Memorie d'acqua e di pietra

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CONSORZIO DI MIGLIORAMENTO

Comitato territoriale di Parma Sezione di Parma

A LTA VA L PA R M A

MEMORIE D’ACQUA E DI PIETRA

Un progetto di censimento e restauro di fontane storiche e antichi lavatoi nell’Appennino Parmense

a cura di: Roberto Montali, Beatrice Morelli, Silvia Toscani disegni di Tiziana Ravanetti schede di restauro: Stefano Volta (Archè restauri)

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“Chi non ha una memoria e non conserva una memoria di quanto è stato prima di lui, è senza storia” (Rosetta Loy)

IL PROGETTO A partire dal gennaio 2017 la Sezione di Parma del CAI ha iniziato un lavoro di censimento dei beni storici “minori” della nostra montagna (edicole votive, edifici rustici per l’essicazione delle castagne, ponti in pietra, case-torre, mulini ad acqua, cippi di confine, abitazioni temporanee, fontane storiche, sentieri e percorsi escursionistici con particolare attenzione a quelli con fondo selciato e muretti a secco) che ha dato come esito la realizzazione di un sito web (www.caiparma.it/scn) nel quale sono confluite Fig. 2 le numerose schede redatte con la collaborazione di giovani ma qualificati volontari che hanno attivamente lavorato nell’ambito di un progetto specifico approvato dal Servizio Civile Nazionale. Nel 2021 con il progetto “Le pietre e la storia”, finanziato da Fondazione Cariparma, è stato possibile promuovere il restauro di 20 maestà Nel 2023 abbiamo proposto un analogo intervento ma questa volta riguardante un’altra importante testimonianza della cultura materiale del nostro Appennino, rappresentata dalle fontane e dai lavatoi ancora così presenti nei paesi e nelle frazioni e soprattutto oggetto di cure ed attenzioni nel tempo in cui ancora l’acqua, questo importante risorsa, ancora non arriva all’interno delle abitazioni e delle stalle. Questo progetto, “Memorie d’acqua e di pietra”, è stato accolto e finanziato dal Comitato Territoriale di Parma di Iren e così abbiamo potuto progettare il restauro, nel Comune di Corniglio, della storica fontana rotonda di Sesta–Madoi, con il suo lavatoio, e, nel Comune di Langhirano, della fontana di Antesica e della sua maestà dedicata alla Madonna Quercioli, al fine di poter mantenerne non solo la memoria ma anche la funzionalità considerato anche il fascino che rappresentano nel contesto dei nostri storici paesi. Oggi provvedere al restauro ed alla manutenzione di questi manufatti non significa solo conservare la memoria di usi scomparsi ma rientrano in una più generale attenzione alla risorsa acqua, soprattutto se riguarda sorgenti e acquiferi la cui tutela è divenuta sempre più importante e per queste ragioni abbiamo potuto contare anche sul fondamentale contributo e la collaborazione del Consorzio forestale Alta Val Parma e delle comunità locali di Sesta inf. e di Antesica. Gli interventi di manutenzione e restauro sono stati accuratamente analizzati da Archè restauri, e poi sottoposti all’approvazione della Soprintendenza belle arti, archeologia e paesaggio delle Province di Parma e Piacenza e dei Comuni interessati. Inoltre, il progetto ha previsto che accanto alla concreta attività di restauro la realizzazione di un video che ne ha illustrato compiutamente le varie fasi e questo quaderno che ci auguriamo possa rappresentare un valido supporto all’attività didattica delle scuole presenti sul territorio dei due Comuni. 2


IL PERCORSO DELL’ACQUA: dalla sorgente al rubinetto La formazione di una sorgente avviene nel momento in cui l’acqua proveniente dalle precipitazioni si infiltra naturalmente nel sottosuolo e percola fin quando non raggiunge uno strato impermeabile, che ne impedisce l’ulteriore discesa. In questo modo il terreno si satura e creando la falda acquifera.uesta falda si espande alimentata dall’acqua e continua a scorrere sullo strato impermeabile sino a che quest’ultimo interseca la superficie terrestre, dando luogo a una fuoriuscita naturale dell’acqua, la cosiddetta sorgente.

Fig. 3 - Disegno Tiziana Ravanetti. L’infrastruttura, o meglio, la serie di infrastrutture idrauliche che ci permettono di avere con facilità (almeno in questa parte di mondo) l’acqua corrente nelle case è invece tutt’altro che semplice e la gestione e manutenzione delle risorse idriche richiedono l’intervento di professionalità specifiche che operano in diverse fasi: la captazione della sorgente naturale; l’incanalamento dell’acqua in un deposito di accumulo; la distribuzione domestica. In una prima fase la sorgente naturale che sgorga da una falda sotterranea, dal fianco o

Fig. 4 dai piedi di un monte, viene captata e pertanto denominata “sorgente di presa d’acquedotto” (fig. 4). E proprio a Sesta inf. possiamo vedere come questo avviene recandoci, lungo la strada dei pascoli fino alla suggestiva piana del Bondino1, dove si trova il manufatto (realizzato e gestito da Iren) che raccoglie l’acqua che esce dal sovrastante pendio. Fig. 5 - La piana del Bondino.

1 Prende nome dal vicino torrentello.

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In corrispondenza della sorgente, o dei rigagnoli che costituiscono una sorgente diffusa, viene inizialmente costituito un muro di contenimento riempito di ghiaie che favoriscono il drenaggio e filtraggio delle acque. Attraverso un sistema “a imbuto” l’acqua della sorgente viene incanalata in un unico flusso e portata all’interno di un serbatoio per la captazione, che può assumere forme differenti a seconda di come l’acqua fuoriesce dal terreno. All’interno del serbatoio sono presenti altre pietre per il drenaggio e l’acFig. 6 - Le sorgenti della piana del Bondino. qua per il consumo domestico fluisce all’interno di un tubo posto sul fondo del serbatoio, diretta al deposito di accumulo. Un altro tubo permette invece all’acqua di fuoriuscire dal serbatoio e dal sistema di captazione – e riprendere il suo corso “naturale” - nel caso il livello dello stesso raggiunga il “troppo-pieno”. L’uscita del troppo pieno fa si che l’acqua non superi un certo livello e possa sempre scorrere per evitare il rischio che prenda altre strade e che si possa perdere la sorgente o abbassarsi di quota. Il “troppo pieno” che esce da questa presa viene convogliata nella fontana con vasca in legno che si trova sulla strada, molto apprezzata dai tanti escursionisti, a piedi o in bicicletta2, che si dirigono verso i Lagoni.

Fig. 7 - Captazione della sorgente (Disegno Tiziana Ravanetti). 2 Ricordiamo che è proibito il transito dei mezzi motorizzati, salvo il diritto dei proprietari dei boschi e dei terreni.

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Siamo quindi giunti alla seconda fase, quella in cui l’acqua della sorgiva arriva tramite tubazioni al deposito di accumulo dell’acquedotto, dove viene stoccata. All’interno del deposito l’acqua viene trattata attraverso un impianto di disinfezione a ipoclorito di sodio, per renderla sicura al consumo umano. Il livello dell’acqua all’interno del deposito è gestito da un sistema di valvole automatiche: un misuratore di portata gestisce l’acqua in arrivo mentre un galleggiante ne monitora il livello e fa sì che Fig. 8 - Iren: impianto automatizzato non venga prelevata dalla sorgente di presa di potabilizzazione. più acqua di quanto non ne richiedano i consumi degli abitanti a valle; nel caso il deposito raggiunga la sua capienza massima, la sorgente di presa scaricherà l’acqua attraverso il tubo del “troppo-pieno”, all’esterno del sistema di captazione. Per mantenere le tubazioni pulite e quindi garantire la qualità e l’igiene dell’acqua, il sistema che regola il troppo pieno del deposito viene lasciato operare anche quando i consumi idrici sono molto ridotti, come per esempio nelle piccole frazioni appenniniche durante l’inverno. È importante, infatti, che l’acqua non rimanga a lungo ferma per evitare ristagni e che le tubature siano sempre lavate da un flusso continuo di acqua. Una pompetta collegata a un tubo di iniezione regola automaticamente la quantità di ipoclorito di sodio da rilasciare nel deposito su parametri prestabiliti, in base alla portata d’acqua rilevata dal misuratore posto all’interno, in corrispondenza della vasca di arrivo.

