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FORTEZZA DI VERRUA

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VERRUA SAVOIA, TORINO

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FORTEZZA DI VERRUA
La rocca di Verrua, sulla quale rimane una parte delle antiche fortificazioni, è citata per la prima volta nel diploma d’infeudazione dell’Imperatore Ottone III del 7 maggio 999 al Vescovo di Vercelli, confermato successivamente il 7 aprile 1027 da Corrado il Salico. Nel 1152 il "castrum" si trova inserito nel diploma di Federico Barbarossa, col quale riconferma alla chiesa vercellese tutti i beni territoriali concessi dai suoi predecessori. Le fortificazioni ed il borgo verranno distrutti dallo stesso Barbarossa nel 1167, allorché il governatore del castello si rifiutò di aprire le porte all’imperatore, proveniente da Roma, dove aveva insediato l’antipapa Pasquale III. Durante le lotte che caratterizzarono la seconda metà del secolo XIV il castello assunse un importante ruolo difensivo della giurisdizione episcopale fino alla sua caduta definitiva nelle mani dei Savoia nel 1379. Nel giugno 1387 il Marchese Teodoro II Paleologo di Monferrato tentò di occupare Verrua per aprirsi la via nella pianura, oltre il Po, dove aveva già alcuni borghi sottoposti alla sua giurisdizione. Dopo due mesi di accanita resistenza, giunse il Conte di Savoia con le sue truppe, costringendo il Marchese a togliere l’assedio. Fu durante questo fatto di armi che nacque il motto:"Quand che ‘l ver pijrrà cost’ua, ‘l marcheis dal Monfrà ‘l pijrrà Vrua" (quando il porco prenderà l’uva, il Marchese di Monferrato prenderà Verrua), prendendo spunto dal sigillo araldico del 1378, raffigurante un porco che cerca di azzannare un grappolo d’uva. Il primo grande assedio sostenuto dal forte di Verrua fu quello del 1625, quando il Duca di Savoia si alleò con la Francia contro la Spagna e l’Austria. Fu proprio sul principio del mese di agosto di quell’anno che il Duca di Feria, governatore spagnolo di Milano, tentò invano di impadronirsi del castello, sferrando quotidianamente bombardamenti d’artiglieria. Il presidio resistette fino allo stremo delle forze. Il 17 novembre l’esercito spagnolo, si diede precipitosamente alla fuga, dopo aver perso in tre mesi oltre 10.000 uomini. Dalle minute del Duca di Savoia al suo Ambasciatore di Parigi, le perdite sabaudo – francesi risultano di circa 8.000 uomini. Nella stampa settecentesca della rocca, inserita nel "Theatrum Sabaudiae", il Duca farà aggiungere sul cartiglio: "Exigua et celeberrima". Il secondo grande assedio avvenne nel 1704, durante la guerra contro i Francesi. Luigi XIV aveva incaricato il generale duca di Vendome di riconquistare il Piemonte. Vittorio Amedeo II si alleò questa volta con la Spagna e con l’Impero Asburgico contro la Francia. Le terre piemontesi divennero teatro di battaglia. Le città più importanti, tra cui Susa, Aosta, Biella, Ivrea e Vercelli erano già cadute in mano al nemico. Rimaneva soltanto più Torino. Ma prima di marciare su di essa, il Vendome decise di togliere di mezzo Verrua. Il 14 ottobre 1704 l’esercito francese strinse d’assedio la fortezza. La rocca però, dopo quattro mesi resisteva ancora. Il 14 marzo 1709 il Vendome inviò i suoi rappresentanti nel castello per chiederne la resa, rifiutata però dal nuovo Comandante, Colonnello de Fresen, succeduto al d’Allery ferito. La sera dell’8 aprile i 1.241 superstiti, senza più né acqua, né viveri, nonostante le minacce del Vendome, fecero saltare le tre punte dei bastioni, asserragliandosi nell’interno del mastio. Vittorio Amedeo II, non potendo più soccorrere gli assediati, il 6 aprile diede ordine al governatore del forte di trattare coi Francesi. Ma ormai lo scopo era raggiunto. Le città cadute insorsero e, con l’azione di Pietro Micca, nonché l’intervento del principe Eugenio di Savoia, il Piemonte venne liberato dai francesi. L’assedio di Verrua, non solo aveva logorato le forze francesi, ma aveva ritardato l’attacco decisivo su Torino, salvando il Piemonte. L’imponente complesso fortificativo venne demolito nel 1707. Il castello, nel periodo napoleonico e risorgimentale, fu presidio dei soldati invalidi.

