Italia Ornitologica, numero 6/7 2023

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ANNO XLIX numero 6/7 2023

Estrildidi Fringillidi e Ibridi Spinus atratus

Canarini di Forma e Posizione Lisci What colour?

Ondulati ed altri Psittaciformi Arricchimento ambientale

Canarini di Colore Vecchio e consolidato Rivista mensile di Ornitologia Scientifica - Tecnica - Pratica Organo Ufficiale della F.O.I.-Onlus

Estrildidi Fringillidi e Ibridi Canarini di Forma e Posizione Lisci Ondulati ed altri Psittaciformi Canarini di Colore

ANNO Acetosella Pierluigi Mengacci 39 Lo Stafford Canary/Austrian Staff Sergio Palma 44 Pagina aperta Argomenti a tema 48 Ornitologia e camper Filippo Morrone 50 OrniFlash News al volo dal web e non solo 52 Luca Gorreri: una vita dedicata all’ornitologia e ornitofilia Roberto Basso 55 Amore a prima vista Alessandro Lezzi 59 Alimentazione e prevenzione: il successo di un allevamento Piercarlo Rossi 62 Attività F.O.I. - Stralci verbali C.D.F del 14-15 aprile 2023 e 16-17 giugno 2023 64

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In copertina:

Negrito della Bolivia (Spinus atratus)

5 11 19 29 Italia Ornitologica è la rivista ufficiale della F.O.I. - Federazione Ornicoltori Italiani, pubblicata in 10 (dieci) numeri annuali a cadenza mensile, 2 (due) dei quali in versione bimestrale nel periodo estivo (Giugno/Luglio e Agosto/Settembre). Il numero 6/7 - 2023 è stato licenziato per la stampa il 30/6/2023

Foto: PHILIPPE ROCHER XLIX NUMERO 6 7 2023 sommario Ricambio generazionale Giovanni Canali 3 Spinus atratus Piercarlo Rossi e Massimo Corbella 5 What colour? Antonio Di Tillio e Claudio Berno 11 Pensieri in parole Umberto Marini e Gregorio Piccoli 17 Spazio Club Club Arricciato Padovano 20 Arricchimento ambientale per i giovani pappagalli Rafael Zamora Padrón 24 Photo Show Le foto scattate dagli allevatori 27 Vecchio e consolidato Giovanni Canali 29 J’accuse Pasquale Leone 35

Ricambio generazionale

Sarebbe inutile cercare di negarlo e colpevole sottovalutarlo, ma nel nostro ambiente, come peraltro anche in altri, il ricambio generazionale è solo parziale, direi molto parziale.

Guardandoci attorno lo si nota bene; l’età media è alta e si sta alzando, i giovani iscritti non compensano le perdite.

I giovani hanno interessi diversi dal passato e sono molto legati all’informatica. Alcuni dicono perfino che certi preferiscano le rappresentazioni virtuali alla realtà. Certamente è una esagerazione, però talora sembra che abbiano il telefonino incorporato. Per fortuna, spesso è solo apparenza; in certe occasioni molti giovani si dimostrano attivi ed altruisti. Basta pensare alla recente tragedia in Romagna ove come angeli i giovani si sono prodigati.

C’è, da parte di alcuni, un accesso che ritengo discutibile, se non francamente eccessivo, ai vari siti; e questo anche negli adulti. L’informatica è certamente utilissima ma deve essere ben gestita, non servono elogi reciproci se non meritati (“Io do ragione a te, tu dai ragione a me” I. O. n°3 2019).

I libri come strumento di studio non mi pare che possano essere sostituiti e, purtroppo, si legge poco. L’informatica secondo me va molto bene per una ricerca, lo studio vero lo vedo sul cartaceo.

Un aspetto da non sottovalutare è dato dal fatto che chiunque può esprimersi o anche pontificare nel suo sito od in una chat, senza filtro alcuno. Sulle riviste scientifiche o anche tecniche, invece vi sono controlli. Insomma i vari siti sono come un gigantesco bar, ed il bar non è un convegno di scienziati e neppure di tecnici; un bar è un bar e le chiacchere da bar sono chiacchere da bar non vere argomentazioni.

I giovani sono particolarmente vulnerabili sotto questi aspetti, per questo mi sono soffermato. Nella realtà vi sono diverse possibilità di interessi anche hobbistici e l’allevamento amatoriale è uno di questi. Visto che ci sono anche giovani con ottimi sentimenti ed impegno, non dobbiamo disperare.

Vi sono tuttavia anche altri aspetti per valutare il minore interesse che i giovani hanno per il nostro meraviglioso e creativo hobby. Molte residenze non si prestano; infatti gli spazi sono limitati e non tutti hanno una soffitta o una cantina asciutta e luminosa adatte ad allevare. Certo allevatori navigati possono ricercare, magari in affitto, luoghi adatti; conosco dei garage con finestra utilizzati così. Per un giovane non è possibile un impegno del genere. L’inizio deve essere per forza in casa. È qui che si alloggia la prima coppietta, se poi scatta la passione allora si superano vari ostacoli, ma la passione deve scoppiare; aiutare non è facile sotto questo rapporto (“Idee per un hobby” n°8/9 2019).

Un aspetto ulteriore ed importante è dato dall’attenzione ai temi ecologici. Intendiamoci, anch’io sono sensibilissimo a questi temi, ma talora vi sono interpretazioni non corrette che non giovano alla scelta dell’allevamento, dimenticando che solo allevando si possono fare certi studi e che l’allevamento è un baluardo verso l’estinzione di specie minacciate ed altro. Ho trattato più volte questi temi. Anche atteggiamenti troppo tesi alla tutela degli animali, di per sé giusta e doverosa, possono, se eccessivi, portare a condannare ingiustamente l’allevamento di uccellini domestici. Ho più volte esposto considerazioni che

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foto F.O.I.
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Alunni in visita alle voliere presso la Sede federale

giustificano l’allevamento come: studi, difesa dall’estinzione, già citate, poi aspetti terapeutici, cioè la pet therapy ed altro ancora. Da sottolineare sempre il fatto di allevare soggetti nati allo stato domestico e non di cattura (“Argomenti a favore dell’allevamento” I. O. n°6/7 2019).

Non mi dilungo per non andare fuori tema, inoltre ne ho parlato in vari altri articoli, che cito anche in seguito. Purtroppo molti giovani sono ostili all’allevamento per iniziali valutazioni errate, valutazioni che tuttavia li allontanano dall’iniziare l’esperienza dell’allevamento.

A questo punto però bisogna respingere la tentazione di non fare nulla, poiché se certe situazioni sono oggettivamente insormontabili, ve ne sono anche di affrontabili ed a quelle bisogna rifarsi.

Certo io non sono la persona più adatta al proselitismo, che non faccio, visto che metto prima l’interesse degli uccellini a quello degli allevatori, anche se fra i due non vi è incompatibilità, tutt’altro (“Aiuti ai novizi” I. O. n°11 2022). In effetti temo che l’allevatore indotto a diventare tale, poi trascuri i suoi uccellini. Certo mi metto a disposizione molto volentieri dei novizi già determinati, a tutti i livelli. Tuttavia per diventare novizi bisogna cominciare. Quindi non disapprovo chi fa proselitismo ed in ogni caso ritengo che si debba far sapere che esiste l’allevamento amatoriale e che tale circostanza debba essere divulgata. In una società dell’immagine non apparire è quasi come non essere (“Apparire” I. O. n°2 2021). Ora pertanto, in apparente contraddizione con quanto detto prima sui media informatici, penso che si debba usare anche lo strumento informatico per farci conoscere. Questo scegliendo un’immagine accattivante ed assumere una posizione compatibile con le varie sensibilità, almeno fin dove si può (“Dove si dovrebbero collocare gli allevatori?” I. O. n°2 2022).

Ritengo che ci si debba far conoscere in tutti i modi possibili: siti, media, scuole, botteghe ecc. Ho citato infine ma non ultime le botteghe, come pure supermercati, dove si vendono animali, attrezzature e mangimi. Ciò perché se in una città c’è un buon punto di vendita, questo può diventare una sorta di “bottega dell’arte”, ne ho parlato in diverse occasioni. Se le associazioni locali prendessero contatto con i punti di vendita per farci conoscere, penso che sarebbe una gran bella cosa.

C’è stata l’iniziativa lodevole della FOI scuola, ritengo che non debba essere dimenticata. È vero che non tutte le scuole l’apprezzino, ma alcune sì. In occasione delle mostre è bene invitare le scolaresche; fra chi partecipa, specialmente se ben accompagnato, può nascere interesse.

Sarebbe bene che i libri sull’allevamento citassero la FOI. A questo proposito ricordo un vecchissimo ma valido testo di G. Zamparo: “Canarini” terza edizione 1961, Edizioni ENCIA Udine; su quelle pagine si trattavano diversi argomenti tecnici (che ricordo ancora), inoltre si parlava anche delle mostre e della FOI con adeguato risalto e foto. Evidentemente Zamparo all’epoca aveva un rapporto buono con la FOI, peccato che poi si sia allontanato. Ebbene la cosa mi incuriosì moltissimo, diventando in qualche modo di stimolo. Sarebbe bello ed utile se le pubblicazioni di oggi facessero altrettanto. Le pubblicazioni che ci riguardano, nelle librerie sono poche e pure nei luoghi di vendita per animali, che sarebbero i più indicati. La distribuzione è un grosso problema, veramente grosso, tuttavia spero che in futuro si possa fare qualcosa anche per le nostre pubblicazioni che sono validissime.

Vale la pena di contattare chi opera nei settori indicati, certo le probabilità di riuscita sono ben poche, tuttavia tentativi sono stati fatti e spero che prima o poi, continuando, qualcuno recepisca. Qui devo ribadirlo, torna utile l’informatica con i vari siti. Ritengo che i siti debbano essere curati, per fornire informazioni, per fare cultura (anche se non facile) e per farci conoscere. L’informatica va guardata con prudenza (mi pare di averlo ben precisato), ma non ignorata, è diventata troppo pregnante nel mondo di oggi.

Potendo è importantissimo l’accesso ai media, televisione in particolare. Qualcuno dice che: “se un fatto non appare in televisione è come se non esistesse”; è una esagerazione, ma non poi tanto, oggi un poco più esagerata, vista l’alternativa dei vari siti informatici. A questo proposito non posso non ricordare un servizio televisivo, accompagnato dal sottoscritto, che ebbe un certo seguito (“Rapporti esterni: una finestra sul mondo” I. O. n°1 2018). Poi c’è la presenza nei “palazzi del potere” ove è bene arrivare, ma questo è un altro tema.

Ritengo che, senza alcuna forzatura, la conoscenza corretta del nostro ambiente, fornita ai giovani, possa pagare e se non dovesse farlo, perlomeno non avremo sensi di colpa.

Gli articoli citati sono miei e leggibili sul nostro sito, in Italia Ornitologica disponibile anche in versione sfogliabile.

In conclusione, è fondamentale l’incoraggiamento alle associazioni presenti sui territori ad organizzare iniziative idonee alla conoscenza, come la già citata attenzione ai luoghi di vendita, incontri con le scuole, mostre non competitive e divulgative, conferenze ed ogni altra attività ritenuta utile.

Chi avesse ulteriori idee, spero che vorrà proporle.

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Spinus atratus

Un lucherino d’altura

della Bolivia

Per scoprire il protagonista di questo mio scritto dobbiamo attraversare l’oceano ed atterrare in Sudamerica, più precisamente sulle Ande centrali, dove ci attende la “puna”.

Prima parte

Questo altopiano andino è costituito da alte montagne con neve e ghiaccio

permanenti, prati, laghi, altipiani e valli. Passa dalla puna umida andina centrale a nord alla puna secca andina centrale a sud e si estende dal lago Titicaca in Perù passando per la Bolivia, terminando nel nord ovest argentino. Tutte le piante che la compongono sono perenni; vi predominano piante a cuscinetto, piante a rosetta e arbusti nani, che forniscono gli ambienti ideali per una straordinaria storia evolutiva.

Il protagonista di questa storia evolutiva è lo Spinus atratus, conosciuto più comunemente con il nome di Negrito della Bolivia.

Questa specie nel corso dei secoli ha saputo adattarsi a queste altitudini e a questo territorio veramente austero.

Personalmente credo che la teoria

“QUANTO PIÙ È NERO IL PIUMAGGIO, TANTO PIÙ LA SPECIE È GIOVANE” ipotizzata dal Professor De Baseggio sia e rimanga appunto una teoria.

Nei giorni scorsi, infatti, discutendo con l’amico Renzo Esuperanzi riflettevamo sul fatto che solitamente Madre Natura tende a togliere i colori, nel corso dei secoli e delle evoluzioni, piuttosto che aggiungerli alla livrea dei soggetti presenti in natura; se analizziamo il genere Carduelis, ad esempio, scopriremo che il cardellino caniceps risulta essere una specie più “giovane “rispetto al Carduelis carduelis ed infatti questa specie ha perso la croce nera presente nel C. carduelis.

In base a quanto appena affermato noi crediamo che lo Spinus atratus sia

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ESTRILDIDI FRINGILLIDI IBRIDI Dipinto dello Spinusatratus
Conosciuto più comunemente con il nome di Negrito

una delle specie più vecchie tra gli Spinus e che la colorazione ipermelanica sia dovuta in realtà all’altitudine dove vive, alla possibilità di assorbire maggiori raggi solari ed alla scarsità di predatori, quindi scarso mimetismo.

A conferma di quanto appena affermato e basandoci sulle prove di ibridazione, potremo notare che se il Negrito viene accoppiato con specie ataviche, come il crociere ed il verdone, la sua dominanza risulta essere totale; infatti, con il genere Loxia si ha l’impressione di trovarsi di fronte a dei crocieri melanici in miniatura, mentre con specie più “giovani” come ad esempio il canarino domestico, questa dominanza non

risulta essere totale, ma nei soggetti realizzati si ha un cappuccio, più o meno esteso, fattore atavico della specie.

L’atratus in natura Questa specie vive sull’alta catena montuosa andina dell’area settentrionale, dalla Valle de la luna in Cile passando per il Perù meridionale, dalla Bolivia e Argentina nord occidentale fino alla catena montuosa di Mendoza, ad altitudini che possono variare da 3500 metri raggiungendo oltre i 4500, dove sono stati trovati nidi e pulli.

In un territorio così ampio, la puna è il suo habitat principale; si dice che un giorno nella puna racchiuda le 4 stagioni: dalle 8 alle 11 la primavera, dalle 11 alle 16 l’estate, dalle 16 alle 18 l’autunno, per finire con l’inverno durante la notte.

A fronte di tutto questo, il suo piumaggio nero lucente gli permette di assorbire le radiazioni fornite dai preziosi raggi solari. La melanizzazione può quindi avvantaggiare gli animali

ectotermi, in particolare quelli che vivono in ambienti freddi, poiché oltre a proteggere dai raggi UV favorisce anche l’aumento della temperatura corporea.

La vita in quota comporta, inoltre, un adattamento ad un’aria più rarefatta e per scoprire meglio come la specie si è adattata ci affidiamo a studi effettuati sul campo da Cornell e da Sahas Barve, da cui emerge quanto segue:

“Gli alpinisti conoscono molto bene la sensazione di muoversi in quota. I polmoni fanno male e il cuore batte più velocemente, le gambe sembrano di piombo e il cervello diventa torbido. A fronte di tutto ciò, possiamo immaginare come si sentano gli uc-

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Negrito della Bolivia Coppia di Negrito della Bolivia Il protagonista dell’articolo Negrito della Bolivia
Se il Negrito viene accoppiato con specie ataviche, come il crociere ed il verdone, la sua dominanza risulta totale

celli ad alta quota mentre seguono i loro stili di vita con dispendio di energie ed uno sforzo maggiore”. La maggior parte delle creature viventi si è adattata a respirare facilmente sotto la colonna d’aria che preme su di noi al livello del mare. Ma ad altitudini più elevate l’aria è rarefatta, quindi un polmone non fornisce la stessa quantità di ossigeno per alimentare i muscoli. Per avere dati più precisi, i ricercatori hanno utilizzato reti da nebbia per catturare diverse specie di uccelli ad altitudini comprese tra 3.280 e 10.500 piedi (1.000-3.200 metri). A queste altitudini, l’aria ha tra l’89% e il 69% di ossigeno in meno rispetto al livello del mare.

Hanno raccolto una goccia di sangue da ogni uccello, in modo da studiare l’emoglobina, la molecola nei globuli rossi che trasporta l’ossigeno dai polmoni ai muscoli. Il campione di sangue ha fornito loro due misurazioni chiave: il volume del sangue composto da globuli rossi (ematocrito) e la concentrazione di emoglobina nel sangue.

I ricercatori hanno testato le specie residenti, ovvero quelle che vivono alle stesse altitudini tutto l’anno, ed i cosiddetti migratori.

Come si è scoperto, i due differenti gruppi hanno risolto il problema dell’ipossia in modi diversi.

“Abbiamo scoperto che le specie migranti rispondono all’ipossia proprio come fa la maggior parte degli esseri umani quando si sposta dal livello del mare a quote più elevate”, afferma Barve. “Lo fanno aumentando il loro trasporto di ossigeno con un numero maggiore di globuli rossi”.

Sembra una buona idea, dal momento che più globuli rossi significa più emoglobina, che può trasportare più ossigeno. Ma la strategia ha uno svantaggio: sangue più denso e un rischio maggiore di coaguli e vasi sanguigni ostruiti. E funziona solo per un tempo limitato.

“La quantità di ossigeno erogata agli organi in realtà diminuisce perché il sangue si muove più lentamente”, dice Barve. “È come pompare ketchup invece del sangue; negli esseri umani è una classica causa di un disturbo noto come mal di montagna cronico. Ma è una risposta su cui il corpo ha molto controllo, ecco perché è presente in molti organismi”.

Come un abitante delle pianure che va in vacanza sugli sci, le specie mi-

granti hanno apparentemente trovato una soluzione a breve termine che consente loro di sopravvivere ad alta quota abbastanza a lungo da completare la stagione di nidificazione. Questa soluzione rapida ha anche il vantaggio di essere reversibile, consentendo alla loro composizione del sangue di tornare alla normalità quando tornano a quote più basse. Nel frattempo, Barve ha scoperto che le sei specie residenti, tra cui lo Spinus atratus, si erano tutte evolute indipendentemente secondo una tecnica diversa per aumentare il proprio assorbimento di ossigeno senza limitazioni di tempo.

“Gli uccelli residenti non aumentano il numero di globuli rossi”, spiega

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Negrito x Canarino, foto ed allevamento: AntonioLaVolpe Cardellino x Negrito, foto e allevamento: AbbondanzioFranchi Negrito x Verdone, all. Patrizio Salandi Organetto x Negrito, foto: DomenicoCautillo , all. PatrizioSalandi
La maggior parte delle creature viventi si è adattata a respirare sotto la colonna d’aria che preme su di noi

Barve. “Invece, aumentano la quantità di emoglobina all’interno di ciascuna cellula”. In sostanza, producono più emoglobina che trasporta ossigeno senza dover costruire anche tutte le altre parti di un globulo rosso. “Quindi evitano tutte le cose brutte che possono accadere a causa del sangue più denso”.

Dopo aver scoperto le strategie adottate da questa specie per un ambiente così ostile, andiamo ora a scoprire come si comporta nei vari mesi dell’anno.

