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Published on Mar 06,2023
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Ogni settimana

il meglio dei giornali

di tutto il mondo

internazionale.it 4,00 €

Confronti

Si può usare ChatGpt

negli articoli scientifici?

Ilaria Maria Sala

Processo alla democrazia

a Hong Kong

Cile

L’acqua c’è

ma non per tutti

10/16 febbraio 2023 n. 1498 • anno 30 SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 8,80 € • BE 7,90 € CH 8,80 CHF • CH CT 8,50 CHF D 10,00 € • PTE CONT 7,50 € • E 7,50 €

Turchia

Siria

6 febbraio

2023

P:05

Sommario

internazionale.it/sommario

10/16 febbraio 2023 • Numero 1498 • Anno 30

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 5

La settimana

“Quando suoniamo, abbiamo la sensazione

che siano presenti i nostri antenati”

NAVID KERMANI A PAGINA 50

STATI UNITI

28 La crisi del fiume

Colorado

trasforma

il sudovest

Los Angeles Times

BRASILE

30 Un movimento

solidale con i

nativi yanomami

Sumaúma

DIPLOMAZIA

32 Pechino e

Washington

litigano per un

pallone

Foreign Policy

CONFRONTI

34 L’intelligenza

artificiale negli

articoli scientifici

The Conversation,

Science

VISTI DAGLI ALTRI

36 Lo sciopero della

fame per abolire

il 41 bis

Le Temps

37 Il pizzaiolo della

’ndrangheta

Le Monde

CILE

42 L’acqua c’è

ma non per tutti

Gatopardo

MADAGASCAR

48 Aperture

musicali

Die Zeit

ECONOMIA

52 A corto di

medicine

Le Monde

NUOVA ZELANDA

56 Tornare

a parlare

maori

NRC Handelsblad

PORTFOLIO

60 Compagni

di gioco

Hyunmin Ryu

RITRATTI

68 Tarek Bitar.

Giustizia

sarà fatta

L’Orient-Le Jour

VIAGGI

72 Avvisi agli

sciatori

Süddeutsche

Zeitung

GRAPHIC

JOURNALISM

74 Cartoline

da Palermo

Paolo Parisi

NIGERIA

76 In comunione

con gli autori

Al Jazeera

POP

88 AIUTO_UMANO

Laura Preston

SCIENZA

96 Un nuovo tipo

di ghiaccio

Zme Science

ECONOMIA

E LAVORO

100 Gli scambi globali

sono senza guida

The Wall Street

Journal

Cultura

80 Cinema, libri, suoni

Le opinioni

14 Domenico Starnone

38 Ilaria Maria Sala

40 Slavoj Žižek

78 Goffredo Fofi

80 Giorgio Cappozzo

82 Nadeesha Uyangoda

84 Giuliano Milani

86 Claudia Durastanti

94 Leonardo Caffo

Le rubriche

6 Dalla redazione

di Internazionale

14 Posta

17 Editoriali

103 Strisce

105 L’oroscopo

106 L’ultima

Articoli in formato

mp3 per gli abbonati

IN COPERTINA

Turchia e Siria in macerie

I contesti sono diversi, ma la distruzione causata dal terremoto è

uguale. Turchi e siriani fanno i conti con la lentezza dei soccorsi,

l’instabilità politica e il freddo (p. 18). Foto di Erçin Ertürk (Anadolu

Agency/Getty)

Internazionale pubblica in

esclusiva per l’Italia gli articoli

dell’Economist.

Ogni settimana

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Confronti

Si può usare ChatGpt

negli articoli scientifici?

Ilaria Maria Sala

Processo alla democrazia

a Hong Kong

Cile

L’acqua c’è

ma non per tutti

10/16 febbraio 2023 n. 1498 • anno 30 SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 8,80 € • BE 7,90 € CH 8,80 CHF • CH CT 8,50 CHF D 10,00 € • PTE CONT 7,50 € • E 7,50 €

Turchia

Siria

6 febbraio

2023

Internazionale pubblica in

esclusiva per l’Italia gli articoli

dell’Economist.

Artificiale

Giovanni De Mauro

“Questa scoperta, per la mancanza di

esercizio della memoria, produrrà

nell’anima di coloro che la impareranno la

dimenticanza, perché fidandosi della

scrittura ricorderanno dal di fuori

mediante caratteri estranei, non dal di

dentro e da se stessi”. Platone era

preoccupato che la parola scritta

minacciasse l’arte della retorica, basata

sulla memoria. Nei suoi dialoghi sosteneva

che la scrittura avrebbe dato alle persone

“non la verità, ma solo l’apparenza della

verità” e che gli studenti avrebbero creduto

“di conoscere molte cose, mentre per lo più

le ignorano”, diventando “portatori di

opinione anziché sapienti”. Se Platone

fosse vivo oggi, direbbe cose simili su

ChatGpt? È la domanda che si è fatta

qualche settimana fa sul New York Times

la sociologa turca Zeynep Tüfekçi.

ChatGpt è un programma basato

sull’intelligenza artificiale e

l’apprendimento automatico, ed è

specializzato nella conversazione con gli

esseri umani. Non è solo un altro gadget

nell’affollato mondo dell’intelligenza

artificiale di cui si parla tanto oggi.

“Rappresenta un progresso significativo ed

è in grado di produrre testi paragonabili a

buoni saggi scritti da studenti di scuola

superiore”, scrive Tüfekçi. Proprio per

questo, sostiene la sociologa, è nelle scuole

e nelle università che i suoi effetti si faranno

sentire di più. Non solo. Secondo il saggista

Seth Godin, tutto il clamore intorno a

programmi come ChatGpt, su cui le

aziende tecnologiche statunitensi stanno

cominciando a investire grandi quantità di

denaro, potrebbe distrarre dalla questione

essenziale: “Il vero impatto

dell’intelligenza artificiale non sarà nella

capacità di produrre risultati stabilmente

molto migliori del miglior sforzo umano,

ma nell’essere diffusa, economica e

sempre presente”. Perché “l’ubiquità è il

cambiamento silenzioso che raramente

vediamo arrivare”. Per certi versi proprio

come la scrittura di cui parlava Platone. u

Febbraio 2023

numero 41

3,00 €

È arrivato

il nuovo

Internazionale

Kids

P:06

Dalla redazione di Internazionale

6 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Newsletter essenziale.it PAC MILANO E RI-SCATTI ONLUS

Economica

La newsletter su economia e

lavoro. A cura di Alessandro

Lubello, ogni venerdì.

Americana

Cosa succede negli Stati

Uniti. A cura di Alessio

Marchionna, ogni domenica.

Doposcuola

La newsletter su scuola,

università e ricerca.

A cura di Anna Franchin.

Ogni due settimane, il

sabato.

Mediorientale

Cosa succede in Medio

Oriente. A cura di Francesca

Gnetti, ogni mercoledì.

Internazionale ha tredici

newsletter. Per scoprirle tutte

e iscriverti:

internazionale.it/newsletter

Internazionale.it

studenti in Italia, trovare

ispirazione nella raccolta

differenziata.

SESSO

Distribuire i desideri

“Mi sono sposata a 21 anni e

sto con mio marito da sette.

Nell’ultimo anno mi sono

accorta che il nostro noioso

tran-tran di sesso canonico

non mi eccita”.

CINEMA

Andate subito a vedere

Gli spiriti dell’isola

La storia della fine di

un’amicizia in Irlanda. Il

risultato è cupamente

esilarante, tragico, avvincente,

sconvolgente, commovente.

SIRIA

La doppia tragedia

degli sfollati di Idlib

Quattro milioni e mezzo di

persone nel nordovest siriano

sono intrappolate in una zona

in cui da anni l’arrivo degli aiuti

umanitari è limitato.

CULTURA

Alice trascinò Sanremo

negli anni ottanta

I tre minuti che

trasformarono il festival.

EUROPA

Pensioni, studenti,

letteratura

Nel notiziario video di Arte: le

proteste in Francia sulla

riforma delle pensioni, essere

Un futuro per le Dolomiti

Video Articoli

◆ Nelle ultime settimane in Italia ha nevicato, ma non basterà

per rimediare alla carenza d’acqua e salvare l’economia delle

Alpi, ormai legata soprattutto al turismo sciistico. È possibile

immaginare un rapporto diverso con la montagna? Il video di Andrea Zinzani e Danilo Ortelli raccoglie alcune voci dalle Dolomiti

per parlare della situazione ambientale e immaginare soluzioni.

DR

Podcast

ELEZIONI AMMINISTRATIVE

La destra si prepara

alle regionali tornando

al passato

Il 12 e 13 febbraio si vota in

Lazio e Lombardia, ma il

dibattito politico è soprattutto

nazionale.

POLITICA

Per il fine vita resta solo la

disobbedienza civile

In Italia una legge sul suicidio

assistito ancora non c’è.

Dovrebbe garantire risposte

certe a chi lo richiede, e non fare

differenza tra le persone e i tipi

di malattie.

CULTURA

Perché Sanremo è perfetto

per i social

La rinascita del festival degli

ultimi anni dipende anche dalle

nuove piattaforme attraverso

cui si può seguire.

La vicenda di

Cospito e la storia

violenta del carcere

◆ Il caso dell’anarchico al

41 bis non è cominciato

oggi: va avanti da 250 anni

e 110 giorni. I secoli sono

più o meno quelli della

storia del carcere così come

lo conosciamo nella sua

forma attuale, i giorni sono

quelli dello sciopero della

fame di Cospito. Se queste

due vicende non si leggono

insieme, si rischia di non

capire né l’una né l’altra.

Per ritrovare gli

articoli di cui si parla

in questa pagina si

può usare il codice qr

o andare qui:

intern.az/1GDr

◆ Il Mondo è il nuovo

podcast quotidiano di

Internazionale: ogni giorno

due notizie scelte e raccontate

dai giornalisti e dalle

giornaliste della redazione e

dalle persone che collaborano

con Internazionale.

Il Mondo è disponibile

tutte le mattine, dal lunedì

al venerdì, a partire dalle

6.30, sulle principali

piattaforme di ascolto e

sul sito di Internazionale:

internazionale.it/ilmondo

P:07

Alexander Graham Bell kissing his wife Mabel Hubbard Gardiner Bell, who is standing in a tetrahedral kite, Baddeck, Nova Scotia.

Credit Prints and Photographs Division Washington, Library of Congress, LC-DIG-ds-06863.

a cura di

Maristella Casciato,

Pippo Ciorra

TECHNOSCAPE

L’ARCHITETTURA

DELL’INGEGNERIA

01.10.2022

10.04.2023

main partner

sponsor tecnico con il supporto di

media partner

P:08

Immagini

Scosse devastanti

Maraş, Turchia

7 febbraio 2023

I danni provocati dal terremoto a

Maraş, città della Turchia meridionale. Il 6 febbraio una serie di scosse ha

colpito il sudest della Turchia e il nord

della Siria. L’8 febbraio il bilancio aveva superato le undicimila vittime. Il 7

febbraio hanno cominciato a giungere

in Turchia le prime squadre di soccorso internazionali. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, circa

cinque milioni di persone sono in uno

stato di vulnerabilità a causa del sisma.

Foto di Ahmet Akpolat (dia images/

Getty)

P:10

Immagini

Contro la giunta

Bangkok, Thailandia

1 febbraio 2023

Il giorno del secondo anniversario del

colpo di stato in Birmania, migliaia di

attivisti si sono riuniti a Bangkok di

fronte all’ambasciata birmana e al palazzo delle Nazioni Unite per protestare contro la giunta militare. Il 1 febbraio 2021 l’esercito birmano ha preso il

potere e ha arrestato la premio nobel

per la pace Aung San Suu Kyi e altri

esponenti del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld). Oggi

i detenuti politici sono più di tredicimila, e Aung San Suu Kyi è stata condannata a 26 anni di carcere.

Foto di Sirachai Arunrugstichai (Getty)

P:13

Immagini

Regina del mare

Salvador, Brasile

2 febbraio 2023

Un momento della festa in onore di

Iemanjá, la regina delle acque e del

mare celebrata da alcune religioni

afrodiscendenti e da culti sincretici

come l’umbanda. L’evento si svolge il

2 febbraio di ogni anno sulla spiaggia

di Rio Vermelho, a Salvador, e anche

in altre città del paese. In quell’occasione i fedeli offrono alla dea candele,

cesti pieni di fiori e dolci, che sono

portati al largo su piccole imbarcazioni. Iemanjá è considerata una divinità

protettrice dei pescatori e di tutte le

persone che lavorano in mare.

Foto di Antonello Veneri (Afp/Getty)

P:14

Parole

Dear Daddy

14 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

[email protected]

L’etichetta nutrizionale

detestata dall’Italia

u Ho letto l’articolo sul nutri-score, la proposta di una

classificazione unica per tutti i

prodotti alimentari dell’Unione europea (Internazionale

1496). Se da una parte è auspicabile che venga messo a

punto un sistema di etichettatura a favore dei consumatori,

dall’altra può sembrare discutibile ricondurre le caratteristiche nutrizionali di un alimento a un simbolo cromatico

(molto simile a quello usato

per la classificazione energetica degli elettrodomestici). È

una valutazione, come riportato nell’articolo, basata peraltro su algoritmi. Per quanto

riguarda le critiche mosse a

un sistema industriale italiano

restio ad accettare il nuovo

criterio, andrebbe puntualizzato che la Francia, che è la

principale sostenitrice dell’iniziativa, ha interessi economici altrettanto importanti,

visto che è la sede di alcune

delle più grandi multinazionali del settore.

Luca Gnarra

Altri animali

u Attraverso le lettere ricevute e pubblicate sul giornale

noto che le opinioni espresse

da Leonardo Caffo nella sua

rubrica danno fastidio a chi

continua a pensare con presunzione antropocentrica e

specista e, soprattutto, dallo

sfruttamento animale trae

profitto. Vorrei ringraziare Leonardo Caffo perché tira fuori

questioni fondamentali e di

difficile digestione per molti.

Giovanni Bongera

L’Europa supera

la prova dell’inverno

u A proposito dell’articolo

del Financial Times sulle

iniziative per limitare i consumi di energia in Europa

(Internazionale 1494), credo

sia opportuno precisare che

per affrontare la crisi climatica globale servono anzitutto politiche forti, idealmente mondiali. Le scelte individuali contano e sono necessarie, ma scaricare sugli individui la responsabilità di

un problema enorme è controproducente: aumenta la

percezione dei limiti del risultato, sfavorisce la spinta

all’aggregazione politica,

discosta il pensiero dal cuore del problema. E finisce

per giovare a chi, in realtà,

ai massimi livelli non sta facendo abbastanza.

Alessandro Moretto

Errata corrige

u Su Internazionale 1496, a

pagina 82, nella rubrica di

Giorgio Cappozzo la frase

corretta è: “Il regista Paolo

Sorrentino monologa sulla

smania dei genitori d’inzeppare il tempo dei figli”.

Errori da segnalare?

[email protected]

Una mia amica si è separata dal marito e si sono organizzati così: i figli restano nella casa familiare e

ad alternarsi sono i genitori, che si dividono un piccolo appartamento per

quando non sono con i

bambini. Non avevo mai

sentito questa forma di separazione e sono curiosa

di sapere cosa ne pensi.

–Giulia

Quello di cui parli si chiama

bird nesting, per analogia con

gli uccelli che si alternano nel

nido per prendersi cura delle

uova. Ma non è detto che i genitori separati debbano dividere anche la sistemazione alternativa – scelta che di solito

è dettata da motivi economici, perché condividere un piccolo appartamento in affitto

costa meno che mantenere

tre abitazioni. Chi sceglie il

bird nesting lo fa per diminuire il trauma subìto dai figli

quando i genitori si separano

e non farli muovere tra due

case. Ma io temo che per evitare un disagio ai figli si finisca per crearne altri ancora

più grandi. Perché con il bird

nesting i figli diventano i veri

padroni di casa mentre i genitori sono degli ospiti che vanno e vengono con la loro valigia. E questo può alterare i

rapporti familiari. Inoltre, in

una coppia che si divide,

ognuno ha bisogno di uno

spazio nettamente separato

dall’ex e continuare a condividere gli spazi, seppur in modo

alternato, non mi pare l’ideale. Alla fine, con l’illusione di

creare meno traumi ai bambini, si rischia di danneggiare la

qualità della vita di tutta la famiglia. Credo sia più facile

per i figli abituarsi ad avere

due case che per i genitori vivere senza averne nessuna.

[email protected]

Claudio Rossi Marcelli

Da una casa all’altra

Numeri

muti

uLa storia maestra di vita?

Mah. Forse il povero Cicerone,

con questa definizione, aveva

preso un abbaglio. La prima

guerra mondiale lasciò sul terreno diciassette milioni di

morti, una ventina di milioni

di feriti e mutilati, e parecchie

delle ragioni che avviarono la

seconda guerra mondiale coi

suoi sessantacinque milioni di

ammazzati. Milioni, eh, milioni di vite distrutte, milioni di

esistenze con tutti i tratti e gli

affetti che riconosciamo in noi

qui, adesso. Ma questi numeri

hanno qualche peso o significato per chi oggi ventila la terza guerra mondiale un giorno

sì e un giorno no, per chi a

chiacchiere inorridisce all’idea dello sterminio che ne deriverebbe, e tuttavia lo prepara, l’avvia, mossa e contromossa, su svariate scacchiere

del pianeta? No. A volersi ammaestrare, ci sarebbe un cospicuo numero di saggi, romanzi e film di atroce realismo

sui massacri bellici e sul loro

insensato spreco di vite. Ma

anche su quelli, come sui numeri dei massacrati, tendiamo

a sorvolare. Ce la spassiamo di

più con la retorica del pugnare,

con l’elenco delle armi e la loro pregiata fabbricazione, con

la vestizione guerresca del

prode che o vince o muore.

Mai che ci appassioniamo al

rifiuto della rissa e dei fiumi di

sangue, ai trattati che dicono:

signori, se si continua a distruggere, altro che ammaestramenti, altro che storia.

Quelle pagine lì le saltiamo,

sono noiose.

Domenico Starnone

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Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 17

Editoriali

Troppa agitazione a Washington

La politica non ostacoli i soccorsi

Ben Rhodes, consigliere diplomatico dell’ex

presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ci

ha scherzato su, scrivendo sui social network:

“Nessuno di noi dimenticherà mai dove si trovava quando ha ricevuto la notizia del Pallone,

né la faticosa vittoria riportata negli ultimi

istanti della Battaglia del Pallone”. Si riferiva

alla reazione isterica di una parte dei repubblicani statunitensi quando si è saputo di un pallone aerostatico di sorveglianza cinese in volo

sopra gli Stati Uniti. L’iperventilazione è continuata anche dopo che è stato abbattuto. La sua

distruzione ha scatenato la furia di Pechino.

Questa politicizzazione è una cattiva notizia. Finora a Washington il dossier cinese aveva riscosso un consenso bipartisan, una rarità

nel brutto clima che regna tra i due grandi partiti statunitensi. Il fatto che i repubblicani abbiano accusato l’amministrazione democratica di avere paura ha certamente avuto un peso

nella decisione di annullare la visita a Pechino

del segretario di stato Antony Blinken.

Bisognerà aspettare molti mesi per conoscere i veri motivi della strana odissea del pallone, ufficialmente impiegato per le rilevazioni

meteorologiche. D’altra parte la vicenda ha già

mostrato come i rapporti tra le due grandi potenze possano finire ostaggio di bassi calcoli

politici ed eccessi di nervosismo. Quest’agitazione va fermata. Il conflitto che la Russia ha

scatenato attaccando l’Ucraina è già sufficientemente destabilizzante.

Lo scorso novembre a Bali, in Indonesia, i

presidenti di Cina e Stati Uniti avevano cominciato a riallacciare rapporti deboli, ma necessari. I loro paesi hanno solo da guadagnare dal

dialogo. Le sfide comuni sono troppe – dalla

lotta alle pandemie a quella contro la crisi climatica – perché le due parti si rinchiudano nella diffidenza e nell’ostilità. ufdl

Mentre il bilancio delle vittime del terremoto

del 6 febbraio 2023 continua a salire, dalle città

del sudest della Turchia e del nord della Siria

arrivano storie di bambini, anziani e intere famiglie estratti dalle macerie dalle squadre di

soccorritori e dai sopravvissuti. Le persone si

arrampicano tra le mura delle case crollate per

liberare i familiari a mani nude, ma quello che

fanno è solo una goccia nel mare.

La stima iniziale delle autorità turche è di

almeno 6.200 edifici distrutti. Tredici milioni

di persone sono state colpite dal più grave terremoto nella regione dal 1939. Le Nazioni Unite prevedono che 23 milioni di turchi e siriani,

tra cui un milione di bambini, ne soffriranno in

qualche modo le conseguenze. I sopravvissuti,

costretti a vivere all’aperto ed esposti al freddo,

alla pioggia e alla neve, dovranno fare i conti

con le interruzioni di corrente elettrica e la

mancanza di viveri e acqua potabile. Le strade

impraticabili complicano enormemente i soccorsi.

Nel nord della Siria, una delle ultime roccaforti di quel che resta dell’opposizione al presidente Bashar al Assad, la situazione è forse

peggiore. La popolazione chiede aiuto, ma

quasi nessuno risponde. Già prima del terremoto 2,7 milioni di sfollati al confine con la

Turchia contavano sugli aiuti umanitari per

sopravvivere. Molti abitano in baraccopoli alla

periferia delle città, in campi o edifici abbandonati. In più di un decennio di guerra il regime

siriano ha causato la distruzione di gran parte

delle infrastrutture, ospedali compresi. Il conflitto ha tolto praticamente tutto alla popolazione. Che ora ha ancora meno. Damasco ha il

dovere di fermare le ostilità per facilitare l’arrivo degli aiuti internazionali.

Intanto il presidente turco ha dichiarato lo

stato d’emergenza di tre mesi. Il provvedimento garantisce al governo poteri straordinari. I

donatori internazionali dovranno invitare Ankara a usarli con moderazione.

Finora la risposta internazionale è stata

compatta e rapida. La Turchia ha ricevuto offerte d’aiuto da settanta paesi e organizzazioni,

mentre l’Unione europea ha mobilitato più di

trenta squadre di soccorso ed équipe mediche.

Si spera che questi specialisti, insieme a quelli

inviati da Iran, Cina ed Emirati Arabi Uniti, trovino il modo di lavorare insieme. Un disastro di

queste dimensioni impone che le divergenze

politiche siano messe da parte per rendere più

efficaci i soccorsi. uas

Irish Times, Irlanda

Le Monde, Francia

“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,

di quante se ne sognano nella vostra filosofia”

William Shakespeare, Amleto

Direttore Giovanni De Mauro

Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen,

Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini

Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele

Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri),

Gabriele Crescente (Europa), Camilla Desideri

(America Latina), Simon Dunaway (attualità),

Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro

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Uniti), Filippo Menci (Asia e Pacifico), Andrea

Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko

Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura,

caposervizio), Giulia Zoli (caposervizio)

Copy editor Giovanna Chioini (web,

caposervizio), Anna Franchin, Giuseppe Rizzo,

Pierfrancesco Romano (coordinamento,

caporedattore)

Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa

Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web)

Impaginazione Beatrice Boncristiano,

Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo

Web Annalisa Camilli, Stefania Mascetti

(caposervizio), Claudio Rossi Marcelli, Giulia

Testa

Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina

Recchiuti (caporedattrice)

Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli

Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli

Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara

Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati

dalla sigla alla fine degli articoli. Stefania De

Franco, Francesco De Lellis, Andrea De Ritis,

Federico Ferrone, Susanna Karasz, Giusy

Muzzopappa, Alberto Riva, Francesca Rossetti,

Andrea Sparacino, Bruna Tortorella, Nicola

Vincenzoni Disegni Anna Keen. I ritratti dei

columnist sono di Scott Menchin Progetto

grafico Mark Porter Hanno collaborato Gian

Paolo Accardo, Giulia Ansaldo, Cecilia Attanasio

Ghezzi, Martina Baradel, Gabriele Battaglia,

Gaia Berruto, Francesco Boille, Jacopo

Bortolussi, Giorgio Cappozzo, Catherine Cornet,

Sergio Fant, Claudia Grisanti, Ijin Hong, Anita

Joshi, Alberto Riva, Andreana Saint Amour,

Concetta Pianura, Francesca Spinelli, Laura

Tonon, Pauline Valkenet, Francisco Vilalta,

Guido Vitiello

Editore Internazionale spa

Consiglio di amministrazione Brunetto Tini

(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot

(vicepresidente), Alessandro Spaventa

(amministratore delegato), Antonio Abete,

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Produzione e diffusione Angelo Sellitto

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8 febbraio 2023

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Imbustato in Mater-Bi

P:18

In copertina

S

u entrambi i lati della frontiera che separa la Turchia e la

Siria per centinaia di chilometri ci sono le stesse scene

di terrore, paura, inquietudine e rabbia. A venti ore dal

terremoto di magnitudo 7,8 avvenuto il 6

febbraio alle 4.17 decine di migliaia di

persone nel distretto di Pazarcık, a una

sessantina di chilometri dal confine siriano vicino alla città di Gaziantep, continuano a vagare sul ciglio delle strade, o di

quel che ne resta, in cerca di riparo o di

aiuto.

Il bilancio provvisorio è salito a più di

novemila morti in Turchia, secondo l’agenzia governativa di gestione dei disastri (dati aggiornati all’8 febbraio). Si tratta del terremoto con più vittime dopo

quello del 1999, quando una violenta

scossa devastò la parte orientale del mar

di Marmara, vicino a Istanbul, uccidendo

più di 17mila persone.

Il terremoto è stato avvertito in tutta la

regione e ha devastato dieci province del

sudest: Kahramanmaraş, Adıyaman,

Diyarbakır, Şanlıurfa, Gaziantep, Kilis,

Osmaniye, Malatya, Adana e Hatay. Ci

sono state circa quaranta scosse di assestamento, di cui una particolarmente forte (magnitudo 7,5) alle 13.24. A quel punto

altre migliaia di edifici, che sembravano

aver resistito alla prima onda d’urto, sono

crollati.

A Kahramanmaraş, considerata l’epicentro del sisma, centinaia di case sono

andate distrutte. Quasi diciotto ore dopo

nella zona mancano ancora le squadre di

ricerca e soccorso e gli aiuti alimentari.

Altrove è lo stesso. L’entità e la portata

dei danni sono impressionanti. Chilometri di strade al buio, migliaia di case rase

al suolo. L’asfalto strappato come se fosse

un foglio di carta. Ovunque colate di fango, di pietre o di terra. I pali della luce sono sdraiati ai lati della strada come matite posate sul bordo di un tavolo. Alcuni

sono piegati in due o polverizzati.

Villaggi fantasma

Ad Hatay il terremoto ha colpito più duramente, con quasi duemila morti secondo

un primo bilancio. A Diyarbakır si contano trecento morti, più di cinquecento a

Osmaniye. All’ingresso della città, una

casa sembra affondata nel suolo, come

una barca nell’oceano. Una decina di persone si muove intorno, chiamando e gridando, invano. Sotto le macerie c’è Remzi

Saldiray, 63 anni. È riuscito a far uscire di

casa tutti i familiari, la madre, i bambini, i

cugini. Da alcune ore non risponde più. Il

fratello fissa le macerie, le mani al cielo.

Chiede aiuto a Dio, e piange: “Non è venuto nessuno da stamattina. Nessuno”.

Lungo la strada ci sono villaggi fantasma, che gli abitanti hanno abbandonato

per paura delle scosse di assestamento.

Stanno nelle vicinanze, nelle auto, per

tenere d’occhio le loro cose. A volte un

po’ più lontano, in un punto in cui la ricezione dei telefoni funziona a tratti. Ovunque si vedono gruppi di auto con i finestrini chiusi e appannati dall’interno. “Impossibile tornare a dormire a casa”, dice

Ali, che con la moglie si è sistemato sui

sedili. Suo fratello ha una concessionaria.

Ha dato tutte le chiavi delle auto alle perNicolas Bourcier, Marie Jégo e Laure Stephan,

Le Monde, Francia

I due paesi sono diversi, ma la distruzione

causata dal terremoto è la stessa. Turchi

e siriani fanno i conti con la lentezza dei

soccorsi, l’instabilità politica e il freddo

Turchia e Siria in m CAN EROK (AFP/GETTY)

18 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:19

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 19

sone del quartiere in modo che ci possano dormire dentro.

Alla fine della strada, a Samandag, remoto sobborgo balneare di Antiochia di

122mila abitanti – come indica un cartello

di benvenuto – il terremoto ha ridotto tutto al silenzio. Due case su tre sono gravemente danneggiate, i negozi sono disintegrati. Non si vede nessuno in quello che

resta delle strade. Le file di auto sono più

distanti, in alto. “Ci hanno detto che c’era

il rischio di uno tsunami e di una terza violenta scossa di assestamento entro poche

ore”, spiega Ali, trent’anni, seduto nella

sua macchina.

Il distributore della Shell in centro è

l’unico posto dove si incontrano i sopravvissuti. Un generatore tiene accese le luci

iria in macerie

Adana, in Turchia, il 6 febbraio 2023

P:20

In copertina

20 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

e permette di riempire i serbatoi di benzina: un’isola di vita in un mare di desolazione. Tutto intorno gli edifici sono crollati. È

un ammasso di rovine lungo centinaia di

metri, come se la città fosse stata bombardata dall’interno. Qui è sparita in un istante una famiglia di dieci persone. Laggiù la

sorella di Hasan, un anziano in lacrime.

“Abbiamo cercato di tirare fuori le persone con le nostre mani, ma è impossibile”,

esclama l’uomo.

Dentro il distributore si svuotano i pochi scaffali ancora forniti. Ci si riscalda

come si può sotto una coperta condivisa.

“Non abbiamo niente da mangiare né da

bere”, dice un giovane a voce bassa. Gli

sguardi sono tristi e seri. “All’inizio abbiamo chiamato. Abbiamo portato un

neonato all’ospedale che è a cinque chilometri da qui, poi nient’altro. Sì, certo,

aspettiamo che arrivino”, continua Yelda, 32 anni, originaria della città. Punta il

dito verso destra: “C’è una coppia proprio

qui dietro, lui è morto e la moglie è ancora viva, ma è sotto le macerie, accanto al

corpo del marito”. Yelda dice di essere in

attesa, insieme agli altri nella stazione di

servizio, ma ha perso la speranza: “Sentiamo la gente che grida, ma non possiamo fare niente. Di fatto, stiamo aspettando che muoiano”.

Quasi ventidue ore dopo il terremoto,

nessun soccorso è ancora arrivato a Samandag. Gli unici a prestare aiuto, secondo la dichiarazione di un medico dell’ospedale del posto, sono le ambulanze del

pronto soccorso e dieci vigili del fuoco

della caserma. Nessun altro.

Mezzi limitati

In Siria si ripetono le stesse scene di desolazione. I morti sono quasi tremila: la metà circa concentrata nella regione di Idlib,

nel nordovest del paese, secondo il bilancio fornito dai soccorritori della roccaforte dei ribelli che si oppongono al presidente Bashar al Assad; l’altra metà nelle città

di Aleppo, Hama (nel centro), Tartous e

Latakia (sulla costa), stando alle cifre del

ministero della sanità siriano. La lentezza

delle operazioni e le informazioni frammentarie fanno temere un bilancio ancora

più pesante.

Quando finirà l’orrore? In questo paese

devastato dalla guerra il terremoto sembra quasi una maledizione, un ulteriore

colpo contro una popolazione dissanguata, che ormai dipende dagli aiuti umanitari. Nel freddo e nella pioggia, territori nemici mostrano scene identiche di caos e di

dolore. Nella regione di Idlib e nella città

di Aleppo sotto controllo governativo l’emergenza è la stessa: trovare i sopravvissuti, e identificare e offrire una sepoltura

ai morti.

I mezzi dei soccorritori per estrarre i

corpi dalle macerie sono limitati. Nella

zona controllata dal regime si usano i bulldozer. Nelle aree urbane, intere porzioni

di edifici sono crollate e a volte intere famiglie risultano disperse.

Nell’enclave di Idlib la situazione è un

“disastro”, hanno riferito il 6 febbraio i

soccorritori locali della difesa civile, i caschi bianchi, alle prese con una delle loro

missioni più difficili. Già dal mattino gli

ospedali erano sommersi. Il sisma ha creato scene di panico, gli abitanti si sono

precipitati in strada.

Il palazzo in cui viveva Osama Abdelhamid con la moglie e i figli , nel villaggio siriano di Azmarin, al confine con la

Turchia, è crollato nell’istante in cui sono

usciti dall’appartamento, ha raccontato

l’uomo all’agenzia Associated Press dal

letto d’ospedale. I vicini sono tutti morti.

In questa regione, che negli ultimi mesi è rimasta un bersaglio regolare dei bombardamenti delle forze del regime, e dove

vivono più di quattro milioni di persone,

molte sfollate da altre province, interi

campi profughi sono stati spazzati via.

Nelle zone governative la Mezzaluna

rossa siriana è stata incaricata di estrarre

i vivi e di trasportare i cadaveri. Ad Aleppo il giorno dopo il terremoto la paura è

ancora logorante. Alcuni edifici sono

crollati come castelli di carte. “L’abbiamo scampata per un soffio. La nostra casa

è ancora in piedi”, si ripete sconvolto Jamal, un giovane segnato dalla guerra.

Aleppo, seconda città della Siria, è stata

spaccata in due dai combattimenti tra

esercito e ribelli dal 2012 al 2016. “Ma abbiamo la sensazione che tutto sia pericoloso, siamo preoccupati per il dopo: ci

saranno nuove scosse? La gente è rimasta

in strada perché ha paura che le case crollino”. Ma il clima è gelido, con una pioggia incessante. Alcuni abitanti sono rimasti nei grandi giardini pubblici di Aleppo.

Sono stati aperti dei rifugi improvvisati:

più di mille sfollati hanno trascorso la

notte in alcune chiese della città.

“Siamo riusciti a offrire un pasto, ma

non abbiamo potuto distribuire coperte. È

Da sapere Come si muove l’Anatolia

◆ La Turchia si sposta verso ovest di circa due

centimetri all’anno lungo la faglia dell’Anatolia

orientale, dove si sono sviluppati i violenti terremoti di questi giorni. La maggior parte del

paese si trova infatti sulla placca anatolica, che

è schiacciata tra altre quattro placche, tra cui

quella araba (dove si trova buona parte della

Siria) che preme verso nordovest, e la grande

placca eurasiatica che si muove verso sudest.

Placche Secondo la teoria più accreditata, la

litosfera, formata dalla crosta terrestre e dalla

parte più esterna del mantello superiore, è divisa in una ventina di porzioni rigide, dette

placche o zolle, che “galleggiano” sullo strato

sottostante. Le placche si muovono lentamente, allontanandosi e avvicinandosi tra loro.

Faglie Lungo i margini delle placche le rocce

scivolano l’una contro l’altra spinte dal movimento, e accumulano grandi quantità di energia. Quando il materiale roccioso, sottoposto

alle sollecitazioni, supera il limite elastico e

raggiunge il punto di rottura, si formano le faglie, profonde fratture da cui è più probabile

che sia rilasciata l’energia immagazzinata. I

terremoti sono appunto generati dal brusco rilascio di quest’energia lungo le faglie.

Scale Diversi fattori hanno contribuito a rendere il terremoto in Turchia e in Siria particolarmente devastante. Uno è la sua intensità. La

magnitudo della prima scossa è stata di 7,8 e

quella della seconda di 7,5. Può sembrare una

piccola differenza, ma la scala che misura l’energia liberata, chiamata scala di magnitudo

del momento sismico (Mw), è di tipo logaritmico. Significa che cresce in modo esponenziale:

tra un grado e l’altro l’ampiezza del movimento

del terreno è dieci volte più grande e l’energia

sprigionata è quasi 32 volte superiore. Per avere un termine di paragone, il terremoto di

Amatrice del 2016 ha avuto una magnitudo 6,0

e quello del 2009 dell’Aquila, 6,3. La Mw è un

aggiornamento della scala Richter. È ormai diventata il metodo standard per la misura dei

terremoti. The Economist, Usgs

Mar Nero

TURCHIA

SIRIA

400 km

Istanbul

Epicentri

Placca

Placca anatolica

dell’Egeo

Placca

africana Placca

araba

Placca euroasiatica

FONTE: THE ECONOMIST

P:21

impossibile trovarne, in questa devastazione”, spiega Safir Salim, direttore

dell’Hope center (centro speranza), un’associazione cristiana. È in attesa di aiuti dal

Libano. “Tutti sono terrorizzati”, aggiunge, prima che la linea si interrompa: i collegamenti sono difficili, la connessione

molto debole.

Nessun posto

Il terremoto ha spazzato via le vecchie abitazioni costruite senza fondamenta o senza il rispetto delle norme antisismiche,

oppure già parzialmente distrutte dai

bombardamenti. La catastrofe è avvenuta

in un paese in cui i servizi sono al collasso:

a Idlib negli ultimi dieci anni le strutture

sanitarie sono state ripetutamente colpite

dall’aviazione russa o siriana. Nelle zone

governative molti medici se ne sono andati da tempo e le attrezzature degli ospedali sono per lo più deteriorate.

Il terremoto si sovrappone a una quotidianità che è già durissima per i siriani.

Nella zona sotto il controllo del regime, in

cui vive la maggioranza della popolazione, l’economia è strozzata, colpita dal tracollo del vicino Libano, dalle sanzioni statunitensi (Washington impedisce tutte le

transazioni con il regime), dalla corruzione. Le forniture di petrolio dall’Iran, l’alleato del regime insieme alla Russia, si sono

drasticamente ridotte.

Senza mezzi per riscaldarsi, i siriani

anche quest’inverno bruciano tutto quello che gli capita sotto mano per resistere

al freddo: plastica, tessuti, gusci di pistacchio. “Già prima del terremoto la Siria stava attraversando la peggiore crisi

umanitaria dall’inizio del conflitto”, spiega Bahia Zrikem, responsabile dei programmi per la Siria del Norwegian refugee council (Nrc), una ong presente nelle

zone ribelli e governative. Con la difficoltà della popolazione a nutrirsi o ad accedere ai servizi di base “assistiamo a un

aumento di pratiche di sopravvivenza,

come il lavoro minorile”.

La risposta umanitaria internazionale

sarà portata avanti da partner locali, su

un territorio diviso tra forze politiche (il

gruppo islamista radicale Hayat tahrir al

Sham nella provincia di Idlib, i ribelli alleati della Turchia intorno ad Aleppo, il

regime nelle zone lealiste). “Stiamo ancora cercando i dispersi”, avverte Louise

Bichet, resposabile Medio Oriente per

Médecins du monde Francia, ong attiva

sia nelle zone ribelli sia in quelle governative. “Bisognerà contare le strutture sanitarie sicure per i pazienti e il personale,

capire come potranno essere trasportati i

materiali necessari”.

Le persone della diaspora siriana,

sconvolte di fronte alla vastità del dramma, hanno lanciato delle raccolte fondi

sui social network. I soccorritori libanesi

della Croce rossa sono partiti per la Siria.

Nonostante i timori per una scossa di

assestamento, Jamal, il giovane di Aleppo, appena diventato padre, non ha intenzione di lasciare la città con la moglie

e il figlio. “Non abbiamo un mezzo di trasporto. E poi dove dovremmo andare?

Non abbiamo nessun posto dove rifugiarci”. ufdl

Il villaggio di Besnia, nella provincia di Idlib, in Siria, il 6 febbraio 2023

OMAR HAJ KADOUR (AFP/GETTY)

Ad Aleppo il giorno

dopo il terremoto la

paura è ancora

logorante

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 21

P:22

In copertina

D

opo il devastante terremoto del

6 febbraio, la comunità internazionale ha rapidamente organizzato l’invio di aiuti umanitari in Turchia. Per quanto riguarda la

Siria, invece, la situazione è più complicata. I soccorsi internazionali, strumentalizzati per anni dal regime di Bashar al Assad, si trovano di fronte a un dilemma:

come sostenere una popolazione in pericolo senza fare il gioco del regime di Damasco, soprattutto nelle regioni controllalizzazione dei rapporti con la Siria, come

gli Emirati Arabi Uniti, e quelli di chi non

ha mai interrotto del tutto le relazioni, come l’Iraq.

Un solo passaggio

Ma c’è anche un paese che ha sorpreso

tutti, annunciando l’invio di aiuti umanitari ad Assad. In una dichiarazione a effetto, il 6 febbraio il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto di

averli approvati “dopo aver ricevuto una

richiesta da una fonte diplomatica”, senza però precisarne l’origine.

Secondo Ayman Aldassouky, specialista di questioni siriane e ricercatore del

centro Omran di Istanbul, “Netanyahu

vuole incrinare i rapporti tra il regime di

Assad e l’Iran, dimostrando che esistono

canali diplomatici non ufficiali con Israele, attraverso la Russia”. Il regime siriano,

pur avendo lanciato un appello alla comunità internazionale, ha smentito di

aver chiesto aiuto a Israele, paese che

considera nemico.

Da quando Assad è stato isolato a livello internazionale, dopo la sua sanguinosa

repressione delle rivolte del 2011, non ha

Damasco strumentalizza

gli aiuti umanitari

Il presidente Bashar al Assad

cercherà di approfittare

dell’emergenza per uscire

dall’isolamento diplomatico

Noura Doukhi e Philippine Masson,

L’Orient-Le Jour, Libano

te dall’opposizione? Nelle ultime ore i social network sono pieni di immagini dei

siriani che vivono in queste aree, abbandonati a se stessi mentre cercano di estrarre le vittime dalle macerie. In Siria il bilancio provvisorio del sisma di magnitudo 7,8

e delle forti scosse successive, con epicentro nel sudest della Turchia, è di quasi tremila morti e cinquemila feriti, di cui la

maggioranza nella zona nordoccidentale,

controllata dalle fazioni legate ad Ankara

e in parte dall’organizzazione jihadista

Hayat tahrir al Sham (Htc).

Dopo la notizia della catastrofe, gli aiuti sono arrivati in Siria soprattutto dagli

alleati del regime di Assad, come l’Iran, e

dalla Cina. Si sono aggiunti anche quelli di

paesi impegnati in un percorso di normaAAREF WATAD (AFP/GETTY)

22 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:23

mai smesso di usare gli aiuti umanitari per

fini politici. Il governo siriano si oppone al

meccanismo creato a livello internazionale per soccorrere le zone controllate dai

ribelli, che aggira la sua autorità, e vorrebbe che tutti gli aiuti passassero da Damasco. L’obiettivo è fare in modo che il suo

potere sia riconosciuto dall’Onu su tutto il

territorio e ottenere una legittimità internazionale.

Dei quattro passaggi di frontiera esistenti nel 2014, dal 2020 ne è rimasto solo

uno, dopo la chiusura pretesa dalla Russia

e dalla Cina di un valico in Turchia e di altri due in Giordania e Iraq. “Il regime di

Assad ha limitato questo meccanismo

transfrontaliero per usare gli aiuti umanitari internazionali a proprio vantaggio e

rafforzare la sua legittimità, la sua base e

le sue istituzioni”, sottolinea Aldassouky.

