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n Purhnawn rw
n J w tw
tai
CANFORA, Il papiro, cit., p. 288) che prima di diatenoua inserisce prth mn ejpar-
ca e il papiro torinese che nella stessa sede presenta: ka th
mn prth tn
parcea h ktl.
(
58
) Col. IV 3-4 h mpaa cra (vedi infra n. 87); col. IV 10 ka Katolw
.
[no]
(vedi infra n. 90); col. IV 12 tn; col. IV 13 t~ kat~
.
tn (vedi infra n. 96); col. IV 14
pnt
.
a.
(
59
) L. CANFORA, Il papiro, cit., p. 212.
(
60
) L. CANFORA, Il papiro, cit., p. 233.
(
61
) L. CANFORA, Il papiro, cit., p. 232; cfr. ibid., p. 212, in riferimento allinterpreta-
zione di Moravcsik, che in questo aspetto non viene ovviamente condivisa da Canfora:
ndotrw (da lui) inteso come soggetto di kalei
tai.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 96
the interior between the Pyrenees mountains and the district about
Gadara is denominated alternatively Iberia and Spain.
The interior mira a rendere ndotrw. Tuttavia, inteso come
soggetto (
62
), questo avverbio presuppone che ci sia un articolo t che
non c nel greco e per la congetturale restituzione del quale lordo verbo-
rum neppure permetterebbe di intravvedere una sede confacente. Oltre a
questo errore va notata la completa mancanza nella traduzione is deno-
minated alternatively ... del fatale ka, mancanza che Canfora sorvola (
63
).
Tuttavia, Canfora, per uninterpretazione del tutto legittima e ben
fondata del testo trdito (
64
), senza spostamento di ka, ci rimanda alla
traduzione del Berkel:
p d tw
n Purhnawn rw
n J w tw
tai
a Pyrenaeis montibus usque ad mediterranea, quae sunt apud Gades,
communi nomine Iberia et Spania nuncupatur.
Canfora sostiene che questa traduzione di Berkel coincide con la sua
interpretazione, secondo la quale il soggetto di kalei
n
protrwn kalei
qai pa
an tn xw tou
P odanou
ka tou
qmou
tou
u p tw
n
Galatikw
n klpwn figgomnou, o d nu
n rion au th
tqentai tn Purnhn,
unwnmw te tn au tn bhran lgoui ka Ipanan) un uso antico di Iberia
per la zona tra il Rodano e lEbro il quale escluderebbe tutto il resto della penisola da
questo territorio, cfr. Il papiro, cit., p. 259: Strabone ... qui si esprime cos: chiamava-
no Iberia tutto (pa
n kat~ Gdei-
ra tpwn, lespressione usque ad mediterranea, resa da Canfora (
69
) con
fino alle regioni dellinterno, non pu trovare sostegno nelle due parole
che restano: J w ... ndotrw. ndotrw, senza articolo, non pu esse-
re sostantivo, come richiederebbe la traduzione regioni dellinterno.
Nonostante il fatto che giustifichi il testo non emendato con la tra-
duzione del Berkel, Canfora d di quella parola ndotrw sulla stessa
pagina (
70
) delle interpretazioni sintattiche differenti non solo da Berkel
ma anche tra loro stesse.
In una prima analisi Canfora si scosta tacitamente dal Berkel pro-
prio nel luogo in cui sintetizza linterpretazione di questultimo: Nel
caso del fr. 21 dunque oi kat~ Gdeira tpoi ndotrw saranno i
territor nellimmediato entroterra di fronte a Gades (
71
). ndotrw
sembra esser inteso, diversamente dalla traduzione del Berkel e non te-
Ma il testo di Strabone non permette affatto questinterpretazione. Il testo non contie-
ne nessun riferimento a un limite di Iberia entro lEbro. Lipotesi di L. CANFORA, Il
papiro, cit., p. 260 che in sguito lespressione straboniana mnhn d kloun th; n
nt tou
n protrwn kalei
an
th; n ktl. con mnhn th; n ktl.?). Del resto un tale limite di Iberia dovrebbe valere
anche per la zona di dimensioni ridotte compresa entro i Pirenei secondo luso dei
contemporanei (non importa se contemporanei di Strabone o se di una sua fonte) unidea
assurda. Inoltre, tenendo conto del fatto che Strabone parla di tutta la zona oltre il
Rodano, letimologia di Iberia non pu valere nemmeno come cenno implicito allEbro
come frontiera. Secondo Strabone quindi Iberia comprendeva in tempi pi antichi
tutta la penisola spagnola insieme alla Francia meridionale, mentre ai suoi tempi si limi-
tava alla penisola chiusa dai Pirenei, e (in questestensione limitata) era sinonimo di
Hispania. La definizione della zona data dai contemporanei evidentemente la
stessa dei Romani che hanno proceduto a dividere questa penisola, chiamata indiffe-
rentemente Iberia e Hispania in una parte esterna e una interna, facendo poi
la divisione delle province secondo i loro comodi: P wmai
oi d tn mpaan kalante
o mwnmw bhran te ka I panan t mn auj th
n H raklewn tenw
n (
72
), dove ndotrw reg-
ge un genitivo. Nella stessa maniera, a suo parere, ndotrw tw
n kat~
Gdeira tpwn significher a ridosso della zona antistante Gades (
73
).
Questanalisi si trova in aperta contraddizione con quella precedente in
cui ndotrw non reggeva affatto il genitivo.
Il secondo passo dellanalisi di Canfora consiste nellaffermazione:
In questo caso ... ndotrw retto da J w, un uso per cui vengono
citati diversi esempi di nessi come J w e (in Polibio) (
74
), J w pr
(nellAntologia Greca, forse dal poeta ellenistico Edilo) (
75
), J w ndon
(Pseudo-Macario) (
76
). Canfora avrebbe anche potuto citare il papiro di
Torino, che in col. V 3 offre un simile nesso: mcri pr.
Il terzo passo dellanalisi di Canfora riguarda lordine delle parole:
E quanto alla collocazione di ndotrw dopo il genitivo che ne dipen-
de, basti Cleomede, Caelestia, I 4, 93: h d Aqiopa ti tath ndo-
trw.
A mio avviso, tale analisi non riesce affatto a spiegare lespressione
J w tw
B
-
tw
n
Gewgrafoumnwn otw diairei
sqa fhsin p d tw
n purhnawn
rw
n J w tw
tai, [...] (
82
).
Invece, per il territorio tra i Pirenei e Gades ... c anche luso sino-
nimico di Iberia e Hispania (
83
).
Anche con valore sinonimico viene chiamata sia Iberia che Hispania (
84
).
Il soggetto di kalei
n
purhnawn rw
n pasa. Ka mcri th
Kainh
$ Karchdno$ (
90
) ka
tw
n tou
Batio phgw
n h A
-
, th
$ d B
-
parcea$ t~ mcri Gaderwn
ka Lusitana$.
Disturba subito che il participio diatenoua, a causa della nuova
divisione sintattica, ha perso un importante riferimento locale. Ora il pae-
se si estende dai Pirenei, ma non vien detto fin dove sestenda (
91
). Questa
mancanza si manifesta anche nelle traduzioni dello stesso Canfora:
(
87
) M. BILLERBECK, Artemidorus Geographoumena, cit., p. 80 fornisce dei motivi
per lomissione delle parole h mpaa cra avvenuta nel Parisinus Graecus 2009.
(
88
) L. CANFORA, Il papiro, cit., p. 261, n. 40.
(
89
) L. CANFORA, Il papiro, cit., p. 229.
(
90
) Per la mancanza delle parole ka Katolw
... b
-
parcea, entrambi forniti di un articolo. Dal-
laltro lato invece il gruppo t~ mcri Gaderwn ka Luitana deve
corrispondere al semplice nesso preposizionale mcri th
Kainh
Kar-
chdno ka tw
n tou
Batio phgw
n kat~ tn Lueitanan.
Vedi la proposta di B. BRAVO, Artemidoro di Efeso geografo e retore. Per la costituzione e
linterpretazione del testo del Papiro di Artemidoro, ZPE 170, 2009, pp. 43-63, ibid.
pp. 60ss.
103 J. HAMMERSTAEDT: Come fa a essere un papiro falsato?
antico era stato trasformato in un animale dal muso identico a quello del
papiro Artemidoro (
97
).
Questi indizi inoppugnabili tolgono credibilit alle varie dimostra-
zioni con cui si creduto di smascherare lopera di un falsario (
98
). Cer-
to, rimangono ancora gravi problemi da chiarire e importanti questioni
da indagare, non solo a proposito della forma testuale, della disposizio-
ne (
99
) e del contenuto delle colonne geografiche (e pure del passo che
stato esaminato in questo contributo), ma anche riguardanti una vasta
gamma di altri aspetti che vanno ben oltre le conoscenze di un filologo.
Spero tuttavia di aver contribuito con il mio intervento a creare una base
di ricerca pi serena, che permetta di porre domande relative al papiro
senza bisogno di invocare a ogni difficolt lo spettro del falso (
100
).
(
97
) Cfr. I. PAJN LEYRA, Xifa in the Artemidorus Papyrus, ZPE 170, 2009,
p. 64. Per la trasformazione, avvenuta nellantichit dellanimale rappresentato sul mosaico
di Palestrina, da elefante africano in uno xifa vedi R. KINZELBACH, Tierbilder aus dem ersten
Jahrhundert = Archiv fr Papyrusforschung, Beiheft 28 (Berlin-New York 2009), p. 33.
(
98
) Mi riferisco tra laltro allarticolo della storica dellarte A. OTTANI CAVINA, Un
papiro di pieno Ottocento, in la Repubblica dell11 giugno 2008, p. 40; alle pagine del
conservatore L. VIGNA, Le risolutive analisi chimico-fisiche del cosiddetto Artemidoro,
QS 68, 2008, pp. 291-314 che suggerisce, senza provarlo, luso della litografia; allin-
fondata affermazione sostenuta dallo storico dellarte M. CALVESI, Quel papiro non di
Artemidoro, in L. CANFORA & L. BOSSINA, cit., pp. 210-215 secondo il quale la prima
colonna di P.Artemid. sarebbe una specie di retroversione del prologo della Erdkunde
di Carl Ritter nella sua versione francese apparsa nel 1836 (cos anche L. CANFORA,
Prologo che anche un epilogo. In origine era Ritter, in: L. CANFORA & L. BOSSINA, cit.,
pp. VII-XV; e allidentit della mano di chi avrebbe eseguito in P.Artemid. le due teste R1
e R2 da una parte e la testa di San Matteo sul frontespizio in un libro del 1862, che
sembra essere opera di Konstantinos Simonidis, dallaltra: identit presunta da un filo-
logo classico (R. JANKO, cit., pp. 407-410), ma non confermata in una comunicazione
pervenutami da un noto specialista del disegno ottocentesco (Uwe Westfehling).
(
99
) Lo spostamento delle colonne P.Artemid. I-III alla fine del rotolo, dopo le
colonne IV-V, proposto sulla base di ragioni differenti da G. NISBET, P.Artemid. The
Sequence of the Fragments, in K. BRODERSEN & J. ELSNER, cit., pp. 19-22 a da G.B. DALES-
SIO, On the Artemidorus Papyrus, ZPE 171, 2009, pp. 27-43 dar spunto senzaltro
a nuove indagini sulla composizione del papiro e sulla paternit delle colonne I-III.
(
100
) Non posso sorvolare nemmeno sul tentativo di un vice questore aggiunto della
polizia scientifica Marche-Abruzzo e della sua quipe di mettere in sospetto la vecchia
fotografia pubblicata da C. GALLAZZI, B. KRAMER & S. SETTIS, cit., p. 61 sulla quale si
vedono vari pezzi di P.Artemid. accomunati ai resti di documenti databili alla seconda
met del primo secolo d.C. Questindagine stata presentata al convegno di Rovereto e
nel frattempo anche uscita una pubblicazione: S. BOZZI, Indagine tecnica sul Konvolut.
Nuove prospettive di analisi sul Papiro di Artemidoro, QS 70, 2009, pp. 273-316. Es-
sendo inquietato dalle conclusioni di questarticolo e sentendomi personalmente poco
convinto della loro attendibilit, mi sono rivolto al Bundeskriminalamt (BKA) di Wie-
sbaden. Lo specialista consultato dal BKA per tali questioni il Dr. Hans Baumann,
editore della rivista specializzata DOCMA. Toccher a lui confermare o respingere
ora le argomentazioni di Bozzi. Speriamo di poter render pubblici i risultati entro breve
[ma su ci cfr. ormai il Proemio, allinizio di questo volume].
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 104
LUCIANO CANFORA
SAR SIMONIDIS?
CERTO NON PU ESSERE ARTEMIDORO
La scoperta della presenza dellincipit della Geografia generale com-
parata di Carl Ritter (traduzione francese, 1835) incorporato nellincipit
dello pseudo-Artemidoro (P.Artemid.) costituisce un argomento diri-
mente e risolutivo.
Dans lintroduction un ouvrage (to; n ej piballov menon gewgrafiv a/) qui a
pour but de runir en un corps intimement uni dans ses parties et plus
scientifique (th
~
~ o{ lh~ ej pisthv mh~ ej piv deixin poiei
~
sqai) les notions di-
verses sur la terre (gewgrafiv a/) il est indispensable (dei
~
) avoir la con-
science intime de ses forces (prw; talanteuvsanta (
1
) eJautou
~
th; n yuch; n)
[Ritter, p. 5].
Lhomme qui veut agir dune manire efficace (nikhtikwtev ra/ th
~
qelhv sei)
[Ritter, p. 5].
Il nappartient un seul homme daccomplir une telle oeuvre (ouj ga; r
ej sti; n oJ tucw; n kov po~ oJ dunav meno~ th/
~
ejpisthvmh/ tauvth/...) [Ritter, p. 10].
di immediata evidenza che le coincidenze non sono casuali. Ma
da escludere che Artemidoro conoscesse lopera di Ritter. Altrettanto da
escludere che Ritter avesse scoperto il papiro di Artemidoro e, una
volta scoperto e usato, lo avesse nascosto e sepolto lasciando al dott.
Simonian il piacere della riscoperta.
Ergo la sola spiegazione che quellincipit in greco lo ha scritto un
moderno che disponeva dellincipit di Ritter. Una constatazione, questa,
che travolge ogni causidico tentativo di salvare brandelli e mezze co-
(
1
) Si frivolemente sofisticato su questa ricostruzione (cfr. Il papiro di Artemidoro,
Milano, ed. LED, 2008, p. 98; S. SETTIS, Artemidoro. Un papiro dal I secolo al XXI, Tori-
no, Einaudi, 2008, p. 46). Ma vedi ora P. VAN MINNEN, Less Artemidorus and more,
BASP 46, 2009, p. 167.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 106
lonnine di un prodotto che inevitabilmente appare nella sua interezza
come fabbricazione moderna.
Ben scrisse nei Quaderni di storia (68, p. 291) Daniel Delattre:
Un certain nombre de constatations convergentes paraissent inviter de
plus en plus voir probablement dans ce papyrus la cration dun faus-
saire. Tipico lapsus di un falsario che vuole creare una finta opera greca
antica infatti travestire di parole greche fraseologia moderna. Ci acca-
de in modo clamoroso nel cosiddetto Artemidoro: per esempio l dove
si legge che la geografia ccic vo, cqi c otfq v o o poofo ci (col.
I 18-19). Sia in tedesco che in francese infatti addirittura usuale lequi-
valente di ccic vo o o, che invece in greco non ricorre mai. A fronte
di zero risultati nel greco di ogni epoca (Thesaurus Graecae Linguae),
una ricerca aggiornata al novembre 2009, condotta su motori di ricerca
informatici (Google books etc.), rivela una massiccia presenza di espres-
sioni molto simili, in lingue moderne, per un periodo compreso tra il
1500 e il 1890. Ecco alcuni risultati: 404 [mit] gemischten Waffen; 49
gemischte Waffen; 7 vermischte Waffen; 3 [mit] vermischten Waffen; 222
armes mles, 13 armes mlanges e una ventina di casi di mingled wea-
pons.
E nondimeno, poich si finora preferito ignorare questi cogenti
accostamenti (del Ritter scrisse Maurizio Calvesi nella rivista Storia del-
larte nr. 119), e si preferito sofisticare su singoli punti particolari
cercando di salvare il salvabile, se non linsieme, dello pseudo-Artemi-
doro, converr nelle pagine che seguono affrontare minuziosamente co-
deste argomentazioni.
1.
stato chiaro sin dal primo momento che la tomba dello pseudo-
Artemidoro era il fr. 21. Nella catena di errori fattuali e di interpretazio-
ne commessi dagli ed. LED a proposito di quel frammento e della con-
nessa col. IV (1-13) dello pseudo-Artemidoro, si consumata la grama
esistenza di questo aborto (oqoxt i oo) da falsario. Come ormai
noto, la parafrasi presente nello pseudo-Artemidoro trasforma quanto si
legge nel fr. 21 (La Hispania Ulterior giunge fino alla Lusitania) in
una anacronistica sciocchezza (col. IV, righi 12-13): nella Hispania Ul-
terior rientra tutta la Lusitania (fo xofo fqv Atoifoviov o vfo). La
deduzione ovvia: lartefice di quella frase ignorava che la completa con-
quista della regione geografica chiamata Lusitania avvenne soltanto gra-
zie ad Augusto (25 a.C.) quando Artemidoro di Efeso che dovrebbe
107 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
essere lautore del testo contenuto nel papiro! era morto da almeno
mezzo secolo. Insomma un anacronismo distruttivo che squalifica senza
appello il prodotto.
Ma c anche un altro aspetto, che merita di essere posto in rilievo:
allepoca di Artemidoro, cio non molto dopo Polibio, Lusitania la
denominazione di una regione geografica che non rientra nella nozione
di Iberia/Hispania: sono, in quellepoca, due nozioni geografiche ben
distinte, mentre la nozione amministrativa di Lusitania non esisteva nem-
meno. Polibio dice molto chiaramente, nel libro III, che quella parte di
Europa che compresa tra i Pirenei e le Colonne dErcole bens lambi-
ta da due mari, il Mediterraneo e lOceano, ma solo la parte mediterra-
nea, che si spinge fino alle Colonne, si chiama Iberia (III, 37, 10). Sog-
giunge che invece la parte che si estende lungo lOceano, molto popo-
lata e perlopi barbarica, non viene denominata in un solo modo perch
solo di recente stata esplorata. E preannuncia una trattazione specifi-
ca, che infatti era compresa nei libri XXXIV e XXXV, dei quali, grazie
ai pochi frammenti superstiti, capiamo che parlavano prevalentemente
della Lusitania (
2
).
Lusitania, per giunta, in senso geografico nozione vastissima e giun-
geva fino allestremo nord della penisola (Strabone, III, 3, 3). Perci
solo uno che ignorasse tutto questo poteva far dire ad Artemidoro che
la Hispania Ulterior del tempo di Artemidoro comprendeva tutta la
Lusitania: pur a fronte del testo dellepitome artemidorea di Marciano,
dove invece correttamente si leggeva (fr. 21 Stiehle) che la Ulterior giun-
geva fino alla Lusitania. Del resto, se si legge con un minimo di atten-
zione il fr. 21, ci si rende conto che l il toponimo Iberia/Hispania ri-
guarda esattamente come in Polibio III, 37, 10 per lappunto il versante
mediterraneo della Spagna (
3
).
2.
Difficile cavarsela di fronte ad una espressione cos perentoria e im-
pegnativa quale limbarazzante tutta la Lusitania (o vfo fo etc.). Cosa
ti combina per esempio West? Taglia la citazione, fa scomparire tacita-
mente la parola o vfo e conclude seriosamente fo xofo fq v
Atoifoviov is a vague expression that may only mean what is on the
(
2
) Tra laltro per descriverne dei formidabili pesci.
(
3
) Cfr. in proposito A. SCHULTEN, Fontes Hispaniae antiquae, Barcelona-Berlin 1922,
I, p. 93.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 108
Lusitanian side (Historia, Einzelschriften, 214, 2009, p. 99). E o vfo
dov finito? Tolta la parola per eccellenza non vaga, chiaro che la frase
diventa vaga! Neanche il cavalier Cipolla di Thomas Mann (Mario il
mago) si lasciava andare a trucchi simili. Un comportamento del genere
si pu definire unicamente come in mala fede ovvero disonesto (
4
).
Tra studiosi effettivamente interessati allaccertamento della verit
di fronte ad un anacronismo del genere , la questione della inautentici-
t del cosiddetto P.Artemid. dovrebbe considerarsi ormai chiusa. In-
vece ragioni ignote inducono alcuni a sofisticare senza requie pur di
ribaltare la verit.
3.
La controprova di quanto detto sopra fornita dagli innumerevoli
tentativi finora prodottisi di tradurre quella frase sulla Lusitania tutta,
cercando per di farle dire altro. Pi imprudente di tutti B. Bravo (ZPE
170, 2009, p. 60), il quale allegramente ha cambiato il testo (fo diventa
fm
~
v) e cos (egli opina) la questione chiusa: Eliminata la persona,
eliminato il problema.
Scartato questo metodo, che si condanna da s, veniamo ad una bre-
ve antologia dei conati di traduzione. Essi, purtroppo, non nascono da
scarsa conoscenza del greco ch in tal caso sarebbero solo da compati-
re affettuosamente , bens dal deliberato proposito di non vedere la
realt. Un atteggiamento diseducativo.
a. Catalogo Tre Vite [febbraio 2006], p. 157 (la sola traduzione one-
sta e perci rovinosa per lautenticit del papiro): Alla seconda [pro-
vincia] afferiscono le terre che arrivano fino a Gadeira e tutta quanta
la Lusitania.
b. Ed. LED [marzo 2008], p. 196: Alla seconda [provincia] afferisco-
no le terre che arrivano fino a Gadeira e tutte le terre in Lusitania.
La trovata favolosa: pretende che tutte le terre in Lusitania sia
cosa diversa da tutta la Lusitania!
(
4
) La disonest di West si manifesta pi volte in quelle poche pagine. Per esem-
pio quando definisce disingenuous (p. 97) il fatto che io abbia asserito che le parole
Artemiv dwro~ de; ej n th/
~
bV, nel foglio 46
v
del Parigino greco 2009, si trovano al rigo 1
mentre invece sono al rigo 2. Poich contestualmente avevo pubblicato la foto assai
nitida di tale foglio, nonch la trascrizione (QS 65, p. 273), stolto, o meglio disone-
sto, formulare una tale accusa. Oltre tutto West dovrebbe essere riuscito a capire che
la questione non muta di una virgola anche se si parte dal rigo 2!
109 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
c. Un papiro dal I secolo al XXI [dicembre 2008], p. 56: Tutte le terre
verso la Lusitania. Un vero gioiello, dalloscuro significato.
d. B. Bravo, ZPE 170, 2009, p. 60: La Ulterior comprende tutto fino
alla regione in prossimit della Lusitania (previa trasformazione
ricordiamolo di fo in fm
~
v). A parte laporia che ne scaturisce (lo
vedremo pi oltre), tra i difetti di questa trovata c anche laver
dato vita ad una entit geografica del tutto nuova, mai conosciuta
prima e da nessuna fonte mai evocata: la regione in prossimit della
Lusitania, cio par di capire quella quidditas, per dirla con gli
Scolastici, che non pi la regione Ulterior ma non ancora la Lusita-
nia!
e. Traduzione attribuita a Hammerstaedt (da B. Bravo, ZPE 170,
ibid.): Della Ulterior fanno parte tutte le terre fino a Gades e fino al
territorio che si estende nello spazio della Lusitania [sic]. Per ogni
persona da senno il territorio che si estende nello spazio della Lusi-
tania sar necessariamente la Lusitania stessa. (O no?).
f. Traduzione West, ottenuta ghigliottinando o vfo, cio la parola in-
torno a cui ruota tutta la discussione: what is on the Lusitanian side
(op. cit., p. 99). Pi che un mago, un mageiros.
g. Naturalmente nessuno vorr prendere sul serio la soluzione decisa-
mente comica proposta da C.M. Lucarini (Philologus 153, 2009,
p. 123): Che il modo di esprimersi non sia esatto vero: ma a pre-
tendere sempre dagli scrittori lesattezza assoluta, tutto diviene pro-
blematico. Una pseudologica assolutoria che si commenta da s.
