento, il più alto livello
dell’inflazione dal 1991. La
banconota di taglio più
grande attualmente in circolazione è quella da mille
pesos, che sul mercato dei
cambi alternativo vale appena 2,7 dollari. A settembre
del 2022 la banca centrale
argentina, nel tentativo di
contenere l’inflazione, aveva portato il costo del denaro al 75 per cento.
In Spagna Amazon dovrà assumere i corrieri come
dipendenti fissi, scrive Die Tageszeitung. Lo ha
deciso il 2 febbraio il tribunale di Madrid, chiamato
a pronunciarsi sull’azione legale avviata, insieme al
sindacato Unión general de trabajadoras y
trabajadores (Ugt), da alcuni corrieri di Amazon
Flex, il servizio di consegna gestito attraverso
un’app che indica i pacchi da consegnare, il
magazzino in cui si trovano e i dati dei destinatari.
Secondo i giudici, questi fattorini sono autonomi
solo in apparenza: sono costretti a lavorare con un
mezzo di trasporto proprio e a consegnare
autonomamente pacchi con l’aiuto dell’app, ma di
fatto dipendono da Amazon. Il pronunciamento
richiama una sentenza simile, emessa il
25 settembre 2020, che riguardava i corrieri del
servizio di consegna di pasti Glovo. Nell’agosto del
2021, inoltre, il governo spagnolo aveva fatto
approvare una legge che vieta questi rapporti di
lavoro solo all’apparenza autonomo. Amazon ora
ha la possibilità di ricorrere in appello. u
SPAGNA
I corrieri vanno assunti
JON NAZCA (REUTERS/CONTRASTO)
Malaga, Spagna, 28 aprile 2022
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Strisce
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 103
Ryan Pagelow, Stati Uniti E. Pich e J. Kunz, Germania Laerte, Brasile Liniers, Argentina
Buni War and Peas Laerte Macanudo
L’oroscopo
Rob Brezsny
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI
internazionale.it/oroscopo
Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 105
trarrai beneficio dall’esplorare le
frontiere dell’amore senza limiti.
Ma avrai bisogno della comunione
dolce, intensamente personale,
che nasce dalla condivisione bocca a bocca. Come diceva la poeta
Diane di Prima, del Leone: “Ci sono tanti tipi di baci quante sono le
persone sulla terra, quante sono le
possibili combinazioni di quelle
persone. Non ci sono due persone
che si baciano allo stesso modo o
che fanno sesso allo stesso modo,
ma per qualche motivo il bacio è
più personale di una scopata”.
VERGINE
Prendendo in prestito le
parole della poeta Oriah
nel suo libro The dance: moving to
the deep rhythms of your life, ti ho
preparato un biglietto d’amore da
usare per San Valentino. Sentiti libera di regalare queste parole alla
persona con cui vorresti intrecciare più strettamente il tuo destino:
“Non dirmi quanto saranno meravigliose le cose un giorno. Mostrami che sei in grado di accettarle
per come sono adesso. Mostrami
come segui i tuoi desideri più profondi mentre scendi nella spirale
del dolore. Portami in tutti i posti
in cui t’insegnano a ballare e in cui
sei disposto a rischiare che il mondo ti spezzi il cuore”.
BILANCIA
Lo scrittore Walter Lippmann, della Bilancia, diceva: “L’emozione dell’amore non è
autosufficiente. Dura solo se due
persone amano le stesse cose, non
solo se si amano l’una l’altra”. Nei
prossimi mesi dovresti rifletterci.
Consiglio a te e ai tuoi alleati, non
solo ai tuoi partner romantici, di
elaborare progetti collaborativi
che v’ispirino ad amare le stesse
cose. Divertiti a cercare temi che
emozionino, risveglino e arricchiscano entrambi.