Durante i mesi delle piogge si sviluppa la vegetazione la quale, nel successivo periodo secco, forma grandi quantità di semi di moltissime specie di piante erbacee, cespugliose ed arbustive che servono da nutrimento a questa e ad altre specie di volatili, insieme alla riproduzione degli insetti

In un areale così vasto, diversi sono i nomi locali che lo indicano, come Tintinse, Negrillo, Cabecitanegra oscuro

utilizzati dalla specie nell’allevamento dei nidiacei.

Da un esame “sul campo”, nei loro gozzi sono stati rilevati semi, alcuni molto piccoli, come la Cañigua, ricca di aminoacidi essenziali; in più, un alto apporto di proteine a fronte di un basso contenuto di grassi. Si tratta dunque di un seme energetico (1437 KJ-342 Kcal ogni 100 grammi). Abbiamo poi la Thlaspiarvense, conosciuta in Italia come erba storna co-

mune, e la Quinoa, altro seme ad alto valore proteico, che costituisce l’alimento base per le popolazioni andine. Gli Inca chiamano la quinoa Chisiya mama, ovvero «madre di tutti i semi».

La piantaggine (Plantago major) possiede proprietà antinfiammatorie conferitele dalla baicaleina e dall’aucubina e anche proprietà emollienti che le vengono garantite dalle mucillagini in essa contenute. Sono stati rinvenuti anche semi di Chillihua, una pianta coltivata dall’uomo nei terreni deputati ai pascoli, lasciati brulli dal continuo brucare delle mandrie, la Chilca mamil e l’amaranto Amaranthus caudatus: questo seme ha un elevato tenore di lisina. Grazie alle fibre di cui è ricco, agevola le funzioni dell’intestino e rafforza il sistema immunitario grazie alla notevole presenza di ferro.

Visto un areale così vasto, diversi sono i nomi locali che lo indicano, come Tintinse (Aymara) Negrillo (Argentina), Cabecitanegra oscuro (Argentina Bolivia).

Il periodo riproduttivo

L’habitat del Negrito presenta terreno arido a causa dei lunghi mesi di siccità che si alternano al breve periodo delle piogge da dicembre a marzo.

Al termine della stagione delle piogge, con la rinnovata disponibilità di cibo ha inizio la stagione riproduttiva. Il nido, a forma di coppa, viene costruito dalla femmina nel mezzo dei cespugli ed arbusti, alle più disparate altezze da terra. Come materiali di costruzione per la struttura esterna vengono usati ramoscelli e crini vegetali, mentre il rivestimento interno è costituito da lanuggine vegetale. Tale rivestimento è molto accurato per garantire il necessario isolamento termico durante le ore notturne quando la temperatura si abbassa fino a raggiungere temperature anche sotto lo 0.

Vengono deposte solitamente 4/5 uova di colore azzurro-verdognolo con le tipiche macchie brune concentrate sulla parte ottusa. I piccoli nascono dopo 13 giorni di incubazione

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Negrito x Crociere fasciato foto: Domenico Cautillo, all. Patrizio Salandi

e restano nel nido per ben tre settimane in modo da riscaldarsi tra loro il più lungo possibile, alimentati da entrambi i genitori che, per reperire i semi immaturi necessari all’alimentazione del pullus sono costretti a esplorare zone molto vaste. Le lunghe ali del Negrito sono caratteristiche di un eccellente volatore e lo aiutano in questo compito arduo. I gruppi si formano al termine del ciclo riproduttivo e si sfaldano solo all’inizio del successivo.

Il Negrito in ibridazione

Il Negrito è un uccello magnifico che ti seduce al primo sguardo, con quel nero corvino spezzato dal lipocromo giallo delle barrature alari tipiche, anche, del nostro cardellino; con il passare degli anni, ceppi sempre più consolidati ci hanno permesso di ammirare, nelle varie mostre, splendidi ibridi.

Ma andando con ordine, come non ricordare i tentativi pioneristici nella speranza di ottenere l’ambito “canarino nero”? Si tentò di percorrere la stessa strada intrapresa con lo Spinus cucullatus, vera chimera degli allevatori del Serinus canaria, ricerca mai venuta meno, basti pensare ai monomelanici dei giorni nostri.

I sogni svanirono ben presto; infatti, gli F1 ottenuti si rivelarono per lo più sterili. Alcuni testi riportano la notizia di uova feconde dopo il terzo anno

di età, troppo poco per poter lavorare in maniera concreta.

Si pensò in seguito di passare dal cardinalino e, visto il numero importante di soggetti fecondi, in ambedue i sessi si ottennero R3/R4 molto melanizzati, ma dopo alcuni anni anche questo progetto naufragò.

Abbandonato il sogno del canarino nero, con il passare degli anni e con una scelta sempre più oculata della femmina di canarino da utilizzare, apparvero i primi soggetti con un cappuccio nero, privo di infiltrazioni, più o meno esteso. Il Serinuscanaria dona ai soggetti un ottimo disegno dorsale, sempre ben visibile e marcato; sarà presente la barratura alare gialla e risulteranno molto apprezzati anche i soggetti ardesia, ottenuti con una canarina nero bianco dominante, ex ardesia, ed i più recenti diluiti ottenuti con la canarina Jaspe.

Continua sul prossimo numero

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Il Negrito è un uccello magnifico che seduce al primo sguardo, con quel nero corvino spezzato dal lipocromo giallo

What colour?

Il colore di fondo del Lizard

Il colore di fondo (in inglese “ground colour”) è ciò che resta dopo aver rimosso, idealmente, tutte le marcature del disegno del Lizard (spangling e rowings); questa è la definizione data dagli Inglesi (1) ad una caratteristica fondamentale della razza, in grado di mettere in luce ed esaltare anche gli altri elementi che connotano la livrea di questo antico canarino. Nell’ambito della scala valori, i vari standard (italiano, inglese, C.O.M.) attribuiscono un massimo di 10 punti al colore di fondo, che viene valutato essenzialmente per la sua “intensità/profondità” ed “uniformità”. Lo stesso dovrebbe quindi essere brillante e privo di “fumosità” (smokiness) o “patina” (dinginess), senza sbiadirsi in corrispondenza della gola, del codione e delle cosce. I maschi dorati presentano il colore di fondo più intenso ed il margine delle loro scaglie dovrebbe essere del medesimo colore, senza alcuna traccia di brinatura.

Scrive Huw Evans che il Lizard è unico anche per il suo colore di fondo, che è giallo, ma di un giallo diverso da quello degli altri canarini. Si tratta infatti di un giallo-luteina. Soltanto il canarino Lizard è in grado di depositare la luteina direttamente nel proprio piumaggio, mentre le altre varietà di Serinus devono convertire la luteina in pigmenti conosciuti

come “Canary xanthophyll”, prima che possano essere depositati nelle penne. Questo diverso metabolismo del colore (dovuto a cause ancora non ben conosciute) comporta anche che il colore giallo del Lizard sia differente da quello normalmente osservabile nelle altre va-

rietà di canarino, attestandosi alla fine dello spettro del giallo, verso l’arancione, mentre il giallo da “Canary xanthophyll” resta al centro dello stesso spettro (2). Riteniamo utile a questo punto richiamare brevemente alcune nozioni sui carotenoidi della dieta.

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DI TILLIO e C. BERNO Maschio dorato senza calotta colorato artificialmente di rosso secondo l’usanza inglese, foto: H. Evans
Il colore giallo del Lizard è differente da quello osservabile nelle altre varietà di canarino

I carotenoidi nella dieta degli uccelli e del canarino

I carotenoidi sono pigmenti liposolubili individuati in oltre 700 varianti strutturali naturali e pressoché ubiquitari, in quanto presenti in molti vegetali, funghi, batteri ed alghe (organismi in grado di sintetizzarli). Sono responsabili della colorazione gialla, arancione e rossa di molti frutti (ad es., albicocca), foglie e fiori (ad es., tagete, tarassaco); in molte piante verdi tale colore è nascosto dalla clorofilla e si manifesta solo in autunno, quando la funzione di fotosintesi viene meno. I carotenoidi, in base alla struttura chimica, vengono suddivisi in due grandi categorie: caroteni (tra cui αe β-carotene) e xantofille (come luteina, zeaxantina e astaxantina). La maggior parte degli animali, ad eccezione degli artropodi, non ha la capacità di sintetizzare i carotenoidi, che pertanto vengono assunti con la dieta (3-4). Anche gli uccelli, incapaci di sintetizzare carotenoidi, devono assorbirli con l’alimentazione, per poterli utilizzare nelle loro diverse funzioni tra cui, ad esempio, la comunicazione visiva attraverso la colorazione della livrea e la riproduzione (significativa

è la loro abbondante presenza nel tuorlo dell’uovo). A seconda delle specie, i carotenoidi assunti con la dieta possono essere assorbiti nel piumaggio, senza subire modifiche strutturali, ovvero essere trasformati attraverso il metabolismo, prima dell’assorbimento definitivo; quest’ultima trasformazione, spesso, comporta anche un cambiamento di colore rispetto a quello del carotenoide ingerito (i lipocromi del piumaggio dei pappagalli non sono carotenoidi, ma appartengono ad una diversa categoria di pigmenti definiti “psittacofulvine”). L’italiano Riccardo Stradi è riuscito per primo ad isolare i carotenoidi inglobati nella cheratina delle barbule e a studiarne la composizione qualitativa e quantitativa in quasi cento specie diverse di uccelli,

riportando i risultati delle sue ricerche anche in un bellissimo libro di carattere divulgativo (5). Come scrive l’autore, i carotenoidi utilizzati dalle varie specie di uccelli per pigmentare direttamente o indirettamente il piumaggio sono in numero abbastanza limitato. La luteina, gialla, “è quasi sempre accompagnata dalla zeaxantina, arancione, la cui presenza modula il colore della matrice che la contiene verso toni più caldi, più dorati… Il giallo del rigogolo e della cinciallegra è costituito da luteina e zeaxantina trasferite direttamente dal cibo alle penne… Il β-carotene, pur così abbondante nella dieta, non ha i requisiti strutturali per legarsi alla cheratina e pertanto viene trattenuto nel piumaggio solamente in minima parte e non contribuisce direttamente alla pigmentazione… Luteina e zeaxantina, con un semplice processo di ossidazione, possono essere trasformate nelle xantofille del canarino responsabili del giallo dei Carduelis e dei Serinus …”. Il canarino Lizard, pertanto, relativamente al metabolismo del pigmento lipocromico, si comporta addirittura come una specie diversa da quella dei Serinus

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Maschio dorato, colore naturale, foto e all.: A. Di Tillio Maschio argentato con ottimi rowings e colore di fondo naturale, foto e all.: H. Evans
I carotenoidi sono pigmenti liposolubili individuati in oltre 700 varianti strutturali naturali e pressoché ubiquitari

La colorazione naturale e quella artificiale Soprattutto in passato, le descrizioni in merito alla tonalità del colore di fondo del Lizard sono state fonte di incertezze, incomprensioni ed equivoci, che tuttavia l’amico Nicola Giordano si è preoccupato di dissipare magistralmente, attraverso alcuni articoli pubblicati molti anni fa su questa stessa rivista (6). In sostanza, le apparenti incongruenze erano legate all’antica tradizione inglese (risalente almeno al 1870) di colorare artificialmente di rosso il Lizard (attualmente con Carophyll red), in modo tale da venirsi a determinare, anche in termini di standard, un diverso ideale di colorazione, rispetto a quella naturale.

Per tale motivo, la tonalità di colore preferita oltremanica è stata descritta, per i soggetti dorati, come variabile dal “bronzo brillante” al “bronzo-dorato” fino ad un “ricco castano-dorato” e, per i soggetti argentati, dal “grigio argento brillante” ad un “caldo beige-giallastro” (quest’ultima tonalità evidenziabile soprattutto nei soggetti maschi). Di conseguenza, veniva ad essere penalizzata qualsiasi traccia di “verde”, indicativa di una colorazione artificiale sommini-

strata in modo non ottimale (7). L’alimentazione colorante viene dunque considerata, dagli allevatori inglesi, una ulteriore prova di abilità in cui cimentarsi. Appare altresì evidente che, nei soggetti che non vengano sottoposti a tale trattamento, una tonalità verdastra risulti sempre ben presente, soprattutto nella varietà dorata. Successivamente, comunque, la L.C.A. (Lizard Canary Association of Great Britain) ha precisato che la presenza di qualsiasi tonalità verde viene penalizzata solo nei soggetti trattati con colorante e, attualmente, riconosce e giudica nelle esposizioni sia i soggetti naturali che quelli colorati artificialmente, pur continuando a ritenere che “l’alimentazione colorante, ove adottata, migliori il colore di fondo conferendo ai soggetti dorati una tonalità bronzo-dorata

profonda ed agli argentati un caldo color beige-giallastro” (8). Secondo Huw Evans, troppo spesso il Lizard viene definito “verde”, mentre sotto una giusta luce il suo colore appare in realtà di tonalità ambrata. Soltanto un neofita, infatti, potrebbe confondere un Lizard con un canarino verde (e pretendere magari di inserirlo e giudicarlo tra i canarini di colore), dal momento che vi sono differenze sostanziali, visibili già alla nascita.

Sin dalla schiusa, infatti, il nostro Lizard si presenta come un pullus di canarino lipocromico, con pelle carnicina e piumino chiaro, mentre i canarini “verdi”, oggi definiti “Nero Gialli”, alla nascita presentano pelle e piumino scuri. Soltanto intorno al quinto giorno di vita nei pulli di Lizard, per lo spuntare delle penne a livello degli pterilii, tutte melaniche, è possibile apprezzare il viraggio verso una colorazione scura, con l’esclusione della zona topograficamente caratterizzata da fronte, vertice e regione occipitale ascrivibile alla calotta (ove presente), al cui livello come sappiamo il piumaggio resta lipocromico. Inoltre, nel Lizard anche il sottopiumaggio, apprezzabile soffiando sul piumino, nello svezzato e nell’adulto si

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Best Lizard alla “National Exhibition” inglese 2021, foto: H. Evans, all.: Rob&IanWright Pulli di Lizard di 5 giorni, foto e all.: A. Di Tillio
L’alimentazione colorante viene dunque considerata, dagli allevatori inglesi, una ulteriore prova di abilità in cui cimentarsi

presenta di colore grigio piombo e, dunque, melanico. Il Lizard, quindi, non è un canarino lipocromico e non presenta nemmeno le caratteristiche tipiche dei melaninici, cosicché le peculiarità del suo piumaggio contribuiscono a determinare anche le particolari caratteristiche del colore di fondo, unico nel suo genere.

La regolamentazione in Italia e la situazione internazionale

In Italia la colorazione artificiale del Lizard non è consentita, essendo anzi considerata motivo di non giudicabilità la presenza anche solo di “tracce” di colorazione, laddove “per colorazione si intende sia quella artificiale rossa, sia quella gialla, in quest’ultimo caso solo quando appare evidente che il lipocromo non ha una pigmentazione naturale (per riflessi ramati, dorature provocate da errata alimentazione)”. Purtroppo molti allevatori, cercando scorciatoie, somministrano in modo scriteriato coloranti artificiali, come le xantofille e addirittura la Cantaxantina (talvolta usata anche per colorare il tuorlo delle uova di gallina, per quanto consentito dalle norme sulla mangimistica), pensando di poter migliorare il colore di fondo in questo modo, anziché attraverso una oculata selezione ed una corretta alimentazione, che comprenda anche l’uso di vegetali ricchi di fitoxantine. Analogo discorso si può fare per l’ossidazione delle zampe, che alcuni vorrebbero ottenere attraverso la sola somministrazione alimentare dell’ormai famosa pianta Polygonum aubertii, anziché mediante l’esposizione all’irraggiamento solare e la selezione. Ove si escluda la colorazione rossa in uso in Inghilterra, non recepita dall’Italia, va rilevato il lodevole orientamento del nostro Club di specializzazione (Lizard Canary Club Italiano) che, fin dalla sua fondazione (anno 1989), si è sempre sostanzialmente uniformato ai dettami della LCA inglese per la tutela della razza evitando, per quanto possibile, pericolose derive verso aberranti colorazioni ottenute per mezzo di meticciamenti. Nelle mostre di livello internazionale (compreso il campionato mondiale) la colorazione artificiale rossa è consentita ed in tal caso il colore rosso deve presentarsi di intensità la più carica possibile. Un discorso a parte meriterebbe il cosiddetto Lizard blu, pur riconosciuto da FOI e COM, dove il caratteristico colore di fondo è stato addirittura eliminato, ovviamente attraverso meticciamenti, cosicché sulla scheda di giudizio viene ad essere valutato il contrasto tra il disegno ed un

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Nidiata mista di Lizard e Nero-gialli al 7° giorno, foto e all.: C. Berno Nidiata di 5 Lizard di 14 giorni quasi del tutto impiumati, foto e all.: A. Di Tillio
Il Lizard, quindi, non è un canarino lipocromico e non presenta nemmeno le caratteristiche tipiche dei melaninici

colore che non c’è. In altre nazioni è inoltre possibile veder circolare canarini di vari colori, come ad esempio il cannella, che certo non possono essere definiti Lizard soltanto per la presenza di qualche scaglia sul dorso. Per ogni razza animale allevata e selezionata dall’uomo lo standard, ovvero la descrizione delle caratteristiche che un soggetto “ideale” dovrebbe possedere, quale necessaria guida per gli allevatori nella selezione, viene solitamente redatto dalle Istituzioni che tutelano la razza stessa nel suo Paese di origine (o in quello considerato tale) e, conseguentemente, ne promuovono e/o autorizzano le eventuali modifiche. Nel caso del Lizard, tale Istituzione è certamente rappresentata dalla Lizard Canary Association of Great Britain che, lo ricordiamo, ha salvato la razza dall’estinzione dopo il secondo conflitto mondiale e tuttora ne tutela l’integrità. Nella realtà più o meno recente, tale regola non scritta non sembra essere stata granché rispettata, tanto che a livello mondiale sono state introdotte modifiche allo standard del Lizard (come l’eliminazione della voce “ciglio”), contro il parere (a volte neppure richiesto) della stessa LCA, in barba agli sforzi che la prestigiosa associazione inglese da sempre compie per la tutela e selezione della razza.

In conclusione, è possibile affermare che il Lizard è un canarino unico nel suo genere anche per quanto riguarda il suo colore di fondo, derivante da un metabolismo del pigmento lipocromico che agisce in modo differente rispetto agli altri Serinus. Per tale motivo, i tentativi di “creare” altri colori attraverso il meticciamento con varietà diverse di canarino rappresentano una pratica pericolosa per la purezza della razza che, come è stato dimostrato, non si identifica fenotipicamente né genotipicamente in una varietà di colore. Ci sembra quindi opportuno concludere questo scritto con le parole riportate nel paragrafo “History of the Lizard Canary” della nuova edizione del “Lizard Canary Associations Members Handbook” del 2020: “Negli ultimi 50 anni la popolarità del canarino Lizard è aumentata in Europa e nel mondo, ma la minaccia alla purezza della razza resta,

NOTE BIBLIOGRAFICHE

(1)Ray Lee, “The breeding and management of Lizard Canaries”, W. Cummings, 1982, pagg. 6-7.

(2)H. Evans, “The Itch-hiker’s Guide to the Lizard canary: Episode 2”, Cage & Aviary Birds, September 9 2020, pag. 15.

(3)A. Milani et al., “Carotenoids: biochemistry, pharmacology and treatment”, British Journal of Pharmacology, 2017 Jun; 174 (11): 12901324.

