CAPITANI DI CASA SAVOIA

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Il vuoto eli pOLerc politico c l'asservimento dell'Italia a potenze straniere provocò, come è noto, un'emorragia continua in uomini e ricchezze, protr~masi per almeno tre secoli c mezzo, fino al 1860, la cui quantificazionc in termini di vite umane e di ricchezze perse è assolutamente imposs ibile. Se l'Italia uscì da questa situazione, lo si dové esclusivamente all'iniziativa di Emanuele Filiberto eli Savoia. proseguita dai suoi successori e basata sull'impiego di un opportuno strumento militare, di cui lui pose le basi. I suoi fini, luciclamente espo ti cd altrettanto lucidamente perseguiti, per l'accrescimento della Casa di Savoia, furono raggiunti dai suoi successori, senza mai deflettere dal cammi no tracciato dall'avo, fino al successo, nel 1861, con l'unificazione del Paese sotto il loro scettro. Questo è il motivo per cui è stato preparato il presente lavoro. che e,·idenzia, attraverso l'operato militare, cosa i Savoia fecero e come lo fecero, specialmente sul campo di banaglia , per raggiu ngere l'unità d 'Italia.

In copertina: "A me le g11m·die per l'onore di Casu Sauoid' (Viuorio t:manuele Il a Goito. 30 maggio 18'18).


STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

Ciro Paoletti

CAPITANI DI CASA SAVOIA

Roma 2007


PROPHJETÀ I.E'!TERAHIA Tutri i di riti i risc rY~ll i. Vietata la riproduzione am:he parziale sen1.a auroriaazionc.

© STATO MAGGIORE ESEHCITO - l iFFTCIO STOH ICO - ROMA 2007

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INDICE GENERALE

Pag.

PRESENTAZIONE

7

1

9

PH.EMESSA

11

I NTHOOI ZIO'.'E

PARTE I D AL CINQUECENTO ALlA GHANDE ALtEANZA

Capitolo I Testa di Fen-o e le sue milizie I) Il)

ITl) N) V)

La lunga ascesa Cinque anni di guerra L'organizzazione militare dello Scaro sabaudo La Marina Una scuola o un retaggio el i famiglia?

15 21 30 35

36

Capitolo n Carlo Emanuele I e i suoi figli I) 11) lll)

T primi vent'anni el i regno Un mutamento? La triplice guerra dd 16 15-1617 l V) Carlo .Emanuele c l'inizio della G ucrra dci T rent'A nni V) La guerra d i Genova del 1625 VI) L'assedio eli Vern1a VII) La seconda Guerra di Successione el i Mantova: 1628-1630 VIli) Vittorio Amedeo i IX) il Principe Tommaso X) La Guerra per le Fortezze Piemontesi e il conOitto francospagnolo in I talia: 1644-1656.

Capitolo m Tattica e strategia dell'età barocca

39

49 51

59 62 66 68

76 79 91

95


4 PARTEll VITE PARALLELE: EUGENIO E VITIORJO AMEDEO

Capitolo lV Gli inizi dci due c ugini l)

Il)

HO

\'irtorio Amedeo l' l'eredità di Carlo Emanuek II L'e~e rci ro d i Virtorio Amedeo Il Eugenio. da abatl' a generale

Pag. 11'> 1 16

1.22

Capitolo V La Grande Alleanza: 1688-1696 l) Il)

Il l)

IV> V) \ ' l)

Vll) VII[)

Il quadro europeo e il punto di ,·ista ~abaudo L'arrivo d'Eugenio Sraffarda La campagna del 1691 T.a ,.,rx.:dizione nd Delfinato Lt'>~edio e le trattati,·c di Pinerolo La hattagli:t di Orbassano o dei r>iani delb Marsaglia Politica e~tera e finzione militare: l'a~scdio di Casale

Capitolo VI Eugenio contro i Turc hi l)

Il)

La campagna del 169Zcnta, Gloria Christianorum

1')j l'))

Capitolo vn Eugenio, Vittorio Amed eo e la Successione Spagnola: 1700-1707 L'inizio della guerra Vittorio Amedeo contro Fugenio: Chiari, l o settembrl' 1701 lTJ ) La sorrn:·sa di Cl'l'lllOOa l\' ) Luaara \ ') Il capovolgimento di fronte d i \ 'inorio Amedeo lJ Vl) Il primo braccio della tenaglia: llochstiidt 1"-1 agosto 1701 \ 'Il ) Le campagne difcn-;ive di \'iuorio Amedeo del 1-0-t e del l-o:; VI Il ) b c tmpagna del 1705 dl.'l p rincire Eugenio IX) la campagna del 1706 fino a Torino La tanica d' Eugenio X> Xl> Tori no :X Il ) La conqubta ddla Lombardia Àllll L'a~~edio di Tolon<.: [)

1';9

l!)

163 16')

166 170

175 1T

l HO 183 19-J l<)()

201 20<J


5

Tf$lì \ DJ rcKRo 1 u . 't J·. \ JJJ J71f

Capitolo VIII Eugenio in Fiandra, Vittorio Amedeo in Piemonte: 1708-1712 Oudenarde Ulla Ili) MalpJaquet TV) Le campagne eli Vittorio Amedeo sulle Alpi V) Le campagne d 'Eugenio fino a Utrecht VI) La pace d i lJLrecht VTI) Rastaclt VIII) La riorganizzazione dell'esercito sahauclo cld 171:3 T) TI)

Pag.

211 221

226 233 236 241 248

253

Capitolo IX Di nuovo contro i Turchi: 1716-1719 I) II) [Il)

255 25H 260

Petervaradino Tcmcsvar 11 miracolo di Belgrado

Capitolo X La componente diplomatica dell'azione d'Eugenio

267

Capitolo XI La JUle di due vite parallele: 1730-1736 T) II)

Abdicazione e morre d i Vittorio A medeo L'ultima guerra c l'allievo migl iore: Eugen io e Federico, l 733-36

277 282

PARTE III CARLO EMANUELE ID

Capitolo XIJ Dall'avvento al trono alla pace di Vienna: 1730-1738 I) U) TU) IV) V)

Cado Emanuele l1l emra in guerra La campagna del J 731 Pa rma e Guastal la La campagna del 1735 c il blocco d i Mantova Le manovre in Venero e la fìne clelia guerra

297 299

302 306 311

Capitoloxm La Successione d'Austria l) II)

La Pragmarica Sanzione e il voro di Boem ia L'Armata Sa rda della Successione Austriaca

:315 :317


III>

La que-.tione eli ~lodena

l V)

Da Camposanto a Worms: J 7 t2-l74:S Castelclcl l'i no Cuneo c Madonna dell'Olmo

319 321 323 32ì

\10

Ba >signana

.B6

Vlll)

Asti. Ale~~andria c Savona L'Assietta Carlo Emanuele e la CorsiGI La Lattica di Carlo Emanuek 111 La ri form:1 dd '51

339 342

V) \ 'l)

TX) X)

Àl)

>.'lT)

Pag.

3-15 3-19 354

PARTE IV DAllA RESTAURAZlONE ALlA FINE DELIA MONARCillA Capitolo XIV Vittorio Emanuele Il l)

T[) Hl)

TV)

Dalla Rc~t:1 uraziom· a Novar:1 Generai<: c capo di Stato Caporale -.ul campo La ces~azione dd comando ~upremo c.: la valcn1.a si mbolica del lk

361 373

r9

385

Capitolo XV D filo conduttore c gli ultimi sul campo: Vittorio Emanue le lll e gli Aosta l) Il)

II T) IV) \')

vl) VTT) VTTl )

lX) Xl

Il Pri ncipe di Napoli Il Duca degli Ahru11.i li piccolo lk e la C rande Guerra: ago.'>LO 191·1 maggio 191-) "Il D uca in\'illo" e la Y Armata "Molti dubitavano. ma Lui a Peschiera non dubitò" Il ··Re \'itrorioso .. Viuorio Emanuele da Re :1 Re lmper;no rc Amedeo da l Carso. al Sahara, all'Amba Alagi L'ultima guerra dl'i Sa,·oìa L'assenza del com:tndo e la fine della monarch ia

.:)91 39<-t "!03 105

119 123 42H

436 138 ·145

Indice dei nomi Indice dei luoghi Bibliografia

481


PRESENTAZIONE

Lo srudio della storia mi litare non può prescindere da quello dei vertici politici e militari. Nel caso della dinastia che unificò Dtalia, ciò è particolarmente vero, perché fu una dinastia di comandanti che unirono l'azione militare a quella politica, a volte dosandole bene, a volle eccedendo in un senso o nell'altro, con successi o insucessi ma, a lunga scadenza, riuscendo a raggiungere l'obiettivo originariamente fissato: il dominio d'Italia. Poiché si tratta della dinastia che fu il motore dell a riscossa risorgimentale e dell 'Unità, che creò e impiegò lo strumento militare divenuto dal 1861 l'Esercito Italiano, l'Ufficio Storico ha ritenuto opportuno fornire un quadro d'insieme di quanto essa fece. da quando decise d·ingrandirsi in Italia c fin quando esistè come casa regnante. La volontà è stata quella di fornire agli studiosi interessati un quadro sinottico aggiornato, scientificamente valido, basato su ricerche d'archivio c su fonti a stampa, sia coeve che successive, radunando in un 'esposizione organica turti gli aspetti militarmente più rilevanti collegati alla Casa sabauda ed allo strumento che forgiò per i suoi scopi: l'esercito. ll risultato è un insieme d i biografie militari, che compongono una piccola storia, d'Italia e della Forza Armata, dal ·1560 al 1943. lnfatti il filo conduttore dell'opera non è tanlo l'insieme delle biografie dei sovrani sabaudi, ma la vita del loro Esercito, che oggi è il nostro e la cui esistenza ha influenzato e spesso condizionato la vita di tutti noi , direttamente col servizio rnilitare o indirettamente tramite le nostre famiglie e il nostro ambiente. In questo modo l'Ufficio aggiunge un altro tassello -e non di poco conto- alla ~~tt icosa riscopc1ta, alla ricostruzione del nostro passato, obliato ingiustame nte per troppo tempo, che, una volta ricordato, ci fa scoprire nei nostri avi molte più virtù e qualità, civili e militari, di quanto non supponiamo, rendendoci giustamente orgogliosi della tradizione alla quale appaiteniamo, nella quale ci riconosciamo c di cu i !"Esercito è fiero custode. TT. CAPO UffiCIO STORICO



INTRODUZIONE

La difficoltà nella preparazione di questo lavoro è consistita prevalentemente nel metodo da seguire c nella re lativa scarsità delle fonti. l signori di Savoia, le loro vite, i loro atti, sono stati passati al setaccio con grandissima attenzione negli anni compresi fra l'unità d'Italia e la fine del secolo XX, ma disgrazialameme, per una stortura tipica della storiografia italiana, accentuatasi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, gli autori che s i sono occupati d i essi - tranne nel caso del Principe Eugenio - hanno lasciato in ombra l'aspetto militare, che invece per la dinastia sabauda fu di rilevanza primaria. L'attenzione <lccentrata sul loro operato politico ha quindi portato a una miope scrittura della storia, per cui sono state redatte decine di biografie di quelli militarmente meno importanti, come Vittorio Emanuele TI e Vittorio Emanuele Ill, e pochissime, a volle quasi nessuna, di quelli di maggior rilievo. Virtorio Amedeo II, il cui operaLo è alla base dell'unificazione ital iana solto la Dinastia, gode a tutt'oggi di ben quauro biografie, una scritta a metà Ottocento dal barone Domenico Carutti d i Cantogno, le altre alla fine del Secolo XX da Domenico Trabucco, Geoffrey Symcox e, meramente compilativa , da francesca Rocci. Carlo Emanuele Ill, s uo secondogenito c successore. ne ha una sola, J'inrrovabile testo scrillo anch'esso dal barone Carutti. Carlo Emanuele T, c he pure ebbe un ruolo fondamentale nella storia italiana del XVII secolo e senza il quale la crisi sfociata nell a Guerra dei Trent'Anni avrebbe avuto un differente decorso è stato gratificato con una sola minuscola biografia, quella eli Bcrgaclani, comparsa nel 1932. Un po' meglio vano le cose per Emanuele Filiberto l. Il duca Testa eli Ferro è stato studiato a fondo, specialmente dall a defunta Maestà della J{egina Maria José, che ne ha pubblicato un'ottima biografia. Disgrazia vuole che pere\ come si diceva prima, l'aspetto militare sia sempre stato offuscato da quello politico, ragion rer cui le fonti secondarie non riescono a dare neanche una pallida immagine di cosa fecero in campo militare i sovrani sabaudi e, soprattutto, di come lo fecero. Di tulli i Savoia condottieri , ci si ricorda eli solito del solo Principe Eugen io, dimenticando che sia Emanuele Filiberto, sia Carlo Emanuele I, sia Carlo Emanuele IJT furono dai contemporanei


10 considerati tra i migliori, se non i miglio ri generali dei secoli in cu i vissero. Lo stesso Vittorio Ameck:o 11 fu un genera le di notevoli capacità. Ehhe la sfo1tuna di essere messo in secondo piano sia cblla presenza del celeberrimo cugino Eugenio sugli stessi remri in cui operò, sia dal relativamente piccolo ruolo militare giocato dal suo esercito nella Grande Alleanza e nella Successione Spagnola. D'altra parte neanche i Savoi<1 elci secoli xrx c XX sono stati considera ti molto attenramente sotto l'aspetto militare. Di Vittorio Emanuele 11 si ricordano le cacce, le amanti, l'e!>sere stato il padre della Patria, ma non '>i conosce assolutamente nulla a proposito del ruolo veramente s\·olro da lui nelle guerre del '59, del '60 c del '66, !imitandolo ai gradi eli capora le degli Zuavi guadagnati a Palestro o alla famosa frase: "Figlioli. o prendete Stili Martino, o fate San Murtino" con cui spronò le truppe al ''ittorio~o attacco finale del 2-1 giugno '59. E quanto incise. se incbe. Vittorio emanuele III nella Grande Guerra? '\essuno lo sa dire; e tutti si ricordano di lui solo perché affidò il governo a !vlussolini nel '22, dimeuendolo nel '43. E per gli Aosta' Stesso discorso. Turri magnificarono l'operato d'Emanuele Filiberto alla guida ddla Y Armata nella Grande Guerra. tutti si commos~cro '>ulla sorte del duca Amedeo all'Amba Alagi. ma nessuno si re~e conto, o ammise, che tanto l'uno che l'altro in realrù avevano farro ben roco eli rilevante. E invece: quanto ha contato per la Regia Marina il Duca degli Abruzzi e quanto ha pesato il suo orerato sullo svolgimento della Guerra di Libia e della Prima Guerra t\ londiale? _ essuno lo sa dire. nessuno !>C lo è domandato. eppure non fece roco. Questo scoglio, dovuto alle fonti secondarie, è difficilissimo da sup<.'rarc colle fonti primarie. Esse infatti non possono riempire lacu ne che il tempo ha reso incolmahili. Quanto. acl esemrio, dipese da Carlo Emanuele III e quanto dai suoi generali l'esito vittorioso della ~uccessionc Austriaca? Le cronache non lo fanno capire, i verbali dci Consigli di gu erra non esistono o sono ridotti all'essenziale, le memorie sono malno te e, quando ci sono , non gettano molta luce sull a questio ne. Ed ecco un secondo problema di grande rilevanza . ln Ita lia manca una storia compk:ta dello Stato Maggiore. Coll'eccezione dci lavori di Lucio Ce,·a, purtroppo non raccolti in un resto organico. dello Sraro :vlaggiore sabaudo si sa poco per il periodo risorgimentale c postunitario, nulla per quello preunitario. In quest e condizioni il lavoro non poteva risult:IJ'(.: f~t cil e né comrlero. Sreriamo sia almeno sufficient<.' a dare un idea dei Savoia e delle loro azioni milit:ui.


PREMESSA

L'anno di grazia 103'-l \'ide un esercito valicare il Gran San Bernardo per riconquistare b l3orgogna all 'imperatore Corrado II. Lo comandava il conte Um berto di Savoia, derro Biancamano. o dalle bianche mani, che secondo la tradizio ne aveva all'epoca 36 ann i. Se avesse davvero quell 'età , c hi Fosse suo padre, eia dove venisse la Stia famiglia sono questioni clihaltule da secoli c ruttora senza risposta sicura, né, del resto. qui ci interessa saperlo. Qudla ciTmherro Biancamano, conte eli avoia e feudatario del regno di Borgogna era una famiglia come wnte altre; e come tante altre famiglie di feudatari fin dal MIO primo '>tabilimenw feudale cercò eli aumentare il proprio potere. estendendo i suoi clominii e insinu ~1ndosi donmque fosse possibile. Scontratasi di là da lk Alpi con una crescente opposizione dovu1a alla nascita cd al conso lidamento dd Regno eli Francia, privat;t dell'appoggio <.:hc avev<l ricevu10 un tempo dal Regno di Borgogna , la Casa dei Savoia si orientò se mpre d i p iCt verso l' rtal ia. dove minore era la resistenza. reslando nell'orbita imperiale in cui era entrata fin dal principio dd millennio. LentanH.:ntc alla natia Sa,·oi:t cd ai territori francesi e svizzeri di anrico posses-.o -..c ne aggiunsero altri in Italia: la Val cJ'Aosta, la Contea di "Jizza e \'arie parti dd Piemonte. La Dina'>tia ~i attestò così a cavallo delle Alpi: ed al suo capo~tipitc, Cmbeno daiiL' bianche mani, seguirono un:t \'Cntina di conti nell 'arco eli quattro secoli, l'inché, nel 1-116. uno di loro, Amedeo VIl i , non riu scì :tcl ottenere l'eleva%ione al rango ducale p er sé ed i suoi successori. ci cenro anni seguenti. i due h i di Savoia conclusero poco cci allo scadere del secolo XV \'ennero presi nelle guL'ITC rra franL·ia c Spagna e videro il loro dominio ridono a terreno di scon1ro tra le due Potenze. Il periodo più nero fu ~cn;.a dubbio quello del duca Carlo Ili, detto "il Buono" sia per la sua rertitudinc che per la sua obbictri\ a incapacità politica. Fra il l '50 1. quando a~cc~c al trono. ed il l '5'53. anno della sua morte , il Ducato di Sa,·oia ,·enne ~chia<:ciato. occuparo c di~rrutto dalle truppe francesi c spagnole, elle lasciarono al suo signore quasi soltanto il titolo ducal e.


12

Sarebbe toccaLo a suo figlio. il duca Emanuele Filibeno T, restaurare la Dinastia. orientarla ' e rso rc.,pansione in lwlia c dotarla di un adeguato cd etliciente apparato militare volto al raggiungimcnto del fine politico che :-.i poneva: la corona reale, passaporto per l'ingresso nel ristretto ambito delle più imporranti famiglie dcll '[uropa, nell'ambito, cioè. in cu i si decideva la politica c la sorte ciel mondo occidentale.


PARTE I

DAL CINQUECENTO ALIA GRANDE ALLEANZA



CAPITOLO I Testa di Ferro e le sue miliz ie

l) La lunga ascesa Emanuele Filiberto di Savoia nacque nd pomeriggio delrH luglio l '528, ter7.0 maschio eli Carlo l ll di Savoia c di Beatrice, figlia di Emanude I re dd Por-

togallo. d l '545. all'età di neanche 17 anni. chiese ed ortcnne dal padre d'es'>ere mandaLO alla corte dello zio. l'imperatore Carlo \', 1 come una specie d 'ambasciatore permanente. per tutelare gli inreressi sahaudi e rim ere i territori presi dai Francesi nel corso delle guerre d 'Italia clic avevano l'tmcstmo la prima metà del secolo XVI . "Sono stato costrellc>" scrisse poi all'altro zio. re Giovanni Ili del Portogallo.

"a ... 1·ecarmi alla Corte di .)'ua Maestà f'l111peratore, affinché con i miei serriRi ed azioni dep,ne di lode potessifure pressioue perlihemre il mio signorjxldre da tanle sofferenze." 1 L'arrivo alla eone imperiale gli procurò molto onore e quasi nessun emolumento. Fu costrcrro :1 fare debiti e poi a contrarre prestiti per tacitare i crediLOri, ma bene o rnale. con molle dif'f'icoltà. riuscì a tenersi a galla per circa un anno. • el giugno 15'16 Carlo \' si preparò a scendere in guen:1 contro i principi protestanti tedeschi riuniti nella Lega di ~makalda: ·· tlltte le loro azioni so110 colte a disarmare completali/ente l'autorità imperiale' scrisse all a sorella Maria d'Asburgo "e ad insta11rure un ordine di cose i11 cui non ci smil pili posto per i signori ecclesiastici... Quindr concludeva "bo deciso d 'entrare in guerra contro l'eletto-

re di Sassonia e illanl{ral'io d'Assia. colpel'Oii d'awr turbato la pace de/11mpero.'" 11 Avrehlw voluto ponare con sé il nipote p iemontese, al quale era affezionatissimo, ma, considerando che era l'ultimo dei Savoia del ramo primogenito, preferì rimettere la decisione a Carlo 111 , mandandogli appo~ta un ambasciatore. Appena ne venne a conoscenza, Emanuele Filiberto spedì a sua volw un messaggero al padre: "mi permetto di supplicarvi molto umilmente, per cortesia'' gli chiedeva; "lasciate cbe io t•ada e sen'a Sua Afaestà in questa guerra. cbe è

un autentico inizio J)erché vi sia reso intep,ralmente ciò che l'i spella.''111

1 Carlo V nd l 526 ave' a 'J)()»ato ls;•hdla dd Ponog.JIIo, ,orclla dd la madre di Fmanude Filihct1o


16 Non c'erano alternative. Jl pot(>rL' negozia le dci Savoia non esisteva; non mevano denaro, né truppe. né piazzd'orti. né null:t. Tutto il loro avvenire dipendeva dalla benevoknza deii'ImperaLOre. L'tmko modo per rim·erc quanto ;1\·evano pL·r-.o poteYa consistere nel dimostrarglisi fedeli, in~ostituibili; nel comport~trsi c.Ia devoti vassa lli, quali poi del resto erano, non meno che da alkzionati parent i e spcrarne in ricompensa la restituzione eli quanto era di loro proprietà. Poiché i territori sabaudi erano occupati clai Francesi c poiché i France~i erano i nemici dell'Impero, era m'io che non a\ rebbero n::-.rituito nulla -.e prima non fossero stati lxmuri in guerra; e poid1é per essere vincitori in una guerra occorre combatterla, l'unico modo che Emanuele Fi l ibcrto aveva per recuperare gli Stati, che in f'ULuro si sperava gli sarebbero appartenuti. consisiL'va nel militare nelle file dell 'Imperatore contro i Francesi. mctterc.;i in luce il più possibile c -.perare bene. Era un gioco cl'azzarc.lo. ma era l'unico gioco pos~ihi­ le. Emanuele Filiberto l'aveva capilO: Carlo Ill lo capì a sua volla c diede il suo consenso: i l f iglio poteva andare in guerra. Il 4 luglio l'Imperatore conferì il Toson d 'oro a tutti i giovani principi elle ~l\'rcbbero combattuto sotto di lui. Emanuele Filiberto fu tra gli insigniti. ma soltanto il 16 rice' é la lettera con cui Carlo llJ gli concede,·a il permesso di combattere. Esattamente un r11ese dopo gli fu conferito il comando della Guardia imperiale c di tu ua la cava lleria fiamminga c borgognona. TI 10 settembre. nei pressi di lngobtaclt, Emanuele Filiberto partecipò al -.uo primo fatto d'armi. Aveva diciotto anni c due me~i. si comporrò bene sotto il fuoco, dimostrò una notevole resistenza fisica e la confermò in seguito. restando in sella da dieci a quattordici o re al giorno per le..· se i settimane successive. All 'arrivo dell'inverno gli eserciti si ritirarono nei cos iddetti quartieri invernali. Le piogge e la neve rendevano difficile la circolazione. rari i rifornimenti c quasi impo-.~il>ili i ripianamenti di materiali e uomini. ragion per cui. secondo un 'abitudine seguita fino al XIX secolo, le operazioni venivano sospese qu:t~i cornpletarnenle fino a primavera. Nel l"rattempo entrambi i contendenti rifo rniva no le armate, arruolavano nuove truppe, muovevano le loro ped ine politiche ~ulla scena internazionale. ammassavano denaro L' si prepar<l\'ano alla ripresa delle opemzioni. cioè alla campagna di guerra seguente. Lasciati i quartieri cl'im·erno. il 2·1 aprile l ) '17 l'esercito imperiale sconfisse q uello smalca ld ico sull 'Elba, nei pressi d i Mli.hlherg. on ci fu storia: 27.000 imperiali piombarono su 6.000 protestanti e li distrussero. Ad Emanuele Filiheno ~penò il tocco finale: la carica eli cc.l\·alleria che tr~l\ obe definitivamente la retroguardia nemica . Come allora si usava, rutti i principi de l sangue l'urono loda ti per il comportamento tenuto. Scrisse a Ca rlo III Gian Tommaso Langosco di Stroppiana, appartenente al piccolo l' squattrinatissimo seguito di Emanuele Filiberto: "SiJ-:110-

re. il Priltcipe è magnifico.. . Alla fil te ha ripor/{1/0 1111 triollfo. Oltre ad m ·er teIl/t/o un discorso allo squadrone e ad al'er cumha/1/IIO co1t prude11za e l'alore, senza risparmio di colpi, ha fatto tuffo ciò che cwrebbe saputo fare un oece!.? io


Tr'1' 1>1 F1 RRo E u 'l 'f 'nuzu

17

p,enerate che at•esse p,icì capitallato t'eli! i armate. e così heJ/e che Sua ,llaestà lo ha molto elogiato:·JV La battaglia mise fine alla guerra. La villoria sbarazzò Carlo V da qua lsiasi preoccupazione in Germania e gli perm i:-.e di rivolgere la :-.ua attenzione contro il rradizionale nemico rr~tncese. Passò il 15--18 e nella prima,·era dd 15'+9 Carlo \ ' fece 'cnire in Fiandra il primogenito Filippo. L'incontro fra Emanuele Filiberto e il cugino, erede della riù potente e prestigiosa corona del tempo , avvenne a Namur in marzo c fu un .successo . I due simpatizzarono mo lto. Filippo si affe:donò subito al cugino piemontese ed Emanuele filibc rro segnò un punro a proprio vantaggio. un pa:-.so in più verso il riottenimemo elci :-.uoi Stati. Poi passò il resto dell'anno e LLlltO il seguente l ~'50 a \'iaggiare per le Fiandre e la Germania, accompagnando la famiglia imperiale nel giro di prcsemazionc dell'erede al trono alle p rovince. Nella primavera del SI Filippo tornò in SpagnJ c chiese che Emanuele Filiberto l'accompagnasse fin o a Madrid. Da lù, in o ttobre, il Principe di Piemonte partì alla volta di Barce llona . Iv1emrc v i si trovava, in attesa delle galere della squadra d i Andrea Doria, che dovevano portarlo in Italia , diede un 'a ltra prO\·a eli acume e cautela. \ 'iste a largo le navi bauenti bandiera imperiale. mentre tuni :-.i prc.::para,·;.mo a s~ll irvi Emanuek Filiberto o:.sen ò che sarebbe stato megl io controllare se fo:-.~ero davvero am iche e non nemiche sotto mentite spoglk. Aveva ragio ne: erano le galere frances i dell a squadra d i Piero Strozzi , toscano al servizio dei Valois. Piero fece prigionieri quanti si erano avvicinati per sal ire a bordo; poi si accostò a terra. Avrebbe forse voluto compiere un'incu rsio ne nella rada di Barcellona , ma Emanuele Filiberto aveva capito cosa srava succedend o cd a\·e,·a già predisposto le difese. cosicché le navi francesi preferirono riprende re il largo, mentre i Car~-tlani soprannom inava no il Pri ncipe piemontese "Testa di Ferro" per le doti di pruck'nza e sa ngue freddo dimostrate; c con q uel sopra nnome sa rc hhe poi stato sempre ricordato. Dalla Spagna Emanuele Filihcno rientrò in Piemonte e si pre.semù a don Fcmmte Gonzaga. governatore del Ducato di ~lilano in nome dell'Imperatore c comandante delle truppe o peranti conrro i Francesi in Piemonte. Ai Francesi il possesso della regione.: consentiva 1:1 protezione lonr:ma del territorio metropol itano c l'interdi:t.ione, altretta nto lo ntana , di ogni offcnsiva spagnola. Politicamente, inoltre. la presenza delle loro fo rze in Piemonte costituiva un perenne invito agli Stati italiani a staccarsi dall'alleanza e sudditanza spagnola e permetle\'a a quelli che ancora erano indipendenti. Roma c \ 'enczia, di continua re a mantenere un minimo d'autonomia. Per gli stessi moti\ i la Spagna voleva cacciare i Francesi c o rendere il Ducato ai Savoia, ri tenuti aJTidabili perché parenti clell 'l mperarore, o renerlo per s(', adoperandolo lé.tnto comc base d 'operazio ne pl'r l'offensiva contro il territorio nemico oltralpe, quanto cornc copertura avan%:1ta della lunga via nota come Cammino di Fiandra. che si snodava dal :\1editerranco alle Fiandre c lungo la quale viaggia,·ano i rinforzi


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Emanuele Filiberto 1 duca di Savoi<~.


ff\T.\ Ili Fl RRO l IJ \l C \UULit

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imperiali:! Poiché l'unico modo sicuro per controllare il territorio consiste,·a nel prendere le posizioni chiave da cu i dominare le strade c le altre ,·ie di facilirazionc, terrestri o tluviali. era necessario assicurarsene il maggior numero possibile. A ll a ripresa del conllitro il territorio sabaudo era gi~1 ampiamente diviso fra i due contendenti maggiori. I francesi occupavano 33 fortezze c castelli ,5 compre.s:.~ Torino, nel Principato di Piemonte c nel Marchesato di Sa luzzo. controllando il passaggio delle Alpi mediante Pinerolo e Susa . A Ca rlo 1li di Savoia, ma con guarnigioni spagnole, ne rimanc\'ano 22 nel resto del Principato del Piemonte c nd J\larchesato del ~ l on ferrato. 4 La più fa..,tidiosa per i France_..,i era Volpiano c da lù erano ricominciare le operazioni perché il comandante francese, Charles dc Coss(·, ..,ignore di Brissac, la voleva a tulli i costi. Deciso ad isolarla. cominciò da San Benigno, contro la quale mandò ci rca 2.000 fanti c un migli:1io di cavalieri. l 900 uomini del presiclio rcsist<.:rono ma furono sovcrchi:Hi c, presa d'assal to la fortezza. furono uccisi qua_..,i rutti. Poi la cavalleria francese s'allargò e interru ppe tullc le vie di comunicazione per Volpiano. Di nuo,·o il conflitto impetversò solto le mura elci castelli. di nuovo paesi c città vennero assediati c me~~i a :-acco, in una serie ramo noiosa per chi la kgge quanto crudele per chi la 'i:--.c. Per quanto riguarda,·a Emanuele: Filiberto. si trov<'> a comandare l'assedio di 13rà e vi fece alcune osservazioni. '\otò in primo luogo quanto de,·astato fosse il Picm.ontc. poi quanto i Francesi vi _..,i fossero radica ti - tutti i biografi ripottano la risposta d'un soldato p iemo m ese del presidio eli Hrù che, sentita l'intima zione d i resa f<~tta in nome del suo signore, il Duca el i Savoia , affermò di non riconoscere altro sovrano che il He di Francia - c infine quant o affievolito vi fosse il dominio della sua Casa. La :-ituazione era disperata l'. paradossalmente, pareva e:-sere risolta solo lasciando il Piemonte per la Fiandra . Restare significava milirare sotto un gm·ernatore detrlmpcrarore. quindi retrocedere nella scala gerarchica asburgica e. stando lontano da Carlo \ '. esserne dimenticati. Panire significa\'a al contrario tornare sotto gli occhi dell'Impe ratore, riprendere un posto fra 1<: massime ca riche militari dell'Impero c a\'ere la possibilità di influenzare il gioco sottile c delicato d ella politica inrermzionale. Bruxelles era in quel momento il centro degli affari d iplomatici . il Piemome u na terra devastata c dimentica ta in cui resrarc equ iva leva a sparire.

~ Pt•r m.IAAIOn denagli. 'i '<"da più .1\ an11. n d 2 l<lpll<>lo. b p;tn<• !k·diuu ;111.1 Cul'rra dei Trenl'.-\nni.

\ Er.1no: 'lhnno. Chi,·a-..-.o. \loncalieri. U\11..'11. \lmK\IlTO. Carigo;mo. \ 'ill.ltr.ull.l <...umagnola. Ga-,-.ino. Seuimo, '>.111 \1.1uritio. Hi\arolo. San G1orgu>. 1'.1\0ill' B;1rge. Bu~c1, !'l;thuLo. \~·uuolo. Rc·H·IIo, Dronero. L1 Chiu~a. C.i'll~hotw, l'merolo. :>u,a. l.cnt.lllo. ·" ·" •gli.mo. l.amorra. \erduno. Borgh1 \'ill.mo,·a. l.a Cblerna, San D.lll1 t<tno c· :-,, Hnm.tri' .1. 1 CiOl' 1hl1, Lan;n. \ 'iù. \'olpbno, S:tn lknigno. r~l\ ria , Alba. fo~,.1110, l',t,M'rano. Chiusano, Vercelli, S:Jmh iù, Cl•\·:1, Chl'r:•,co. C•rdero. Vc•rru:•. CH''' c• filino. Sa n Germa no, Trinn, C:'"'ll'. \ ':ilvn;,a e Alessand ria .


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C .\1'1 1.1'\ l L)l CA'I ~\IOIA

Allora Emanuele Filiberto ~<.:risse allo zio domandandogli d 'essere richiama-

w in l'iandra al comando della fanteria spagnola per combauere comro i Francesi. C ii rispose il vescovo, po i cardinale. Antoine Pern::nOL de Granvelk . assicurandogli a nome di Carlo \ ' che awebbe a\'ltLO una carica adcguata ai suoi meriti cci al suo grado di parenrcla coll'l mperatore. Emanuele Filiberto raggiunse la corre in Ba viera. Si preparava l'assed io eli Metz, che Carlo V incominciò ~di'i ni zio dell'inverno del l '552-1 55.:$. Tulli i suoi generali lo an.· ,·ano sconsigliato. Il Duca d'Alba, uno dci migliori e più fidati, aveva suggerito di spostare l'assedio alla primavera, ma neanche lui en1 stato ascoltato; e l'lmperatore aven1 persona lmente condotto '5'5.000 uomini c circa 150 pezzi d'artiglieria contro la cirtà. Come previsto, la difesa resse benissimo, superbamente aiutata dalle avverse condizioni atmosferiche. Fame, freddo c malanie cominciarono a mietere vire più delle palle di cannone; le ~Lrade impraticabili non permeuevano l'arri' o di viveri a sufl'icienza, cosicch(· i prez%i delle derrate andarono alle stelle , aggravando la situazione d ei soldati , che non potevano procurarsene perché mancava il denaro per le loro paghe. I3en presw le perdite degli assedianti salirono verso il '50% ddle forze impegnate. Allora, vista b prospt:ttiva della morte di stenti certa, cominciarono a fioccare le diserzioni. Alla fine, persi quasi 30.000 uomini, Cado , . do,·é abbandonare l'impre..,a e il 2 gennaio l S'53 cominciò il ripiegamt:nto lungo la Mosella. La sconfina determinò un'ondata eli disordini in Germania e di cambiamenti a eone. Il Duca d'Alba dm·é lasciare i1 comando, pagando per colpe non sue e per l'amipati<l , tutta sua , che aveva suscitato in quanti lo circondavano. Ne ll 'aprile de l 15'53 Carlo V riprese le operazioni c ordinò l'investimento d i Thérouanne. Emanuele Filiberto chiese il com ando in capo. ma lo zio gli preferì Adriano di Croy, conte di Hoeulx. sia per ~odd i sfare b nobi ltù delle Fiandre, sia per non bruciare il nipote con una sconfitta, da molli ritenuta probab ile dopo il disastro di Metz. li 13 aprii<: la pia zza fu i m cstita. l lavori cl':1pproccio e eli bombardamento delle mura, lx1ttute in breccia, durarono a lungo. li p ri mo assalto non ebbc esito favorevolc e sembrù che l'impresa potesse andare a finire male perché il conte di Roeulx si ammalò c nella seconda decade di giugno spirò. Prima che la eone decidesse il nome del successore, il 20 giugno gli Imperia li fecero scoppiare una mina sotto le mura. aprcncloYi un breccia c conquistando Thérouanne d'assalto sotro la guida d 'Emanuele Filiberto. Come sempre succedeva in qucsti casi, la guarnigione fu massacrata e la cillà saccheggiata. Carlo V ordinò di raderne al suolo le fortificazioni - era la terza , ·olta in tre quarti di :-.ccolo che gli Asburgo a\·evano a che fare con Thérouanne c ne erano decisamente stufi- e si preparò a designare il nuovo comanda nte in capo delle sue truppe. Secondo le previsioni dell'esercito e contro le speranze dei piC1 imporranli generali imperiali , alla fine del mese Carlo nominò Emanuele Filiberto capo e comandanre generale dell'csercilo dei Paesi Bassi con pieni poteri sui movimenti


Tr~1 , 111 h liRO r LE - • r \UU/.11

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della cavalleria, della fanteria, dell'artiglieria c delle munizioni: non a\'C\'a ancora compiuto 2') anni.

D) Cinque anni di guerra La nomina eli Emanuele filiberto fu <>:durata con gioia dall'esercito imperiale. Il giovane Principe eli PiemonLe era conosciulo e amato da tuui. Si faceva capire da chi unque perché parlava correntem ente it aliano, spagnolo, francese, tedesco c fiammingo - le lingue piCr in uso nel composito esercito dell 'Impero - era conosciuto come un coraggioso soldato. un abile cavaliere - le sue gambe arcuate lo pro,·avano a prima ,-i~ta - un fante onorario che ama' a mc~colar­ si alla truppa c marciare con e!'>sa porrando sulle spalle l'archibugio. A\'l'\'a dimostraro d'essere un buon ufficiale ~uper i ore. un puntuale.: csecuLOre degli ordini, un audace comandante d i repa n o. Restava da vedere come se la sarebbe cavata alla testa d'un intero esercito. L'c:,ordio fu ina ... pcttato. benché dd tutto coerem<: co l carartere ddl'uomo. La notte prima di partire per il su o comando, Emanuele Filiberto fu visto u~circ di soppiatto dal palazzo in cui .tbita,·a e scomparire accompagnato da un solo serviwrc. I rx·uegoli si sccrYellarono per indovinare con quale dama fosse andato a tn1sco rrere le sue ult itn<.: ore di pace: restarono stu pefatt i - e molto ed ificati - quando seppero che invece si era recato al mon :lStl'l'n di San Paolo. vi a\·cva trascorso la nouc in p reghiera e si era confessato e comunicato. Un'altra sorprt:sa furono gli ord ini diramati al suo arrh·o al campo: disciplina severa. pena di morte per i cliscnori. ,-ietara qualsiasi violenza contro i ch·ili. san7-ioni duriss ime per i capitani c he :t\'essero dich iarato effeuivi gonfiati per far la cresta sulla JXlga , che all'epoca ~i versava al capitano in blocco c in base alla forza dichiarata da lu i, delegandogli la somrninistrazion<.: del soldo ai militari da lui arruolati e :r lui sottoposti. Si trattaYa di pron cdimenti che scr\ i\·ano non solo a rafforzare la di~c ipli ­ na, e quindi a miglioran: l'esecuzione degli ordini , ma anche a ottimizzare le risorse d isponibili. L'int imazione ai cap itani di farsi versare il contante per i soli militari presenti implicava un notevole risparmio per la cassa clell'cscrcito e, garantendo la correttponsione regolare delle paghe, eli minava uno elci principali motivi di diserzione. Questa, a sua , ·olta, ,·eni,·a punita da Emanuele Filiberto in modo molto anomalo, specie se '>i con:-.idera che a quel tempo. e fino a tutto il secolo XVIll, grazie alla professionaliuazione degli eserciti, un solda10 e:,perto non solo era sicuro di potersi rbrruolarc in qua lsiasi altro ese rcito, ma addirittura poteva contare sulla ccrten.;J, quasi assoluta, che. se si fosse ripresentato a quell o da cu i ave,·a disertato, sarebbe stato perdona to e riammcsso nei ranghi senza punizioni di troppo rilic,·o. 'e consegui,·a uno stillicidio quotidiano di dbcrzioni. seguite da bandi eli perdono. i quali con ...cnti,·ano ai cli~enori di


22 to rnare in servizio per il periodo più comodo, salvo disertare di nuovo alla p rima occasione. La comminazione dell:.t pl'na di morte rompc\a- o almeno ten tava di rompere - questo circolo vizioso, introducendo un ckmento eli rischio eh<.: equiparava la diserzione al la battaglia. A che serviva clisenare p<.:r e\'itare eli morire in uno scontro se si a\ e\'a la concreta po:-.sihilità di morire impiccati ? Sempre nel .senso della razionalizzazione delle risorse andavano i divieri eli usa re violen za ai civil i. All'epoca g li eserciti non avevano un servizio d' intendenza e generalmente ,.i,·evano delle risorse del territorio. D ue erano i modi per farlo: saccheggiare e distruggere ogni cosa o comperare il necessario. Il primo era il sistema universalmente segu ito; ma aveva due conseguenze pericolose, una cen a e l'altra probabi le. Quel la certa era l'impoverimento rapidissimo del territorio e quindi l'impossibilit~ì per l'esercito di stazionarvi a lungo senza rice,·cl-e rifornimenti da altre parri. Questo implicava l'estensione delle requ isizioni -o dei saccheggi- a :wne sempre più lonrane. destinandovi reparti ad hoc, dunque indeholendo il dispos it ivo principale. Le derrate reperite lontano richiedevano poi l'organizzazione di com·ogli , con tunc le connesse difficoltà di reperimento dei carri, degli ~m ima li da traino, dd conducenti e de l distacco delle rru p pc di scorta. L'altra conseguenza - quella possib ile ma non certa - consisteva ne lla resistenza armata da parte della popolazione d1l', ,·istasi persa e condannala alla morte per inedia. pote,·a decidere eli difencler:,i con t uni i mezzi, causando perdite an che gravi all'esercito operante c comu nq ue costringendo lo a d istogliere reparli di notevole l'nti tà dal corpo eli battaglia e dalle operazioni principa l i. t\ell'uno e nell'altro caso si ~1\·eva un indebolimento del clispositi\'O tale eia influire pc~antemente sulla condotta operativa del corpo principale e, in certi casi, capace d i determinarne il coll as.->o. Per contro, l'astensione dalle violenze determinava la tranquillità nelle retro' ie - dunque e\'ita\'a il distacco di truppe da adibire alla sicurezza - e la collahoraziom: da pa1t<.: delle comu nità che, specie se p<l gate per qua nto fornivano . potevano garantire un atllusso el i viveri d i ogni genere a prezzi contenuti, con'>entenclo un note,·ole risparmio in termini di spesa c la concenrrazione delle ri:-.orse militari sugli ohbienivi :-.trenamentl' bellici. 11 prohlema i..· che quc:-.to sistema, per q uanto ipotizzato di ta nto in tanto, restavél u na cbim<.:ra per l'i ndisciplina dei soldati e per le ohhictrive e generalizzate carenze del meno che rudimentale apparato logistico. Soltanto nel SenecenLO :-.i sarebbe riusciti. e neanche troppo spesso, a realizzare l'utopia del riforn imento da parte dci ci,·ili della zona occupata; m<t per quan to riguardava Ema nuele Filiberto, le sue intenzioni, ou ime. si scontrarono spessissimo con una rea lr:'1 diffici le da cambiare c non sempre pre,·alscro. Hesta comunque il fano che i :-.uoi scritti privati e gli ordini da lui e ma nati, sia aIl a resta delle truppe im periali, che più ta rdi in Piemonte all'atto d 'orga nizza re l'esercito sabaudo, così come la loro c.-;<.:cuzio ne. d imostrano a dismi'>ura come egli si collochi tra i pochissimi del suo -,ecolo che posso-


T!, T•\ Ili Fl RRO E IL 'lE \IIU/.11

2.3

no es:,ere annoverati fra i contributori alla nascira dell'organizzazione logisrica moderna. Emanati i severi ordini che sappiamo, Emanuele Filiberto marciò all'assedio di Hesdin , città fortificata al confine della Piccardia, che Carlo V voleva vedere in suo potere. L'assedio di H e.sd in , oggi lOtalmente dimenticato, venne segnalato dai contemporanei per due ragio ni: dimostrò la v:.t lidit~r dei rampari tcrrapienati come opera difensiva c la difficoltù di applicare la disciplina nel senso inteso cb Emanude Filiberto. Le difese passi\C obbligarono il Principe di Piemonte ad abbandonare i ca nnoneggiamemi delle cortine: <~0 rezzi d'artiglieria le :1\'e\'ano bombardare rer otto giorni consecu tivi Sl'llZa alcun risul tato arprt:aabile. Decise allora di rrovarc le mine ma, alten<kndoscnc un fallimento, rrt:scrb.Sl' alle sue truppe15.000 fanti c 7.500 cava lieri - di non attaccare finché lui personalmente non avesse dato l 'ordine; el i no n muoversi nemmeno se Il' trombt: avessero suonato i segnali d 'attacco. Ehhc ragione. Le mine esplosero poco e male c fecero danni minimi alle mura: i Frann:si fecero subito brill:lre le controminc - che non danneggiarono gli lm reriali perché erano rimasti l'ermi ai loro rosti - c. attratti vi dagli squilli di tromba degli assedianti. corsero allç mura , giusto in tempo per es:,crc colpiti da una scarica ddl'a1tiglie1ia a:-.burgica . Emanuele Filiberto fece ripetere il trucco. i Francesi subirono una seconda micidiale scarica, poi sorto il bombardamento, lentamente si aprì una breccia. Gli scontri si susseguiro no durame il resto della giornal<l e parte della nOLte. Poi gli assediati ottennero una tregua e vennero a 1Xlrlamc nrare ma, quando sembrava che fosse stmo raggiunto un accordo, l'esplosione accidentale el i alcuni barili d i polvere uccise dei sokbti imperiali, aprì una breccia e scatenò il grosso dell 'esercito che. incu rante degl i ordini, entrò in ciu:J c si buttò al saccheggio. Il Principe cercò d i fermare i suoi uomini, ma non \'i riuscì, né vi riuscirono i suo i ufficiali. Tutto quello che poté fare consisté nell'impedire alla trurpa il saccheggio delle chiese. in cui a\·e\·a fatto radunare donne. anziani e bambini. La mattina seguente fu que lla della resa dci conri. Emanuek Filiberto fece arrestare e mettere in catene g li ufficiali che pill o meno tacitamenrc aveva no consentito il saccheggio ai propri uomin i, li rimproverò personalmente clava n t i alle tru ppe e li spedì a l~ruxe l k:s, sempre incatenati, face ndo li sfilare così per le vie dell a città. Coi soldati si regolò diversamente. on po teva punirli tutti, per cui dal numero dei colti in flagranza di reato ne scelse cinque e li fece impiccare seduta sranrc, davanti all'armara, al presidio nemico cattu rato ed agli abitanti. Po i promulgò un inasprimento delle pene, annunciando l'estensione della pena di morte a quanti si fossero resi colpevoli di blasfcmìa, furto e taglio del grano ancora in erba. L'estate del ·1553 segnò una svolta nella vita di Emanuele Filiberto. Innanzitutto perché vide la sua p rima vitloria ottenuta come comandante in capo, poi


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C.WIT\'\11>1 C\' \ -.,\\01'-

perché collaudò. infelicemente, il sistema disciplinare appena inaugurato, mcttcndone in evidenza le pecche e, in prospeuiva, i rimed i; in terzo luogo perché gli fece entrare in tasca, secondo l'uso dell'epoca, il pingue riscatto dei p ill importanti fra i 1.100 prigionieri catturat i ad Hesdin - c il solo duca di Houillon contribuì per 2).000 '>Cucii - infine perché il 26 agoo.;to giun~c al campo imperiale una triste notizia. 1 ella notte dal 16 al 17, il duca Carlo 111 di Savoia era mono a Vercelli, la-,ciando all'unico figlio vivente la corona, i diritti al trono, poche piazzeforti c un tesoro valutato, fra oro, g ioielli t' poco liquido, a 80.000 scud i, dei quali p erò Emanuele Fi li berto non ne vide nemmeno uno, perché, tre mesi dopo la morte del padre, i Francesi presero Vercel li e s'impadronirono dd tesoro ducale. Dalla fine della campagna dci 1')')3, per cinque anni Emanuele Filiberto guerreggiò in Francia c in Ital ia. . d l ')5-t partecipò alle dure operazioni nella Francia SettentrionaiL', che si caratterizza rono per una totale inconcluclenza sul piano strategico. L'a nno seguente b guerra si trascinò fra :tiri e bassi. Ca rlo V si rese conto di non poter realizzare il sogno della riunific:azione religiosa c politiG.I della (;ermania e si piegò ad an.:ettare la pace che, firmata ad Augusta, stabiJi,•a il principio del cujus regio cjus religio. secondo il quale i sudditi avrebbero dm•mo professare la confessione del loro sovrano o emigrare. Era una solu zione di compromesso, che avrebbe retto per 63 ann i prima di crolla re davanti alla crisi dell a Guerra dci Trent'Anni, ma almeno toglieva agli Asburgo il pericolo di essere presi fra i Principi protestanti Tedeschi c la nemica rrancia. In estate Emanuele Filiberto scese in incognito in Italia. passò da Milano. si rec:ò a Vercelli e incontrò i comandanti delle fortezze rimastegli, poi tornò a Bruxelles c in ottobre presenziò all'abdicazione eli Carlo V. rice,·endone la reggem':a d<.:i Paesi Bassi , con un appannaggio di 56.000 fiorini. Carlo, che aveva passa to al figlio Filippo sia k 17 province dei Pa esi Bassi, che i domini spagnoli transoceanici e mediterranei. aveva conservato il t itolo imperiale per sé c il ) febbraio l '5'56 siglò nell 'ahhazia di Vaucclles una tregua di cinque anni col re En rico II di rrancia. Tra le dau-.,ole cc n'era una che prevedeva il manrenimenro del possesso dei territori occ:upari, per cui la Francia avrebbe conservato Piemonte e Savoia fino al 1561. Non anelò così. Quando tutto sembra va se non perduto, almeno rimandato, la guerra si riaprì in Italia per colpa del Papa. Ben presto il connitto si dilatò e fece saltare la pace appena conc:lusa. Di nuovo gli eserciti imperia li si misero in movimento e di nuovo la guerra arse il confine settentrionale della Francia, prendendo alla spro\'vista Emico di \'alois. il quale aveva concentrato il grosso delle proprie forze in Italia, convinto che le operazioni vi sarebbero restate circo::.criue,. Il piano operativo imperiale cr;~ stato preparato da Emanuele Fi liherto su inca rico di Filippo Il in persona: ingresso in Franc:ia , conquista delle piazzeforti necessa rie a garantire le comunicazioni dell'esercito imperiale e attacco a Parigi.


TI 'T\ Ili fl KK< l l U: 'l"E ~IILIZir 2') ~---------------------------------------------------------------

Trasmesso a Filippo in maggio c apprm·ato nel giugno del l ')57. il piano diventò csecuti\·o in luglio, quando il Duca di Savoia sce~c in campo con 1 1.000 fanri, 3.000 uomini d'arme e 1:500 archibugieri a cavallo. Erano però solo le prime forzt.: a disposizione. In breve tt.:mpo, tra l'alleanza inglese e il contributo delle varie province dell 'Impero e delle corone di Spagna, le truppe ci'Emanue le Fili berto lievitarono a 40.000 fanti e 14.000 cava lieri delle varie speciél li t~, con un imponente parco d'artiglieria. Svicolando fra le forreae nemiche, l'armata imp<:riale enrrò nella Francia sellcntrionale e puntò decisamente su :'vlarienbourg. P~:r radunare tn1ppe sufficienti a proteggere la cinù minacciata, il connestabile" e Maresciallo di Francia Anne dc Monrmorency. a corto d'uomini perché tuue le for.-:c del suo Re erano in Italia, ridusse al minimo le guarnigioni circostanti. Era quanto voleva Emanuele P'iliberto, che. seguendo i propri piani, deviò su l{ocroy, si scontrò con quella guarnigione che avc,·a fallo una sonita. proseguì su Oloy, vi sostò brevemente per radu nare le truppe e si mosse vc..:rso la Piccardi a. Effertuò una puntata con rro la ciuù di Guisa. ma il suo obbieuivo era un altro: si chiamava San Quintino ed era la porta di Parigi. Mentre le sue unità si muo\ evano intorno a Guisa, la cavalleria leggera effeuua,·a ricognizioni nei pressi di San Quintino c ne riportava notizie incoraggianti. La guarnigione della cirrù era ridotta a soli 300 uomini. perché il grosso -.i era unito a l\1ontmorency. che d isponeva di 18.000 ranti e 6.000 cavalieri- si ma divisi in due aliquote, una ne ll a Champagne sotto di lui e l'altra nell'Artois al comando dell 'ammiraglio d i Coligny. Dunque i Francesi, g if1 inferiori agli Imperiali , ~: ran o divisi, lontani da San Quintino e. grazie ai movimenti fatti da Emanuele Fili berto, convinti che lui inrendesse assediare Guisa. Fu quindi una sorpresa terribile per .'vlommorc..:ncy c Coligny sapere che nel la notte dal l 0 al 2 ago~!O il DuGl di San)ia era atTi\'<HO davanti a San Quintino con 3'>.000 fanti, 12.000 Gl\'alieri c una forte artiglieria. Coligny tornò indietro di corsa c riuscì a buttarsi in città con circa 800 uomini, avvisando Montmorency e chiedendogli aiuto. li Connestabilc cominci<'> co l mandare avanti il Signor d'Anclclot con 2.000 fanti. Emanuele Filiberto lo seppe e spedì un<J forte aliqu ota eli archibugie ri spagnoli ad intercenarli. La mattina dell'8 agosro i Francesi, che avanzavano in ordine di marcia, finirono sotto il fuoco incrociato del nemico e. presi di -.orpn:sa. crollarono con forti perdite. ~aputolo. Coligny reiterò le richieste d'aiuto e fece uscire dalla cittù 800 fra donne, ,·ecclli c bambini per non sprecare vi\·eri. La "ua '>ituazione era di giorno

~ '"Con nt"~l<t hi le" era i l titolo con t lli ' l <k-'i~n:l v:t il corna nd~l l11L" t k ii\ ·,L·rl'i to .


26 in gio rno più disperata. La gua rnigiom: assommava a circa 500 uomin i validi, d isponeva di quindici cannoni e una tn.:ntina d i archibugi da muro e la resa era questione di poco. Se San Quintino crollava, la via di Parigi era apena. Per evitarlo bisognava rinforzarla; c l'unico modo era aprire b strada ai rinforzi con un mtacco, ritirandosi subito dopo per conservare intalta la massa di manovra. Montmorency aveva pochissimo tempo; e quando si decise altri 8.000 soldati - inglesi - si erano aggiunti agli assedianti ed il blocco della fortezza era ormai completo. Decise eli giocare il turro per rutto senza curarsi troppo dci rbchi. Era inferiore per uno a tre ad Emanuele Filiberto, che stava su posizioni ~olide, ma riteneva che un rapido attacco frontale g li avrebbe consentito d 'aprire ai rinforzi la su·ada della cillà. L'obienivo di Emanuele Filiberto invece non er<t tanto la presa della città, quanto la distruzione della capacità offcn~iva france~!.?. e per riu~circi doveva prendere San Quintino, bene: avrebb<.> rimandato tuno a una successiva battaglia ca mpale. Se invece l'occasione della battaglia ca mpa le risolutiva si fos~c.: presentata prima: meglio; perché San Qu intino sarebbe poi caduta da sola e pill facilmente:. Ignaro eli queste preme~se, la mauina del 10 agosto 1557 il Connestabile attaccò frontctlmente attraverso gli acqu itrini che fa Somme generav~ nelle vicina nze dell'abitato. Male organizzato e non ben sostenuto, l'attacco fu lento c d ispersivo, ma sembrò avere successo, perché d'Anclelol riuscì a far cmrare circa 500 uomini in ciuà. el frattempo Emanuele Filiberto, compiuta personalmente un ·accurata ricognizione, cominciò ad accerchiare l'intero esercito francese, cogliendolo in crisi d i movimento. Montmorc.:ncy convocò un rapido consiglio di guerra. Il nemico era più forte, la città era stata soccorsa: era im1ti le restare nella zona ed era meglio ritirar si. t'via gli Imperiali si mumevano troppo in fretta ed Emanuele Filiberto non accennava a fermarli. La cavalleria imperiale - tedesca e spagnola - era già in contano coi f rancesi e li stava disordinando, quando Montmorcncy fermò i suoi e li dispose in quadrati, accingendosi a resistere. Emanuele Filiberto fermò la cavalleria, le fece sgombrare il campo e aprì il fuoco coll'artiglieria. che fino allora non aveva impiegato. l cannoni aprirono nei quadrati nemici dei varchi sanguino~i in cui si rovesciò la Gt\·alleria imperi ale; c fu la strage. A fronte dei 1.000 imper iali caduti, rimase ro sul terreno H.')OO francesi morti e altri 7.000 feriti . MonLmorcncy, persa tutta l'a rtiglieria e il 65°/o della forza disponibile, fu ferito c catturato: e con lui il duca di ~Iontpen­ sicr e Onorato di Savoia-Tenda, lontano cugino di Emanuele Filiberro. Le stelle cadenti che rischiararono la notte di San Lorenzo furono il fuoco d'a rtificio che festeggiò quella vittoria. Era stata un a gra nel e giornata: per la prima volta in otta nt'anni gli invincibili quaclrmi d i fanti armati di p icche erano stati sfondati e distrutti. Enorme il bottino che, reso ancor pill pingue dal ri~G.tl ­ lO dci prigionieri, avrebbe fruttalo al condouiero \'incitore ben mezzo milione d i scudi ef oro.


TESTA DI rER~O f 1.1. " E \ III.I Z!f

Il te rre no della battaglia di San Q ui nti no de l 10 agosto l S57.

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La strada di Parigi era aperta, non v'era più esercito a shan·a rta e la Francia era nelle mani di Filippo li, basrava avanzare. Emanuele Filiberto lo chiese, lo implorò: non fu ascoltato. Presentò un piano strategico ad ampio respiro, che prevedeva un'azione anglo-spagnola in Piccardia e contro Parigi, spedendo al contempo un secondo esercito - fo rmato da Tedeschi e Borgognoni - a sud. a prendere Lìone e a saldare, in prospettiva , le truppe spagnole dell'Italia Settentrionale a quelle imperiali operanti in Francia. Non ci fu nulla da fare. Filippo consentì ai primi passi preparatori dell 'impresa contro Lione, ma ordinò a Emanuele Filibc1to di prendere San Quintino prima di marciare su Parigi. Insomma: non gli fece sfruttare il successo e, in prospettiva, condannò la Spagna alla decadenza ed alla sottomissio ne alla medesima Francia , che in q uell'agosto del 1557 sa rehbe bastato un nulla ad abbattere cd infcudare per sempre. Così Emanuele Filiberto proseguì per due settimane abbondanti a cannoneggiare la città, attenendone la resa il 27 agosto. l massacri ed i saccheggi che seguirono l'entrata degli Imperiali furono qualcosa di spaventoso a cui nessun comandante fu in grado d'opporsi. Poi venne l'autunno e con esso la presa d ì alcune altre piazzeforti, ma anche la fine del denaro ne lle casse spagnole c la nuova levata delle truppe da pan e dei Va lois. Ora la Francia era di nuovo un'avversaria remibile e ricca, per cui Filippo 11, rie ntrato a Bruxelles, decise di sospendere le operazioni . T Francesi le ripresero nel gennaio del 1558, assediando a sorpresa e poi conquistando Calais c Guines, in mano agli Inglesi da due secoli . Nel frattempo Emanuele Filiberto era stato n o minato governatore dci Paesi I3assi ed aveva conservato il comando delle truppe, ma non poteva m uoverle per mancanza di denaro, che Filippo II ottenne dai s uoi sudditi solo nel maggio. Le ntamente l'esercito imperiale si mise in movimento, ma Emanuele Filiberto si trovò spesso intralciato o scavalcato da ordini e manati da Filippo Il e solo nella seconda decade di luglio si poté considerare in ca mpagna a rutti gli effetti. Saputo che i Francesi de l Signor de Te rmes erano nell a zona del Passo eli Calais e in attesa eli unirsi al contingente eli Francesco di Gu isa, pianificò un'azione combinata terrestre e navale. il 13 luglio spedì il conte d'Egmont con 12.000 fanti e 3.000 cavalie ri contro Termes, che fu assalito vicino a Gravelines mentre riconduceva le sue truppe a Calais . Spinti verso la costa, i Francesi furono distrutti, secondo i piani, dall'azione comhinata delle Lruppe di terra e di una sq uadra spagnola di dieci vascelli, che li cannoneggi<'> dal mare. ''Di un 'armata di quelle proporzioni. Che era tma meraviglia'' avrebbe poi scritto Eman uele Filiberto "rimusero meno di o/l a nta persone. in gloria e lode del Signore, che lascia agli uomini lufacoltà di riunire uo1nini e cavalli, ma che poi concede la vittoria a chi Gli aggrada''v Di nuovo Filippo II vietò la marcia s u Parigi. La Spagna cm eli nuovo senza soldi, la Francia era dilaniala da lle contese fra Cattolici e PrOLestanti ed entrarnbc preferivano ev itare l'impegno di retto e tentare la via del negoziato.


TI,,\ Ili F1 HHO l. u· ' l F \ IIULif

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Per quanto interessm·a Emanuel<: Filiherto. le cose non scmhra\·ano meuer'>i bene. Prima gli furono offerti il matrimonio con Claudia di \ 'alois. figlia dodicenne del Re. e un indenniao in francia in cambio del Picmonrc, poi. essendo stata Claudia nel fratlempo promessa al Duca di Lorena. la Corte di Francia avan7.<'> la proposta di un matrimonio tra Emanuele Filiberto e la trenracinquennc Ma rgherita d i Valois, sorel la del l\e. 11 trucco era evidente. T Francesi speravano che l'ct:ì clelia futura Duchessa di Savoia fosse tamo avan/ata eia lasciare il matrimonio senza figli o. almeno. senza Jìgli maschi. In quel Ctso l'erede del Ducato '>archhc stato Giacomo di Savoia- emours. francese a tutti gli effetti, il che a\'rel>bc ponato la SaYoia a infcudarsi alla francia. La mano eli Margherita di Valois hcn presto din~nne la condicio sine qua non era possibile riavere indietro Piemonte c Savoia. Emanuele Filibeno ~i avva lse allora dell 'inllucnza che su Enrico ll avcva Monrmorency. da lui trartato benissimo quando l'a v eva p reso prigioniero nella giornata d i San Qui m ino c rimasto con lui in ottimi rapporti. Finalmente in novembre gli Spagnoli si irrigidirono da\'anti Jll'onimismo di Enrico di Valois. Pace ? L'avrebbero conclusa solo dopo b restituzione eli Cabis agli Inglesi. del Lussemhurgo al He di Spagna. del ~lonferrato al Duca di ~Ianto va, della Corsica ai Gcnm esi e del Piemonte e della Sm oia a Emanuele Filiberto. li rappresemantc francese ebbe allora ordine d'interrompere le tranmhe, ma Montmorency fece prcssion<: sul Re in tutti i modi, non ultimo concedendo a suo f'iglio il permesso di matrimonio con la nipote di Diana eli Poitiers, amante di Enrico II, a condizione cile: anch'ella si adoperasse presso il regale in namora to per la conclusione de ll ~t pace . Il 15 novembre tu tti q uegli sfor7.i raggiunsero il risultato: ·'Al·endo cousidemlo meglio la mia situazùme'' disse Enrico dopo :n·er parlato con Diana e c-on la regina. Caterina de'\kdici, "'ho deciso di rappacijìcarmi col Re Filippo co11 qualunque mez::o: perciò acconsento alla re-

stituzione di tutte le co11quiste del f.ussemhtu"Mo e del ,\fonferrato. di Corsico. Piemonte (eccetto tre. quoff ro O Cill(jlle piazzeforti) e 'f (JSCOila. l og/io CO liSe l'l'O re Cala is."'1 Non era il meglio, ma ci si avvicinava. Emanuele filiberto giocò d'astuzia e mercanteggiò con Mon rmorcncy: gli avrebbe ridotto l'importo del riscano in proporzione agli sforzi d Tctt uat·i ed ai risultati che avesse ottenu to presso Enrico a favore della Savoia. Ai prim i d'aprile del 1)')9 venne finalmente firmato il trattato di CateauCamhrésis che, a proposito dei Sa,·oia. sanciva la restituzione entro tre anni di tuno ciò che i Francesi ave\·ano occupato nei precedenti trenta. La Spagna da pane '>Ua si assicurava un rxtio di città piemontesi, come comroassicurazione finché i Francesi non avessero restituito tuno, c in pill installava una guarnigio ne d i 250 uomini a izz~1 c a Villafranca, sono la condizione del passaggio di enrrambe le città alla coron<t d i Spagna se Emanuek Filiberto non avesse avuro figi i ma seh i.


30 La pace a queste condizioni si doveva prevalentemenre a .:'\lommorency. che si vide ~1bbonarc gli ultimi )0.000 scudi di riscatto dovuti. Emanuele Filiberto era finalmente tornato in possesso elci suoi tatL ma trovanc.loli devastati da un quarantennio di guerre ed ancora occupati da guarnigioni francesi c spagnole.

ID) L'organizzazione militare dello Stato sab audo ei cinque anni che st:guirono. il Duca riorganizzò le finanze, ortennt: lo sgombero di buona parte delle fortezze cadute in mano ~traniera e riordinò, anzi, ricreò le forze militari. L'obicrrivo che si poneva era "traflener la pace et schil'ar la f!.uerra:·Vll Il problema principale c.Ia risolvere era la posizione meeliana de l Piemonte e della Savoia tra Spagna e Francia. Ogni volta che una delle cl u<.: av<.:sse attaccato l'altra, il Piemonte ne avrebbe fatto le ~pese. Ora, se era vero che Emanude Filibeno era apertamente impa rentato e segretamente all eato sia con l 'una che coll'altra. era pure vero che non si fidava di nessuna delle due. Poiché non si potc,·a pensare neanche lontanamente a un impiego offcnsi\·o delle truppe sabaude. per la loro inefficienza c per lo scar~o numero, era meglio arrestarsi in difesa anziché pensare a un artacco; e l'unica ~celta possibile era, 'isti i contrastanti e segreti tr:urati d'alleanza conclusi con i Valois e gli Asburgo di ,\1adrid. reggere contro l'allcaro aggressore finché l'a ltro allea to non fosse venuto in soccorso. Esisteva poi un al tro problema gravissimo ed era b divisione del l'a ristocrazia sabaucla nelle fazioni fi lospagnola c filofrancese. In un periodo in cui la posizione .sociale cd il prestigio derivavano dall'importanza de l sovrano che si ser,·iva, cio(· dall'importanza dell 'apparato politico militare dll' si <l\C\'a alle spalle ed al quale ci si poteva appoggiare, non esiste\'a nobile che non vedesse la convenienza dell'adesione alle Ca~e di \'alois o d'Asburgo. ella peggiore delle ipotesi se ne ricavava una totale sah·aguardia nei confronti del proprio sowano; nella migliore si guadagnavano onori, prcbencle. pensioni, comandi militari, governatorati cd influenza politica. TI caso eli Mercu rino Arborio el i Gattinara era esemplare: eia semplice giu reconsu lto piem o ntese era divenuto il temuto e rispcrw to consigliere dell 'Impera to re Ca rlo V e d avanti a lu i cd alla sua influenza tulti ln:.:mavano. Se c'era riuscito lui, perché no n altri ? l n queste cond izioni. la nobiltù europea dei territori dominati più o meno direttamente, o inHuenzati, dai Valois o dagli Asburgo si schierava a sostegno dell 'uno o dell'altro sovrano. infoltendo le file delle fazioni francese e tedesca che, specie in Italia, aHehbero dominato la scena politica fino praticamente al X IX secolo avanzato. Per Emanuele Filiberto il problema era grave per molti morivi. In primo luogo doveva stare attento a come si muoveva nei confront i elci .suoi vassalli, perché avrebbero sempre potuto cerca re di disobbedirgli ap pellandosi al sovrano


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del quale ::.i proclamavano sostenitori. In secondo lt1ogo occorreva evitare d 'appoggiarsi troppo a una fazione contro l'alrra. proprio per non fornire a chicchessia il pretesto di domandare aiuto all'esterno cormo la Casa ducale. lnfìne b isognava ricordarsi che in !'>imili condizioni non ci si poteva imregnare in una guerra senza rischiare il trad imento, attivo o passivo, eli parte della nobiltà. L'un ica via per consolidare il do minio consisteva nel parificare il rango e la potcnZ<l dei Savoia a quelli ddk Case principa li. Era dunque necessario au mentan: forze e prestigio della Casa regnante, però mantenendola equidistante dalle due corone d i Francia e d i Spagna, senza offri re a nessuna delle due pretesti d'intcJYCnto a n1tela dei propri sostenitori c dci propri interessi. perché, !->C c quando la ::.ituazione si fo:,!'>e sbilanciata. sarebbe srara ine\·itahile la guerra c con essa la rovina dello Stato. Poiché una guerra prima o poi ci sarebbe sicuramente stata . per preveni rne c lirnitarne i danni adesso si doveva creare dal nulla nella nobi ltà un senso di dedizione alla Casa duca le. Si trattava eli far nascere un cmbrionc d i coscienza nazionale, intendendo però con qu<.:sto termine non l'identificazione del singolo col territorio o la cultura del Piemonte c d 'Italia , ma colla soggezione al dominio sabaudo, al di qua cci al di là delle Alpi. Come ac cadeva in tutti gli Stati clcll 'cpoca - e come sarebbe continuato ad accadere fino al secolo XlX - il ~ingoio !'>i riconosceva suddito di un sovrano. non cinadino o parte integrante di uno Staro identificato conH..' l'in'>icmc dei panecipi a una stessa lingua, religione c cultura. Se poi lo Stato. come la Francia. la Spagna, o Venezia, aveva anche delle caratteristiche di omogeneità culturale e linguistica tali cb rendere p iù compatto l'insieme dei suoi abitanti, fornendo loro un carattere eli mutuo riconoscimento in più, tanto mcglio. Per il momento negli Srari sabaudi non era così c non lo sarebbe stato per altri centoci nquant'anni. Solo Vittorio Amedeo lJ sarebbe riuscito a creare, almeno nella nobiltà , l'unitarictà d'intenti e di dedizione al la Casa di SaYo ia che era necessaria a resistere con succc~so alle bufere della politica internazionale. 0~1 . im <.:cc, nel 1560, la !->ituazione era ,·iziata nella sostanza in modo tale da far disperare di un qua lunque risultato. Ton potendosi fidare del materiale umano a sua disposizione, essendo conscio della clcholezza intrinseca del Ducaw, dell'inafficlabilitù dell 'a ristocrazia, della pericolosità della Francia c clelia sca rsa affidabi lità della Spagna, :1 Emanuele f ilib<.:no appa riva chiara l'imposs ibilità d i un 'espansio ne territo riak con la forza delle armi. Dunque difesa: e la difesa doveva essere sia passiva che attiva, doveva cioè a11icolarsi tanto sulle fonezzc quanto sull'esercito di campagna. Emanuele Filiberto aveva assegnato un preciso obbiettivo politico alla Dinastia : l'espansione in Italia. seguendo la linea intrapresa già dai suo avi. Perciò concluse che, se quello era il fine primario. proprio il ,·ersante italiano bisognava proteggere. D el rc:,to la Savoia . la Bresse. Gcx cd il Bugey erano inclifcnclibili contro un attacco proveniente da ovest, m entre potevano costituire la ba:,c d 'a rrocca mento e di partenza d\111 contrattacco contro una min;1ccia proveni<.:nte eia est. Restava il problc!lla d i quanto valesse la pcna di ridursi sulle aspr<.:


32 monragne delb Suvoia in caso d 'a nan:o da oriente. L'esperienza dimo::.trava che era meglio difendersi il più a lungo possibile nella pianura per sfruttarne k risorse. !)'altro canro, a parte il farro che le limitate possibilità finanziarie del Ducaro non comenrivano di difendere tutto, la soluzione migliore sembrava quella misra all 'epoca più in uso, organizzando cio(· un sistema fonificato di pianura al quale ~i rotc!'o~l' appoggiare l'esercito di camragna. Il problema era lo stesso in montagna. Scrisse infatti il Duca che per gli Stati sabaudi "il nettar/i dei j(Jrestieri era la sicurezz a loro. J)erché muro sieuro sono

le Alpi: cl'im•er11o non si posso11o passare con eserciti. d 'estate t'enendo.forti e in gmn numero. 1t0n trouano da mangiare perché il grw1o si riduce Ile/le piazzeforli e ilforag_~io si ahhmcia: se deboli Sti/Wll/0 sempre ht~ttuti . Così tenendo il circuito delle Alpi. resta sicuro il paese."' 111 D i conscgucn%a bisognava assicurare il controllo del transito dci va lichi alpini con presidi i l'issi. La soluzione era assai semplice. l 1na l'L'te di fortezze doveva circondare il cuore dello Staro -Torino - controllando e sbarrando le v ie eli facilitazione che vi acccdc\'ano e al temro stc::.::.o offrendo un saldo appoggio alle manoHe dell'esercito di ramragna. La struttura fortificala era antica e diffusa. Ogni citt:ì ed ogni paese clisroneva di qualche opera difcn'iiva. Rcsta\'a da veck:re quale uso '>l' ne potesse fare. Le alte mura verticali medievali offrivano alle ;.Htiglicrie del tardo Cinquecento un bersaglio troppo visibile c debole ecl era necessario costruire delle fortezze secondo quella che sarebbe stata poi ribanezzata "la traccia italiana". Seguendo lo schema inaugurato a Civitavecchia da Sangallo per conto del Papa , forse sulla scia di un rrogerto michelangiolesco. e sempre da Sangallo sviluppato più compiutamente :td Anzio ed O~tia. k mura dovevano abbassarsi c divenire oblique, scendendo verso l'esterno, per offrire minor visihiliet agli artiglieri assedianti. offrire maggior resistenza e de,·iarc i colpi in arrivo. Profondo conoscitore dell'arte della guerra, elci progrcs!:>i dell 'artiglieria, dell'importanza delle fortificazioni e del va lore degli architetti militari , Emanuele Filiberto ~i assicurò i setYigi eli uno dei migliori. se non del migliore dell'epoca. il conte marchigiano Francesco Paciotti di Urbino. A lui commissionò la moclernizzazionc eli Monlmélian e la costJuzione del le fortezze di 13ourg en Rrcsse. dell'Annunziata a Rumilly, di izza, Villafranca, Mondovì, Vercelli e di Torino. facendo eli quc::.t'u ltima un capolavoro che solo una volta, nel 1799, sarel>bc swto espugnato. Alle fortezze si dove,·ano appoggiare le forze di rcrra e - a Villafranca e N izza -quelle di mare. Non è questa la sede per occuparsi a fondo dell'organizzazione militare sabaucla del rardo }.'VI secolo, ma sarà utile farvi almeno qualche accenno, vbto che da essa si sarebbero evoluti prima l'eserci to duca le. poi le lkgie Trupre Sarde ed infine il Regio Esercito Italiano. Emanuele Fili l>erro aveva trascorso tutta la sua vita militare nella 111aggiorc c migliore forza armata della sua epoca: l'cserciro imrerialc: c ad esso si isptrò.