SCORPIONE
Lo scrittore Paul Valéry,
dello Scorpione, diceva:
“Sarebbe impossibile amare qualcuno o qualcosa che conosciamo
perfettamente. L’amore è diretto
verso ciò che rimane nascosto”. Ti
sfido a verificare la teoria di
Valéry. Impegnati a conoscere più
a fondo le persone, gli animali e le
cose che ami. Scopri almeno in
parte ciò che è nascosto. Mentre lo
fai, cerca di capire in che modo
tutto questo influisce sul tuo amore. Contrariamente a quanto diceva Valéry, sono convinto che il tuo
amore ne uscirà rafforzato.
SAGITTARIO
Nel suo libro Unapologetically you l’oratore motivazionale Steve Maraboli scrive: “Il
modo migliore per amare qualcuno non è cambiarlo, ma aiutarlo a
esprimere la versione migliore di
sé”. Questo è sempre un buon
consiglio, ma nelle prossime settimane dovrebbe essere il tuo motto
ispiratore. Ora più che mai hai il
potenziale per modificare una volta per tutte il tuo approccio ai rapporti sentimentali. Invece di pretendere che i tuoi alleati siano diversi da quello che sono, amali per
quello che sono.
CAPRICORNO
Ho analizzato i presagi
astrali, setacciato internet,
sfogliato ventidue libri di poesie
d’amore e ricordato le mie migliori esperienze d’intimità. Da questa ricerca sono emerse le parole
di saggezza giuste per te. Sono del
poeta Rainer Maria Rilke: “Che
un essere umano ami un altro essere umano: è forse il compito più
difficile che ci sia stato affidato, la
prova finale, il lavoro per il quale
ogni altro lavoro è solo una preparazione”.
PESCI
“In amore non ci sono vacanze. L’amore dev’essere
vissuto pienamente, con i suoi
momenti noiosi e tutto il resto”. È
un’osservazione della scrittrice e
regista Marguerite Duras, e te la
offro giusto in tempo per una fase
del tuo ciclo astrale in cui la noia e
l’apatia potrebbero e dovrebbero
trasformarsi in un rinnovamento
d’interesse e passione. Ma ti avverto: se vuoi che l’interesse e la
passione crescano, devi accettare
la noia e l’apatia come parte del
tuo rapporto. Ti consiglio un atteggiamento di divertita tolleranza. Solo allora cresceranno l’interesse e la passione.
ACQUARIO
Per ottenere il massimo dalle prossime occasioni d’intimità, dovresti entrare più in sintonia con le tue emozioni. Per quanto la tua mente possa essere brillante, a
volte si dimentica di consultare il cuore. Voglio essere sicuro che,
quando avrai la possibilità di approfondire le tue alleanze, il tuo
cuore sia estremamente disponibile. Ti offro una riflessione dello psicologo Carl Jung: “Non dobbiamo capire il mondo solo con
l’intelletto, ma anche con i sentimenti. Il giudizio dell’intelletto
è, nella migliore delle ipotesi, solo metà della verità e, se è onesto, deve comprendere la sua inadeguatezza”.
ARIETE
Nella mia ricerca di consigli
che possano esserti utili
sull’amore, ho incontrato le sagge
parole dello scrittore Sam Kean: “I
libri sulle relazioni sentimentali
spiegano come ‘ottenere’ l’amore
e come ‘mantenerlo’. Ma la domanda giusta è: ‘Come posso diventare un essere umano più amorevole?’”. In altre parole, Ariete,
per migliorare la tua vita amorosa
dovresti essere meno concentrato
su ciò che vorresti ricevere e più su
ciò che potresti dare. Probabilmente sarà questo a garantirti tutto l’amore di cui hai bisogno.
TORO
Hai il potenziale per diventare ancora più bravo
nell’arte di baciare, coccolare e fare sesso. Come? Ecco alcuni consigli. 1) Fa’ esperimenti divertenti
che vadano oltre il tuo approccio
tipico ai baci, alle coccole e al sesso. 2) Leggi libri che aprono la
mente. A me è piaciuto The new art
of sexual ecstasy di Margot Anand.
3) Chiedi ai tuoi partner di spiegarti cosa li eccita. 4) Invita il tuo
subconscio a mandarti sogni che
parlano di baci, coccole e sesso.