IL PERCORSO DELL’ACQUA: la fontana e il lavatoio come luogo di ritrovo della comunità Il valore dell’acqua è potenzialmente inestimabile in quanto tocca e influenza aspetti così diversi e al tempo stesso interconnessi della vita degli esseri umani e non-umani. Tendiamo spesso a concentrarci unicamente sul suo valore fisiologico e biologico, per cui la sua mancanza, ormai sempre più frequente, diviene bisogno, emergenza, crisi. Ci accorgiamo dell’importanza dell’acqua quando le assegniamo un valore economico e utilitaristico. Ma l’acqua, sia nelle sue forme “naturali” sia nella sua versione domata, incanalata, antropizzata custodisce un valore sociale e culturale che è altrettanto se non più fondamentale della sua centralità come appagatrice di bisogni fisiologici e biologici primari. Il valore culturale, sociale e spirituale dell’acqua è alla base di una buona gestione

Fig. 9 - Attorno alla fontana di Sesta (archivio N. Donnini). 5


delle risorse idriche3, mentre la frammentarietà degli approcci all’uso e allo studio di questo bene naturale causano politiche incoerenti e fallimentari di gestione, in quanto non tengono conto del sistema relazionale (quindi sociale e di comunità) che fa da ponte tra i valori intrinsechi e quelli strumentali associati all’acqua.

L’uso dell’acqua nel passato I luoghi dell’acqua costituivano il fulcro della vita di paesi e città. Le fontane del paese, come quella tonda, particolarmente suggestiva, di Sesta erano – e sono – posizionate in luoghi che favoriscono l’incontro e

Fig. 10 - Quando il rubinetto non c’era: secchiaio con scolo dell’acqua all’esterno (Mossale sup.). lo scambio: al centro della piazza principale del paese, nei pressi della chiesa o dell’edificio principale dell’abitato (per esempio a Corniglio, la grande fontana ottagonale si trova appena sotto il castello, ora palazzo del Comune), dove spesso si organizzavano altre occasioni d’incontro e scambio per gli abitanti del paese: feste e mercati. La moltitudine di attività che si svolgevano attorno e nella fontana di paese, la rendevano il fulcro dell’intersezione di diverse socialità: le massaie che prelevavano l’acqua per le faccende domestiche, prima che l’acqua corrente fosse disponibile nelle case; i pastori che vi portavano le bestie ad abbeverarsi; i bambini che possiamo immaginare giocare tra i getti d’acqua e i vecchi seduti nella piazza attorno. Il lavatoio, che a Sesta è inserito nello stesso contesto architettonico della piazza e che si riempie proprio grazie al troppo pieno della fontana – avendo con questa quindi un legame funzionale necessario - rappresenta un luogo-oggetto nello spazio che insieme alla fontana scandisce i ritmi della comunità.

Fig. 11 - Foto dalla pagina Facebook “I mestieri di una volta”.

In particolare, questi luoghi “dell’acqua” sono spesso legati all’espletamento di attivi-

3 Secondo il World Water Assessment Programme dell’UNESCO.

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tà quotidiane tradizionalmente femminili: il bucato, la cura della casa e della prole, la raccolta dell’acqua per la cucina e per lavare le stoviglie, ergendosi quasi a simbolo del cosiddetto lavoro (tradizionalmente non remunerato o sottopagato se svolto al servizio di altri) di cura che per secoli ha gravato sulle donne. Il lavatoio diventava quindi il luogo della socializzazione delle donne, e prima ancora lo erano le rive di fiumi e torrenti dove le donne si incontravano per lavare i panni, rendendo possibile la nascita di un patrimonio culturale intangibile fatto di storie, gesti e canti. Molti dei miti e racconti “d’acqua” degli Appenini hanno come protagoniste proprio le lavandaie che, lungo i torrenti o presso le fontane, dovevano prestare attenzione all’arrivo di esseri sovrannaturali spesso malefici, come l’Arsentoia, che tentavano di rapire gli infanti dalle ceste mentre le madri erano intente a fare il bucato. Non a caso sulle fontane venivano quindi poste delle immagini apotropaiche cioè ritenute capaci di allontanare influssi negativi e, più recentemente, con immagini sacre della tradizione cristiana (le maestà).

L’uso dell’acqua oggi Dall’inizio del XX secolo in poi, con lo sviluppo sempre più capillare di infrastrutture idriche come gli acquedotti e la corsa alla razionalizzazione delle risorse idriche montane con la conseguente costruzione di dighe e centrali idroelettriche sia sulle Alpi sia sugli Appennini, è diventato ormai scontato il fatto di avere l’acqua corrente nelle case e nei luoghi di lavoro, anche se nelle zone rurali e nei paesi più remoti questo a volte non accadde fino alla metà del XX secolo inoltrata. I luoghi dell’acqua – le fontane, i lavatoi, i mulini, gli abbeveratoi – che per secoli avevano rappresentato il cuore pulsante delle comunità rurali cadono in disuso. La facilità con la quale l’acqua raggiunge ora le nostre case ha offuscato il ricordo della fatica e difficoltà che dovevano invece impiegare le genti del passato per poter portare a termine anche le più semplici attività quotidiane e con questo, l’ingegno che ne derivava4 Fig. 12 - Fontana e lavatoio a Sesta sup.

4. Valori relazionali (sociali e di comunità) possono essere considerati un ponte tra valori intrinseci e valori strumentali. È necessario slegarsi dalla visione puramente utilitaristica dell’acqua (e aggiungerei di ogni elemento “naturale” in sé, bosco, mare o deserto che sia); dobbiamo quindi riconsiderare i valori di “non uso”, come per esempio il valore di esistenza (qualcosa esiste ed è un valore di per sé anche se non “serve” a nessuno – essere umano. Cfr. Breda N. (2015) e Il valore dell'acqua, Unesco (2021).

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IL PERCORSO DELL’ACQUA: fontane, ponti, mulini e … centrali idroelettriche Seguendo il percorso dell’acqua può capitare di imbattersi in diversi manufatti che l’uomo ha realizzato per utilizzare questa risorsa o per superarla quando la incontrava sul suo cammino. Lungo un sentiero o arrivando ad un centro abitato uno degli incontri più apprezzati è sicuramente quello con una fontana, spesso elegantemente realizzata con pietre locali e dove è piacevole fermarsi per degustare, è proprio il caso di dirlo, anche un’acqua che magari arriva da una vicina sorgente. Fontane spesso caratterizzate da più vasche, ognuna destinata ad uno specifico utilizzo, quando ancora, e questo fino a non tantissimo tempo fa, nelle case non c’era Fig. 13 - Il “Mulino della Sesta”, il rubinetto: per abbeverare gli animali che un tempo esistente fra il T. Parma andavano o tornavano dai pascoli, per laed il Rio di Mossale nel catasto del 1824. vare i panni e poi per riempire i secchi da utilizzare per gli usi domestici nelle rustiche cucine di un tempo. Ma l’acqua nel suo scorrere vorticoso ne ha suggerito fin dal Medioevo anche l’uso come forza motrice, come “motore” per far muovere le macine dei mulini e ottenere le farine così importanti per l’alimentazione umana. Ma per far arrivare l’acqua al mulino spesso era necessario realizzare delle complesse opere di derivazione dal corso di un torrente e che necessitavano anche di una continua manutenzione per ovviare sia alle piene a volte tumultuose, ma anche ai periodi di siccità. Ma ad un certo punto ci si è resi conto che la forza motrice dell’acqua poteva essere utilizzata anche per produrre … energia elettrica! Ed allora anche in Val Parma ai primo del ‘900 si iniziarono opere di derivazione delle acque dai rami dei torrenti Parma di Badignana, Parma di Francia, Parma del Lago Santo, bacini di raccolta e di carico (a Bosco di Corniglio e a Marra), condotte forzate e finalmente le due centrali a Bosco di Corniglio (iniziata nel 1914) ed a valle di Marra (iniziata nel 1917), vale a dire un sistema che sostanzial-

Fig. 14 - La centrale di Bosco in una cartolina d’epoca. 8


mente riproduce, a scala maggiore, quello che veniva realizzato per il funzionamento delle macine dei mulini. Ma i corsi d’acqua possono anche rappresentare un ostacolo alle vie di comunicazione che servivano per collegare i vari paesi dell’Appennino o, per rimanere in tema, anche per raggiungere i mulini che, per loro natura, dovevano trovarsi nelle immediate vicinanze. Ecco allora che le comunità e le maestranze locali realizzano quei ponti in pietra che ancora oggi ci colpiscono anche per la loro bellezza e per la l’armonia con Fig. 15 - Il ponte antico di Sesta. l’ambiente circostante. Si tratta di opere di difficile manutenzione e conservazione ma che dobbiamo impegnarci per mantenere viva la memoria di coloro che con fatica e con ingegno, le hanno realizzate, frequentate e vissute. L’acqua, per esempio; un bene oggi accessibile a tutti, basta aprire uno dei tanti rubinetti che abbiamo in casa. Ma non è sempre stato così: le fontane del comune erano spesso l’unico punto d’acqua, un luogo quindi da curare e onorare, in quanto fondamentale al sostentamento di uomini e animali, al raccolto nei campi, alla vita quotidiana. Proprio le strade, le case, le fontane, sono i luoghi dove più spesso troviamo le Maestà, queste lastre di marmo scolpite con figure di Santi e di Madonne che come un libro illustrato raccontano delle storie.