Ormai l’Onu conta solo sul valico di

Bab al Hawa, alla frontiera con la Turchia,

per inviare gli aiuti ai siriani che vivono

nel nordovest del paese, senza l’avallo delle autorità di Damasco. Ma secondo fonti

locali il passaggio, colpito dal terremoto,

sarebbe stato chiuso. La portavoce dell’Onu per gli affari umanitari, Madevi SunSuon, ha dichiarato che i convogli di aiuti

sono fermi lungo il confine, ammettendo

di non sapere ancora quando potranno ripartire.

Riproponendo la retorica di Damasco,

il 6 febbraio l’ambasciatore siriano alle

Nazioni Unite, Bassam Sabbagh, ha dichiarato che “gli accessi in Siria esistono.

Le organizzazioni internazionali possono

coordinarsi con il governo”. E ha aggiunto

che Damasco è pronta a gestire gli aiuti

“per tutti i siriani, in tutti i territori”, rifiutando la possibilità che arrivino in modo

indipendente attraverso i valichi di frontiera.

Gli Stati Uniti hanno escluso esplicitamente la possibilità di trattare con il governo siriano, che non considerano legittimo, precisando che consegneranno

aiuti al paese attraverso le ong. “Sarebbe

paradossale, oltre che controproducente,

tendere la mano in questo momento a un

governo che ha martoriato il suo popolo

per dodici anni, colpendolo con il gas,

massacrandolo e rendendosi responsabile della maggior parte delle sue sofferenze”, ha dichiarato il portavoce del dipartimento di stato statunitense Ned Price. Dal

2011 la comunità internazionale ha imposto una serie di sanzioni economiche alla

Siria. Queste misure sono state rafforzate

nell’estate 2020 dall’entrata in vigore della legge statunitense Caesar, che colpisce

qualunque persona, azienda o istituzione

faccia affari con il governo di Damasco o

contribuisca alla ricostruzione del paese.

Dopo il terremoto vari sostenitori del regime hanno diffuso sui social network

l’hashtag #stopsanctionssyria, rafforzando la tesi delle autorità secondo cui la crisi

economica sarebbe direttamente legata

alle sanzioni.

Reti informali

“Per il regime il flusso di aiuti umanitari

rappresenterà un’occasione per uscire

dall’isolamento a livello regionale e internazionale”, suggerisce Fayçal Abbas Mohammad, ex professore di relazioni internazionali siriano-canadese. Secondo lui,

dal 2021 Assad ha fatto grandi passi avanti

in termini di normalizzazione dei rapporti

internazionali, soprattutto dopo aver incontrato nel marzo 2022 il principe ereditario ad Abu Dhabi, la prima visita in un

paese arabo dal 2011. Il 7 febbraio, in una

conferenza stampa organizzata a Damasco, Khaled Haboubati, direttore della

Mezzaluna rossa siriana, che opera nelle

zone controllate dal governo, ha chiesto

all’Unione europea di cancellare le sanzioni internazionali, perché “dopo questo

terremoto è il momento di farlo”.

Nonostante le sanzioni, le aree controllate dal regime siriano ricevono aiuti

internazionali attraverso le agenzie

dell’Onu, che spesso hanno sede a Damasco. Tuttavia, diverse inchieste condotte

negli ultimi anni hanno rivelato la scomparsa di somme astronomiche destinate

agli aiuti e finite nelle tasche del regime.

Secondo uno studio pubblicato nell’ottobre 2021 dal Center for strategic &

international studies (Csis), tra il 2019 e il

2020 il governo siriano si sarebbe impossessato di cento milioni di dollari di aiuti

umanitari dell’Onu attraverso l’imposizione di un tasso di cambio estremamente

sfavorevole. “I soldi che arriveranno in

Siria continueranno a passare attraverso

le istituzioni finanziarie controllate dal

regime, con il tasso di cambio imposto da

Damasco”, nota Abbas Mohammad. Dopo il sisma, l’Unione europea ha annunciato una donazione di circa 650mila dollari alla Federazione internazionale della

Croce rossa e della Mezzaluna rossa destinata alla Turchia e alla Siria, ma senza

precisare il modo in cui il denaro sarà inviato nel secondo paese.

“Il regime cercherà di rafforzare le sue

reti informali, come il Syria trust for development, assegnandogli il diritto di controllare gli aiuti umanitari internazionali e

di usarli per finanziare la fornitura di servizi e sostenere la base di Assad, alle prese

con le conseguenze del conflitto”, aggiunge Ayman Aldassouky.

I paesi occidentali sono in forte imbarazzo davanti alle manovre del regime siriano, ma è difficile che possano evitare di

trattare con i suoi leader se vogliono aiutare la popolazione. “Dobbiamo considerare che tutti i mezzi pesanti necessari per

sgomberare le macerie in vista delle operazioni di ricerca e salvataggio sono a diesel”, sottolinea Karam Shaar, economista

siriano e ricercatore del Middle East institute. “È impossibile sapere quanto gasolio

sia disponibile nel paese senza dialogare

con le istituzioni governative”.

Negli anni è sembrato che diversi paesi

della regione volessero avere un atteggiamento pragmatico con la Siria, partendo

dal presupposto che, a dodici anni dalla

rivoluzione, Bashar al Assad resterà a lungo al potere. Sul fronte interno il peggioramento della crisi economica sembrava

aver ridotto il sostegno di una parte della

base nei suoi confronti. Ma ora molti oppositori temono che il terremoto sia

un’occasione d’oro per il regime. Assad ha

l’abitudine di mettersi in scena al capezzale della sua popolazione, come quando ha

visitato Latakia dopo i gravi incendi nei

boschi che avevano provocato diverse vittime nell’ottobre 2021. “Il terremoto sarà

usato dal regime per distogliere l’attenzione dagli abusi, dagli omicidi e dalla repressione, e dall’incapacità cronica di fornire servizi e soddisfare i bisogni più elementari di nove milioni di siriani che vivono sotto il suo controllo”, riassume Fayçal

Abbas Mohammad. uas

I paesi occidentali

sono in imbarazzo

davanti alle manovre

del regime siriano

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 23

Nell’ospedale di Bab al Hawa,

nella provincia siriana di Idlib,

il 6 febbraio 2023

P:24

24 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

In copertina

Hatay, Turchia, 6 febbraio 2023

P

er la Turchia è la catastrofe naturale più grave degli ultimi decenni: una folle sequenza di

scosse di terremoto e d’assestamento, in pieno inverno e in una zona, il

sudest del paese, segnata dalla povertà e

dai disordini politici. E, come se non bastasse, la violenza della natura si è abbattuta anche sulla vicina Siria, dove milioni

di persone scappate dalla guerra civile

vivono ammassate in miseri campi profughi. Una tragedia immane, con migliaia

di vittime.

Il presidente turco Recep Tayyip

Erdoğan, che è in piena campagna elettorale e la sera prima del terremoto, in un

grande evento con i giovani, si era scagliato violentemente contro l’opposizione, ha subito raffreddato i toni invocando

l’unità nazionale. “Ci auguriamo di superare questo disastro insieme, nel minor

tempo e con le minori perdite possibili”,

parte la gestione di alcune grandi città,

non ha incarichi importanti. I terremoti

sono considerati scherzi della natura e

l’opposizione non può dare la colpa al governo. Conta, invece, il cittadino che si dà

da fare. Se Erdoğan saprà affrontare le

conseguenze del terremoto con grande

risolutezza, potrà guadagnare consensi.

Gli avversari

Ma le cose possono andare diversamente.

Quando 85 milioni di turchi realizzeranno la dimensione effettiva del disastro, il

dolore e la solidarietà potrebbero lasciare

il posto alla rabbia e all’indignazione contro il potere. I cittadini allora potrebbero

interessarsi di più agli avversari di

Erdoğan. Ma l’opposizione è impreparata. Non è riuscita a capitalizzare politicamente la frustrazione nei confronti del

presidente, l’inflazione ormai assurda e

l’impoverimento di molte persone. I sei

partiti all’opposizione, che compongono

un’alleanza, non hanno ancora presentato il loro candidato (dovrebbero farlo il 13

febbraio).

Tra le macerie della catastrofe non ci

sarà uno sfidante capace di consolare, di

mostrarsi presente. Quest’alleanza di socialdemocratici, nazionalisti di destra,

religiosi e liberali, improvvisata in funzione anti-Erdoğan, è presa dalle lotte interne. Tutti sono convinti che alla fine lo sfidante sarà Kemal Kılıçdaroğlu, il lea der

del Partito popolare repubblicano (Chp),

che tuttavia non è molto bravo ad affascinare gli elettori. Ci potrebbe essere anche

Ekrem İmamoğlu, il sindaco di Istanbul,

che però è stato messo fuori gioco con una

condanna per insulti a funzionari elettorali. Un’altra opzione sarebbe Mansur

Yavaş, il sindaco di Ankara, ma è poco conosciuto e ha meno carisma.

La tragedia, inoltre, si è abbattuta nella regione curda, dove molte persone

odiano Erdoğan. Ma l’opposizione non ha

voluto allearsi con la formazione filocurda del Partito democratico dei popoli

(Hdp). Davanti a una catastrofe simile

può sembrare inopportuno parlare di chi

può sfruttarla politicamente. Ma il primo

a farlo sarà Erdoğan. Non si può dare per

scontato che con lo stato d’emergenza

nelle province colpite si svolgeranno le

elezioni. I turchi, con il loro dolore inconsolabile, potrebbero ribellarsi contro il

potere. Sarebbe un terremoto politico,

dopo quello naturale. unv

In cerca di consensi

dopo il sisma

Recep Tayyip Erdoğan cercherà

di sfruttare la tragedia in vista

delle elezioni. Approfittando

di un’opposizione debole e divisa

Tomas Avenarius, Süddeutsche Zeitung, Germania

ha scritto su Twitter. Ma, a tre mesi dalle

elezioni presidenziali, il terremoto potrebbe decidere il futuro del paese. Il 14

maggio si vota anche per rinnovare il parlamento. Erdoğan, che il 26 febbraio compirà 69 anni e da più di venti è al potere, si

ricandida. La gestione della crisi e delle

conseguenze del terremoto deciderà se

dovrà fare i bagagli e lasciare Ankara.

Alcuni elementi fanno pensare che

Erdoğan, leader del partito islamico conservatore Akp e figura sempre più autoritaria, sfrutterà la situazione.

In politica estera, per esempio, l’aiuto

offerto prontamente dalla Svezia potrebbe offrirgli una via d’uscita dalle tensioni

sulla richiesta di Stoccolma di entrare nella Nato. Ma, soprattutto, i turchi colpiti

dalla catastrofe, quelli che hanno perso i

parenti, che sono feriti in ospedale o che

non hanno più un tetto sulla testa ora non

pensano certo alle questioni politiche, alle

palesi mancanze del governo, ai fallimenti e alla corruzione che hanno limitato le

opere di prevenzione e antisismiche. Ora

le persone hanno bisogno d’aiuto. E l’aiuto

arriverà dallo stato. Quindi da Erdoğan.

L’opposizione invece ha poco da offrire. A

MURAT SENGUL (ANADOLU AGENCY/GETTY)

P:25

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 25

C’ è un modo di dire in Turchia: “buttarla in politica”.

Come se la politica fosse

una cosa separata dalla società, indipendente dalle cause e dalle

conseguenze del modo in cui viviamo.

“Non buttarla in politica” significa “non

è compito nostro rendere conto della realtà”. Impedire ai cittadini di difendere i

propri interessi significa proteggere la

superiorità degli interessi personali, di

classe, di rango.

Per comprendere le dimensioni del

più grande disastro degli ultimi vent’anni bisogna guardare prima di tutto al disastro ventennale. Siamo di fronte a un

regime che non dà importanza ad altro

che al proprio profitto, che non ha altri

piani a parte salvarsi nel momento del

pericolo, che non vede neppure il bisogno di un simile piano, che non esita a

manovrare per trovare qualche vantaggio nella tragedia. Non dobbiamo proteggerci solo dal terremoto, ma anche

da questo regime.

Da vent’anni la Turchia è amministrata secondo il principio “quel che conta è il profitto, costi quel che costi”. In

questo periodo avremmo dovuto prepararci a nuovi terremoti dopo quello di

İzmit, che nel 1999 uccise 18mila persone. Invece abbiamo consegnato il paese

a un appaltatore che lo ha distrutto e ha

costruito un mostro di cemento. I faccendieri criminali degli anni precedenti

sono dei dilettanti in confronto.

Qualcuno penserà che è inappropriato dire queste cose dopo una catastrofe

simile. Invece è proprio questo il momento. Un intero paese si è mobilitato e

cerca di aiutare le vittime. Gli aerei non

possono atterrare negli aeroporti costruiti su terreni paludosi, le strade appaltate con criteri politici si sbriciolano

come biscotti.

Quelli che hanno mandato le forze

armate turche a invadere la Siria, e nominato prefetti nei territori occupati come fossero sultani ottomani, esitano a

inviare nelle zone terremotate l’esercito

pagato con le tasse dei cittadini. E i religiosi con le Mercedes, sempre finanziati

dalle tasse, recitano orazioni funebri per

il paese. Anche il ministro degli interni,

che si precipita davanti alle telecamere

appena in Siria si muove una foglia, non

si è fatto vedere. Quando le macerie saranno rimosse, probabilmente manderà

alle vittime le forze speciali e le camionette della polizia.

Arroganza e indifferenza

Per ogni evenienza, il potere ha messo in

piedi una campagna di pubbliche relazioni. Temendo che qualcosa filtrasse

dalla melma dei mezzi d’informazione,

alcuni rappresentanti del Partito giustizia e sviluppo (Akp) sono stati mandati

sul campo a stuccare le crepe. Dovevano

solo pronunciare qualche discorso di circostanza e dare almeno un’impressione

di umanità, ma non sono riusciti a fare

nemmeno questo. A emergere sono l’arroganza e l’indifferenza di chi non riesce

a guardare in faccia il suo popolo e non

sa neanche offrire una parola di conforto

senza guardare alla mappa dei risultati

delle elezioni amministrative.

Chi è abbastanza vecchio da ricordare il terremoto di İzmit sa cosa sia uno

stato che non riesce ad aiutare le vittime

di una calamità naturale. Ma uno stato

che ritiene umiliante aiutare il proprio

popolo, che lo considera una minaccia

alla propria esistenza, è a un livello molto più avanzato di degenerazione.

In realtà il regime del partito-stato

non ha torto, perché come in ogni crimine in questo paese ci sono le sue impronte digitali dappertutto. Oggi stiamo vivendo le conseguenze di una calamità

ventennale che dopo il terremoto del

1999 ha fatto l’esatto contrario di ciò che

chiedevano gli scienziati, e lo ha fatto di

proposito, per creare un nuovo capitalismo asservito; che è stata accecata

dall’avidità e dalla partigianeria; e che ha

fatto dell’attacco all’interesse pubblico la

base della sua strategia.

Da vent’anni l’Akp governa il paese

secondo il motto “dopo di noi il diluvio”.

Non si è mai preoccupato di fare l’interesse pubblico, e non lo farà mai.

Riconoscerlo non significa “buttarla

in politica”. Al contrario, vuol dire intervenire nella politica già esistente in modo da evitare altre distruzioni. Rendere

nuovamente pubblico l’interesse pubblico usurpato. Dire: “Dovete fare bene il

vostro lavoro o ne pagherete le conseguenze”.

Nessuno si lasci ingannare. Anche i

morti del terremoto sono politici. Non si

può impedire un terremoto, ma si possono limitare i danni di un disastro ampiamente annunciato. Basta volerlo.

Indicare chi non ha questa intenzione

non significa “buttarla in politica” ma

cercare di tenere i piromani che da

vent’anni girano per il paese con le taniche di benzina lontano dal luogo del

prossimo incendio. u ga

Una catastrofe

che dura da vent’anni

L’opinione

La strage causata dal terremoto

in Turchia è il risultato del totale

disinteresse della politica

per il bene pubblico

Dağan Irak, Diken, Turchia

Non si può impedire

un terremoto, ma si

possono limitare

i danni di un disastro

ampiamente

annunciato. Basta

volerlo

P:26

26 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

IRAN

Panahi

rilasciato

Jafar Panahi (nella foto), uno dei

registi iraniani più conosciuti, è

stato liberato su cauzione il 3

febbraio. Due giorni prima aveva cominciato uno sciopero della fame per protestare contro la

sua detenzione in corso da sette

mesi nel carcere di Evin, a Teheran. Iran Wire ricorda che Panahi, vincitore del Leone d’oro

al festival di Venezia nel 2000 e

dell’Orso d’oro al festival di Berlino nel 2015, il 19 luglio 2022 era

stato condannato a scontare sei

anni di prigione in base a una

sentenza emessa nel 2010. Era

stato arrestato a Teheran l’11 luglio, dopo aver chiesto la scarcerazione di due suoi colleghi. Il 5

febbraio l’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema del paese, ha

annunciato la liberazione o la riduzione della pena per decine di

migliaia di detenuti. Il provvedimento, che prevede però il rispetto di alcune condizioni, si

applicherà anche a molte delle

persone arrestate negli ultimi

mesi per aver partecipato alle

manifestazioni contro il governo seguite alla morte di Mahsa

Jina Amini.

IRAQ

Le donne

in piazza

Decine di irachene hanno manifestato il 5 febbraio davanti al

consiglio supremo della magistratura a Baghdad per chiedere

una legge contro la violenza domestica, scrive Al Mada. La

protesta è stata scatenata dalla

morte di Tiba al Ali, una blogger

di 22 anni uccisa dal padre il 31

gennaio nella provincia meridionale di Diwaniya. La ragazza

viveva in Turchia ed era tornata

in Iraq per risolvere affari di famiglia. Il suo omicidio ha scatenato un’ondata d’indignazione

sui social network, mentre i

gruppi per la difesa dei diritti

umani invocano leggi più dure

per proteggere le donne dalla

violenza di genere. In base

all’articolo 409 del codice penale iracheno, i giudici possono infliggere condanne più leggere a

chi uccide per “motivi d’onore”.

IN BREVE

Jihadismo Secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato il 7 febbraio, le principali motivazioni che spingono gli africani a unirsi ai movimenti jihadisti

sono, più che le credenze religiose, la povertà e la mancanza

di lavoro.

Israele-Palestina L’esercito

israeliano ha annunciato il 6

febbraio di aver ucciso cinque

“assalitori palestinesi” in un

raid nel campo profughi di

Aqbat Jabr, vicino a Gerico, in

Cisgiordania. L’obiettivo era arrestare dei miliziani che avevano cercato di attaccare un ristorante frequentato da coloni.

SOMALIA

Alleanze

in discussione

Sono almeno 58, secondo fonti

ospedaliere, le vittime degli

scontri del 6 e 7 febbraio nella

città di Las Anod, in

Somaliland. I combattimenti

hanno visto le forze di

sicurezza locali, leali allo stato

autoproclamato nel 1991,

opporsi a milizie vicine a gruppi

che vorrebbero tornare sotto

l’autorità del Puntland, uno dei

cinque stati federali della

Somalia, spiega il sito Garowe

Online. Il 7 febbraio il

presidente somalo Hassan

Sheikh ha chiesto un cessate il

fuoco, invitando le parti a

trovare una soluzione pacifica.

300 km

Oceano

Indiano

ETIOPIA

GIBUTI

SOMALIA

Mogadiscio

Las Anod

Hargeisa

Somaliland

Puntland

Il 22 gennaio a Yaoundé, la capitale

del Camerun, è stato ritrovato il

corpo di Martinez Zogo, un

giornalista radiofonico noto per

aver denunciato la corruzione nel

governo. Da allora il quotidiano

Mutations ha seguito con

attenzione il caso, richiamando le

autorità al dovere di fare luce

sull’omicidio. Il 7 febbraio il giornale ha dato la notizia

dell’arresto di Jean-Pierre Amougou Belinga, capo del

gruppo editoriale L’anecdote. Zogo aveva più volte

parlato degli affari sporchi dell’imprenditore. Nei giorni

precedenti erano state arrestate una ventina di persone

dei servizi di controspionaggio, tra cui il capo Léopold

Maxime Eko Eko e un suo collaboratore, Justin Danwe.

Nella deposizione che l’ong Reporters sans frontières

(Rsf ) ha potuto visionare, Danwe chiama in causa il

ministro della giustizia in relazione all’omicidio. Per

questo Rsf parla di un “crimine di stato”, commesso in

un contesto di destabilizzazione legata alla successione

del presidente Paul Biya, al potere dal 1982. Il 2 febbraio

un altro conduttore radiofonico, Jean-Jacques Ola Bébé,

è stato ucciso a colpi di pistola nella sua abitazione. ◆

Mutations, Camerun

CAMERUN

Un crimine di stato

RDC

Una forza

inutile

Un soldato sudafricano schierato con la Monusco, la missione delle Nazioni Unite nella

Repubblica Democratica del

Congo (Rdc), è stato ucciso a

Goma il 5 febbraio, in un attacco contro l’elicottero su cui

viaggiava. Nella zona sono in

corso i combattimenti con la

milizia ribelle M23, spiega il

quotidiano The Nation. Il

giorno dopo migliaia di abitanti

della città hanno protestato

contro la presenza nella loro regione di una forza militare inviata dalla Comunità dell’Africa orientale (Eac), che dallo

scorso novembre ha fatto ben

poco per fermare l’avanzata dei

ribelli appoggiati dal Ruanda.

Newsletter

Africana e Mediorientale

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Oriente. Per riceverle:

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Africa e Medio Oriente

P:27

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 27

FRANCIA

La protesta

continua

Il 7 febbraio più di 750mila persone hanno partecipato alla terza giornata di proteste indetta

dai sindacati francesi contro la

riforma delle pensioni, una partecipazione leggermente inferiore a quella registrata il 19 e il

26 gennaio. Anche stavolta la

mobilitazione è stata accompagnata da una serie di scioperi

che hanno bloccato i trasporti

pubblici e le raffinerie. L’11 febbraio è in programma un’altra

giornata di agitazione. Intanto

la riforma è approdata in parlamento, dove il partito centrista

del presidente Emmanuel Macron non ha la maggioranza assoluta e dovrà cercare voti tra le

file dell’opposizione. La premier

Élisabeth Borne ha annunciato

al Journal du dimanche di essere pronta ad accogliere alcune

delle richieste avanzate dai

Républicains per evitare il ricorso all’articolo 49 della costituzione, che permetterebbe al governo di far passare la misura

senza il voto delle camere. Ma la

sua apertura ha diviso il partito

di centrodestra, che non ha ancora trovato una posizione unitaria sulla riforma.

MOLDOVA

Il paese

che scompare

Secondo una nuova stima elaborata dall’ufficio nazionale di

statistica, la popolazione della

Moldova è di appena 2,6 milioni

di persone, il 40 per cento in

meno rispetto al 1990, quando

il paese aveva più di 4,3 milioni

di abitanti. Oltre che al calo della natalità osservato in tutti i

paesi europei, questa “catastrofe demografica” senza precedenti è dovuta soprattutto all’emigrazione di massa, scrive

Contrafort. Negli ultimi anni

il fenomeno ha subìto una forte

accelerazione con l’abolizione

dei visti per l’Unione europea e

la legge con cui la Romania ha

offerto la cittadinanza ai moldavi di origine romena. Se la

tendenza sarà confermata, entro il 2040 la popolazione moldava si ridurrà a 1,7 milioni di

abitanti.

MOLDOVA

45 km

Transnistria

Mar

Nero

Tiraspol

Chișinău

UCRAINA

ROMANIA

CHARLY TRIBALLEAU (AFP/GETTY)

IN BREVE

Francia Il senato ha approvato

l’emendamento che include il

diritto all’aborto nella costituzione. La legge, proposta dal

partito di sinistra La France insoumise, dovrà essere approvata anche dall’assemblea nazionale e poi sottoposta a referendum.

Finlandia Il parlamento ha approvato la riforma della legge

sull’assegnazione di genere,

che consente di cambiare sesso

anagrafico attraverso un’autodichiarazione, senza più bisogno di sottoporsi a una visita

psichiatrica.

UCRAINA

Altri aiuti

dall’Europa

La visita a Kiev della presidente

della Commissione europea

Ursula von der Leyen (nella foto) e del presidente del consiglio europeo Charles Michel, il

3 febbraio, è stata una parziale

delusione per il presidente Volodimyr Zelenskyj. I due hanno

ribadito il loro appoggio all’Ucraina e annunciato nuove misure di sostegno, tra cui un pacchetto di aiuti da 450 milioni di

euro e un accordo per favorire

l’accesso delle aziende ucraine

al mercato europeo, ma non

hanno fissato una data per l’avvio del processo di adesione

dell’Ucraina all’Unione. Kiev

ha ottenuto lo status di candidata a luglio del 2022, e prima

della visita Zelenskyj aveva dichiarato di sperare che i colloqui cominciassero entro dicembre, ma secondo Von der Leyen

“non c’è una tabella di marcia

rigida”. In compenso gli alleati

occidentali sembrano disposti a

sbloccare gli aiuti militari richiesti dal presidente per contrastare la nuova offensiva russa nel Donbass, che Kiev considera ormai imminente. La Germania avrebbe intenzione di

consegnare un centinaio di carri armati Leopard 1, meno avanzati dei Leopard 2 già promessi.

Inoltre il Regno Unito ha annunciato che addestrerà i piloti

ucraini a usare i velivoli della

Nato, segno che anche le esitazioni sulla consegna degli aerei

da combattimento potrebbero

presto essere superate, nota il

Financial Times.

UKRAINIAN PRESIDENCY (ANADOLU AGENCY/GETTY)

Tolosa, 7 febbraio 2023

La legge sulla libertà sessuale, che

era stata celebrata come uno dei

principali risultati ottenuti dal

governo di Pedro Sánchez,

minaccia di spaccare la coalizione

di centrosinistra tra il Partito

socialista (Psoe) e Podemos. La

norma, soprannominata “solo sì è

sì”, mirava ad accogliere anni di

rivendicazioni femministe contro la colpevolizzazione

di chi subisce uno stupro, classificando come violenza

tutti i rapporti sessuali senza consenso esplicito. Da

quando è entrata in vigore a ottobre, però, la sua

applicazione retroattiva ha portato alla scarcerazione

di una trentina di stupratori e alla riduzione della pena

per altri quattrocento condannati per violenza

sessuale. ll 7 febbraio il Psoe ha presentato in

parlamento una bozza di riforma per correggere questi

“effetti indesiderati”. Podemos, il partito della

ministra dell’uguaglianza Irene Montero, che ha

elaborato la legge, rifiuta però di sostenere la modifica.

La spaccatura arriva a poco più di tre mesi dalle

elezioni amministrative del 28 maggio, considerate un

test cruciale in vista delle legislative di dicembre. ◆

El País, Spagna

SPAGNA

Un sì complicato

Europa

P:28

I

l fiume Colorado nasce dalla neve

scongelata che scende dalle montagne Rocciose e crea una serie di ruscelli che confluiscono nei prati e

nelle valli. Come le arterie dell’apparato

circolatorio, i suoi principali affluenti attraversano vari stati – Wyoming, Colorado, Utah e New Mexico – fino a unirsi in un

fiume maestoso che viaggia per più di

2.300 chilometri e che nell’ultimo secolo

ha reso possibile lo sviluppo del sudovest

degli Stati Uniti.

L’acqua deviata dal fiume ha fatto prosperare l’agricoltura su più di due milioni

di ettari e serve circa quaranta milioni di

persone in città come Denver e Los

Angeles. Le risorse del Colorado hanno

alimentato l’economia di sette stati del

paese, oltre che del nord del Messico. Ma

da molto tempo la quantità d’acqua prelevata è eccessiva. Oggi il fiume non può più

sostenere la sfrenata sete dell’arida zona

occidentale degli Stati Uniti.

Un secolo fa sette stati firmarono un

accordo, il Colorado river compact, per

spartirsi le risorse del fiume. Quel patto

sovrastimò la quantità d’acqua che poteva

essere destinata ai centri abitati e ai terreni agricoli. Oggi, dopo anni di allarmi lanciati dagli scienziati e sforzi insufficienti

per adattarsi, quel patto sta andando a

sbattere contro la realtà di un fiume che

continua a prosciugarsi. Dal 2000, mentre l’aumento delle temperature dovuto

all’uso di combustibili fossili ha aggravato

la peggiore siccità degli ultimi secoli, la

portata del Colorado è calata del 20 per

cento. I bacini hanno raggiunto i minimi

storici e la situazione continua a peggiorare. Questo sta convincendo la regione ad

affrontare finalmente il problema. Ancora

non è chiaro come saranno ripartiti i razionamenti tra gli stati, i distretti idrici e le

comunità indigene. È possibile che alla fine dovrà intervenire il governo federale e

non è escluso che la questione finisca in

tribunale. In ogni caso, per limitare lo

sfruttamento dell’acqua, le autorità dovranno diminuire le forniture alle aziende

agricole e far ridurre i consumi di milioni

di persone. Bisognerà limitare il numero

di giardini ben curati e abbandonare colture particolarmente “assetate” come

l’erba medica e destinare meno acqua ai

campi da golf e ad altre attività che comportano consumi elevati.

Raccolta inutile

Facendosi strada sugli sci in una foresta di

pini coperti di neve, Brian Domonkos raggiunge l’area della montagne Rocciose in

cui nasce il fiume Colorado. Vuole controllare lo stato del manto nevoso vicino al

passo Berthoud, nello stato del Colorado,

dove il giorno prima sono caduti dodici

centimetri di neve. “Spero che regga ancora per un po’”, spiega Domonkos, supervisore degli studi sulla neve per il Natural resources conservation service,

un’agenzia del governo federale. È preoccupato perché in Colorado nevica sempre

meno. Nella primavera del 2022 il manto

nevoso nel bacino idrografico dell’alto

Colorado si è fermato all’86 per cento della media storica, ma alla fine di luglio la

portata d’acqua prodotta dallo scioglimento della neve è stata solo del 67 per

cento rispetto alla media. Questa tendenza si ripete anno dopo anno. Un manto

nevoso vicino alla media alla sorgente si

traduce spesso in una portata scarsa d’acqua del fiume e dei suoi affluenti.

Negli ultimi anni si è formato un manto più spesso del solito grazie alle intense

tempeste invernali, ma la neve che è caduta non basterà a riempire le riserve idriche, il cui livello si riduce da più di vent’anni. Le temperature medie nel bacino idrico superiore – da cui dipende gran parte

della portata del fiume – sono aumentate

di tre gradi rispetto al 1970. Nello stesso

periodo sono stati registrati i 22 anni più

secchi degli ultimi 1.200. Quando le temperature salgono, gli alberi e altre piante

assorbono più acqua e cresce la quantità

di umidità che evapora.

Negli ultimi anni, i lunghi periodi di

siccità hanno fatto inaridire i terreni delle

montagne. E quando la neve si scioglie, in

primavera, la quantità d’acqua che scorre

nei torrenti è piuttosto bassa. “L’acqua sta

diminuendo”, sintetizza Domonkos.

“Dobbiamo trovare il modo di adattarci”.

RJ SANGOSTI (MEDIANEWS GROUP/THE DENVER POST/GETTY)

Il fiume Colorado vicino a Page, in Arizona, il 1 gennaio 2023

La crisi del fiume Colorado

trasforma il sudovest

Uno dei più importanti corsi

d’acqua degli Stati Uniti si sta

prosciugando. Per salvarlo

decine di milioni di persone

dovranno ridurre i consumi

e cambiare abitudini

Molly Hennessy-Fiske e Ian James,

Los Angeles Times, Stati Uniti

STATI UNITI

Americhe

28 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:29

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 29

Il corso principale del fiume prende

forma nel Rocky mountain national park,

per poi incunearsi nella valle e raggiungere i terreni agricoli. In una delle fattorie

della zona, Wendy Thompson riesce a vedere il fiume da casa. Si avvicina alla riva,

dove l’acqua torbida scorre vorticosamente. “In questo periodo dell’anno il fiume

dovrebbe essere trenta o sessanta centimetri più profondo”, spiega. Thompson

ha 67 anni e ricorda che quando era ragazza nello stato c’era molta più neve. Un

tempo il fiume allagava i pascoli. “L’ultima volta che abbiamo avuto una vera

inondazione è stato nel 1985”.

Più a monte rispetto ai ranch del Colorado occidentale, l’acqua viene deviata e

incanalata verso est, scorrendo in una serie di tunnel che passano sotto il continental divide, lo spartiacque che divide i fiumi

che scorrono verso l’oceano Atlantico e

quelli che finiscono nel Pacifico, per rifornire Denver e altre città in espansione. Al

momento sono in fase di sviluppo due

progetti per aumentare la capacità di raccolta idrica. Ken Fucik, scienziato ambientale e dirigente dell’Upper Colorado

river watershed group, è preoccupato. Si

chiede quale sia il senso dei due nuovi progetti, in un momento in cui i bacini esistenti alimentati dal Colorado si stanno

prosciugando rapidamente. “Con quale

acqua vorrebbero riempirli?”, si chiede.

Illusione di abbondanza

Il Colorado ha seguito il suo corso per milioni di anni, scavando solchi nell’arenaria, nella roccia calcarea, nel granito,

nell’argillite e nello scisto, fino a formare il

Grand canyon. I popoli indigeni che vissero lungo le rive del fiume e dei suoi affluenti per migliaia di anni decorarono le

rocce dei canyon con petroglifi e pittogrammi. A metà dell’ottocento, quando i

coloni bianchi si spostarono in massa verso ovest, le acque del basso Colorado si

riempirono di battelli a vapore. I coloni

cominciarono a deviare i corsi d’acqua e i

torrenti, assegnando le concessioni in base a un sistema che di fatto concedeva il

diritto di utilizzo al primo arrivato. L’acqua era considerata una fonte di ricchezza

da accaparrarsi. La grande ambizione di

politici, ingegneri e avventurieri era domare il fiume e sfruttarlo. All’inizio del

novecento l’attenzione si spostò sui progetti d’irrigazione per “recuperare le terre

aride”, secondo la definizione del Reclamation service, un’agenzia creata nel

1902 durante la presidenza di Theodore

Roosevelt. Fin dall’inizio ci fu qualcuno

che metteva in guardia dall’eccessiva dipendenza dal fiume. Prima della firma del

Colorado river compact, nel 1922, alcuni

scienziati sottolinearono che l’acqua del

fiume non sarebbe bastata. Ma nessuno li

ascoltò. L’accordo ripartiva lo sfruttamento del fiume “in perpetuo”, assegnando

circa dieci miliardi di metri cubi all’anno

agli stati dell’alto bacino (Colorado, Wyoming, Utah e New Mexico) e altrettanti a

quelli del basso bacino (California, Arizona e Nevada). In base a un trattato siglato

nel 1944, il Messico ottenne circa due miliardi di metri cubi.

Quelle quote furono stabilite in un periodo particolarmente piovoso, all’inizio

del novecento. Negli anni trenta, durante

la grande depressione, fu costruita la diga

di Hoover, tra Arizona e Nevada, e nel

1963 fu completata la diga di Glen canyon,

nel nord dell’Arizona. Michael Hiltzik,

giornalista del Los Angeles Times, scrive

che le dighe e i bacini “crearono solo l’illusione di un’abbondanza d’acqua”. Negli

ultimi cinquant’anni è stata deviata una

quantità d’acqua così grande che per molto tempo il fiume è rimasto prosciugato,

lasciando il posto ad appezzamenti desertici e polverosi nel punto dove prima sfociava in mare, sulla costa messicana.

Le sofferenze del fiume Colorado sono

state aggravate dal surriscaldamento del

pianeta provocato dagli esseri umani. Negli anni novanta e duemila gli scienziati

continuavano a ripetere che lo sfruttamento eccessivo del fiume, abbinato agli

effetti della crisi climatica, avrebbe intaccato i bacini portandoli a livelli pericolosamente bassi. Negli ultimi anni gli scienziati hanno scoperto che la riduzione della

portata del fiume è dovuta per metà all’aumento delle temperature, che il cambiamento climatico sta determinando l’aridificazione del sudovest e che per ogni grado in più la portata del Colorado potrebbe

diminuire di circa il 9 per cento.

L’abbassamento del flusso d’acqua

nella prima parte del corso del fiume ha

accelerato il prosciugamento del lago Powell, nato dalla costruzione della diga di

Glen canyon, e del lago Mead, creato dalla

diga Hoover. Il sistema di ripartizione

dell’acqua si basa su un clima che non esiste più, spiega Becky Bollinger, climatologa del Colorado climate center. Secondo

Bollinger, continuare a sfruttare le acque

del fiume è come svuotare progressivamente un conto corrente spendendo più

di quello che si guadagna, avvicinandosi

sempre di più alla bancarotta.

Il tempo stringe

Il governo federale ha cominciato a preparare il campo per limitare l’uso dell’acqua.

I funzionari del dipartimento dell’interno

hanno dichiarato che i prelievi annuali dovranno essere ridotti almeno del 15 per

cento e fino al 30 per cento, invitando i

sette stati che dipendono dal fiume a trovare un accordo e sottolineando che potrebbe essere necessario imporre tagli alla

fornitura. Per ora i negoziatori dei governi

statali e delle agenzie idriche non hanno

trovato un’intesa e c’è chi teme che la discussione possa finire in tribunale.

Intanto i livelli dei bacini continuano a

scendere e il tempo stringe.

Il fiume Colorado ha raggiunto uno

stato critico in un decennio in cui le siccità

estreme hanno portato ai minimi storici

altri grandi fiumi: dal Mississippi al Rio

Grande, dallo Yangtze in Cina al Danbuio

e al Reno in Europa. Le ricerche indicano

che la crisi climatica sta intensificando il

ciclo dell’acqua, producendo, da un lato,

siccità più frequenti e intense e, dall’altro,

precipitazioni e inondazioni più abbondanti. Uno studio recente ha rilevato che

negli ultimi settant’anni i corsi d’acqua

degli Stati Uniti occidentali e meridionali

si sono progressivamente prosciugati. I

dati rivelano periodi più lunghi e più estremi di flusso scarso.

Anche se i cicli umidi e secchi continuano ad alternarsi, secondo Brad Udall,

esperto di acqua e clima della Colorado

state university, il fiume va verso un’aridificazione a lungo termine. uas

STATI UNITI

Oceano

Pacifico

Los Angeles

Las Vegas

Denver

San Diego

MESSICO

CALIFORNIA

NEVADA

WYOMING

UTAH

COLORADO

NEW

MESSICO

ARIZONA

500 km

Fiume Colorado

P:30

L

a condizione dei nativi yanomami rivela gli effetti di quattro anni

di governo di estrema destra. Davanti alle immagini di bambini

che muoiono di fame e di malattie curabili, il 23 e 24 gennaio quasi ventimila operatori sanitari si sono iscritti come volontari

al programma Forza nazionale del sistema sanitario brasiliano: medici, infermieri, psicologi sono disposti ad abbandonare

la loro routine per andare nel territorio

yanomami, nel nord del paese. Nel dicembre 2022 c’erano 2.502 volontari, oggi

sono più di 33mila.

La psicologa Juliana Sangoi, 39 anni e

residente a Brasília, è una delle operatrici

sanitarie che si sono iscritte al programma: “Gli yanomami stanno vivendo una

catastrofe umanitaria”.

Il 23 gennaio il ministero della giustizia e della sicurezza pubblica ha ordinato

l’apertura di un’indagine sui crimini commessi da Bolsonaro e dal suo governo. Tra

gli atti ipotizzati ci sono il genocidio e l’omissione di soccorso. Tre giorni prima

questo giornale aveva denunciato che,

negli ultimi quattro anni, almeno 570

bambini sotto i cinque anni erano morti

per cause che si sarebbero potute evitare.

La procura generale ha affermato che

“i problemi di salute pubblica e sicurezza

alimentare degli yanomami sono il risultato dell’omissione dello stato brasiliano,

che non ha protetto i loro territori”. Tra le

soluzioni proposte c’è l’espulsione dei garimpeiros, i minatori d’oro illegali, dalle

terre dei nativi.

Intanto il presidente Luiz Inácio Lula

da Silva ha già disposto la sostituzione di

alcuni funzionari della Fundaçao nacional do índio, l’ente del governo che deve

tutelare i popoli nativi. Almeno tredici militari sono stati allontanati. Nel territorio

yanomami più di mille persone con gravi

problemi di salute e in situazione di estrema vulnerabilità hanno ricevuto assistenza medica, la maggior parte erano denutriti e avevano la malaria.

Situazioni estreme

La psicologa Juliana Sangoi si emoziona

quando parla delle migliaia di volontari

che, come lei, sono pronti a partire. “Abbiamo bisogno di stare uniti, ci sarà molto

lavoro da fare”, dice. “Credo che questo

sia un momento di ripresa, bisogna costruire e rafforzare le politiche che salvaguardano la salute dei popoli nativi”.

Anche la dottoressa Cecilia Machado

si è iscritta al programma. Vive a Salvador,

dove si è specializzata in pediatria. “Non è

tollerabile che in un paese come il nostro,

con un potenziale così grande, le persone

continuino a morire di fame. Vogliamo

che il sistema sanitario funzioni davvero,

dando di più a chi ha bisogno, come è giusto che sia”, dice.

La forza nazionale del servizio sanitario interviene in situazioni estreme, quando le capacità di risposta dello stato non

bastano. Nel caso degli yanomami, il programma è partito dopo il decreto d’emergenza sanitaria emanato dal governo il 20

gennaio. Possono partecipare assistenti

sociali, biologi, biochimici, autisti di ambulanze, dentisti, infermieri, farmacisti,

fisioterapisti, medici generici, nutrizionisti, insegnanti di educazione fisica, psicologi, infermieri, radiologi e veterinari.