Riepiloghiamo i difetti principali di questi conati:
1) dire tutte le terre fino alla Lusitania (trad. e) significa escludere net-
tamente la Lusitania dalla Ulterior. Il che un errore, giacch una par-
te, sia pure minore, della Lusitania rientrava nella provincia Ulterior;
2) dire che della Ulterior facevano parte le terre fino a Gades (cio la
costa mediterranea della Spagna) e le terre nei pressi della Lusita-
nia (trad. c e trad. f) ancora pi aberrante perch lascia fuori della
provincia Ulterior il grosso della provincia stessa, ridotta in questa
interpretazione alla costa meridionale e alle terre di confine con la
Lusitania! E la Betica dove sarebbe finita? Questa forse la pi inso-
stenibile delle traduzioni.
Questo accavallarsi di conati, tutti fallimentari, dimostra solo che
quel passo costituisce una difficolt della quale impossibile sbarazzar-
si. Conviene ammetterlo: nel papiro (col. IV, 12-14) c scritta una cosa
che mai Artemidoro, il vero Artemidoro, avrebbe potuto scrivere. Tutti i
tentativi di sbarazzarsi di questa insormontabile difficolt sono falliti. E
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 110
quindi la logica impone la seguente deduzione: lautore di quello sgan-
gherato periplo non Artemidoro, bens uno che voleva impersonare
Artemidoro (infatti ha lavorato sul fr. 21) ma ignorava lesatto stato delle
cose, in Lusitania, al tempo di Artemidoro.
4.
Qual era lo stato delle cose in Lusitania al tempo di Artemidoro?
Si svolse in proposito, nel corso del convegno a Rovereto, un diver-
tente dialogo tra Hammerstaedt e me. In sede di discussione egli volle
citare mostrando consenso la trovata di B. Bravo di cambiare il testo
nellillusione di far quadrare i conti. A giudizio di Hammerstaedt, i
conti sarebbero finalmente andati a posto scrivendo (con B. Bravo) fm
~
v
invece di fo (
5
): cos, la Lusitania restava fuori della provincia Hispania
Ulterior, e il macigno o vfo scompariva. Chiesi perci a Hammer-
staedt se pensasse che dunque al tempo del viaggio di Artemidoro in
Occidente (fine II a.C.) la Lusitania fosse davvero fuori della provincia
romana. Senza esitare mi rispose affermativamente. Quale non fu il suo
stupore nellapprendere che neanche questo era vero! Pensavano di es-
sersi sbarazzati del problema buttando la Lusitania tutta fuori della
provincia. E invece limprevisto era che solo una parte e per giunta
molto contestata e insicura della Lusitania era, allepoca, sotto con-
trollo romano: di fatto larea a sud del Tago. Dunque Lusitania n tutta
dentro, n tutta fuori: il che dovrebbe scoraggiare definitivamente gli
incauti tentativi di cambiare il testo in modo chirurgico. Insomma la
effettiva situazione amministrativa e militare dellepoca, mentre quadra
con la sommaria definizione fornita dal fr. 21, cio dal riassunto di Mar-
ciano (
6
), non quadra affatto con lamplificazione di quel medesimo fram-
mento compiuta dallartefice del papiro (
7
). E ci per la ragione che si
(
5
) Mev cri Gadeiv rwn kai; tw
~
n kata; th; n Lusitaniv an pav nta.
(
6
) Cfr. QS 66, pp. 227-300 e M. BILLERBECK, Eikasmos 19, 2008, pp. 317-318.
Invece sia qui notato per incidens il recentissimo P.M. FRASER, Greek Ethnic Termi-
nology (The British Academy, London 2009), p. 24, n. 19, ritiene ovvio che Stefano
usasse direttamente Artemidoro. Se dovessimo ammettere ci, il rapporto tra fr. 21 e
P.Artemid. diverrebbe addirittura catastrofico e bisognerebbe chiedersi perch mai Ste-
fano abbia fatto un tale scempio del brano artemidoreo da lui recepito.
(
7
) Se, come sembra probabile, lartefice Simonidis, bene ricordare la accentua-
ta tendenza che costui aveva ad introdurre nelle sue creazioni geografiche pav nta e
pa
~
san dovunque possibile accanto ai pi diversi toponimi. Cfr. L. CANFORA, Il viaggio
di Artemidoro, Milano, Rizzoli 2010, pp. 265-266.
111 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
gi detta: lartefice del papiro non sapeva gran che della complicata vi-
cenda della lenta e contrastata penetrazione romana in quellarea della
Spagna; e ha dedotto, errando, dalle parole di Marciano (fino alla Lusi-
tania) che tutta la Lusitania fosse compresa nella provincia. I difenso-
ri a oltranza del falso papiro, se corrono ai ripari ritoccando quellinfe-
lice testo, sono costretti a precipitare nelleccesso opposto: cio a buttar
fuori tutta la Lusitania dalla provincia.
E invece allepoca larea a nord del Tago non era sotto controllo
romano, nonostante le reiterate campagne e spedizioni punitive verso
nord; nemmeno dopo la vittoria di Pompeo su Sertorio. Basta informar-
si, per esempio, sui lavori di Isobel Henderson per comprendere come
stavano effettivamente le cose e rendersi conto della ridicolaggine di
questa ginnastica a base di Lusitania tutta dentro o tutta fuori.
Un perfetto esempio dellincapacit di orientarsi in materia dato
dalla pagina 49 del volumetto einaudiano intitolato Artemidoro, un pa-
piro dal I secolo al XXI [dicembre 2008]. Qui viene spiegato al lettore,
con sussiego e con lincoercibile tendenza a fare ironia mal riposta, che
Lusitania in senso geografico comprende unarea molto pi vasta di quella
che da Augusto in poi fu la provincia di Lusitania. Il bello che, in
quella pagina, lautore continua a non capire che PROPRIO PERCI,
proprio perch tale nozione era, al tempo di Artemidoro, molto pi vasta,
impossibile che il sedicente Artemidoro del papiro potesse dire che
(alla fine del II a.C.!) tutta la Lusitania rientrava nella Hispania Ulte-
rior. Allepoca di Artemidoro molta parte della Lusitania nel senso geo-
grafico (pi grande dunque della ben pi piccola Lusitania creata da
Augusto) era fuori del controllo romano: controllo che come detto
non andava oltre il Tago.
Possiamo sperare di essere riusciti a farci capire?
5.
Sia qui consentita una chiosa. Sta ormai diventando chiaro anche ai
pi riluttanti che le colonne I-III (delle cinque colonne del papiro) non
possono essere imputate ad Artemidoro. Per esempio Hammerstaedt al
termine del suo intervento (nota 99) auspica nuove indagini sulla pa-
ternit delle colonne I-III. Il che significa che genitore cercasi. Ma
gi nella discussione al Convegno roveretano, quando il presidente di
seduta, il prof. Lehnus, gli chiese in modo puntuale Lei pensa che le
coll. I-III siano attribuibili ad Artemidoro? Hammerstaedt rispose
No, non lo penso. Che per le colonne I-III non possa trattarsi di
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 112
Artemidoro (
8
) lo ha scritto il DAlessio su LIndice nel fascicolo di
aprile 2009 (p. 6) e lo ribadisce in ZPE 171. E lo stesso autore del
libretto einaudiano, S. Settis, ha scritto sul quotidiano romano la Re-
pubblica (26 novembre 2009, p. 56) la seguente significativa autocriti-
ca: Abbiamo forse ragione in tutto e per tutto? No. [...] Pi duno du-
bita che il papiro contenga un testo di Artemidoro o pensa che a lui ne
vada attribuita solo una parte. Benissimo. Gaudeamus. Mi aspetterei un
sobrio ringraziamento per aver sospinto la discussione, in questi quattro
anni, nella direzione giusta.
6.
Giunti a questo punto si impone una considerazione di metodo.
insensato mercanteggiare cercando di salvare la artemidoricit di al-
meno qualche porzione o porzioncina del testo: se le coll. I-III vengono
date per perse, che senso avrebbe dire che per le altre due sono buo-
ne? di per s poco serio pensare ad una edizione (de luxe, come
Gallazzi defin lo pseudo-Artemidoro) che includerebbe pezzi di dispa-
rata e oscura origine mescolati con brandelli che si tenta, sempre pi
stancamente, di rifilare ad Artemidoro.
Ma anche questo tentativo di ripiego fallimentare. Si appena vi-
sto che col. IV, 12-13 non pu essere stato scritto da Artemidoro; e la
stessa colonna contiene (rr. 18-24) addirittura sei righi presi di peso dal
Mare esterno di Marciano di Eraclea (IV-V secolo d.C.). Ne consegue
che neanche il periplo pu essere di Artemidoro. E allora ad Artemido-
ro, incautamente evocato, non resta proprio nulla.
7.
E poich la presenza di inserti cavati da Marciano (oltre a molti altri
fenomeni che abbiamo illustrato in vari lavori) impongono di pensare
ad un prodotto post-V secolo d.C., allora si profila unaltra contraddi-
zione insanabile: quella tra supporto con facies di I secolo (avanti o dopo
Cristo) e contenuto di almeno cinque secoli pi tardi. come se trovas-
simo una poesia del Manzoni in un quaderno del Petrarca.
Visto che le cose stanno cos, lunica spiegazione possibile che sia-
mo di fronte allopera di un falsario moderno che ha lavorato su papiro
antico; ma che, oltre agli errori di contenuto, cos vistosi, ha commesso
(
8
) E che il resto siano estratti.
113 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
lerrore di adoperare una miscela di inchiostro in cui ci sono tracce di
grafite (
9
): cio di un materiale post-medievale.
8.
Qui ci potremmo anche fermare, ma non guasta procedere ad una
controprova. Proviamo ad immaginare, per assurdo, che davvero il
P.Artemid. sia lautentico Artemidoro (quantunque contenga anacroni-
smi ed errori) e che il fr. 21 non sia che lEpitome fatta da Marciano
proprio di quel passo dellArtemidoro intero che si sarebbe salvato for-
tunatamente proprio in P.Artemid. (col. IV, 1-14).
Date, in ipotesi, tali condizioni, si dovrebbe fare il cammino a ritro-
so: cercare di spiegare cio come mai loriginale sia stato in sede di
epitome per un verso ridotto a mal partito sul piano sintattico (elimi-
nato il soggetto ot ooo m qo, eliminato il riposante dettaglio xoi fm
~
v
c voofc qm xio fmv etc.) e per sia stato, nel corso della stessa manipo-
lazione, liberato dagli errori di fatto che macchiavano il presunto origi-
nale (la Ulterior, che in P.Artemid. comprende tutta la Lusitania, per
fortuna non la comprende pi nel fr. 21).
Tale processo insensato e contraddittorio arduo da spiegare ed
contrario al modo stesso in cui venivano fatte le epitomi, le quali non
erano manipolazioni n rabberciamenti, ma riduzioni, abbreviazioni, cio
epitoma. Ed comunque inverosimile pensare che sia tutta colpa di
Stefano di Bisanzio: che cio sia stato lui a cambiare capillarmente il
testo della frase, col deliberato fine di renderla oscura e non autosuffi-
ciente sul piano sintattico.
dunque vero il contrario: lartefice del P.Artemid. che ha lavora-
to sul fr. 21 ed ha voluto rendere sintatticamente autosufficiente intro-
ducendo come soggetto il grossolano ed erroneo ot ooo m qo (
10
)
una frase che invece si appoggiava sintatticamente al suo contesto, al
contesto da cui stata estratta.
(
9
) Lo attesta lanalisi del Laboratorio di chimica per le tecnologie dellUniversit
di Brescia (ing. Benedetti), p. 9 del referto: Per quanto riguarda lanalisi del pigmento,
tramite questo tipo di misura stato rilevato un picco a d=3.33, attribuibile al carbonio
in fase grafite. In effetti lanalisi Raman ha confermato la presenza del pigmento noto
come Nerofumo, costituito da Carbonio in fase amorfa. Questo materiale non una
vera forma allotropica del Carbonio, ma piuttosto una polvere finissima di grafite, che
per questo motivo rilevabile (seppure con un segnale poco intenso) mediante la dif-
frazione dei raggi X. in preparazione un nuovo, ampio, intervento in proposito.
(
10
) falso infatti che al tempo di Artemidoro le due province create dai Romani
coprissero lintero territorio della Spagna (cfr. G. CARLUCCI in QS 70, pp. 415-416).
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 114
APPENDICE
Note sui fraintendimenti nella relazione Hammerstaedt
A. Hammerstaedt e il fr. 21
Hammerstaedt ha voluto cimentarsi con un problema che esige buone
conoscenze di storia e di geografia della Spagna preromana e romana,
nonch di storia della complessa tradizione manoscritta e a stampa di un
testo bizantino assai delicato da trattare quale il De administrando impe-
rio. Il risultato stato deludente.
Partiamo dal secondo problema. Stupisce come Hammerstaedt non
abbia compreso che la riscrittura operata da Isaac Vossius dellintero
capitolo 23 del trattato di Costantino Porfirogenito ed in particolare del
brano presentato in quel capitolo come Artemidoro libro II (
11
) ha
messo fuori strada i successivi interpreti. I quali hanno accettato in toto
la sua radicale manipolazione di quel testo parsa salvifica dopo che il
primo editore (Meursius, 1611) aveva addirittura rinunziato a dipanare
la matassa. E cos quella arbitraria riscrittura, che offusca il punto pi
importante (o ooo deve concordare con oiofci votoo, mentre con xoi
c qi incomincia un nuovo periodo) (
12
), diventata il punto di parten-
za per ulteriori congetture! (
13
).
Per Hammerstaedt, invece, dal testo di Vossius che si deve partire
(cito exempli gratia: nel luogo in cui tutti gli editori dopo Vossius si
aspettavano una lacuna etc.). Sintomatico il modo in cui, perci, Ham-
merstaedt liquida il xoi fatto scomparire da Vossius, e riscoperto final-
mente da Moravcsik (1949). Il suo argomento lo espunge anche Mo-
ravcsik! e tanto gli basta.
Si tratta invece di prendere atto che dal Parigino greco 2009 (f. 46
v
)
che bisogna partire, e allora si comprende agevolmente che il fr. 21 va
riedito liberandolo dai successivi strati di manipolazioni moderne.
quanto abbiamo fatto in QS 65, pp. 271-300.
(
11
) Observationes ad Pomponium Melam de situ orbis, Hagae Comitis 1658, pp.
184-185.
(
12
) Non posso qui ripetere la dettagliata dimostrazione fornita in QS 65, pp.
271-300.
(
13
) Ritrovarle tutte nel papiro significa ovviamente che lo pseudo-Artemidoro
stato costruito sulle edizioni moderne, come efficacemente mi ha scritto M. Reeve: kai;
tw
~
n ej ndotev rw klimav twn non risale pi indietro di Meineke (1.XI.2008).
115 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
B. Il significato di Iberia
Si trattava di capire che il fr. 21 dice una cosa molto semplice (specie
per chi abbia letto Strabone III, 4, 19): che cio, oltre al valore, vigente in
antico, di Iberia = larea tra Ebro e Rodano, esiste anche un valore sino-
nimico di Iberia = Hispania, e che questo secondo significato si affer-
mato con la conquista romana. I Romani infatti hanno creato le due
province spagnole assumendo i Pirenei come confine settentrionale della
Citerior per lovvia ragione che non controllavano ancora la Narbonese.
E perci hanno, per cos dire, spezzato loriginaria Iberia (= area tra
Ebro e Rodano) in conformit col nuovo assetto provinciale. Cos Iberia
(ormai = Hispania) venne man mano, con la progressiva conquista, a
coincidere con lintera penisola, e i due toponimi vennero adoperati or-
mai come equivalenti. Per capire tutto ci ed evitare pertanto di spostare
il xoi che precede otvmvtm, bastava, se non piace Strabone, leggere il
cap. 24 del De adm. imp. che cita frammenti illuminanti di Charax.
La materia non ardua. Basta aver in mente le ragioni per cui nasco-
no prima le due province spagnole e alquanto dopo la Narbonese. Chi
capisca questo, comprende anche che nel fr. 21 il testo sano: xoi otvm-
vtm `Ipqqio fc xoi Ioovio xoci
~
foi (
14
).
C. La traduzione del fr. 21
Il problema principale del fr. 21 dunque il ripristino della corretta
sintassi, una volta sgomberato il terreno dalle espunzioni e manipolazio-
ni intervenute tra Vossius (1658) e Meineke (1849). Tale ripristino fa
giustizia delle congetture che partono non dal testo tramandato, ma dal-
la riscrittura di Vossius. Il secondo problema che conviene aver chiaro
che far scomparire xoi otvmvtm significa perdere un elemento essen-
ziale, del quale abbiamo trattato nel paragrafo precedente. Facciamo ora
un passo avanti: dire esiste anche un valore di Iberia come sinonimo di
Hispania implica che esistesse anche un altro valore di Iberia (= larea
costiera tra il Rodano e lEbro, come s visto). Ci era detto nel conte-
sto da cui il frammento proviene. Orbene, affermare che ci fosse un con-
testo da cui il fr. 21 tratto non sembra audacia intellettuale. Invece
Martin West rimasto sconvolto dinanzi a questa elementare deduzio-
ne: This is quite arbitrary ha scritto alla p. 98, rigo 9 del suo breve
(
14
) Hammerstaedt pu agevolmente informarsi sulla evoluzione del concetto di
Iberia leggendo L. PREZ VILATELA, Primitiva zona geogrfica de aplicacin del cornimo
Iberia, Faventia 15, 1993, pp. 29-44.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 116
saggio. Ma noi, nel nome del kantiano sapere aude, osiamo continuare a
pensare che alle spalle di un frammento c sempre un intero, specie
quando noto che il frammento proviene da unopera in undici libri!
Ma constatiamo con rispetto che capire questa affermazione pu essere
molto difficile.
Chiarito ci, veniamo al valore di c voofc qm. Ci sono almeno due
possibili spiegazioni. Le abbiamo prospettate entrambe, in prosieguo di
tempo, ben sapendo che la ricerca procede cos, provando e riprovando.
Possibilit nr. 1 (= QS 65, p. 284): cm cvoofcqm fm
~
v xofo
Io ociqo fo mv. Indicammo in tal senso un parallelo nel cosiddetto pseu-
do-Macario (fine IV sec. d.C.), Omelie 35, 1, 8: lenergia solare mqci
~
c m$ cvoov fot
~
omofo. Il parallelo appare appropriato, specie se si
considera che cvoofcqm postposto al genitivo che ne dipende piutto-
sto frequente. Daltronde il fr. 21 Marciano, autore anche lui di IV
secolo o forse V. Che due autori coevi scrivano in modo simile non do-
vrebbe stupire.
Possibilit nr. 2. la spiegazione proposta e riproposta da Jenkins
(1949, 1967) nella traduzione che affianca led. Moravcsik del De ad-
min. imp. (p. 99): The interior between the Pyrenees mountains and
the district about Gadeira. In questo caso il concetto espresso dallav-
verbio cvoofcqm funge da soggetto. Questa seconda possibilit laveva-
mo ugualmente prospettata, ma esprimendo su di essa dubbio, gi in
QS 65, p. 283. Nelledizione commentata dello pseudo-Artemidoro
(Artemidorus personatus, Bari 2009), labbiamo segnalata come preferi-
bile (p. 19).
Hammerstaedt rimasto turbato da ci? Per rassicurarlo potrei dir-
gli che anche Michael Reeve, uno dei migliori filologi oggi operanti, scri-
vendomi il 1
o
novembre 2008 osservava: a) viene corroborata la Sua
tesi che xoi fm
~
v cvoofcqm xiofmv (
15
) non risale oltre Meineke; b)
mi rende perplesso la Sua interpretazione di c m c voofc qm; c) pi o
meno giuste direi le traduzioni inglese [Jenkins] e tedesca. Questo
ragionare.
Non certo la prima volta che si prospettano diverse spiegazioni
sintattiche di una frase il cui senso comunque chiaro e resta il medesi-
mo in un caso come nellaltro. Una cosa certa: costruire sulla congettura
Schubart-Meineke xoi c voofc qm un pi ampolloso xoi fm
~
v c voofc qm
xio fmv ha solo peggiorato la situazione, aggiungendo ai due estremi
un terzo polo quanto mai vago e confuso.
(
15
) Cio quello che si trova nel papiro, col. IV, righi 2-3.
117 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
D. Laborto (parakuv i> sma)
Questo aborto era parso, ai residui difensori della genuinit dello
pseudo-Artemidoro, una benedizione celeste. Aborto parakuv i> sma
la prima parola del primo paragrafo della prima pagina dellintervento
di Hammerstaedt. Anche in questo si coglie la speranza di aver trovato
unncora di salvezza. Ma unncora che non pu salvare nessuno. Il
ragionamento sempre lo stesso. Lo riassumo per chiarezza: il simbolo
(= sampi, ma qui, nel papiro, si presenta in una forma insolita) = 900;
per, con moltiplicatore sovrapposto 1, = 1000; ci fu osservato per la
prima volta (e lultima, dovremmo aggiungere) da Bruno Keil a proposi-
to dei papiri documentari di Elefantina [IV a.C.], nel 1907. Ergo Simo-
nidis, indicato da me e da altri come possibile autore dello pseudo-Arte-
midoro, essendo presumibilmente morto nellottobre 1890, non poteva
averne conoscenza n poteva introdurre quel simbolo con moltiplicato-
re nello pseudo-Artemidoro. Ergo il cosiddetto Artemidoro autentica-
mente Artemidoro.
Siamo di fronte ad un salto logico. Infatti dire poich non Simo-
nidis, Artemidoro il classico paralogismo, ovvero falso sillogismo.
Logica vorrebbe: se non Simonidis, sar uno ancora pi recente. I pro-
blemi infatti sono ben distinti tra loro:
a) Il testo contenuto nel papiro attribuibile ad Artemidoro?
b) Se non lo stante che presenta anacronismi ed errori geografici, si
deve pensare ad un prodotto molto tardo o addirittura ad un falsario.
c) Ed in tal caso chi sar il falsario?
Come si visto, non pu trattarsi di Artemidoro: lautore di P.Arte-
mid. ha lavorato su un brano attribuito ad Artemidoro (cio sul fr. 21)
introducendovi per errori geografici e anacronismi. Dunque Artemi-
doro non centra.
Siamo di fronte a qualcuno che, in modo maldestro, voleva farsi pas-
sare per Artemidoro (ed ha infatti rielaborato in deterius il fr. 21), ad uno
che ha voluto operare su ci che riteneva essere un brano di Artemido-
ro. Poich per nel far questo ha inserito errori inconcepibili per chi
avesse davvero sottocchio lintero Artemidoro o lintera epitome di Mar-
ciano, si tratta in realt di uno che ha lavorato sugli stessi frammenti che
abbiamo noi, cio di un falsario.
Se davvero si dimostrasse ma vedremo che cos non che il
falsario in questione non pu essere Simonidis, allora potrebbe al pi
essere un altro: nulla quaestio! Ma il cambio di falsario non pu offu-
scare che il problema principale che quella roba non attribuibile ad
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 118
Artemidoro e che si tratta del prodotto di uno che vuol farsi passare
per Artemidoro.