SIGNIFICATI SIMBOLICI: I culti dell’acqua « Nullus enim fons non sacer » [nessuna fonte è non sacra o “tutte le fonti sono sacre”] Servio, Ad Aeneidem VII-84

Le mille forme dell’acqua: all’origine della simbologia L’acqua, in quanto sostanza primordiale che permea tutte le cose, complementare al fuoco e alla terra, ha assunto fin dagli albori delle civiltà umane significati e valori diversi, che si esprimono in un’incredibile varietà di miti, culti e rituali. Pensiamo alle molteplici forme che l’acqua può assumere o agli ambienti diversi per clima, geografia e caratteristiche ecologiche che si formano grazie alla sua presenza...ognuno di noi immaginerà un luogo o un contesto differente: un mare, un fiume, una palude, un lago; oppure la pioggia, la neve, il ghiaccio. Questa capacità dell’acqua di mutare forma e modificare l’ambiente ha da sempre affascinato e insieme impaurito gli esseri umani, che le hanno assegnato significati che vanno aldilà della sfera terrena e ritrovano un appiglio in quella magica, ultraterrena, spirituale. 9


In questo senso l’acqua è da sempre un luogo di confine, tra la sfera umana e quella sovraumana, tra il reale e l’immaginario; ed è depositaria insieme di speranze e paure, di bene e male, vita e morte.

L’acqua come fonte di vita e salute Pensiamo alle città della Pianura o ai paesi dell’Appennino e noteremo che questi sono quasi sempre costruiti in prossimità di un fiume, torrente o ruscello. Per diverse ragioni, la presenza dell’acqua è importantissima per la costruzione di villaggi e città. L’acqua dolce è fondamentale per abbeverare tanto gli umani quanto il bestiame e i campi; nel caso poi delle città sorte sulle sponde dei grandi fiumi, il corso d’acqua garantiva anche lo spostamento di persone e merci. L’acqua è inoltre utilizzata come fonte di energia nei mulini, per la macinatura e altre lavorazioni, fin almeno dall’antica Roma. L’acqua è quindi fonte di vita; non ci deve stupire allora che nell’antichità, alla fondazione di una città o villaggio corrispondesse sempre una divinità delle acque, che spesso diveniva il nume tutelare, cioè il dio protettore del luogo. L’acqua corrente della fonte, ancor prima di quella incanalata per l’irrigazione dei campi e l’uso domestico, è un simbolo di rinnovamento e guarigione, che si è mantenuto dalle credenze più antiche fino al rito cristiano del battesimo, che ha lo scopo di lavare il peccato originale e accogliere il nuovo fedele nella comunità. L’acqua corrente lava e trascina via i mali e le malattie ed è in questo senso opposta all’acqua stagnante delle paludi, le cosiddette “acque morte”, che ricoprono centralità nelle credenze della Bassa e della Romagna. L’acqua delle fonti e delle sorgenti simboleggia purezza e fecondità. Non a caso, l’acqua pura della fonte è spesso associata alla maternità da diverse culture, come per esempio i Celti e i Romani. In tempi preistorici le popolazioni che abitavano l’Italia svolgevano spesso rituali legati all’acqua in luoghi inaccessibili, oscuri e nascosti come le grotte, ed è solo nell’età del Bronzo che questi culti sono sostituiti dall’adorazione di acque superficiali, legate alla divinità Sole e alla sua funzione di garante dei raccolti. I Celti raccontavano miti sulla presenza di ninfe o fate, entità soprannaturali femminili, vicino alle fonti, mentre per i Romani, come per gli Etruschi, l’acqua poteva essere associata a Giunone in quanto divinità femminile detentrice della fecondità o ad Apollo, dio del Sole. Il Sole e l’acqua diventano due elementi quasi indivisibili perché entrambi fondamentali per la crescita e la vita. Il sole, ovvero la luce, è inoltre simbolo di conoscenza e chiarezza, così come gli specchi d’acqua, ovvero i laghi particolarmente limpidi. Il forzuto Ercole presiede spesso i luoFig. 16 - Fonte battesimale (Tiedoli). 10


ghi di culto legati all’acqua, ma non più un’acqua selvaggia e indomita, bensì quella controllata e incanalata nei sistemi di irrigazione. Così come Ercole doma e vince le fiere e i mostri, così grazie alle sue capacità sovrannaturali riesce a domare l’acqua. Il dominio dell’uomo sull’acqua però non è mai privo di rischi – ora come nel passato - e il controllo delle acque deve essere sempre accompagnato da un culto che risarcisca le divinità per questo affronto fatto alla natura. Per questo, gli antichi costruivano spesso tempietti o grandi monumenti in corrispondenza di sorgenti, fiumi o laghi. Il culto dell’acqua nelle sue molteplici forme prende spesso pieghe inaspettate e lo ritroviamo in motivi a noi noti tramite le fiabe e i racconti fantastici. Il calderone ribollente di pozioni magiche, quello che le streghe tengono costantemente sul fuoco e che emana fetori pestilenziali, deriva dal simbolo celtico del calderone come unione del fuoco (espressione del calore del Sole) e dell’acqua, che scaldata genera nutrimento. Nella versione malefica della strega, il calderone è invece fonte di magie oscure e di morte. Come abbiamo ricordato, una fonte di acqua dolce potabile era importantissima per la vita della comunità e chi abitava vicino a una sorgente temeva costantemente che le forze del male potessero inquinarla e renderla insalubre, così come la strega fa con l’acqua nel calderone.

La potenza dell’acqua che esce dalle viscere della terra Gli esseri umani del passato separavano il mondo in due grandi regioni, quella abitata dai vivi e quella abitata dei morti, che si trovava nel sottosuolo e alla quale si accedeva tramite grotte, caverne e pozzi. L’acqua che sgorgava dal sottosuolo possedeva per gli antichi una potenza incredibile, che derivava direttamente dagli spiriti dell’aldilà. Per alcune popolazioni come i Veneti, i Celti e i Liguri, l’acqua aveva inoltre la funzione di confine o porta tra il regno dei vivi e quello dei morti e il guado (ovvero l’attraversamento di un corso d’acqua) rappresentava il superamento di questo limite inviolabile, con conseguenze spesso sconosciute e potenzialmente terribili. Le necropoli, ovvero i cimiteri, dei Veneti erano non a caso posizionate vicino a un corso d’acqua. Anche i Romani credevano che i fiumi fossero dei confini stabiliti dagli dèi tra la regione degli umani e quella degli esseri sovrannaturali. Credevano infatti che costruire un ponte fosse un atto potentissimo e allo stesso tempo di sfida nei confronti delle divinità che andavano quindi placate e addolcite tramite rituali e sacrifici, i più antichi dei quali, a Roma, si svolgevano appunto sopra i ponti. Nei tempi più antichi venivano sacrificati esseri umani, poi sostituiti con animali, fanFig. 17 - Ponte e mulino di Lugagnano. tocci e libagioni5. Il massimo sacerdote di Roma - che presiedeva la congregazione delle Vestali - era chiamato appunto “Pontifex” e il Papa ancora oggi si chiama “Pontefice”, ovvero “costruttore di ponti”; a queste due figure apicali della religiosità prima pagana poi cristiana è delegata infatti la funzione di collegamento e mediazione tra questo mondo e quello divino. Anche i pozzi rappresentavano 11


una porta verso il mondo dei morti e i culti che già in antichità si svolgevano presso queste aperture profonde nelle viscere della terra erano dedicati alle divinità degli inferi. Nei pozzi rituali così come nei laghi o in vasche appositamente costruite come, per esempio, la vasca di Noceto, gli antichi lasciavano spesso scivolare doni, offerte ed ex voto. Questi ultimi erano rappresentazioni in miniatura delle parti del corpo che si volevano curare grazie all’intervento delle divinità delle fonti. I laghi profondi e oscuri diventano invece spesso luogo del sacrificio, simbolico o reale, dei nemici dopo una battaglia: le loro armi, piegate e deformate dal fuoco venivano lanciate sul fondo come offerta alle divinità. Seppur queste credenze appartengano a un mondo e a un tempo a noi lontano, la loro eco si fa spesso sentire, in forme mutate, aggiustate e adattate, nei racconti e nei rituali del nostro Appennino ... andiamo allora a scoprirlo più da vicino. Fig. 18