“Quando ho saputo che molti nativi

soffrivano per la malnutrizione e non avevano accesso alle cure, che molti bambini

erano morti anche per le conseguenze

dell’attività mineraria illegale, ho pensato

che dovevo fare qualcosa”, dice lo psichiatra Nilson Sibemberg, originario di Porto

Alegre. “I medici avevano sostenuto in

massa Bolsonaro. Sapere che oggi migliaia di colleghi hanno sentito il dovere di rispondere all’emergenza offrendo il loro

sostegno è meraviglioso”, afferma. uar

EDMAR BARROS (AP/LAPRESSE)

Un bambino yanomami nell’ospedale di Boa Vista, 26 gennaio 2023

Un movimento solidale

con i nativi yanomami

Dopo che il governo brasiliano ha

decretato l’emergenza sanitaria

per sostenere i bambini indigeni

malnutriti, migliaia di medici

hanno deciso di offrirsi volontari

e dare una mano

Catarina Barbosa, Sumaúma, Brasile

BRASILE

Americhe

30 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Oceano

Atlantico

BOLIVIA

500 km

Brasília

São

Paulo

Boa Vista

Yanomami

Rio

de Janeiro

BRASILE

PARAGUAY

ARGENTINA

P:31

Il 7 febbraio 2023 Joe Biden ha pronunciato il suo discorso

sullo stato dell’unione, l’appuntamento annuale in cui il

presidente statunitense si rivolge ai parlamentari per fare

il punto sulle attività della sua amministrazione e sulla

situazione del paese. “Nei suoi due anni alla Casa Bianca,

Biden ha dedicato molto del suo tempo a capire come

rispondere all’aggressione russa dell’Ucraina e come

arginare l’ascesa internazionale della Cina”, scrive il

New York Times. “Ma nel suo discorso ha parlato

principalmente di politica interna, consapevole del fatto

che gli statunitensi sono preoccupati soprattutto

dell’andamento dell’economia e dell’aumento dei

prezzi”. Il presidente ha sottolineato i recenti progressi in

campo economico, tra cui il calo dell’inflazione e la forte

crescita dei posti di lavoro, e ha rivendicato le leggi

approvate per contenere i prezzi dei farmaci, per

espandere le prestazioni sanitarie garantite ai veterani,

per affrontare la crisi climatica e rinnovare le

infrastrutture. Biden ha promesso di collaborare con il

Partito repubblicano, che da gennaio controlla la camera

dei deputati, ma non gli ha fatto nessuna concessione. Al

contrario, ha detto di voler andare avanti con il suo

programma per alzare le tasse sui redditi più alti e per

estendere la rete di protezione sociale in modo da aiutare

le fasce più povere della popolazione. Durante il suo

discorso Biden ha cercato di essere energico e

combattivo, per dimostrare ai suoi sostenitori di poter

ancora guidare il partito e vincere le elezioni presidenziali

del 2024. Nei prossimi giorni dovrebbe annunciare la sua

intenzione di ricandidarsi, anche se secondo i sondaggi la

grande maggioranza degli elettori democratici vorrebbe

un candidato o una candidata più giovane. Se dovesse

essere rieletto, Biden avrebbe 86 anni alla fine del suo

secondo mandato. ◆

DREW ANGERER (GETTY)

Washington, 7 febbraio 2023

STATI UNITI

Joe Biden sfida il congresso

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 31

PERÙ

Senza via

d’uscita

“Il 3 febbraio il parlamento peruviano ha respinto la richiesta

presentata dal governo di Dina

Boluarte di anticipare le elezioni alla fine di quest’anno, come

chiedono i manifestanti”, scrive Bbc mundo. Questa decisione riduce le possibilità di

trovare una soluzione alla crisi

politica e sociale che vive il paese. Dal 7 dicembre, dopo la destituzione e l’arresto dell’ex

presidente di sinistra Pedro Castillo, in molte zone del Perù ci

sono proteste per andare al voto. Negli scontri con la polizia

sono morte più di cinquanta

persone, la maggior parte nelle

regioni del sud. Il governo ha

esteso lo stato d’emergenza per

sessanta giorni.

ERNESTO BENAVIDES (AFP/GETTY)

Lima, 4 febbraio 2023

ARGENTINA

Rugbisti

condannati

“Il 6 febbraio il tribunale di Dolores ha condannato otto giocatori di rugby, tra i 21 e 23 anni,

per l’omicidio del diciottenne

Fernando Báez Sosa, avvenuto

nel gennaio 2020 nella località

balneare di Villa Gesell, nella

provincia di Buenos Aires. Cinque sono stati condannati all’ergastolo”, scrive elDiarioAr. Il

processo è stato seguito da tutto

il paese e si è trasformato in una

sorta di spettacolo, con ripercussioni su uno sport che è spesso associato alla violenza e a

una mascolinità aggressiva.

EL SALVADOR

La strategia

di Bukele

“Dieci mesi dopo che il governo

ha decretato lo stato d’emergenza, alla fine di marzo del

2022, la Mara salvatrucha, le

due fazioni del Barrio 18 e le altre organizzazioni criminali minori non agiscono più nelle

strade del Salvador come facevano prima”. È il risultato di

un’inchiesta condotta per settimane da un gruppo di giornalisti del sito indipendente El Faro sugli effetti della politica del

presidente populista Nayib

Bukele. In questi mesi, in cui

sono state soppresse le garanzie

costituzionali di base e ci sono

state gravi violazioni dei diritti

umani, il governo salvadoregno

è riuscito a smantellare la struttura delle bande criminali, togliendogli il controllo capillare

del territorio e i mezzi principali di finanziamento.

IN BREVE

Brasile Il 3 febbraio la marina

militare ha fatto affondare la

portaerei dismessa São Paulo

trecento chilometri al largo delle coste brasiliane, nell’oceano

Atlantico. La nave, che da mesi

nessuno voleva fare attraccare,

era lunga più di duecento metri

e carica di tonnellate di sostanze tossiche e di amianto, vietato

in Brasile dal 2017. Nel 2021 era

stato trovato un accordo con la

Turchia per portare la nave lì e

smaltire le sostanze tossiche,

ma in seguito alle proteste di

varie organizzazioni ambientaliste il progetto non aveva avuto

seguito.

Newsletter

Americana racconta cosa

succede negli Stati Uniti. Per

riceverla: intern.az/1Cq5.

Sudamericana raccoglie

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dall’America Latina. Per riceverla: intern.az/1CHV

P:32

I

l 3 febbraio il segretario di stato americano Antony Blinken ha rimandato

un importante viaggio diplomatico a

Pechino: sarebbe stato il primo di

questo genere dal 2018 ed era previsto un

incontro con il presidente cinese Xi

Jinping. Il motivo era un pallone aerostatico cinese che sorvolava il Montana, trasportando attrezzature grandi più o meno

quanto tre autobus, e non lontano da siti

nucleari sensibili.

L’amministrazione Biden lo ha sorvegliato per sette giorni: prima di abbatterlo

ha neutralizzato ogni possibile minaccia

d’intelligence, e ha valutato dove farlo cadere, temendo che finisse su aree abitate.

Alla fine ha deciso di colpirlo mentre sorvolava le acque dell’Atlantico, a poco più

di undici chilometri dalla costa. Due navi

militari sono subito salpate alla ricerca dei

detriti.

I palloni spia non sembrano poter reggere il confronto con le immagini satellitari, che sono in grado di cogliere anche

dettagli molto piccoli da grandi distanze.

Ma presentano molti vantaggi: costano

poco, possono viaggiare per mesi e fermarsi su un determinato punto anziché

seguire le prevedibili orbite dei satelliti.

Inoltre, sono sorprendentemente difficili

da abbattere e, se in passato erano alla

mercé del vento, le attuali tecnologie permettono di manovrarli sfruttando le correnti d’aria.

I dubbi sui tempi

Appurato che questi palloni possono essere un potente strumento di sorveglianza, è a dir poco strana una provocazione

cinese proprio alla vigilia di un’importante visita diplomatica, soprattutto alla luce

dei grandi sforzi di Pechino per ripristinare i rapporti con Washington dopo la pandemia. È chiaro che monitorare i siti nucleari statunitensi è nell’interesse della

Cina, e che gli americani sorveglino con

molta attenzione l’espansione nucleare

cinese. Ma va anche detto che gli Stati

Uniti sono talmente pieni di siti militari

che un pallone aerostatico fuori rotta ha

un’alta probabilità di passarci vicino. Non

possiamo escludere che si sia trattato di

una provocazione deliberata di qualche

fazione antiamericana dell’esercito o degli apparati di sicurezza cinesi. Più probabilmente è un semplice errore che ha svelato un programma di sorveglianza esistente. È perfino possibile che quel pallone non dovesse proprio entrare in territorio statunitense.

Venti di ponente

Seguendo l’ipotesi più plausibile, la Cina

stava usando questa tecnica già da un po’

e gli Stati Uniti lo sapevano ma non hanno

reagito per motivi diplomatici. Un portavoce del dipartimento della difesa statunitense ha confermato che intrusioni simili erano già avvenute in passato: “Non è

la prima volta che questo tipo di palloni

sorvola il paese. È già successo negli ultimi anni, anche prima dell’inizio della

presidenza di Joe Biden”. Stavolta sembra che le autorità statunitensi abbiano

deciso di agire perché il pallone volava

così basso da essere visto dai civili.

Pechino ha dichiarato che era un pallone meteorologico spinto fuori rotta dai

venti di ponente e si è rammaricata “per

l’ingresso involontario” nello spazio aereo degli Stati Uniti. È difficile che ammetta pubblicamente una colpa, ma è

possibile che lo faccia a porte chiuse.

È anche facile da capire che, dal punto

di vista cinese, la Casa Bianca sembra comunque piuttosto ipocrita: da decenni

Washington e i suoi alleati usano regolarmente diverse tecniche per sorvegliare

da vicino il territorio della Repubblica

popolare, dalle immagini satellitari al

monitoraggio subacqueo. I palloni spia,

una tecnica a cui il Pentagono lavora almeno dal 2020, potrebbero far parte di

questi strumenti.

La decisione di Blinken rischia di rafforzare i funzionari cinesi più intransigenti verso gli Stati Uniti, che la considerano

una prova del fatto che Washington non è

davvero intenzionata a ricostruire un rapporto di collaborazione. Difficile non interpretare la cancellazione della visita

come un segnale di quanto Washington

sia intrappolata in una politica interna anCHAD FISH (AP/LAPRESSE)

Il pallone abbattuto al largo del South Carolina, Stati Uniti, 4 febbraio 2023

Pechino e Washington

litigano per un pallone

Il segretario di stato americano

Antony Blinken ha rinviato il

viaggio a Pechino in risposta

alla violazione dello spazio

aereo statunitense. È l’inizio di

una nuova guerra fredda?

James Palmer, Foreign Policy, Stati Uniti

DIPLOMAZIA

Asia e Pacifico

32 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:33

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 33

ticinese. Questa vicenda conferma che

siamo nelle fasi iniziali di una guerra fredda 2.0, e la sorveglianza reciproca è una

delle questioni che produce maggiore tensione.

Prendiamo per esempio l’incidente

dell’aereo spia U-2 del 1960. Gli Stati Uniti subirono un’imbarazzante smentita

perché i sovietici non solo colpirono un

aereo che si pensava fosse invisibile, ma

catturarono vivo il suo pilota costringendolo a confessare davanti alle telecamere

della tv nazionale. Quel fatto vanificò i

tentativi di portare avanti negoziati seri

sul disarmo nonostante fosse una fase relativamente tranquilla delle relazioni tra

Stati Uniti e Unione Sovietica. In un’inquietante eco del presente, Washington

allora affermò che l’aereo stava svolgendo

compiti meteorologici e che era entrato

per errore in territorio sovietico, finché

non fu resa nota la cattura del pilota. Questa volta non c’è un aviatore cinese da esibire, ma se i detriti recuperati dagli Stati

Uniti dimostreranno che il pallone aveva

scopi militari e non meteorologici, l’imbarazzo di Pechino sarà tangibile.

A prescindere da come andrà a finire,

la vicenda alimenta una convinzione piuttosto forte nel congresso statunitense,

cioè che la Cina rappresenta una minaccia

grave per gli Stati Uniti. Un funzionario

statunitense ha sottolineato che se la visita di Blinken è stata rinviata, e non cancellata, è perché il segretario di stato non voleva che la questione del pallone spia dominasse i colloqui.

È probabile che le cose stiano così:

Wash ington ha tutto l’interesse a saggiare

l’aria che si respira in Cina dopo le proteste scoppiate alla fine del 2022 e l’inversione di rotta nelle politiche “zero covid”. In

ogni caso la relazione già fredda tra le due

più grandi potenze del mondo si è fatta ancora più gelida. ◆gim

CINA

STATI

UNITI

Oceano

Pacifico

Il percorso del pallone aerostatico cinese

Mar

Glaciale

Artico

2.500 km

PAKISTAN

La lezione

del generale

Il 5 febbraio è morto il generale Pervez Musharraf

(nella foto), che ha guidato il Pakistan dal colpo di

stato del 1999 al 2008.

Aveva 79 anni ed era affetto da amiloidosi, una

malattia rara che colpisce

organi e tessuti. Era in esilio negli Emirati Arabi dal

2016. I tribunali lo avevano condannato in contumacia come mandante

dell’omicidio della rivale

Benazir Bhutto e su di lui

pendeva una condanna a

morte per aver sospeso la

costituzione. “La domanda”, si legge in un editoriale di The Dawn, “è come

possa aver realizzato riforme liberali durante il suo

governo autoritario. La

sua storia è piena di lezioni per le élite civili e militari del paese”.

HONG KONG

La censura

sui Simpson

La piattaforma streaming

Disney+ non permette più

di vedere a Hong Kong una

puntata dei Simpson in cui si

fa riferimento ai campi di

lavoro cinesi. Già nel 2021

era sparito un episodio in

cui si citava il massacro di

piazza Tiananmen del 1989.

La censura applicata nella

Cina continentale è ora diffusa anche nell’ex colonia

britannica. Bbc

INDIA

I primi genitori

transgender

“Dopo aver affrontato la resistenza delle famiglie e gli

stereotipi della società,

Zahhad, 23 anni, e Zia, 21,

(nella foto) hanno messo in

pausa il loro percorso di

transizione di genere quando hanno scoperto che

Zahhad poteva ancora concepire”, si legge su Mooknayak, un giornale online

dedicato alle persone marginalizzate e svantaggiate

dell’India. Ora Zahhad è

all’ottavo mese. “Per quello

che ne sappiamo è la prima

gravidanza di un uomo

trans nella storia dell’India”, ha scritto Zia sul suo

profilo Instagram. Il censimento indiano del 2011 stima 488mila persone trans

ma, secondo quanto riporta

l’agenzia India Spend, la

maggior parte è in attesa di

documenti, non ha un conto

in banca, ha lasciato gli studi, guadagna poco ed è

spesso vittima di violenze.

Questo anche se una sentenza della corte suprema

ha riconosciuto i loro diritti

già nel 2014.

FILIPPINE

Nove basi agli Stati Uniti

Il 2 febbraio Washington e

Manila hanno annunciato un

accordo che, per la prima volta in trent’anni, estende la

presenza militare statunitense nelle Filippine: prevede il

potenziamento delle basi esistenti e l’accesso a quattro

nuovi siti, e ribalta le politiche dell’ex presidente Rodrigo Duterte. “Il risultato è che dall’estremo nord

della provincia di Cagayan all’estremo sud dell’isola di Palawan ora ci sono nove obiettivi nel mirino dell’esercito cinese, sia nel caso in cui la rivalità

tra le due superpotenze si trasformi in una guerra,

sia in quello di un conflitto limitato”, scrive preoccupato il Manila Times. Qualche giorno dopo lo

stesso quotidiano è tornato sul tema con un commento: “Il presidente Ferdinand Marcos jr. ha acconsentito al fatto che navi, sottomarini, aerei e

missili statunitensi usino le basi delle forze armate

filippine anche se la Casa Bianca non ha mai rivelato quale di questi sistemi è equipaggiato con armi nucleari”, espressamente vietate dalla costituzione filippina. ◆

Manila Times, FilippineINSTAGRAM

DANIEL BEREHULAK (GETTY)

FONTE: FINANCIAL TIMES

P:34

34 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Confronti

A

lcune delle più importanti case editrici di riviste accademiche vietano

ai loro autori di usare ChatGpt, il

soft ware basato sull’intelligenza artificiale che simula conversazioni

umane, o ne ammettono l’uso con

molte restrizioni. Visto che il software sfrutta informazioni prese da internet per produrre risposte molto

leggibili alle domande che gli vengono poste, gli editori temono un aumento dei casi di plagio e lavori inesatti.

Molti ricercatori hanno già inserito ChatGpt nella

lista degli autori dei loro studi, e alcuni editori hanno

preso provvedimenti per impedirlo. Il direttore di

Science, una delle riviste scientifiche più autorevoli al

mondo, ha fatto un passo in più, proibendo di inserire

qualsiasi testo prodotto dal software nei saggi proposti per la pubblicazione.

Non stupisce che gli editori accademici si interessino a questi strumenti. Di recente abbiamo condotto

uno studio, uscito su Finance Research Letters, per

dimostrare che ChatGpt può essere usato per scrivere

un saggio finanziario in grado di essere accettato da

una rivista accademica di settore. Secondo noi, editori e ricercatori non dovrebbero vedere ChatGpt come

una minaccia ma come un aiuto potenzialmente importante per la ricerca, una sorta di assistente a basso

costo. Se è facile ottenere buoni risultati semplicemente usando il programma, forse con uno sforzo in

più potremmo avere risultati eccezionali.

Abbiamo prima di tutto chiesto a ChatGpt di generare le quattro parti standard di una ricerca: l’idea di

base, la revisione della letteratura scientifica (una valutazione delle precedenti ricerche accademiche sullo stesso argomento), una serie di dati e i suggerimenti per le verifiche e l’analisi. Ci siamo limitati a dare

una definizione molto ampia del tema e abbiamo

specificato che il risultato doveva poter essere pubblicato su una “rivista finanziaria di buon livello”. QueSe usati con alcuni

accorgimenti, i software

come ChatGpt possono

rendere più facile e più

ricco il lavoro dei

ricercatori

sto è il primo modo in cui abbiamo impiegato

ChatGpt. Nel secondo abbiamo incollato nella finestra del programma circa duecento sintesi di ricerche

esistenti e pertinenti. Poi gli abbiamo chiesto di tenerne conto per creare le quattro fasi della ricerca.

Infine, nella terza versione, abbiamo aggiunto

l’“esperienza di settore”, cioè contributi di accademici: abbiamo letto le risposte prodotte da ChatGpt e

suggerito dei miglioramenti. Così abbiamo integrato

la nostra competenza a quella del software. A quel

punto abbiamo chiesto a 32 recensori di valutare

ognuna delle versioni. Dovevano stabilire se il risultato fosse abbastanza completo, corretto e se offrisse un

contributo tanto innovativo da poter essere pubblicato su una “buona” rivista accademica.

La grande lezione è stata che tutti questi studi sono stati generalmente considerati accettabili dai recensori esperti. È piuttosto impressionante: un

chatbot è stato in grado di generare ricerche accademiche di qualità. Questo solleva domande fondamentali sul significato della creatività e sulla proprietà delle idee creative, a cui nessuno ha ancora dato

una risposta sostanziale. Il software si è mostrato debole quando gli è stato affidato un compito che prevedeva più passaggi, per esempio la rassegna della letteratura scientifica e la verifica. Ma siamo riusciti a

superare questi limiti nella terza versione, quella più

avanzata, in cui abbiamo lavorato con ChatGpt per

ottenere dei risultati convincenti.

ChatGpt è uno strumento. Nel nostro studio abbiamo dimostrato che, con qualche accorgimento,

può essere usato per generare una ricerca accettabile

in campo finanziario. Questo ha chiaramente delle

implicazioni etiche. L’integrità della ricerca rappresenta già oggi un problema urgente nel mondo accademico. ChatGpt potrebbe aggravarlo?

La risposta breve è sì, potrebbe. Ma non si può più

tornare indietro. Inoltre questa tecnologia è destinata

a migliorare rapidamente. A un certo punto bisognerà

affrontare una questione più generale: come prendere atto del suo ruolo nella ricerca e come gestirla.

ChatGpt non dovrebbe essere considerato una

minaccia ma un aiuto, in particolare per i gruppi di

ricercatori che non hanno le risorse economiche per

assumere assistenti. Come altri programmi simili,

potrebbe quindi anche contribuire a democratizzare

il processo della ricerca.

I ricercatori, però, devono essere consapevoli che

le riviste non vogliono che si usi ChatGpt nella stesura

degli articoli. È chiaro che ci sono opinioni molto diverse su questa tecnologia, perciò sarà necessario

usarla con cautela. ugim

L’intelligenza artificiale

negli articoli scientifici

B. Lucey e M. Dowling, The Conversation, Australia

BRIAN LUCEY

E MICHAEL

DOWLING

insegnano finanza

rispettivamente al

Trinity college di

Dublino e alla Dublin

city university, nella

capitale irlandese.

P:35

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 35

I

n meno di due mesi ChatGpt, il programma

basato sull’intelligenza artificiale, si è diffuso

in ogni settore culturale. Lo si può usare gratuitamente sul sito dell’organizzazione che

l’ha sviluppato, OpenAi. Il programma – che

crea automaticamente dei testi basandosi su

suggerimenti scritti – è divertente. Gli ho chiesto di

riscrivere la prima scena di Morte di un commesso viaggiatore, opera teatrale di Arthur Miller, inserendo come protagonista Elsa, la principessa del film d’animazione Frozen. Ne è venuta fuori una conversazione in

cui Elsa – tornata a casa dopo una lunga giornata di

vendite – si sente dire dal figlio Happy: “Su mamma.

Tu sei Elsa di Frozen. Hai i poteri del ghiaccio e sei una

regina. Niente ti può fermare”. Scambi di questo tipo

fanno ridere, ma i programmi basati sull’intelligenza

artificiale hanno implicazioni serie per la scienza e il

mondo accademico.

Molti timori riguardano il modo in cui ChatGpt

potrebbe cambiare l’istruzione. È sicuramente in grado di scrivere saggi su una serie di argomenti. Gli ho

affidato sia un esame sia un progetto finale che avevo

assegnato agli studenti di un corso sul negazionismo

scientifico che tenevo all’università George Washington. Se l’è cavata bene nel trovare risposte basate sui

Includere in uno studio

testi generati da un bot

è una scorrettezza

inaccettabile come

un plagio o una foto

manipolata

fatti, ma sulla scrittura accademica ha ancora molta

strada da fare. Se non altro, le implicazioni per il settore dell’istruzione potrebbero spingere gli accademici a ripensare i loro corsi in modi innovativi e ad

assegnare compiti che l’intelligenza artificiale non

può svolgere con facilità. E questo sarebbe un fatto

positivo.

Sono molto più preoccupanti gli effetti di ChatGpt

sulla stesura di articoli scientifici. In uno studio recente, è stato chiesto a dei recensori accademici di

esaminare delle sintesi create da ChatGpt: sono riusciti a rilevare solo il 63 per cento dei falsi. Molti testi

generati dall’intelligenza artificiale potrebbero presto farsi strada nella letteratura scientifica.

Da anni gli autori degli articoli pubblicati su Science e altre riviste del gruppo devono firmare un documento in cui certificano che “l’opera è originale”. Per

le nostre riviste la parola “originale” implica che un

testo scritto da ChatGpt non può essere accettato.

Inoltre i nostri autori certificano di essere responsabili in prima persona della ricerca di cui parla l’articolo.

Tuttavia, per essere ancora più chiari, stiamo aggiornando quel documento e le nostre norme editoriali,

specificando che i testi generati dai software basati

sull’intelligenza artificiale non possono essere usati

negli articoli, e che non possono essere prodotti numeri, immagini o grafici basandosi su strumenti di

questo tipo. La violazione di tali norme sarà considerata una cattiva condotta scientifica, non diversa

dall’alterazione di immagini o dal plagio. Naturalmente gli articoli di ricerca comprendono molti insiemi legittimi di dati (e quindi non il testo di un articolo)

generati volutamente con l’intelligenza artificiale, a

cui non si applicano le regole appena descritte.

La maggior parte dei casi di cattiva condotta

scientifica in cui ci imbattiamo nelle nostre riviste riguarda autori che approfittano di scorciatoie – per

esempio programmi di manipolazione delle immagini o testi copiati da altre fonti – o curatori e recensori

che non danno ascolto al loro scetticismo o non si

concentrano abbastanza sui dettagli. In un’epoca in

cui la fiducia nella scienza si sta erodendo, è importante che gli scienziati prestino un’attenzione ancora

più scrupolosa e meticolosa ai dettagli.

La produzione scientifica è in fin dei conti uno dei

modi in cui gli esseri umani cercano di affrontare domande importanti. Le macchine giocano un ruolo

non secondario, ma come strumenti. Sono le persone

a fare le ipotesi, progettare gli esperimenti e dare un

senso ai risultati. Alla fine il prodotto deve scaturire –

ed essere espresso – dal meraviglioso computer che

abbiamo nella nostra testa. ugim

Herbert Holden Thorp, Science, Stati Uniti

HERBERT

HOLDEN THORP

è un chimico e

docente statunitense.

Dal 2019 è direttore

della rivista Science.

KATERYNA KON (SCIENCE PHOTO LIBRARY/GETTY)

P:36

Visti dagli altri

A

ccusando l’opposizione di sostenere un anarchico violento,

il nuovo uomo forte di Fratelli

d’Italia (FdI), il partito della

presidente del consiglio Giorgia Meloni,

vuole distogliere l’attenzione da una questione giuridica delicata che il governo

italiano fatica a gestire. “Voglio sapere se

questa sinistra sta dalla parte dello stato o

dei terroristi con la mafia. Lo vogliamo sapere in quest’aula oggi!”, ha detto il parlamentare di FdI Giovanni Donzelli concludendo il suo intervento alla camera dei

deputati il 31 gennaio, rivolgendosi ad alcuni colleghi che avevano fatto visita in

carcere ad Alfredo Cospito.

Cospito, 55 anni, è stato condannato a

dieci anni e otto mesi e a vent’anni di detenzione per due attentati (nel maggio

2012 a Genova sparò alle gambe dell’amministratore delegato dell’Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi, e nel giugno 2006

fece esplodere due ordigni a basso potenziale davanti alla scuola allievi carabinieri

di Fossano, senza causare morti o feriti).

Cospito è al centro dell’attenzione della

politica e dell’informazione da quando,

nelle ultime settimane, il suo stato di salute è peggiorato dopo che lo scorso ottobre ha cominciato uno sciopero della fame. A maggio del 2022 l’allora ministra

della giustizia Marta Cartabia aveva deciso di applicargli il regime speciale di

detenzione stabilito dall’articolo 41 bis

dell’ordinamento penitenziario, il cosiddetto carcere duro, di solito riservato ai

mafiosi. Cospito è il primo anarchico a

cui è stata applicata questa misura. Alcuni deputati dell’opposizione sono andati

a visitarlo in carcere per verificare le sue

condizioni di salute.

La forma attuale dell’articolo 41 bis

risale al 1992, dopo l’attentato contro il

magistrato Giovanni Falcone. Pensata

per lottare contro la mafia, consente al

ministero della giustizia di sospendere le

ordinarie regole di trattamento dei carcerati. Un detenuto giudicato pericoloso e

sospettato di avere ancora un’influenza

fuori dal carcere può quindi essere isolato, sorvegliato a vista e vedere limitate le

ore d’aria e le visite. Cospito ha deciso di

rifiutare di alimentarsi per indurre le autorità ad abolire questa legge. Alcuni militanti anarchici hanno sostenuto la battaglia di Cospito con attacchi contro le

forze dell’ordine. Il 29 gennaio a Milano

due auto dei vigili sono state incendiate

con alcune bottiglie molotov. Altri veicoli sono stati presi di mira a Roma nel parcheggio della Tim. Inoltre, un magistrato

torinese si è visto recapitare un proiettile.

“Azioni del genere non intimidiranno le

istituzioni”, ha dichiarato la presidenza

del consiglio. “Tanto meno se l’obiettivo

è quello di far allentare il regime detentivo più duro per i responsabili di atti terroristici. Lo stato non scende a patti con chi

minaccia”.

Pressione crescente

Queste azioni violente fanno discutere

sia chi è contro il 41 bis sia chi è a favore. I

contrari sostengono che gli attacchi sono

stati incoraggiati dal detenuto, e che

quindi la misura è anche inutile. I favorevoli affermano che questi fatti dimostrano la sua necessità.

“Non si tocca”, ha confermato il 1 febbraio il ministro della giustizia Carlo Nordio al senato: “Se noi accedessimo al

principio che anche lo stato di salute precario dovesse essere una fonte di decisione di modifica del 41 bis ci troveremmo

un domani davanti agli scioperi della fame di centinaia di mafiosi per i quali non

potremmo tenere un comportamento

diverso”.

Questa situazione provoca però imbarazzo nelle autorità italiane. Accusato di

lasciar morire Cospito, il governo ha autorizzato solo il 30 gennaio il suo trasferimento dal carcere di Sassari, in Sardegna,

a quello di Opera, a Milano, attrezzato per

curarlo. E deve anche far fronte a una

pressione crescente di una parte della società civile che è contraria al 41 bis. Un

appello per abolirlo, lanciato da decine di

intellettuali, attivisti e associazioni ha già

raccolto centinaia di firme. La posizione

del governo è stata ulteriormente indebolita dalle dichiarazioni di Giovanni Donzelli. In occasione del suo intervento in

parlamento il 31 gennaio, ha denunciato

le connivenze del terrorista con alcuni

boss della mafia che sostengono la sua

lotta. Molti contestano al parlamentare di

Fratelli d’Italia il modo in cui ha ottenuto

queste informazioni e il fatto che non era

autorizzato a divulgarle. ugim

Lo sciopero della fame

per abolire il 41 bis

L’anarchico Alfredo Cospito

è detenuto e non si alimenta

da ottobre. Protesta contro

le norme sul carcere duro

Antonino Galofaro, Le Temps, Svizzera

36 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

STEFANO MONTESI (CORBIS/GETTY)

Manifestazione degli anarchici per Alfredo Cospito. Roma, 4 febbraio 2023

P:37

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 37

I

clienti della sua pizzeria, a SaintÉtienne, in Francia, lo chiamavano

Rocco, ma lui si presentava come

Paolo Dimitrio. In realtà questo pizzaiolo, che nel luglio 2021 si era fatto fotografare dal giornale Le Progrès vantando

la sua “cucina italiana fatta solo con prodotti freschi e fatti in casa”, si chiama Edgardo Greco, 63 anni. Dal 2006 per la

giustizia italiana era un “super latitante”

ricercato per l’appartenenza alla ’ndrangheta, l’organizzazione criminale calabrese.

All’1.45 della notte tra il 1 e il 2 febbraio

2023, mentre il suo forno si era appena raffreddato, è stato arrestato dalla polizia

giudiziaria locale e dagli agenti francesi

specializzati nella lotta al crimine organizzato, in collaborazione con i carabinieri di

Cosenza. L’operazione, pianificata con la

massima riservatezza, è stata condotta

nell’ambito del progetto I-Can per contrastare le organizzazioni criminali, avviato

nel 2020 dall’Interpol. Ora Greco dovrà

rispondere del suo passato criminale,

quello di un killer del clan Perna-Pranno,

uno dei più potenti.

Prima di rifarsi una vita a SaintÉtienne, Greco aveva scalato i gradini della gerarchia mafiosa grazie alle sue imprese criminali e al suo talento di rapinatore

di banche e di furgoni portavalori. Nel

momento in cui la guerra di mafia insanguinava la Calabria, Greco era stato aggredito dai componenti del clan Pino-Sena, e questo lo aveva spinto a scegliere il

clan dei loro nemici, i Perna-Pranno.

Fin dagli anni ottanta Greco si era conquistato il soprannome di “killer delle prigioni”, in seguito a un’aggressione con il

coltello contro il boss Franco Pino durante

l’ora d’aria. Non era riuscito a ucciderlo,

Il pizzaiolo

della ’ndrangheta

La storia di Edgardo Greco, killer

dell’organizzazione criminale

calabrese, che da anni gestiva

una pizzeria in Francia

Antoine Albertini e Thomas Saintourens,

Le Monde, Francia

ma si era fatto la fama di uomo spericolato. Fu però un duplice omicidio particolarmente crudele a valergli la reputazione di

killer spietato, e a spingere la Direzione

distrettuale antimafia (Dda) della procura

di Catanzaro a dargli la caccia.

Il 5 gennaio 1991 Greco aveva attirato

in una pescheria di Cosenza due fratelli

che volevano rendersi autonomi, Stefano

e Giuseppe Bartolomeo, e li aveva uccisi

selvaggiamente con una sbarra di ferro.

Ma il suo lavoro non era ancora finito. Tre

anni dopo, per non lasciare alcuna traccia

delle vittime, aveva disseppellito i loro

corpi e li aveva sciolti nell’acido. In seguito, sperando in uno sconto di pena, aveva

accettato di collaborare con la giustizia.

Poi dopo qualche piccola confessione aveva cambiato idea e scelto la latitanza. Ma

mentre la maggioranza dei latitanti della

’ndrangheta preferisce nascondersi in Calabria, vicino ai loro complici e al loro territorio, Greco era andato lontano.

Dal 2006 era diventato ufficialmente

latitante, sottraendosi all’esecuzione della misura cautelare in carcere emessa dal

gip di Catanzaro, nell’ambito del maxiprocesso Missing. Durante la sua latitanza, il 16 maggio 2014 era stata data esecuzione al mandato di arresto europeo affinché scontasse l’ergastolo per l’omicidio

dei fratelli Bartolomeo. Ma Greco era riuscito a non farsi trovare, a parte qualche

indizio e delle piste false, fino a quando

non si è fatto fotografare sorridente sulle

pagine del Progrès.

Sulle pagine del quotidiano locale

francese si vantava della sua specialità,

una pasta flambé in una forma di parmigiano, raccontando della nonna calabrese

e del suo sogno di ricreare un piccolo angolo d’Italia in Francia, con un “menù basato sulle specialità regionali”. Ma “questo bravo cittadino di Saint-Étienne da

quattordici anni”, come precisava l’articolo, non avrebbe dovuto abbassare la guardia così.

Una pseudonormalità

I carabinieri di Cosenza, che si erano rimessi sulle sue tracce alla fine del 2019,

hanno trovato nell’articolo la foto recente

e sorridente di un uomo il cui ultimo ritratto noto mostrava un volto dall’aspetto

sinistro. Greco usava il nome di Paolo Dimitrio, un delinquente pugliese senza alcun legame con la mafia calabrese. Nel

frattempo è stata smascherata anche la

sua rete di complici.

“Questa cattura assume una forte dimensione simbolica perché Greco era una

figura di spicco della ’ndrangheta degli

anni ottanta e novanta, anche se secondo

le nostre indagini non era più coinvolto in

attività criminali”, sottolinea Marisa

Manzini, magistrato della procura di Catanzaro. “In gioventù Greco aveva già lavorato nel campo della ristorazione”, continua Manzini. “ Riprendere questa attività in Francia gli ha permesso di ritrovare

una situazione di ‘pseudonormalità’, attraverso il lavoro che faceva prima di diventare un killer”.

Greco, il cui arresto è stato festeggiato

anche dal ministero dell’interno italiano,

è in attesa di essere estradato in Italia, di

cui si era fatto ambasciatore gastronomico. uadr

Edgardo Greco, in un’immagine diffusa dai carabinieri il 2 febbraio 2023

ANSA

Si vantava della sua

specialità, una pasta

flambé in una forma

di parmigiano

P:38

38 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Le opinioni

È

come se fosse un maxiprocesso, ma nella

versione di Hong Kong. Ci sono 47 imputati a cui è stato intimato di non recitare

slogan o fare segni che possano ricordare

i gesti che hanno caratterizzato le proteste del 2019. In tribunale siedono quasi

tutti gli oppositori politici della città: gli uomini e le

donne che fino al 6 gennaio 2021 erano tra gli attivisti

più in vista per le strade, sui giornali e all’interno del

mini parlamento di Hong Kong, il cosiddetto consiglio legislativo (LegCo).

Sono stati arrestati all’alba di quel giorno e accusati di cospirazione al fine di sovvertire

lo stato. Tranne un paio di loro, nessuno è stato scarcerato in attesa del processo, che è cominciato il 6 febbraio e

durerà fino a maggio.

Si tratta del caso più importante in

cui è stata applicata la legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino ed

entrata in vigore il 1 luglio 2020. La legge prevede un tribunale e giudici speciali per crimini che potrebbero mettere in pericolo la sicurezza nazionale

come secessione, sovversione, terrorismo e collusione con organizzazioni o forze straniere. La legge è interpretata nel modo più severo possibile: fare discorsi a favore della secessione, per

esempio, è punibile con una pena che può arrivare

all’ergastolo indipendentemente dalle conseguenze

delle proprie azioni.

I 47 imputati avrebbero messo in pericolo la sicurezza nazionale partecipando alle primarie dell’opposizione per le elezioni del 2020, che furono rinviate di un anno con la scusa della pandemia (nel frattempo è stata approvata una riforma elettorale). La

strategia dell’opposizione era consultare gli elettori

per scegliere i candidati con più preferenze, conquistare la maggioranza del consiglio legislativo per

fare un’opposizione dura e spingere alle dimissioni il

capo dell’esecutivo.

Le istituzioni politiche di Hong Kong sono complesse. Create dai colonizzatori britannici e affinate

dopo il 1997, quando la sovranità è passata da Londra a Pechino, hanno creato un sistema apparentemente democratico, che però non consente ai cittadini di avere realmente voce in capitolo. Gli abitanti

della città possono eleggere solo una parte del consiglio e non scelgono il capo del governo. Questo infatti è scelto da un gruppo ristretto di persone fra due,

massimo tre, candidati che hanno ricevuto l’ok di

Pechino. È poi suo compito selezionare i segretari,

che hanno funzione di ministri. Dal 1997, poi, il consiglio può solo avallare o bocciare le leggi proposte

dal governo. Oggi, addirittura, alcune leggi sono approvate per via straordinaria, senza neanche sottoporle al miniparlamento.

La strategia messa in campo con le primarie del

2020 sperava di creare una maggioranza parlamentare capace di ostacolare ogni proposta del governo,

fino ad aprire una crisi. L’obiettivo finale era tornare

a chiedere il suffragio universale per eleggere il consiglio legislativo. Il risultato, invece, è stato l’arresto

in massa degli esponenti delle opposizioni, che sono

stati tenuti due anni in carcere in attesa

del processo.

Nel frattempo la legge sulla sicurezza nazionale è stata il perno su cui modellare la nuova Hong Kong. La legge

elettorale è stata modificata e solo chi è

considerato “patriota” può candidarsi

alle elezioni. Anche i programmi scolastici sono stati “corretti”, mentre i testi

ritenuti sovversivi sono stati tolti dalle

biblioteche pubbliche e dalle università. Giornali come l’Apple Daily e lo

Stand News sono stati costretti a chiudere e gli slogan scanditi dai manifestanti e le canzoni delle proteste del 2019 sono stati definitivamente

banditi. C’è anche una nuova legge sulla censura cinematografica, che in parte è retroattiva.

Il processo ad alcuni dei volti storici del movimento per la democrazia di Hong Kong si tiene dunque in questa nuova atmosfera. Solo 39 posti sono

riservati al pubblico, ma la lunga coda davanti al tribunale sembra composta da persone che vogliono

impedire ai sostenitori degli imputati di entrare in

aula: fotografano i giornalisti, dicono di non sapere

chi siano gli accusati, si fanno zittire da chi sta davanti o dietro di loro.

Figure come Albert Ho, ex segretario generale

del Partito democratico; Joshua Wong, il giovane leader del movimento degli ombrelli del 2014;

Gwyneth Ho, ex giornalista entrata in politica perché sconvolta dalla reazione delle forze dell’ordine

alle proteste del 2019; Eddie Chu, il più amato ambientalista di Hong Kong, noto come “il re dei voti”

perché pur candidandosi da indipendente riceveva

sempre il più alto numero di preferenze: rischiano

tutti fino all’ergastolo.

Alla fine di questo maxiprocesso sapremo un po’

meglio quali sono le linee invalicabili della politica

nella nuova Hong Kong: più severe saranno le pene,

più stretto sarà lo spazio di libertà concesso. u

Hong Kong processa

l’0pposizione democratica

Ilaria Maria Sala

ILARIA MARIA

SALA

è una giornalista

italiana che vive a

Hong Kong.

Collabora con il New

York Times e il

Guardian. Il suo

ultimo libro è L’eclissi

di Hong Kong.

Topografia di una città

in tumulto (add

editore 2022).

Solo 39 posti sono

riservati al pubblico.

La lunga coda

davanti al tribunale

sembra composta

da persone che

vogliono impedire

ai sostenitori degli

imputati di entrare

in aula

P:39

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Ha-Joon Chang

Economia commestibile

Comprendere la teoria economica

attraverso il cibo

P:40

40 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Le opinioni

L

a lotta per la successione a Vladimir

Putin, che secondo i mezzi d’informazione è in corso, mostra la miseria della politica russa: non è una lotta tra

formazioni politiche organizzate, ma

tra bande di oligarchi, tra centri di potere informali. Già il fatto che la forza militare russa

più efficace in Ucraina non sia l’esercito, ma una

compagnia privata, la Wagner, la dice lunga: in Russia oggi ci sono i signori della guerra,

qualcosa che associamo agli stati canaglia. Contro l’ascesa di questo esercito

privato è successa una cosa divertente:

si è schierata in Ucraina una compagnia militare privata di veterani statunitensi, che con meravigliosa ironia si è

chiamata Mozart (nel frattempo questo gruppo si è sciolto).

Quello che rende interessante la situazione è la combinazione tra questa

regressione verso uno stato canaglia e

una versione del fondamentalismo religioso specificamente russa. La celebrazione della

morte nella Russia di oggi è cominciata con alcuni

predicatori religiosi, convinti che i russi possono “diventare se stessi” solo uccidendo, e che “l’intera creazione divina” è oggi in gioco in Ucraina. Seguendo

questa linea Vladimir Solovëv, uno dei principali

propagandisti di Putin, in un messaggio di capodanno trasmesso dalla televisione russa ha detto: “La

vita è sopravvalutata. Perché temere quello che è

inevitabile? Soprattutto quando si va in paradiso. La

morte è la fine di un percorso terreno e l’inizio di un

altro. Non lasciamo che la sua paura influenzi le nostre decisioni. Vale la pena vivere solo per qualcosa

per cui si può morire. Stiamo combattendo contro

dei satanisti. Questa è una guerra santa e dobbiamo

vincere”. Magomed Kitanaev, teologo ceceno e comandante nell’esercito russo, ha portato questo ragionamento alle estreme conseguenze: “Ucraini,

perché avete permesso le parate gay a Kiev, Charkiv

e Odessa? Perché non vi siete ribellati al vostro governo, controllato dai fascisti? Senza vergogna davanti a dio, queste persone stanno palesemente diffondendo le loro oscenità”.

Per capire davvero l’influenza di ideologi come

Aleksandr Dugin o Solovëv bisogna analizzare le loro

radici nella tradizione russa del cosmismo. Il cosmismo si sviluppò a partire dalle opere del filosofo russo

Nikolaj Fëdorov che, come scrive Jules Evans, professore della Queen Mary university di Londra, nel Regno Unito, “fu soprannominato il ‘Socrate di Mosca’

per le sue abitudini ascetiche e le sue idee radicali.

Fëdorov aveva un obiettivo: il raggiungimento

dell’immortalità e la resurrezione dei morti”. Tra i

suoi seguaci comunisti c’erano Konstantin

Tsiolkovskij (che teorizzò i viaggi spaziali), Aleksandr

Bogdanov (bersaglio della critica di Lenin

all’“empiriocriticismo”, che praticava la trasfusione

di sangue come mezzo per prolungare la vita) e – in

una perfetta coincidenza – Vladimir Solovëv, un pensatore religioso della seconda metà

dell’ottocento.

Secondo Evans, il primo Solovëv

“invocava una teocrazia universale

sotto uno zar russo, per accelerare il

‘lungo e difficile passaggio dell’umanità dall’umanità-bestia all’umanitàdio’. Lo stadio successivo dell’evoluzione consisteva nel diventare esseri

spirituali immortali: solo Cristo aveva

raggiunto quello stadio fino ad allora,

ma tutta l’umanità lo avrebbe seguito

presto. Solovëv, tuttavia, pensava che

questa evoluzione spirituale sarebbe avvenuta attraverso mezzi magico-spirituali, mentre Fëdorov insisteva sulla resurrezione scientifica. Ma entrambi

concordavano sul fatto che l’umanità sarebbe stata

salvata dalla teocrazia russa”.

