Iscriviti alla newsletter

Aspettativa per motivi personali, quello che devi sapere

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 12/09/2023 vai ai commenti

Contratto Nazionale

L’aspettativa non retribuita per motivi personali è regolata dall’ dall’art. 12 del CCNL del 20/09/200. Al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta possono essere concessi, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio.

Il dipendente rientrato in servizio non può usufruire di un altro periodo di aspettativa per motivi di famiglia, anche per cause diverse, se non siano intercorsi almeno quattro mesi di servizio attivo.

Le ragioni per cui chiedere l’aspettativa

Relativamente ai motivi che possono giustificare la richiesta di aspettativa da parte del dipendente, fa riferimento sia alle esigenze personali che a quelle di famiglia del lavoratore.

Tali esigenze possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono comunque al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell'impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola.

Pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all'ente di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.

Spetta, poi, al datore di lavoro, ai fini della concessione del beneficio, valutare e comparare tali motivi in relazione alle proprie e preminenti esigenze organizzative ed operative.

 

Qualora l’aspettativa per motivi di famiglia venga richiesta per l’educazione e l’assistenza dei figli fino al sesto anno di età, tali periodi pur non essendo utili ai fini della retribuzione e dell’anzianità, sono utili ai fini degli accrediti figurativi per il trattamento pensionistico, ai sensi dell’art. 1, comma 40, lettere a) e b) della legge 335/1995 e successive modificazioni ed integrazioni e nei limiti ivi previsti.

Durata e modalità di fruizione

La durata complessiva del periodo di aspettativa non può essere superiore a dodici mesi in un triennio e deve essere fruita in non più di due periodi.

In base alla regola contrattuale, pertanto, ove, nel corso del triennio, il lavoratore richieda e fruisca di due periodi di durata complessivamente minore rispetto ai dodici mesi massimi previsti (e lo stesso accade ovviamente anche nel caso in cui pur avendo richiesto aspettative di durata corrispondente a quella massima, ne abbia fruito concretamente in misura ridotta), il dipendente non può richiedere la concessione di un ulteriore periodo di aspettativa nello stesso triennio, pur avendo a sua disposizione ancora un residuo di periodi di aspettativa astrattamente utilizzabili.

La concessione dell'eventuale ulteriore periodo di aspettativa si porrebbe apertamente in contrasto con la clausola contrattuale che vincola la fruizione dell'aspettativa in soli due periodi.

 

L’azienda, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione, invita il dipendente a riprendere servizio con un preavviso di dieci giorni. Il dipendente per le stesse motivazioni e negli stessi termini può riprendere servizio di propria iniziativa.

Nei confronti del dipendente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso.

 

L’aspettativa, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, è, altresì, concessa al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato:

  1. a) per un periodo massimo di sei mesi se assunto presso la stessa azienda o ente del medesimo comparto ovvero ente o amministrazione di comparto diverso con rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di vincita di pubblico concorso per la durata del periodo di prova.
  2. b) per tutta la durata del contratto di lavoro a termine se assunto presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre pubbliche amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea con rapporto di lavoro ed incarico a tempo determinato.
  3. c) per la durata di due anni e per una sola volta nell’arco della vita lavorativa per i gravi e documentati motivi di famiglia, individuati - ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 4 della legge 53/2000 - dal Regolamento interministeriale del 21 luglio 2000, n. 278, pubblicato sulla GU dell’11 ottobre 2000, serie generale n. 238. Tale aspettativa può essere fruita anche frazionatamene e può essere cumulata con l’ aspettativa di cui al comma 1 se utilizzata allo stesso titolo.

Trattamento economico e normativo

Durante il periodo di aspettativa, il rapporto di lavoro deve ritenersi sempre esistente ma si trova in una fase di sospensione, con riferimento ai contrapposti obblighi fondamentali da esso scaturenti: quello di esecuzione della prestazione lavorativa, gravante sul dipendente, e quello di corresponsione della retribuzione, gravante sul datore di lavoro.

Conseguentemente, il dipendente durante il periodo di aspettativa continua ad essere pur sempre assoggettato in pieno alle particolari disposizioni legislative, di natura imperativa, in materia di incompatibilità e di cumulo di impieghi,

Ciò comporta che al dipendente non è consentito, in alcun modo, di poter instaurare un secondo rapporto di lavoro subordinato, pubblico o privato, o di poter svolgere, comunque, altra attività di lavoro autonomo, anche di natura libero professionale, durante la fruizione di periodi di aspettativa, senza diritto alla retribuzione.

I periodi di aspettativa per motivi personali non sono in alcun modo retribuiti e non sono utili ai fini della anzianità di servizio.

Pertanto, nella particolare ipotesi di fruizione parziale della stessa in corso d'anno, si procede alla necessaria riduzione proporzionale delle ferie e, ovviamente, dei ratei della tredicesima mensilità.

I periodi di aspettativa non sono utili neppure ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza e di previdenza.

Tuttavia, essi possono essere riscattati ai fini pensionistici, nel rispetto della vigente disciplina legislativa.

I periodi di assenza per aspettativa dovuta a motivi personali non sono utili ai fini del calcolo dei periodi di comporto.

Pertanto, dette assenze non concorrono alla determinazione del triennio di riferimento per il calcolo del periodo massimo di conservazione del posto in caso di malattia del lavoratore.