La vita sulle rive dei fiumi, tra il mito e la parabola Ma l’acqua, nelle sue variegate forme, era un elemento onnipresente sull’Appennino (laghetti, torbiere, ruscelli, cascate) che scandiva le giornate e la vita degli abitanti della montagna. Quando l’acqua corrente casalinga era un lusso per pochi, la giornata iniziava con l’andare alla fontana della piazza per prendere un secchio d’acqua ; si dovevano poi abbeverare le bestie, portarle al ruscello, lavare i panni al lavatoio pubblico o al fiume, mettere l’acqua a bollire per la cena. L’acqua quindi aveva questa doppia natura: da una parte è una sostanza divina, dalle proprietà magiche, che immutabile e immutata scorreva tra le rocce e curava i mali; dall’altra un elemento imprescindibile dalla vita di tutti giorni, così comune da diventare, ai giorni nostri, quasi scontata. È dall’incontro di queste due percezioni che nascono i moltissimi racconti delle valli dell’Appennino, che hanno come protagonista o elemento di fondo proprio l’acqua. Le fontane, si andava tutti i giorni, sono luoghi di incontri salvifici, come nella storia della Madona dal Buslan (la Madonna della ciambella), che a Borgotaro salvò una madre e il suo bambino dalla fame apparendo proprio vicino alla fonte dove la donna si era recata a riempire un secchio. L’acqua interviene come un giudice che punisce i malvagi, nella storia, sempre valtarese, 5 A Parma, all’altezza di Piazza Ghiaia, sono stati rinvenuti i resti del primo ponte romano sul torrente e, nelle vicinanze, un deposito votivo rappresentato da monete ed altre offerte in bronzo e piombo (statuette, elementi decorative, placchette iscritte) probabilmente riferite ad una divinità fluviale ed a protezione del guado.

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del “salto della bella donna”; una moglie senza scrupoli trova la sua fine giù dalla cascata dalla quale voleva gettare il marito ignaro. Nell’eziologia del fiume Ceno, raccolte nelle Leggende inedite di terra Bardigiana, il fiume, gemello e affluente del Taro con il quale condivide le sorgenti sul Monte Penna, diviene un’entità personificata malvagia, invidiosa e vendicativa, che per conservare l’ammirazione dei valligiani, annega la bella del paese. Gli antichi, così come gli abitanti del nostro Appennino, consideravano l’acqua un elemento eterno, quindi depositario della conoscenza del passato, presente e futuro, per via del suo essere sempre in movimento e per la sua capacità di cambiare forma; un mezzo di passaggio da un mondo a un altro, un confine che solo la magia o le divinità possono pienamente controllare. Ora sappiamo che l’acqua, in particolare l’acqua pulita e potabile non è eterna, o meglio, non si mantiene costante nelle condizioni che ce ne favoriscono l’uso e che ci permettono la vita ed è per questo che con rinnovato rispetto, prendendo forse un po’ esempio dai miti e dai racconti della tradizione, dobbiamo re-imparare a prendercene cura e ad apprezzarne i mille volti e le molteplici forme.

SIGNIFICATI SIMBOLICI: le maesta’ delle fonti Le strade, le case, le fontane, sono i luoghi dove più spesso troviamo le Maestà, queste lastre di marmo scolpite con figure di Santi e di Madonne che come un libro illustrato raccontano delle storie. Le maestà si trovano per lo più inglobate nella struttura della fontana, punto nevralgico della vita in paese (se ci pensiamo, le fontane sono uno degli elementi architettonici fondamentali delle piazze), a sottolineare l’importanza e il valore primario dell’acqua comune, quale bene fondamentale alla vita6. Il nostro Appennino Tosco-Emiliano è punteggiato da queste immagini votive testimonianza non solo della devozione popolare ma anche strumento di diffusione di messaggi di fede in un’epoca in cui era molto esteso l’analfabetismo e in assenza di mezzi di comunicazione ed allora ci si affidava all’arte ed alle rappresentazioni iconografiche per trasmettere messaggi di fede. Ecco allora la comparsa fin dal XVII secolo di queste formelle in marmo sulle facciate delle abitazioni o lungo sentieri e carraie, spesso in corrispondenza di incroci in modo da rappresentare riconoscibili punti di riferimento. E poi l’acqua, naturalmente, questo Fig. 19 - Foto archivio N. Donnini. bene così prezioso e fino ad ora anche 6 Nell’antica Roma il 13 ottobre, presso la porta Fontinalis delle mura serviane, si celebrava le Fontinalia, feste dedicata alle sacre fonti il cui dio era Fontus, figlio di Giano e della ninfa Giuturna. Durante le Fontinalia si gettavano nelle fontane ghirlande di fiori e si offrivano al dio sacrifici di vino, olio, etc.

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così presente ed abbondante sulle nostre montagne che si offre attraverso sorgenti e fontane. Era quindi quasi inevitabile l’incontro con le maestà, forse anche a titolo di ringraziamento per questo dono prezioso ma anche per il fatto che sorgenti e fontane erano anche un luogo di ritrovo per le donne che si portavano i panni da lavare, per gli uomini che accompagnavano le bestie ad abbeverarsi, insomma per tutti coloro che avevano la necessità di avere disponibile nelle proprie case questa risorsa, quando ancora non esistevano … i rubinetti. Non è un caso quindi se proprio sopra la fontana di Antesica si trova una di queste immagini ed un’altra la si trova anche nella piazzetta dell’antica fontana rotonda di Sesta inf. E allora vediamole in dettaglio.

La Madonna dei Quercioli ad Antesica Il bassorilievo si trova collocato sulla parete del serbatoio della fontana, a poca distanza dalla chiesa di Antesica, lungo la carrareccia che conduce a Caccianaso. La formella rappresenta La Vergine che emerge da una nuvole e stringe a se il Bambino e appare a Sant’Antonio da Padova, con in mano il giglio bianco, secondo la tipica iconografia dell’immagine miracolosa venerata nell’omonimo santuario posto nelle vicinanze di Massa, e meta, a partire dal terzo decennio dell’Ottocento, di frequenti pellegrinaggi ma che testimonia anche il rapporto con il nostro territorio dei marmorini proveniente dalla Toscana. Sul bordo inferiore si trova l’iscrizione a lettere capitali: MSS DE QUERCIOLI Il recente restauro ha messo i luce anche l’iscrizione sottostante, prima coperta dal cemento e che riporta il nome della persona dedicataria ed il millesimo: ANTONIO BERTOLUCCI PSD7 1871

Fig. 20 - La maestà di Antesica, prima del restauro.

La Madonna delle Grazie di Sesta La formella si trova nella piazzetta della fontana sulla facciata di casa Mochi e pertanto andrebbe più opportunamente classificata fra le “maestà delle abitazioni” ma la vicinanza con la fontana rotonda ci induce comunque a tenerne conto ed a descriverla.

Fig. 21

7 Per sua devozione.

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Maria, avvolta in un’ampia veste drappeggiata sulla quale cade il manto, è seduta e stringe a sè il Bambino Gesù che, volto teneramente verso la Madre, appoggia la sua guancia contro quella di lei e con il braccino le cinge il collo; la dignità regale di entrambi è sottolineata dalle elaborate corone poste sul capo. La formella ripropone l’iconografia caratterizzante la Beata Vergine delle Grazie di Boccadirio, assai diffusa da maioliche e da illustrazioni litografiche e xilografiche fin dal sec. XVII, e la cui devozione è attestata da numerose maestà sia nel territorio delle Corti di Monchio (PR), sia nell’area pertinente all’alta Valle Aulella (MS). M. SS. DELLE GRAZIE/ M. D. P. M. P. D. 1840

San Giovanni Nepomuceno, il santo delle acque Fig. 22 La maestà, collocata a capo dell’antico ponte sul torrente Parma che conduce a Corniglio, presenta al centro della composizione la Madonna, librata in cielo in un’aureola di nubi, in atto di mostrare il Bambino a due santi inginocchiati in basso e raffigurati in veste di soldato romani, che la tradizione popolare induce a identificare i due Santi genuflessi in Lucio e Amanzio Martiri protettori del paese. Dietro il Santo inginocchiato a sinistra nella composizione, si intravvede una figura aureolata di più minute dimensioni, col volto barbato, la cappa del canonico e in capo la tipica berretta a tre spicchi Fig. 23 Fig. 24 o rialzi con nappa terminale, portata dagli ecclesiastici in casa e in chiesa a partire dal sec. XVIII, presumibilmente da identificare con San Giovanni Nepomuceno, il martire praghese annegato nella Moldava, la cui effigie veniva posta sui ponti allo scopo di ottenere protezione contro le inondazioni8.