Denys Sultanhaliiev, dell’università di Tartu, in

Estonia, ha esplorato i legami tra i due Solovëv e ha

stabilito una chiara discendenza dal cosmismo russo, nella sua forma mistica come in quella scientifica. Sultanhaliiev individua una linea diretta tra il

cosmismo prevalente nei primi anni dell’Unione

Sovietica, che influenzò profondamente anche il

programma spaziale sovietico, il nichilismo e la politica del rischio calcolato sul fronte nucleare in atto

oggi con Putin. La chiave è la fede nella resurrezione

e nella vita eterna. Ma il cosmismo poteva emergere

solo all’interno dell’interpretazione russo-ortodossa del cristianesimo, la cui formula di base è “dio si è

fatto uomo affinché l’uomo diventi dio”. È così che i

cosmisti interpretano Cristo, dio-uomo: come modello a cui tutta l’umanità dovrebbe aspirare. Un’idea che si contrappone a quella di Martin Lutero, che

vedeva l’uomo come un escremento di dio.

Quando ridiamo con costernazione della follia

ideologica della Russia di oggi, dovremmo ricordare

che le sue radici affondano in quell’ortodossia che

molti in occidente ammirano, vedendoci una cura

contro il protestantesimo occidentale che ha aperto la

strada alla decadenza liberale. In un modo perverso

hanno ragione: la morte risolve tutti i problemi. uff

Morte o gloria

nella Russia di Putin

Slavoj Žižek

SLAVOJ ŽIŽEK

è un filosofo e

studioso di

psicoanalisi sloveno.

Il suo ultimo libro

è Il sesso e l’assoluto

(Ponte alle grazie

2022).

Quando ridiamo con

costernazione della

follia ideologica

della Russia di oggi,

dovremmo

ricordare che le sue

radici affondano in

quell’ortodossia che

molti in occidente

ammirano

P:42

Cile

42 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

L’acqua c’è

ma non per tutti

María Ignacia Pentz, Gatopardo, Messico. Foto di Martin Bernetti

Nella regione cilena di Valparaíso la siccità provoca razionamenti e disagi agli

abitanti. La responsabilità è anche di un sistema che privilegia i grandi coltivatori

AFP/GETTY IMAGES

Il lago Peñuelas, un bacino idrico nella regione di Valparaíso. Cile, 18 marzo 2022

P:43

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 43

ta di vegetazione. Mentre Cabildo s’inaridisce, le colline circostanti brillano per il

verde delle grandi piantagioni di avocado, coltivate principalmente per l’esportazione in Europa.

“Non c’è bisogno di essere un esperto

per parlare della realtà in cui viviamo”,

dice la donna.

Siamo nell’epicentro della crisi idrica

in Cile: la provincia di Petorca, nella regione di Valparaíso.

Negli ultimi dodici anni il Cile ha vissuto una siccità senza precedenti, soprattutto nelle zone centrali e meridionali. Dal

2010 si è registrato un calo costante delle

precipitazioni. Le temperature sono aumentate e il deserto è avanzato da nord

verso il centro. Il 2019 e il 2021 sono stati

due anni di ipersiccità. Oggi quasi sei milioni di persone hanno problemi di approvvigionamento di acqua potabile (secondo il censimento del 2017, in Cile ci

sono 17,5 milioni di abitanti). Nel 2019 il

World resources institute ha stabilito che,

in termini di stress idrico, il paese è il diciottesimo nel mondo e il primo nel continente americano.

Gli esperti non sono ottimisti: nei prossimi anni il Cile continuerà a essere a corto d’acqua. Gli effetti di qualsiasi soluzione si vedranno a lungo termine e nel frattempo aumenteranno i razionamenti, le

interruzioni alla fornitura e i camion cisterna. Queste misure sono già state applicate in alcune località della regione di

Valparaíso. Allo stato cileno è mancato il

senso dell’urgenza e ora è troppo tardi.

La crisi idrica non si spiega solo con il

cambiamento climatico, ma anche con la

maggiore domanda d’acqua di settori produttivi come la silvicoltura, l’agricoltura e

l’industria mineraria. A questo si aggiunge un modello inadatto alle condizioni

critiche del paese: in Cile il diritto di sfruttamento dell’acqua appartiene ai privati.

Lo stabiliscono la costituzione del 1980 e

il codice dell’acqua dell’anno successivo.

Come spiega Pablo Jaeger, professore

di diritto dell’acqua dell’università del Cile, la costituzione cilena prevede che i diritti di sfruttamento possano essere alienati – cioè venduti o trasferiti – dai loro

proprietari (agricoltori, minatori, aziende

sanitarie e chiunque usi l’acqua nelle attività produttive) senza l’intervento dello

stato. I diritti di sfruttamento dell’acqua di

un fiume, di un estuario o di una falda sotterranea, concessi gratuitamente dal ministero dei lavori pubblici attraverso la direzione generale delle acque (Dga), sono

perpetui e trasferibili agli eredi. Nel 2022

la riforma del codice dell’acqua ha stabilito che i diritti valgono trent’anni.

Proprietari terrieri

Vilches è nata a Cabildo. È cresciuta in

campagna, in mezzo alla natura, e fin da

bambina ha difeso il diritto all’acqua. Oggi fa parte del movimento Secas, defensoras de las aguas. Lei e la sua famiglia vivono con cinquanta litri d’acqua al giorno,

che equivalgono a circa dieci minuti di

doccia. Cerca di arrangiarsi come può: fa

le pulizie, imbianca le case o tiene in ordine qualche chiesa. A Cabildo e nelle zone

rurali circostanti l’acqua arriva con i camion cisterna. In passato si vedevano polli, cavalli, mucche, capre e agnelli pascolare sulle colline, ma praticamente tutti gli

animali sono morti di sete. Prima la gente

coltivava frutta e verdura. Ora, senz’acqua, non si coltiva più niente.

“Bisogna mettere da parte l’acqua e

usarla con cautela. Un giorno laviamo i

vestiti, un altro ci facciamo la doccia o ci

laviamo a pezzi per evitare sprechi. Ci rimane solo l’acqua sotterranea del fiume,

perché in superficie non c’è più nulla. I

problemi sono cominciati negli anni novanta con l’arrivo dei proprietari terrieri”,

afferma Vilches. Tra le case e i negozi del-

“P

ermesso”, dice Verónica

Vilches camminando sul

letto del fiume La Ligua,

completamente asciutto.

Parla con i fiori selvatici

che sono cresciuti grazie

alle piogge di quest’inverno.

Sotto il sole implacabile e il vento incessante di Cabildo, una cittadina nel

centro del Cile, Vilches si fa strada lungo

un tratto dove molti anni fa l’acqua scorreva con forza. Un posto dove in estate le

famiglie facevano il bagno per rinfrescarsi e i turisti montavano le tende sulla riva.

Ora è estate e non c’è una goccia d’acqua:

ci sono solo pietre e qualche traccia isola-

P:44

Cile

44 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

la via principale di Chincolco, nel comune di Petorca, c’è un bar. I proprietari Gerardo Castillo ed Erika Figueroa e il leader della comunità locale Gilberto Tapia

sono seduti intorno a un tavolo vuoto.

“I proprietari terrieri hanno tolto la vegetazione autoctona per piantare alberi di

avocado sui fianchi delle colline. Hanno

prosciugato le falde acquifere e nel frattempo le piogge sono diminuite. Con drenaggi e pozzi, prendevano anche l’acqua

che scendeva dal fiume in inverno”, dice

Castillo, sessant’anni.

“Da quando le aziende hanno cominciato a comprare terreni per le loro piantagioni di avocado, gli alberi nativi che

mantenevano l’ecosistema si sono seccati”, dice Tapia, 72 anni, che faceva parte

del movimento per la difesa dell’accesso

all’acqua, alla terra e alla protezione ambientale (Modatima).

Castillo e Tapia parlano di “febbre

dell’oro verde”: si riferiscono all’arrivo

dell’industria agroalimentare nella provincia di Petorca, alla fine degli anni novanta. I grandi agricoltori, attirati dal clima caldo della zona, comprarono migliaia di ettari di terreno sulle colline, diventarono proprietari dei diritti sull’acqua e

piantarono avocado.

Lo scorso dicembre la scuola Fernando García Oldini, nella località di Hierro

Viejo, ha dovuto sospendere le lezioni a

causa dei tagli al rifornimento d’acqua. “A

Petorca non solo si viola il diritto umano

all’acqua, ma anche quello all’istruzione.

Questo è inaccettabile. Il problema è

strutturale”, ha dichiarato il preside della

scuola, Nicolás Quiroz, al quotidiano Resumen.

“Gli esseri umani si sono accaparrati

l’acqua”, afferma Figueroa, 52 anni, seduta all’altro capo del tavolo.

“Abbiamo già perso la fiducia nelle autorità, visto che nessuno si è occupato di

Petorca”, gli fa eco Tapia.

Il Cile è il terzo paese produttore ed

esportatore di avocado al mondo, dopo il

Messico e il Perù. Secondo il censimento

della frutta 2020, nella regione di Valparaíso si concentra più della metà delle

piantagioni nazionali di avocado, il 67,2

per cento delle quali è destinato all’esportazione. Nella provincia di Petorca, la seconda area di produzione di avocado del

Cile, su 8.134 ettari usati per la coltivazione, 5.078 sono destinati a questo frutto, si

legge nel censimento. Tuttavia i dati forniti dal comitato cileno per l’avocado,

un’associazione indipendente che rappresenta i coltivatori e i commercianti,

indicano che nella provincia oggi ci sono

2.539 ettari di alberi di avocado, cioè l’8,7

per cento del totale nazionale. A causa

della siccità la superficie coltivata a Petorca si è ridotta almeno del cinquanta per

cento negli ultimi tre anni.

“In questa provincia le risorse idriche

vengono solo dalle precipitazioni”, afferma il comitato in un’email. “Negli ultimi

quarant’anni le precipitazioni si sono più

che dimezzate. Ma la crisi idrica dipende

anche dall’incuria dello stato. L’acqua per

il consumo umano ci sarebbe, il problema è la mancanza d’infrastrutture idriche pubbliche per garantire alle comunità l’accesso all’acqua. Gli agricoltori hanno investito nelle infrastrutture necessarie per le coltivazioni, rendendosi autonomi dai servizi sanitari rurali (Ssr),

mentre lo stato non ha fatto questi investimenti. La politica pubblica per l’acqua

potabile nelle zone rurali ha fallito di

fronte alla siccità”.

Gli Ssr sono i sistemi comunitari di acqua potabile, da cui dipende il nove per

cento della popolazione cilena e che sono

gestiti da chi li usa. Lo stato fornisce alle

famiglie un pozzo, una pompa per estrarre l’acqua e l’infrastruttura necessaria per

renderla potabile, poi sono gli stessi abitanti a garantire che tutti abbiano accesso

all’acqua e a far pagare per il suo sfruttamento. Ma in molte zone i pozzi sono già

asciutti e gli abitanti devono comprare

l’acqua dai camion.

Quello che succede a Petorca si ripete

su piccola scala anche nel resto del paese.

Finché lo sviluppo economico sarà più

importante delle persone, qualsiasi area

– agricola, forestale o mineraria – potrebbe subire lo stesso destino. È solo una

questione di tempo, spiega María Christina Fragkou, ricercatrice ambientale

all’università del Cile.

Pochi controlli

“Ascolta”, dice Vilches. “Sono acque sotterranee, e questo è un pozzo illegale. Alcuni pozzi sono profondi più di cento metri. L’acqua va veloce, ma qui non segna

nulla”, afferma indicando il contatore

che dovrebbe registrare la quantità d’acqua che passa. Gli altri pozzi illegali sono

in mezzo al fiume e nessuno dice niente.

Tutta l’acqua finisce in collina, dove si

trovano gli alberi di avocado. L’acqua c’è,

il problema è che la rubano.

FONTE: ODEPA, MINAGRI, REDAGRÍCOLA

2000

2003

2006

2009

2012

2015

2018

2021

800

600

400

200

0

Cile Perù Colombia

Esportazione annuale di avocado da tre paesi

dell’America Latina, migliaia di tonnellate

Da sapere

Avocado dal Sudamerica

AFP/GETTY IMAGES

P:45

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 45

Da anni Vilches denuncia il furto d’acqua nella provincia di Petorca e soprattutto a Cabildo. Quello che dice è noto,

ne ha parlato anche il presidente Gabriel

Boric: “In Cile abbiamo un problema di

siccità e uno di saccheggio. La distribuzione non funziona, ci sono attività produttive che usano male le risorse idriche,

a scapito di altre”.

Ignacio Villalobos, sindaco di Petorca, afferma: “Oggi ci sono circa 1.200

pozzi registrati. Poi ce ne sono molti altri

non registrati né regolamentati. D’altra

parte, i diritti di sfruttamento dell’acqua

non corrispondono al numero di ettari

posseduti da alcune aziende agricole.

Faccio un esempio: se ho quattrocento

ettari di coltivazioni e solo cento litri

d’acqua, ci sono trecento ettari che non

potrei irrigare. Invece li irrigo. Da dove

prendo l’acqua? È un furto, lo stato non

mi ha autorizzato a usare questa risorsa.

Sto prendendo l’acqua che appartiene a

un altro utente, a un servizio sanitario o

agli abitanti della zona. Mancano i controlli”, dice Villalobos.

Rodrigo Mundaca, uno dei fondatori

del movimento Modatima e oggi governatore della regione di Valparaíso, da anni sostiene che Petorca è “l’epicentro

della violazione del diritto umano all’acqua”. Mundaca ha denunciato il furto

d’acqua nella provincia e ha ricevuto minacce di morte. “Come governatore non

ho poteri di vigilanza in materia, ma stiamo mettendo a disposizione della direzione generale dell’acqua tutte le denunce di uso irregolare che ci arrivano dal

territorio, dove il numero di supervisori è

salito da quattro a sette”.

Anche Vilches è stata minacciata:

“Sono stata chiamata terrorista e trafficante di droga. Mi è successo di tutto”,

racconta. Sui muri dell’ufficio del comitato per l’acqua potabile del villaggio di San

José e per le strade di Cabildo sono apparse scritte come “Morte a Verónica Vilches”. Poi, nel 2021, qualcuno ha dato

Piantagioni di avocado a La Ligua, nella provincia di Petorca. Cile, settembre 2019.

P:46

Cile

46 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

fuoco alla macchina di sua madre e al

portone di casa. Questi eventi la mettono

in agitazione ogni volta che deve uscire.

Una battaglia persa

“È una sfilata di camion, quale le piace di

più?”, chiede Vilches camminando per le

strade di Cabildo. In pieno inverno – la

stagione delle piogge in Cile – ci sono ancora i camion dell’acqua.

Questi veicoli raccolgono, trasportano

e distribuiscono l’acqua potabile e ormai

fanno parte del paesaggio urbano, anche

se dovrebbero essere una “misura di mitigazione”, non una politica pubblica permanente. Attualmente 400mila famiglie

ricorrono ai camion cisterna. Secondo

uno studio condotto da geografi dell’università del Cile, nella provincia di Petorca

i camion cisterna sono gestiti dagli agricoltori locali. Quindi lo stato compra l’acqua dalle aziende private per poi consegnarla alle case.

“Non manca l’acqua in termini assoluti, ma è mal distribuita”, afferma María

Christina Fragkou, autrice di una ricerca

sulle misure adottate dal Cile durante la

siccità. Il comitato cileno per l’avocado si

difende: “La situazione non ha nulla a

che fare con l’industria che rappresentiamo. Nessun produttore di avocado associato al comitato vende acqua ai camion

cisterna. La vendita d’acqua prolunga la

crisi idrica, che dev’essere affrontata con

investimenti pubblici a diretto beneficio

delle comunità. Con una piccola parte di

quello che si spende per i camion si potrebbero ottenere soluzioni stabili per far

arrivare l’acqua a tutti”.

Secondo il governatore Mundaca, “alcuni proprietari terrieri non solo hanno

l’acqua necessaria alla loro produzione

agricola, ma addirittura gliene avanza

per poterci guadagnare. Questo dimostra

quanto sia perverso il modello privato di

gestione dell’acqua e l’assenza di politiche pubbliche per renderla un bene comune accessibile a tutti: un diritto umano

fondamentale”.

“Fanno tutti affari con l’acqua. Hanno

dei pozzi profondi e acqua da vendere: è

un business perfetto”, dice Gerardo Castillo. “A certe persone la siccità fa comodo. Per alcuni è un bene che non piova,

perché così scavano pozzi sempre più

profondi da cui estraggono l’acqua. Quei

pozzi si trovano in luoghi strategici: sono

vicino ai fiumi o alle falde acquifere sotterranee. Al cittadino comune si dà l’acqua solo quando i potenti lo vogliono,

non quando si dovrebbe. Chi ha soldi può

irrigare di più. I boschi di Petorca si sono

seccati. La popolazione la considera una

battaglia persa: l’acqua appartiene ai

grandi imprenditori”.

Le radio locali della provincia di Petorca danno consigli per risparmiare acqua e nelle scuole si tengono lezioni su

come gestire questa risorsa. Nei comuni

di Cabildo, Petorca e La Ligua, i tre più

colpiti dalla crisi idrica, tutti sono consapevoli del problema.

“La situazione è critica”, dice Lilian

Cortés, 23 anni, proprietaria di una panetteria a Cabildo. “Abbiamo paura di restare senz’acqua. Mio fratello voleva investire nella zona, poi ha cambiato idea. Io ho

una cisterna in cui raccolgo l’acqua per le emergenze. Ci sono

clienti anziani che arrivano

piangendo perché non hanno

nulla da mangiare per i loro animali e devono ucciderli. Ora

molti sono contenti perché nel 2022 ha

piovuto di più, l’erba è cresciuta e gli animali si sono sfamati. La gente non vuole

arrendersi”.

“In estate spesso l’acqua non arriva e

quando arriva la pressione è al minimo”,

dice dall’altra parte del bancone la commessa di un negozio di Cabildo. “Non

possiamo lavare i vestiti né riempire le

piscine, sarebbe da incoscienti. Inoltre

l’acqua è pessima, piena di calcare, e bisogna farla bollire prima di berla”.

L’attività mineraria

Gli abitanti del Melón, poco più di ottanta

chilometri a sud di Petorca, vivono una

situazione simile. Secondo loro, però, la

responsabilità è soprattutto delle miniere. Nel novembre 2019 il Movimiento popular pozo 9 occupò uno dei sedici pozzi

dell’azienda mineraria Anglo American.

“Non è siccità, la Anglo sta privando

Melón dell’acqua”, recitava uno dei tanti

striscioni dei manifestanti.

L’occupazione, segnata da sgomberi e

arresti, si è conclusa nel febbraio 2020

con un accordo che sembrava una soluzione: sono stati realizzati due bypass,

uno dal pozzo 9 al sistema di acqua potabile comunale e l’altro dal pozzo 4. Entrambi sono di proprietà dell’azienda

mineraria, che opera nella zona dal 2002

e consuma 109 litri al secondo.

“Non avevamo acqua nelle nostre case

e, quando arrivava, la pressione era bassa”, spiega Karen White, portavoce del

movimento. “Ci dovevamo lavare alle

quattro di mattina perché era l’unico momento in cui c’era un po’ di pressione.

Non sapevamo come irrigare i campi e il

settore agricolo ne stava pagando le conseguenze. Poi abbiamo capito che il problema della scarsità d’acqua riguardava

solo noi, cioè la gente comune. L’azienda,

che inquina la zona da anni, non aveva

nessun problema”.

La soluzione trovata nel 2020, quindi,

non ha risolto le cose. Nel febbraio 2022 il comune di Nogales

(dove si trova El Melón) ha introdotto un razionamento quotidiano dell’acqua a causa del

basso livello dei pozzi. Per mitigare le conseguenze del razionamento,

insieme alla Anglo American il comune

ha cominciato a distribuire l’acqua con i

camion cisterna. A marzo Gonzalo Jaramillo, direttore del programma Agua rural della Anglo American, ha dichiarato:

“Tra i fattori che rendono più critica la

carenza idrica nella zona ci sono i problemi del sistema comunale di acqua potabile: le perdite, gli allacci irregolari e altre

questioni che stiamo analizzando insieme

al comune. Per compensare questo deficit

idrico l’amministrazione ha introdotto i

camion cisterna e alcuni miglioramenti

tecnologici nella gestione operativa. L’obiettivo è ridurre il più possibile le perdite

del sistema idrico”.

A distanza di mesi, i camion cisterna

continuano ad arrivare e consegnano cento litri al giorno. I bypass tra i due pozzi

sono ancora in funzione.

Il militante ambientalista Andrés

Marín, ex portavoce del Movimiento popular pozo 9, afferma: “È gravissimo che

per soddisfare il diritto all’acqua si debba

dipendere da una multinazionale che ha

prosciugato El Melón”.

Questa mattina Vilches prepara delle

uova strapazzate e tosta il pane. Mentre

aspetta i cinquanta litri quotidiani di acqua, tiene i piatti in ammollo in un contenitore con l’acqua avanzata dal giorno

prima. Sul tavolo c’è una brocca di vetro

piena. Fuori, sull’auto, sono attaccati tre

adesivi con la scritta “Basta al furto d’acqua”. “Ecco”, dice aprendo il rubinetto.

Senza perdere tempo, prende il bollitore e

lo riempie. Deve decidere se lavare i piatti

o dare da bere ai cani. ufr

Il problema della

scarsità d’acqua

riguardava solo la

gente comune

P:47

SOLO AL CINEMA

SCRITTO E

DIRETTO DA

NOMINATION AL

6

MIGLIOR FILM

MIGLIOR

MIGLIOR REGIA

ATTRICE

PROTAGONISTA

MIGLIOR

SCENEGGIATURA

ORIGINALE

TRA CUI

® PREMIO OSCAR

6

® PREMIO OSCAR

P:48

Madagascar

48 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

L

a musica comincia con un

canto a cappella e già dalle

finestre aperte si sente soffiare l’aria del vasto paesaggio pianeggiante del sud. Il

sud dei musicisti: il Madagascar meridionale, che oggi è colpito dalla carestia. Le pareti della stanza sono

bianche, così come le piastrelle del pavimento, che fanno risaltare i colori sgargianti degli abiti tradizionali indossati dai

musicisti per le prove ogni mattina e sera,

anche quando ad assistere non c’è nessuno. Portano anche dei piccoli cappelli di

rafia a punta originari dei loro villaggi, che

ricordano quelli dei giullari. In sala prove

si affacciano spesso altri gruppi provenienti dal sud, una piccola diaspora nella

capitale malgascia Antananarivo. Anzi,

non una diaspora, ma un’ambasciata. Come mi dirà poi il cantante Naïnako, i muAperture

musicali

Navid Kermani, Die Zeit, Germania

La musica popolare del Madagascar ha subìto varie

contaminazioni e influenze, ma continua a

rappresentare bene il carattere del paese. Uno

scrittore tedesco incontra gli interpreti più famosi

sicisti tradizionali sono l’ultima speranza

della loro regione. E presto mi renderò

conto di quanto sia vera quest’affermazione azzardata. A dare speranza non sono le

politiche di sviluppo né quelle del governo, non sono gli indicatori economici, gli

obiettivi climatici, le filiere produttive. È

la musica.

Parte un ritmo fatto di tamburi, basso e

sonagli, prima molto semplice, giusto il

tempo di entrare nel groove. In sottofondo,

il suono tremolante di kabosy (una specie

di mandolino) e chitarra, poi si aggiungono una voce solista, una seconda voce, il

coro. Un sorriso si trasmette di volto in

volto e dopo neanche un minuto la gioia

contagia tutti i presenti, dai bambini seduti per terra agli amici in visita, dai vicini

che entrano dalla porta alla madre che si

affaccia dalla cucina, da dove arriva un

buon odore. Non possiamo fare a meno di

muovere mani e piedi, ondeggiare con il

busto e ridere, come se all’improvviso il

mondo fosse diventato più bello. Chissà

se quei berretti, che non sono da giullare,

indicano che avverrà un incantesimo.

Appropriazione riuscita

Naïnako mi parla della musica tradizionale che il suo gruppo porta in giro nel mondo. In tournée hanno un amplificatore e

per le percussioni usano un moderno

cajón, uno strumento a forma di scatola di

legno, originario del Sudamerica. Nei loro

brani ci sono influenze gospel, pop e soul.

Le stesse che ho sentito in villaggi sperduti, a tre giorni di viaggio da una strada

asfaltata. La musica era tutt’altro che “pura”: al primo funerale a cui ho assistito, ho

sentito una specie di trance con un canto

parlato che sembrava hip- hop – e forse lo

era davvero – e il ritmo scandito da fischietti, come quelli che si usano nelle

partite di calcio. Al secondo funerale, un

gruppo rock si esibiva in rumorosi riff dal

suono metallico; al terzo, che per la precisione era una famadihana, cioè una seconda sepoltura – la cerimonia più importante di tutte – c’erano quindici ottoni e un

tamburo, come in una banda che suona

alla festa di paese. Quella musica, con il

suo parlato, i riff di chitarra e gli ottoni,

non dava l’impressione di essere artificiosa, ma risultava autentica e inconfondibiWAKEUPMAKEMADAGASCAR (FLICKR)

Canale di Mozambico

P:49

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 49

le. Insomma, un’appropriazione culturale

perfettamente riuscita.

In Africa l’adozione più stupefacente,

e musicalmente più fruttuosa, delle armonie occidentali è stata quella compiuta

negli ultimi sessant’anni dal jazz, che di

per sé è già la fusione di due culture. Questo genere ha prodotto star di fama internazionale come il sudafricano Abdullah

Ibrahim e l’etiope Mulatu Astatke. Anche

in Madagascar c’è un’importante scena

jazz che, come il settore culturale nel suo

insieme, ha sofferto per la crisi economica

e la pandemia di covid-19. Nell’estremo

nord dell’isola, ad Antsiranana, ho assistito al concerto di Hajazz, chitarrista e cantante, che si esibisce in un gruppo formato

da una batterista e un percussionista. Inizialmente la chitarra jazz elettrica suonava morbida e familiare, ma pian piano ho

capito che al centro della scena non c’era

Hajazz: a catturare l’attenzione erano soprattutto le percussioni, che non facevano da sostegno o da sottofondo alla musica, ma ne costituivano il centro. Un’unica

variazione improvvisata e il modello ritmico cambiava completamente, strutturando una sua narrazione. La chitarra,

strumento principale del jazz europeo,

sembrava semplicemente un elemento

di raccordo melodico tra le percussioni.

A qualche centinaio di metri dalla sala

prove del gruppo di Naïnako c’è il quartiere di Ambohipo, che è pieno di studenti e

ha un’atmosfera decisamente più rilassata di quella del centro, dove s’incontrano

una ricchezza oscena e un’estrema povertà. Ho appuntamento con il cantante Jaojoby in un locale rock gestito da sua figlia.

Negli anni settanta, ispirandosi a una tradizione locale semisconosciuta, Jao joby

ha inventato il salegy, che oggi è la musica

popolare più tipica e ascoltata del Madagascar, con chitarre e bassi elettrici dal

suono chiaro, sintetizzatori, spesso fisarmoniche, molte percussioni e un canto a

più voci. Ovviamente lui è il “re del salegy”, ed è considerato alla stregua di un

Il musicista malgascio Jaojoby durante un concerto in Francia, maggio 2012

P:50

Madagascar

50 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

padre da tanti musicisti più giovani di lui

con cui ho parlato. Quando gli chiedo di

raccontarmi la sua idea di tradizione, Jaojoby risponde: “Cosa ascoltavamo alla

radio da ragazzi? La musica americana,

quella sudafricana, quella mozambicana,

e assorbivamo tutto. Quando ho cominciato a suonare mi veniva naturale il

rhythm’n’blues, cantare il soul, fare le cover di James Brown, Ray Charles e Louis

Armstrong. Ho cominciato così. Per quanto riguarda la musica tradizionale, io vengo da un villaggio sperduto e prima dei

quindici anni non sapevo neanche cosa

fosse la radio. Conoscevo solo le nostre

canzoni. Per fortuna”.

Secondo lui, la maggior parte dei musicisti del Madagascar – o almeno quelli

che vengono dalle campagne – sono così

immersi nella tradizione musicale da poter assorbire elementi esterni senza perdere la loro specificità. Non possono far

altro che suonare in modo tradizionale: il

ritmo è sempre quello, indipendentemente dagli strumenti che usano. Più

gruppi ascolto, più mi rendo conto che

Jao joby ha ragione: non c’è mai niente di

estraneo, la musica è sempre autenticamente malgascia.

Corpo e mente

Questo, però, significa che il concetto europeo di tradizione è troppo stretto per le

altre culture musicali, e forse anche per le

nostre. Probabilmente anche per un’orchestra sinfonica le cose non sono poi

così diverse. Solo che in Madagascar la

discendenza non è intesa in senso strettamente genealogico. “Quando suoniamo, abbiamo la sensazione che siano

presenti i nostri antenati. Suonando parliamo con loro, cantando li evochiamo”,

mi dice Naïnako.

Presto il ritmo si ramifica in ottavi, sedicesimi, strutture misteriosissime, poi

torna ad accelerare in un beat veloce e

monotono. Naïnako posa la chitarra e comincia a ballare con la figlia, che faceva

da seconda voce: il busto in avanti, le

braccia allargate e i piedi che saltellano a

una velocità pazzesca seguendo un ritmo

tutto loro, complementare al beat. Ho visto fare così anche ai funerali, che nel sud

sono celebrati come delle feste. Le gambe

sembrano staccarsi dal corpo di chi balla.

Vecchi o giovani, uomini o donne, grassi

o magri: sembravano tutti ballerini nati.

Sarà una forma di razzismo, e come minimo di essenzialismo culturale, o una conseguenza di quel brutto stereotipo occidentale secondo cui i neri hanno il ritmo

nel sangue e così via? Forse sì, eppure lo

penso ogni volta che vedo qualcuno ballare. I corpi non si muovono, sono mossi, ed

è sempre meraviglioso: perfino gli anziani

sono eleganti e leggeri. Certo, qualche

ballerino e musicista occidentale è in grado di muoversi senza sforzo al ritmo contagioso della musica africana, e pure di

insegnarlo. Ma quando torno in Germania ho comunque difficoltà ad andare a

ballare, a vedere tutti saltellare scomposti. Un’altra forma di essenzialismo? Che

il mio sguardo sia distorto da pregiudizi

razzisti? No, dev’esserci qualcos’altro, un

motivo per cui la mia pelle piuttosto pallida sembra una specie

di handicap. Non bastano l’etnia

o la cultura a spiegare l’evidente

musicalità di un intero popolo o

di un mezzo continente.

Di cosa si tratta allora? Forse la domanda è mal posta, forse dovrei procedere al

contrario e chiedermi cos’è che non funziona da noi, cos’è che dall’infanzia, ormai da tante generazioni, interrompe il

collegamento tra corpo e cervello. Forse,

anzi, sicuramente, la moderna vita in città

si ripercuote sulla nostra consapevolezza

del corpo. Negli ultimi due secoli ci siamo

allontanati dalla natura e da noi stessi,

tanto che dobbiamo prendere lezioni per

imparare ad ascoltare i nostri corpi, per

esercitare il respiro e allenare l’udito.

Anche Naïnako e la figlia camminano

sull’asfalto e vivono tra quattro mura. Lo

stesso fanno Jao joby, il jazzista Hajazz e i

suoi due incredibili percussionisti. Ma i

loro nonni probabilmente no. Perfino la

parola “prove” sembra inadatta: si va in

un posto e si comincia a suonare senza

interruzioni e correzioni, l’intesa viene

da sé e ogni esecuzione è diversa dalle

precedenti. Sembra che stonare non faccia parte del loro repertorio. Forse invocano gli antenati anche per riuscire a conservare, per qualche generazione ancora,

l’unità di corpo e spirito che, a un certo

punto, finirà per appartenere irrimediabilmente al passato, a un passato che –

anche se non è mai stato migliore del presente – ci ricorda ciò che abbiamo perso.

Prima che ci chiamino per il pranzo incontro Surgi, cantante e violinista. La sua

band Vilon’Androy è composta da suoi

parenti, tra cui le tre figlie adulte che cantano e ballano. Sono scioltissime e senza

mai aver bisogno di guardarsi rispondono

l’una ai movimenti dell’altra, trasmettendosi un cenno del capo, una mossa delle

anche, una flessione particolare dell’avambraccio, come fossero collegate da

una corrente di energia.

Questa corrente invisibile è la musica.

O forse l’armonia, l’allegria e la grazia mi

colpiscono tanto solo perché contrastano

con la miseria, la siccità e la disperazione

che ho visto nel sud del Madagascar, facendo da balsamo, ricordo, forma di resistenza. Surgi non si limita a cantare: con il

volto, il corpo e il violino elettrico che si è

costruito da solo racconta una

storia di arbitrio e corruzione,

interpreta diversi ruoli, si lamenta, canta, scandisce, scherza, incede, balla, marcia e striscia per tutta la sala prove. Sarebbe piaciuto a Bertolt Brecht che però,

probabilmente, avrebbe avuto meno senso dell’umorismo, e meno musicalità.

“Perché i musicisti tradizionali sono

l’ultima speranza del sud?”, chiedo mentre alcuni ragazzi prendono gli strumenti

per partecipare alla jam session. “Perché”,

risponde Naïnako indicando l’amico Soubi, “uniscono le persone, le spingono a

difendersi. La loro musica racconta al paese e al mondo la miseria del sud, ma non

solo: parla anche di quanto sono belle le

persone, quanto sono ricche la cultura e la

terra, che sarebbe fertilissima se solo tornasse l’acqua. E poi portano idee nuove

nei villaggi su come sopravvivere nonostante la siccità e salvare la foresta dal disboscamento, che è inarrestabile perché il

carbone di legna è l’ultima fonte di guadagno rimasta”.

Prima che sia pronto da mangiare ballano tutti e lo faccio anch’io. I vicini e perfino i bambini sono abbastanza educati da

non ridere di me, anche se il vero giullare

qui sono io. usk

“Cosa ascoltavamo da ragazzi? La musica americana, quella

sudafricana, quella mozambicana, e assorbivamo tutto”

L’AUTORE

Navid Kermani è uno scrittore tedesco

d’origine iraniana. Si occupa di viaggi e

religioni. Il suo ultimo libro pubblicato in

Italia è Stato di emergenza (Keller 2019).

P:51

Ogni giorno due notizie

dal mondo scelte dalla redazione

di Internazionale

Dal lunedì al venerdì dalle 6.30

sulle principali piattaforme di ascolto

internazionale.it/ilmondo

il podcast

quotidiano di

P:52

Economia

52 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

“S

ono già stata in cinque

farmacie e non trovo

lo sciroppo per mio figlio. Non ho mai visto

una cosa simile!”, si

allarma Maria Andrionikou. Accanto a lei un’altra donna si

rammarica di non aver fatto scorta: “Mio

figlio ha l’asma e sono preoccupata di non

trovare il Ventolin”, spiega. Il panico regna in questa farmacia nella periferia di

Atene, in Grecia, da dove le due donne

sono appena uscite a mani vuote.

Davanti al negozio si è formata una fila, triste prova della mancanza di farmaci

nel paese. “Non so più cosa dire ai clienti

angosciati perché non trovano antibiotici,

antidiabetici, sciroppi o medicinali pediatrici”, dice la farmacista Eftychia Kouteli.

“Quando è possibile gli consiglio di prendere dei farmaci generici, ma in alcuni

casi mancano anche quelli”.

La stessa scena si sarebbe potuta svolgere in Francia, in Germania, nel Regno

Unito, e la dice lunga sulla carenza di medicinali che da mesi colpisce l’Europa. A

causa dei diversi metodi e criteri usati, che

variano molto da un paese all’altro, è difficile valutare la situazione complessiva.

Tuttavia i resoconti delle autorità sanitarie nazionali permettono di farsi un’idea.

Attualmente in Spagna 672 medicinali

non sono disponibili in farmacia. In Svizzera sono 773, in Estonia 375, in Italia più

Le Monde, Francia. Foto di Ulf Lundin

A corto

di medicine

Nelle farmacie europee alcuni

dei medicinali più comuni sono

ormai introvabili. Un problema

che ha molte cause e nessuna

soluzione semplice

Dal progetto Bless you (salute), in cui il

fotografo Ulf Lundin ha ritratto delle

persone che starnutiscono

P:53

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 53

di tremila, ma in questo caso sono conteggiati anche i prodotti ritirati dal commercio negli ultimi dieci anni. In Francia al 23

gennaio scarseggiavano 320 farmaci fondamentali per alcune terapie.

Il fenomeno non è nuovo, ma preoccupa sempre di più i responsabili del settore,

che anno dopo anno vedono diminuire le

scorte nelle farmacie. Nel 2019 l’agenzia

francese dei farmaci aveva ricevuto 1.504

segnalazioni. Due anni dopo sono state

2.160, un aumento del 43 per cento.

È il risultato di difficoltà di approvvigionamento che dipendono da molte ragioni. La filiera di produzione dei farmaci

è complessa, e basta un intoppo lungo il

percorso per bloccare tutto. Una contaminazione durante la formulazione del prodotto o la mancanza di un ingrediente

possono rallentare o fermare l’intero processo. Negli ultimi decenni la delocalizzazione nella produzione dei principi attivi,

che rende le aziende dipendenti dai fornitori stranieri, ha aumentato la fragilità del

sistema. L’80 per cento dei princìpi attivi

usati nell’Unione europea è prodotto fuori dal continente, per lo più in Cina, e il 40

per cento dei medicinali è importato. Da

qualche mese la situazione è peggiorata,

soprattutto nel caso delle versioni per

bambini di farmaci come il paracetamolo

e l’amoxicillina.

“I problemi riguardano tutte le categorie di farmaci: antitumorali, antidiabetici,

antiepilettici, analgesici, antipertensivi e

così via”, osserva Pierre Olivier Variot,

presidente dell’Unione dei sindacati dei

farmacisti francesi. Qualche giorno fa ha

dovuto trovare una soluzione d’emergenza per una paziente che aveva un problema con la nuova formula dell’Eutirox, non

adatta al suo caso. “Era impossibile trovare il medicinale con la vecchia formula.

Alla fine siamo riusciti a trovare un’alternativa temporanea, che l’obbliga a prendere quattro pasticche al posto di una, ma

non sono sicuro di avere una soluzione

quando tornerà”. Negli ultimi mesi i suoi

collaboratori hanno passato in media dodici ore alla settimana a cercare alternative per i farmaci mancanti.

Il momento più difficile è stato nell’autunno 2022, quando hanno cominciato a

scarseggiare il paracetamolo e l’amoxicillina per bambini. “Questo ha attirato l’attenzione, perché si tratta di due prodotti

molto conosciuti”, osserva Laurent Bendavid, presidente della camera sindacale

della distribuzione farmaceutica (Csrp).

“In media le carenze riguardano il 20 per

cento dei farmaci, siamo abituati ad affrontarle. La novità è che cominciano a

scarseggiare anche i prodotti di base”.

Le case farmaceutiche rifiutano di parlare di carenza e preferiscono usare l’espressione “forniture sotto pressione”.

Per giustificare l’assenza di alcuni prodotti citano un contesto epidemico imprevedibile, caratterizzato dall’arrivo precoce e

intenso delle infezioni invernali (influenza, covid, bronchiolite).

Il 16 gennaio la Sanofi ha annunciato

una produzione record di Doliprane (paracetamolo): 424 milioni di confezioni in

totale nel 2022. “Per la versione pediatrica

la cifra è aumentata del 49 per cento rispetto al 2021, per un totale di 24 milioni di

confezioni, con una forte accelerazione a

fine anno”.

Ma questi dati non convincono i farmacisti. “Tra le cifre fornite dalle aziende

e quelle dei distributori all’ingrosso c’è un

abisso”, dice Variot. “Quello che vediamo

ogni giorno è molto diverso”.

I grossisti respingono le critiche: “Sappiamo per esperienza che spesso è difficile

conciliare le nostre cifre con quelle delle

case farmaceutiche, in particolare perché

non si sa mai bene cosa vogliono dire

quando parlano di mettere sul mercato un

prodotto”, osserva Emmanuel Déchin,

delegato generale della Csrp. “Significa

che i prodotti sono usciti dalla fabbrica o

che sono stati consegnati ai distributori?

Quello che invece sappiamo perfettamente sono le quantità arrivate nelle nostre

strutture. Queste cifre sono attendibili”.

Medicines for Europe, l’associazione

che rappresenta i produttori europei di

farmaci generici, ammette che la forte domanda ha sorpreso i laboratori e ha superato le loro previsioni. “Dobbiamo migliorare queste stime. Ma per farlo ci vuole

una maggiore comunicazione tra le aziende e le istituzioni, in particolare sui dati

relativi ai tassi d’infezione”, dice il direttore generale Adrian van den Hoven. SeconDa sapere Effetti collaterali

◆ In Europa scarseggiano

medicinali di tutte le categorie. In cima alla lista: antimicrobici, farmaci per il sistema

nervoso, compresi i prodotti

per l’epilessia o il parkinson, e

quelli per il sistema cardiocircolatorio, come i trombolitici

usati in caso di ictus. Ma anche antitumorali, antibiotici e

antinfiammatori. Si tratta

spesso di vecchi farmaci poco costosi, il più delle volte

generici.

Per rimediare a queste carenze, negli ospedali francesi

si usano farmaci equivalenti o

soluzioni iniettabili se mancano le capsule, si diluiscono i

medicinali o si preparano formule sul posto, andando incontro a problemi di autorizzazioni. Tutto questo complica e rallenta il lavoro dei medici. Negli Stati Uniti la mancanza di ibuprofene liquido,

utile per chi non riesce a mandare giù le compresse, come i

bambini piccoli, ha spinto le

autorità a consentire temporaneamente alle case farmaceutiche di produrre e distribuire formulazioni non approvate.

Per i pazienti la carenza di

medicinali può significare

avere prodotti meno efficaci,

problemi di intolleranza, errori di dosaggio e stress. Uno

studio condotto in Francia

tra il 1985 e il 2019 sugli effetti

dell’esaurimento delle scorte

di farmaci ha rivelato che nel

16 per cento dei casi era stato

registrato un peggioramento

della malattia, soprattutto a

causa della minore efficacia

del prodotto sostitutivo. Secondo un sondaggio della Lega contro il cancro, pubblicato

nel settembre 2020, il 74 per

cento degli oncologi francesi

aveva dovuto fare i conti con

la carenza di antitumorali e di

farmaci contro gli effetti collaterali.

Il problema riguarda anche i malati di diabete, che sono più di cinquecento milioni

nel mondo. In molti paesi

mancano l’insulina, il semaglutide e il dulaglutide.

In Italia l’Agenzia italiana

del farmaco (Aifa) segnala la

carenza di più di tremila farmaci. Ma l’elenco comprende

anche tutti i medicinali la cui

produzione è cessata nell’arco

dell’ultimo decennio, che rappresentano più del 50 per cento del totale. Inoltre circa 400

si trovano ancora, anche se

dovrebbero scarseggiare nel

2023. Almeno 750 farmaci sono difficili da reperire per problemi produttivi e quasi 170

mancano a causa della domanda elevata. Le Monde

FONTE: COMMISSIONE EUROPEA

2013

Totale

10

8

6

4

2

0

2020*

*Dati incompleti

2014 2015 2016 2017 2018 2019

Media degli stati

Farmaci segnalati come carenti nell’Unione

europea, migliaia

In Europa

Scaffali vuoti

P:54

Economia

54 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

do lui una soluzione sarebbe il tracciamento dei medicinali, che permetterebbe

di conoscere in tempo reale i consumi.

“Esiste già un sistema europeo di lotta alla

contraffazione dei medicinali, che garantisce la tracciabilità di ogni confezione.

Questi dati potrebbero essere usati anche

per seguire l’aumento dei consumi”, dice

Van den Hoven.