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La rocca di Verrua, sulla quale rimane una parte delle antiche fortificazioni, è citata per la prima volta nel diploma d’infeudazione dell’Imperatore Ottone III del 7 maggio 999 al Vescovo di Vercelli, confermato successivamente il 7 aprile 1027 da Corrado il Salico. Nel 1152 il "castrum" si trova inserito nel diploma di Federico Barbarossa, col quale riconferma alla chiesa vercellese tutti i beni territoriali concessi dai suoi predecessori. Le fortificazioni ed il borgo verranno distrutti dallo stesso Barbarossa nel 1167, allorché il governatore del castello si rifiutò di aprire le porte all’imperatore, proveniente da Roma, dove aveva insediato l’antipapa Pasquale III. Durante le lotte che caratterizzarono la seconda metà del secolo XIV il castello assunse un importante ruolo difensivo della giurisdizione episcopale fino alla sua caduta definitiva nelle mani dei Savoia nel 1379. Nel giugno 1387 il Marchese Teodoro II Paleologo di Monferrato tentò di occupare Verrua per aprirsi la via nella pianura, oltre il Po, dove aveva già alcuni borghi sottoposti alla sua giurisdizione. Dopo due mesi di accanita resistenza, giunse il Conte di Savoia con le sue truppe, costringendo il Marchese a togliere l’assedio. Fu durante questo fatto di armi che nacque il motto:"Quand che ‘l ver pijrrà cost’ua, ‘l marcheis dal Monfrà ‘l pijrrà Vrua" (quando il porco prenderà l’uva, il Marchese di Monferrato prenderà Verrua), prendendo spunto dal sigillo araldico del 1378, raffigurante un porco che cerca di azzannare un grappolo d’uva. Il primo grande assedio sostenuto dal forte di Verrua fu quello del 1625, quando il Duca di Savoia si alleò con la Francia contro la Spagna e l’Austria. Fu proprio sul principio del mese di agosto di quell’anno che il Duca di Feria, governatore spagnolo di Milano, tentò invano di impadronirsi del castello, sferrando quotidianamente bombardamenti d’artiglieria. Il presidio resistette fino allo stremo delle forze. Il 17 novembre l’esercito spagnolo, si diede precipitosamente alla fuga, dopo aver perso in tre mesi oltre 10.000 uomini. Dalle minute del Duca di Savoia al suo Ambasciatore di Parigi, le perdite sabaudo – francesi risultano di circa 8.000 uomini. Nella stampa settecentesca della rocca, inserita nel "Theatrum Sabaudiae", il Duca farà aggiungere sul cartiglio: "Exigua et celeberrima". Il secondo grande assedio avvenne nel 1704, durante la guerra contro i Francesi. Luigi XIV aveva incaricato il generale duca di Vendome di riconquistare il Piemonte. Vittorio Amedeo II si alleò questa volta con la Spagna e con l’Impero Asburgico contro la Francia. Le terre piemontesi divennero teatro di battaglia. Le città più importanti, tra cui Susa, Aosta, Biella, Ivrea e Vercelli erano già cadute in mano al nemico. Rimaneva soltanto più Torino. Ma prima di marciare su di essa, il Vendome decise di togliere di mezzo Verrua. Il 14 ottobre 1704 l’esercito francese strinse d’assedio la fortezza. La rocca però, dopo quattro mesi resisteva ancora. Il 14 marzo 1709 il Vendome inviò i suoi rappresentanti nel castello per chiederne la resa, rifiutata però dal nuovo Comandante, Colonnello de Fresen, succeduto al d’Allery ferito. La sera dell’8 aprile i 1.241 superstiti, senza più né acqua, né viveri, nonostante le minacce del Vendome, fecero saltare le tre punte dei bastioni, asserragliandosi nell’interno del mastio. Vittorio Amedeo II, non potendo più soccorrere gli assediati, il 6 aprile diede ordine al governatore del forte di trattare coi Francesi. Ma ormai lo scopo era raggiunto. Le città cadute insorsero e, con l’azione di Pietro Micca, nonché l’intervento del principe Eugenio di Savoia, il Piemonte venne liberato dai francesi. L’assedio di Verrua, non solo aveva logorato le forze francesi, ma aveva ritardato l’attacco decisivo su Torino, salvando il Piemonte. L’imponente complesso fortificativo venne demolito nel 1707. Il castello, nel periodo napoleonico e risorgimentale, fu presidio dei soldati invalidi.
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