8 Mavilla, A. (2005), p. 586. Nel 2022 in occasione del restauro del ponte la maestà è stata ricollocata nella sua posizione originaria ma all’interno di una struttura in ferro, purtroppo rinunciando così all’originaria edicola in pietra. Inoltre sarebbe stato opportuno cogliere l’occasione per provvedere anche alla pulizia della formella in marmo al fine di preservarla dagli effetti erosivi della contaminazione superficiale da licheni.

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Fig. 25 - Il ponte “romano” a Corniglio con la sua maestà prima dei restauri (disegno Tiziana Ravanetti).

ASPETTI NATURALISTICI: La vita nelle sorgenti Le sorgenti rappresentano punti di emersione naturale di acque sotterranee, il punto di incontro tra l’ambiente acquatico superficiale del torrente e quello sotterraneo della falda acquifera. Esse costituiscono per questo motivo un ambiente particolare e unico. Che cosa rende questi ambienti così unici? Una delle principali caratteristiche, rispetto ai fiumi e torrenti, è la stabilità, nell’arco delle stagioni, dei principali parametri legati all’acqua, in particolare la temperatura e la portata. Nei fiumi si assiste a un’evidente variazione della temperatura nell’arco dell’anno, dai 20°C nei mesi estivi a temperature prossime al punto di congelamento in inverno. Analogamente alla temperatura, in un fiume anche la portata varia in modo rilevante a seconda della stagione, se umida o siccitosa. La temperatura delle acque che fuoriescono da una sorgente varia in funzione della quota, tuttavia la temperatura dell’acqua stessa rimane pressoché costante per tutto l’arco dell’anno. Alla latitudine in cui ci troviamo la temperatura dell’acqua sorgiva si attesta intorno ai 5-10°C. Diversamente dall’ambiente fluviale, l’ambiente sorgivo è soggetto a ridotte variazioni dei parametri chimico-fisici nel corso del giorno e dell’anno e viene pertanto definito “stabile”. Per questo motivo la flora e la fauna che si rinvengono presso i fiumi e torrenti si differenzia in modo particolare da quella tipica degli ambienti sorgivi. Nonostante non esista un punto di passaggio ben definito tra l’ambiente sorgivo e il relativo corso d’acqua, le caratteristiche chimico-fisiche e le forme di vita (fauna e flora) tipiche dell’ambiente sorgivo sono confinate ai primi metri dal punto di fuoriuscita dell’acqua dal terreno. Proprio per le sue caratteristiche di costanza e stabilità, nonostante le esigue dimensioni dell’habitat, l’ambiente sorgivo presenta una ricca biodiversità: in una sorgente è possibile rinvenire organismi animali e vegetali che non potrebbero sopravvivere nell’ambiente fluviale, sottoposto a variazioni frequenti di portata, temperatura e delle caratteristiche chimiche. L’acqua delle risorgive dà luogo a un microclima caratteristico e ideale per accogliere spe16


cie animali e vegetali non rinvenibili altrove, andando a costituire un tassello estremamente importante per la rete ecologica. Le sorgenti ospitano diverse tipologie di specie: da quelle presenti prevalentemente nelle sorgenti ma rinvenibili anche in altre acque superficiali, a quelle rinvenibili esclusivamente nell’ambiente sorgivo, dalle specie che sfruttano gli ambienti delle sorgenti in particolari fasi del ciclo vitale agli organismi che durante l’anno migrano verso monte per sfuggire a situazioni sfavorevoli o a quelli tipici Fig. 26 - La sorgente di Fontanafredda di altri ambienti, ma che sfruttano gli a Sesta inf. con esemplari di Geranio purpureo pietre ambienti delle sorgenti in cerca di acrivestite di abbondante muschio. qua e nutrimento. Le piante caratteristiche degli ambienti sorgivi sono le cosiddette “piante idrofile”, ovvero specializzate per la vita negli ambienti umidi. Rinvenibili ai margini della sorgente oppure lungo il ruscello sorgentizio solitamente si contraddistinguono per le foglie di grandi dimensioni, che permettono una più rapida evaporazione dell’acqua assorbita. Alcune piante sono dotate di apparati ghiandolari che utilizzano per eliminare acqua in eccesso in forma di gocce. Talvolta la superficie delle foglie si presenta pelosa per aumentare la superficie fogliare. Tipici dell’ambiente sorgivo sono le alghe, specialmente le diatomee e le alghe azzurre, e i muschi, presenti in abbondanti quantità ai margini delle sorgenti stesse. Vere e proprie piante acquatiche, ovvero piante che si rinvengono esclusivamente nell’acqua o sulla sua superficie, sono invece piuttosto rare. Pianta caratteristica degli ambienti delle sorgenti è la Petasites hybridus. Rinvenibile in ambienti collinari e montani fino ai 1.500 metri di altitudine, questa specie cresce tipicamente in luoghi umidi, sulle sponde e i bordi dei ruscelli, e in generale le zone umide e ombrose. Frequente nei pressi delle sorgenti è l’Epilobium hirsutum, volgarmente chiamato Epilobio maggiore. Alta fino a 150 cm, presenta più fusti eretti, ramificati e pelosi, sui quali crescono fiori rosa. Cresce nei luoghi umidi e bagnati, lungo le rive dei fiumi e nei fossi. Si propaga tramite rizomi carnosi, che crescono al di sotto della superficie del suolo, formando grandi colonie. Fig. 27 - Foglie di Petasites o Farfaraccio. 17


Cirsium palustre è un’altra pianta comune negli ambienti sorgentizi. in Italia è rinvenibile dai 600 ai 1.900 metri di altitudine su prati umidi, acquitrini, nei luoghi a mezza ombra e nei pressi di sorgenti d’acqua; si trova anche ai margini di boschi o radure boschive. Piuttosto frequente è anche l’Urtica dioica, che in Italia è rinvenibile in tutte le regioni fino a circa 1.800 metri di altitudine nei campi e nei terreni incolti, nei luoghi umidi e ricchi di azoto, come le radure dei boschi, i bordi dei corsi d’acqua, attorno alle rovine di abitazioni. La fauna rinvenibile nelle sorgenti è formata da organismi presenti unicamente nelle sorgenti (i cosiddetti organismi sorgentizi), organismi che vivono preferenzialmente nelle sorgenti, ma che sono presenti anche in altri habitat, e organismi la cui presenza in questi ambienti è del tutto accidentale. I primi costituiscono circa un terzo degli animali che popolano le sorgenti. Sono talmente adattati a vivere in questo particolare habitat che per la crescita necessitano di acqua costantemente fresca e scarsa di ossigeno e nutrienti. Specie tipiche sono gli acari acquatici, le larve di ditteri e tricotteri e diverse specie di crostacei ostracodi e gasteropodi. Rispetto agli stessi organismi che vivono nei torrenti, si presentano con dimensioni più ridotte e di colore meno appariscente, oltre che con un numero di individui più esiguo. Tra gli organismi che vivono preferenzialmente nelle sorgenti, ma sono presenti anche in altri habitat si incontrano i turbellari e le larve di plecotteri. Gli invertebrati costituiscono la maggior parte delle specie presenti in un ecosistema sorgentizio. Tra i vertebrati è possibile rinvenire anche le larve di Salamandra salamandra gigliolii, detta comunemente salamandra pezzata, che utilizza le pozze tipiche dell’ambiente risorgivo come habitat riproduttivo. L’anfibio, che si distingue per la tipica colorazione a macchie gialle e nere, non depone uova, ma produce piccole larve. Essa non vive direttamente nelle sorgenti, ma utilizza quest’ultime esclusivamente come luogo per la deposizione delle Fig. 28 - Salamandra (foto Carlo Mazzera). larve, che poi si sviluppano nell’acqua. Essendo molto sensibili a qualsiasi influenza esterna, e comprendendo specie rinvenibili esclusivamente in questi ambienti, le sorgenti sono fra gli habitat naturali più a rischio principalmente a causa della perdita di biodiversità. Le ricerche scientifiche su questi particolari ambienti sono purtroppo esigue; rimane ancora molto da scoprire e conoscere per poter attuare una gestione e conservazione consapevole di questi ambienti.