Soluzioni creative

In attesa di trovare delle soluzioni a lungo

termine, i paesi europei più colpiti hanno

imposto il razionamento e vietato le

esportazioni di paracetamolo e amoxicillina. Ma la situazione resta tesa. In Svizzera l’ufficio federale della sanità ha autorizzato i farmacisti a preparare prodotti galenici se mancano alcuni medicinali. L’iniziativa riprende una misura simile lanciata in Francia nel dicembre 2022.

In Germania la crisi ha stimolato la

creatività dei medici. A fine dicembre

2022 il presidente dell’ordine, Klaus

Reinhardt, ha proposto di creare una sorta

di mercatino attraverso il quale chi possiede farmaci inutilizzati possa cederli a chi

ne ha bisogno. “Assurdo!”, ha commentato il presidente del sindacato tedesco dei

farmacisti del Baden-Württemberg,

Frank Eickmann: se le confezioni sono

danneggiate può essere impossibile individuare la data di scadenza, e i farmaci

non dovrebbero essere usati senza un parere medico: “Mancano antipertensivi,

insulina, antibiotici a largo spettro e analgesici. Non possiamo scambiarli gli uni

con gli altri”.

La mancanza di farmaci, che riguarda

soprattutto quelli più economici, ha permesso alle aziende di rilanciare il dibattito

sulle politiche dei prezzi. I produttori di

farmaci generici fanno notare il loro scarso valore economico rispetto ai medicinali più innovativi. Ma con più di otto miliardi di confezioni consumate in Europa ogni

anno, i generici costituiscono gran parte

delle prescrizioni.

In Germania il ministro della salute

Karl Lauterbach ha annunciato un piano

per cercare di migliorare la situazione.

“Nel pianificare le nostre scorte di farmaci

generici abbiamo messo troppo l’accento

sul risparmio, e oggi ne paghiamo le conseguenze, in particolare sui medicinali

per bambini. È inaccettabile che in Germania sia difficile trovare uno sciroppo

che è disponibile all’estero”, ha dichiarato

il ministro. Così ora alcuni generici indispensabili, come l’ibuprofene, potranno

essere venduti anche al doppio del prezzo,

e saranno comunque rimborsati dal sistema sanitario.

La Grecia ha seguito l’esempio tedesco. Il ministro della sanità Thanos Plevris ha inviato una lettera alla Commissione europea, chiedendo di rafforzare la

produzione di farmaci nell’Unione e annunciando che il prezzo di alcuni medicinali aumenterà per evitare che le case

farmaceutiche li esportino altrove. Ma

diversamente dalla Germania, in questo

caso il rincaro peserà interamente sui pazienti. uadr

Le autrici di questo articolo sono

Zeliha Chaffin, Marina Rafenberg

e Cécile Boutelet.

FONTE: COMMISSIONE EUROPEA

Altri paesi

Cina

India

44%

20%

36%

Percentuale del volume di princìpi attivi

prodotti nel mondo, 2019

Quote di mercato

Duopolio asiatico

P:55

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 55

A

ll’apice della pandemia di covid-19 alcuni paesi dell’Unione

europea, tra cui la Germania,

erano pronti a tutto pur di ottenere mascherine e vaccini, anche a danno

dei loro vicini. Ora che in tutto il continente scarseggiano alcuni farmaci, la tentazione dell’ognun per sé è tornata. La Germania si è detta pronta a pagare di più alcuni medicinali per evitare che le aziende

li vendano altrove a un prezzo più alto. Un

discorso simile è stato fatto dalla Grecia,

che ha deciso di bloccare l’esportazione di

alcuni prodotti. Anche la Romania ha fatto sapere che potrebbe vietare l’esportazione di certi farmaci generici.

La Commissione europea e l’Agenzia

europea per i medicinali (Ema) hanno cominciato a occuparsi della questione, ma

la sanità è un tema di competenza nazionale e questo limita le possibilità d’intervento delle istituzioni comunitarie. “Useremo tutti gli strumenti a nostra disposizione”, ha assicurato la commissaria per

la salute Stella Kyriakides.

Ora è possibile commercializzare farmaci anche se i foglietti illustrativi non

sono tradotti nella lingua del paese in cui

sono venduti, così da ridurre i vincoli sulle

confezioni (che prima della guerra erano

fatte per lo più in Ucraina). Inoltre si potrà

autorizzare un medicinale che possiede

gli stessi principi attivi di uno mancante,

vendere pillole sfuse o sostituire prodotti

da assumere per via orale con delle supposte. L’Ema vuole anche autorizzare rapidamente gli stabilimenti ad aumentare la

produzione di antibiotici.

“Se necessario l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera, l’organo di crisi creato durante la pandemia) potrà comprare farmaci

per conto degli stati” e creare riserve

strategiche, ha aggiunto Kyriakides. Ma

Serve una risposta

coordinata

Virginie Malingre, Le Monde, Francia

A breve la Commissione

europea dovrebbe annunciare

nuove misure per uniformare

le norme e semplificare la

distribuzione dei farmaci

finché il problema sarà strutturale, sul

lungo periodo queste misure non saranno sufficienti. “In Europa negli ultimi

vent’anni le carenze di medicinali si sono

moltiplicate per venti”, osserva l’eurodeputata francese Nathalie Colin-Oesterlé,

del Partito popolare europeo.

Oggi quasi l’80 per cento dei princìpi

attivi e il 40 per cento dei farmaci è prodotto fuori dall’Europa. Di conseguenza

l’Unione dipende dagli altri paesi, che

possono decidere di interrompere le loro

esportazioni.

“Bisogna dare la precedenza alla sicurezza delle forniture rispetto alla questione dei prezzi”, dice Colin-Oesterlé. Finché gli europei compreranno ai prezzi più

bassi possibili per ridurre le spese del sistema sanitario, produrre generici in Europa non sarà redditizio. Ma anche per i

farmaci più recenti l’Europa sta diventando un mercato sempre meno interessante. “In dieci anni nell’Unione la percentuale degli investimenti in ricerca e

sviluppo è calata dal 40 al 30 per cento,

mentre in Cina è cresciuta dall’1 al 10 per

cento e negli Stati Uniti dal 40 al 50 per

cento”, osserva l’eurodeputata.

A marzo la Commissione europea dovrebbe presentare una revisione della sua

strategia sui farmaci, che dovrebbe imporre l’obbligo di dichiarare le scorte di

farmaci per anticipare possibili mancanze future. Inoltre i produttori dovranno

avvisare per tempo prima di ritirare un

medicinale dal mercato.

La futura legislazione dovrebbe anche

incentivare le aziende a distribuire i farmaci autorizzati dall’Ema in tutta l’Unione europea, pena la perdita di alcune tutele. Oggi non è sempre così. “In Romania o in Bulgaria i produttori di antitumorali non vendono tutti i loro prodotti”,

dice un alto funzionario europeo.

“È necessaria anche una strategia di

rilocalizzazione dell’industria farmaceutica”, osserva l’eurodeputata Véronique

Trillet-Lenoir, di Renew Europe. Non è

chiaro se la Commissione europea vorrà

impegnarsi fin da subito in questo senso o

se invece preferirà un’iniziativa più ampia

sulla competitività dell’industria europea.

Riforma degli aiuti di stato, creazione

di un fondo sovrano europeo: le idee sono note, ma devono ancora essere formulate con precisione. Inoltre si dovrà decidere su quali farmaci puntare, perché i 27

paesi europei non sono ancora riusciti a

mettersi d’accordo su un elenco di medicinali strategici.

Secondo Trillet-Lenoir bisogna anche

riformare il processo di commercializzazione. Oggi le case “devono negoziare 27

volte l’autorizzazione e i prezzi dei farmaci nei singoli paesi, in modo non coordinato e poco trasparente”. Una situazione che

secondo l’eurodeputata “mette gli stati in

competizione tra loro”. uadr

Da sapere Una questione di prezzi

u La mancanza di farmaci ha

cause diverse. La pandemia di

covid-19 e la guerra in Ucraina

hanno peggiorato problemi

già esistenti, rallentando il

commercio internazionale. La

grande maggioranza dei princìpi attivi è infatti realizzata in

India e in Cina, mentre l’alluminio, il cartone e il vetro delle confezioni sono spesso prodotti in Ucraina.

Negli Stati Uniti, la Food

and drug administration

(Fda) ha dichiarato che tra le

cause della carenza ci sono

“problemi di qualità della produzione” e difficoltà nella filiera di approvvigionamento, “soprattutto a causa della

dipendenza dalla Cina per i

princìpi attivi”.

In gran parte del mondo la

produzione è stata esternalizzata e si concentra in pochi paesi. All’origine di questo fenomeno, spiega Bruno Bonnemain, vicepresidente dell’Accademia nazionale di farmacia francese, c’è l’arrivo dei generici una ventina d’anni fa,

che ha ridotto i margini di guadagno sui vecchi medicinali.

Questo ha spinto le aziende a

delocalizzare la produzione in

Asia per ridurre i costi.

Secondo Bonnemain servirebbe un elenco dei farmaci

essenziali e regole specifiche

per questa categoria. Dovrebbe essere possibile aumentare

i prezzi in modo che le aziende

abbiano interesse a continuare a produrre. Sarebbe utile

fissare un prezzo medio europeo per evitare che i prodotti

finiscano nei paesi che garantiscono più margine, e creare

delle riserve europee, da cui i

paesi possano attingere in caso di necessità. Si parla di far

tornare le industrie in Europa, ma non si può pensare di

produrre tutto in tutti i paesi,

continua Bonnemain. Bisognerebbe distribuire la produzione, e per farlo ci vorranno

anni. Ma se non si interviene, i

problemi non faranno che aumentare. Le Monde

P:56

Nuova Zelanda

56 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

A

mokura Panoho, 62 anni,

ne aveva dodici quando

scoprì il suo vero nome.

Seguendo le usanze maori, suo nonno le aveva

dato quello della bisnonna. Ma quattro anni dopo la sua nascita, i

genitori si erano separati e sua madre

aveva deciso di dare una svolta occidentale alle loro vite. “Francesizzò il mio nome, che diventò Amor. Alcune delle mie

cugine e cugini mi chiamano ancora

così”. Oltre al nome, le fu tolta anche la

lingua. “A scuola i miei genitori venivano

picchiati se parlavano maori. Per questo

non vollero che lo imparassi, un fatto che

Tornare

a parlare

maori

Meike Wijers, NRC Handelsblad, Paesi Bassi

Foto di Andrea Bruce

Dopo decenni di repressione, la cultura dei nativi

della Nuova Zelanda ha ricominciato a diffondersi.

Ma questa comunità è ancora svantaggiata rispetto

al resto della popolazione

per me è ancora un grande trauma”. L’esperienza di Panoho non è un’eccezione.

Più del 16 per cento degli abitanti della

Nuova Zelanda si identifica come maori,

la popolazione originaria di quei territori.

Ma appena un quarto di loro è madre lingua maori. “Mi vergogno di non conoscere la mia lingua, perché identità e lingua

sono collegate”, dice Panoho.

Gli psicologi hanno usato una parola

proprio di questa lingua per descrivere

questo stato d’animo: whakamā, vergogna. Quella che i nativi provano perché

non riescono a padroneggiare la loro lingua può causare disturbi mentali. Ma la

situazione è migliorata molto rispetto al

passato. Cinquant’anni fa il maori, chiamato anche te reo (la lingua), era vicino

all’estinzione.

Legati e picchiati

Quando nel 1769 il capitano James Cook

piantò la bandiera britannica in quella

che oggi è la Nuova Zelanda, la lingua locale è stata ostacolata. Nel 1840 maori e

inglesi firmarono il trattato di Waitangi,

che lasciava ai nativi terre, boschi e zone

di pesca. Ma la lingua e la cultura maori

sono state a lungo considerate inferiori

rispetto a quelle occidentali. Il Native

schools act del 1867 stabilì che l’inglese

doveva essere la lingua d’insegnamento

in tutte le scuole. I bambini che parlavano

maori in classe erano legati e picchiati.

Tame Iti, un noto attivista e artista, ha

raccontato che una volta fu costretto a

scrivere sulla lavagna cento volte la frase

“non parlerò maori”.

Negli anni settanta del novecento i

giovani maori si ribellarono contro la repressione della loro cultura, incoraggiati

da movimenti nati in altre zone del mondo in opposizione alla guerra in Vietnam

e all’apartheid in Sudafrica. La zia di Panoho, Hana Te Hemara, era una dei leader del movimento di emancipazione

NOOR

P:57

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 57

Ngā Tamatoa (i giovani guerrieri). Questi

giovani girarono il paese per promuovere

una petizione che chiedeva l’insegnamento della loro lingua nelle scuole. Ci

vollero due anni per raccogliere trentamila firme.

“A quei tempi non si facevano online,

bisognava bussare a ogni porta, scuola e

pub per parlare con le persone”, racconta

Panoho. Molte storie di quell’epoca le ha

sentite da studente, quando ha vissuto

per qualche anno a casa della zia. Poteva

essere anche pericoloso. “Capitava che i

cani fossero aizzati contro i manifestanti,

che ricevevano ogni insulto possibile”.

La petizione fu firmata anche da molti

non maori. Fu un primo, timido cambiamento nel modo di considerare la popolazione indigena, le sue usanze e la sua lingua. Nel 1972 gli attivisti, guidati da Hana

Te Hemara, che aveva 22 anni, presentarono la petizione al parlamento. Energica

e vistosa, la donna lasciò il segno. “Zia

Hana era famosa perché andava alle manifestazioni con i tacchi alti”, racconta

Panoho. “Diceva sempre: ‘Se sei donna in

un sistema patriarcale coloniale, il tuo

aspetto sarà usato come un’arma contro

di te’. Ma lei ribaltava la situazione e usava la sua bellezza per rafforzare la causa”.

La petizione fu accolta e nel 1987 il maori

fu riconosciuto come una delle lingue ufficiali della Nuova Zelanda.

Il 50° anniversario della presentazione

della petizione è stato festeggiato in grande stile a settembre del 2022. Ad animare

il progetto, chiamato “I am Hana”, sono

state Panoho e sua figlia Monowai. Te Hemara è stata anche celebrata con un grande murales a New Plymouth (Ngāmotu,

in maori).

La donna è stata una grande fonte d’ispirazione per Panoho, che quando era

adolescente decise di voler insegnare la

sua lingua. “Tutti i miei figli parlano maWaitangi, Nuova Zelanda, febbraio 2020

P:58

Nuova Zelanda

58 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

ori. Ne vado fiera”, dice. Con Monowai,

41 anni, e con la nipote Arihia Turei, 16

anni, gestisce il Marae, un centro comunitario che è anche una scuola maori, voluto da Hana Te Hemara. Visto che inizialmente le scuole maori non ricevevano

sostegni dal governo, la donna raccolse i

soldi per costruire la struttura. È stato il

primo istituto del paese a usare solo il maori per le lezioni. I figli di Panoho hanno

frequentato quella scuola.

Hana, Amokura e Monowai rappresentano tre generazioni di donne maori,

e tutte hanno un’esperienza unica di cosa

significhi accettare la propria identità.

Monowai indossa un kākahu, un mantello tradizionale che simboleggia whenua

(la terra) e moana (il mare). “La mia lingua e la mia cultura sono il nucleo della

mia esistenza”, dice. Ha imparato a leggere e scrivere in inglese solo a

quattordici anni. “I miei genitori temevano che questo rinvio

mi avrebbe sfavorito. Ma oggi li

ringrazio per questa scelta, che

ha arricchito la mia vita e le mie

possibilità di carriera”.

Monowai è dispiaciuta che sua madre

non abbia avuto la stessa possibilità. “I

miei genitori fanno parte della generazione dimenticata”, spiega. Arihia Turei, la

figlia di Monowai, è invece ancora più immersa nella cultura tradizionale. Il maori

è la sua lingua madre. “Quando ero giovane, a volte avevo paura di mostrare la

mia identità maori. La gente per strada ti

fissava. Mia figlia non ha più paura, né si

vergogna”.

Nuovi termini

Oggi la cultura nativa è popolare e le frasi

in maori compaiono per strada, nelle

pubblicità e sui social network. I turisti se

ne accorgono ancora prima di scendere

dall’aereo: il video sulla sicurezza della

compagnia aerea Air New Zealand racconta una storia maori sul prendersi cura

della Terra. La tradizione maori è esibita

con orgoglio, come mostra il caso della

haka, la danza eseguita dalla squadra nazionale di rugby prima delle partite.

Molte emittenti televisive e radiofoniche trasmettono esclusivamente in maori. Per strada, in parlamento e in tv è normale vedere persone con i tatuaggi tradizionali sul viso. Gli uomini hanno il moko

kanohi, un tatuaggio che copre tutto il

volto. E sono sempre più numerose le

donne con il sacro moko kauae, un tatuaggio su mento e labbra. Anche tra gli altri

neozelandesi comincia a diffondersi l’uso

di alcune parole maori. Se nel 2018 quelli

con una conoscenza di base della lingua

erano appena il 24 per cento della popolazione, nel 2021 erano al 30 per cento. L’inglese è di gran lunga la lingua più parlata,

ma è infarcito di parole maori.

Anche la discussione sul nome del paese è tornata attuale. Nel 1642 l’esploratore Abel Tasman usò quello di

una provincia olandese per ribattezzare quella terra. Per sottolineare l’assurdità di questa

situazione, ad agosto del 2022

l’artista Hohepa ‘Hori’ Thompson è andato nella Zelanda, nei Paesi

Bassi, per restituire simbolicamente il

nome “Nuova Zelanda” alla provincia

olandese.

Nella lingua popolare il paese è spesso

chiamato Aotearoa, che significa “terra

della lunga nuvola bianca”. Oggi questo

nome compare sui documenti governativi, sui mezzi d’informazione e anche sul

passaporto dei cittadini neozelandesi. Il

partito Te Pāti Māori ha presentato una

petizione per cambiare ufficialmente il

nome della Nuova Zelanda, raccogliendo

settantamila firme. Il partito, che ha due

seggi in parlamento, chiede inoltre al governo di sostituire tutti i nomi di città e

altre località con quelli di origine maori

entro il 2026.

Difficilmente queste proposte saranno approvate. I partiti di opposizione sono contrari. Una petizione per mantenere

il nome attuale è stata firmata da più di

settantamila persone. Secondo un sondaggio del 2021, al 58 per cento della popolazione piace il nome attuale, il 31 per

cento propone Aotearoa Nuova Zelanda

e solo il 9 per cento vorrebbe che il paese

si chiamasse Aotearoa.

La diffusione del maori nella vita quotidiana ha causato una sorta di guerra

culturale. Una parte della popolazione

non è d’accordo con il fatto che la Tvnz,

l’emittente pubblica, usi una lingua che

tante persone non conoscono. Le aziende che usano il maori, come il produttore

di cioccolata Whittaker’s, sono molto criticate.

Ostinatamente ottimista

Questa rinnovata attenzione nei confronti della popolazione indigena non significa che i problemi di razzismo ed emarginazione siano stati risolti. Secondo una

ricerca recente, il 93 per cento dei maori

dichiara di avere a che fare con il razzismo ogni giorno.

Monowai Panoho ritiene che i maori

siano ancora svantaggiati sotto molti

punti di vista. Lei vive a Gisborne, la città

in cui il sole sorge prima al mondo. “Qui

la maggior parte degli abitanti è maori.

Le loro prospettive per il futuro non sono

buone, c’è molta povertà e criminalità”.

Rispetto al resto della popolazione, i

maori tendono ad avere una situazione

abitativa difficile, hanno un accesso limitato al mercato del lavoro e finiscono di

più in carcere. Molti ragazzi entrano in

bande criminali, contesti in cui il tatuaggio sul viso è usato come un segno di affiliazione. Questa tradizione sacra per i

nativi ha quindi finito per avere una connotazione negativa. “È triste vedere come i bambini qui non riescano a immaginare un futuro diverso dalla vita in una

gang”, dice Monowai.

Tuttavia, Amokura Panoho rimane

ottimista. “C’è ancora molto da fare, ma

abbiamo già fatto tanta strada. Hana mi

ha insegnato a non arrendermi mai”.

L’influenza della zia si vede anche nell’aspetto. Amokura non si veste mai di nero.

“Sii colorata e piena di vita. Così anche il

tuo messaggio sarà ascoltato con più attenzione”. uvf

FONTE: FINANCIAL TIMES

15-24

50

40

30

20

10

0

25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75+

2016 2021

Neozelandesi che conoscono più di qualche

parola o frase in maori, per fascia d’età e anni; %

Da sapere

Una cultura da scoprire

Una parte della

popolazione non è

d’accordo con il fatto

che la Tvnz,

l’emittente pubblica,

usi una lingua che

molti non conoscono

P:60

Portfolio

Hyunmin Ryu racconta il suo rapporto con il nipote di undici anni, tra momenti

spontanei e messe in scena surreali. Creando un originale album di famiglia,

che riflette anche sul mezzo fotografico, scrive Christian Caujolle

E

se la vita fosse un grande

gioco? E se lo fosse anche la

fotografia? Queste sono le

domande che ci facciamo

dopo aver sorriso guardando le foto dell’artista coreano Hyunmin Ryu insieme al nipote Kim

Saehyun. Forse sono le stesse che nel

2020 hanno spinto Ryu a cominciare questo originale progetto composto da più di

150 immagini difficili da definire, per via

Compagni

di gioco

delle loro diverse caratteristiche. È molto

più che un semplice insieme di ritratti.

Mostra una grande libertà e la volontà di

lasciarsi guidare dal caso, ma si fa fatica a

trovare un filo conduttore. L’unico sembra essere il gioco.

Un primo piano commovente su una

cicatrice, il nipote che gioca con il telefono sul letto, delle matite colorate infilate

tra le dita dei piedi: tutte le immagini sono

proposte come se avessero la stessa importanza. Anzi, come se non avessero alcuna importanza. Quasi sempre scattate

con una luce naturale, si passa da frammenti di vita quotidiana a messe in scena

elaborate, accurate, divertenti, in cui si

percepisce la complicità tra l’artista e il

bambino. E a volte, per sottolinearla,

Hyunmin Ryu stesso entra nell’inquadratura insieme al suo modello, in una posa

frontale o semplicemente con la presenza

del suo braccio.

60 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:61

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 61

Qui accanto:

Il bambino

con otto

occhi.

A pagina 62:

Pomeriggio

fingendo di

dormire.

P:62

Portfolio

Nato nel 1979 a Daegu, in Corea del

Sud, Hyunmin Ryu è entrato nel mondo

della fotografia dalla porta sul retro, facendo pratica nel laboratorio di stampa

dei cugini e in seguito specializzandosi

nella post-produzione. L’artista precisa:

“Non l’ho fatto perché ero interessato alla

fotografia, ma perché era un modo per

guadagnare dei soldi”. Tuttavia, guardando le immagini degli altri ha progressivamente cominciato a interessarsi al

mezzo e alla fine si è iscritto al corso di

fotografia dell’università di Chung-Ang di

Seoul, laureandosi nel 2009 in arti visive.

Poi è partito per Londra, nel Regno Unito,

dove nel 2012 ha fatto un master alla Slade

62 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:63

Nella foto grande: Regalo del matrimonio

di nonna. Sotto, a sinistra: Cicatrice.

Qui accanto: Figlio e madre.

A pagina 65, in alto: Foto di famiglia.

In basso: Sulla strada per tornare a casa

.

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 63

P:64

Portfolio

school of fine arts, l’accademia di belle

arti. L’artista, che ricorda di non aver mai

amato la scuola e di essere stato un bam

-

bino che in classe preferiva fare scherzi, è

poi tornato nella sua città e ha cominciato

a lavorare ai suoi progetti artistici.

È in quel periodo che è andato a vivere

con la sorella maggiore e suo figlio di un

anno, nella casa in cui è cresciuto. Ed è lì

che è nata la voglia di fotografare il nipote,

puntando l’obiettivo verso la persona che

sentiva più vicina, ma anche probabil

-

mente per la necessità di conservare i ricordi della propria infanzia. “Ho visto

crescere mio nipote, stando con lui fin

dalla nascita… Dopo undici anni viviamo

ancora insieme, come grandi amici”. Da

qui deriva certamente questa serie d’im

-

magini surreali e provocatorie, di mo

-

menti intimi e scherzi visivi che alimenta

-

no il loro rapporto.

Se le unghie delle mani di Hyunmin

Ryu possono trasformarsi in otto occhi sul

volto del bambino, due petali di ciliegio

possono diventare delle lacrime poetiche.

E ancora, il nipote sdraiato su un enorme

orso di peluche, i momenti in cui fa i com

-

piti indossando un casco futuristico, il

primo giorno di scuola, ma anche le prote

-

zioni in plexiglass che circondavano i ban

-

chi degli alunni durante la pandemia di

covid. I giochi sono fotografati con la

maggiore naturalezza possibile, senza

uno stile particolare, con un’attenzione

tenera che trasforma immediatamente il

banale in qualcosa di serio. Una strana

cronaca della vita quotidiana che, con una

certa umiltà, possiede anche una forma

d’ambizione di carattere universale: “Co

-

mincio il mio lavoro a partire da quello

che conosco meglio della mia vita. M’in

-

teressano le relazioni con le persone che

mi sono vicine e che penso di capire, o

l’assurdità ontologica e i limiti che vivo in

quanto artista”.

Il gioco è visivo: con messe in scena di

immagini nelle immagini. E così si spazia

da una foto incorniciata tenuta in mano da

Kim Saehyun a una scena inverosimile in

cui fa volare un ritratto di famiglia appeso

a un drone. Questi espedienti sono anche

un modo per avvertirci, per dirci che il gio

-

co permette di riflettere sulla fotografia,

su quelle che l’autore chiama le sue “im

-

perfezioni”, i suoi limiti. Il rifiuto di con

-

formarsi a regole estetiche determinate, a

dei generi prestabiliti, è anche un modo

per interrogarsi sulla natura della fotogra

-

fia, e in particolare sul ritratto fotografico.

“Questo progetto è diventato un’opera

su più livelli, che mescola l’esistenza di

Sopra: Trucco di

scena.

Qui accanto: Scambio

di vestiti.

64 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:65

Qui sotto: Camouflage.

Saehyun, il rapporto tra noi, e il mio

sguardo concettuale ed emotivo sul mezzo fotografico”. Accumulando momenti

colti al volo, considerati più “autentici”, e

scene divertenti, esplicitamente costruite, Hyunmin Ryu riesce al tempo stesso a

sedurci e a farci riflettere su quello che è la

fotografia. “Considerata la sua accessibilità, oggi sembra essere lo strumento più

democratico. A differenza della pittura, il

momento in cui lo spettatore si confronta

con la fotografia, la situazione, la scena e

l’oggetto inquadrati non sono una creazione dall’artista, ma sembrano essere

basati sull’esperienza dello spettatore.

Questo è dovuto probabilmente al fatto

che le persone pensano che ciò che vedono sia realmente esistito, nel tempo e nello spazio”.

Al di là del piacere che si prova nello

sfogliare questo album di grande condivisione ludica, si finisce per pensare che il

gioco sia, da un lato, l’autoritratto del fotografo che proietta i suoi ricordi d’infanzia sulla vita del nipote, dall’altro il modo

di creare il ricordo visivo del passaggio dai

primi anni di vita all’adolescenza e forse

all’età adulta.

“Non c’è un progetto estetico definito

dal punto di vista formale”, dice Ryu, “la

cosa importante è che non mi annoio mai

a guardare mio nipote crescere”. ◆adr

Da sapere

◆ Hyunmin Ryu è un artista coreano che lavora con la fotografia e il video. Ha ricevuto numerosi premi internazionali e ha esposto in Corea

del Sud, Giappone e molti paesi europei.

L’artista

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 65

P:66

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68 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

◆ 1974 Nasce nel distretto di Akkar, nel nord

del Libano.

◆ 1999 Si laurea in giurisprudenza a Beirut.

◆ febbraio 2021 Gli viene assegnata

l’indagine sulla doppia esplosione al porto di

Beirut, avvenuta il 4 agosto 2020.

◆ gennaio 2023 Dopo tredici mesi di stallo,

riprende in mano l’inchiesta sull’esplosione e

mette sotto accusa otto persone, tra cui il

procuratore generale Ghassan Oweidat. Il

procuratore denuncia Bitar per “usurpazione

di potere” e “ribellione contro la giustizia”.

Biografia

Q

uesta è la storia di un giudice che, nel momento in cui

ha accettato d’indagare

sulla doppia esplosione avvenuta il 4 agosto 2020 al

porto di Beirut, in Libano,

ha capito che stava per andare incontro a

una tempesta. Quell’incidente, che ha

causato almeno 218 morti, ha scosso il

paese e le sue ramificazioni superano ampiamente i confini nazionali. Nel decrepito palazzo di giustizia della capitale, simbolo del lassismo e del fallimento del governo libanese, Tarek Bitar è rimasto l’unico a dedicarsi all’inchiesta.

“Negli Stati Uniti a un caso simile sarebbero state assegnate quattrocento

persone”, dice una fonte vicina all’inchiesta. Invece il magistrato, che ha 48

Tarek Bitar

Giustizia

sarà fatta

Marie Jo Sader, L’Orient-Le Jour, Libano

Illustrazione di Ale&Ale

anni, non è mai stato solo come oggi. Bitar, da molti considerato come un autentico giustiziere, vorrebbe condurre l’indagine fino alla fine, “per mostrare ai

cittadini libanesi che il sistema giudiziario ha magistrati capaci di affrontare un

caso come questo”, fanno sapere i suoi

collaboratori.

Il bersaglio

Dietro il braccio di ferro che lo vede contrapposto alla classe politica libanese e a

una parte della stessa magistratura si decide la partita per la costruzione di uno

stato di diritto, indispensabile per il funzionamento di una vera democrazia, e

per interrompere l’egemonia delle milizie nella vita pubblica del paese. Ma le

acque in cui naviga il magistrato sono

agitate e rischiano di farlo finire in mare.

Bitar è stato il bersaglio di un’aggressiva campagna di diffamazione condotta

da numerosi politici, in particolare da

quelli di Amal e Hezbollah, dopo aver avviato azioni penali contro ex ministri, deputati e funzionari degli apparati di sicurezza libanesi appartenenti proprio ai

due partiti sciiti. Erano accusati di essere

coinvolti nello stoccaggio del nitrato di

ammonio che ha causato l’esplosione in

un deposito del porto di Beirut. La campagna ha scatenato violente polemiche;

ha portato anche alla diffusione di notizie

false sui mezzi d’informazione e sui social network che hanno danneggiato la

reputazione del magistrato, rinfacciandogli di aver politicizzato le indagini. Ci

sono stati vari tentativi di togliergli l’inchiesta.

Anche se Bitar è famoso per la sua indipendenza e per la sua determinazione

“alla Giovanni Falcone” contro i criminali, la sua sorte è riuscita a spaccare le piazze libanesi. Il 14 ottobre 2021 a Beirut una

manifestazione contro il magistrato è

degenerata in scontri armati nel quartiere di Tayouneh, che hanno causato sette

Ritratti

È il magistrato che guida le indagini sull’esplosione

dell’agosto 2020 al porto di Beirut. È considerato

incorruttibile e non ha rapporti con i politici. Per

questo molti cercano di fermarlo

P:69

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 69

morti e decine di feriti. Bitar guida l’indagine dal febbraio 2021, ma il suo nome

era già stato proposto subito dopo il

dramma del 4 agosto, quando le autorità

del paese avevano deciso di sottoporre il

caso alla corte di giustizia, un tribunale

straordinario che si occupa dei crimini di

stato. Lui figurava al secondo posto tra i

giudici istruttori proposti al consiglio superiore della magistratura dall’allora ministra della giustizia Marie-Claude

Najm. “Per sopportare questo pesante

carico c’è bisogno di un magistrato competente, ma che sia al tempo stesso giovane e dinamico. E senza dubbio Bitar

soddisfa tutte le condizioni di base: è indipendente e onesto”, aveva dichiarato

Najm.

All’epoca, però, il magistrato aveva

esitato. “Bitar non è nato ieri. Vedeva dei

grossi nodi legali che rischiavano di bloccare il suo lavoro ed era consapevole che

bisognava prima creare un quadro normativo che mettesse tutti su un piano di

uguaglianza di fronte alla legge”, raccontano i collaboratori del giudice. Secondo

loro, il magistrato aveva chiarito che prima di far partire l’indagine bisognava

abolire l’immunità per i funzionari pubblici e creare una commissione speciale.

Ma le autorità si sono opposte a tutte le

sue richieste, e questo l’ha frenato.

L’istruttoria alla fine è stata affidata al

suo collega Fadi Sawan, che ha subìto

presto l’accanimento politico di chi voleva seppellire l’inchiesta. Dopo sei mesi,

Sawan è stato sfiduciato dalla corte di

cassazione in seguito a un ricorso per “legittimo sospetto” depositato da Ali Hassan Khalil e Ghazi Zeaiter, due deputati

ed ex ministri del partito Amal, che sarebbero poi finiti nel mirino di Bitar insie-

P:70

Ritratti

me ad altri alti funzionari libanesi.

Dopo l’allontanamento di Sawan doveva essere scelto un nuovo magistrato

ma, vista la piega presa dal caso, i candidati rimasti erano pochi ed erano ancora

meno i nomi che mettevano d’accordo il

consiglio superiore della magistratura e

la ministra della giustizia. Così il nome di

Bitar è tornato in primo piano. “Per certi

versi lui è un figlioccio del consiglio superiore della magistratura, perché è molto

rispettato e apprezzato dall’istituzione”,

spiega una fonte. “Il fatto che il fascicolo

fosse andato nelle mani di un altro per poi

tornare a lui era un segno del destino.

Questa volta non poteva più rifiutare. È

diventata la sua missione”.

“È chiaro che sapeva in cosa si stava

imbarcando. Non sarebbe stata una passeggiata nel bosco, ma una tempesta e un

mare burrascoso”, testimonia un avvocato che ha avuto più volte a che fare con il

giudice. “È un tipo molto determinato.

Quando crede nella sua missione niente

può fermarlo. E se per impedirgli di fare il

suo lavoro si usano tattiche scorrette, la

sua determinazione è ancora più forte”.

Questa tenacia non piace alla classe

politica libanese, poco abituata a difendersi dalle inchieste, che infatti continua

a tendergli delle trappole. Da quando è

subentrato al suo predecessore, Bitar non

conosce la tranquillità. È stato rimosso

temporaneamente dal caso varie volte

dopo ricorsi presentati dai funzionari incriminati, e le sue richieste di autorizzazione per rinviare a giudizio i dirigenti

della sicurezza, indirizzate al ministro

competente, sono state in gran parte respinte (il 23 gennaio Bitar, dopo tredici

mesi di stallo, è riuscito a far riaprire le

indagini mettendo sotto accusa otto persone, tra cui il procuratore generale

Ghassan Oweidat. In risposta Oweidat

l’ha a sua volta incriminato per “usurpazione di potere” e “ribellione contro la

giustizia” e ha ottenuto il rilascio delle

diciassette persone già in carcere per l’inchiesta).

Contro i favoritismi

Secondo i dirigenti di Hezbollah e di

Amal, l’indagine di Bitar è “politicizzata”

e rivolta solo contro i partiti sciiti libanesi,

seguendo un’agenda dettata dagli Stati

Uniti. Le accuse tuttavia sono totalmente

in contrasto con la reputazione di un uomo che odia i favoritismi e la collusione tra

i giudici e il mondo politico libanese.

Originario del distretto di Akkar, nel

nord del paese, Tarek Bitar è il settimo di

otto figli. Non ha mai mostrato un grande

interesse per la politica. “Ha scelto di servire il suo paese impegnandosi nella giustizia. Il Libano è la sua unica ideologia”,

sostengono i suoi collaboratori.

Laureato in giurisprudenza nella capitale presso l’Université libanaise, ha cominciato la sua carriera nel governatorato del Libano settentrionale, ricoprendo

incarichi di prestigio nonostante la giovane età. All’inizio ha fatto il giudice a Tripoli, poi nel 2010 è stato nominato procuratore d’appello per il governatorato. Nel

2017, a 41 anni, è diventato il capo della

sessione penale del tribunale di Beirut e

ha cominciato a occuparsi di casi di terrorismo, omicidio, stupro, crimini finanziari e traffico di droga, alcuni dei quali hanno avuto una vasta eco su giornali e tv. Per

esempio ha condannato a morte Tarek

Yatim, che aveva accoltellato un uomo in

pieno giorno per strada, sotto gli occhi

della moglie, dopo un litigio nel quartiere

di Gemmayzeh. Uno dei fascicoli più recenti su cui ha lavorato è stato il caso di

Ella Tannous, che ha sollevato grande

clamore in Libano: nel 2020 il giudice ha

condannato due ospedali privati e due

medici a risarcire la famiglia di una bambina che per un errore dei sanitari ha dovuto subire l’amputazione di braccia e

gambe. Con il suo verdetto Bitar si è inimicato la categoria dei medici, che ha

proclamato uno sciopero.

Il magistrato ha già subìto anche diverse minacce. Nel luglio 2020 una persona

ha tentato di piazzare delle bombe all’interno del suo ufficio prima di essere fermata dalle forze di sicurezza. “L’uomo

arrestato era un disgraziato, ma non abbiamo mai saputo se fosse agli ordini di

qualcuno. All’epoca il giudice stava avviando un giro di vite contro i trafficanti di

droga”, riferisce una persona a lui vicina.

Bitar, sposato e padre di due figli, lavora senza sosta. La sera rientra a casa molto tardi e non prende mai ferie. “Aveva

bisogno di soldi, eppure non ha mai accettato le cattedre all’università che gli sono

state offerte. Per lui quello era tempo in

meno da dedicare alla giustizia, era fuori

discussione”, racconta una sua amica.

Fieramente indipendente, Bitar è

molto temuto dai politici. “I funzionari

pubblici non gli telefonano mai. Non

hanno il coraggio di farlo. E lui rifiuta tutti gli inviti. Odia la mondanità. La sua cerchia di amici è ristretta”, dice una persona che lo conosce bene. Il giudice ha eretto un muro invalicabile per proteggere il

suo lavoro dalle interferenze politiche,

spiega.

Acque agitate

Da quando ha assunto la guida del caso

della doppia esplosione al porto di Beirut,

il lavoro di Bitar non ha fatto che crescere.

Vede i figli ancora meno di prima, mentre

le pressioni da ogni parte aumentano.

Tuttavia è riuscito a mantenere un

volto umano e una sensibilità che ha colpito sia le famiglie delle vittime dell’esplosione sia i parenti degli imputati, che

ha spesso ricevuto nel suo ufficio, contrariamente al suo predecessore. Mounia

Fawaz, moglie di Charbel Fawaz, una delle persone incarcerate nei primi mesi

dell’inchiesta e poi liberate, lo considera

una persona di gran cuore. “All’inizio non

avevamo informazioni su Charbel. Ma

quando è stato nominato Bitar è cambiato tutto. Abbiamo cominciato a vedere un

po’ di luce”, afferma Fawaz. “Che Dio lo

protegga. Occuparsi di un caso simile in

questo paese dev’essere terrificante”.

Il magistrato e la sua famiglia, che vivono nella zona nord di Beirut, sono sotto

la protezione dell’esercito. La scorta che

lo accompagna spaventa un po’ i suoi figli. Lui, invece, non sembra affatto intimidito. “Spera di poter condurre l’inchiesta fino in fondo. Ma se le pressioni esterne avranno la meglio, almeno lui ha la

coscienza tranquilla, perché il suo successore avrà tra le mani un fascicolo confezionato molto bene, e soprattutto quasi

concluso”, dice una persona vicina al magistrato. Che aggiunge: “Dopotutto, non

è il destino della persona che conta, ma il

successo dell’inchiesta”. ◆fdl

70 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

La tenacia di Bitar

non piace alla classe

politica libanese,

che è poco abituata

a difendersi dalle

inchieste e continua

a tendergli trappole

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Viaggi

alle nove lui e i suoi colleghi si ritrovano

nella sede accanto all’ufficio turistico per

rispondere, a spese del comune, alle domande di chi pratica gli sport invernali.

Con l’aiuto di mappe e fotografie spiegano dove si può ancora trovare della neve

fresca affidabile e dove invece il rischio è

alto. “Sono informazioni che cambiano

costantemente”, spiega Monti.

Ogni giorno almeno una decina di

persone viene a chiedere informazioni.

“Prima di approfondire dobbiamo capire

quanto ne sanno sull’argomento. Non

possiamo chiedere solo se hanno esperienza”. Anche il bollettino valanghe che

Monti e la sua squadra pubblicano ogni

sera è piuttosto fuori dal comune: di solito si danno informazioni generiche che

coprono un’intera regione alpina, mentre

loro si dedicano esclusivamente alla zona

di Livigno. “Siamo in grado di dire esattamente quali sono le zone pericolose in

quel momento”, spiega Monti.

Se non si ha esperienza, interpretare

male il bollettino è facile: quando leggono livello tre, racconta Monti, alcuni credono che il rischio sia medio, una situazione relativamente sicura. “Ma è sufficiente una valanga di livello 1 per trascinare uno sciatore verso valle. Una di livello 2 può seppellirlo completamente e una

di livello 5 può distruggere un intero villaggio”.

Nell’ufficio un plastico raffigura le

montagne di Livigno. C’è anche il logo

S

e ci fosse un concorso per il

tragitto da casa al lavoro più

bello del mondo, quello che

fa Fabiano Monti avrebbe

buone probabilità di vincere.

Ogni mattina esce dalla sua

casa di legno in cima alla montagna, infila gli sci e scende sulle piste circondate da

boschi di larici fino a Livigno, un comune

in Lombardia a 1.800 metri d’altitudine.

Davanti a un edificio in pietra, legno e

vetro, Monti si toglie gli sci e li porta in

ufficio, dove li lascia in un angolo che ne

ospita già una ventina. Sono dei suoi colleghi: matematici, programmatori informatici e guide alpine. Tutti pazzi per lo

sci, come lui, soprannominato l’uomo

che sussurrava alla neve. Nel 2013 ha concluso un dottorato all’istituto per lo studio della neve e delle valanghe a Davos,

in Svizzera, e ha cominciato a pubblicare

bollettini sulle valanghe a Livigno, dando

vita al Freeride project, uno dei più completi servizi d’informazione sulle valanghe nelle Alpi.

Da ragazzo faceva gare di snowboard.

All’epoca a Livigno era vietato andare

fuori pista, mentre ora, nonostante l’alto

rischio di valanghe, il comune fa di tutto

per attirare chi va sulla neve fresca. “Di

solito qui nelle alpi centrali non nevica

molto”, spiega Monti, “ma il rischio valanghe è maggiore perché il manto nevoso si compatta poco ed è più facile che si

smuova. Lo dimostrano anche gli incidenti della stagione in corso”.

Negli ultimi dieci anni in questa zona

le valanghe hanno ucciso quattro persone. “Il numero delle vittime non scenderà mai a zero, ma spero di riuscire almeno

a impedire gli incidenti evitabili”, spiega

Monti. Ed è per questo che ogni mattina

Avvisi

agli sciatori

Florian Sanktjohanser, Süddeutsche Zeitung, Germania

A Livigno, in Lombardia,

c’è un ufficio valanghe: guide

alpine, programmatori

e matematici informano

i turisti e preparano bollettini

del programma italiano di ricerca in Antartide per il quale Monti ha lavorato. Sul

computer apre e chiude mappe colorate,

grafici a barre e diagrammi cartesiani.