Le candidature sono aperte, se non piace Simonidis. E tra le possibi-
lit ve ne anche una tuttaltro che implausibile, dal momento che cul-
tura, stile etc. portano decisamente a Simonidis: che cio un pezzo alle-
stito da Simonidis sia stato, in prosieguo di tempo, riutilizzato con abili-
t da altri. Smettiamola dunque una volta per sempre con i salti logici.
Ma torniamo allaborto.
Elenchiamo i seguenti dati di fatto:
1) il simbolo che si trova nei papiri di Elefantina (vd. infra, p. 130, fig. 1)
non detto che sia un sampi. Bilabel (RE II A [1923], s.v. Siglae, col.
2291, nota) lo neg con buoni argomenti e lo defin un simbolo per
indicare 1000;
2) quel simbolo si trova solo su documenti e non oltre il III secolo a.C.:
cfr. da ultimo A. Blanchard, Mnandre. Les Sicyoniens, Paris, Les
Belles Lettres, 2009, p. CXIV, nota 6.
3) Per orientarsi nel ginepraio di simboli erroneamente raccolti sotto la
denominazione sampi (ma Agostino Soldati nei prossimi RAL
2009 parla prudentemente di simbolo per indicare le migliaia) con-
viene leggere la pagina 1562 del noto lessico greco Liddell-Scott-Jo-
nes, nella II colonna. La stessa parola oqoxt i oo per indicare il
presunto sampi rischia di essere una vox nihili: cfr. Liddell-Scott-Jo-
nes, Supplement [1968], p. 114: si vera lectio.
4) Il simbolo che ricorre nello pseudo-Artemidoro (vd. fig. 3) ben di-
verso da quello di P.Eleph. sul quale Bruno Keil elabor la sua auda-
ce ma non convincente teoria aritmetica, ed invece perfettamente
identico a quelli che figurano nelle epigrafi di Didyma (cfr. in parti-
colare I. Didyma 39: vd. fig. 2).
Lautore di P.Artemid. ha dunque avuto presente quel modello epi-
grafico, non certo il papiro di Elefantina. Il che ormai di immediata
evidenza. Di conseguenza la data fatidica del 1907 non ha pi alcun
significato in questa discussione. Non ha senso brandire limpossibilit
per Simonidis di conoscere un papiro che fu dissotterrato soltanto nel
1907: ha senso invece, come ha fatto Giuseppe Carlucci in una assai docu-
mentata ricostruzione storica (QS 69, pp. 297-312), osservare che Si-
monidis pot ben aver avuto nozione di materiale epigrafico esposto (
16
)
(
16
) A ragion veduta ci esprimiamo in questo modo e parliamo di materiali espo-
119 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
(come si ricava dai quaderni inediti di Haussoullier) quale quello di Di-
dyma. Ben prima che ne fossero pubblicate in Occidente edizioni criti-
che, come pu agevolmente comprendere chiunque abbia la pazienza di
leggere la ricostruzione storica sopra ricordata nonch lavventurosa e
movimentata biografia di Costantino Simonidis.
Chiarito questo punto, veniamo alla questione che si tentato di
lasciare in ombra: ci che veramente fa problema la presenza di un
raro simbolo epigrafico di quel genere, specifico della Caria, in un testo
letterario su papiro di presunta provenienza egizia quale vuol essere
P.Artemid. Per giustificare tale presenza anomala si dovuto imputarla
addirittura ad un copista ionico trapiantato ad Alessandria (sic!) [ed.
LED, p. 92], incurante, a quanto pare, di risultare oscuro non solo ai
suoi committenti ma anche ai suoi futuri lettori.
Ecco perch Simonidis torna ad essere ancora una volta il principale
candidato. Non dimentichiamo che egli aveva interesse per lalfabeto cario
tanto da pubblicare nel 1843 a Smirne un trattatello sullargomento: Hcqi
Atxioxm
~
v xoi Koqixm
~
v qoo fmv. Fingere di dimenticare questi dati
sti: si veda la figura 2 in fondo a questo intervento. Per rendersene conto conviene
considerare attentamente quanto qui di seguito ci piace illustrare: 1) Il frammento da
cui tratta la figura 2, indicato come fr. V nella ricostruzione fornita da A. Rehm
(Didyma, Berlin 1958, p. 41 e relativa foto a p. 43), fu rinvenuto da Haussoullier il 24
agosto 1896 sous le chemin du moulin (quaderno II 96, p. 91 [inv. nr. 57], compreso
nel MS 4211/1 dellInstitut de France) [= I. Didyma 39]. 2) Degli altri quattro, Rehm,
parafrasando notizie di scavo dovute presumibilmente a Wiegand, dice che furono poi
ritrovati in oberen Schichten, mentre del fr. V non in grado di dire alcunch. 3)
Pertanto del tutto arbitrario quanto afferma Hammerstaedt allorch sostiene che questo
fr. V non pot essere visto prima degli scavi di fine Ottocento. 4) Una tale affermazione
priva di fondamento: eppure il fulcro del suo ragionamento. 5) Egli commette inol-
tre un secondo errore di metodo allorch, nel seguito della sua esposizione, confonde
due problemi ben distinti: quello della possibilit o meno che pezzi delle epigrafi del
Didymeion fossero ancora visibili in epoche comprese tra la fine del XVII e il XIX
secolo e quello, totalmente diverso, della eventuale asportazione e delleventuale riuti-
lizzo edilizio di pezzi di tale monumento. 6) Scrivere come Hammerstaedt fa Delle
cinque iscrizioni di Didyma che contengono il numerale in questione [I. Didyma 38-
42], i frammenti di quattro [I. Didyma 39-42] sono stati trovati nella ristretta area dello
scavo, alcuni sotto terra, e nessuno in situazione tale da permettere di pensare allaspor-
tazione e alla riutilizzazione da parte di qualche greco, significa pretendere di sapere
qualcosa anche sulla situazione del fr. V dopo aver ammesso di non saperne nulla. Siamo
lieti di anticipare qui che in un prossimo lavoro esamineremo a fondo gli errori e le
inesattezze contenuti nel saggio di J. HAMMERSTAEDT, Warum Simonides ..., Chiron
39, 2009, pp. 323-337, e forniremo una completa e documentata ricostruzione del sito
di Didyma al momento dello scavo condotto da Pontremoli e Haussoullier, e menzione-
remo le numerose altre epigrafi (inv. 38-40 Haussoullier) contenenti quel simbolo e di
sicuro non dissotterrate.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 120
di fatto abbastanza puerile. E oltretutto aveva luzzolo come si dice
in Toscana di creare numerali sia greci che egizi, come pu constatare
chiunque scorra i suoi Autographa e i suoi Symmiga, pubblicati, secon-
do il frontespizio, sia a Mosca che a Odessa nel 1853 e nel 1854. Insom-
ma quel numerale, a torto accostato ai papiri di Elefantina , semmai, la
firma, la sphrags di Simonidis in questo strampalato manufatto.
E. La caduta agli inferi
A margine sia qui osservato che su questo infelicissimo copista dello
pseudo-Artemidoro se ne sono dette di tutti i colori. Allinizio doveva
trattarsi di una copia de luxe illustrata con disegni di finissima fattu-
ra. La prima a cadere stata la mappa, la quale stato detto quasi
subito era sbagliata. Poi si scoperto che il copista era un immigrato,
che mescolava segni alfabetici del suo paese a quelli in uso in Egitto.
Infine, al cospetto dei disastri ortografici, linguistici e sintattici presenti
nello pseudo-Artemidoro, B. Bravo (ZPE 170) ha concluso che i co-
pisti erano due, dei quali uno ignorantissimo, laltro insipiente. Insom-
ma, in pochi anni, si verificata una inesorabile discesa agli inferi: pur di
salvare il prodotto e difendere lindifendibile.
F. Sofisticherie sul Konvolut
Hammerstaedt si dice inquietato dalle conclusioni invero molto
solide e ben fondate rese note, al principio di questo nostro convegno,
dalla quipe della Scientifica diretta dal dott. Silio Bozzi. Ha ben ragione
di essere inquietato, ed comprensibile che abbia cercato lume pres-
so un dr. Baumann, esperto come egli stesso si definisce di falsifi-
cazioni e photoshop. proprio luomo che ci vuole per un prodotto del
genere. In verit, quello che cera da capire in questa un po triste vicen-
da, lo si era capito subito. E cio che la foto di partenza del cosiddetto
Konvolut ovviamente esisteva. superfluo che ce lo ripeta B. Kramer,
sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 2 luglio 2009, p. 36. Era,
appunto, una qualunque foto di un qualunque papiro (?) ripiegato a
strati. Ma sono i pezzetti di scrittura e di disegni spalmati sulla vecchia
foto a costituire il fotomontaggio o, meglio, trasferimento di immagi-
ne. Ed questo trasferimento che lquipe scientifica ha reso evidente.
Precisare, come assai ingenuamente ha fatto B. Kramer, che la sud-
detta foto wird im Centro di Papirologia A. Vogliano (Mailand) auf-
bewahrt piuttosto buffo. Oltretutto proprio i tre editori LED dello
pseudo-Artemidoro suggeriscono, nelledizione [p. 60], esibita a Berli-
121 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
no il 13 marzo 2008, di essere da poco entrati in contatto con tale foto-
grafia. E perci ringraziano il dott. Simonian per averla tirata fuori. Nel-
la forma inverosimile in cui stata pubblicata, quella foto sembra appro-
data dunque a Milano in occasione e a seguito della mostra berlinese.
Pertanto tuonare affermando che quella foto la si trova a Milano non
significa proprio nulla. La vera questione di farci sapere quando le evi-
denti tracce di scrittura, oggi visibili, sono approdate su quella fotografia.
Non posso dimenticare che il 1
o
dicembre 2006, nel corso del seminario
da me tenuto sullo pseudo-Artemidoro presso il Dipartimento di Storia
dellarte dellUniversit di Roma La Sapienza, il collega A.C. Cassio,
alla mia domanda perch non fosse stato documentato lo stadio iniziale
del papiro, rispose che una foto gli era stata effettivamente mostrata ma
che non ci si leggeva nulla! Ottima testimonianza relativa ad uno stadio
pre-manipolazione della foto di cui qui si discorre.
Linterrogativo resta dunque: che bisogno cera di ricorrere a que-
sto miracolo da photoshop? Forse si voleva rabberciare una qualche for-
ma di replica documentaria al quesito pi inquietante: perch la prove-
nienza e le fasi di smontaggio e restauro dello pseudo-Artemidoro resta-
no ignote. Su tutto ci il mistero pi fitto continua a sussistere (
17
).
EPILOGO: Alcune delle principali prove della falsificazione
A. Com noto, nella seconda parte della quinta colonna di P.Artemid.
ricorre varie volte un simbolo per indicare le migliaia, sommariamente
definito sampi, che ha eccitato fuor di misura gli animi. I riscontri tentati
in varie direzioni sono risultati deludenti. Il richiamo al papiro di Elefan-
tina in realt del tutto fuorviante. Lunico simbolo effettivamente assimi-
labile si trova in alcune lastre epigrafiche del Didymeion di Mileto.
Il fenomeno della presenza di tale simbolo allinterno di un papiro
letterario un unicum assoluto nellambito davvero imponente dei pa-
piri letterari superstiti appare davvero eccentrico. ben pi plausibile
(
17
) Basti pensare che, ancora il 22 settembre 2006, S. Settis su la Repubblica,
p. 63, affermava che il restauro del cosiddetto Artemidoro era terminato da appena
otto mesi, cio nel gennaio 2006. Eppure in APF 1998, Gallazzi-Kramer parlano del
papiro come gi restaurato e montato; e nelled. LED raccontano (p. 53) di aver, negli
ultimi mesi del 1998, presso il Simonian, ricomposto il rotolo e di aver approntato una
prima trascrizione del testo. E non che un esempio delle molte contraddizioni in cui
questi ed. LED incorrono: cfr. QS 69, pp. 241-249. Per non parlare delle allarmanti
notizie ricavabili ad esempio da ed. LED, p. 190, dove si parla di prime riproduzioni
del rotolo [...] in condizioni migliori rispetto a quelle attuali! Altro che buio pesto.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 122
che ci troviamo di fronte ad un prelievo erudito ad opera di un mo-
derno che non come stato estrosamente sostenuto (ed. LED, p. 92)
alla anomala trovata di un copista trapiantato fuori del suo ambiente. E
che si tratti per lappunto di un prelievo erudito, lo confermano, nel
caso lerudito in questione sia Simonidis, varie circostanze concomitan-
ti. Innanzitutto il fatto che di quellarea (Caria) egli avesse diretta cono-
scenza e che si fosse interessato in giovent ai documenti alfabetici di
tale area, fino a scrivere un trattato sullalfabeto cario. E poi vi stato,
per lui intento a creare la Spagna di Artemidoro, uno speciale stimolo.
Vediamo quale.
La collezione curata da Mller dei Geographi Graeci minores gli era
ben nota ed ben presente nellapparato critico del suo (falso) Anno-
ne. La frequentazione di tale raccolta da parte di Simonidis un dato
certo. Possiamo anzi dire che proprio le pagine di Marciano su Betica e
Lusitania (GGM I, pp. 547-548) sono la base su cui ha lavorato, attin-
gendovi per i toponimi, per creare il periplo in epitome (coll. IV-V) di
P.Artemid. Infatti Marciano trattava brevemente della Spagna in gene-
rale e, subito dopo, della Betica atlantica e della Lusitania, ma non della
Spagna mediterranea, giacch il suo libro riguarda appunto il mare ester-
no e non il Mediterraneo: in conseguenza di ci accade che, in P.Artemid.,
dopo un preambolo sulla Spagna in generale, che riprende di peso frasi
di Marciano, della Spagna mediterranea non viene detto quasi nulla (solo
tre toponimi arcinoti, quali Tarracona e Nova Carthago), mentre ab-
bondano quelli della costa atlantica, anche i pi secondari, appunto per-
ch per tale costa Marciano era a disposizione!
Orbene, proprio grazie allapparato Mller a Marciano Lusitania
(Miller non si era accorto di ci) che Simonidis ha potuto constatare che
un segno insolito ma a lui ben noto il sampi cario che facile scam-
biare per tau (T) aveva tratto in inganno i copisti (GGM I, p. 547, 9;
548, 1). Il fenomeno si ripete sistematicamente ed esclusivamente per
tutto il testo di Marciano (GGM I, pp. 533, 18; 539, 25; 547, 9; 548, 1;
552, 4; 553, 20; 557, 2; 572, 1) e per Agatemero (GGM II, pp. 476, 13;
481, 5 etc.). In tutti questi luoghi il Supplment grec 443 e il Vatopedi
655 (poi Additional 19391) danno un tau. Non superfluo ricordare
che i fogli che tramandano Agatemero sono quelli che proprio Simoni-
dis sottrasse al Vatopedi e vendette alla British Library, dove assunsero
lattuale collocazione (Additional 19391: si veda ad es. il f. 3
v
): dunque si
tratta ancora una volta di materiale che Simonidis ha certamente visto e
trascritto. E non da trascurare nemmeno un altro elemento congiun-
tivo: proprio nelle frasi nelle quali ricorre quel simbolo, ricorre anche
un altro unicum il compendio ofoo per ofooioi immesso anche
123 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
questo di peso nel P.Artemid.! dunque agevole dedurre che questo
addensarsi di sampi e di ofoo sia dovuto a Simonidis, buon cono-
scitore degli unici manoscritti in cui quegli unica appaiono (Addit. 19391
e il suo modello Palat. gr. 398, nonch Suppl. grec 443).
Simonidis, forte della sua esperienza nel campo dellalfabeto cario,
non ha avuto difficolt a comprendere la natura di quellinsolito tau;
ma, poich stava creando un oggetto antico, non poteva conformarsi
a Mller e immettere un segno usuale nella minuscola () in un papiro
antico; e perci ha preferito far capo alla propria preparazione in quel
campo e ha scelto di immettere nel P.Artemid. un simbolo ancora pi
insolito, di provenienza epigrafica, e perci sicuramente antico: il sim-
bolo, con moltiplicatore, che poteva trovare, ad esempio, nel frammento
V delliscrizione nr. 39 del Didymeion di Mileto (e probabilmente an-
che in altri frammenti).
Oggi a noi risulta chiaro, grazie alla grande quantit di papiri di cui
disponiamo, quanto incongruo sia quel segno, se incastonato in un pa-
piro tolemaico. Ma non era cos ad esempio negli anni sessanta dellOt-
tocento, quando i papiri noti e disponibili erano un numero esiguo, e
Rovine del Didymeion nel 1673 (Mileto), da: E. PONTREMOLI - B. HAUSSOULLIER, Didymes
fouilles de 1895 et 1896, Paris 1904, p. 18.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 124
dunque introdurre un raro simbolo in un testo poteva non risultare az-
zardato.
Si visto, nelle pagine precedenti (supra, Appendice, D), che laf-
fermazione di Hammerstaedt, secondo cui tutti i frammenti delle epi-
grafi del Didymeion, al tempo di Simonidis, si trovavano sotto terra e
non potevano perci essere stati visti da chicchessia prima degli scavi
occidentali di fine secolo XIX, inesatta: tale affermazione potrebbe
valere per i frammenti I-IV, errata per il frammento V, quello dove
ricorre il simbolo di cui stiamo discorrendo.
Si anche visto nelle pagine precedenti che il simbolo figurante in
P.Artemid. (seconda parte della colonna V), lungi dallessere simile allo
pseudo-sampi del papiro di Elefantina, erroneamente addotto come pa-
rallelo, coincide invece puntualmente col simbolo che si trova nella la-
stra del Didymeion di Mileto. Chi ha redatto P.Artemid. si ispirato
fedelmente a quel modello.
Altri segni, che vengono ugualmente evocati a sostegno della genui-
nit del simbolo ricorrente in P.Artemid, ne sono in realt ben lontani.
Ecco una lista sommaria:
a) il segno mutilo che figura dopo la subscriptio dei Sikyonioi di Menan-
dro (P.Sorbonne Inv. 2272e) del tutto somigliante invece al segno
presente nel papiro di Elefantina 1;
b) il segno presente nellepigrafe (da Alicarnasso) nr. 897 del British
Museum, trovata in una casa turca ai piedi del muro occidentale del
Mausoleo: segno interpretato da Charles Newton come un q (A Hi-
story of Discoveries of Halicarnassus, Cnidus and Branchidae, II, Lon-
don 1863) e, pi correttamente, da Gustav Hirschfeld (1893) come
due gamma intrecciati (
18
);
c) il segno che figura nellepigrafe nr. 118 delle Inschriften von Priene
edite da Hiller von Gaertringen (Berlin 1906, p. 114);
d) il segno con moltiplicatore che figura in P.Cair.Zen. 59022, nonch
59008 e 55015;
e) il segno che figura in P.Louvre 54 etc.
Tutti simboli ben diversi da quello del frammento V delliscrizione
39 del Didymeion, riprodotto fedelmente in P.Artemid.
Riepiloghiamo: 1) quel raro e strano numerale si trova in lapidi espo-
ste nel tempio di Apollo a Mileto (Didymeion); 2) quel segno una lette-
(
18
) The Collection of Ancient Greek Inscriptions in the British Museum, part IV,
Oxford 1893-1916, p. 73.
125 L. CANFORA: Sar Simonidis? Certo non pu essere Artemidoro
ra di un alfabeto greco della Caria, sul quale proprio Simonidis aveva
scritto un trattato pubblicato per lappunto a Smirne (1845); 3) dunque
Simonidis per le ragioni dette sopra ha voluto inserire nel falso Arte-
midoro quel numerale come una specie di suo sigillo: una firma; 4)
egli fu indotto ad adottare quel simbolo per indicare alcune delle distan-
ze (col. V) dal fatto che proprio nella Lusitania di Marciano, sua fonte,
riscontrava gli effetti del fraintendimento di quel simbolo.
Dilettanti e curiosi, ben prima degli scienziati di fine Ottocento, ave-
vano battuto la zona. Simonidis, di casa a Smirne e autenticamente ap-
passionato cacciatore e inventore di epigrafi greche (
19
), fu uno di loro.
Ecco svelato il mistero.
B. Simonidis ha frequentato Artemidoro per tutta la sua carriera di
studioso e di falsario. Nel 1853/54 addirittura attribuisce a se stesso,
inverosimilmente, il viaggio di Artemidoro in Arabia e Trogloditica, che
leggeva in Strabone (XVI, 4, 5 e 24 = fr. 96 Stiehle). Lanalisi di questo
testo porta alle seguenti conclusioni:
1) Simonidis attribuisce a se stesso tappe del viaggio di Artemidoro quali
si ricavano da Strabone;
2) in alcuni casi adotta la stessa successione di toponimi presente in Ar-
temidoro [fr. 96], che legge in Strabone e forse anche nelle raccolte
di Hudson e Stiehle;
3) fraintende, in un caso, le parole di Strabone e commette un errore
che pu essere stato determinato solo dal modo in cui si esprime Stra-
bone;
4) i frammenti di Artemidoro contigui a quelli che Simonidis qui mette
a frutto sono quelli relativi agli animali fantastici [fr. 97] che Artemi-
doro pretendeva di aver visto e che ritroviamo nel verso del cosiddetto
papiro di Artemidoro;
5) ergo il cosiddetto papiro di Artemidoro riconducibile a Simonidis,
come del resto tanti indizi linguistici, contenutistici etc. gi robusta-
mente suggerivano.
Ecco il brano pi rilevante:
(
19
) Ne cre una grande quantit nelle sue varie raccolte: Autographa e Symmiga
(1853, 1854), Theologika grapha tettares (1858), Facsimiles of Certain Portions of the
Gospel of St. Matthew (1861) etc.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 126
[...] Perielqw;n oc oxqipm
~
xoi
fo Eivoiov oqo kai; th;n pevrix
aujtou
~
cwvran, cifo oc xoi fqv
Koooovifm
~
v oiooqomv o
~
oov
xoi fq v fm
~
v `Eioo qmv, xoi c qi
fq
~
oivoqo ot o xqo o qi0ci
oqoiooixm
~
v c qctvm
~
v cvcxo
cfc pq oio fq
~
fm
~
v Hqmoifm
~
v
0oo ooq (fq
~
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~
`Eqt0qo
~
~ cu
~ y:ya).-
| : cu a|. | -a.
| : . y
~ -a. )aa ~ -
| -a. )u
| -a. -a
| -a.
c$ au
a cu(a):. -
a~ :.-ac. cu_|c.) (I 1,12). E di quali conoscenze si tratta? La rispo-
sta del geografo non pu essere pi chiara: come, in polemica con Era-
tostene, ha sostenuto Ipparco, impossibile comprendere la geografia
(a u |ac| au| a3:.
c.au u c): -
c:.), e lo fa dichiarando la propria convinzione nella natura sferica tanto
delluniverso quanto della terra, ossia sostenendo la classica concezione
delluniverso a due sfere.
Pur nellambito di unimpostazione epistemologica diversa da quel-
la strettamente geometrico-matematica di Eratostene, neppure Strabo-
ne pu esimersi dallattribuire una particolare importanza alle conoscenze
geometriche, tanto da affermare che non deve accadere che il lettore del
suo scritto non abbia mai visto una sfera, con dei cerchi, paralleli o per-
pendicolari, e che non conosca la posizione dei tropici, quella dellequa-
tore e dello zodiaco (I 1,21).