ASPETTI NATURALISTICI: la pietra delle fontane … e i suoi nemici La fontana di Sesta ed il suo lavatoio sono stati interamente realizzati9 utilizzando pietra arenaria proveniente da zone circostanti considerato il fatto che, a quei tempi, erano rari i

9 Purtroppo ad oggi non sappiamo ancora quando queste fontane furono realizzate e da chi.

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mezzi di trasporto che consentivano di percorrere lunghi tratti per portare simili blocchi di pietra. SI tratta di una pietra costituita sostanzialmente da granuli di sabbia (silice) compattati che si depositano in strati sui fondi marini o fluviali. E’ una pietra tra le più resistenti all’abrasione e all’alterazione chimica e per questo molto utilizzata nei manufatti realizzati dall’uomo anche se con il passare del tempo, subisce comunque un certo degrado tendendo a ritornare sabbia, perdendo i leganti che tengono uniti i vari granelli. Fig. 29 - Masso di arenaria trasportato a valle dall’antico ghiacciaio dell’alta Val Parma. Il restauro prevede quindi di andare a rimettere il legante che ha perso, un legante inorganico, il silicato di etile, una sorta di silice liquida che forma con i granellini che incontra una specie di reticolo ritornando quindi a compattare la pietra. A questo procedimento si accompagna poi la stuccatura delle fessure per evitare che i vari blocchi si distacchino e che l’acqua filtri all’esterno. Fig. 30 - Stuccatura delle fessure. Ben diverso è il caso delle formelle (maestà) in marmo. In questo caso si tratta di una roccia sedimentaria calcarea che subisce un processo metamorfico trasformandosi in marmo. Sulle pietre esposte all’aperto si ha poi il deposito di materiali organici, vegetali (muschi, licheni). Si tratta di organismi viventi che attraverso le sostanze acide che vengono prodotte dal loro metabolismo incidono sulla compattezza della pietra e ne determinano il degrado. Si������������������������������������������� agisce con prodotti devitalizzanti che determinano la morte di questi vegetali che poi vengono rimossi dalla superfice utilizzando semplicemente dell’acqua e, a volte, spazzolini morbidi. Si tratta di una procedura che andrebbe eseguita almeno una volta all’anno per mantenere il più possibile anche la leggibilità delle figure scolpite sulla formella. 19

Fig. 31 - Incrostazioni da licheni, fratture, erosione del marmo.


Un altro fattore che incide sull’integrità della pietra è rappresentato dalle piogge acide, particolarmente dannose sui marmi dove maggiore è la porosità interna. Alle quote maggiori delle località appenniniche vi è inoltre l’effetto del ghiaccio che può contribuire alla formazione ed all’allargamento delle fessurazioni.

I RESTAURI LA FONTANA ROTONDA DI SESTA E IL SUO LAVATOIO SOCIALE Si tratta di due manufatti in pietra arenaria grigia appenninica, discosti l’uno rispetto l’altro ma reciprocamente funzionali.

Fontana - Stato di conservazione prima del restauro

La fontana è costituita da una vasca circolare, con muro in masselli di pietra squadrata, ritmata da quattro parastine monolitiche; al centro della vasca si innalza un pilastro circolare modanato alla base e alla sommità, che riprende la configurazione delle quattro para����� stine della vasca, da cui fuoriescono i quattro getti d’acqua (tubi metallici). Fig. 32 Si osserva un vistoso e generale annerimento delle superfici, determinato da una cospicua presenza di biodeteriogeni (alghe, muschi, cianobatteri), unitamente a depositi calcarei concrezionati disomogenei. Dalle patine spurie si intravede la perdita di coesione di alcune pietre, contraddistinte da delaminazioni e cadute di materiale originale circoscritte, soprattutto nella parte centrale del pilastro.

Intervento di restauro - Trattamento biocida per la rimozione della microflora (alghe, licheni, muschi), tramite stesura di una soluzione biocida di benzalconio cloruro al 4% in acqua demineralizzata (fig. 32). Trascorsi 15 gg. dall’applicazione, rimozione dei vegetali devitalizzati con getto d’acqua nebulizzata a bassa pressione. L’operazione, visto l’importante deposito, viene ripetuta almeno due volte o tre, sino al raggiungimento di un adeguato grado di pulitura. - Consolidamento inorganico della matrice lapidea dove si presenta decoesa (verosimilmente nelle zone dove sono visibili i distacchi e/o delaminazioni), tramite applicazione di silicato di etile a siringa in fessura e a pennello su tutta la superficie, sino a rifiuto (fig. 33). - Trascorsi 40 giorni dal trattamento consolidante, ulteriore consolidamento delle zone in Fig. 33 20


Fig. 34

Fig. 36

Fig. 35 distacco con iniezione di malta di calce naturale micronizzata o nano silice e cariche pozzolaniche. - Rimozione e/o riduzione dei depositi calcarei per quanto è possibile, con sistemi meccanici non abrasivi, a bassa pressione (microsfere di vetro 0-50 My). - Trattamento protettivo inorganico delle superfici, caricato con idoneo agente biocida in solvente per il controllo della microflora.

La pulizia della fontana ha messo in evidenza l’esistenza di graffiti sulla parte interna (fig. 34). Si è inoltre provveduto alla piombatura dei ferri longitudinali che un tempo servivano come base di appoggio per il riempimento di secchi, con l’aggiunta di supporti in acciaio inox per evitare che i movimenti dei ferri vadano a lesionare la colonna centrale della fontana (fig. 35 e 36).

Fig. 37 - Fontana e Lavatoio dopo i restauri. 21


Lavatoio - Stato di conservazione prima del restauro Il lavatoio è posizionato distante dalla fontana, leggermente più a valle della stessa ed è alimentato dal ‘troppo pieno’ della fontana. Il manufatto è costituito da grossi conci lapidei ben squadrati e lavorati a subbia; il registro superiore è formato da grosse pietre svasate, dal bordo stondato (tipo toro). Si osserva un degrado superficiale analogo a quanto descritto per la fontana, ma meno intenso. Si nota invece un importante dissesto strutturale che interessa la muratura a circa 1/3 della sua lunghezza verso valle, con conseguente sconnessione molto evidente, determinato da un cedimento del terreno di appoggio.

Fig. 38

Intervento di restauro

Fig. 39

- Trattamento biocida per la rimozione della microflora (alghe, licheni, muschi. - Rimozione e/o riduzione dei depositi calcarei per quanto è possibile, con sistemi meccanici non abrasivi a bassa pressione (microsfere di vetro 0-50 My). - Smontaggio della parte di lavatoio in dissesto e dopo aver stabilizzato l’area di appoggio, rimontaggio in anastilosi degli elementi lapidei smontati seguendo la tecnica originale, utilizzando malta di calce idraulica naturale NHL5 caricata con inerti di opportuna cromia e granulometria, a imitazione dell’originale.

Fig. 40

Fig. 41 22


LA FONTANA DI ANTESICA E LA SUA MAESTÀ Il manufatto è costituito da una cisterna quadrangolare costituita da una muratura controterra in pietra squadrata, al cui centro è collocata la Maestà in marmo bianco: la parte sommitale della cisterna è chiusa da una soletta in cemento; nella parte inferiore è presente una sorta di risega, ovvero un muretto con lastre sporgenti che fungono da panchina; a lato della cisterna è collocato un lavatoio in cemento; tubature in plastica fuoriescono dalla cisterna ed alimentano il lavatoio stesso.

Stato di conservazione prima dei restauri Le forme di degrado più significative riguardano la lastra cementizia di copertura della cisterna, contraddistinta da cadute di materiale costitutivo e fessurazioni che ne inficiano la funzione, alla perdita di alcune lastre della seduta, unitamente alla frammentazione di quelle ancora esistenti e alla cospicua presenza di malta cementizia sulla muratura in pietra della cisterna, utilizzata impropriamente in occasione di manutenzioni pregresse. Si osservano inoltre altri fenomeni di degrado che si possono considerare “fisiologici” per un manufatto esposto in esterno, sintetizFig. 42 zabili in: - Esteso attacco biologico su tutte le superfici, sia microflora (alghe, muschi, licheni) che erbe infestanti. - Perdita di malta di allettamento originale tra le pietre della muratura che determina e alimenta la sconnessione della muratura stessa. - Reintegrazioni a laterizio di spigoli e porzioni lacunose della muratura. - Tubature di alimentazione della vasca lavatoio in plastica, materiale inidoneo rispetto il manufatto storico.