Servono a rappresentare la struttura

del manto nevoso in inverno, i cambiamenti che avvengono di ora in ora e le

variabili come l’esposizione al sole, la forza del vento e la temperatura. Monti usa i

dati di quindici stazioni meteorologiche,

ma riceve anche le foto dalle guide alpine, che nelle riunioni del mattino raccontano le condizioni trovate in montagna.

Con tutti questi dati, l’Alpsolut, l’azienda di Monti, elabora simulazioni anche per varie regioni italiane e località

sciistiche in Tirolo, Andorra e Catalogna.

In programma c’è anche una versione

semplificata per i turisti, da scaricare sul

telefono. “Ma la cosa più importante è

l’interpretazione, che non è facile. E per

quanto le simulazioni possano aiutare,

andare sul campo è diverso”, spiega

Monti. E quindi di buon mattino, lasciandoci alle spalle i tanti negozi di gioielli,

vestiti e profumi di questa specie di dutyfree di montagna, ci incamminiamo verso la cabinovia Carosello 3000. Nella

stazione a valle, il livello di allarme valanghe è annunciato su un avviso luminoso.

Un cappuccino al volo e si parte, con vista

sulle montagne un tempo attraversate

dai contrabbandieri che portavano in

Svizzera sigarette, liquori e caffè.

Cristalli grandi e piccoli

I cartelli della stazione a monte danno

indicazioni sulle condizioni del terreno

fuori pista. C’è anche una stazione per

provare gli apparecchi usati per le ricerche in caso di valanga. Oppure punti informativi dove cominciano i percorsi per

le escursioni con sci e ciaspole. “Sono interessanti anche per chi è esperto”, dice

Monti. Anche la risalita si fa fuori pista,

ma se si vuole si può tornare in breve tempo su una di quelle battute.

Dopo qualche curva Monti fa un salto

e scende sul terreno scosceso e ghiacciato, poi si ferma su una pendenza di 35 gradi, sgancia gli sci e comincia a scavare

con una pala.

Una volta in Antartide ha scavato da

solo un fosso lungo venti metri e profondo due, racconta. In confronto quello che

sta scavando ora per fare il profilo stratigrafico di questa neve è niente. Solo un

metro di profondità. Con l’indice gratta

dall’alto in basso la parete di neve liscissima. “La neve ha gli strati, proprio come il

tiramisù”, dice. Poi mi spiega che quelli

72 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:73

morbidi s’individuano premendo leggermente il pugno sulla neve e vedendo se

affonda.

Il problema è la vicinanza di strati

morbidi e duri, o di cristalli grandi e piccoli. “Più i grani sono piccoli meglio è”,

spiega Monti. Sui grani e i cristalli più

grandi un lastrone di neve compressa dal

vento scivola come su dei cuscinetti a sfera. “Il profilo stratigrafico dice qualcosa,

ma non tutto. Non ci si deve fare affidamento”, osserva Monti,“bisogna raccogliere più informazioni possibili, come se

fossero le tessere di un puzzle. Prima di

tutto ci si guarda intorno cercando qualcosa che possa segnalare il rischio di valanghe, stando attenti a crepe e rumori”.

Più il suo racconto va avanti e più siamo

intimoriti, anche perché diverse volte è

stato travolto da una valanga. “Ma non

mi ha mai seppellito completamente”.

Consultare le applicazioni

Alla stazione a valle dello skilift ci si può

esercitare su cosa fare in caso di emergenza: sotto la neve sono stati messi cinque localizzatori che la guida alpina Emanuele Tizzoni attiva dalla sua valigetta.

Ci spiega ancora una volta il funzionamento degli apparecchi di ricerca in caso

di valanga e come ci si comporta durante

le ricerche e il recupero delle persone.

Viene spesso qui con i suoi clienti, che abbiano prenotato un’escursione per principianti oppure in elisci. L’ elicottero è stato

comprato nel 2014 per recuperare le vittime delle valanghe. Sono gli elisciatori a

finanziare quest’attività in cambio

dell’accesso esclusivo a un’area fuori pista di cento chilometri quadrati.

Oggi gli sciatori sono molto più informati sulle valanghe di quanto non lo

fossero dieci anni fa, dice Monti. E sono

utili anche le app, Skitourenguru o White

Risk per esempio. “Ma c’è anche chi esce

in condizioni meteo pessime. Li chiamiamo highlander, perché si sentono immortali”. u sk

PETER MARLOW (MAGNUM/CONTRASTO)

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 73

Livigno, Lombardia, 2004

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Graphic journalism

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Cartoline da Palermo

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Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 75

Paolo Parisi vive e lavora a Roma come grafico e illustratore. Tra i suoi libri Blues for Lady Day e Coltrane (Coconino 2017).

Il suo sito è paoloparisi.org

P:76

Cultura

A

ll’inizio di dicembre del

2022 una lampadina brillava sopra la testa calva di

Umar Abubakar Sidi. I suoi

occhiali riflettevano la luce

blu dello schermo del computer mentre

sedeva di fronte a una libreria. Stava per

leggere un estratto dal suo libro di poesie,

nel secondo dei tre giorni di un festival

letterario, a un pubblico che si trovava in

gran parte nella città di Enugu, nella Nigeria sudoccidentale, a quasi seicento

chilometri da Lagos, dove Sidi vive.

“Non c’è gioia più grande che essere

in comunione con altri creativi”, ha detto

con un sorriso candido, prima di cominciare. Più di cento scrittori, artisti e lettori si sono riuniti all’Alliance française di

Enugu e su Zoom per ascoltare Sidi e gli

altri autori invitati a presentazioni, tavole

rotonde e conversazioni letterarie in occasione del Crater literary festival. Il festival è nato nel 2017, quando la sua fondatrice Adachukwu Onwudiwe, 34 anni,

non è riuscita a partecipare a quello di

arti e letteratura Aké di Abeokuta, una

città a due ore d’auto da Lagos, perché

non poteva lasciare neanche per poche

ore il suo lavoro di bibliotecaria in un’organizzazione non profit. A Enugu non

c’era niente di simile, perciò lei ha deciso

di colmare la lacuna fondandone uno.

Per anni Enugu è stata un importante

centro letterario, da dove sono emersi alcuni dei migliori scrittori africani, come

Chinua Achebe, Christopher Okigbo,

Chimamanda Ngozi Adichie e Chika

Unigwe. Ma nell’ultimo decennio, nella

regione, i festival di questo genere erano

praticamente scomparsi.

“Governo e privati non hanno fatto

alcuno sforzo per sostenere il patrimonio

letterario”, ha detto Onwudiwe. “Il motivo per cui abbiamo voluto lanciare il festival è promuovere la letteratura e la creatività. Ci sono persone nel paese che si

muovono in questo senso, ma poiché i

loro nomi non figurano sulle grandi riviste, nessuno sa cosa stanno facendo”.

Capacità di attenzione

Negli ultimi anni i ricercatori hanno riscontrato un calo della cultura della lettura in Nigeria. Il fenomeno coincide con la

diminuzione della capacità d’attenzione

delle persone in tutto il mondo, legato in

parte a social network come Instagram e

TikTok. Onwudiwe nota che l’età dei partecipanti alle cinque edizioni del festival

va dai 20 ai 45 anni. Sono proprio loro che

hanno fatto pubblicità agli eventi a cui

hanno partecipato, proprio attraverso social network. “Una delle cose di cui abbiamo discusso è la scarsa capacità di

concentrarsi, e di come rafforzare l’attenzione del pubblico. Con le giuste politiche educative e culturali, possiamo farcela”, ha detto.

In tutta la Nigeria stanno nascendo

festival simili per rivitalizzare le comuniIn Nigeria stanno nascendo

nuovi festival letterari

che ispirano una comunità

di appassionati di libri

In comunione

con gli autori

Pelumi Salako, Al Jazeera, Qatar

Nigeria

STEPHAN HEUNIS (AFP/GETTY)

76 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

La libreria indipendente The Jazzhole di Lagos

P:77

tà di scrittori e facilitare lo scambio intellettuale, sulla falsariga di manifestazioni

più consolidate come il Lagos book & art

festival (Labaf ) e il festival Aké, nati rispettivamente nel 1999 e nel 2013.

Molti di questi appuntamenti sono

programmati poco prima delle festività

di fine anno, ribattezzate detty December

(“dicembre in debito”, cioè il mese in cui

ci si diverte e ci si rilassa dopo aver lavorato sodo il resto dell’anno). Tra i festival

dedicati alle arti e alla letteratura nelle

diverse zone del paese, ci sono anche

quello di Sokoto, quello di Benin City e

quello dello stato di Kwara (Kwabafest).

Il festival Aké, secondo gli organizzatori il più grande evento letterario nel

continente, è stato un’inestimabile fonte

d’ispirazione. La decima edizione si è tenuta a novembre a Lagos. “Sono felice di

essere riuscita a dare a più persone la fiducia necessaria per fondare nuovi festival”, dice Lola Shoneyin, scrittrice e direttrice di Aké.

Secondo Shoneyin non ci sono abbastanza manifestazioni del genere in Nigeria, ed è una gioia vedere altre iniziative: “Ho incontrato la giovane fondatrice

del festival di Benin City, che quest’anno

è venuta ad Aké. Ho passato del tempo

con lei e le ho dato qualche consiglio su

come andare avanti”.

Poco prima che Sidi leggesse le sue

poesie al pubblico del Crater literary festival, un drammaturgo e tre studiosi provenienti da Ghana, Sierra Leone e Nigeria hanno partecipato a un dibattito in ricordo del secondo congresso degli scrittori e artisti neri, che si svolse a Roma nel

1959. Il festival Labaf, che ospita eventi al

Freedom park, un ex carcere d’epoca coloniale di Lagos, ha organizzato un confronto tra il pubblico e il noto regista Tunde Kelani, e proiettato il suo film politico

Saworoide.

Il confronto è un privilegio

Quest’anno al festival Aké c’erano ospiti

illustri, tra cui lo scrittore tanzaniano Abdulrazak Gurnah e il nigeriano Wole

Soyinka, entrambi premi Nobel per la letteratura, e due dei quattro neri a vincerlo.

C’erano le scrittrici Nnedi Okorafor e

Jennifer Makumbi, il rapper M.I. Abaga,

il cantante Brymo, e le star di Nollywood

Shaffy Bello e Deyemi Okanlawon. Era

presente anche Leye Adenle, autore del

romanzo Easy motion tourist, che vive a

Londra ma dice di sentirsi a casa solo nei

festival in Nigeria: “Potersi confrontare

con i lettori africani è un privilegio”.

Secondo Eseoghene Okereka, scrittrice trentenne che ha partecipato all’ultimo Crater festival, l’evento è stato un’occasione di conoscenza e di scambio. “È

confortante sapere che ci sono persone

con le tue stesse ambizioni”, dice. È d’accordo Wale Ayinla, poeta di 24 anni di

Abeokuta: andare ai festival gli ha permesso di frequentare una comunità di

scrittori più grandi, grazie ai cui consigli

ha trovato la sua voce ed è riuscito a

orientarsi nel mondo dell’editoria.

Ma gli ostacoli non mancano per gli

organizzatori dei festival. Le manifestazioni più grandi attirano i finanziamenti

delle aziende e possono far arrivare ospiti da tutto il mondo, ma Onwudiwe deve

procurarsi i fondi da sola. Finora ha potuto contare sulla buona volontà di alcuni

donatori e sull’impegno di una piccola

schiera di volontari. Nel 2022 ha lavorato

con un budget ridotto di 390mila naira

nigeriani (793 euro). “Non abbiamo trovato neanche uno sponsor”, dice. “Non

avere soldi significa che dobbiamo rimanere piccoli”. Inoltre, anche nel sudest

del paese si è diffusa l’instabilità legata

alla presenza di “non meglio identificati

uomini armati”, un termine usato genericamente per indicare separatisti e gruppi

militari. Onwudiwe ha dovuto quindi organizzare un festival in presenza e online

per ridurre i costi. Anche se le costa fatica

e tempo, è comunque felice di fornire

uno spazio d’espressione e di fare da tramite tra scrittori e lettori. “Ci sono persone che mi scrivono per dire che hanno

visto il programma del festival online e

vogliono incontrare un ospite. Allora cerco di metterli in contatto. Per me questo è

fondamentale”. uff

SOKOTO BOOKS AND ARTS FESTIVAL

SOBAFEST

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 77

Il Sokoto book and arts festival del 2021 Il Sokoto book and arts festival del 2021

P:78

I

l Luchino di Giovanni Testori, recuperato da

Giovanni Agosti e da lui curato, è un insolito

libro molto milanese, dietro il quale s’indovina l’interesse dell’editore Carlo Feltrinelli

per un intreccio di vicende artistiche e personali dalle quali anche lui proviene. È, in definitiva, una variegata e bella storia di amicizie che il

curatore ha in parte condiviso, facendosi carico anche per questo di una ricostruzione tanto rigorosa

quanto partecipe, e perfino affettuosa. L’amicizia tra

“il Gianni” Testori e “il conte” Visconti – due figure

centrali della vita milanese del novecento e della storia dello spettacolo, e non solo – ha prodotto opere di grande rilievo nel cinema

(Rocco e i suoi fratelli, che vide coinvolti

anche Vasco Pratolini e, più nell’ombra,

Carlo Levi, come ispiratore) e nel teatro

(L’Arialda, censuratissimi il testo e la regia, uno scandalo nel 1960, e La monaca di Monza), ha toccato quasi tutte le

vicende centrali della cultura e della

società dagli anni trenta agli anni ottanta del novecento.

Grande metteur en scène Visconti,

autore trasversale ma più che autore regista di film, commedie, opere liriche. E grande narratore e teatrante Testori, tutto dentro un presente

“basso” e una storia popolare reinventata con l’aiuto

di Ruzante. Ma con Ossessione Visconti era pur stato

alle origini del neorealismo – molto diverso da quello

di Rossellini nel modo di girare e, in parte, d’intendere le vicende umane dentro la storia – e al neorealismo

aveva dato un capolavoro come Bellissima, curandosi

poco della poetica zavattiniana. Del suo lavoro Testori aveva apprezzato e compreso come pochi la dimensione lirica e corale. Una storia generazionale e molto

meneghina, un’amicizia anche di classe (Testori di

stirpe non nobile ma ben borghese, e nella scia dei

Verri e dei Manzoni), un confronto con tante basi comuni. Ma con delle differenze di visione, e un latente

conflitto che a un certo punto dovette esplodere, se

Testori decise di non pubblicare il ritratto che qui scopriamo grazie ad Agosti. Non fu insomma un rapporto sempre facile, tra questi due grandi. Un’amicizia di

cui questo libro documenta gli incontri e scontri sulle

tante strade verso cui i due si aprivano, i confronti

quasi obbligati e non sempre pacifici proposti da un’epoca eccezionale della storia e della cultura italiane.

Sono gli anni di Gadda e Pasolini, di Antonioni e

Moravia, di Contini e Longhi, di Bene e Schifano, di

Berio e Nono, di Arbasino e Pagliarani, di Callas e Mina, di Manganelli e Sanguineti, di Panzieri e Fortini,

di Cederna e Bocca… E di Togliatti. Sono state tante le

figure che Testori e Visconti hanno finito per sfiorare

o con le quali si sono incontrati e a volte scontrati, approvando o disapprovando ed essendone a loro volta

approvati o disapprovati.

Testori nascose il suo testo quando tra lui e Visconti ci fu una rottura decisiva, dovuta in parte alle

promesse non mantenute del regista

nei confronti del giovane attore che di

Testori era il compagno. Agosti lo ha

recuperato. E si tratta di una difesa

dell’opera del regista anche nelle sue

apparenti contraddizioni. “Nei suoi

film, come in tutte le opere dell’arte vera e propria, non tanto s’avverte il disegno di una dimostrazione; quanto l’urto

d’una realtà impastata (e impestata) di

tutte le sue contraddizioni, di tutte le

sue ombre, le sue luci, le sue vergogne e

i suoi furori”. Il simpatetico e acutissimo saggio di Testori è lungo una novantina di pagine

del libro, mentre le note di Agosti ne prendono centocinquanta, seguite infine da un secondo saggio, sempre di Agosti, di altre ottanta pagine.

La quantità e qualità delle informazioni e degli

aneddoti, dei riferimenti e dei rimandi, delle riflessioni e dei giudizi sono appassionanti: restituiscono il

quadro di un’epoca di eccezionali aperture storiche e

sociali, culturali e artistiche, una “scienza” con la

quale nessun letterato e accademico di oggi mi sembra in grado di poter competere.

È uno dei rari casi di saggi che aprono la mente e

anche i ricordi di spettatore e lettore di chi quegli anni

li ha vissuti. E lo spingono a ripensare e a ri-ragionare

su autori, opere e contraddizioni su cui una società si

è formata. E non solo. Allo stesso tempo invogliano i

più giovani a paragoni avvincenti e talvolta utili. Insomma, le “note” e il saggio di Giovanni Agosti sono

uno dei risultati migliori di una critica finalmente

all’altezza dei personaggi e delle opere, e delle scelte

dell’epoca che si affronta: un grande regalo per i lettori più esigenti. u

Un’amicizia

milanese

Goffredo Fofi

GOFFREDO FOFI

è un giornalista e

critico teatrale,

cinematografico e

letterario. È stato

animatore di riviste

storiche come

Quaderni

piacentini, Ombre

rosse, Linea

d’ombra, La Terra

vista dalla Luna,

Lo straniero, e

direttore della

rivista Gli asini.

IL LIBRO

Luchino

Di Giovanni Testori,

a cura di

Giovanni Agosti,

Feltrinelli 2022,

412 pagine, 25 euro

78 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Cultura

Libri

Il simpatetico e

acutissimo saggio

che Testori nascose

dopo la rottura

con Visconti,

è una difesa

dell’opera del

regista, anche nelle

sue apparenti

contraddizioni

P:79

In edicola

3 euro

È arrivato il nuovo

Internazionale Kids!

In questo numero: la natura ha idee

geniali, come annoiarsi meglio, perché

i piedi puzzano, il mistero degli alieni,

che belli i bagni di Tokyo, adolescenti

in Ucraina, miele finto e molto altro

Ogni mese articoli, giochi e fumetti

dai giornali di tutto il mondo

per bambine e bambini

P:80

80 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

TelevisioneGiorgio Cappozzo

Buon compleanno

Massimo

RaiTre, venerdì 17 febbraio,

ore 21.25/RaiPlay

Il 19 febbraio Massimo Troisi

avrebbe compiuto settant’anni. Testimonianze inedite e

coinvolgenti di familiari, amici

e collaboratori ripercorrono i

momenti più importanti della

sua vita e della sua carriera.

Freak e i suoi fratelli

Rai 5, martedì 14 febbraio,

ore 22.50

Omaggio al leader degli Skiantos, artista, scrittore, comico e

ideologo dada-punk Roberto

Freak Antoni, con materiali

inediti tratti dalle registrazioni

con il gruppo e da un programma tv mai completato, per la

sua improvvisa scomparsa.

Il crollo

Zalab View

Dal giorno della catastrofe del

ponte Morandi a Genova, per

oltre un anno e mezzo Massimo Cannarella ha documentato la ferita causata da una tragedia collettiva, e i segni lasciati nella vita degli sfollati.

Inside the Uffizi

Sky Arte, domenica 12 febbraio,

ore 21.15

Malgrado i milioni di visitatori

ogni anno, anche il museo fiorentino deve ripensarsi continuamente. Questo affascinante documentario segue il lavoro dietro le quinte del direttore

Eike Schmidt e del suo staff.

Lo stato contro Mandela

e gli altri

Nexo+

Nel 1964 Nelson Mandela fu

condannato all’ergastolo insieme ad altre otto persone. Un

evento che finì per rafforzare il

movimento contro l’apartheid

e il regime sudafricano.

Nel 2020 Donald Trump aveva

provato a bloccare TikTok,

accusando il governo cinese di

usare l’app per spiare i cittadini

statunitensi. Non c’era

riuscito. Ora anche un gruppo

di democratici sta chiedendo

alla Apple e a Google di

togliere TikTok dai loro

sistemi: “Nessuna azienda

soggetta al Partito comunista

cinese dovrebbe poter

accumulare dati così estesi

sugli statunitensi o curare

contenuti per quasi un terzo di

loro”, ha scritto in una lettera

aperta il senatore democratico

Michael Bennet. Secondo

Time, TikTok è in trattative

riservate con il Comitato per

gli investimenti esteri negli

Stati Uniti ormai da due anni

per rassicurare

l’amministrazione Biden sulla

sua posizione.

Gaia Berruto

Documentari In rete

Apple Tv+, 6 episodi

Eva Green e Vincent Cassel

saranno i protagonisti della

prima serie francese prodotta

per la piattaforma di streaming della Apple, attesa al debutto il 24 febbraio. Diretta da

Stephen Hopkins, è descritta

come un thriller contemporaneo che esplora il potenziale

distruttivo degli errori compiuti nel passato. Ideato e scritto

da Virginie Brac, una firma

collaudata della tv francese,

Liaison combina azione, intrighi politici e spionaggio con

una storia d’amore appassionata. Nel cast figurano anche

Peter Mullan, Gérard Lanvin,

Daniel Francis, Irène Jacob,

Laëtitia Eïdo ed Eriq Ebouaney. Variety

Serie tv

Liaison

Gli Stati Uniti

contro TikTok

Tra le diverse forme di protesta in carcere, oltre allo sciopero della fame, su cui si è tornati

a scrivere per la vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito, c’è il

digiuno televisivo. A chi sta da

questa parte delle mura e considera il telecomando un’appendice del demonio, può apparire una stravaganza, ma in

cella la tv è importante come il

pane. Facile intuirne le ragioni:

distrae, insegna la lingua, racconta il mondo, smorza il senso di distacco, informa ed è un

sedativo spesso più efficace

degli psicofarmaci. Per questo

protestare spegnendo gli

schermi è una scelta tutt’altro

che scontata. Normalmente le

tv possono trasmettere solo le

reti nazionali. I canali locali

sono banditi in quanto in passato avrebbero veicolato messaggi in codice, e sono oscurate anche le piattaforme a pagamento. Un boss recluso a San

Vittore, a Milano, pur di vedere le partite di calcio si è offerto di pagare l’abbonamento a

tutto l’istituto. Richiesta respinta. Pochi anni fa il magistrato ordinò di ridurre gli orari

in cui vedere la tv dalle 7 alle

24, perché di notte disturberebbe il sonno degli altri detenuti. Qualcuno fece notare che

il volume si poteva anche regolare, e che privare i reclusi della compagnia notturna della

tv, quando l’insonnia è più nera, era una misura oltremodo

punitiva. Alla fine il provvedimento fu ritirato grazie soprattutto alle proteste, vale la pena

di ricordarlo in questa settimana di festival, dei detenuti del

carcere di Sanremo. u

Prima di mezzanotte

Cultura

Schermi

P:81

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 81

Gli spiriti dell’isola

Martin McDonagh,

in sala

Cunk on Earth

5 episodi,

Netflix

Decision to leave

Park Chan-wook,

in sala

Tár

Di Todd Field. Con Cate

Blanchett, Noémie Merlant,

Nina Hoss, Mark Strong. Stati

Uniti 2022, 158’. In sala

●●●●●

Il ruolo di Lydia Tár, famosa

direttrice d’orchestra che corre

verso la sua rovina, è stato

scritto da Todd Field pensando a Cate Blanchett. E l’interpretazione dell’attrice sembra

una summa dei suoi ruoli passati: donne che sembrano avere il controllo delle cose ma

che forse dentro di loro non

hanno nulla. Non è necessario

simpatizzare con Lydia, il suo

talento è evidente (è una protetta di Leonard Bernstein, tra

le poche vincitrici di un Emmy,

un Grammy, un Oscar e un Tony award), ma è anche una

donna crudele, manipolatrice

e violenta. E quando sospetti e

accuse di cattiva condotta cominciano a emergere i suoi rivali non si lasciano sfuggire

l’occasione. Tár è un film molto attuale sui discorsi che vorticano intorno al #MeToo e alla cancel culture, senza essere

polemico né condiscendente.

Risponde alla domanda:

“Dobbiamo separare l’arte

dall’artista?”, mostrando che è

impossibile.

Clarisse Loughrey,

Independent

Film Tutta la bellezza e il dolore

Di Laura Poitras. Stati Uniti

2022, 117’. In sala

●●●●●

Nan Goldin è sempre stata

una figura dirompente della

scena artistica statunitense.

Ma come suggerisce questa

avvincente e rivelatoria biografia realizzata da Laura Poitras, a rendere Goldin una figura davvero radicale non sono le sue trasgressioni né il

suo attivismo né che sia stata

pronta a tutto. È il fatto che,

da artista affermata, ha usato i

suoi privilegi per andare all’attacco delle stesse istituzioni

che la celebravano. Poitras

sintetizza tutto ciò in un ritratto in cui intreccia elementi

biografici con un resoconto

della campagna di Goldin

contro il “riciclaggio” di reputazione compiuto attraverso la

filantropia dalla famiglia Sackler, che ha fatto la sua fortuna miliardaria grazie all’ossicodone. Wendy Ide,

Screen International

The son

Di Florian Zeller. Con

Hugh Jackman, Zen McGrath.

Stati Uniti 2022, 123’. In sala

●●●●●

A un certo punto del film di

Florian Zeller, tratto dalla sua

omonima opera teatrale, un

medico informa una coppia di

genitori divorziati dello stato

mentale del loro figlio: “È in

buone mani, ora”. La parola

chiave è “ora” e implica che i

ricchi e ben intenzionati Peter

(Hugh Jackman) e Kate (Laura

Dern) non sono in grado di gestire i problemi del figlio Nicholas (Zen McGrath). Lo

stesso si potrebbe dire del

film, che affronta il tema della

depressione adolescenziale

con la perizia di un avvocato

immobiliare che esegue un intervento chirurgico a cuore

aperto. Natalia Winkelman,

The New York Times

Gigi la legge

Di Alessandro Comodin.

Con Pier Luigi Mecchia, Ester

Vergolini. Italia/Francia/Belgio

2022, 102’. In sala

●●●●●

È una gioia scoprire il dispositivo cinematografico messo in

piedi da Alessandro Comodin

nel suo terzo film che a Locarno ha giustamente vinto il

gran premio speciale della

giuria. In Gigi la legge seguiamo un poliziotto, Gigi (Pier

Luigi Mecchia), che pattuglia

le campagne del Friuli a bordo

della sua auto. Non succede

granché, a parte il ritrovamento di un corpo che spinge Gigi

a sospettare, senza ragione, di

un ragazzo che abita nei paraggi. Dietro il “parabrezza”

della sceneggiatura, Comodin

capta l’universo fantasmatico

del protagonista. Come un

acrobata, lo spettatore oscilla

da un trapezio all’altro, dal poliziesco al documentario, dal

surrealismo al naturalismo,

senza mai distrarsi da questo

strano poliziotto che forse inventa storie, di amori e di delitti. Ma meglio rinunciare a

decifrarlo per godersi il favoloso gioco di Comodin.

Clarisse Fabre,

Le Monde

Magic Mike.

The last dance

Di Steven Soderbergh.

Con Channing Tatum. Stati

Uniti 2022, 112’. In sala

●●●●●

A quarant’anni Mike non balla

più, fa il barista a Miami per

non affogare nei debiti e così

incontra Maxandra (Salma

Hayek), fresca di separazione

dal marito miliardario. Dopo

aver apprezzato le sue doti di

ballerino, Maxandra invita

Mike a seguirla a Londra, dove potrà finalmente mettere a

frutto il suo talento. L’ultima

danza di Channing Tatum e

Steven Soderbergh è un canto

del cigno stranamente intimo

e pacato che mostra però dei

lampi del primo dirompente

Magic Mike.

Leah Greenblatt,

Entertainment Weekly

DR

Gigi la legge

DR

Tár

I consigli

della

redazione

P:82

82 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

La narrativa storica che

illumina l’esperienza

afroamericana vive una

stagione di grazia. Romanzi

come The prophets di Robert

Jones Jr., I canti d’amore di

Wood Place di Honorée

Fanonne Jeffers (Guanda),

Libertie di Kaitlyn Greenidge o

The trees di Percival Everett

sono degli esempi perfetti e la

punta dell’iceberg di una

nicchia incredibilmente

vivace. The house of Eve,

l’ultimo romanzo di Sadeqa

Johnson, è un’esplorazione

toccante e coinvolgente

dell’essere donna e madre

nera a metà del novecento. E

Stati Uniti

Storie da riscrivere

Anna Maria Gehnyei

Il corpo nero

Fandango, 160 pagine, 16 euro

Dopo la follia della settimana

scorsa (cioè Villa del seminario

di Sacha Naspini), torniamo ai

libri di memorie. A parte l’ironia, devo dire che mi piace

davvero guardare con attenzione a questo momento felice dell’editoria italiana, grande e piccola. Felice, almeno

per me, perché mi sembra stia

creando lo spazio necessario

per le penne delle scrittrici

razzializzate, non più relegate

a una nicchia. Il primo libro di

cui ho scritto per questa rubrica era di un’autrice liberiana,

Wayétu Moore, quello di questa settimana è di una italo-liberiana, nata a Roma. Il corpo

nero di Anna Maria Gehnyei,

in una serie di capitoli brevi,

racconta l’esperienza di una

donna afrodiscendente: i capelli afro, il rapporto sempre

guardingo con la polizia

(“Quando ero piccola, ci fermavano spesso per controlli e

i poliziotti dicevano a mio padre che la sua macchina era

troppo bella e nuova per essere davvero sua”), i racconti

magici e nostalgici della madre sul paese d’origine. Ovunque si muova, il suo corpo è al

centro dello sguardo degli altri e di quello che lei rivolge a

se stessa, in un continuo tentativo di mediazione identitaria: “Il mio corpo è africano, è

italiano, il mio corpo è”. Scorrevole da leggere, quello di

Gehnyei, in arte Karima 2G, è

un libro lineare e sincero.

Gehnyei dialogherà con Mirfet Piccolo, autrice di Senzanome (Perrone 2022), al Book

pride di Milano, il prossimo

marzo. u

Il libroNadeesha Uyangoda

Memoria afrodiscendente

Italieni

I libri italiani letti da un

corrispondente straniero.

Questa settimana la freelance

norvegese Eva-Kristin

Urestad Pedersen.

Giada Biaggi

Il bikini di Sylvia Plath

Nottetempo, 256 pagine, 16 euro

●●●●●

Cara Giada Biaggi, ho letto il

tuo romanzo, Il bikini di Sylvia

Plath, e volevo innanzitutto

chiederti: dove hai trovato

quella energia linguistica? Il

romanzo è scritto con un

vigore insolito. Con una

lingua insistente e rapida,

perfetto per i nostri giorni, sei

riuscita a catapultarmi

profondamente nel mondo di

Eva. Abbiamo poche cose in

comune io e la tua Eva, a parte

il nome e un certo amore per i

libri. Ma ho comunque vissuto

intensamente le sue

disperazioni e le sue gioie, ho

riso di alcune sue scelte ma ho

anche sentito le sue lacrime. E

quindi grazie, prima di tutto

per la tua capacità di

coinvolgermi. Mi è piaciuto

anche come hai costruito la

storia. Mi sono fatta

sorprendere dalla bellissima

scena-scandalo in stile farsa e

commuovere dal finale,

che ha aggiunto una

profondità immensa a un

testo che a volte sembra

superficiale. È stata una gioia

letteraria. Quasi quasi mi

rileggo tutto il libro subito, il

mondo di Eva mi mancherà.

Scrivo questa recensione

come una lettera indirizzata a

te perché se sei un po’ come

Eva – la tua e la sottoscritta – e

hai bisogno di qualche tipo di

incoraggiamento per

rimetterti a scrivere, ti posso

dire che mi auguro di poter

leggere un tuo secondo

romanzo al più presto. u

anche se è meno straziante del

suo libro precedente, Yellow

wife, in cui raccontava la

vicenda di una schiava che

lotta per sopravvivere nella

Virginia dell’ottocento, è

comunque una storia molto

forte. Al centro di The house of

Eve ci sono due giovani,

talentuose e ambiziose donne

nere, che per seguire i loro

sogni e le loro aspirazioni

devono inoltrarsi in un campo

minato. Intorno a loro un

universo di personaggi

femminili, non sempre

incoraggianti e solidali.

The Washington Post

H. ARMSTRONG ROBERTS (GETTY)

The house of Eve di Sadeqa

Johnson è un esempio di

romanzo storico che prende spunto dall’esperienza

afroamericana

Cultura

Libri

P:83

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 83

Ashleigh Bryant Phillips

Pigiama party

Bompiani, 208 pagine, 17 euro

●●●●●

L’ambiziosa raccolta d’esordio

di Ashleigh Bryant Phillips

presenta ventiquattro racconti

tutti ambientati nella stessa

città rurale del sud. Anche se le

storie condividono gli stessi

luoghi, a tenerle veramente insieme è la voce limpida

dell’autrice e la sua attenzione

implacabile per i dettagli. Phillips è cresciuta nella zona rurale di Woodland, in North Carolina, e questo legame intimo

con le persone e i luoghi che

l’hanno formata genera un’autenticità cruda che raramente

vediamo nella narrativa. Per i

lettori che non hanno familiarità con la vita rurale i punti di

partenza dei racconti possono

sembrare esagerati, ma chiunque sia cresciuto in mezzo al

nulla li capirà perfettamente. È

un mondo in cui una gita da

Walmart è emozionante e il

primo centro commerciale con

l’Apple store è a un’ora e mezza

di distanza. Alcune storie sono

collegate dai luoghi, altre dai

personaggi, perché i protagonisti di un racconto compaiono

spesso in un altro. Questi cammei non risultano mai forzati,

ma rispecchiano ciò che si prova vivendo in una piccola città

in cui tutti si conoscono. L’aspetto più avvincente di queste

storie è la loro assenza di sentimentalismo. In quasi tutti i

racconti, a un certo punto arriva una scena così cruda da togliere il fiato. Queste svolte

sorprendenti, anche se a volte

brusche, riassumono tutte le

bellezze e le brutalità della vita

dei personaggi. Phillips mette

in luce figure tipicamente trascurate, private della loro

umanità, e infonde in loro dignità e complessità.

Taylor Grieshober,

Pittsburgh Post-Gazette

Alicia Giménez-Bartlett

La presidente

Sellerio, 416 pagine, 16 euro

●●●●●

Al centro dell’intrigo di La presidente c’è una politica valenciana che indossa perle, è sovrappeso, carismatica, bevitrice, fumatrice, collerica, sboccata, lesbica, divertente e ipercompetitiva. Si trova al centro

di una rete di corruzione in cui

il suo ruolo non è chiaro, cade

in disgrazia, deve testimoniare

all’Audiencia nacional, è molto

sola, beve caffè nelle prime ore

del mattino e muore, forse assassinata, in un hotel di Madrid. Si chiama Vita Castellá. A

imbattersi nel suo caso sono le

sorelle Berta e Marta Miralles,

detective di trenta e trentadue

anni, ragazze di provincia e

poliziotte alle prime armi che

vivono insieme a Valencia. In

una delle loro indagini compare Brenda, una giovane psicologa che qualcuno pensava potesse essere stata la fidanzata

di Vita nei suoi ultimi mesi. Secondo Brenda il problema di

Castellá era che aveva un bisogno molto doloroso di essere

amata, e che questo bisogno

l’aveva spinta a tollerare la corruzione dei suoi collaboratori,

perché i regali erano il suo modo di placare la sua dipendenza dall’amore e dall’accettazione: “Non era una donna corrotta, ma ha permesso la corruzione, anche quella organizzata e mafiosa, a causa del suo

desiderio di acquiescenza.

Aveva bisogno che tutti la

amassero e le obbedissero. Era

al centro di una rete criminale,

ma non ne ha beneficiato”,

spiega Giménez-Bartlett. Molte pagine di La presidente sono

divertenti, e le sorelle Miralles

sono come Buster Keaton, stupide e intelligenti allo stesso

tempo.

Luis Alemany,

El Mundo

Anuk Arudpragasam

Passaggio a nord

La nave di Teseo, 320 pagine,

20 euro

●●●●●

Il secondo romanzo di Anuk

Arudpragasam si apre con Krishan che viene a sapere della

morte di Rani, l’anziana badante della nonna, e si chiude,

due giorni dopo, con lui che

guarda il corpo di Rani bruciare sulla pira funeraria. Le pagine di mezzo, intensamente introspettive, raccontano i pensieri e i ricordi di Krishan mentre viaggia dalla sua casa di

Colombo, nello Sri Lanka, al

villaggio di Rani, nella parte

nord-orientale del paese, un

tempo controllato dalle Tigri

tamil e ancora segnato dalla

guerra civile. Rani, morta improvvisamente e forse suicida,

è rimasta “irrimediabilmente

traumatizzata” dalla perdita di

entrambi i figli: il primo è rimasto ucciso combattendo per

le Tigri e il secondo, di soli dodici anni, è stato ucciso da una

scheggia nel penultimo giorno

di guerra. Krishan, come

Arudpragasam, sente il dovere

di comprendere l’angoscia insondabile della donna. In questo romanzo, ascoltare e osservare sono atti morali. Arudpragasam cattura l’intelligenza

sensibile e vivace di Krishan

mentre medita sul conflitto,

dai suoi inizi idealistici, quando i ribelli sognavano uno stato tamil indipendente, alla sua

“violenza inimmaginabile” e

agli irreparabili danni psicologici. Le bombe possono anche

non esplodere più, la capitale

può essere fiorente, ma per coloro che appartengono alla minoranza etnica del paese la riIl romanzo

Dalla parte degli oppressi

presa può essere solo “parziale

e ambigua”. Passaggio a nord è

un romanzo politico, inequivocabile nella sua condanna delle atrocità commesse dal governo dello Sri Lanka contro i

civili tamil, ma è anche un’opera di filosofia. Arudpragasam pone domande esistenziali su come dovremmo vivere in un mondo così pieno di

sofferenza. Quali sono i nostri

obblighi nei confronti degli altri, soprattutto di coloro che,

come Rani, sono stati emarginati e oppressi? Il romanzo offre una risposta: dobbiamo loro tutta la nostra attenzione.

Ogni aspetto del mondo in cui

Krishan vive è esaminato scrupolosamente. In frasi di insolita bellezza e chiarezza,

Arudpragasam osserva anche

le azioni più banali, come

aspettare un treno, con un’attenzione così assoluta da sembrare devozionale. Passaggio a

nord è pieno di malinconia, ma

poiché prende sul serio l’amore e il desiderio quanto il dolore e la perdita, evita la disperazione. Tara K. Menon,

The New York Times

DAVID LEVENSON (GETTY)

Anuk Arudpragasam

Kristen Arnett

Con i denti

Bollati Boringhieri

Mohsin Hamid

L’ultimo uomo bianco

Einaudi

Louis Bayard

I delitti di West Point

La nave di Teseo

I consigli

della

redazione

P:84

84 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Paolo Morando

La strage di Bologna.

Bellini, i Nar, i mandanti

e un perdono tradito

Feltrinelli, 336 pagine, 20 euro

Benché siano passati quasi

quarantatré anni dalla strage

di Bologna, i processi per quel

massacro spaventoso continuano a essere celebrati e fanno emergere notizie importanti. Nell’aprile del 2022 è stato

condannato (in primo grado)

Paolo Bellini, che secondo l’indagine conclusa nel 2020 ha

agito in concorso con i neofascisti già condannati (Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini), nonché con i massoni Licio

Gelli e Umberto Ortolani, la

spia Federico Umberto D’Amato e il giornalista di destra

Mario Tedeschi. Usando le

carte processuali e aggiungendo dei suoi approfondimenti,

Paolo Morando, giornalista investigativo esperto della storia

italiana degli anni settanta e

ottanta, fa in questo libro due

operazioni importanti e complementari. Da un lato mostra

come vi siano ormai prove sufficienti per inserire la strage di

Bologna nella lunga storia di

quelle di stato, organizzate per

condizionare l’opinione pubblica e la politica, e abbandonare la cosiddetta pista palestinese secondo cui l’attentato

sarebbe invece legato al terrorismo internazionale. Dall’altro racconta una “piccola storia ignobile”, che mette in rilievo il modo interessato in cui

Fioravanti e Mambro hanno

usato i contatti con la sorella di

una delle vittime e toglie credibilità alle loro professioni di

totale innocenza rispetto alla

strage del 2 agosto 1980. u

Non fiction Giuliano Milani

85 morti e 200 feriti

Vendela Vida

Cavalchiamo la marea

Neri Pozza, 240 pagine, 20 euro

●●●●●

Tredicenni nella San Francisco degli anni ottanta, Eulabee e le sue amiche spadroneggiano nel loro ricco quartiere sulla costa. Sea Cliff è famoso per la sua vista sul Golden gate e, per mantenerla tale, tutto ciò che è brutto viene

nascosto. Tuttavia, la minaccia si diffonde con l’arrivo della nebbia fredda: ci sono gli

scogli e le onde che si infrangono, che le ragazze hanno

imparato a navigare cronometrando le maree. Hanno meno

controllo sui loro corpi che si

stanno trasformando e che, oltre a conferire nuovi poteri,

diventano calamite per un altro tipo di minaccia. Dopo che

una mattina un uomo accosta

per chiedere l’ora mentre vanno a scuola, l’amica più intima

di Eulabee, Maria Fabiola, afferma di aver assistito a un atto osceno. Quando poco dopo

l’incidente contestato Maria

Fabiola scompare, la comunità è scossa, ma Eulabee ha le

sue teorie. Seguono altre due

sparizioni, ma nonostante

l’aggiunta di un suicidio e di

un omicidio, i misteri che affascinano Vendela Vida, lei stessa originaria di San Francisco,

non sono di tipo poliziesco.

Cavalchiamo la marea sonda

in modo toccante la volatilità

dell’adolescenza femminile,

così come gli enigmi più senza

tempo dell’indipendenza e

dell’identità, della seduzione

e della narrazione.

Hephzibah Anderson,

The Guardian

Lukas Rietzschel

Battere i pugni sul mondo

Keller, 320 pagine, 18,50 euro

●●●●●

Il romanzo d’esordio di Lukas

Rietzschel racconta la storia di

Philipp e Tobias, due fratelli

che crescono in un villaggio

dell’Alta Lusazia, in Sassonia,

ed entrano in contatto con una

banda di neonazisti che disegna svastiche con lo spray e

che ben presto indirizza la propria rabbia e la propria violenza contro una famiglia che ha

adottato una bambina turca o

contro i siriani nel tendone

della festa. Una storia sull’adolescenza con feste popolari,

problemi scolastici e genitori

che litigano: ecco che cos’è

Battere i pugni sul mondo.

Rietzschel potrebbe aver avuto

un impulso politico a scrivere

proprio questo romanzo. Ma

ha anche lavorato per trovare

la forma letteraria più adatta.

E in effetti quella scelta è coerente, perché le frasi brevi rispecchiano l’universo mentale

di persone che non riescono a

trovare le parole per esprimere

i loro sentimenti. Quasi non ci

sono subordinate, come se

l’autore volesse lasciare tra le

frasi uno spazio vuoto in cui le

domande possano rimanere

aperte. Ma Lukas Rietzschel,

anche con il suo impegno politico, vuole trovare risposte alla

genesi dell’estremismo di destra. Felix Bayer,

Der Spiegel

Europa

JOHN MACDOUGALL (AFP/GETTY)

Robert Menasse

Die erweiterung

Suhrkamp Verlag

Adam è un funzionario della

Commissione europea, Mateusz è il primo ministro della

Polonia. Da bambini erano

grandi amici, ora si disprezzano. Robert Menasse è nato a

Vienna, in Austria, nel 1954.