Standard O.M.J/C.O.M - varietà di colore riconosciute a livello internazionale

essendo dovuta alla pratica di incrocio con canarini di colore, finalizzata alla creazione di varietà di colore diverso. L’introduzione di geni alieni si è dimostrata altamente dannosa per la qualità del canarino Lizard classico e l’unica possibilità di salvezza è che gli allevatori accoppino i propri esemplari in purezza. La conservazione del canarino Lizard originario e del suo genotipo unico resta la priorità assoluta della LCA”.

(4)D.S. Metibemu, I.V. Ogungbe, “Carotenoids in Drug Discovery and Medicine: Pathways and Molecular Targets Implicated in Human Diseases”, Molecules, 2022 Sept; 27 (18): 6005.

(5)Riccardo Stradi in AA.VV., “Colori in volo – il piumaggio degli uccelli - ricerca scientifica e cultura umanistica”, Università degli Studi di Milano, Hoepli, 1999, pagg. 23-54.

(6)N. Giordano, “Il Lizard ideale”, Italia Ornitologica, n. 6/7 giugno-luglio 1990, pag. 24.

(7)Lizard Canary Association of Great Britain, “Members Handbook”, 2000, pagg. 26, 29-30.

(8) Lizard Canary Associations Members Handbook”, gennaio 2020, pag. 18.

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Il Lizard è un canarino unico nel suo genere anche per quanto riguarda il suo colore di fondo, derivante da un metabolismo del pigmento lipocromico

Pensieri in parole

Ogni allevatore sa che per ottenere buoni risultati ed essere competitivo deve rispettare dei criteri che mirano alla selezione della propria linea di canto, restando sempre pronto a studiare e sperimentare soluzioni migliorative, cercando di ottimizzare, in base ai propri spazi e tempi, il mantenimento e l’evoluzione dei propri amici canterini.

Un ruolo molto importante per riuscire ad avere un assortimento più ampio nella scelta dei riproduttori è svolto dalla conoscenza ed esperienza, nonché dal numero di soggetti allevati.

Capita spesso che, pur avendo consolidato un proprio sistema operativo, alcune scelte diano risultati poco apprezzabili o varianti inattese.

È fondamentale (come tutti dovremmo sapere) conoscere bene i fattori basilari dei soggetti scelti, cioè le caratteristiche e le capacità canore, come la predisposizione al canto, l’energia, la profondità e la resistenza.

È molto importante anche lo stato di salute dei futuri riproduttori, che siano portatori di un repertorio equilibrato, che abbiano tutte le note e che la canzone non si soffermi a lungo solo su al-

cune di esse.

Tutto questo è necessario (e chissà quanto altro ancora…) e bisogna “stenderlo” sul tavolo degli accoppiamenti.

Ora si prospetta la parte più difficoltosa: Cosa fare? Come accoppiare?

Tra i molti discorsi ascoltati qua e là nelle varie manifestazioni, il più comune è quello della solita vecchia consanguineità.

Questa sembra che sia la soluzione che abbia il merito di tutti i risultati positivi ottenuti dagli allevatori; in effetti, senza di essa, non esisterebbero moltissime razze di cani o cavalli e moltissimi altri

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CANARINIDA CANTO

animali da reddito o da compagnia. Di certo, morfologicamente parlando, questa soluzione funziona, anche se non sappiamo bene a quali costi in termini di selezione, ma funziona.

Ora, in base alle esperienze vissute, oppure ad altre raccolte da vari allevatori, possiamo prendere in considerazione alcuni aspetti negativi che vengono enfatizzati con la consanguineità stretta, come ad esempio l’indebolimento fisico, con conseguente diminuzione di energia, o il nervosismo, l’accentuazione delle tonalità alte o acute, la riduzione del repertorio o la staticità delle note, senza parlare degli effetti negativi che produce a livello riproduttivo.

Abbiamo sentito affermare da esperti del settore ornitologico che oltre il 70% di consanguineità non può esistere vita, in quanto avviene la morte embrionale. Nel nostro allevamento non abbiamo la necessità di curare il look del cantore, bensì la gola.

Purtroppo questa non si vede! E non se ne avvertono le caratteristiche fino a tempo debito.

Questo argomento richiede un approfondimento, ma non ora, non in questo contesto.

Dunque la situazione merita un po’ di più interesse da parte nostra.

La peculiarità del Malinois W. è la capacità di emettere note dalle diverse tonalità.

Noi allevatori dobbiamo selezionare costantemente questa abilità, possibilmente senza però entrare in stretta consanguineità, anche se molte sono le condizioni che ci costringono a praticarla.

Come dicevamo, si può, anzi, si deve fare, ma a condizione di lavorare ai lati, lontano dal nucleo di partenza.

Tale sistema può sembrare dispersivo per il tempo che possiamo impiegare a raggiungere la meta, però questo metodo garantisce una maggiore durata del ceppo, un ventaglio di linee, tutte in relazione con il capostipite, grazie alle quali, con le dovute distanze, possiamo proseguire il lavoro prefissato senza un eccesso di scarto e per lungo tempo.

È essenziale che in campo ci siano tutti

gli ingredienti per creare nuove linee di canto, perciò nel tempo dobbiamo imparare a conoscere le capacità trasmissibili dei soggetti o delle linee che coltiviamo.

Dobbiamo anche avere memoria di certe doti come la profondità dei toni, l’acquosità, il bilanciamento del repertorio, immaginare o prevedere un eventuale risultato da certi abbinamenti (cosa non facile), ma comunque osare e sperimentare in quanto, allevando i Malinois W., quest’ultima è un’altra sfaccettatura importante.

Abbiamo visto molte volte il risultato ottenuto da chi, con antenati di altissima qualità, ha tentato di riprodurre la stessa canzone con il metodo parentale spinto.

In questo caso, inizialmente si può anche sperare in qualcosa di gradevole, ma solo fino a quando i riproduttori non avranno una percentuale troppo alta di sangue in comune.

Con questo sistema, poi, le cose si andranno a complicare, in quanto nelle generazioni successive tenderanno ad

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emergere sempre più i difetti che i pregi, anche perché, se saremo partiti già da un gradino alto nella scala evolutiva della canzone, potrebbe bastare molto poco per cadere.

A questo punto vale la pena, per chi non è in grado di sostenere gli effetti di una consanguineità esasperata, di considerare soluzioni alternative, di pensare come sfruttare al meglio i propri riproduttori, rimanendo in famiglia ma lontani dagli incesti.

Si possono in alternativa cercare o scambiare soggetti da accoppiare, provenienti da altri allevamenti, in modo tale da rafforzare il proprio ceppo, o anche solo per integrare o compensare eventuali lacune.

In ogni caso siamo convinti che, oltre ai canarini di alta qualità con caratteri ben fissati, la compatibilità genetica sia un elemento da non sottovalutare, tant’è vero che, in molte occasioni, incrociando canarini provenienti da allevatori diversi,

senza un minimo di consanguineità, si sono ottenuti risultati eccellenti.

È vero anche che dal nulla non si ricava nulla e che le linee estranee tra loro, certamente, sono state a loro volta lungamente selezionate; allora interroghiamoci, riflettiamo e cerchiamo possibili spiegazioni a questi avvenimenti…

I nostri canarini hanno bisogno di essere sempre monitorati perché il nostro allevamento è un laboratorio sempre in funzione.

Per la riuscita di buoni risultati negli accoppiamenti, bisogna avere cura di ogni

minimo dettaglio, in quanto ogni cosa ha la sua importanza, anche se potrebbe sembrare tutto banale, come ad esempio la quantità della luce, la temperatura, l’umidità, l’alimentazione, la preparazione, oltre agli spazi idonei e salubri.

Praticamente bisogna curare tutto il necessario, cercando, come meglio si riesce, di creare un ambiente tranquillo e quanto più possibile simile alle condizioni presenti in natura.

Cerchiamo di non dimenticare che il timone segue sempre la rotta che impostiamo ed il risultato sarà conseguentemente relativo.

Ricordiamoci che alla base di tutto quel che è stato detto e fatto c’è sempre un elemento fondamentale e si tratta della passione che nutriamo per questo hobby, cioè del piacere di allevare una razza unica nel suo genere.

Si tratta di un cantore speciale: il Malinois Waterslager!

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La peculiarità del Malinois Waterslager è la capacità di emettere note dalle diverse tonalità

S pazio Club

Considerazioni sul canarino Arricciato Padovano

L’attuale

Padovano, se paragonato alle origini, ha avuto un’evoluzione straordinaria, passando da grosso canarino paffuto molto arriccciato (fiorone) a elegante con arricciature ben definite e geneticamente stabilizzate. Ciò ha portato a risultati eccelsi che hanno condotto questa razza italiana ad essere tra le più belle. Il percorso è stato lungo e travagliato, ma comunque appassionato e coinvolgente. Se adesso possiamo godere di tale classicità e bellezza, dobbiamo ringraziare chi, prima di noi, si è prodigato alla sua selezione.

In linea generale possiamo dire che l’allevamento del Padovano si è mantenuto a livelli molto buoni, con ceppi stabilizzati in tutte le caratteristiche primarie e secondarie.

Però, sempre in generale, dobbiamo constatare che molti allevatori hanno convinzioni del tutto personali che spesso li conducono lontano dallo standard, ma quello che è peggio ad “inquinamenti genetici” che perdureranno nel tempo.

In questo breve articolo ci limiteremo a trattare i temi più comuni ma molto attuali.

Tra le discussioni più attive, vi è quella che riguarda la taglia (lunghezza).

Vogliamo rimarcare fortemente che la lunghezza

di un Padovano (novello) deve aggirarsi sui 18 cm. Accettabile il mezzo centimetro in meno, meno tollerabile il centimetro in più, perché sappiamo bene che il confine tra i 19 cm ed i 20 è molto labile. Diciamo che un buon Padovano di circa 19 cm esposto in classe B è ammissibile in quanto, essendo adulto, si trova nella sua massima maturazione fisica. Nel complesso, possiamo dire che i nostri giudici, attualmente, vi prestino più attenzione che non gli anni scorsi. La regola, purtroppo, viene disattesa spesso da giudici stranieri, per i

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Arricciato Padovano testa ciuffata, all. LuigiSansone (anni 70) Arricciati Milanesi dell'allevatore salentino Francesco Amato e precursori dell'attuale Padovano
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Arricciato Padovano con fianchi aperti (difetto)

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quali l’equazione è: più grandi = più belli. Pensiamo, a tal proposito, che sarebbe opportuno ricordare ai giudici internazionali quanto e cosa prescrive lo standard, essendo, tra l’altro, il Padovano una razza Italiana di cui i custodi sono la nostra C.T.N. e questo Club. Queste diversità di vedute e le personali interpretazioni sullo standard (che coinvolge anche altri considerando) provocano malumori tra gli allevatori esperti e confusione tra i novizi.

La voce Testa e Collo prevede l’assegnazione di ben 20 punti, a significare l’importanza di tale caratteristica. Diciamo che nei T.L. si mantiene una buona selezione, con belle teste ben conformate e belle sopracciglia, seppur siano ancora presenti fagianine, qualche frangetta e qualche favorito. Comunque le belle teste ci sono e si vedono spesso. Un’attenzione in più dobbiamo rivolgerla ai T.C. Il ciuffo deve essere centrato, simmetrico, lievemente ellittico, ben raccordato alla nuca-collo e deve ricadere sugli occhi e sul becco, senza tuttavia coprirli completamente ma tale da costringere il soggetto ad una postura eretta (65°). Ci preme far notare che, purtroppo, sulla conformazione del ciuffo non vi siano idee chiare e vengano esaltati con orgoglio ciuffi che sarebbero perfetti per un Gloster o addirittura un Lancashire. Anche qui, occorrerebbe un po’ più di coraggio da parte dei

giudici e quindi li invitiamo a penalizzare queste storture.

La calvizie nucale nei T.C. è ancora presente. In tali soggetti, anche il ciuffo appare deformato e quasi triangolare e con la nuca completamente o in parte spiumata, molto brutta da vedere, analogamente al cosiddetto bavero. In poche parole, fagianine, calvizie nucale, bavero e favoriti sono difetti ancora abbastanza presenti.

L’arricciatura del collarino rimane imprescindibile al riconoscimento del Padovano. Concordiamo perfettamente con i nostri Organi Tecnici sul fatto che questa arricciatura debba essere sempre presente. In caso contrario la decurtazione di tutti i 5 punti previsti per tale voce ne è la logica conseguenza. Può esistere raramente un apparente collarino, provocato dal bordo alto dello jabot, ma riteniamo non sia molto frequente e comunque facilmente accertabile dal buon giudice. Malgrado le polemiche, possiamo dire che, attualmente, si vedano dei bei collarini che, ricordiamo, devono essere chiaramente visibili, completi dalla base fino a chiudersi ai lati del collo, senza tuttavia avvolgerlo per non creare quell’antiestetico bavero. Riteniamo che anche un collarino non completo, ma comunque visibile anche solo nella parte bassa anteriore, sia accettabile. Meglio uno poco accentuato, piuttosto di uno a grondaia (difetto).

Club di specializzazione
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Canarino Gloster con il tipico ciuffo, improponibile sul Padovano

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Lo standard prescrive un portamento di circa 65°; noi diremmo anche superiore e comunque mai inferiore. Il Padovano ciuffato deve avere un portamento eretto, dovuto anche alla necessità di vedere meglio. Se anche il T.L. tiene il medesimo grado minimo di portamento, questo sarà indice di un’ottima selezione. Sul portamento c’è poco da dire, in quanto anche un profano boccerebbe un Padovano chino sul posatoio o addirittura con posizione a rana.

Per quanto riguarda il piumaggio, in particolare sull’addome persistono tutt’ora interpretazioni diverse, dovute per lo più ad allevatori inesperti o novizi. Ricordiamo che tra lo jabot e l’addome vi deve essere un evidente e visibile stacco che li separi nettamente. Le piume dello jabot devono guardare in alto, mentre quelle superiori dell’addome devono guardare in basso. Ma vi è un’altra caratteristica da osservare con attenzione, cioè le coulottes. Non sono altro che piume formate dallo pterilio femorale, le quali, scendendo, coprono ed avvolgono, senza offuscarli, i calzoni (tibie). In pratica ciò comporta che, guardando frontalmente, l’addome deve apparire quasi quadrato, ma forse più rettangolare. Questa particolarità è apprezzabile nel soggetto fotografato a pag. 66 dei Criteri di Giudizio. In generale, il piumaggio deve apparire voluminoso ma composto, tale da rendere ben di-

stinguibili le arricciature, nonché serico, indice di buona salute. Stacco e coulottes, tutt’ora, sono assenti in molti soggetti esposti, probabilmente perché non conosciute o ritenute non essenziali. Chiediamo anche in questi casi la massima severità nel giudizio.

Sulle spalline non c’è molto da dire; di solito vengono ben giudicate, negli odierni Padovani appaiono di buona fattura e ben spartite simmetricamente. Qualche volta sono scarse e quando sono lunghe alla base si nota uno sbuffo antiestetico (bouquet della groppa). Difetto, purtroppo, più comuni di quanto si pensi.

Potremmo definire i fianchi croce e delizia di noi allevatori. Li vediamo spesso appena accennati, troppo aperti, fiacchi, oppure buoni fianchi con vessilli aperti (ben distinguibili nei soggetti lipocromici in cui le punte estreme appaiono bianche).

I buoni fianchi devono essere, oltre che voluminosi, anche ben sostenuti e possibilmente oltrepassare il margine delle spalline. Diciamo che su questa voce di solito l’intervento dei giudici è puntuale e categorico.

Riteniamo che in linea di massima si vedano buoni jabot o molto buoni. Questa arricciatura, che nasce dai due pterili ventrali, deve apparire voluminosa nonché simmetrica, con le piume che dai lati devono direzionarsi verso il centro, guardando in

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Arricciato Padovano con evidenti piume di gallo (pregio)
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Arricciato Padovano t.c. con calvizie nucale (difetto)

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alto, senza tuttavia chiudersi. Un buon jabot si deve staccare in modo netto dal sottostante addome, così come nella parte alta dal collarino. Ora un accenno alle ali. Di norma, non presentano particolari problemi, magari qualche ala incrociata o cadente, ma il giudice di solito sa distinguere se la scompostezza sia dovuta a problemi fisici o momentanea paura.

La caratteristica principale degli arti inferiori deve essere secondo noi la buona e giusta estensione degli stessi, la quale deve renderli visibili solo sino al calcagno, mentre la parte superiore (tibia) ricoperta da piume (calzone) deve essere avvolta da due abbondanti coulottes. La buona estensione degli arti è anche sinonimo di buon portamento. Per quanto riguarda le unghie, questo Club ritiene che la loro piegatura, spesso, sia dovuta ad eredità ataviche difficili da eliminare e spetta al giudice decidere innanzi al soggetto l’eventuale penalizzazione. Se poi altri segnali lo convincessero di trovarsi davanti ad un Padovano meticciato, dovrebbe procedere alla squalifica. In mancanza oggettiva di questi elementi, le unghie piegate non dovrebbero essere giudicate con eccessiva severità. Qualora invece dovessero presentarsi tutte o la maggior parte di esse più volte arrotolate, sino a somigliare ad un cavatappi, ecco che la penalizzazione può essere inflitta con più severità. Di solito la coda è corrispondente allo standard. Di regola appare dritta, omogenea e proporzionata. Una pecca che rileviamo spesso è la mancanza delle piume di gallo. Certo, non pretendiamo siano 5 per lato, ma tante volte sono completamente assenti anche su soggetti premiati e non penalizzati che di conseguenza si trovano immeritatamente con un punto in più del dovuto. Inoltre, la penalizzazione richiamerebbe l’allevatore per tale mancanza. Sembra quasi che tanti, anche se giudici, non vi attribuiscano la giusta importanza, ritenendo la cosa non significativa.

Conclusioni

Come già premesso, allo stato attuale l’Arricciato Padovano ha raggiunto un livello selettivo molto buono, ma dobbiamo pretendere di più. Una strada da percorrere e su cui persistere, secondo noi, è quella di penalizzare senza se e senza ma fenomeni chiaramente inquinanti quali ciuffi non conformi richiamanti Gloster o Lancashire, grondaie,

bouquet e favoriti da parigini, extrataglie… Vorremmo anche richiamare l’attenzione sull’assegnazione dei punteggi, che qualche volta appaiono sproporzionati in eccesso. Questo, ad onor del vero, tante volte è anche dovuto e causato da esigenze di classifica le quali possono “costringere” il giudice ad assegnare punteggi non corrispondenti al reale valore del soggetto, con tutto ciò che ne consegue, favorendo però situazioni di malcontenti e lamentele oggettivamente legittime. Quando si assegnano punteggi di 94, se non addirittura 95 punti, non deve essere per necessità di classifica ma per l’effettivo valore del canarino, altrimenti premiamo pure ma non esageriamo. Se possiamo permetterci un’ultima considerazione, vorremmo raccomandare che i canarini vengano valutati per la somma dei pregi-difetti che concorreranno al totale e non il contrario. Non si deve e non si possono decurtare o aggiungere punti a caso al solo scopo di assegnare un punteggio già predeterminato. Questo, purtroppo, accade. Testo e foto del

Club di specializzazione
CLUBDELL’ARRICCIATO PADOVANO
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Arricciato Padovano testa liscia con ottimo portamento

Arricchimento ambientale per i giovani pappagalli

Al Loro Parque l’arricchimento ambientale è una costante considerata essenziale per tutti i tipi di pappagalli. E nella stagione estiva, ciò è particolarmente importante per i giovani pappagalli che stanno iniziando il loro sviluppo. Durante tutto l’anno, le voliere sono provviste di vegetazione al loro esterno che cresce continuamente, anche verso l’interno dei recinti. Ciò consente ai pappagalli un accesso continuo e variabile a rami, foglie, fiori e frutti. Funge anche da barriera visiva con altre voliere, consentendo ai pappagalli di decidere la crescita dei rami e l’ambiente in modo che sia mutevole.