Il quadro descritto da Strabone mira dunque a presentare una
ay(a:.a che unisca in s una dimensione teorica, ossia matematica e
fisica (astronomica), e una pratica, cio etica e politica (I 1,19). Forse i
157 F. FERRARI: Geografia e filosofia. Alcune riflessioni sul Proemio di Artemidoro
suoi argomenti non saranno filosoficamente molto raffinati e neppure
particolarmente originali, ma non c dubbio che siano sensati e coeren-
ti (oltre a risultare perfettamente integrabili nellambito della cultura
scientifica e filosofica del tardo ellenismo). Egli pu dunque concludere
il suo proemio affermando, non senza un certo orgoglio, che ccua.
c|
c c-:.(:|c| :yc| -a. ).ccc ) :c| (I 1,23).
V.
Veniamo ora al magniloquente proemio del nostro papiro? Che
cosa vi leggiamo? Praticamente nessuna delle cose che si trovano nel te-
sto parallelo di Strabone, ossia nulla di ci che sarebbe lecito aspettarsi
da un proemio, e che abbia a che fare con la disciplina che lautore si
appresta a trattare. Non si parla delloggetto della geografia, dei suoi me-
todi, delle conoscenze richieste per affrontarla con cognizione di causa, e
neppure della sua utilit. Si parla invece dellanima e della sua volont
():c.~), pi o meno invincibile; di una filosofia massimamente divina
alla quale la geografia dovrebbe assomigliare; di uno strano silenzio che
non si capisce bene se sia proprio della filosofia (ormai approdata a una
sorta di mistica del silenzio), o della geografia, la quale, pur silenziosa,
parlerebbe con i propri dogmi (cio assiomi, principi); si discetta poi di
una strana fatica (c |c~) e di un peso che diventa leggero ()c c~ a -c-
.ac~); e via di questo passo.
Ma procediamo con ordine, presentando un breve riassunto della
sequenza degli argomenti contenuti nelle prime due colonne del papi-
ro (
15
). Lautore enfatizza limportanza del lavoro del geografo, la cui
realizzazione richiede una dedizione totale e in particolare il completo
investimento degli strumenti della volont dellanima (I, 1-10). Per no-
bilitare ulteriormente il compito in questione lautore arriva a paragona-
re la geografia alla filosofia, di cui si mette in luce la natura massimamen-
te divina (I, 10-15). La relazione tra le due discipline risulta per tuttal-
tro che chiara, anche perch il testo si presta a traduzioni e interpreta-
zioni differenti; in ogni caso, lautore sembra assegnare alla geografia il
possesso di dottrine proprie (. .a c y(aa), che potrebbero essere sia
gli assiomi da cui parte, sia in generale il bagaglio di conoscenze che essa
(
15
) Sulla scorta di CANFORA 2009, p. 271, mi sembra che si possa dividere la bizzar-
ra sequenza in tre parti: a) importanza e difficolt del compito del geografo e inizio del
confronto tra geografia e filosofia (I, 1-21); b) prosecuzione del confronto (I, 21-II, 2);
c) geografo in azione (II, 3-28).
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 158
richiede (I, 16-21). Il bizzarro confronto tra le due discipline prosegue
con il richiamo alla fatica che la filosofia comporta, che verrebbe per in
qualche misura alleggerita se affrontata in maniera corretta (I, 22-39). In
ogni caso lattivit filosofica comporterebbe una sorta di espansione del-
luomo sul cosmo, la quale preluderebbe a una vera e propria santifica-
zione, cio allassimilazione alla santit propria della filosofia (I, 39-II,
2). Lultima parte del ragionamento dedicata al geografo, il quale si
comporterebbe in maniera non dissimile dal filosofo, in quanto anchegli
si espanderebbe, allargando la sua anima alla regione che si appresta a
studiare (II, 3-12). Viene infine formulato una sorta di dilemma, relativo
al problema se il geografo debba iniziare da una area specifica del terri-
torio oppure affrontarlo nel suo insieme (II, 12-16). Si tratta, come
evidente a chiunque, di una sequenza davvero bislacca, da cui appare
difficile ricavare un significato coerente.
Molto stato detto sulla lingua, sulla sintassi e sul lessico di questo
proemio. Si osservato, a ragione, che c troppa anima, e spesso quella
sbagliata, ossia quella che non ci si attenderebbe da un geografo del II
secolo a.C. (
16
). Sulla base di quanto si detto finora, si deve aggiungere
che manca proprio ci che dovrebbe trovarsi in un proemio. vero che
non sarebbe corretto pretendere di trovare in Artemidoro quello che
leggiamo in Strabone, oppure quello che presumibilmente si poteva leg-
gere nellopera di Eratostene. Non c dubbio, tuttavia, che il tono gene-
rale di questo testo, proemio o lode che sia, le concezioni che vi fanno la
comparsa, la lingua utilizzata si adattano davvero poco a uno scienziato
vissuto alla fine del II secolo a.C. (tra questo Artemidoro e Strabone
intercorrono centinaia di anni!).
Ci che sorprende nelle due colonne del papiro non la presenza
della filosofia, che allinterno del proemio (o della lode) di uno scritto
geografico non deve meravigliare. In effetti, il caso di Strabone sembra
confermare che la filosofia doveva costituire un eccellente termine di
confronto per chi voleva nobilitare in qualche modo la propria discipli-
na. Del resto, le nostre fonti non mancano di testimoniare che coloro
che si occuparono di geografia disponevano spesso di una buona forma-
zione filosofica (Eratostene fu allievo di Zenone di Cizio, come ci infor-
ma Strabone, I 2,2, e Posidonio fu geografo e filosofo). Il problema con-
cerne il tipo di filosofia che fa la sua comparsa nel testo del presunto
Artemidoro. Proviamo a fissare qualche punto.
(
16
) Cfr. BOSSINA 2008, pp. 332-339, il quale osserva giustamente che al posto di
,u,; ci si aspetterebbe da uno scienziato ellenistico il vocabolo o.i .i, attestato per
es. in Strab. I 1, 14-15.
159 F. FERRARI: Geografia e filosofia. Alcune riflessioni sul Proemio di Artemidoro
VI.
Si detto che c molta, forse troppa anima (che viene plasmata o
pesata, e che rischia di finire oppressa dal peso del compito al quale
chiamata, ma che pu, se filosofa correttamente, alleggerire questo gra-
voso peso). Ma la terminologia che ruota intorno allanima che lascia
piuttosto perplessi.
Problematico risulta prima di tutto il richiamo alla volont. Lanima del
geografo dispone di una :u-.-: a (oppure |.-.-: a) ):c.~,
cio di una volont quanto mai fattiva o vincente; e soprattutto di ):-
(a.-a c ya|a, cio di organi volontari o della volont. stato osser-
vato che la iunctura ):c.~ (): (a)
~ ,u_
~ a-.-
~ c (
~ ,u_
:
aucu
c )::.|
a|a :.|a.) (
20
).
Ancora pi interessante e istruttiva mi sembra la presenza del voca-
bolo nelle Enneadi di Plotino (III sec. d.C.). Anche qui esso ricorre in
riferimento allattivit o al tipo di essenza del principio supremo, ossia
lUno. Plotino dedica un intero trattato a esaminare la nozione di volon-
t e i differenti significati che essa assume, se applicata allanima umana
e al principio assoluto. Si tratta dello scritto VI 8 (cron. 39), dal titolo
Sulla volontariet e la volont dellUno (l:. cu
c. c| cu c. a ): -
c.~ cu
c. c| c.cu
c| :.|a.) (
21
), che non possibile determinare il
(
20
) CH IV 1 e X 2. Sulla struttura e la natura del Corpus Hermeticum si veda ora
RAMELLI 2005.
(
21
) Il sistematico ricorso allavverbio . esprime lesigenza da parte di Plotino di
intendere in senso analogico e non letterale lassegnazione allUno di nozioni compor-
tanti una qualsiasi forma di appartenenza alla dimensione ontologica. Come noto,
infatti, lassoluto si trova al di l dellessere e non passibile di nessuna forma di predi-
cazione strettamente ontologica.
161 F. FERRARI: Geografia e filosofia. Alcune riflessioni sul Proemio di Artemidoro
principio prescindendo dal volere (a|:u cu
ya
a.ccu ):c.~ cuca cu- :c.| :.-
~
,u_
~ (
22
).
Mi limito poi ad accennare alla iunctura ):(a.-a c ya|a
~
,u_
~ (I, 9-10), che viene restituita dagli editori del papiro, ma la cui
lettura si presenta problematica. difficile, in ogni caso, pensare allemer-
gere in periodo ellenistico o tardo-ellenistico dellidea di organi volonta-
ri dellanima. Gli organi, nel senso di strumenti dellanima, sono, per
Platone, i sensi corporei, medianti i quali noi percepiamo tutto ci che
sensibile (.a cu | c. c| c ya || a. c)a|c (:)a c ca a. c)a:
Theaet. 184 D 3-5).
Un discorso a parte si dovrebbe inoltre fare a proposito della iper-divi-
nizzazione della filosofia, contenuta nella formula ):.ca ).ccc). a
(I, 14) e nellaccenno alla divinit delle Muse e al divino schema della
filosofia (I, 42-44). In realt su di essa gi stato detto molto, e qui non
si farebbe che ripetere che si tratta di un motivo di carattere neoplatoni-
co (lo si trova in questa forma solo in Giamblico), che rappresenta la
radicalizzazione di una concezione platonico-aristotelica (
23
). In ogni caso
essa appare estranea alla tradizione della filosofia ellenistica, anche a
quella di matrice scettico-accademica. Sembra perci poco probabile che
venisse adottata o presupposta da un geografo del II sec. a.C. Discorso
analogo andrebbe fatto a proposito del richiamo alle Muse tanto divine
(
22
) Praep. Evang. XV 11,1. Cfr. BOSSINA 2008, p. 335.
(
23
) Plat. Phaedr. 239 B 4 (; `.. i ,.\c,. i) e Ps. Arist. De mundo, 391a1-2
(v\\i -.~ . ..,. `..
+. -i. oi. . +~ ,;
i ; ,.\c,. i . o_.
.. i.).
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 162
e soprattutto a c ):c:: ~ c_
(a
a.
| :|
|c
-a. |
c| -:_u(:|c~) e
in un certo senso pi dispiegato o esteso (c. c| a c):. ~), viene a trovarsi
intorno allanima e nellanima (:. ,u_| a| y:|c.c -a. :| ,u_
).
Plotino fa riferimento al movimento ontologico di dispiegamento del
contenuto dellIntelletto ipostatico nellAnima, principio di razionalit
del mondo sensibile: il senso della sua tesi che il contenuto intelligibile
risulta compresso nellIntelletto e dispiegato nellAnima. Tutto ci non
ha naturalmente nulla a che fare con il contenuto del proemio, ma forse
spiega come il suo tardo compilatore fosse portato a servirsi di modalit
espressive piuttosto anacronistiche per un geografo del II secolo a.C.
(
24
) Si veda il commento ad locum in GALAZZI-KRAMER-SETTIS 2008, p. 206.
163 F. FERRARI: Geografia e filosofia. Alcune riflessioni sul Proemio di Artemidoro
Qualche considerazione a parte meriterebbe linsistenza sul motivo
della fatica (c |c~), la quale accomuna il geografo al filosofo. Si tratta di
una fatica che impegna senza sosta il filosofo, che al compito che si
proposto deve consacrarsi interamente; incessante dovrebbe infatti ri-
sultare lc:;.~ :. c a
| c a
e v..
viene ripreso anche in Isocr. Antid. 189-90; 247; 285; 304-05; Panat. 11. Si veda in pro-
posito TULLI 1989, pp. 11-12.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 164
strampalate affermazioni del proemio-laude e la letteratura filosofica
qualcosa si pu e si potr sempre trovare. Tuttavia, ci che non sembra
davvero ricavabile dalla lettura di queste due colonne qualcosa che
risulti vagamente apparentato a una presentazione dei caratteri generali,
dei compiti, dellutilit della geografia, che sarebbe lecito aspettarsi da
uno scienziato di epoca ellenistica, sia egli un geografo euclideo come
Eratostene, oppure astronomo come Ipparco, oppure filosofo come
Posidonio, o ancora un geografo inclusivo (cio sia matematico che
etnografo e narratore) come Strabone.
Da Strabone lautore del proemio o dellencomio riprese certamente
il motivo della filosofia, ossia il tentativo di nobilitare la geografia con-
frontandola con la filosofia. Ma qui le analogie si fermano. Mentre Stra-
bone si impegn a dimostrare la natura filosofica del sapere geografico,
e in particolare la sua rilevanza sul piano teorico e pratico, lautore del
nostro strampalato testo stabilisce un bizzarro confronto in cui ricorro-
no silenzi e chiacchiere, armi e dogmi, anima e pesi, volont ed espansio-
ni, il tutto in una terminologia davvero poco ellenistica. probabile che
egli avesse in mente gli encomi indirizzati alla filosofia, e specialmente il
richiamo allesigenza che chi pratica questa disciplina ad essa sacrifichi
lintera esistenza, essendo la filosofia non un mestiere, ossia una :_|,
ma una scelta di vita, un 3.c~ (
26
).
Circa lautore di queste due colonne credo che si possano riprende-
re le parole con le quali Giambattista DAlessio concludeva la sua recen-
sione alledizione di Artemidoro: non c nessun motivo di pensare
che debba trattarsi di Artemidoro: si tratter di un autore probabilmen-
te pi tardo, senzaltro pi goffo e involuto (
27
). Da parte mia, non avrei
altro da aggiungere.
(
26
) Sul motivo della filosofia come scelta di vita si veda il classico studio di HADOT
2008.
(
27
) DALESSIO 2009.
165 F. FERRARI: Geografia e filosofia. Alcune riflessioni sul Proemio di Artemidoro
BIBLIOGRAFIA CITATA
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Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 166
LUIGI VIGNA (*)
A PROPOSITO DI CARTONNAGE:
PAPIRI, STUCCHI E PIGMENTI
BREVI CONSIDERAZIONI E PROPOSTE IN MERITO
A sostegno dellautenticit del presunto Artemidoro nulla di con-
creto e di nuovo emerso, dal punto di vista delle analisi fisico-chimi-
che, rispetto a quanto pubblicato nelledizione LED e da noi gi confu-
tato (
1
). Nondimeno, sono apparse nuove ed interessanti proposte di
percorsi di approfondimento: ad esempio, le indagini dei tecnici della
Polizia Scientifica di Ancona possono dar spunto ad ulteriori applica-
zioni e sviluppi.
Il fatto che ormai in vari ambiti sia acquisito che il reperto in que-
stione non corrisponda alla descrizione che da principio, forse un po
incautamente, ne era stata fatta, certo significativo dal punto di vista
filologico, ma appare irrilevante rispetto alle finalit della nostra ricerca:
pu, tuttal pi, servire a rilanciare i quesiti ai quali vorremmo trovar
risposta. Infatti, la questione oggetto di questo convegno si piuttosto
casualmente innestata su una ricerca che gi da alcuni anni stavamo svi-
luppando, ed tuttora in corso, sui pigmenti egizi, sulla lavorazione dei
cartonnages e sugli inchiostri nei papiri (
2
). Lobiettivo di tale ricerca
(*) Direzione tecnica restauri archeologici, OPD Firenze.
(
1
) VIGNA 2008, pp. 291-314.
(
2
) In particolare, si veda il contributo seguente a cura della dott.ssa Elvira DAmi-
cone sul cartonnage, materiale utilizzato nelle pratiche funerarie egizie per la lavorazio-
ne di maschere e rivestimenti parziali o totali di mummie; analogamente sugli inchio-
stri, si veda il contributo successivo, relativo ad indagini XRF di inchiostri nero e rosso.
Le ricerche sono state svolte nellambito del progetto Colore dallo scrivente e dalla
dott.ssa Elvira DAmicone, in collaborazione con il Dipartimento di Chimica Generale
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 168
consisteva nellassociare i dati scientifici analitici inerenti i componenti
strutturali dei reperti presi in esame con quanto gi asseverato sul piano
storico e filologico, cos da poter realizzare banche dati affidabili e in
costante aggiornamento, utili non solo ai fini conservativi e alla storia
della tecnologia, ma anche alla ricerca archeologica e filologica. Infatti,
la conoscenza di determinati componenti costantemente ricorrenti su
reperti certi per soggetto, sito e datazione pu costituire un valido dato
di raffronto per i casi in cui dal frammento siano ricavabili dati sulla
composizione, ma poco o nulla dal punto di vista storico o filologico.
Gli unici vincoli posti alla metodologia di indagine consistono nelluti-
lizzo di strumentazioni per analisi non distruttive e nella possibilit di
leggere il dato direttamente sulla superficie del papiro, non solo per evi-
tare danni anche minimi al reperto, ma anche per permettere una siste-
matica reiterazione della lettura del dato, a garanzia e riscontro di atten-
dibilit, e per effettuare ulteriori controlli in merito a uno o pi elementi
rilevati. Tali vincoli possono certo costituire un piccolo handicap alla
valorizzazione del singolo dato, ma levoluzione tecnologica delle stru-
mentazioni e dei software di gestione dati potr in futuro ulteriormente
ampliare il campo di approfondimento.
Occorre apprezzare il fatto che la pubblicazione scientifica sul pre-
sunto Artemidoro ha fatto ricorso ad un approccio metodologico vicino
alle finalit della nostra indagine, consistente nella ricerca di una corri-
spondenza fra le conclusioni storiche e quelle scientifiche di tipo analiti-
co. Il fatto che i risultati possano essere interpretati in modo differente e
condurre a conclusioni diametralmente opposte a quelle allora prospet-
tate nulla toglie alla metodologia dindagine e allesattezza dei dati in
quanto tali, i quali, peraltro, fanno eco alle anomalie filologiche emerse.
Il dato, in effetti, pu essere considerato probante solo dopo un lungo e
paziente lavoro di acquisizione e confronto con attestazioni analoghe e
ci urta contro tre difficolt: il poter disporre di contesti pertinenti; lido-
neit dei medesimi ad essere analizzati; lopportunit di diversificare le
apparecchiature a seconda della necessit di rilevare aspetti inorganici o
e Chimica Organica dellUniversit di Torino e con lI.N.Ri.M. di Torino; il progetto
porta avanti una ricerca gi avviata in collaborazione con il Politecnico di Torino (cfr.
ANGELINI, BIANCO, DAMICONE, VIGNA 1989, pp. 150-153) e il Dipartimento di Scienze
Mineralogiche e Metrologiche dellUniversit di Torino (cfr. CHIARI, DAMICONE, VI-
GNA 1998, pp. 87-94 e DAMICONE, VIGNA 1998, pp. 43-48); studi recenti sulla misura-
zione del colore e sulla natura dei pigmenti utilizzati su sarcofagi di legno stuccato e
dipinto in IACOMUSSI, ROSSI 2008, pp. 142-144 e IACOMUSSI, ROSSI 2009, pp. 343-345,
AGOSTINO 2008, pp. 144-155 (sarcofagi della XXII-XXV dinastia) e AGOSTINO 2009,
pp. 346-359 (sarcofagi dellXI-XII dinastia).
169 L. VIGNA: A proposito di cartonnage: papiri, stucchi e pigmenti
organici. Bisogna ammettere che i dati analitici presentati, tenuto conto
della tipologia e dellestensione del papiro, erano piuttosto esigui per
quantit e sistematicit di campionatura, soprattutto se lobiettivo era di
azzardare una caratterizzazione precisa del reperto con una conseguen-
te datazione circoscritta. I dati del C14 , se rivisti secondo altre metodo-
logie di indagine, avrebbero potuto suggerire datazioni verso il contem-
poraneo, trasformandosi cos in un forte argomento contro lautenticit
del reperto. O ancora, lelemento Zolfo rimanda a presenze di residui di
stucco gessoso invece del classico stucco antico a base calcarea. Per
questo motivo avevamo auspicato, senza ironia, successive stagioni di
analisi: proprio perch quei dati erano tuttal pi un punto di partenza,
non certo di arrivo.
In questa sede si vorrebbe allora suggerire una fattiva ipotesi di lavo-
ro, al fine di dipanare lingarbugliata matassa di grafie e di frammenti di
collage di cui si compone il manufatto oggetto del convegno. Se con
letture strumentali non distruttive si operasse una sistematica mappatu-
ra delle superfici intorno e sopra gli inchiostri dei righi nei quali sono
emerse incongruenze filologiche, dai dati analitici potrebbero scaturire
interessanti incongruenze compositive. Mediante opportuni raffronti, si
potrebbero cos formulare ipotesi sui contesti tecnici e culturali in cui
quelle incongruenze hanno avuto origine e si potrebbe anche appurare
se qualche frammento sia riconducibile ad un contesto effettivamente
antico, sebbene da interpretare in modo notevolmente diverso da come
si fatto. Tale mappatura potrebbe fornire risposte anche allaltro que-
sito ancora aperto: che interventi siano stati effettuati e quali materiali
siano stati impiegati durante le operazioni di restauro, la cui specifica
documentazione ancora manca agli studiosi del settore. Infine, dalla
mappatura potrebbero venire preziose indicazioni sullo stato di degra-
do a carico delle fibre di papiro e degli inchiostri: non pare che ad oggi
siano stati debitamente presi in considerazione tutti i rischi allo stato
latente, soprattutto in relazione alle varie movimentazioni subite dal pa-
piro in occasione di mostre.
A conclusione del mio intervento, mi si consenta di formulare un
suggerimento in merito alla destinazione del reperto nellattesa che ne
sia chiarita la natura. La strategia comunicativa con cui il papiro cosid-
detto di Artemidoro stato lanciato e le successive vicende hanno fatto
s che si innestasse una spirale mediatica proiettando il reperto al di fuo-
ri dei sobri ambiti in cui normalmente i papiri sono studiati, conservati
od esposti. Ne testimonianza la notevole quantit di soggetti, cultori di
diverse discipline, che hanno avvertito limpulso di esprimersi in merito
e stupisce il coinvolgimento emotivo che il reperto continua a catalizza-
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 170
re. Indipendentemente dai pareri espressi, un fenomeno positivo che
lascia intravedere le grandi potenzialit didattiche di questopera. Non
sarebbe dunque possibile, in attesa di un responso definitivo, esporre
temporaneamente lopera in un territorio neutro, dove, nello spirito
del contraddittorio scientifico di stile anglosassone, cos efficacemente
illustrato dalla prof.ssa Ronchey in questo convegno, i docenti delle di-
verse discipline possano esaminare e discutere con gli allievi le caratteri-
stiche e le anomalie del papiro dinanzi alloriginale? Andrebbe dunque
escluso un museo archeologico, poich tale scelta costituirebbe unin-
terferenza rispetto al responso finale, senza contare poi limbarazzo del-
la direzione del museo stesso costretta ad ospitare unopera gravata da
dubbi di autenticit che potrebbero nel tempo dimostrarsi inoppugna-
bilmente fondati. Una prestigiosa galleria darte moderna potrebbe in-
vece rappresentare la sede espositiva provvisoria ideale: qualora un gior-
no fosse ammessa ufficialmente la non autenticit del reperto, esso po-
trebbe rimanere a pieno diritto in esposizione proprio per le valenze
didattiche di cui si detto, per il suo carisma espressivo e per la partico-
lare nicchia nellambito della storia dellarte contemporanea che ormai
ha saputo autonomamente conquistarsi. Ed un curioso gioco del desti-
no che questo convegno si svolga nella citt di Rovereto dove da anni
esiste uno dei pi prestigiosi musei di arte contemporanea; in alternati-
va, il papiro non sfigurerebbe se esposto alla GAM di Torino o al Castel-
lo di Rivoli.
Si rinnova comunque lauspicio di ulteriori ed esaustive analisi che
ci consentano di ricrederci riguardo al nostro scetticismo; in attesa di
ci preferiamo attenerci al pensiero del filosofo Norberto Bobbio il qua-
le ci pare giudicasse pi saggio, in questepoca, suggerire dubbi che se-
minare certezze. Ed curioso che questo papiro, in s cos contradditto-
rio, fra tanti luoghi al mondo sia emerso proprio nella citt di questo
filosofo. Si tratta di un caso fortuito o di un preciso monito?