INTERVENTO DI RESTAURO Come primo intervento si è previsto un controllo delle erbe infestanti a ridosso del manufatto, a rispetto, per quanto è possibile, del manufatto stesso. - Trattamento biocida per la rimozione della microflora (alghe, licheni, muschi), tramite stesura di una soluzione biocida di benzalconio cloruro al 4% in acqua demineralizzata. - La lettura della muratura ha evidenziato l’andamento “a falda inclinata” della parete sottostante il tetto in cemento ha suggerito la sua completa rimozione e la realizzazione del tetto a capanna (come molto probabilmente era in origine) con copertura in lastre di arenaria di Carniglia, tra l’altro in coerenza con la vicina chiesa di Antesica. 23

Fig. 43 - L’andamento “a falda” della parete esterna che ha suggerito la rimozione della copertura in cemento ed il ripristino del tetto in pietra.


- Rimozione meccanica delle malte cementizie presenti sulle murature e reintegrazione della malta di allettamento mancante con malta di calce idraulica naturale NHL5 caricata con inerti di opportuna cromia e granulometria, a imitazione dell’originale. - Dove possibile si è provveduto alla sostituzione dei laterizi di ripristino con pietre squadrate come le preesistenti, ad omogeneizzazione delle superfici ed alla reintegrazione delle lastre lapidee ammalorate o mancanti della seduta, con altre di uguale fattura.

Fig. 44

FORMELLA VOTIVA “MAESTÀ MADONNA QUERCIOLI”. Nonostante la buona leggibilità������������������������������������������������������������� richiede ������������������������������������������������������������ urgente un intervento conservativo, per stabilizzare e risarcire i fenomeni di degrado in atto.

Stato di conservazione prima del restauro

- Attacco biologico, attualmente non attivo, ma considerato il luogo di collocazione e la presenza di crescita vegetativa circostante si presuppone che la situazione attuale sia il risultato di interventi manutentivi pregressi, realizzati da personale non specializzato, con prodotti spesso non congrui (per es. utilizzo di ipoclorito di sodio, ecc.). - Aumento della porosità del marmo, per effetto della perdita di coesione tra i diversi cristalli di calcare che lo compongono, con conseguente amplificazione di perdita di superficie, ovvero superficie lapidea che “spolvera”.

Fig. 45

Fig. 46 24


Si tratta sicuramente della forma di degrado più grave che interessa frequentemente le formelle votive collocate in ambiente esterno non confinato, poiché tale disgregazione del marmo polverizzato determina la perdita progressiva della forma delle figure scolpite, in questo caso ancora parziale, anche solo per l’effetto del dilavamento stagionale. - Frattura e micro-fessure, anche con parti in distacco. La formella si presenta fratturata in due parti, lungo una linea diagonale a circa 2/3 della sua altezza, con piccoli frammenti Fig. 47 mobili lungo la linea di frattura. - Presenza di dannose malte cementizie utilizzate per l’ancoraggio della formella al supporto murario, debordanti sulle superfici lapidee lavorate e che rende parzialmente illeggibile l’epigrafe dedicatoria. Si tratta di un materiale del tutto inidoneo per una corretta conservazione, sia per il suo differente modulo elastico rispetto il marmo – molto più “duro” e “rigido” –, sia perché ricco di sali solubili che determinano la disgregazione progressiva della superficie della formella in marmo bianco, molto tenera e friabile. - Depositi superficiali coerenti e/o scritte non pertinenti sono presenti, in maniera non estesa, sulla superficie lapidea: si tratta di depositi concrezionati da considerarsi “fisiologici” per un manufatto lapideo esposto in ambiente esterno.

INTERVENTO DI RESTAURO - Rimozione della formella dalla sua collocazione, intervenendo sulla malta cementizia di fissaggio, tramite piccoli dischi da taglio diamantato per evitare pericolose vibrazioni alle superfici lapidee, una sorta di “sverzatura” della malta cementizia, e progressiva rimozione meccanica della malta (scalpellini e mazzetta). - Velinatura provvisoria di eventuali porzioni lapidee in distacco con carta giapponese e resina termoplastica reversibile. - Trasporto della formella in laboratorio per le operazioni di restauro conservativo. - Rimozione dei depositi coerenti superficiali (piccoli residui di scialbi o malte): meccanica, con bisturi a lama mobile e, qualora necessario, previ micro impacchi circoscritti, con funzione di ammorbidimento del materiale spurio (acqua demineralizzata, TAC all’1,5- 2%) compatibilmente con la trattabilità delle superfici lapidee. - Trattamento consolidante della matrice lapidea ad impacco di fosfato di ammonio. - Consolidamento dei micro frammenti in distacco tramite infiltrazioni a siringa di malta di calce idraulica naturale micronizzata e/o nano silice. - Rimozione meccanica dei residui di malta cementizia lungo il perimetro della formella e lacerti debordanti sulla superficie originale, con bisturi a lama mobile e, qualora necessario, con micro impacchi localizzati in idoneo agente tixotropico, finalizzati ad ‘ammorbidire’ il materiale spurio (acqua demineralizzata, TAC all’1,5- 2%). - Ricomposizione della formella su specifico Fig. 48 25


Fig. 50

Fig. 49

pannello alveolare sintetico (pannello sandwich di Airex e fibra di vetro), con funzione isolante e portante, indeformabile. - Stuccatura e micro-stuccatura dei difetti di superficie (fessure, fratture, ecc.), con malta inorganica di idoneo colore e granulometria (malta di calce aerea e/o nanosilice secondo gli spessori da risarcire). - Trattamento protettivo tramite applicazione ad impacco di Ossalato di Ammonio addizionato con prodotto biocida (benzalconio cloruro al 3%). - Riposizionamento della formella con malta di calce idraulica naturale, nella sede originale.

LE FONTANE BENI CULTURALI L’acqua è ������������������������������������������������������������������������������ una fondamentale risorsa per la vita degli esseri viventi e quindi abbiamo visto come l’uomo abbia adottato diverse soluzioni per raccoglierla e trasportarla attraverso pozzi, canali, acquedotti e fontane. Abbiamo già sottolineato come fino a non tanto tempo fa quando le abitazioni ed i luoghi di lavoro ancora non erano collegati agli acquedotti l’approvvigionamento di acqua avveniva o direttamente dai corsi d’acqua o dalle fontane che, per la loro importanza, oggi rappresentano un vero “luogo della memoria” di una comunità locale e la cui realizzazione in taluni casi veniva particolarmente curata anche dal punto di vista estetico. Per questo patrimonio di esperienze, di memorie, di valori ormai lontani nel tempo ma anche di valori architettonici ed artistici le fontane andrebbero fatte oggetto di interventi di salvaguardia e di conservazione della nostra memoria e di quella delle future generazioni Esse fanno parte di quel complesso di beni architettonici considerati “minori” ma di cui Istituzioni e cittadini debbono farsene carico in quanto rappresentano l’eredità culturale di una comunità. Per tutte queste ragioni tali manufatti Fig. 51 - Il lavatoio di Nirone (Palanzano). 26


sono sicuramente qualificabili come “beni culturali pubblici” e che di conseguenza rientrano nelle norme di tutela previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 10): Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonchè ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. … Le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l›integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione … le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell›economia rurale tradizionale. Ma non solo: avere conoscenza e consapevolezza dell’esistenza e dell’importanza di questi beni rappresenta anche una sorta di dilatazione della nozione di bene culturale arrivando così ad una forma di tutela spontanea che completa ed integra la norma giuridica E di conseguenza anche il loro puntuale censimento non è solo “… semplice raccolta di dati analitici, ma anche giudizio storico … Nel momento in cui esso realizza uno spazio conoscitivo di inimmaginabile grandezza ai fini scientifici e storici, il censimento rende concreta una condotta della ricerca e dell’opera multidisciplinare quale la scuola e la stessa attività specifica di ricerca mai sarebbero in grado di attingere compiutamente”10.

Fig. 52 - Fontana con maestà a Nirone (Palanzano). 10 Andrea Emiliani, Una politica dei beni culturali, Torino, Einaudi, 1972.