In aggiunta, durante l’anno, vengono forniti rami di conifere ad ogni voliera, in modo che ci sia un elemento esterno variabile grazie al quale i pappagalli trascorrono molto tempo, soprattutto nel tritare la corteccia e le foglie. Questo comportamento reca importanti benefici per i pappagalli, per le proprietà che apporta a livello chimico per le mucose e l’apparato respiratorio.

Nel momento in cui iniziano a crescere i giovani nati nello stesso anno, i rami di pino o eucalipto sono ancora più importanti. I pappagalli rompono la corteccia per esercitare il becco, cercano piccoli insetti, consumano parte

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(*)Direttore Scientifico Fondazione Loro Parque
Platycercusvenustus (Rosella di Brown), foto: M.Pérez/ LPF I Parrocchetti a faccia blu sviluppano bene i muscoli sui rami sottili, foto: M.Pérez/LPF

della corteccia ed estraggono componenti dalle foglie. Ma forse la funzione più rilevante per i pappagalli più giovani è quella di esercitarsi sui rami sottili. Il loro equilibrio, la muscolatura e le abilità sociali si svilupperanno su questi elementi di arricchimento naturale.

In questo periodo dell’anno le coppie di pappagalli asiatici, come quelli del genere Psittacula, stanno finendo di allevare i pulcini e si preparano ad iniziare il periodo della muta. Mentre i pappagalli sudamericani si stanno ancora riproducendo e molti stanno allevando la loro prole dalla seconda o terza covata di uova.

Così, gli spettacolari Conuri dorati si schiudono in questi mesi dell’anno, quando le temperature sono un po’ più alte, e anche le Amazzoni cubane iniziano a occuparsi dei loro primi pulcini dell’anno.

A volte capitano anche incidenti, come

nel caso di un Pappagallo ali bronzate (Pionus chalcopterus) che in questi giorni si è fratturato un’ala. Si tratta di un soggetto che è stato curato dal nostro team veterinario presso l’Am-

basciata degli Animali e davanti al pubblico, dove è stata eseguita un’interessante operazione, culminata con successo e con un’ottima prognosi per l’uccello.

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Il veterinario Richard Heidrich durante l'operazione per la frattura dell'ala in un Pappagallo ali bronzate, foto: LPF Pappagallo ali bronzate (Pionuschalcopterus), foto: LPF

Questo mese, il protagonista di Photo Show è: GIAMPAOLO GRANDELIS R.N.A. 32DU con la fotografia che ritrae il soggetto:

“Organetto artico”

(Acanthis hornemanni hornemanni) Complimenti dalla Redazione!

•Invitiamo tutti gli allevatori a inviare foto di soggetti provenienti dai propri allevamenti, con descrizione della specie, razza e mutazione, all’indirizzo: redazione@foi.it

•All’autore della foto mensilmente prescelta da un comitato interno, verrà offerto in omaggio un libro edito dalla FOI in base alla preferenza e alla disponibilità.

(*)Tutte le foto inviate, anche quelle non pubblicate, rimarranno a disposizione della FOI a titolo gratuito e potranno essere utilizzate, senza alcun limite o vincolo temporale, per pubblicazioni, iniziative e scopi promozionali della Federazione

Vecchio e consolidato

Antico, non è un sinonimo perfetto di vecchio, frequentemente ha un sapore diverso

tura; certo le cose sono cambiate molto, tuttavia il concetto che si debba partire da una base solida e non dal tetto, è ovvio, consolidato e certo non modificabile. La base solida potrebbe essere parzialmente trascurabile solo in un luogo privo di forza di gravità.

Ebbene anche nell’allevamento degli uccelli vi sono concetti diciamo vecchi o superati, ma anche di consolidati. Più che altro, quelli superati sono errori di valutazione che vengono riconosciuti come tali. L’importante è che non si pretenda di cambiare concetti giusti e consolidati per la loro esattezza, magari in ossequio ad un malinteso senso di modernità o a mode irrazionali.

Prendo in considerazione alcune parole, nel loro significato parlato o comunque del loro uso comune. Di massima sappiamo tutti il significato della parola “vecchio”. Vale a dire con molti anni o comunque molto tempo, spesso anche in senso dispregiativo, come superato o decaduto. Tanto che parlando di persone, si preferisce il termine anziano, per non usare il termine vecchio che potrebbe essere considerato

poco rispettoso. Antico, non è un sinonimo perfetto di vecchio, frequentemente ha un sapore diverso, potrebbe stare a significare non moderno ma di valore, magari storico o artistico, tuttavia non più attuale, come per ragioni di funzionalità. Consolidato significa un qualcosa che ha molto tempo, ma non superato e non superabile. Tanto per fare un esempio di consolidato, potrei parlare degli ultimi 4.000 anni e più di architet-

Ho più di una volta sottolineato il fatto che il “cambiamento”, tanto spesso invocato anche nei media ad ogni piè sospinto, non è un valore; infatti si può cambiare sia in meglio che in peggio. È il miglioramento un valore, non il cambiamento purché sia. Oggi noto, nel nostro ambiente, da più parti il tentativo di considerare superati principi che non sono affatto superati, bensì consolidati poiché esatti e talora fondamentali. Certi modernismi possono essere deleteri, fuorvianti e tali da compromettere aspetti importantissimi o basilari, con pessime conseguenze.

NUMERO 6/7 -2023 29 CANARINIDI COLORE
Nero bianco dominante

Nella selezione del canarino, come in altri fringillidi e non solo, ci sono linee selettive di base, talora contrapposte o divergenti, che non si possono scalfire, pena la produzione di soggetti atipici.

Nel canarino, ma non solo, si parla di tipo alludendo alle melanine, di varietà alludendo ai lipocromi o per meglio dire ai carotenoidi e di categoria alludendo alla distribuzione dei carotenoidi ed alla struttura delle produzioni cutanee, specialmente della penna.

Di regola si parte dal tipo, ma ora voglio fare una partenza diversa, poiché intendo soffermarmi maggiormente appunto sul tipo.

Nella varietà, il canarino si divide fra: fattori rossi e non. In effetti il canarino all’origine presenta carotenoidi gialli, colore di fondo. Mutazioni poi avvenute hanno generato: i bianchi, il giallo ridotto detto avorio e l’ibridazione con il cardinalino del Venezuela ha inserito i fattori rossi.

Ho detto fattori rossi e non fattore rosso come comunemente si dice poiché il rosso, o per meglio dire l’arancio, non è generato da un solo gene ma da diversi geni. Questa divisione antica è fondamentale e non c’è moda che possa scalfirla, poiché le linee selettive del giallo e del rosso sono opposte: nessuna traccia di rosso nei gialli, leggi giallo arancio, e la minore possibile presenza di giallo nei rossi, dico minore possibile, poiché il giallo non è del tutto eliminabile; del resto anche il cardinalino non è integralmente rosso. Da notare che i bianchi sono considerati a non fattori rossi anche quando provengono dai rossi e non sarebbe corretto dal punto di vista genetico. Quindi non ci si stupisca se accoppiando un bianco anche recessivo con un giallo dovesse nascere un giallo arancio; le mutazioni che

generano i bianchi non distruggono, ma solo inibiscono il lipocromo cioè i carotenoidi. Appare evidente che le selezioni opposte fra gialli e rossi sono un fatto acquisito e consolidato non discutibile.

Le categorie sono: il brinato forma selvatica, l’intenso ed il mosaico. L’intenso può provenire indifferentemente da brinati o da mosaico. Si richiede senza brinature residue.

Il brinato dallo standard attuale è richiesto a brinatura fine ed uniforme. Un tempo più correttamente si richiedeva a brinatura media ed uniforme (cambiamento sbagliato).

Il mosaico è un super brinato e si richiede prevalentemente biancastro o bianco per forte brinatura (meccanismo ben diverso da quello che genera i bianchi di varietà), ma con zone di elezione intense che vengono evidenziate. Non mi dilungo avendone già parlato ampiamente in altre sedi alle quali rimando.

Appare tuttavia evidente che brinato e mosaico seguono linee selettive divergenti, uniformità nel brinato e contrasto nel mosaico.

Negli accoppiamenti non si accoppiano mai brinati e mosaico, poiché ne uscirebbero danneggiate entrambe le categorie. Talora si fa perfino fatica a distinguere pessimi brinati da pessimi mosaico. Siamo quindi di fronte ad un fatto consolidato non modificabile nella sostanza in riferimento alle selezioni divergenti. Sarebbero invece modificabili gli standard del brinato ove era preferibile la brinatura media e quelli del mosaico troppo utopistici, ma questo non inficia il concetto di linee divergenti fra brinato e mosaico.

Nel tipo sono evidentissime le selezioni divergenti fra ossidati e diluiti. Gli ossidati, cioè neri e bruni, richiedono massima espressione delle melanine.

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Bruno intenso rosso avorio maschio, foto: E. del Pozzo Agata pastello intenso giallo, foto: E. del Pozzo
Le categorie sono: il brinato forma selvatica, l’intenso ed il mosaico. L’intenso può provenire indifferentemente da brinati o da mosaico

Solo l’eumelanina nera nei neri, in seguito ad una decisione errata che intende penalizzare la feomelanina bruna, ed entrambe - eumelanina bruna e feomelanina bruna - nei bruni. Mentre nei diluiti, cioè agata ed isabella, si ricerca la massima diluizione.

La selezione a favore dell’eumelanina nera o bruna anche modificata da ulteriori mutazioni, comporta la selezione del disegno: lungo e largo, tranne poche eccezioni in interazioni successive particolari (come il pastello).

In agata ed isabella si cerca la diluizione massima, che però non va intesa come impoverimento generico. In effetti si cerca disegno apparentemente concentrato in sottili strie e massima riduzione della feomelanina bruna, il che, in condizione tipica, esprime la caratteristica “mandorla” (alone diluito periferico), anche qui poche eccezioni successive attinenti al disegno (come il pastello).

Questo dell’ossidato e del diluito è un concetto consolidato, anche se talora, non senza mio stupore, taluno cerca di metterlo in discussione.

Vi è poi l’aspetto dei 4 tipi base: nero, bruno, agata ed isabella. Sono detti tipi base poiché ulteriori mutazioni (pastello, opale ecc.), non vengono riconosciute solo su base selvatica (il nero) ma anche in interazione con i suddetti tipi base, anche se talora non tutti (come per il phaeo).

In effetti, alla comparsa di una mutazione, questa la si potrebbe accettare solo se autonoma, invece si è stabilito di accettarla, salvo eccezioni, anche in interazione con i tipi base. Mi spiego: alla comparsa poniamo del pastello, si sarebbe potuto riconoscere solo il nero pastello, anzi precisare nero sarebbe inutile, visto che è la forma selvatica e si potrebbe dire solo pastello. Invece si è optato per il riconoscimento anche delle interazioni con gli altri tipi base, vale a dire: bruno pastello, agata pastello ed isabella pastello. Non sono mai state riconosciute interazioni fra tipi aggiunti, ad

esempio pastello + opale. Anche in presenza di mutazioni alleliche (avvenute sulla stessa coppia genica), gli intermedi non sono riconosciuti, ad esempio opale-onice, nonostante che, in questo caso, siano molto graziosi.

Dovrebbe essere di chiarezza adamantina che dovendo selezionare verso la tipicità, nelle interazioni, si dovrebbe cercare la migliore espressione sia del tipo base, prioritaria, sia del tipo aggiunto.

A volte il tipo aggiunto è ad espressi-

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Nero pastello ali grigie intenso giallo, foto: E. del Pozzo Isabella pastello intenso giallo
Dovendo selezionare verso la tipicità, nelle interazioni, si dovrebbe cercare la migliore espressione sia del tipo base, prioritaria, sia del tipo aggiunto

vità costante e non richiede sforzi selettivi, ma altre volte le cose sono diverse.

Nel sopracitato pastello ci sono geni modificatori ad effetto additivo che devono essere selezionati, in senso positivo o perfino nell’altro, cioè negativo.

Nel nero pastello si selezionano 2 forme: quella tradizionale (minima espressione) e quella ali grigie (massima espressione). I geni modificatori del pastello agiscono sull’eumelanina (si badi solo sull’eumelanina) riducendola in un modo particolare; però non si dimentichi che il carattere prodotto dal gene maggiore pastello comporta la riduzione sia dell’eumelanina che della feomelanina.

Nel tipo diciamo tradizionale si seleziona contro i geni modificatori, quindi contro la migliore espressione pastello. In altri termini si ricerca solo il carattere generato dal gene maggiore. Nel nero pastello tradizionale si ricerca quindi il disegno lungo e largo, non più nero ma grigio antracite, con ossidazione di

becco e zampe (cioè elevata presenza di eumelanina nera). Nel nero pastello ad ali grigie invece ricerchiamo anche la migliore espressione del pastello, cioè: strie, marcature e vergature, quindi tutto il disegno ridotto ulteriormente da grigio antracite a grigio alluminio; permangono grigio antracite la rachide ed il bordo scaglia, andando a formare la tipica bifora. Se si parla di ali grigie è solo perché le penne forti sono le prime a risentire di tale effetto. Il disegno non si mantiene lungo e largo, ma diventa a scaglie

ad opera dell’effetto ali grigie. Non si pensi però che il tipo base venga annullato o peggio possa essere trascurato, niente affatto! Il tipo base esprime comunque un suo apporto basilare; infatti l’eumelanina di base si riduce ad opera del pastello con i suoi geni modificatori, ma non si impoverisce in quanto tale, altrimenti la bifora grigio antracite diventerebbe sbiadita ed il grigio alluminio diventerebbe quasi biancastro; inoltre si mantiene l’ossidazione di becco e zampe.

Nel bruno e nell’isabella pastello si seleziona solo per l’espressione massima, riducendo fino ad annullarlo o quasi il disegno, mentre nell’agata pastello si seleziona solo contro l’espressione massima, cioè per la minima, tale da mantenere il disegno di tipo agata, di tono grigio ferro.

Scelte che possono essere ineccepibili per bruno ed isabella, ma che stupiscono per l’agata, ove si potrebbe selezionare l’espressione massima verso l’ali grigie.

Si badi però che nel bruno pastello

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Bruno mosaico rosso maschio, foto: E. del Pozzo Nero mosaico giallo femmina
Nel nero pastello si selezionano 2 forme: quella tradizionale (minima espressione) e quella ali grigie (massima espressione)

ed in misura minore nell’isabella pastello, spesso non si fa solo la selezione corretta a favore dei geni modificatori, ma anche contro il disegno in quanto tale, una selezione espediente non corretta. In teoria si dovrebbe poter avere pure nei ceppi di bruni ed isabella pastello la tipicità anche dei portatori classici, quindi disegnati, che invece spesso non sussiste per indebolimento del disegno in quanto tale e non solo per l’effetto dei geni modificatori del pastello, i quali non agiscono sui classici. Personalmente, in passato, ho avuto più di un ceppo di isabella pastello che non danneggiava i portatori classici; infatti ho avuto ottimi risultati anche con i portatori, specialmente agata. Non sono a conoscenza di analoghi risultati con i bruni pastello. Del resto, nei bruni pastello è più difficile ridurre il disegno rispetto agli isabella pastello.

Penso che questi esempi siano abbastanza eloquenti per spiegare la differenza ed importanza del tipo base e del tipo aggiunto. Adabundantiam, per spiegare ancora meglio, cito qualche differenza di difetto di tipo base ed aggiunto. Un isabella pastello molto diluito ma con disegno è ottimo come tipo base isabella ma difetta di tipo aggiunto pastello,

al contrario un isabella pastello senza disegno, ma poco diluito, quindi con molto bruno, è ottimo come pastello, tipo aggiunto, ma pessimo come isabella tipo base; ovviamente un isabella pastello disegnato e con molto bruno difetta in entrambi gli aspetti ed uno senza disegno e molto diluito sarà ottimo in tutto. Si badi che le selezioni necessarie, sono diverse e bisogna farle coincidere.

Discorsi diversificati si possono fare in altre interazioni, ove talora non essendoci variazioni del tipo aggiunto, praticamente si seleziona solo il tipo base. In altri casi il tipo aggiunto richiede solo l’accoppiamento con portatori, senza ulteriori avvertenze, quindi la selezione vera è sempre del tipo base. In questo caso gli esempi sono: l’opale che perde l’azzurro se accoppiato in purezza (nei neri ed in misura minore

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Per l’isabella opale è stato commesso un grave errore, per assecondare richieste straniere, prevedendo un disegnino

agata) e il phaeo che, accoppiato in purezza, nei neri diventa a melanina centrale. Trattasi di fenomeni rarissimi, mai descritti in letteratura scientifica. Ne ho parlato ampiamente in altre sedi. Recentemente per l’isabella opale è stato commesso un grave errore, per assecondare richieste straniere, prevedendo un disegnino. Si badi però è una situazione del tutto diversa rispetto all’isabella pastello. L’opale non ha geni modificatori e la man-

canza di disegno negli isabella opale tipici è solo dovuta al fatto che l’elevata diluizione dell’isabella tipico e la forte riduzione dell’opale interagenti finiscono con l’annullare il disegno e rimane solo il perlaceo delle penne forti, che è ciò che residua delle marcature. In soggetti poco diluiti come tipo base isabella, può mantenersi traccia di disegno. Vale a dire che isabella opale atipici, tendenti al bruno, manifestano un disegno che riecheggia quello del bruno

opale, certo in forma minore o molto minore. Tanto maggiore è il disegno dell’isabella opale e tanto minore è la diluizione dell’isabella tipo base. Non a caso chi volesse avere anche portatori tipici dovrebbe rinunciare all’idea. Non vado oltre avendo trattato ampiamente la cosa in passato. Un altro caso ancora è una certa incompatibilità fra tipo base e tipo aggiunto. È il caso dell’onice e del cobalto, belle mutazioni, che con la loro diffusione sono pregevoli nei

neri, accettabili nei bruni, ma in contrasto con i diluiti, visto che il tipo base diluito in gran parte vanifica a priori la diffusione. Per me sarebbe meglio rinunciare alle interazioni con i diluiti; in ogni caso la priorità è del tipo base.

Penso che, a questo punto, il discorso fra tipo base e tipo aggiunto dovrebbe essere chiaro. Certo non è concetto così facile da recepire, ma non è colpa mia se la natura è spesso complessa. Non ritengo di dover citare un gran numero di articoli, quindi rimando al mio testo “I colori nel Canarino” reperibile in FOI, che non è superato, anche se non molto recente, inoltre non credo che ce ne siano di migliori almeno per ora. Quanto agli articoli sono ampiamente presenti su Italia Ornitologica ed anche vi sono degli scritti sul sito della mia associazione: www.adopparma.com. Come si vede non ho perso tempo con la modestia, visto che le cose bisogna dirle chiare. Applico però l’umiltà e prima di scrivere consulto la letteratura sul tema trattato, almeno quella fondamentale. Inoltre spesso mi consulto con quella che chiamo scherzosamente la “pulita dozzina” cioè gli: ornitologi, genetisti e tecnici che stimo particolarmente. Consiglio a tutti di fare altrettanto.