BIBLIOGRAFIA
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Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 172
ELVIRA DAMICONE & MAURIZIO ACETO, ANGELO AGOSTINO,
GAIA FENOGLIO (*)
CARTONNAGES IN TELA E PAPIRO STUCCATI
E DIPINTI, E INCHIOSTRI:
DUE CAPITOLI DEL PROGETTO COLORE
In ambito archeologico il termine cartonnage collegato alle prati-
che funerarie egizie. I componenti base sono tele e papiri destinati al
macero e riutilizzati a pi strati, pressati, tenuti insieme da collanti e
quindi dipinti (
1
). In senso pi lato il termine corrisponde alla nostra car-
tapesta, che usa carta e stracci. un materiale povero, ma adatto alla mani-
polazione. Infatti plastico e nella fase che precede lessiccazione assume
la forma desiderata, consentendo agli Egizi di utilizzarlo per modellare
maschere funerarie e rivestimenti completi di corpi mummificati. La com-
mittenza agiata prediligeva cartonnages dorati (
2
). Dal progetto colore, ap-
portiamo recenti dati, che speriamo utili per il dibattito in corso, fatte al-
cune premesse storiche e culturali in merito alla particolare categoria di
materiali presa in considerazione (
3
). Il quadro analitico stato esteso an-
(*) Elvira DAmicone: Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del
Museo Antichit Egizie e Universit degli studi di Torino. Facolt di Scienze F.M.N.
Corso di laurea in tecnologie per i beni culturali e Scienze per i beni culturali. Corso di
insegnamento Materiali dellarte egizia e loro conservazione.
Maurizio Aceto: Dipartimento di Scienze dellAmbiente e della Vita, Universit del
Piemonte Orientale, Alessandria.
Angelo Agostino, Gaia Fenoglio: Dipartimento di Chimica Generale e Chimica Or-
ganica, Universit di Torino, Torino.
(
1
) La fibra tessile utilizzata il lino, materia prima tradizionale dei reperti tessili
egizi prima dellintroduzione della lana in et romana per le parti in tinta.
(
2
) Bibliografia di base in Lexikon der gyptologie, s.v., NICHOLSON & SHAW 1995
s.v. e NICHOLSON & SHAW 2000, pp. 234, 243 e 245.
(
3
) Sul progetto Colore e i suoi pregressi cfr. contributo di Luigi Vigna nei pre-
senti Atti alla nota 2, pp. 167-168.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 174
che allo strato esterno del cartonnage, in taluni casi di un bianco avorio di
straordinaria lucentezza e agli inchiostri, parte del progetto Colore in
relazione alle scritture sui papiri utilizzati nella produzione dei cartonna-
ges e su altri materiali in sequenza cronologica (
4
).
QUANDO E COME IL CARTONNAGE?
Tele dipinte in corrispondenza del volto e di parti del corpo del de-
funto risalgono gi allAntico Regno e testimoniano limportanza della
tangibilit visiva dei tratti del volto nelle pratiche funerarie di prepara-
zione del corpo ai milioni di anni, espressione usata dagli Egizi per
indicare la vita eterna. Una deposizione dalla necropoli di Gebelein, con-
servata al Museo Egizio di Torino e databile alla seconda met della V
dinastia (Antico Regno, periodo compreso tra la fine del regno di Nefe-
rirkara-Kakai e linizio di quello di Niuserra, 2400 a.C. ca.) ne costitui-
sce uninteressante documentazione: le bende di lino sono dipinte in
corrispondenza del volto (capelli, occhi, naso, bocca e barba) e del petto
(capezzoli e aureola mammaria). Si tratta di un personaggio maschile di
cui si ignora il nome, cos come per gli altri proprietari della tomba, che
per questa ragione chiamata di Ignoti fin dallepoca della scoperta
(1911) (
5
). Antecedenti interessanti di tele stuccate e dipinte in corri-
spondenza del volto, modellate a riprodurre occhi, naso, bocca e orec-
chie del defunto provengono da due pozzi di una tomba coeva scoperta
a Saqqara, appartenente ai defunti Nefer e Ka-Hay (
6
). Vere e proprie
maschere, comprensive di uno sparato di copertura del petto, compaio-
no nei secoli seguenti tra la fine dellAntico e il Medio Regno (2100-
1900 a.C. ca.). Gli esemplari pi noti provengono dalle tombe dei signo-
ri di Assiut (
7
). La materia prima per la loro lavorazione la stoffa, che
(
4
) Su questo specifico settore del progetto Colore si rimanda ad ACETO, AGOSTI-
NO, DAMICONE, FENOGLIO, POZZI & VIGNA, 2009b.
(
5
) Sulla tomba, il suo corredo e le sue deposizioni ivi quella citata con le bende
dipinte cfr. DAMICONE 1985 p. 33 e tav. 15, DAMICONE 1987, pp. 193-199.
(
6
) Sulla scoperta e le due particolari deposizioni cfr. ALTENMLLER 1971, p. 43, tav.
40 (pozzi 5 e 8).
(
7
) Sulle maschere di Assiut e analoghe produzioni della stessa epoca cfr. CHASSI-
NAT & PALANQUE 1911 e bibliografia in VILA 1976, p. 151, nellambito dello studio dedi-
cato alla scoperta del consistente gruppo di maschere funerarie della necropoli MX di
Mirgissa. Deposizioni funerarie con maschere in cartonnage provengono anche dagli
scavi del Museo Egizio di Torino ad Assiut dellinizio del Novecento cfr. DAMICONE &
POZZI BATTAGLIA 2009 e 2010, pp. 78-83.
175 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
continua ad esserne lelemento base anche nei secoli seguenti. In carton-
nage sono realizzate anche coperture complete di mummia ed elementi
singoli da collocare sul petto, sul ventre, sulle gambe e in corrisponden-
za dei piedi. Sono pratiche che entrano in uso quale soluzione pi eco-
nomica rispetto alla cassa lignea in cui il corpo del defunto deposto e
che prevede una o pi casse di contenimento di dimensioni maggiori ad
ulteriore garanzia della conservazione del corpo. Lutilizzo della stoffa
nella lavorazione del cartonnage continua fino alla piena et imperiale
romana. Rispetto alle maschere in cartonnage di tela di cos lunga storia,
le produzioni in papiro non risultano anteriori allet tolemaica ed af-
fiancano quelle in tela (
8
). La coesistenza rilevabile anche tra i carton-
nages rinvenuti ad Assiut dalle missioni archeologiche del museo egizio
torinese allinizio del secolo (
9
).
CARTONNAGE, STUCCO E VOLTI BIANCO LATTE, PIGMENTI
La preparazione del cartonnage era completata dalla pittura, che per
sua natura necessitava di una superficie omogenea e levigata. Si usava
allo scopo un preparato a base calcio, erroneamente chiamato gesso. Si
tratta pi propriamente dello stucco antico, caratteristico di tutta let
antica e con propriet antisettiche. La natura alcalina lo rende insensibi-
le allattacco di muffe e batteri e questa caratteristica acquista una valen-
za particolare se consideriamo che il trattamento era riservato non solo
alle superfici esterne da dipingere, ma anche a quelle interne, poste a
contatto con le bende di copertura della mummia. Il dato, rilevato anche
dallo studio dei cartonnages di Saqqara (
10
), riteniamo che possa essere
integrato anche per quanto riguarda i vari strati preparatori, poich los-
servazione visiva rileva la presenza anche nelle parti interne, rivestite
dallo stesso preparato. Funzione strutturale e propriet antisettiche avreb-
bero potuto svolgersi in questo modo al massimo della loro efficacia (
11
).
(
8
) Ulteriore bibliografia sulla produzione e lavorazione dei cartonnages, oltre quel-
la in VILA 1976 (cfr. supra nota 7), in CORTOPASSI & PAGS CAMAGNA 2008, pp. 45-46 in
relazione al ritrovamento di consistenti contesti funerari con deposizioni in cartonnage
nella necropoli di Saqqara.
(
9
) Cronologia degli scavi e relative scoperte in DAMICONE & POZZI BATTAGLIA
2009 e 2010 alla nota 9.
(
10
) CORTOPASSI & PAGS CAMAGNA 2008, p. 51.
(
11
) Sullo stucco a base calcio e il gesso cfr. LUCAS-HARRIS 1989, s.v. gypsum, plaster; lo
strato preparatorio definito genericamente plaster in NICHOLSON & SHAW 2000, pp.
117-118. Sullo stucco come tecnica artistica nellantico Egitto cfr. VIGNA 2002, studio
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 176
Purtroppo il reperimento di dati tecnici specifici sulle tecniche di lavo-
razione dei cartonnage non semplice e non sempre sortisce gli esiti
desiderati. Molto spesso la presentazione dei documenti indirizzata
dagli autori alla componente estetica ed allindagine tipologica e alla
considerevole consistenza di documentazione del settore non corrisponde
un altrettanto esteso panorama di studi sui materiali e sulle tecniche di
lavorazione, nonostante lesistenza di direttive di lavoro in tal senso col-
legate alle attivit di conservazione e restauro (
12
). Ancora pi interes-
santi si rivelano gli esiti del preparato a base calcio (lime plaster e non
gesso) sulla superficie esterna, in particolare delle maschere con i volti
di un bel bianco latte che conserva in taluni casi la lucidit originaria
(fig. 3) (
13
). Volti bianco latte sono su cartonnage sia di tela sia di papi-
ro, pertinenti a differenti tipologie, tra cui quella riprodotta in figura,
caratterizzata da trattamento pittorico della bocca e del mento, che in
altri studi sono stati definiti tatuaggi, ma in cui riconoscerei piuttosto
forme di messa in evidenza di parti anatomiche del volto, quali la fosset-
ta del mento e gli angoli delle labbra. Non a caso tali motivi sono asso-
ciati alla notazione della coloritura delle gote, resa tramite un cerchio
rosa, valenza cromatica usata anche in corrispondenza delle rotondit
del mento, accentuate dalla fossetta centrale di colore rosso, come il con-
torno del mento stesso (
14
). In tal caso forse pi che di tatuaggi si dovreb-
be o potrebbe parlare di riproduzioni di realia di valorizzazioni esteti-
che delle varie parti del volto, effettuate mediante applicazione di creme,
rossetti e prodotti coloranti del tipo delle nostre matite. una di-
rettiva di lavoro che intenderemmo perseguire nel prosieguo degli studi
sullargomento, anche in considerazione della particolare attenzione ri-
servata dagli Egizi alla rappresentazione dei realia, stante la loro impor-
tanza nella riproducibilit della vita terrena nella dimensione eterna del-
laldil. Rileviamo questa forma mentis anche nella rappresentazione dei
capillari negli angoli interni degli occhi nellesemplare di maschera in
esame, che testimonia la continuit di una notazione di antica tradizio-
ne, documentata ad esempio dagli occhi udjat dei sarcofagi lignei del I
elaborato nellambito del Seminario Tecnica artistica, conservazione e restauro, organizza-
to dalla Fondazione Bagatti Valsecchi presso la sua sede a Milano dal 16 al 24 ottobre 2002.
(
12
) Analoga riflessione in CORTOPASSI & PAGS CAMAGNA 2008, p. 46.
(
13
) Sulla tecnica e la lavorazione a lucido del preparato di stucco antico di que-
sto tipo di maschere cfr. DAMICONE, Maschere in cartonnage da Assiut, con volti bian-
co-latte, che hanno perduto la lucidit originaria, in DAMICONE & POZZI BATTAGLIA
2009 e 2010, pp. 78-83.
(
14
) SCHWEITZER 1998, p. 335, nota 23.
177 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
Periodo Intermedio e del Medio Regno (XI-XII dinastia) (
15
). Dalle no-
tazioni di valorizzazione estetica degli elementi del volto desumiamo
anche unattribuzione cronologica al II sec. d.C. con possibile circoscri-
zione allet adrianea per la presenza della notazione delle pieghe angolari
delle labbra nelle raffigurazioni dei volti delle deposizioni funerarie della
tomba della famiglia di Soter (
16
). In tal caso maschere di questa tipologia
potrebbero essere coeve a quelle, ad esempio prodotte ad Akhmim, analo-
gamente caratterizzate da couleur clair e da tatouages au nez, au men-
ton et la bouche, per le quali il Maspero e il Bissing avevano avanzato
lipotesi di una collocazione cronologica allet antonina (
17
). Alla piena
et imperiale romana rimanda anche il rosa nella tipica coloritura pre-
sente, che ben si distacca dalle valenze pittoriche ottenute dal colore
primario del rosso (
18
). Oltre al rosa sono stati analizzati anche altri pig-
menti usati nella sovradipintura dei cartonnages: il giallo, il rosso, il ver-
de e il nero, sempre pertinenti al materiale proveniente dagli scavi con-
dotti dal Museo ad Assiut. I relativi dati sono riportati nella sezione de-
dicata alle indagini analitiche.
CARTONNAGES DI PAPIRI E INCHIOSTRI
Lo strato di stucco antico allinterno e tra i vari strati del carton-
nage in modo particolare evidente sui cartonnages in papiro, probabil-
mente a ragione del diverso rapporto chimico-fisico che si instaura tra lo
strato preparatorio e il supporto se si tratta di tessuto o papiro, nono-
stante la maggiore fragilit di questultimo rispetto alla stoffa. I carton-
(
15
) Sulla particolare notazione dei capillari oculari in relazione ai sarcofagi del
Primo Periodo Intermedio e del Medio Regno dal museo Egizio di Torino cfr. DAMI-
CONE & POZZI BATTAGLIA 2009 e 2010, p. 56; la citazione della notazione dei capillari
agli angoli anche in VILA 1976, p. 163; sulla raffigurazione dei realia nellarte egizia
DAMICONE, GIACOBINO & POZZI BATTAGLIA in preparazione.
(
16
) Confronti con le deposizioni funerarie della tomba di Soter in WALKER & BIER-
BRIER 1997, n. 166, pp. 149-150; trattamenti analoghi in esemplari dipinti e maschere in
stucco in WALKER & BIERBRIER 1997, nn. 93, 143 e 164, pp. 100-101, 136-138 e 147-148;
uso del termine ivory per volti in cartonnage analoghi a quelli da noi chiamati bianco-
latte in WALKER & BIERBRIER 1997, n. 137, pp. 133-134. Citazioni esasperate dei tratta-
menti della bocca e del mento citati in GRIMM 1974, tavv. 118/4, 119/1 e 121/1 e 4.
(
17
) Ipotesi del Bissing e Maspero citate in SCHWEITZER 1998, p. 344.
(
18
) Sul rosa come indicatore cronologico afferente allet romana cfr. SCHWEITZER
1988, p. 344 e sui dati analitici dei campioni analizzati cfr. il contributo seguente. Sulla
paletta pittorica degli Egizi relativa al rosa cfr. LUCAS & HARRIS 1989, p. 346 e il pi
recente NICHOLSON & SHAW 2000, p. 115.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 178
nages in papiro a livello di stato di conservazione rispondono in una
maniera diversa rispetto a quelli in tela. La loro maggiore fragilit do-
vuta al fatto che nel caso del cartonnage in tela di lino la struttura tessile
con il suo intreccio di fili di trama su fili di ordito resiste alle lacerazioni
meglio del foglio di papiro, nonostante il processo di essiccazione della
fibra che caratterizza entrambi. Non questa, tuttavia, la ragione per cui i
cartonnages in tela sono presenti in maggior numero nelle collezioni mu-
seali. Lo smontaggio dei cartonnages in papiro a ragione dei testi iscritti
sui fogli utilizzati per la loro confezione ha avuto certamente un suo ruo-
lo, cui si cerca di ovviare con applicazioni sistematiche di metodologie di
intervento conservativo di entrambi i contesti documentari, importanti
ognuno a loro modo ai fini della ricostruzione della storia antica. Per que-
sta ragione conservazione, recupero e studio di cartonnages e testi cercano
di percorrere itinerari non distruttivi luno rispetto allaltro e parte inte-
grante di questo percorso la sua documentazione puntuale, che costitu-
isce uno dei protocolli scientifici tipici della nostra epoca (
19
).
Detto questo passiamo agli inchiostri. Poich i cartonnages di papiro
riutilizzano fogli di papiro iscritti e da destinare al macero, ovvio che vi
figurino testi scritti e i relativi inchiostri. Quanto di tempo sia trascorso
tra la redazione dei testi e il riutilizzo dei fogli di papiro, un elemento
che forse potr essere indagato solo quando saranno avviati studi con-
giunti di materiali scrittori utilizzati nei cartonnages ed iconografie e tec-
niche di modellazione e pittura dei cartonnages. In taluni casi peraltro
lanalisi iconografica del cartonnage potrebbe apportare elementi per la
datazione del testo in casi di dubbia attribuzione, circoscrivendo il pe-
riodo e/o escludendone altri. Analogamente cronologia e tecniche di
lavorazione del cartonnage, ivi compresi i centri di produzione, potreb-
bero fornire elementi per la conoscenza del luogo di reperimento del
materiale cartaceo destinato al macero e/o leventuale mercato connesso
con le connesse valutazioni economiche e di committenza. Infatti non
(
19
) La complessit del contesto documentario e della sua reciproca conservazione
viene presentata nei suoi molteplici aspetti nel 1995 ai lavori del XVI Congresso Inter-
nazionale di papirologia (FRSN 1997), ma gi il tema aveva avuto una sua formulazio-
ne da parte di WRIGHT 1983, pp. 122-126; pi in generale si vedano RUPPRECHT 1999,
pp. 17ss. con relativa bibliografia e i contributi recenti di KRUTZSCH 2006, pp. 99-105 e
SALMENKIVI 2006, pp. 106-112. Sulla necessit di approntare protocolli di intervento
nelle attivit di restauro su materiali egizi cfr. a titolo esemplificativo BAZZOCCHI, DAMI-
CONE, DOSSI, TOSO & VIGNA 2005, pp. 248-259 (restauri di mummie con caronnage) e
CESARANI, MARTINA, CAPUSSOTTO, GIULIANO, GRILLETTO, BOANO, DONADONI ROVERI, CE-
LIA & GANDINI 2006, pp. 335-337 (ricostruzioni facciali di mummie egizie) e GRAF 2008,
pp. 84-92 (protocollo di Leipzig).
179 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
bisogna dimenticare che il cartonnage, pur essendo un materiale povero,
sostitutivo del legno, che in ogni caso veniva a sua volta stuccato e dipin-
to, poteva essere impreziosito dalla doratura, cos da acquisire una va-
lenza di pregio degna di classi pi o meno agiate. Ritornando agli in-
chiostri, settore del citato progetto Colore, abbiamo ritenuto utile ve-
rificarne la natura, estendendo le indagini di diagnostica analitica non
distruttiva a papiri pi antichi come riportato nella tabella seguente. Di
questa ricerca in corso presentiamo i primi dati, illustrati nel contributo
successivo.
Tabella dei reperti, oggetto dellindagine diagnostica multi tecnica
Oggetto Materiale Epoca Provenienza Misure N.
Sigla
Fig.
analisi
Frammenti cm 5,5x2,5 F/AS1910. C1* C1 2
di cartonnage Cartonnage cm 15x10 F/AS1910. E* E 3
funerario di papiri cm 1,5x2,5
(C1, E, C4) iscritti, II d. C. Assiut (a. sinistra) F/AS1910. C4. C4 4
maschera stuccato cm 2,5x4,5 a-b*
funeraria dipinto (b. centro)
(C5) cm 15x22 M/AS1910. C5* C5 1
(alt.)
Papiro Papiro iscritto XXV dinastia Lungh.
funerario e figurato (747- 656 a.C.) Tebe cm 116 Cat. 1852 F 7-8
* La numerazione assegnata interna al progetto di ricerca.
Tabella a. Reperti selezionati per le indagini di diagnostica non distruttiva.
DATI ANALITICI SU STUCCO, PIGMENTI E COLORI. APPLICAZIONI XRF, FORS
E RAMAN (Maurizio Aceto, Angelo Agostino, Gaia Fenoglio)
Sempre pi spesso, la necessit di avere un ampio numero di dati
sperimentali per supportare statisticamente una ricerca, porta a cercare
metodi di analisi non distruttivi e non invasivi. Questa peculiarit diven-
ta poi discriminante se viene applicata ad un ambito come quello dei
beni culturali che, come in questo caso, prevede limpossibilit, se non
in limitati casi, di effettuare campionamenti. Nel presente studio si af-
fronta la problematica della caratterizzazione di pigmenti e inchiostri di
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 180
reperti egizi in cartonnage e papiro. Tutte le analisi sono state realizzate
mediante strumentazione portatile e hanno permesso di effettuare un
approccio diagnostico multi tecnica sui reperti in oggetto. La tecnica
utilizzata stata la fluorescenza di raggi X (XRF), mediante uno spettro-
fotometro XRF derivato da un LITHOS 3000 (Assing srl). Lo strumen-
to dotato di un micro tubo a raggi X (Oxford TF3003) in grado di
operare a una tensione pari a 24 kV e ad una corrente di 0,3 mA, equi-
paggiato con un target di molibdeno in grado di fornire una radiazione
policromatica con picchi di emissione caratteristici a 17,48, 17,37 e 2,165
keV. La radiazione incidente stata focalizzata mediante un collimatore
di tungsteno su una superficie ellissoidale di circa 6 mm
2
. La rivelazione
della radiazione emessa affidata ad un Si PIN detector (Amptek) di 5
mm
2
con una risoluzione energetica pari a circa 180 eV alla K del Mn e
con uno shaping time di 6 s. Le condizioni di lavoro hanno previsto
lutilizzo di un interferometro laser per la precisa definizione del punto
di analisi e della distanza di lavoro, che stata, per tutte le misure effet-
tuate, di 9,4 mm. Per lo studio in oggetto stato utilizzato un live time di
acquisizione pari a 300 s e una geometria di 45/52. Sullo stesso punto
di analisi sono stati acquisiti 3 diversi spettri, al fine di definire un errore
sulla ripetibilit della misura e per ogni campitura colore sono state rea-
lizzate acquisizioni in punti diversi. La testa analitica stata posta su un
treppiede (Fig. 1) per poter realizzare misure anche in condizioni diffi-
cili o laddove ci fosse limpossibilit di rimuovere i reperti dalle teche in
cui sono conservati. Inoltre esiste la possibilit di sfruttare un sistema
capace di flussare elio (0,5 l/min) in maniera da saturare il cammino
ottico tra il campione e il detector al fine di ottimizzare lefficienza del
rivelatore con gli elementi a basso numero atomico. Per il lavoro di ela-
borazione degli spettri XRF ci si affidati allormai consolidato modello
proposto da Van Espen nel software WinAxil (versione commerciale
della CANBERRA), mediante il quale stato possibile effettuare tutti i
processi di valutazione e quantificazione. A supporto del lavoro si sono
utilizzati una serie di materiali standard certificati (CRM) che hanno
permesso di verificare i modelli sul sistema XRF portatile a disposizio-
ne. In particolare stata utilizzata una banca dati costruita sullanalisi di
matrici leggere (vetri e smalti) raccolta nel corso di questi ultimi anni,
che basata sul set di CRM del NIST, sul set di RM (reference materials)
del Corning Museum e della BRAMMER, e sul set di campioni messo a
disposizione dalla Stazione sperimentale del Vetro (serie FxP da 1 a 15).