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"J'r,l \ Ili F1 RRO [ l.f ' l l \111.1/IE

Per la \'erità le istituzioni imperiali. specie sono il profilo organizzati,·o. più che imperiali, cioè germaniche. erano spagnole c non ci :-i de,·e stupire se in Piemonte apparvero grazie acl Emanuele filiberto alcune entità dalle caraneristichc e dal nome prellameme :.pagnoli come la Veedoria c la Cnntadoria generali c la Tesoreria di Milizia, preposte a ~l'am ministraz i one L'd ~di'erogazi one, maneggio e controllo dell a spesa. L'ufficio di Contadore Gcm:rak venne istitu ito il l 0 maggio 1560. con una parente ducale. Il medesimo giorno venne nominato ~1nche un Tesoriere C1enerale di Milizia. La Contadoria. affidata inizialmente allo spagnolo Diego Hortiz dc.: Pros. doveva far ~ì che la truppa ducale fo~:.e ·presta et apparecchiata a ogni bisogno cb<! soprat•t·enisse."'1' Dunque quanro 'olr1..' all'anno avrebbe cffertumo le mostre e le rassegne. cioè' awebbe controllato la forza presente dci reparti riscontrandola con quella effettiva prevista ed ~" rehhe esaminato le dota zion i di arm i ed equipaggiamenti. In seguito ai controlli , avrebbe ordinato il pagamento delle somme dovute.: ai reparti, o megl io, secondo l'uso dell 'epoca, ai capitani comandanti le compagnie di famc.:ria o eli cava lleria, eli campagna o prcsidiarie, affidando la materiale gestione della cassa al Tesoriere eli Milizia. Il primo tesoriere di milizia fu Alessio Loranzé dei .:;ignori eli Parella. A lui spetta vano "li pagamenti del/i presidi che hahbiamo in l/alia. el delle altre genti di

militia delle ordinanz e nostre. et medemcllneJJ/e li pagamenti de le fortificazionrx. mentre al pagamento dell'organizzazione militare preseme in Savoia anehhe pensato il locale Commissario Cenerale di Guerra, anch'egli dipendente dalla Contacloria c Veedoria Generale. Sist·emala l'organizzazioni..' logistica, Emanuele Filihcno passc'> a quella operativa, stabilita coll.eclitto eli Vercelli del 28 d icembre 1')60, con cui delineava la .strurtura mili tare dividendola in Fanteria presidiaria cd in Mi lizia. La Fanrcri;t prcsidiaria, formata da soldati di mc::.tiere, doveva difendere le fortezze fornendo le guarnigioni e conta,·a 3.000 uomiJ1i circa, HOO dci quali erano ,·eterani. Se, in cao.;o eli guerra, la pre::.idiaria fo:.sc risulrata insutTicicnte. il Duca si sarebbe a\'Val:m subito dci capitani '" t rattenuti... cioè degli ufficiali mantenuti al suo servizio a paga piena, i quali .s'impegnavano, dietro la <'orresponsione di uno stipendio annuo, a fornirgli in tempi brevissimi ognuno i soldati di una compagn ia. La Milizia invece era paesan~t. cioè doveva essere forn ita da lle parrocchie o dai comuni cd a lo ro .spese, :.tl lllcno in tempo di pace, in proporzione al numero degli abili. L'iscrizione c::ra ulficialmente volontaria c, per attrarre i volontari, 1\'dilto di Vercelli rendeva la condizione elci militari più prestigiosa. concedendo parecchi privilegi. quali l'esenzione dall'arresto per debiti. dal pagamento dei pedaggi e dalla tortura e l:t facoltà di an.'rc armi. Riguardo a queste ultime. costosissime e dunque alla portata di pochi. specie in territori impoYeriti da mezzo ~ecolo di guerre, Emanuele Filiberto aveva stabilito che ·' ... a quelli cbe 11 0 11 ne acmlllzo gli faremo proccedere noi. co11 te111po di paga rle in du<! a nn i. et che 11011 uogliano rnancare perché tale è la m e 11/e nostm ... X 1


3i Frano interessati alla le,·a i ~udditi fra i 18 ed i 50 anni di età, scelti fra i più atti all'arte militare, che " . . . seronl tenus s'armer el metlre en l'ore/re el eq11ipage qui le11r sera dec!arè par leurs superieur~--·Xll c che veniva no posti .sotto la protezione diretta del Sovrano. l risultati sup erarono le a~retta tive, facendo raggiungere all'esercito ducale la forza nomina le eli 17.000 uomini, invece dei 22.000 fissati, a causa della gran quantità eli ,·olontari che si presenrò. l\"d 1562 i militari 'cnnero inquadrati in 12 Reggimenti Provinciali, o "COlonnel li '', formati da (> compagnie, composte eia "100 tra picchieri , alaba rdieri e archibugieri , articolare 'iLI 4 centurie, ognuna el i ' l squacln.:. Le squadre si c~erci­ tavano ogni Domenica; le centu rie ogni due scuimane. le compagnie ogni mese, i colonnel li le Quattro TemporaC> e tul ta Ja milizia due volte all'anno: a Pentecoste c per San Maueo. La Can1lleria. anch'c.;;sa di milizia, allineava '"'00 uomini. Dapprima fu ;111icolata in 13 compagnie di cavalleggeri c, poi , in "* Corpi eli Cavalleria di li nea (uno eli archibugieri, due di gendarmi cd uno di ca, ·a llcggeri), che dovevano sen ire a turni di due mesi atranno. L'addestramento, l"organiuazione dei rep a11i e il r:.~ppot1o tra k varie com poncnti - picchieri cd archibugieri soprattutto - vennero definiti\'amente codificati nel 1566. quando il capitano piacenrino Giontnni Antonio Lc,·o scris~e. per ordine di Emanuele Filiberto. e pubblicò il ··Di scorso dell'ordine e t modo di armare, comparrirc et excrcitare la Milizia del Serenissimo Duca di Savoia." lo sforzo organizz:nivo fu insomma notevole. ma i rbultati non furono proporzionati. Per rutto l'arco del regno di Emanuele Filiberto le truppe .sabaudc non sembrarono essere gran cosa. E non miglior:uono molro neanche sotto Carlo Emanuele L almeno non fino a lla fine del primo decennio del Seicento. L<t maggior rilcvanza data da Emanuele Filibeno all' Italia si specchiò nella ripartizione delle cariche. Già ne l 1561 i Savoimd i si larm:ntavano che non erano ··adopemli dal sig11or duca. aue11do quello impedito lulfe le sedie di Piemolltesi.":-..111 Il loro declino er:t p erò dovuto non tanto :t lle scelte di politica generale, quanto alla loro scarsa presenza in rcr111ini di tempo e di numero alla corre sahauda. Lo spostamento della capitale da Chambéty a Torino implica\'a foni spese di permanenza e di raprresentanza cht: poche f<.t mig lie savoiarde potevano permettersi. I Lulli no o i Seysscl c.l'Aix erano in grado di sostenerle, la maggior pane degli altri no. E poiché gli assenti non contano, non :-.ono ricordati. né si vedono attribu ire cariche, il num<:ro dei n obili savoiardi fra le alte c<1riche del Ducato crollò e conobbe una lie,·c rcsipisc<:nza solo dopo la morte di Emanuele Filiberto. 1' Quatlro wrk· di lrt' ~-tiorni di dignmo <.'d ~hl in~·n;.t. isti!lltl(.' d.tlla C:hll'"l ;ti prinupio ddk· quauro 'L.tgioni ddl'anno e h"<lle da Cirq~orio \l.agno al tnt.'r~ol<.'dt. ,·.-n~·rdì e ~ah.uo :mtee<:tl(.'nlt la 2• dnmt·nac:t di Qu.tre-anu. b l d a l'emcco'l<'. l.t Y di 'l'l!embre e la l d 'A"·ento.


Ti ,H m F~RR<> 1 11 ' l r \tliJZir

IV) La Marina La Marina ru una quc~tionc a parte. E' degno di now il fatto che, pur disponendo di un litorale ridotto. Emanuele Filiberto ahl>ia pensato non solo all a difesa passiva, fortificando N i:t.%a <.: Vi llafranca. specie in f'unzionc antimussu lma na , ma a quella alliva, crc:anclo una squadra navale. E' vero che nel luglio dei'SH aveva dimostrato di sapcrsi scrvirc dell o strumento navale, almcno contro un obiettivo terrestre. ma qui ~i trattava di qu:1lco~a di un po· diverso. '\Jclk sue intenzioni la S:n·oia '>i dm·e\'a dotare di una 'era flotta . Per questo a partire dal 1560 la marina ducak. agli ordini di Andrea Provana di Leynì. cominciò a allineare le sue prime galere. !'>ia costruendole. sia , '>Ccondo una prassi dell'epoca, sopra,·vissuta in Europa fino a rutto il Seicemo, nolcggianclolc. Prima fu la Capitana. come si chiamava in tutte le marine la nave ammiraglia, anche se la marina si limitava solo a quella. Poi venne la .11cn;qberito, lxmezzata così in onore della duchessa e costruita a Villafranca come l'a ltra. Presto seguì la terz.ct. la Pielllontesa, noleggiat<t dagli Spinola di Genova. poi la More/la, dal nome del suo proprietario, il corsaro calabrese Giovanni 1\lon: tto. 'Jel 1561 entrò in squadra la JJelfina. seguita nel '(>2 dalla Saint-Pierre. In assoluto la .\larina era piccola: ma in termini relati\ i reggeva il confronto con tutte le altre. In ,\Jediterranco le squadre - o stuoli - delle Galere di tutti gli Stati di solito non supera,·ano le cinque unità. Era la forza delle squadre elci re gni asburgici di • apoli , Sicilia e .Sardegna; dello ~ruolo delle galere della Repubblica di Genova, della squadra pontificia. di qudla roscana. Venezia swssa, pur avendo moltissimc galere, manleneva a quello sresso live llo numerico sia la Guard ia in Cand ia , sia la G uardi ~1 in Golfo, cioè le squadre permanenti stanziate a Creta per controllare il Lev:lntc cd a Corfù , a guardia dell'ingresso in Adriatico. Ben presto però ci si re~c conto che le dimensioni della ~quadra erano eccessh-c per le risorse del Ducato. Ogni galera costava 1.000 scudi per la cosrru zione. altri 1.000 scudi all 'anno per il mantenimento e non rendeva in proporzione. neanche a scn·irsene, come t~lce,·ano molri Stati ed enti dell'epoca, inclusi i Cavalieri eli Malta c quel l i di Santo Stefano. nella guerra di corsa contro gli Infedeli. Di conseguenza la squadra. impiegara una prima ,·olta nel l )6) nella flotta cristiana che soccorsl..' Malta assediata dai Turchi, \en ne progressivamente ridorta a tre un ità, for~a con la quale partecip<'> alla battaglia di Lepant o nel l S7 1. Lepanto segnò un drastico ridimensionamento delle velleità navali sahaucle. Delle tre galere, una - la Jtm:qberi!Ci - ,·enne bruciata a Corfù e so~tiruita con un'altra galera sottile. ottc.:nuta a Corfù in cambio eli una galera turca catturata . Le altre due erano così danneggiate che una volta a \ 'illafranca furono mandate subito ai lan>ri. La spedizione era costata 20.000 ducati l'd urgeva una riorgani7.7.~17.ione della Marina. Le gakre ripresero il mare ~olo nel 1573. non tanto per una questione di danni ~ul>iti, quanto perché si dm·e,·a decidere come armarle c come pagarle.


36 Emanuele filiberto decise dì fondere e spo~tare sul mare i due ordini cavalleresco-monastici sabaudì: quello di San Maurilio e quello dì San Lazzaro, risalenti l'uno al 1434, l'a ltro al 1154. affidando loro il mantenimento e l'impiego delle forze navali ducali. 1 di'autunno del l '572 il papa concesse la fusione. L'Ordine dei Santi J v1aurizio c Lazzaro ebbe Emanuele Filiberto stesso come Gran Maestro, fu dotato elci beni dei due ordini c s'impegnò a usarli per mantenere in arti,·itù due galere.

V) Una scuola o P ,tretaggio di famiglia? !.epanto fu l'ultimo fatto d'armi che coinvolse le forze sahaude sotto Emanuele Filiberto. Il Duca morì alla fine d 'agosto del 15HO e lasci<'> al figlio Carlo Emanuele il Ducato c un esempio militare di prima grandezza. A San Quintino Emanuele Filibetto aveva pianificato lo scon tro, lo aveva eliretto e l'aveva com lxlltuto stando in prima linea. pattecipando alla mischia. San Quintino fu la ptima battaglia tutta comandata da lui c sarebbe stata pure l'ultima. O!lìma per pianificazione ed esecuzione, sarebbe rimasta un classico della manovra a tenaglia. Dal nostro punto dì ,·ista è tecnicamente importante non solo per questo, ma pure per l'impiego agi le c intenso dell'anìglieria da campagna. In un periodo in cui per le cara ueristiche dei cannon i - pesantezza, ingombro c scarsa mobilità degli affusti, rìcloua gittata e lenta cadenza eli tiro dei pcZLi l'Artiglieria ven iva impiegata farraginosamcnte, Emanuele Fil iberto la adoperò con un'ab ili tà tallìca ed un 'aderenza al terreno qua li solo o ltre un secolo dopo si sarebbero cominciate a vedere. E' di ffìcìlc dire se questo suo impiego dell'artiglieria, in ottima coesione colle altre due ann i , abbia fatto scuola trovando molti imìtat'o ri in Europa. Possiam o però affe rmare che tra i suoi discendenti - in Casa Savoia - l'agile e coordinata ranica di San Quintino sembrerebbe essere stata tramand:.na di padre in figlio per alrneno quattro generazioni. 11 figlio cd erede dì Emanuele Filiberto. Carlo Emanuele I , la adottò- o almeno mano\'t'Ò le tre anni con altrcttanra scioltezza c simhìosi tauìca - nell'arco del le campagne italiane della C uerra dc i Trem 'Anni. Se non possiamo con certezza dire che il suo primogenito - Vittorio Amedeo l - abbia fano lo stesso. siamo in gr;~do di affermare che invece il seconclogenito - il Principe Tommaso, iniziatore ciel ramo dì Carignano - abbia ma novrato in modo assai simile a qud lo del nonno c del padre. al fianco del quale mosse i primi passi in guerra. tra il 1614 cd il 1628. anno in cui Carlo Emanuele I morì. Non sappiamo se e quali insegnamenti patern i abbiano ricevuto Carlo Emanuele IL per il ramo principale, c Maurizio dì Savoia-Carignano, primo t'Onte di Savoia-Soissons. per il ramo cadetto. Poco o nulla il primo. almeno CJuamo a ins<,>gna menti diretti, perché suo padre Vittorio Amedeo l morì quando lui era


37 ancora piccolo. Forse di più il secondo. Maurizio, ma non ~iamo in grado di verificarlo, perché se Carlo Emanuele Il non guidò mai le truppe in campo, neppure Maurizio, al servizio di Luigi XIV, ebbe mai la condotta autonoma di una campagna di guerra, limitandosi a comandi in suhordine. E poiché non sembra che i figli natura li di Carlo Emanuele I, in particolare don Gabriele di Savoia , abbiano dimostrato abi lità pari a quella del fXIclre e del nonno. si potrebbe affermare che a mctù del secolo }.'VII lo stile di famiglia si fosse perso, esaurito. Invece, inaspertaramentc, la generazione successiva sembrò ripresemare !"abilità d'Emanuele filiberto. l Savoia della generazione nata intorno al 1660 - \'iLtorio Amedeo Il per il ramo principale e quella stella di prima grandezza fra i generali di ogni tempo che fu il Principe Eugenio di S;.~voia-Cacignano, ultrogenito di Maurizio - si rivelarono dotati di notevoli capacità militari. Tn Viuorio Amedeo apparvero me no, sia perché agì sempre in teatri di minor clamore, anche se strategicamcnt<.: fondamentali, sia perché - salvo la parentesi 1702-170'5 - ebbe a fianco il cugino Eugenio. Eugenio - e lo , ·edremo nella parte a lui relativa - fu senza dubbio il miglior generale del suo tempo. Ottimo tattico e ottimo stratega, imparò a combattere nelle file dell 'esercito imperiale impegnato contro i Turchi. Ebbe maestri che si erano fatti le ossa sotto Momecuccoli e fu panecipe d'una tradizione che risaliva alla Guerra dci Trenr'Anni - dunque a Gu:.tavo Adolfo tra i nemici, a Wallenstein fra gli amici - e la sua tattica. decisamente agile, svelò alcune caratteristiche insolite fin dalla p ri m:1 battaglia che combatté c vinse tutta da solo: Zenta. A 7.enra l'an iglieria f'u us<~ta da Eugenio a distam:a ravv icinata e in simbiosi colla fanteria. Per l'impiego dell'artiglieria, per il modo in cui i pezzi furono manoHati c adoperati, Zcnta ricorda molto San Quintino. ln entrambi i casi il Savoia - per caso in tutt'<:~ due le battaglie alla te:.ta degli Imperiali -assale con un moùmento a tenaglia un nemico che si sta ritirando - che è praticamente in fuga - attraverso un corso d'acqua: in entrambi i casi il nemico, ingaggiato da un'Arma, ,·iene indebolito dal fuoco nn vicinatissimo e distrunivo dell'Artiglieria , prima di essere ann ientato dall'assalto definitivo. Da chi imparò Eugenio lo s:tppiamo. Suoi maestri furono Carlo di Lorena, il margravio Luigi di Haden c. in misura rninore. l'elettore Massimiliano Ema nuele di I3aviera. li Margravio era suo cugino perché figlio di sua zia, sorella d i Maurizio di Soissons; l'elettore invece, figlio di una sorella di Carlo Emanuele II, era cugino di Vittorio Amedeo TI. Quanta parte ebbero le :.torie di famiglia nella formazione militare eli nmi loro imece non lo sappiamo. Prohabilmente, sicuramente. poca, specie considerando che militavano in un e:-.ercito che, dopo il tempo di Emanuele Filiberto, ~i era scontrato con Gu"itavo Adolfo e Turenna cd era stato guidato e modificmo da Wallcnstc in e MonLecuccoli. ma ce1to San Qu inLino era stata una tale svolta nell'arte militare. che qualcosa , anche se indi rett amente, passò da Ema-


38 nuelc Filiberto ai suoi discendenri lontani aura,·erso le sue tattiche, adonate e affinate dai '>Uoi successori :~lb testa dell 'armata dell'Impero. L'ultimo crede de lla tradizione filiberriana sarebbe stato il scconc.logenito c successore di \ 'ittorio Amedeo II, Carlo Emanuele III. il quale, pur attcnendo'>i ai canoni di straregia generale, sia politica che milirare, che Emanuele Filiberto aveva enunciato per lo Stato sabaudo. li avrebbe rersegu ili con una tattica militare diversa da quella dell'avo e dello zio Eugenio. come dimostrano le battaglie da lui <:ombattl.ltL'. Insomma , gli insegnament i militari eli Emanuele Filiberto g li sopravvissero di due generazioni soltanto, ma quelli strategici c rolitici ebbero rortata maggiore, durarono pi(J a lungo e condussero p rima all'l'lc\'azione del Ducato a RL·gno e, infine, all 'unificazione eli Luna l'Italia solto lo sceuro della Dinastia.


CAPITOLO D Carlo Emanuele I e i suoi figli

I) I primi vent'anni di regno Carlo Emanuele l era naro il 12 gennaio l '>62. Salito al trono a soli IH anni, vol le p rosegu ire la politi ca paterna d'espansione de ll o Srato. Basso, rarch iato, pallidino, dalle spa lle cw-vc, ma abilissimo genera le c astuto negoziatore, Carlo Emanuele mancava pere'> della c~tpacità eli organizzare disegni politici va~ri c a lunga scadenza c . sopraruno, er~t un uomo più d'azione che di pianificazione, ragion per cui fu uno dci Sa,·oi<t più deleteri alle fortune della sua Casa e alla pace d'Italia. Il problema più immediato che si tro,·ù a clon~r affromare fu O\Tiamente quello elci rapporti con la sua nobiltà. Emanuele l'ilibcrto ave,·a mantenuto un'a llenta equidistanza dalle du(: fazioni - filofrancese c filospagnola - giun gcndo ad affidare il figlio dicio ucnnc alla tute la di Filippo di Savoia, conte eli Raccon ig i e capo della fazione francofila. c di Andrea Pro vana, massimo sostenitore dell 'intesa con la Spagna e capo dei filospagnoli del Ducato. ei primi anni del suo regno. Carlo Emanuele scmhr<'> appoggiarsi molto più allo zio Filippo che al grande ammiraglio, anche se la propensione per b Francia , 'ista con occhio di-,inc:lntato dal trascorrere dei '><x-oli. potrebbe an: rc una sriegazionc molto più valida sono il profilo politico di quella della pura c semrlice simpatia per un pan: me. Emanuele filiberto aveva lasciato al figlio una linea politica molto chiara, consistente nell'ampliamento del Ducato. Lo si poreva fare solo andando all'urto con la Sragna o con la l' rancia. La prima cm all 'a pice de lla propria potenza c no n poteva essere assali ta o indebolita in alcun modo; la seconda era un hersaglio meno difficile da colpire, perché era lacerata dalle guerre tra Cattolici e l 'gonoui. Carlo Emanuele decise di allargare i propri pos.-,cdimcnti cl'olrralpe. riprcn dcndo i feudi resisi autonomi e, magari. cstcnclenclosi in quello che un tempo era Mato il Ducato eli Borgogna. Due erano i modi possibili d'intervenire. Il rrimo consiste\·a nell 'attacco a fondo. duro e deciso. da nemico, che però avrebbe provocato una reazione comp:ttta ed altrettanto dura. forse da parte d i tutti i Francesi , indipendentemente dal loro credo religioso. Ma sc in vece eli compa ri-


40 re da nemico, Carlo Emanuele, con la garanzia di affidabilità datagli dalla fazione filofrancese della sua corte, si fosse presentato sulla scena come un fedele alleato del Hc eli Francia, intenzionato solo a riportare la pace nei clominii italiani, alpini e borgognoni della Casa di Valois, conser-•andoglieli c presidiandoglieli in attesa di tempi migliori, esercitandovi intanto la giustizia cd il prelievo fiscale in notlle del Re di Fr<tncia, la resistenza sarebbe stata minima o nulla. comunque molto più facile da superare, e si sarebbe potuto contare sull'appoggio di fazioni locali c sulle loro forze. Beninteso: è solo un 'ipotes i, ma i fatti sembrano confermarla, perché Carlo Emanuele non '>i presentò ~di'inizio dd '>UO regno altro che come il pacicrc dei territori francesi in nome e per conto del Re di Francia. Natu ral mente la questio ne non era esatwmente nei termini dichiarati da l Duca: tutt'altro. Il problema dcì Savoia consistC\'a nel proseguire la politica di Emanuele Filibeno, cominciando coll'acquisire ten·itori rer rendere comrauo c difendibile il confine del Ducato su entrambi i versant i della Alpi. Tn Piemonte due erano le cause del frastagliamento confinario: il Monferrato c Saluzzo. Il !\lonferrato dipcncle,·a dal Ducaro di 1\lanrm·a. cioè dai Gonzaga, ma era relativamente poco pericoloso. Il pericolo maggiore veniva dal Marchesato di Sa luzzo. che ~i era riconosciuto vassallo della l'rancia. Era un rroblcma strategico non irrilevante. sia perché il Marchesato comprendeva le va lli Maira, Varaita e Stura, cioè le tre migliori .strade per passare dal De lfinato in Piemonte, sia l'unico passaggio del Po a monte di Torino, sia. infine, la ciuadina di Carmagnola, che da Torino dista,·a un tiro di schioppo. Saluzzo indirendente significava Saluzzo francese, cioè avere i Francesi a un passo d;1 Torino. Per questo già nel l 581. a un anno dalla sua ascesa al trono c nel periodo di massimo accordo colla fa7ione filofranccsc di Torino, con un colro di mano Carlo Emanuele occup<'> il Marchesato. Purtroppo, vista la min:tcciosa reazione dd re Enrico m eli Fr~tncia. istigato dagli Stati ita liani timorosi clelia potenza sabauda, lo dové abbandonare. Nel 15H2 fece un tentativo contro Gi nevra, antico possedimento eli Casa Savoia, ora autonoma per motivi religiosi . \'i.sto che là era la culla del Calvinismo. Don Amedeo di Sa\ oia, frardlo naturale di Carlo Em:tnuele, marciò sulla citt;l con un buon contingente eli truppe per sorpn.:nderla, ma fallì l'obiettivo c si limitò a scorrc·re le campagne. Poi le operazioni rallentarono e subirono alti c ba:,.si. Queste lxmutc d 'a rresto subite a S:t luzzo e a Ginevra giocarono sicuramente un ruolo non indifferente nel matrimonio di Ca rlo Emanuele con Caterina d'Asburgo, tìglia eli Filippo Il di Spagna. el 15H 1 alla eone sragnola ~i riteneva ancora che il Duca di Savoia fosse comrletamc nte " illcli11alo a Francia per ri.\fJeflo della madre cbe jìt frctiiCese. per l'educaz ione e per i ministri che ha intonw ... m· Ma le cose a Torino erano già cambiate. Il deludente risultato avuto a Saluzzo c il mancato successo di G inevra dirnostrav:111o come la potenza fran-


-il

C:..rlo Emanuele l Duca di ~an>ia e re di Cipro l' G{·rusalemme.


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C\J' IT\"- 1 Ili

C'" ~ ·\\01.\

ct:se fo<>~e un osso troppo duro per le forze dt:lla sola Savoia. Del rc~to la Francia era da un secolo il primo c più urgente ostacolo da affrontare. mentre la Spagna a,·e\·a sempre dimostrato una minort: pericolosità. almeno per quanto auencva agli interessi s~1 haucli. Le1 cosa migl iore era allora quella di appoggiarsi alla Spagna con tro la Francia - il che oltretulto rientr;n·a nella politica eli Emanuele Filibcno - per garantirsi le spalle nella Pianura Padana, un consisterne appoggio diplomatico c militar<: e, di conseguenza, maggiori possibilità d i successo conrro la Francia c Gine\ ra. Carlo Emanude si guardò dal compiere ::.celle troppo drastiche cd affrcnate. Il cambiamento di rotta avvenne lentamente, nell'arco di due anni, procedendo parallelamente alle traltati,·c matrimoniali e di,·encndo definitivo ~olo quando esse furono concluse. Non generò urti, né rancori insanabil i fra il Duca e b fa zione filofrancesc, anzi. fu condotto con tak dolcezza c consumaLa abilitù, da consentire agli -;confini di mantenere alcune posizioni da cui riprendere il gioco pol itico se e quando se ne fosse vista la possibilità. Insomma: la sce lta di politica t:'>lera non prt:giudicò né intaccc) la -;aldezn della compagine interna e consentì di mantenere una certa comrx11tezza. per cui tutti gli aristocratici continua rono a riconoscers i in primo luogo soggetti al Duca c solo in un secondo tempo sostenitori degli Asburgo o dei Valoi!'>. Coll'appoggio spagnolo ripresero vigore le operazioni contro G inevra; c sarebbero anche riuscite se Carlo Emanuele non avesse intravisto. o creduto cl'inrra\'ederc, una possibilità d'espansione in Prm·enza appoggiandovi la fnione callolica contro i Protestanti . Armato un secondo esercito nel maggio del 1'588 c confidatone iJ comando a Francesco Martinengo c Andrea Provana di Leynì , li fece marciare contro Saluzzo e oltralpe contro gli Lgonotti del Duca d 'Epcrnon, a sollievo dci Cattolici del Signor de Vins e della contessa d i Saulx. ma a detrimento sicuro dell'impresel di Ginevra. Il 1\ larchesato fu preso tuuo nel giro eli due mesi c le operazioni in Francia andarono così bene che numerose ambasciate com inciarono a venire a Torino: da M~1 rsig l ia. dalla Proven7a, dalla ciuà cl'ALx-en-Prm·ence. tutte desick'rose d 'aiuto c tutte desidero~<.: di darglisi in mano, almeno così diceva no . La faccenda cresceva. G ià Carlo Eme1nuele non si contentava pill della sola Provenza ed aspirava a prendersi pure il Delfinato: c don Amedeo era sempre più dirncmic:no. Convinto el i riuscire, il duca s'impegnc) a corpo morto nel l'impresa. Hadunò un grosso contingente eli fanteria e C:l\'alleria italiana c spagnola fornitogli dal Governatore di Milano per ordine del He di Spagna c si diresse ad Aix a sosteg no della Lega Catto lica, dove venn<.: ricono!->ciuto Capo de lle Armi e dd Go\'<.:rno civile della Pro,·incia. Tn Svizzera intanto le vicende m ili tari seguivano il lo ro solito accid<.:ntato corso. Don Amedeo continuava imperterrito a tenere i dintorni d i Ginevra e la situazione militare era comunque abbastanza bilanciata. Lo sarebbe rimasta se i Pra ncesi non avessero intercettato n<.:i pressi di Basilea il convoglio spagnolo d iretto in Germania con 100.000 ducati per arruolarvi truppe. Quel denaro fu


=C~\K~IC~l~f:~\t~\'~l~H~I_I_J_J_,l_·o_J_f_IG_U___________________________________________________ I3

riutilizzato per capitolare- un reggimento a Berna. uni rio ai .:$00 ca,·alieri :l'>'>oldari dall'ambascimore franc<.".,l' a \·enezia nel \ 'encro Dominio di Terraferma <.' farli ma rciare conrro don Anwdeo per impegnarlo a Thonon. i\1a la banagli:l presso T ho no n fu vinta dai Piemontesi; e i francesi ripiegarono. Poi , sapu to ddl'arrivo eli rinforzi sabaudi, piantarono in asso i lk rncsi, elle vennero sanguinosa mente battu ti a Callonges. c si ritirarono. Nel fra ttempo- era il l "iH9 - Enrico III era morro e si era riaperta la coni esa per la corona di Francia. Tra i candidati era anche Carlo Emanuele l, ma il più fa,·orito era il protestante re di Na,·arra Enrico eli Borbone. contro la cui investi tura la Spagna stava premendo d iplomaticamente sul Papa. Infatti. se la Chic'>a an:sse continuato ad appoggiare la Lega Cauolica, la Francia sarebbe rimasta preda delle guerre civili c la Spagna anehhe trionfato della sua ultima av\·ersaria. Ma l'ambasciatore spagno lo conunisc l'errore di di re al Papa cosa dm·ess<.· fare; c il papa era il testa rdo ed au toritario Sisto V. cile s' irritò moltissi mo pe r l'interferenza eli Madrid negli affari della Chiesa: c se la prese ancora d i pii) quando gli fu ricordato clall'ambasciatore che l. '500 spagnoli erano sul confine ponti ficio. La risposta fu netta: il Papa ar ruolò truppe e ordinò la stesura d'un bre,·e d i scomunica per il Re di Spagna. Allora Filippo teme) un'altra '>tracb. quella dell'onodo..,..,ia. Come pote,·a il Samo Padre non combattere contro l'insediamento del protestante Enrico di Borbone ~ul trono della cattolica Francia? Non era più giu:-.to allearsi al suo dilenissimo figlio il Re Ca ttol ico di Spagna, mettere in ('a m po un esercito d i 4'5. 000 fanti - 25.000 pontifici e 20.000 delle coro ne asburgiche - al quale la Spagna avrebbe aggiunto .1.000 c:rvalieri , porre il tu tto al comando del Ouca d 'Urbino e andare a soccorrere i Cattolici francesi della Lega ? Sisto tentennò e si con-.;igliò coll'ambasciatore venc~iano, il quale lo scongiurò di non aderire. Se crollava la francia era la fine dell'indipendenza delb Chiesa e di Ycnczia. La mor1e troncò le meditazioni di Si..,to \ 'e passò il problema ai suoi successori Urbano \ '[[ e Gregorio XIY. il quale ultimo era un acceso filospagnolo. Per q uesto decise di sped ire in aiu to alla l.ega un corpo d i spedizio ne. La notizia rallegn) anche Ca rlo Emanuele. lnfaui nl'l Delfinato s'era trova to addosso rre eserciti nem ic i, corn:1ndati da Lesdiguièrcs, cb l ciuca d 'Eperno n e da A lfonso Corso. i quali l'avevano impegnato du ramente. O lrrcrurto i Francesi

Il H·rho "t;tpllolare" indÌl.l\;1 .11lora non 1.1 re-..a tl'una un.ì o d'un ,.,,·rnto tom.: 1mplit<l l'atT<'/iOill' pr''' al,.l dopo il ,,x·olo '\IX in 1t.1lt;mo. 111.1 1.1 '11puhV1011<' di un accordo nd ":n'o più .tmpio dd termnw. Er:.t dl'UO C.lpltobtione pt>rch<· gli ohhltghi dl'i tontr.tt·niJ er.•no indll'ali in piu "t.tp•loli ". cioè in più articoli Con un.• <..apnol,17ione ci si accord.l\ .1 '"l t:wmpio - rx-r 1:1 re'a d'un;l <.:i tU. m.1 'l'mpre con un.l C.1pito la;.iont· 'i ''"olda1·a un reparto nwrcl'n.u io di un,1 certa for/a d.1 un com.1nd.u1lt'. il qua !t'. in camb1o d 1 una t'l'rt;l ~omm.1 di den.1ro e di certe quantll.l di' i1·eri, 1esti ario c d L'I C111lla lnK'nl<' .1rmi. si a~sulll<:l':l l'incark'o <l.:ll 'a rruol.ul Wnto, addt:Mr<l mt·mo. l' comando in gut'rm del rc parlO.


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CAJ'II ,\\11 l)( c,~_,,, S~VOIA

a\'evano eseguito alcune incursioni in Piemonre occupandc)\ i qualche cittadina c qu ind i la notizia che i Pontifici avn.:bhero per prima cosa espulso i Francesi dal Piemonte non poteva che essergli gradita. Comunque i\larsiglia era nelle sue mani e veniva retta da Charles CasauLx, da lui nominato proprio console. Ora, nel corso del 1591, battUli i G inevr ini fattisi avanti dopo un anno eli scaramucce e lasciato il comando in Francia al conte Martinengo, Carlo Emanuele andò a Madrid a conferire personalmenre col Re, prospetrandogli le lince d'operazione che riteneva opportune c ouencndone altre truppe che portò con sé per mare verso la PrO\·enza. Ma il suo vero problema consisteva nella presenza d'una guarnigione toscana d i l SO uomini al castello d 'lf, a largo di Ma rsiglia , introc.lotta,·i nel marzo di quello stesso anno in seguito a trattative intercorse fra il comanda nte e il duca Ferdinando d e'Medici; e per farla usci re s<.:rviva l'i ntervento diplomatico miLitare della Spagna. Imanro Martinengo ave,·a conquistato parecchie località della Pro,·enza e aveva posto l'assedio a Berre senza riuscire a vincerla. Men tre vi sla va o perando, aniv<'> a Mar'>iglia Ca rlo Emanuele con l) compagnie di soldati spagnoli dategli c.Ia re Filippo e, gr.1zie a loro, la città s'arrese. E qui cominciarono i guai, perché il Duca avev~1 promesso alb contessa di Saulx di dare b città al signor dc Créqui: e non mantenne la parola. La Contessa gli divem<'> nemica c fomentò contro d i lui tutle le popolazioni d dia zona eli Marsiglia. Considerando i sospetti nutriti nei suoi confronti dalla Lega e dal re Enrico, la popolarilà di Carlo emanuele scese al minimo e da allora in poi cond izionò pesantemente l'andamento d elle o perazioni. Enrico ne approfittc) per ria llacciare i contatti colla Contessa c coi signori d<..·l la Lega nella Francia ~leridionalc con tanto successo da far scoppiare a Mar~iglia una sommossa contro il Duca e gli Spagno li. Contemporaneamente il du ca d'Epernon battè sanguinosamente le truppe del come i\Ianinengo a \ 'inon e Lcsdiguièrc-. assediò c fece capitolare Grenoble. La mossa successi,·a consisté nello sblocco del forte di Monresreil. Costruito dai Francesi per controbilanciare la fortezza sabauda di l\lontmélian. era stato subito assediato da un contingente misto ducale e ponrificio. Le operazioni procedevano bene, l'aniglieri:l lo batteva pesantemente ed il forte era su l punto di cadere quando Lesdiguières arrivò e attaccò gli assedianti fissandone il fronte. Mentre i Sahaudi tenevano la linea, ~peclì un 'aliquota di fanteria a prendcrli di fianco dal lato delle montagne e. da vanti all'assalto improwiso. lo schieramento dei :-ahaudo-pontifici cedette. Si ritirarono frettolosamente e :-i riordinarono nella rctrostanre pianura di Pomchmré, facendo fronte. ma la ca rica cl<.:i Francesi fu tanto impetuosa da scompigl iarli eli num·o e metterli in fuga fino a 1\ lontmélian, facendo las<:iar loro sul terreno 1.)00 tra morti <..' feriti , 18 bandiere, 2 cornette di cavalleria l' la maggior pa rte de i carriaggi. Subito dopo, a complicare maggiormente le co:-c. la Lega chiese alle truppe pontificie c spagnok: d i accorrere in Lorena per imped ire l"afnusso de i rinforzi protestanti tedeschi in aiuto a Enrico eli Borbone.


Rimasti soli, i S~1haud ì no n poterono reggere e la guerra si spoMù nella Savoia. Il contado dì Ginevra fu rìrreso con piccoli scontri di alterno risultato; ma Carlo Emanuele preferì o rdinare al fratellastro di ritirarsi a protezione della Savoia e lasciar rerdere Ginevra. La guerra intanto pendeva M:mrre riù a fa, ore di Enrico di Borbone su tlllti i fronti e si a\ viò alla conclusione quando ragg iun~e segretamente un accordo col nuovo rara Ck mente VII I per convertirsi al Catto licesimo. Naturalmente nessuno ne sapeva nu lla; e i Fra nce~i continuavano a combattere, tant'è vero che Lcsdiguières nd 1592 passò le Alpi c scese in Piemonte. A Salbertrand ìnterceuò c sconfisse 2.000 Spagnoli in marcia verso lllzio. Prese Bricherasio; il .26 :-;euembre fallì la sorpresa contro Pinerolo c si ~W\'icinò a Casale minacciando da lonrano Mi lano. " Parig i l'al hene una messa !' si d ice abbia csdamato Enrico accetta ndo la conversione. Il 2'5 luglio 159.3 domandò rubblicamente e solennemente all'Arcivescovo di Bourge.s d 'essere ricevuto nella Chiesa Cattolica Apostolica Ro mana . L'ostacolo principale al ristabilimento della pace e dell\m ità della Francia era stato rimosso. Ora comincia\'a il declino della ~ragna. raturalmente in llalia non ~e ne accors<.: nessuno, perché rurti erano occupati in beghe personali c piccole \'endeue. E come al solito il fulcro d 'ogni disordine era Carlo Emanuele I, l'c:tt:rno irrequkto. Convinto della ma lafede di Ft:rdinando de' Med ici, alla cui intc rposizione colla guarnigionc piazzata ad If allrihu iva il fallimento dell'impresa provenzale. il Duca di Savoia '>i infilò nella que::.tione di l'crrara. cercando di \"L'nirne in possesso, e intanto pensa,·a a mandare avanti alla meno peggio la guerra contro la Francia com inciata tanto incautameme. Le operaz ion i in Provenza non anda,·<mo troppo bene perché i Francesi erano riusc iti a mantenere i l p ossesso di Tolonc. Dopo una pesa nte dispula fra il duca d 'Epcrno n e Lesdiguil'res. perché· i l primo non vokva sottosta re all"ordine regio di cedere il comando al secondo, disputa risolta con una battaglia sulle :-.ponete della Durerva nel 159 1. i Francesi si stavano riorganizza ndo molto lentamenre, a causa degli strascichi della questione fra i due generali . Carlo Ema nuele ne approfittò e, ricevuto un rinforzo eli 10.500 sragnoli, ne utilizzò una parte per andare acl assediare Bricherasio. ll 25 settembre cominciò a bombardarla con 1<1 pezzi, impiegando 8.850 fanti tra Picmontl''>i e alleati e disponendo a copertura 28 ~quadroni di Gt\·allcria . Prese inoltre k sue precauzioni presidiando i passi alpini per impedire l'arri\ o di .soccor~i c fl'CL' bene. Infatti Lesc.ligui è re~ :Hrivò di gran carriera coi rinfo rzi da ll a Francia, ma urtò nei presidii e non poté pa::.sare. Il 30 Sl'tlcmhre la citlù presa d'assa lto; c il nemico si ch iuse nella cittadella , dove restò fino al 2:~ oltohre, q uando si arrese coll'onore delle armi ; e all"cserciro di '>occorso non re:-.l<'> che ripiegare, molestato in retroguardia dai Piemonre.;;i c.: dagli Spagnoli.

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46 Nel l ')95 i Francesi assediarono Exilles. 11 l 0 gennaio Le:-.diguièrcs occupò con 2.000 uomini le alture pil:1 vicine c inv iò i l grosso a stabilirsi nella valle. LI 3 aprì la trincea e piantò le batterie. Carlo Emanude radunc'> 3.000 fanti e 800 cavalieri e il 5 gennaio p;:utì con loro da Susa, inviando verso Cesana un'altra colonna, al comando del !\'Tastro di Campo Alcssandri perché prende:-.se i P'rancesi alle spalle. Alcssandri però sbagliò strada e l'~tzione f~tllì. Ma il 9 arrivò una colonna di 1. ';00 napoletani. coi quali Carlo Emanuele :-.i spostò a Chiomonte per tentare lo sblocco della fonezz:t. Fu tutto inutile e. dopo un attacco di forzamcnto delle linee nemiche al ponte su lla Dora. costatogli 600 uomini, il 22 seppe della rc~a del presidio c si ritir<'>. Intanto nel 1593 Marsiglia si era sollevata contro Enrico l V e il capo dd la rivolta - Cllarlcs Casaulx -aveva chiesto cd ottenuto l 'aiuto della Spagna c della San)ia. Giannandrea Doria sbarcò nella città 3.000 fanti spagnoli da 30 galere e li fece entrare nella fortezza che era stata appena costruita . La cosa venne all'orecchio di Ferdinando de'Medici il quale, partigiano della Francia e imparemato con Enrico lV.H :-.i accordò col Duca eli Guisa. fece uccidere Casaulx L'aprire le pone ddi:l città, pronwntente occupata dal D uca con 1.500 uomini. Carlo Emanuele c Giannandrea Doria allora ottennero un aumento della pressione diplomatica e delle minacce su Firenze per farle togliere b guarnigione da If. Niente da fare, anzi, fu peggio, perché nel l '597 i Toscani ricevettero dal loro Duca l'ordine d'impossessarsi cl'lf e il 20 aprile ne cacciarono i Francesi, !asciandola solo il l 0 maggio 1'198. La guerra franco-piemomesL' sembrava restata in -.ospeso. quando si seppe che Spagna e Francia a\'C\'ano convenuto a \ 'er\'ins di fare la pace. Le trattative si ~volgevano sotto la supervisionc del Legato pontificio e coll'inte rfcren:w dell'ambasciatore sahaudo marchese di Lullino, il quale dm•c,·a difendere i1 possesso del ,\ larchesato di Saluzzo. La Francia obiettava, b Spagna non se ne <:urava troppo, anche se avrebbe preferito 'celere il feudo in mano al debole Piemonte anzicht' usato dall·e!'>crcito l'rances<.' come resta avanzata ol tre le Alpi. Le trattative e l'arbitrato del Papa non servirono a nulla e la parola tornò al le anni. Nell'agosto del 1600 l'esercito francese entrò in Sm·oia !'>LI due colonne principali, con un buon parco d'artiglieria. La prima. proveniente dalla Borgogna , il 13 attaccò c prese la cittadina di l~ourg en Brc!'>se, costringendo la guarnigione a ritirarsi nella cittadella. dm·c sarebbe rimasta fino al 9 marzo 1601. Poi assa lì Montmélian e anche là prese il borgo ma non b cinadella. La seconda, guidata da Lesdiguières, antmò su Contlans. la catturò, risalì la Tarantasia. prese .'vlouriers ed cntrc') a Chambéry, menrre in Val d'Aosr:t arrivavano 3.000 spagnoli di rinforzo ai l'iemonLesi .

~> la mo~ltc di Euritn 1\' <:r.t \l;tria ue· t\ lì:dici.


-!7 Una colonna agli ordini di Rosny conquistò la torre della Carhonçra. da cui si controllava la Moriana, poi Sn n Ciovanni di Moriana e infine cooperò a stringere l'assedio intorno a ivlontm(· lian facendola arrendere il 9 novembre allo stesso Enrico IV, anche se si sospeuò che il governatore avesse ceduto per corn.Jzione.9 Carlo Emanuele non sape\'a cosa fare. i\H'\'a appena raccolto 50 compagnie eli cavalleggeri, 12.000 fanri e l') pezzi d'artiglieria, era il l) nm·embre. si trovava già in TaranLasia c swva venendo in :-.occorso della fortc7.7.a quando aveva saputo della resa. Privo d i quel forte punlo d'appoggio, da solo non era in grado di resistere. ma l'aiuto spagnolo gli sta\ a giù costando una guarnigione "alleata·· inrrodotta a Carmagnola: cd era solo l'inizio. S'intromise la Chiesa e. dopo alti c bassi. i negoziati furono condu'>i a Ljone il 17 gennaio 1601. stabilendo l'acquisizione sahauda di Saluzzo contro la cessione alla Francia di I3rcsse, Gex e 13ugey, portando il confine al Hodano, salvo il diritto di passaggio dei Piemontesi sul ponrc eli c;rezi n, cioè verso la spagnola Franca Contea, dietro pagamento d'un pedaggio di 100.000 :-.cucii. Madrid esultava perch(· la Francia era ~rata esclusa dall'Italia. Gli l taliani hrontola,·ano perché si senti\ ano in preda alla ~pagna. Carlo Emanude non era del tutto scontento, perché aveva conservato la possibilità di rnuo\'erc ,·crso la Renania cd aveva ottenuto un miglioramento fondamenra lc per l'assetto difensivo del Ducclto. L'acquisi7ione del Marchesato infatti elin1inava la pericolosissima enclave eli Carmagnola, a due passi da Tor ino, e soprattutto rcncle\'a la frontiera occidentale sabauda molto più compana c difendibile, gra;ie all'acquisiLion<..' delle Yalli Stura, Maira <: \'araita, coi relati\ i castelli. "Jon conn.:nienre sotto l'aspetto economico, il cambio lo era, e molto, sotto quello militare. Era, come scri..,sc Carlo Emanuele ''jJ(m) in ejfetto così sicuro per questi Stati e dannoso fJer i Fra!lcesi cbe ogni z•olto che si l'olesse ricomhi(lrl?. sempre i Francesi lo jària11o . .. ma in

nirma maniera COIIL'ellil'a farlo. perche' si 1111?/lel'C/ l'inimico 11el ettore e 11e!le t•iscere di qua i11 Piemollle. Ed è molto mep,fiu m·ere 11110 stato unito tu/lo. come è ques/o di qua da· monti. cbe du e. lutti due malsicuri, tanto pitì cbe ritenendo il marchesa/o di Saluzzo. si difficollo assai ai Fm11cesi la calata in Italia .""\ T.e va lutazioni dd resto concordavano rutt.e sul fatto che Carlo Emanuele avesse concluso l'affare migliore. "Le due aL•ail agi en prince et le roi en marchand'x'' era ~lato lo spre7.zante commento a caldo del marcscbllo dc Lesdiguières: "Si dicea cbe il D11ca area fallo ul/a pace da Re e il Re tnw pace da nuca''"11 scri<>:-e centocinquanr'anni dopo J\lurmori. Enrico l\' a\'L'\a "allargato la casa e ristrello la pcnta'."111 secondo l'amba:-ciarore ,·eneziano Sirnone Conrarini. 9 Secondo .tkurw l<:,limonianze po'll'l'ion. pare che in,ece lo"<: 'I:Ho spa\'elllcliO d:tll'i111ponenL.a ddl'apparato ù 'a"vdro ~·. nllwimo di non po u: r H''"'"re ,enza rinfor11, ,1\·e~"' capito lato non n ·d endo arrivare i '<X:COr..l.


t8 Di rutti i commenti, sono il profilo strategico il ptu esatto era ~enza dubhio quest'ultimo. Effettiv<lmeme Enrico aveva ampli ato i propri territori, ma si era reso molto più difficile l'accesso aii'Jra lia. Anche in questo Carlo Emanuele non aveva fatto altro che segu ire la politica del padre. Come ricordiamo. a\·e,·a scritto Emanuele Filibeno a proposito degli Stati dci SaH>ia che: .. il Ile/farli dei forestieri em la sicurezza loro. perché

11111ro sic11ro so110 le Alpi... te11endo il circuito delle Alpi, resta sicuro il paes(,.,,,., c adesso Carlo Emanuele si regolava di conseguenza. l i primo provved imento difensivo da lui presn nel Marchesato era però di o ltre dicci anni antecedente al tratraro. Già nel 1590 aveva infatti ordinato di ricostruire un forre a Demonte. al posto di quello demolito dagli Spagnoli nel l ~58; e lo m·e,·a fano erigere ~ulla ri,·a occidentale della Stura. Lo schema '>eguito da Carlo Emanuele per la fortificazione delle terre di nuovo acquisto si basava su ~1lcunc evidenti considerazioni strategiche c, svilurpandolc, giungeva a delle insolite conclusioni . La prima considerazione riguardava il territorio da difendere. che non era il Marchesato. ma il Piemonte e, più in generale, la Pianura Padana. Questo implic;l\ a che non era necessario bloccare il nemico '>UIIe Alpi. lo ~i poteva aspettare in pianura, limitandosi ad a\\ istarlo c ralkntarlo in montagna. anche perché l'obiettivo ~tratcgico fondamentale nel M<trchesato era il passaggio del Po sotto Salu7.:w, l'unico esistente allora all'infuori dei ponti eli Torino. Poiché l'accesso dal Delfinato poteva avvenire incliffcrcnrementc da tutt'e tre le Valli - Varaita, Maira e Stura - e poiché essl' sfociavano tutte più o meno nella stessa zona. era inutile e dispendioso. sia in termini di denaro che di materiali e truppe, co~truire imponenti difese in ogni \·alle e si pote' a invece accentrare la difl.'sa su un solo ron<.: in un luogo scelto in moda da bloccare lo sbocco di tutt'l' tre le vallate. Di conseguenza si prepararono in montagna delle fortifica7.iooi difensive d i primo tempo, poi ampliat e c definite "Barricate", fatte piLI per rallentar<.: il nemico che per impedirgli il pa~saggio. Certo. se si fosse riU'>Citi a fermarlo già alle Barricate. ramo di guadagnalO. ma. \'a ribadito, esse '>CI'\'i\·ano solo a rallenrare e inck'holire l'offcn'>i,·a ddLl\Tersario, facendogli perdere uomini c tempo. Mentre f'o~~ero state assalite ci sarehbc stato modo eli dare l'allarme al grosso delle trupre ducali. concentrandole a va lle per una elifesa di secondo tempo, dura, decisa , appoggiata al terreno e acl opere fortificate di maggio r importanza, come Demonte. Ammesso eh<.: le Barricate fossero srate superare, il nemico scendendo a \'alle si sarebbe tJ'O\'ato davami tutto l'esercito ducale, magari appoggiato a D emonte. c in più avrebbe a\'lllo due altri svantaggi: l'allungamento delle proprie vie di rifornimento c il fatto che e~se sa rebbero ~ta l e più difficili da percorrere a ca usa dell 'attraversamento delle montagne. Ammettendo che, nonostante le perdite subite alle Barricate, la perdita dell'effetto sorpresa dm'uta alla re~istcnza piemontese alle Harricate ~tesse c la concentrazione delle forze sabaude a \'alle, il nemico fosse riuscito a vincere la


battaglia campale rboluti,·a. o fosse riuscito ad e\'iLarla , la dife5a sarebbe staw an·etrata sulle fonezzc della pianura. adoperate come centri di resistenza a pre ~idio delle ,·ie di facilitazione - strade c fiurni - mentre la Ì'lilizia piemomesc avrebbe avuto il compito di dbtruggerc. o almeno indebolire ancora, l'l:sercito invasore tagliandogli le g i ~1 allungate comunicazioni c i già difficili tifornimenti. Date queste premesse e queste conclusioni, negli anni successivi al 1601 i Piemontesi avrebbero fortificato tutte le \'ie di faci litazione che dalle Alpi portavano verso la Pianura Padana e. in particolare, si sarebbero dedicati alle tre valli acquisite a Lione, con orrimi ri'>ultati . cl dicembre del 1602 Carlo Emanuele si ricord<'> di Gine\Ta, ammesso che l'avesse mai dimenticata. c preparò una nuo\'a spedizione per risonomerrerla. dandole l'aspetto d'una crociata contro gli eretici. In piena Controriforma ciò gli garantì Ltppoggio del Papa c quello pill distante c imcrcssato della Spagna, desiderosa di assicurarsi l'uso di quella parre della Svizzera per il transito de ll e p roprie truppe dirette in Fiandra e C1er mania. Fu un fallimento costato 267 morti e segnù la fine dei tentativi sabaudi di riprendere la città.

ll) Un mutamento? All'impresa di Gincwa seguirono dieci anni di pace. o quantomeno di nonbelligeranza. Enrico IV manm rava sott'acqua oltre il Reno c le Alpi per trm·arc alleati contro la Spagna e scatenare la guerra che avrehbc dato alla Francia la supremazia eu ropea. Le trallative fe1vevano dappenuuo, le manovre diploma tiche c le p romesse si susseguiv~tno, annullandosi le une colle altre. Carlo Emanu<:lc seguiva attentamente l'evoluzione dci ncgozinti ed attendeva il momento opportuno per lanciarsi alla conquista della Lombardia o di qualsiasi altra cosa. li periodo fra il 1602 ed il 1()12. tra 'Téscaladc dc Gt-n(•,·e" e la successione di 1\Jantm·a. è intcres5anrc perché segna una specie di 5JX1rtiacque nell'aneggiamento militare di Carlo Emanuele l. Egli è il primo dd S<l\ oia su cui. sono il profilo militare ed allo stato attuale delle ricerche, sia difficile dare un giudizio articolato. Giudizio che diviem.· ancor p iù arduo se si cerca di scendere nel del raglio delle battaglie da lui combattute c delle tattiche da lui usate. Non abbiamo turri i pa rtico lari che occorrcrebhcro per valutare le Cll1ì JXI gne da lui condotte nel secolo XVI. mentre siamo più fortunati per quelle elci Seicento. E' però un fatto che dal l SRO al 1602 b sua condotta militare appare molto caotica. tesa a grandiosi risultati, anzi a raggiungere tutti i risultati po:-.sibili e ipotizzabili. Non (.· propor zionata ai mezzi a disposizione. lnsomma. fino alla Scabra di Gine\Ta. Carlo Emanuele l sembra dimenticarsi che "chi tutto vuole, nulla stringe". \'uolc tutto. spende tanto. perde molto e guadagna !>olo Saluzzo. L'atteggiamento del Duca ca mbia col cambiare elc i secolo. La sua politica estera si presenta sem pre tesa , ne1vosa, imprcvcclibile, a tratti q uasi isterica , ma


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appare una pianificazione, UJÙlltenzionc maggiore alla situazione internazionale e agl i spiragli elle sembrano aprirsi eli ramo in tanto. Rispetto al secolo precedente il miglioramC'nto è nello anche nelramhito militare. Le campagne d i guerra in Francia avevano a\'\.tto uno svolgimento fortunaM>. strano, reso più contorto dal gran numero eli parti in causa. Francesi cattolici. Francesi protestanti, di città c di campagna. Pontifici. Sabaucli. ~pagnoli. Toscani e le rispetti' e coni si er,mo affrontati con tutta la doppiezza e !"egoismo che ai nostri occhi sembrano caratterizzare il Cinq uecento. l successi eli Ca rlo Emanuele erano stati dovuti. più che alle sue capacità militari, alle divisioni del nemico; e difatti, quando queste ulrime cessarono. ccs!>arono anche i successi. Con Ginevra si toccò il fondo. Peggio di così non si poteva andare; difatti da allora la situa7.ionc sembrò migliorare. ma non i.: chiaro perché. Esisrono parecchi studi sul Pi<.:monte del primo ~eicento. ma cc ne sono pochissimi di carattere militare e, si può dire, nessuno che esamini gli aspetti tauici c strategici d i q uelle lontane guerre c dell'orga ni zzazione m ilit are sabauda che le affrontò. on sappiamo praticamente nulla lO eli cosa sia \·eramente successo fra il 1602 ed il 1612. Cono-.ciamo, beninteso. le modifiche amministr&ti\ e. quelle organiche che ne furono la conseguenza c i fatti militari che seguirono, ma il filo conclunore, ciò che nella testa dd Duca cambiò. non siamo in grado di definirlo con precisione. E' però eviclenr<.: un carnbi~lm<.:nlo nel modo di Ca rl o Emanuele eli fare la guerra . Nel Seicento le operazioni sabaude diventano più anenle al rcrrcno. vi :-.i appoggiano con maggior aderenza, sono più ragionate e i successi non mancano. Se c'è qualche sconfina. la si de,·e di solito più che a mancan;e del Ouca a quelle degli alleati, come nel ca~o della mancata di-.cesa su Genm a del 1625 per colpa dei Francesi. Carlo Emanuele dal 1612 comincia a rivelare uno schema strategico e tattico abbastanza preciso. che si accentua e d iviene 4uasi fisso col passar d<.:l tempo. Per prima cosa individua le line<.: eli facilitazione principali. Quando scende in campagna se le assicura con n:loci artacchi di sorpresa ed ottiene due risultati: garanriscc le proprie comunica7.ioni con poch<.' perdite e taglia quelle del nemico infliggcndogli toni danni ed indebolendolo. Lo S\'olgimento della campagru -in Monfemlto, come in Liguria , sulle montagne come nella Pianura Padana- è sem pre subord inato alla rapida conquista ckgli snodi di comunicazione. Anche l'atto tattico maggiore, la battaglia, in linea el i massima sembra aver seguito uno schema fisso. Sempre sfruttando al massimo il terreno, Carlo Emanuele incomincia\·a con uno scontro eli fanterie so~tenutc dall'artiglieria c riso!-

In Il lesto d i W:th\·r ~ ~~ImER!:., !.e armi rh4 principe - la tnttfi::/0111' nnlitnre sahr.md{l, Tori no, Ein;tudi. II)KH. i.• infatti più uno -;tudio cld la clas....e tl irig~'nll' ...abauda t·he un ~·,J me della 'illlazione milit.ue. Del p:1ri i l libro di Claudio Df Cn,,oll , 11 soldo del tluut - / 'ammllli.~trttzirHW tl<'ll<' a milite sabawle ( l ')()(J- 1630J. rorino, Bonnghieri. l 999. prentk in considerazione 'olo gli aspeui ammmblr.lli,·i t· non è pr.UiGIIll\'nt~· dt akuna Ullltl<i per una comprl'lbione ddlo q·olgimetllo dl'i conflitti del pt·riodo


51 veva la battaglia con una carica di cavalleria. Le operazioni in Ligu ria nel 1625 ne sono un esempio; Sampeyre nel 1628 un altro. In realtà era la tattica canonica clclrcpoca barocca, ma Carlo Emanuele l'applicava con una velocità, una violenza cd una capacità maggiori della media. ottenendo dei risultati migliori. Non siamo davanti acl un maestro della strategia c della tattica, o acl un innovato re dell'a ne della guerra, ma certamente ad un profondo conoscitore d i essa, c::~pace d'applicare al meglio e fino in fondo le regole c i trucchi del mestiere, senza scrupoli di coscienza. Resta da capire quanro eli questa abilità sia stato dovuto agli insegnamen ti paterni , quanto alle capacità innate di Carlo Emanuele c quanto ai consigli dei generali c he l'attorniavano; c questo non lo sapremo forse mai.

m) La triplice guerra del 1615-1617 Nel 1612 morì Francesco Gonzaga duca di Mantova, lasciando la moglie. figlia di Carlo Emanuele l di Savoia, c una bambina, di nome Maria. Carlo Emanuele conside rc) la buona occasione che la sorte g li offriva: Mantova possedeva il Mon fe rra to, c he a lui avrebbe fatto comodo per aumentare la compattezza territoriale dei suoi Stati, il gettito fiscale c i s udditi arruolabili . Pe r questo si fece avanti, c hiedendo la tutela della nipotina e la reggenza del Ducato. L'idea non sollevc) molle ~pprovazioni, né a Mantova, il cui trono era passato al cardimle Ferdinando Gonzaga, né in Italia , né tantome no a Madrid. Poiché n ulla si muoveva, Carlo Emanuele cominciò a impazientirs i e, alla fi ne, decise eli forzare la mano ai diplomatici e passare alle armi. Le truppe saba ucle invasero il Monfe rra to il 22 apri le 1613. All'alba del 23 avevano preso Trino, Alba c Moncalvo; e il resto del Marchesato era stato occupato tutto me no Casale, chiave d i volta del sistema difensivo e piazzaforte fondame ntale pe r il controllo delle vie dalle Alpi alla Pianura Padana. Davanti a tale fu lmineo successo, i Principi italiani si s paventarono e reccro pressioni su Madrid per un intervento . La Spagna non attendeva altro. Nemmeno a lei piaceva l'idea d 'uno Stato iraliano tanto impertine nte da muoversi senza il suo consenso; Venezia bastava e avanzava . Così Torino ricevé l'intimazione di sgomberare c disarmare. Intanto e ra cominciato il .soli to bal le tlo diplomatico fra Parigi, Madrid , Milano, Torino e tutte le piccole corti italia ne inte ressare alla questione, il che non aveva però fermato Carlo Emanuele . Anzi , ben sapendo quanto la minaccia militare potesse pesare sulle trattative, aveva continua to le operazioni e si era volto all'assedio di Nizza de lla Paglia . Pe r ordine della reggente di Francia, Maria de'Medici, Lcsd iguiè res cercc'> di dissuade rlo: niente. Al lora gli fece sapere d'esser pronto a venire persona lme nte in soccorso dei Gonzaga con 20.000 uomini c ne spedì subito 2.000 in Italia.


'32 l Francesi in Italia erano un insulro alla Spagna. 11 governatore di Milano Jnojosa protestò che ~olo al lk Cattolico spettava arhitrare tale ,.e11enza c vennero emanati o rdini perché le squadre delle galere di Napoli c di Sicilia incro ciasscro nel Mar Ligure e intercettassero i trasporli destinati a trasbordare le truppe dalla Provenza in Italia. Contemporaneamente il Granduca di Toscana , in ca ttivi rapporti con Ca rlo Emanuele e parente del reggente Ferdinando Gonzaga, radunò a Prato 2.000 fanti c .300 cavalieri inviandoli verso gli Stati gonzagheschi al comando del principe Francesco de'Medici e del marchese Capizucchi. Il Papa si oppose al loro transito cd ordinò alle JXOprie truppe di sbarrare i ,·alichi appenninici con trinceramenti. ì\on ci furono sconrri, ma per caso. per ché i soldati granducali passarono in qualche punto :-.ul territorio papale; <:> il Granduca ebbe un bel daffare a placare le ire del Pontefice. 1\on ne ebbe affatto per le formali e apparenti ire modenesi, roiché gli Este e rano ben contt:nti di vedere arrivare truppe a copertura dei loro Stati. Chi l"ermò la spedizione ru lnojosa. il quale negò il passo col pretesto già usato contro la Francia: solo al Re Cattolico spettava risolvere la contesa, gli altri pensassero alle proprie faccende. Anche a Mantm·a fern,·vano i preparati\"i: furono capitolati 3.000 svizzeri L' assokbti 8.000 monferrini; L' l"apparato militare ducale salì a 16.000 fanti c l .'300 cavalieri. Davanti a tante forze Carlo Emanuele decise di trattare. O meglio: agì colla sua solita astuzia da volpe, aprendo negoziati con tutti <.: riuscendo a disorientare gli avversari, in modo cb tcnerli fermi mentre accelerava l"assedio di Nizza della Paglia, fondamentale p<.:rché, una volta presa, gli avrebbe consenti to il passaggio su Acqui. L'auenzionc eli lutti convergeva sempre di più s ulla disgraziata cirraclina, perché si vedeva bene quanto poco awehhc potuto ancora n.'sisterc e si capi,·a altrettanto bene che la sua caduta ;1\ rehhc dato ai San>ia il 1\ lonl<.:rrato. Carlo Emanuck era ad Alba e \'incen..::o Gonzaga ad Acqui; ma k truppe mantm·ane non arriva,·ano, sempre per il divieto dell 'lnojosa. quelle monferrine erano ormai tutte chiuse cnrro rizza della Paglia e sembrava e,·idente come sarebbe andata a finire la cosa . l signori italiani rumoreggiavano, domandandosi se non c i fosse un accordo segreto fra Torino e Madrid per la spartizione de ll 'Italia Settentrionale . l loro sospetti arrivarono fino all'orecchio di Fi lippo III e ordini severi parlirono verso Milano: bisognava aiutare subito i Gonzaga . Antonio c.le Leva principl' d'Ascoli marciò alla te.'>ta di •1.000 fanti e 600 ca' al ieri 'erso il J\lonferraro. l'urono revocati i divieti di passaggio frapposti alla marcia delle tmppe medicee e gonzaghcschc del principe \'incenzo e fu intrapresa l'avanzata su . izza. me n t re lcsdiguières si mette,·a in moto lungo la frontiera col Piemonte, fingendo di voler scendere in Italia per distrarre le for7.t' ducali c.lall'assedio. Turra questa massa era eccessiva per Carlo Em~1 n ucil', per cui decise di Vl'-


CAJUO E.\IAX\l:U l l l " 01 llt .u

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nire a pani c ~bloccò Nizza, con~l·gnando i territori mantovani conquistati alla Spagna perché li trasmettesse ai Gonzaga . Chiaramente la sospensione dei movimenti militari non poteva chiudere la queslione, specie se Carlo Emanuele vi era coinvolto. Difatti riprese subito i contani diplomatici e chiese il p agamento dci danni di guerra c la remissione alla Spagna dell'arbitrctlo sulla proprietà del i\lonfcrralo tra Sa' oia c Gonzaga. La pace dure'> poco perch(' le richieste avanzate da lui furono giudicate inaccettabili dai Gonzaga e dalla Sp:.tgna. Seguì un confu so periodo di negoziati , minacce c contatti e, a lla fine, Tnojosa partì da lvlilano a handiere spiegate il 20 agosto 1614 con 16.000 fanti e 1.600 cavalieri din.:no nel lm ·arcse. Qui la guerra da una cli,·ennc triplice, perché Carlo Emanuele, da quell'esperto politico che era. notò suhito una conwnanza di interessi e di nemico gli Asburgo - colla l{cpubblica di Venezia c le propose un'alleanza militare contro la Spagna e l' Impero. Venezia aveva da risolvere il problema dci pirati dalmati conosciuti come Uscocchi. Erano basati a Segna c proteni dagli A~burgo d 'Austria, per cui si sentivano intoccahili. Le loro "><.:orrcric si e rano aggravate tanto da minacciare l'equilibrio \'encto-lurco e d a\'l: vano costretto la Re pubblica ad intcrvenirc. Per questo nel l() l'S le truppe veneziane andarono ad a">salirc il territorio imperiale, seguendo due diverse direttrici d'attacco e dando modo agli storici di parlare eli due guerre diverse - quella eli Cradisca e quella degli lJscocchi - che in realt;ì erano i due fronti della medesima . Acl esse si aggiunse la terza, parallela e coordinata , nel \lonfcrrato. Carlo Emanuele comballl'\·a gli Ashurgo di Spagna. la Repubblica gli A">hurgo d'Austria. ma sempre A,<,burgo erano: ed uniti da un'alleanza famigliare. Colpire gli uni illlpcdiva che aiutassero g li altri. Dunque cosa poteva esserci di piCt conveniente d'un'alleanza per coordinare le azioni militari piemontesi e vcnete? Si era alla fine del 161 ') qu ~ tndo l'abate Scaglia eli Verrua arri\'Ò a Venezia c comunicò al Senato che 7.000 f':tnti e ')00 Gt\ al ieri fr:mcesi sta\ ano varcando le Alpi al comando del ,·ecchio Le-.diguières per venire in aiuto al Mto Duca. il quale ancora una \'Oira proponc\:1 " alli Si~-tllori l 'i11iz iani' l'alleani'a contro gli Asburgo. Il Senato non ritenne pruc.lc:nle accettarla in fo rma ufficiale c provvide da sè alla guerra contro l'Austria. ma stanziò denaro sufficiente acl arruolare 4.000 francesi nelle file piemontcsi 11 un ulteriore su~,<,idio di 50.000 ducati una tantum a f;won: di Le sdiguièrc,.., JX' rché arruola~se altre truppe c il ,·ersamcmo mensile di 72.000 ducati ai S:n oia per tulla la durata del conl1irto. ~econdo alcune fonti, nell 'arco del conl1iuo l:1 Hepuhblica a nchhe versato al Duca in tora-

11 Era ,tato prt·,bto t he t.ld -1 .000 nwt.1,111<l1'-'<.:ro .t 'l'f\Ìr<· ' ''IW/1,1. 111:1 fu rt:put.uo p ìu utì k· .u fmi d,·(b çau'a comtlll<' b-< urh rn l'll·mnnt<:.


le 1.703.000 d ucari.l 2 Con ta li aiuti Ca rlo Emanuele si trovò in breve ad alli neare da solo 20.000 fanti c 2.500 caval ieri; c ancora non era arri,·aro Lesdiguiè·res. :\ la ci fu di Jìiù perché conrcmporancamente, i l 19 dicembre 16 1=>. le trUJìJìL' \enezianc ave,·ano pa!->sato il confine friulano ed occurato il territorio asburgico su ll a destra clcll'Isonzo, distraendo 1<: truppe asburgiche cb l Monferrato. Il 1616 però lrascor~c in manovre e scontri tutt'altro che decisivi in luoghi che avrebbero raggiunto ben altra notorietà di lì a trecento anni esatti. Caporctto, Peuma. Gorizia. :\kdea, .\lonfakonc, il San ,\ lichelc, San Floriano furono presi e persi da entrambi i conrcndenri più voEte. nel tcntati,·o di garantirsi l:t linea dcll'lso nzo e le cill~Ì di Gorizia e G radisca. l ntcrrottc prima da una tregua uri l izzma da tutt'c due le parti per rinforzarsi e poi. in estate, da un'e(ìidemia. 1<: operazioni \'l'neziane. aiutate c.Ia un contingente di minatori e gua~tatori piemontesi mandati da Carlo Emanuele I. terminarono nell'ottobre colb presa di Luciniro Intanto Carlo Emanude aveva radunato ad Asti le sue lrurpe -poco più di 10.000 uomini tra fant<:ria e cavalleria, la metà dei quali arruolala in Francia. Poi si era -;postaro a Vercelli per controllare meglio i mo,·imenti a'' ersari. Gittato un ponre a \ 'illara. gli Spagnoli a\ 'evano passato il Sesia e proseguito , ·erso Vercelli. Avevano preso J\ll otw, il 7 settembre 1614 C 1renzana e vi ~i era no fermaLi. Il Duca, conscio della propria inferiorità numerica ma -;arendosi superiore per capacit:ì di movimento, avc,·a deci~o d'evitare lo scontro campale e agire d'astuzia portando la guerra nel Milanese con 6.000 fanti , J .000 cavalieri c 2 cannoni. in viando lungo il fiume un corpo di J .500 fanti e .:300 cavalieri comandato dal Marchese eli Ca luso, per brucia re il ponte spagnolo <1 Villata e tagliare il flusso dei rifornimenti nemici. Inojosa. colro di sorpresa, an.'' a poruto ::.o lo distruggere il contingente di copertura del o\larche!'>e di Caluso il qua le, persa metù dci suoi uomini, si era rifugiato a Vercelli coi :,uperstiti. La lcnrezza degli Spagno li era <.Ji,·cnrara di g iorno in giorno maggiore: l' g iù in Italia ~i cominciava a pensare che forse a ,.e,·a ragione il Duca di Savoia quando chiama,·a la , pagna un gigante dai piedi di creta ed affermava d\·~~cre il campione dcsrinato ad abbanerlo in nome de lla libert:ì iraliana. Davanti alla sras i delle sue truppe. Madrid aveva ordinato l'invio d i rinforzi via mare e, malignamentc. a\·eva affidato il comando della squadra al proprio Generale dd ~lare. Emanuele Filiberto di a,·o ia - tìglio di Carlo Emanuele - il quale non poté fare a meno d'eseguire gli ordini di sbarcare un contingente di

l! Secondo l'.tmha~·ialort• H'lll'lo \nlonio l>on,t , qu~·,ta fu la ulr.a n·r-..ata dall.o lkpuhhliGI al Dm .1 d.ol l';oprik 1616 ·'' J.:l'lliUÌO 16th. il d.Ho però \':1 pte'o l011 lx-ndtuo d.lll\t'll(:lfiO, r><.·rdK Donà fu ,I(UI,,I(() di l'''l'r~i appropri.llo di una pa o 1<' dd l. t 'omma. p~·r tu i l':un mont;ll l' d lclli"unellle ,m" .IlO a Ca rlo Fm.anud,·

po i rebbc e~~crv , l:oto infcriorl'.


