Il castello scaligero è lo scenario perfetto per l’evento elettronico dell’estate 2023: il ritorno in Italia di Richard D. James, al secolo Aphex Twin, a richiamare un pubblico folto (siamo sulle ottomila presenze) ed eterogeneo per età e provenienza. Il grande obiettivo raggiunto dal musicista inglese è stato quello di riuscire a tenere insieme mondi differenti: techno, ambient, sperimentazione, ruggini punk, febbre da rave, pop per le masse. Celebri e paradigmatici i video, straordinari, di Chris Cunningham, che hanno dato corpo e facce (sempre la stessa, quella di Aphex) alle scintillanti visioni in hd di Windowlicker o all’incubo di Come to daddy. Ognuno dei tantissimi accorsi a questo happening ha il suo Aphex prediletto: quello placido e rarefatto dei Selected Ambient Works, quello anfetaminico e incline a gabber e drill’n’bass del set che incendiò il Traffic Festival di Torino quindici anni fa o quello dai cui suoni i Radiohead di Kid A hanno preso più di un’ intuizione. In apertura un ottimo set del duo italiano D’Arcangelo, con diverse produzioni pubblicate dalla Rephlex, etichetta della superstar che si esibirà dopo. Lo stato dell’arte della techno: groove, panorami, dinamiche; qualcuno l’ha chiamata Idm, intelligent dance music.
Dopo una breve attesa è finalmente il turno di Aphex Twin, sovrastato da un cubo dove verranno proiettati i visuals di Weirdcore. L’incipit è guardingo, con giochi minimali di luce, il suo simbolo (lo abbiamo visto tatuato addosso ad alcuni presenti al concerto) e un incedere in bassa battuta, esplorativo.

POI SI SCATENA un sabba dove cadenze fitte, suoni dagli abissi, voci di creature aliene, carillon infernali, coltellate, agguati e euforia chimica si susseguono in un discorso torrenziale che non permette un attimo di disattenzione. Soluzioni e idee ritmiche e sonore che ti azzannano al collo e non lo mollano più, come fossimo Alex in Arancia meccanica, forzati in qualche modo ad osservare. L’effetto però è diametralmente opposto: puro godimento e stordimento benefico; difficile immaginare una «cosa» musicale altrettanto estrema fare numeri di pubblico così importanti. Parte fondamentale dello show è quella visuale, che a un certo punto desta l’euforia del pubblico: sul cubo-monolite che sovrasta il producer inglese e sugli altri schermi sul palco si susseguono, in un turbine in modalità Blob, le facce di Amadeus, Battiato, Pasolini, Mattarella, Jerry Calà, Giovanni Rana e varie altre icone pop che si trasformano poi tutti, come da tradizione, nello stesso Aphex, in una geniale e tagliente metafora della nostra epoca bulimica che vomita ovunque segni e simboli. Nel set i battiti sono spesso rapidi, il mood cambia in modo repentino, ma generalmente resta incalzante, perfettamente calibrato tra deflagrazioni e deragliamenti, mai prevedibile nell’architettura, nelle dinamiche. Quando la musica finisce il silenzio ha una consistenza diversa.