Un ulteriore consiglio è quello di diffidare ed andare sempre in verifica, specialmente per quello che arriva dall’estero, visto che spesso ci hanno rifilato errori anche gravi; alcuni dei quali li ho indicati sopra. Inoltre anche noi italiani possiamo sbagliare, come capita a me, solo che non bisogna perseverare nell’errore e la diffidenza deve sempre esserci; io l’applico specialmente a me stesso. Di conseguenza anche vecchi errori, pure se sono diventati quasi dei dogmi, devono essere rilevati e corretti (mi capita di pensare al mosaico). Quindi bisogna conservare ciò che è legittimamente consolidato, ma rivedere ciò che sembrava soltanto essere consolidato. Il tutto alla luce di un vero approfondimento tecnico, senza nulla concedere alle dicerie o alle mode.

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Agata mosaico giallo maschio, foto: E. del Pozzo
Isabella opale atipici, tendenti al bruno, manifestano un disegno che riecheggia quello del bruno opale, certo in forma minore o molto minore

J’accuse

Dal punto di vista pratico c’è stata molta confusione

J’accuse è un traslato per segnalare un abuso o un’ingiustizia

L’undici febbraio del 1992 è stata approvata la legge numero 157 che stabilisce una serie di norme a tutela della fauna selvatica e per il prelievo venatorio. In sintesi, viene vietata su tutto il territorio nazionale ogni forma di uccellagione o cattura di qualsiasi altro animale selvatico, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati. La legge parte dal principio che gli animali selvatici siano di proprietà dello Stato e pertanto nessun cittadino può disporne. Da tali regole sono esentati i cacciatori che godono di una specifica concessione denominata licenza di caccia. La stessa legge demanda alle Regioni di autorizzare e regolamentare le deroghe sull’allevamento a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale (art.17 ovviamente inerente la fauna selvatica).

Una legge giusta, per alcuni versi lungimirante se si considera che è stata emessa oltre trent’anni or sono, di sicuro in sintonia con l’attuale politica di

sostenibilità che interessa non solo l’Europa ma il mondo intero.

Alla pubblicazione della legge, le premesse per noi ornicoltori erano altresì ottime. L’idea che fosse fermato il

flusso di fauna selvatica, fenotipicamente identica a quella domestica, era una cosa eccellente. Non dimentichiamo che per noi ornicoltori sportivi/amatoriali, uno degli obbiettivi primari è quello di aprire metaforicamente lo scrigno che è rappresentato dal patrimonio genetico dei nostri uccelli e scoprirne i gioielli, che sono il complesso di meccanismi di trasmissione ereditaria. Infatti, affinché si possa raggiungere lo standard ideale che le varie commissioni tecniche hanno prefissato, in riferimento ai nostri soggetti noi parliamo di ceppo e non di gruppo, insieme o quant’altro. Da questo punto di vista, l’attuazione della legge ha sortito l’effetto sperato ma dal punto di vista pratico c’è stata molta confusione, mentre da quello burocratico ha creato notevoli problemi agli allevatori di avifauna autoctona. Le Regioni, come previsto, hanno regolamentato autonomamente senza usare gli stessi criteri. Peccato, però,

NUMERO 6/7 -2023 35 CRONACA
Cardellino (Carduelis carduelis) la specie più allevata di avifauna indigena

che le Regioni siano delimitate con dei criteri che noi esseri umani ci siamo imposti, delimitazioni che non corrispondono a quelle degli habitat delle specie che si era intenzionati a tutelare. Sarebbe stato auspicabile prospettare un’armonizzazione delle stesse leggi regionali per evitare degli scenari surreali del tipo che un animale fosse protetto in un’area ma poi, ad un metro di distanza, superato il limite di una Regione e passati ad un’altra, divenisse cacciabile o prelevabile.

Comunque, i pochi parametri che le Regioni hanno mantenuto in comune sono stati l’utilizzo del nome scientifico per l’identificazione della specie selvatica ed il fatto che la detenzione degli uccelli fosse inserita nel calendario venatorio (anche se di quest’ultimo, non in tutte le Regioni).

Porre gli ornicoltori sullo stesso piano dei cacciatori è a dir poco paradossale. Con questo, non è mia intenzione entrare in una discussione etica sulla caccia, anche perché ritengo che questo argomento possa essere, oltre che complesso, alquanto articolato. Ciononostante è innegabile che detenere degli uccelli per poterli allevare e riprodurre sia un conto, detenere degli uccelli per poterli usare come richiamo per altri uccelli ed avere poi la facoltà di cacciarli sia tutta un’altra storia.

Fatto sta che, dall’entrata in vigore della legge, tanti uccelli domestici da generazioni si sono ritrovati ad essere

considerati uccelli selvatici. Questa confusione, nel corso degli anni, ha creato delle vere e proprie stragi di uccelli do-

mestici che sono stati reinseriti in natura proprio perché erroneamente considerati selvatici.

Questo perché non sono state prese nella dovuta considerazione le pubblicazioni scientifiche a riguardo. Studi di etologia hanno dimostrato che un uccello domestico immesso in natura senza un appropriato riadattamento viene predato nel giro di ventiquattrore al massimo.

I fatti hanno quindi dimostrato in maniera inconfutabile che l’utilizzo del nome scientifico non sia un parametro valido per riuscire a stabilire quali possano essere considerati uccelli selvatici e quali uccelli domestici.

La domanda che sorge è dunque: come si riesce a capire quale sia la differenza tra un uccello selvatico ed uno domestico affinché si possano palesemente distinguere?

Per chiarire questo punto, ci viene in aiuto la giurisprudenza che fuga ogni dubbio in proposito. Difatti, la Corte di Cassazione Penale sez. III, il 13/05/2011 (ud. 02/02/2011) sentenza numero 18893 ha stabilito che “…Gli esemplari di prima generazione nati in cattività non rientrano nella fauna selvatica”. In altre parole, se un uccello nasce in allevamento è per legge un animale domestico. La sentenza potrebbe avere ulteriore enfasi per noi ornicoltori se consideriamo che è stata emessa su degli uccelli aventi dei parentali selvatici. Volendo ulteriormente dibattere, ci si potrebbe domandare come stabilire, quando ci si trova di fronte a degli uccelli fenotipicamente identici, quale sia o meno quello nato in cattività. Anche in questo caso la giurisprudenza ci viene in aiuto. Vi sono svariate decine di sentenze passate in giudicato dove l’anellino inamovibile (mi riferisco proprio al nostro, quello fornito della FOI) è stato considerato quasi alla stregua di un sigillo di Stato atto proprio a garantire autenticità della origine domestica del soggetto preso in esame. Appare evidente che la risoluzione del problema sia solo una questione di volontà da parte degli enti deputati alla gestione della fauna autoctona. La famosa frase “J’accuse…!” con la quale Emile Zola apre la sua famosa lettera al presidente della Repubblica

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Verdone (Chloris chloris) altra specie di indigeni tra le più allevate Verzellino (Serinus serinus) specie indigena molto vicina al canarino (Serinus canaria)
Dall’entrata in vigore della legge, tanti uccelli domestici da generazioni si sono ritrovati ad essere considerati uccelli selvatici

francese sul quotidiano L’Aurore viene spesso utilizzata per indicare una forte posizione contro un’ingiustizia, un sopruso. In quest’ottica, lanciare un j’accuse potrebbe sembrare eccessivo nei confronti di una legge che appare errata solo nella sua applicazione. Bisogna considerare però che, come dicevano i latini, Dura lex, sed lex, ovvero la legge è dura ma è la legge. Se da un punto di vista del diritto civile la violazione della legge sulla detenzione

dell’avifauna indigena potrebbe portare ad una sanzione, dal punto di vista penale la violazione potrebbe avere delle conseguenze ben più gravi. In tutta onestà, bisogna dire che i giudici non rivestono quel ruolo per caso. Da tempo hanno ben capito che tra noi ornicoltori ed i bracconieri c’è una bella differenza. Tuttavia, pensare che per un hobby come il nostro si possa arrivare al punto di rischiare di sporcare la fedina penale dovrebbe farci riflettere un attimo.

In conclusione, continuando a parafrasare Emile Zola:

J’accuse… le autorità preposte di errata interpretazione della legge 157/92 nei confronti degli ornicoltori in quanto gli esemplari di quest’ultimi, muniti di anello inamovibile, non sono considerati, per le stesse leggi di questo Stato, avifauna selvatica e pertanto trattasi di uccelli non soggetti alla legge in oggetto. Ai posteri l’ardua sentenza.

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LUCHERINO DORSO NERO “COLUMBIA” (Carduelispsaltria) Da una lunga e competente selezione soggetti di grande qualità e dalle eccezionali doti riproduttive BRUGHERIO (MB) Tel. 347.0784494 TERUZZI
La domanda che sorge
è dunque: come si riesce a capire quale sia la differenza tra un uccello selvatico ed uno domestico?

Acetosella

La bella addormentata che “spara” i suoi semini

Premessa

Siamo ai primi di Marzo. È una bella giornata solatia e i mandorli in fiore preannunciano la primavera. Perlustro il giardino, controllo gli ulivi e le piante da frutto, prima di iniziare potature e manutenzioni primaverili. Angela nel frattempo sta già pulendo l’aiuola delle erbe aromatiche, timo, origano e maggiorana, ricoperte di foglie della roverella. Ad un certo punto la sento esclamare: “Accidenti! Anche qui doveva uscir fuori ‘sta Bella addormentata!?”.

La “Bella addormentata”: così chiamò Dina, mamma di Angela, quel vaso pieno di fiorellini rosa profumati che ci regalò quando ci trasferimmo a Monteciccardo. “Bella addormentata”, ci spiegò, perché al giungere della sera e durante la notte, come nelle giornate più calde e in quelle piovose, fiori e foglie si richiudono su se stessi, tanto da sembrare addormentati, per poi aggiungere: “Tenete il vaso vicino

al portico, in penombra, come facevano i miei nonni in campagna vicino all’ingresso di casa, e quando vedete chiudersi le foglie o i fiori è in arrivo sicuramente il garbino (così è chiamato il libeccio dalle nostre parti) o si preannuncia la pioggia!”. In effetti, quel vaso è stato il nostro barometro per alcuni anni, come lo è stato per i nostri antenati!

Nel consegnarci il vaso mia suocera mi disse anche: “Gigi, se vuoi rinfrescarti la gola prova a masticare e succhiare qualche gambo o fogliolina, sentirai un succo delicatamente aspro, quasi una goccia di limone ed avrai la gola rinfrescata e dissetata!”

Anche Angela assentì, dicendo: “È vero

mamma! La nonna Guerina, quando eravamo in via Buccari, mi aveva insegnato a succhiare e gustarne i gambi ed effettivamente avevano un sapore misto di limone e aceto, non molto aspro!” . Senza attendere, presi un paio di foglie con il gambo e mi misi a masticare… Anche il mio palato percepì un gusto rinfrescante di limone.

L’indomani mi tuffai nel testo “Segreti e virtù delle piante medicinali” (Selezione dal Reader’s Digest) e, dalle immagini riportate a pag. 46 e dalla breve descrizione, scoprii che la “Bella Addormentata” non era altro che l’acetosella, alias Oxalis acetosella

Dopo un paio d’anni abbiamo trasferito i piccoli “bulbi” come bordura di una aiuola vicino al portico che è diventata un cuscinetto verde-rosa molto grazioso, ma… non l’avessi mai fatto! Oggi, al primo tepore, a fine inverno, vedo spuntare qua e là in tutto il giardino pic-

NUMERO 6/7 -2023 39 ALIMENTAZIONE
Dal libretto dei miei appunti orto-ornitofili e non solo
Una pianta erbacea ricca di virtù
Tappeto di acetosella (Oxalis articulata) nel giardino dell’autore, foto: P.Mengacci Acetosella rosa in fioritura (Oxalis articulata) nel giardino dell’autore, foto: P.Mengacci

cole macchiette verdi che l’anno prima non c’erano. Hanno foglioline a forma di cuore, quasi quasi da confondersi col trifoglio, e dalla primavera e per tutta l’estate fino all’inizio dell’inverno diventano delle macchie rosa in mezzo al verde e ad altri fiori del mio prato “selvatico”! Vi dirò che la cosa non mi dispiace, anzi… ho a disposizione e, quindi, la scelta di foglie e fiori di acetosella per qualche piatto o bevanda particolare che in seguito andrò a descrivere.

Alcuni cenni botanico-storici

L’acetosella è una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Oxalidaceae, Genere Oxalis, specie Oxalis acetosella. Nomi comuni possono essere, a seconda delle zone: Agretta, Erba brusca, Erba alleluja, Trifoglio acetoso, Pan degli Angeli, Pancuculo ed anche Bella addormentata o Trifoglio dormiente (per via delle foglie che assomigliano a quelle del trifoglio).

Etimologicamente il nome del genere (Oxalis) deriva dal greco oxys (acuto o pungente) per il sapore acido della pianta e da hals (sale) per l’elevata quantità di acido ossalico. Il nome comune della pianta (acetosella) deriva dal sapore delle foglie acidulo ed anche leggermente aspro, a metà tra il limone e l’aceto.

Dell’acetosella esistono molte specie e sono molto diffuse. Quelle più comuni e commestibili si distinguono tra di loro principalmente dal colore dei fiori (bian-

chi, rosa, gialli, striati ecc.) e da alcuni dettagli fogliari. Riporto le più diffuse che possiamo incontrare sia nelle nostre passeggiate in campagna o nei sottoboschi, ma anche nei giardini come arredi e bordure, parchi pubblici o addirittura anche nei marciapiedi cittadini oppure nelle fessure dei muri di case coloniche abbandonate e sono:

- Oxalis acetosella è la specie-tipo, con fiori bianchi di ampia distribuzione eurasiatica, presente in luoghi freschi, umidi, e nei sottoboschi.

- Oxalis articulata o rizomatosa che è originaria del Sud America: è un’alloctona invasiva, con fiori tra il rosa e il violetto. Presente nel mio giardino.

- Oxalis corniculata, l’acetosella dei campi. Il fiore è giallo carico, proviene dall’India ed è invasiva; come tutte le Oxalis ha un accrescimento aderente al suolo con carattere strisciante. “Corniculata” dal latino “corniculus” diminutivo di “cornus” (corno), per la forma dei frutti che hanno piccole corna.

- Oxalis pes-caprae, con i suoi fiori gialli, che non è nativa ma proviene dal Sud Africa: è un’alloctona che è stata introdotta in molti paesi. Il suo nome botanico, da “pes” = piede e “caprae” = di capra, molto probabilmente si riferisce alla forma dei suoi bulbi, che assomiglierebbero molto allo zoccolo delle capre.

La pianta dell’Oxalis è composta da un rizoma carnoso, simile a una radice, con una serie di bulbilli a forma di goccia da cui si sviluppano le piantine. Durante l’inverno la parte esterna si secca e la pianta sembra morta, ma i suoi rizomi si “riposano” e al primo tepore iniziano a moltiplicarsi e a germogliare. Le foglie sono sostenute da un lungo picciolo, sono composte da tre foglioline a forma di cuore di colore verde leggermente pelose sui margini. I fiori all’apice di un lungo peduncolo sono ermafroditi e vengono impollinati dagli insetti; sono composti da una corolla formata da 5 petali spatolati lunghi circa 2 cm di colori che vanno dal bianco striato al giallo e rosa violetto.

Una cosa molto curiosa e tipica riguarda i frutti: “I frutti sono raccolti in una capsula avente cinque cavità (a forma pentagonale) lunga 4–10 mm e contenente ciascuna uno o due semi immersi in una sostanza mucillaginosa (questo tipo di capsula si definisce ovoide loculicida). Alla maturazione i semi vengono spinti attraverso una fessura elastica molto stretta che, scattando di colpo, li lancia anche

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Cespuglio di acetosella prima della fioritura, foto: P.MengacciOxalisacetosella bianca, fonte: Wikipedia
Dell’acetosella esistono molte specie e sono molto diffuse. Quelle più comuni si distinguono tra di loro principalmente dal colore dei fiori

con forza a distanze ragguardevoli.” (Wikipedia). Altra curiosità riguarda l’acetosella articulata o rizomatosa, che sta infestando il mio giardino. Eradicando quel cespuglietto dall’aiuola delle aromatiche, fattomi presente da Angela, ho estratto un rizoma pieno di bulbilli rotondeggianti (da qui “articulata”?) e quelli spezzati, all’interno, avevano lo stesso colore dei fiori, rosa/violetto. Notizie storiche su questa particolare pianta ci dicono che fosse molto apprezzata nell’antico Egitto e fra i Romani per uso alimentare e medicinale. Anticamente veniva anche usata per guarire la scrofolosi (ingrossamento delle linfoghiandole del collo, spesso di natura tubercolare) soprattutto dei bambini. A partire dai Romani, per tutto il Medioevo ed oltre, le sue foglie venivano usate come condimento per le insalate in sostituzione dell’aceto o come pianta erbacea digestiva. È chiamata anche “Alleluja”, in quanto, nella tradizione cristiana, la sua rinascita all’inizio della primavera, emettendo nuove foglie, annuncia la Pasqua e, con il canto dell’Alleluja, la resurrezione del Cristo.

Proprietà e benefici I composti chimici dell’acetosella sono principalmente vitamina C, Vitamina B2, diversi flavonoidi, ferro, zinco, mucillagini, acidi fenolici e acido ossalico. Contiene anche carotenoidi che sono presenti sotto forma di beta-carotene, luteina e zeaxantina nelle giovani foglie.

Inoltre, sono presenti discrete quantità di antiossidanti, sostanze molto importanti per l’organismo quando si tratta di combattere i radicali liberi.

L’apporto calorico o energia che riescono a fornire 100 grammi di foglie è pari a circa 30 calorie. È opportuno far presente che nonostante tutti i benefici che si possano trarre dal suo utilizzo, l’assunzione in dosi troppo elevate potrebbe causare diarrea, nausea, reazioni cutanee, irritazioni gastrointestinali e danni ai reni. Utilizzata con parsimonia ed in maniera saggia, l’acetosella può essere una pianta utile per il nostro l’organismo. Di seguito vado ad elencare alcune fun-

zioni benefiche che possono essere utili anche nei nostri allevamenti di uccelli familiari.

- Digestiva: in quanto ricca di fibre, che aiutano nella corretta digestione.

- Diuretica e Depurativa: ricca di acqua, la pianta era già nota in passato per le sue proprietà diuretiche

- Lassativa e vermifuga: nei casi di stitichezza, usata con parsimonia, può essere un validissimo aiuto. Inoltre, esercita un buon effetto vermifugo.

- Rinfrescante e disinfettante: le foglie e relativo stelo sono utilizzate da molte persone per l’igiene orale, uso tramandato dai nostri avi; a mio avviso, sarebbe un rimedio naturale da riproporre e utilizzare in sostituzione di molti prodotti chimici.

- Immunostimolante: l’ottimo contenuto di vitamina C e flavonoidi stimola le difese immunitarie contro l’attacco da parte di virus e batteri, risultando utile contro raffreddori, mal di gola, tosse ecc.

- Antiossidante: i composti antiossidanti dell’acetosella quali flavonoidi, vitamina C, carotenoidi ecc. sostengono e aiutano il corpo nelle difese.

Utilizzi dell’acetosella

Oggi l’acetosella viene utilizzata soprattutto nell’ alimentazione, ma tradizionalmente la pianta veniva impiegata anche a scopo terapeutico e curativo e, tuttora, l’erboristeria e la fitoterapia ne consigliano l’impiego.

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Oxalis corniculata bloemen, fonte: WikipediaOxalispes-caprae, fonte: Wikipedia Mazzetto di acetosella appena racolta, foto: P.Mengacci

In Erboristeria è usata:

-come cura depurativa primaverile: fare un decotto di 20 grammi di foglie fresche in 1 litro d’ acqua e berne non oltre due bicchieri al giorno; aggiungere, se amaro, un cucchiaio di miele millefiori.