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RICERCA E DIDATTICA IL MIO PAESE: carta d’identirà Nome:____________________________________________________________________ Altitudine:_______________; Estensione mq.:_____________; N. abitanti:______________ Località/frazioni:_____________________________________________________________

1) Esercizio di mappatura mentale delle acque ❏ Disegna una mappa del tuo paese e dei suoi dintorni inserendovi i luoghi legati all’ac-

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qua e ai suoi usi. Non preoccuparti che la mappa sia o sembri accurata, disegna quello che ti viene in mente così come ti viene in mente. SUGGERIMENTO: Puoi iniziare disegnando la tua casa o un altro punto di riferimento per te significativo e inserire, partendo da lì, qualsiasi altro elemento che ti ricordi. Insieme: con l’aiuto dell’insegnante disponete le vostre mappe su un grande cartellone e confrontatele. Prendendo ispirazione dalle mappe che avete disegnato e aiutandovi con il sito del CAI di Parma https://scn.caiparma.it/ individuate i luoghi legati all’acqua nel vostro paese. Nel mio comune, quanti manufatti legati all’acqua sono stati fotografati e descritti? Dove si trovano? Di che tipo sono, per la maggior parte? Inventa un itinerario da percorrere a piedi per raggiungerne almeno 5.

Con l’aiuto dell’insegnante, raccogli degli esempi di mappe cartografiche e mappe digitali (es. Cartina dell’Italia fisica; OpenStreetmaps Standard...). 1. Quali sono i simboli che indicano la presenza dell’acqua? 2. Noti delle differenze o delle analogie con le mappe disegnate da te e dai/dalle tuoi/tue compagni/compage? 3. Cos’altro potresti aggiungere?

2) Lavoro di gruppo: ricerca sul campo Cercate i “manufatti dell’acqua” nel vostro paese (fontane, lavatoi, ponti, mulini). Ogni gruppo dovrà: • Osservare e raccoglie informazioni. Usate le domande nella scheda come guida e aggiungete le vostre scoperte! • Scattare delle foto. Ricordatevi di scattare foto sia del manufatto nella sua interezza sia dei dettagli e dell’ambiente circostante. Scheda per la ricerca sul campo Tipo di Manufatto ____________________________________________________________ (es. fontane, lavatoio, ponte, mulino, abbeveratoio) 28


Si trova a: _________________________________________________________________ Stato di conservazione: [ ] ottimo [ ] buono

[ ] mediocre [ ] scarso

[ ] pessimo

[ ] rudere

Descrivi il manufatto includendo le risposte a queste domande: 1. Sono presenti iscrizioni? 2. Sulla superficie del manufatto o nelle sue immediate vicinanze, sono presenti piante, muschi o licheni? 3. Cos’altro noti? _________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________ Quali altri beni storici del mio sarebbero meritevoli di manutenzione e restauro __________________________________________________________ __________________________________________________________ Di che materiale è? _________________________________________________________________________ Qual’è o quale era la sua funzione? _________________________________________________________________________ In che relazione è rispetto all’ambiente e agli edifici circostanti? _________________________________________________________________________ (es. Una piazza, chiesa, l’edificio del Comune, la scuola, un incrocio) Ci sono elementi decorativi o religiosi? [SI] [NO] Se sì, descrivili: _________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________ Sulla pietra si nota la presenza di organismi vegetali ? [SI]. [NO] Se sì, descrivili e cerca di identificarli: _________________________________________________________________________ _________________________________________________________________________ Da dove potrebbe arrivare la pietra che è stata utilizzare per realizzare per il manufatto? _________________________________________________________________________ Altro: _________________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ Suggerimenti per altre attività: ❏ Ricerca di documentazione all’Archivio Storico e alla Biblioteca del tuo Comune ❏ Ricerca di fotografie storiche presso le famiglie del paese 29


1) Attività REPORTER DEL MIO PAESE Individualmente o in gruppo, prepara delle interviste per i tuoi genitori, nonni, vicini di casa o conoscenti. Alcuni suggerimenti: quali ricordi hanno, legati all’acqua, di quando erano bambini? Quali sono i luoghi del paese per loro particolarmente significativi? Cosa pensano dello spreco di acqua? Quali metodi si usavano in passato per non sprecare l’acqua?

Fig. 53

PER SAPERNE DI PIÙ Bibliografia

Axelsen, B., & Jones, M. (1987). Are all Maps Mental Maps ? GeoJournal, 14(4), 447-464. http://www.jstor.org/stable/41144136. Bernardi, G. (2006). Leggende di Val di Taro, Associazioni Ricerche Storiche Valtaresi “A. Emmanueli”. Breda, N. (2015). Per un’antropologia dell’acqua, in “Antropologia dell’Acqua), (N. Breda, a cura di), Erreffe La ricerca folklorica n. 51, Grafo edizioni. “Il valore dell’acqua: prospettive, sfide e opportunità” (Cap. 1) e “La cultura e i valori dell’acqua” (Cap. 7), in Nazioni Unite, Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2021: Il valore dell’acqua. UNESCO, Parigi. Calzolari, P. (a cura di). (1997).Gli uomini, le pietre, le maestà : percorsi e itinerari didattici nelle terre dell’alta Val Parma e della Val Cedra, Cabiria. Conti, G. (a cura di), (2015). Leggende della Val Ceno, Centro Studi Val Ceno. Dall’Aglio, M. (2009). I culti delle acque nell’Italia antica, Gabriele Angelini Photo Editore. Ferraguti, M. (2010). Dove il vento si ferma a mangiare le pere. Viaggio sull’Appennino alla ricerca del folletto, Diabasis. Ferraguti, M. (2012). Ti segno e ti incanto – Donne dei segni e streghe nella tradizione dell’Appennino, Fedelo’s Editrice. Mavilla, A. (1996). Le Maestà dell’alta Val Parma e Cedra, 1996. Mavilla, A. (2005). Maestà in Fornari Schianchi L. (a cura di) Le trame della storia fra ricerca e restauro. Risultati di un censimento nei comuni di Langhirano, Lesignano, Tizzano, Corniglio. Grafiche Step. Rapetti, C., Fallini, M. (2002). Per antiche strade : immagini di devozione lungo la Val Parma, Silva. Schmidt Muller di Friedberg (a cura di), M., Squarcina, E., Malatesta, S. (2005). Geografia a scuola: monti, fiumi, capitali o altro? Guerini. 30


Sitografia Museo Italiano dell’Immaginario Folklorico: https://museoimmaginario.net/immaginario/ Che cosa sono le mappe mentali: https://www.geographyrealm.com/mental-maps/ CAI Parma, Censimento beni storici e naturali dell’Appennino parmense: https://scn.caiparma.it/

RINGRAZIAMENTI Il progetto “Memorie d’acqua e di pietra” ideato e redatto da Roberto Montali e Gianfranco Bertè (CAI Sezione di Parma) è stato finanziato dal Comitato Territoriale di Parma del gruppo Iren. Lavori di restauro realizzati da Archè restauri (Stefano Volta con Agnese Bricchi, Chiara Nesta, Lorenzo Volta) e da Paolo Carbonieri (con la collaborazione di Leonardo e Antonio). Silvia Bigliardi ha documentato le varie fasi dei restauri realizzando foto e video che rimarranno a memoria e ricordo. Si ringrazia inoltre: La Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza I Comuni di Corniglio e di Langhirano, l’Istituto Comprensivo di Corniglio, Ginnio Ghirardini e il Consorzio di Miglioramento Alta Val Parma , Federico Rossi e Andrea Baratta dell’Impresa Rossi Egisto, Mario Moretti, Giacomo Bertolani e Federico Natalini (Iren). Per la raccolta di documentazione e testimonianze storiche: Nando Donnini e Silvana Moretti, Francesca Scala, Franco Graiani, Mario Ferraguti. Il lavori dei due cantieri di Sesta ed Antesica si sono svolti anche con la gradita e piacevole collaborazione delle attive comunità locali. In particolare si ringraziano: Silvana Moretti, Rosetta Pizzaferri e Giuseppe Valenti, Gianna, Ivana e Iole Mochi, Carla Ferrari, William Oppici, Daniele e Giorgio Zappoli, Matteo Tramalloni con Aris, Cleto e Massimo Orlandini, Ulisse Gonizzi, e la comunità parrocchiale di Antesica

Fig. 54 e 55 - Inaugurazione delle due fontane restaurate. 31


Fig. 56 - La fontana della Lumiera a Corniglio in una foto storica.

Inquadrando il QR code a fianco si aprono le pagine web dedicate al progetto “Memorie d’acqua e di pietra”, con il video ed il quaderno in f.to digitale.

Le foto, quando non indicato diversamente, sono di Roberto Montali Stampato da Tipografie Riunite Donati - Parma Dicembre 2023 © Club Alpino Italiano, Sez. di Parma Viale Piacenza, 40 - 43126 Parma www.caiparma.it 32


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