6.000 tra -;pagno! i e napoll'tani. Co~toro. superata una hrL'' c ma energica difesa, ave\ ano occupato Oneglia non soccorsa da Carlo Emanude perché la Repubblica di Genm·a gli ave,·a negato il transito c;;ul proprio territorio. Se ne sarebbe venclicmo occupando Zuccarello c progettando un attacco di sorpresa contro Genova coll'aiuto eli navi inglesi e olandc.:s i. l conlalli diplomatici (li Torino per trovare allc.:anzc ~i erano infani estesi all'Olanda e all'lnghiltcrra, cl h cntando più consistenti con Venezia. senza però otten<:rc alcun risultato concreto. Intanto gli Spagnoli :t\ C\ ano im·estito Asti , contra~tati dai SabatJdi in una rniriade eli piccoli scontri di logoramento e dall'esito incerto. Parallelament<..' erano stati ripresi i negoziati. ma non approdarono a nulla. L'inverno 16 14-1 615 era passato tra discussioni c proposte respinte. .\ larzo vide la ripresa delle operazioni a partire dalla Langhe. l)opo alcune opera zio n i d i hasso profilo, il 2l maggio l(> 15 Jnojosa a va nzò nei pressi di Asti. l Sahaudi erano schierati bene e su forti posizioni . Circa 7.000 frances i tenevano la parte più ckvata dello schieramento c l'avanguardia <:ra stata riservata agli Svizzeri, poco più in basso. "/Jotemi quelle ordinanze cli.~fat ­

le eh 'io ci darò lo stato di .llilm1 o e tutta 11talia preda de/m/ore e della rirt1ì mstrd'"-' pare abbia e~clamato il Duca ai suoi ~okbti. \la furono barruti. A Torino si pensa' a giù eli ,·eder ani\·are gli Spagnoli e si trasferi\·ano Gttte e d<x·umenti in luoghi sicuri per sonrarli al saccheggio, ma non successe nulla. Tnojosa s'accontentò c.l'arri,·arc in c:ima alle colline prossime alla capitale e là fermarsi . Fu la fortuna di Carlo Enwnudc.:, che ne riGI\'c'> il tempo necessario per mu nirc Asti , domandare aiut o ai Principi protestanti wdcschi c agli O landesi, procurarsi complementi c studia re il modo di salvare Torino. Non lo trovò: l'unica soluzione poteva essere una battaglia campale. alla quale non dc.:siclcrava g iungere per ,·ia delb sua inferiorità numerica. Si contcntc'l allora di lanciare piccole puntate offensi,·e. ingaggiando scontri di panuglic c poco altro. lnojosa intanto si trm :1\ a in difficoltà. Per .<.car~cna di contante ridusse le paghe c ne ebbe la con-,eguenza più O\'via: cominciarono k diserzioni. Per di più la stagione calda cause'> malallic c. tra l'una e l'altra cosa, il suo esercito si ridusse r:1pidamcnte. L'incapacità eli vincere rese più malleabili entrambi i contendenti e fece loro ac.:cetlare una mediazione franco-veneto-pontificia per riaprire i negoziati di pace il 2 1 giugno fuori Asti. l colloqui proseguirono speditamen te e ci si accordò sulle seguemi condizioni: di'iJrmo sabauclo entro un mese. colla ritenLione alle armi di sole 4 compagnie svizzere e di tanti Piemontesi quanti ne set-vi,·ano per il presidio cldle fom:zzc: disarmo spagnolo: promcs~a da parte di Torino di non cercare pill di usa re b forza per risolvere la questione del .\1onferraLo <.: d'accertare la deci~io ne imperiale in merito: grazia e garanzia di vira, beni e li bertà ai signori monfcrrini fi losabaud i da parte ciel Duca di Mantova; rcsritu7.ione entro un mese d i tutt e le località occupare c dei c~tnn oni e dei prigionieri catturati.


Tutto sommato le condizioni eli pace decretavano un pareggio fra le due parti, anziché una sconfina per il Piemonte. Il prestigio di Carlo Emanuele ne uscì molto maggio re di quanto fosse d ue mesi prima; c per contro quello della Spagna molto minore. Sostituito Inojosa da don Pedro de Toledo. in'>oiTereme di qualsia~i abhas'>amento dell'albagia spagnola. le :-.ituazionc tornò tesa, specie perch(· il num·o Governatore rifiut<'> di ridurre le truppe presenti nello Swro. nonostante l'esplicita richiesta fallagli in tal senso a nome del Duca da ll'ambasciatore marchese eli Parella. Mmivi ce ne sarebbero stati. bastava l'appena incominciata guerra degli Uscocchi con tutri i prmYedimemi militari presi da Venezia anche in Terraferma, ma la risposta data da Tolcdo a Parella fu che lui non sapeva " ... a cbe cosa. 1111 re di .forza prepoll(/erante potesse ohhlip,arsi; 11011 tenere per lef.!J!,e o per patto cbe la sua propria moderazione e clemenzd'xxl

Ce n'era abbasta nza da far GtJ)irc a chiunque l'a ria che tirava. Carlo Fmanucle era una volrc vecchia e continuò a tenere souo le armi i Francesi c gli Svizzeri che avrebbe dovuw congcdarc, spostandoli in zone poco battute per non farli scoprire clafl'an•ersario. Toledo dal canto '>U<> richiamava i congedati e si rinforzava lentamente. \Jeanche il duca Perdinando Gonzaga rispcnav:1 i patti d'Asti e, se mendosi protetto dalla Spagna , perseguitava i signori monferrin i che gli si erano ribell ati, manclandom: alcuni su l patibolo. L'atmosfera diplomatica non en1 delle migliori neanche a Venezia, dove gli ambasciatori spagnoli si componavano alteramente, facendo capire al Senato quanto potesse es~erc dannoso essere amici del Duca di Savoia. !manto in Piemome don Pcdro de Toledo an:va radunato 20.000 fanti e 3.000 cava lieri. Fronteggiato un moto fomentalo in Savoia dall 'oro spagnolo. U Carlo Emanuele poté occurarsi eli lui con circa 15.000 fanti c l .HOO Gt\·alieri. Di nuovo gli Spagnoli si mostrarono poco decisi c più attenti alle lince di comunicazione che all'occasione di dare battaglia. Riuscirono però acl agganciare e battere la retroguardia franco-piemonte~e a Luc<.:dio, mettendo in crisi Ca rlo Emanuele, obbligandolo a chiudersi en tro Crcsccmino e dando inizio alla d iserzione in massa dei Francesi al suo servizio. A d ire il vero nemmeno don Pedro dc Tolcdo ~tava tanto bene: le sue truprc. come al solil<>, erano stat<.: colritc da malattie in forma epidemica. a\'e\·ano vbto diminuire il soldo c distanziarsi i giorni in cui \'Cni\'a loro versalO e. come al solito, a\·evan rrcso a disertare. La forza effclli\'a dell'esercito :-.pagnolo era quindi molto scemara e questo spiega la sollecitudine dimostrata c.Ia don Pcdro

11 Era stato compr.Ho <b don Pedro ti l.t,·or,· dd ramo ca<leuo d t ~.tYoi;~-i\'emour:.. ti qual<· <1\t'\'<t '<>Ile · \,Ilo p.me della S.t"'"' ohhligando Carlo l:mJnudt·" m;tndan: la u n qu.tno dt ttllle le 'lll' lo11c


CARLO E-.tA.'<llELE [ E l ' LI() l l l <OLI

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nell'ascoltare le proposte di pacificazione portategli per conto del Papa dal cardinale Ludovisi. Carlo Emanuele colse l'occasione al volo e si disse disposto alla tregua, approfittando della cessazione dei movimenti avversari . l sussidi veneziani continuavano ad arrivargli punmali; e puntualme nte li spendeva pagando le truppe, con una regolarità da far invid ia ai suoi nem ici e ripianando le perdite di armi e materiali. Il principe Vittorio Amedeo gli riportò dalla Savoia i 5.000 fanti e circa 600 cavalieri impiegati contro la sollevazione c, grazie al rientro in rango d i molti tra disertori c sbandati dopo Luct:dio, la situazione dell'esercito ducale migliorava a vista cl'occhio, facendo diminuire altrettanto in tì·etta le possibilità eli pace. Comunque l'inverno e ra oramai alle porte e don Pedro pensò eli potersi ritirare nei quartieti inverna li . Aveva fatto i conti senza l'oste e aveva fatto male. Carlo Ema nue le e ntrò ne l Monferrato, conqu istò mezza dozzina di paesi e avrebbe proseguito la sua campagna invernale se in quel momento in Francia non si fosse verificato un rovesciamento eli poteri. Luigi Xlii aveva deposto e fatto uccidere il Maresciallo d'Ancre e, relegata la regina madre Maria de'Medici a Blois, aveva incominciato a governare cl.a solo, spianando in prospettiva la strada all'avvemo al potere del cardinale de Wche lie u. Per il momento un simile cambiamento compottc') il rientro in Francia di Lesdiguières e eli tutti i suoi uomin i, rendendo però concreta l'eventualità di un maggior impegno francese a favore elci Savoia. dato l'atteggiamento anrispagnolo del Re Cristianissimo. Comunque la campagna invernale in Monferrato, pur non risolutiva in termini militari, si stava rivelando di e norme importanza dal punto di vista propagandistico, dimostrando a tutta l'Ita lia quanto inefficiente fosse divenuto l'apparato bellico spagnolo. L'unica p ianaforte monferrina ancora in mano all a Spagna era Sa n Germano, difesa dal napoletano Tommaso Caracciolo, il quale riusciva a evitare d'esservi chiuso dcnrro, a inr<.:rcenare i rifornimenti piemonresi, a infastid irne i movimenti e a tenere bloccata Vercelli. La sua resistenza e l'aiTi vo di nuovi contingenti eli fanreria indussero don Pedro a tentare proprio la presa di Vercelli . La cosa a ndava faua in fr<.:rta, perché si sapeva de ll 'all estime nto d i un esercito sabaudo in Germania al comando el i Mansfeld e si temeva eli vederlo arrivare da un mome nto all'altro. Il 12 luglio 1617 gli Spagnoli diedero l'assalto generale - respinto -e ne lanciarono un secondo poco dopo col medesimo risultato. Aumentarono la pressione quando seppero cldl'immincntc arrivo eli 8.000 uomini da lla Francia al comando eli Lesdiguiè res e alla fine, al cinquantaseiesimo giorno d 'assed io. quando i Francesi e ra no ad Avigliana, Caluso dové capitolare. La delusione del Duca per il ritardo dell'alleato e la resa della cinà non ru lunga. unite le proprie truppe a quelle di T.esdiguiè res marciò su Asti per prevenire eventuali mosse ofrcnsive nemiche, visto d1e don Pedro s'era accampato


58 lungo il Tanaro, distribuendo i suoi fra sette paesi diversi. Dato che l'avversario sembrava tranquillo, il Duca decise d'attaccarlo nei suoi alloggiamenti. Ebhe fortuna e poté riprendere rutti i paesini infliggendo all'esercito spagnolo perdite complessivamente rìlevanri e preoccupando molto don Fedro. eh<..: temé un'azione contro Alessandria. Incapace di rispondere colle armi, Tolcdo si lamentò a Madrid d'essere stato attaccato dalle Lruppe frances i, nonostanre lo stato di pace esistente tra Spagna e francia. Luigi XJIT scrisse a Lesdiguières eli non eccedere, ben sapendo che la fine del conflitto era ormai prossima. Infatti i successi ottenuti coll'appoggio fran cese avevano rinforzato la posizione dip lomatica c negoziale d i Carlo Emanuele I, consentendogli di trattare praticarnente alla pari cogli Spagnoli. Grazie alla mediazione pontificia e veneziana, il 9 ottobre 1617 si raggiunse l'accordo finale a Pavia. Il Piemonte avrebbe restituito le piazze appartenenti al Duca di Mantova, alla Santa Sede e all'Impero occupate nel corso del con~litto, poi avrebbe deposto le armi. Subito dopo, c sotto la garanzia dei He Cattolico e Cristianissimo, il Governatore di Milano avrebbe fatto lo stesso, restituendo ai Savoia le LetTe conquistate. Infine sarebbero swti scambiati i prigionieri. Carlo Emanuele ne usciva senza altri danni eh<..: la mancata acquisizione del Monferrato. La Spagna invece perdeva parecchio del suo prestigio militare, vista la difficoltà con cui , pur essendo la prima potenza miliLare del mondo, aveva potuto parzialmente prevalere: su Piemontesi. Per di più sembrava destarsi un cen o spirito d'indipendenza italiana . Se in lode sua delle sue imprese contro la Spagna Carlo Emanuele aveva ricevuto versi da Tassoni, dal Cavalier Marino, da Chiabrcra, da Guarini c un ceno consenso da parte della classe colta italiana, la sorpresa fu nel consenso c he raccolse nelle piazze di tutta la penisola. A Venezia ··La uoce che per tutti i cantoni risuona del popolo di questa città di op,ni età è comunem.ente: Viva il Re di Sauoia"X<'<JJ riferiva l'abate Scaglia nel 1617, al tempo de ll'assedio eli Vercelli. Sempre "a Venezia gli Spagnoli era110 mostrati a dito dalla plebe che gridaua "Viua Savoia ejbra la Spagna."XXII I T Veneziani erano alleati ed e ra comprensibile. Un po' meno aLteso invece fu quanto accadde a l{oma quando, il 29 giugno 1617, "dopo che l'ambasciatore spagmwlo ehhe presentato al papa il tributo si trouò lvan quantità di popolo che cominciava a gridar: Viva Savoia !"xxtv Peggio: si cominci ava acl ipotizzare una genera le sollevazione antis pagno la e la creazione eli una federazione costituita dai soli principi italiani e col Papa sovrano eli Napoli e della Sicilia. "Allegrati, o nobile Italia, che ritornerai in felice stato; sarai presto repubblica tmitCl, li tuoi stati e regni gouenzati dai loro natura/t'xxv diceva un manifesto affisso a Napoli nel 1617 e prontamente strappato dalla polizia s pagnola. ''Siamo appena a terlltini da poter d{fendere il nostro" asse rivano sconsolatamente fonti ufficiali spagnole, scrivendo da Milano a Madrid nel dicembre 1616 in risposta alle pressioni per l'occupazione miliLare de l Piemonte.


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La pace cr3 dunque necessaria alla Spagna, ma il destino covava terribili sorprese e non sarebbe..: passmo un anno prima che i Tcrcios si rimenessero in moto. Stav:.l per cominciare lt~ Guerra dei Trent'Anni.

IV) Carlo Emanuele e l'inizio della Guerra dei Trent'Anni

La Guerra dci Trent'Anni è stata ritenuta fino a tutto il XX secolo un conflitto tedesco. combattuto da tu tti gli Europei continentali meno gli Italiani. La sca rs<~ storiografia iraliana degli ultimissimi anni del '900 ha cominciato a rivedere questo giudizio ed ha riscoreno che l'insieme delle vicende belliche e polìti che svo ltesi fra il 1618 ed il 1648 non solo interessò rrofondamenle l'Italia ma, addirittura, che senza l'intervento degli ltalian i non sarebbe mai conùnciato, o a lmeno non come sappiamo oggi. Per di più, uno dei colpevoli maggiori dell'evoluzione della crisi in senso militare fu senza dubbio Carl o Emanuele I. Le guerre non scoppiano mai accidentalmente, ma sono il risultato eli molte cause e dell'allrito d i rolitiche opposte. In q uesto caso molti e rano gli elementi che contribu ivano a forma re il quadro generale. Uno e ra il desiderio della Spagna di risonomettere l'Olanda e di conquistare il territorio veneziano, per congiungere via terra i propri domini a quelli austriaci, desiderio a c ui si contra pponcvano la consapevolezza che le Province Unite e la Serenissima avevano di quei pericoli e la loro determinazione ad cvitarli od annullarli. Un altro era la debolezza del ramo austriaco della Casa d'Asburgo e la volontà dell 'arciduca Ferdinando el i Stiria di rinforzarlo, riacqu istando l'amico potere. Ma i suoi sudditi prorestanti sapevano che poteva riuscirei solo abbattendo le autonomie locali c, in primo luogo, distruggendo la giustificazione morale su c ui esse riposavano, cioè la conkssione riformata, luterana. utraquista o calvinista c he fosse . Perciò difendevano con tune le loro forze ogni m inimo aspeno della loro liberlà re ligiosa. C'erano poi il desiderio dell a Fra ncia di spezzare l'anello asbu rgico che la stringeva dai tempi d i San Quintino, il timore del Papa el i trovars i stretto a nord e s ud dai dom ini eli una Spagna troppo forte per essere osteggia ta e c'era, infine, l'ambizione del Duca di Savoia. n pretesto della guerra fu certamente religioso; ma accanto alle questioni dottrinali e s pesso nella loro ombra , ve ne erano d i politiche e di economiche di grande rilevanza. Riassumendo mollo sinLeticameme: il motivo che portò alla crisi fu c he i principi tedeschi volevano conservare l autonom ia politica e le proprietà ecclesiastiche el i cui s i erano impad roniti al tempo della Riforma. Il protestantesimo era in realtù solo una giustificazione morale per la consetvazione eli quanto :wevano ottenuto c, difendendo la fede rifonna ta, d ifendevano le loro terre c la loro indipendenza dall'Imperatore.


60 Come si sa, l'inizio della contesa risale alla sommossa rraghc:-.e che culminò nella defenc<>rrazione di due consiglieri imreriali cauolici e fu seguita dall'offel1<t della corona di Boemia, a quel tempo elettiva, a vari princiri. La diffi co lt~ era che m:ssuno di loro aveva denaro a sufficienza per sostenersi milit~lr­ mente su l trono di San Vcnceslao, né i rrote:-.tami tedeschi, raccoltisi già da tempo neii'Cnione Evangelica. erano ahbastanza ricchi rcr levare un esercito. E qui Carlo t:manucle l di Savoia svolse un ruolo determinante. Nel corso della guerra monfen·ina si era avvicinato all'Unione Evangelica in funzione antbsburgica cd aveva ottenuto che essa gli meuesse a disposizione il conte von ,\Jamfcld. A lui, come ahhiamo visto, il Duca aveva versato il denaro necessario ad arruo lare un esercito di 4.000 uomini in Germania; ma quando fu pronto le ostilit;ì erano cessate e Carlo Emanuele non ne aveva riCI hisogno. Era il 1618, la rivolta di Praga si era verificata proprio allora: ed i Cechi :l\ c,·ano offeno all'elettore palatino Federico V di farsi eleggere re eU Boemia. L'Unione Evangelica rropose allo ro a Carlo Emanuele uno scambio: 1\:sercito pagmo c.Ia lui c comandato c.Ia Mansfekl contro l'elezione al trono imperiale. Il Duca accettò immediatamente. Dei serre elettori dell 'Impero tre erano cauolici, tre prorestanti e il quarto, quello decisivo, era il lk di Boemia. ~c Federico V oueneva il trono. l'elezione del Savoia al soglio imrcrialc era sicura. Ma sfonunmamentc l'arciduca Ferdinando d'Asburgo riuscì a sfruuare le di,·isioni esistcmi in campo riformato tra Calvinisti e Luterani, si accorciò all'ultimo momento cogli elettori protestanti di Sas-.,onia e del Brandeburgo e oltenne la sacra romana corona germanica. Contemporaneamente Federico V veniva dello re di Boemia. Ma perse tempo c lasciò che ferdinando si accordasse colla Lega Cattolica e trovasse aiuti. Così, oltre 50.000 cattolici, tra i quali moltissimi llaliani, marciarono conu·o i 50.000 protestanti rac colti da Federico elle, alle ptnte di Praga, alla Momagna Bianca, l'H novembre '1619 si comportarono come poterono su un terreno sfavorevolissimo c in un'ora furono bamni sanguinosamente. Quauromila protestanti boemi restarono sul terreno a fronte di poche centinaia di imperiali. Il ranico si impadronì dello sfortunato Federico e lo indusse <l fuggire senza tentar la minima resistenza. Contava sull'aiulO dci sovrani che l'avevano ricono:-.ciuro re c l'm·evano aiutato; ma rimase deluso. Ben rresto la guen·a dilagò in rutta l'Europa centrale e toccò anche l'Italia. Ai primi dd secolo era stato nomi nato governatore di Milano. l'abile generale spagnolo don Pedro Enriquez de Azeveclo conte de Fuentes il quale an:va pensato subito a riorganiaare militarmentc il Ducato. specie in considerazione della perenne osti lità asburgica nei confronti dei Veneziani e dalla presenza dei protestnnti Grigioni, padroni della Valtellina. rl motin> rrincipale eli contesa era la questione delle rruppc veneziane. l.a Serenissima non poteva arruolare in ltalia perché ruLLi gli Stati italiani - dietro pressione spagnola -proibivano forma lmente ai loro sudd iti eli prendere servizio sotto le sue bandiere. Per questa ragione auingeva reclu te in Ccrmania e in particolare nel Ducato eli Lorena.


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Dati i pessimi rapponi cogli Asburgo e per evitare che le impedissero il transito de lle reclute arruola te, Venezia aveva stipulato nel 1602, all'epoca dell'interderto pontificio, un accordo coi Grigioni pe r avere per le unità da lei arruolate il libero e perpetuo passo attraverso il lo ro territorio, che includeva la Valtellina. Quando l'aveva saputo, Fucnres s'era infuriato coi Grigioni e li aveva minacciati di sanzioni; ma quelli avevano tenuto duro, anche perché l'accordo oltre a rinfo rzare Venezia, inclirenamente danneggiava la Spagna e q uindi piaceva pure a lta Francia. Il Conte a llora aveva vietato loro il commercio col Milanese attraverso il Lago di Como e. per interd ire completame nte il traffico, aveva costruito il fo rte d i Fuentes, c he doveva blocca re e controlla re tutte le strade da e per la Valtellina e i Grigio ni. Ma il sistema fortificato lombardo non si limitava a questo. Ultimato proprio negli anni '10 del XVII Secolo c comprendente 16 tra castelli e fo rti, doveva servire no n solo a proteggere il Ducato, ma anche e sopratutto il cosiddetto ··cammino - o Via, o Strada - di fia ndra", cioè il lungo percorso che consentiva eli po1tare via terra truppe dal la Spagna e dall'Italia in Olanda o in Germania. Le principali fonri di reclutamento di Madrid erano in fatti la stessa Spagna c il Regno di Napoli 1' 1 e le truppe dovevano poi essere instradate sull'itinerario Napoli-Orbetello-Genova o Finale (o Barcellona-Genova/ Finale) Sospello-Milano-Lago di Como-Valtellina-sponda superiore del Lago di Costanza- Corso superiore del Reno-l{enania-Alsazia-Strasburgo-Olancla (o, se anelavano ne lla Germania centra le o orientale -Lago di Costanza, d ove c'è lo spartiacque Reno Danubio, -Co rso supe riore de ll 'lnn-Vie nna-Boemia e Germania cemro-oricntale). E' da nota re che, a ca usa della separazio ne fra il Trentino e la Lombardia data dal territorio della Repubblica d i Venezia e dalla no n certa dispo nibilità del te rminale fluviale di Mantova, quella era l'unica strada vera me nte sicura. Inoltre bisogna ricordare che proprio Fucnres aveva completato la s icurezza del Ca mmino di Fiandra impadronendosi del Marchesato del Finale nel l 602 e, no n appena il fone di Fue mes era sta to ultimato, spedendo le proprie truppe ad occupare eli sorpresa il feudo lig ure di Sospello, perché e ra l'unico lembo di territorio genovese che si inte rpo neva tra il Finale e la Lombard ia spagnola . In questo modo l'afflusso d i rinfo rzi e rifo rnime nti da Barcellona o da apoli si sarebbe svolto sempre c solo su territo ri della coro na di Spagna e il Cammino eli Fiandra non avrebbe corso rischi d'interruzione, alme no in Ita lia. Per quanto era in suo potere, Fuentes aveva fatto tutto il possibile - e non e ra poco - pe r miglio rare l'operatività dell'apparato militare spagnolo . Ma o ra, col conflitto a ppe na scoppia to, d iveniva fondamentale no n solo ga rantire a nche il

11 " l cu i soldati ~n·evano la precedenz:~ 'u lLIUi quelli degli altri Stati, ccccttumi i soli Spagnol i. e dal 1665 avrebbero goduto l'onore di tenere la si ni:.Jm - la destra la tt·nc,·:Ulo i "'Tcrcios dc Esp:ub"- in tutt i gli eserciti delle corone degli A;,burgo '>pagnoli.


62 tratto di r ercorso non controllato. cioè quello in territorio grigione, ma pure impedire che altri se ne potessero servire. L'estensione della guerra alla \'alrcllina, col co-;iddetto Sacro i\ lacello - il massacro dei Protestanti valtellinesi del luglio 161H - porte'> in italia lo scontro clircno franco-spagnolo. Dal massacro infarti usci' ano \'incitrice la Sragna, che si assicuraYa il controllo dd l'intcro Cammino di Fiandra , e sconfitte la Francia e Venezia. La Serenissima no n si perse d'animo e intavolò subito dci colloqui a Parigi rer com·incere il Cristianissimo della necessit3 d'un'azio ne antispagnola in s,·izzera c in Valtcllin~l.

Ca rlo Emanuele ,·idc come al solito grandi possibilità c, preoccupato dall'accresciuta rorcnza spagnola c dalla saldatura dei territo ri asburgici, sostenne l'azione diplomatica dc i Veneziani. Così. sp ima anche dal nuovo papa Gregorio \."\!. non troppo filospagnolo, la Francia si mosse. facendo presente a ~ladrid quanto la situazione valtellirH:se non piacesse a Luigi XJIT. Le trattati,·c non portarono ad alcun risu ltato positivo. La situazione s'ina-.prì. Sa\'oia <.: \ 'enczia intensificarono le pressioni sulla Francia c, nel nO\·embre del 1622 , Carlo Emanuel e l incontrò Luigi XTH ad Avignone, arrivando po i nell'aprile dd 1 62.~ alla Lega eli Parigi. La Francia aw<.:bbe messo in campo da l '>.000 a 18.000 fanti , Venezia da 10.000 a 12.000 c Carlo Emanuele 8.000. Per b cavalleria ogn uno dci collegati avrebbe fo rnito 2.000 uomini: c si sarebbe ripreso in servizio 1\ lansfeld perché distraesse forze austriache dall'Italia. Al trattato avrebbero potuto accedere gli Svi7.Zeri, gli altri Stati italiani, quelli tedeschi e l'Inghi lterra. Dopo altri contatti diplomarici durati turta l'estate. ,\-ladrid si armò; la Lega pure e, anzi, si ampliò. Infarti in ortohre si trovarono segretament e acl Avignone gli ambasciatori non solo di Fra ncia, Savoia e Venezia, ma anche d'inghilterra. Ola nda , Danimarca c di alcuni principi protestanti. Del rl':-.to l'intl'r-ruzione del Cammino di Fiandra era talmente imporrante per l'a ndam<.:nto della guerra in Germania che ben poco pote\'a esserle anteposto. Lo sforzo principale delle immim•nri opera zioni doveva essere esercitato dai rrancesi attraverso la Svizzera, mentre un secondo c un terzo front<.: sarebbero '>tmi apcni in Italia dai Piemonresi e dai Veneziani, in modo da muo\'ere a tenaglia sulla Lombardia da ovest, da est c c.Ia nord. Sul finire dell'autunno le truppe francesi calarono in Valtellina, ma non riuscirono a sfonda re.

V) La guerra di Genova del1625 Visthi hloccati sul lago di Como, i France.si decisero di spostare il principale sforzo sulla linea Torino-Milano. Ma presto cambiarono idea e decisero di seguire i piani studiati nel settembre dell'anno prima a Susa. :-;econdo i quali bi o-


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gnava cominciare col sottomettere Genova. Le ragioni strategiche non mancavano. Prendere Genova significava tagliare all e radici il Cammino di f iandra, far cadere di rovescio il Ducato di Milano c, in ultima analisi, cambiare drasticamente il corso dei combattimenti in Germania. Ai motivi strategici se ne accompagnavano alrri di tipo puramente te rritoriale, viste le a ntiche pretese della Francia sulla cinà e quel le della Savoia sul territorio genovese. Entrambe erano d'accordo sulla spartizione: al Re il Levante, al Duca il Ponente, Genova in condominio provvisorio finché non si fosse decisa la sorte della Corsica. Poi chi avesse avuto l'lsola avrebbe ceduto la sua parte della Superba all'allro. Ve nezia non e ra d'accordo; ma rutto fTt stabiliro senza informarla e si continuò a sostenere che i ci rca '14.000 fanti c i 1.500 cavalieri che Lesdiguières portava in Pie monte avrebbero puntato su Milano insieme ai 14.000 fanti e 2.500 cavalie ri del Duca di Savoia. Richclieu ordinò alla squad ra del Mediterraneo di levare le ancore c spedì un ambasciatore in Olanda a chiedere 20 vascelli da mandare a izza entro il gennaio de l 1625, per impiegarli contro la Spagna in Mediterraneo. Ottenuto dal Duca d i Mantova il passaggio attraverso il Monferrato, nel febbraio del 1625 le truppe francesi c sabaude, comandate dal Maresciallo di Créqui e da Lesd iguières le une, dal Duca e da suo fig lio Tommaso di Savoia le altre, calaro no sulla Riviera ligure . senza dichia raz ione d i guerra . T Francesi avre bbe ro voluto prendere Savona per assicurarsi un porto dove sbarcare i rifornimenti e i rinforzi provenienti dalla Provenza, ma Carlo Emanuele li convinse a marciare subito su Genova. TI Senato aveva guarni to bene sia Savona che Ventimiglia, Albenga e Pono Maurizio,l''i ma aveva trascurato la Capitale. Quando seppe la d irezione presa dai ne mici, ric hiamò il maggior n umero possibile di soldati , li affidò a C7iangerolamo Doria c chiese aiuto alla Spagna ed al governatore d i Mila no, il quale aveva già mandato a Tortona 4.000 uo mini. Intanto i Piemomesi scendevano su (ì-enova da Rossiglione per Voltri; i Francesi dalla Bocche tta per G:wi e la Val Polccvcra verso Sampierclarena . La fortezza eli Penna, che sbarrava il passo attraverso la Val Roia, fu assediala il 1:3 aprile dai 400 uomini del marchese eli Dogliani e cadde subito per il tradimento del castella no, aprendo ai Piemontesi il passo verso Ovada. Occupata quest'ultima , Carlo Emanu ele assalì le postazioni genovesi alla strettoia di Rossiglione . l difensori fuggirono tutti meno un a compagnia eli Corsi, che cedé solo dopo aver perso 20 uomin i in seguito all 'esplosione d'un h:uile di polvere da sparo. Lasciatosi sul fianco due compagnie nemiche rincbiusesi entro Masone, il Du ca inseguì i Genovesi fino alla costa.

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Po i riham:zzata lmpL"ria.


La notizia della sconfitta destò il panico nella Surerba. Il Senato ordinò l'abbandono di wttc le posizioni e il concentramento delle truppe nella capitale. Savona fu evacuata; ma Doria rifiutò d i lasciare Gavi, scrivendo ai Magnifici che la si roteva difendere bene e a lungo. Poiché i nemici non rotevano far passare l'artiglieria ~ulla streua strada del Rossiglione. ma ~olo per la via di Cavi. era ancor più importante non evacuare la riazza ma rc~btervi fino all'ultimo. Il Senato riprese coraggio. Rimandò a Savona il presidio che ne a\'eva richiamato e. contemporaneamente, r.:bbe la lieta sorpresa dell'a rrivo di 2.000 ranti e 200 c lva licri mandati dal d uca di Fer ia in aiuto alla Repu hi )lica. Le difese di Genova venner·o rapidamente potenziare; i Piemonte~i però non si an'icinarono e la situal'ione rimase in ~rallo. Poco prima di Pasqua il cardinale Barbcrini e monsignor Pamphili tentarono senza successo una mediazione fra la Repubblica c il Duca. Carlo Emanuele era sicuro cl'an.·r la \'illoria in pugno e non voleva sentir ragioni; solo che, come a\'eva prevbto Doria. la vittoria dipendeva dalle artiglierie c le artiglier ie non pass;wano dalla strettoia di Rossiglione. Per q uesto i Piemonrc~i cambiarono programma e si spostarono verso Ga\'i per unirsi a Lesdiguières contro Voltaggio: l'ultimo territorio da prendere per accerchiare completamente Ga\'i L' farla cadere. La Repubblica ~1\·eva confidato il comando della difesa della zona aprenninica a Tommaso Caracciolo; e lui si era arroccato proprio a Voltaggio con 5.000 fanti tra regolari, m ilizia e volontari levati per l'occasione. Carlo Emanuele era giunto a Ca rosi o colla fante ria c. mentre attendeva l'artiglieria, aveva mandato in avan'>coperta il signor di Sant'Anna verso Ga\'i, l'a\'anscoperta degenerò in battaglia. accorsero rinforzi da entrambi i lati c alla fine truppe gcnon~si crollarono c persero pure Voltaggio. La mossa successiva doveva essere la c3lata in Val Polcevera c la presa di Genova . li Sena to consultò il duca d i Feria pt:r sapere se fosse o meno il caso di concentra re nella capitale le truppe presenti a c;avi. Feria rispose d i si c furono mandati ordini in ta l senso al governatore del territorio. che ne uscì di notte con .).000 uomini per andare a Serra\'alle. l\la trO\·anclo le -.tradc impraticabili e temendo di venir sorpre-.o in marcia. prel'erì rientrare e, inaspettatamente. arrendcr:.i ai Piemontesi. La notizia cadde come un fu lmine su Genova. perché solo il castello di Gavi restav<.~ ad opporsi ai franco-piemontesi, ma con un trucco Ca rlo Emanue le fece cadere anche qucllo. 16 Ora dav,·ero la strada era aperta c solo un miracolo awebb<: potuto salvare la Repubblica: c il rnir~rcolo a\Yennc. Le:,diguière~ si rilìutò d'avanzare -.c non a\·es-

1" Il comandan lt· r\·~pins(· due inumn.JOIH di rc•s:1. Qu~ndo gh a"l'dbnli ~pia narono 1.1 ~trad:l all'allat-ro alle· m ura " foa,1 th Glllnon;IIP e g li imimarono l:t n..'.'" un:t tt•rz:J \Oh:1. ouen ne di ll1:111daw u n me"ll al Sl•na to t• promi~~: d';JrR·ntk-r'i ~t· non l'a\'t'1>-'<' vi,lo toma re entro lrt' ).tiomi: gli fu accon..b10. il lll<'~'o partì, riC<'' " i'lru/.ioni. tornò.. t' lu .ure~lalo dal duca d1 '>,1\ ou. che lo lr..lllt'111W Imo ;l dOJX> la 'ntdt•n/,1 dl'l tt•rmine ~l;t­ bllito. :\on \etkndolo ric·mr.tre emro illt'r/o 1-(iorno. ledete ai p.tlll. Il prc·,idto ,j arn:;.c:.


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se prima ricevuto viveri e munizioni per almeno rre mesi. Carlo Emanuele fece l'impossibile per convincerlo; niente da fare, i Francesi non si sarebbero mossi . Persa l'occasione, il Duca decise eli non restare fermo e si diresse alla conquista delle Riviera eli Ponente, che gli spettava comunq ue in base agli accordi di Susa, o rdinando al primogenito Vittorio Amedeo di prendere la Pieve, nella Valle d'Oneglia, con 6.500 fanti e 400 cavalieri. La difendevano 3.000 t~mri e 1.000 uomini della cernide- la milizia locale- comandati da Gerolamo Doria. Vittorio Amedeo impiegò cinque giorni a far passare 1c artigl ierie per le strette stradine eli montagna; ma alla fine ci riuscì e assalì e prese la cittadina, catturò anche Doria c sottomise rapidamente Lulta la Riviera di Ponente, colla sola eccezione di Triora; mentre il Duca, deciso a fare di Lutto per prendere Genova, concenlrava artiglierie, rifornimenti e uomini a Gavi. La situazione della Repubblica peggiorava eli g io rno in giorno. 11 denaro mancava: le truppe erano ridotte a niente, né si potevano colmare i vuoti perché la presenza del nemico impediva alle reclute di arrivare ai reparti. La Toscana mobilitava sul confine, pronta a calare su Sarzana c Sarzancllo; la Corsica sembrava minacciata dalla tlotta francese, quelle inglese ed olandese parevano prossime a raggiungerla c, per finire , le truppe spagnole si erano ritirate da Tortona ad Alessandria per non rimanere tagliate fuori dai collegamenti con Milano. In questa s ituazione disastrosa arrivò in porto una galera proveniente dalla Spagna con a bordo un milione di ducati, seguit<l di lì a poco da altre, con sei milioni ancora. Le rimesse dei feudi exlra-liguri dei patrizi genovesi erano arrivate e, con loro, la fiducia del mondo. Improvvisamente, ora che c'era denaro per le paghe. le reclute riuscirono a passare le linee piemontesi e a presentarsi ai repatti, portando le forze genovesi a 15.000 regolari e alcune migliaia eli cernide; le squad re delle galere eli Spagna c del Papa si unirono e vennero in aiuto alla Repubbli ca; il Granduca di Toscana abbandonò le idee che poteva aver avute su Sarzana e Sarzanello e mandò la propria squadra sottile ad aggiungersi alle altre due. La flotta francese venne neutrali zzata; e le cose cominciarono a migliorare rapiclameme anche per terra. I Franco-Piemontesi vennero bersagliati dalla guerriglia contadina e privati elci convogli d i viveri, la cui scarsezza fece apparire le prime malattie. Poi iniziarono le diserzioni e si seppe c he, finalmente, terminati i combattimenti intorno a Riva , il Duca di Feria aveva radunato le sue truppe c stava avvicinandosi con 20.000 fanti e 2.000 cavalieri . Carlo Emanuele gliene poteva opporre 8.000 e 2.800. Inoltre i suoi rapporti con Lesdiguières erano ora pessimi a causa della precedente c perniciosa inaltività dei Francesi. quindi non c'era al ternativa: hisognava rilirarsi c in fretta. Naturalmenle i Genovesi li tallonarono e ripresero Vollaggio, interamente arso, Gavi, dove trovarono 19 cannoni sabaucli, c Novi, mentre i Franco-Piemontesi entravano nel Monferrato e da là muovevano alla conqu ista di Acqui, puntando poi su Spigno e Cai ro.


66 Feria intanto non solo era giunto a Pavia, ma aveva anche aumcntaw le p roprie forze a 22.000 fanti e '5.000 caval ieri e punrava su Acqui, che prese subi to, obbligando i nemici a ripiegare su Asti . Lasciando agli Spagnoli il teatro operatÌ\'O monferrino e appenninico. la Rcpuhhlica si volse al recupcro della Riviera di Poneme, poi le truppe genm·esi si inoltrarono ver'>o nord cd ovest. recupcrando Ventimiglia c giungendo a minacciare Ceva. Gli alleati avrebbero vimo facilmenre se agli Spagnoli non rosse venu to in mente eli assediare Verrua. Le lo ro intenzioni erano semplici. Volevano solo devastare il Piemonte, senza sottrarre nu lla al domin io sabaudo. ma avevano hisogno di una base d'appoggio. Poiché Ve•nw separava l'Astigiano dal Vercellese. la sua presa ne a\-rebbe facilitato molto il saccheggio impedendo invece ai Sabaudi di passare dall'uno all'altro per difenderli con le forze riunite. Rendendosi conto del pericolo c del fatto che quella era l'ultima fonczza a frapporsi tra il m:mico e Torino, Carlo Emanuele decise eli resistere a tutti i costi c andò a piazzarsi sotto Verrua , ponendo il grosso nella vicina Crescemino. Lcsdiguières lo seguì con 5.000 uomini, perché Richclieu aveva ordinato di non la'>ciar prendere assolutamente la fortezza agli Spagnoli.

VI) L'assedio dl Verrua Verrua non era dotata di fortificazioni tali da consentire una gran difesa. Consiste\'ano infaui in un castdlo - che era più una casa rinforzata che un ca!>lello- con una '>ola torre c privo di baluardi. fossati o bastioni c dalla cittadina racchiusa entro un muro eli cinta. F.ra stato fano il possibile per trincerarsi e rinforzare le poche c rud imentali opcrt.: esistenti c, clut.: giorni p ri ma ciel princip io de ll 'assedio, il 9 agosto del 1625. la fiduda era tanra da far apporre su lle mura un grappolo d'uva e un porcellino, entrambi di pietra. colla scritta "Qual/d i cerr nutlll{I!,I'CIIl cous!'ua. ji Spag11eui pijmll l 'emd· - Quando i maiali mangcran quest'li\ a, gli Spagnoli prenderan Verrua. 1 ~ La fiducia non era del tutto ingiustificata, visto che dall'altra pane del fiume i Piemontt.:si poteva no giovarsi delle fortificazion i di Crescentino, elle insieme a Verrua stessa costituiva un validissimo sistema difensivo, destinato a migliorare col passar del tempo, come le guerre future a\Tcbhcro dimostrato. /\ parre que'>W, la guarnigione poté contare ~ubito su buoni rinforzi, poiché il 1O luglio entrarono in citr;ì 1.000 uomini guidati dal \larchese di l{enan; ma era comunque poco, visto che ai 22.900 fanti e ).000 cavalieri degli Sragnoli si potevano op-

l" A parte il f.lllo du: ti maiale- il \<:ITO - c l'll\·a faet'\';tno p.lrlc.· tlell'ar.tldict muninp.tk. l'origine:- ddl.t lr.t'L' rh:tlha :ti \kdtoc.·\o. quando la du;t ,1\L'\,t re'i'lilo in nnnll' dc.·• '>.1\ot.t ;ti .\!arche''-' dd \lonferralo.


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porre subito solo 8.000 uomini - 5.000 francesi c 3.000 piemontesi - saliti nei mesi successivi a 12.000 fanti e -1.300 cavalieri. Tanto Carlo Emanuele era deciso a difendersi, tanto il duca di Feria sembrava p ropenso a non impegnarsi troppo. Fra alti e bassi l'assedio proseguì fino a quando i Franco-Piemontesi, arrivati a soccorrere la piazza, lanciarono un attacco gene rale il 17 novembre 162'5 e fecero ripiegare gli Spagnoli . Di 28.000 che erano al principio dell'assedio. solo 5.270 rientrarono alle guarnigion i el i partenza. Pe r contro ai Francesi e ai Pie montesi, che avevano gettato nella lotta un complesso di o ltre 13.000 uom ini, ne restavano 4.350, con una perdita di un soldato ogn i due e mezzo del nemico. Verrua era ridotta a un cumulo eli macerie - aveva ricevuto 10.000 colpi d'artiglieria in tre mesi - ma il Piemonte aveva vimo. Per la seconda volta la Spagna non riusciva a battere Carlo Emanuele I e ora, e questo era più grave, l'insuccesso vanificava su l piano p ropagandistico e militare il buon risu ltato avuto fin o allora ne ll a d ifesa della Lombardia, rimettendo in discussione l'esito della guerra e rendcndonc urgente la conclusione negoziata finçhé e ra possibile farlo. Un'ulteriore a ttesa avrebbe ponato vantaggi ai Francesi ma non certo agli Spagnoli; per questo i diplomatici dei Re Cattolico e Cristianissimo, da tempo in trattative a l\llonzon , in Spagna, gi unsero a accordarsi sulla pace. firmandola il 6 marzo 1626. La Valtellina to rnava all o stato anteriore al 1617, quind i ai Grigioni , ma col divieto di professarvi altra fede c he la Cattolica Romana e colla faco ltà el i passaggio alle truppe francesi- J suoi forti sarebbero stati riconscgnati alle truppe pontifi cie, le quali vi sarebbero rimaste fino a che non fossero stati demoliti tutti quelli costruiti dopo il 1620. Dopo la partenza dei repani papali , i Grigioni non avrebbero potuto mettere p roprie guarnigioni e la Valle sarebbe rimasta ne utraLizza la. Per quanto riguardava Genova e Torino. Spagna e Francia avrebbero fatto del loro meglio per convincerle (c ioè le avrebbero obbl igate) acl accettare una tregua di quattro mesi c la nomina d i due arbitri che ponessero fine alla questione. Come al solito, la pace non piacque a nessuno, tranne forse alla Spagna, che vedeva allontanata la minaccia protestame dalla Valte ll ina e garantito completamente il Camm ino di Fiandra , visto che le truppe fra ncesi non avrebbero potuto far altro che passare nella Valle, senza soggiornarvi. A Parigi si diceva disonorevole per la Francia aver trattato tanto male gli affar i degli alleati itali ani_ A Torino si era della stessa opinione. Venezia infine non era per nulla socldisbtta del mutamento degli affari valtcllincsi, visto che in ultima analisi andavano comple tamente a vantaggio della Spagna c quindi a suo danno. Gli affari d'Italia del resto non andavano nel modo migliore, specialmente pe r quanto riguardava Tori no e Genova. Le conferenze arbitra li avevano concluso q uali fossero le re.stituzioni c he e ntrambi i contendenti avrebbero dovuto


fare; ma tanto il Senato quanto il Duca non ne vok:vano sentir parlare. Incidenti eli confine turbavano continuamente una pace rrecaria e alla fine indussero eli nuovo il Piemonte ad armarsi. Nulla sembrava poter impedire la guerra; ma improvvisamente alla fine di dicembre del 1627 morì il duca Vincenzo Gonzaga. signore di J\lamova c dd i\lonferrato, il quale lasciò turri i suoi :-.rari al lontano cugino Carlo Gonzaga di . eYcrs. Subito Carlo Emanuele ritirò fuori tutte le sue rrerese sul Monferrato. Stavolra però i suoi interessi collidevano con quelli francesi, poiché al Louvrc si vedeva con molt:) bvore l'insediamento di un nol>i le francese - tali erano orrnai i Gonzaga- <. • er:> da due generazioni - sul trono rnantO\·ano. La Francia avrebbe anrto in m:~no le chia,·i d'Italia: Casale. capoluogo del Monfcrrmo, per garantire la di-.cesa delle truppe dalle Alpi: l\lantova c il suo sistema di vie d'acqua per interdire quella delle forze imperiali dal Tremino. Ovviamente, se la successione ai f\evers anelava a vantaggio della Francia non era gradita alla Spagna. Così, dopo anni eli loue, i Savoia c gli Spagnoli si riavvicinarono e firmarono un trattato in base ;,~l quale Torino avrebbe ricevuto Trino, Alba e San Damiano, mcmre al Cattolico sarebbero andate le rimanenti rcrre del Monferrato. Geno,·a n.::-pirò, perché l'alleanza del Piemonte colla Spagna face\'a svanire il pericolo della ripresa della guerra ; ma Parigi lanciò fulmini. Monsignore il cardinale di Richclieu decise che la faccend:t era tanto grave da doversene occupare di persona e. per la prima volta ne lla sua carriera, uscì dai confini nazionali per as-.isrcre di persona allo svolgimento delle operazioni. Del resLO :lVC\'a a che fare con Carlo Emanuele. un a,·,·ersario che lui stesso, profondo conosciwre d'uomini, reputava pericolosissimo, arnmcrrendo di non aver conosciuto "nessuno ·'1Jirito pitì .forte. pitì uniue1:mle e ph"-1 allil'O di questo principe."XX\1

VII) La s econda Guerra di Successione di Manto va: 1628-1630 La motte del duca Vincenzo aveva lasciato aperta la strada anche alle pretese, tutt'altro che infondate, del duca eli Guastalla Fcrr<lnte Gonzaga. Ma l'eredità doveva anelare :.t i Ncvcrs, sia perché appartem:nti a un ramo più vicino a quello ora estintosi. sia perché Vincenzo aveva fatto sposare la sua ultima discendente Maria, al figlio di Carlo di Gonzaga-Ncvers. TlHte que:-,tc belle ragioni legali avrebbero retto poco in una contesa tra pri' ari, eli conseguenza non valsero nulla in una lite internazionale e cominciarono gli armamenti. Teoricamente, essendo Mantov:t un feudo dell 'lmpcro, sarebbe toccato all'Imperatore decidere la successione; e infatti Ferdinando d 'Asburgo aveva decreta to la sua esclusiva competenza sull'argonwnto, ordinando al nuovo Duca di consegnargli il Ducmo e a\ visandolo che, in ca~o d'inadempienza , avrebbe


CARI.O EMANUUe [ E l >l '01 r!GI.I

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proceduto contro di lu i citandolo davanti alla dieta dell'Impero. Se avesse resistito si sarebbe passati alle accuse formali, seguite dal bando imperiale e, inJine, dal ricorso alle anni. Poiché Carlo si sapeva appoggiato da Parigi e Venezia, non ascoltò le minacciose istanze provenienti da Vienna. Spagna e Austria si consuiLarono: il problema stava assumendo una connotazione poli tica, o ltre che strategica , poiché la presenza di una testa d i ponte francese a Mantova avrebbe consentito agli Stati italiani - Venezia, Savoia c Papa specialmente- di giovarsene per sfuggire al controllo asburgico. Quindi, sia per mantenere sicure le retrovie italiane del teatro di guerra germanico, sia per conservare l'assoluta preponderanza politica, occorreva avere Mantova o, non potendo, almeno Casale. Carlo Gonzaga, conscio del pericolo, aveva raccolto 8.000 fanti e 1.400 cavalieri , mettendone circa 4.000 dei primi e 1.000 dei secondi nell a capitale e altri 4.000 e 400 nel Monferrato. Carlo Emanuele s·cra accordato colla Spagna ma le loro forze riunite non sembravano su1Iicicnti per la duplice impresa di Casale e di Mantova. Nel Ducato di Milano erano stanziati 12.000 fanti e 2.000 cavalieri, dai quali andavano tolti quelli necessari a controllare il Cremonese e la frontiera svizzera. Carlo Emanuele stava un po' meglio ma d i poco ed entrò subito in guerra. A fine marzo gli Spagnoli andarono acl assediare Casale con circa 7.500 fanti e 1.200 cavalie ri, concentrandoli prima a Frassineto. Il 3 aprile Carlo Emanuele entrò in guerra, cominciando, come la volta precedente e secondo gli accordi stretti cogli Spagnoli, da Trino, Alba, San Damiano e Moncalvo, ma evitando di facilitare l'andamento della guerra in modo tale da permenere agli alleati di prendere Casale. Toglierne il d uca di Mantova per installarvi la Spagna sarebbe stata una pessima soluzione. Intanto i Francesi stavano arrivando in aiuto dei MonJerri ni con un esercito di 12.000 fanti c 1.500 cav~llieri comancbti dal marchese d 'Uxellcs e destinati a unirsi nel Delfinato alle truppe del Maresciallo de Créqui per poi scendere in Piemonte. Carlo Ernan uele chiese ed ottenne 5.000 uomini dagli Spagnoli c, grazie alle truppe del Principe Tommaso presenti in Savoia , che indussero Créqui a non lasciare il Delfinato , si trovò a dover aspettare il solo contingente di d'Uxelles nella zona de l colle dell 'Agnello, preparando tre ridotte per chiudere il passaggio e munendo il forte d i Castel San Pietro. D'Uxclles arrivò ai primi d 'agosto . Prese le tre ridotrc c scese in Val Varaita dritto in bocca al Duca che, dal 30 luglio, l'arrendeva a Sampeyre, col grosso in pianura e forti aliquote al comando del principe Vitrorio Amedeo sulle falde dei monti. 11 7 agosto 1628 i Francesi allaccarono contemporaneamente le colline e l'ala destra nemica. tenu ta da lla fanteria napoletana , che li respinse coll'aiuto della cavalleria piemontese. Furo no battuti e messi in rotta verso le montagne, lasciando sul terreno 3.000 tra morti, feriti e prigionieri e tutte le salmerie. Fu un grande successo. Una battagl ia manovrata e, per q uel che ne sappia-


70 mo e possiamo capire dalle rela7.io ni pe1venurcci, ricalcata sugli schemi rattici di Emanuele Filibe rto - manovra accerchiante, u~o intenso dell'artiglieria. carica finale di ca,·alleria - che oiLretutto confermò a Carlo Emanuele la ,·aliditù clell'ass<..'llO difensivo da lui scelto per il :\1archesato di Saluzzo. La linea strategica imposwta da Emanuele Fi lihe11o veniva seguita ancora una volta da figlio con successo. Sul piano pe rsonale la virtoria conferm,'> pure la fama eli abile condoniero di cui Carlo Emanuele già gode,·a da tempo e gli frullò grandi celehruioni, fclicita7ioni da runa llalia c da pm1L' del nipote, il re Filippo di Spagna l' una certa tranqui lli rà con cui guardare a ll 'nv,·enire ... l 'op,lio creder(/' scrisse infalli dopo la vittoria ··che pC!r l'illlwnz i questa !!,ente no 11 sarà cosìfacile a telllar c/'incadere li miei stati."x.'x11 Per ..,ua sfo1tuna :-.i ..,baglia,·a. L'insucces!'>o non fece abbandonare la partita a luigi XIJI e, sopr.~tutt o. a Richclieu. Impeg na ti nell'assedio della roccaforte ugonotta de La f{ochelle, aspettarono d 'averla presa, poi equ ipaggiarono un nuovo eserc ito c ne l frattempo tentarono b via dei negoziati . Carlo Emanuele non vide però nessun vantaggio nell'accettare le loro proposte. La Francia gli chicdc,·a pas:-.o libero per Ca~ale promettendo di garantirgli il possesso della parte del MonJcrr:.no conqu istata fino a quel momento. 11 problema - c Ca rlo Emanuele lo l'spose cletragliatamcnte in una lc rtera del 7 gennaio 1629 al suo ambasciatore a Parigi - non poteva e:-.~c re però risolto con tanta facilità. PermetLere l'arri,·o dei France'>i in Piemonte implicava una violazione dei patti stretti colla Spagna cd espOIK'\ a la Savoia ad inimicarsela, mettendosi da ll a parte dci to rto e preg iudicando qualsiasi po~s il>i l irà di trattativa fu tura. D'a ltra pan e i Francesi dichiarava no di voler anelare a Casale, ma si scopri,·ano abbastanza da far capire d 'essere intenzionati a marciare pure M t Genm·a. Gli Spagnoli potevano anche resistere al primo attacco senza danni per gli Stati '>abaudi, perché le operazioni si s::~ rchhc ro svoltl' nel Mo nfl'rrato, appa•tcnclìle ancora ai (;onzaga, ma per soccorrere Genova sarebbero cerramc nte entrati in Piemonte c ne avrebbero fatto il teatro dci combattimenti contro i Francesi. Allora Carlo Emanuele awehhe dovuto scegliere tra il rimanere ..,peuatore inene - e la ~o•tc del nonno Ca rlo lo ::.consiglia,·a - e lo schie rarsi. ,\la se i Francesi fossero e ntrati in Italia senza o pposi zio ne eia parte sua, non :,i sa re bbe potuto mettere dalla parte della Spagna senza essere accusato di tradime nto da Parigi - ve ne ndone trattato malissimo alla prima occasione, negoziate o no- e senza cavar nulla da ~ l ad tid. che gli a\Tehlx.· rinfaccialO di essere il colpc,·ole della presenza france~c in Ita lia c di tutti i guai derivatine. D'a ltra pane. !>C da,·vcro i Francesi vokvnno solo soccorrere Casale, pe rché no n provavano la via della Hivic ra e di Genova, ragg iungendo il Mo nferrato da sud ? Pen:h(·, s i rispondc ,·a il Duca. non e ra Casale il loro ,·ero ~<:opo, o almeno non era l'unico: ,·ole,·ano ..,taccarc la ~avoia dall'alleanza spagnola per poi ..,Oltometterla o distruggerla. Infine la Francia no n parlava assolutamente di combattere contro la Spagna; e questo e ra sospeuo. Se Hiche lic u non aveva inte nz io ne di "rcnnpC!re


CAlllO EMA.'fllELE [ E l <;l iO l Fl(; LI

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con Spagna apertarnente''XXVHI evidentemente voleva "alienarci da Spagnuoli. senz 'altro eff etto che di migliorare le cose del Neuers a spese nostre, perché in alto modo o romperebbe con loro. ouuero lellterebbe il passo fuori dei noslri siali.... continuando la Fmncia di l'oler che noi siamo i primi a riceuere le sue armi, è segno evidenle che i suoi fini si drizzano principalmente a danni nostri e che i partiti offerti tendono solo a rendere più facili quei mezzi che ci possono fare del male.'·XXJX Conclusione: neutra lità. T poch i b iografi di Ca rlo Emanuele I hanno finora Jitenuto ch e la sua scelta sia stma dettata da errori eli calcolo s ulla potenza militare francese - a lla q uale per ò ammettono che non si faceva nessuna illusione eli poter resistere - e s ul possibile aiuto impe riale e spagno lo . ln realtà la lettera del 7 gennaio è chiarissima se presa in conside razione solto il profilo strategico e stretta men te milita re . l Frances i a rrivera nno: non è detto che ci sarà un aiuto spagnolo immediato. ma è ce rto c he prima o po i la reazione spagno la ci sarà. Dunque è meglio non aderire alle proposte frances i, perché si rima rrebbe schiacciati tra le due potenze maggiori senza vie d'uscite. Meglio invece rimanere strettamente legati alla Spagna e suhire una sconfitta iniziale dalla Francia. calcolando eli potersi risollevare e salvare in seguito all'intervento spagnolo. Stavolta per<) la Spagna e ra bloccata. non solo dall'assedio di Casale, ma anche dal progress ivo aume nto de lle forze veneziane sul confine lombardo e dalla te muta ed ora effettuata entrata in campagna del Duca di Mantova, gettatosi sul Cremonese. Carlo Emanuele q uindi poteva contare solo sulle proprie forze. assai inferiori a quelle francesi in arrivo e non si faceva troppe illusioni. Sollecitò gli Spagnoli a compiere una manovra di alleggerimento con le truppe in Germania contro Toul , Metz e Verdun , sostenendo c he per guarda re tu tti i passi alpini lui avrebbe avuto bisogno di 40.000 uom ini , me ntre ne aveva si e no la metà e non e ra possib ile trarne a ltri 20.000 dallo Stato di Milano. :Non ci fu nulla da fare. Il 16 gennaio Luigi XIII partì per il Delfinato, dove si stavano raccogliendo imponenti forze e, quando si sentì pronto . nel marzo si presentò eli persona insieme a Richelieu davanti a Susa alla Lesta d i .35.000 fant i e .3.000 cavalli chiedendo il passo verso la Pianu ra Padana. Il 6 Carlo Emanuele, c he disponeva di soli 9.000 uomini, appoggiati ad un trincero ne sotto Chion1onte munito di artiglierie , si oppose e venne sconfitto. Perse 300 morti c J00 prigionieri e commentò che sarebbe potuté.l anelare meglio se i soldati tedeschi c spagnoli non fossero fuggiti a i primi colpi. Acl ogni modo aveva seguito la solita tanica , paterna e sua. 11 trincerone era l'avamposto, dietro il quale a valle era stato ten uto il grosso de ll'esercito piemontese, di cu i, ora c he si sapeva dov'erano i Fra ncesi, s i u lti mava il concentr·ame nto; e più indietro ancora si ammassava no le truppe spagnole lliche lie u lo sapeva c decise eli tratta re prima che le unità nemiche si unissero in un solo blocco.


72 Madama Heale, Cristina di Francia, m oglie del principe Vittorio Amedeo e sorella di Luigi X HI , riuscì a t<.:mperare m ol to le richieste dd Ca rdinale, non troppo propt:nso alla durezza, mentre Carlo Emanuele, visto che gli Spagnoli restavano fermi e pure izza t:ra minacciata d' invasione francese. non fece troppe difficoltà. l'll marzo 1629 venne firmato il traltato di Susa, con cui Carlo Emanuele concedeva il perpetuo dirillo di passaggio alle truppe francesi e garantiva i collegamenti colla Francia, consegnando in pegno a Luigi XTII la citwdclla di Susa c il castello eli Sa n Francesco. Questo baMò a Richelieu per raggiungere lo scopo di sblon:art: Casale e. quindi. cons<.:n are il trono ;:ti Duca eli Mantova. I.a presenza delle Francia in Italia era necessaria quanto mai prima. Gli Asburgo infatti si erano divisi i compiti e stavano radunando le forze per colpire i Gonzaga <.:vcrs. L'Imperatore aveva di stolto forti contingenti di truppe dal fronte tedesco c li stava mancbndo in Italia agli ordini di uno d i suo i migliori generali, il veneto Rambalclo di Collalto, coadiuvato dagli altn.:ttatìlo noti Aldringer e Galasso, coll'ord ine di prendere Mantova. Dal canto <.,uo il Re di Spagna avc,·a ~ostituito il proprio comandante in Lombardia, nominandO\·i il famosissimo marchese ligure Ambrogio Spinola, il vincitore di Breda, c menendolo alla testa d ell'escrciro destinato ad operare nel Monferrato: l(l.OOO ranti e 4.000 cavalieri rra Spagno li, Tedeschi , Napoletani c Lombardi. Tali movimenti spaventarono Italiani c Francesi. Il Papa allarmato dall'incombente ritorno armato degli hTlpcratori in Italia cercò d'ottenere da Ferdinando d'Asburgo la reYoca degli ordini contro ,\lanrova . .Ma da J\bdrid Filippo IV, e più di lui il conte duca d'Oiivares, tempestavano per il mantenimento degli impegni presi. Ferdinando era in dubbio e, nel dubbio, l' interesse dinastico prevalse c gli l'cee confermare gli o rdini impartiti : Mantova doveva essere presa. Trentascttemila imperiali si misero in marcia verso sud, portando ro,·ina, distruzione e la peste che avrt:bbe devastato l'Ita lia scrrcmrionale l'anno seguente. D avanti alla loro avanzala il Papa s'indignò e assunse una posizione ostile all 'Impero e agli Asburgo spedendo al confine paciano circa 20.000 fanti c 2.000 cavalieri , coll 'ordine di im pedire a qualsiasi costo l'eventua le ingresso dci Tedeschi nell o Sm ro Ecclesiastico. Ma più eli questa mossa. minima nel contesto miliwre generale e in clcfiniti\'a ,·olta .:.olo al mantenimento della sicurezza dei propri Stati, l'impron·iso inasprimento dci rapporti fra Roma c gli Asb urgo segnò profondamcnrc il conflilto . "La crisi di Mantotxz. insignificante in sé. costituì l'ecento determinante

della Guerra dei Trent'Anni, perché provocò la separazione dc~jìnitiua della Chiesa Cattolica. allontaltc) il pontejì'ce dalla dinastia asburgica e rese m orcllmente possibile. per riequilibrare la situazione. f'ol/eanza ji·a Potenze protestanti e callolicbe.''xx'\


73 A Roma non si diceva più ··1 noMn parlando degli Imperiali e degli Spa gnoli come era accaduto ed era !-.lato serino al tempo della battaglia della Monragna l3ianca, quando ci si sentiva accomunati acl essi dalla difesa della Fede Cauolica; ma, come ora faceva il Papa , si stava sul chi vive c si parlaYa a bassa voce a causa delle spie spagnole in Vaticano. La calata degli Imperiali c l'arrivo d i Spinola indussero la Francia a imervcnirc con grandi forze. Alla testa di 20.000 fanti e 2.000 cavalieri, eli nuovo l{ichclicu prese la via dell'ltalia, m<t stavolta come generalissimo dell'esercito reale, oltre che come ministro plenipotenziario in grado di trattare la pace e la guerra a suo piacere. l Francesi erano ancora lontani. dm·eyano aurm·ersarc il Piemonte. e\imre o bauerc Spinola a Casale cd era difficile il loro arrin> a Manro"a prima di Collalto. Per questo Venezia, più direttamente interessata e allarmata dall'arrivo degli Imperiali, mandò denaro c uomini a Mantova per aiutarla a resistere. Riuscì a farceli arrivare subito prima dci Tedeschi, la cui avanzata era stat<l tanto rapida da impedire al Duca di radunare le proprie truppe sparse nei presidi c in campagna. Ora Mantova poteva resistere; ma l'unica speran7.a eli salvezza risicdev:J nell'arrivo dei Francesi c la parola passava al Duca di Savoia. Carlo Emanuele era in tJU<..'I momento il classico 'aso eli coccio tnt i vasi di ferro della Francia e degli A-,burgo. L'alleanza spagnola l'obbligava ad oppor'>i a Richclicu; ma la convenzione di Susa dell'anno precedente gli imponeva di !asciargli libero passaggio. Che rare ? Qualunque scelta avreblx: comportato inimicizie pote nti c danni enormi, tanto più grandi in quanto l'llalia stava diventando il centro della guerra. Infatti in quel breve interval lo di tempo compreso J'ra la metà del 1629 c la fine dell 'estate del 1630. incuneato fra la fine del Periodo Danese e il principio del Pe riodo Svedese delb Guerra dci Trent'Anni, IH lentamente l'attenzione dci belligeranti si stava spostando dal teatro tedesco all' Italia Settentrionale e. insieme ad c::.~a. ::.i sposta\'Jno le loro truppe. Centotrcntamila tra llaliani - Piemontesi, Mantovani. Veneziani, Lombardi, . apolctani c Pontifici - Tedeschi, Spagnoli e francesi si St<l\'ano concentrando nella Pianura Padana o ai suoi margini, pronti a saltarsi addosso al primo segnale. Da Carlo Emanuele dipe ndeva la piega che gli avvenime nti avrebbero preso c Ca rlo Emanuele decise di camminare sul fi lo del rasoio con una lievissima prefe n.:nza alla Spagna. Per questo fortific<'> Avigliana e vi concentrò il grosso delle sue truppe 12.000 fanti c 2.500 cavalieri - s pedì il principe di Piemonte Vittorio Amedeo a parlare a Richelieu. giunto in Savoia, e aspenò gli eventi. IM E' qut"..lo il motivo per cui akuni , torin. sulla scia tlt R. Qu.t77.t dw JX'r primo lo ipotizzò. .,o.,wngono l'c..,bt~tlza dt un qu into periodo - Pt<riodo Italiano - ddb Guerra tk•i Trl·m 'Anni. da collocare 31 lt'rto posto, appu nto tra il Dane,c. dtt· <.· il ,t·rondo, e lo Svedese, iniziato rwll':.tgo,to del 1630 collo , harn> di Gustavo Adolfo in German ia.


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Da quel momento il gioco divenne sou ilissimo e difficilissimo. Ricbdieu non roteva re-;tare a Su'>a senza rerdere la faccia, perché ave\ a proclamato di esser arrivato in Italia per aiutare il Duca di Mantova, ma no n poteva nemmeno avanzare se i Piemontesi non gli davano esrlicitamcntc libero passo c non si dichiaravano amici. Domandò a Carlo Emanuele eli assumersi l'incarico di 'ettm·agliare Casale, obbligo previsto per i Savoia dalla com enzione eli Susa ma roco rispettato, mentre lui si sarebbe direno in Lombardia. Ca rlo Emanude non disse di no. ma nemmeno apenamente di si e si limitò a pn.:parare i convogli dei Yi\·eri. Richelieu mosse l';wanguardia. ma Carlo Emanuele tenne fermi i carriaggi. O "i muo' e\·a tutto 1\~'>ercito - ~piegò - o i ca rriaggi non sarebbero partiti per Casale; l'avangua rdia non contava. l Francesi speravano d'avere almeno ra~so libero rer Avigliana; ma i Piemontesi non -,i mossero c li obbligarono a pa~sare rer le pessime strade eli CondO\ e e Casa lene . .'\k•nrre i suoi uomin i sguazzava no nel fango, il Card in ale l'<:ce sapere al Duca che , essendosi mos.-;o con tutto l'esercito , si aspettava sia di veder mandare i famosi vetlovagliamenti a Casale ~ ia di vçderlo liberare il passaggio di A\·igliana sia infine di scntirlo dichiararsi apertamente per la Francia. C:a rl o Emanuele rispose che purtroppo nel paese regnava una tale scarsezza di viveri da impedirgli di mandar! i a chicclle'>sia e. quamo al resto ... 11011 esser

lui della condizione dep,li Lgonotti di Francia. siccbé dcwesse spimwrle sue fortezze per lastricar la strada ai soldati repf>.:...':\J ma che comunque avrebbe dato pro va d i buona volontà d im inuendo la guarnigione eli Avigliana. lnfatti ne fece uscire 6.500 l'ami e li mandò ai ponti cd ai guadi della Dora. in modo da blocca re qualunque tentativo francese d'a' \'icinamcnro ad A\·igliana. Hichdieu allora decise eli lasciar perdere i bei modi diplomatici c stab ilì eli passa re il fiume c attacca re il Duça, in que l momento a Rivoli con una con~ i­ stentc aliquota di forze. t:ra quanto Ca rlo Ema nuele voleva: essere attaccato lo svincolava formalmente da lla convenzione c.li Susa senza potergli addos~are la colpa cfavcrb infranta e ora poteva dichiararsi per b Spagna e domandarle aiuto. Lo fece. pubblicando al medesimo tempo un manifesto. in cui accusaYa Richelicu cl'es~ere venuto in Italia sotto ,·esri falsa memc amichc,·oli e d'averlo poi aggredito per non essere ri uscito a stac:carlo dall 'a llea nza coll 'Irnperarore l naspettatamcnte il Ca rdinale riuscì a volgere la situazione a proprio \'antaggio '>pedendo Créqui a prendere Pinerolo eli -,orpresa. li conte di ~calenghc re~­ se il più possibile nel castello, distrusse parecchi cannoni avvers:tri ma. trorpo inferiore in uomi ni c munizioni, il :) l marzo l 630. Domenica eli Pasqua. si dovette arrendere. Ora il pa~~aggio delle Alpi era in mano francese e i collegamenti non rischiavano più d 'essere interrotti. Collalto e Spinola tennero u n. consiglio eli guerra con Carlo Emanuele, rna no n appoggiarono la sua richiest:J d'aiuto per ponare la guerra in francia. Do-


75 po la caduta di Pinerolo, alla Spagna appariva urgentissima la presa di Casale c all'Austria quella di Mantov<l e non potevano d istogliere truppe dai d ue assedi; i Piemontesi se la sbrigassero da soli. Ci p rovarono, con pessimi risultati a caus:1 della disparit;ì di forze. Combatterono a Bricherasio e ad Avigliana, persero Saluzzo <.: rutta la Savoia, dove Luigi Xlii istituì una zecca cd un tribunale come segni della s ua potestà . Rimase in mano a l D uca la sola Montmélian assediata e si rischiò un 'invasione francese dal Gran San Bernardo. Ritiratos i a Savigliano, Carlo Emanuele si ostin<'> a comrastare il passo ai Francesi e, così facendo, favorì gli Imperiali nella Lombardia o rienta le. Mantova era c ircondata e il suo Duca non sembrava troppo propenso a d ifenderla. I Venezian i, sempre più preoccu pati, cercarono d'aiutarlo ma non ci riuscirono; c nella notte da l 17 al 18 lug lio 1630 gli Imperiali presero la città . Assic uratisi il terminale lluvialc di Mantova, gli Asburgo non riuscirono però a prendere Casale difesa tenac<.:mcnt<.: dai Monfen-ini comandati dal marchese eli Hivara e dai Francesi del come eli Toyras . ln quel medesimo periodo, all'alba del 26 luglio 1630. una polmonite Culminò Carlo Emanuele J a Savigliano. Sa liva al trono il figlio Vittorio Amedeo r e sì trovava uno Stato in sfacelo, distrutto dalla g ue rra , stretto dal la carestia e afflitto dalla peste. lo quelle condizio ni il Piemonte non poteva continuare la guerra, né, del resto, i Francesi c gli Spagnoli e ran o interessati a proseguida, visto c he entrambi avevano avuto quanto vo leva no. Si passò ai negoziati. Alla Francia pre m eva man tenere le posizioni acquis ite; la Spagna non era in g rado eli co ntestargl iele m il itarmente c il Piemonte venne tacitato con uno scambio. Col tra ttato di Rarisbona Hichel ieu ottenne la permanenza dì Carlo di Gonzaga-Nevers sul trono mantova no, assicu randosi così il possesso ind iretto di Casale, e, me diame clausole s<.:grctc c il su ccess ivo trattato di Cherasco, s'impadronì direttamente di Pinerolo c della Valle di Pe rosa. dando al Duca Vittorio Amedeo Alba, Trino e le 72 rene del Monferrato appa rtenu te fino allora ai Gonzaga. In questo modo la Fran cia aveva ristabiliw la sua presenza in Italia, ostegg ianclovi q uella asburgica. Forma lme nte era ribadita la dipendenza feudale eli Mantova dall'Impero, ma in realtà il Ducato, amico e praticamente vassallo eli Pa rigi, avrebbe chiuso agli Austriaci la possibilità di scendere via fiume nella Pianura Padan a ed avrebbe alleggerito la press io n e pol itica e militare degli A.<;burgo su Venezia . La Valle el i Perosa e Pine rolo avrebbero consentito il transito immediato c sicuro alle truppe francesi ogni volta che fosse stmo necessario contrasta re la Spagna in Italia c, soprattutto, la guerra in Germania sarebbe stata influ enzata mo lto meglio ora che da P ine rolo il Cammino di fiandra era m inacciato da vicino e poteva essere tagliato fac ilme nte.