5) Chiedi ai tuoi amanti di ridere,
giocare e scherzare mentre vi baciate, coccolate e fate sesso.
GEMELLI
Sei un lupo italiano in cerca
di cibo sugli Appennini. Sei
una gru della Manciuria che nidifica in una zona umida dell’isola di
Hokkaidō, in Giappone. Sei un ulivo che prospera in una palude salmastra nel sud della Francia. Sei
una tartaruga palustre dipinta che
si crogiola al sole su una spiaggia
del lago Michigan, in Nordamerica. E sei molto, molto di più. Quello che sto cercando di dirti, Gemelli, è che in questo momento la
tua empatia è al culmine. Il tuo
cuore dovrebbe essere così curioso e aperto da farti sentire un legame istintivo con molte forme di vita, tra cui un buon numero di esseri umani interessanti. Permetti alla tua mente di espandersi per sperimentare la telepatia. Sfrutta a
fondo la predisposizione a connetterti con anime belle.
CANCRO
La mia amica Juma, del
Cancro, dice: “Abbiamo
due scelte: creare o distruggere.
L’amore crea e tutto il resto distrugge”. Sei d’accordo? Non parla
solo dell’amore romantico, ma
dell’amore in tutte le sue forme,
dall’impulso di aiutare un amico
alla volontà di batterci per gli
emarginati e all’affetto che proviamo per i nostri discendenti. Nelle
prossime tre settimane il tuo compito sarà esplorare ogni sfumatura
dell’amore per verificare quest’ipotesi: per avere una vita migliore
devi metterlo al centro di tutto ciò
che fai.
LEONE
Spero che nelle prossime
settimane assaporerai profondi baci dell’anima. Non sbaciucchiamenti superficiali sulle
guance e sulle labbra, ma scambi
sensuali intimi e completi. Perché
te lo consiglio? Come possono le
posizioni dei pianeti tradursi in un
invito a provare questa specifica
espressione di un sentimento romantico? Te lo spiego, Leone. I
presagi astrali suggeriscono che
Pensa a un modo per esprimere il tuo amore
in modo più concreto.
COMPITI A CASA
Le regole
L’ultima
Evitare Sanremo
1 Non leggere i quotidiani e non aprire i social. 2 Guarda cosa c’è su Canale 5. 3 Non dire in pubblico
“io non guardo Sanremo” o si aprirà un dibattito infinito sulla tua scelta. 4 Se ti obbligano a guardarlo,
fai come Mattarella: saluta tutti e alle 21.15 a casa. 5 Il giorno dopo la finale non hai il diritto di dire la tua
su chi ha vinto. [email protected]
BANX, REGNO UNITO SPAULDING
CHAPPATTE, SVIZZERA
“Oh, un pallone spia!”.
Regno Unito: sciopero delle ambulanze.
“Oh, wow. Un altro sonetto”.
AL BAIH, SUDAN CÔTÉ, CANADA
Siria: (da destra a sinistra) “Prima il cielo. Poi il mare.
Ora anche la Terra ci ha traditi”.
106 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023
Avrò gli strumenti per
raccontare la bellezza del
nostro patrimonio artistico
in tanti contesti diversi.
Yulli, 21 anni
Programma
e iscrizioni
iulm.it/openday
open day
triennali 11 febbraio
magistrali 13-16 febbraio
DOMENICA 12 FEBBRAIO ORE 17
SABATO 18 FEBBRAIO ORE 21
SABATO 4 MARZO ORE 21
DOMENICA 5 MARZO ORE 18
DOMENICA 19 MARZO ORE 18
DOMENICA 2 APRILE ORE 18
GIOVEDÌ 13, VENERDÌ 14,
SABATO 15 APRILE ORE 21
VENERDÌ 1, SABATO 2
SETTEMBRE ORE 21
SABATO 2 DICEMBRE ORE 21
DOMENICA 3 DICEMBRE ORE 18
LUNEDÌ 4 DICEMBRE ORE 21