-come rimedio per dermatosi e ascessi: applicare le foglie dello stesso decotto precedentemente descritto.

-disinfettante del cavo orale: masticare foglie fresche con relativo picciolo; inoltre, lenisce le ulcerazioni della bocca e della gola.

-la tintura madre ricavata dalla pianta interaviene consigliata come lassativa, antianemica, depurativa e nel trattamento della dermatosi. Per la posologia è sempre bene attenersi ai consigli di un esperto.

La tintura madre è un rimedio erboristico, molto diffuso in fitoterapia, che permette di racchiudere in una forma liquida le proprietà curative delle piante, di conservarle a lungo, facilitare l’assorbimento dei principi attivi e migliorare la comodità di utilizzo.

Si consiglia di usare fresca la pianta dell’acetosella poiché essiccandola perderebbe molte delle sue proprietà.

L’acido ossalico ricavato dall’acetosella veniva utilizzato dai droghieri per preparare il “sale di acetosa”, impiegato per pulire oggetti di cuoio, bronzo e rame, per detergere il bucato dalle macchie di ruggine ed inchiostro e come fissante per i colori.

Nel linguaggio dei fiori e delle piante, all’acetosella viene attribuito il significato di protezione ed amore materno, desunto dalla sua caratteristica di chiudersi, come a volersi proteggere dal vento forte e dalla pioggia.

Oltre agli usi fitoterapici sopra descritti, l’acetosella trova un uso abbastanza valido anche in cucina. Si adatta benissimo alle misticanze di insalata, dove può sostituire anche l’aceto; alla preparazione di salse verdi o salse agrodolci ideali per cacciagioni, per bolliti, per il pesce arrosto ed anche per accompagnare formaggi oppure in altre ricette, in sostituzione del limone. E che dire di un pesto fatto con l’acetosella? Va solamente assaggiato! E una frittatina con le foglie appena colte? Oppure, in estate possiamo dissetarci con una bevanda fatta in casa, “cugina della limonata”, senza additivi e conservanti. Ecco la ricetta, semplice da preparare, per chi vuole cimentarsi: far bollire un litro d’acqua, aggiungere una manciata di foglie con picciolo di acetosella per circa 4-5 minuti; coprire, lasciar raffreddare e addolcire a piacere con miele di acacia e la bevanda è pronta. Mettere in frigorifero se piace più fresca. Pur non trovando riscontri sull’utilizzo dell’acetosella nell’alimentazione dei no-

stri volatili familiari sia sotto forma di foglie che di semi, ho voluto sperimentare anche questa “Bella addormentata” con i miei canarini. Con in mente quello che mi diceva mia nonna Ersilia quando rifiutavo qualche cibo che non mi piaceva (“quel can strosa, t’ ingrasa” = quello che non strozza, ti ingrassa), ho iniziato la sperimentazione nella speranza che anche loro beneficiassero delle proprietà di questa pianta erbacea. La prima cosa che è finita appesa in voliera sono state le foglioline con i loro lunghi piccioli e qui, dopo qualche tentennamento, in un paio d’ore tutto è stato consumato, tranne qualche picciolo che è finito in mezzo alla lettiera di sepiolite. Successivamente anche la bevanda “cugina della limonata” ha inumidito il couscous con pastoncino secco in sostituzione dell’acqua di cottura delle erbe che avevo terminato. Anche il pastoncino cosi inumidito è stato consumato velocemente. Inoltre un giorno, mentre frullavo le foglie di acetosella per farne un pesto, pensai alla ricchezza dei carotenoidi (betacarotene, zeaxantina e luteina) sicuramente contenuti in quel composto… e, seduta stante, una parte finì nel pastoncino che avevo preparato per i primi 20 canarini novelli già introdotti in voliera per la muta. Ebbene, in tutti i casi i canarini hanno gradito e consumato sia le foglie che i pastoncini e non hanno dimostrato alcun effetto collaterale. Dopo questi esperimenti positivi, anche l’acetosella si è aggiudicata la permanenza tra le erbe selvatiche che i miei canarini si gustano alternativamentee stagionalmente tutto l’anno. Chiudo con un piccolo appunto sulla stagionalità degli alimenti.

Quando si parla di stagionalità del cibo in senso generale (frutta, verdure, pesce, ecc.), il riferimento va a quella caratteristica biologica che definisce i prodotti alimentari che, grazie al loro ciclo di vita naturale, sono al punto di consumo ottimale in un preciso periodo dell’anno ed hanno la migliore concentrazione di principi attivi. Per il nostro organismo ma anche per quello dei nostri uccelli familiari, la stagionalità degli alimenti è molto importante. Prima di utilizzare frutta e verdura di stagione sarebbe opportuno, innanzitutto, assicurarsi che esse provengano non solo

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Foglie di acetosella pronte per la frittatina, foto: P.Mengacci Frittatina con foglie di acetosella, foto: P.Mengacci
Si consiglia di usare la pianta dell’acetosella fresca

dal territorio nazionale, ma anche da una filiera corta; da un metodo di agricoltura che non “forzi” la produzione al di fuori del periodo biologico e da coltivazioni che non utilizzino prodotti chimici, diserbanti, fitofarmaci ed inquinanti vari; un’agricoltura rispettosa delle risorse naturali, che non alteri l’equilibrio ambientale, ossia da agricoltura sostenibile. Anche per le erbe di campagna vale la regola di raccoglierle nel miglior periodo di sviluppo e lontano da fonti inquinanti varie, come più volte ho ripetuto nei miei scritti. A mio modesto parere, un regime alimentare vario ed equilibrato per tutto l’anno si può ottenere seguendo il ritmo della natura, la quale ci garantisce una grandissima varietà di nutrienti di cui ha bisogno l’organismo per funzionare correttamente e mantenere sani e in forma sia noi che i nostri volatili familiari. Ad maiora, semper.

ALCUNE FONTI

-Segreti e virtù delle piante medicinali (Selezione dal Reader’s Digest)

-Il prato è in tavola – Dafne Chanaz - (Terra Nova Edizioni)

-https://www.vivereinbenessere.com/2719/acetosella/

-https://it.wikipedia.org/wiki/Oxalis_acetosella

-https://www.naturainmentecalliopea.it/acetosella-articulata-commestibileutile-nellorto/

-https://www.cure-naturali.it/enciclopedia-naturale/rimedi-naturali/erboristeria/acetosella.html

Ornitologia e solidarietà

testo e foto di ALEX VALENTINI e STEFANO MUCCIOLI

Èstatauna bellissima serata all’insegna dell’allegria e della solidarietà quella che si è svolta lo scorso 26 maggio sulle colline di Riccione. Ad organizzarla sono state l’Associazione Adriatica Allevatori di Rimini e l’Apo di Pesaro, unite da un forte legame di amicizia che si è consolidato negli

Oxalis acetosella, fonte: Wikipedia

anni con l’organizzazione in comune della Mostra Valconca-Fringillia a Morciano, un appuntamento classico dell’ornitologia italiana.

Naturalmente tra Bassa Romagna e Marche non c’è serata in comune che non preveda una bella tavola imbandita. E anche stavolta è stato un trionfo di piatti a base di pesce, di piadina, di buon vino e di squisiti dolci sapientemente preparati dalle tante signore presenti. Non poteva ovviamente mancare una grande vicinanza alle persone colpite dall’alluvione che ha messo in ginocchio le vicine zone della Romagna.

A fine serata è stata organizzata una pesca di beneficenza con premi messi gentilmente a disposizione dalle ditte Hobby Natura Ornitologia, Unica, STA Soluzioni, Raggio di Sole, Germix e Co.Pro.Sem.El. Complessivamente sono stati raccolti 400 euro, versati sul conto corrente intestato alla Protezione civile su cui sono confluite donazioni da tutt’Italia per aiutare gli alluvionati. Un piccolo ma doveroso gesto di fronte a una vera e propria catastrofe naturale che si è abbattuta anche su tanti amici allevatori.

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Lo Stafford Canary/Austrian Staff

Lo Stafford Canary è una varietà di canarino sviluppata negli anni ‘80 a Stafford, in Inghilterra. La loro prima apparizione sulle cavalle della British National Exhibition (mostra Nazionale Inglese) fu nel 1987. Qui Zoe Finn, la figlia di Peter Finn che fu uno dei pionieri nello sviluppo di questa varietà, espose quello che sarebbe diventato famoso come Stafford Canary. Lo Stafford Canary Club si è formato nel 1988, ricevendo la consacrazione dal Canary Council of Great Britain nel 1990 e consacrandola come nuova razza di canarino. Nel 1992 in America, il National Cage Bird Show ha aggiunto lo Stafford nella divisione Type.

Prima di passare ad una descrizione puramente tecnica, parliamo di quello che è lo Stafford targato UK/USA, il quale, pur avendo origini anglosassoni, nella sua terra natale non ha mai goduto di una grande popolarità, sviluppando, invece, molta più attrazione da parte degli allevatori d’oltre oceano i quali si sono organizzati in un club denominato Stafford Canary Club of America, adottando lo standard inglese che, per essere un canarino di forma e posizione, è molto complicato. Questo standard attribuisce punti differenti al soggetto lipocromico e a quello melanico. Il colore di fondo chiaro prevede 30 punti mentre

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Stafford brinato pezzato Stafford ciuffato pezzato intenso Logo del club Stafford USA

il melanico (scuro) prevede 15 punti come anche per i variegati (pezzati). Le scale valori che seguono sembrano due schede per razze di canarini differenti. I Punti di eccellenza del Canarino Stafford Lipocromico sono:Colore di fondo (varietà rosso o rosa) 30; Testa/ciuffo (ciuffato non ciuffato) 30; Livelli della brinatura (categoria) 15; Tipo 15; Condizione e pulizia 10.

Punti di eccellenza del Canarino Stafford Melanico: Colorazione di fondo (varietà - rosso o rosa) 15; Testa/ciuffo (ciuffato o non ciuffato) 30; Livelli di brinatura (categoria) 30; Tipo 15; Condizione e pulizia 10. (dove per tipo si intende la struttura del soggetto).

I canarini denominati Stafford sono allevati principalmente per il colore e la forma del corpo. Lo Stafford Canary è stato selezionato incrociando canarini a fattore rosso con canarini di Razza Gloster. Lo Stafford, ereditandolo dal Gloster, può avere il ciuffo, anche detto corona. Lo standard dello Stafford inglese, secondo me, lascia spazio a confusione, come sopra descritto, ovvero confonde chi vuole approcciarsi all’allevamento di questa Razza che, pur se selezionata da

circa 40 anni, ancora non è stata portata alla conoscenza ufficiale degli allevatori di Paesi diversi dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti d’America. Oltre che in America, come sopra riportato, da qualche anno anche in Austria stanno selezionando lo Stafford, tanto che, vista l’inerzia degli ideatori e degli allevatori della Gran Bretagna, alcuni allevatori Austriaci hanno lavorato, modificando e dando un univoco indirizzo selettivo alla razza, per lo Standard seguendo un vero progetto che comprende anche il riconoscimento da parte della C.O.M., di questo canarino, con il nome di Austrian Staff.

Dicevamo che questa Razza, inizialmente, nasce per un incrocio tra il Gloster Fancy e il Canarino di colore a fattore

Questa Razza nasce per un incrocio tra il Gloster Fancy e il Canarino di colore a fattore rosso e quindi esistono i ciuffati

rosso e quindi esistono i ciuffati. Questo ornamento del capo deve essere formato da piume lunghe e larghe che, irradiandosi da un piccolo centro alla sommità della testa, dovrebbero finire prima del ciglio superiore e adagiarsi all’attaccatura della ranfoteca. Sono da evitare forme di alopecia alla base della nuca che potrebbero insorgere specialmente nei soggetti intensi.

Il “testa liscia” dovrebbe avere un aspetto, dalla sommità del capo, ampio e ben arrotondato da qualunque angolazione lo si guardi. La fronte dovrebbe avere un rialzo sopra il becco con una curva che dovrebbe continuare a salire al centro del cranio, dando alla testa un bell’aspetto arrotondato. La fronte dovrebbe essere ampia come la testa. Pare che lo spunto per la selezione di questa razza sia stato dato dal fatto che in Europa esistevano alcuni canarini di colore provvisti di ciuffo (Ciuffato Tedesco) e quindi cercarono di emularlo ottenendo però risultati diversi.

Descrizione dello Stafford made in England: Uccello compatto abbastanza tarchiato,

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Disegno standard Stafford Stafford campione

lo Stafford Canary è lungo 12,7 cm. Fa parte dei canarini di forma e posizione e gli esemplari sono allevati secondo uno standard accettato dal Canary Council of Great Britain, il che significa che possono essere chiari, variegati o melanici. Sono disponibili in colori di fondo rosso e rosa. Il colore deve essere distribuito uniformemente in tutto il piumaggio. Possono essere brinati, intensi o mosaico (dimorfici) e possono essere ciuffati o non ciuffati.

Stafford ciuffato

Le penne del ciuffo dovrebbero irradiarsi da un piccolo centro alla sommità della testa e dovrebbero finire a livello della parte superiore dell’occhio. Non dovrebbero esserci evidenti alopecie nella parte posteriore della testa (nuca) dove la cresta incontra il collo.

Stafford non ciuffato

La testa dovrebbe avere un aspetto ampio e ben arrotondato da qualunque angolazione la si guardi. La fronte dovrebbe avere una buona altezza sopra il becco. La curva della testa dovrebbe continuare a salire al centro del cranio, dando alla testa un bell’aspetto arrotondato. La fronte dovrebbe essere ampia come la testa. E infine la testa dovrebbe avere un aspetto accigliato con piume pesanti sopra l’occhio.

Punteggi

•Colore di fondo - (rosso o rosa) punti 30

•Testa - (ciuffo e testa liscia) punti 30

•Categoria - (Brinato, Intenso, mosaico) punti 15

•Tipo - punti 15 (il tipo in questo caso va inteso come nel Norwich)

•Condizione e pulizia – punti 10.

Punti dello Stafford Melanico

•Colore di fondo - (rosso o rosa) punti 15

•Melanina – punti 15

•Testa - (ciuffo e testa liscia) punti 30

•Categoria - (Brinato, Intenso, Mosaico) punti 30

•Tipo - punti 15

•Condizione e pulizia - punti 10

Come detto più volte, il colore deve essere un rosso brillante e infuocato, distribuito uniformemente su tutto il piumaggio. Il rosa, invece, deve essere un rosa brillante e ricco, distribuito uniformemente su tutto il piumaggio.

I difetti maggiori sono negli uccelli che hanno la testa di forma rettangolare. Gli uccelli devono essere ben proporzionati nel corpo, la lunghezza complessiva deve essere di circa 13 cm, non mostrando un petto pesante che faccia sembrare il soggetto sproporzionato. Gli Stafford

devono avere un buon movimento nella gabbia da esposizione.

I difetti maggiori sono il fatto che siano troppo snelli, troppo lunghi tanto da non farli apparire ben proporzionati o accucciati sui posatoi.

Ricordando sempre che lo Stafford è un uccello di forma, con il colore richiede un po’ di dedizione in più rispetto ad altre razze. Soggetti con buon colore e portamento ma scadenti nel tipo, o viceversa, non possono essere ben valutati.

Austrian Staff

Veniamo ora a parlare dell’Austrian Staff. Durante l’ultimo Campionato Mondiale di Ornitologia tenutosi a Napoli nel mese di Gennaio 2023, sono stati esposti 20 soggetti di canarini denominati “AUSTRIAN STAFF”. Soggetti che, secondo le notizie ricevute dal Coordinatore del gruppo di allevatori austriaci, non sono stati giudicati. In quell’occasione ho avuto il piacere di conoscere e parlare con il Sig. Gerald Brundl, Giudice OMJ appartenente alla C.O.M. Austria, promotore dell’iniziativa. Questo progetto ha avuto inizio nel 2013, con una base di 4 canarini Stafford presi dall’Inghilterra, un Ciuffato Tedesco ed alcuni canarini di colore. A detta di Brundl, quando si importano canarini Stafford dall’Inghilterra la presenza del Gloster è abbastanza evidente.

Gli Austriaci, oltre ad effettuare una autonoma selezione, hanno formulato uno standard univoco che consente agli esaminatori di distinguere, indipenden-

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Stafford brinato pezzato Stafford brinato pezzato Stafford brinato pezzato
Sono disponibili in colori di fondo rosso e rosa. Il colore deve essere distribuito uniformemente in tutto il piumaggio

temente dal colore di fondo, le peculiarità della razza. Veniamo ora alla descrizione dell’Austrian Staff.

TIPO – FORMA – TAGLIA: il petto si presenta ampio e pieno; le ali aderiscono bene al corpo, senza incrociarsi; la coda chiusa e compatta, proporzionata al corpo; le zampe di lunghezza media in armonia con la forma del corpo; unghie complete di lunghezza normale; taglia sui 13 cm con una tolleranza di + 0,5 cm.

CORONA/TESTA (consort): ciuffo circolare, senza coprire eccessivamente gli occhi, con centro piccolo e nitido; nessun punto di alopecia sulla nuca; nel consort, la testa è larga e ben arrotondata da qualsiasi angolazione osservata con sopracciglia marcate.

COLORE: i colori principali sono il rosso ed il rosso avorio, preferibilmente la qualità richiesta per i canarini di colore. Le ali sono ammesse sia colorate che bianche, come nei canarini di colore sia intensi che brinati. Nello Stafford il bianco è consentito solo nella coda e nelle ali. Sono ammessi tutti i tipi riconosciuti nei canarini di colore e possono essere sia unicolore che melanici ma anche pezzati. Sono accettati intensi, brinati e mosaici.

PIUMAGGIO: il piumaggio deve essere morbido e ben aderente al corpo.

POSIZIONE E CONDIZIONE: l’Austrian Staff dovrà essere tranquillo ma non

letargico. Dovrà dimostrare una familiarità con la gabbia da esposizione.

PRINCIPALI DIFFERENZE CON ALTRI CANARINI DI POSTURA RICONOSCIUTI

DALLA C.O.M.

•Differenza tra Austrian Staff e Ciuffato Tedesco.

1)A differenza del Ciuffato Tedesco dove la forma del ciuffo è previsto ovale, nello Staff il ciuffo dovrà essere tondo; 2) Il corpo dell’Austrian dovrà essere più arrotondato con petto più ampio, il ciuffato tedesco ricorda quello di un canarino di colore; 3) La coda dello Staff è più corta; 4) Nell’Austrian sono ammesse le pezzature; 5) Non è consentita la livrea bianca se non nelle ali e nella coda.

•Differenze con il canarino Gloster.

1)La forma del corpo è meno arrotondata e compatta rispetto al Gloster; 2) La lunghezza dell’Austrian è tra i 13 e 14 cm non 12 come il Gloster; 3) La colorazione rossa nel Gloster non è consentita, mentre nello Staff è obbligatoria; 4) Nel Gloster la coda è più corta; 5) Le gambe del Gloster sono più corte.

•Differenze tra l’Austrian Staff e l’Arlecchino Portoghese.

1) Lo Staff misura non meno di 2 cm meno che l’Arlecchino; 2) Il Portoghese ha un corpo affusolato ed

allungato con la schiena quasi inarcata; 3) La corona dell’Arlecchino è triangolare; 4) lo Staff deve avere una posizione rispetto al posatoio di 45° mentre l’Arlecchino è a 60°; 5) Le zampe e la coda dell’Arlecchino sono più lunghe di quelle previste per l’Austrian Staff.