76 In definitiva Richelieu era riuscito a spezzare la parte italiana dell"ancllo asburgico che circondava la Francia dai tempi di Carlo V. L"intluenza francese era ristabilita nella Penisola e vi sarebbe cresciuta fino al pomeriggio del 7 settembre 1706.

VIU) Vittorio Amedeo I Il primo atto di Vittorio Amedeo l appena divenuto duca. consisté nel concludere la pace coi Francesi. Nel novembre 1631 fin al mente anche la disputa fra Genova c Piemonte venne risolta a Madrid: i due contendenti avrebbero dovuto restituire le terre, le artiglierie c i prigionieri presi al nemico; 7.uccarello sarebbe rimasta alla lkpubhlica, coll'obbligo di pagare al Duca 160.000 scudi d'oro, c tuili i beni feudali c allodiali sa rebbero dovuti tornare ai kgitlimi proprietari . Il malcontento delle due parti in causa venne liquidato dall'arrivo in Italia del Card inallnfanrc, clirello in Germania per la guerra, che si fermò abbastanza da convincere Duca e Sena to . Non fu una precauzione inutile, perché di lì a poco la guerre riapparve nell'ltalia Settentrionale. Infatti nel 16.:$5 l'intcr\'cnto francc'>c nell 'ultimo periodo della Guerra elci Trent'Anni riaprì la questione della Valtellina. L'll luglio 1635 le abili mosse d ip lomatiche di Hichdicu porwrono alla firma del trattato di Rivoli, col quale i Duchi di Parma, Man tova c Savoia si allea\'ano alla Francia col fine dichiaralo eli far guen·a alla Spagna e prenderll' la Lombardia , lasciando agli altri Princi pi italian i la facolr;ì d'accedere al trattato stesso. Venivano messi in ca mpo 2R')00 uom ini, destinati acl essere incren lentati di un quarto in caso di arrivo in Italia eli rinforzi imperiali dalla Germania. Parigi avrebbe fornito 12.000 fanti e 1.'>00 cavalieri cle~tinati a operare in \'altdlina , JvlantO\·a 3.000 fanti e 300 cavalieri , Parma ·1.000 d<.·i primi e '>00 dei secondi, Torino infine 6.000 c l. 200; Vittorio Am<.:clco l avrebbe avuto il comando in capo, coadiU\·ato da un generale francese. O n iamente Richelieu - tramite l'ambasciatore straordinario Giulio ,\lauarino largheggi<'> in promesse territoriali, sp<.:cia lmente con Viuorio Amecko, al quale promis<.: la corona di re Lombard ia. a condizione di trattener<.: per b Francia il Lago i\laggion.· c eli prendere in Piemonte parecchie terre - Ca\'our, Rev<:llo e le valli eli Lucerna, San :VIartino e Angrogna - confinanti col territorio francese. Al Duca eli Mantova sarebbe anelato il Cremonese in cambio del Monferrato alla francia e la provincia d 'Alessa ndria ai Savoia. Pur se minacciosa , la ~ituazione era ancora eli pace c non ~i , ·edeva in Italia un motivo per farla precipitare vc r~o la guerra. Di faui il casu~ belli si veri fie<'> in German ia. quando gli Asburgo si i111padronirono dell e posizioni sul Reno.


77 La prima mossa eli Luigi Xlll, o meglio di Richelieu. consisté nl'll'invio in Valtellina d\111 esercito, che alla fine di marzo del 163'1 occup<'> la Valle c interruppe il Cammino di Fiandra. Il Cardinale Alhornoz, gov<:rnatorc dello Stato di Milano, intervenne e rccuperò la Valwllina, ma il contrattacco francc~c gliela riprese e reinterruppe il Cammino di fiandra. Tntanto al principio dell'estate erano arrivati in Piemonte 12.000 fanti c 2.000 cava lieri francesi ;1gli ordini del Maresciallo eli Cr('qui, (·he si erano uniti ai 13.000 fanri e 3.000 19 cavalieri messi complessivamente in \'inorio Amedeo l du{ a di San>ia e re di Cipro e Gen1,alemnw. campo da Parma e Torino. \ggiungendo ad essi l'esercito 'encziano che s'era andato anu11assando sul confine lombardo, di nuo,·o la situazione del Milanese era sembrata disperata. Ma Crt:qui si mosse len tamente c sì li mitò ad andare acl assediare Valenza e gli Spagnoli ebbero tutto l'agio di rinforzarla. Srrcrra dai Francesi, dai P:umensi e, con tutta calma, da circa ').000 Piemontesi comanda ti da l Marchese Vi lla. la città perse subito il fcmino situato suJraltra riva de l Po. ,\la il più completo disaccordo regnava fra \'ittorio Amedeo, Créqui ed Odoardo Farnese. ragion per cui l 'a~seclio non progredì' a, nonostante gli ouimbrici ml'ssaggi im·iati a Parigi dal ~l aresciallo. secondo il quale la piazza sarebbe caduta nel giro di due senimane. cl frattempo la macchina militare spagnola aveva cominciato a girare a pieno ritmo c le truppe di rinforzo stavano arrivando in Lombardia da 'apoli e da ll a Spagna stess~1. G li Spag noli decisero di compicrt' una mossa diversiva crig~ndo un forte in Lomellina di fronte al resto del!<.: truppe sabaude non impegnate nell'assedio di Valcn~a. calcolando di ~lttirare l<ì cospicui rinforzi francesi c parmensi. Identificato il posto migliore ncll:l zona tra Frascarolo e il Po, in ,·entiquattr'ore prepararono il fort~ c lo munirono <Janiglierie. Subito, come preù~lO. Francesi e Parmensi, questi ultimi a'>sai indeboliti dalle dbcrzioni, '>i precipitarono sul posto. temendo che un attacco Yittorioso laggill

19 Era no 8.000 fanti t: LllOO C t\'a lt<:tt ~ah,tlt d i <: ).000 fanti, l.OOU c.l\.il ll't i l' 1 p<:Z;>;i d': trtiglicria JXHnwn'i


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pote'>se aprire agli Spagnoli la via di Valenza. Tenuto consiglio di guerra. \'iltorio Amedeo insisté per clan..· battaglia a di~peuo dei dubbi ckgli altri comanclanli c avanzò, con Crèqui in avanguardia e Odoardo in retroguardia; ma la battaglia terminò con un nulla di fatto c molti sospetti sulla condona del i\laresciallo fr;-~ncese. Nel fraucmpo Va lenza era stat<l rinforz;Ha e. tra questo <.: lo scarso progresso dell'assedio, dopo cinquanta giorni di trincea aperta i collegati si ritirarono. La ripresa della campagna nella primavera del 1636 vide Piemontesi e Francesi di num·o in apparente buon accordo e pronLi a operare. pri,·i però dell'appoggio eli Odoardo Farnese perché il suo es<.·rcito si era sbandato completanwnte durante la ritir<.~ta da Valenza. l.'obieui,·o stavolta era il Duca di Modena, contro il quale ,·enne inviato il .Marchese Villa. li Duca di i\lodena reagì approntando un esercito di '+.000 fanti e 1.000 cavalieri. affidandone il comando a suo zio Luigi d'Este c incremcntandolo con 4.000 spagnoli manclaligli da Leg;lne.-. subito dopo la sconfitta dello Scrivia. \i Ila si rimise in mm·imento c si spostò, cosicché i due eserciti si scontrarono sulla str:1cla che da Parm<1 va al fiume Enza coll a viuoria elci Piemontesi. Gli scontri successivi si localizzarono nd Piacentino. a ca\ allo del Ticino. con finte c contromosse di vario genere fino alle sponde del Lago Maggiore. 1112 giugno 1636 a Torn~1venro si chbe un a battagli a eli grande risonanza e d i nessun effetto strategico. dopo la qua le perù gli Spagnoli colsero l'o<:<:asionc di neutralizzare Parma mediame trattati,·e. Ciò fatto e resisi sicuri su l fianco sinistro, g li Spagnoli aprirono la campagna dd 1637 entrando in Piemonte e nel Monferrato. Gli Alleati li ostacolarono il più possibile e la guerra si '>pezzenò in piccoli scontri e fazioni fino a quando, nelb seconda quindicina eli sett.embre, i Piemontesi non colsero l 'occ~1s i onc di uno scontro campa le a Monbaldonc. dove il Marchese Villa distrusse k truppe nemiche di don ~ l arrino d'Aragona. A quel pumo la guerra subì una battuta d'arresto perché si ammalarono sia Villa che Vitrorio Amedeo, ma il primo guarì. mentre il secondo morì nella notte dal 7 all'H ottobre 1637 per una febbre terzana perniciosa e precipitò il Ducato nel caos. Lasciava il trono al figlio maggiore, il cinquenne rrancesco Giacinto, e la reggenza a sua moglie che, ricordiamolo . era sorella d i Luigi Xlii. Alla luce di quanto fece c di quei pochi resoconti dettagliati che sono oggi disponibili, dovendo dare un giudizio .-.u Vittorio Amedeo l , gli si puù applicare senza timori eli smentite la frase che campeggia nel sacrario di El Alamcin sul monumento ai caduti: ".lfaHcò lafortuJia. noJ/ ilralore." Vittorio Amedeo aveva avuto un buonissimo mae:>tro nel padre. D<l lui era stato considerato un allievo tanto riusci to da vedersi affidare la condona autonoma di parecchie operazioni già dai primi rl'mpi della Guerra elci Trent'Anni. Se non fu in grado eli fare meglio , o eli pill, lo si dové al faLLo che. quando


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al trono. si trovò nella ~i­ tuazione d i un uomo preso <:~ Il a go la e strozzato lentamente. J o n poteva fa re altro che dibattersi. ma le forze a sua disposizionc s('(: ma,·ano irrime diabilmcnte e irrimcdiabilmente diminuivano le possibilità di sopravvivenza cie l Ducato . :'\eanchc il migli or capita no dell'epoca avrebbe potuto fare di più. Le sue tallichc pote\·ano avere successo. ma erano pesa ntemente cond izionate dal crescente ricorso a milizie provincial i locali - poco addestrate e quindi non di grande \'alore - o a truppe mercenarie - dunque poco affidabili - e, soprattutto, dall'impossibilitù di condurre una pol it ica autononta tra i due ma~~imi contendent i Tonunaso di :--:1\·oia. principe di Carignano e caposti dcH'epoca. Poiché la guerra è pile del mmo dr S~l\uia-Carignano .,~rlit o al trono nel una forma d 'auuaLione della HHO con Qrrlo .\ll>crto. politica estera e poiché non era più possibile alcuna politi ca estera sabaucla in quel momento, la guerra condotta da Vittorio Amedeo risultava solo un disperato tentativo di sopréi\'Vivere, per di più votato all'insuccesso. Sullo sfondo ddla Cìuerra dl'i Trent'Anni, le ,·icende del piccolo Ducato di Sa,·oia spicctvano così poco. che a malapena ci si poteva ricordare della esistenza sua c dd suo signore. La morte fu mi'>ericordiosa e gli impedì d'a!:>sistcre al disastro finale. in cui il fratello minore, Tommaso, avrebbe avuto un ruolo di p ri missimo piano.

IX) ll Principe Tom.maso Tommaso di Savoia u ltimogcnito di Carlo Emanuele l, era din:ntato principe d i Carignano a \'entinovc an ni, nel 1625, quando, per suggell are l'alleanza con la Francia, il 6 gennaio il padre gli aveva fano sposare Maria di 13orbone. figlia del conte di Soissons. appartenente a un r;o~mo cadetto della Casa Rea le di Francia.


HO 1 el 1621 era stato nominato governarore della Savoia, tremando spessissirTto con Lesdiguières c, di tanto in tanto, con lo stesso Hichelicu. Nella guerra di Genova si era dbtinto q uanto '>C non più del frmello maggiore, specialmente per l'abilità tattica dimostrata ;d passaggio deii 'Orba c a Monastero Bormida. per quanto entrambe fossero state operazioni di minore importanza. Impegnato di nuovo tra il 1628 e il 1630. quando operò in Savoia contro i Francesi, a lui superiori per 5 a l, contese il terreno al nemico passo a passo. La morte del padr<: mise entrambi i fratelli davanti a gravi decisioni. Tommaso dapprima aveva assunto un atrcggiamcnro filofrancese, convinto della buonafede di Richclieu, ma già nel novembre del 1(>31, accortosi dell'inaffidabilità dei Francesi, aveva comi nciato a premere su l fratello perché assumesse un atteggiamento di assoluta cautela. Alla fine dell'anno Tommaso perse qualsiasi fiducia nei Borboni e cominciò ad avvicinarsi alla Spagna. el scttembn: del 1632 incontrò Ri.chelieu a Lione e capì quanto aveva ragio ne a non fidarsi e ad insistere col fratello perché si av\'icinasse alla Spagna. Per questioni amministrative e di politict imern:t erano però cominciati già in quell 'anno alcun i contrasti tra lui c i corti giani ed i ministri sabaudi. Ehhe la pessima sopresa di scoprire che il fratello benché da lui sollecitato, restava del tutto neutrale - né poteva fa re altro nella <.lelìolc situazione politica in cu i si trovava - e non prendeva i provvedimenti punitivi da lui richiesti contro i ministri. Quando nel 1634 si arri v<) all'uiLimo contrasto, nato per q uestioni diplomatiche, Tommaso. senza alcun pre<.lvviM>. abbandonò il Piemonte e seguì le orme del nonno: anelò a militare nelle file dell'esercito asburgico in Fiandra. Quando il 19 maggio 16.3'5 la Francia notificò ufficialmente alle autorità spagnole di Bruxelles la propria entrala nella Guerra dei T rent'Anni dalla part e dci Protcstanri, Tommaso era, dal prccedenrc dicembre, ge n c r;.~l e comandante d\tn'armaw i cui effettivi - in via d'arruolamento - potevano ammontare a un massimo di 20.000 fanti e 7.000 cavalieri. La guerra in Fiandra confermò la buona fama mi litare di cui Tommaso gode,·a, anche se non da subito. Molto osteggiato dai genera li spagnoli, il Principe non ebbe alcuna parte <.: in pratica nessuna responsabilità - per il non buon andamento della campagna del 163'5. Dopo un inizio fa,·ore' ole ai Francesi, gli ~pagnoli bene o male si ripresero e p ianifica rono un 'invasione della Francia pe r la p rimav<.:ra del 16.36: fu l'anno di Tommaso, che da quella campagna cominciò ad esercitare effettivamente il com ando. A fine giugno cominciò le o perazioni e prese il nemico completamente di sorpresa invadendo la Piccardia. Il 2 luglio investì La Capcll<:: e la fece cadere il 9. Dopo una breve sosta l'avanzata proseguì, contando sul fano che tu tte le forze nemiche era no impegnate in Italia, 13orgogna, Germania c Valtellina.


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Alla testa el i 22.000 fanti e 15.000 cavalie ri. Tommaso minacc10 Vcrvins d1e si salvò dal saccheggio patteggiando un tributo eli 50.000 franch i - Marie che s'impegnò a pagarne 500 al giorno - poi, dopo una breve sosta, scese l'Oise fino a Ribemont, risalì a nord e, mentre i nemici , tra cui il cognato conte di Soissons, si scervellava no per capire le sue intenzioni, scese eli nu ovo a sud c p iazzò l'esercito in modo tale da tagliare i collegamenti tra Guisa, Catelet, San Quintino, La Fére e iJ grosso delle forze francesi. Lo spirito eli Emanuele Filiberto sembrò aleggiare sui campi che ottant'anni prima l'avevano visto trionfare su l medesimo nem ico. Catelet fu assediata e si a rrese dopo tre giorni. Bohain fu occupata, poi Tommaso marciò su Corbie, Amiens c la Somme; c dopo c'era Parigi. Le truppe spagnole occuparono i punti strategici sulla Somme. Tommaso finse di vole rla forzare a Hray, fece gittare i ponti a Cérisy - a quattro chilometri eli distanza - e passù, superando l'immediata resistenza francese. Subito spinse a sud le avanguardie fino ali'Oisc, mentre i nemici tagliavano rutti i ponti e a Parigi regnava il panico. L'8 agosto fece assediare Corbie per servirsene come perno opcrmivo fra l'Oise e la Somme e garantirsi i collegamenti, facendola cadere il 15 agosto. l Fra ncesi reagirono in forze. li l 0 Settembrc Luigi XIII c Richelieu lasciarono Parigi alla testa dell 'esercito e in novembre ripresero Corbie. L'inverno passò fra tensioni politiche interne, sospelli, Lrauative più o meno scoperte e pasticci el i ogni genere c he coinvolsero Tommaso, il conte eli Soissons, Richelie u, la Franc..ia, la Spagna, Lutti e nessuno. Non ne venne fuori n ulla e in primavera riprese la guerra. La campagna del '37 fu complicata c inconcludente quanto i contatti che l'avevano preceduta; c il fatto eli maggio r rilievo per Tommaso fu la no tizia della morte di Vittorio Amedeo. L'assunzione della 1\eggenza eli Savoia da parte eli Cristina di Francia apriva un vaso di Panclora. Pe r la Francia la questione della Va lte llina s i era chiusa con un sostanziale scacco, ragion r>e r cui e ra necessario mantenere le posizioni acquis ite in Italia e, se poss ibile, allargarle . Di queste la più importante sotto il profilo strategico era Pinerolo. lnfatti se il proseguimento della seconda guerra per la Valtellina era stato importante, il controllo del Ducato di Savoia, padrone dei valichi alpini e ra fondamentale per l'invio di truppe in ltalia, ragion per cui la reggenza doveva restare a Madama Reale con tutto l'appoggio francese. Contro eli essa si era infmti levato subito uno dei fratelli di Vittorio Amedeo, il cardinal Maurizio di Savoia, il quale, con molte ragioni rifacentesi alla tradizione della Casata, protestava che la reggenza toccava a lui , citando precedenti risalenti al Medioevo e forne ndo a Tommaso e alla Spagna un minimo fondamento giuridico sul quale appoggiare l'aiuto che gli avrebbero dato, o meglio la lolla che avrebbero potuto intraprendere contro la Duc hessa. A complicare le cose anche Fran-


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84 cesco G iacinto morì c ri mase in vita l'u nico altro fig lio eli Vitt orio Amedeo, Carlo Emanuele, di 4 anni. Poiché sia Maurizio che Tommaso erano sostenuti dalla Spagna, la scelta appari\ a facile proprio per l'aprxtrtenenza di Madama Heale alla Casa di Francia. Col passa r del tempo la situazione interna del Piemontl' peggiorò. L'a ristocrazia era nuovamente divisa in una fazione filofrancese, molto potente. ed in una filospagnola. in quel momenlO in netta minoranza. se non per numero. ceno per il potere goduto. La morte di Vittorio Amedeo I era stata un primo segnale di all arme; l'appa rtenenza de ll a Keggente alla Casa d i Francia un chiaro segno d<.:l la parte da cu i conveniva schierarsi, ragion per cu i la nobi ltà fi lospagnola pote\·a al massimo stare a guardare e sperare eli non andare incontro a troppi guai. La comparsa di ~laurizio, Tommaso e della Spagna dietro di loro rinfocol<'> speranze e desideri. Per di più anche la popolazione si mostrava semrre p il't ostile alla Duchessa, grazie alla prop aga nda del r~uti ro princir ista. l sostenirori d i Tommaso <..' Maurizio accusavano Cristina d'aver ch iesto l'intervento francese '>olo per mantenersi sul trono a scapito del figlio e, quando il ) giugno 1638 ella confermò e perfezionò l'alleanza francese le mormorazioni contro eli lei aumt.:ntarono. Intui to il pericolo incombente, da Parigi piovvero promesse grandiose su Maurizio di Savoia per neutralizza rlo cd evitare la guerra civile e l'apertura di un nuovo fronte. che awcbbc distrano truppe e risorse francesi dalla lotta contro la Spagna in Germania e nelle Fiandre. Maurizio però non se ne diede per inte~o e pa1tì segretamente per il Piemonte alla fine d'ottobre. Lo precedeva una congiu ra per metten: nelle sue mani Carmagnola e Torino. Le truppe spagnole erano g ià in moto col grosso verso Asti c 2.000 cava lleggeri su Carmagnola. Il Cardinale era ormai a Chieri c a Torino lo si credeva ancora a l{oma, quando, il 17 nove111bre, la congiura fu svela ta alle auLOrit:ì duca li. Mau rizio fuggì <l Milano; gli Spagnoli decisero eli non pott.: rsi fidare <.k lle sue capacità comt.: m ilitare c chiamarono Tonunaso dalle Fiandre per meucrlo alla testa delle truppe. Questi giunse al principio dd 16.39. si consultò col fratello e con l.eganes c, d'accordo. dopo alcuni segnali di pace farri alla cognata, le fecero giungere un monitori o con cui l'Imperatore, ne lla sua qualità di signore de ll'Alta Italia, le o rd inava, come sua feudata ria, di sciogliersi dall 'alleanza francese. Poi i Principi raggiunsero un accordo con Legancs, ouenendone l'appoggio militare per divenire reggenti in nome del nipote. Awchhcro pre-.,icliato le piazzefotti che si sarebbero date loro spontaneamente, la Spagna <.juellc prese mediante assed io l' al momento della pace si sarebbe deciso se le sarebbero dovute restare o no. Il JXI'>SO seguente consisté nel chiedere alla cognata di esserle associati nella i{eggcnza. Cristina di Francia reagì con un bando di chiamata alle armi rivolto a ru llo il popolo e chiL'se aiuto al fratello cd al suo mi nistro.


('~MI O F. \lA.'Il tll' l E l SI '01 FllòU

Intanto gli Spagnoli avevano pa!>Sato il conJine e si erano diretli a Cencio. un piccolo castello nel retrot<.:rra eli Savona. dal quale pen) si dominavano le Langhe e si comrollava il Camm ino di Fiandra nel tratto dal Finale al Ducato di Milano. Prcndenclolo, Lcganes contava pure eli arrirar<.: nel la zona le truppe francesi c sahaude, facendo sguarnire le lince difens ive settentrionali e semplificando le operazioni delle truppe al comando dei Principi. La manovra funzionò a perfezione. T francesi accorsero c sguarnirono il fronte nord; Tonunaso u.sd da Vercelli con 2.000 moschettieri a cavallo, pass<') la Dora c prese Chi\'asso senLa il minimo spargimento di sangue, accolto con grandi acclamazioni dai cinadini. Allora i Francesi piantarono in asso Cencio. che si dO\·ertc arrendere agli Spagnoli, e corsero verso nord per arrestare il nemico sul Po. Di fronte al giubi lo dci Tori n esi per l'imminente arrivo dei Principi . la Duchessa si spavent<> e fece riparare il piccolo Carlo Emanuele a Chamhéry. Ma Tommaso non si credeva abbastanza forte per assed iare b capitale e si rivolse contro il Canavese, dove sapeva di avere molti seguaci disposti ad arruolarsi sorto eli lui: fu una passeggiata. Raggiunta dalla notizia, Madama Reale il l'"" aprile scrisse a Luigi XIII in\OCandone l'aiuto. A\e\a perso -,ci proYincie e seue piazzeforti; c la ca pitale stessa era gr~l\'emcnrc min:t<.'<.'iata. Richelieu non aspetla,·a di meglio. Cambiò ambasciatore. sostituendo a Torino Lemery con Cha' igny. e fece sapere alla Duchessa che la condizione basilare per l'intcn:cnto consisteva nell'immissione di guarnigioni francesi ne l la maggior parte delle piazze rimaste li bere. Chavigny , fedele alle istrm:ion i ricevute. presentò la richiesta come l'u nico modo per allargare la ques1 ione , facendo intervenire il Papa e gli altri Principi ital iani in modo da provoctrc una pressione cliplomarica tale da costringere la • pagna a restituire tutto a ,'vladama Reale. Conscia della falsità della proposta c dei suoi ,·eri scopi. ma non in grado di reggere colk sole proprie forze l'urto dei Principisti c della Spagna, il l 0 giugno 1639 Cristina accettò l'introduzione delle truppe del Cristianissimo fratello a Savigliano. Cherasco c Cannagnola: le rimaneva a malapena Torino. In cambio Luigi Xlll s'impcgnaYa a far guerra alla Spagna cd ai Principi fìnchè non avessero restituito tutte le piazze piemontes i; a pace fatta ;tv rcbhe reso alla sorcl l:1 quelle occupate precauzionalmente dai suoi soldati. L'esito del trattato fu disastroso perché fornì esc~1 al fuoco della propaganda principista: la Duchessa s\ ende,·a lo Stato ai Francesi ! E IlO\ c altre piazze si buna rono dalla parte dei Principi. Poi. per migliorare le comunicazioni principisre tra \ 'ercelli e Ivrea, fu a!>!>l'diata Santhià. Da Torino partirono per soccorrerla ROOO fami e '-!.000 cavalieri tra Madamisti e francesi. La Dora ingrossata impedì loro d 'arri,·are in tempo e la piazza ~i arrese. Ma Villa e La Valeue, comandante francese, non tornarono indietro e si voltarono al recupero eli Chivasso.


Leganes non si sentì abba~ranza forte da .'>OCcorrerla e il governatore Sabac. tedesco, ouenne nella capito lazione della cittù l'impunità per i soldati suoi conterranei. abbandonando al ma~'>acro dei \ 'incitori quelli fr~m cesi e piemontesi. Poi i 1vlarchesi Villa e eli Pianezza com]nciarono a recuperare terreno alla Duchessa, riprendendo Hcne, Racconigi, Saluzzo e Mom.lm·ì. Ricen1ti 1.000 francesi in rinforzo, decisero di assediare Cuneo e catturare il Cardinale di Savoia che vi risiedeva. Tanto facilmente la cirrà s'era data ai Principi quanto strenuamente ora si clifende,·a; e mentre i ,\ I;H.lamisti vi si affaticavano sono, i Principisli mossero finalmente da Asti su Torino. Francesi c regolari ducali abbandonarono l'assedio c si precipitarono a guarnirla. Ma nella notte del 27 agosto 16.~9 Tonunaso di Savoia vi arrivt> di sorpresa alla testa clell';n·anguarclia di 1.000 fanti e 2.500 cavalieri. seguito cb un altro contingente di 1. 500 fanti e tOO cavalieri. sopravYalutato dagli a' versari a 1.2.000 uomini, mentre Leg~•ncs restava in campagna con al tri 15.000 fra 1'\apoletani. Spagnoli. i'vlilanesi e Tedeschi. Presa facilmcnte la città nonostante gli crrori commessi dai comandami spagnoli c napoletani delle quattro colonne cl'altacco, Tommaso ammbe a militare sotto le proprie insegne circa 5.000 ,·olont;~ri cittadini e piazzò le batterie per assediare i ,\ Jadamisti rinchiusisi nella cirradella. I Frane<.:si rimasero disorientali. \le approfittò il cardinale Maurizio per impossessarsi di 'izza e ottenere..' una tregua di due mc'>i per negoziare. Del resto neanche la siruazione sua e del fratello era cldle migliori perché la cittadell a di Torino non si cra arresa subito e anda,·a assediata. Ai sensi degli accordi presi con Lcganes, una volta presa o.;arebbe toccata alla Spagna; ma si pote\'a conservare un trono con una guarnigione straniera nell a cittade ll a della capi tale ? Tornmaso fece del suo meglio per ottenere una deroga ; il Gm·ernatore eli 1\lilano non volle cedere. La situazione rimase indecisa. Richelicu mosse le acque convincendo la Duchessa a recarsi a GrL·noble per conferire con Luigi Xlll lasciando la citradella di Torino in mano a un comandante francese c restando così colla sob Monrmélian. dove si trovava il piccolo Carlo Emanuele. Era il primo passo , ·erso l'assorbimento del Piemonte da parte l'rancese. LI seguente consistè nell'offcna a,·anzato da re Luigi eli assumersi la protezione del nipore facendolo venire in francia e mettendo d ue sue compagnie a Momméli.an. Una volta tanto I\l adama l ~eale reo.;istè. Si rencJe,·a conto benissimo che ciò avrebbe significato la fine del Piemonte e ordinò al governatore della fortezza eli non f:Jrvi entrare altro che truppe ducali, prima d'andare a incontrare il rrardlo a Grenohk. Tutlt: la manovre eli l{ichcl ieu stavolta non valsero a raggiung(.:rl' il fine desiderato. l cortigiani picmonwsi resisterono a qualunque lusinga c minaccia. la Duchessa non cedè e poré tornare a Chambéry con un minimo d'indipendenza. Alla Francia non resrava che riprendere la guerra c tenere almeno quel che ~l\'Cva. Cominci<'> il nuovo comandante francese d'Harcourt coll'impadronirsi di


C \RLO E~ lA 'fllElli l E l '1 10 1 FIG LI

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Chieri pensando di servirsene come base di partenza per rifornire e poi liberare Casale. Ma Leganes lo circondò e gli impedì il vettovagliamento con tante scorrerie da ridurlo alla fame c costringerlo a levare il campo la notte del 20 novembre. L'inverno interruppe le operazioni dovunque tranne che solto la cirtaclella di Torino. Fazioni e tentativi si susseguirono lungo l'arco della stagione fino a primavera, accompagnando col loro strepito k pigre trattative intraprese dalle due parti. Presto apparve chiaro che finchè la cittadelb fosse rimasta almeno nominaimente in suo possesso. mai Cristina di Francia avrebbe accettato qualunque negoziatO serio. Per questo i Principi di Savoia decisero di accentuare lo sforzo a partire dalla primavera. D'altra parte T.eganes ritenne più vantaggioso per la Spagna acquisire Casale. separò le s ue truppe - '15.000 fanti e 4.000 cavalieri da quel le principiste e l'R aprile 1640 cominciò le operazioni per conquistare una buona volta la ciuà. Davanti al doppio pericolo Eichelieu ordinò di muoversi. D'Harcourt alla testa eli 7.000 hnti c 3.000 cavalieri tra Francesi, Piemontesi e Monferrini marciò col Marchese Villa al soccorso d i Casale; il 29 aprile attaccò. Tre assalti furono respinti, il q uarto ebbe s uccesso. Nonostante la disperata resistenza guidata dal Marchese di Caracena e dal napoletano don Carlo dell a Gatta, l'esercito spagnolo fu battuto perdendo 1.800 prigionieri, 18 cannoni, 24 bandiere e 3.000 morti 20 e si dovè ritirare a Pontestura. Adesso sarebbe toccato a Tori no. f)'Harco un era indeciso: aveva '10.000 uom ini contro i circa 6.500 regolari e 3.000 ciuad ini di cui disponeva in quel momento Tommaso eli Savoia-Carignano21 e gli sembrava poco opportuno andare ad assalirli con rorze pari sapendo che erano protetti da mura e che l'esercito spagnolo, per quanto indebolito, poteva se1npre sorprenderlo alle spalle. Nel consiglio di guerra tenuto a tale proposito prevalse il parere del comandante della cavalleria, il signor visconte di Tu renna, che di lì a poco sa rebbe divenuto uno dci maggiori capitani del XVll secolo e eli tutta la storia d i Francia. Si doveva assediare Torino perché la sua occupazione sarebbe stata il vantaggio decisivo delle.: sorti della gue rra, nonostante i grand i rischi da correre: la

:Nl Nel l ibro vigesimoserondo della sua Storia d'Jwlia, Bolla ;llfenwt dw i rrigionieri sa rebbero stati 2.000 e i soldati motti solo un miglìaio "ma che dei l'ircmdieri. StiCCOIIWIIni Pd altra /!.ente imbelle cbe sempre S<'{~lli­ umo gfi eserciti. molli pi1ì". Nd duhhio 'J riron;mo lt> cifr<> di .).000 caduti e l.HOO prigionieri desunte dalle cane AUSSME. a p roposito dell';tsst'dio di Torino del l (HO. 2l Anche qui le cifre divt•rgono da fonte a fonk. Holl'l parb gcnerìcam~·mc eli 5.000 f;1111i e 1.)00 c:tv<t lieri. Le clfle ALJSSME, ri (l dt'ltagl ial<' m:1 non di molw. invccc ~ff<.:rmano che ncll' irl\'erno il rre~ idio fos"e ammontai() comrle~.,i \·anrente a 4.500 fanri c 100 cavalieri appancnenti :1i Terz.i sr:tgnoli di Lombarcli:L c del Marchese el i Tavora. a quello napolcrano dd Conte 13olognino e comprendendo nella cifra 500 Grigionì c 100 Va li esani. Questo però cormasta colla n01izia dat<l d~ Bnll<l (kll'im·io a Casa le di HOO cava lieri l i l doppio eli quanto sard>lx: SI~Ho disponibik in ciuà) sotto don 1Vlau ri7io di Sa\·oia (omonimo del Cardinale suo fr:nello bastardo). I n ~prilc. dopo la disfaua di Cas;tl e, l.eganes mandò i n rinforzo a Tomrnaso i l Marchese St'n~t e Vercellino Visconti con 700 e 400 sokbti ilaliani dei rispeuivi Tcrzi e 360 borgognoni. i l che in teoria avrebbe fatto ~:><tlirc la guarn igione <b •L900 a 6 .360 uomini.


88 Duchessa avrebbe riavuto la sua cap ita le, i Principi sarebbero srali battuti <.' il risultato morale sarebbe stato immenso. l)'Jiarcoun marciò verso Torino e il lO maggio le sue Ltuppe la circoncbrono, sbarrarono ogni accesso LetTesLre e fluviale e cominciarono uno dei più singolari assedi della storia, la cui fama però sarebbe stata oscurata da quello più famoso del 1706. Il ptincipe Tommaso a\·eva pron bto la ciuà di vi\·eri per tre mesi . Ma erano poche le munizioni c, per disgrazia, i nemici arrivarono prima dell'alleso e necessario convoglio di polvere e palle condono dal principe Luigi ci"F:ste. Bloccato dal nemico, 1'11 maggio chiese l'avvicinamento clell"escrcito spagnolo. Leganes l'accontentò con calma - aveva bisogno d'una decina di giorni per riorganizzarsi dopo la sconfitta di Casale - e avanz<'> fino alla confluenza del Sangonc nel Po. A questo punto un generale esperto aHcbbe proseguito l'offensiva c liberaLo la città. Legancs optò per iJ b locco dei Francesi, cioè assediò gli assedi<Jnri. che assediavano Tommaso di Savoia il quale asscclia\'a la cittadella ! Il tutto naturalmente sotto la minaccia dell 'arrivo d\m nuovo esercito francese che bloccasse o cacciasse il suo. Salvo errore. questo assedio uno e trino con possibilità d'eJe, azione eli grado è unico negli annali militari del mondo intero. l viveri ca lavano a vista d'occhio in tutti gli eserciti, mentre un nuovo contingcnte francese al comando del ~ignor de Clermont Tonerre avanzava per unirsi alle forze di Turenna e poi sbloccare d 'Harcourt. Davanti a questa minaccia il 9 luglio Leganes. preoccupato. finalmente decise un attacco generale per la mattina dell'l l, avvcnenclone sia Della Gatta che Tommaso di Savoia per coordinare l'azione e concentrarc gli sforzi simultaneamente comro il \ 'alcmino, sfondare e farvi passare i convogli di viveri e munizioni. ~la 1'11 la sua incerrezza da sola riuscì a far perdere la bauaglia decisiva ai Principisti. 11 risultato dell'assedio c dclla guerra diveniva assai inceno, mentre i Prancesi erano stati riforniti eli tutto da Turcnna. che ora :.tringcva Leganes, che bloccava d'Harcourt, che assediava il Principe che assediava la cittadella. Dopo qualche sortita senza esito, nella notte da l 13 al 14 scuemhre 1640 il Principe eli Carignano, d'accordo cogli Spagnoli, eseguì l'ultima. Era stata organizzata a perfezione, g li Spagno li avevano ricevuto circa 6.000 uomini 22 c i movimenti da fare erano chiari a rutti, meno che a Lcgancs, giunto alla base di partenza dell 'attacco con ore e ore eli ritardo dando ai Francesi la vittoria dcfin i ti va. Privo eli viveri, munizioni c denaro per le truppe, Tommaso chiese eli capitolare c il 20 settembre 1640 ratruì la consegna di Torino per il 22, ottenendo

22 Cioè 2 .000 '>Oidati milano:~•. ROO d al Finale. 1.000 f,uu1 e -100 l·a,alie ri p1l'mon1e'i pro w nu:m i da trhu giano, -oo dal Canavese ~· 1.000 111111/.iani di ,\ 1ondoll.


89 d'uscirne libero d'andare dove volesse con chiunque avesse voluto segu irlo, il permesso alle truppe della corona eli Spagna di raggiungere il campo eli Legancs, l'inclulro generale per chi fosse rimasto e il mantenimento dci privilegi della città. U 19 novembre Cristina di Francia rientrò a Torino e si passò ai negoziati per stabi lire cosa spettasse ai Principi e quando la Spagna dovesse resriruire le fortezze che occupava. Nel frattempo il Ponoga llo e ra insono con tro la Spagna e Richelieu aveva concentrato laggiù la sua attenzione, come del resto la corte madri lena, tralasciando gli affari italiani. Nella primavera del 1641 ripresero le operazioni , che continuarono per oltre un anno. Stavolta però la Reggenza ebbe la meglio; i Principi si piegarono alla trattativa definitiva. Il 14 luglio 1642 firmarono a Torino la pace a condizion i tulto sommato favorevoli e per questo non poco dovevano al nuovo primo ministro di fra ncia, il cardinale Giulio Mazzarino, succed uto all 'appena defunto Richel ie u . fu Mazzarino a dimostrare a Luigi Xlll quanto vantaggiosi fossero per la Francia i termini della pace e a fargliela appoggiare con tutto il peso della d iplomazia francese nei confronti della Spagna. Del resto era amico dci Principi, perché si rendeva conto dell'utilità di averl i alleati, non solo per fini militari o dinastici, ma perché colla loro accessione alla fazione francese sarebbe scomparsa la b1zione filospagnola neJraristocrazia piemontese e s i sarebbero poste le basi per l'assorbimenLO politico del Piemonte da parte dei Borboni. Una ptima prova della cons iderazione di Mazzarino per i Principi si ebbe quando nel 1646 affidò a Tommaso il comando del corpo eli sped izione che doveva assalire lo Stato dci Presiclii. Si trattava eli guadagnare una posizione di forza nelle trattative intavolate frattanto a MCtnster cogli Asburgo c del resto i Presiclii erano un ottimo punto strategico el i controllo sulle rotte mediterranee da nord a sud. Il 9 maggio le navi francesi furono avvistate verso le terre del Granduca di Tosca na e le costeggiarono fino allo Stato dei Presicli i. Vi sbarcarono 8.000 fant i e 2.000 cavalieri, con cu i Tommaso lo stesso giorno prese Tabmone, catturandovi 80 prigionieri. Poi assalì Santo Stefano c la prese il 10 maggio alla quarantesima bordata dell'artiglieria navale. Dopodiché intraprese l'assedio d'Orbetell o, non facile, visla la decisa resiste nza della gua rnigione comandata dal napoletano Carlo del la Gatta. Gli Spagnoli corsero ai ripari. Il 15 luglio nella acque c.I'O rbelello arrivò la loro fl otta, accompagnata dalle galere eli Napoli, Sicilia e Sardegna e ingaggiò una battaglia navale, finita alla pari. Poiché il mare grosso aveva costretto le galere delle due parti a riti rarsi, g li Spagnoli decisero d'avanzare per terra da Port'Ercole c San Filippo per alleggerire e liberare Orbetello profi ttando dell'arrivo di 2.000 cavalieri da Napoli; mentre per le vere e proprie operazioni di sblocco attendevano altrettanti fanti napoletani ancora in marcia.


90 Nel frattem po le flotte si accinsero a u n~1 nuova b~l llag l ia navale; ma una tempesta le <:ostrin'>e a restare agli ancoraggi a lungo. Alla fine del mese si \'erificarono movimenti delle due parti sotto Orlx:tcllo e degli Spagnoli su Talamone per prcnde1Yi la fortificazione di San Luigi appena allestita dai Fwncesi; ma senza ri~ultati degni di nota. J.a situazione sembrava ormai abbastanza stabile. così ai primi d'agosto la flotta francese rientrc'> in PrO\·enza, per raddobbi e rifornimenti. In settembre i Frances i decisero d'estendere la :;.ona occupata e il 7 assali rono e presero la cirrù di Populonia con 4.000 uomini , mentre la guarnigione si rifugi:1va ndla cittadella per continuare a resistere. Cn mese dopo. il 6 ottobre, l'avanguardia della loro flotta ritornò davanti a Orbetello sono il comando del Maresciallo d e la ,\Jcilleraye c di du Plessis-Praslin. Portava (>.000 fanti c 100 cavalieri con H cannoni e li impiegò per prendere l'Isola d'Elba. Subito dopo anaccò la munitissima ba'ie eli Porto Longone, difesa da 1.000 fanti ma, a causa d'una tempesta, le navi furo no costrette a interrompere la cooperazione colle tmppc sbarcare e allontanar:-,i ,·erso Li\·orno e Portoferraio. Dopo il pri mo assalto - re<>pinto - e qualtro giorni d 'assedio. i Francesi cominciarono a clubiwre di poter prendere facilmente Porto Longone, anche se l'arrivo del grosso della squadra faceva salire i loro effettivi nel teatro d'operazioni a 11.000 fanti c 500 cavalieri con ingegneri e artieri e RO cannoni da a~~c­ clio. Anche gli Spagnoli si rinforza,·ano il più pos~ibilc, ma la preponderanza francese si fece sentire presto. L'l l ottobre b cittadella di Populonia si arrese e i 200 spagnoli dd presidio fu rono fan i prigionieri. Poi il 2 novembre \'enne farra brillare una mina a Porto Longone, aprendo una breccia ed obbligando i difensori a rit irarsi nella cil!adclla. Si pre,·ccleva prossima la resa e i Francesi prcpara,·ano l'assalto generale, q uando Porto Longone capitolò e ne poterono usci rono '550 uomi ni con d ue cannoni, la~cia ndo agli assedianti la fortezza . che questi ultimi si affrcuarono a riparare e munire. O rbetello in vece rcsisLé a lungo. J ri nforzi spagnoli aumentavano e. sopratturro. una sortita della guarnigione a metà luglio :1\ eva distrutto cd incendiato la tri ncea, obbligando To m rnaso a ritirarsi il l H luglio, att<..·stanclo le truppe nelle pia7.7.e già prese. in anesa eli decidere cosa fare. 1\la ormai l'as-.cdio dci Pre~idi non era pill prioritario per i Francesi. Lo si vide in ago:-,to quando si seppe che '' In Porto Lo11p,o11e è giunta l'cirmata jic,11zcese allllllllero di 38 L'asce/li. e 20 galere ... doppo bal'er imbarcato in Piombino ci11que mila fanti, !.w .fallo re/a t•er-

so Cttla lop,lw, per condurli in sen•ilio del Pri11cipe dì Omdè, 11011 gicì t•erso ;\ 'a poli come sì scrisse".XJ0.. 11 Mcmre Tomm~1so si avviava con una part e delle Lrup p<: in Picmonrc, le operazioni in Toscana passa\ ;mo in secondo piano. Sci\·olarono ancor pil:1 nel dimemicatoio quando a Parigi si compresero le grandi possibili t~l aperte dall'am-


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piezza della rivol ta scoppiata a f\apo li nel luglio precedente cd cstcsasi a tutt~ l'Italia meridionale continentale. La cittad inanza aveva proclamato la Regia R<.:pubblica 'apolctana, ero in totale guerra contro la Spagna cd aveva stipulato un 'alleanza con Parigi, ricevendo con grandi onori il duca di G·u isa. Mazza rino non vedeva di buon occhio quest'ascesa del Guisa e decise di ricorrere a qualcuno s u cui potesse fare affidamento Cosicché Tommaso seppe eli doversi spostare a Napoli; mo troppo tordi. In primavera gli Spagnoli si erano accorda ti coi capi dell a rivolta ed avevano catturato Guisa, mettendo fine alla rivoluzione grazie alle ingenti somme spese ed all 'assoluta indulgenza concessa ai rivoltosi. Con questi sistemi la pacificazione d i Naroli rrocedé bene. E lo si vide quando il 5 giugno 1647 arrivò la fl mta francese con a bordo il corpo di spedizione dal Principe Tommaso, perché la popolazione si mantenne tranquilla. Lo sbarco tentato lo stesso giorno dai Francesi a Posillipo non fu aiutato in alcun modo dai Naroletani. come non lo el)be l'operazione anfibia effettuata contro Procida il 5 agosto. Stessa sorte spettò al terzo sbarco, fatto a Vietri. A quel punto Tommaso decise che non valesse la pena insistere e , il 19 agosto, la fl otta mise le prue al nord.

X) La Guerra per le Fortezze Piemontesi c il conflitto francospagnolo in Italia: 1644-1656 La fine de lla guerra tra i Prin ciristi e i Madamisti aveva lasciato in mano agl i Spagnoli numerose piazze del Piemonte. La cosa non piaceva ai Francesi r iù che ai Piemontesi: ma i negoziati. le condizioni, le minacce non avevano dato alcu n esito: le truppe del Re Cattolico non se ne andavano. Rotti gli indugi, ancora u nJ volta la rarola fu data alle armi; e l'<.:sercito duca le, alla cu i testa si trovava ora il p rincire Tommaso di Savoia. si apprestò a recupera rle. estendendo in breve le operazioni a tutta la Lombardia, grazie anche all'adesione del d uca eli Modena all 'alleanza nel 1647. Si tra ttò in realtà non tanto d' un conHitto autonomo, quanto dell'ennesima fra ngia della più ampia contesa tra Francia e Spagna, destinata a risolversi solo col famoso incomro dell'isola dei Fagiani fra l uigi XIV c Filippo IV cd i conseguenti matrimoni spagnoli, da c ui la Francia avrebbe ricevuto la sanzione ufficiale spagnola alla propria supremazia europea e mond iale. Il primo fotto d'arm i di qualche imrorta nza era stato l'assedio eli Vigevano, fatto da l Pri ncipe Tommaso nel 1645 con un contingeme franco-sabauclo. La città era cad uta dopo 20 giorni di trincea ap<.:rta; <.: il 12 settembre a nche la rocca si era arresa. Il s uccesso era stato però eli breve clurota perché il Marchese de Velacla 1'<1vcva ripresa già l'anno dopo, profittando dell 'assenza di Tommaso, impegnato nei Pres id ii .


92 Il settembre dd 1647 vide l'entrata in guerra del Ducato eli Moclcna, 23 nell a speranza d'ingrandirsi a -;pese deJlo Stato di Milano. l combanimenri furono molti , ma eli piccola entità, come del resto tlltto il conflitto francosragnolo in Italia in quegli ann i; c solo nel 1648, quando ormai le operazioni si erano allargate fino al Cremonese, si ebbe qualche fatto eli rilievo. In Lombardia si aggiravano quattro eserciti. Il p1imo. franco-sahaudo, era comandato dal Principe Tommaso c dal Maresciallo du Plessis-Praslin e clove,·a riprendere le fortezze piemontesi ; il secondo era quello franco-modenese in azione nella Lombardia ~udoricnrak: e agli ordini del Duca eli ~loclena. A questi si orpone' ano l'esercito del Marchese de Caracena, incarica tosi di tenere il fronte in Piemonte, e quello del Conte d'Aro c del Marchese de Serra, ai quali spettava p;~rare le mosse modenesi Al princirio della campagna del L648 i Piemontesi marciarono da Trino a \'ercclli e se ne impadronirono. Il fulcro delle operazioni si spostò però \Crso est, perché du Plessis-Praslin aveva guidato i suoi uomini lungo il Po fino a Cremona, dov'era giunro a fine giugno dopo a\'er batluto gli Spagnoli a Casalmaggiore. Unito~i ai Modenesi, aveva disposto l 't.OOO uomini contro i 10.000 dell 'csen:ito orientale del Ducato eli Mi lano c aveva deciso di prendere Cremona, manoHa fallitagli anche grazie alla resistenza delle truppe napoletane a Soncino. In tanto era scoppiata a Parigi la rivolta d ella Fronda contro la Heggentc Anna d 'Austria e, sopraruuo, contro il Ca rdina le che, per fronteggiarla, ave\'a dovuto richiama re il maggior nulllero possibile di truppe in Francia e abhandonare a sé stessi gli alleati italiani. Il C~overnatore di Milano ne approfittò per liquidare rapidamente la questione di Modena; e il piccolo Ducato fu occupato e obbligato. grazie anche all'intervento elci Duca di Parma, al rrarraw di Jkggio Emilia del 27 fehhraio 16,19 con cui la Spagna prometteva l'<.:vacuazione a condizione d i porre una propria guarnigione a Correggio e disporre di ,·eno,·agliamenti c libero passaggio. La successiva moss<l d iplo matica d i Ca raccna cons istè nell 'avv icinarsi al Duca di Mantova promcuenclogli la restituzione di Casa le o di Alba, ma non ebbe gra nde esito perché entra mbe le città in quel momento erano in mano al nemico. Poi gli Spagnoli sbarcarono a Oneglia c ne cacciarono la guarnigione piemontese, che si rifugiò sui monti ma, appl!na possibi le c g iovandosi dell 'aiuto dei paesani, ributrò a mare gli in\'asori. Seguì un periodo confuso durante il quale le piccole piazze c le fortezze del Piemonte e dd Monferrato passarono di mano varie volte. come ad esempio Trino , persa, ripresa. ripersa e riconquistara nel 1652 dagli Spagnoli nonostante la buona d ifesa di Catalano Alfieri.

21 · Il Ducato era cotmtntjue molto \'it" ino a lht Fr:tnci~. tant't- v~·ro c he la t.t rica di C:trùin:tk l'rotctlor,· di frcmcia a l{oma l'r.t rkop,•rta dal Cardinal d·f~lt:'. dw propno in qud periodo .1\eva ,1\·uto IX''-lllli dt-..,,tpori coll'amh;bciatorL' 'pagnolo ;~ Ron1.1


Ci\RLO fi\lANUal' l E l o-1'01 FIGU

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Nel 1655 Francesco I d'Este decise d 'approfittare del lungo conflitto per riprendere Ferrara ai Pontifici e n11agari allargarsi in Lombardia. Per questo motivo lasciò l'alleanza spagnola e si accostò alla Francia. La mossa però spaventò gli Spagnoli e di nuovo si mosse il Marchese eli Caraccna. Saputolo, ai primi eli marzo del 1655 il Duca bsciò perdere evenruali progetti su Ferrara e pensò a fronteggiare la Spagna, chiese aiuto alla Francia e fece approntare tutte le difese possibili. 1'8 giugno il Principe Tommaso avanzò alla testa d'un 'armata fran cese di 18.000 fanti e 7.000 cavalieri, passò il Ticino e scorse la Lombardia spagnola fino a Milano, minacciando l'u nion e colle truppe modenesi. Questa avvenne in breve tempo e l'esercito estense - 4.000 fanti, 1.000 cavalieri, 900 carri c 18 pezzi d'artiglieria - insieme a quello francese mosse all'assedio eli Pavia, bloccata dal 24 luglio. L'operazione fu però sfortunata. Tommaso tenne un comegno ambiguo e fu accusato di avere un accordo cogli Spagnoli , in segu ito al quale aveva permesso per due o tre volte l'ingresso dei rinforzi nella piazza. Il Duca di l\llodena rimase ferito , Tommaso si ammalò e. alla notizia dello sbarco di alcune migli.a ia di Spagnoli nel Finale , il ·15 settembre 1655l'assedio fu levato. ''!!principe Tommaso condotto co/la febbre in cotpo a Torino, jìnì di uivere nel dì 22 di gennaio de/t'anno seguente 1656.·•XX'Xfll A sessant'anni non ancora compiuti si chiudeva una carriera costellata di combattimenti, pochi dei quali vittoriosi, nessuno risolutivo. Tommaso - benché lodatissimo dai contemporanei - visto in prospettiva non sembra eguagliare la diabolica abi lità d i suo padre. Le sue azioni, certamente ben stud iate e ben organizzate, non ebbero ma i il distimivo della genialità. Non combatté sui campi di battaglia principali della Guerra dei Trent'Anni, ma probabilmente lo si dové al fatto che fu lui a non renclerli tali. li fronte di fiandra nella seconda metà degli anni '30 e ra di tutto rispetto. La campagna del '36 poteva avere una risonanza enorme. fondame male, a cond izione di raggiungere Parigi. Suo padre l'avrebbe fatto , con tutte le sue forze, a costo della vita; suo nipote Eugenio l'avrebbe fatto: Tommaso non lo fece. Le o pe razioni in Piemonte contro i Madamisti andarono nel medesimo modo. Tommaso poteva prendere Torino, non ci provò nemmeno, perché non si sentiva sicuro del risultato. D'altra pane il suo comportamento militare fu sempre privo di q~uella decisione estrema che rende l'azione risolutiva. Disse di lui Muratori: "quando e{!,lifu del parli/o .'>j)agnuolo, seppe hen servire i Francesi: e quu!ldo comandò le armi francesi non dimenticò di prestar servigio agli Spagnuoli."XXXJV Muratori attribu iva questa sua attitudine all'aver ben imparato la politica dal padre. Viene invece da domandarsi se l'eccessiva, nevrotica sma nia eli fare di Carlo Emanuele J con tutte le sue disastrose conseguenze non abbia, per contrasto, influito su Tommaso facendogli preferire sempre la via sicura, la via di mezzo. Tutte le s ue azioni, politiche e militari, portano il marchio dell'aurea mediocritas. E q uesto fu: un bravo a rtigiano del mestiere delle armi .



CAPITOLO m Tattica e strategia dell'età barocca

Proviamo a trarre k somme eli quanto abbiamo esposto fin qui sotto il profil o delle tartiche e della strategia . San Q uintino aveva segnato il trionfo delle armi da fuoco sulle armi bianche, della cava lleria e dell 'artiglieria su lla fanteria. Fu una svolta nell'arre militare occidentale e le regole apparse su l terreno in quel 10 agosto cleLerminarono buo na pa1te del modo el i combattere dei secoli seguenti. Un ulteriore miglioramento si ebbe quando le truppe svedesi entrarono in Germania durante la Guerra elci Trent'Anni. I sistemi di Gustavo Adolfo divennero la nuova e p iù recente pietra miliare dell'arre della guerra, imitati, sviluppati e contrastmi da altri validissim i condouieri , ltaliani e Francesi per la maggior parte. Un punto che va chiarito subito per capire come e perché i generali europe i e i Savoia in particolare combattessero in un certo modo , è che fino a Napoleone non è mai esistita la scienza militare come la si intese da Austerlitz in poi. Esisteva invece un modo di fare la guerra, con radici abbastanza comuni a turri i militari europei. che veniva svilu ppato da ogni singolo comandante secondo la propria personalità ed esperienza. Esistevano molti resti eli arte milita re, che erano sia dei prontua ri di come organizzare i movimenti c gli eserciti, sia delle raccolte di esempi tattici o d i pri ncipi strategici - e in q uesto filone rientravano i Diali della Guerra di Fiandra scritti da Emanuele Filiberto e conservati a Torino- sia. infine, dei testi el i filosofia della guerra;. Ma l'ignoranza era tanto diffusa che pochi si curavano di leggerli . Restava a llora come unica scuo la la pratica delle armi. E la scuola pratica in cui si formavano i giovani volo ntari, tuni nobili, era sempre la stessa: le campagne di guerra che opponevano Venezia, l'Impero e la CristianiLà all'avanzara turca ne ll'Europa O rie ntale. Francesi, Tedeschi, Danesi. h:al iani, Spagnoli, Portoghesi, Polacchi, Boemi, Ungheresi, Svedesi, Valloni c Fiamminghi si anuolavano sistematicamente sorto Le bandiere di San Marco c degli Asburgo. Combattevano in Ungheria e nei Balcani comro il medesimo nemico, colle stesse armi c negli stessi mod i. Si incontravano, facevano amicizia . Poi tornavano a casa e riprendevano servizio negli eserc iti dei rispettivi sovrani . Là la comune preparazione ricevuta era completata dalle guerre europee a cu i pre ndevano parte, trovando spesso in


96 campo avverso qualche vecchio compagno d'anni delle campagne contro la Sublime Porta di Felicità . Era durante le guerre tra Europei che apprendevano rapidamente i sist<:mi in uso nei rispettivi esercì t i: l'impiego della cavalleria e della fanteria, la tecnica d'assedio. d':n·a nzata e di ritirata, l'imponanza elci foraggiamenti \.' dei magazzini, il riconoscirncnto delle linee di rifomimemo e la necessità di marce brevi: tulle cose che, per l'ambiente diffcreme. dovevano e::.cguire in modo un po' diverso rispetto a come avevano vi:-.to fare contro i Turchi. Condivano il tutto con una decina di campagne. mezza dozzina eli ferite, qualche saccheggio ed erano pronti a guidare un esercito. I più colti fra loro. come Eugenio di Savoia, avevano avuto la for-runa di un insegnante esperto e s:.~pcvano abbastanza latino da poter leggere Plutarco, Cesare. Livio, Tacito e Sallustio. Poi tenra,·ano dci raffronti fra la teoria appn.:sa e la pratica in cui \ 'Cnivano a trovar:-.i. Se er..tno bravi, o fortunati, o entrambe le cose. sopra\'vi\·e,·ano, se no la cmriera era rerminata. I più sofisticati e hravi eli solito accompagnavano una notevole J:mtasia ad una buona pratica e ad un certo studio dd car~mcre del comandante avversario. Ecco quindi Vinorio Amedeo TI sbarazzarsi di Vencl6mc grazie alla conoscenza dell'indole eli Luigi XIV; ecco subito dopo Eugenio scrivere a Marlborough che Vendomc è un "!{!Wl trincera/ore. ma per

poco che gli si di4ìno i suoi pialli. fa lvtm.fèttiw u porl'i rimedio. specie dliiWllc l'azione, lasciando al caso di rimediun•i ... XX)..' Il limite dell'azione eli comando era nelle istruzioni provenienti dalle risp<.'tt ive corri. Se però - ed era il caso de i Savoia - il sovrano era anche il comandante supremo sul campo. i soli limiti esistenti erano costituiti dalle necessitù di rifornimento. Per un'armata due sono le cose fondamentali: mangiare e ::.parare; e per entrambe non ci sono mai abbast~• n za scorre. Cominciamo dai viveri. Nel primo Sein:nLO gli escrcili si erano sempre nutriti di quel che trova,·ano nei territori che anraversa,·ano e dcvast<l\'::tno; equesto ~l\ C\ a significato dm er spesso soffrire la fame. Per evitare simili inconvenienti, verso la fine del secolo avevano organizzato il servizio d' intendenza. Ad esso toccava non solo il reperimento. la conser,·azione e la di<>tribuzione delle \'CrtO\·aglie c dci foraggi. ma anche l'invio di uniformi - che fino alla met<ì del XVJl secolo si usavano molto meno che in segu ito - c di munizioni e polvere da sparo, :tdoperatc nel secolo precedente in quantità inversamente proporzionale al numero di picche in servizio nelle armate. Vari appaltatori raccoglievano tulto questo materiale da una cap illare n:tc di piccoli produttori c lo versavano nei magazzin i. Da là era fa tto prosegu ir(', a cura dell'amministrazione militare o clell'arpaltmore. per acqua o per tcrra a altri magazzini più vicini alle rruprx· in campagna. Queste, a loro volta, potendo sostenersi solo in minima part<.: colle req uisizioni dTctLuate in ;wna d'operazion i, dipendevano quasi completamente clalht presenza di depos iti c dai collegamenti che a\'e\'ano con essi.


97 La massima autonomia - c conseguentemente il p1u ampio raggio d 'azione -che un esercito potesse raggiungere era quello consentito dalla quantità di cibo che i soldati potevano portare con sé. E' non era certo consistente, giacché sarebbe stato salutato come geniale il famoso "Sistema delle cinque marce" inventato da Federico il Grande, c he da lla metà del XVlll secolo avrebbe consentito alle truppe con nove razion ~ - tre addosso e sei nei carri al seguito - di avanzare per tre giornate di marcia e di tornare in altre tre all'accampamento, le cui scorte avrebbero fornito il pasto serale della sesta giornata. Era qu indi naturale elle i generali rendessero a d istruggere più le linee eli comunicazione e i magazzini che l'armata avversaria, dato che uno scontro campale sarebbe costato. in uomini e armi, molto più dell'azione contro un centro di riforn imen to e non avrebbe ponato necessariamente a quel ripiegamento che invece il nemico, privo d i cibo e munizioni, sarebbe stato costretto a effettuare verso gli altri suoi depositi, più lontani ma ancora intatti. E questo era il motivo per cui molti generali soste neva no la possibilità di vincere una guena senza combauere troppo o, come diceva il Ma resciallo di Sassonia senza combattere affatto. Le campagne di guerra e rano quindi piuttosto lente c le battagl ie re lativame nte scarse. In compe nso e ra no numerosi gli spostamcnti. Si guerreggiava prevalentemente in primavera ed estate. L'autunno portava sempre un rallentamento dell'attività bellica a causa delle p rime piogge che, re ndevano difficile la viabilità, impedivano i rifornimenti necessari a grandi operazioni e ostacolavano il movimento delle truppe . Queste allora abbandonavano il teatro di gue rra e si disponevano in prossimità dei magazzini, ritirandosi nei quartie ri d 'i nverno. Vi dovevano essere mantenute a spese del sovrano, ma questi pe rlopiù graziosamente devolveva tale onore alla comun ità, mentre i comandanti in capo profittavano della pausa per rie ntrare alle rispellive corti, riferire sulla campagna appena finita e preparare quella segue nte. f ino a primavera si ricquipaggiava l'esercito. si riempivano i vuoti ca usati da morti, ferite, catture, malanie e, in larghissima parre, diserzioni e ci si riposava. Ma , attenzione, solo le operazioni maggiori erano sospese; le minori continuavano il p iì:1 possibi le, sempre che J'orografia lo permettesse. Lo si vide, acl esempio, nell' in verno 1690- 91 in Piemonte , dove consistenti aliquote de lle opposte cavallerie continua ro no ad azzuffarsi pe r ruua la stagione, battendo le strade alla ricerca dci convogli o delle truppe nemiche e cercando d'i nfliggere il maggior danno possibile. 24 Una battaglia inve rnale era un'eccezione ed una sorpresa e, prima della Guerra di Successione d 'Austria, se ne vide ro pochissime . L eccezionalità dipendeva soprattutto dalla carenza di munizioni durante la ca ttiva stagione, dovuta

24 Si l'edano a yue,to proposito gli u ltim i clu<.: \'C>Iumi delle F.fft·rneridi C trta ri r e!Jei, COtlbL't'Vatc al l'Archi-

vio di Sta to d i Ho ma.


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al cattivo stato delle stradt:, e dalla grande varietà di armi da fuoco, c conse guentemente di calibri c proiettili. Il problema non intcressm·a tanto la fanteria quamo l'Artiglieria. La prima era dotara al massimo di due o tre ripi diversi di arma da fuoco individ uale. Poiché 1:1 tecnica p roduuiva del tempo non permetreva altro che un'approssimati\'a uniformità delle canne e, quindi, elci calibri (ad esempio i fucili piemontesi in uso da lla Guerra della Grande Alleanza in poi, avevano un calibro compreso fra i 17,3 ed i 17.5 mi ll imetri. pari ad una pallottola di piombo pesantc un'oncia di Piemome, cioè 30,7 grammi), il soldato al campo pescava nel mucchio, provava se la pa ll a entrava o no dentro la canna e, p iù o meno, ne trova ,.a sempre abbastanza per equipaggiarsi. Tutro cliver~o il caso dei pezzi d 'artiglieria. Intanto la loro varierà era maggiore c cambiava da esercito a esercito. Si passava. per esempio, dai 22 tipi ufficialmente in dotazione all'e">ercito imperiale nel 17 13 alla dozzina dei Piemontesi fino ai 7-8 dell'esercito francese. Ne l corso del XVII secolo l'evoluzione delle tecniche costruttive degli affusti a\·e,·a portato acl un loro progrcssi,·o alleggerimento e ad una conseguente di minuzionc del numero dei cavalli, o dei bttoi, necessari a trainar! i. Nonostante ciò, all'inizio del XVITT occorre,·ano pur sempre una dozzina di Cl\'alli per un pezzo da 33 libbre. ~~ H per quello da 24, sci per quello da 12 e così via. Le muni zion i, le polveri e le attrezzature venivano trasportate da i com·ogli del Treno d'Artiglieria in carri a quattro Gl\'alli. con una capacità di carico compresa tra mezza tonnellata e HOO chili. Facciamo un po' di conti: un pezzo d'artiglieria poteva contenere una carica di lancio di peso ,·ariabile fra le 2 e le lH libbre di polvere da sparo. pari que sre ultime a circa 6 ch ili. La polvere, la cui gramr va riava a seconda del tipo di bocca da fuoco alla quale era destinata, er~t contemna di -,olito in barili da 100 chili per i pezzi maggiori e da 50 per quclH minori. Se ne deduce che un carro poteva portare da 5 ~~ H barili (o cb l O a l()), consentendo circa sedici t iri a un pezzo maggiore o una cinquantina a uno di tipo piccolo. Considerando che una bocca da fuoco d i grosso ca libro poteva sparare tranquillamente una cinquantina eli colpi al giorno. occorrevano tre o quauro carri , cioè da 12 a 16 ca, ·alli e tre o quanro conducenti. per le sole cariche di lancio nece~saric all'anività giorna liera di un unico pezzo. A loro \'O ita le bombe. di vario genere, tra ca\ e e piene, arro\'enrabili e incatena bili, andavano trasponate su altri carri: e eli :-·.olito non se ne riusciva astiva re p itr d'una trentina in ognu no. Poi bisognava provvedere alla polvere per gli inneschi. di grana più fine, in recipienti da 21 chili, ed alle attrezzature di uso corrente: scovoli. pale. cucchiai, miccia, acciarini c via dicendo. !< ..,, nçord.1 dw all'epoc1, rcr Il' ( 11:m: dilflu>hcl co~lnllli\1.:, il cilihro l'r.t l''Pfò!>O •n -hbbr,• d1 pall:i ·, cioè in ha":' al pc:...o ddb palla di fc:no pi<:na ... p:1 1~ 11a da l peno. In tulla Europa hl !ihhm indicava Hlt'diaml'nLl' un P'-''() pari .l ptKO più Ul i.-10 grammi, rx·r Ull il J'<.'ZZO d.t .U ... p.ll.l\;1 p:ilk· pt•,:mli qua ... i Il chili


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Tn linea di massima possiarTtO dunque calcolare a non meno di ser t carri necessari al funzionamento gior naliero c non intensivo di un solo pezzo eli grosso cali bro. E ci teniamo strcrti. Per l'assedio di Pinerolo del 1693 si prevedeva infatti che a i 20 morrai piemontesi sarebbero occorse 10.000 bombe e 2.500 carretti da trasporto. Quando poi l'assedio cominciò. da Torino partivano mediamente 100-150 carri al giorno per ripìana re i consumi di munizioni. Calcolando almeno quatrro cavalli per ogni carro sì o ttiene un totale dì 400- 600 quadru pedi impiegati quotid ianamente solo pc:r le batterie d'assedio. Le pariglie andavano alternate, per farle riposare, e nutrite. Il foragg io doveva essere trasportato da a ltri carri. trainati cla allri cavalli . anche loro da nutrire. Poi c'era da provvedere agli uomini, con vettovaglie. munizioni, attrezzi c parti di ricambio; e bisognava portare indietro i feriti; e occorrcv:1 foraggiare la cavalleria; e i cavalli del parco d'artig lie ria sotto la città. E quello di Pinerolo per di pill era un caso fortunato, perché era molto vicina ai magazzini principali di Torino e non c'erano spostamemi eli truppe. Se invece si fosse tratrato d 'una normale campagna di movimento, sì sarebbe dovuto impiegare un numero dì mezzi c quadrupedi da doppio a decuplo, a seconda della distanza da lle basi di rifornimento. In queste condizioni non c'è da stupirsi quando si legge che l'esercito di Marlborough cd Eugenio eli Savoia in Fia ndra ebbe bisogno di 16.000 cavalli da tiro e 3.000 carri munizione per muoversi su Mons ndl'agosto del 170R. A questa enorme quantità di veicoli c quadrupedi si aggiungeva il peso morto delle fam ig lie dì uffic iali. sorrufficiali e soldati, con servitori, clienti. cantinieri, prostitute, giocolieri c ricettatori . Studi attendibili sull'esercito imperiale in Italia durante la Successione Spagnola , negli anni dal 1701 al 1706. fanno ascendere i non militari acl un numero pressoc hé pari a quello dei militari. Quando poi si passa a calcolare anche gli eserciti francese. piemontese e milanese al servizio spagnolo presenti ne lla Lombardia orientale nel periodo l70J -3, si arriva a un rapporto cogli abitanti del luogo o ndeggia nte fra 3 a l c 2 a l. Tutta q uesta massa di gente si doveva spostare ogni volta c he si muoveva l'esercito. Ne risultava che il reparto in marcia doveva sobbarcarsi di un pesantissimo fardello eli bagagli, a i q ua li sì sommavano g li effetti personali eli ufficiali e soldati e delle rispettive famiglie , ra lle ntando i movimenti di tutta l'armata. Era un grave impaccio, specie se sì considera che. per i motivi logisrici già esposti, la marcia era un atto dì fondamentale in1p01tanza strategica. In linea di principio veniva fatta in brevi tappe, sfruttando le ore eli luce. e con imponenti misure di sicurezza in testa, ai tìanchi e indietro. Unità di caval leria leggera venivano mandate molto avanti e, insieme a loro, avanzavano gl i ufficiali incaricati di organizzare i quartie ri c rcpcrire i rifornimenti, o parte di essi, per l'armata .in arrivo. Una volta raggiunto, il luogo designato e ra ispezionato e. se tutto anelava bene, i cavalleggeri si spingevano in avanscoperta per verificare l'assenza eli nemic i nelle vicinanze. Mentre i commissari requisivano tutto q uello su cui ri-


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uscivano a mencrc le mani, intimavano di consegnare il resto pena il sacchegg io e p romettevano di pagare, cosa che poi spesso non facevano, specie se erano austriaci. All 'a rrivo dell'esercito, di solito poche ore dopo, i soldati si acqua11ieravano rizzando le tende dove veniva loro indicato. Ogni sera bisognava dunque ri montare il campo e :--momarlo ogni mattina. , ell'intcrvallo occorreva pt.:nsare :t p rocurarsi la cena, il cile significava generalmen te che, se quanto i commissari avevano tro,·ato non era sufficiente, hi.sogna,·a spedire in giro dbraccamemi di fanteria e ca,·alk ria in cerca di cibo, acqua e foraggio, perdendo un altro hcl po' di tempo. Detraendo dalle 2 1 ore delle giornata quelle dedicate a tali operazioni c al riposo, non rimaneYa molto per marciare da un posto all 'altro. Non c'è quindi da stupirsi quando si ~coprL' che la tappa media fino a Napoleone non eccede la donina di chilometri al giorno U leghe, o circa ~ette miglia). Per queMo mo tivo, poiché k truppe marciavano in colonna, ma in genere non inquad rate, su strade di piccola capacità. 26 era tutt':.dtro che insolito il caso d 'u n c-;erciw le cui teste di colonna comincia,·ano a impiantare il campo d'arrivo mentre b retroguardia stava smontando q uello d i pa rtenza. C'C: in\'ece da strabiliare di frontL' a una marcia come quella di Eugt.:nio dal Venero al Piemonte nel 1706, o davanti al trasferimento e riclispiegamenro del l'Armata Sard:t di Carlo Em:111ue lc Ili. che nel 1742 impiegò "appena" un mese e mezzo per '>postar~i da Rimini alla Sa,·oi;:~ e cacciarne gli Spagnoli.r "N(· bisogna dimenticare che per tutto il periodo furono alte k perdite dovute alle fatiche della rnarcia. Le rela7.ioni <:.: i diari del periodo comprc'>o fra il 1688 ed il 17 t8 danno un panorama clesolanrc. Le uniche eccezioni semhrano essere gli acca ntonamenti e i riforni menti inglesi sotto Marl horough e l'organizzazione logistica di Carlo Emanuele III. Turri gli altri eserciti fanno lenue al Cielo lamentele dei generali disperati e grida d i dolore dci civili sotroposti :t saccheggi c violen ze. Era dunque forte l'att rito fra le truppe in marcia o accantonate e le popolazioni delle 7.one in cui veniYano a tro\'arsi; e due erano le reazioni da JXtrtc eli queste ultime. Ln prima consisteva nell'occu ltare o consumare tu tte le derrate e i foraggi eli cui disponevano, aumentando così i tempi di reperimento dci vin.·ri c rallcmando ulteriormente i movimenti dell'armata. La ~econ da nell 'assalire d i sorpresa i militari isolati e i piccoli clislaccamenri. massacrandoli senza piet:ì . E' quanto era accaduto anche nel Piemonte invaso dai Francc:--i o dagli Spagnoli. Ma q ui , col progredi re del secolo XV II , la res istenza era divenuta pil:1 feroce e organizzata. grazie al '>istema della milizia prcwinciale, tanto che nel pc-

!~ "• ricorda dw rx-r "< ·•racità" dt•tl.t 'trada '' intend<· 1.1 quantit.l th uonuni <.' nli.'L/1 che puo tr;•n~nart per un d:llo punto dt qudl.t 't rada nell';trco d'un'ora. !" Per fornire un terminl' di para~o•w moderno. ~i pcn..,; che i rq>arti <tppiedati dd lkgio E~l'll'ito l t<tlia no in Ru'"a nd 19t2 [X>l<'\ ano copri l i.' giorn;llment<· Wppl.' di ')(J--60 dlilometri


TAmu E ~TRATEGtA DELL'ET:\ llAK<>CCA

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riodo del la Successione Spagnola si sarel)be riusciti ad obbligare il nemico a lasciare Asti poco prima dell'assedio di Torino, e, durante quel la Auslriaca, a fargli abbandonare l'intrapreso assedio di Cuneo. Le controreazioni e rano le solite: il saccheggio e l'i mpiccagione - quando andava bene - d i tutti quelli che erano sospettati di resistere o di aver resistito al saccheggio stesso. Di casi simili c dci loro effetti sono piene le cronache locali del periodo della Successione di Spagna in Italia ed il sottosuolo della Pianura Padana. Ancora alla fine del XIX secolo nella nassa Bresciana era possibile imbattersi in fosse comuni contenenli i resti eli militari imperiali massacrati dalla popolazione inferocita negli anni tra il 1702 e il 1706. Ma per un esercito dei secoli XVTl e XVlll l'ostacolo in assoluto più difficile da superare erano le città. Se non venivano prese immediatamente, occorreva assediarle; c ciò richiedeva in genere molto tempo, pcrch(: si doveva costruire loro intorno un anello di forrificazioni e opere d'assedio, presidianclolc con numerosi soldati, cosa, quesra, molto difficile da ollenersi in un periodo in cui 15.000 uomini formavano già un buon esercito e i 200.000 del l{e di Francia erano considerati un quantitativo straordinario, difficile da eguagliare e, sopraltutto, costosissimo. E' vero che gli assedi potevano essere pianificati abbastanza bene, ma è altrettanto vero che riuscivano solo a condizione di avere rifornimenti sicuri e continui. Procedevano bene in Renania c in Fiandra, dove le pianure, la fitta rete di canali e l'ampia portata dei fiumi a partire dal Heno stesso, consentivano Hn regolare e copioso afflusso di rifornimenli. L'andamento delle operazioni peggiorava poi in proporzione all'asperità del terreno: ne lla Germania centrale non anelavano un granché e, p iù si procedeva verso est, meno sicuro diveniva l'esito. In Italia. poi, a causa delle Alpi, gli assedi o finivano immediatamente, o, cd era il caso più diffuso, andavano malissimo. Di conseguenza le città erano odiate proprio per i rischi che compattavano. Per farle cadere si tentava eli tutto: hombardamenri feroci, mine, scalate, scavi di cunicoli sotterrane i, fame, offe n e degli onori delle armi, capitolazioni eli resa favo revolissime, corruzione. Ogni cosa era buona pur di prenderle; e nessun generale ciel secolo XVTTJ amava veramente gli assedi, colla sola eccezione del Maresciallo d i Sassonia, che invece sembrava aver scoperto il segreto di farne tanti in poco tempo c con successo. La procedura cm sempre la stessa. Si cominciava col bloccare la città o la fortezza distribuendole intorno le proprie truppe. Decisa la principale direttrice d'attacco, si stabiliva lo schema d'approccio e si passava acl "aprire la trincea ''. Con q uesta frase veniva indicato lo scavo dei trinceramenti, che poteva essere effettuato sia dai soldati dell 'a nnata assediante, sia da civili rastrellati acl hoc. L'operazione non e ra molto lunga - anche se p e ricolosa e complessa - e la durata dell'assedio veniva calcolata dalla cima dell'apertura della trincea, cioè da l primo giorno degli scav i, indipendentemente da quanto fossero poi durati.