Kaśka Bryla

Die eistaucher

Residenz Verlag

Bildungsroman su un gruppo di

amici la cui vita è sconvolta da

un incidente. Il romanzo è anche un’aspra denuncia del sistema scolastico austriaco,

della corruzione della polizia e

della gestione degli immigrati.

Kaśka Bryla è nata a Vienna.

Catalin Dorian Florescu

Der feuerturm

C.H.Beck

Saga di una famiglia di vigili

del fuoco di Bucarest, che copre anche oltre un secolo di

storia romena, dal 1892 al

1989. Catalin Dorian Florescu

è nato a Timișoara, in Romania, nel 1967.

Sevgi Soysal

Dawn

Archipelago

Turchia, anni settanta: una cena di famiglia è interrotta da

un’irruzione della polizia, che

sconvolgerà la vita di tutti i

presenti. Romanzo autobiografico pubblicato per la prima

volta nel 1975.

Maria Sepa

usalibri.blogspot.com

Cultura

Libri

P:85

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 85

Ricevuti

Fumetti

Santità refrattaria

Claudio Piersanti,

Lorenzo Mattotti

L’eremita

Terre di mezzo, 56 pagine,

14 euro

Ecco un’opera che malgrado

sia letteraria s’intreccia perfettamente con uno dei percorsi più appassionanti, rigorosi e profondi del fumetto internazionale, quello di Lorenzo Mattotti. Non quello maestro nella festa del colore, ma

il Mattotti sobrio del bianco e

nero di titoli come L’uomo alla

finestra (realizzato con Lilia

Ambrosi), dal tratto sottile e

aereo, leggero e delicato come

una piccola nuvola nel cielo

sereno, figlio delle opere di

poesia di Henri Michaux (il signor Piuma), nume tutelare

dell’opera del disegnatore.

Anche se a volte il bianco e

nero di Mattotti si coniuga al

vortice di un segno fuligginoso e tempestoso come in Stigmate, realizzato in collaborazione con lo scrittore Claudio

Piersanti. E come in Stigmate

siamo sempre in odore di misticismo e santità difficile, refrattaria, perché in questo libro scritto da Piersanti e illustrato da Mattotti si racconta

dell’eremita alieno a tutti,

una figura che, invisibile agli

esseri umani, dall’alto della

montagna infine si rivela. Raramente una rivelazione sorprese prima di tutto chi la fece, perché umilissimo. Qui,

dove la questione è l’unione

degli opposti, di farsi “serenamente pietra e ruscello”,

riesce il miracolo di ricongiungersi alla comunità in totale empatia e osmosi. Il singolo (ri)trova il collettivo e viceversa. E ritorna la speranza, l’utopia. Perché ha portato il silenzio. E a riscoprirlo

come cosa nuova.

Francesco Boille

Luca Pitoni

Ostinata bellezza

Fondazione Arnoldo e Alberto

Mondadori, 360 pagine,

40 euro

La storia professionale e

privata di Anita Klinz, prima

art director italiana, ideatrice

della grafica di Mondadori e

del Saggiatore.

A cura di James

M. Bradburne

Un filo d’oro

Corraini, 300 pagine, 48 euro

La vasta collezione di libri

viennesi per bambini raccolti

nei primi decenni del

novecento dall’architetto e

designer Otto Prutscher.

Martha C. Nussbaum

Orgoglio tossico

Il Saggiatore, 352 pagine,

25 euro

L’orgoglio maschile perpetua

l’abuso sessuale sistemico, il

narcisismo e la mascolinità

tossica. Indagine sulle

gerarchie del potere che si

concentra sul settore

giudiziario, su quello artistico

e quello sportivo.

Paolo Milone

Astenersi principianti

Einaudi, 144 pagine, 17 euro

Con grande sensibilità e un

tocco di sarcasmo l’autore ci

parla dell’arte del distacco e

di un tema particolarmente

difficile da affrontare: la

morte.

Jean Kyoung Frazier

Pizza girl

Blackie, 208 pagine, 18,90 euro

Una ragazza di diciotto anni,

incinta, vive con la mamma

coreana e il fidanzato, e

consegna pizze per lavoro. Un

giorno incontra una donna e

da quel momento non riesce

a smettere di pensare a lei.

Ragazzi

Diventare

un rifugiato

A.M. Dassu

Sami in fuga dalla guerra

Mondadori, 286 pagine,

17 euro

A.M. Dassu è una scrittrice

prolifica, piena d’inventiva e

con tanta voglia di cambiare

il mondo. Quando si cercano

notizie su di lei escono fuori,

come i conigli dal cilindro di

un mago, premi a non finire.

Non è solo un nome nel

settore dei libri per giovani

adulti, ma con la sua

caparbietà sta cercando di

aprire la strada a tante

persone, che come lei

affrontano la pluralità dei

mondi che le circondano.

Dassu infatti è sempre stata

consapevole che servono libri

plurali per una società

plurale. Per questo fa parte

dell’organizzazione Inclusive

minds, che promuove libri

più inclusivi e aperti. Sami in

fuga dalla guerra ha incantato

critica e pubblico. È la storia

di un ragazzo siriano, Sami,

che diventa rifugiato. La

guerra travolge lui e la sua

famiglia. In Siria avevano

tutto. Poi improvvisamente

un bombardamento al

supermercato, sua madre e

sua sorella terrorizzate, la

decisione di scappare. Ma la

fuga li porta verso l’ignoto.

Con parole quotidiane e

veloci A.M. Dassu ci spiega

come Sami diventa un

ragazzo in fuga e in cerca di

pace. Leggere di Siria dopo la

guerra e il terremoto

devastante che c’è stato potrà

farvi commuovere a ogni

pagina. L’autrice ha devoluto

i ricavati dell’anticipo ai

rifugiati siriani.

Igiaba Scego

P:86

86 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

A proposito di apprezzamento

dei dischi italiani all’estero,

Canti di guerra, di lavoro e

d’amore di Silvia Tarozzi e

Deborah Walker è stato

segnalato nelle classifiche di

fine anno di The Quietus e The

Wire. L’elenco di The Quietus

merita di essere percorso in

tutta la sua lunghezza, perché

se ne trae una specie di linea

narrativa: abbondano i dischi

acidi e pastorali, impiantati su

zufoli, cornamuse e canti

distrutti dal lavoro, storie orali

trasmesse in rifugi temporanei

fuori dalla città, dove ricordi e

voci prendono fuoco

annerendosi ai bordi. La

critica musicale marxista farà

presto dei collegamenti sulla

sostenibilità della “musica

urbana” nel senso di musica

scritta e registrata in città alla

luce del caro affitti, e della

possibilità di esistere in questi

ambienti. Nell’elenco non ci

sarebbe stato male Alto/Piano

di Everest Magma, ma intanto

è bene trovare il disco di Silvia

Tarozzi, che nel 2020 con Mi

specchio e rifletto aveva già fatto

un bel lavoro di trasfigurazione

legato alle parole di Alda

Merini. Questa volta Tarozzi e

Walker tornano all’infanzia

nell’Emilia rurale e decidono

di tradurre (è di questo che si

tratta) ritornelli popolari, cori

delle mondine e frammenti di

lessico sociale dedicati a

lavoratrici e persone senza

scuola in composizioni ariose

e inquiete in cui prevale la

scarnificazione della

memoria. In tempi in cui il

ricordo del passato

sovrabbonda di musei e

celebrazioni ritualizzate

preoccupate dall’idea che

tutto deve essere messo in

filologia per essere salvo,

Tarozzi e Walker scrivono

magnifiche fiabe ipnotiche (Fa

la nana) dal suono mistico e

nuovo, e salvano quello che c’è

da salvare così: inventando. u

Canzoni Claudia Durastanti

Scarnificazione della memoria

È un tranquillo pomeriggio di

novembre nel quartiere di

Santa María la Ribera a Città

del Messico, quando all’improvviso irrompe il suono del

perreo, un sottogenere del

reggaeton famoso per il suo

linguaggio esplicito. All’interno di un edificio c’è uno studio

di danza dove gli artisti e i discografici dell’etichetta locale

Tempvs Music stanno facendo le prove in vista della loro

esibizione al Coca-Cola Flow

Fest, il primo grande festival

di musica reggaeton messicano, che si è tenuto il 26 e 27 novembre. La cantante Charly

Gynn guida il gruppo, che

Charly Gynn è uno dei

nomi nuovi del reggaeton

di Città del Messico

comprende anche la boy band

#Mexasinpartys, il dj e ingegnere del suono Danny Damn

e lo stilista Youri Noyola. Le

prove vanno avanti da cinque

mesi, un tempo che potrebbe

sembrare eccessivo. Ma alla

Tempvs Music la preparazione è alla base del successo.

Quello di Charly Gynn è cominciato nel 2019, quando ha

aperto i concerti di Bad Gyal.

Il suo ep di debutto, La fiesta

de la virgen, è uscito nel marzo

2022, confermandola come

uno dei talenti emergenti del

reggaeton di Città del Messico. Ricorda gli anni dell’adolescenza: suo padre è emigrato a

nord per provvedere alla famiglia mentre sua madre ha lottato per sbarcare il lunario nella capitale. “Tutto quello che

avevamo erano i nostri amici e

la strada. Uscivamo e compravamo cd al mercato vicino al

capolinea degli autobus. È stato il periodo più difficile della

mia vita, economicamente

parlando, ma anche divertente e formativo”.

Richard Villegas,

Remezcla

Dal Messico

Fate spazio

DR

Charly Gynn

Podcast

Katz Laszlo

Ukraine. The counter +

The handoff

Rough Translation and

Radiolab

Quando scoppia un’emergenza sanitaria, alcuni beni necessari faticano a trovare associazioni disposte a farli arrivare

sul campo. Dopo l’esplosione

della guerra in Ucraina due

farmaci in particolare si sono

rivelati tanto fondamentali

quanto difficili da reperire: la

pillola del giorno dopo e la pillola abortiva. I motivi per cui

questi farmaci sono necessari

sono molti: c’è chi vuole interrompere una gravidanza scoperta dopo l’inizio della guerra; c’è l’obbligo per i maschi di

andare al fronte, che costringe

le madri ad affrontare tutto da

sole; c’è la paura per l’uso di

sostanze chimiche nelle armi

che potrebbero alterare la salute del feto; e c’è anche la legittima volontà di non far nascere un essere umano sotto le

bombe. Dopo l’assedio di

Buča, in cui lo stupro è stato

usato come arma di guerra,

l’approvvigionamento di pillole abortive è diventato una

questione urgente e per questo

una medica tedesca ha messo

in piedi un’operazione clandestina per farle arrivare in

Ucraina. L’ostacolo principale

è il confine con la Polonia, paese in cui l’aborto è proibito. In

due puntate realizzate da due

podcast della radio statunitense Npr, la reporter olandese

Katz Laszlo racconta prima il

viaggio delle pillole in territorio ucraino, poi l’importanza

per le donne di poter abortire

in tempo di guerra.

Jonathan Zenti

La pillola in

tempo di guerra

Cultura

Suoni

P:87

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 87

Album

ducente negli arrangiamenti, The Waeve è una gemma

singolare.

Bella Martin, DIY

Vilde Frang

Beethoven, Stravinskij:

concerti per violino

Vilde Frang, violino; Deutsche

Kammerphilharmonie, Brema;

direttore Pekka Kuusisto

Warner Classics

●●●●●

Queste due interpretazioni

luminose, energiche e raffinate sono una novità importante nella ricchissima discografia di questi lavori, che

sembrano avere solo due cose in comune: la tonalità di re

maggiore e la possibilità di

essere eseguiti in una prospettiva da camera, che è

quel che succede qui. Beneficiando della complicità di un

direttore d’orchestra che è

anche lui violinista, Vilde

Frang offre una versione del

concerto di Beethoven affascinante per audacia e intensità. La sua scelta è di non

privilegiare l’esaltazione della grande linea del pezzo, come molte imprescindibili

esecuzioni del passato (Menuhin con Furtwängler,

Oistrakh con Cluytens), ma

la sua brillantezza o la sua solennità. Il violino di Frang ha

colori di volta in volta selvatici, dorati, incisivi o diafani, e

le sue sfumature intense o

sottilmente vibranti creano

un arco che illumina il discorso dell’orchestra, malgrado la

sua sonorità tenue e l’apparente inconsistenza della sua

proiezione. La strategia sonora che i musicisti scelgono

per il concerto di Stravinskij,

apparentemente neoclassico

e sostanzialmente originale,

è radicalmente diversa. Qui

lo spazio in cui si muovono è

il timbro, chiave di un lavoro

in cui il materiale tematico,

decisamente semplice, conta

meno dell’incessante dialogo

tra il solista e l’orchestra.

Patrick Szersnovicz,

Diapason

The Waeve

The Waeve

Transgressive

●●●●●

Il debutto della coppia composta dal chitarrista dei Blur

Graham Coxon e Rose Elinor

Dougall, ex cantante delle

Pipettes, è una curiosa raccolta di contrasti. Su tutti c’è

quello tra le loro voci: quella

di Dougall è forte, levigata,

profonda e spesso con un impeccabile accento britannico, mentre Coxon è nasale,

tremolante e vulnerabile. Liscio e ruvido si strofinano di

continuo anche negli strumenti: chitarre irrequiete

contro ottoni vellutati e archi

che si librano in alto. Un contrasto è anche all’interno

dello stesso Coxon, considerato come un personaggio

spigoloso, un bastian contrario che si è allontanato dai

Blur quando la band ha cominciato ad andare troppo in

profondità nella sua esplorazione della cultura pop e che

qui, invece, scrive cose come

“Trovare il sogno giusto,

tentare la sorte per sempre”.

Gli Waeve si completano anche come duo: basta sentire

la cacofonia a più strati di

Drowning , che ci lascia sopraffatti. Cinematografico

nelle intenzioni, spesso seSTEVE GULLICK

Jakub Hrůša

Hans Rott:

sinfonia n. 1

Dg

Alina Ibragimova

Telemann: fantasie

per violino solo

Hyperion

Walter Gieseking

Complete Warner

recordings

Warner Classics

GUNNER STAHL

Lil Yachty

Let’s start here

Quality Control Music.

●●●●●

Il nuovo disco dello statunitense Lil Yachty si apre con il

brano The black seminole, e si

capisce subito che il rapper

guida la sua barchetta in mezzo a un oceano caleidoscopico

di nostalgia degli anni sessanta. Immaginate i Jefferson

Airplane cresciuti con una

dieta a base di Naruto o i

Creedence Clearwater

Revival strafatti di lean. Inoltre, un brano di sei minuti di

un artista trap è una cosa

inaudita, ma Yachty domina

lo spazio che si è creato un po’

come Jimi Hendrix faceva con

la Stratocaster. Stranamente,

la sua voce si adatta perfettamente a riff sfocati e batterie

rallentate alla Pink Floyd. La

successiva The ride continua

sulla stessa scia ma è meno

epica: è più una ballata pop

sciropposa simile ai Tame Impala. Non sarebbe una sorpresa se fosse stato Kevin Parker

a produrre questi brani. Altrove, come in Drive me crazy!, il

riferimento principale è Marvin Gaye, prima di un break

che potrebbe essere dei Grand

Funk Railroad. Poi arriva I’ve

officially lost vision!!!!, un altro

brano eclettico che saccheggia

tanto John Lennon quanto

Alicia Keys. Let’s start here sicuramente non piacerà a tutti,

ma era dai tempi di Speeding

bullet to heaven, l’omaggio di

Kid Cudi ai Nirvana, che un

rapper non s’impegnava tanto

nella contaminazione con il

rock. Se qualcuno doveva fare

qualcosa di così inaspettato,

quello era Lil Yachty. Aspettatevi una serie d’imitatori, d’ora in poi.

Tom Johnson,

Beats Per Minute

Lil Yachty

The Waeve

Classica

Scelti da Alberto

Notarbartolo

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88 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Pop

AIUTO_UMANO

Laura Preston

L

a selezionatrice era una donna vispa

con un master in letteratura inglese; in

passato aveva lavorato come libraia indipendente. “La sua esperienza di laureata in inglese è ideale per questo ruolo”, mi aveva detto. Il lavoro era in un’azienda specializzata in soluzioni d’intelligenza artificiale (Ai) per il settore immobiliare. Avevano sviluppato un software che si chiamava Brenda, un’Ai conversazionale capace di rispondere alle domande sugli appartamenti in affitto. Brenda era stata acquistata da un’azienda più grande che forniva software alle

società d’intermediazione immobiliare, e migliaia di agenzie in tutto il paese

l’avevano adottata.

Brenda, mi aveva detto la selezionatrice, era una conversatrice sofisticata,

talmente spigliata che quasi tutti la

scambiavano per una persona.

Però, come tutte le intelligenze artificiali conversazionali, Brenda aveva

dei difetti: faceva fatica a capire le frasi

idiomatiche e non se la cavava molto

bene con le domande che uscivano dal

campo immobiliare. Per colmare queste lacune, l’azienda stava formando una squadra di

specialisti chiamati “operatori”. Gli operatori dovevano vigilare su Brenda ventiquattr’ore al giorno, e

quando lei usciva dal copione dovevano intervenire

e imitarla. Teoricamente, il cliente dall’altra parte del

filo non si sarebbe dovuto accorgere che prima stava

parlando con un software per la comunicazione automatica, un bot. Con l’esercizio, Brenda assorbiva i

modelli linguistici degli operatori e gradualmente li

faceva suoi.

Era la primavera del 2019. I miei giorni da studente di scrittura creativa erano finiti, e anche i miei

soldi, e dovevo pagare l’affitto: mi serviva un lavoro.

Avevo mandato il mio curriculum alla selezionatrice. Vari colloqui telefonici dopo avevo firmato il

contratto: mi avevano inserito in un corso di formazione e mi avevano mostrato una presentazione

PowerPoint di 45 minuti sulla legge in materia di

alloggi popolari. Mi ero fatta un po’ di conti: un operatore guadagnava 25 dollari l’ora e lavorava tra le

quindici e le trenta ore alla settimana, a seconda di

quanto era fortunato alla lotteria dei turni settimanali. Non bastava a coprire l’affitto, ma non avevo

alternative. Ho fatto i bagagli e sono tornata a vivere

con i miei genitori nel New Jersey.

Eravamo una sessantina di operatori: poeti e scrittori con un master in belle arti, ma anche laureati in

discipline dello spettacolo o in letteratura comparata

e qualche cantante lirico, evidentemente un altro segmento della popolazione considerato adatto a impersonare un bot che impersona una persona.

Abbiamo deciso di aprire un canale su un programma di collaborazione aziendale tipo Slack. Ed

eravamo tutti aggressivamente gentili e sorridenti.

Quando non parlavamo di Brenda, ci scambiavamo

programmi di studio, chiedevamo suggerimenti sui tatuaggi e distribuivamo

volantini digitali per laboratori di musica e movimento. Tra di noi c’era una

manciata di operatori più anziani che

avevano il ruolo di supervisori. Ogni

giorno, quando arrivavamo al lavoro, ci

accoglievano con un saluto da campo

estivo: “Il sole splende, mie adorate

Brenda!”. Sotto il messaggio spuntava

un florilegio di emoji e reazioni.

Nelle prime settimane il mio lessico

si è arricchito di nuove espressioni:

pertinenze, villette a schiera, canone anticipato; parole e frasi che prima galleggiavano alla periferia del

mio inconscio. Non mi era mai capitato di dire “specialista di locazione immobiliare in remoto”, ma era

così che Brenda si qualificava, e ormai la frase mi

usciva dalla bocca con disinvoltura.

La parola nuova più importante, però, era prospect. Indicava un potenziale inquilino. Lo scopo di

Brenda era aggiungere nuovi prospect alla banca

dati, prenotargli nuove visite e, fondamentalmente,

trasformarli in residenti. Gli operatori usavano la

parola prospect con grande slancio. Era talmente

onnipresente nei nostri discorsi che spesso l’abbreviavamo in prospy o prosp.

Una tipica interazione con Brenda cominciava

quando un prospect vedeva un appartamento su un

sito immobiliare online. Sull’annuncio c’era un numero di telefono e il prospect lo componeva. Era una

messinscena: il telefono squillava, ma non rispondeva nessuno. Alla fine, arrivava la voce ardente e ansimante di una donna. “Mi scusi se ho perso la chiamata!”, diceva. “Possiamo parlare in chat”. Quindi la linea cadeva. Cinque minuti dopo, il prospect riceveva

Brenda era una

conversatrice

talmente spigliata

che quasi tutti la

scambiavano per

una persona. Però,

come tutte le

intelligenze

artificiali, aveva

dei difetti

LAURA PRESTON

è una scrittrice

statunitense. Vive a

New York. Questo

articolo è uscito sul

trimestrale letterario

statunitense N+1 con

il titolo HUMAN_

FALLBACK.

P:89

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 89

FRANCESCA GHERMANDI

un messaggio: “Salve! Sono Brenda della Parc Mosaic. A quale immobile è interessato?”.

Se il prospect rispondeva, Brenda cominciava a

chattare. Le si potevano chiedere informazioni

sull’affitto, le utenze, il parcheggio e la metratura, e se

l’immobile non era disponibile lei suggeriva alternative gestite dalla stessa agenzia. La vera fissazione di

Brenda, però, era convincere il prospect a fare una

visita. Qualsiasi piega prendesse la conversazione,

tornava sempre sullo stesso ritornello: “Le fisso un

appuntamento! Che orario preferisce?”.

Se il cliente provava a richiamare Brenda al telefono, lei non rispondeva e inviava una serie di messaggi, uno più vago dell’altro, in cui si scusava spiegando

che non poteva rispondere. “Non posso ricevere chiamate su questa linea”, diceva. “Ma sono disponibile

via chat”. Al terzo tentativo, rispondeva con un laconico “mi scusi se ho perso la sua chiamata”, frase che

poi ripeteva inesorabilmente ogni volta che il cliente

ricomponeva il numero.

Nelle agenzie immobiliari i telefoni squillano di

continuo. Gli agenti passano gran parte della giornata a parlare con i prospect, che spesso ripetono la

stessa litania di domande. Con Brenda a prendere in

carico le chiamate, le linee telefoniche erano mute e

gli agenti erano liberi di sbrigare altre faccende.

Brenda, tra l’altro, era più efficiente di qualsiasi

agente in carne e ossa, anche il più solerte. Poteva

P:90

90 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Pop

fare controlli incrociati istantanei su un grande archivio d’informazioni immobiliari e rispondere ai

messaggi più velocemente di qualsiasi essere umano. Poteva prendere chiamate a qualsiasi ora del

giorno e della notte, non aveva bisogno della pausa

pranzo e lavorava anche nei fine settimana e nei

giorni festivi. Quando un agente immobiliare arrivava in ufficio la mattina trovava il giro delle visite perfettamente organizzato, come se tanti piccoli elfi ci

avessero dedicato la notte.

Dall’altra parte noi operatori, forti delle nostre

lauree in discipline umanistiche, avevamo capacità

che a Brenda mancavano. Eravamo intuitivi, ci esprimevamo con proprietà di linguaggio e facevamo caso

alle sottigliezze. Soprattutto, a 25 dollari l’ora, non

costavamo praticamente nulla, almeno per gli standard del settore. L’alleanza tra Brenda e l’operatore

era un vantaggio per tutti: l’operatore era pagato meglio di un professore universitario precario, e Brenda

diventava più simpatica, più convincente e più umana. Allo stesso tempo, le aziende erano contente di

sapere che le loro linee telefoniche non erano state

sostituite da un semplice bot per il customer service,

ma da un’intelligenza artificiale all’avanguardia assistita da laureati.

Di solito un turno durava cinque ore con una pausa

di dieci minuti, ma capitava spesso che gli operatori

decidessero di fare il doppio turno, e quindi di lavorare per dieci ore con due pause di dieci minuti. Quando

cominciavo il turno, mi collegavo a una centrale di

controllo che sembrava una casella di posta elettronica in modalità notte. A sinistra c’era una colonna di

nomi. Quando cliccavo su un nome compariva sullo

schermo la storia di tutti i messaggi tra Brenda e il

prospect.

Brenda cercava su ogni messaggio le parole chiave

poi gli assegnava un tag, che a sua volta determinava

la risposta da dare al cliente.

Per esempio, se Brenda leggeva la parola “cane”

classificava il messaggio con il tag REGOLE_ANIMALI e scriveva un messaggio generico sulla cauzione da

versare per gli animali. Una volta che Brenda aveva

preparato la risposta, compariva un timer di tre minuti, trascorsi i quali il messaggio veniva inviato. Il mio

lavoro era rileggere il testo e aggiungere eventuali

modifiche prima dello scadere del tempo.

La selezionatrice mi aveva assicurato che ero stata

scelta per le mie raffinate abilità linguistiche. In realtà, si trattava soprattutto di avere i riflessi pronti. Appena mi collegavo, i messaggi si accumulavano in

tempo reale. Ogni nuovo messaggio era accompagnato da un bip (bip che, ho subito scoperto, era impossibile silenziare) e spesso la successione era talmente rapida che i bip cominciavano a rimbalzare

uno sull’altro. Dovevo capire velocemente a quali

messaggi dare la precedenza.

Nel frattempo ho fatto una specie di corso accelerato sul mercato degli affitti statunitense. Qualcuno

chiedeva informazioni sui voucher per i sussidi per gli

alloggi a Sacramento, un altro cercava un appartamento in un grattacielo a Baltimora, un altro ancora si

era presentato all’appuntamento per vedere un appartamento a Detroit ma si era perso, e ora vagava per

il condominio tempestando Brenda di messaggi. L’unico modo per tenere il passo dei messaggi era mantenere un livello di concentrazione intensissimo. Non

ascoltavo niente e non sentivo niente, neanche i segnali del mio corpo. A volte mi sentivo stordita e mi

accorgevo che non stavo respirando. Un operatore

anziano controllava tutto il tempo le nostre statistiche, e se un messaggio restava senza risposta per più

di qualche minuto ci arrivava una lavata di capo in

pubblico su Slack.

Ogni giorno, man mano che sprofondavo nel fiume di messaggi, i vecchi punti di riferimento passavano in secondo piano. Non ero più una persona ma un

grande orecchio universale pronto a recepire le preoccupazioni e i dubbi di chi cercava un alloggio, un’esigenza ineluttabile che ognuno di noi, prima o poi,

deve affrontare.

“Mi serve una casa”, scriveva una prospect. “In

questo momento sono in vacanza. Sono russa e ho

appena divorziato da mio marito statunitense. Ha cominciato a frequentare un’altra persona e quando

torno voglio spostare immediatamente la mia roba”.

Brenda ha risposto così: “Abbiamo bilocali a partire da 1.484$. Vuole un appuntamento alle 13 martedì

11 gennaio?”.

Sul timer è partito il conto alla rovescia. Subito ho

corretto il messaggio: “Mi dispiace! Riesce a venire a

vedere l’immobile prima di traslocare? In caso contrario, controllo con i nostri agenti se è possibile organizzare un video tour. Abbiamo bilocali e trilocali a

partire da 1.484$”.

I messaggi degni di nota erano pochi. Il più delle

volte erano noiosi e banali, ma i piccoli squarci che si

aprivano su altre realtà erano più interessanti e vitali

di qualsiasi cosa mi fosse capitato di leggere nei laboratori di scrittura.

“Salve! Sono Brenda della Springwoods a Lake

Ridge. A quale immobile è interessato?”.

“Sono interessata al monolocale con la torretta.

Mi chiamo Candy”.

C’erano le solite lamentele sull’affitto, richieste

accorate di clemenza, missive solitarie nel cuore della notte. Alcuni temi erano ricorrenti. Mi colpiva in

particolare il numero delle madri che cercavano appartamenti per i figli adulti iscritti a un master o impegnati in un dottorato. Un’altra cosa che ho notato era

il numero di prospect che scrivevano a Brenda dalle

piattaforme petrolifere offshore. Riflettendoci, era logico: come avrebbe fatto altrimenti un operaio che

viveva a duecento chilometri dalla terra ferma a trovare una casa per quando sarebbe tornato? Ho cominciato a interessarmi anche agli animali con cui vivevano le persone.

“Vedo che ammettete cani e gatti”, ha scritto un

prospect. “E i maialini vietnamiti?”.

“C’è accesso alla rimessa?”, chiedeva un altro.

“Abbiamo delle anatre in cortile”.

“Potete fare un’eccezione per un furetto?”, chiedeva un altro.

Storie vere

Keith Richardson ha

cominciato a ricevere

messaggi da

Grubhub, un sito di

consegne alimentari

a domicilio, che gli

annunciavano che il

suo ordine era stato

spedito. Il problema

era che Richardson,

che vive con la sua

famiglia a

Chesterfield, nel

Michigan, non aveva

ordinato niente. Non

ha impiegato molto a

capire che gli acquisti

erano stati fatti da suo

figlio Mason, che ha

sei anni. Il bambino

aveva preso il

telefono del padre

dicendo che ci

avrebbe giocato un

po’ prima di andare a

letto, poi si era

collegato a Grubhub

e aveva fatto

ordinazioni per un

valore intorno ai mille

dollari. “Perché l’hai

fatto?”, ha chiesto

Keith a Mason, che si

era nascosto sotto il

suo piumone. “Non

lo so”, ha risposto

il bambino.

“Avevo fame”.

P:91

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 91

“Ho un bassotto e un gatto”, scriveva un altro

ancora.

Molti degli immobili di cui si occupava Brenda

erano odiosamente simili: colossi squadrati e policromi situati vicino a snodi di transito e interamente

composti di vetro e rivestimenti in vinile, con le facciate piatte come lo schermo di un iPhone. C’era un

che di colpevolmente incurante in questi edifici. Sembravano non sapere in che città si trovavano. Era come se dicessero all’inquilino di non interessarsi alle

particolarità della zona o all’idea di comunità. E di

non desiderare una casa nel senso tradizionale del

termine, con i suoi mobili vecchi, le ristrutturazioni

fai da te e i ricordi che attraversano generazioni.

L’inquilino tipo era un affittuario a vita, che passava più tempo in ufficio che a casa e che non avrebbe

mai potuto permettersi un immobile di proprietà. Poco male: il suo lavoro poteva sbatterlo un anno a

Omaha e l’anno dopo a El Paso, ma avrebbe sempre

trovato una casa fluida come internet, una casa che

non era da qualche parte ma dappertutto, quindi da

nessuna parte.

Prima di cominciare mi ero immaginata gli operatori come dei ventriloqui. Brenda avviava la conversazione e quando andava in difficoltà l’operatore parlava al suo posto. In realtà, mi è capitato raramente di

sostituire Brenda. Quasi tutti i suoi passi falsi nascevano da errori di comprensione. Si fissava sulla parola

chiave sbagliata e scriveva una risposta senza senso,

oppure pensava di non sapere come rispondere quando in realtà aveva la risposta giusta a portata di mano.

In queste situazioni, l’unica cosa che facevo era smanettare un po’ – bastavano un paio di clic – e Brenda

proseguiva spedita. Altre volte, un prospect faceva

domande in sequenza (Quanto costa l’affitto? E le

utenze? Quando posso trasferirmi?) e Brenda preparava un’unica risposta che metteva insieme tante informazioni da sembrare ostile. In questi casi ammorbidivo l’enumerazione aggressiva dei fatti con interruzioni di riga e commenti spiritosi. Più che prendere

il posto di Brenda tiravo i fili da dietro le quinte, spingendola da una parte o dall’altra. I nostri messaggi

erano piccole collaborazioni. Eravamo una creatura a

due teste: nessuna di noi due parlava per conto suo, ci

passavamo le parole.

C’erano però delle volte in cui l’intervento umano

diventava necessario. Quando Brenda non capiva un

messaggio e si rendeva conto di non aver capito, lo

classificava con il tag AIUTO_UMANO, che era la

bandiera bianca della resa. Scrivendo AIUTO_UMANO, Brenda mi cedeva la conversazione e dovevo assumere il suo tono e i suoi modi.

Durante la formazione ci avevano insegnato come imitare Brenda. Era vispa e informale, ma sempre controllata e professionale. Era di sesso femminile e quasi certamente bianca, anche se nessuno ce

lo aveva detto esplicitamente. Faceva commenti

come “Mi sembra ottimo!”, “Perfetto!” e “Mi dispiace”, e riportava sempre la conversazione all’ambito

immobiliare.

Le situazioni che richiedevano l’AIUTO_UMANO

potevano verificarsi in qualsiasi momento, ma di solito erano verso la fine di una conversazione, dopo che

il prospect aveva prenotato l’appuntamento. Una volta registrata la prenotazione, Brenda inviava un messaggio in cui elencava i requisiti per l’affitto, che normalmente prevedevano un punteggio di affidabilità

creditizia, nessun precedente penale, nessuno sfratto

e un reddito pari a quaranta volte il canone mensile.

“Va bene per lei?”, chiedeva. Sostanzialmente, era un

modo per fare una scrematura preliminare degli inquilini.

Se il prospect diceva di sì, Brenda confermava l’appuntamento. Se diceva di no, lo cancellava subito.

“Buona fortuna per la sua ricerca!”, diceva.

A Brenda serviva un sì o un no per continuare la

conversazione, ma raramente riceveva una risposta

così netta. Praticamente nessuno guadagnava quaranta volte l’affitto mensile. Una volta una supplente

ha detto a Brenda che non poteva dichiarare il reddito

richiesto perché altrimenti suo figlio, che aveva una

disabilità, avrebbe perso il diritto al sostegno per le

prestazioni previdenziali e sanitarie.

AIUTO_UMANO, ha scritto Brenda.

Un’altra volta un uomo di settant’anni ha scritto a

Brenda che dieci anni prima sua moglie era morta per

un danno cerebrale, le spese mediche lo avevano

mandato in bancarotta ed era stato sfrattato. A distanza di anni aveva ancora problemi a ottenere il

nulla osta per un appartamento.

AIUTO_UMANO, ha scritto Brenda.

Invariabilmente, la domanda di Brenda scatenava

rivelazioni clamorose: “Va bene per lei?”.

FRANCESCA GHERMANDI

P:92

Pop

92 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Non era autorizzata a dire “Non lo so”. In caso di

dubbio, ci era stato consigliato di rigirare la domanda.

“Perché non viene a visitare la casa per vedere se risponde alle sue esigenze?”, chiedevamo. Di solito la

tattica funzionava, ma dopo un po’ sembrava una presa in giro.

“Quanti anni hanno la cucina e i sanitari?”.

“Perché non viene a visitare la casa per vedere se

risponde alle sue esigenze?”.

“L’appartamento è al piano terra? Ho una disabilità e non posso usare le scale”.

“Perché non viene a visitare la casa per vedere se

risponde alle sue esigenze?”.

Naturalmente, alcuni prospect s’insospettivano.

Quando un prospect chiedeva se stava parlando con

un bot, non potevamo rispondere di sì. Era vietato anche dire “non sono un bot”, perché è esattamente

quello che direbbe un bot. Quando qualcuno metteva

in dubbio l’identità umana di Brenda, dovevamo dire

“Sono vera!”.

“Sono vera!”, dicevo. E lo ero davvero: una donna

di 29 anni nella sua vecchia cameretta, circondata dai

ricordi del liceo. Mia madre si era intestardita a portarmi il pranzo o la cena mentre lavoravo, e per qualche motivo il fatto di essere vicina a Brenda aveva

cambiato il suo modo di fare. Entrava in punta di piedi

nella mia stanza con il piatto in mano e sussurrava cosa c’era dentro, ma io non la sentivo per via dei frenetici bip dei messaggi in entrata. “Non ti sente nessuno”, dicevo. “Ah!”, sussurrava, abbassando la testa.

“Non ti vedono”, le dicevo, al che lei faceva dei segni

con le mani, lasciava il piatto a terra e sgattaiolava

fuori. Mentre lavoravo non riuscivo a mangiare, perciò m’ingozzavo durante i dieci minuti di pausa. “Può

andare bene per lei?”, scrivevo. Poi mi portavo il computer in bagno e rispondevo ai messaggi seduta sulla

tazza: “Perché non viene a visitare la casa per vedere

se risponde alle sue esigenze?”.

Il tempo passava in modo scoordinato. Ogni secondo era un monolito. Ogni volta che guardavo l’orologio mi sembrava di essere in un eterno presente.

Le ore, invece, erano sottili come carta igienica. Cominciavo un turno la mattina e poi, in un istante, mi

ritrovavo a fine giornata, come se le ore fossero state

sminuzzate con un paio di forbici. I giorni non erano

organizzati in sequenza ma si confondevano in una

specie di pozzanghera indistinta. “Sono una specialista di locazione immobiliare in remoto!”, scrivevo.

“Le consiglio di visitare l’immobile per vedere se risponde alle sue esigenze”.

“Sareste interessati a formare un nuovo agente

immobiliare che abiti in zona?”, ha scritto una volta

un prospect. “Penso che sarebbe una buona opportunità per entrambi”.

Dopo qualche settimana nel New Jersey avevo i

nervi a fior di pelle. Brenda mi aveva resa scorbutica e

irascibile, e mi ero convinta che il mio cervello fosse

in preda a chissà quale odioso processo neurologico.

Girando per la casa, mi accorgevo di essere sempre

sulla difensiva, come se dovessi guardarmi le spalle.

Ho scoperto, inorridita, che il lessico di Brenda si sta-

“Oddio, no. Il mio fidanzato ha una denuncia per

omicidio e io sono stata sfrattata una volta… Mi

dispiace!”.

“Va bene per lei?”.

“In realtà… sono un agente di polizia ma ho un

precedente per un reato minore, una stupidaggine.

Comunque sono sempre un agente di polizia, è ok?”.

“Va bene per lei?”.

“Sì, ma per trasparenza vi dico che sono in causa

con un altro condominio nella zona. C’è una sentenza

farlocca secondo la quale dovrei pagare 5.000 dollari

ma voglio farla annullare perché il condominio era

sudicio e le condizioni di vita erano inaccettabili. Ho

quasi cento foto che posso presentare come prova.

Sarei felice di farvele vedere domani. È l’unica cosa

negativa che troverete su di me. Non fraintendetemi;

non sono il tipo che si lamenta; sono molto passivo.

È che non mi piace quando mi dicono bugie, m’imbrogliano o mi fanno delle prepotenze. Hanno anche

dato fuoco alla mia macchina”.

AIUTO_UMANO, ha scritto Brenda.

La triste verità era che noi operatori eravamo inutili tanto quanto Brenda. Non eravamo in grado di

dire se un prospect aveva i requisiti per affittare un

appartamento.

Non eravamo agenti immobiliari. Non abitavamo

vicino agli immobili in questione né sapevamo che

aspetto avessero al di là delle foto ritoccate sui siti delle agenzie. Quando si entrava nei dettagli non eravamo in grado di dire molto, e i dettagli, alla fine, sono la

cosa che conta di più per i clienti. Moquette o parquet?

Quale esposizione avevano le finestre? Ovviamente

non ne avevamo idea, e neanche Brenda. Ma Brenda

era sempre positiva e competente.

FRANCESCA GHERMANDI

P:93

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 93

va insinuando nel mio. “Felice di essere d’aiuto!”, mi

sentivo dire. “Va bene per te?”.

Quella versione di me non mi piaceva, quindi ho

deciso di andare via di casa. Qualche mese prima era

morta mia nonna, e i miei genitori dovevano occuparsi della sua casa in campagna nel Maine. Allora sono

andata dai miei genitori e gli ho fatto una proposta:

potevo trasferirmi io nel Maine durante l’estate per

cominciare a mettere in ordine la casa. Sono partita

una mattina di giugno e sono arrivata lì al calare della

notte. Dopo una giornata di traffico e rumore, la quiete del bosco era stupefacente. Il cielo stellato era limpido e nero, incontaminato, il vialetto talmente buio

che non si vedeva niente tranne un cerchio illuminato

dalla luce della veranda. Ero da sola in un piccolo

avamposto su un asteroide.

Ho capito che con Brenda preferivo i turni di notte

e ho cominciato a fare solo quelli. Di notte le agenzie

immobiliari erano chiuse. Non c’era nessuno che si

perdeva tra gli appartamenti o mandava maniacalmente sms a Brenda lungo la strada. Le persone davano un’occhiata agli annunci prima di andare a letto e i

messaggi che mandavano erano di tutt’altro tenore.

Erano più strani, più tristi, tendenzialmente più intimi. Spesso richiedevano l’aiuto umano. All’inizio non

m’importava. Quei messaggi erano un diversivo salutare dal solito copione noiosissimo.

“Ehi Brenda”, ha scritto una volta un prospect.

“Scusa se non ti ho risposto. Sei stata così carina e disponibile, mi dispiace se sono stato stronzo. Non sono

stato molto attivo con il trasloco perché insomma… è

brutto traslocare da soli senza condividere l’emozione con qualcuno, capisci?”.

“Abbiamo monolocali e bilocali a partire

da 1.645$”, ha scritto Brenda. “Vuole un appuntamento?”.

Ogni sera sembrava una seduta spiritica. Ho trovato una vecchia poltrona reclinabile nel fienile e mi

sono messa a lavorare da lì. Il fienile era fresco e umido, molto meglio della casa, dove faceva caldissimo,

e di notte sentivo un gufo tra gli alberi e gli scoiattoli

che bisticciavano tra loro.

“Salve, mi chiamo Charmaine Banks… Non sto

cercando un appartamento, in realtà sto cercando il

mio padre biologico che si chiama Ernest Lockhart

Shaw. Credo che abiti in uno dei vostri residence, forse l’appartamento #1421?? Mi chiedevo se potevate

aiutarmi”.

Un altro prospect è spuntato dal nulla. “Chi sei?”,

ha scritto.

“Mi chiamo Brenda, sono un’agente immobiliare

della Springs a Kenosha. Sto rispondendo a una sua

chiamata. A quale immobile è interessato?”.

“Sei disponibile a incontrarmi?

Possiamo vederci alla mia casa al mare.

Sono interessato a te Brenda, sono sposato perciò

dobbiamo essere discreti”.

Per giorni ho chattato con centinaia di persone

senza dire una parola. Di notte i messaggi a Brenda

somigliavano al moto delle maree. C’erano periodi

di silenzio interrotti qua e là da missive solitarie nel

DANIEL POZNER

è un poeta francese

nato nel 1971. Questo

testo è uscito sulla

rivista rehauts (n. 48,

primavera-estate

2022). Traduzione dal

francese di

Domenico Brancale.

buio. Poi, improvvisamente, dalla centrale di controllo partiva una raffica di sms che prendevo in carico digitando continuamente sugli stessi tasti, come

in trance.