•PUNTEGGIO DELLE VARIE VOCI SULLA SCHEDA VALORI.

•Tipo, Forma, Taglia punti 30; Corona/testa punti 20; Colore punti 20; Categoria punti 10; Piumaggio punti 10; Posizioni e pulizia punti 10. Veniamo ora alla diatriba venutasi a creare tra COM Austria, C.O.M. Internazionale e COM UK. Gli allevatori britannici che per decenni hanno a parer mio ignorato l’autorità della COM come istituzione, ed anche gli allevatori statunitensi non si sono mai preoccupati, poi si sono accorti di avere una razza di canarini denominata Stafford solo quando gli allevatori austriaci hanno deciso di presentare per il riconoscimento della C.O.M. un canarino che ricorda il loro Stafford. Secondo me, l’unico errore commesso dagli Austriaci è stato quello di dare un nome che ricorda quello dello Stafford inglese. Gli Austriaci hanno fatto un buon lavoro, hanno dato uno standard univoco ad un canarino del quale prima non si capiva bene come si potesse giudicarlo, se per il colore o per la forma.

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Cos’è il “Bacterial Flushing”?

Dopo la stagione riproduttiva degli uccelli, è necessario adottare un approccio o un programma olistico. Ciò significa che oltre alla nutrizione, i soggetti presenti in allevamento devono anche sottoporsi a regolari “Bacterial Flushing” (letteralmente “lavaggio batterico”, NdR) durante il periodo di riposo a seguito della riproduzione.

Di seguito, indichiamo le basi del “Bacterial Flushing”, i suoi benefici e quanto spesso dovrebbe essere praticato.

Il “Bacterial Flushing” è una parte importante del programma di condizionamento di un uccello, così come il processo di preparazione prima dell’accoppiamento. Come suggerisce il nome, indica il processo di scovare i batteri nocivi nei nostri

uccelli attraverso la eventuale somministrazione di un antibiotico, secondo il dosaggio prescritto dal veterinario dopo il periodo di riproduzione; ciò in conseguenza del fatto che gli uccelli dopo il periodo riproduttivo hanno solitamente accumulato numerosi batteri nel loro organismo.

Per tale motivo il “Bacterial Flushing” viene eseguito dopo la riproduzione e nelle prime fasi di condizionamento per la stagione successiva.

Perché è importante il “Bacterial flushing”? Batteri, pidocchi, vermi e altri simili parassiti sono considerati i peggiori nemici degli uccelli.

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Cannella grigio femmina Cannella grigio femmina
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Grigio verde maschio

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Quindi, il “Bacterial Flushing” elimina i batteri che mettono gli uccelli a rischio di malattie dannose che possono influire sulla loro salute e le loro prestazioni. Inoltre, eliminando i batteri indesiderati, ci si assicura che gli uccelli siano in grado di assorbire correttamente tutti i nutrienti di cui hanno bisogno per rimanere sani e in forma. Questo processo aiuta anche a raggiungere la salute generale dell’allevamento durante il periodo caldo e umido in cui le malattie batteriche e virali tra gli uccelli sono molto comuni. Oltre ad avere una routine di disinfezione dell’allevamento, il “Bacterial Flushing” regolare aiuta anche a combattere le malattie respiratorie e intestinali alle quali gli uccelli sono regolarmente esposti durante la riproduzione.

Il processo di “Bacterial Flushing”

Il “Bacterial Flushing” va effettuato ogni anno nell’allevamento, con la descrizione corretta del veterinario per il dosaggio del trattamento antibiotico e il periodo specificato.

Ciò aiuterà gli uccelli mentre iniziano il condizionamento o preparazione per la prossima stagione riproduttiva. Prendere nota: dopo il processo di “Bacterial Flushing”, è necessario dare agli uccelli vitamine e probiotici per recuperare i batteri buoni e rafforzare il loro sistema immunitario contro le malattie.

Infine, è vivamente consigliata anche la disinfezione generale di tutti gli accessori per uccelli, dalle mangiatoie, abbeveratoi, posatoi e lettiere.

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Cannella grigio femmina Cannella grigio maschio
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Femmina Verde Scuro Campione del Mondo WBO, 9-11 Settembre 2022 Chianciano

Ornitologia e camper

Partiamo dalla premessa che la divulgazione è un aspetto fondamentale della nostra passione (non a caso è elemento fondante dello statuto della Federazione Ornicoltori Italiani e delle Associazioni a essa affiliate). Circondati dai

nostri animali, ammaliati dalle bellissime sensazioni che ci suscitano, esaltati dagli adrenalinici stimoli che ci danno le mostre espositive, noi allevatori corriamo il rischio di trascurare quello che è comunque un altro aspetto significativo del nostro hobby: la condivisione! Condividere le esperienze e le conoscenze acquisite, i risultati ottenuti, trasmettere la gioia che proviamo nel contribuire a far nascere una nuova vita, trasferire e far comprendere agli altri il nostro amore per la natura e per gli animali, costituisce l’arricchimento e il naturale completamento del nostro essere ornitofili e allevatori. Ogni occasione di trasmettere la nostra passione, di farci conoscere da chi è estraneo o comunque lontano dal no-

stro mondo, deve quindi essere colta al volo e ottimizzata per veicolare il nostro messaggio di amore per la natura e attenzione all’ambiente (“Allevare è proteggere”).

Sulla base di quanto esposto, il Raggruppamento Ornitologico Abruzzo

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Farci conoscere da chi è estraneo o comunque lontano dal nostro mondo

e Molise e l’Associazione Pescarese Ornicoltori sono stati ben lieti di accogliere l’invito del “Trigano Group: creatori di libertà” a partecipare all’open day che si è tenuto, domenica 28 maggio, in località Paglieta (CH). Si è trattato di un evento di successo svoltosi, durante una bellissima giornata di sole, in un festoso clima di allegria e familiarità; il tema della giornata era l’ambiente, con particolare attenzione all’ornitologia. La società Schunck Consulting, che ha ottimamente curato ogni aspetto della manifestazione, dalla progettazione alla sua concreta realizzazione, ha avuto la brillante intuizione di creare un parallelismo tra il camperista (viaggiatore attento all’ambiente) e gli uccelli; come gadgets della manifestazione sono state donate casette nido, realizzate dagli stessi operatori del Trigano Group con materiali di risulta, da installare in balconi e giardini così da dare ricovero agli animali selvatici. L’Associazione Pescarese Ornicoltori ha fornito il proprio supporto dapprima dispensando suggerimenti utili alla costruzione delle casette nido, quindi contribuendo alla realizzazione dell’opuscolo inerente l’evento con notizie e nozioni relative alla pratica del pet-garden e agli uccelli autoctoni dell’Abruzzo. I “ragazzi” dell’APO hanno poi partecipato all’open day del 28 di maggio distribuendo gratuitamente libri, riviste e medagliette a tema, discorrendo di ornitologia con i circa mille ospiti (tra i quali molti bambini) e deliziandoli con gli splendidi colori e la vivacità di canarini e pappagallini ondulati che tutti hanno potuto ammirare dal vivo. Il bilancio della giornata è stato estremamente positivo: la gioia e il coinvolgimento dimostrati dai bambini e l’attenzione e la partecipazione testimoniate dagli adulti che hanno preso parte all’evento hanno generato grande soddisfazione in tutti coloro che, a diverso titolo, hanno contribuito alla realizzazione della manifestazione.

Triganoè un gruppo multinazionale che crede nel futuro del camper in quanto espressione di una modalità di viaggiare nel tempo libero che of-

fre agli utenti libertà ed economia di utilizzo con un basso impatto ambientale.

Il Raggruppamento Ornitologico Abruzzo/Molise èespressione della

Federazione Ornicoltori Italiani sui territori dei quali porta il nome; da sempre (e in particolare negli ultimi anni) è impegnato a portare avanti un’attività ornitologica che si esplica non soltanto con la realizzazione di mostre espositive sempre più importanti, ma anche e soprattutto con una marcata attenzione alla divulgazione, al sociale e al radicamento sul territorio. È composto dalle Associazioni ornitologiche con sedi a Pescara, Chieti, Atessa, Sulmona, L’Aquila, Teramo, Notaresco, Bellante e Campobasso. Quest’anno, dopo circa 60 anni, avrà l’onore di organizzare il 54° Campionato Italiano di Ornitologia, che si terrà a Lanciano nei giorni 1017 dicembre.

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I “ragazzi” dell’APO hanno partecipato all’open day del 28 di maggio distribuendo libri, riviste e medagliette a tema, discorrendo di ornitologia con i circa mille ospiti

dal web e non solo

O rniFlash

La connettività migratoria come indicatore per la conservazione delle specie

Pubblicato

su Ecology Letters uno studio internazionale, coordinato da ricercatori dell’Università Statale di Milano, che ha fornito le prime evidenze sui fattori che influenzano il modo in cui gli uccelli migratori si redistribuiscono nei quartieri di riproduzione e svernamento.

“La connettività migratoria è una misura che riflette il grado mediante cui gli uccelli migratori tendono a ‘rimanere assieme’ sia nei loro quartieri di svernamento sia in quelli riproduzione, ed è un utile indicatore utilizzato nella conservazione e gestione delle specie migratrici” spiega Roberto Ambrosini, coordinatore dello studio: “Grazie ad un enorme dataset di avvistamenti di uccelli dotati di anelli di riconoscimento, lungo oltre un secolo, abbiamo indagato i fattori eco-evolutivi alla base della connettività migratoria degli uccelli che migrano tra Europa ed Africa”.

Le specie migratrici che mostrano connettività migratoria elevata, cioè con quartieri di riproduzione e svernamento strettamente connessi, sono maggiormente minacciate dai cambiamenti climatici ed ambientali, poiché cambiamenti in uno dei due quartieri basterebbero a mettere a rischio l’intera popolazione. Concludono i ricercatori: “Il nostro studio ha mostrato come la maggior parte delle popolazioni di uccelli prese in esame abbia una connettività migratoria significativa, che dipende da una grande variabilità nelle strategie di migrazione anche all’interno della stessa specie, con popolazioni che si separano geograficamente in popolazioni migratorie distinte”.

I risultati della ricerca, svelando i fattori-chiave che influenzano la connettività migratoria degli uccelli, aumentano le conoscenze sulla resilienza delle specie migratrici ai cambiamenti ambientali in atto, con numerose implicazioni per la conservazione della biodiversità.

Fonte: Ufficio Stampa Università Statale di Milano

Nati quattro pulcini di fenicottero rosa

Lafamiglia del Parco Zoo Falconara si allarga con la nascita di quattro teneri fenicotteri rosa. La colonia del giardino zoologico marchigiano conta ben 44 esemplari, dai più piccoli appena nati fino ai più grandi che hanno 35 anni di età. Dopo una decina di giorni dalla schiusa delle uova, covate per circa un mese dalle mamme e dai papà, i quattro pulli hanno lasciato i nidi, costruiti con terra e fango e posizionati nell’isoletta del reperto che ospita gli uccelli trampolieri. I pulcini sono coccolati e accuditi dai genitori e non vengono mai lasciati soli. A sorvegliarli in una sorta di “asilo nido”, dove vengono radunati tutti i piccoli nei primi mesi di vita, ci pensano anche gli altri adulti del gruppo. I baby fenicotteri nascono con le piume grigie, quindi non sono ancora belli e slanciati come i genitori. Piumaggio, penne, zampe e becco diventeranno completamente rosa solo tra i 4 e i 6 anni. La loro colorazione dipende infatti dal carotenoide presente soprattutto nell’Artemia salina, un piccolissimo crostaceo del quale si nutrono e che vive nelle acque salate e salmastre. I trampolieri si cibano anche di altri piccoli microrganismi (zooplancton) e alghe. Sono filtratori, quindi si trovano sempre in prossimità dell’acqua.

Questi eleganti uccelli acquatici vivono in grandi stormi e nel periodo riproduttivo si esibiscono in gruppo in una sorta di danza rituale per il corteggiamento.

Fonte: Parco Zoo Falconara / Moretti Comunicazione

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O rniFlash

Alcuni uccelli stanno iniziando a comportarsi in modo strano

All’inizio dell’anno un team multidisciplinare di scienziati si è riunito alla Cornell University e ha sfruttato il Cornell Lab, unità avanzata di ornitologia dell’università americana, per pubblicare l’annuale State of Birds, report sullo stato di salute degli uccelli. Purtroppo, il risultato è stato desolante: gli scienziati hanno rilevato immediatamente il dato più allarmante, ovvero il netto calo di esemplari in ogni parte del mondo. Il calo è stato confermato poi da un altro studio di spicco, lo State of the World’s Bird, che ogni anno viene pubblicato sulla rivista Annual Review of Environment and Resources. Dopo questa conferma, parte della comunità scientifica specializzata nello studio dei volatili ha sentito la necessità di indagare meglio su quanto stava/sta accadendo. Così, trenta gruppi di esperti si sono impegnati in un’ulteriore ricerca, pubblicata di recente su BirdLife International. Lo studio in questione ha portato a registrare una serie di anomalie. Infatti, al ridotto numero di esemplari di uccelli si sono affiancati anche diversi strani comportamenti: molti dei loro canti si stanno spegnendo, alcuni stanno diventando sempre più aggressivi, altri ancora si stanno rimpicciolendo a vista d’occhio. In più, sembrano anche registrarsi sempre meno fenomeni migratori. Come mai sta succedendo tutto questo? È presto detto: questi comportamenti sono la diretta conseguenza, in termini di adattamento, al cambiamento climatico, al riscaldamento globale e alla deforestazione. In qualche modo, è come se i volatili si stiano involvendo, cambiando le loro stesse caratteristiche primarie, per cercare disperatamente di adeguarsi a condizioni sempre più impossibili. Purtroppo, questi adeguamenti stanno portando solo a esiti infausti: metà delle oltre 10.000 specie di uccelli del mondo sono in declino e rischiano l’estinzione.

Fonte: https://tecnologia.libero.it/uccelli-comportano-modo-strano-meno-esemplari-cosa-succede-72873

Giovane ingegnera crea un prodotto biodegradabile che riesce a pulire le piume

Raegan Reeves, una giovane laureata in ingegneria chimica, preoccupata per l’ambiente e gli animali, ha creato una sostanza biodegradabile, atossica e solubile in acqua, a base di esteri organici, che aiuta a rimuovere fino al 90% del petrolio dalle piume degli uccelli. Paragonato al 35% rimosso dai detersivi per piatti –solitamente usati in questi casi – questa rappresenta un’alternativa non solo più ecologica ma anche più efficace per dissolvere il greggio fuoriuscito nell’ambiente. Considerando che i detersivi per piatti possono contenere fino al 5% di COV, ovvero composti organici volatili considerati una fonte d’inquinamento, e che in alcuni casi vengono prodotti con una piccola percentuale di petrolio, la soluzione di Reeves rivoluziona il modo in cui pulire il mondo dal petrolio, ossia in maniera ecologica, e più amichevole e meno invasiva per gli animali. L’idea è nata da un progetto di ricerca universitario, in cui sperimentava il lavaggio con piume di diversi tipi di uccelli. Laureatasi di recente, Reeves ha già fondato Crude Spill Cleaning Co., una start up che si dedica alla ricerca e allo sviluppo di metodi nuovi e innovativi di pulizia ambientale, e che è alla ricerca di finanziamenti per ottenere le risorse necessarie per poter arricchire ancora di più le sue ricerche. Il suo solvente potrebbe, senza troppi sforzi, ridurre notevolmente il tasso dei danni causati dalle fuoriuscite di petrolio all’ambiente. Finanziare le sue ricerche è il minimo che il settore petrolifero possa fare.

Fonte: https://www.greenme.it/ambiente/buone-pratiche-e-case-history/giovane-ingegnera-crea-un-prodotto-biodegradabile-che-riesce-a-pulire-le-piume-degli-uccelli-dal-petrolio-in-tempi-record/

e non solo

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Luca Gorreri: una vita dedicata all’ornitologia e ornitofilia

Sin dalla sua tenera età, Gorreri si è dedicato con grande passione allo studio e all’osservazione degli uccelli in natura per poi passare all’allevamento di quelle specie più particolari e impegnative come i turdidi mutati ed esotici e le ghiandaie esotiche. Inoltre, egli è stato più volte campione italiano e del mondo (oltre 100 titoli) in questa non semplice specializzazione di studio etologico. Tanti sono stati i successi e i risultati conseguiti e da qui è scaturita la richiesta e il desiderio di rendere note

al pubblico tutte le sue esperienze uniche legate all’allevamento, alimentazione e svezzamento dei turdidi, sia europei che esotici.

Luca Gorreri ha sempre voluto allevare specie in purezza al fine di mantenerne esemplari dal piumaggio dotati di massimo splendore e perfezione, ma ha anche allevato soggetti mutati. Chi ha visitato il suo allevamento avrà potuto notare la docilità e mansuetudine che mostrano le sue tante coppie di riproduttori, che sono soliti alimentarsi dalle

sue mani e che quando lo vedono richiamano la sua attenzione con striduli versi. Si è laureato nella prestigiosa Università degli Studi di Pisa, nella facoltà di Scienze Agrarie, dove tuttora collabora nel settore dell’agricoltura ecocompatibile. Da oltre 30 anni lavora come funzionario direttivo del Parco Naturale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, svolgendo attività nel comparto dell’agricoltura di qualità e agricoltura 4.0, della micologia, dell’ornitologia (su tale tema ha scritto diversi testi, tra cui

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1ª edizione che riassume le ricerche di Luca Gorreri sui turdidi Copertina libro fotografico sul riconoscimento dei turdidi comuni Uno dei tanti libri pubblicati da Gorreri sul Parco di Migliarino San Rossore

quello sugli uccelli nidificanti nel Parco). È autore o co-autore di oltre 40 libri a carattere scientifico e divulgativo su temi ornitologici, gestione faunistica (originali i suoi testi sulle problematiche dei danni causati dall’avifauna e sui mezzi per contenerli), agricoltura, funghi, vecchi mestieri rurali e valorizzazione produzioni tipiche. Ha pubblicato anche diversi articoli su riviste, quotidiani e pubblicazioni specializzate (da ricordare nel nostro comparto quello sull’importanza di certi funghi che presentano ditteri micetofilidi preziosi per l’alimentazione di certi uccelli). Per conto dell’Istituto Superiore dell’Ambiente è stato responsabile della Stazione “Il Gruccione”, dove da anni ha perfezionato lo studio di tale specie come inanellatore a scopo scientifico. Da ricordare i numerosi lavori presentati anche come poster, ad esempio sul sessaggio dei colombacci o sulla muta in Africa del Merops apiaster. Collabora da sempre con numerose istituzioni museali come il Civico Museo di Storia Naturale di Jesolo e con la F.O.I., Federazione Ornicoltori Italiani, dove da otto anni ha un ruolo direzionale come Presidente del ROT (Raggruppamento Ornitologico Toscano). In questo ultimo

ruolo, con le associazioni ornitologiche della Toscana, si è impegnato molto nell’ambito del sociale, donando agli anziani, ai diversamente abili e ai giovani voliere opportunamente allestite per i nostri amici alati attraverso progetti mirati, che sono stati molto apprezzati. Ma chi è Luca Gorreri, sotto un profilo umano del personaggio?