102 Ultimata la trincea, pOLe\·ano cominciare le operm~ioni d'assedio H .·re c proprie, le quali si svolgevano secondo una progn.:~sione re~a comune dalla struttura del le fortezze e dalla prassi. Per prima cosa occorreva superare le opere e~tcrne della cima difen:-iYa· frecce, rivelli ni e così via. Giù questo non era facile. poich(• alcune fortezze europee erano dotate d'un '>btema difensivo di mine, che vcni,·ano fatte esplode n: sotto i piedi degli assedianti. Torino, che era una delle meglio dotate in questo sen~o. an:va una rete di cunicoli e fornelli da mina che. dopo i miglioramenti apportati da Vittorio Amedeo Il , si estendeva su tre livelli sotterranei per ben l '-i chilometri. Gli ~1sscdianti dovevano neutralizzare le mi ne con lavori di controm ina e, SL' tutto anda,·a bene, pote,·ano roi assalire le opere c~terne affronrando "solo" il liro dei pezzi d'artiglieria c dei fucilieri avversari. Poi c·erano l'assalto alla comroscarpa ed alla scarpa. cioè la presa del cigli< esterno del fossato, la discesa nel fo~sato stesso c, se era possibile, l'attacco alle cortine murarie. Il passo seguente, che veniva sempre considerato ramo importante da farne oggetto di appositi messaggi, recati al sovrano da staffelle eli alto rango, era la presa della ~tra cb coperta. Quesr'ult im.a era la ~t rada interna a ridosso dell a cinta difensiva che consentiva ai difensori di muoversi lungo l'interno ddle mura : ma la sua presa, o perdita, era in realtà tutr'altro che risolutiva. Presa la strada coperta. veni,·a il momento eli ballcre in breccia k fortificazioni con nma l'artiglieria disponibile . .J.\mmesso che gli assediati non scavassero mine sotto le piazzole dei rezzi facendole saltare e che le loro sortite fos~ero sempre respinte, arriva\'a il giorno in cui nelle m ura veniva aperta una breccia, la cui ampiezza era misuraw in "uomini di frome ... cioè in ba~e al numero di fanti che \'i potevano entrare stando :1fTiancati l'uno all 'altro. Ora. se ~i tratra,·a di una fortena. a questo punto la guarnigione ricen~,·a l'intimazione d i resa. D i solito, pur di arrivare alla resa, il comandante degli as'>edianti concedc,·a a quello degli assediati non solo l'onore delle armi, ma addirittura il pe rmesso eli ritira rsi con tu tti i suoi uom ini . un numero m inimo di cannoni (al massimo una mezza dozzina. prevalentemente o solamente di piccolo calibro), pifferi, tambur i, stenda rdi e salmeric dierro la prom essa, scritta e firmata. eli non combattere di nuo\'O prima d'un ce110 las~o di tempo; e la ~tes­ sa cosa potc,·a av\enire in hauagli a ~e rimaneva accerchiato un nucleo nem ico tanto consistente da far preferire un minimo di trattati\·a ad un ulteriore sanguinoso a~sal to. 2~'~

!i< La l'l''a poi<'Va ~'·'''l'l' all'ini7io. "con quank·rc". "M•nza qlo~o rl i erl' .. l' ··a do'H~/ionc· .. \fel pnmo l,,,o il \ inl'itnn: '1mpq~n;l\ ,1 ;l '"'l<·ncn: k spc ....· di \Ilio <' alloAAio dd prigioni~ro, t·omclndo ~~~ rifa"' Lol rN .Hl<>. '\Id ,<'condo ca~o •l pngooniero <i dm c\.o pt'n~.ll'l' d;o ,~: nel tc·r/.o il 'inciLor<· poteva fare del prigioniero qul'llo eh~ gli parc1·:o.


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Ammesso che potesse permcttersclo, il comandante assediaro discurev<l le condizioni della capitolazione, poi ordinava a i tamburini di "baue re la resa,'' 29 ammainava la bandiera ed usciva dalla ci nta muraria portando ci<) che la capitolazione, c ioè il testo scritto recante le condizioni di resa, aveva consentito. Ma se invece si trattava di una città. le cose andavano in modo del tutto diverso e molto p iù fastidioso pe r gli attaccanti . T.a città aveva sempre una propria cittadella fortificata, nella quale la guarnigione s i ritirava ogni volta che vedeva aperta una breccia nelle: mura, obbligando il povero assediante a ricominciare rutto da capo. La resa infartj spesso riguardava solo la città vera c propria, ai cu i delegati il comandante de lla guarnigione lascia va libertà di patteggiare col nemico, mentre lui si ritirava nella cittadella e si disponeva a continuarvi la difesa. Nel frattempo magari arrivava un esercito d i soccorso e, tranne rari casi, come quello di Eugenio sotto Belgrado nel 1717. in cu i l"assediante riusciva a battere anche quello c a far arrendere il presidio, era meglio levare le tende per non essere accerchiati e sconfitti a propria volta. Però poteva darsi che tutte le intimazioni eli resa fossero respinte. In q uesto caso la guarnigione poteva arrenders i solo ''a discrezione .. del vincitore, rinunciando cioè a qualsiasi trattativa e colla certezza d'essere fatta prigioniera di guerra. Se poi per disgrazia la città o la c ittadella cadevano durante uno scontro, cioè erano "prese d'assalto'', il saccheggio c il massacro erano sicuri; col che s i comprenderà perché fino a apolconc sia stato così alto il numero elc i centri abitati arresisi dopo assedi tanro brevi da se mbrare fatti per pura formalità. Comunque nella maggior parte dei casi i generali e ra no molto più disposti a misura rsi coll'avversario in campo aperto. Non era esattamente l'apice dei loro sogni , lo si è spiegato prima. pe rò s i poteva considerare la battaglia come un colossale duello. E, se proprio ci erano costre tti , poiché nessun ge ntiluomo si sottraeva a un duello. schieravano le rispettive truppe c le facevano combattere. Gli eserciti. che si affrontavano con notevole ferocia ed e normi difficoltà, dovute in gran parte a ll 'armamento indiv iduale e di reparto. erano a llora. c nemme no tutti, articolati organicamente su tre armi: Fanteria. Cavalleria e d Artiglieria. A suo tempo San Quintino aveva distrutto, oltre alla Francia, anche il mito dell 'invincibilità della Fanteria dotata eli armi bianche rispetto alle Armi, a ll ora considerate secondarie, come la Cavalleria e l'Artiglieria. Per far fronte all a minacciosa preponderanza della prima , basata sulla velocità e sull'urto, gli eserciti e uropei adottarono rapidamente e su la rga scala sia le armi da fuoco portatili, in modo da danneggiare la cavalleria avversaria prima di esserne agganciati ,

l9 Se innece era il com andante a~'ed iato a chiedere la resa p rima chr.: g liela intimassero, orcli n~\·~• ~i tamb urini di "hauere la chiamata ...


104 eh<: i cannoni, Cl'rcando eli rendere le une c gli altri semp re p iC1 leggeri. m~tneg ge' oli e capaci eli un <.:kvato riLmo di Liro. Effettivamente durame il xvrr secolo si erano ottenuti considerevoli risultati in termini d i miglioramento della manegg<:volezza, passando dall'archibugio, d 1 peso tale da non poter essere adoperato senza una forcella che lo sostenl'sse. al moschetto prima ed al fuci le a pietra focaia poi. Parallelamente alrincremenro dell'efficacia delle armi da fuoco. -,i ebbe una diminuzione del numero eli picche, riclolle prima a rivestire una funzione eli protezione e copl'rlura degli archibugieri e dei moschettieri: e poi a -;compariR definitivamente. Lasciarono un ricordo di :-.é nell'uso delle baionette a tappo. che, dopo aver sparato. il fante inseriva nella canna della propria arma da fuoco. rendendola vagamente simile ad una lancia. Tale sistema creava però notevoli cl iff icolt:'t alk famcrie. poiché rencle,·a ancor pill laborio:-.a la serie di operazioni che bbognava compie re per ricaricarc l'arma. La grande innovazione che si ebbe fu l'invenzione. farra da Vauhan. di una ntlO\ a baionetta. Di forma triangolare, con un aspetto molto simile a quello di una cazzuola da muratore, più leggera e lunga clelia precedente. poteva <:'>Sere fissata mediante una ghiera cntro cui si infilava la canna del fucile; ed in questo modo l'arma poteva spara re ed essere ricaricata con la lx tionena inastata. Il tiro rio;ulta,·a dunque accelerato, ma l~t sua preci::.i<>ne re'>tava alquanto approssimativa. Il fucile a piL•rra focaia, adoLtato da tutti gli e<>erciti sul finire del XVII secolo, l'ra infatri a anima liscia e quindi non consentiva né una mira molto accurata n0 una gi ttata apprczzabik. Il primo incom·eniente non sì poteva risoln:re; ma per il secondo si trovò un rimedio allungando le canne dei fucili, che cos i divl'nlarono alti quanto i loro proprietari. Questo però era un altro rroblcma. Poiché le armi del tempo erano tutte acl a\·ancarica. dopo aver sparato occorreva pos:tre il fucile col calcio per terra poi. tenendolo per la canna, bisognava ricarìcarlo: e questa era una opera%ione lunga, durante la quale il fante restava alla mercé del nemico. dal quale si poteva difendere solo colle armi bianche. Di conseguenza, per protegger~i a vicenda , per assicurare un tiro continuo c per resistere meglio agli attacchi della cava lleria avversaria le fanterie manovravano sul campo eli battaglia in ordine chiuso, articolate su più linee, una dietro l'altra, in grado di muoversi celermente c ordinatamente sott o il fuoco nem ico. La disputa per decidere ~e fosse migliore l'ordine in profondità o quello lungo (o "in linea") avrel )be ca ratterizzato ii secolo XVIII e sarebbe terminata si e no al tempo di :-.Japoleone. L'ordine in profond it à prevedeva la disposizione dei reparti d i fanteria in colonne d'attacco. La testa di colonna avanzava occupando un'estensione di fronre molto ridorta, però poteva contare sul gran numero eli rincalzi che la se-


TA'rfiC.\ f Sllv\T EG IA UELI.'ETA fiAHOCCA

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guiva, cioè sul resto della colonna stessa. L'ordine in linea s i otteneva dispone ndo le truppe in linee parallek consecutive - da tre a cinque. a seconda degli eserciti e dei periodi - coprendo un largo settore dd fronte. Entrambi i sistemi avevano un grandissimo n umero di accesi sosteni tori, che ne sottolineavano i vantaggi e ne sminuivano gli svantaggi. ln breve le opposte teorie s i riducevano a queslo: !"ordine in profondità consentiva di alimentare bene l'attacco, ma riduceva spaventosamente la potenza di fuoco fronta le complessiva dell'unità impegnata e poteva permettere alla cavalle ria avversaria di ragliare in due la colonna , assa lendola d i lato. Dunque l'ordine in li nea poteva apparire come il migliore, poiché permetteva da tre a cinq ue salve d i fucileria consecutive (e se la truppa era ben addestrata, nel tempo in cui le seguenti quattro file sparavano, la prima aveva ricaricato i p ro pri fucili ed era nuovamente pronta a fra fuoco) , ma la lu nghezza della linea rendeva lo schieramento facilmente sfondabile tanto da lle colonne d'attacco di fante ria, come dalle cariche eli cavalleria, quanto, in fine, da l tiro d 'artiglieria. Un caso esemplare sarebbe stato q uello della battaglia di Staffarda, in cui le linee austro-ispano-piemontesi sarebbero state scompigl iate dal cannoneggiamento fra ncese e sfondate da ll 'azione congiunta della fanteria c dell a cavalleria. Ma in rea ltà le variabi li davanti alle quali il comandante si poteva trovare sul campo erano troppe per potersi affidare ciecamenle a quanto postulato dalle teorie. Terreno, fortificazioni, cavalleria c artiglieria avversaria , condizioni atmosferiche, fretta . .. tullo doveva essere valutato di volta in volta e senza pregiudizi. Così Eugenio a Torino adoperò un sistema misto, del resto molto diffuso, facendo avanzare le sue truppe in linea, ma con forti rincalzi all e spalle. l Francesi adottarono ufficialmente l'o rdine in profondità soltanto dopo la pubblicazione delle teorie d i Folard, qu ind i a partire dalla Guerra di Successione Polacca,30 ma in pratica , sia prima che dopo, ogni colonnello decideva al momento dell 'azione quale schieramento utilizzare. Le truppe sabaude - cioè Vittorio Amedeo Il prima e poi Carlo Eman uele UI - sembrarono preferire l'ordine lungo d urante tutto l'arco del secolo, ma no n disdegnarono d i servirsi eli q uando in quando di colonne d'assalto, specie in mo ntagna. De l resto bisognava anche considerare che tipo di fanteria si stava impie gando e su che terreno. L'unità base dell'Arma era già allora il Heggi mento, ma ne l suo ambito convivevano varie specialità, ognuna destinata ad un im piego diverso. 11 grosso era forma to da lle compagnie fucilieri, incaricate di tenere la linea del fronte. 30 Vale la pena di notare che alcuni autori ~cm:ccntcschi artribuivano - crroncamenlt!, come " i vedrà nt:l parngr.afo rel:uivo - proprio alla compar~a del sistema in colonna d'<Htacco, unito >~ i rnovirnemi continui e rap idi teorizzati da Fol::trcl, i l disorientamento e l;1 conseguente i.nallivitil di Eugt•nio davami a Philippsburg nel

1734.


106 Le a;doni di sfonda mento in avanzata e di copertura in ritirma toccava no ai granatieri ( mediamente. con qualche variazione a seconda degli eserciti e dci periodi. una compagnia per hattaglione) che potevano e~sere coacliU\·at i dagli zappatori. Tn genere. per poterli impiegare con maggior efficacia. in battaglia i granatieri veniva no spesso clist:lCCtli dai propri reggimenti a costituire dci reparti di formazione per tutta la durata dello scon tro. La raccolta dei feriti e il seppellimcnro dei cada\·eri spettavano di ~olito ai musicami. Il mantenimento della disciplina al prcn)slo ed agli arcieri, reggimentali o dell'armata. talvolta coacliu,·ati dai dragoni. Seguendo l 'esempio introdotto da Gustavo Adolfo el i Svezi:!, porcv~t anchc esistere un reparto d'artiglieria reggimentale. ma era un'entità che appariva e spari\·a alla minima \ ·ariazione ordinamentalc. Logicamente l'armamento, l'equipaggiamento c, parzialmente. il , ·estiario variavano da speciali t<Ì a spccialitù a seconda dell'impiego previsto. Fermo restando per tutti3 1 l'abito a falde larghe , i fuci lieri aveva no in Lesta il cappello a tricorno, la haionella al fianco. un fucile e. spesso. anche una spada corta da usare nel corpo a corpo. l granatieri. oltre alle armi dei fucilieri, ~l\·eva no una larga dotazione di bombe, in nescate da un miccia c da lancia re a mano contro il nemico a d istanza ravvicinata; SJx.:sso era no forniti pure di sciahola e pistola. Questo aveva comportalo una variazione dd copricapo. Poiché per effettuare il lancio della granata occoiTe\'a meuere il fucile a tracolla <cd era proprio la tracolla in un primo tempo, il distintivo dei fucili dei granatieri; quelli dei fucilieri ne erano privi) e muovere il braccio descrivendo un sernia rco, il cappello a falde era eli notevole impaccio. Per questo motivo lo sostituivano col honetro, cioè il berretto da caserma, che era poi la berretta da n olle. adoperata come coptkapo dal popolo in quasi tuna Europa e sopran·issuta a lungo come il classico h<:rreuo da pescatore di mare. Ad essa in un secondo tempo furono aggi unti prima un frontalino di cartone po i un rivesrimento est erno eli pelliccia. dapprima basso e in seguito sempre p iù alto. fino ad arrivare agli imponenti berretto ni di pelo tipici della Spccialit~t. · Agli zappatori spettavano i la\'(>ri da gua~tatore e pioniere; cd anche per questo \'l'Stivano eli solito come i granatieri. Se ne distinguevano per l'ampio grembiulone di cuo io che indossavano std davanti. per b mancan za del fucile e la dotazione d 'un ascia dal manico lungo. Le unitù della Fanteria venivano affiancate da reparti leggeri destinati all'a\'anscopena, alla ricognizione ed al pauugliamento a largo raggio. Ogni esercito aveva i propri. generalmente reclutati in 7.one circoscritte dei dominii del Sovrano. Così gli Austriaci all ineavano Varadini. Pandu ri c Lica ni, tutti provenienti

,\l,t ftn quasi alla l 11W della Guerra di Sune~sione '>p.tgnol.t l'<''>t:rdto imp~:nale n:'>tò '~:sttto ;tll.t '<.'icentesc;t. ~ol cappe llo a faldt· larghe c piaUt' {· con abiti il c u i I:IJ.dio n,a Jiva :tll'n lti111\> quan o del ~el'olo )\'\·1 1. ·'

1


TAlTIC.A t STRATEGI.~ Dl"l l .ETA BAROCC~

107

dal confine coll'Impero Ottomano; gli Spagnoli e i Francesi i Michcletti catalani; i Piemontesi impiegavano dei reparti composti da Vaklesi o- raramente- i Micheletti sardi; e così via. Nel corso del secolo XVIII però queste eterogenee form azioni sarebbero scomparse progressivamente, lasciando il posto ai cacciatori reggimentali, che poi erano fu cilieri con armamento ecl equipaggiamento leggero. Ovviamente i reparti leggeri operavano prevalentemente in ordine sparso. l granatieri, dovendo sfondare lo schie ramento avversario, preferivano attaccare in colonna aprendosi la strada a colpi di bombe a rnano. l fucilieri infine, in linea di massima, combattevano in linea, il tutto spesso ind ipendentemente dalla teorie d'impiego preferita dal comandante in capo. La Cavalleria si divideva in pesante c leggera, ma aveva o impiegava anche dei reparti di diffic ile collocazione organica, corne i dragoni, che in origine erano fante ria32 montata , e g li ussarL che erano spesso unità irregolari. La pesante all ineava le "corazze•· e la cavalleria propriamente detta ed e ra destinata allo sfondamento. Le prime e rano i reggimenti eli corazzieri, armati di sciabola pesante, pistola c, talvolta, moschetto ed equ ipaggiati con elmo e corazza metallica33 che erano impiegate negli eserciti german ici. La seconda era composta dai reggimenti dotati dello stesso tipo d 'armamento individua le deiJa pesante (però i dragoni, che potevano essere impiegati appiedati , avevano il fucile anziché il moschetto) ma privi di corazza, i qua li si a rticolavano su un grosso di squadron i di cavalieri e, dagli inizi dell a Guerra d i Successione Spagnola, su un'aliquota - di solito a livello compagnia e ch iamata proprio '·compagnia .. - di carabinieri. Questi erano i tiratori scelti del reggimento , armati di carabine, ben più efficaci delle pistole perché di maggior portata e precisione. Come le omologhe unirà minori di fanteria, anche in cavalleria le compagnie dei carabinieri (e quelle dei granatieri analogamente istimite nei reggimenti dragoni) potevano essere im piegate in reparti eli formazione durante i combattime nti. Fino più o meno a ll ;-~ Guerra de lla Grande Alleanza la cavalleria aveva adoperato molto la tecnica del caracoll o, consistente nell'avanza re in lince successive contro l'avversario fino acl arrivargli a tiro de lla pistola, scaricarglicla acldosso, convergere verso la base eli partenza, ricaricare l'arma e ricominciare da capo. Aveva funzi o nato finché la fante ria e ra stata prevalentemente dotata di picche, ma quando questa cambiò la composizione del proprio armame nto e co-

3Z E i nfani. adoperando La nomcndarur;1 cbssica, si p;trh1va d i .. squadron i·· di cavalleria <.: di ··comp<tgnk'. di dragoni . .13 Anche se quelle vcnt?i<llle indos~avano 1:1 corazza completa di gambali. coscial i c lmKciali ancora nel l 7l l e se i Piemontesi nelht Guerr:t di Sun:e,sione Austriaca avrebbero condono cb Vercelli u na sortita ui 500 c:tvalieri .. armal i all':tntiç:t ...


lOR minCJo a rispondere al fuoco con ~empre crescente efficacia. si dovette mutarl' sistema. Così il caracollo, pur rimanendo ullicialmenre in uso. fu sostituito dall.t ca rica , l'attacco fronwle rapido e potente, destinato a sfondare lo schieramento nemico. E proprio nel corso del Settecento la cava lleria svi luppò le sue cariche più imponenti, fino ad arri,·a rc al culmine durante le campagne napolconiclw colle memorabili azioni guid<He da ~ lurat. D el resto l'unico modo per sfondare un folto schieramento di fanti in quel pe1iodo era quello d i lanciare contro di loro una grande e pesante massa di cavalli c uomin i alla maggiore velocità possibile, specie sulle distanze medio-lunghe. E lo stesso valeva contro la cava lleria avversaria, specie se si aveva la fortuna di coglierla non ancora ben schierata, o di lato, o se, e non era un caso raro o trascurabile, ~~~ momento dell\uto la propria velocità era maggiore d1 quella dell'avversario. Stabili rimasero in\'cce le alrre funzioni tipiche dell'Arma: pauugliamenro L ricogni zione a raggio più o meno ampio, servizi d i scorta ai convogli, artacch i di sorpresa. copertura delle ritirate e azioni eli disturbo o eli inscguimemo del nemico avanzante o retrocedente. L'im piego del la cava lleri~l per sconvolgL're e sfondare la fanteria era basi lare ed irrinunciabile. Infatti -fermo restando quanto anticipato parlando della logistica - l'a rtiglieria, alla q uale sarebbe spettato questo compito nei secoli succc:-.sivi, all'i nizio dd diciottesimo aveva ancora dci grossi problemi di gittala. I cannoni ,·eninmo impiegati, almeno fino al 1706. contemporaneamente contro rutti gli obiettiv i visibili , senza preoccuparsi della concentrazione del fuoco; e b distanza si superava non tanto colla variazi<lne dell"alzo, che anrora non esiste va come strumento, quanto, più !:>cmpliccmente. aumentando la carica di lan cio. li risultato era che il pezzo subiva un tormento terri bile e si surriscaldava rapidamente. Al primo inconveniente non c·era rimedio: si usava la bocca da fuoco finché no n si crcpava, sperando di arcorgersene in tempo e che non scoppiasse. Al secondo si cerGt\·a di O\Yiare con '>ecchi~He d'acqua in gran quanrità. La tecnica di tiro maggiormente usata cra quell a applicata dai Franresi, che sparavano lungo c radente. in modo che la palla arri\·asse al suolo relativamen te vicina. ma cominciasse poi una serie eli rimbalzi sul terreno, fino a srhianrarsi coni ro gli uomini e i cavalli dello schieramento avversario. -~ 1 L'altra, scoperta per caso dai Piemontesi assediati a Torino. che avevano poca poh ere e dovevano adoperarla nel modo più vantaggioso, era quella poi conosciuta rome '" Fuoco a n1assa'" e consisl e,·a nello sparo simu ltaneo dci pezzi concentrando il tiro su un solo ohielli\'O. Sperimcnraw con otlimi (o disastrosi, secondo il punto di vista) effetti contro le colonne d"auacco franco-spagnole, ~· l France" non ne l:'r.tno gli 111\ ~·nwri. rx:rthé b mL·dc,ima •~·<n tc:t t T. t M:Ha rq.tol.u m~nle .tpplical.l d alle :cniglicrit' n:l\.tl t ....in tr:cmcnte ponoghe~i t" ...pagnole ~· . probahilml·nte, di 1Ulll" le Poil"nze Cri,lianc dd \lcòiterraneo. :!Ime.:no già <bi 'l'colo X\ l ~:nmro k navi a' H' r~arie. l.tn·ndo rtmh.tl7•tre • proieui 'ull an1ua


109 sarebbe poi stata sviluppata meglio negli anni seguenti, fino ad essere adottata da tutti gli eserciti. Comunque lo sviluppo tecnin> dell'Arma in questo reriodo fu note,·ole. La documentazione emersa negli ultimi anni del secolo ~X retrodatò alla fine del Sei.cenro alcune in novazione ritenu te pil't rarclc. Ad esempio: gli ohici apparirono nelle file dell 'ese rcito anglo -olandese in riancl ra durante la Guerra della Grande Alleanza. Canurali dai Francesi, furono subito riuti lizzati sul fronte italiano e, quindi, adottati dai Piemontesi. G li stessi Piemontesi inventarono un ingegnosissimo cannone da montagna. smontahile in tre parti e piazzato su un leggero affusto a treppiede. Comparvero all"inizio del ~ellecento. i primi cannoni a rctrocarica di uso corrente -alcuni dei quali conseJYati al Museo d'Artiglieria di To1ino - la cui cu latta terminava con un blocco squadrato, in rutto simile a quello ottu ratore dei cannoni europei della fine dell 'Ottocento. Infine fu inventato - t>cmprc in Piemonte - un cannone in cuoio, una sona d'antesignano dei lanciamissili usa-e-gctra del XX secolo. Il Servizio deli 'A1tiglieria includeva el i solito anche quello degli Ingegneri Militari. A loro spctta\'a fornire b cartografia necessa ria per le rnarce, gli sro~ta­ mcnti e gli schieramenti in hauaglia, la direzione dei 1~1\ ·ori di \'iabilità e di fortifìcazione. Degli assedi gli Ingegneri do\'e,·ano dirigere i lan>ri. pianificare l'at tacco dal punto di \'ista srn:rramente tecnico. curare la realizzazione delle trincee e delle mine, dirigere il tiro cldle batterie. Alle tre Anni. in particolare alle prime due, per mantenere le linee in batta glia accorrevano un continuo allenamento e, sopran uuo. una disciplina ferrea. consc•vata ad ogni costo cd in ogni momento. Le pene dunque erano dure. Nell'esercito sahaudo i rei di lesa maest:l, Lr~l ­ dimc ruo, viltà di fì"ontc al nem ico, lamentela in inqu:1dramento contro un superiore, bestemmie atroci, aggressione a religiosi. sortilegio. diserzione, estorsione cd insubordinazione erano condannati a morre. l be..,temmiatori e coloro i quali avevano commesso ani contro la religione cauolica erano puniti colla prigione la prima \ olta. colle \'ergile la <.,<:conda e col foramemo ddla lingua la terza. T.e mancanze minori , ·cnivano punite coi tratti el i corda, col picchetto e colle verghe per i fanti; p<:r la cavalleria col bastone. 1'1 Queste punizioni se rv ivano ad inquadrare una trtlfìpa eterogenea, ignorante c superstiziosa, composta in buona parte da gente usc ita da lle galere od arruolata per forza. Contadini rov inari. servito ri caccia ti , uom ini soli al mondo. artigiani falliti. disoccupati c gente desiderosa di av,·enture, di bollino od anche solo di un cibo quotidiano e di un tetto. nazionali e stranieri, ,·enivano adele strati dai sottufficiali. souo il con trollo degli ufficiali. finch(· la disciplina e l'ahi

.~~ P.i"Ml' JX'I t... \~'rght'"' {) rwr t.· h.ltthl'ltc'. o -per il h:t ..IOill' ,,gnillt.l\,1 thl' il punito dmna [lfOH' d1 'oli1o ltiiW 1:1 sua colllJ).Jgfli,J. o dtll' compagnic - .mn.Hi di \t·r· ga, o ddla hac:chcll;t d i ca riC.IIIIt'llto dt:l ltllik• - dw in akuni "'"rcili cr.l di kgno, ma in a ltri di nwl;tlloognu no dt'i qtt:tl i dm·,·va col p1rlo qu,tndo !-(li ll:'''av:t d;n·anli. Alcu ni lllOIÌ\ <1110 p ri111a de ll a finl' dd ca,ligo

dcrc al f1·'''o. fr;t dut' file di tOillllli lii<Ul l


110 tuclinc ad esegu ire gli ordini non erano talmente radicale da pcrmelterc loro di avanzare in campo apc1to, in ordine chiuso, alla ,·clocitù di circa HO passi al minuto36 senza neanche tentare di ripararsi dai colpi nemici. Ovviamente, appena <:<l pitava l'occasion e, m ohi soldati disertavano. Per loro c'erano poche possibilità: o arruolarsi in un altro eserciro, o darsi al brigamag gio. colla minaccia della forca per diserzione cd una taglia addosso. Le oppor tunitù migliori si presentavano in genere dopo una battaglia; m:t le battagliv erano poche :1 ca usa delle di fficoltà di rifornimento. Quando per<'> non c'era nessun'a ltra soluzione c bisognava proprio combattere. gli eserciti si affront~l\·ano in campo aperro con note,·olc ferocia . l movimenti non erano molto mpidi, almeno risperro a q uelli delle guerre dei secoli segucnri, proprio perché bisognava mam encn: la formazione: c non era neanche tanro facile riuscirei a causa del fumo. Infatti era sufficieme la prima scarica per crearne una coltre spessa c stagnante, oltre la quale non :-.i ri usciva a vedere null a. qu indi nemmeno il nemico. Pe rciò, dopo un prim o scambio d i fucilate, si passava al corpo a corpo. A questo punto sorge,·a eli solito un'ulter iore complicazione. Poiché· il taglio dd!<: uniformi era praticamente uguale per turri gli eserciti e poiché il colore più d iffuso intcrnazionalmcnre era il bianco. di varie ronalid.3ì diventava cli!Ti ci lissirno capire chi era l'amico e chi il nemico; né ci si riusciva sentcndolo parlare. Tnfaui ogni comandante arruolava sudditi stranieri, che fos:-.cro singoli disertori o intere unità d i mercenari, volontari o prigionieri, non imporrava: cosic ch6 era facilissimo trovare gente dell a medesima origine o naziona lità souo le opposte bandiere. L'unico segno certo era un distintivo - in breve tempo sarebbe di\'entato la coccarda - che ogni soldato portava in battaglia sul lato sinistro del cappello cd iJ cui colore va riava. ma con poca l'antasia. da sovrano a sov rano }~'~ Solo <.:Ile non '>Cmpre si riu~civa a vcderla in tempo. Quindi col1\ eni,·a colpire prima e poi fare le proprie deduzioni. Jl numero dei m orti era spesso e l cvatis~imo e pochi feriti sopravvivevano allo scontro. 11 servizio di sa nità in quanto ta le non csist<..:va o quasi. In genvrc solo in occa~ione dell'uscita in campagna veniva organizzato mediame un ap-

'" t'' -.oswnz•.lllll<'nl<' b Gllkrv.l di maRia ddlt· 1n1pp.: alpmt• il;llian~: • '.thn i n>q>• sp<·ci:11i ~· alnmi reggim~:nll JX•nicolan. 1 t'rarK<''>i 'l.'''''·'no all'inr.t.ro d·un color Wi~io ferro. 'lt'lll JR'r'Jio-.j nd 'orso d~· l !'>t·ll\.'tt'nto fino .1 un hi~tKO- gn~u> perb l l'K·monlesi adopt·r;l\";lno lo 'l t'"" lt'o<.,lllO dd r ranrt•si..: solo dal 17'iZ :n· H~bht'ro :•doll.llo il blu. (, li eM"ft'ili d..:gli altri S1:11i italiani <' gli Sp;1~noli era no di ,,oJiw i n h i,1 nco <.:gli ALislrl:lci p urt'. Gli .'.\'i/.Zeri ,.e'>Lt\':1110 di ro.,~o in rrancia <'di b lu m Pi<." llltH11<.: <.: in ll.tl1.1 l Pru~~iani ~· gh l?'>erdli lt'(k,chi :.tnt hl' Imo in blu. dK· ...,, ~:de~i <" 11,1\ .lr<.:'>l ~li.'lll[><:r;l\ ano in a//urro. l Ru'" l'fano in 'erdl·, gh Ingle'i l' r "·""oni in '<..trl.mo. <>< <;Ji '>pagnoli ,. 1 \Japok~an i :1\n·ano t'On·.mlt: ro~,e: i Pi<'mom..:~i t'i \',•neziam hlu, i Pomilìe~ gi..tk e ros'>~:: i rranct'~i n.: ,1\('\'<l no di !>Oli lo bianche; ma t:ll \'Oita am lw nere. Il nl'ro t·ra us;Ho da l'ru<siani. l ng k'., , e, da llll certo ~•nno. d;tgli Au~triad. <Juesti uhi111i pt•rò. quando rombau..:,·aiH> çome li UPJX' imperiali. rio<'· 'empi<.:. meno il pt.•ritx.lo l - -1l -l- t'i. JX>rta\·~noun r:unoscdlo th querda ..,uJ ~.tppello. di,trnli\o dell'lmp<:ro.


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palto un "ospedale eli campagna", che segui,·a l'esercito nm ambulanze. inser vicmi e medici. considerati ci,·ili a tulli gli effetti. Moltissimi dei colpiti da arma da fuoco morivano in poche ore per l'infezione della ferita e la perdita di sangue. Inoltre. date le dimensioni dei proicuili del tempo, se erano intercss:lli g l i arti, spesso il danno fisico era tale che non si poteva fare altro che amputare. 1 prigionieri venivano derubati, come del resto i caduti, che erano spogliati di turto, lasciati letteralmente nudi, subito dopo, se non già durante, la battaglia. Era il sistema più .sicuro per rimediare alle can:nzc ddl'lntendenza e alla mancan:r.a di soldi, tanto al campo c'erano i ricenarori. Inoltre la privazione del l'uniforme costitui,·a una perdita economica per l'an·ersario. costretto a riequipaggiarc da cima a fondo i propri uomini quando gli ,·enivano restituiti con uno scambio di prigionieri. Infine un altro grave problcm:1 era quello della lentezza c approssimazione delle informazioni. Occorreva Jucdiamcnte almeno un quarto d'ora perché· un portaordini a cavallo porcsse arrivare da un settore dello schieramento al co mandante dell'esercito. Ammesso che quello gli rispondesse subito, chi aveva chiesto istruzioni le rice' eva scnnpre non prima di una buona mezz'ora: ~cmpn.: che la :.taffetta non fo!->se :-.tara di-.arcionata o uccisa andando o tornando. Questo significava che di solito buona parte degli ordini erano dati in base a notizie superate c. senza un grande e:-.pcrienza da parte del comandante e una notevole tenuta dd rcparri. risultavano irrimediabilmente inutili l' inattuabili. l comandanti cercavano di ovviare in due modi. ln primo luogo si mettevano in una posizione da cui potevano vedere tutto il campo di battaglia, poi de legavano il comando dci vari senori. PiC1 csmtamente: il generale comandante decideva il piano per la battaglia, lo com unicava :1 i suoi subordinati in un consiglio di guerra e spiega\ a a ognuno i rispetti\ i compiti , lasciando a t uni una relativa libenà d'azione e ri'-oCJYandosi la condotta dello scontro. A ciascuno era affidato un sellore. Tradizionalmcmc c'erano sci comandanti: uno per ogni ab c per il centro. ::.ia di prima che di ~l'Conda linea: c alla loro abilità, precisione. brillantezza, esperienza c costanza era affidalo in gran parte l'esito della battaglia. Questo era il modo in cui operavano gli eserciti europei del periodo barocco, seguendo regole e convcni'.ioni ben precise, che sa rebbero valse dalb f'inc della Gu<:rra elci Trent'Anni fino alle prime campagne napo leoniche.


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C\I'ITA'il 1)1 c.~,-~ ~A\()1 l

1 li prindp;: <.li PK•monll' Em.tnud<' fili~rto a G1manni III re dt>l Portogallo. r dicemhn: l'>fl. rip. m \1 \ RIA JOSf 1>1 !->AVOlA /:'11umttele Ftlthel1o dt samia . .\hl,mo, Rusconi , 19')1, pag. :\H 11 L'imrcr:norc Ca rlo\ a M:ma d 'A~hurgo, 9 !-(IUgno l'i 16, rip. in Ml\ llli\ JOSÉ DI 'ii\VOIA, cit. , pag. <J2 111 Il principe E111:111l1 ck rilibeno a Carlo Il duca eli !>a1oia, L'i ~1ugno l'i16, rip. in ~1ldUA JOSÉ I li M\ O lA. <.iL. pag. 13. " Gi.tn romma:-.o l~lngo,co. n>Jllc di '>trnppi.tna. :1 C.trlo Il duu dt SaH>i.t , np. in :-.L\RI \ .JOSI:: 1>1 '11\\0IA., Cll., p:tg. li. \ F.MAI\'l EI.F FlLillEHTO l D I S,\\'Oit\, rip. in ARTLJRO SEGRE. l :'manuele Fllihetto e la Nepuhhliw d1 li•nezitt f156 1580). m " \li,n·ll.lllca di '>toria \ 't>n<·ta". ;.;:conda 'crie. Tomo 111. \t>J1<'7ta 189'>. p;tg 1'il. \l Rip. in \1.\RIA JO~I DI :O.A\'01.\, d t., pag Il-. \li EMAI\ LELE l'l LlllHtTO l DI S!\\'OLA, IXttc ntc ducak del l o maggio l 'i60. n p. i n CLAl ii)IO DE CO'\ SOI.I. Al sole/" del Duca. Torino. P:t t~tl'i.t, 1999, p;tg. 201-!. \'Ili E.\11\1\lTLE l'll.lBI'RTO l DI SAVOIA, rip in ROBFitTO l:lfRt ••\D.\\!1 Carlo Ematllll'il' l. Torino l'.tr;t\'ia. 1952. p;tg. -6. 1" F.l\1AJ\l lEI.F. fiLIBEHTO l D I !>A\'OJA. palenll' ducali:' dd 1° maggio l'i60, rip. 111 D~. CO:-JSOI.I , cii .. 1\ 1. \ E.\IA\fliH.E FlLIBE ilTO l D I '1/\VOlA. patt'nlc clucalt> ddl'ultin1o di l di maggio JS60. rip in DF COl\ SOLI. cit., p.tg 210. 1 ' DIA '\l [LE rii .IBI'IU O l DI '>.\\OIA. lùp. tn F.. SC..\L\. prcfaztont· :1. F. GALF \'\l :\APIO'\F c G.,\ l l \ '0, fe .llilizw \a!Jaude. Hom:1, e<.l. Roma, 193'>. p.tg. 23. " 11 EMAI\ l lELE Fll.llm llTO l D I SAVOIA. Hip. tn E. SCt\U\, !'il .. i\ l. ' 111 Rd.t/tOill' ddl·,,mha~ci.Hore \ ent>lo ;t Tonno, rip in PIF.RP'\OLO 1\IF.RLI'\ '/In guen-1' l' 101'11<'1. la (11111' salxuula nellè'ltì th ((trio Em1111111'le l, Torino, 'EL 199 l. p:tg. H9. \1\' Rda;ione dcii amh:thciator!' wncto a ,\ Jadrid. rip. in MERLI:\. op. eu., pag \X1. ' 1 CARLO l:tVIANlli-:I. r l DI SA\'OlA, l<inmli. aggtttnl i al 'l't>,l:l f11l'll!O rt>d ;tliO nel 160'i, rir. in H HFit(,,\DAI\1. (,àr/o EIIUIIIIWie l. Torino. P:ml\ ia. 1932. pagg x'H) \\ khlhgUtere~. n p . 111 HF.RGAD \'\l cit .. t\ 1 '\'\li L. A. \Il RATOHl, ·l1111ah d'Italia. 13 \oli ., 'llapoli, LA>mh;trdi, 1H6<J-IK'"O, m i. l.!, ;~nno J\fi)CI. pag. 'ih. X\l ll Conl arini al Sc n.uo d i Vt'lll'Zt:J, rip, in UEil(;AJ)A.\11,! it. (')<tg H 1 "-T\ Ei\li\\ltlfLE FIUBFRTO l DI '>,\\ OIA. np. tn HF.RG!\IH\!1, dl p:tg ~6.

'"CARLO F\L'\.'\lJFI F l, rip. in< 1301T'\, .\/mia d'l/alta wllltmtalll da quella del G'uìauml1111. Pangt. ll:1udry. I!Hl. hhro clccimo,,·nimo. l 61 '>. pag. l 19. \Xl BOTI A, ibidem, pag. l'i7. 16 16, pag. l'i(>. '\Xli Rip in I~EHGt\DAI\ l , cit .. pag l 'i-. \Xlii HFRC~.\DA'\1. op. nt., p;tg l'i\'\l\ SPACUl\1, Ci'rmaw. rip. in " lkrgaclani ·.op. cit.. pctg l)~. ''" Rip. in UEHGADt\1\ l , cit., pag. l 'i6. 1 Hip 111 nERGADAI\ 1. dt.. p.•g 216. \"\'\li CJ\IUO E..'\IAC\l l'lE l DI S.\\OL\. rip. in BER<i-\D'\1\I. cit., p.tg 2~'>. X'X"111 Carlo Emanut•l<· 1 di Savoi.t al conte d1 \loreWJ. arnha,cialor~· .1 l'.trigi, Tn11no, - gcnn:tin 1629. rip 111 I ~EHGADAI\ 1 , op.cit., p:tg. 239. \XIX Idem. pag. 2 10.

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""C.\' \\ I'D(i\'\'OOD. l.rt Guemt dei Trenl ~ l/1111. Clt>,. \londaclori, 199'>. pag 2'>0. \\\l HOlTA, cii. Uhro 1 ige~imo. 1650. pag Il 1. \'\'Xli Arrhtvio d i St;~tn d1 Rom~ . Eflcmeridi C trt:1ri • Fchd, busta 7·1, p. tg. l SH rl't'to. \"XlOII L.!\. \1GR.i\'J'OR I, l'iL. vol. 12. anno MDCLV, p<tg . .i:!~ '\"'\."(]\ lhidl'lll '\X:\'\ Eugt.·mo di !>.t\oia al Duct th .'Iarlhorough. l·<~mpo di Ca,tt'lh.tldo. 10 lttgho 1- 06. rtp. in PIERO I'IEHI, (a cura di) PI'/IICIJX' fiiiP.enio rh Sat'Oìa 1.11 Campa~url d'llalia ri<'l 1 706, nom<l. Ed izioni l<oma, l 9:\6, r :•g. l<J6.


PARTE II

VITE PARALLELE: EUGENIO E VITTORIO AMEDEO



CAPITOLO IV Gli inizi dei due cugini

I) Vittorio Amedeo e l'eredità d i Carlo Emanuele ll Come abbiamo visto, fu un miracolo dovmo a ll'accortezza e d all'amore materno di Cristina di Francia per l'unico figli o rimastole, il p iccolo Carlo Emanuele TI, se si poté fargli avere un trono quando diventò maggioren ne, evitando l'assorbimento eli Savoia c Piemonte nel Regno eli Francia. Il miracolo però venne pagato a caro prezzo. Costò la virtuale scomparsa dalle posizioni di comando degli arisLOcratici non appat1enenli alla fazione filofrancese; c q uesta situazione si sa re bbe protratta fino a lmeno a l 1690. Anche pe r questo il pe riodo di Carlo Emanuele li non fu de i migliori. Il D uca sembrava aver ereditato l'irre quieta sconside ratezza po litica del nonno di cui portava il nome c tutte le sue azioni ebbero un solo risultato: il Ducato divent<'> in tutto e per tutto uno stato vassallo della Francia. Carlo Emanuele li si sentiva un militare, ma scese in campo una sola volta, durante la g uerra per le fonezze pie montesi. Evirò eli combattere l'unica guerra che interess<'> il suo regno, que lla da lui iniziata contro Genova nel 1672, c si dedicò all 'organizzazione di una forza a nnata stabile. Nell'ottobre 1664 istituì i Reggime nti Stabili di Fante ria d 'Ordinanza - Guardie, Savoia, Aosta, izza, Monferrato c Piemonte - ai quali aggiunse, quattro anni dopo, i reggimenti Dragoni eli Sua Altez?..a e Dragoni el i Madama Rea le. 1 Ne l suo ins ieme la fanteri a venne regola ta nel 1673 con un apposito ordine,1 al quale si aggiunsero le draconiane disposizioni disciplinari che sare bbero rimaste in vigore sollo Viuorio Amedeo Il. Carlo Emanue le Il effettuò poi una selezione delle unità de lla cosiddetta Milizia Scelta, prelevanclone 6.180 uomini con cu i, il 15 luglio 1669, costituì il Battaglione di Pie monte, forte d i 12 reggime nti , ognuno di R compagnie, a loro

1 Premesso che. come giit delLo. i Dragoni t>rano f:mteria montala e non c~~~·~dleria. u n primo tcnwtivo di dotarsi di truppe a cavallo era ~lato fauo nel l n60, riu nendo le Cemi d'Armi in un Reggimento dci Corazzieri, che però aveva avuto vita bre1·e. Rico,lituito n d 1664 come Reggimento dd Marchese di Livorno, fu soppresso di nuovo nd L6(>fl. :-Id J6ìl ITJH1c fano u n terzo temativo, istituendo il Reggimento Principe di Pi ~;:monl<', eh<: però fu ceduto a Luigi XIV.


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volta divise in squ:1drc. 1 Il resto della Milizia Scelta venne ripartito in colonnel lati c si trasferì rurro il rimanente , cioè la m ili ;da d i minima qualit~l, ne lla M il izia Generale. Carlo Emanuele si occupò anche dell'Artiglieria, che dal l67H pose agli ordini di un Gran Mastro e ripartì nelle piazzeforti ~econdo la loro importanza Creò una specie di embrionale ~tato ~faggiorc, composto da un furier Maggio re c;enerak e da un numero variabile di aiutanti di campo generali e di aiutanti del Furicr Maggior Generai<.:, ai quali fu affidato l'incarico di svolgere alcuni in carichi specifici in tempo eli gue rra. Rimise a punto l'Amministrazione, prescri ,·endo fra le altre cose "ull unico mode/lopeifògli di congedo; disciplinòp)i as-

segni per gli ujjìciali e la truppa. ordinando. jic.f l'altro. che i C:OIIImtdanti lh compagllia pap,as.'.;ero il soldo anticipatamente ogni olio giorni: asseg/1() mediCI militari a tulle le {!,Uarnigioni; urdi11ò ai colo111telli di redigere lfll rappcmo (portrait) sul serl'izio dei dipendenti l~[ficiali da i11l'iore al Ministero della Guerm dal quale di~}Josto ehhe origine la compilaziolle delle 1wte carauerislicbe. Parte dep,li editti ora accennati }ÌII'OilO prom11lp,ati dopo la guerra del 7672.'' 11 Lentamente. nell'arco del quindicennio intercorso fra il l o:;H c la fine della guerra dì Cenm a, Carlo Emanuele colmò il di' ario accumulato~i tra l'esercito sabaudo e gli c~crciti europei pill a\'anzati. Questo fu p ill o meno tutto quello chC' riuscì a fare; e non J'u poco, specie considerando la sua posizione di vassallo della Francia. sospettosa di qualunque incn:mento o miglioramento militare fra i suoi vicini.

D) L'esercito di Vittorio Amedeo D L'erede, Vittorio Amedeo, era nato il 14 maggio 1666. Morto il padre nd

1675. poco dopo la fine cklla guerra contro Genova. Vittorio Amedeo formalmente salì al trono, ma per la sua giO\·anissima etù lo Stato fu affidato alla Heggenza di sua madre, ~1aclama Reale Gim·anna lbrtisra di Sa\'(>ia- \lemours. Fu uno dei periodi peggiori per il Ducato, perché Giovanna Harrista, appar rcneme ad un ramo cadetto trapiantato in Francia, decisamentl' francese nell'animo, si rennL' srreuamente nell'orbita della Francia d i Luigi X IV, rendendo lo Stato di suo figlio uno dei ~atclliti meno imporwmi e considerati tra quelli dw auornia,·ano il lk Sole. Fu il trionfo della fazione francofila che ave,·a messo k mani sulle kn~ del potere - di quel poco p otere locale che i Francesi a' enmo lasciato ai Piemontesi - al tempo della Heggenza eli Madama lkalc; c per contrasto provocò la riscossa sabauda incarnata da Virrorio Amedeo Il, che proprio

1 La ca\.tlkri;~ dt \ltlizia er.J inqu;tdr.ll.t 111\t'te nello <,qu;tdr<>f1l' dt l'temo nte, mt'ntrl· k mih/.i<:• a pit·di t' a Cl\ .tIlo dd l>m .Ilo d t '>.tH>ia fonlla\ .tno rhpetll\ .nnent.- il ll.l!l.tJ.:hone e lo '>quadrone dt ~.1\ ota.


GLI II\1ZI DEl OUF. O IGJNI

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pe r evitare a sé ed ai suoi successori ciò che aveva dovuto subire in gioventù da parte degli stra nieri e dei loro sostenitori , avrebbe dedicato grandi energie alla costruzione di uno Stato, di una classe dirigente c di un'aristocrazia totalmente nuovi e diversi, gettando le basi per l'unificazione dell'Italia sotto lo scettro de i Savoia. Vittorio Amedeo 11 aveva una personalitù complessa, resa dura e sospettosa dai fortissimi comrasti colla madre. E' stato accusato di ruvidezza, egoismo, slealtà. E' stato riconosciuto come un abi le ed astuto po litico, un sagace ed attento amministratore, un autoritario ed energico sovrano; mai nessuno, però, si è soffennato sull e sue capaci tà mi litari. Le biografie che abbiamo di lui sono pochissime: quattro sole (che è comunque il doppio di quelle su suo figlio Carlo Emanuele III) c in nessuna di esse si tratta di un aspetto fondamentale per la storia Stla, del suo Stato. de lla s ua Casa e d 'Italia; un aspetto che lui stesso riteneva basilare: la sua vita militare e le sue guerre. Non sappiamo - lo si è giù eletto nel primo capitolo - da chi e come Vinorio Amedeo Il abbia imparato a fare la guerra. La tradizione instaurata dal trisavolo Emanuele Fi liberto, proseguita dal bisavolo Carlo Emanuele e dal nonno Vittorio Arnedeo I fu interrotta dalla prema tura morte di quest'ultimo nel 1637. Carlo Emanuele II non riccvé alcun insegnamento dal padre, perché era troppo piccolo, e, come sappiamo, una sola volta pon ò le tru ppe in guerra , nel 1656, senza alcu n apprezzabile risu ltato. L'unico dei Savoia residenti a Torino che in q ualche modo può aver fatto da cusLOde della pratica militare della Dinastia, facendo da ronte colla sua vita fra la gene razio ne d i Vittorio Amedeo I e que lla di Vittori o Amedeo n è don Gabriele d i Savoia, l'a noi pressoché sconosciuto figlio naturale eli Carlo Emanuele I, morto nel 1695 e di cu i ci si ricorda si e no come comandante delle truppe sabaudc d urante la gu erra contro Ge nova del 1672 c contro i renitenti fiscali di Mondovì nel decennio seguente. Ma don Gabriele è ormai una figura evanescente, ignota, delle cui caracitù militari è lecito dubitare, visto l'andamento delle operazioni e l'esito sfortunato della gue rra di Genova. La sua vita, be nc hé lunga in con fronto a i canoni de ll'epoca, è un tenue legame fra i Savoia cle Wu lti mo Cinquecento e quelli de lla fine del Se icento e le sue capacità m ilitari non sembrano farne '·il" maestro eli Vittorio Amedeo. Il piccolo Duca, secondo q uanto sappiamo dalle corrispondenze del tempo, già a cinque anni aveva un suo Heggirnento eli Guardie3 col quale orgogliosa-

3 Trddi zion<llmente si riti<:ne che il Duc:no d i Sa, ·oia avesse un solo Rq~gimento di Guard ie. istituito nel

16'i9 e d:1 cui rraggono dirett;unente origine i GI<Jnatieri eli Sardegna. I n re;llt:ì, a p;1n e il fa 110 che il Reg,_l(imento delle ( ; u:lf<l ie antenato dei () ra nal ie ri fu islilu ito ;!Imeno nel 16'18, ne e.si~té - p<.,r un b reve pe riodo un seco ndo. che differin 1 d all"allro per es~e re \"t'slito 1u11 o in blu, anziché i n b lu e ~cariano. l e Guardie rmcli Zionali , qud lc che so no sopravl"i~~ule lìno a noi. pre.-.tava no servizio p resso Madama lkale la Du ches~a r.:ggcntc, le altre c m no i l Jkggimento dd Principe En:dit,Jrio c scomlx trv<.:ro yuantlo lui salì .11 trono du ca le.


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menle si schierava c manovrava in piazza d'armi, ma non sappiamo se e q uanto possa aver appn:so da don Gabriele. Il mae'>tro migliore potrebbe e:-.sere stmo invece il cugino Eugenio. Quando si conohlx.'ro, Eugenio a\·eva già al suo attivo due campagne contro i Turchi. Quando Vittorio Amedeo scese in campo per la prima volta, non solo aveva Eugenio accanto, ma quest'ultimo aveva aggiumo al suo cuniculum altre cinque campagne: quattro contro i Turchi e una contro i Francesi in Germania. E' lecito dunque pensare alla soluzione più facile: che Vittorio Amedeo abbia imparato da Eugenio. f\on c'è modo eli esserne sicu ri e. oltrctuuo, l'esame delle rispettive tartiche non d ~t una conferma di questa ipotesi . Qualche punto di contano esisw. ma sono più le differenze delle som iglianze. C'è però un fattore che può spiegare le une e le altre. \'iLLOrio Amedeo combatte\·a in \ ista di un MIO fine politico e sul territorio dci suoi Stati. l danni che intligge\·a erano danni che si ripercuotevano ~ui suoi sudditi e su eli lui. diminuendo il' \·euovaglie, la forza arruobhik . il geuito fiscale e. eli conseguenza , la potenza dell'esercito. Il territorio che caiCa\·a era il suo e non poteva abbandonarlo. cosa che irwece il cugino poteva fare tranquillamente ~e n za perdere né ascendente sui -;udditi. che non an:'\'a. né denaro, né potere di comrauazionc. Eugenio era la spada eleii'ImperaLOre. Vittorio Amedeo era la :-.pada di s(' stesso. La cliiT<...·renza era enorme, i fini divergenti, il risultato diverso. In parecchie oçca~ioni la çondotLa delle operazio ni ed il risultato mi litare \·ennero volutamente ridimensionati da Vittorio Amedeo per sottomeuerli all'obienivo diplomatico fissato. L'assedio di Casale ne è un sicuro esempio. la ,\larsaglia c l'incursione in Delfinato potrebbero esserne degli altri. Per contro. entrambi i cugini si rifecero dec isameme ad esempi clelia tradizione eli famiglia. Probabilmente entrambi a\'l'\'ano letto i diari delle guerre di Fiandra -.nitti da Emanuele Filih1..'l10. ~la poich(· le supposizioni sen ono a poco, solo a dimostrare eli non aver tralasciato nulla, ed è quindi inutile continuare a farne. restiamo ai fatti. T farti sono la manovra d 'Eugenio a Zcnla ne l 1697, che è. come già detto. molto simile a quella di Emanuele Fi liberto a San Quimino: la situazione d'Eugenio a 13elgraclo nel 1717, che ricorda, almeno a grandi linee. quella in cui si trm·ò suo nonno Tommaso a Torino nel 1()40. Un altro fatto è la ve l ocit~l delle operazion i eli Eugenio, che ricorda molto quella del nonno Ca rlo Ema nuele T c del bisnonno Emanuele Filih<.:rlo, al quale verrebbe da pensare anche per quanto riguarda l'imp iego della cavalleria leggera. se non fosse cerro che Eugenio imparò ad usarla secondo gli schemi adottati dai Cristiani çonrro i Turchi in Europa O rienrale. Eugenio però militava nell'esercito imperiale, lo stesso csercilo çhc, cenLoventi cinque anni prima del suo arruolamento. suo nonno aveva comandato in Fiandra e in francia. E' da\'H'ro tanto improbabile che la tatti ca di San Quintino e l'impostazione data da Emanuele Filiberto all'esercito imperiale siano copertamente sopravvissute nel m ecle~ imo esercito fino al tempo d'Eugenio?


Gll Jl'<IZI OEI DllE Ct.:G ii\1

Viuorio Amedeo Il duc.1 di Savoia, lk di Cipro c Gcrusa kmme. He di Sicilia dal 1713 al 1718, di Sardegna dal 1718 al 1730.

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C.\PIT\ ,, 111 C\'\ ~WOI\

Ci furono cambiamenti, certo, ma gran parte di essi traevano la loro origine proprio dalle disposizioni di Emanuele Fi l ihcrto. L'uso in massa dell'artiglieria. lo ~fondamenro dei quadrati di picchieri coll'impiego comhinato ed alternato di artiglieria e cavalleria, l'abbandono progressivo delle picche in favore delle armi da fuoco furono caratteri degli eserciti ciel XVII secolo, ma apparvero clarnorosatnente per la prima volta proprio a San Quintino. Per conrro. la resistenza di Vittorio Amedeo alle armate francesi ncgli anni 170"! e l 705 si basò sul sistema fortificato piemontese e seguì in pieno le prescrizioni strategiche dettare da Emanuele Filiberto centoquarant'anni prima. La struttura Jogistica ed amministrativa dell 'esercito di Virtorio Amedeo era , con qualche aggiustamento, sempre quella stabilita da Emanuele Filiberto. Dunque l'eredit~ì militare del Duca Testa di Ferro era ancora 'i\·a al tempo d'Eugenio e Vittorio Amedeo. on sappiamo per quali strade. dirette o indirette. grandi o piccole, palesi o nascoste, non sappiamo se tramandata nell 'esercito imperiale. fra gli alti gradi d i quello sabaudo, nei racconti c nelle tradizioni di famiglia. nelle relazioni conservate negli archivi, ma sappiamo che in qualche modo - c i fatti. le manO\ re sul campo, lo arrestano - essa giunse fino alla prima generazione nata nel secolo XVTU. fino a Carlo Emanuele TTJ c alla Successione Austriaca, poi si spense. l risultati della somma di quest~l eredità con l'esperienza acquisita sui campi ci'L'ngheria furono grandiosi e si chiamarono Zenta. lWchstadt, Torino. Oudenardc, ~l alplaquct, Belgrado, Guastalla. Casteldelfino c i\ssietta. Zcnta e Belgrado cambiarono l'assetto politico dell'Europa Orientale, segnando l'inizio della ritirata dei Turchi verso l'Asia. Hé>chstiidt c Tori no marcaremo b fine dell'egemonia francese c l'inizio di quella anglosassone, che avrebbe contraddistinto il mondo nei secoli seguenti. Sempre Torino c poi I'Assictta segnarono lo :-.vincolo della Casa di Sa,·oia dalla tutela francese c la sua sopravvivenza poi itica, che furono alla ba~c dell'unità italiana. Il percorso fu lungo, specie perché Vittorio Amedeo dové attendere alcuni anni prima di potcrsi :-.cuotere il giogo dell'oppressi,·a reggenza materna. Quando fu libero, si dedicò alle forze armate, vedendo in loro l'unico strumento <:h c avrebbe potuto sottrar! o alla tutela, al vassallaggio impostogli dalla Francia. Sotto il profilo militare le sue innovazioni furono molte. Apparentemente mantenne l'organizzazione stabilita dal padre c si limitò a sopprimere i piechieri e a inrrodurre in Fanteria la nuova specialità dei Granatieri a partire dal 1685. In realtà potenziò e migliorò l 'ese rcito aumentandone i reggimenti d'ordinanza, portati a 10 colla costituzione di Croce Bianca. Saluzzo, della Marina e Chiablesc, c sostituendo al moschcno il nuovo fucile a pietra focaia. Alla fine del XVll secolo un suo reggimento eli fanteria d'ordinanza si ani-


GLI 1\/I ZI OfJ Dl 'E CliG I \/1

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colava s u 2 battaglioni, di 10 comragnie1 l'uno, e ra c hiamato anche "colonnello", o "colonnellato'', ed era agl i ordini di un ufficiale, detto a ppunto ··colo nnello'', il q uale aveva dire tta me nte sorto di sé una compagni a che da lui era chiamata "colonnella". In ordine gerarchico sottostavano al Colonnello il Luogotenente colonnello ed il Capitano maggiore (o ··Maggiore'') comandanti titolari rispettivamente delle compagnie ''luogotenente colonnella" e "maggio ra ". 11 Colonnello aveva poi, direttamente alle rrorrie dipendenze, tulli i Capil.ani , comandanti eli compagnie - ognuno dei quali era coadiuvato da un Luogotenente (o Te nente), da un Alfie re, un Maresciallo d'alloggio e dai Sergenti comandanti di plotone - ed uno Stato Maggiore, composto, oltre che da egl i stesso, da un Quartiermastro, incaricato eli provvedere agli alloggi cd all'approvvigionamento di viveri e mare iiali; da un cappellano, da un chirurgo maggiore, un Tamburo Maggiore, capo elci musicanli. un Brigadiere Maggiore e da un Sergente Prevosto incaricato di far eseguire, dai rropri aiutanti , le runizioni inflitte ai soldati. Gli eserciti dell 'età barocca, composti da rrofession isti , costavano moltissimo c venivano mante nuti con d ifficoltà. Come abbi amo detto, un 'armata di 15.000 uomini e ra considerata dignitosa, di 25.000 pericolosa, d i 60.000 enorme e eli 200.000 - il massimo raggiunto in pianta sta bile dalla Francia di Luigi XlV - ineguagliabile, invincibile e impagabile, nel senso ktterale del rcrmim:. Il problema eli Vittorio Amedeo ll consisteva nell'onenere un risultato militarmente credibile con le ridotte somme di cui poteva disporre. Il primo passo doveva essere quello dell'ottimizzazione delle 1isorse fi na nzia rie. Per evitare sprechi occorreva stabilire quanto costasse in media il militare, a piedi o a cavallo, ufficiale, sOltufficiale, graduato o soldato che fosse, siJ in termini di spesa viva - paga e razioni - sia in te nnini eli spese generali. cioè di equipaggiamento, ripianamenti, alloggi, armamento c munizioni, rimome, logistica generale e amministrazione generale. Pe r q uesto Viuorio Amedeo pa11ì dall 'esame delle raghe e le regolò in modo cliversonr a seconda del te mpo in cui venivano versate. oltre che del grado del militare. Alla retribuzione in denaro si aggiungevano tradizionalme nte parecchi benefici in natura. Anch 'essi furono attenta me nte stabiliti e regolati da lui con apposileiV disposizioni . "\Jaturalmente, vista l'impoJtanza della ma rcia, delle tappe e dei quartieri d'inverno. anch'essi furono oggc.:tto di studi c provvedimenti Ci si preoccupò dell'intendenza, 1ìssanclo la formazione ed impiego delle salmericv addette al la sussistenza e dei traspo rti in gene rale. Venne lentamente introdotto l'uso dell'uniforme c, se nel 16RR Vittorio Amedeo fece assorbire la Veedoria Generale dalla Contadoria Generale, se ne l 1692 istituì la figura del Primo Segretario della GueiTa, incaricandolo del d isbrigo degli affari generali e del r e rsonale e della trasmissione degli ordini , aspettò tìno ;.~ poco prima di abdicare, nel giugno del 1730,

• Ma si and;1v:1 da u n minimo cl1 J(, acl u n ma:.simu di 25 compagn ie. a ~cconda dci c 1si e dei periodi. e la loro forz<1 variava dai 90-100 uomin i d elle· Guardie ai soli 'iO clel lkAAimenlo Savni~


122 per comrlerarc l'opera tiorganizzando la Contacloria Generale, ormai conosciuta come Uffìcio dd Soldo, dandole un nuovo rcgobmemoY 1 Del resto quell a dell'Ufficio del Soldo era una riorganizzazionc che s'imro neva. Al temro d'Emanuele Fi liberto rcsercito era un·entità ancora embrionale 'el 1730 invece le differenze erano enormi giù risrcno al periodo dell'ascesa al rr·ono di Vittorio Amedeo Il. che comunque risali' a a circa '50 anni prima. E:-.isrcva una forte cm alleria stabile. nata solo all a fine del secolo )(Vll; le fortezze si erano moltiplicate, erano aumenta ti i reggimenti di fanteria, l'entità deii'Artiglieria5 e l'est<.:ns ione territoriale degli Stati Sabau cli . il che, coll'acquisizione della Sard<.:gna. aveva implicato la necessità d 'u n'amm inistrazione diversificata nell'isola rispetto agli Stati di Terraferma. Fin dal temro della Grande Alleanza vennero fatti raffronti fra i co~ri delle vettovaglie in tempo eli guerra l'di pace' 11 proprio per stabilire quanro venissero a costare le truppe c si decise come e quanto le comunità doves:-.cro dare in caso d'acquartieramentO VIIl nel [oro territorio, sollevando J1t'Oteste, tanto piÙ foJtil \ quanto maggiori sarebbero sta ti i <.lanni subiti in guerra. Unendo questi dati a quelli relatl\ i alle paghe cd ai co'>ti indiretti dci mi litari. lo Stato '>ahaudo arrivò a fissare uno schema per cui la spesa annua di una compagnia di fanteria 6 - 3 ufficiali c '50 uomini - cquivale,·a a quella di una d'artiglieria - di 3'5 cffl'rti\'i - o a mezzo squadrone di cavalleria, che all'epoca al pieno della forza ammontava a 3 ufficiali (uno dei q uali era il comandante) c 32 cavalieri. Di conseguen za. sapendo che un cava liere o un dragone costa vano q uant.o 4.2 fanti o 2. 1 artiglieri e sapendo qu~mto si aveva a disposizione. era facile stabilire quante compagnie di fanteria. d'aniglieria. dci dragoni c quanti squadroni eli ca,·alleria si pore,·ano mettere in linea n1antcnendo cerrc proporzioni fra le rrc Anni. I nfine Vittorio Amedeo lasciò in vigore il "dcconto''. cioè la ritenuta per coprire le srese d i eq uipaggiamento, stabilita con 1:1 vecchia e gi:1 citma disposizio ne di Em:uluck Filiberto che, riguardo alle armi, aveva fra l'altro prescritto " ... a quelli cbl! 11011 11 e acrct/1110 g li.fètremo proct•edere noi. co11 tempo di pagar/e in due anni. et che non roglia11o ma11care percbé fole è la me111e nostra:·':\

m ) Eugenio, da abate a gene rale Alla vita di Yinorio Amedeo è strettamente legata quella del cug ino Eugenio. Suo coetaneo - c'era fra loro una differenza di soli tre anni - Eugenio fu uno dci più grandi generali di ogni tempo. Era un cadetto. figlio d'un cadetto arpancncnte a un ramo cadetto della Casa di Sa\'oia.