Il lavoro di calibrazione ha permesso di ottimizzare lalgoritmo di Van
Espen per questo tipo di matrice dandoci la possibilit di scalare lap-
proccio quantitativo a campioni incogniti. Per trattare lenorme mole di
181 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
dati si scelto, poi, di usare lanalisi statistica multivariata e in particola-
re le tecniche non supervisionate come lAnalisi delle Componenti Prin-
cipali (PCA) che mediante lalgoritmo di Pearson in grado di correlare
le differenze composizionali, in termini di ossidi, tra tutte le concentra-
zioni elementari precedentemente determinate negli spettri di fluore-
scenza X. Purtroppo questa tecnica in grado di determinare in modo
quali-quantitativo la presenza di elementi allinterno di un determinato
materiale, senza offrire nessuna indicazione circa la composizione mole-
colare o strutturale dei pigmenti. Per supplire a questa lacuna si sono
affiancate delle tecniche complementari quali la spettroscopia di riflet-
tenza diffusa (FORS) e il RAMAN. Lanalisi delle campiture colore
stata quindi effettuata mediante la FORS con uno spettrofotometro Oce-
an Optics (Dunedin, Florida) modello USB2000. Lo strumento dotato
di una sorgente di luce allo xeno e di uno spettrofotometro, entrambi
collegati ad ununica sonda R-400 mediante fibra ottica. La sonda ha un
componente centrale che illumina il campione, attorno al quale sono
presenti 6 componenti attivi per la raccolta della riflettanza diffusa dal
campione. In questo modo la componente speculare esclusa. La geo-
Fig. 1 - Lo strumento portatile XRF in posizione di misura sulla maschera di cartonnage
M/AS1910.C5.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 182
metria della misura 45/45. Lo spettrofotometro lavora nel range 200-
850 nm; in base alle caratteristiche del rivelatore si ha una risoluzione di
1.3 FWHM. Gli spettri di riflettanza sono misurati rispetto ad uno stan-
dard WS-1 (Ocean Optics), garantito come perfetto diffusore al 98%
nel range spettrale impiegato. In tutte le misure la distanza tra sonda e
campione mantenuta costante a 3.7 mm mediante controllo con un
interferometro laser. Le condizioni strumentali sono le seguenti: 20 ms
di integrazione, 250 acquisizioni per un totale di 5 s per ogni spettro. La
sonda e linterferometro laser sono montati su un braccio mobile fissato
ad un treppiede che permette di eseguire misure anche in condizioni
difficili. Accoppiato alla FORS stato utilizzato uno spettrofotometro
RAMAN dispersivo ad alta risoluzione (Jobin Yvon-Horiba - modello
LABRAM HR). Lo spettrofotometro era equipaggiato con un micro-
scopio confocale laser con frequenza di 632.8 nm e 785.5 nm, reticolo
dispersivo di 1800 linee/mm per 600 linee/mm, monocromatore con cam-
mino ottico di 800 mm e CCD detector raffreddato con una cella. Il set-
up dellottica nello strumento ha permesso di ottenere una risoluzione
spettrale pari a circa 4 cm
-1
. Tutti gli spettri sono stati acquisiti con obiet-
tivi 20x, 50x e 100x e con un tempo di esposizione compreso tra gli 1 e i
180 secondi in funzione delle necessit. I materiali oggetto di analisi sono
caratterizzati dalla presenza di inchiostri (nero e rosso) e campiture co-
lore. Si voluto dunque sperimentare un approccio multi tecnica non
invasivo in grado di effettuare un primo test diagnostico, test che fosse
in grado di fornire gli elementi utili alla conservazione e studio dei mate-
riali utilizzati nella cultura egizia. I risultati hanno permesso di discrimi-
nare, sulla base della composizione chimica, i differenti inchiostri e han-
no permesso di riconoscere quasi tutti i pigmenti utilizzati nelle diverse
stesure. Inoltre mediante luso complementare delle tecniche stato
possibile fornire indicazioni anche sui coloranti usati per alcune varia-
zioni cromatiche. Di seguito si prenderanno in esame i risultati ottenuti,
evidenziando le criticit emerse sulla determinazione dei materiali pitto-
rici.
CARTONNAGES DA ASSIUT: PAPIRO, STUCCO, PIGMENTI E INCHIOSTRI
Lanalisi dei reperti selezionati ha permesso di avere informazioni
non solo sui materiali utilizzati nel processo pittorico, ma anche sulle
tecniche usate per la realizzazione del fondo sottostante. Partendo a con-
siderare le campiture colorate si possono immediatamente evidenziare
alcune particolarit, soprattutto nel pigmento verde.
183 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
Dallanalisi microscopica appare evidente come la colorazione verde
sia stata sapientemente ottenuta miscelando pigmenti di colore giallo e
blu. Le indagini XRF hanno mostrato la presenza di rame in abbondan-
za, oltre alla elevata presenza di piombo e zolfo. Sebbene sia stato possi-
bile definire con certezza, mediante lutilizzo della FORS, la presenza di
cuprorivaite, non stato altres possibile definire lorigine del presunto
pigmento giallo (Figg. 2-3).
Grazie alla suddetta tecnica, unita allanalisi RAMAN, stato invece
possibile chiarire lorigine cromatica di alcune campiture, quali quella
gialla e quella rosa. Infatti la presenza di arsenico e zolfo nelle stesure
gialle, determinata con limpiego dellXRF non permetteva di risalire
Fig. 2 - Reperto C1 con punti analisi.
Fig. 3 - Reperto E con punti analisi.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 184
Fig. 5 - Spettro Raman del Pararealgar rilevato sul campione C4.
Fig. 4 - Reperto C4 con punti analisi.
esattamente alla composizione chimica del pigmento, il quale si invece
rivelato essere pararealgar (Figg. 4-5). Discorso differente per il colore
rosa, ove la tecnica della fluorescenza ai raggi X non mostrava alcun
elemento caratteristico (il che denota una probabile origine organica del
materiale), e dove invece le tecniche molecolari hanno evidenziato come
sia stata usata della Lacca di Robbia. Sulle altre campiture il rosso pre-
senta alta percentuale di ferro e il blu elevata presenza di rame, silicio e
calcio (blu egizio). Sullinchiostro dei testi allinterno delle maschere, si
individua lorigine carboniosa del composto. Particolare accenno occorre
invece fare alla preparazione bianca delle maschere. Lanalisi XRF evi-
denzia la forte presenza di calcio, associata allarsenico, elemento che ci
riserviamo di valutare nel proseguimento del lavoro. Si osserva lassenza
dello zolfo, che fa quindi propendere per luso di un lime-plaster per
la preparazione dello stucco costituente il fondo bianco delle maschere,
185 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
Punto
colore strati
elementi elementi
Pigmento
analisi principali caratteristici
C1G giallo Papiro-bianco-giallo Ca Fe Fe OCRA GIALLA
C1P rosa Papiro-bianco-giallo-rosa Ca Fe Lacca Organica
C1R rosso Papiro-bianco-giallo-rosso Ca Fe Fe OCRA ROSSA
C1V verde Papiro-bianco-giallo-verde Cu Ca Fe Si Cu Ca Si BLU EGIZIO
+ giallo da identificare
C1N nero Papiro-bianco-giallo-rosa-nero Ca Fe NERO CARBONE
Tabella b. Dati punti analisi reperto F/AS1910. C1 (fig. 2).
come risulta anche dalle analisi dello strato interno del reperto (punto
analisi E-PA e fig. 6 spettro preparato bianco maschera M/AS1910.C5
della fig. 1).
Fig. 6 - Spettro XRF del fondo di preparazione bianco presente sul volto bianco latte
della maschera M/AS1910.C5.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 186
INCHIOSTRI E PIGMENTI DA PAPIRO ISCRITTO E FIGURATO (Figg. 7-8)
Allanalisi XRF il supporto vegetale presenta una composizione ca-
ratterizzata dalla presenza di abbondante calcio, accompagnata da po-
tassio. Questo normale in presenza di sistemi organici ove i suddetti
cationi solitamente sostituiscono le terminazioni polimeriche nelle cate-
ne della cellulosa. Abbondante la presenza di arsenico, che in analogia
a quanto riportato in precedenza ci riserviamo di valutare in una fase
successiva dello studio.
Altre impurezze riscontrate, quali zolfo, ferro, manganese e silicio,
sono da considerarsi contaminazioni.
Linchiostro nero come nel caso del supporto papiraceo del carton-
nage non presenta nessun segnale allanalisi XRF, e anche lanalisi RA-
MAN non determina nessun tipo di struttura particolare. Quello che si
Punto
colore strati
elementi elementi
Pigmento
analisi principali caratteristici
E-PA papiro Papiro Ca Fe K
E-B bianco Papiro-bianco Ca Fe Ca CALCITE
E-G giallo Papiro-bianco-giallo Ca As Fe As PARAREALGAR
E-P rosa Papiro-bianco-rosa Ca Fe lacca
E-R rosso Papiro-bianco-rosso Fe Ca Fe OCRA ROSSA
E-A blu Papiro-bianco-blu Ca Fe K Si bitume
E-V verde Papiro-bianco-giallo-verde Cu Ca Fe Si Cu Ca Si BLU EGIZIO
+ giallo da identificare
E-N nero Papiro-bianco-giallo-nero Ca As Fe NERO CARBONE
E-N2 nero 2 Papiro-bianco-giallo-nero Ca As Fe NERO CARBONE
E-NI nero ink Papiro-nero Ca K Fe NERO CARBONE
Tabella c. Dati punti analisi reperto F/AS1910. E (fig. 3).
Punto
colore strati
elementi elementi
Pigmento
analisi principali caratteristici
C4PA papiro Papiro
C4B bianco Papiro-bianco Ca Fe Ca CALCITE
C4G giallo Papiro-bianco-giallo Ca Fe As Fe As PARAREALGAR
C4N nero Papiro-bianco-nero Ca Fe As NERO CARBONE
C4NI nero ink Papiro-nero Ca Fe K As NERO CARBONE
Tabella d. Dati punti analisi reperto F/AS1910. C1 (fig. 4).
187 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
Fig. 7- Papiro figurato e iscritto C.1852 e punti di analisi.
osserva la presenza degli stessi elementi riscontrati sul supporto, i qua-
li, secondo le leggi fisiche che regolano il meccanismo di fluorescenza
subiscono unattenuazione dovuta proprio allo strato dinchiostro. Las-
senza di picchi caratteristici nello spettro di fluorescenza X fa per ipo-
tizzare la presenza di carbonio (amorfo, come deducibile dallanalisi
RAMAN) che effettivamente spiegherebbe lattenuazione misurata. Si
pu quindi ipotizzare lutilizzo di un non meglio identificato inchiostro
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 188
a base di carboni che risulta comunque in accordo con la letteratura
internazionale sullargomento.
Sullinchiostro rosso appare invece evidente la presenza di ferro, il
che fa propendere per un uso di un composto inorganico (ocra rossa)
basato su minerali ferrosi quali lematite o un generico ossido di ferro.
La figura femminile presenta due diverse campiture cromatiche, una
rossa, assimilabile in termini composizionali allinchiostro rosso discus-
so pocanzi e una nera che presenta invece notevoli differenze. Innanzi
tutto una differenza nel tono colore, che presenta nello spettro FORS
una banda spostata nella regione del blu e una sostanziale differenza
nello spettro XRF. In questo caso possibile osservare la presenza dei
picchi caratteristici del rame (Fig. 8).
Fig. 8 - Spettro XRF di una campitura nera presente sul papiro. Si evidenzia lelevata
presenza di rame.
La presenza di questo elemento in elevata concentrazione e non
possibile attribuirla alle impurezze del composto colorante (come acca-
de in occasione di altri pigmenti neri), si propende quindi ad attribuirla
ad un pigmento blu utilizzato in associazione o in miscela con un pig-
mento nero. Su questo punto si stanno cercando ulteriori riscontri sia
dal punto di vista analitico che da quello bibliografico.
189 ELVIRA DAMICONE et alii: Cartonnages in tela e papiro stuccati e dipinti ...
In conclusione si vuole ancora una volta sottolineare come in questo
lavoro sia stato affrontato il difficile compito di effettuare unanalisi dia-
gnostica multi tecnica su reperti egizi estremamente fragili. Questo
stato possibile grazie alluso di metodiche atte a realizzare un approccio,
non solo non-distruttivo, ma anche non-invasivo; il che ha permesso di
procedere nellidentificazione di alcuni utilizzi di materiali coloranti, utili
nellambito dei problemi di conservazione e per la conoscenza delle tec-
nologie di produzione.
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Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 192
GIORGIO IERAN
PAPIRI E MASS-MEDIA
Questo convegno, al di l della rilevanza del suo tema specifico,
anche loccasione per rendere noto e celebrare un evento che ha arric-
chito il patrimonio culturale della citt di Rovereto. Approfitto dunque
della cortesia degli organizzatori e mi permetto, prima di occuparmi del
Papiro di Artemidoro e della sua fortuna mediatica, di ritornare su tale
evento, gi anticipato da Gianmario Baldi, direttore della Biblioteca ci-
vica G. Tartarotti, che di grande importanza per tutta la comunit
scientifica. Grazie alla sensibilit del Sindaco e dellamministrazione
comunale, e soprattutto grazie alla generosit della famiglia Unterstei-
ner, la Biblioteca Tartarotti ha acquisito nel dicembre 2005 un impor-
tante fondo librario e documentario: quasi novemila volumi della bi-
blioteca privata di Mario Untersteiner, insieme a un piccolo tesoro di
manoscritti. Tra questi ultimi si trovano centinaia di fogli con studi al-
meno parzialmente inediti sulla letteratura e la filosofia dellantica Gre-
cia, studi che sono a un diverso livello di compiutezza, e materiale epi-
stolare di vario genere, che comprende lettere scritte da e indirizzate a
Untersteiner da illustri studiosi (Giorgio Pasquali, Carlo Diano, Medea
Norsa, Ernesto Bonaiuti tra gli altri).
La Biblioteca ha in programma in tempi brevi un volume in cui il
fondo, che gi stato catalogato da Giovanni Cali, verr illustrato in
maniera dettagliata. Sar questa anche una prima occasione per vagliare
i molti manoscritti di Untersteiner in forma approfondita e rigorosa (
1
).
(
1
) Per ora si dispone soltanto della presentazione generale pubblicata da M. TAU-
FER, con qualche modifica, in ben tre sedi diverse: La biblioteca di Untersteiner riemerge
a Rovereto, Studi trentini di scienze storiche 85, 3, 2006, pp. 343-346; Larchivio di
Mario Untersteiner: interesse scientifico dei lavori inediti, Atti dellAccademia Rovere-
tana degli Agiati 257, ser. VIII, vol. VII, A, 2007, pp. 343-346; La biblioteca di Mario
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 194
Oltre allepistolario, che appare di grande interesse, possibile vi si trovi
qualche saggio inedito meritevole di pubblicazione, sebbene in alcuni
casi si tratti solo di schede di lettura o di appunti per lezioni universita-
rie che lo stesso studioso, probabilmente, non avrebbe mai dato alle stam-
pe, oppure di materiale che gi confluito in altre pubblicazioni. Ma, al
di l del valore dei singoli volumi e dellimportanza di alcuni fogli inedi-
ti, il Fondo Untersteiner rappresenta, nel suo insieme, il documento af-
fascinante dellavventura intellettuale di un grande studioso.
Il Fondo ancora in crescita. Poco tempo fa Gabriella Untersteiner,
figlia di Mario, mi ha comunicato di avere ritrovato una serie di lettere
indirizzate a suo padre da alcuni studiosi del mondo antico (Manara
Valgimigli, Albin Lesky, Uberto Pestalozza tra gli altri) e altre scritte da
suo padre (a Ernesto Rossi, per esempio) che sono testimonianza di un
impegno anche civile e politico. Non escluso che vi sia altro materiale
per ora sfuggito allattenzione. In pieno accordo con la famiglia, e insie-
me al Comune, anche la Facolt di Lettere dellUniversit di Trento ha
dato fin dallinizio la sua disponibilit a impegnarsi nella valorizzazione
del fondo Untersteiner. Il 15 maggio 2009 vi stato un pomeriggio dedi-
cato al rapporto creatosi tra Untersteiner e Cesare Pavese intorno allini-
ziativa editoriale della traduzione dellOdissea per la casa editrice Ei-
naudi, a opera di Rosa Calzecchi Onesti (
2
). Studiosi come Eva Cantarel-
la o grandi attrici come Elisabetta Pozzi, da anni straordinaria interprete
dei personaggi femminili del mito e della tragedia greca, hanno gi offer-
to la loro preziosa disponibilit per iniziative che, quando queste pagine
andranno in stampa, si saranno gi tenute, il 12 dicembre 2009 e il 15
gennaio 2010. Lintento anche quello di coinvolgere un pubblico il
pi vasto possibile, non limitato alla sola cerchia degli specialisti. Lidea
intorno a cui il Comune, la famiglia Untersteiner e la Facolt di Lettere
dellUniversit di Trento si ritrovano che leredit di Untersteiner deb-
ba diventare linfa vitale per nuovi progetti e che non ci si debba limitare
Untersteiner, Rivista di storia della filosofia 1, 2008, pp. 105-115. Si tratta di un pri-
mo, sommario sondaggio in cui non segnalata, per esempio, la relazione tra i 280 fogli
di appunti conservati a Rovereto, di cui si indica il titolo Pseudepigrapha, anonimi e plagi
nelle letterature antiche, e lampio capitolo su Pseudepigrafi anonimi e plagi nei testi
filosofici e pubblicato gi in M. UNTERSTEINER, Problemi di filologia filosofica, a cura di L.
SICHIROLLO & M. VENTURI FERRIOLO, Milano 1980, pp. 109-158.
(
2
) Altri testi inediti relativi a questa vicenda, e non appartenenti al Fondo Unter-
steiner, sono stati ottimamente scandagliati di recente da A. NERI, Tra Omero e Pavese:
lettere inedite di Rosa Calzecchi Onesti, Eikasmos 18, 2007, pp. 429-447. Attinge inve-
ce allarchivio Untersteiner E. CAVALLINI, Cesare Pavese e la ricerca dellOmero perduto
(dai Dialoghi con Leuc alla traduzione dellIliade) in Omero mediatico. Aspetti della rice-
zione omerica nella civilt contemporanea, Bologna 2007, pp. 157-182.
195 G. IERAN: Papiri e mass-media
a un ossequio formale di cui, probabilmente, lo stesso studioso non sa-
rebbe stato soddisfatto.
* * *
Ma torno ora al tema di questo convegno. Accingendomi a trattare
di papiri e mass-media, mi tornata quasi subito alla memoria una riga
del pi reclamizzato best-seller degli ultimi tempi, il Codice Da Vinci di
Dan Brown. Si discute di manoscritti antichi e della loro decifrazione, di
vangeli gnostici e di verit segrete su Ges. Si accenna agli scrolls, ai
rotoli di Nag Hammadi, da cui si ricava un brano del Vangelo di Filip-
po che uno dei personaggi del romanzo inizia a spiegare agli altri, but-
tando l con nonchalance: As any Aramaic scholar will tell you... (
3
).
Ora, come ognuno sa, i testi ritrovati a Nag Hammadi non sono scritti in
aramaico ma in copto e non sono rotoli ma libri di papiro. Lo sapeva
forse lo stesso Brown, che in altre parti del suo romanzo scopiazza il
saggio di Elaine Pagels sui Vangeli gnostici da cui trae le sue rare citazio-
ni dei testi di Nag Hammadi e di cui deve avere letto almeno una pagina.
Brown cita infatti nel romanzo solo tre passi dai testi di Nag Hammadi,
addotti a sostegno della tesi sul matrimonio tra Ges e la Maddalena.
Ebbene, si pu scommettere che li ha copiati proprio dallopera della
Pagels, dove quegli stessi passi sono citati tutti in sequenza (
4
). Ma se la
comparsa dellaramaico pu essere, in ambito cristologico, una semplice
svista ( in fondo la lingua della Palestina antica e ritrover poi una sep-
pur effimera fortuna massmediatica nei dialoghi del film The Passion di
Mel Gibson), quellaffiorare del rotolo di papiro, al posto del libro,
piuttosto un lapsus rivelatore. Con listinto del romanziere da milioni di
copie, Dan Brown, magari oscuramente e senza saperlo, ha sentito che il
rotolo era un oggetto pi affascinante e pi suggestivo per i suoi lettori
di quanto potesse esserlo la pi familiare forma libraria del codice. Il
Codice Da Vinci, del resto, il Da Vinci Code: codice nel senso di
cifrario, non nel senso di codex.
Naturalmente, i presunti rotoli di Nag Hammadi attirano la cu-
riosit di Brown e linteresse dei suoi lettori anche per un motivo che
decisivo ma invece totalmente estraneo al caso del papiro di Artemido-
ro: il contenuto di carattere religioso, da sempre elemento determinante
nella fortuna mediatica di un testo antico. Basti pensare di recente al
grande battage giornalistico intorno al cosiddetto Vangelo di Giuda, la
(
3
) Cito dalledizione tascabile di The Da Vinci Code, New York 2003, p. 266.
(
4
) E. PAGELS, The Gnostic Gospels, New York 1979, pp. 64-65.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 196
cui edizione (
5
) stata sponsorizzata con gran clamore dalla National
Geographic (
6
). Oppure alla polemica sulla possibile retrodatazione di
alcuni frammenti papiracei relativi ai Vangeli di Marco e di Matteo che,
negli anni 90 del XX secolo, ha occupato i giornali di tutto il mondo.
Prima di Artemidoro, questi papiri sono stati forse quelli che hanno
goduto di maggior gloria mediatica; e, come vedremo, la loro vicenda ha
in realt almeno un punto in contatto con quella dellArtemidoro. Nel
1972, Jose O Callaghan identifica in un frammento papiraceo trovato in
una grotta di Qumran, noto convenzionalmente come 7Q5, un brano
del Vangelo di Marco (6, 52-53) (
7
). Poich il frammento sicuramente
databile prima del 68 d.C., ci permette di supporre una datazione alta
per il testo dellEvangelista e di avvicinarci, cos spiega O Callaghan in
unintervista, al Ges storico (
8
). Lipotesi viene ripresa allinizio de-
gli anni 90 dallo studioso tedesco Carsten Thiede e poi ha una grande
eco sui massmedia soprattutto grazie a un articolo del giornalista Mat-
thew DAncona apparso sul Times nella non casuale data del 24 dicem-
bre 1994. Thiede sostiene una datazione alta, intorno agli anni 60 del I
secolo, anche per un papiro del Vangelo di Matteo (il Papiro Magdalen
18, conservato al Magdalen College di Oxford) e scrive con DAncona
un libro intitolato The Jesus Papyrus, che in italiano viene tradotto come
Testimone oculare di Ges (
9
). Ed soprattutto in Italia che il frammen-
to 7Q5 e il Papiro Magdalen diventano un caso mediatico. Come scrive
lo stesso Thiede nella prefazione alledizione italiana del suo libro (p.
10) nessunaltra nazione europea aveva fatto tanto per mantenere i let-
tori informati e interessati.
Naturalmente possiamo domandarci se dobbiamo essere orgoglio-
si di questo primato. Il ritornello ricorrente, specie nei numerosi arti-
(
5
) The Gospel of Judas, edited by R. KASSER, M. MEYER & G. WURST with additional
commentary by B. D. EHRMAN, Washington 2006.
(
6
) Si veda il sito: www.nationalgeographic.com/lostgospel/.
(
7
) J. O CALLAGHAN, Papirios neotestamentarios en la cueva 7 de Qumran?, Bibli-
ca 53, 1972, pp. 91-100.
(
8
) Si veda lintervista di O Callaghan sulla rivista Vida y Espiritualidad, mag-
gio-agosto 1995, anno 11, n. 31: El aporte al haber identificado el 7Q5 es la aproxima-
cin al Jess histrico que ste nos permite entonces tocamos ya, con el testimonio
de un papiro, al Cristo histrico. Lintervista riportata da molti siti web cattolici
spagnoli (per esempio in un dossier completo sulla vicenda nel sito www.statve-
ritas.com.ar/Varios/7q5-01.htm) ma compare tradotta in italiano in altrettanti siti di
orientamento pi o meno integralista (come alla pagina dal titolo, assai eloquente per il
nostro assunto, www.nostreradici.it/un_papiro_rivoluzionario.htm).