È una persona in realtà semplice, ani-

mata da un inesauribile desiderio di conoscenza, di indole paziente, con molta energia e soprattutto con idee innovative ed originali, disponibile e di grande altruismo nei confronti di tutti gli allevatori, soprattutto quelli neofiti che consiglia e guida affinché costoro possano ottenere i primi successi e soddisfazioni amatoriali. È anche un grande appassionato bibliofilo; difatti, egli possiede una ricca biblioteca tematica contemporanea e storica da cui, come ama dire, attinge regolarmente notizie e indicazioni da quel variegato mondo che possiamo definire “i Padri dell’Ornitologia Italiana”. Ma è proprio sui suoi lavori, quelli più articolati, che la nostra attenzione merita di soffermarsi. Del volume “Allevare e riconoscere i tordi” ha redatto negli anni ben 3 edizioni, continuando sempre ad aggiornarle ed arricchirle di dati inediti. Questo volume tratta anche del problema della parassitosi e degli acari: come riconoscerli e combatterli e come poter allevare con relativa semplicità tutte quelle larve vive, fondamentali per l’alimentazione dei turdidi. Non solo: come correttamente predisporre i pastoncini per i nidiacei e gli integratori vitaminici più idonei; come effettuare un esame su un uccello deceduto, esaminandone l’apparato digerente al fine di individuare eventuali cause di morte; come realizzare voliere e scegliere i soggetti per costituire le prime coppie….

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Questo volume, pubblicato dall’Edagricole, è tutt’oggi ritenuto l’opera più esaustiva sulla gestione dei danni causati dagli uccelli Luca Gorreri mostra uno dei suoi tanti lavori editoriali Nella sua 3ª edizione rivista e aggiornata, il volume che non può mancare a chi abbia la passione per l'allevamento dei turdidi

Ma la parte più importante è il capitolo iniziale in cui, con dettagliate immagini, l’autore aiuta a distinguere le classi di età giovanili e il sesso nei turdidi. Ebbene, l’ultima opera illustrata con centinaia di immagini a colori è, a ragione, ritenuta il “Vangelo” dell’allevamento dei turdidi e consta di ben 271 pagine. Si presenta in una veste editoriale di pregio, cartonata e in copie numerate. Ma l’ultima opera, della prestigiosa collana “Arte & Natura” è stata la monografia sul gruccione. Anche qui Luca Gorreri, insieme a Sergio Tralongo, tratta nello specifico del risultato di decine di anni di studi e osservazioni, oltre a fare comparazioni con la più importante bibliografia sull’argomento. È ritenuta l’opera più esaustiva su questo coloratissimo e popolare migratore, in grande espansione geografica in tutto il Paleartico. Dalla lettura di questo libro si possono evincere

curiosità e intimi aspetti che rendono questa specie di sicuro interesse per tutti gli appassionati ornitologi. Entrambi questi volumi possono essere richiesti alla segreteria del Civico Museo di Storia Naturale di Jesolo (museojesolo@gmail.com; tel. 340/9352448).

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Questa monografia è ritenuta la più completa e dettagliata sulla biologia dei gruccioni

Amore a prima vista

Nella categoria di canarini di Forma e Posizione Lisci l’Italia può vantarsi della genesi e dell’allevamento del Salentino, la prima razza italiana di FPL.

Scrivere sul Salentino per me è motivo di orgoglio, principalmente perché è la prima razza di canarini da me allevata da quando sono iscritto alla FOI e che rappresenta in prevalenza il mio modesto allevamento e, non per secondaria importanza, è frutto del mio territorio, il Salento, terra di mare, sole e vento.

Di questo piccolo canarino mi sono innamorato sin da subito. La mia storia con il Salentino ebbe inizio nel 2013 quando, da sempre affascinato dal

mondo della canaricoltura, grazie all’influenza di mio padre, anch’egli appassionato, mi imbattei in un annuncio di vendita di alcuni canarini mai visti prima. Così, presi dalla curiosità, ci recammo dall’allevatore per vedere i soggetti in questione. Rimasi subito sba-

Scrivere

lordito e tra i dubbi e le incertezze iniziali di mio padre lo convinsi ad acquistarne due coppie. Ebbi risultati egregi quell’anno, svezzando dieci pulli. Poi, alcune vicissitudini familiari e lavorative mi portarono a prendere la decisione di abbandonare questa passione, ma il mio pensiero correva sempre a quel canarino.

Finalmente nel 2020, insieme a mia moglie, decidiamo di acquistare casa ed io, che avevo il pensiero di quel canarino in testa, volevo trovarne una che offrisse lo spazio giusto per i canarini. E così fu: dalla gioia mi misi subito alla ricerca di quel biglietto da visita che avevo conservato di uno dei creatori del Salentino.

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sul Salentino per me è motivo di orgoglio perché è la prima razza di canarini da me allevata
Coppia in riproduzione. all. A. Lezzi Salentino Testa liscia, all. S. Palma

Ad Agosto 2020 chiamai Sergio Palma per chiedergli di acquistare due coppie di Salentini e lui fu subito disponibile e mi disse che si sarebbe fatto sentire. Dopo due mesi mi squillò il telefono, era Sergio ed aveva qualcosa per me. Non stavo più nella pelle. Da qui iniziò la mia avventura come allevatore a tutti gli effetti, perché mi furono ceduti i soggetti a patto che mi iscrivessi alla FOI e alla mia attuale Associazione AOS (Associazione Ornitologica Salentina). Ora, veniamo alla storia del Salentino e la sua creazione. Tutto ha inizio nel 1999 dai racconti dei due creatori, i giudici Sergio Palma e Carmelo Caroppo, che nel preparare le coppie alla stagione cove avevano due canarini spaiati: un maschio di Ciuffato Tedesco ed una femmina di Bossù Belga, così, ecco la decisione di farli accoppiare ed usarli come balia l’anno successivo. Dopo lo svezzamento dei novelli nella voliera, vennero notati dei soggetti meticci ciuffati, i quali impressionarono i due giudici. Da qui

il pensiero e l’idea di una nuova razza, selezionando ciuffo, taglia e posizione, differenziandoli dalle altre razze, perché questi nuovi meticci mostravano alcune caratteristiche specifiche (gibbosità) sia nei soggetti con il ciuffo che in quelli senza. Iniziò così una costante selezione del ciuffo e della forma; in seguito si iniziò a selezionare anche la taglia introducendo i Gibber Italicus e lo Japan Hoso per far sì che si distinguesse dal primogenitore Bossù Belga, che in alcuni soggetti ancora lasciava la sua impronta. Da qui anche la decisione di introdurre la colorazione artificiale obbligatoria. La selezione è durata ben 23 anni. Nel 2010, finalmente il Salentino viene riconosciuto dalla FOI superando favorevolmente la terza fase prevista dall’iter per il riconoscimento delle nuove razze. Dieci anni dopo, nel 2020 viene riconosciuto anche dalla COM. Per l’esordio espositivo mondiale bisogna attendere qualche anno, perché la pandemia causata dal COVID-19 ha fatto sì che

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Salentino testa liscia femmina, all. A. Lezzi Salentino testa ciuffata brinato maschio, all. A. Lezzi Salentino testa ciuffata intenso femmina, all. A. Lezzi

per ben due volte, 2021 e 2022, il mondiale venisse annullato. Ma finalmente nel 2023, all’ultimo mondiale tenutosi proprio in Italia, a Napoli, il Salentino sale sulla vetta del mondo facendo il suo esordio.

In questi anni ho imparato molto sul Salentino; i soggetti femmine ciuffati o testa liscia sono ottime mamme sia nel covare che nell’imbeccare, infatti non hanno bisogno di balie. È un canarino molto rustico, non necessita di particolari attenzioni a differenza di altre razze e per questo lo consiglio ai neofiti che vogliono avvicinarsi alla passione della canaricoltura. Non ha difficoltà nell’alimentazione, è un canarino molto vispo e vivace che raggiunge il suo apice quando va in posizione e diventa uno spettacolo… io amo chiamarli i miei piccoli “Condor”.

E grazie al Salentino ho avuto anche soddisfazioni a livello espositivo, ma ho anche imparato molto nel confronto con soggetti di altri allevatori a concorso, quando ho potuto constatare dove i miei avessero qualche difetto e quindi cercare di migliorarli. Il Salentino deve essere un piccolo canarino che in fase di lavoro deve assumere una posizione a “sette”, si-

mile ad un angolo di 90 gradi, la misura ideale è di 12,5 cm. Il piumaggio del canarino deve essere liscio in tutte le sue parti senza arricciature o cravatte ed il corpo non deve mostrare triangoli. Il petto deve essere piatto e non prominente, la coda deve cadere perpendicolare quasi a sfiorare il posatoio. Le spalle, tra i due carpi, devono essere piene ed i carpi si devono notare il meno possibile. Il ciuffo dev’essere ben schiacciato e uniforme sul cranio, le sue piume non devono coprire gli occhi, la testa deve essere piccola e ovale in tutte e due le categorie. La colorazione è obbligatoria e si consiglia il colore arancio a base di betacarotene (il classico usato per i Norwich o altre razze cosiddette “inglesi”), che personalmente piace di più perché fa risaltare il canarino. L’anello da usare per il Salentino è di tipo Y con un diametro di 2,7mm. Mi auguro che il Salentino nei prossimi anni si possa divulgare ancora di più come razza, ma per poterlo fare, noi del Club Amici del Salentino dovremmo avere l’aiuto da parte di altri allevatori che vogliano abbracciare l’allevamento del nostro Salentino. Attualmente sul territorio natale

siamo una decina ad allevare questa Razza ma anche in Veneto, Sicilia e Piemonte abbiamo dei cultori e a noi si è unito anche il signor Manuel Lopez dalla Spagna. Forza, Salentino!

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Salentino testa ciuffata novello 45 giorni, all. A. Lezzi Salentino testa liscia novello 45 giorni, all. A. Lezzi Salentini testa liscia in voliera, all. A. Lezzi

Alimentazione e prevenzione: il successo di un allevamento

1° Convegno organizzato dall’Associazione ornicoltori di Capitanata

Da sempre la mia vita associativa si prefigge di condividere il più possibile questa passione ornitologica che tanto mi infervora con tutti quelli che come il sottoscritto sono malati di penne e piume. Forse sono gli anni che passano ma spesso ricordo con nostalgia gli incontri del venerdì sera, alla fine degli anni ‘80, in Associazione con la stanza piena di persone a chiacchierare di “incardellati”, del passo dei lucherini o dei canarini con il ciuffo, tanto in voga in quegli anni, per non parlare delle serate in cui venivano proiettate le diapositive dei vari ibridi o canarini campioni …e il numero dei partecipanti raddoppiava.

Memore di quegli anni, ho cercato nel tempo di coinvolgere i soci in maniera costruttiva, nella ricerca costante di nuovi adepti che possano tenere viva questa passione, un po’ bistrattata negli ultimi tempi, con la speranza di trovare persone disposte a confrontarsi ed a chiacchierare serenamente, cercando di crescere e di migliorarsi anno dopo anno ed essere in grado di affrontare al meglio le varie problematiche che potrebbero presentarsi all’interno dei propri allevamenti nelle varie fasi RIPOSO-RIPRODUZIONE-MUTA.

Il Direttivo dell’Associazione Ornicoltori di Capitanata, di cui faccio parte da alcuni anni, ultimamente in veste di Pre-

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CRONACA
testo e foto di PIERCARLO ROSSI I due Relatori Il saluto del Presidente Lo stemma della FOI

sidente insieme a Stefano Minese, Michele de Filippo, Luigi Lupi, Giuseppe Pascucci, Francesco Lanzone e Franco Gesualdo, è molto attivo in tutto questo, alla ricerca costante di iniziative volte ad attrarre un numero cospicuo di iscritti, o semplici appassionati nelle varie attività associative.

L’ultima in ordine di tempo si è svolta il giorno 21 maggio in quel di Foggia presso l’hotel Holiday; il titolo del convegno era “ALIMENTAZIONE E PREVENZIONE: il successo di un allevamento “. I relatori erano due pezzi da novanta del panorama ornitologico italiano e non solo, ovvero il Dottor Antonello Formisano ed il Dottor Domenico Borelli, che vorrei ringraziare pubblicamente sulle pagine della nostra bella rivista a nome di tutti i soci dell’AOC per la loro grande disponibilità e professionalità.

Il Dottor Formisano ci ha raccontato della sua ultima creazione, nel campo della mangimistica, il “seme non seme”,

con un prologo molto interessante riguardante l’alimentazione di alcuni fringillidi in natura e tutto il procedimento e gli studi che hanno permesso la realizzazione di un prodotto veramente innovativo, come il “seme non seme”, che verrà sicuramente molto apprezzato da tutti gli allevatori dello Stivale.

Il buon Nello si è dimostrato, inoltre, disponibilissimo ed ha risposto in maniera esaustiva a tutti i quesiti che gli sono stati posti, soddisfacendo ampliamente la nutrita platea.

Nella seconda parte dell’incontro, il Dottor Domenico Borrelli ci ha parlato di alcune delle più comuni patologie aviarie che purtroppo ogni anno si presentano all’interno dei nostri allevamenti, il tutto corredato da slide illustrative molto apprezzate dai partecipanti.

I temi trattati sono stati molti: la migliore conduzione dell’allevamento, il tanto temuto acaro rosso, problematiche comuni dalla schiusa all’involo, la

migliore gestione dei soggetti appena acquistati etc.

Al termine di questa relazione, le domande da parte dei presenti, sono giunte copiose e tutte affrontate nel migliore dei modi, permettendo a tutti noi di abbandonare la sala sicuri di aver imparato qualcosa di nuovo e di aver ampliato il nostro bagaglio di conoscenze in ambito ornitologico. È stata sicuramente una giornata di aggregazione e di festa, grazie anche al buffet finale offerto dal Raggruppamento Puglia e Basilicata per tutti i soci dell’Associazione Ornicoltori di Capitanata e per tutti gli amici che ci hanno onorato della loro presenza, giungendo da varie parti della Puglia. Mi auguro che altre iniziative del genere possano essere realizzate, soprattutto in un periodo come questo in cui, sicuramente, l’allevamento dei nostri beniamini ci impegna discretamente, ma l’assenza delle mostre ci offre meno occasioni di incontro.

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La sala del convegno Il dottor Nello Formisano Il dottor Domenico Borrelli La nutrita platea I saluti di commiato

Attività F.O.I.

Stralcio del verbale del Consiglio Direttivo Federale del 14-15 aprile 2023 relativo all’inserimento di nuove tipologie di anelli

In termini maggiormente esplicativi ed al fine di fornire agli Allevatori l’indicazione di utilizzo delle nuove tipologie di anellini in duralluminio introdotte si precisa quanto segue. Il CDF ha richiesto alla Demerio Carla sas di procedere ad una nuova produzione di anelli in duralluminio con diametro mm 4,2-4,5 e 5 con altezza mm 4,6, prima non disponibili. Per non confondere le due tipologie del duralluminio (lungo e corto), sui nuovi anelli alti mm 4,6 sarà incisa la lettera L (4,2L-4,5L e 5L sigla che verrà utilizzata per ordinarli).

Per i motivi sopra esposti il CDF delibera che a partire dalla stagione 2024

viene modificata la Delibera N°2/2022 ratificata dal CDF FOI in data 2425/06/22, il cui contenuto non troverà più applicazione per le seguenti specie: Merlo, Tordo Bottaccio, Tordo Sassello e Cesena che dovranno continuare a calzare rispettivamente anelli tipo D, E, e F con altezza del cilindro pari a 4,6 mm in materiale alluminio colorato oppure anelli tipo 4,2L4,5L e 5L con altezza del cilindro pari a 4,6 mm in materiale duralluminio colorato. Entrambi i materiali potranno essere liberamente scelti. Si dispone la pubblicazione del predetto deliberato sul sito federale.

Stralcio del verbale del Consiglio Direttivo Federale del 16-17 giugno 2023

(La versione integrale è pubblicata sul sito www.foi.it/verbali)

-Campionato Italiano 2024, richieste di assegnazione organizzativa

Il CDF rileva che risultano pervenute due richieste di assegnazione organizzativa del Campionato Italiano 2024 da parte dell’Associazione Dilettantistica Ornitofila Parmense per Parma e da un Comitato di Associazioni siciliane per Misterbianco (CT). Il CDF si riserva di assumere determinazioni non prima di aver ispezionato i locali di Sicilia Fiere a Misterbianco essendo già noti quelli dell’Ente Fiera di Parma.

-Affiliazioni e riconoscimenti

Il CDF, dopo aver ricevuto l’istruttoria con parere favorevole da parte dei Raggruppamenti Sicilia e Campania, delibera l’affiliazione delle seguenti Associazioni: Associazione Ornitologica dei Nebrodi APS con sede sociale in Sant’Agata di Militello (ME), alla Via Liguria 39/f, costituita con atto del 09/06/2023 registrato in data 12/6/2023 presso l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Messina, ufficio territoriale di Sant’Agata di Militello con numero 310 serie 3; Associazione Casertana Avesnatura APS, con sede sociale in Caserta, alla Via Ponte 28 , costituita con atto, del 19/05/2023 registrato in data 06/06/2023 presso l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Caserta, con numero 1216/serie 3; Associazione Ornitologica Acerrana Nolana APS con sede sociale in Acerra (NA), al Corso della Resistenza 156, costituita con atto del 24/5/2023 registrato in data 07/06/2023 presso l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Napoli, Ufficio territoriale di Nola, con numero 761/serie 3.

Le affiliazioni si intendono operate a far tempo dalla prossima stagione anelli 2024 e subordinate al versamento delle relative quote nonché all’espletamento di tutte le altre pratiche amministrative. La Segreteria Federale è autorizzata, all’esito, all’assegnazione del codice identificativo, alla generazione dell’indirizzo PEC ed all’accredito nelle piattaforme di iscrizione e di richiesta anelli.

-Il CDF, dopo aver udito l’istruttoria del Consigliere Federale delegato Francesco Badalamenti e dopo aver acquisito il parere favorevole del Direttivo dei Club di Specializzazione, delibera il riconoscimento dei seguenti Club: Club Ciuffato Tedesco Italiano con sede che sarà individuata a seguito della elezione del primo consiglio direttivo.

Club Canarino Nero Perla con sede in Magenta (MI) alla via Silvio Pellico 11. Club Italiano del Canarino Rheinlander con sede in Reggio Calabria alla via Sbarre Centrali 516.

-Variazione Mostra Internazionale Caorle (VE)

Il CDF, preso atto del parere favorevole espresso dal Raggruppamento Interregionale Veneto Trentino Alto Adige circa la variazione del programma della mostra internazionale di Caorle, ratifica lo spostamento disponendo che il presente deliberato venga trasmesso al Presidente della COM Italia per il conseguente inoltro alla COM

-Smarrimento tablet

Il CDF prende atto di quanto dichiarato dal direttivo del Raggruppamento Ornitologico Lazio relativamente allo smarrimento di n. 10 tablet dallo stesso prestati dal Comitato Organizzatore del Campionato Nazionale di Specializzazione di Montesilvano 2022 e, pertanto, da quest’ultimo non restituiti. Dispone pertanto che il predetto Comitato Organizzatore proceda al riacquisto dei predetti tablet di medesima marca e tipo di quelli smarriti (ultima fornitura Foi System Nord) al fine di reintegrare la dotazione del Raggruppamento Lazio.

-Convenzione Italgabbie

Il CDF esamina la proposta Convenzionale pervenuta da Italgabbie srl, recependone la convenienza commerciale ed offrendola in opzione a tutte le Associazioni affiliate ed ai Club riconosciuti. Le richieste da inoltrare direttamente a Italgabbie per l’applicazione dei prezzi di cui alla predetta Convenzione, dovranno prevedere lo specifico richiamo della stessa. Contatti: tel. Ufficio 0445892868 – indirizzo mail info@italgabbie.com

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