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ru rq;ol:it<l dopo la Succt'S.,iOI1C Spagnola e r:i'SCS(,IIlll'ntO segu ito alla cri'i dd l.l Sicil ia ,·ol ReJ!,0-

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11011'\, mi. :o,];.__ p.l)l 102 " In m~:di,t 9. 100 lir<• di Piemontt: ;~IJ'.mno

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Gu INIZI DEl OL 1·. Cl \. 1'\1

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Per essere più ch iari bisogna tornare alla Guerra dei Trent'Anni. le cui vicissirudini avevano portato al trapianto a Parigi del ramo cadetto elci Carignano, creato, come sappiamo, dal duca Carlo Emanuele I. che aveva conferito al proprio secondogenito, Tommaso, il titolo eli principe eli Carignano. Tommaso aveva ricopeno vari incarichi politici e militari, distinguendosi particolarmente nei secondi. Nel 1625 - nel rieno della questione della Valtellina e della guerra contro Genova - aveva srosato Maria di Rorbone contessa di Soissons, appartenente ad un ramo cadetto della Casa Reale di Francia, dalla quale tra il 1626 ed il 1633 aveva avuto sei figli -due femmine e quattro maschi - di cui tre erano morti giovani. Dci sopravvissuti la prima -Luisa Cristina -avrebbe sposato nel 1654 il margravio di Baclen divenendo madre del famoso generale imreriale Luigi eli I3aden distintosi ripetutamenle conrro i Turchi. rl primo dei maschi - Emanuele filiberto - nato sordo, avrebbe ereditalo il titolo di principe di Carignano, sarebbe tornato in Piemonte e da lui sarebbe proseguito il ramo che sarebbe poi asceso al rrono di Sardegna con Carlo AlbeJtO I nel 1831 e d'Italia con Vittorio Emanuele II nel 1861. li secondo figlio di Tommaso, Giuseppe Emanuele, era destinato alla vita militare, il terzo, Eugenio Maurizio, a quella ecclesiastica. Ora, nel 1656, Giuseppe Emanuele morì quasi contemroraneamente al radre e lasciò aperta a Eugenio Maurizio la strada delle a rmi . i beni e il titolo di conte di Soissons. E improvvisamente la corte di Francia si accorse di lui. Il fratello maggiore Emanuele Filiberto non si era ancora sposato - l'avrebbe fatto solo venticinque anni dopo - e si era già trasferilrO in Piemonte; l'allora ventiduenne Carlo Emanuele II duca di Savoia era ancora scapolo, di conseguenza. nella sua qualità di secondo in linea di successione, Eugenio Ma urizio diventava un partito di grande im portanza rolitica, perché i suoi evemuali fig li avevano ampie possibilità di salire al trono di Savoia. Il primo ministro eli Francia. il cardinale Mazzarino, si diede da fare; e il 2 febbraio 1657 Eugenio Maurizio eli Savoia-Carignano, conte di Soissons, condusse all'altare Olimpia Mancini. nipote dd Cardinale. Dopo il matrin1onio la carriera di Eugenio Maurizio proseguì bene, ma improvvisamente, mentre era in viaggio per raggiungere l'esercito del viscome di Turenna, morì a Wna, in Westfalia, il 7 giugno 1673. Lasciava alla moglie un buon nome e sette figli viventi, il quinto dei quali e ra il decenne Eugenio Francesco. Alla morte del marito, la posizione di Olimpia era notevole e le sue qualità ne facevano una delle dame più brillanti della corte di Francia. Ovviamente questo le portava delle nemiche, una delle q uali era la favorita di turno di Luigi XIV, la marchesa de Montespan. Lo scontro fra di loro fu duro. Gli imrighi del l'una contro l'altra erano all'ordine del giorno. ma nessuna del le due riusciva a trovare un'occasione per scalzare la nemica e solo ne l '1()80 la Montespan ci riuscì. coinvolgendo Olimpia come accusata nel famoso Processo dei Veleni, ottenendo un ordine d'arresto contro di lei, inclucenclola a fuggire nelle Fiandre spagnole.


121 l.a d isgrazia cf'Oiimpia ricadde anche sui suoi Cigli, pur se in modo differente dall'uno all'altro. Il lk dimostrò chiaramenre di non 'oler sapere nulla di loro ed essi lo capirono in frena. Il primo, il ventitreennc Luigi Tommaso, contl di Soissons sfuggì almeno t<:mporaneamente alla collera regia. ri secondo, il vcntunenne Filipro, a\·eva lasciato l'abito talarc nel 1677 pa~sando neirOrditH: di Ma lta e avrel)be dato adelio a Parigi nel 1685 per andare a combattere i Tur chi come venruriere nelle file , ·eneziane.- Il terzo, Luigi Giulio, dopo un lungo soggiorno in Piemonte, era passato al setvizio irTl pcriale. Escluse le femmine pera lrro così maltranate dal Re da essere co:-.rreuc a tro\ are rifugio in com cm o - restava a Parigi un solo altro figlio di Olimpia, Eugenio Francesco, allora det ro l'Abate di Savoia, o, data la sua scarsa altezza. '·le petit abbé" - il piccolo abate. ì'\ato a Parigi il 18 ottobre 1663 e meglio cono:-.ciuto come Eugenio, era stato destinato alla vita ecclesiastica. T particolari sull a sua infanzia sono frammentari e MI molti non si può fare ~1ffidamenro. 'on ..,i -;a con sicurezza nea nche da q uando abbia cominciato a studiare. Si sa però che ebbe un ottimo precettore nella persona di .Joserh Sau' cur.H presumibilmente a rarrire dal 1(>76 tprobabilmente fino al 1680. L'insegnamento di Sauveur si sarebbe dm·uto limirare all'aritmetica ed all a geografia: ma non fu co~ì. Eugenio era curioso di tullo e il mae:;tro non si faceva pregare. ~reci~tlmente quando il cliscor:-.o dalla geo grnf'ia teorica sfociava in quella pra tica, intendendo con q uesto le nozioni sugl i Stati confinanti ccm la Francia, le questioni di frontiera e il modo di difendere l.1 frontiera stessa. Sauvcur, amico del migliore i.ngegnere m il itare di Fr~1 nci a - Sebasticn de la Presrre de Vauhan - e aurore del ·Tranato di fortificazione·· :-.i dilungava sull'argomento preferito da lui e dal suo allievo; e il giovane rrincire im parava il r iù possibile- e con una prontezza straordinaria -sul modo di costruire una fortezza, di condurre un assedio, di ::.chierare un esercito, eli farlo marciare c d i ma menerlo in camp<tgna. l nsomm<t "L 'alw te di Suroia. quc/JI!III Z-

que cu·esse studiato co11 intelliuenza ed applicaz ione. 11011 a/1111117ciara i gusti d'u11 dottore dello Sorhona; prr::feril'U t•eder sfilare 1111 n~qgi111ento pi11ttosto che una processio11e."xr E infatti aveva cominciato a cavalcare, a escrcitar..,i nel maneggio delle armi c a compiere i riù clisrarari esercizi fì:-.ici. La partenza della madre gli aveva reso ancor più necessario trovare un occupazione, non tanto per \'i' ere. quanto per porersi ..,ourarre all'autoritù della nonna che volev<t fargli prendere definitivament<: gli o rd ini sacri. Su tale questione Eugenio doveva tener testa rure alla zia , la margravia vedova di B<tden Luisa Cristina, madre del margravio Luigi, generale imreriale, la quale, tornata a vivere a Parigi nella casa rarerna. aveva acldiriuura scritto al figlio el i adoperare la ~ua influenZ<l nella corte imreriale rcr far conferire a Eugenio un canonicalo a Colonia o a Liegi. ""arèhlw mono di n1iolo nd 16')j "i\lait'lll.ttico frann·,t'. nato nd 16'>j t' mono nd r-!6, pant"npil alla lampagna di Fiandra del lh')l o: fu indtl.ll<> da \ auhan ,l( lk comt' proprio 'IICCt''>~or~· nella l.li'IGl d 'o:,.tminatorc dt'gh ingegnt"n miluan.


GLI IN17J DFI DUe CUGINI

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Il "piccolo abate'' s i era opposto con tutte le sue forze ed era riuscito a evitare l'ordinazione. Aveva deciso che non voleva essere prete e nel febbra io del 1683 espose alla nonna il s uo proposiro. Ne ebbe in risposta la minaccia d'essere diseredato se non avesse proseguito la carriera ecclesiastica e di venir privato d'ogni sussidio da pane dello zio Emanuele Fi libe tto; ma e ra un testardo e non si piegò. Decise di chiede re a Luigi XlV u na carica militare. Secondo la leggenda tramanda ta dall ' implacabile maldicente che fu il d uca dc Saint-Simon c riportata da quasi tutti g li storici d'ogni paese, salvo q ualcuno della prima metà del secolo XX - ne avrebbe avuto un rifittto così umiliante che avrebbe giurato di partire dalla Francia c di non ricntrarvi che con le armi in mano, ma già lo storico ottocentesco di Casa Savoia, Domenico Carulli, aveva dimostrato l'infondatezza della dice ria; e gli archivi c i consegnano un'altra versione dei fatt i. Scrisse il min istro sabaudo a Parigi , Fe rrero, il 5 marzo 1680: " li principe di Conti l'ha presentato al Re a cui il detto principe Eugenio ha chiamato impiego; ma non si è sentita risposta alcuna. E'partito questa mattina in compap,nia del sign01· conte di Soissons suo fratello. per seguitare il Re.''>-1 1 Poiché di solito il Re Sole in caso di rifiuto rispondeva "liedrò", una "nessuna risposta " sembrerebbe essere stata peggio eli un rifiuto. Ad ogni modo, la "nessuna risposta" raffenm) ancora pill in Eugenio la volontà di darsi a l setvizio militare, ormai fuori dalla Francia. Già il fratello Luigi aveva ottenuto dall'imperatore un reggimento, perché lui no? De tto fatto lasciò Parig i per Vicnna c intorno al 20 agosto era a Passavìa . Vi fu ricevuto dali'Impcraton.:, Leopolclo I che l'accolse con particolélre dimostrazione di stima. La situazione de ll'Austria in <~uel momento e ra tragica. Il Sultano le aveva dichiarato g uerra, si e ra rortato a Belgrado e il 16 maggio 1683 aveva avviato su Vienna il proprio esercito agli ord ini del Gran Vis ir. TI coma ndante dell 'armata imperia le. il duca Carlo di J.orcna, che aveva solo 35.000 uomi ni e doveva far fro nte oltre che ai Turchi agli insorti ungheresi, aveva potuto solo cedere lentamente terreno dal Raab fin sotto Vienna. L'Imperatore c l'Imperatrice avevano dovuto abbandonare la capitale, che era stata completamente circonchlta dal nemico il 14 lug lio. A metà agosto l'assedio era diventalo realme nte r ericoloso; ma intanto. d ietro suggerimento di fra' Marco d'AvianoXliJ e per o pe ra eli papa lnnocenzo x r, si e ra conclusa a Varsavia, il 31 agosto 1683, un 'a lleanza difensiva e d1ensiva contro gli infede li - la Lega Santa, o Sacra Lega - tra l'Imperatore c il re di Polonia Giovanni JTT Sobie ski, Lega alla quale il 20 marzo dell'anno seguente avrebbe aderito anche la Repubblica di Venezia. Il 30 agosto Sobieski giunse con 24.000 polacchi al campo del Duca eli Lorena; e il 12 settembre 1683 i Cristia ni assalirono e volsero in fuga i Turchi, liberando Vienna dopo 62 giorni d 'assed io. TI margravio Luigi d i naden avviandosi a l campo aveva condotto con sé Eu-


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genio. che prese poi pane alla batraglia sempre a fianco del ~Ia rgravi o, coman dante dd l'ala !>ini~t ra imperiale. quella che :,volse l'nzione decisiva della b:llla glia.9 Dopo la presa di Parkan il 9 ottobre e quella di Gran il 27, finì la campagn.t del 1683, la prima del Principe Eugenio , che il 5 no vembre era a Presburgo ..d seguito di Luigi di Baden di ritorno da Gran. L'l mpermore. a ricono '> cimento delle qualità militari dimostrate in molre m ca~ioni e per meglio as!>icurarlo al ~ uo servizio , gli promise il comando del r nmo reggimento che si rosse reso vacan te; cd Eugenio ne diede notizia a Mto cugino. Vittorio Amedeo rr. cercandone un aiuto per sostenere le -.pese connesse all'acqubto del bre\ erto: L'Il dicembre 1683 l'l mrerarore mantenne la parola e nominò Eugenio co lonnello del Reggimento Dragoni Kufstcin. che da quel gio rno si chiamò Ora goni di S:l\ oia. 10 La camragna d'Ungheria del 168-! si aprì con un imponente obbiettivo. Il comandante imperiale. Carlo di l.orena , si propone,·a di prendere Huda. Nell'ordine di bartagli:.t dell'Annata, Eugenio occupava col proprio reggtmento l'ala sinistra della cavalleria imreriak. Carlo di Lorena , attraversato il Danubio a Parkan, il 13 giugno arrin) nei pressi d i Gran. e puntò su Vis<:>grad che, cinque giorni do po, si arre'> e. J\tl entre era in moto, i Turchi riombarono con prcponderanti forze sul bag:t glio, lasciato indietro Vennero mandati in aiuto i reggimenti dragoni Ilessler t' Savoia, ma arrivaro no quando i nemici si erano già ritirati su Buda. La loro direllrice di ritirata convinse Carlo di Lorc na a impadronirsi prima th Pest, sulla riva sinistra dd Danubio, per servi rsene poi come base di partenza per l'auacco a Kuda. Dopo un scontro vinorioso a Waitzen, si schierò con l'armata pre:,so il villaggio eli Sant'Andrea. Vi fu assalito dai Turchi ma li ricacciù con forti perdite. Il Reggimento di Savo i ~t manovrò benissimo ed Eugenio si distinse per audacia. occhio c sangue freddo . svolgendo un ruolo rik·\·ante nel lo scontro ,·irtorioso. T1 l 'l luglio l'armata imperiale era di nuovo a Pest e com inciava vigo ros:t mente l'assedio, che però non ebbe successo. Alla tìne di novembre Eugenio rientrò a \'ienna con il ~l argra,·io di Baden;

9 l ~uo1 hio~raft top1ando~1 narrano< ht< al l'rint·ipe ;thha;t p reso p;111L' agli 'contn da Petrondl - - luglio c· d i Prt<,bu rgo- 28 luglio- mcntn·, d ai &.p.ani dei diplom.ttit'i s:~ haudì. rbu lla t h<: il 2H luglio egl i era ,1p · pL·na pochi ch ilometri fuori Parigi. 1" Fr.t un rt:ggimL'nlo ..,·ecchio" Con qut•,to termine ...i intende' .1 <hrt· che er.1 un regguut·nto da una <•.,.. ta anzianita. nel o,en<;<> t he er.t stato fondato d.1 parecchio t<'lllpo c g<xk\.1 qumda <li pre, tawo <' precedt· n;.a ri~pcrto :~11.1 nuggior p.illL' d egli .altri. rn;a sopr.tltutto che t'J~ I un comando sicu ro. l n b tli all'cpoc1 le 1iduli< >1 11 t k•gli esercit i :11la fo rza di pace an ·cnivano ~L iogl it•ndo i rL·gginll'nti a pa rt i rt· t b l p iu recentt' ._. prtx·edendo li no :1i più .tnli.mi, congetbndo o mc·ttcndo ;t nw11a paga ullil'i:ali e ~ottulfil' iali dL'I n.:pan i ' uniti. comprc'o 1l t·omandantt: Di con,egut·nza a\ t:rt• un -ven:hio n:AAimemo· ,;gnitì<:.l\ .1 Lon<,<•n .art· p:1ga t< «uRmdo .andw in tempo d1 p;Ke.


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poi decise eli recarsi in Ita lia per ringraziare c conoscere eli persona Vittorio Amedeo e lo zio Emanuele Filiberto, principe di Carignano. Ebbe un ottimo trattamento da parte del c ugino, che l'accolse "con singolari e pubbliche dimostrazioni , lo accomodò di 20.000 dojJ{Jie e prouuide di caualli."XJV Con essi il Principe lasciò la capitale il 6 gennaio, non a tasche V'\.10te perché "S.A.R. usando della sua solita generosità ha fatto 1111 regalo di 20m i-

la lire al sig. Pipe Eugenio" .xv Luigi XIV se ne risentì e, sempre a caccia el i pretesti a cui appoggiare le sue prepOtenze, si vend id> sospendendo l'esecuzione del tratLaLO del 24 novembre 1682, con cui Madama Heale. a ll ora all'ultimo anno di reggenza, gli aveva con cesso di tenere in Pientonte "Per la sicurezza dì Casale e Pinerolo e degli altri stati del Duca" 3.000 cavalieri t: 10.000 fanti, dietro pagamento eli 1.200.000 lire rornesi el i Francia per sci anni, poi ridotti a tre, allo scadere dci quali mancavano ancora otto mesi. Così il primo giorno di primavera l'ambasciatore Fcrrcro scrisse a Torino:

"Mons. De Croissi mi ha detto che sopra motiuo fatto da codesto sig. Ambasciatore (il marchese d 'Arcy) come VA.R. fosse d 'intenzione di fare qualche rfforma di truppe, S.M. f!,li haueua comandalo di scriuere a eletto sig. ambasciatore di far'/e sapere che trovandosi bora stahilita. una tranquillità uniuersale, era a suo arbitrio il far tale riforma che le piacesse, non obbligando/o ad baueme maggior e minor nwnero, cessane/o il bisogno di quella; onde cesserebbe anche il pagamento delle mesate dei centomila scudi. passata fa presente che verrebbe ancora pagata... ho p,iudicato di ri::.pondere da me cbe non credeuo oue il sig. ambasciatore avesse potuto cavar tal motivo. mentre nelle mie lettere non ne az•eva no jàtto motto. e che m i pareva. che il trattato fosse di sei anni. Esso mi ha risposto che ciò si deue intendere ove non cessasse la causa:·XVJ In altre parole , Luigi lasciava le proprie truppe in Italia, ma tagliava a Vittorio Amedeo i finanziamenti che gli permettevano el i tenere in piedi l'esercito piemontese, obbligandolo a ridurne la forza per rientrare nelle spese e quindi indebolendolo. Eugenio si comportò bene d urante tutta la campagna c.lell '85 e Leopoldo T gli dimostn) la propria benevolenza ed il riconoscimento per i se1vizi ricevuti nominanclolo Gcncralfcldwachtmeister- generale di brigata- nell'ottobre 'I685. La campagna del 1686 vide in campo forze imperiali maggiori che in passato e l'obiettivo era eli nuovo Buda. G li Imperiali ci arrivarono il ·18 giugno c aprirono la trincea il 21 . Il 29 giugno Eugenio, che comandava la cavalleria rimasta al campo, ricacciò una sortita nemica. Il 27 luglio le batterie erano pronte e cominciarono i tiri in breccia contro il castello. Il 14 agosto il gran visir Solimano. giunto con un esercito d i soccorso, cercò di spezzare l'assedio, ma fu sconfitto con fortiss ime perdite. Pe r il valore dimosrraro in q uell 'occasione, Eugenio fu scelto per portare a Vienna la notizia della viuoria. Per lettera la comunicò p ure a Vittorio Amedeo e r ipartì subito per Buc.la, ne lla speranza d'assistere alla caduta della fortezza;


128 ma non avrebbe ;.~vuto bisogno d'affrettarsi perché l'assed io durò due n1csi c mezzo c lui vi fu ferito. TI 2 :-.eLtembn.: gli Imperiali lanciarono il quarto a:-,salto generale. Eugen io ebbe questa volta un compito di copertura, dovendo proteggere gli arraccanu da eventuali ulteriori tentativi del Gran Visir. Guardato dalle sue truppe, il gro~­ so dell'annata allacec'> c prese Bucla con una !orta sanguinosa. In preci:! al panico anche l'esercito elci Gran Visir ripiegò in disordine verso la Serbia e Belp-a do, inseguito a lungo dal Duca di Lorena_ che s'impadronì di Seghedino. el frattempo il Margravio di Baclcn ~1\-anza, a nell'Ungheria 1\kridionale con 12 reggim<.:nt i, fra i quali quello eli Eugenio. Le consegucnz<.: della campagna furono notevoli. l Turchi vennero ridotti alla difensiva e Leopoldo I poté distogliere la propria attenzione dall'oriente europeo per concentrarla sulla prc,sione france'>e in Henania. Sistemare le truppe nei quartieri cfinvt"rno, a differenza del passato, i generali imperiali di maggiore importanza no n si recarono a Vienna ma a Ve nezia . apparentemente per il Carnevale e ospiti della Serenissima Repubblica, loro alleata contro gli Infedeli, in rcalt~1 per trattare l'accessione dd Duca di Sa' oia all'antifrancese Lega d'Augusta. Anche in questo caso i biografi d 'Eugenio si ripetono a catena, raccontando che fu uno elci primi a recarsi a Venezia , ma in realtà dové giungerv i solo poco prima de l 28 gennaio, giorno in cui scriss<.: :1 Viuorio Amcdeo comunicandogl i il proprio arrivo in Laguna. Rimasto a Venc/.ia un paio di mesi. Eugenio 'isirò l'Arsenale, presem~iò alla fusione di pezzi d'artiglieria di grosso calibro e al ,·;uo d'un vascello, partecipe) alle feste, C\'itò le avventure ga lanti c alla fine di marzo era di nuovo a Vien na a prepararsi per la campagna del I (>H7. Carlo d i Lorcna intendeva dare banaglia al nemico senza perdersi in assedi Vista b situazione decise di passare sulla destra della Dra,·a. manovra rischiosa perché compiuta sono gli occhi del nemico, facendo traversare le truppe sorto la protezione d'Eugen io, che si era offe rto di comandare la copertura dell'armata. Ckcorscro tre g iorni ;lll'escrcito per essere pronto a passare il fiume. Poi ce ne vollero altri trL' per effettuare il transito del fiume, ··nel qua/tempo il Princi-

pe col/oçò ra11tagp,iosamente in si/i opportuni le schiere a lui soggette: onde il trasporto sep,1tì co11 poco danno a t'eduta de '11emici. cbe non lasciat •ano cl"insultar!i con p,rosse partite (di cavalleria). Dopo di che esso Principe satr dep,li 11/timi il po11te. quando t•ide, cbe tuffo em in sicuro: ·XVII l !ltimaro il passaggio senza danni. Carlo di Lorena proseguì su Ziklos c Cinquec-hiese, intenzionato a demolirne le fortificazioni per sottrarle agli Onomani. ma anche il Gran Visir aveva passato il fiume e minacciava sul fianco l'armata cristiana, tormcntandola con continue scorrerie della cava lleria turca t: tartara, sempre respinte dal Principe Eugenio. A lui infani era spettata l'm an~cope1ta durante la marcia. nel corso della quale a\'C\·a ingaggiato uno scontro con la cavalleria e gli Spahis nemici, aprendo la strada al grosso che lo seguiva a eire:-~ :-,ci miglia.


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Il 12 agosto 10.000 Spahis e 5.000 giannizzeri appa rvero su entrambi i fianchi dell'Annata imperiale in marcia. Il Duca eli Lorena decise di combattere, schierò le truppe e contrattaccò. ·· .... il Principe avvanzò i passi in nu(qgior vicinanza, ove fatte discender a terra alcune compa,qnie de· suoi Dra,qon i, -~forzò ogni ostacolo, ed ep,Li il primo con altre compagnie penetrò dentro a far macello degli Injèdeli.''xvul A riconoscimento dei suoi meriti , fu scelto dal Duca di Lorcna per portare la notizia della vi ttori a all'Imperatore, ne ricevé in dono un ritratto ornato di diamanti e ripartì subito per l'Annata, ma i Turchi offrirono la pace. Guglielmo d 'Orange, acerrimo nemico eli Luigi XIV ed animatore della Lega d'Augusta, cercò di convincere Leopoldo ad acceuare : avrebbe permesso lo spostamento delle truppe imperiali da est alla Henania, contro i Francesi; ma Leopoldo giudicò pili conveniente per i propri interessi consolidare le sue conquiste sul Danubio, dando ordine d i com inciare a preparare la campagna del 1688. Intanto, il 1° gennaio del 1688 nominò Eugenio Fcldmarschall-Licutcnant Lenente generale - c gli conferì il Toson d'oro. L'onore era grande, le spese connesse pure; c di nuovo il Principe si rivolse al c ugi no. Ancora una volla Vittorio Amedeo l'esaudì e ne fu ringraziato ma, desideroso di risparmiargli l'umiliazione di nuove preghiere, pens<) d'approfi ttare della mo1te di don Antonio di Savoia 11 per creargli un patrimonio persona le intestandogli le re ndite delle cinque abbazie di cui aveva goduto il defunto. Imanto la guerra e ra andata avanti. L'esercito turco, dopo le disfatte dell'anno precedente, si era presentato all'apertura della campagna inferiore di forze, poco disciplinato c sotto gli ordini di comandanti inespe n i. L'esercito imperiale. ammalatosi il Duca di Lorena, era sta to affidato all 'elettore di Baviera Massimiliano Emanuele di Wiuelshach , il quale aveva sfru tta[() a fondo la prop1ia superiorità s ul campo. Il 7 agosto 1688 l'armata cristiana aveva passato la Sava, superando la resistenza eli alcune migliaia di nemici c volgcndoli in rotta fino a Belgrado. Sapu to che in .sole 24 ore gli Imperiali avevano terminato il pome militare s ulla Sava ed avanzavano contro eli lui, il Serraschie re aveva abbandonato la città, incendiandone i sobborghi, e si era ritirato a Semendria. La none dal 12 al 13 agosto venne ape rta la trincea contro le fortificazioni di Belgrado; il 6 settembre, alle 10, fu lanciato l'assa lto generale. Ma Eugen io non vi partecipò perché era stato nuovame nte ferito circa una settimana prima. Poiché g ià prima de ll 'inizio delle operazioni in Scrbia gli Impe riali avevano preso Stuhlweisscnburg, lippa c Lugos, alla frontiera transilvana, c Karansebc.s. a Vienna si poté considerare ottima la riuscita della campagna.

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1688.

Era :t,io d i Vittorio Amt•cleo li. figlio nmur:ile e riconosci ul o di C:~rlo Emanuele I e morì il H tébbraio


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CAPITANI n 1 c"'"::;,,, ,~~,

Intanto, mentre il .Ylargravio Luigi l.'~tendc, ·a l'occupazione au~triaca 111 Croazia, e l'elettore Max Emanuel<.: scendeva lungo il Danubio fino a Sernen dria prima di lasciare il comando e rientrare a .M onaco. Eugenio a \'ienna era 111 convalescenza. Da lù poteva segu ire atLentamenLe l'evoluzione della politici europea, giunta in quel momento acl una svolta decisiva per il grande sviluppo della Lega d 'Augusta e per la ··Gloriosa Hi,oluzionc" del 1688, che a,e,·a fano ascendere al trono d 'Inghilterra il più rcnace ed ;1cceso nemico di Luigi Xl\ : Guglielmo d 'Orange. Cominciava la guerra della Grande Alleanza.


CAPITOLO V La Grande Alleanza: 1688-1696

l) U quadro e uropeo e il punto di vista sabaudo 11 lungo duello che :.~vcva opposto la Franci::~ agli Asburgo dai tempi di Car lo V e Francesco I, eli cui San Qu inrin o era sta ta una del le tappe decisive, era ripreso al tempo eli Carlo Emanuele l, era terminato col trionfo francese alla l'ine della Guerra dei Trent'Anni nel 16-!8 cd era stato ribadito dall a pace dci Pirenei nel 1659. La compam:zza tcrriroriale. e quindi politica, della Casa d'Asburgo era sLata frantumata dal cardinal de l{ichelil'u. la cui politica ~1azzarino ave,·a proseguita così bene da consentire al nuo\'o re. Luigi XI\'. di espandere inarrestabilmente il proprio potere e i confini del Regno. specie in Renania. Il gioco era stato facile finché praticato contro avversari deboli e scollegati. Uscito vittorioso dalla Guerra di Devoluzione dd 1667- l 66H, che gli aveva dato ampie por zioni delle Fiandre Spagnole il Re Sole aveva sconfitto la coalizione di Spagna, Austria, Danimarca. Province Cnite e Princip i tedeschi oppostaglisi quando aveva assalito I'OI;~nda nel 1672. costringendola alla pace eli imega del 1678. L'imperatore Leopoldo. come sappiamo, non <l\'l'Va esercitato una gran re siMcnza perché la sua auen7ione era pJincipalmentc ri,·olta ai confini orientali. dove premeva ra,·anzata ouornana, fomentata proprio da Versailles. ì'\é l'a\'C\ a fano l'Inghilterra grazie all 'amicizia c alla parentela fm Carlo II Stuart c i Borboni. O ra, nell 'u ltimo quarto del secolo, l'obieuivo p ri ncipale che si poneva Luigi XlV consisteva n.cll'in.g~rirsi S(.;lll J>re più pesantemente negli alTari dell'i mpero. possibilmente estromettendone gli Asburgo a proprio vantaggio. Il titolo imperiale non era ereditario, ma elettivo: dunque la francia pote,·a anche riuscire a farlo assegnare ad un suo candidato. Naturalmente occorre,·a far sì che i Principi Eleuori seguissero le indicazioni di \'ersailles; e il sistema più siçuro consisteva nel collocuc propri uomini alla testa degli Elettorati. La cosa non era impossibil<:, vbto che gli Eleuorati erano pochi. che tre di essi erano i vescovati eli J\1agon:~.a. Treviri e Colonia, alla cui dignità poteva teoricamente esse re innalzato chiunque e che il trono deln ::lcnorc Palatino stava per rimanere vacante. D unque con un po' d'abilità. fortuna c prepotenza si poteva


132 formare una solida compagine nlofrancese capace di eleggere un lmperat<llt' che lo fosse altrettanto. Ma alla morte deii'Eienorc Palatino i Principi reckschi, sopratturto quelli prore~ranri, consci di cosa si prepa rava, avevano sripulmo nel luglio clc.:l L6H(> acl Augusta una Lega cliknsiva in fu nzione antifrancese cd erano riusciti ad imped ire l'insediamento di un cand idato d i Luigi XlV al posto del defunto. Ma lo scontro era solo rinviato. el 1688 morì il principe vescovo di Colonia, uno dei tre elettori ecclesiastici. e si riaprì la "nntcsa. C'erano solo due candidati: uno per la Lega e uno pt r \ 'ersailles: ma nes~·· mo dei due riusciva a pre,·alere; c ~i deferì decisione al papa. Tnnocenzo XJ si ricordò di tuni i dissapori intercorsi rra Versailles e Rom 1 negli ultimi trent'anni c non ebbe esitazioni. ConM:Hati i maggiori diritti L' titoli del candidato del la Leg:t. decise in suo favore. La situazione d ip lomatica da tesa che era div<.:nne incandescente. La den sione d i cominciare la gue rra fu improvvisa. Le truppe fr:mccsi <.:ntrarono in campagna tanto in fretta c.Ia css<.:re ancora sul p iede eli pace cd ebbero orcli nv d'occupare Avignone, come rappresaglia contro il Papa, Colonia. Worms, Spira Philippsburg e rutto il Palarinaro per intimidire l'Impero. La Lega reagì subito c la guerra divampò . Il Reno fu traversato dai Frann·-.1 che misero a ferro e fuoco con una violenza e una crudeltà inaudite t\lagonz.1 Spira, Worms e il Palatinato. Contro d i loro ~i mossero Spagna, Olanda, Svezia, Danimarca, gli Eleuoral! di l ~ra n denburgo, Baviera e Palarinaro e l 'imperatore. Poi. nel 1689, deposto Il re G iacomo II Sluarl colla "Gloriosa Rivo lu zione" de ll'anno precedente, :tnclw l'Ingh ilterra scese in gu<.:rra contro la Francia. La Lega si tramut<) allo ra nl·lbl Crancle Alleanza e il fulcro del le operazioni si s po~tò dalla German ia ali<.: Fia n dn.:, sia perché i Collegati ave,·ano messo in ritirata il nemico fino a riaffacciar-.i sulla sinistra del Reno. ~ia perché ai Francesi premeva di più comrastare gli An glo-Oiandesi. Questi infaui. appoggiandosi alle fortezze di cui le Fiandre erano fornite e giovandosi delle loro grandi disponibilità finanziarie. erano molto piu pericolosi delle squallrinate truppe imperiali in Germania. Ma invece eli risolversi rapidamente la situazione entrò in una stasi prcoccu pa nte. Nessuna delle due pa rt i riusciva a vincere ed entrambe erano in grado d i resistere a lungo. Bisognava cercare un 'altra strada, possibilmente aprendo un n uovo fronll' che indebolisse la Francia. La Lega allora cercò di ampliare le proprie schiere cd intraprese una Sl'ril' di sondaggi nei confronti di vari Srari minori, riprendendo pure quelli col Duca di Savoia, già iniziati a Venezia tramite Eugenio nel Carne\·ale del I6B7. Vinorio Amedeo Il desiderava concent rare nelle proprie mani tutto il potc re, eliminando qualunque fonte d 'interferenza interna ed estera. Le une <.: le al rre non mancavano e k: prime - privilegi. esenzion i c quant'altro concessi all a nobiltù, al clero c alle COI11 L111il ù - erano in via di soppressio ne. Restava no (1:1


L\ {ìR/I'JDE AI.LEAJ\LA: 168il-1696

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eliminare le seconde - molto più consistenti - le quali, volendo proprio identificarle con un nome, potevano essere chiamaLe Casale e Pinerolo: le due p iazzefo,ti da cui Versailles controlla va c he i Savoia non deviassero dalla linea di vassallaggio imposta loro alla fi ne dell a Guena dei Trent'Anni. Ora Luigi XlV aveva chiesto a l Piemonte 3.000 uomini articolati in tre reggime nti di fa nteria da 1.000 ciascuno. Vittorio Amedeo aveva risposto di poterne dare solo 1.200, perché i suoi reggimenti ne contavano 100 l'uno. Poiché Luigi XIV gli aveva poi vietato eli ricorrere a nuovi arruolamemi , imponendogli pure di limitare gli effettivi dell'esercito ducale a non più di 2.000 uomini. verso la fine del 1689 Vittorio aveva richiamati i suoi uomini giustificandosi d icendo al l'ambasciatore d'Arcy: " La giustizia e la ragione vogliono che non si lasci in mano altrui ciò che hisop,na a noi stessi.'' Ma Luigi gli diede scacco: non gli restituì i Piemontesi e gli offrì invece 5 o 6.000 dragoni francesi. Apparentememe gli impediva di dirsi indifeso - ne i confronti degli Spagnoli dello Sta to eli Milano, 6.000 francesi costitu ivano una dissuasione maggiore che 1.200 piemontesi ma in rea ltà lo manteneva deboie e gli imponeva un esercito d 'occupazione. Per di più a Vcrsaillcs si sapeva che le forze sabaude ammontavano a 9-10.000 uomini, poiché Madama 1\eale, la fi lo-francese madre di Vittorio Amedeo, aveva mandato al ministro Louvois una copia del b ilancio eli quell'anno, da cui risultavano un'entrata di 8 milioni di lire c la forza dell'esercito. In questa situazione, le offerte avanzate per como della Lega venivano a proposito, specie considerando che Vittorio Amedeo voleva riprendere la politica di espansione in Italia stabilita da Emanuele Filiberto nel 1560 e intendeva arrivare, se possibile, a dominare tuua la Penisola, o almeno a in flue nzarla politicamente. Per ri uscirei doveva supera re parecchi ostacoli. Il primo era rappresentato daiJe truppe slJ·aniere su l terri torio sabauclo, il elle implicava non solo la necessità di espellere i Francesi da Pinerolo e da Casale, ma anche di impedire che qualche altra potem.a, Spagna o Impero, vi si installasse. ln secondo luogo doveva consolidare cd ampliare il dominio cisalpino, in modo da avere più sudditi, cioè più entrate fiscali e più gente da arruolare, e raggiungere dci confini naturali abbastanza solidi da potere essere facil mente difesi. Questo implicava il riacquislo dell'assoluto controllo di tutti i passi alpini e un 'espansione in pianura verso la Lomba rd ia. A ciò doveva somrnarsi la parità diplomatica colle Potenze, che significava non il riconoscimento, già esistente da parte eli esse. dello Stato Sabauclo, bensì qudlo della parità di rango di Casa Savoia colle principali Case regnanti d'Europa , perché maggiore era il rango del sovrano c maggiore era il suo peso nelle discussioni d iplomatiche. In particola re, per Vittorio Amedeo, il raggiungimento della parità cogli altri monarchi avrebbe costituito un'elevazione al di sopra eli tu tti i Pri ncipi italiani , rende ndolo un punto di riferimenlo per la politica italiana de i sovrani esteri e degli altri Stati italia ni. ln base a queste considerazioni si può capire che importanza rivestissero le condizioni da lu i poste per aderire alla Lega. Il recupero di Pinerolo e della


Valle del Chisone, che implic~l\ a l'eliminazione della tutela francese e il con..,olidamenro parziale del confine occidentale; l'ampliamento dei confìni dd J\lonferrato c la facoltà d'acqubtare da Leopoldo l i feudi imperiali delle Langlw un altro aumento dd LCrritorio naziona le cd il compattamento strategico dd confine orien tale -cd infine il trattamento regio. Quesl 'ulr imo, pur non con c~..·­ <.k.·ndo il titolo di re, dava diritto acl essere Lrallalo e considerato come Lale . ,li meno da parte della casa d'Asburgo c cosliluiva un'elevazione eli livello rispL·Ilo a Lutti i Principi italiani. colla sola esclusione del Papa. Intanto. non ancora promo alla guerra. Vittolio Amedeo decise d'aggirar~. 1l divieto di Luigi XIV di tenere in armi più di 2.000 -.oldati ed emanò l'cdillo dd 2H marzo 1690. con cui prescriveva che i contingenti del Barwglione di Plt mome fossero limitati al 6°'0 degli abili di ogni Comune, dai 20 ai -!0 anni, c t lw si esercitassero ogni l S g iorni. Così. chiamando e congedando i contingenl i uno dopo l'altro, riuscì a non superare la q uota impostagli da Versailles ed a lt' nere in aclclcstramenLo Lu tt o l'esercito. Ormai l 'intervento in g uerra appariva necessa rio. L'Imperatore c la Lq.,:;l avevano acconsentito alk richieste di Vittorio Amedeo ed avevano iniLiato il perfezionamento degl i accordi ma , nonostante Lullo, alcune notizie delle trall.lti' e erano giunte a \ 'ersaillcs. ron sembrava nulla di gr~"·e: un giochetto di pie matico da stato satellite ~tmbizioso c basta, ma le cose cambiarono quando '-l seppe che 1'8 febbraio 1690 Virrorio Amedeo aveva pagato un milione di lire .d l'Austria per l'acquisto dei feudi delle Langhe. Luigi XIV gli scrisse allora di considerare un atto antifrancese qua lsiasi vcrs.1 mento eli denaro all'Imperatore. Ma in maggio Viuorio A medeo rispose protv sta ndo la sua buona kde. Non era colp<.1 sua: i banchieri avevano provveduto au tonomamente, eli loro ini7.iativa. al saldo della cifra all 'Imperatore e lui non aveva potuto fare altro che render loro il denaro che a,·evano anticipato. Lu iJ-,1 allora gli fece an·h·are un ultimatum tram.ite il maresciallo Catinat: l'accaduto gli era spiaciuto e n>le,·a un prova di buona n>lont:ì. consi-.reme nella messa a d1 sposizione della Francia di due reggimenti di fanteria e due di dragoni. Entro i~ ore bisognava dire si o no; e il no avrebbe implicato la guerra. Vittorio prole'>L(1 di nuovo la propria buona fede, si appellò al Para ch iedendone la med ia7.ionv l' d isse che non vedeva come un piccolo c debole Sta to come il suo potesse ul tcriormente disarmarsi in favore di una grandissima potenza amica q ual'er:t 1:1 Fra ncia. Tutto quel che ottenne f u un'uiLeriore m inaccia, molto vaga: il Re cr.1 anc:or più dispiaciuto. cioè irritato, con lu i. Le trattative con Catinat si intensifica rono c, finalmeme. ,·enne fuori che. forse, il Re avrebbe potuto accertare di con sidcrare una pro,·a d'amicizia la cessione delle cittadelle di Tolino e \'errua, 01 mai le ultime limaste ai Sa,·oia. Allora \ 'irrorio Amedeo finse di accondiscenderL dichiarò che avrebhl' mandato all 'ambasciatore a Versailles istruzioni di stipularl' un trattato in ral senso e riuscì a evirare all'ultimo momento che le truppe fran cesi - 9.000 uomi ni. '5. :BO cll'i q uali d i cava lleria - gli devastassero il Due<llo q ua ndo già si stavano mem::ndo in mov imento dall:t loro base di O rbassano.


13'5 La crisi era stata rimandata d i pochissimo. ma non '>Congiurata. Infatti Louvob aveva scritto a C:ttinat: ·· l bi do!'e/e solamente riCC!l'ere la cii/adelia di ToriIlO e dì Verrua, se lui l'e la COIISe{!,lla, se11Za impe[!,llarl'i o 11essun"altra cosa cbf! a render conto a S11a Maestrì della so1tomissio11e dc?! Si.f!.IIOr duca di Samia. /l<;;seudo stata la condotta di questo principe tanto sleale e i s11oi progetti tanto perlliciosi, ne consegue che ep,li ne sia punito in modo cbe SC! ne ricordi per tutta la

sua llila, e che impari a sue SfJesc: il rispetto che un du ca eli Samia deve a 101 re di Francia."XIX F.ra la seconda decade di maggio_xx Il tempo stringe,·a. \'ittorio accelerò le trattative colla Lega. sapendo di :n cr da,·anri a sé una decina di giorni al massimo- il tempo occorrente ai corrieri per andare c tornare da Torino a Parigi - <.' il ~ giugno 1690 conclu:-,c ra lleanza con il Re di Spagna, poi convalidata dall'Imperatore. 12 In base acl ess~' la Spagna avrebbe inviato dal Ducato di Milano circa 12.000 fanti, 3.000 cavalli c 12 cannoni da campagna; l'Tmpero 5 o 6.000 uomini tra fanteria e cava lleria , 11:1cntre Olanda e Ing hilterra avrebbero fornito un sostegno finan ziario - rispenivamente di 20 e 10.000 scudi al mese- pagan do inoltre alcuni reggimenti di " lkligionari"l:\ per comh:Htere in Piemonte. Sul filo del rasoio, Vittorio Amedeo era riuscito a de:-.treggiarsi il più a lungo po:>~ibil e per dar tempo ai suoi soldati di concentrarsi sotto Torino ed ai rinforzi spagnoli di mettersi in moto. mentre vicinissimo a Torino, tra Orbassano e Carignano, l'esercito france-,e comandato da Catinal era pronto ad assalirlo Firmati gli accordi con Spagna c Impero Vittorio Amedeo convocò l'ambasciatore francese e gli ann uncic'> formalmente la propria nuova posizione e la guerra. Infine chiamò a cortt: i ge n c r~lii , i d ignitari c i nobili ai qua li nella sala dd trono, comunicò quanto ave,·a fatto. ··La notiz ia dil •u(~cttasi suhitamente per la

cillà,}it accolta co11 pari esui!Cinza e il clero afferì ~li ori e p,li argenti delle cbie-

se perprot •t•edere alle urp,e11ti necessità della guen-ct.'"'"-'-1 Pari enrusiasmo nd reMo d'Italia. Scrisse il resid<.'ntc sabaudo a Roma che alla Corre pontificia ""dopo

la liberaz ione dì l'ie111w kkl 16H.3] 11011 si è mai z·ista un 'allegrezza simile:·'\...'- 11 Sembrm ano tornati i tempi di Carlo Emanuele T contro la Spagna D'a ltra pa1te Vittorio Amedeo non aveva avu to scelta. Stretto fra l'Impero, la Spagna e quella che allora era la p rima potenza dd mondo, cioè la Francia. per poter essere tanto autonomo da comandare in casa propria. doveva schierarsi ora coll 'uno ora coll'a ltro clc.:i contcnclenti. strappando ad entramhi il maggior numero possibi le di vantaggi . L'cspl'rienza dei suoi avi in~cgnava che se non l'm e!>se fano. prima o poi sa rebbe stato completamente as~orbito dagli Asburgo o dai Borboni. Al momento l'alleanza migliore era ~enza dubbio quella con la 12 Il 1r:a11a10 colb Spago;~ lu farm;ato '' \!aLano il 5 giugno. qudlo ~-ollllll JK'ro .1 l'orino il -1. qu~lli con In· ghihcrr:.a t' Ol:inda :aii" Aj~ il 20 ouohn:. H Co~ì H'nil ·:ano c hi:ml;Hi i prott·,t;lllll 1 .Lid<'si l ' ugonolli :un•ol:ati in rq.:gimt·nto. pcrlopiLI pagati dall"In· ghihcrr:l <' i i n l'it>mont~ contro i Fr:mr..:'i.

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136 Lega. !."anno precedente l'esercito dci collegati. comandato dal Duca di Lon.:na, aveva li berato tvlagonza , difesa da 10.000 Francesi, mentre l'Elettore eli Bra ndeburgo aveva riconquistato tutto l'Elettorato c la cirtù di Colonia. Le Potenze tl.larittime1' pagavano le truppe sabaude e imperiali ; le prosperri'c di successo, pparivano buone c le promesse degli Alleati erano larghe. Se il vento fosse cunh iato, il Duca avrebbe fatto in tempo. forse, a mutare rotta c salvarsi dai guai, Francia pcrmeuendo.

Il) L'arrivo d'Eugenio Fcclde alle sue istru zioni , Catinat non sembrava inten7.ionmo a pc rrnetrcrc a Vittorio Amedeo altro che la resa. Cominci<'> con una quantitù di 'iolenze ~ulla popolazione come era ~taro fano nel Palatinato. Le cose non gli anda rono puo così lisce come in Germania. Là i civili sca ppavano. qui combattevano altrcllan to ferocemente dci Francesi. Lo schema strategico che Vittorio Amedeo scelse. così come lo si ricava d.d le sue :tzioni . consisteva nel ne utralizzar~· l'esercito francese in Piemome, P·'" sando poi all'occupa;;:ionc dei due terminali di penctrazione francese in !tali t. cioè Susa e Pinerolo, per coprirsi le spali<: prima di prendere Casak c riconqL · stare la Savoia e l izza, come al solito perse fin dalle prime g iornate di guerra. Il preliminare era la concentrazione c.lcl le forze, proteggendo l'arrivo ddk truppe alleate e la loro unione a quelle sahaude. Per questo tra il 10 e il gngno i Piemont<:~i compirono una scorreria su Pinero lo, a protezione appu nto de ll'avanzata cldle prime truppe spagnole - 9.000 fanti. 2.000 cavalieri e l 1 cannoni - arrivaLe a Torino entro il 16, giorno in cu i giunse il mastro di campn generale dello Stato di 1\'lilano conte di Louvign y. Il 2H giugno arrivò Eugenio, precedendo le truppe imperiali di paren .hi giorni. D opo le campagne in Ungheria , era rientrato a Vienna e ci era restato fin <> all'estate c.lell'89, quando si era spostato - in agosto - davanti a Magonza. Da l.t era passato a ll 'a~sedio di l3onn c infine ad Augusta, dove sarebbe rimasto finn almeno a febbraio, per essere di nuovo a Vienna 1:; in primavera , dove non <:i "ì era dimenticati di lui. Appena era stata perfezionata l'alleanza colla Savoia t•r.t stato chiamato ed aveva ricevuto il comando delle truppe in Italia. D opo il suo arrivo l'esercito francese i nrensific<'> incendi e saccheggi fino al le porte di Torino, ripagato con ferocia e ostinazio ne dai contadini piemontesi

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14 \ cnh ano chi.unatc co~ì l'lnglli lt err;t a la lkpuhbliL.t ùt•llt.: Prm intc l 'niw meglio no t.l come Ol:tnd.t dal nnnll' della Provinda p iù impon ame fra le .,l'Il e eh<.' Lt u>mpon e,.tno- p<'r l.t p rcponder.tnza dell'a.,IWil" nurillimo 11<'1 loro <.·ommcrci. 1' '\on panecipo. nono.,lanle quamo lu afft'nnalo d:t pM•Xchit' lonti. ali.: tr.ttt;ttin.: d .tllt·;tn7..a fr:t l.t "·• voia e rtmpero.


l, lÌR\-.;lll ALU.\:o-lA: 168S-16%

1.37

Poi Catinat decise di concc::nrran: le proprie unirà c. nella none fra il 2 e il 3 agosto, i suoi uomini ··necmnparono e passato il Gel/es piccolo fiume si sono portali tra Pancalieri e \'illojiwu:a nel camino che co11C/11ce d Pinarolo . .. .. Ca mnp,uardia del/Annata del Sip,. Duca. toltasi da Panca/è (Pancalieri) si è a l'CIII zata uerso quella nemica, tra \1igolle e Vi/la}ì'allca, né si pone in dubbio rm p,e-

1/eralefatto d 'armi.'·)..'XIII La previsione era esatta. Il l') d'agosto Vittorio Arn<.:<.lco, tuttora in attesa dell'arrivo elci rinforzi imperiali, venne a sapere che CcHinat stava per muovc::r~i. Poiché sembrava che i suoi obiettivi fossero Saluno, presidiata solo dalla milizia. cd il passaggio del Po che '>i trova\·a nei pre%i. il Duca ordinò il concentramento dell 'esercito a \ 'illafranc.I per bloccare il nemico dalla sinistra.

ili) Staffarda ll 17 agosto Catinat uscì dal villaggio di Cavour con 12.000 fanti, 5.000 cavalieri c 16 cannoni. Distribuì le proprie forze in due colonne miste di fanteria c c:l\'alleria, vicine c parallele, concentrando carriaggi cd artiglieria in una terza, mardante di conserva a de~tra delle altre. e dispo~c :-ulla propria sinistra ~oo c:walicri per coprirsi dal lato dd n~mico. Alle tre del pomeriggio due ~ue brigate eli fanteria JXI'>sarono il Po nei pres:-.i dell'abbazia di Sama Maria di Staffarda vicino a Saluao, seguite da altri quattro reggimenti, destinati uno all 'occupazionc elci sobborghi cd al blocco delle ~t rade c tre a prendere le alture che dominavano la città, dali~ quali venivano bersagliati dal tiro delle milizie piemontesi. La zona di Staffarda era fondamentale perché, dopo la distruzione del ponte di Carignano. fatta fare eia Catinat il IO giugno per garantirsi le spalle mentre concentrava k sue truppe a Pinerolo, il Po si pote\·a tra\·er~are solo a Staffarda c a Torino. Giuntegli le prime:: noti7ic sui mo\·imcnri nemici intorno alle 8. Vittorio Amedeo decise d'attaccarli con tutti i 15.000 fanti. ·1.SOO cavalieri e 12 cannoni dell'esercito alleato. l primi contatti fra gli opposti sch ieramenti si ebb<:!ro nel tardo pomeriggio; ed entrambi i comandi decisero eli aspettare la mattina seguente. Nella norte, Villorio Amedeo convo<.:C> i generali alleat i rcr u n consiglio di guerra, deciso ad attaccare. ··cuardateue11e bene'' gl i disse il principe Eugenio secondo le apocrife "Memorie", "Colino/ è un eccellente genemle che ha sol/o di sé dei vecchi ref!,f!,imenfi, i mip,liori della .fanteria frcmcese. I costri sono di 11tf0ca leva e i miei non SOltO a neora a rril'ati." .. Cb e importd' rispose il cugino

"conosco il mio paese meglio di Catinat. Domani marcierò all'Abbazia di Staffa re/a ... Concludono le medesime Memorie: "lnuece di dar ha!taglia fummo noi che la riceuemmo:·XXT\' Infatti Catinat, appena ricevuto il rapporto dell'avangua rdia eli cavalleria. aveva ordinato d'abbandonare la zona di Sa luzzo, di concentrare


tutre le unit:ì sulla sponda sini~tra del Po e d 'im iare dei rep~uti di cavalleri,t in r icognizio ne. An·crrito di quanto accadL·va proprio dalla presenza di una colonna di l. tvalleria nem ica in avanscopetta. Vinorio Amedeo concentrò le truppe dbpot ibili in un luogo abbasranza stretto da es:<>cre facilmente clifendil>ile e che confin~l\·a, ~ulla -.inistra alleata, con un argine, oltre il quale - c fino al Po - il tCrtl'no era paludoso c coperto d i arbusti. Lo ritenne impraticabile c schicn) le proprie trurpe a partire da là, di~ponenclok: intervallare a q uelle spagnole. Al n ·ntro rose in avanti la cavalleria. su cinque colonne, poiché quello era l'unt o trarto eli terreno adatto alle cariche. Alle spalle eli essa, dietro la siepe elle correva da una cascina all'altra, dispo:-.e poi duc reggimenti piemonte~i e, ano >r.t più indietro, il treno di artiglieria ed il bagaglio. Il resto delk unità spagnole di fanteria rimase in colonna sulla strada ck costeggiava l'argine. perché Louvigny non credL' \'a all'arri\ o di tutto l'eseruto francese e aveva deciso d i re~wrc pronto a passare rapidamente il fiu me. coprendo i suoi con una parre ddla prorria Gt,·alleria. Considerata la situazione. Catinat o rci in<.'> eli r isokerla forzando il centro .d learo e occupando le cascine. l suoi dragoni tentarono tre assa lti e furono sct uprc respinti, anche perch(·. ai primi colpi. gli Spagnoli a\ evano fano a\ anz:lll rre loro Terzi eli fanteria. Dopo tre ore abbondanti di lotta arri\ ò il grosso francese. Al centro la situzione non mutò, ma sulla sinistra alleata i Francesi registrarono qualche progn.·sso. perché riuscirono ad anr;l\ ersare la palude c scatenarono il pan ico fra le reclute dell'appena formato Reggimento di Mond<)\'Ì. L'intervento dei Terzi italiani dell'esercito milanese e l'arrivo elci rinforzi contennero l'attacco, ma no n lo respinsero. A mezzogio rno la situazione era ancora in sta llo: i Fra ncesi non erano ri usciti a sfondare cd :1\'e\ :tno ...ubito fon i JX'rdire; gli Alle: n i non facevano che clifenclc.:rsi. ma non sembravano in grado di contrattaccare. Alle 13 Ca t in~tr poté finalmen.te fa r enrrare in azione la propria art iglieria. di ,·idcnclola in due batterie. una per ala. l cannonieri france~i riuscirono a ucci<.k re il comandan te dell 'art iglieria d ucale e, grazie al loro fuoco <.Ltccotnpagna mento, i fanti riu~cirono ad avvicinarsi ai cannoni piemontesi, i cui serventi, impauriti. cominciarono a fuggire. lmmedi:Hamentc pani alla carica la cavalleria alleala. L'artiglieria francese le concentrò il f'uoço addosso e la disarticolò. Cminat ne approfirtù, fece a\ ·anzarc la sua seconda li nea c fece cedere la sinistr a alle:ctra . Il disordine ~i comunicò alle unità della cavalleria del centro alleato, che cominciò " ... a l'Oitare le spalle ... c:alpestaroJIO. disordinarono e mJ~·wro tutto in coJ?fusione e q11 i cominciò il nostro da n no imperrocbè l'isto dalla Ca uallerirr

dello Stato di JHilano tal disordine, credendo che tu/lo fosse in rol'ina, si mise aJ!Ch 'essa a .fi,tggire. rooesciandosi SOfJm il resto della n ostra fcm teria. quella


1.19 della :·; econda linea. cbe perla strellezza del/uop,o 11011 erasi potuta trol'are alla hallaglia e cbe impaurita si mise afttggire:·co.\·

r Francesi colsero l'occa~ione al ,·olo c vibrarono !"affondo decisivo. Lo ~chieramc nto allearo si sfa:-.cic'l e solo il l{eggimenro picmon Lese del!<..: Guardie res~e , finché fu alleggcrito da lle (·ariche d i cavalleria guidare da l principe Euge-

nio e poLé sganciarsi e ri piega re h:nramente. con tullo 1\.·sercito, verso Torino. 1 Francesi ebbero 1.000 uom in i fuori comhauimcmo. ma " ... ilccmtap,gio cbe il

signor di Catinat p,llcidct/!,1/(J in questa occasione .fu così considc>ret•ole cbe la nwp,p,iorpm1e dei nemici rimase su/terreno. Si prese tu/la la loro mtiglieria (11 pezzi .,u l 2 presenti) e il/oro hap,ap,lio. Si fecero più di mille pr(f!.iOJiieri. senza co11tare 800je1iti, che dopo la battap,liaJìmmo co11dotti al CCIIII/XJ dei riwlcesc·~..,._.\1 Insomma: la giornara era stata disastrosa per gli Alleati. che lasciavano ma no libera ai Francesi, i quali saccheggiarono e devastarono Saluzzo ed i borgh i vidni. La descrizione dello scontro ha portato v ia un po' d i spazio, ma quesLa hatwglia rrwritava d'essere descritta per tre morivi. Fu b prim~t che Vittorio Amedt.:o pianificò c diresse; fu la prin1a in cui combatté a f ianco del cugino. è la prima da cui si può trarre qualche elemenro eli valutazione su di lui come comandante. La pianificazione non era stata farra male. L'unico errore era consiMiro nel ritenere impraricabile un acquitrino che tale non era. ma ~i trattò d"tm ca~o. olrretutto all"cpoca molto frequente; elci resto negli anni futuri un ana logo errore sarebbe costato ai Francesi la ~confina in due battaglie terribili -Torino ed Ouclcnardc- c proprio contro i cugini di Savoia. Lo schieramento era stato disposto bene, in tervallando le unità sahaude, quasi tulle digiune d 'esperie nza e in molti casi di fresca leva, a quell e delle corone di Spagna, pill espe rte e coriacee. Che l'idc;l fosse stata b uona lo si \ idc quando il crollo della sinistra \'enne evitato dall'intcn·<.·nro dei Terzi :-.pagno!i e milanesi. i'\el comple-..~o dunque. considerando che si trattò d ·una b:ttraglia d 'incontro. combauuta ~u un terreno non scelto in precedenza e, per quanto riguardava i Sabaudi. con una marcata infe riorit~t ndla qualità di tuuc le truppe e nel numero dci cannoni, non era and:tw malissimo . Certo. la battaglia era sLaLa persa senzn sca mpo. Ma almeno k perdite furono contenut e. Da i conti faLli in seguito, si calcolò che, su 1 9.~00 trn fanti e cavalieri, gl i Al leati avessero perso circa <i.OOO morri , ·1.'500 feriti <.' 1.200 prigionieri. I mo rti erano stati computali il giorno dopo, considerando tali tutri gli assenti nei re pani ; ma molti di loro erano :-.olo ~bandati e nelle settimane successive rien trarono nei ranghi. tant'è vero che a metà setrembre le forze a disposizione di Viuorio Amedeo, compre:-.i i rinforzi imperiali finalmente arri,·:ni. superavano i 20.000 uomini. Dunque al suo primo combattimento Vinorio Amedeo subì una sconfitta tattica, dovuta più alle care nze addestrati\·e delle truppe che alle sue lacune di coma ndante. D 'altro can to no n b isogna dimentica re che: q ueste ultime erano


140 state - almeno po:-.~iamo supporto - ampiamente compensate dai suggerimen ti datigli durante il consiglio eli guerra al quale, non dimentichiamolo, a\'L·,·ano partecipato sia Louvigny, sia Eugenio. La ,·alurazione ? Per essere una prima proYa poteva ovviamente andare ll1l'g lio, poteva essere vinta. Ma, dei tre aspetti - capacità strategica. nel senso "Il politico che strettamente militare; ca pacità ranica e capacità organ izzativa p vr cui Virtorio Amedeo merita un posto tra i migliori generali italiani, la sconlìtt.t ne ev idenziava almeno uno: l'organizzazione mil itare da lui predisposta era ..,liro in grado eli tornare in perfeua efficienza in meno d'un mese. Anche a considerare l'arri\'O delle forze imperiali - tutt'altro che ~carsc - rarrnma :-.abauda " l rim ise in ord ine con quella che per i canoni e i tempi dell'epoca fu una rapidit.t sorprendente. Quanto al resto, la scelta del terreno era stata decisamente buo na. La più attenta ricostruzione fana fino ad ora xx' 11 ha perme~so eli scoprirL' che b batraglia si svolse in una zona un po'd iversa da quella elle si pensava. "ll un fronte più ampio, ~u cui agli Alle~l(i era più facile manovrare per lince inteJ ne rispetto a quanto si era creduto per molto tl:mpo. Dunque Vittorio Amctko a Staffa rda dimostrò un ceno senso del terreno, anche se im parò che era sem pre meglio comrollarlo prima dello :-.contro; manife~t<'> una nella prekrenza pvr l'attacco e una buona mano nella disposizione delle truppe in linea c in dife:-.. Le battaglie succc'>sivc avrebbero confcnnaro queste sue caratteristiche c lo ..,, sarebbe visto qua..,i subito. Dopo Sal uzzo, Catinat si assicurò i passaggi del le Alpi occupando andlL' Susa c passando poi ai quartieri d 'inverno. Durante l'inverno i romba nimenl! continuarono. and1e se in tono minore. La ca, ·alleria alleaw infesta\ a k Mra de ed attaccava colonne e convogl i dovunque li trovasse. Le partite di f'o rag giamcnto si tramuta,·ano in scontri di decine, o centinaia, di uomini e fino .1 tnarzo tullo si poté dire. meno che le operazioni fossero ferme. Se da un lat< questo era la conseguenza dell'organizzaz ione clel ia milizia in Piemonte. dal l'altro non si pote,·a negare che la presenza e l'esperienza unghere:-.e d 'Eug\: nio tenessero viva la comhattiviti'ì. Fu probabilmente la prima manifestazionl del suo modo eli fare la guerra "alla ussa r<l " cioè· no n seguendo le regole. Che avesse una parre prepondcranre nelle operazioni im·ernali è e\ idenre sia d .t come ven nero conclotrc sia da lla testimonianza del nunzio pontificio. Da lu i sappiamo che in gennaio si dedicò alla fortezza di Casal<:, l'altra spina 1ìl'l fianco eli Vittorio Amedeo. Casale sarebbe stata - ~tnzi era - proprietà del Duca eli Mantova, ma grazil' alla sua cronica mancanza di fondi ed alla sua c~trema prodigalit~t, il duGI Ferdinando Carlo di Gonzaga- 'kvers l'aveva concessa alla Francia in cambio d i una fone .somma eli denaro c, il 1° ottobre 1681, proprio Carinat vi era entrato con 1.200 uomini , f~tcendone uno dci cardini della presenLa frann:se in Italia. Eugen io ne conosceva la rilevanza strategica e non ci fu da ~tupirsi clell'at tenzione che le rivolse. Saggi<'> la rea n iv iLà del presidio; il nem ico reagì con un'incursione '>U A\·igliana- respinta - L' la campagna si chiu:-.e co:-.ì.


Apparve però chiaro che i Collegati non a\·e\·ano abbastanza forze per raggiungere i risul tati che si prefiggevano. Occorrevano rinforzi e, sollecirato da Vittorio Amedeo, in marzo i l Principe partì per ch iederne a Vienna.

IV) La campagna del l 69I A Vicnna Eugenio trov<'> l'Imperatore ed i più in!luenti uomini eli Stato molto ben disposi i verso le sue richieste cd ottenne l'a umento del corpo im periale in Piemonte a 20.000 uomin i. Comemporaneamente Gugliemo lll ci'Orange com·ocò all'Aja un congresso ddJ'Alleanza per decidere la strategia da seguire nel corso del 1691 e s'impegnò ad accrescere l'impegno finanziario delle Pownze ~larinirnc in misura tale da arruolare altri 10.000 uomini. metù bavaresi L' metà imperiali, destinati all'Italia. Venne po i ri lxtdita l'impon anza dd Piemon te come base di partenza per un attacco contro la Francia meridionale, al qua le doveva far riscontro la calata dcgli Alleati dal Reno lungo le Alpi , per congiungersi ed a~salire e dbtruggere TuIone e l a squadra francese dd ~lediterraneo. Ma in Italia k cose non anclrono proprio CO'>Ì come pre\·isro. Catinat apr'ì la partita già in marzo. occupando i7.7.a e proseguendo \·erso nord. Eugenio, i m pq~nato nei negoziati bavaresi, rientrò in Piemonrc soltamo l' l l maggio precedendo d ieci reggint<.:nti imperiali già in marcia. Intanto Catinat proseguiva l'offensiva e passò ad assediare Cuneo. La città resisté. I n una settimana i France~i persero circa 2.000 uomini senn guadagnare nulla. poi arrivò Eugenio. Mcssosi in marcia all'alba del 26 giugno con 2.'500 cavalieri e un convoglio di carri eli munizioni. raccolse per srrada nucle i eli milizia paesana già avvisati dell 'operazione c ;tva nz<'> a gran ve locità. Catinat avvisò il comandante degli ::tssediati . Bu llonde e gli comunicò d'aver spiccato a sostenerlo un distaccamento eli 2.000 Gt\ alicri e .300 granatieri, che l'avrebbe raggiunto il 28. ordinandogli eli tenere la po~izione a qualsiasi costo per poter proseguire l'assedio. Eugenio lo seppe. accelerò la marcia avanzando colla sola cavalleria e piombò sul n<.: mi co prima dei ri nforzi. Per i Francesi fu un disastro. Comment<) amaramente CH inar ne lle sue memorie ·'L ·esercito passò poi la .r.)tt/111 a p,uadu nel pilì p,rcm disurdilze de/mondo; tuili i hollaglioni passarono inj(JI/o mescolali gli uni ap,li altri. la retrop,uardia come lcu·allp,llttrdia. C!/Jrellandosi uglllmo a salvarsi . .\'ulla ha mai ricordato mep,lio un rol/a cbe il passag.~ùJ di quel

fi 11 me.··X::..TII 1 1:3ullonclc fu incarceraro ~1 Pinerolo per vilti't e incapacità, ma il male era fatto . Sbloccando Cuneo Eugenio :tveva chiuso ai Francesi la porta sulle retrovic piemontesi e alle:tre. 1\lé si fermù là. perché si diede a perseguitare il nemico in ritirata. La pianura piemonte~l· compresa nel n :ntaglio degli afnuenti all'alto


142 corso del Po era ora saldamente sotto il <:Ontrollo degli Alleati e i rinfoo:i impt riali stavano arrh·ando. Ma la loro venuta non era così vantaggiosa come pott·· va sembra re: marciavano lentamente e. per di piLJ, litiga,·ano cogli altri alleati. Adesso che c'erano, ;mche se tardi, Vittorio Amedeo chiese agli Imperiali d'aiurarlo a sbloccare la f'ortcua eli ~ lontmélian, assediata ormai da un anno ma si trovò davanti a un marcato ostruzionismo, perché gli Austriaci non a\'l' ,·ano interesse a un suo raffor7.amenro: a loro basta,·a che tenesse impegnati 1 Francesi distogliendoli da l Heno. Eugenio avrebbe voluw passare il Po e mina t dare le comunicazioni nemiche per costringer<.' Catinat a lasciare le proprie p o sizioni. Lo si sarebbe potuto spingere a una banaglia campale, oppu re alla soLt ritirata: comunque sarebbe stato poi possibile, c utile, andare a soccorrerv Montmélian; ma il consiglio di guerra dd 2·1 scllembre non stabilì null'altro che l'assedio di Carmagnola, presa il 9. TI passo seguente fu contro Susa. nella speranza di porerb riprendere. 1\la dopo vari mo,·imenti, fallì c implicò l'abh<mdono di qualunque progetto coord inato a favore eli Montmélian. Allora Vittorio Amedeo decise d'agire colle proprie forze. Da A~ti parrirono otto reggimenri di fanteria c due di dragoni il 7 dicembre e, via Ivrea. arrivarono ad Aosta il 1';, per risalire subito il Piccolo San Bernardo. Quando giu nsero in cima seppero però che Montmélian. semidistrul ra e minata fin sorto il rna'>lio della cirtaclella. si era arresa; c al Duca non resi<> che ritirarsi nei propri quartieri d'inverno in Piemonte. Sdegnato e preoccupai<> dall'egoismo degli Austriaci, affidò a Gim·an Battista Gropello, conte di Borgone, l'incarico di trattare segretamen te in ~uo nome coi Francesi per un'eventuale pace separata. Dopo un'ini7.iale mediazione segn..'ta della Sama Sede. Gropello stabilì contatti col conte di Tess(·, governatore francese di Pinerolo. contalli che sarebbero andati ~1\'allli fino al 1696, cioè fino al raggiungimento degli scopi di Vittorio Amedeo.

V) La spedizione nel Dellmato 11 1692 si aprì con una concenrr:tzione delle truppe francesi nel nord Europa per il colpo piLt grande di tulla la campagna e forse della guerra: l'as'>edio e presa di amur, la piazza più importante e difficile cb espugnare di tutte le Fiandre. Sul fronte sudoccidcnta lc i Francesi. che dall'inizio della guerra erano entrati in Catalogna. continuarono a minacciare Barcellona cd allargarono progressivamente l'arca da loro occupata. Vista la concentrazione eli turri gli sforzi nemici nelle Fiand re e in Spagna , i cugini eli Savoia ne approf'ittarono per seguire le diretti\ e strategiche -..tahilite aii 'Aja c anaccare . D el resto Lo stesso Gugl ielmo ITl aveva serino g ià il 1° gennaio .. Be11cbé /{l perdita di .l folli mélicm sia fu/lesta. io 11011 persisto mello a cre-

dere cbe è in Piemonte. pitì che in qtwlsiasi altro luogo. che si può Sj>emrc d'ottenere i maggiori successi ap,e11do cljfensircrmente. Bisop,na cbe si /acori se11za


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tregua per far adottare {l/l{l corte imperiale questo j)[(lt/o di l'ista e cbe 11011 si cessi d'insistere presso p,!i -~ì)(tp,lloli."'XXJX Tornato da Vicnna, Eugenio preparò, insieme al cugino. la prima irwasiom.· che la Francia a\·esse v isto da circa cinquant'anni. Avevano a disposizione .~7.310 fanti e 12.4HO cava lieri, 11.200 c 2.600 dei quali erano piemontesi e, evitato Catinat che srazionav<t a Perosa Argentina per poter accorrere tamo a Susa quanto a Pinerolo, entrarono in t=rancia attraverso le Alpi. Erano state ipotizzate varie possibilità offensi\'e l' non tune contro il territorio francese. Ad esempio. ci si domanci<n·a se non fos'>C meglio impadronirsi prima di Pinerolo. Esaminata la situazione. Eugenio <.·ondu'>e che l'assedio a J>int:rolo era da scanarc a fa\·ore dell'attacco al territorio metropolitano nemico "Eutrare in Francia per la l'alle di Harce!!onetta è opemzione più ageuole per ché sui conjìni. da quella/o, Jt()lt ui sono tmppe IWiniche e. prima cbe q11este l'i giungano, sarà facile occupare i posti più impo1·1c1111i. Se l'i si possa rimanere

lui/o l 'inl'erno è. ora, d([/ìcile pronunziarsi. ma in ,f!,Ul!ITa hisop,na pure COI(/Ìdare nella fori una. Occorrerà lasciare tm COl/H> d'osserrazione in Piemonte per tenere il 11emico sullo la minaccia di 1111 allocco al suo campo e. pc.>~: jJrima cosa. bisop,nerà impadronirsi subito dei passi di montagna.'''";.; L'obietti,·o proposto fu accertato. Il 23 luglio l'esercito si mise in marcia da Salu7.7.o verso Cuneo. Guilll'str<.: \enne presa il 30 luglio dopo due giorni cl'as sedio. Il 16 agosto Eugen io pre:-.e Embrun e occup<) Gap. Poi nelle file clcll'esercit o p iemontese scoppi<'> il vaiolo. che il 27 contagiò lo stesso Duca . A dire il vero, alla luce delle tratta ti ve in corso fra Tessé e Gropello, è stato avanzato il dubh io 16 che si trattasse di una malattia falsa, usat~l come pretesto per fermare l'e-;ercito e rallentare k de\'astazioni. in modo da non esacerbare Luigi XlV c non inrerromperl' i conrani segreti. Difficile dirlo. Comunque. che Yiuorio Amedeo non ,·olesse calcare troppo la mano sul Delfi nato per non compromettere le tranati,·e in corso coi Francesi. o che gli Spa gnoli c gli Imperiali non intendessero darsi troppo da fare c desiderassero limitarsi a difendere la Lombardia sulle Alpi, o che. infinl'. gli interessi di turri Vl'nisscro lacitamenrc a coinc ide re. l'offensiva fu sospesa e si tornò in Piemonte. Per Eugenio fu una brurra sorpresa: "iVulla ci impedisce di avanzare sino a Gre~tohle'' aveva detro. Ed era vero, rerché Carin~n. già indebolito da i d istacchi eff<.:tluati a fa\·ore dell'esercito eli Fiandra e bloccaro dall'ordine perentorio di Luigi XIV eli proteggere Pinerolo. non a\·eva truppe :-.uiTicienti a conrrastarc gli

11 L' iJXIlt"»l t- ,UtJ ;t\\ 1n7<1l;l d .1 h:llll'~·'>(.o STFRR.c\'11' 0 m·l ., uo la malauia ciel Duca di Sm v w , 111 la f,lllerra della Ll'Rll ti~411RIISitljìllo o/la ht/1/ll,l.llia tlt Orbasswu,. puhhli~;llo d .11l t\n:atkmia di San .\l.1rciann, To-

rino, 199.1. A dtr~· il ,·ero (;llt- ipow,i, .111.1 lllu: ddle notizie nella corri,potKknZ.I t<ll' ' .1 riportata nd citato l<'· sto da ~t~:rrantino sembn: rt'hhe poto ,o,l<.:nihik'. anche se è pos~ihik t lw 1 holleuini medici ~ulla ~al ull' di ViltCJI'ÌO Amedeo s ia no si~H i falsali pl'r lado appa rire in pericolo lll:tg).\Hll'l' d i quanto l'o»,l'.