(
9
) C. THIEDE & M. DANCONA, Testimone oculare di Ges: la nuova sconvolgente
prova sullorigine del vangelo, Milano 1996.
197 G. IERAN: Papiri e mass-media
coli della stampa cattolica, dal settimanale Il Sabato alla rivista 30
Giorni, che esista una congiura del silenzio intorno allipotesi di
Thiede animata da quanti (atei, protestanti, teologi modernisti) con-
giurerebbero nel negare la verit storica dellincarnazione di Cristo. I
quasi cento articoli apparsi solo su queste riviste sono stati poi raccolti
quasi subito in un libro, intitolato Vangelo e storicit, curato da Stefa-
no Alberto e pubblicato nella collana I libri dello spirito cristiano
della Biblioteca Universale Rizzoli (
10
). Non scandaloso, ovviamente,
che un papiro antico susciti polemiche e passioni che travalicano gli
orizzonti della filologia. Ma lelemento interessante qui piuttosto come
una discussione, obiettivamente complessa, sulla decifrazione di un
frammento di papiro, sia stata ridotta, in estrema analisi, alla tradizio-
nale idea cospirativa tipica di molta letteratura pseudoscientifica e di
appendice.
Questo paradigma cospirativo, come noto, assai diffuso. Esso vale
per tutti i manoscritti (papiracei e non) del Mar Morto ed stato sostenu-
to per esempio da autori come Michael Baigent e Richard Leigh, due or-
mai quasi leggendari campioni della pseudoscienza archeologica, tra lal-
tro ispiratori di Dan Brown con il loro libro sul Santo Graal (
11
). Ma al-
trettanta fortuna ha avuto un altro libro di Baigent e Leigh intitolato
nella versione italiana Il mistero del Mar Morto (
12
), che nel 2002 venne
cos presentato dalleditore italiano (Il Saggiatore): Lavvincente reso-
conto di come una verit scomoda riuscita a sfuggire al rigido mono-
polio delle lite accademico-religiose, per diventare patrimonio di tut-
ti. Anche in questo caso, dunque, si suppone un complotto finalizzato
a procrastinare la decifrazione e a nascondere il vero significato di un
manoscritto antico. ovviamente un meccanismo romanzesco che di-
venta verit mediatica. La congiura pu essere clericale o accademica,
massonica o giudaica o tante di queste cose tutte insieme. Ma una con-
giura ci deve essere. E, poich gli opposti complottismi coincidono, le
astute svampitaggini di Baigent e Leigh sono state a loro volta intese
(
10
) S. ALBERTO, Vangelo e storicit. Un dibattito, Milano 1995. Una sommaria rico-
struzione della vicenda anche nellarticolo pubblicato da Stefano Maria Paci in occa-
sione della morte prematura di Carsten Thiede: Una vita spesa a studiare un giallo
straordinario. Ricordo di Thiede, Tracce. Litterae Communionis, anno 32, febbraio
2005, pp. 84-85. Si veda anche, per una valutazione pi obiettiva dei termini della pole-
mica sul piano scientifico, R. OTRANTO, Studi papirologici 1990-2006: una rassegna, Qua-
derni di storia 65, 2007, pp. 458-459.
(
11
) M. BAIGENT, R. LEIGH & H. LINCOLN, Holy Blood, Holy Grail, London 1983.
(
12
) Il libro era uscito in versione originale nel 1991 con il titolo The Dead Sea Scrolls
Deception ed era gi stato tradotto in italiano nel 1997 dalleditore Tropea.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 198
come parte di un complotto della grande stampa internazionale con-
tro le verit cristiane (
13
).
Ultima postilla su questa vicenda. In un suo altro libro, Jesus: Life or
Legend (1990), Carsten Thiede sostiene che unulteriore possibile prova
a favore delle sue tesi stata colpevolmente trascurata dai filologi. Essa
rappresentata dai frammenti di un testo papiraceo che era propriet del
collezionista ottocentesco Joseph Mayer e che contiene brani del Van-
gelo di Matteo. Per puro pregiudizio, egli scrive, cio appunto solo per
rifiutare una retrodatazione dei Vangeli, si sono considerati questi fram-
menti opera di un falsario. Soltanto perch colui che li aveva scoperti
aveva, appunto, fama di falsario: ma in questo caso, argomentava Thiede,
egli non poteva averli falsificati poich aveva solo ottenuto lautorizza-
zione a leggerli, cosa che fece nella stessa biblioteca di Mayor (sic), il pi
delle volte alla presenza del proprietario e di altre persone (
14
). Lo scopri-
tore-falsario di cui Thiede andava discutendo era, quasi inutile dirlo, lal-
lora non ancora notissimo ai mass media Costantino Simonidis.
Nel caso del papiro di Artemidoro non si ha a che fare con verit
segrete sulla vita di Ges n con complotti giudo-massonici o clerico-
accademici. Tuttavia, se consideriamo la fortuna mediatica dellArtemi-
doro da un punto di vista, per cos dire, formale, riscontriamo anche in
questo caso alcuni motivi topici. Per esempio, il ritorno di quella sempi-
terna e millenaria egittomania che a fasi alterne caratterizza la civilt oc-
cidentale, da Erodoto, ad Atanasius Kircher, alla Francia napoleonica.
Soprattutto prima del 2006 (prima cio che si ponesse la questione del-
lautenticit) lenorme fortuna mediatica dellArtemidoro anche uno dei
postumi di quella febbre dei papiri, che inizia a salire in Europa, alla
fine del XIX secolo, a partire dagli scavi e dalle scoperte di Flinders Petrie
a Gurob e di Bernard Grenfell e Arthur Hunt a Ossirinco. La vicenda
mediatica di queste scoperte papirologiche stata recentemente ricostrui-
ta in un articolo, purtroppo postumo, di Dominic Montserrat (
15
). Le cla-
morose scoperte papiracee segnano, in effetti, lapertura di un capitolo
nuovo nellegittomania, linizio di quello che lo stesso Grenfell, citando
(
13
) Sempre A. SOCCI, Qumran. Come ti stravolgo i rotoli, in Il Sabato del 25 aprile
1992, pp. 50-52, poi in ALBERTO, Vangelo e storicit, cit., pp. 429-434.
(
14
) C. THIEDE, Jesus: Life or Legend?, Oxford 1990, tr. it. Ges, storia o leggenda?,
Bologna 1992, p. 86. Sui fondamenti (ma anche sulla probabile ingenuit) di queste asser-
zioni cfr. L. CANFORA, Il papiro di Artemidoro, Roma-Bari 2008, pp. 60-61 e 457-463.
(
15
) News Reports: The Excavations and their Journalistic Coverage, in Oxyrhynchus:
a City and its Texts, edited by K. BOWMAN, R. A. COLES, N. GONIS & D. OBBINK, London
2007, pp. 28-38.
199 G. IERAN: Papiri e mass-media
parole di Theodor Mommsen, defin il secolo dei papiri (
16
). Il papiro
diventa di moda. Occupa persino le scene teatrali inglesi: viene citato
nella commedia musicale A Greek Slave, che resta in cartellone per pi
di un anno a Londra tra il 1898 e il 1899; mentre centanni dopo, nel pi
colto dramma di Tony Harrison, I segugi di Ossirinco, Grenfell e Hunt
figurano addirittura come personaggi. Viene dunque profilandosi una
leggenda dei papyrus hunters che, in parte, ritorna nella presentazio-
ne mediatica del caso Artemidoro.
Questa rinnovata cultura dei papiri ha ovviamente prodotto, nel XX
secolo, anche la sua sottocultura. Essa si appropriata del nuovo Egitto
dei testi greci ma lo ha piegato ai vecchi standard dellegittomania esote-
rico-romanzesca. Cos, per esempio, Philippe Vanderberg, in un fortu-
nato best seller del 1975, intitolato La maledizione dei Faraoni (The Cur-
se of the Pharaohs), inserir lo stesso Flinders Petrie, in quanto profana-
tore di mummie avvezzo a frugare nel cartonnage, tra le vittime della
maledizione suddetta, evocandone la morte improvvisa. Il fatto che
Petrie nel 1942, ovvero nel momento di questa sua morte subitanea e
inspiegabile, avesse 89 anni, ovviamente un dettaglio su cui Vander-
berg sorvola. Levidenza non pu incrinare un paradigma che fatto per
sopravvivere a ogni verifica. La sintesi, a cura delleditore (Harlequin),
di un recentissimo romanzo di consumo americano (Alex Archer, The
Lost Scrolls, 2008) recita per esempio: Ancient papyrus scrolls recove-
red among the charred ruins of the Library of Alexandria reveal asto-
nishing texts that detail the wonders of Atlantis. Escludendo che qui si
alluda a Platone, ovviamente lennesimo ritorno di quel sincretismo
esoterico egittizzante che trova continuo alimento nel fantasticare su rotoli
di papiro scritti in lingue stravaganti. Stravaganti come il greco, sinten-
de, che nel frattempo divenuto un oggetto bizzarro ed esotico quasi
quanto il geroglifico o laramaico tanto caro a Dan Brown.
Scriveva Umberto Eco (LEspresso, 10 marzo 2006), a proposito del
continuo riuso di un ciarpame esoterico di altro genere, quello medie-
val-cristiano sul Graal, Rennes les Chateux, il Priorato di Sion e simili:
La tendenza dei consumatori docculto sempre stata quella di ritene-
re vero quello che hanno gi udito, e quindi pi il materiale che viene
loro offerto ripetitivo pi ci godono. questa anche la chiave del
successo del romanzo di Dan Brown, secondo Eco che, parafrasando il
ben noto detto attribuito a J. K. Chesterton, aggiungeva: Quando la
(
16
) Cfr. N. GONIS, Mommsen, Grenfell, and The Century of Papyrology, ZPE
156, 2006, pp. 195-196.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 200
gente non crede pi in Dio, diceva Chesterton, non che non creda pi
a nulla, crede a tutto. Persino ai mass media.
Allinterno di questo molto generale e cos abbozzato contesto, la
vicenda massmediatica dellArtemidoro resta comunque assai particola-
re. Anche perch qui si profila fin dallinizio una novit reale (c la
notizia, come si direbbe nel gergo giornalistico): un testo nuovo, un
manufatto eccezionale per pi di un aspetto. Si potrebbe forse parlare di
tre vite mediatiche del papiro (
17
). La prima, brevissima, vita abbrac-
cia lultimo scorcio degli anni 90. Devo confessare a questo punto, per
correttezza, la mia piccola complicit personale nella vicenda mediatica
che sto qui ricostruendo: del papiro di Artemidoro ho scritto pi volte
su vari giornali (Panorama, Il Giornale, Archeo) tra il 1999 e il 2006, nel
periodo cio compreso tra lannuncio della scoperta e lesibizione del
papiro nella grande mostra torinese. Il mio primo articolo era apparso
sul settimanale Panorama gi il 2 settembre 1999 e, come tutti i seguenti,
abbracciava senza riserve lautenticit di un papiro di cui peraltro, al-
lepoca, nessuno dubitava. Era una sola e necessariamente approssima-
tiva paginetta, anche considerando che il papiro non era ancora stato
visto da nessuno a eccezione degli scopritori. Tuttavia non era il primo
articolo in assoluto. Poich, a quanto mi risulta, la primissima notizia,
sempre ovviamente in campo massmediatico e giornalistico, prescindendo
dunque dallarticolo di C. Gallazzi e B. Kramer sullArchiv fr Papyrus-
forschung (
18
), viene comunque data da Giulio Giorello sul Corriere del-
la Sera del 28 giugno 1999. Comprensibilmente, in questa prima fase
lattenzione si concentra in primis sulla mappa della Spagna, anche per
una ragione pratica: nelle redazioni non circolava ancora il testo, n in
traduzione n tantomeno in originale, ma erano disponibili soltanto le
immagini della carta geografica e di uno dei disegni. Nei primi titoli dei
giornali, quindi, la notizia dominante quella della scoperta di un uni-
cum della tradizione geografica antica: cos, per esempio, il gi citato
articolo di Panorama era intitolato Il padre di tutti gli atlanti, mentre
quello di Dario Del Corno sul supplemento domenicale del Sole24Ore
del 24 ottobre 1999 figurava sotto il titolo Il mondo in un papiro.
Trovato il pi antico atlante del mondo titolava invece La Padania
dell11 novembre di quello stesso anno. Anche se il secondo elemento di
(
17
) Si veda anche la rassegna degli articoli giornalistici in Cronache di una scoperta,
Quaderni di storia 65, 2007, pp. 405-440 e Cronache di una scoperta/2, Quaderni di
storia 66, 2007, pp. 370-378.
(
18
) C. GALLAZZI & B. KRAMER, Artemidor im Zeichensaal, Archiv fr Papyrusfor-
schung 44, 1998, pp. 198-208.
201 G. IERAN: Papiri e mass-media
eccezionalit del papiro, la galleria di disegni, conquista progressivamente
la ribalta mediatica (si veda, per esempio, larticolo di V. Domenici sul
Corriere della Sera del 21 novembre 1999, intitolato Il papiro geografico
divent un taccuino dartista).
La seconda vita massmediatica dellArtemidoro straordinariamen-
te vivace. Essa ha il suo picco tra il 2004 e il 2006, cio tra lacquisizione
del papiro da parte della Compagnia di San Paolo e lesposizione del
reperto nella mostra torinese di Palazzo Bricherasio, dall8 febbraio al 7
maggio 2006. La rassegna stampa della mostra imponente. Credo sia
anche lunico caso in cui la scoperta di un reperto archeologico o di un
testo antico abbia prodotto, in tempi quasi reali, nello stesso anno 2006,
addirittura un romanzo, La misteriosa storia del papiro di Artemidoro,
firmato da uno scrittore autorevole e colto come Ernesto Ferrero. Il li-
bro ricostruisce la storia del rotolo secondo la teoria delle tre vite.
Prima di essere pubblicato da Einaudi, viene addirittura distribuito (al
prezzo di 5,90 euro) con il quotidiano La Stampa. La quarta di copertina
del volume allegato alla Stampa inizia cos: NellEgitto di Cleopatra, un
papiro dalla storia avventurosa passa di mano in mano....
Il papiro dunque, con la complicit di noi giornalisti, narratori e
cronisti dellantico, si contestualizza. Non ormai soltanto la pi anti-
ca mappa del mondo (e neppure il mirabilmente raro carnet di dise-
gni). Trova uno sfondo suggestivo che ne sostiene la natura di oggetto
semileggendario. Lo sfondo quello dellAlessandria alla fine del regno
dei Tolomei. LEgitto di Cleopatra, appunto. Lo stesso Ferrero, quando
la querelle sullautenticit appena scoppiata, scrive con molta sincerit
su La Stampa del 15/09/2006: Non sapevo niente dellet ellenistica e
una full immersion mi ha fatto scoprire una civilt raffinata ed estrema,
post-moderna, in cui ci sembra di riconoscere molti tratti della nostra
epoca: la nevrotica Alessandria multirazziale dei Tolomei come la New
York di oggi. Una spiegazione interessante e suggestiva del fascino di
Alessandria. Anche se ovviamente, per il grande pubblico, prevale il fa-
scino di unaltra leggenda millenaria, quella di Cleopatra appunto, su
cui non vale neppure la pena di soffermarsi.
Per pura coincidenza, inoltre, a cavallo tra XX e XXI secolo, una
serie di eventi mediatici riportano di attualit il mondo alessandrino.
Nel 1995 ci fu il caso della presunta tomba di Alessandro Magno che
unarcheologa greca, Liana Souvaltsi, pretendeva di avere trovato nel-
loasi egizia di Siwa. La notizia ebbe uneco che ha davvero dellincredi-
bile (si veda per esempio lampio reportage apparso su Der Spiegel del
13 febbraio 1995). Televisioni di tutto il mondo accorrono, i giornali
pubblicano mappe dettagliate del sepolcro, che in realt un tempio
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 202
della prima et romana (
19
). Non meno clamorosa la risonanza degli
scavi sottomarini nel porto di Alessandria: non tanto quelli dellarcheo-
logo Jean-Yves Empereur, che sostiene di avere ritrovato frammenti ar-
chitettonici del Faro, quanto quelli dellesploratore dilettante Franck
Goddio, che invece punta ancora una volta sulla leggenda di Antonio e
Cleopatra, raccontando di avere individuato sia il palazzo reale di Antir-
rhodos sia il Timonium in cui il condottiero romano visse i suoi ultimi
disperati giorni. La fotografia che ritrae un sommozzatore del team di
Goddio sottacqua di fronte a una Sfinge di epoca tolemaica ricompare
sui giornali, dalla met degli anni Novanta, a intervalli regolari.
La novit obiettiva della scoperta del papiro si inserisce dunque in
una macchina mediatica che gi sta tornando a macinare (in maniera pi
o meno attendibile) luniverso in larga parte immaginario delle vecchie
avventure e dei vecchi misteri egizio-alessandrini. Nessuno pone in que-
stione lautenticit del papiro in questo momento. tuttavia evidente
che il papiro non ha affatto bisogno di essere autentico per diventare un
feticcio mediatico. Lautenticit un accessorio, lavventuroso rotolo
funziona comunque in quanto elemento di una favola. E infatti diventa,
appunto, romanzo, per potere esprimere al meglio questa sua funzione.
Esattamente come le presunte scoperte di Liana Souvaltsi appagano gior-
nalisti e lettori anche se sono false: la loro eventuale (e in parte gi previ-
sta) smentita non che una provvisoria sospensione, una momentanea
cancellazione in un palinsesto destinato ad accogliere molte altre volte la
stessa romanzesca storia. Proprio nei giorni del convegno roveretano, i
notiziari dellAnsa hanno rilanciato lennesima favola alessandrina: legit-
tologo Zahi Hawass, avventurosa star dei media, sosteneva di avere tro-
vato la tomba comune di Antonio e Cleopatra. Ovviamente non era vero,
ma ne abbiamo letto per giorni.
La terza vita mediatica del papiro di Artemidoro inizia invece il 14
settembre 2006. Cio quando, ancora una volta sul Corriere della Sera,
appare un articolo di Dino Messina il quale preannuncia i dubbi sullau-
tenticit che verranno pubblicati sui Quaderni di storia. Il fin qui preve-
dibile, sebbene gi eccezionale, destino massmediatico del papiro di Ar-
temidoro viene sconvolto. Come scrive il giorno dopo Ernesto Ferraro
nel gi citato articolo su La Stampa, Torino si ritrova in casa unaltra
Sindone: Destinato a una carriera onesta ma un po prevedibile nelle
sale del Museo Egizio, il Papiro di Artemidoro si avvia improvvisamente
(
19
) Il caso Souvaltsi ricostruito da N. SAUNDERS, Alexanders Tomb, New York
2006, pp. 178-186.
203 G. IERAN: Papiri e mass-media
a diventare una di quelle star che tutti devono vedere per dire la loro.
ormai gi consegnato a quei territori del mitico e del favoloso da cui
nessuno potr pi strapparlo. Falso o vero, a questo punto non conta
molto. Il caso richiamer frotte di narratori e registi, molti simil-Dan
Brown proporranno audaci collegamenti con le mistiche vicende del
Graal. I cultori della fantastoria banchetteranno per anni, si scateneran-
no i maestri della complottistica e della dietrologia. Se fino a ora il papi-
ro aveva vissuto tre vite, la quarta appena avviata non gli far un baffo.
Ma un dato interessante e nuovo che questa volta i giornalisti vengono
di fatto gradualmente relegati in una dimensione accessoria e di secondo
piano. Parlano direttamente i protagonisti della polemica che, peraltro,
caso abbastanza eccezionale almeno nel panorama giornalistico italiano,
sanno farsi intendere con estrema chiarezza anche dal lettore non spe-
cialistico.
Il resto storia di oggi. La disputa, come dimostra anche questo
convegno, vivace, accesissima, coinvolgente: a lively and impassioned
debate, secondo quanto recita la presentazione di un volume recentis-
simo (
20
). Comunque la si veda, questo dibattito ha un aspetto salutare.
Lillusione, comune allapproccio giornalistico, che il testo papiraceo
permetta di collegarsi allantichit per cos dire in diretta, senza me-
diazioni di sorta, senza necessit di una interpretazione, si svelata falla-
ce. Anche la profezia di Ferrero su un destino in stile Dan Brown per il
papiro di Artemidoro stata, almeno per ora, smentita: il dibattito si
fatto, al contrario, anche sui giornali, sempre pi tecnico, dettagliato,
minuto. Il papiro di Artemidoro ha infine ritrovato una sua circostan-
ziata sostanza documentaria, una dimensione storica e non leggendaria:
che lo si pretenda vero o lo si voglia falso, ha smesso di essere romanze-
sco pur senza smettere di essere affascinante.
(
20
) Images and Texts on the Artemidorus Papyrus. Working Papers on P. Artemid.
(St. Johns College Oxford, 2008), ed by K. BRODERSEN & J. ELSNER, Wiesbaden 2009.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 204
SILVIA RONCHEY
RIFLESSIONI METODOLOGICHE SULLA
QUERELLE DI ARTEMIDORO
I.
Se tutti gli uomini, meno uno, avessero la stessa opinione, non avreb-
bero diritto di far tacere quellunico individuo pi di quanto ne avrebbe
lui di far tacere, avendone il potere, lintera umanit, scriveva John Stuart
Mill nel suo saggio Sulla libert (On liberty) del 1859. Impedire lespres-
sione di unopinione spiegava sempre e comunque un crimine.
Infatti se lopinione giusta, coloro che ne dissentono vengono privati
della verit; ma anche nel caso in cui essa sia sbagliata, coloro che ne
dissentono sarebbero privati di un beneficio ancora pi grande, quello
di veder rafforzata la verit medesima per confronto con lerrore (
1
).
John Stuart Mill, grande esponente dellempirismo anglosassone,
seguiva in questa sua affermazione la lezione del padre fondatore del
movimento nella Oxford del Seicento. E infatti Locke, allinizio del-
let moderna, a ridefinire con chiarezza il significato di una parola mol-
to importante per noi filologi: la parola critica.
Lo ha fatto in quelle celebri pagine della premessa al Saggio sullin-
telletto umano, in cui espone ci che gli apparve chiaro una sera dinver-
no a Exeter House, la residenza londinese del conte di Shaftesbury (
2
).
(
1
) J.S. MILL, On Liberty, London 1859: If all mankind minus one were of one
opinion, and only one person were of the contrary opinion, mankind would be no more
justified in silencing that one person, than he, if he had the power, would be justified in
silencing mankind [...] If the opinion is right, they are deprived of the opportunity of
exchanging error for truth; if wrong, they lose what is almost as great a benefit, the clearer
perception and livelier impression of truth, produced by its collision with error.
(
2
) J. LOCKE, An Essay Concerning Human Understanding, vol. I, London 1690; la
gestazione dellopera fatta risalire a una riunione tra amici, avvenuta nelle stanze che
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 206
Prima di cominciare qualsiasi indagine indispensabile, ipotizz quella
sera Locke, criticare lintelletto umano. Critica, scrisse Locke e oggi
a noi qui presenti pu apparire ovvio, ma non lo era ai suoi tempi, come
in effetti sembra non esserlo per tutti neppure ora non significa biasi-
mo, ma esame, ricerca. partendo di qui che Locke distinse tra cono-
scenza (knowledge), credenze (beliefs) e opinioni (opinions). Una distin-
zione che sarebbe importante ricordare ogni qualvolta dibattiamo su un
argomento scientifico-filologico.