I tormentoni ciclici di Brenda avevano su di me un

effetto anestetizzante, quasi narcotico. Gli sviluppatori decantavano l’inesorabile coerenza della loro

creatura. Brenda, sostenevano, dice le stesse cose a

tutti, il che significa che è incapace di pregiudizi. In

compenso, era bravissima a respingere certe tipologie di clienti: quelli che non avevano uno smartphone

o una connessione internet stabile, quelli che non erano abituati a mandare messaggi, quelli che non sapevano leggere o scrivere in inglese e quelli che volevano sapere se potevano vedere un immobile prima di

presentarsi all’appuntamento programmato. Brenda

li sviava tutti con cortese violenza. Non era una portinaia ma una buttafuori, e i suoi modi gioviali e frizzanti la rendevano ancora più inquietante. Era una

barriera talmente efficace che molti proprietari la

usavano per evitare gli inquilini. Alcune agenzie non

davano un numero di telefono per contattare l’amministratore. Lo sapevo perché Brenda riceveva in continuazione foto di muffa e pezzi d’intonaco caduti dal

soffitto dai clienti che non sapevano a chi altro rivolgersi. AIUTO_UMANO, diceva Brenda, ma neanch’io potevo fare niente. “Sono una specialista immobiliare in remoto!”, scrivevo. “Le consiglio di chiamare il numero della manutenzione”.

“Questo è l’unico numero che mi hanno dato”, rispondeva inevitabilmente l’inquilino. Una volta, uno

dei supervisori mi ha detto che in queste situazioni

una buona tattica era appoggiarsi alle qualità robotiche di Brenda. Effettivamente, un po’ di ottusità strategica era di grande aiuto, e se l’inquilino ancora non

mollava, cominciavo a ripetermi a ciclo continuo.

Alla fine, ho raggiunto un tale virtuosismo che riuscivo a svuotare la casella della posta in entrata senza

fatica. Il lavoro ormai non c’entrava più niente con il

linguaggio. Non leggevo più i messaggi una parola

alla volta, ma li registravo come se il blocco di testo

fosse un’immagine. I miei occhi si fissavano sulle paOggi si pone

La domanda ma quale

La libellula dai piedi nudi

Oggi lei osserva

È troppo alata

Per le vostre assi sconnesse

Oggi blu carnivora e viva

Sarà passata senza

Vedervi.

Daniel Pozner

Poesia

P:94

94 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Pop

role cruciali – animali, affitto, utenze – e le mie mani

battevano sui tasti come in una partitura musicale.

Ho smesso di preoccuparmi del tono di Brenda. Mi

sono accorta che quando Brenda rispondeva in modo

strano o sgarbato, gli sms tendevano a diventare meno intimi, il che significava meno AIUTO_UMANO e

meno fatica per me. Dopo mesi passati a impersonare

Brenda, le mie risorse emotive si erano esaurite. Non

mi deliziavo più a leggere messaggi sconclusionati e

senza inibizioni, traboccanti d’emozione e tragedie

umane. Volevo solo lasciar scivolare via il mio turno.

Mi sono resa conto che non stavo addestrando Brenda a pensare come un’umana: era Brenda che mi stava addestrando a pensare come un bot. Forse l’obiettivo era sempre stato quello.

Nel Maine, il passaggio dall’estate all’autunno è repentino. Gli ultimi giorni di agosto di solito sono torridi, con il ronzio degli insetti e il fruscio dell’erba

secca, poi una mattina ti svegli e il giardino è avvolto

in una pallida foschia. Avevo fatto domanda alle case

editrici di New York per tutta l’estate e nessuna mi

aveva risposto, quindi ho allargato la ricerca a Filadelfia, poi a Boston e a Washington. A ottobre ho ricevuto la mia prima offerta di lavoro, un posto nell’amministrazione di un’università di Boston. Ho accettato e

mi sono messa a cercare un appartamento.

Il mercato degli affitti di Boston era tragico. Era

tutto fuori dal mio budget, perfino le stanze singole.

Questo però era un problema secondario, perché non

c’era neanche qualcuno che mi rispondesse. Con il

primo giorno di lavoro che si avvicinava, ho prenotato

un soggiorno di un mese su Airbnb.

Sono arrivata a Boston subito dopo Natale. Mi sono avvicinata a una casa buia alla fine dell’isolato, ho

trovato la chiave in mezzo ai cespugli e sono entrata.

Salendo le scale per andare in camera da letto ho

sentito un ronzio proveniente dall’alto. Ho alzato lo

sguardo e ho visto una telecamera su un braccio

meccanico che seguiva ogni mio movimento. Ho

sbloccato il lucchetto della camera da letto e sono

entrata. La stanza era poco più grande del letto. Non

c’era l’armadio, ma la finestra dava su una terrazza:

il proprietario, su Airbnb, mi aveva detto che potevo

usarla come guardaroba. La terrazza era piena di

giocattoli e mobili rotti. Ho tirato fuori i vestiti dalla

valigia e li ho appesi lì.

La mattina dopo ho indossato un vestito che si era

congelato durante la notte e sono andata al lavoro

facendo tre chilometri a piedi.

Il giorno ero in ufficio e di notte lavoravo per

Brenda. Alla fine sono riuscita a trovare un appartamento, un monolocale nel seminterrato, a 1.650 dollari al mese, a partire da febbraio. In realtà non me lo

potevo permettere, e puzzava anche un po’ di umido.

Ora che avevo un impiego a tempo pieno e relativo

stipendio, non avevo più bisogno di lavorare per

Brenda, quindi ho dato il preavviso. Avrei finito il 31

gennaio.

Il mio ultimo turno è stato misericordiosamente

tranquillo. Quando è finito non ho dovuto nemmeno

scollegarmi: il sistema mi ha buttata fuori e le mie credenziali sono state immediatamente disattivate. Il

turbine di chiacchiere nel quale ero stata immersa per

nove mesi è diventato un luogo inaccessibile. Sono

rimasta stupita dall’improvvisa realtà della mia stanza. La luce fluorescente faceva brillare le finestre buie. Per riposarmi ho appoggiato la schiena contro la

parete.

Era un nuovo anno. Sono andata a letto sentendomi vuota, con la mente piacevolmente sgombra, come non mi capitava da tempo. Le possibilità apparivano oltre i miei occhi chiusi: fresche, ariose, illi mitate. ufas

L’artista italiano Nico Vascellari

ha recentemente realizzato

un’opera molto discussa dal titolo Tre, quattro galline. Si tratta

di una scatola colorata, con dei

grandi occhi disegnati sui bordi,

che produce suoni assai simili a

quelli fatti dalle galline ovaiole

nelle gabbie di contenimento.

Vascellari è vegetariano e, pur

non avendo mai schiacciato il

suo lavoro artistico su questa

scelta, ha voluto ricordarci con

un’opera che nel titolo ha quantità incerte – “tre, quattro” – come gran parte degli animali che

consumiamo sia per noi solo

quantità e mai qualità. Mangiamo o conosciamo “la gallina”,

ma mai quella gallina lì, quello

specifico soggetto, e ci facciamo

un’idea abbastanza sciocca delle cose del mondo (“stupida come una gallina”). Eppure le galline hanno un loro linguaggio,

fatto di vocalizzi e mimiche, che

serve a comunicare informazioni diverse: una prova della loro

autocoscienza e della consapevolezza che hanno degli altri.

Insomma le galline sono esseri

molto intelligenti, tecnicamente più intelligenti di un bambino

di sei anni. Lesley Rogers, una

delle più importanti ricercatrici

mondiali in neuroscienze e

comportamento animale, ha

scoperto la latera lizzazione cerebrale nelle galline quando si

riteneva che solo il cervello

umano fosse diviso in due emisferi con funzioni differenti. Vascellari, attraverso l’arte, ci costringe essenzialmente a questo: osservare chi sono gli animali di cui parliamo senza sapere nulla, e poi decidere come

comportarci davvero.u

Altri animali Leonardo Caffo

La gallina qualunque

P:95

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Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 95

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Scienza

I

l ghiaccio presente sulla superficie

terrestre, da quello che si forma in

giardino in inverno alle gigantesche

calotte dell’Antartide, è uguale

ovunque e ha una struttura cristallina

esagonale. Ma quando l’acqua viene congelata e compressa a una pressione molto

alta, migliaia di volte superiore a quella

dell’atmosfera terrestre al livello del mare, la geometria molecolare cambia e il

ghiaccio assume le strutture cristalline

più varie.

Conosciamo una ventina di tipi diversi di ghiaccio, ciascuno con il suo particolare reticolo cristallino, ma secondo alcune stime potrebbero essercene più di

trecento ancora da scoprire. Un nuovo

tipo è stato appena individuato quasi per

caso dai ricercatori dello University college di Londra durante un esperimento degno di un cocktail bar.

Senza avere uno scopo preciso, quasi

per gioco, gli scienziati hanno mescolato

energicamente del ghiaccio comune e

delle sfere d’acciaio in un mulino a biglie,

raffreddato a duecento gradi sottozero

grazie all’azoto liquido. Invece di ghiaccio tritato perfetto per un gin tonic, però,

hanno prodotto un nuovo tipo di ghiaccio, diverso da quelli noti.

Molecole in disordine

Le molecole d’acqua non avevano la normale struttura chimica ordinata, ma erano in disordine all’interno di una struttura amorfa. Si tratta dello stesso stato molecolare dell’acqua liquida, riscontrato

però in questo caso in un solido. I ricercatori l’hanno chiamato “ghiaccio amorfo a

media densità”.

La scoperta è sorprendente, anche se

i solidi amorfi non sono del tutto sconosciuti. Il vetro, la plastica e perfino i gel

sono solidi non cristallini con atomi e

molecole non organizzati in un reticolo

preciso. E conoscevamo già due tipi di

ghiaccio amorfo, uno ad alta e uno a bassa densità. Quello appena scoperto è una

via di mezzo tra i due.

Secondo i ricercatori, il ghiaccio

amorfo a media densità, che ha l’aspetto

di una polvere bianca molto fina, potrebbe essere presente in natura nelle lune

ghiacciate di Giove e Saturno, due enormi pianeti gassosi, dove le forze di marea

esercitano sul ghiaccio comune forze di

taglio simili a quelle prodotte dal mescolamento con sfere d’acciaio in un mulino

a biglie. Sotto i chilometri di ghiaccio di

quei mondi alieni, il ghiaccio amorfo a

media densità potrebbe causare movimenti tettonici e perfino “ghiaccimoti”,

considerando la grande quantità di calore che rilascia quando è riscaldato e risolidificato.

Copia perfetta

Gli scienziati hanno definito la nuova

scoperta “acqua vetrosa” perché è la copia perfetta dell’acqua liquida in forma

solida proprio come il vetro lo è della silice liquida.

“Abbiamo dimostrato che è possibile

creare un tipo d’acqua che sembra quasi

in ‘stop-motion’. È una scoperta inaspettata e abbastanza incredibile”, afferma

Andrea Sella, chimico dello University

college di Londra e coautore dello studio.

“L’acqua è alla base della vita. La nostra esistenza dipende dall’acqua. Progettiamo missioni spaziali per cercarla.

Ma dal punto di vista scientifico non l’abbiamo ancora capita del tutto”, dice Christoph Salzmann, collega di Sella e principale autore dello studio.

In effetti ci sono molti aspetti bizzarri

e poco compresi dell’acqua. Per esempio,

raggiunge la densità massima a quattro

gradi, ma quando ghiaccia, contro ogni

aspettativa, diventa meno densa. È per

questo che il ghiaccio galleggia. Un’altra

stranezza è che più si esercita pressione

sull’acqua più è facile comprimerla, mentre per la maggior parte dei liquidi succede l’opposto.

Nel corso dell’esperimento, gli scienziati hanno analizzato il ghiaccio amorfo

a media densità con sofisticati strumenti

di analisi molecolare e chimica, tra cui il

microscopio elettronico, la diffrazione

dei raggi X e la spettroscopia Raman.

Presto inoltre lo sottoporranno ai potenti

raggi X emessi da un sincrotrone. L’obiettivo è conoscere più a fondo questa misteriosa forma d’acqua. usdf

Un nuovo tipo di ghiaccio

Il ghiaccio amorfo a media

densità, che alcuni ricercatori

hanno individuato quasi per

caso durante un esperimento, è

solido ma ha una struttura

simile a quella dell’acqua liquida

Tibi Puiu, Zme Science, Romania

CHIARA DATTOLA

CHIMICA

96 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:97

Per ottimizzare l’isolamento

termico degli edifici, i ricercatori della Pritzker school of molecular engineering dell’università di Chicago hanno realizzato

un materiale da costruzione a

infrarossi capace di cambiare

colore. “Permette di mantenere

stabile la temperatura in un edificio senza usare grandi quantità

di energia”, spiegano su Nature

Sustainability. In estate il materiale rilascia fino al 90 per

cento del calore che si accumula

mantenendo fresco l’interno,

mentre in inverno ne rilascia solo il 7 per cento con effetti opposti. È un materiale elettrocromico formato da un liquido che,

applicando una piccola quantità

di energia, si trasforma in una

pellicola di rame solido: allo stato liquido emette e a quello solido trattiene. Il passaggio da uno

stato all’altro è regolato da un

semplice interruttore. Secondo

le Nazioni Unite, gli edifici sono

responsabili del 33 per cento

delle emissioni di gas serra.

Il fungo tossico Amanita phalloides ha invaso la costa della California, negli Stati Uniti, ricorrendo all’autofecondazione.

Dall’analisi del dna dei funghi

sono emersi molti nuclei geneticamente identici, quindi provenienti da un unico individuo.

Negli stati del New Jersey e di

New York, sulla costa opposta, il

fungo si sta diffondendo meno

rapidamente e senza autofecondazione. In uno studio preliminare pubblicato su bioRxiv, i

micologi dell’università del

Wisconsin spiegano che alcuni

funghi hanno imparato ad aggirare il gene che regola la riproduzione tramite spore sessuali

di individui diversi.

L’uso degli antibiotici negli allevamenti è in crescita nel mondo. Secondo Plos Global Public Health, nel 2020 sono state usate più di 99mila tonnellate

di antibiotici e nel 2030 si arriverà a 107mila, con un aumento

dell’8 per cento. L’impiego è intenso soprattutto in alcune regioni dell’Asia, tra cui l’est della

Cina, il sud dell’India e l’isola

indonesiana di Java. Un uso eccessivo degli antibiotici negli allevamenti potrebbe favorire lo

sviluppo di infezioni difficili da

curare negli esseri umani.

Zoologia Il processo di domesticazione del lupo ha cambiato

il modo di comunicare dei cani.

Secondo uno studio pubblicato

su Communications Biology, le

razze di cani più recenti, geneticamente più lontane dai lupi,

tendono ad abbaiare in risposta

agli ululati; quelle più antiche –

come gli shiba, i siberian husky

e gli alaskan malamute – tendono a ululare. La selezione ha

quindi ridotto il ricorso all’ululato.

Neuroscienze In uno studio

preliminare pubblicato su

bioRxiv, alcuni ricercatori hanno analizzato il cervello di venticinque poliglotti, capaci di

parlare almeno cinque lingue.

Ascoltare lingue simili alla propria e lingue ben comprese suscitava risposte cerebrali forti.

Invece ascoltare lingue meno

comprese e, a sorpresa, la propria lingua madre produceva risposte deboli.

Rivestimento

a infrarossi

Riproduzione

asessuata

Troppi farmaci

agli animali

GÁTI OSZKÁR DÁNIEL

Science Advances, Stati Uniti

Il 20 gennaio il Giappone ha registrato un picco di decessi per covid-19. Il paese ha mantenuto a lungo misure restrittive per contenere il virus sars-cov-2, limitando così il numero delle vittime. Più

di recente la revoca di molte restrizioni, l’apertura ai viaggi internazionali e la diffusione di nuove sottovarianti hanno causato un rapido aumento dei contagi, in una popolazione con una bassa immunità. La situazione, scrive la Bbc, è resa più difficile dal fatto che il

Giappone ha una popolazione molto anziana.

Picco di decessi in Giappone

PALEOANTROPOLOGIA

COVID-19

TECNOLOGIA

BIOLOGIA

SALUTE

IN BREVE

La carne dei neandertal

I neandertal cacciavano elefanti

giganteschi, li macellavano con

metodo e ne conservavano la carne.

La novità è emersa analizzando i

reperti rinvenuti in un sito vicino

alla città di Halle, in Germania,

dove circa 125mila anni fa c’era un

lago frequentato da gruppi di

neandertal. Oltre a resti di bovini,

cavalli e cervi, i ricercatori hanno trovato molte ossa di

Palaeoloxodon antiquus, un elefante estinto che era due

volte più grande dell’attuale elefante africano. Le ossa

appartenevano quasi tutte a maschi adulti. Secondo i

ricercatori, una possibile spiegazione è che i maschi

vivevano isolati ed erano quindi più facili da cacciare.

Sulle ossa sono stati individuati segni di utensili diversi

per la macellazione, usati contemporaneamente da più

individui. Probabilmente per completare la

macellazione erano necessarie centinaia di ore di

lavoro. Ma ne valeva la pena, perché un elefante nutriva

circa cento individui per un mese, grazie alle tecniche

messe a punto per conservare la carne e il grasso. I

neandertal vivevano quindi in gruppi piuttosto

numerosi e collaboravano tra loro. ◆

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 97 FONTE: OURWORLDINDATA/JOHNS HOPKINS UNIVERSITY

6 febbraio 2022

Italia

Giappone

6

5

4

3

2

1

0

6 febbraio 2023

Decessi giornalieri di covid-19 in Italia e in Giappone per un milione

di abitanti, media settimanale

P:98

98 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

Il diario della Terra

◆ Un maggior numero di alberi in città potrebbe evitare molte morti premature dovute alle

ondate di caldo estive. Questi

fenomeni sono più gravi nei

centri urbani per l’effetto “isola di calore”, un aumento delle

temperature causato dalla cementificazione, dalla maggiore presenza di superfici asfaltate rispetto a quelle verdi e

dalle emissioni di automobili,

impianti industriali e sistemi

domestici di riscaldamento e

raffreddamento. I ricercatori

hanno analizzato 93 città europee nell’estate 2015, scoprendo

che la temperatura media urbana è stata superiore di un

grado e mezzo rispetto alle

aree circostanti. Secondo lo

studio, pubblicato su The

Lancet, l’effetto isola di calore

ha causato 6.700 morti premature, circa il 4 per cento dei decessi estivi. Un aumento della

copertura arborea fino al 30

per cento della superficie

avrebbe permesso di raffreddare le città di 0,4 gradi, evitando 2.664 decessi.

I ricercatori hanno analizzate 93 città europee, tra cui

dieci italiane: Roma, Milano,

Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bari, Bologna, Trieste e

Padova. La mortalità è risultata più alta in Europa meridionale e orientale, in particolare

in Spagna, Italia, Ungheria,

Croazia e Romania. Londra e

Madrid sono state le città con

più morti premature in termini

assoluti, mentre quelle con la

maggiore mortalità sono state

Malaga, Barcellona e Budapest

(in Italia sono state rispettivamente Roma e Palermo). Bisognerebbe quindi progettare

città più adatte alle nuove condizioni climatiche.

Più alberi

in città

Incendi

nel centro

del Cile

Il nostro clima

Incendi Almeno ventiquattro

persone sono morte e 2.180

sono rimaste ferite negli incendi che si sono sviluppati

nel centro del Cile. Le fiamme,

alimentate dalla siccità e dalle

alte temperature, hanno distrutto 1.150 case e più di

290mila ettari di vegetazione.

Terremoti Un sisma di magnitudo 7,8 ha colpito il sudest della Turchia e il nord

della Siria, causando più di

11.700 vittime: 9.057 in Turchia e 2.662 in Siria. Circa

55mila persone sono rimaste

ferite. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità,

SHAWAN CHOWDHURY (CC BY-SA)

MARK SANDERS

circa cinque milioni di persone sono in uno stato di vulnerabilità.

Vulcani Il vulcano sottomarino East Epi, al largo di Vanuatu, si è risvegliato proiettando

cenere a un centinaio di metri

d’altezza.

Frane Nella regione di Arequipa, nel sud del Perù, almeno quindici persone sono morte travolte da una serie di frane, causate dalle forti piogge

degli ultimi giorni.

Foreste Il governo statunitense ha reintrodotto le misure di

protezione della foresta nazionale di Tongass, in Alaska, che

erano state revocate dall’amministrazione Trump nel

2020.

Valanghe Otto persone sono

morte travolte da una serie di

valanghe nell’ovest dell’Austria. ◆ Una valanga ha ucciso

due sciatori polacchi nel Kashmir indiano.

Rinoceronti Nel 2022 i bracconieri hanno ucciso 448 rinoceronti in Sudafrica, tre in meno rispetto al 2021.

Marsupiali Secondo alcuni

ricercatori australiani, gli

esemplari maschi di quoll settentrionale (Dasyurus hallucatus) muoiono dopo una stagione riproduttiva perché rinunciano al sonno pur di accoppiarsi il più possibile. La specie

è in declino a causa della distruzione dell’habitat.

Insetti Le aree protette esistenti non tutelano gli insetti, anche se questi animali svolgono funzioni importanti per gli ecosistemi, soprattutto con l’impollinazione dei fiori. Il 76 per cento delle

specie non è coperto in modo adeguato da aree protette e quasi il 2 per cento è del tutto assente da

queste zone. Gli insetti sono senza tutele soprattutto in Nordamerica, Europa orientale, Australasia e Asia meridionale e sudorientale. Su molti di loro i dati sono però incompleti, affermano i ricercatori nello studio pubblicato su One Earth. Secondo alcune stime, le popolazioni di insetti sono in declino in tutto il mondo. Le minacce principali sono l’agricoltura intensiva, la crisi climatica, l’urbanizzazione e la distruzione degli habitat. Nella foto: una farfalla Vanessa kershawi

Radar

P:99

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 99

◆ Quest’immagine, scattata

dal satellite Terra della Nasa,

mostra le alluvioni lungo la

costa nordoccidentale del Madagascar dopo il passaggio

della tempesta tropicale Cheneso. La tempesta ha causato

almeno 33 vittime, ma il bilancio potrebbe aumentare perché ci sono alcuni dispersi.

Trentottomila persone sono

state costrette a lasciare le loro case.

L’entità delle devastazioni

è dipesa anche dalle caratteristiche della tempesta, che

muovendosi lentamente ha

stazionato a lungo sulla regione, aggravando gli allagamenti e le frane. Dopo essersi formata nell’oceano Indiano,

aveva raggiunto la costa nordorientale del Madagascar il

19 gennaio. Poi si è indebolita

andando verso l’interno e la

parte nordoccidentale dell’isola, su cui si sono però abbattute piogge intense. Il 23 gennaio la tempesta si è spostata

sul canale del Mozambico,

rafforzandosi fino a diventare

un ciclone e continuando a

portare forti piogge lungo la

costa.

Nell’immagine spiccano le

acque alluvionali ricche di sedimenti che si riversano in

mare. Il color ruggine dipende

dall’abbondanza di ossidi di

ferro nei terreni della zona.

Cheneso è stata la prima

tempesta a colpire il Madagascar nella stagione ciclonica

2022-2023, che va da fine ottobre a maggio. L’anno scorso

l’isola è stata raggiunta da varie tempeste devastanti tra

gennaio e febbraio.–Nasa

La tempesta tropicale

Cheneso, la prima a colpire

l’isola nella stagione

ciclonica 2022-2023, ha

causato almeno 33 vittime,

mentre 38mila persone

sono state costrette a

lasciare le loro case.

Il pianeta visto dallo spazio 29.01.2023

Le alluvioni dopo un ciclone in Madagascar

EARTHOBSERVATORY/NASA

Nord

5 km

Canale del Mozambico

P:100

N

egli anni novanta la globalizzazione non si è creata da sola:

dietro c’era la volontà delle

maggiori economie mondiali

di scrivere, far applicare e rispettare regole condivise. Quel consenso oggi vacilla.

L’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), che è la materializzazione di

quell’ordine fondato sulle regole, è sempre più ai margini ora che i paesi vogliono

di nuovo introdurre controlli alle esportazioni, sussidi e dazi doganali per promuovere l’industria nazionale o danneggiare

gli avversari. Molti puntano il dito contro

gli Stati Uniti, dal momento che prima

Donald Trump e poi Joe Biden hanno respinto l’autorità della Wto e ripristinato

finanziamenti e dazi che hanno infastidito

i partner commerciali. In realtà, la credibilità dell’organizzazione aveva cominciato a indebolirsi molto tempo prima,

con l’ascesa della Cina: la sua economia

statalista e autoritaria si è dimostrata incompatibile con il sistema commerciale

costruito nel secondo dopoguerra dalle

democrazie fondate sul mercato.

Biden è arrivato alla Casa Bianca come campione dell’ordine internazionale,

ma sul commercio ha proseguito gran

parte delle politiche apertamente nazionaliste di Trump. Ha mantenuto i dazi

imposti alla Cina dal suo predecessore e

ha bloccato le nomine dell’organo d’appello della Wto, che ha l’ultima parola

sulle controversie, impedendogli di fatto

di funzionare.

A dicembre, con due decisioni separate, i comitati della Wto hanno stabilito che

Trump ha violato gli obblighi nei confronti dell’organizzazione imponendo dei dazi

sulle importazioni di acciaio e alluminio e

chiedendo che i prodotti realizzati a Hong

Kong fossero etichettati come “made in

China”. La Wto autorizza un paese a introdurre barriere commerciali solo se servono a difendere la sicurezza nazionale, ma

non è questo il caso degli Stati Uniti, ha

affermato il comitato. Un portavoce della

rappresentante per il commercio degli

Stati Uniti Katherine Tai ha risposto che la

Wto non ha l’autorità per giudicare le misure degli Stati Uniti. E ha aggiunto che la

Casa Bianca insiste da più di settant’anni

sul fatto che spetta a Washington decidere

cosa fa parte della sicurezza nazionale,

non alla Wto.

Tacito accordo

Questo scontro è un esempio delle tensioni che stanno indebolendo il sistema del

commercio mondiale. Sotto la Wto e il suo

precursore, l’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (Gatt), i paesi

erano tacitamente d’accordo a non tirare

in ballo la sicurezza nazionale, dice William Reinsch, del Center for strategic and

international studies. Quell’accordo non

detto non esiste più. Se altri seguiranno il

precedente creato dagli Stati Uniti, “l’intero sistema diventerà inutile”.

Anche l’Unione europea ha dichiarato

che gli Stati Uniti hanno violato le regole

della Wto con il recente Inflation reduction act, che prevede incentivi solo per i

veicoli elettrici assemblati in Nordamerica. Pechino ha aperto una causa sui limiti

imposti dagli Stati Uniti alle esportazioni

verso la Cina dei processori e delle tecnologie che servono per produrli. Ma le lamentele per il comportamento statunitense riflettono nel migliore dei casi solo

una parte dei problemi del sistema. Un

quadro più completo dovrebbe includere

anche i motivi per cui gli statunitensi sono

diventati così indisciplinati. In origine

Washington aveva spinto per un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie interno alla Wto, proprio perché

con il precedente sistema l’applicazione

delle decisioni poteva essere facilmente

bloccata da ogni singolo paese.

La conseguenza involontaria, però, è

stata che i paesi insoddisfatti delle leggi

commerciali statunitensi, invece di negoziare, citano in giudizio Washington presso la Wto e spesso vincono perché i giudici

dell’organizzazione hanno un’ampia considerazione della loro autorità di interpretare e – sostengono gli avversari – di riscrivere le leggi commerciali.

Altrettanto frustrante è stata l’incapacità della Wto di disciplinare le pratiche

protezionistiche e discriminatorie della

Cina. Nelle democrazie occidentali, per

esempio, lo stato tratta con le aziende a

AARON FOSTER (GETTY)

Gli scambi globali

sono senza guida

L’Organizzazione mondiale del

commercio ha sempre meno

potere, ignorata soprattutto da

Stati Uniti e Cina. Si prospetta un

sistema in cui la forza prevarrà

sul diritto

Greg Ip, The Wall Street Journal, Stati Uniti

GLOBALIZZAZIONE

Economia e lavoro

100 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:101

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 101

condizioni di mercato, i sussidi sono trasparenti e basati sulle regole. In Cina la

distinzione tra lo stato e il settore privato è

molto sfumata. I sussidi sono diffusi e

opachi, quindi difficili da controllare. Per

esempio, per anni solo i veicoli elettrici

dotati di batterie prodotte da aziende cinesi hanno avuto diritto a sovvenzioni dal

governo cinese. Ma, come osserva Brad

Setser, del Council on foreign relations,

poiché questo comportamento discriminatorio non era codificato è stato difficile

dimostrare la violazione delle leggi sul

commercio. Il risultato è che oggi la Wto

non è in grado di disciplinare i due stati

più importanti dell’organizzazione, lasciando un mondo in via di deglobalizzazione senza un poliziotto sul mercato.

Dove stiamo andando

Tutto ciò non significa un ritorno agli anni

trenta, quando i paesi aumentarono drasticamente le tariffe doganali e si chiusero

nell’autarchia. La Wto esiste ancora e la

maggior parte dei paesi rispetta gli impegni. Ma invece di avere un unico pacchetto

di regole imposte a sistemi fondamentalmente incompatibili come quello cinese e

statunitense, il mondo andrà verso una

serie di accordi regionali. I paesi potranno

così scegliere settori e partner che si sentono allineati per valori e interessi, com’è

successo per l’accordo di libero scambio

digitale tra Singapore e l’Australia. Inoltre,

il futuro somiglierà all’epoca precedente

alla Wto per il fatto che molte controversie

saranno risolte attraverso i negoziati invece che con i processi.

Di sicuro non sarà una partita alla pari.

Così come nell’hockey senza arbitri è favorita la squadra che ha i giocatori più imponenti, anche nel commercio senza procedure vincolanti per la risoluzione delle

controversie saranno avvantaggiati i paesi

con più mezzi per vendicarsi o per resistere alle ritorsioni, cioè gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione europea. Ai paesi più piccoli

non resterà che accettare le loro offerte.

“Gli Stati Uniti tornano a ‘i vincitori

hanno sempre ragione’”, afferma Jennifer

Hillman, esperta di commercio della

George town university che ha anche lavorato come relatrice in alcune controversie

commerciali per la Wto. “Se sei un grande

paese con una grande capacità di ritorsione, sei tu a porti limiti da solo. Se sei un

paese piccolo, non credo che il diritto di

vendicarti serva a qualcosa”. unv

UNIONE EUROPEA

Embargo

sul diesel russo

Il 5 febbraio è entrato in vigore l’embargo dell’Unione

europea sui prodotti petroliferi russi, tra cui il carburante diesel, che si aggiunge a quello sul greggio,

scattato il 5 dicembre 2022,

scrive Le Monde. Secondo

la presidente della Commissione europea Ursula

von der Leyen, le sanzioni

sul petrolio e i suoi derivati

costano alla Russia “circa

160 milioni di euro al giorno”. A gennaio il ministero

delle finanze russo aveva

confermato che le entrate

del fondo sovrano, in cui

confluiscono quelle del petrolio, erano scese di 38,1

miliardi di dollari nel giro

di un mese. Il fondo, spiega

il quotidiano francese, ha

permesso finora al Cremlino di assorbire il deficit del

bilancio pubblico.

TECNOLOGIA

Le nuove sfide

con ChatGpt

Il 6 febbraio Google ha annunciato il lancio di Bard,

scrive il Financial Times.

ChatGpt è un software

dell’azienda californiana

OpenAi in grado di generare

in pochi secondi un testo su

qualunque argomento, rispondendo alle domande

dell’utente. L’8 febbraio la

Microsoft ha invece deciso

di integrare ChatGpt nel suo

motore di ricerca Bing.

ARGENTINA

Banconote

pesanti

Il 3 febbraio la banca centrale argentina ha annunciato l’emissione di una

nuova banconota da duemila pesos nel tentativo di

contrastare l’inflazione galoppante che affligge l’economia nazionale, scrive la

Bbc. Varrà undici dollari al

cambio ufficiale e arriva dopo che alla fine del 2022

l’aumento dei prezzi al consumo in Argentina ha raggiunto il tasso record del 95

per cento, il più alto livello

dell’inflazione dal 1991. La

banconota di taglio più

grande attualmente in circolazione è quella da mille

pesos, che sul mercato dei

cambi alternativo vale appena 2,7 dollari. A settembre

del 2022 la banca centrale

argentina, nel tentativo di

contenere l’inflazione, aveva portato il costo del denaro al 75 per cento.

In Spagna Amazon dovrà assumere i corrieri come

dipendenti fissi, scrive Die Tageszeitung. Lo ha

deciso il 2 febbraio il tribunale di Madrid, chiamato

a pronunciarsi sull’azione legale avviata, insieme al

sindacato Unión general de trabajadoras y

trabajadores (Ugt), da alcuni corrieri di Amazon

Flex, il servizio di consegna gestito attraverso

un’app che indica i pacchi da consegnare, il

magazzino in cui si trovano e i dati dei destinatari.

Secondo i giudici, questi fattorini sono autonomi

solo in apparenza: sono costretti a lavorare con un

mezzo di trasporto proprio e a consegnare

autonomamente pacchi con l’aiuto dell’app, ma di

fatto dipendono da Amazon. Il pronunciamento

richiama una sentenza simile, emessa il

25 settembre 2020, che riguardava i corrieri del

servizio di consegna di pasti Glovo. Nell’agosto del

2021, inoltre, il governo spagnolo aveva fatto

approvare una legge che vieta questi rapporti di

lavoro solo all’apparenza autonomo. Amazon ora

ha la possibilità di ricorrere in appello. u

SPAGNA

I corrieri vanno assunti

JON NAZCA (REUTERS/CONTRASTO)

Malaga, Spagna, 28 aprile 2022

Newsletter

Economica è la newsletter

settimanale di Internazionale che racconta cosa

succede nel mondo dell’economia. Per riceverla:

internazionale.it/newsletter

P:103

Strisce

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 103

Ryan Pagelow, Stati Uniti E. Pich e J. Kunz, Germania Laerte, Brasile Liniers, Argentina

Buni War and Peas Laerte Macanudo

P:105

L’oroscopo

Rob Brezsny

ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

internazionale.it/oroscopo

Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023 105

trarrai beneficio dall’esplorare le

frontiere dell’amore senza limiti.

Ma avrai bisogno della comunione

dolce, intensamente personale,

che nasce dalla condivisione bocca a bocca. Come diceva la poeta

Diane di Prima, del Leone: “Ci sono tanti tipi di baci quante sono le

persone sulla terra, quante sono le

possibili combinazioni di quelle

persone. Non ci sono due persone

che si baciano allo stesso modo o

che fanno sesso allo stesso modo,

ma per qualche motivo il bacio è

più personale di una scopata”.

VERGINE

Prendendo in prestito le

parole della poeta Oriah

nel suo libro The dance: moving to

the deep rhythms of your life, ti ho

preparato un biglietto d’amore da

usare per San Valentino. Sentiti libera di regalare queste parole alla

persona con cui vorresti intrecciare più strettamente il tuo destino:

“Non dirmi quanto saranno meravigliose le cose un giorno. Mostrami che sei in grado di accettarle

per come sono adesso. Mostrami

come segui i tuoi desideri più profondi mentre scendi nella spirale

del dolore. Portami in tutti i posti

in cui t’insegnano a ballare e in cui

sei disposto a rischiare che il mondo ti spezzi il cuore”.

BILANCIA

Lo scrittore Walter Lippmann, della Bilancia, diceva: “L’emozione dell’amore non è

autosufficiente. Dura solo se due

persone amano le stesse cose, non

solo se si amano l’una l’altra”. Nei

prossimi mesi dovresti rifletterci.

Consiglio a te e ai tuoi alleati, non

solo ai tuoi partner romantici, di

elaborare progetti collaborativi

che v’ispirino ad amare le stesse

cose. Divertiti a cercare temi che

emozionino, risveglino e arricchiscano entrambi.

SCORPIONE

Lo scrittore Paul Valéry,

dello Scorpione, diceva:

“Sarebbe impossibile amare qualcuno o qualcosa che conosciamo

perfettamente. L’amore è diretto

verso ciò che rimane nascosto”. Ti

sfido a verificare la teoria di

Valéry. Impegnati a conoscere più

a fondo le persone, gli animali e le

cose che ami. Scopri almeno in

parte ciò che è nascosto. Mentre lo

fai, cerca di capire in che modo

tutto questo influisce sul tuo amore. Contrariamente a quanto diceva Valéry, sono convinto che il tuo

amore ne uscirà rafforzato.

SAGITTARIO

Nel suo libro Unapologetically you l’oratore motivazionale Steve Maraboli scrive: “Il

modo migliore per amare qualcuno non è cambiarlo, ma aiutarlo a

esprimere la versione migliore di

sé”. Questo è sempre un buon

consiglio, ma nelle prossime settimane dovrebbe essere il tuo motto

ispiratore. Ora più che mai hai il

potenziale per modificare una volta per tutte il tuo approccio ai rapporti sentimentali. Invece di pretendere che i tuoi alleati siano diversi da quello che sono, amali per

quello che sono.

CAPRICORNO

Ho analizzato i presagi

astrali, setacciato internet,

sfogliato ventidue libri di poesie

d’amore e ricordato le mie migliori esperienze d’intimità. Da questa ricerca sono emerse le parole

di saggezza giuste per te. Sono del

poeta Rainer Maria Rilke: “Che

un essere umano ami un altro essere umano: è forse il compito più

difficile che ci sia stato affidato, la

prova finale, il lavoro per il quale

ogni altro lavoro è solo una preparazione”.

PESCI

“In amore non ci sono vacanze. L’amore dev’essere

vissuto pienamente, con i suoi

momenti noiosi e tutto il resto”. È

un’osservazione della scrittrice e

regista Marguerite Duras, e te la

offro giusto in tempo per una fase

del tuo ciclo astrale in cui la noia e

l’apatia potrebbero e dovrebbero

trasformarsi in un rinnovamento

d’interesse e passione. Ma ti avverto: se vuoi che l’interesse e la

passione crescano, devi accettare

la noia e l’apatia come parte del

tuo rapporto. Ti consiglio un atteggiamento di divertita tolleranza. Solo allora cresceranno l’interesse e la passione.

ACQUARIO

Per ottenere il massimo dalle prossime occasioni d’intimità, dovresti entrare più in sintonia con le tue emozioni. Per quanto la tua mente possa essere brillante, a

volte si dimentica di consultare il cuore. Voglio essere sicuro che,

quando avrai la possibilità di approfondire le tue alleanze, il tuo

cuore sia estremamente disponibile. Ti offro una riflessione dello psicologo Carl Jung: “Non dobbiamo capire il mondo solo con

l’intelletto, ma anche con i sentimenti. Il giudizio dell’intelletto

è, nella migliore delle ipotesi, solo metà della verità e, se è onesto, deve comprendere la sua inadeguatezza”.

ARIETE

Nella mia ricerca di consigli

che possano esserti utili

sull’amore, ho incontrato le sagge

parole dello scrittore Sam Kean: “I

libri sulle relazioni sentimentali

spiegano come ‘ottenere’ l’amore

e come ‘mantenerlo’. Ma la domanda giusta è: ‘Come posso diventare un essere umano più amorevole?’”. In altre parole, Ariete,

per migliorare la tua vita amorosa

dovresti essere meno concentrato

su ciò che vorresti ricevere e più su

ciò che potresti dare. Probabilmente sarà questo a garantirti tutto l’amore di cui hai bisogno.

TORO

Hai il potenziale per diventare ancora più bravo

nell’arte di baciare, coccolare e fare sesso. Come? Ecco alcuni consigli. 1) Fa’ esperimenti divertenti

che vadano oltre il tuo approccio

tipico ai baci, alle coccole e al sesso. 2) Leggi libri che aprono la

mente. A me è piaciuto The new art

of sexual ecstasy di Margot Anand.

3) Chiedi ai tuoi partner di spiegarti cosa li eccita. 4) Invita il tuo

subconscio a mandarti sogni che

parlano di baci, coccole e sesso.

5) Chiedi ai tuoi amanti di ridere,

giocare e scherzare mentre vi baciate, coccolate e fate sesso.

GEMELLI

Sei un lupo italiano in cerca

di cibo sugli Appennini. Sei

una gru della Manciuria che nidifica in una zona umida dell’isola di

Hokkaidō, in Giappone. Sei un ulivo che prospera in una palude salmastra nel sud della Francia. Sei

una tartaruga palustre dipinta che

si crogiola al sole su una spiaggia

del lago Michigan, in Nordamerica. E sei molto, molto di più. Quello che sto cercando di dirti, Gemelli, è che in questo momento la

tua empatia è al culmine. Il tuo

cuore dovrebbe essere così curioso e aperto da farti sentire un legame istintivo con molte forme di vita, tra cui un buon numero di esseri umani interessanti. Permetti alla tua mente di espandersi per sperimentare la telepatia. Sfrutta a

fondo la predisposizione a connetterti con anime belle.

CANCRO

La mia amica Juma, del

Cancro, dice: “Abbiamo

due scelte: creare o distruggere.

L’amore crea e tutto il resto distrugge”. Sei d’accordo? Non parla

solo dell’amore romantico, ma

dell’amore in tutte le sue forme,

dall’impulso di aiutare un amico

alla volontà di batterci per gli

emarginati e all’affetto che proviamo per i nostri discendenti. Nelle

prossime tre settimane il tuo compito sarà esplorare ogni sfumatura

dell’amore per verificare quest’ipotesi: per avere una vita migliore

devi metterlo al centro di tutto ciò

che fai.

LEONE

Spero che nelle prossime

settimane assaporerai profondi baci dell’anima. Non sbaciucchiamenti superficiali sulle

guance e sulle labbra, ma scambi

sensuali intimi e completi. Perché

te lo consiglio? Come possono le

posizioni dei pianeti tradursi in un

invito a provare questa specifica

espressione di un sentimento romantico? Te lo spiego, Leone. I

presagi astrali suggeriscono che

Pensa a un modo per esprimere il tuo amore

in modo più concreto.

COMPITI A CASA

P:106

Le regole

L’ultima

Evitare Sanremo

1 Non leggere i quotidiani e non aprire i social. 2 Guarda cosa c’è su Canale 5. 3 Non dire in pubblico

“io non guardo Sanremo” o si aprirà un dibattito infinito sulla tua scelta. 4 Se ti obbligano a guardarlo,

fai come Mattarella: saluta tutti e alle 21.15 a casa. 5 Il giorno dopo la finale non hai il diritto di dire la tua

su chi ha vinto. [email protected]

BANX, REGNO UNITO SPAULDING

CHAPPATTE, SVIZZERA

“Oh, un pallone spia!”.

Regno Unito: sciopero delle ambulanze.

“Oh, wow. Un altro sonetto”.

AL BAIH, SUDAN CÔTÉ, CANADA

Siria: (da destra a sinistra) “Prima il cielo. Poi il mare.

Ora anche la Terra ci ha traditi”.

106 Internazionale 1498 | 10 febbraio 2023

P:107

Avrò gli strumenti per

raccontare la bellezza del

nostro patrimonio artistico

in tanti contesti diversi.

Yulli, 21 anni

Programma

e iscrizioni

iulm.it/openday

open day

triennali 11 febbraio

magistrali 13-16 febbraio

P:108

DOMENICA 12 FEBBRAIO ORE 17

SABATO 18 FEBBRAIO ORE 21

SABATO 4 MARZO ORE 21

DOMENICA 5 MARZO ORE 18

DOMENICA 19 MARZO ORE 18

DOMENICA 2 APRILE ORE 18

GIOVEDÌ 13, VENERDÌ 14,

SABATO 15 APRILE ORE 21

VENERDÌ 1, SABATO 2

SETTEMBRE ORE 21

SABATO 2 DICEMBRE ORE 21

DOMENICA 3 DICEMBRE ORE 18

LUNEDÌ 4 DICEMBRE ORE 21

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