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C,IJ'rrAKJ 111 CA-.~ s .~,,,,,

Alleati. Così quando il 12 settembre Gap venne abbandonata c l'esercito allcaro cominciò il ripiegamcnro, dovendosi trovare a Saluzzo al completo entro la fine del mese il movimenro fu facilissimo e tranquillo. Il 9 ottobre il consiglio eli guerra decise di non intraprendere ancora l'assl d io eli Pinerolo, prcdisponcndolo per la campagna .successiva. L'li nm·emhrc Eugenio ripartì rer \'icnna. I n rrimavera Leopoldo lo pro mosse Feldmaresciall o. A Torino la notiz ia fu ricevuta con grande compiac1 mento c come ulteriore prova - quale infatti era - deU'imro•tanza della Casa d1 San>ia per rrrnperatorc e si rreparò "gran parte del suo e(JifipCI&f.!,iO. al cui ejfet

lo sono arrim lì da !.ione moli i drappi, e tri11e, che s 'impiep,hera nn o nella fabb n ca delle lllfOt'e licree."XX.'ì.l Preceduto dalle sue truppe 1 ~ eli ritorno dai quartieri inverna li, il 24 giugno ·'Giunse decorato della carica di Maresciallo il Principe F.up,e11io di Viena e jit ric<' t'tllo da S.A.R. con dimostrazimte d'c!flètto e stima et bebbe p,ià colloquj; hieri."'\.'0\ll

VI) L'assedio e le trattative di Pinerolo In linea di massima gli Alleati él\'C\'ano deciso che il 1693 avrebbe 'isto un.1 nuova incursione in Prancia dal Piemonte, da farsi col concorso della flotta in glcse nel Golfo del Leone. La mossa preliminare toccava al comandante spagnolo, marchese dì Lega nes, che doveva bloccare Pinerolo c Casale per impedire alle risrcrtive guarnigioni di effettuare pericolose .sortite. Gli altri generali sarebbero passati in Francia. Ma le cose non andarono come previ~to. lnfani "Non essendo comparsa nel

Mediterraneo la flotta inglese come concertato, et essendo percic> perduta la spe ranza di poter operare contro la Francia col fal'Ore di essa. da quello pw1e bloccato Casale et arrit•ati p,li Spagnoli in Piemonte, per 110 11 perdere iJ(jì·tlfflW samente tu/la la campagna S.A. R. tenne C()! Zsiglio col Marchese Leganez. il Mo rescial/o Caprara. il Pnpe t:ugen io. il co. Pàlffj• e il Pnpe Commen..y et in esso jit risollfiO di prendere il di dietro di Pinarolo e cacciare il nemico dalle altlfre dol'e staua e stril78ere Pinarolo."XX.XJ.ll Con un'accurata sequcnLa di mosse gli Alleati indussero Catinat a spostarsi verso Susa scoprendo Pinerolo: Poi, ·· .... S.A .R., il M/Ilo Caprara, il Sig P npe Hu

p,enio e il Pnpe Commercy cnzdarono a uisitare la Perosa p. coJtsiderare il posto e stabilire se mantener/o o rouinarlo. e fu deciso in qllest 'ultimo senso.·•X,'\lV Pinerolo era già piuttosro forte d i per sé ma, nel 1692, i Francesi l'avevano ulterìonnente rinforzata costruendovi su un vecchio bastione in terra un nuo' o

1 <i0110 giunti dal .lfm((errafo tflltiSi full i 11,/r Alema1111i e lunedì passò da l li/C'Sia CII/a il repJ~~IO Drago/li del Sig. Pnpe r:ugenio che ,,; fermò al l 'a/enfi11o e poi ha proseguiUJ il suo l'iliJ111.ÙI. Il principe Eu~enio /u :.1 aspelltlfm pocbi RUJI'IIi da l 'iemw· .,niveva il nunzio ponlifìcio r Il J.tiugno 169.\ da Torino.


145 fotte - quello di Santa Brigida - stellato a quattro punte e collegato alla cittadella da una strada coperta lunga un c hilometro e mezzo abbondante. Data l'importanza stra tegica della cittadina, Catinat aveva avuto !"ordine di tenerla ad ogni costo e per questo ne aveva progressivamente fatto salire il presidio a circa 6.000 uomini , sufficienti a reggere l'urto dei 25 .000 coi quali Vittorio Amedeo si stava avvicinando. L'esercito alleato a rrivò in luglio c, disposta parte delle truppe a t,rt.1ardare le spalle per contrastare il probabile arrivo dell 'esercito francese d ì soccorso, destinò il resto dei reparti all'inves rimenw del forte eli Santa Brigida, dal quale si dominava la cittadella, mentre Gropello entrava e usciva eli nascosto dalla città, portando avanti nell'oscurità della notte il lavorio diplomatico. L'impresa alleata fu tun'altro che faci le. Logisticamente lo sforzo fu imponente e i combattimenti decisame nte pesanti. Ultimate le piazzole, il 5 agosto le artiglie rie alleate aprirono il fuoco. In meno di d ue settimane una valanga di o ltre 6.500 proiettili d ì vario genere si abbané su Santa Brigida devastandone le fortifi cazioni. Il marchese di Tessé, si difese tenace me nte e altrettanto tenacemente combatterono i suoi avversari . A prezzo di pe rdite e levate, le truppe alleate furono in grado di assestarsi in fretta e, la notte fra il 7 c rs tentarono un attacco a Santa Brigida, che costò HOO morti c non servì a niente. Fecero finta di aver vinto e la mattina seguente intimarono la resa. Non fu concessa; e Vittorio Amedeo ordinò di cannoneg.giart: il forre, aprendovi due larghe brecce entro il 13 agosto e costringendo i difensori a ritirarsi atrinterno della cittadella il 16 dopo aver fa tto saltare tutto quel che era rimasto di fortificazioni. La ritirata quasi non costò perdite ai Fra ncesi; e questo fece nascere fra gli AJleati- benché ignari dell'attività di Gropello - sospetti su un'eventuale collusione francosabauda, alime mati dai cartivi rapporti insta uratisi all'inizio della guerra tra Vittolio Amedeo e gli alti gradi degli eserciti spagnolo e imperiale e ulte riormente guastati due anni avanti al momento del soccorso da inviare a Montmélian. L'impresa sembrava destinata a protrarsi all'infinito quando si seppe che Catinat, ricevuti rinforzi dagli eseròti del Reno e della Cata logna, s i era mosso da Susa e stava scendendo a valle. Pe r non farsi prendere fra due fuochi dai nemici , va lutati in 40.000 uomini , convocati due consigli d i guerra, il P ottobre il Duca ordinò di togliere l'assedio, fece sa ltare quanto e ra restato in piedi di Santa Brigida, spedì il parco dell'artiglieria pesante a Torino insiem.c alla massa delle salmerie e, col grosso. marciò incontro al ne m ico.

VU) La battaglia di Orbassano o dei piani della Marsaglia U 4 otrobre ai Piani della Marsagli a, o meglio, sulla sinistra del Chisola, vicino ad Orbassano, l'esercito francese si scontrò con quello alleato in arrivo da Pinerolo.


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CAPITA\Il DI CASA S-\\'()1 ~

Poco prima delle nove del mattino, 40.000 Francesi attaccarono su tutta la linea 25 .000 austro-ispano-piemontesi premendo contro entrambe le ali élvversarie. L'ala destra alleata - Piemontesi, Impe riali e Religionari - resisré abbastanza bene e respinse tutti i tentativi nemici, "et cinque battaglioni d'injànteria jìtrono intierarnente tagliati a pezzi dalla nostra caoa/leria et la maggior parte dal/i Dragoni rossi di S.A.R.">.'XXV Con un sangue freddo ammirato da tutti e poi molto elogiato dal c ugino, il quale comandava l'intera ala destra, alla testa della seconda linea della destra nel Corpo di Battaglia - la pa rte pri ncipa le dello schieramento - "Il principe Eugenio conduceva l'!nfanteria Cesarea . .. e colla fanteria. massime Cesarec1. fece grande impressione e causò notabile 1nottalità nella Francese, ed irlandese: tenelldo tJivo e costante a danni loro un ji).oco ben regolato e assai micidiale de :.:;uoi moschettieri."XXX'v1 Insomma: agli Alleati tutto sembrava andare per il meglio, nonostante l'inferiorità numerica, c ·'Mai vittoria s'era creduta piii certa per parte n ostra di Cjlll'sta, mentre si sperava che la sinistra havesse, almeno se non caricato, resistito al n imico. ma al primo ritirarsi che f ecero qualche sqlladrone della Càvallerio detto Statol'd et al piegare di qualche battaglione nella prima linea della della sinistra, rum si trovarono Ufficiali Generali per riparare al disordiwi'xxxvu scri'>se dopo la battaglia l'estensore della relazione ufficiale piemontese. "La verità sta che le tmppe dell'ala sinistra hanno piegato suhito, che la prima linea m1Jl f ece si può dire resistenz a a/eu n a e che la seconda, ben fungi da accorrere. diede in una precipitosa ritirata dal che è derivata la perdita della battaglia perché se l'ala sinistra sosteneva alquanto. la destra havrebbe potuto caricare e .fare dichiarare jJer noi la uittoria della quale già si hal'eva buona :-peranza."XXXV III Infatti, grazie all 'indecisione del comando <~llcato, che provocò un'inazione d un'ora e mezza, ed al crollo dell'ala sinistra - cornposta prevalente me nte da truppe delle corone di Spagna - i Fra ncesi alle 11 del mattino sfondarono e cominciarono una manovra aggira nte. '·Et per non essere inuilupatf' anc he su ll'ala destra bisognò ''caricare da ogn i parte. Il che jì1 eseguito con sommo vigore perchè rito/ti à nemici molli stendardi che havevano preso nell'ala sinistra et senza questi ne conta t 'a la !Wstra destra più di 25 de'proprii de 'nimici, et pilì paia di timballi; con tutto cir) hisognò forzosa mente ritirarsi. "X\'J\'lX Restarono sul terre no circa 6.000 Alleati, pochissimi dei qual i pie montesi. forse altrettanti Francesi; e Calinat, ape1tasi così la via di Casale. costrinse gli avversari a toglie rne il blocco. La sconfitta stavolta non s i poteva imputare a Vi ttorio Amedeo. Le trupj)L' sono il suo diretto comando, quelle dell'ala destra , avevano combattuto be nissi-

IR Per Stato si intende lo spagnolo Stato di M ilano.


L~ (jtv\t'D8 AllEANZ.A: 16.':{8- 16')6

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1110 e il crollo era stato sulla sinistra, dove, secondo gli schemi di comando del-

l'epoca. lui non aveva voce in capitolo. A distanza di secoli la battaglia, esaminata da vicino, secondo alcuni poneva più d'un interrogativo. J.o sforzo francese e ra stato maggiore sulle truppe spagnole e su una parte el i quelle imperiali. Considerata la loro posizione, venne avanzaro il dubbio che Vittorio Amedeo avesse schierato i suoi in modo d a obbligare gli Spagnoli c gli Imperiali acl occupare delle posizion i più difficili da difendere. Perché ? Perché se la battaglia fosse stata vinta, tutto sarebbe anelato bene. Se fosse stata persa, la colpa sarebbe ricaduta su chi aveva ceduto - gli Alleati s pagnoli o imperiali - e i loro comandanti si sarebbero trovati - o sarebbero stati messi dai Piemontesi - in una posizione assai falsa nei successivi consigli di guerra e nella decisione della condotta operativa da seguire . lnsomma, secondo alcuni. Vittorio Amedeo avrebbe vol utarnente predisposto la sconfitta. E' d ifficile dirlo, anche perché la tesi sinteticamente qui ripo1tata non è del rutto inattendibile , specie alla luce delle tratta tive in corso a Pine rolo. Certo Vittorio Amedeo non fu troppo danneggiato mi litannenre; rna è tutto da dimostrare che ne abbia ricavato qualche vantaggio politico in seno all'alleanza. D'alrra parte la citata ora e mezzo d'indecisione del comando alleato, che diede ai fra ncesi il tempo di riorganizzarsi. fu dovuta non a ViUorio Amedeo. ma ai genera li spagnoli e imperia li . Secondo le regole del tempo, avendo loro il comando dell'ala. erano gli unici a poter decidere cosa fare e nessuno poteva interferire, neanche chi era formalmente il comandante supremo di un esercito composito come quello allc~lto . Dunque Vittorio Amedeo poteva solo cercare di ridurre i danni e, caso mai - e q uesra sembra la tesi più attendibile - valersi della dimostrala incapacità altrui come giustificazione del suo operato fuluro. Acl ogni modo, di nuovo si dimostrc'> un impareggiabile organizzatore militare pe rché "dopo breve tempo, raccolti i sbandati. e cunp,iunti agli altri. ritirati dal bLocco di Casale. il Serenissimo di Savoia unì uenti quattro mila Combattenti; co'qua/i si avanzò a Moncalieri in sito vantaggioso. distante cinque miglia, e non p iù dall'accampamento Francese a Prolonghera. Né altro seguì per ora; contenti i uincitori di auer ricavato gran copia di uiltova{!,lie, ed altri utili dal Piemonte. Dopo di che ripassarono le Alpi."Xl. La campagna del 1694 fu senza storia in Italia, ove il Duca rinforzò notevolme nte il proprio esercito a nche con alt1i reparti religionari pagati dalle Potenze Mar ittime, mentre s i combatteva du ramente s ia nelle Fiandre che in Spagna. L'azione principa le consisté nella riconquista el i Santa Brigida, ripreso ai Francesi che lo avevano riparato alla meglio dopo la battaglia di Orbassano. Eugenio diresse l'operazione c ne venne a capo in tre giorni, il 28 agosto. La presa eli Santa Brigida era comunque rutt'altro che risolu tiva, al massimo poteva costituire un buon successo preliminare locale, certo non danneggiava molto il nemico. Del resto la Francia, nonostante ne l 1693 avesse perso tutra la flotta atlantica nella battaglia navale di La Hogue , rimaneva formidab ile per terra, tanto da minacciare seriamente di prender-e Barcellona. Una simi le impresa avrebbe co-


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srreno la Spagna alla pace c liberato ingenti forze per i fronti italiano, fiammmgo e renano, facendo pem.l<:re la bilancia a favore di Vcrsailles. Intervenne l.1 Oo ua anglo l<1 ndese, che entr<') nel Mediterraneo per alleggerire la pressione :-.ugli ~pagnoli; c Vittorio Amedeo. al corrente dei negoziati in atto fra Inghilten.t. Olanda c Francia e stanco di \'Celere il proprio Stato ridotto a un campo di in ttili battaglie, decise che era \ enuro il momento di cambiare atteggiamento.

Vlll) Politica ester-a e finzione militare: l'assedio di Casale Gropello aveva fatto molla strada emrando c uscendo da Pinerolo. Fra lui e Tessé i contaui - come sappiamo - anda\·ano m·anri dal 1691. Per la \cr 1.1 Francia c Savoia non li ave\·ano mai considerati \ cramente risolutivi , però cr.tno entrambe consce clell'opportunilà di mantencrli. perché un giorno forse -.,trebbero potuti tornare utili. A l principio Vittorio Amedeo aveva promesso solo ·'dei bei niente ben scrìttr>-1 ·1 come aveva riferito 'l'essé a Vcrsa illcs. Poi, per suo esplicito incarico, Gropello aveva comincialO a recarsi travestito a Pinerolo due \ olte alla settimana. J contatti proseguirono durante runo il periodo delle ostilità e, man ma r o che l'appoggio alleato ai Savoia si faceva meno marcato. assunK'\'ano un asp<. t to di cre~cente importan za agli occhi di V ittorio Amedeo. Non per nu lla era un ahilc diploma tico. Raramente nella storia m.odc rna si è avulo un esempio d i abilità pari a quella da lu i climo...Mata nd saper dosare e mescolare attività mil itare e politica, sottomettendo la prima alla '>econda c rendendo da\Yero l.t guerra la pro~ccuzione della politica con altri mezzi, anziché il l'i ne, o la tìnt., della politica stessa. G li obiettivi di Vittorio Amedeo erano chiari: via gli stran ieri dal Piemontt·, riacquistare il controllo dei passi alpin i, aumentare il territorio nazionale . ;\l.t l'Austria non sosteneva il fronte ita liano. l'Inghilterra e l'Olanda non erano pun tualissime nei pagamenti elci contributi prorm:'>!>i, la t1otra inglese era apparsa 111 Mediterraneo una sola volta, ~lontmélian era stata persa. Pinerolo non era L •. dura e Ca~ak era a malapena bloccata. In quelle condizioni non era realisti<. n pensare a una conclusione guerreggiata e viuoriosa della guerra. Intanto non ..,, sapeva quando sarebbe potuta giungere, po i era rullo da d imostrare che in ~t ·­ de el i tr;mativa la Savoia ottenesse quanto voleva c, soprattutto, era assai impro babilc che Casale c Pinerolo le venissero date. Ora. nel 169-t. la franda H .'nne colpita da una pesamis~ima carestia. Il r~H colto del grano fu assai inferiore al nece~sario e da \'ersaille:. giunse l'ordine th rallentare le operazioni sui fronti meno pericolosi per risparmiare forze. l n particolare c~uin at si pose sulla difensiv~t. Allora "il Principe Jiup,enio. rì

masto a l coma n do de ·cesa rei, i n sì llltò a ltome del/ 1mperatore, cbe s'attaccasse Casale dì JHOI ~{errato. ili cui il Presidio em inferiore u/ hisop,IW, Il(; potera pro mettersi. d'esser soccorso. Sì contese lunp,ctlllellle su L'Wi punti. co11c:enzen/ì lllll 1


tale impresa. 11é mai si rilll'C!IIIIe partito. i11 cui COI/l'C!Jiire. Quindi tante truppe austriacbe consu marano ozioso me11te la campagno ."'"·11 '1\'on poteva essere altrimenti. L'Impero non a,·e,·a intenzione di tener d'occhio Turchi c Ungheresi e logorarsi su altri due fronti europei; se uno dei due poteva essere lasciato tranquillo tanro meglio. La Spagna aveva difficoltà a resistere sia nelle Fiandre sia - cd era pill grave - in Cata logna c non vedeva la necessità di compiere sforzi in pil't in Italia visto che Milano era difesa in Piemonte: anzi, meno v i si combaueva minori erano i rischi di veder i Francesi in Lombardia. , avoia e Francia poi non ave,·ano la minima intenzione di fare sul serio. Davanri all'impegno sempre più gravoso di una guerra contro tutta Europa Luigi XlV avcYa deciso di alleggerire in qualsia~i modo la pressione contro la Francia c "fece dare nel mese di dicembre 1693 al dello signor conte di Tessé due progetti di Imitalo da fare col Signor Duca di Sw·oia:·XI.Ill Le controproposte di Vittorio Amedeo, a partire <la q uella della cessione di Pinerolo, non erano state n..:::. p in te. segno chiaro eli disponibi lità a trallare. I negoziati andavano avanti cd cntramhi i negoziatori avevano troppo interesse a non LUrharli con azioni militari senza necessità. Comunque. per non farsi scoprire dagli alleati e al tempo :-.tesso per premere maggiormente su Luigi Xl\. Vittorio Amedeo, nella sua qualità di comandante ddl'e~erciro collegato. si pre.,entò ad assediare Casale nella primavera del 1695 con ~-l cannoni. 70 mortai e 25.000 uomini. ai quali la guarnigione francese ne poH.'\ a opporre solo 2.700 con 160 ufficiali. Rimandato il pri ncipio de lle operazioni a elus<t d'un improvviso quanto provvidenziale peggioramento del tempo avvenuto n~ aprii<:, il Duca intensificò le pressioni diplomatiche su l Cristianissimo zio. lncominric'> col far riprendere già l'l i i lavori di controva llazionc. nonostante la bas.,a temperatura a\'csse fatto gelare la neve caduta trl' giorni prima. e proseguì coll':n.unentare il parco d'assedio. facendo in modo che i Francesi lo sape~sero. Riccn? poi il Principe Eugenio ed il .\larchesc di Lcgane~ per discutere l'immincmc campagna, ma al contempo fornì a Te::-~0 ~1111pie assicurazioni sulla propria buona fede per rag giungere una pace separata. In maggio le opere d'assedio furono terminate c il 2~ g iugno 74 cannoni c 70 mo rtai aprirono il fuoco contro la città. Da dentro si rispose con 21O pe;;:zi . ma il Signor de Crenan sareva eli dover solo fingere d i resistere, perché Luigi XIV aveva acceumo il punto di \ ista di Vinorio Amedeo: persa per persa. era meglio rendere Casale al Duca di Mamm·a radendonc al :-.uolo le fortificazioni pi uno~ro che farla ;n ere agli Imperiali o alla Spagna. Il 26 fu aperta la trincea c. dopo a\·er la,·orato ai camminamemi sono una pioggia di hombc. il 9 luglio, come da prassi. si intimò la resa al presidio. t\la , contro ogni aspettativa i genem li alleati videro alzar:-;i bandiera bianca e seppero che il Signor de Crenan era clisposto acl arrenders i purché si demolissero la cittade lla c wrre le al tre fortificazion i di Casale.


150 Lieto ddl'opponunità di chiudere la questione in frena, Legancs accettò ~ u bito; il Principe Eugenio fu contrario perché, disse, la capitolazione offerta implicava debolezza c, insistendo, sì sarebhe potuta avere la piazzaforte intall,t Questo era precisamente ciò che Vittorio Amedeo non voleva c, conseguentl' meme. si associ<'> a Legancs nell'accettazione della proposta dei Francesi. chL poi era la sua . Stilata in 26 capitoli, la resa fu sottoscritta lo stesso giorno da Leganes c <..Ltl Duca, ma non da Eugenio, il quale protestò rresso l'Imperatore, sentendosi nsponc.lere che aveva ragione ma, per quanto riguardava Casale, b isognava fare quamo Vittorio Amedeo aveva deciso perché era lui il comandante supremo in Italia. l genieri e i minatori alleati e francesi si mì'>ero all 'opera tanto alacremente da rendere al Duca dì J\Janto\·a la città sm<tntdlata già il 25 settembre. Nel frattempo Vittorio Amedeo si era st~tcc:tto dalla Grande Alleanza e a\'L va concluso una favorevole pace separata. li tra tl ato eli Pinc.:rolo <..k l 19 giugnn l G96. ottenuto colla mediazione clelia Santa Sede e rìconfermato da quello di Torino dd 2.:3 agosto dello st<..:sso anno. prt:\ e<..le,·a: la cessione di Pinerolo v del corridoio che l'univa alla l'rancia; la restituzione di tutti i territori sabaud conquistati dai Francesi durame la guerra e. infine, la neutralità dell 'Italia. pn mantenere b quale l'esercito francese e quello piemontese avrebbero agito uni Li contro gli A lleati se non l';.tvcssero accettata. Inol tre la corre di Versaìlle..., avrebbe concc.:sso a V ittorio Amedeo il trattamento regio, dì cu i già godeva d,t parte di quelle dì J\ladrid, Vìcnna e Londra. e il matrimonio del Duca di Borgogna. nipote di Luigi Xl\' e pre'>umo futuro re di Francia. con sua figlia Man. Adelaide di Sa\'Oìa. Dopo sci anni di guerra il Duca ~tveva raggiunto i suoi scopi in pieno e poteva ritenersi politicamente .soddisfauo. Invece erano disperati gli A lleati. A\·evano fano eli tutto per ìndurlo a non concludere la pace colla Francia c adesso, falliti i loro sforzi. non potevano Eu altro che proseguire all'infinito la gue•Ta. scnLa '>peranza dì \ incere. o terminarla alla meglio. Intanto il trattato franco-sahaudo cominciò ad es..,erc applicato già il IR settembre 1696. quando, scaduto da due giorni il termine imposto agll Alleati, Vittorio Amedeo unì le sue truppe a q uelle d i Catinat, formò una massa di manovra dì circa '50.000 uomini e la guidò :.~ ll 'assedio dì Valenza. Gli Spagnoli sì spaventarono, ma non poterono far altro che star<: a guarda re la piazza che rcagi,·a sempre pill debolmente agli arracchi franco-pìemomesi . mentre Olandesi c Inglesi leva\ ano fortissime proteste ma non sapevano come comportarsi. La pace separata dei Sa,·oia liberava infatti forze francesi di consistenza tale da costringere gli A lleati a opt::trc p<.:r la fine negoziaw dc.:l conflitto. Allora i plenìpotcnziari si riunirono a l~ijswi jd< dove, il 20 settembre del 1697. si accordarono sulle condizioni dì pace. O land<.:sì c Spagnoli avrebbero presi dìato congiuntamente una fa~çìa dì fortezze.: - la Barriera - sul confine fra Pacs•


1'51 Bassi spagnoli c Francia. per scoraggiare a priori e infrangere fin dal principio qualsiasi offensi,·a di Luigi Xl\ ' contro l'Olanda La Francia perse una piccola pane del teJTitorio acquist:tto vent'anni prima a Nimcga c i ducali di Lorena e Bar. ma il suo confine n:~rò sul Reno da Philippsburg a Basilea. Luigi XlV dové anche riconoscere (; uglicmo TTT d'Orangc legittimo re d 'l nghi lte rra al posto di Giacomo Stuart. che nel loHH era riparato in Francia. Ma non si potc\ a :mdarc tro ppo per il sortik: da entrambe le parti , perché era da tempo nell'aria una g rm issima questione, che da sola m·eva costituì to un enorme incemin) al raggi ungi mento della pace. l.e Potenze europ<.T dovc\'ano decidere cosa fare per la successione al trono di Spagna: l'a' rebhcro deciso, ma dopo altri dodici anni di guerra sanguinosa combattUla per terra <.' per mare in Europa, in America c sulle coste dell'Asia <.' <.kll 'Africa. Per Eugenio però questo non era la questione d'intcn.'ssc più immediato. L'lmperaLOre lo rimandava contro i Turchi.



CAPITOLO VI

Eugenio contro i Turchi

I) La campagna del1697 Ment.re acl occidente si svolgeva la Guerra della Gra nde Alleanza , in Levante e neU 'Europa orientale proseguiva la Guerra della Sacra Lega , nella quale erano entrate anche la Russia, l'Ordine eli Malta e il Granducato di Toscana. Ben presto il teatro principale della guerra si era spostato a sud esl, gravando in Medite rraneo sui Veneziani. i quali avevano colto delle strepitose vittorie e si erano impadroniti di tutto il Peloponneso- la Morea 19 - mentre in Ungheria e in Serbia si faceva apparentemente poco, complice l'assorbimento a ovest di gran parte delle armare imperiali impegnate ne lla Guerra della Grande Alleanza. In Ungheria l'esercito imperiale combatteva come poteva, ma soltanto nel 1697 fu in grado di ripre ndere seriamente l'offens iva. Fino a quel momento debole per la Guerra della Grande Alleanza che assorbiva ad occidente la maggior parte delle sue risorse, aveva pe rso Belgrado, ma aveva conquistato il Gran Varadino e la fortezza eli Gyu la e le ultime due campagne, del 1695 e del 1696, erano state marcate dal mantenimento della situazione sono il profilo strategico. Per la campagna del 1697 venne dato il comando supremo all'Elettore di Sassonia, che sosteneva l'impegno finanziario maggiore . Al suo fianco l'Imperatore decise però di menere un generale che avesse le capacità militari necessarie a condurre la campagna e designò Eugenio. Nonostante le grosse carenze organizzarivc c finanziarie che affliggevano l'armata imperiale , lui accett<'> l'incarico. Gli si raccomandavano il ripristino clelIa disciplina c della subord inazione, la conservazione dell'Armata, da non sottoporre a marce forzare , c di concordare col '·nostro Commissario di G'uerra, si' che si prouuedano a tempo debito i uiue1··i ed ogni cosa necessaria .·· Inoltre avrebbe dovuto procurarsi le informazioni re lative al nemico ed ai suoi movimenti e s i sarebbe dovuto tenere sulla piC1 stretta dife nsiva e ··... se il llemico uscisse in campo così debole che il Principe giudicbi potere procedere a una 19 E per quc'SlO, rift:rendo'i ulk o perazioni in :-vled iten~lllt:o, in lt::tlia è:: d ivenuto uso corrente ind ica r<: il conflino come Prima Guerw d i .\lorea. dist inguendolo ualla g u t:JT<I dd 1716 1719. che è b Second a Guerra di Mo rea.


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C.wr "'n t ''' ""

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operation riu11isca il consiglio di guerra e nulla è da arrischiore. dol'rtì o11dore

cauto e non impeg11arsi in alcun comhallimento col nemico se 11011 ha la quu'i certezza della l'ittorio:·Xl.l\' Da l punto d i vista strettamente milita re le condizioni in cui trovò l'esercito non erano delle migliori. A un organico imponente di ~0-75.000 uomini, fan:\ .1 riscontro una forza presente di 55.000, che al 12 luglio era ancora ferma a ..,i l' no .30.000 disponibili. Oltre a questo, Eugenio era ltlJtememe limitato dalla mancanza di cavalk1ia lc~­ gerc~, memre i Turchi allineavano più di 10.000 cavalieli, e mancavano le salmeric. Nonostante tutte qu<.:ste enormi difficoltà. mise subito in movimento la m.ttchina militare imperiale e seppe sia farsi bastare quel poco che an:va, sia suprlire a ciò che mancava col suo intuito e la sua esperienza. Al suo arrivo, per la mancanza di truppe leggere adatte alb ricognizione a lungo raggio, si m·eva la certezza che il nemico itl->SC in marcia, ma non si sape\'a i•1 quale direzione e con quali intenzioni. La prima notizia precisa giunse a Eugenio qualche giorno dopo il suo arri,·o dalla Croazia. 11 comandante di Petcr\'araclin• > gli annun.dava che il grosso dell'esercito. agli ordini del sultano Kam Mustaft li era in marcia da '\fissa \'<.:rso Belgrado, dm·'era atteso per la fine del mese. Da Belgrado, situata alla confluenza della Sava nel Danubio, il Sultano poteva agire in di' erse direzioni, perçiò era urgente reperire altre notizie e, manc;:mdogli ancora le truppe leggere, Eugenio decise di prendere su l)ito contallo col nemico, pur a\'endo l'armata ancora molto lontana dal li,·cllo minimo di preparazione. 11 .28 :,i accampò nei pres:,i del \'allo Homano, cioè dci resti dell'antica fonificazionc che un tempo delim itava tutto il confine dell'Impero romano. c Et rimase fino al 1 agosto, raccogliendo informazioni. 11 5 si spostò e decise che la mossa nemica più probabile consisteva nel passare il Danubio. risalire il Tihi sco e puntare sull'Alta L:ngheria c la Transilvania. In quel modo il Sultano avrebbe potuto minacciare simultaneamente Budapest. l'Alta Ungheria. la Transilvania c aggirare il grosso dcll'esL·rcito imreriale. Aveva indovinato, ma non lo si sapeva ancora. 1 el frattempo i Turchi si erano mossi e non c'era pi(J sremnza eli a!Tron wrli con tutte le forze imperia li riunite. l.a loro intenzione era di muon~re entro ferragosto dall'acca mpamenro situato fra Savn e Danu l>io. ma dove volessero dirigersi ancora non si sapeva. Quando il 19 il Sultano avanzò e passò sulla riva sin istra del Danu l>io con rutto il suo esercito, si mosse anche lui. 11 20 comunicò all 'Tmperawre i suoi pia ni di massima: prevedendo una mossa çomro l'Ungheria, aveva pred isposto i rifornimenti per l'annata cd i ponti per l'al!ravcrsamcnto delle paludi e dei corsi d 'acqua; cd or~1 avrebbe portato l'annata ve rso nord. Era la cosa pill logica da fare <Wendo la certezza degli obiettivi del nemico; ma in quel momento la certezza mancava c solo l'espe rienza c l'intelligenza potevano consigliare a Eugenio una simile mossa.


El'GE'<IO CO \ITRO l T URCHI

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All'alba del 22 agosto gli Impetiali lasciarono Kovil su sei colonne. A fine mese mancavano ancora notizie sui Turchi. Si sapeva soltanto che il 26 si erano moss i lungo il T ib isco e che il 2B un'aliquota si era diretta verso Titcl. Fu convocato il Consig lio di guerra . Contro il parere dei suoi generali Eugenio dichiarò di ritenere possibile un'azione nemica di massa su Titel e stabilì di recarvisi con 7 reggimenti di cavallcr.ia c 30 pezzi d 'artiglieria, ordinando a 10 battaglioni di fanteria di seguirlo. Aveva ragione ma era già troppo tardi. Mentre era in marcia, il 29 seppe che i Turchi avevano passato il Tibisco. Tranquillo, sfruttò al meglio le risorse disponibili. " ... appe11a CIJ"J'imti qui con il Principe Vaudémont circa 300 ussari di Deàk, promisi Iom 50 ducati se m i avessero condotto 11 n prigioniero e d(fatti mediante l'opera loro ho avuto. jìna!mente, ic>ri !a .fortuna di averne uno da cui bo potuto ricavare notizia sicura di dooe e.f.fettiuamente si trol'i ora il nemico:>Xl.V T Turchi erano divisi in due: il Vis ir era sulla destra del Tibisco con me tà dell'esercito; il Sul tano ancora sulla sinistra , ma pronto a passare per andare poi subito a Petervaradino. Eugenio decise d 'andargli incontro. Per essere pronto a qualsiasi sorpresa, il 6 settembre marciò in ordine d i battaglia lungo il Vall o Romano !asciandoselo sull a destra ''Ho preso queste clispositiones perché il nemico si è telluto sul/a mia sinistm per qual/ro inliere ore ed ancbe perché sjìlavamo a non pizì di una buona ora dal fronte del suo accampamento.. .In tale ordine bo marciato per un 'ora e mezza, .fìno a cbe avendo il nemico messo in mostra a poco a poco tutta la sua cavalleria, mi son visto ohhligato a mel/ere la fanteria ai suoi p osti... alle 5 e mezzo sono arriuato col/Armata alla palude di qua da Peteruaradino, dove già stetti pocbi giorni or sono e doue termina il Vallo Romano ...bo f atto questa marcia cos1' vicino al nemico per appr<~fìttare del Vallo Romallo, che sempre mi copriva un poco da terpA sicch(> poteuo in op,ni momento presentare al nernico la jì"onte.. . ed io stimo la di lui Armata tra i 40 e i 50.000 uomini, di cui ieri si sono uedllti per lo meno dai 76 ai 78.000 cavalieri.''Xl.VI In realtà d i frome ai suoi teorici 70.000 uomi ni e B2 cannoni, Eugenio aveva 150.000 turchi con un centinaio el i pezzi pesanti e una sessantina da campagna. La sua marcia era sta ta veloce, ma rischiosa c costellata da scaramuccc , ma con essa era ri uscito a raggiungere e p roteggere Petervardino, sconvolgendo i piani del nemico. Jl Su ltano decise allora di camhiare obiettivo e di muovere verso nord, per entrare in Transilvania.

II) Zenta, Gloria Christianorum2 0 L'8 i Turchi si mossero. Il l O Eugenio tenne consiglio di gue rra e decise di 20

"Gloria Ch risL ianorum" er;1 la seri na i nci"a nell'esergo del ve rso dd la medaglia <"<>nllnemor:lliva. con ia-

la a Vicnna in occ1sione <.klla viuori a <.l i i'.erna.


156 proseguire alla ricerca del nemico. L'll. '>taccan tn ricognizione a,·~mzata un paio di drappell i eli cavalleria, seppe da un prigioniero cht: l'armata nemica l'LI clircua a lcghedino, aveva saputo del suo avvicinamento e srava traversando d Tihisco a lenta. La cavalleria era già sull'altra sponda, il resto - fanrcria, an glieria e salmerie - ancora no. Sperando di cogliere i nemici in crisi di passaggio , ma non sperandoci troppo, Eugenio imtdiò le pattuglie di cavalleria in a,·anti ed ebbe la conferma " ... che il nemico pas,'iCil'a a folla il fiume. che la \liti c:al'alleria 11011 uscil'a mai dai trinceramenti a scaramucciare... e 1111 paio d 'ore dopo seppi ancora ... che la magp,ior parte della loro cavalleria era p, ici passato <' cbe il pas.sap,p,io Colztinlwca; io però. e con me pure i G'e11emli. 11011 potel'(l/111 credere cbe lafimteriafosse rimasta sola di qua... ."'L'11 Avanzò in ord ine di battaglia, appoggiando la destra del suo dispositivo :Il fiume. Quattro ore prima del tramonto prese contaLto coi Turchi, che tcnta, ·~u1 • disperaramenrc di traversare il fiume, intasando il ponte di cui disponevano. L' ordinò l'artacco. Sottoponendo i Turch i ad un intensissimo fuoco ravvicin;~t n d 'attiglieria. Eugenio lanciù le sut' truppe in ~1\·anti ·· .. . e lajèmteria dell 'u la si11i stra sfondò; e Ili/la l'Annota. cal'alleria ejèmteria, si lanciò all'assalto, mentre il nemico. l'istosi assalito alle spalle. si scomjJ(I.!,Iiaua. Il trincc>ra mento (era no due opere. u1w dietro /'o/tra e. dipilì. 11/ICI SC"rraglia di carri) ero tanto robusto ed alto eh 'io non so come /a.fèmteria ohbia potuto passare. I ba!laglioni dell'ala e del jìanco sinistro tap,liarono al nemico il passagl' n!rso il ponte e 11ell'acqua. dol'e il nemico si era gel/alo sperando di scampare pochissimi so1zo stati i pr(l.!,ionieri, cbe ji1ro11o estraili da sullo ai morti e do/h· barche del ponte, e da costoro si è saputo con certezza che lui/a la j(mteria ne mica em di qua dal fiume e di là 11011 ui era pilì di 1111 paio di m(qliaia d'uo1111 n i per la p,ltaJ'dia del SII/temo .... L 'indomani, l 2 ... l'az ione del giorno prima si è palesato molto pilì ingente di quanto t/l'essi creduto. sia per la qucmtità dei morii. sia per la coiUJIIista d 'u n p,ran 1111111ero di pezzi, bombe, carcasse. granate ed altre lllllllizioni e l'ettot ·o p,lie e molti carri e bestiame !!,rosso e minuto. come j)ltTe dall'm•er tro11ato ... l'in tero campo del nemico ahbando11oto da lui. Dai disertori ci è stato conjèrmct/(1 che il Gmn Su/temo, la 1101/e dopo la battap,lia. si era ritirato cerso 7'emesl'éir ìll p,randissima costcrnation e che uncbe la sua cavalleria era}ÌIP..._O,ila, come se esso pure fosse stata battllta. per il timore che l'Armato di Vostra lVIaestà Imperiale carcasse subito il ponte e le tagliasse la l'iCI di Temesl'iir. . . . .si CU I ~jerma sempre di pi1ì che di tu/la la fanteria nemica 11011 pilì di 2.000 uomini (come sopra ho dello) si siano safl•clli. f-io ancbe ricet'/1/o .... il si gilio del Gran Su/temo ... il cbé mi conferma nell'opinione cbe il Gra11 l'isir 1/ledesimo sia caduto. come asseriscono i prigionieri e i disertori, essendo egli in dol'ere di portare sempre quel sigillo appeso({/ collo .... Fra le bandiere L'i sono le pi/i cospicue di tutta /Armala 11emica e tra tfiiC'Sfe persino q11ella dei giallltizzeri, /A p,à dei qu ali deL'(! pure essere perito... ·•XLVIJI


EI'GI"'IIO CO'frRO l T tiHr.tll

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Le notizie dei giorni s uccessivi confermarono la grandiosità della vittoria. Eugenio intamo non aveva perso tempo e subito dopo la battaglia aveva spedito gli ussari all'inseguimento de l nemico. Sarebbe stato il momento migliore per assalire la stessa Temesvar, ma le carenze organizzative e logistiche si facevano sentire sempre più c, anche per la prossimitiì della cattiva stagione, non si poteva fare molto. Era meglio concentrarsi negli acqua1tieramenti invernali e badare ai rifornimenti e rimpiazzi per l'esercito, in modo da poter affrontare nella campagna del 1698 l'assedio eli Belgrado, specie perché e ra assai improbabile che i Turchi riuscissero a ricostituire la loro fanteria in pochi mesi. Comunque Eugenio prese lo stesso in considerazione varie ipotesi opera rive, ma la stagione e la penuria di mezzi di trasporto le sconsigliavano tutte. Per questo decise di effettuare solo un 'incursione in Bosnia, che ebbe pieno successo e spaventò ta nto il Sultano da fargli cominciare clcllc serie rratrativc di pace. I negoziati procederono du rante il 1698, ma entrambe le parti mantennero le rispettive armate sul piede di guerra. La turca si radunò sotto Belgrado; l'imperiale sul Danubio. Ma le ostilità non furono riprese e nel gennaio del 1699 i negoziati arrivarono alla loro conclusione. Venne resa ai Polacchi Camcniez; gli Asburgo ripresero ciò che i Turchi avevano levato a loro c agl i Ungheresi nei precedenti duecento a nni e acquistarono la Transilvania: Venezia ebbe tutto il Peloponneso: ma in real tà oLLenne molto meno di quanto avrebbe dovuto avere, perché tanto i Turchi q uanto l'lmpero non gradivano un a umento della sua potenza.



CAPITOLO VII Eugenio, Vittorio Amedeo e la Successione Spagnola: 1700-1707

I) L'inizio della guerra

La q uestione de ll a Successione Spagnola era assai complessa e, per quanto riguardava i Savoia, comportava parecchi pericoli. Il primo segno che la crisi sta va arrivando si eh be quando la salute di Carlo li d'Asburgo declinò inarrestabilmente nell'estate del 1700. Carlo aveva allora 35 anni e nessun erede dirello. Pressato dai Grandi del Regno e dalla Regina, perché ne scegliesse uno fra due persone, Filippo di Borbone, duca d'Angiò, nipote suo ollre che di Luigi X1V. e l'arcid uca Carlo, figlio minore dell 'imperatore Leopoldo, Carlo TI rimise la questione al Papa. E Innocenzo Xll, considerando che l'unione dci territori austriaci e spagnoli in llalia e in Europa avrebbe potuto riportare la Chiesa ad un p eriodo di forti pressioni da parte dell'Impero, consigliò di far cadere la scella s ul Duca d 'Angiò . Così Carlo fece, provocando un terremoto le cui conseguenze dirette avrebbero determinato il corso elci successivi cluecentocinquant'ann i. Quando morì, il l o novembre del 1700, Luigi XlV ordinò al proprio ni pote eli accettarne l'eredità; e ben presto le Potenze europee si resero conto che non solo la Spagna stava concedendo alla francia basi e p rivi legi; ma che si correva acldiriuura il rischio di un'unione de lle due Corone. All'Imperatore. furioso per essere stato de fraudato di quanto spettava alla sua Casa, si sarebbero affiancate rapidamente Inghilterra c Olanda, spaventate dall'accrescimento della pote nza francese, ed il Principe Elettore di Brandeburgo. allettato da lla promessa imperiale di riconosccrgli il rango di re . Per quanto riguardava gli Stati italiani, si profilava l'inlervenlo in guerra di almeno uno di essi, cioè il Ducato di Savoia. Nell'incombente conflitto Vino rio Amedeo Il non aveva scelta. L'ascesa d'un Borbone al trono eli Madrid lo aveva nuovame nte imprigionato tra la Francia, ad ovest, la Lombardia spagnola, e quindi ora alleata dei Francesi, ad est c Genova, tradizionalme nte fi lospagnola, a sud. Il consolidamento d i que ll a situazione l'avrebbe asservito completamente alla Francia; du nque occorreva favorire l'insediamento nel D ucato di Milano eli un regime che le fosse ostile, nel caso specifi co gli Asburgo, a cui polersi ap-


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poggiare contro Vcrsailles o, eventualmente, al quale opporsi insieme ad essa, in modo da riconquistare un'apprezzabile libertà d'azione. Per contro ai Francesi l'lLalia dava poche preoccupazioni. Al eli lù dell'adesione ai Borboni dei 'icerè di Napoli , Sicilia c Sardegna, quello che più comava, il governatore dl'l Ducato di t\ lilano. a\-e\·a dichiarato agli emissari impetiali di e:,scre pronto a mo rire JX:r sostenere i diritti d i Filippo V sul Mi lanese. Questa era stata la mossa che <weva distJutto la libertà eli manovra eli Vittorio Amedeo IL Chiudendo il Piemonte tra la Francitt e la Lomba rdia datasi ai Borboni, automaticamente Cll·lo Enrico di Vaudl'mont aveva arct1o all'esercito francese la via delle Alr' e chiuso quella della Pianura Paclana agli l mperiali. A q uesti ultimi rimanevano solo due possibi lità: scendere per il lago eli Car da c il t\ lincio fino a \lantm·a, orpure cb Trento, attra\'erso la VabLtgana, fino a Vicenza- territorio Veneziano- c da là proseguire ndla Pianura verso ovest. La prima strada era intcrrorta. Il terminale del \'iaggio fluviale era 1\lantm .t , ma in quel periodo il duca Ferdinando Carlo di Gonzaga-.t\evers, indipendente mente da qudle che roresscro essere le sue simpatie. era stato raggiunto da un ultimatum borbonico. T ministri di Franci~1 c di Spagna presso eli lui minaccia\ .lno c premevano per la resa ; e Tessé aveva esplicitamente parlato d'assedio l' bombardamento. Così i\ lantm·a cadde in mano francese e precluse agli lmpvriali la via del Mincio, lasciando loro qu<.:lla della Va lsugana. Si tra ttava comun· que di atrraversare il Veneto Dominio di Terraferma; e Venezia era neutrale, si. ma armata. Per di più. considerando la situazione generale. era in quel momento piuttosto improbabile una vittoria delle armi imperiali. Era vero che si parlava d t movimenti asburgici per Mantova dal Trentino, ma era altrettanto vero che l'lt llrero era inferiore alle sole rrurpe francesi nella rroporzionc di l a 5. che saltva a circa l a 6,5 se si computavano anche le truppe dei va ri clom inii italia ni della Spagna. Mentre Luigi XJV da solo allineava circa 250.000 uomini, l'esercito imperi:1 k n<.:l suo complesso poteva schierarnc in quel momento non più di 100.000 t1 .1 Germania. Ungheria ed ltali<l; ed anche l'affidamento del comando dd froiHt tedesco c italiano aveva dato lu ogo ad alcun e discussioni. Alla fine prcval "-l' per l'esercito ci'Ttalia il nome d'Eugenio, che cominciò subito a dar'>i da fare. Pattì per l'ltalia il 14 maggio 170.1 c, grazie alle croniche inadempienze del l'ammin istrazione im periale. quel che trovò non gli piacque affatto. Snisse il nun zio pontificio da Vienna il 6 giugno: "Il pr.mo Coniero ·'1>edito dal Pnpe r.:up,enio e

capitato c1ua L1111edì nwtti11a ha pm1ate l'il'e dop,lianze del P.npe sud0 che al s11u arriL•o ili T;rolo babbia trorato l'Annata manccmte di tu/lo fino delle munizioni 11ecessarie p. le operaz ioni della Campagna. Ha percùìfatta istanza c!Je se p,li pro l'edano palle da Cannone e da moscbetto. poll'ere per tirar/e, prol'ip,ioni da /x)(:u l e qllantità di danari p. procurame su i l11ughi q11el tanto che p uò essere sommi111 strato dalle Prol'incie Ol'e di tempo in tempo si trol'erà /Armata !mp.le. Oltre le ac ce111wte cose richiede 1111 coJisiderabile rin(orzo di.fa11teria.''>..l.l'\


161 Eugenio sape,·a benissimo che la fanteria e, specialmente, i granarieri erano

• necessaJissimt in Italia perché avrebbe trovato i nemici giù onimameme alle slati e sarebbero state necessarie parecchie azioni di rorrura. L'obbiettivo strategico delh1 campagna consistev:1 nell'occupazione del Ducato di Milano, ma arrivarci non era affare da poco. Come è noto, Milano<: pressappoco al centro della parte settentrionale ddla Pianura Padana, che <: sokaw in tutta la sua lungiH.:zza, quindi per oltre 6'50 chilometri, dal Po, le cui sorgenti sono nelle Alpi Occidentali c la cui foce t: nell'Adriatico, qualche decina di chilometri a sud della Laguna di Venezia. Dalla sorgente alla foce, il Po raccoglie le acque eli moltissimi fiumi che scendono dalle montagne. dalle Alpi come dagli Appennini. I primi, gli affluenti di sinistra, riforniti dalle piogge d'inverno <: dallo scioglimento dei ghiacciai d'estate, sono a portata d 'acqua costante <.: praticamente tutti inguadabili. I secondi. gli affluenti di destra, provenendo dagli Appennini, che sono troppo bassi per avere ghiacciai, hanno invecc un regime torrcntizio c quindi in estate, quando si svolgeva il grosso delle operazioni , risultavano tutti facili da traversare. Per arrivare a Milano, un esercito imperiale dove\·a ~cendcrc verticalmente - da nord a sud - dal Trentino nell'estremità orientale.: della Pianura Padana. piegare ad angolo reno \ cr~o ovest e avanzare. La , ·ia migliore per arri\'are a Milano venendo dall'Austria consisteva nelLmravcrsan: il territorio , ·eneziano scendendo da Trento a Verona e tenersi poi sulla riva sinistra del Po; ma questo significava dover passare tre o quattro fiumi paralleli e inguaclabili- Adige, Mincio, Oglio e Adda - e altrcrwnti fiumi più piccoli, ma altrettanto noiosi da va rcare, che divenivano così per il nemico delle ottime lince eli resistenza. Una seconda possihilitù era quella di scendere dal Trentino al Lago di Garcb, ma le sponde oricntali su cui gli Imperiali sarebbero arrivati erano a ridosso di ripide montagne. quindi streue e facilmente difcndibili e, comunque. sarebbe taro poi necessario addentrarsi nel territorio veneto di Brescia e Bergamo c passare la metà dei soliti fiumi. grandi c piccoli, prima di sboccare nello Stato di \1ilano. La terza possibilitù con~btcva nell'auraversarc il Veneto da nord a sud, tmsferirsi sulla riva deMra elci Po, marciare verso ovest c, ripassando il Po, enrrare nello stato di Milano da sud. Questa soluzione era la più rapida per risa lire il !'iurnc - difaui Eugenio l'avrebbe scelta nel 1706 per accorrere in Piemonte - ma comportava un gran numero di difficoltà politiche e logi.stiche. Conscio eli tutto questo, Eugenio arri\'() a Rovereto il 20 maggio e corwocò il Consiglio di guerra. Rimase soddisfatto delle disposizioni prese fino a q uel momento dal comandante intctinale Guido Starhcmbcrg e controllò lo schieramento nemico. Per impedirgli di sboccare nella Pianura Padana. il comandante in capo francese, C~ttinat, aveva fatto av:mzare le sue truppe c quelle spagnole e italiane dello Stato di .lvlilano nella Lombardia veneta. Sapendo che gli Imperia li miravano a M ilano, aveva conta to d i poterne evitare l'invasione attestandosi nell e


162 Va lli Veronesi in attesa elci rinforzi ed aveva organizzato una lunghissima li nea difensiva. l suoi uomini erano schierati dal Garda all'Adige. Seguivano L\d1gc tenendosi sulla sponda destra fino a Badia Polesine. Da là avevano sct\ ,Ho trincee e terrapieni c con qudlì sbarravano il tratto di pianura compreso fra Adige e Po, Eugenio stabilì eli aggirarli su lla loro destra, cioè scendendo piu a C'>t, a Vicenza, per traversare poi l'Adige all 'altezza di Verona. Una simile mos..;a - oltre alla complicazione diplomatica del passaggio sul territorio veneto neutrale, da lui preannunciara al Senato veneto garantendo la perfetta disciplina delle proprie truppe- era resa difficile dall'accidentato percorso che si accingeva a fare attraverso le Prealpi \'cronesi e quelle di Ar..,icro . . on se ne preon upò troppo. Effenuò una piccola mossa d iversiva su l Garda, attirandovi Ltu enzione d i Catinat, e il 26 fece inc rp ican.: l'esercito impe riale per le montagn<.:. portandosi dietro i cannoni. smonwti e caricati su carri. Giunto nel Verone:-.e, dopo altre mosse e contromosse, il 27 giugno pa . . sò l'Adige. La sua intenzione era quella di li bcrarvi la navigazione per avere una via di comunicazione rapida e diretta con Trento, di conseguenza doveva allontanarne i nemici. Per questo pro~eguì le mosse din:r~ive. accelerò i hn ori di girramento elci ponti: la sera dall'H al 9 luglio fece giuare un ultimo ponte e marciò su due colonne verso Castagnaro, approfittando dell'oscurità della notte c della pioggia. Sorprese e distrusse una guardia a\ ·anzata nemica. assalì e pre:-.c il forte di Castagnaro e marciò su Carpi. La pioggia della notte era cc:~~ara da tempo e il caldo della mattinata e:-.ti\ a l'aveva fa tta evaporar<: alzando una folta nebbia. Con una visibilità di pochissimi metri gli fmperiali avanza\'<H10 in fretta, preceduti dai Coranieri di :'kuburg i quali, alrimpro\'Yiso. incapparono nei J .300 cavalieri e nelle compagnie di granatieri francesi dd Signor dc Saint-Frl:mom, che, udito il cannoneggiamento eli Castagnaro, stava arrivando di gran carriera da Carpi. I corazzieri di )!'euhurg furono travolti. ma arrivarono quelli del Reggimento V~tudémont c i Dragoni di Sa,·oia, mentre la fanteria imperiale incomincia, ·a .1 allargarsi per una manovra aggirante. Saint-Frémont fece appiedare i suoi dragoni. ma dopo qualche tempo si accorse che la zona de l combattirn<.:nto era srrena. gli Imperiali numericanwme superiori - forst• tutto rcs<:rcito nemico - c ordinò di ripiegare \ 'Crso Carpi. Mentre le sue truppe eseguivano, da San Pietro d i Legnago arrivc) a sostcncrlo Tessé coll'avanguardia dei suoi 2.000 cavalieri c 4.000 fanti, messi in mo\·imenro alle l O. non appena an.~va avuto '>Cntore del combattimento. T Francesi si riallincarono fuori Carpi c fecero fronte, ma anelò anche peggio di prima , perché là il terreno- p iC1 solido c apen o, ma tanto intersecato da fossi c macchie da ridurre la visibilit~t a cinquanta metri - permcncva a Eugenio di !->piegare completamente le fanterie. I Fr;mcesi caricarono su quel terreno in,ldano alla cavalleria e lui li accolse colle truppe schierate in linea, che spa ra Y~l­ no per file mantenendo u n fuoco contin uo c micidiale. Ebbe uccisi due <::!Valli soLLO di sé e due palle di striscio nel ginocchio ma, distruuo un reggimento l'


163 rnaltrattaùne parecchio altri due. colse l'occasione per com inciare una manovra aggirante, che indusse i Francesi a lasciare il terreno in gran freua. Avevano pcr~o circa SSO molti c un centinaio eli prigionieri. contro 40 morti e altrettanti feriti - Eugenio inclu<;o - da parte imperiale: un prcno minimo per un grande 'iUCCeSSO strategico.

II) Vittorio Amedeo contro Eugenio: Chiari, l 0 settembre 1701 Con la bauaglia di Carpi Eugenio aveva liberato l'Adige. compiendo il primo passo verso la conquista della Lombardia spagnola. Ora dm·e\·a avanzare in fretta, prima che le forze nemidw si riunissero e lo rc-;pinges.-;ero oltre l'Adige. Davanti a lui esisteva un altro fiume inguadahilc - il Mincio - che corre\·a da l Garda al Po c, che oltretutto era pu re la miglior via per ricevere i rifornimenli dal Trentino. Passare il Mincio signi ficava :tvc re la certezza di restare in Lombardia. ma per riuscirei occorrevano tempo. forze c attenzione. Proprio sul !\lincio Catinal an:'va attestato la sua nuO\·a linea difensi\·a dal Garda, lungo il fiume. fino a 1\ lanrova c al Po. Per il monH.:nLO Eugenio mi~c in mo\·imento i suoi squadroni scminandoli su tutte le strade :1 infastidire le comunicazioni a\V<.:rsarie, tenne il campo nella quiete pi ù as~o.l uta e il 24, con 4.000 cavalieri . dkLL u<'> una lunghiss ima ricognizione lungo il Mincio da Peschiera a Goito. Cati nat non riusciva a capire che intendesse fare e restò in atte-;a della mos-;a seguente. L'unico che a' rehbe potuto fc..· rmarc Eugenio era il cugino. Vinorio Amedeo Il era infatti arTi,·ato al campo al leato il 25 rer assumervi la carica eli comandante surrcmo prev ista dall'alk:anza estortagl i da Lu igi XIV. Eugen io aveva mandato un ufficiale a portargli i suoi saluti e ad o fTrì rgli in dono sei destrieri turchi. Vittorio ave,·a ringraziato, ne aveva trattcnuto solo uno c a,·e,·a esaminato la situazione militare. Gi:l che c'era. conta,·a di combattere come si dm·e\·a e !>tava seguendo con attenzione le rno~sc del cugino. Il 28 mauina si ~cppe che irnprm ·visamente gli Imperiali si erano presentati nelle vicinanze dì Peschiera. Vittorio Amedeo voleva accorrere con artiglieria c fanretia, profitta re della profond itù del fiume c degli alti argini per aprire il fuoco contro i nemici impegnati nel passaggio e t~1r fall ire la loro manO\ ra. Alcuni generali lo appoggiarono. ma Tes'>t': c Catinat giudicarono impo-;-.ibile riuscirei senza i rinforzi. promes::.i ma ancora per strada. e ordinarono al comandante del settore di ritira rsi con tulle le sue truppe ,·erso il campo. Fu il miglior colpo di fortuna che Eugenio rotesse avere. l suoi uom ini erano in crisi d i passaggio, su un solo ponte e attraverso un fiume inguadahile c, se fossero stati anaccati. sarebbero stati certamenrc scon fini. Vittorio Amedeo l'aveva detto, ma non gli aYc,·ano dato retta: nel 170') Vend6me avrebbe dimoMrato che 3\ c\·a an.1to ragione.


16-. Jn[anto, perplesso per l'inattività del nemico ma ben contenro d 'a\ cr d'fcttuato un passaggio tanto rischio!><> sem:a danni, Eugenio guidò le SLK' tntppe verso Castiglione delle Stiviere, mentre C:.lli nat si ritirava in direzione ovest. fin dietro l'Oglio. Il 31 gli Imperiali eseguirono una rischiosa marcia presentando il fianco sinistro agli Alleati. che non si mossero, c si accamparono a Desenzano quindi sul Lago di Garda - mentre Catinat li seguiva tenendosi di qualche clulomctro all'interno e si spostava a Solferino, dove radunò il Consiglio eli guerra. Stavolta furono Vauclémont c Tessé a premere per una battaglia. TI pnmo perché temeva u.1a solJe,·azionc filoaustr·iaca a Milano; il secondo perch6 era in tot~tle disaccordo r on Cari nat. Di nuo\'o non si fece nulla. Catinat era stranam ente esitante; e la ~ua inattivit à fu la sua condanna . il 12 agosLO Luigi XIV lo sostituì con una tema di generali : il Duca de Villeroy, il Marc..:sciallo Villars c il generale Albergoni. Dci tre il più bravo era Villars, ma il più anziano e più gr.ldito al Re era Villeroy e, in quanro tale, assunse di fano il comando supremo il 22. agosto 1701. Nel frattempo Eugenio aveva fatto eseguire p~utitc eli foraggiamento un po' dappertutto, aveva pn..·so un paio di piazze c il 7 a\c,·a passato pure I'Oglio, .tllargando k sue punte di cavalleria in ricognizione c cercando di non affaticare troppo i soldati. indeboliti dal ca ldo c da lla mancanza d i pam.:. Intanto i Francesi avevano deciso di avvicinarsi c avevano passato I'Oglio il 26, sicuri di E1r ritirare Eugenio entro Brescia. Quest'ultimo aveva eseguito di persona una ricognizione e aveva idearo le contromosse. li suo accampamento era situ aro m mezzo a parecchi cana li artificia li detti scrio le e il lato più areno, da cu i ci si poteva aspcnare l'arrivo del nemico, era quello tra la cinadina di Chiari c la rete dei cana li. Su un o rganico teorico di 3 1.000 uomini, Eugenio era ridoLto a circa 16.000 fanti c roco più di 7.000 cavalieri, contro più di 36.000 fanti e circa 9.000 cava lieri alleali. La clisparitù eli forze lo obbligava a tenersi sulla difensi\ a. Decise allora eli sfruttare le fonificazioni eli Chiari. ne fece prerarare altre camrali e creò ccmri di fuoco in tutti i casali c i mulini elci dintorni, incrocianclonc i ca mpi di tiro e adoperandoli per fiancheggiare la difesa principale. Quest'ultima - la maggior parte della fanteria. sostenuta dai 32 pezzi reggimentali <.li -;ponibili - venne attestata dietro un parapetto alto un metro e ottanta, eretto lungo la strada di Cremona, prorcno sul davanti da un fossato e sostenuto alle spa lle dalla cavalleria in riserva . Per fin ire, Eugenio fece sa ltare tulli i ponticelli che varcavano le seriole e, inten·otto il corso di queste, inondò il terreno da cu i i nemici sarebbero ,·enuri.

"Amnti mezzo g iorno del primo Settembre alc11ni L!{fiziali Generali delle d ue Corone auanz arono. per esplorare d 'a ppresso i posti cesarei. Ma poco scopersero per l'ingombro di folti alhen·... parl'ero loro non molto ardui a superarsi:·t. ~ lenti-c le loro truppe si avvicinavano a Chiari, gli Alleati avevano tenuto Consiglio <.li guerra. Vittorio Amedeo e C:atinar avevano cercato di convincere Villeroy che la posiz io ne austria ca era troppo forte r c r poter essere atwccau : ma il Maresciallo s'era imestardiw: bisognava attaccare. Verso le 14 del l 0 seL-


El tifNIO, VI1TORIO AMFDEO E lA Si 'CCI~~'IU'\1 ~ SI'MiNO!J\: 1700 -1707

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tembre 1701 gli Alleati erano quasi a tiro. Le loro pattuglie non erano ancora riuscire a capire se davanti avevano - come sosteneva Villeroy- solo la retroguardia o, come pensavano Vittorio Amedeo e Catinar, tullo l'ese rcito imperiale. Convinto d 'aver ragione , Ville roy non sfruttò tu tte le sue truppe e si limitò impegnare 18 battagl ioni e 9 sqtwdroni dei 69 e 90 a sua disposizione, mandando avanti 8.000 fanti. Fu l'errore decisivo. Vittorio Amedeo comandava un'ala, Villeroy l'altra, CHinar il centro. Al primo contatto gli avamposti imperiali ripiegarono, tirandosi dietro i nemici fin sotto le bocche dei fucili del grosso, che aprì il fuoco all"impazzata e li respinse. Nell'arce> di un 'ora e mezzo gli Alleati, a seconda dei settori , arri varono a rcitcrare gli attacchi fino a dodici volte senza poter supera re le posizioni imperiali. ''Vittorio Amedeo duca di Sauoja in quel combattimento si sep,nalò nello sprezzo di tutti i pericoli; e, o fosse una cannonata, come a me raccontò persona bene informata, o pur colpo di fucile. corse rischio della vita sua."l.l Visti cadere a migliaia i suoi uomini senza alcun ris1.dtato, intorno alle 15.:30 Villeroy ordinò la ritirata, lasciando sul terreno 2 o 3.000 morti circa 120 prigionieri e 5 bandie re, contro 36 mo1ti e 81 feriti di Eugenio. Due giorni dopo, arrivarono poco pill di 3.000 uomini dal l'Impero, un minimo rincalzo che secondo Eugenio avrebbe permesso a malape na d i difendersi di fronte agl i 80.000 uomini che Luigi XlV intendeva mantenere in Italia. Ad ogni modo gli Alleati .si e rano ritirati verso sud c vi restarono per due mesi . All 'avvicinarsi della cattiva stagione Ville roy dovè rassegnarsi ad andarsene ai quartieri invernali, raggiu nti i quali, Vittorio Amedeo staccò i suoi uomini dal resto dell'Armata per tornare in Piemonte, mentre Catinal e Vil leroy si fermavano nel Cremonese.

ID) La sorpresa di Cremona La sosta invernale de lle o pe razioni , quell'anno non ci fu. Eugenio era impazieme di allargare la zona d"occupazione, che sarebbe stata la base logisticoopcrativa dell'anno appena iniziato c sapeva che era impotta nte non fe rma rsi, perché Inghilterra e Olanda stavano finalmente e ntrando in guerra. Per di più c'era da aspettars i che i Francesi profittassero della propria superiorità c cercassero di c hiudere la partita in Italia prima de ll 'apertura della campagna in Fiandra, pe r non dover combattere su troppi fronti. Dopo una serie eli operazioni d i contorno c di preparazione, prese in esame un colpo eli mano su Cre mona . Era la sede principale del nemico e sapeva che i Francesi vi avevano rilassa to molto le misure di sicurezza. Entrò in contano col prevosto clelia chiesa eli Santa Maria Nuova in Cremona per farsi aiutare in un attacco di sorpresa. "Dalla casa parrocchiale usciua un condotto, che sotto il Terrapieno correva nella fossa (cioè nel fossa to delle


166 m ura). .. .. Fu diuisato cb e per quella chicwica s'introducessero pochissilll i sce/ti

U.ffìziali. e Soldati Alemallni."Lll Il piano era complesso. ma a\ C\'a buone ~peranze di ~uccesso. Scrisse poi Eugenio: ·· ... il disep,11o è riuscito conforme al df!siderio. poiché il ,\4agp,iore Hc~fl:

mann dello Gschu•ind in hrel'e aprì la porta della città."l.il l Gli Imperiali infatti all'alba de l 2 febbraio ..... uccisero le sentinelle cb 'ercrno su le 111ura l'erso la Forta d'o<~Jti Sallti. ed i11 1111 subbito assalirono il c01po di guardia di della P011a. e co11 molto sa11gue se ne impadro11irono e l'apriro11o. Aperta cbe }it la Porta d 'og11i Santi entrò tu/lo l'Armata Austriaca .... 111 parte corse ad impadronirs i della Porta Mmgherita, e parte corse al palap,gio del Signor Conte Carlo Oji'edi. laddol'e jit fatto tanto gran sangue che il scalone ero tutto piel{o ..... uv \ 'illeroy fu sorpre~o a letto e c:murato. ~la inramo i francesi si erano rianni dalla ~o rpresa. avevano organizzato vari cemri di resistenza e la seconda pane del piano 1':11lì. Tra b resistenza organizzalasi spontaneamente. il fatto che era riuscito a far entrar<.' in città si c no 3.000 uomini, la superiorità del nemico circa 3 a l - e il rischio di nxlcr aflluire altre truppe ;1\ \'l'rsarie entro 1R ore. Eugenio decise d'abbandonare Cremona. Portò via Vilkroy, gli altri prigionieri e il parroco che l'avL'va aiutato, per evitargli gua i, e ripiegò in buon ordine fino a un m ig lio dalla cillù. Si fermò, lasciò riposare le truppe e riprese Lranquillamenle la strada. ··Fu d11nque giocoforza ritirare/' scrisse poi all' Imperatore

"non soltanto per questi motil'i. IIW ancbe perché 11011 m•et•anw piti né llllflliZt(.lli né l'il'eri." 1' Fu una delle rari!>~ime volte che Eugenio non vinse, ma ne ricavò comunque notevoli risu ltati sia operativi, sia di immagine. Dal punto d i \·ista operativo, ebbe la soddisfazione di veder ritira re in gran frella su Cremona tuui i presidi franco-spagnol i della zona Oglio-Po. colla sola eccezione di Sabbioneta c coll'abbandono di montagne di materiali. 1 Francesi avevano perso 2.000 morti, <JHO prigionieri. 5 ~tcndardi. 3 bandiere, d ue paia di timpan i e '500 cavalli. In pi ù ernno disoric mati perché, in assenza di Villcroy. non sapeva no a chi tocc1ssc il comando. Eugenio intanro si altestava tra Oglio e Po in modo da tenere aperta la \'ia del Trentina c proseguire il blocco di Manto,·a. Scrisse Volta ire: ··il eh t ca di l 'end6me fu sufJito nomi71Cito per andare a co-

m a ndare in Italia .... Non passaoa per uno cbe meditasse i suoi piani colla stessa pn?f'ondi!à del principe Hugenio. e cbe intendesse come lui l'wte di for sussistere gli Eserciti ... me110 fallo. a quanto si dicel'a. per una l!,Uerra difei/Sira. e altrettanto adatto all 'q{fen~il'a cbC! il principe J::up,enio.··L\'l

IV) Luzzara Vendòme giunse a !\li la no il l H febbraio 1702 col com piro di tenere lo Stato e liberare Mam ova l' fissò al 26 marzo la cbta d 'inizio cl<.:lla manovr:1. Il 27 da


167 Stradella l'esercito alleato lllO'>'>l' ~ul torrente Tidone e il movimento fu subito segnalato al Principe con rurti i dati necessari. Eugenio riferì a \'icnna con amarezza di non aver potuto fare altro che ordinare di ritirarsi lentamente davanti al nemico avanza nte c disporre l'eventuale sgombero de i posti piC1 esposti. A metà aprile Vcndome invi() a Luigi XIV il piano per l'avanzata definitiva contro Mantova, da effellua rsi con 69 ballaglioni e l 12 squadron i. La zona di radunata era stata scelta mollo in avanti in modo da anran·i Eugenio. Si pensava che avrebbe avanzato spo'>mnclosi da ii'Ogl io; c ci<'> a\Tebbe permesso ai Fmnco-Spagnoli di passare il medesimo fiume a metà corso e venire a cadere sulle ~ue retrovie. Da entrambe le parti seguirono mosse <utente e caute. Eugenio si chiuse nel cosiddeuo Serraglio mantovano, dove poteva a\·ere tutti i viveri che ,-oleva e era protetlo su tutti i lati da canali e fossati profondi. Vcnd(Jme decise di bloccarcelo del turto c si apprest<'> a t~tr passare sulla destra dd J>o un'aliquota delle suc truppe. Ma ogni mossa ven nc ri nviata fi no alla venuta di Fi lippo V di Spagna. Vc nclome lo accolse il 13 luglio, gli fece passarc in rivista '-t.OOO cavalicri c 12.000 fanri avviati a Casalmaggiore e diede il ,-ia al ciclo operativo chc doveva sbloccare Mamo, ·a. Ricevuto un ulteriore rinforzo di H.OOO uomini, prese /\lode na , mentre Eugenio il 31 ordinava il concentramento di rurri i ~uoi sul Po e il loro arroccamento nel Serraglio. Questo implica,·a la fine dci blocco di ,\ lantova; c a quel punto all'Armata Alleaw non restò che organiuarsi per entrare nel Scrraglio e distruggere quella imperiale. Ma Eugenio se l'aspettava ed aveva or·dinaro al genera le Solari eli piazzare un reparto di 400 uomini ne l castello di Luzzara coll 'ordine eli resistervi a oltram~a. Vendtm1.c ne preparò l'~ttta cco <.: ordinò al grosso clcll'csercito d 'andare..' intanto ad accamparsi un po· più in lù, facendogli a~sumcre sul terreno la forma di una 7. o rientata da nord a sud. Poi , \'isro che di Imperiali non se ne ,-ede,·ano. diede alle truppe il pcnne~­ so di riposa rsi e di lasciare i ranghi per andare a cercare ,.i,·eri . D el resto i gcnerali alleati erano così consci della loro supcrioritù numerica. da essere ragionevolmente sicuri che Eugenio non avrebbc azzardalo nulla per sostenere il presidio d i Luzzara: 53 ballaglioni c 101 squadroni - 2H.900 uomini - erano pur sempre qualche cosa. Eugenio non la pensava diversamente ma, o agiva , o veniva distrutto, magari no n subito, ma prima n poi si. Aveva 34 battaglioni c 75 squad roni, come al solito sono organico, c mcuev~t in linea quindi solo 19.6 1j combattenti, alla testa dci quali stava avanzando colla scorta eli pochi Gt\·alieri. lnrorno alle due elci pomeriggio s·imbanè nell'estremità della sinisrra nemica. La posizione era difficile da assalire. ma lui l'a,..-ehhc fatto anche subito se la sua colonna di sinistra no n fosse rimasta indietro <.li o ltre un·ora di marcia. Così Alhc rgorri ebbe il tempo el i accorgersi d i lui, disporre meglio le difese c da re l'aIl arme al grosso.