Perch in effetti lapplicazione della critica che pi ci interessa qui e
oggi quella alla critica del testo.
(Vorrei comunque notare, per inciso, che Locke anche il padre del
liberalismo politico: come Mill e, non a caso, come tutti coloro che si sono
occupati di quello che oggi si usa chiamare, genericamente, metodo critico).
La Oxford del tardo Seicento la stessa in cui, a distanza di pochi
anni e allinterno dello stesso entusiasmante milieu intellettuale in cui
operava Locke, nacque la filologia: la filologia come metodo; la filologia
classica, che in realt nacque come filologia bizantina. Fu infatti intorno
al testo di Giovanni Malalas, un autore bizantino del VI secolo, che Ri-
chard Bentley scrisse a uno studioso di nome Mill, anchegli John ma
precedente al gi citato, la famosa epistola lEpistola ad Millium che
sia Bunsen sia Wilamowitz considereranno il vero e proprio atto di fon-
dazione della critica del testo: lapplicazione del metodo induttivo e del-
la critica, adoperata nel senso in cui la intendeva Locke, alla costituzione
e alla comprensione dei testi antichi (
3
).
NellEpistola ad Millium Bentley confuta, contraddice, contesta i pi
esimi e gloriosi tra i suoi colleghi studiosi, con una libert, unironia,
una vis polemica immense, senza tuttavia che questo costituisca o venga
minimamente considerato un atto di lesa maest nei loro confronti. Anzi,
era un atto di omaggio; anzi, era proprio quello il codice, era proprio l
lessenza di ci che si passa tra studiosi: un incalzare di cui la provoca-
zione e la sfida erano la chiave, e la richiesta di risposta, di essere a pro-
pria volta contrastati e contraddetti, era continua, come negli affondi di
un gioco di scherma.
Locke occupava nella dimora sullo Strand quale medico personale, probabilmente nel
febbraio del 1671.
(
3
) Joannis Antiocheni cognomento Malalae Historia chronica e ms. cod. Bibliothe-
cae Bodleianae nunc primum edita [...] accedit Epistola Richardi Bentleii ad Cl.V. Jo. Mil-
lium, Oxonii, E Theatro Sheldoniano, 1691 (rist. in R. BENTLEY, Dissertation upon the
Epistles of Phalaris, Themistocles, Socrates, Euripides, and upon the Fables of Aesop: also,
Epistola ad Joannem Millium, ed., with notes, by. A. Dyce, vol. II, London, Macpherson,
1836, pp. 238-365).
207 S. RONCHEY: Riflessioni metodologiche sulla querelle di Artemidoro
Le emendazioni congetturali che Bentley avanza nella sua Epistola sono
innumerevoli. Ma la pi grande e evidente delle sue congetture quella
che avanz quando, allinizio del 700, propose unedizione critica del
testo greco del Nuovo Testamento e ne diede un saggio, in cui deline
anche i princpi critici che lavrebbero informata e in cui stim che, criti-
cando in base ai manoscritti pi antichi il testo accettato allepoca, il nuo-
vo testo critico avrebbe differito da quello in circa 2000 luoghi.
Bentley aveva allora ottantanni e non pot portare a termine il suo
progetto. Lo fece, un secolo pi tardi, in Germania, Karl Lachmann,
colui che fond il metodo critico-testuale in termini sistematici. Ebbene,
le divergenze contate da Lachmann erano, appunto, circa duemila. Quella
di Bentley si pu considerare la pi largamente provata delle emenda-
zioni congetturali di tutti i tempi. E questo ci suggerisce che il metodo in
base al quale era stata avanzata non solo era corretto, ma era lunico che
consentisse di portare coloro che si occupano di testi a risultati concreti,
non basati su preconcetti o su inerzie o, peggio, su dogmi, teologici o
ideologici, ma in grado di assodare qualcosa che possiamo chiamare la
realt di un testo, e di distinguerla da ci che possiamo chiamare la sua
falsit. E questo attraverso un procedimento critico non solo basato sul
metodo induttivo di Locke, ma ispirato anche ai princpi del nascente
metodo scientifico razionalistico: Bentley era, com noto, amico e corri-
spondente di Isaac Newton (
4
).
II.
Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere lunica possibile, prendilo
come un segno che non hai capito n la teoria n il problema che si inten-
deva risolvere, ha scritto un filosofo del Novecento, Karl Popper (
5
).
Anche secondo Popper la conoscenza umana di natura congettu-
rale e ipotetica, e trae origine dallattitudine delluomo a risolvere i pro-
blemi in cui si imbatte, intendendo per problema la contraddizione tra
quanto previsto da una teoria e i fatti osservati. Ma la sua definizione del
metodo scientifico basata sul criterio di falsificabilit, anzich su quel-
lo di verificabilit (
6
).
(
4
) Per le quattro lettere di Newton a Bentley vd. ora The Correspondence of Ri-
chard Bentley, ed. J.H. Monk, Cambridge, Cambridge University Press, 2009.
(
5
) K. POPPER, Objektive Erkenntnis. Ein evolutionrer Entwurf [Conoscenza ogget-
tiva: un punto di vista evoluzionistico], Hamburg, Hoffmann u. Campe, 1974.
(
6
) Cfr. K. POPPER, Logik der Forschung [Logica della scoperta scientifica], Wien,
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 208
Popper afferma che il valore della falsificazione di portare a teorie
sempre pi ampie, in grado di spiegare un maggior numero di cose.
Questo dipende dal fatto che la falsificazione porta a sostituire lipotesi
di una teoria con unaltra pi complessa e puntuale, che limita lambito
di applicabilit della teoria, dovendosi escludere quello in cui stata
falsificata (
7
).
questo il punto: la complessit dellipotesi, la ricchezza della teo-
ria, la sua capacit di spiegare pi cose, quando si segue il metodo criti-
co. E, come abbiamo visto, fin dalla nascita della nostra disciplina il
metodo filologico il metodo critico per eccellenza.
Vorrei riassumere in modo schematico le tappe di questo metodo
usando il prontuario che tre benemeriti professori californiani hanno
recentemente compilato per istruire non tanto i giovani allievi, quanto i
giovani e meno giovani professori chiamati, in qualsiasi disciplina, a for-
marli (
8
).
Sebbene il pensiero critico non abbia bisogno di una successione
rigida di passi obbligati sottolineano , per il processo generale si rac-
comanda caldamente questa sequenza:
1. Ascolto di qualsiasi opinione in merito alla questione in esame, ana-
lisi di ciascuna di esse sotto ogni profilo, a partire dalla considerazio-
ne di ogni argomento a supporto di ciascuna.
2. Esame specifico delle proposizioni e delle implicazioni, al fine di rile-
vare eventuali contraddizioni intrinseche.
3. Individuazione di posizioni opposte allinterno di un dibattito, e as-
segnazione di un peso a ciascuna di esse: una specie di metodo socra-
tico, che richiede una molteplicit di soggetti dialoganti.
E, aggiungo, noi insistiamo su quellascolto di ogni e qualsiasi opi-
nione, poich ogni ricerca, congresso o seminario devessere controver-
siale.
Julius Springer Verlag, 1934 (ma con data di stampa 1935); ID., Vermutungen und Wider-
legungen [Congetture e confutazioni], I, Tbingen, J.C.B. MOHR, 1963 = Conjectures and
Refutations, London, Routledge and Keagan Paul, 1963.
(
7
) Secondo il suo allievo e critico Feyerabend, il pensiero di Popper in realt
non che una riproposizione del pensiero di John Stuart Mill: appunto.
(
8
) R. PAUL, L. ELDER e T. BARTELL, California Teacher Preparation for Instruction in
Critical Thinking: Research Findings and Policy Recommendations, California Commis-
sion on Teacher Credentialing. Foundation for Critical Thinking, Sacramento, Califor-
nia, 1997.
209 S. RONCHEY: Riflessioni metodologiche sulla querelle di Artemidoro
III.
Circulus facit doctores. Senza pluralit, senza un circolo di discussio-
ne, non si approda che a fantasmatici teoremi. Solo attraverso il lavoro
maieutico del dialogo si arriva a produrre quel vero e proprio, laborioso
parto che pu dare alla luce un nuovo risultato. Una nuova verit infi-
nitamente discutibile, criticabile, falsificabile, su cui tornare continua-
mente, ma criticamente.
questo parto loggetto della ricerca scientifica, filologica o storica,
della critica, del nostro lavoro di studiosi. Un parto come quello e
capita di rado! cui ho avuto il privilegio di assistere, non da papirologa
beninteso ma da filologa e studiosa, ottenuto dallquipe guidata da
Luciano Canfora, che ha fornito, in tre anni di studi e pubblicazioni,
come abbiamo visto e vedremo nei lavori di questo convegno, una vasta
e complessa letteratura su Artemidoro e sul cosiddetto papiro di Arte-
midoro.
Era inevitabile che le acquisizioni, i paragoni, le aperture, le conget-
ture e tutti gli altri elementi di indagine del lavoro di gruppo guidato da
Canfora fossero presi sostanzialmente in considerazione, forse non ab-
bastanza, e non in contraddittorio aperto e de visu, dai tre autori del-
ledizione Led guidati da Salvatore Settis (
9
): potete vedere alcuni esem-
pi nello specchietto che segue.
ACQUISIZIONI SETTIS VS. ACQUISIZIONI CANFORA
1) Ed. Led, pp. 222-223 e 233, com-
mento a col. IV, 21-24 (il promon-
torio di Oiasso)
2) Ed. Led, passim (vd. articolo di R.
Otranto qui a fianco)
Canfora, Papiro di Artemidoro, Later-
za, cap. XIII e inoltre pp. 290-291
[Per led. Led, Tolomeo, nel falsare il
dato della prominenza del promontorio
settentrionale dei Pirenei, avrebbe ripre-
so un errore di Artemidoro; anche la
mappa, come tutti i dati, la medesima
fornita da Canfora: fonte comune la
recente ed. della Geografia di Tolomeo
curata da A. Stckelberger]
Rosa Otranto, QS 68, pp. 221 e 227-8
[Diversi casi in cui led. Led ha modifi-
cato le proprie precedenti convinzioni
(
9
) C. GALLAZZI, B. KRAMER e S. SETTIS, Il papiro di Artemidoro, Milano, Led Edizio-
ni, 2008.
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 210
Dunque, com ormai universalmente acquisito, il lavoro dquipe
batte quasi sempre il lavoro individuale, lasciando al singolo studioso
feconde intuizioni. Occorre non sottrarsi al confronto aperto, alla sfida
bentleyana, al pungolo delle ipotesi divergenti, alla messa in discussione
dei beliefs e allaperta accoglienza di tutte le opinions, se non si vuole
mettere a repentaglio il processo di knowledge.
Se ammettere la possibilit o anzi la probabilit dellerrore il punto
di partenza di ogni lavoro scientifico, la mancata osservanza, da parte de-
3) Ed. Led, p. 213
[Giova, invece, segnalare che lindica-
zione di Stiehle das Fragment steht auch
bei Constantin. Porphyrog., aggiunta in
coda alla citazione del fr. 21 tratta da
Stefano di Bisanzio, solo fuorviante
etc.]
4) Ed. Led, pp. 132 (Baenis [Minius]),
193 (col. V, 42), 264 (comm. a V,
38-43), 268-269 (comm. a V, 42
Bev nin)
5) Ed. Led, pp. 98ss. (Vita di Artemi-
doro)
sullaspetto bibliologico del P.Artemid. a
seguito delle osservazioni di Rosa Otran-
to, senza mai per farne menzione]
Canfora, QS 64, pp. 45-47
Canfora, Papiro di Artemidoro, Later-
za, pp. 297-298
[In edizioni parziali della colonna V pre-
cedenti la Led, gli editori proponevano
la lettura ej pi; to; n Bev nin h] Miv nion in V,
42. Ma un errore confondere i due fiu-
mi come se fossero nomi dello stesso
corso dacqua: errore che nasce da Stra-
bone III, 3, 4 nella fortunata traduzione
di Xylander e che fu ravvisato solo da
Schweighuser (cfr. Laterza, p. 297).
Nelled. Led stato accolto nel testo (p.
193) ej pi; to; n Bev nin potamov n, ma si
tralasciato di aggiornare tutti i riferimen-
ti e il commento, dove si continua a trat-
tare della equivalenza Baenis/Minius]
Canfora, Papiro di Artemidoro, Later-
za, pp. 69ss.
[I pochi dettagli sulla vita del geografo
di Efeso: per un confronto tra le due
vedute si veda L. Lehnus, Artemidoro
elegiaco, QS 68, pp. 279-288, soprat-
tutto 282-286]
211 S. RONCHEY: Riflessioni metodologiche sulla querelle di Artemidoro
gli editori critici, dei tre passaggi raccomandati dal pi elementare proto-
collo del metodo critico (e suggeriti come proficui anche dal buon senso,
allorch pi studiosi lavorino sullo stesso argomento), in una parola la
refrattariet ad accogliere la critica nel senso vulgato cos come in quello
pi alto del termine, ha determinato incrinature oggettive e insanabili gi
nella correttezza, coerenza e attendibilit del loro lavoro ecdotico.
Possiamo affermare insomma che c una fondamentale, decisiva
petizione di metodo a monte della contrapposizione fra le due teorie
sul papiro di Artemidoro: la scelta tra le due non pu non implicare
anche una scelta metodica; e non pu non applicare la distinzione lockia-
na tra conoscenza (knowledge), credenze (beliefs) e opinioni (opinions).
IV.
In questo mio breve excursus non ho avuto il compito di entrare nel
merito, ma ho voluto con forza entrare nel metodo, per offrire alludito-
rio, anche a quello non strettamente specialistico, le informazioni basi-
che per giudicare quale sia stata limpostazione critica pi fertile e pi
consona alla nostra disciplina di studio, la filologia.
Prima di concludere, vorrei per fare unultima osservazione, nel
solco, per cos dire, della relazione di Giorgio Ieran.
Vorrei notare il carattere edificante e fecondo della querelle tra Can-
fora e Settis. Se prendiamo per un momento come soggetto di studio
non il papiro ma la polemica in quanto tale cosa che in futuro sar fatta
indubbiamente, e molto pi ampiamente ci accorgiamo che la discus-
sione stessa divenuta oggetto di discussione.
Abbiamo assistito a un fenomeno senza precedenti, grazie anche ai
nuovi mezzi di comunicazione del nostro tempo, in cui le opinioni non
si scambiano o trasmettono per epistolas, come faceva Bentley, ma attra-
verso le colonne dei giornali, la televisione, la radio, internet e gli altri
media. Ora, questo fenomeno la dimostrazione della presa che come
nellagor di Atene ai tempi di Socrate e del suo metodo, cos oggi nella
grande agor mediatica hanno la critica e la messa in discussione. Del-
lattrattiva che ha lapplicazione di un corretto protocollo metodico, che
anche unattitudine mentale e un costume di vita. Quanto mai necessa-
rio oggi, in unepoca di dogmatismi e integralismi da un lato, di disedu-
cazione delle masse e disassuefazione al ragionamento critico dallaltro.
Sappiamo tutti che la verit assoluta non esiste: da questa consape-
volezza che parte ogni pensiero, ogni filosofia, della vita come della sto-
ria. Ma proprio perch una verit assoluta non esiste, tanto pi impor-
Atti Acc. Rov. Agiati, a. 259 (2009), ser. VIII, vol. IX, A, fasc. II, 2 212
tante accertare le verit relative, e battersi perch la consapevolezza del-
lirraggiungibilit di una verit assoluta, che tale pu essere solo per
dogma di fede, non induca a sottovalutare quellimperativo ineludibile
che la distinzione del vero dal falso.
ci che chiamiamo il senso della responsabilit individuale e del-
lonest intellettuale. Lattaccamento al vero, per relativo che sia, anzi
proprio perch relativo, non deve vedere ostacoli e deve a volte trasfor-
marsi in accanimento nello smascherare il falso. Anche se, come scriveva
Lichtenberg, impossibile portare la fiaccola della verit in mezzo alla
folla senza bruciare qua e l una barba o una parrucca. O, appunto,
qualche maschera.
LUIGI LEHNUS
INTERVENTO ALLA TAVOLA ROTONDA
Mi si consenta un inadeguato tentativo di fare opera, come dire, di
autocoscienza. A me pare che Canfora e Bossina abbiano dimostrato
che quella delle colonne I-II del papiro assomiglia a una strana forma di
prosa bizantina degenerata (e aggiungo che la forza dellargomentazio-
ne di Canfora sta nellaver indicato contemporaneamente il falso e, nella
persona di Costantino Simonidis, il falsario). Allo stesso tempo credo
che Hammerstaedt abbia portato argomenti non trascurabili in difesa
della bont della colonna V. Do impressioni personali, che cos formu-
late non possono che suonare in qualche modo apodittiche.
Mi sembra parimenti chiaro che la controversia artemidorea rester
nella storia delle grandi controversie filologiche: dalla polemica falari-
dea, che fu la prima a svolgersi in una lingua moderna (inglese) anzich
nel latino dei dotti, alla assai teoretica querelle tra Wilamowitz e Nietz-
sche sullorigine della tragedia, dal confronto tra Hermann e K.O. Ml-
ler sulle Eumenidi, dove le due parti erano in realt molto pi vicine di
quanto pensassero (si trattava fondamentalmente di una questione di
metodo), al Philologenstreit bonnense, che vide tra loro opposti Ritschl
e Jahn e i loro allievi.
La controversia falaridea e quella tra Nietzsche e Wilamowitz si risol-
sero rapidamente col prevalere riconosciuto di una delle due parti; nel
caso di Hermann vs Mller si ebbe addirittura una sorta di conciliazione,
talch oggi ci riconosciamo tutti eredi di ambedue le tradizioni, formale e
monumentale, che concorsero a creare la scienza dellantichit.
Constato invece che nella controversia artemidorea una soluzione
non sembra a portata di mano: per Canfora si tratta di un falso moderno,
per i sostenitori dellautenticit si tratta di Artemidoro di Efeso (P. Ar-
temid.), e nessuna delle due parti sembra disposta a concedere. La co-
munit degli studiosi che cosa intende fare? Accetter la contrapposi-
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zione e ognuno dovr dora in poi o dichiararsi incompetente, a prezzo
di una dolorosa ammissione di impotenza, o riconoscersi in un punto di
vista avverso allaltro a prezzo di una non meno dolorosa separazione?
Non credo esista oggi (lo constato peraltro senza rimpianti) unautorit
di ultima istanza, che so io un principe dei filologi, da cui possa venire
una parola definitiva ammesso che questo metodo autoritario di risol-
vere le cose sia mai stato praticato o anche solo auspicabile. Ci che
certo e che istituisce un serio dilemma che uno studioso come Luciano
Canfora ha impegnato il proprio nome su una posizione che se provata
falsa si ritorcerebbe gravemente contro di lui ma che se provata vera
dimostrerebbe che studiosi non meno insigni si sbagliano su una que-
stione di alto profilo, anche per il rilievo mediatico che ha avuto fin dal-
linizio. Tertium non datur, almeno secondo me.
Nei giorni scorsi abbiamo ascoltato esponenti di entrambe le scuole
di pensiero confrontarsi con vigore e lealt intellettuale con opposti ar-
gomenti. Hammerstaedt, per esempio, ha portato elementi a supporto
dellautenticit; da altre parti sono venuti indizi a sostegno della candi-
datura di Simonidis ad artefice del papiro. In un articolo apparso nel-
lIndice dei libri del mese di aprile 2009 G.B. DAlessio, avendo di sfug-
gita evocato lidea canforiana del falso simonideo, aveva anche avanzato
lipotesi, pur da lui ritenuta poco probabile, di un falso pi recente ri-
spetto a Simonidis medesimo. In questa prospettiva, mi domando se
uneventuale bottega di Simonidis (il personaggio potrebbe aver avuto
diversi collaboratori) possa aver usato materiale simonideo non molto
dopo la morte del maestro creando una sorta di Simonidis auctus. Si
spiegherebbe magari cos la singolare variet di contenuti del papiro.
Concludo con un esperimento ideale. Se domani (si fa per dire) voles-
si pubblicare le reliquie di Artemidoro di Efeso (una e forse due edizioni
gi si annunciano, e lidea in s meritevole, visto che Jacoby non fece in
tempo a allestire la parte V dei suoi Fragmente, che avrebbe dovuto inclu-
dere i geografi), come disporr P.Artemid.? Come un normale frammen-
to da inserire suo loco allinizio della descrizione della penisola iberica o
dovr escogitare una collocazione tipo rubrica C del Diels-Kranz, quella
dedicata alle imitazioni? E se per converso volessi raccogliere lopera om-
nia o gli scritti minori di Costantino Simonidis, potr fiduciosamente in-
cludere P. Artemid., magari nellultimo volume? A questa seconda impre-
sa, intendo una qualche forma di riedizione degli scritti simonidei, che
molto faciliterebbe la ricerca in questo campo, qualcuno dovr pur sob-
barcarsi; e un bios Simonidou gi promette, se bene intendo, Luciano Can-
fora. Credo che la repubblica delle lettere non possa che concordare nel-
lauspicio che una tale iniziativa si realizzi quanto prima.
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Al convegno roveretano su Artemidoro hanno preso parte anche il
prof. Guido Avezz (Universit di Verona), il quale ha efficacemente
dimostrato linsostenibilit della ricostruzione del papiro proposta da
Gallazzi-Kramer; il prof. Peter Schreiner (emerito dellUniversit di
Colonia), il quale ha proferito significative parole di compiacimento per
la ricerca del dott. Bozzi e per i risultati conseguiti dagli altri studiosi;
infine la prof. Brigitte Mondrain (cole Pratique, Sorbonne, Paris), la
quale ha illustrato un interessante caso di assai nitida scrittura greca a
specchio su fogli pergamenacei di epoca medievale conservati a Mosca.
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ABBREVIAZIONI
AP Anthologia Palatina
APF Archiv fr Papyrusforschung
BASP Bulletin of the American Society of Papyrologists
BCH Bulletin de Correspondance Hellnique
BICS Bullettin of the Institute of Classical Studies
ByzZ Byzantinische Zeitschrift
CCAG Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum
CE Chronique dgypte
CH Corpus Hermeticum
CQ Classical Quarterly
CR Classical Review
DDB The Duke Data Bank of Documentary Papyri
DOCMA Doc Baumanns Magazin fr digitale Bildbearbeitung
EWNT Exegetisches Wrterbuch zum Neuen Testament
GCS Die Griechischen Christlichen Schriftsteller
GGM Geographi Graeci Minores
GMAW Greek Manuscripts of the Ancient World
HGV Heidelberger Gesamtverzeichnis der Griechischen Papyrusurkunden aus
gypten
LDAB Leuven Database of Ancient Books
LEC Les tudes Classiques
LSJ Liddell-Scott-Jones, A Greek-English Lexicon
MP
3
MERTENS-PACK
3
= R.A. PACK, The Greek and Latin Literary Texts from
Graeco-Roman Egypt
OGIS Orientis Graeci Inscriptiones Selectae
PdP La Parola del Passato
PG Patrologia Graeca
PGB Papyri Graecae Berolinenses
QS Quaderni di storia
RAL Atti della Accademia Nazionale dei Lincei. Rendiconti
RdE Revue dEgyptologie
RE Realencyclopdie Pauly-Wissowa
RPh Revue de philologie, de littrature et dhistoire anciennes
S&C Scrittura e civilt
SH Supplementum Hellenisticum
SVF Stoicorum Veterum Fragmenta
ThGL Thesaurus Graecae Linguae
TLS The Times Literary Supplement
UPZ Urkunden der Ptolemerzeit
VH Volumina Herculanensia
ViP Verzeichnis der illuminierten Papyri
ZPE Zeitschrift fr Papyrologie und Epigraphik
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