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ul sorpresa lì per lì fu rotaie; ma il ritardo della ~cconcla linea imperiale ~a 1 a nova ma minuti e fu decbh o per le so11i della battaglia. Eugenio non a\TehhL vinto: .. Se la seconda schiera non mifosse rimasta indietro ed io 11011 acessi do l'Uio aspettarla per 1111·ora e mezzo. il nemico sarebbe stato halluto toraliter, e do molti anni non si sarebbe udito di una victori tanto p,rande, poiché tutti i fm p,ionieri e disertori confessano che tra toro tu/lo era p,ià in completa conlu sion ..... L\'ll Ne seguì una mischia furihonda, intenotta ~olo dal tramonto. Sulle ali i dw: erano abhastan:w riconoscihili; ma al cemro si erano compkta menre mescolati. 'ella norrc Eugenio ~pedì una sraffcrra a Borgoforte per far accorrere ahr 1.000 fanti a rinforzar<.: la sua ala sinistra. All'alba era di nuovo in sella c ispL' zionava il campo di battaglia, quando v ide che nell'accampamento a\'versario non c'erano più soldati: si erano ritirati più indietro. Allora decise eli forlific~lr'> t dove si trovava e restare a vedere. M unì la linea di cannon i facendo incomin ciare un duello d'artiglieria col nemico c mandò fuori cava lleria e ussari a roraggiare e danneggiare i convogli nemici. Intanto Yendome si cleclica\·a all'espugnazione del Ca!>tcllo di Luzzara, CO'>t bene che imorno a mezzogiorno del 1- ne ottenne la re'>a. l.'arri\'O dei rinforzi, la caduta di Luzzara e la venuta della loro flottiglia fluviale consentirono agli Alleati di gittare i progettati ponti e d'assestarsi nd la zona. Eugenio comunicò a Yienna d'aver vinto al prezzo di 791 morti v 1.905 feriti - la m età del le perd ite del nem ico - c fece cantare un Te Deun1 nel proprio campo. Yend6me si l imitò a mandare una relazione a Luigi XIV L' non si sentì abbastanza v itLOrioso da far cantare un Te Deu m , cosa che invccv fu prontamente eseguita sia a Milano che a Parigi non appena vi arrivarono 1 corrieri. Dal punto di \'ista militare <..· facile stabilire chi a\'l'~!>C ragione. Di solito 'ince chi raggiunge l'obbieui,·o !'>trategico o, al limite. taltico, che si era prop<>'>to all'inizio. Yend6mc aveva a\'Uto intenzione di prendere Luzzara - c ci era n uscito- ma voleva farlo come primo passo per impadronirsi poi di Guastall a L', in scguiro, annientare la presenza impetia le nella zona del Po. Questo non gli era riuscito nè poi gli r iuscì, pe rché dopo la ba ttaglia restò fermo per pa ura di essere sconfitto c schia cciato contro il fiume. D'a ltra parte Eugenio aveva bloccato la manovra nemica, anche se non a\'l~­ , .a potuto impedire la caduta di Luzzard. Era rimasto padrone del terreno. perché gli era stato abbandonato; m·cva subito meno perdite c mantenuto le po~i zioni. Se questi erano stati i suoi obbicttivi iniziali. lo si pore,·a definire ,·incito re; se invece aveva anno intenzione di distn1gg<.:re l'avversario, non <lVe,·a 'in to nemmeno lui. Poiché però dall'esame della ~ua corrispondenza si cvi tKL' chia ramcme che tutto quello che voleva era b loccare la manovra nemica e eviLare l'a nn ientamento con un atracco preventivo e poiché la cosa gl i era riuscit:l , ~chieramenti


169 si può affermare tranquillamente che avesse ragione quando scrisse all'Imperatore di aver ottenuto una segnalata vittoria. Alla fine d'agosto Vendòme prese Guastalla, che venne consegnata al Duca di Mantova, dopodiché l'esercito alleato non si mosse più fino al principio di novembre. Il 27 dicembre Eugenio parti per Vienna, dove ingaggiò una lunga e dura t,ruerra contro la burocrazia imperiale. Intrighi di palazzo e manovre di corridoio contrassegnarono tutto l'inverno, tutta la primavera e l'inizio dell'estate, per sfociare in una totale vittoria di Eugenio, al quale il 3 luglio 1703 l'imperatore Leopoldo affidò l'incarico di Presidente del Consiglio Aulico di Guerra, cioè di capo di tutto l'apparato logistico-amministrativo dell'Impero. Il quadro che gli si presentava non era bello. L'armata che aveva lasciato in Italia era in pessime condizioni, l'Ungheria rumoreggiava, un esercito francese era in Germania per unirsi a quello bavarese, gli Anglo-Olandesi stavano fermi; e i Turchi si sperava che avrebbero fatto altrettanto , altrimenti sarebbero stati guai irrimediabili. In origine Eugenio aveva sperato di ottenere quanto chiedeva e tornare rapidamente in Italia per la campagna del 1703. Ma più esaminava la situazione viennese, più afferrava la ponata del disastro amministrativo e, per estensione, di quello mililare che si rischiava e riù si rendeva conto delle immani proporzioni del lavoro di riforma necessario, come rure si rendeva conto di q uanto c quale assegnamento molti facessero su di lui. In agosto presente'> un memoriale all'Impe ratore. La p rima cosa da fare era la riorganizzazione della Camera Aulica, da cui dipendevano la raccolta delle tasse e l'erogazione dei fondi ai vari rami dell'amministrazione statale. Senza hl riforma non sarebbe mai stato possibile concludere nulla. O si trova va il modo di far denaro, o si lasciava perdere tutto. Leopoldo si sentì eclucatamenle avvertire che sarebbero stati necessari elci sistemi bruschi r er cominciare a mettere ord ine, che ci sarebbe voluto del tempo e che ci si aspettava il suo rieno sostegno. In caso contrario, si sentì altrettanto educatamente, rem issivamente e subordinatamente minacciare, Eugenio avrebbe dato le dimissioni . S.i era ormai alla fine di settembre e la situazione strategica era leggerme nte migliorata. I Turchi non si erano mossi; gli Anglo-Olandesi invece si, ma limitandosi alle Fia ndre. La rivolta ungherese era sotto controllo . Le truppe bavaresi erano state resrinte dai Contadini tirolesi inSOI1Ì srontaneamente. Quelle francesi erano giunte fino a Trento, ma avevano avutO la stessa brutta sorpresa toccata o ltre il Brennero ai Bavaresi e la congiunzione delle due armate era stata rimandata. Fino a quando ? Quanto tempo sa rebbe stato necessari o a Yendf>me per tornare ad affacciarsi al Brennero e all'elettore Massimiliano Emanuele in Tirolo ? Di quanto era rimandata la fine ? Ma improvvisamente Vendome tornò in gran fretta nella Pianura Padana. Aveva ricevuto o rdini da Versailles, stava rer succedere q ualcosa eli grave, stava per spaccarsi il fronte italiano: i Savoia cambiavano fronte .


V) Il capovolgimento di fro nte di Vittorio Amedeo D I n un ceno senso, la fine: della campagna del 1702 aveva segnato purl' Cjuella dell'alleanza fra i Borboni e Virtorio Amedeo n eli Savoia; ma era una co ~a che ci si poteva attendere:. C'erano dei precedenti. Nel convulso periodo subito prima del principio ddla guerra. Lcopoldo l a\'~:,·a fatto proporre all'ambasciatore sahaudo un trattato d 'alleanza. Secondo d Progetto, i 30.000 imperiali in \'ia eli concentramento in Trentino dovevan() ltnir~i ai Piemontesi c bloccare sulle Alpi occidentali i Francesi diretti in Lombardia. \'iuorio Amedeo aveva , ·oluto vedere dei t~mi concreti prima di dare il pn Prio assenso ed aveva lasciato tutto in sospeso. Il primo fatto concreto era slato la discesa in ltalia dd Francesi, quando gli Austriaci stavano ancora progettando e ritJrdanclo l'operazione, che non cr,t <tncora nemmeno avviata qu ~tnd o, nella primavera del 170 l , la Francia ave'" co.~t re tto il Duca a firmare un trattato. Con esso Vittorio Amedeo s'impegnava ,L dare la propria figlia Maria Gabriella in moglie a 1-'ilippo V cci a portare perso nallllcnte ROOO fanti e 2.'500 cavalieri emro il mese d'agosto al campo dell'<.•!->et cuo franco-spagnolo. del quale a\'febbe assunro nominalmente il comando ~~~ Prl!mo. In cambio awebbc ricevuto un sussidio annuo di 650.000 scudi pcr k· ~PI!sc di guciTa. 1\on <wcva però la minima intenzione eli farsi rinserrare tra i Borboni e, l'Il apri le 1701, cinque giorni dopo la firma del trattato, aveva serino al suo amh.t sciatore a Vienna, incaricandolo d'assicurare all'Imperatore, nella più grande se gretezza, che non cercava d i rneglio che poterglisi allc:uc. Se non fosse stato Possibile parlare in segreto a Leopoldo, Vittorio raccomandava di informare di llil!o il conte d'Harrach, col quale l'ambasciatore Priè, pur dovendo lasci,m \ 'icnna in agosto, dO\'C'<I stabilire una corrispondenza continua quanto segrct.t s:tpendo come c con quali ~onanri promesse in denaro portarla avanti. li .:n maggio Vittorio Amedeo ribadiva quest'ultimo ordine. escludend11 c~plicirameme e recisa mente la possibilità di contatti rramirc Eugenio. Il cugin< • era troppo noto. Chiunque avrebbe subito pensato a lui come canale fra Torin11 e Vien na e, per di più , Vittorio Amedeo si sentiva tanlo sorvegliato dai France~t da non volersi servire cl'allro in termediario all'infuori di t>riè. l preparativi del contingente piemontesc 21 erano stati re lativamente rapidi . l Jìrin1i reparti sabaucli erano giumi al campo alleato il 1° luglio 1701, seguiti ti ~ 1 Compo~to dai regginK•nu lh bntcria. <;u;trdie (or.t 1° Rq(!.:IIJK·nto (,ran:llteri di '>ardegna"l. "·''."'·' (or,t l R<'AAitnenlo fanteria ~.111 <..ilhlo l. \o~la (or:J ~o R<'AAIIlK'lllO bntcn.l "Col ddla 13t'retta". I'R·mon < <or•• l H<.'AAilllento fameria "(itl."tall.l ). 'lonferr.IIO, Chiablt's~· ruult~·n ...... Juno, <.,~hulemhurg <' d;u rt•J.!_I(I 1111'11li c..lt ,..,,·alleria GuJrdie tkl Corpo, Piemonte lleak (or-a zo Rel-(1-(illK'IllO l'it.·momt: Reale" Ca,·:tlkri,l l. D1.1 goni dt <.,ua Altezza Reale (ora 1° lkgJ.(it11Cillo "Niu~ Cavalleria ... S:t\'oì:l !or;t 5° HcAAimento ··s:woi:l Cl\ .tlk ria "), l )r:tgoni di Piemome e Dragoni tkl Genncse, che non t:. l'allu:dt• · l lkggimcnto "Gcno,·a Cavallt•ri.l Pvrvh(• prendev;~ nome dal contado di (iinvvra - Gé·névob o <ietWVt'~t· - ,. fu , t'iolto nel 1821.


171 25 da un altro contingente , condotto dal Duca in persona. Ma il comando supremo promessogli si era rivelato davvero nominale. A dispetto dell'esperienza bellica accumulata durante la guerra della Lega d'Augusta, Vittorio Amedeo non veniva ascoltato, neanche, o sopnututlo, quando aveva ragione. come nel caso del passaggio del Mincio da parte d'Eugenio. Alla scarsa attenzione prestatagli come generale si era aggiunta, c questo e ra assai più grave, la nessuna considerazione dimostratagli dal genero. Sappiamo che Filippo V era venuto a visitare i suoi possedimenti ita liani nella primavera del 1702. Dopo Napoli era arrivato al nord, sbarcando ne l Finale: e Vittorio Amedeo era a ndato a incontrarlo acl Acqui, accompagnandolo fino ad Alessandria, dove lo attendeva tutta la Corte di Savoia. Ma i cortigiani spagnoli e fra ncesi non lo avevano ammesso nella carrozza reale né - c questo era peggio - alla tavola reale a pari con Filippo, perché, in q uanto Duca, non era considerato di rango sufficientemente elevaro da potersi sedere con un minimo eli parità al pranzo di un Re eli Spagna che era pure un Figlio di Francia. Era stata la classica goccia che aveva fatto traboccare il vaso. t\onostante i contatti con Vienna, fino a quel momento era stato abbastanza leale. 11 Consiglio d i guerra a Goito e la condotta tenuta a Chiari avevano dimostrato a sufficienza la sua fedeltà all'alleanza francese. Gli sgarbi subiti e le calunnie mossegli dietro le spalle - per diminuir·e le colpe militari di Villeroy. lo avevano accusato d'aver avvertito Eugenio di tutti i movimenti che l'armata alleara avrebbe comp iuto comro Chiari - dimostravano a loro volta cosa s i poteva aspettare da Madrid e Versailles se avessero vinto la guerra e conservato la Lombardia . Ogni esitazione era scomparsa. L'unica via da seguire per la sopravvivenza politica del Ducato era l'all eanza austriaca; e Vittorio Amedeo vi si incammi nò con decisio ne e cautela. Già cimante la campagna del 1702 non aveva accompagnato le truppe al ca mpo alleato. per c ui non ci fu nulla di strano se ora, nella prinuvcra del 1703, rimase a casa, tanto pil'r che, come scrisse Mon tesqu ieu venlicinq uc anni dopo, "... non uppena Vend6me arrit•ò. gli scrissero dalla co11e di restare a Torin o ."LVliJ

lntanto però aveva inlavolato tratta tive colle corti a ustriaca cd inglese per un capovolgimento di fronte , risch ioso ma necessario alla sopravvivenza dell'autonomia politica dello Stato. Al tempo stesso aveva ulteriormente ridotto il contingente da fornire all 'esercito franco-spagnolo per il 1703 a un totale di circa 3.000 uomini, comandati dal Maresciallo di Campo conte Amedeo di Castella monte. ln pill i rapporti tra lui c le Due Corone continuavano a non essere buoni. Nel maggio del '3 Leopolc.lo l aveva nominato il conte Auersperg suo plenipotenziario a Torino pe r tratta re l'alleanza. Le spie francesi erano dovunque; e la noti zia filtrò lenta mente fi no a Versa illes. Contemporaneamente arrivavano a Torino le prime avvisaglie d i qu(lnto i Francesi fossero informati. Vittorio Arnedeo aveva prontamente dato ordine di


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smentire tutto; ma era cominciato un gran traffico di corrieri tra Yersailles e l'esercito francese d'Italia. La sua probabile defezione non fu accolta bene a Versaillcs. Era una noti:ti<l, di per sé già cattiva, che lo diventava ancora di più alla luce della sin.tazionl · generale. Nel corso delle due precedenti campagne i risultati dci francesi non erano stati eccellenti. Avevano cominciato a mum·ersi fan·aginosamcnte in Oland..t. dove i 90.000 uomini eli 13oufflers avevano fronteggiato gli Anglo-Olandesi aglt ordini di Marlborough. Ma il genem le inglese si era spostato rapidamente in Germania e. passando per Colonia, aveva occupato Venlo e Licgi. In Germania la situ azione era semplice: Francia, Baviera ed Elettorato di Colonia a' cvano conquistato Cima però. dopo la battaglia di Friedlingen , dd 14 onobre 1702, ci si trovava in sostanziale parità. In tali condi7ioni pore,·a bastare poco a prm oca re il tracollo di una ddk due parti; c quello che stava succedendo a Torino non era poco. Il capovolgtmento di fronte dei Savoia avrebbe interrotto le comunicazioni tra la francia e l'armata delle Due Corone in Lombardia. impedendole di ricevere i rinforzi e, nel peggiore dei casi, accerchiandola. votandola alla clisltuzione completa e fa cencio fallire il piano strategico ad ampio n ..·spiro che era quasi anelato in p<)lto nell'estate. Per contro gli Alleati esulta\'ano, poiché per la seconda ,·olta in una guern erano riu~citi acl accattivarsi il Duca di Savoia e a capovolgere a proprio 'an taggio la situazione strategica. "'fon si tratta va piCt solo di conquistare il Ducato di !v lilano, ma si intra,·edevano grandiose possibilità. Bisognava soccorrere \ iltorio Amedeo perché i suoi Stati potevano diventare nuovamente. come neiLt guerra della Grande Alleanza , la base di pa n enza eli un ~ma eco micidiale al ...ud della Francia. Si vedeva l 'occa~io ne di el iminare l'influenza borbonica dall'Italia. creando un vuoto che le Potenze Marittime conta\ ano di riempire dal punto d t \'bta commerciale, mentre l'Austria puntava a sostituirsi alla Francia nel prl·do minio politico-tcrritoriak. Infine anche il Portogallo. minacciato nei suoi interessi m~trittimi dal blocco che i Borboni volevano imporre alle sue coste. era passato nel maggio ·170.5 Lr:t i nemici di Luigi XlV, costituendo un'ottitna base d'operazioni per gli Alleali nella Penisola Ilx :rica e quindi minacciando direttamente la Spagna. Per quc'>ti motivi, a\ uta la notizia della sicura defezione di Vittorio Amedeo. Luigi )(lV decise di ncutraliuarne gli effetti distruggendogli l'eserçiro e spedì ordini in tal senso a Vend6me. Rientrato da l Trentina. il Maresciallo si spostò nella Pianura Padana e prescrisse ai circa ).000 uomini del contingente sahaudo <li farsi passare in rassegna, quindi colle anni sca riche, il 28 sellemhre al campo di San Benedetto Po. Il 1° onobre il conte Landriani, residente sahaudo a Milano mandò un dispaccio urgentissimo al Duca: .. Queste mie poche righe non del'ono seguire c be perfar sapere a \ '.A.R. come in questo fJlllltu ;?iunge dal campo di San Benedet-


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to un straordinario che passa in Francia, che lascia detto che le truppe di V.A.R. nel p redetto campo di San Benedetto, uenerdìpassato, il di 28 scaduto, fossero state disarmate et arrestate prigq,ioniere di guerra con tutti gli ojficiali.'·LIX I Francesi infatti erano imervenuti alla rassegna colle armi cariche e avevano fatto prigionieri i Piemontesi, ohhligandone poi gran parte ad arruolarsi sotto le loro bandiere per destinarli al fronte remmo. Il 3 ottobre la notizia della "cattura di San Benedeuo Po" giunse a Torino. Subito Vittorio Amedeo fece arrestare gli ambasciatori e i sudditi di Francia c Spagna confiscandone i beni. Chiamò poi alle a rmi i Valdesi , ordinò l'arruolamento d i 6 reggimemi nel Ducam e fece una cernita degli uomini del Battaglione di Piemonte per ricostitu ire i reggimenti da cui era stato tratto il contingente di Lombardia c per la formazione di nuove unità. Poté infine utilizzare anche una buona parte dci suoi soldati catturati, che riuscivano a fuggire e ritornare in Piemonte grazie alla scarsa guardia degli Spagnoli; e in pochi mesi poré ricostituire un buon esercito. Per salvare le apparenze: c continuare a far credere in giro che era stato tradito da i Francesi, Viuorio Amedeo chiese segretamente ed ottenne che il conte Auersperg fingesse d i arrivare ufficialmente a Torino il 26 ottobre, come se non ci fosse mai stato prima, e di dare al lrauato la data del 30. Quella finalmente stabilita ed apposta fu ancora più tarda: I'R novembre 1703, subito dopo l'arrivo del suo ambasciatore a Vienna . Ufficialmente quel giorno Vittorio Amedeo fi rme) l'alleanza coll'Austria, che s'impegnava a cedergli al termine della guerra il Monferrato, Alessandria c Valenza, la Lomellina, la Valsesia, cinq ue terre del 1\ovarcse, tutto il Vigevanasco "sub spe rati" - sotto speranza di ratifica - c ad effettuare la revisione delb frontiera alpina colla Francia.

VI) U primo braccio della tenaglia: Hòchstadt, 14 agosto 1704 Mentre Vittorio Amedeo cambiava fronte, il piano strategico francese proseguiva. Le sue linee e ra no grandiose, si n-arrava infatti d i una penetrazione di due eserciti su due linee parallele. Il primo, attraverso il Reno e l'Altopiano Bavarese, doveva un irsi nel Tirolo austriaco al .secondo, che vi sarebbe gi unto risalendo dalla Pianura Padana per il Trentino, I'AJto-Adigc c il Brennero. Poi, insieme, avrebbero puntato s u Vienna per costringere l'Imperatore alla pace. La prima parte del piano, la pcnctrazionc attraverso l'Altopiano Bavarese, in direzione dell 'Austria sembrava procedere bene. Gl i Imperiali da soli non erano in grado d i o pporsi alle forze congiunte della Francia e dell' Elettore eli Baviera, che nel corso del 1703 avevano preso Augusta, Ratisbona e Passavia, battendo le truppe imperiali a Hochst~id t il 20 settembre. Il piano difensivo era stato elabora t:o a Yienna da Eugenio c prevedeva una concentrazione di tutte le forze disponibi li per distruggere la Baviera. Ma poi-


174 ché gli eserciti deii 'Ekttore e del Maresciallo Tallard erano numericamente :-,u periori. ancorché separati, a quelli che l'Impero poteva metter<: in campo. occorre,·a l'aiuto anglo-olandese, cioè occon·enl che il duca eli 1\larlborough :-,postasse le sue truppe dall 'Olanda alht Ger mania centro meridionale. :-,perando che i Francc:-,i non accorressero in forze a vanificare la mossa. Il passo seguente sa rebbe consistito in una battaglia ca mpale per annientare i Bavaresi. in linea di ma'>sima sul Danubio. Eugenio lasciò Vienna alla fine di maggio e si diresse all'appu ntamento con Marlhorough. Si trovò subito d'accordo su Lu tto col duca inglese e decisero d K l'esercito dd margra\'ÌO luigi di l3aden avrebbe dovuto trattenere l'Elettore .t nord d i Ulma. che Eugenio sarebbe anelato sul Reno a bloccare 60.000 francc-.i c spagnoli c che ~1 arlborough '>i sarebbe unito al più pn.'sto al Margr;n io. Fu fissaLo un appuntamento molto di massima sul Danubio, verso Do nauwé)rth: e Ma rlborough si mbe in marcia n:rso sud per unirsi alle truppe del ~largravio il 22 giugno a Launsheim. l Bavaresi lo vennero a sapere, indoYina rono la linea eli marcia e cominciarono a fortificare insieme ai rrancesi la po-.,izione dominante Donau~onh: lo Schdlenberg. Bisogna,·;,~ assicurar:-.i lo Schl'llcnberg per avere la città; e la città per averç la Baviera. Il 2 luglio gli Anglo-Oianclo-lmpcriali atraccarono lo Schellenberg. ~otto un fuoco tremendo e con un massacro ancor pit.'t tremendo, come g li Inglesi non ne avevano mai visti. presero l'altura ed ebbero in mano la città. Poi ~1arlho­ rough inspiegabilmente si fermò c tra lui e Luigi di Baden rc:-.wrono fermi un mese intero, permettendo al nemico di sga nciarsi con meno danni di quanto a,·e,·a temuto. HaIlegrato dalla not i7.ia dello Schell enbc rg, Eugenio restò allibito quando seppe che i Franco-Ba,·aresi non erano stati inseguiti. !\ lanciò giù il disappunto e si preparò ad accorrere a sud per b mossa successiva, sperando di ar-ri,·nn: prima di Tallarcl. Si. perché l'inazione di Marlhorough stava dando a Tallard il tempo eli accorn.:re con ifO bauaglioni c 60 squadroni - 55.000 uomini - attraverso la Sl?h'a 'era. Eugenio gli comparve impro" isamenre alle spalle, cosicché il 22 luglio Tal.lard si precipitò verso Ulma , sces(:' acl Augusta c vi arrivò il S agosto. unendosi poi al generale t\larsin e all'Elettore l'indomani. Simultaneamente Eugenio comparve sul Danubio ft<t Ulma e Do nauwòrth come aveva sta bilito. si unì a Marlborough e il 7 tenne il consiglio di guerra. Poi tornò al suo comando a H6chst~idt. Appena seppe che i Franco-Bavaresi stavano avanzando, avve rtì il collega. All'a lba dell'I l rimandò indietro la f~tnt e­ ria. la unì alla cavalleria c si assicurc'> la posizione. liberando le strade per l'avanzaw di Marlborough. Si trovarono al campo d i Eugen io a Nllinster, circa sedici chilorm.:rri a va lle di Tioch sr~idt. Fecero riposare le truppe per un giorno e partirono in ricognizion<: verso il nemico. Accort isi di loro, sia l'Elettore che i due Ma rescia lli ordinarono alle proprie truppe di fermar:,i e mandarono avanti la cavalleria in ricognizione, ricavando-


f.l GENIO, VnTOIUO AMWEO l· I.A Su;cE~SIOi\E WAGKOIA: 1700-1707

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ne la notizia dell'unione fra gli Anglo-Olandesi e gli Imperiali, ma continuando ad ignorarne forze e intenzioni. Nel dubbio, pensarono eli mettersi sulla di fensiva e ordinarono ai loro 82 battaglioni e 147 squadroni eli apprestare le fortificazioni campali e piantar le tende. Scelsero per posizione un'altura tra un folto bosco e il Danubio, la quale sul davanti digradava verso il fiumicello detto Nebelbach. La cavalleria andò a occupare le alì dello schieramento e l<1 maggior parte della fanteria venne arroccata nei villaggi di Blindhcim e Oberglau, incrociandone i settori di tiro. L'artiglieria fu piazzata in modo da impedire al nemico il passaggio del fiume prendendolo di fronte e eli fianco. All'estrema sinistra dello schieramento vennero sistemati 30 battaglioni di Marsin in posizione elevata, facendo loro occupare iJ villaggio di LOtzingen. Se e quando gli Alleati avessero deciso d'attaccare, la loro avanzata sarebbe stata ostacolata da quattro fiumicelli, l'ultimo dei quali sarebbe staw il Nebelbach, e poi rallentata c spezzettata dai centri eli fuoco minori e dai villaggi. Ammesso che fossero riusciti a superarlì. sarebbero comunque stati sotto il tiro dei cannoni e , se pure fossero stati capaci di superare anche quesro , sarebbe sempre rimasta da prendere l'altura; e la cavalleria si sarebbe occupata di loro. I Franco-Bavaresi si sentivano tanto sicuri che non presero altre precauzioni. Del resto i pochi disertati ricevuti al campo e i prigionieri, interrogati scparatamentc fornivano tutti la stessa storia: l'esercito alleato si sarebbe diretto a Nordlingcn la mattina dopo. Invece alle tre l'esercito si mise in marcia su nove colonne. Marlborough doveva occu parsi del centro: Eugenio della destra alleata. Intorno alle sette le truppe alleate cominciarono a s piegarsi in ordine di battaglia c alle B e mezza l'artiglie ria francese aprì il fuoco. Le rispose quella inglese; e il d uello contin uò per quattro o re . A mezzogiorno un aiutanre eli ca mpo raggiunse Marlborough souo un diluvio di cannonate c gli comunicò "Sua Altezza darò il segnale dell'at!acco a mezzogìorno e mezzo"1.x "Sign ori ai vostri posti.'·L'<J disse il Duca e salì in sella. l tamburi ru llarono e l'esercito a nglo-olandese marciò verso il torre nte. All'a ltra estremità dello schieramemo, Eugenio ordinò d 'avanzare. La mischia che si accese fu spavemosa . A sinistra gli attacchi inglesi si susseguirono con una violenza impressionante contro Blindheim, ma furono costantemente respinti. Marlborough allora decise d i spostare la pressione sul centro nemico, cioè s u Obcrglau, mantenendo Bli ndhei m sotto il fuoco dei cannoni c cominciò a sbilanciare il dispositivo in quella d irezione. I Francesi ne approfiuarono per scompigliare la sinistra anglo-olandese, che però s i rimise in ordi ne grazie a una provvidenziale cari ca degli squadroni danesi c annoveriani . Poi osservarono attentamente la manovra di l'vlarlborough al centro c Marsin predispose una pe ricolosa contromossa: avrebbe caricato là con la sua cavalleria. Mentre parte dell 'artiglieria britannica veniva portata ol tre il fiume per battere da vicino Oberglau e le truppe del principe di Holste in-Beck si o rdinavano


176 per cominciare l'attacco, preoccupato e non sentendosi abbastanza forte, Marlborough chiese a Eugenio la Brigata Col(;lzzìeri Fuggcr in rinforzo. Eugen io non era in buone condizioni. J .suoi attacchi non riuscivano a sfon dare il fronte nemico c la sua situazione era critica. Ma non ebbe esitazione e accondiscese. TI distacco della Brigata fugger fu provvidenziale. I corazzkri mossero verso il centro mentre Mar~in dbponeva la .sua cavalleria e caric;n J frontalmente; lo colsero su l fianco sinistro all 'improvviso sfasciando e respi n gendo la ca\ allerìa francese. Così Marlborough poté comandare l'attacco ,1 Oberglau e vincere. A destra Eugenio, fallitagli la terza carica, andò a mettersi alla resta dd!.• fanteria e guidò il quarto attacco, avvolse lo sch ieramento nemico e raggiunse fina lmente le case di Lutzingen, impadronendosi dci pezzi avversari. Imanro al centro l'intera cavalleria anglo-olandese caricava. Tallard fece appena in tempo a sah·arc la fanteria entro I3lìnclheim, ma fu accerchiato colle spallt al Danubio, mentre non meno dì 2.000 cavalieri francesi ammassati gli uni sugli altri vennero spinti dai cavalieri anglo-olandesi verso la riva del fiume - in qut punto alta da 1 a 6 metri- e precipitarono nell'acqua, dove molti annegarono. Tallard venne catturato c condotto da fVIarlborough; c dalla sommità dd lL' alture su cui si era arrampicato coi suoi fanti dopo il quarto assalto, Eugenio ' • de quanto accadeva nella valle, capì che la battaglia era vinta e cominci<'> .1 pensare :di'inseguimento. Dall 'al tra parre del frollle anche i nemici vedevano la vallata c anche loro pensarono a muoversi al più presto. Si sganciarono. defilarono per Lauingen in buo n ordine c si ritira rono in gmn fretta. Gran parre del merito della vittoria era d 'Eugenio. Sua quasi del nnto la pianificazione dei movimenti antecedenti, suo quasi del Lutto il p iano, con il tipico fissaggio al centro e sforzo eli sfondamento sull'ala visto a Zenta e che .sarebbe riapparso a Torino. Suo il peso maggiore sosten uto durante lo scontro in proporzione alle truppe disponibili. Un osservatore parziale - a favore dì Marlho rough pcr<\ cioè W inston Churchill - osscrvò, o ltre due secoli dopo, che Marsin "Coli pizì squadroni. con quasi il doppio dei battaglio/li e oltre il doppio dei

cannon i del J-Jrincipe Eugenio, era stato messo in imbarazzo per d ifendel:<>i. Aue{!a pe1jìno ceduto del terre11o prez ioso all'assalto di forze mouericamente ossai iriferiori... e non era stato in p,rado d 'a iu tare i compagni dell'ala destra ... Sono falli che attestano la gloria del Princìpe Hugenio: col stto ardore e il suo .\pirito at•eva oltenuto dai soldati -~forzi sublimi, si era batt1110 lu/lo il giorno in una situazio11e di pesante suaJtlap,gio e at•eL'Cl telll-lto jìno alla jìne f'i11iziatit •a: di più, al culmine del disastro sul proprio fronte, non aveva esitalo a ri:;yxmdere alla richiesta di Marlhorough per la brigala dei corazzieri_.. l.XIl Adesso che la battaglia era finita sì cominciavano a calcolare le perdite. Ai Franco-Bavaresi era costata 10.000 morti, 11 .000 prigionieri e 6.000 feriti, mentre gli Alleati avevano perso 4. 500 morti, quasi nessun pr igioniero c 7.500 feriti, chc recuperarono su l campo ma dì cui non si sa quanti siano sopravvissuti.


l'l!<oi,IO, VITIORIO AMEI>EOEL\~( (l i'''U"I ' 1'\( ,,0(A: 1 ~00- l-07

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Le conseguenze furono enormi sul piano militare quanto politico. Il braccio settentrionale della wnaglia francese mossa contro I'Au~tria era stato spez zaro c le truppe del Re Sole vennero respinte fin 'oltre il Reno. La situazione tedesca non era più preoccupante per gli Asburgo. Ora g li Stati germanici potevano appoggiare la causa dell 'Impero senza correre il rischio d 'essere imme diata mente invasi dai Francesi; ora avrebbero potuto forn ire denaro e truppe all'esangue esercito imperiale; ora ci si sarebbe potuti occupare a fondo dd fronte italiano. Questa era l'idea d'Eugenio e questo l'lmperatore acccrrò come piano per la campagna del 1705.

VD) Le campagne difensive di Vittorio Amedeo dcl1704 e del1705 L'ottobre del 1703 aveva visto una prima entrata in Savoia da parte dt:i Francesi, che avevano cominciato attaccando la città c la fortezza di Montmélian. La città si era arresa in frcn~1 perché la guarnigione era minima c non c'era stato tempo eli chiamare alle armi la milizia. La campagna alpina del 170 1 prevedeva che Te~~(· :-.i assicurasse definiti\·a mcnte la Savoia c sccnde:-.:-.e dalle Alpi per occupare il Piemonte. Era necessario perché. appena la ne\·e l'avcYa permesso, in marzo Vittorio Amedeo era passato al contrattacco, facendo assalire il 28 la fortezza di Chiomonte ai 6 I') uomini della colonna di Renato di I31agnac. Presala e rientrato a Susa, l'indomani Blagnac aveva valicato il Moncenisio ed occupato l.:tnslcbourg, distogliendo l'attenzione del nemico dalla progeltata e ntrata de l grosso in Savoia. La manovra riuscì. Il .30 la colonna di Blagnac hatt(· un avamposto dei dra goni francesi a Thcrmignon, liberò San Giovanni di Moriana e si attirò addosso tuno quello che il nemico ~1\·eva - 7 battaglioni di fanteria e 2 reggimenti di dragoni - concentrati ad Aiguehcllc c inoltrati a San Giovanni di Moriana il 6 aprile. Poi si seppe dell'ingrcs~o in Savoia di un'altra colonna sahaucla - 7 battaglioni e 600 dragoni -proveniente dal Gran San Bcrn:trdo. che stava puntando su Ch<tmbéry. Vi giunse il l 5 aprile , provò a li bcrarla; ma senza fortuna. Minacciata a lle spalle dai Francesi, la colo nna ripiegò su MontrTtélian poi. visto l'accrescers i delle truppe nemiche, il 2.3 s i mosse verso la Tarantasia e il 28, passate le Alpi, rientrò ad Aosta, lasciando una buona guarnigione a Montmélian, immediatamente assediata. In Piemonte era andata anche peggio. Ai primi di maggio del 170"1 Vendome aveva passato il Sesia, obbligando colla sua superiorità numerica i Piemontesi c gli Imperiali presenti a chiudersi nel sistema fortificato crcno da Emanuele Filiberto, per contt.:ndcre a i Francesi il territorio fortezza dopo forrezza e lasciare come ultimo centro di resistenza la cittadella di Torino. Era la linea difensiva stabilita dal D uca Testa di Ferro c ora mostrava la sua va lid ità.


17R Poi arri,·ò un terzo esercito francese. Era comandato dal generale La Feu illade, che, l'H giugno prese Susa, poi si diresse nelle Valli Valdesi per coprire k spa lle a Yendome, impegnato dal '5 giugno ad assediare con 57 bauagl ioni c '59 squadroni Vercelli, difesa da 13 hanaglioni e da 600 nwalieri sabaudi. Comandava il presidio eli Vercelli il generale cles Ilayes. T Franco-Spagnol i vi apriro no la trincea il 15, disturbati dai P icmontesi. che il 17 provarono a dl',·iare le acque del Sesia per allagarla, ma senza riuscirvi. Il 19 giugno le aniglierie aprirono il fuoco contro i bastioni di Santa Cht~ll l c San Sebastiano; poi i Francesi aumentarono il numero di pezzi , fecero brillare alcune mine c il 15 agosto avcnlno già aperto nelle cottine tre brecce, una ddle quali da 20 uomini di fronte. Il 20 la guarnigione lxmé la chiamara e il 2 1 agosto si arrese, prigioniera di guerra. Vittorio Amedeo aveva rischierato il suo dispositivo, incentrandolo sul campo di Cresccmino e tcmando di sostenere la difesa delle fonezzc dall'e!:>terno. ~1.1. non c'era molto da fare. Vcndome si faceva coprire le spalle da due comingcnt1. Se quello di La Feui llacle ven iva molestato dai Valclesi sostenuti da alcuni regol.tri , l'altro. di 15 battaglioni e 31 squadroni allestati fra il Monferrato e la zona <.k l'assedio, non era in alcu n modo ostcggiahil e cd era pronto ad assalire sul fìanco le ridotte forze sabaucle non appena avessero remato di soccorrere Ven:eJli. Lentamente. la forza preponderante del nemico aveva farro cadere Biel l.l, h rea - arresasi il 30 settembre col suo presidio eli 9 battaglioni - e Bard, ecciu ta vilmente dal presidio svizzero il 7 ottobre dopo quattro soli g iorni di blocco lasciando a Vittorio Amedeo Torino. Cuneo. Chivasso ed il sistema fo•tificll' > Ca rbignano-Verrua-Crcscentino. Sotto quest'ultimo si erano prescnrati il 14 ottobre 46 baltaglioni e 47 squ.t droni francesi di Vendòme e La Feuillade. ai qual i il gO\·ernarore, barone de l1 Roche d'i\llery, aveva potuto o pporne solo 11 austriaci. 1 ducali regolari ed al cuni della milizia. Arri\'ate le artiglierie d'assedio il 17. il 22 venne apena la trincea contro Jl Fone Reale. il punto più difeso perché bloccava l'accesso all'u nica comoda ' 1.1 d 'a ttacco; il 30 i pezzi apriro no il fuoco su di esso. Per prevenire l'attacco. nella none fra il 29 ed il 30 Vittorio Amedeo a\·e, .1 ordinato una so1tita eli piccheui di gra natieri. ,\ la non era servita molto e. nl'i pomeriggio del 30. Vendo me, viste le cattive condizioni del Forte lka le e 1.1 breccia apena da i suoi cannoni nell 'antistante opera a corno, o rdinò l'assalto Lo fece reiterarc. ma non gli riuscì di prendere il forte. Si dové accontentare del ridotto vicino, in cu i i suoi si ammassarono senza sa pere elle era pieno eli mi ne. Se ne accorsero solo quando i Piemontesi gliele fecero brillare sotto i piedi Vendf>mc allora decise di spostare l'offcnsi,·a contro Cresccnrino, anaccan do lo con 20 battaglio ni ed altrettanri squadroni, per dividere cd indebolire k forze sabaucle e nel frattempo assalire Carbigna no. Vinorio Amedeo ne fu informato da un disenore e fece abbandonare Carbignano, distruggendolo e ritirandosi sulla sinistra del Po.


lì9 Il 9 novembre cominciò il bombardamento contro la foltezza ,·era e propria, in cui Viuorio Amedeo face,·a alternare i reparti accampati a Crescentino . l\ell'a rco del mese ai primi 20 pezzi se ne aggiunsero 'ia 'ia altri 22, la cui attività venne contrastata sia dal tiro delle fortezza, sia dalle :--.orritc. Jl S d icembre i Francesi raggiunsero lo sp:.~lto. 11 7 lanciarono il primo assa lto; e furo no respinti . T.o rc irer:trono la notte fra 1"8 c il 9; ve nnero respin ti ancora e, di nuovo, nelle primissime ore del 9. Per tutta la g iornata e tutto l'indomani si combatté. Il 16 gli assedianti cominciarono a battere in breccia i bastioni eli San Carlo e Santa Maria. Tra mine. a-,:--.alti e bombardamenti. !>i arri\"C'> a \/arale e Vittorio Amedeo, vista la situazione, dec be di effeuuare una '>Ortita con tutte le forze disponibili. Devastò tuuo e alleggerì per tre giorni la pressione del nemico. che solo il 29 fu in grado di riprendere i tiri cl·arriglicria. lntamo le truppe franco-sp;1gnole impegnate nell'assed io erano aumentate a 60 battaglioni e 63 squadroni , mentre quelle austro-p iclt1ontesi assommavano. provinciali inclusi, a si e no 2S b<lttaglioni e 30 squadroni. L'ostinazione dei Francesi contro Verrua era dm·uta al fatto che. se non la si prendeva . non si poteYa a~:--.cdiare Torino. che in dicembre Luigi XTV a\'e,·a detto di contare di ,·edere bloccata ai primi di febbraio del 170'> . Venendo da lui. non era un desiderio ma un ordine; c \ 'enclome e La Feuillaclc fecero eli ntrto per eseguirlo, accelerando le operazioni sono Verrua. 11 2.7 fcbhraio il bastione eli San Carlo era distrutto. l'indomani venne ape11a b breccia nella seconda cint~l eli mura e solo allora VenciC>mc decise di rivolgersi contro Crescentino, élllacca ndo il campo e la ridotta d 'Ognissa nti, che lo collegava a Crescentino. la mattina del 26. L'operazione ehbe sun:esso. Arrivò a prendere la prima e la seconda parallela e poté attaccare la ridotta nella notte fra il 2 cd il .~ marzo. Il campo H.'SSe. la ridotta no. e con essa Vittorio Amedeo perse il contatto con la fonezza ..! 2 Poco dopo, il l-1. si dmé :--.po~tare da Crescenrino. per evitare la banaglia con cui i Francesi \'Ole,·ano distruggerlo. :"Jonostante tutto, :,olo il 9 aprile 170'> i 1.211 superstiti della guarnigione, dopo aver sparato tutto quello che a\·evano l' pri\'i di viveri da due giorni, a\'rebbero fatto saltare in aria tutte le fonificazioni rimaste e si sarebbero arresi. Ai Francesi Verrua era costata 6 generali, ')27 ufficiali , .10 ingegneri e 12.500 solclari morti. Cndura Verrua. V ittorio Amedeo rinforzò Chivasso. l'ultima piazza fortificata da cui il nemico poteva <.:S!>l'rl' d isturbato durante un even tuale assedio d i Torino. on era una fortezza \.era c propria. solo un si~tema di opere campa li in terra, ma sarebbe setTita bene allo scopo. L'armata sabaucla in quel periodo allinea\'a 26 bauaglio ni - l 5 piemontesi l ' LL austriaci - e 19 squadroni di cavallelia. contro i quali \'endt>me ne poteva

lZ Comun~eando solo nwdi:lllt~;· ku~·•~: i n.~c.:rilc in palle di r:mnnn~: ç;11..- 'p:1111Ll! de111ro la fon~n:t.


180 schierare rispenivamcnre 10 c 60, con cui aprì la trincea davanti al sistema fottirtcato Ch ivasso-Castagncro il 19 giugno. U30 7 suoi battaglioni, appoggiati da 13 compagnie di granatieri assalirono le due case detle ''del Truccheno", posizione intermedia fra la loro trincea e Chirasso. per ~eparare le truppe sa baude su lle alture di Castagneto da quelk a protdio di Chh·a~so !:>tessa, in modo da impedi1Yi l'entrata dei rifornimenti. Dopo un breve ~ucccsso iniziale , i Francesi, che si muo\'evano piLI lentamente del nece:.sario. giunti ad impegnare le difese dd Trucchetto troppo tardi. furono comrattaccati sul fianco c volLi in ritirata dalle fanterie ducali proven ienti cb Castagneto. \inorio Amedeo diresse tutte le operazioni sotto Chi,·asso sempre in prim 1 linea. La tensione e la fatica furono tali che, secondo i suoi contemporanei. 111 ~na '>Oia notte perse tutti i capelli. Mentre \ 'endCm1e accorreva in Lo mbardia .1 fennare Eugenio c La Feuillade proseguiva l'as~edio con 4'5 batt~1glioni e <r'i squadroni, Vittorio Amedeo, nonostante i successi d ifensivi ottenut i, nella notlc fra il 29 ed il .)0 luglio, per non farsi bloccare sotto la città con tutta l'armata. ordinò l'evacuazione dci trincera mcnri e la ritirata verso Torino. dove riparù 1l 31 con tune le truppe che era riusciro a consetYarc. I Francesi lo '>cguirono c abbozzarono un blocco, ma la -.wgione era troppo inoltrata. le loro forze indebolite dalla ca mpagna di guerra e troppo ridotte e decisero eli rimandare tmto alla primavera "ucccssiva, tornando per il momento ai quartieri d'inverno. Luigi X IV au torizz<> il differimento clcll'as~edio ma avvcrt'l La Feuillaclc eli tt' nere sempre l'orti guardie nei quartieri d'inverno. Hisognava fare attenzione scrh<;e- perché: " ... il duca di Samia 11011 dime11ticberà niente di quanto potm

fareperdanneRf.!,iar~'i durante tullo /'incenw ... " c ·· ... non dimenticherà 11iente dì quel che potrà fare per sconcertare le misure che io ho prese."L'\tll La situa%ione di V ittorio Amedeo era dispc rara. Ebbe un solo sol lievo; e per un errore d'o rtografia. La Fcuillade , prepar;mdosi all 'assedio eli Torino, volle ritime il presidio eli Acqui acl Alessa ndria e diede ordi ni in tal senso. !.'ufficiale incaricato di spedirli soissc, inn!cc eli Acqui. Asti e ce li mandò. La locale gu;unigione france~c li eseguì, sen7.a distruggere né i magazzini. né le opere clikn sire e lasciò vuota la città, in cu i s'infilarono di corsa gli Austro-Picmomesi. J..1 FcuiUadc in novembre ten tò di cacciarli , ma non ci riuscì e rimandù ancht quell'opcrnionc alla primavera seguente.

VIII) la campagna del 1705 del prindpe Eugenio Il 17 aprile 1705 Eugenio panì per l'Italia. All 'arrivo trovò il ~olito cao-.. manc-.tYano i train i; la sussisten1..a era carente sorto turri i punti eli vista; manca vano gli equipaggi da ponte: mancava il denaro ... la solita storia. Per di p iù, a differenza dd 170 l . Eugenio, oltre a preoccupar~i del le nece~ siuì logistiche del suo esercito e della condona della campagna. dm•e\'a mante-


EI'GF'<IO, VrrroRIO AMEDEO E I.A Si 'CCESSIONF. Sl"i\G'lOI.A : 1700-1707

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nersi in su·etto contatto con Vienna e con Marlborough . Il secondo gli rovesciava addosso un mucchio di lamentele per la pigra condotta dell'amministrazione imperiale, che lasciava l'esercito del Margravio a l disotto delle forze e dotazioni necessarie; ed Eugenio, nella sua qualità di Presidente del Consiglio Aulico, doveva rispondere al collega e bombardare Vicnna di missivc per far muovere la burocrazia un po' pill speditamente . La campagna si aprì male. Le truppe a disposizione d 'Eugenio ammontavano a 20.603 fanti e 7.973 cavalieri con 6.397 cavalli soltanto. Il suo obbiettivo strategico consisteva, come aveva anticipato a Vienna , nell'aprirsi la strada fino al Piemonte per soccorrere Vittorio Amedeo. Se ci riusciva, poteva evitare che i Francesi assumessero l'iniziativa c minacciassero nuovamente l'Austria da sud. Se falliva, correva il rischio eli veder crollare il Piemonte prima dell a successiva campagna. Allora , nella migliore delle ipotesi. i Franco-Spagnoli si sarebbero limitati a conservare il dominio su ll'ltalia: nella peggiore, poiché l'esercito di Venclome avrebbe avuto le linee di comunicazione libere e sicure, avrebbero ripetuto la manovra sul Tirolo. Con una serie di mosse attentamente studiate, nonostante la s ua inferiorità, Eugenio riuscì acl attraversare il Bresciano e a raggiungere l'Adda senza grossi scontri. Ora comincia vano le difficoltà c a lui non restava che un tentativo: marciare sul Bergamasco, fingere di voler passare l'Acida e, se il cugino maresciallo23 ci fosse cascato e gli fosse ven uto dietro, fermarsi all'improvviso e assalirlo. Così il l O agosto Eugenio si mise in movimento verso nord e marciò lentamente, tenendo crocchio Vcndome nella speranza c he gli venisse dietro. Uscì dal Cremasco, passò la Gera d-Adda c Brembate e com inciò a gittare un ponte con tutta calma su ll'Adda, molto a monte eli Cassano. Il Maresciallo gli andò dietro con 1. 500 dragoni tanto per vedere meglio cosa faceva. Ma, invece di segui rlo sulla stessa strada, passò l'Adda un po' più a valle, a Cassano, vi lasciò un po' di Lruppe, ne radunò delle alrrc c con esse anelò a metterglisi d i fronre fra Trezzo e Lecco. Eugenio non si scompose. Piazzò rre batterie sulle alture, fece aprire loro il fuoco a tiro accelerato c proseguì la costruzione del ponte. YenclC>rne spostò i suoi uomini lungo un semicerchio che chiudeva la zona in cui gli impe riali sarebbero scesi attraversando il ponre una volta finito. Poi mandò a c hiamare altri 15 battaglioni d i quelli !asciali a Cassano c aspettò. Il ponte venne terminato. Gli Imperiali s i affacciarono con ca utela e accompagnati dal tiro elc i loro cannoni. J Francesi aprirono il fuoco a loro volla e per tutta la giornata si scaramucciò nei boschetti e sulle rive de l fiume. Ma la notte dal 15 al 16 Eugenio fece ritirare i suoi uomini, distrusse silenziosamente il ponte, affondò i pontoni e, coll a sua abi tuale velociLà, marciò al-

l:l Vendtm1e er>t 1-ì,glio d ·una sordb dell~t mad re d 'Eugenio.


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l'auacco delle truppe france~i rima~tc a Cas~ano. A poca distan;a dalrohhicni'

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~chierò la fanteria avanti, la <.:avallcria dietro c avanzò.

TI teatro dello scontro non era dci più faci li. Dall'Adda u ~c i va un grosso l '.t naie artificia le, chiammo il l{itorto. che diH~ rge,·a a 1'5 gradi dalla sinistra dd fiume per un trarto abbastanza lungo. ricollegandO\·bi poi più a valle mcdiantl' un altro ca nale dello il Piccolo Ritorro. In ta l modo i due canali e il fiume formavano un'isola triangolare, lunga vari chilometri e abbastanza larga , la cui h~t ­ sc era rivolta ver~o Cassano. Su quell'isola <·'era il campo francc:-.e ed era collv gato a Cassano, che fra l'altro era più elevato, da un ponte di barche. che sc t vakava l'Acida ed a\·c,·a all'ingresso un fortino di pali. Il Ritorto era artra,·ersaro da un ponte di pietra alla cui uscita, dal lato -.,o praclevaro da cui sa rebbe arrivato Eugenio, si trovava una casci n<l eli pietra . P1 11 a valle le acque clcli'Adcla e del Kitorto si disperdevano in una rete di canali 11 rigui, profondi c di buona portata. che renclc'vano il terreno impraticabile .11 combattenti . Ricapitolando: per arri va re a Cassano. F.ugenio doveva prendere 1.1 c tscina in pietra, presidiata eia alcune comp<lgnie di granatieri , prendere il pon te di pietra c anran.·rsare il Ritorto, mettere piede ~tabilmentc sull'isola , tra' l'l sa rla, prt>nclcre il fortino di legno, poi il ponte eli barche c. infine. sa lire a Ca~ sano: uno scherzo. Quando la mattina del 16 luglio \ 'e ndomc ,·ide il ponte sull'Adda distrutto t nessu na traccia degli Imperiali, capì al volo le intenzioni del cugino c si preci pitò colla cavalleria a soccorrere Cassano. dando l'allarme e ordinando alla fan tcria e ai dragoni di scguirlo appena possibile. A Cassano trovò una spensierata confusione. Diede ordini a tutto spiano L' cominci<'> a distribuire le truppe sulle sponde del Rilo rlo man mano che arri,·a ,·ano. Fece appena in tempo. A mezzogiorno e mezzo Eugenio artaccò la casu na. ne m a'>~acrò i difensori, vi fece piazzare una balleria. che quindi era in po sizione dom inante rispetto al campo nemico sull'isola, c le fece aprire il fuoco. Poi occup<'> la bocca del l{irorto. don.· '>i tro,·;wano le porte di legno che regol.t ,·ano l'afflusso dell'acqua dal fiume e le fece chiudere; e il livello del Ritorro cominci<'> a scendere. Tuno q uesto portò vi ~t circa due ore, durante le quali gli Imperiali !->pararono a ritmo accelerato cb ll'ai[O della sponda sui francesi in basso nell'isola, sfruua ndo l'ampiezza del terreno libero. su cui manovravano. per non farsi colpire e darsi il cambio c approfittando della risrrenezza di qu ello dei nemici per danneggiarli il più possibik'. \ 'enclòme riuscì a tenere in rango i suoi reparti alla meno peggio, ma la cosa gli divenne difficile quando Eugenio cominciò gli assa lti al ponte. Tre volte Vendome lo perse e rrc volte lo riprese; ma alla quarta i suoi ccdettcro; e gl i Imperiali pa~sarono il Ri[Qrto pure a guado per fare più in fretta. Eugenio pose piede su ll 'isola c schierò subito i suoi in linea facendo aprire il fuoco. Ma a q uel punLo erano entrati nel raggio eli Liro delle artiglierk rrance~i poste nel castello c intorno alle mura di C:1~sano c cominciarono ;t \'enirne bo mbardati .


IH:$ i\lancavano tre ore al tramonto quando le due opposte fanterie si fermarono per una tacita tregua. La mischia era stata furibonda. l Francesi non potevano :1vanzarc e continuavano a ca nnoneggiare l'isola da Cassano: gli Imperiali erano troppo stanchi per prendere il forte ed entrambi i generali erano feriti. Eugenio aveva il possesso dd campo di battag lia, ma non era saldamente allestato su lla riva opposta. Jn quelle condi zioni, colle truppe stanche ed il nemico che aumentava di ora in ora, era inutile insistere. La sorpresa era fallita. Così Eugenio ··La notte ripassò il Ritorto. e abbaii(IOII(J il campo di Battaglia. l 'enne ad attendarsi sulla Giara d'Adda in aperta campap,na .... i morti Gallispcmi passarono i tre mila e intomo a qual/ro mila ij(!rili.''L'-f\' Eugenio continuò a studiare un modo di raggiungere il Po; ma Vcnd6me lo ten<:va d'occhio e mandò vuoto tutti i suoi tentativi fino alla fine della campagna. In dicembre entr;11nbi i general i si avviarono :1 lil' rispettive capitali per prepararvi la campagna dd 1706. Nessu no di loro immaginava che sarebbe stala quella decisiva.

IX) La campagna del 1706 fino a Torino La manca nza di fondi nelle casse asburgiche era sempre stata l'ostacolo maggiore alle operazioni eli Eugenio. L'unico modo di trm·are denaro consiste va nel ricorrere alle capaci tasche di Sua Maestà Brit:tnnica e degli Alti e Potenti Signori , gli Stati Generali de ll a lkpubblica delle Province Unite. Eugenio lo sapeva c, senza chiedere direttamen te cd esplicitamente denaro - la cosa non gli competeva - aveva tenuro il comano con Marlborough c coll e Potenze Marinimc per indurle a pagare quasi '>pontaneamente. Vari elementi contribuivano a pcmare I"Tnghilterra <l mettere mano alla borsa. Tanto il Principe quanto il Duca di ~ larlhorough erano com·imi dell"immen so va lore strategico dell"ltalia Settentrionale c ddLtlkanza piemontese. Entram bi i fattori erano apparsi e\·identissirni già a Gugl ielmo Ili al tempo della Grande Alleanza; e la situazione cm sostanzialmente la medesima d'allora. In più Eugenio poteva contare su ll 'interessamento, anzi, sul coin volgimento personale, della l{egina cl'Tnghiltc rra . Anna teneva moltissimo alb f"amiglia. Non dimenticava d'essere una Stu:ut c avrei>l)e preferito vedcrle succedere sul trono di Londra un parente anziché l'Elettore d"Hannover che da più parti le si ,·oleva dare come crede. Ora. tutti i parenti di Anna militavano nel campo a\'Yersario coll 'eccezione d'uno solo: suo cugino Vittorio 1-\ medeo Il . la cui moglie. la duchessa Anna. era sua cugina perché figlia di Enrichetta Stuart. sorella del re Carlo II di felice e gaudente memoria, e poteva vantare dei seri e fondati d iritti alla successione d 'TnghilrerT:l. Così, grazie al Duc<l di Nlarlhorough e all e p:trentclc fra i Savoia e Anna St~rart, l'Inghilterra c l"Obnda avevano messo mano all:t borsa; e Marlborougll


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stesso era vemHo a salvare il fronte sud, non come generale, ma come finani'iatorc. A Vienna nel novembre del 1705 si era accordalO per un prestito ::.peciak di 300.000 talleri, forniti dalle Potenze Marittime col preciso e vincolante swpo di paga re trurpe tedesche per l'esercito d'italia. Infine aveva negoziato un ulteriore prestito di 250.000 -;terline. pagabili a Venezia a nome esclusivo del Principe Eugenio. Nel frattempo Vittorio Amedeo aveva chiesto aiuto inviando in gennaio .1 Londra il conte Maffei, che Anna c il suo governo avevano accolto molto herw re erano venuti degli aiuti finanziari , ma non militari. Prima che fosse st.Ho possibile organizzarne. erano infatti anivate le notizie delle cadute di i'Jizza c di Montmélian, per cui né dal mare né scendendo dalla Hena nia e dalla Borgogna sarebl)e stato possibile giungere in Piemonte; c Marlborough aveva dovuto lht tempo abbandonare il progetto di raggiu ngere l'llalia Scrrentrionale dal lkno con un esercito di 10 o 20.000 uomini. l fo ndi inglesi furono disponibili a Venezia già nei primi mesi del 1706 e rono i benvenuti. Predisposto tutto il possibile, ai primi d'aprile il Principe lasciò Vicnna e l 14 pomeriggio arrivò a Hovereto, dove trov<'> la solita sconsolant e siruazionv niente equipaggi da ponte, magazzini non ancora impiantati. scarsità di mu ni zioni, i complementi non ancora p~111iti dalla Germania .... Così fu costretto .1 scrivere a Vittorio Amedeo il, annunciandogli, oltre al proprio arri,·o in Itali.l, anche la necessità di pazientare. Comunque era pro nto almeno il suo piano Era abbastanza semplice e l'aveva g ià esposto al cugino: " ... Formerò due co17Jt

ru-

uno 11el Vero11ese e uno nel Bresciano. e non tralascerò nulla per il passap,l.!,w del Po."LX"Y Proprio perché al corrente d ei movime nti francesi c avendo saputo chl' le truppe imperiali si erano accampate nel Bresc iano, a Bedizzol e, spedì in ru1 ta fretta un aiutante coll 'ordi ne eli :,postarsi !->Ubito nel luogo che aveva occu pato lui nel passato dicembre, fra Lo nato e Montichiari, sempre nel Bre:,ci:l no, pere) col vantaggio d 'una maggiore sicurezza delle comunicazioni col Trc ntino. Ma non fu fatto; e Vend6m e ne appro fittò. Nel la none dal 18 al l t) aprile si mise alla testa di 58 baltaglioni e 67 squadroni - circa jO.OOO uomi ni - c la m anina del 19 piombò sugli imperiali mettendoli in rolla nei pressi d t Calc inato. Le perdite furono tutto sommato assai ridoue. Eugenio arrivò, prese il co mando, raccolse gli uomini a Gavardo e si arroccò sulle posizioni occupate al principio della ca mpagna precedente da VendtHne, fi·a Gavardo e Salò. Poi decise di tornare in Trentino per passa re nel Veronese. traversare l'Adige e servirsene com e via di rifornimento. ta\'olta però, come aveva anticipato a Vittorio Amedeo, il suo obbiettivo era il passaggio del Po; c questo significava che aveva già preso in considerazione di risalirne la riva destra per arrivare in Piemonte. E' vero che ancora in giugno avrebbe scriuo al cugino di non potergli anticipare nulla delle prorric


185 mosse, perché sarebbero dipese da luogo in cui sarebbe riuscito a oltrepassare le linee nemiche, c che avrebbe tentato sia sul Mincio sia sul Po, ma quasi certamente la riva destra del Po godeva già le sue preferenze. D'altra parte per essa valeva quanto già detto a proposito della campagna dell'l: gli affluenti di destra del Po, tutti a carattere torrentizio, consentivano un p iù agevole passaggio; l'esercito delle Due Corone era prevalentemente sulla riva sinistra c sbilanciato in avanti, qu indi avrebbe perso parecchio tempo a spostarsi sulla riva destra e sarebbe rimasto indietro. Se pure il nemico avesse deciso di seguirlo tenendosi dall'altra pane del fiume, prima del Piemonte non avrebbe incontrato ponti su cui traversare il Po e non avrebbe pmuto disturbare la sua marcia. Non restava che incominciare le operazioni; e sembrava di assistere alla riedizione della campagna del 1701, con qualche d ifferenza a favore dei Francesi. Negli ultimi giorni di giugno arrivarono all 'Armata imperiale anche le attese truppe del Palatinato e di Sassonia-Gotha. TI 4 luglio mattina Eugenio diede le disposizioni per il passaggio dc Il "Adige stabilendo fra l'altro: " .... Se il passage potesse.. . rcussircn, sarebbe mia .intention ... cbe si cercasse di risali1-e in su ... verso il Canal Bianco per poter poi arrivare al Po:·LXVI Da là lo aspettava una marcia di 350 chilometri fino a Torino. Diviso l'esercito in varie parti, Eugenio lasciò al comando di Wetzel un'aliquota eli circa 6.000 uomini sotto Verona, per tenere le comunicazioni coll'Austria e, soprattutto, la via aperta al Principe d 'Assia-Casscl che stava scendendo in Italia coi rinforzi. Il colonnello Ba rtéc venne spedito s ul basso corso dell'Adige in avanguardia; e lui lo seguì col grosso. L'ostacolo più difficile era il primo: l'Adige. Eugenio fece varie finte preliminari per disorientare i Fra ncesi e riuscì a traversarlo. Poi forzò il passaggio del Canal Bianco e puntò al Po. T Francesi vi si e rano attestati aspettando rinforzi da Mantova; ma quando a n·ivarono, Eugenio era già passato. Aveva varcato il fiume a Polesella con un'operazione anfibia cb manuale. Sbarrate le acque del cana le sfociante nel Po per farle salire di livdlo, nella notte dal 15 al 16 luglio vi aveva fatto calare parecchi barconi caricandoli eli fanti e guastatori c protcggenclone le fiancme con parapetti e fascine. Al momento opportuno aveva fatto levare gli ostacoli e la massa d 'acqua si e ra precipitata nel Po, trascinando con sè i barconi a tale velocità da lanciarli verso la riva opposta. Appena l'avevano toccata, i soldati si erano precipitati a terra. T fa nti s'erano d isposti in linea occupando l'argine; i guastatori avevano staccato fascine c parapetti dalle imbarcazioni c cominciato a preparare una trincea. In rutto il settore i Franco-Spagnoli avevano si e no 2.000 uomini, diradati in piccoli presidii. Quelli del posto più vicino provarono a resistere, ma q uando il loro comandante fu ucciso si sbandarono e fuggirono, mentre nuovi barconi traversavano il Po colla seconda ondata di Imperia li e gli equ ipaggi da ponte. Nel frattempo il comando franco-spagnolo era stato trasmesso al duca d 'O rléans, che traversò il Po a San Benedetto Po e cercò di sbarrare a Eugenio la strada dd Modenese.


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CAPITANI 1>1 CA'"' S.·\\<

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Il Principe il l 0 agosto ~i avvicinò alle po~izioni nemiche c le lrOYÒ impo:--.1 bili da varcare rapidamente. Allora allungò b marcia fino a Carpi , I:J prese eh , po due giorn i d'assedio c vi mise un rresiclio, magazzini e un osr edale. Si noterà che fmo a questo momento la marcia non era ancora mollo , ·elon. ma era aprena !"inizio. Infatti avrebbe serino Eugenio al Duca: ··Non appena Cat

pi sarà presa e le mie disposiz ioni e.W!f.!,llile la17to per il pane cbe per il haf.!,ag!io. iu J/017 perderò un mornento ad ajjretlarmi lalliO qua11to sarà fXJSsibile.. L.'-' 11 andll se "La raison de guerre esif.!,erebhe bensì di cklogiren i/ nemico da /v!ode11a e altre piccole terre, io però non posso trattenermi. tostochè ctUJV preso solo Cwpi."t.xvm lnfin<.' un'altra grave incognita era l'attçggiamenlO che avrebbero tenuto 1 nemici. Comunque anda~sero le co~e. in quel momento la presenza delle tru p pc di Filippo d 'Orléa ns nella zona era un impiccio. che Eugenio eliminò con notevole acume preannunciandolo a Vinorio Amedeo in una lettera dd L' ago sto: "Se 8/i Assianifossero ,~ià arrit·ati e il Corpo del Ge11erale \retzelfJotesse ap,l-

re ojjensil•omente tirandosi t•en>o il basso Op,lio ej(Jsse in stato di spinp,ere le operaz ioni sull'altra ril'a del ?o. questo potrebbe facilitare il soccm:..o.''L'\I'\ lnfan1 quando a metà me-,e i rinforzi arri,·arono. Wetzel eseguì gli ordini eli Eugenio L avanzò ve r~o sud . Passò il Mincio a Vakggio e attaccò e sconfisse il genera il' francese Méclavy nei pressi eli Goito. inseguenclolo poi verso il Chie~e. Informato. Filippo ci'Orléans agì come era logico aspettarsi: abbandonò l.t zona di G uastalla con tune le truppe. rigu ~td agn ò la sponda sinistra del Po l' marciò al soccorso di Méclavy; e così facendo lasciò Eugenio libero d'andare in Piemonte. Intanto, presa c· presidiata anche Correggio, il 9 Eugenio era arriva to a Rq.( gio Emilia . Saputo delle mosse eli Wcrzcl e del conseguente decampamento di Filippo ci'Orléans da Gua~ta ll a. il giorno stes'>o Eugenio scrisse a D aun: ··sta/lo! te dopo mezzano/le parto con l'Armata e marcio ce1:w Parma." 1xx Poi imbocco la via Emilia e ava nzò. Il l H era a Serra,·alle c mandò al cugino la tabella di marcia 2·• in base all.1 quale rrcvcdeva di raggiungere • iua Monferraw il 29 agosto. La rispettò in p ieno. Il 27 annunciò a Vittorio Amedeo il p roprio arrivo c di voler: ..... rendermi in persona da V.A .R. e d ·assicumrla nel medesimo tempo del

miei projbndi rispetti. a/lende!ldo ... i suoi ordini per sapere dol'e io ra deh!Jo trol'are, per prendere misure giuste e w~-;ai necessarie in una congiu11tu ra cost importante.·· LX XJ Lo stc~so giorno l'Armata imperiale varcava la Bormida a Borgorauo e il 29 il Tanaro ad lsob d'As[i, spingendo l'avanguard ia fino a Villafranca.

~· "Pro)!_t'llo. Dicml/o agosto. .\cnrttalfe: Otcittllllutoe, lrrl 1-'ivren::uo/n e f'iacen::ut: \t'li/i. so.,frt: \ i.•ntu1to.

jì'(l l'iacen:::a <' Castel San ( :ioramti: l (•11/idue. \tmdd/a; l l•utitri>. l bgh<'IYI: l 'enttqual/rr•. so.,la, \ i•llticinqt~<' Ctt,tdnuoco di \'<·nl'ia. \ 1•11/isei. oltre /losco: \ 'euli.<el/e. Ca.,fl'illllfJ/'0 Bormida: l'eli/olio..<osta. \ i•lltiiiOl'l'. . \1.

::a della PaRIW . :tllt>~ato :tll:t len~·r.• :t \'inorio Anwdeo ~tx-tlll:t il !H ·'~'"'o da ~~·1r..l\ .tlk. rip. in PIERI. ul JXI).:. J')').


187 Lasciati ad Alba gli equipaggi pesanti e gli inabili a l servizio, l esercito proseguì. Eugenio trovc'> a Villa nova d'Asti una scorta piemontese di 200 cavalieri che lo accompagnò verso Ca rmagnola dove incontrò Vittorio Amedeo. Erano le quattro e mezzo del pomeriggio del 29 agosto 1706. Il 31 l'Annata imperiale arrivò a Villastel lo ne, poco a sud di Torino, dove ebbe luogo l'u nione alle truppe ducali e "con salua Reale del!AJtiglieria si festeggiò il termine felicissimo della lunga e jàticosa marcia:·t.XXII intanto Vittorio Amedeo non e ra restato co lle ma ni in mano. Tutto ciò che gli era rimasto era Torino c, prevedendo lo scontro finale, da tempo aveva fatto progressivamente potenziare. in gran segretezza, il sistema d i mina e contromina della cittade lla. Nessuno immaginava quanro pericoloso fosse diventato c fin dove si estendesse. Poi aveva fatto fortificare i sobborghi, abbattere tutti gli alberi c demolire tutte le costruzion i della campagna circostante, per amplia re b visuale ai difensori cd imped ire agli assedianti di ripa ravisi. ella primavera del 1706. limitandosi a lle difese visibili e calcolando anche il pe rcorso delle mura urbane, la cima cittadina si svil uppava per 12 chilome tri ed e ra protetta da 21 bastioni - d ue elci q uali pere'> e rano interni, rivolti dall a cittade lla verso la città -e da 226 cannoni c 28 mortai. Le scorre ammontavano a 370 tonnellate di polvere da sparo ed a 5 mesi eli viveri. li problema di un eventuale assedio di Tori no era staro studiato ne ll'estate precedente, in Francia, dal miglior esperto dell'epoca, cioè Vauhan , c he aveva indicato la necessità d'impiegare 55.000 uomini in alrneno tre mesi di lunghe e complicate operazioni, investendo la cinta muraria da tutti i la ti prima di riuscire a conquistare la cituì . 11 suo parere non fu ascoltato; c nella primavera del 1706 si erano prcsenrati sotto La capitale sabauda 45.000 fra nco-spagnoli con circa 250 pezzi2" d'artiglieria. La Feuillacle conlava c.l'utilizzarl i solo contro la citradella, incentrando gl i sforzi sulla porta militare del Soccorso, situata fra i bastio ni di San Mau rizio e de l Beato Amedeo. In sostanza voleva ripe te re q uel che e ra stato fatto a Verrua l'anno prima, ma le fortificazioni della cittacldla di Torino e rano mol to poco rilevate sul p iano eli campagna e difficilissime da colpire, perché il tiro di retto non riusciva a essere abbastanza radente, cosicché la maggior parte dei colpi finiva sulla recrostante città. l cannoni erano efficaci solo se p iazzati in un unico punto- e si vedrà poi cosa successe quando vi furo no messi - e non c'erano truppe s ufficie mi a chiudere completamente l'anello intorno a lla città, perché 4B.OOO uom ini accorreva no per coprire il Duca to eli Milano c fermare Eugenio coi rinforzi imperia li. 2' Come al sol ito. le cifre v~•rbno ~econdo l:1 n o n:1<:a che .,i legge. comunque t: ~<sod;lto che i Francesi a1·cvano da un massimo di 2SO, secondo BruneL. a un minimo di 2.:\1, secondo Hlondel. pezzi d'an iglie•"ia di vario genere c ca libro.


lHH Per questi motivi La Feuillade era convinto di dover agire contro le regok: se le avesse seguite non avrebbe concluso nulla. Le prime operazioni di accerchiamento cldla città iniziarono il 12 maggio t' procedettero lentamente. Il 17 giugno Vi!lotio Amedeo, bsciò in Torino la fanteria , poco più di S.OOO p iemontesi, ·1.500 austriaci,26 H battaglioni di milizia civica ed un reggimento di milizia !>UI>u rbana. gli artiglieri cd alcuni Gtv;.tlieri per un totale appro!-.simati\o di 20.000 uomini. Affidò il governo della città al marchese di Caraglio, iJ wmando dt>lla difesa al conte Daun c si clire~sc a Carmagnola con circa 4.000 c.tvalieri. La Feuilladc piantò l'assedio e si mise a inseguirlo. Gli storiografi ~ u ccessiv i avrebbero stigmatizzato la sua intelligenza accusandolo d 'aver perso inutilmente tempo; ma in realtù "11 duca de !.a Peuillade l'Oiel'a pr(>ndere la c ittà di 'f òrino per m ezzo della cilladella (> la cittadella per mezzo del /Juca"l.C\\lll, cioè pensava - non a tono - che, una volta cauurato d Duca, avrebbe risolto Ja qucstion<:> imponendogli la resa della citt~1 c la pacl' colla Francia. Per questo. con 10.000 uomini c "!2 cannoni, era partito <>ubiw .ti suo inseguimento. Se avesse avuto il Duca in mano, poco gli sa rebbe imponato che le operazioni sotto le mura avessero proceduto lentamente, venendo - co me accadde - ulteriormente ostacolate dagli assediati con numerose sortite. Ma il 9 luglio. dopo averlo agganciaw c perso a Cherasco, La Feuillade cv-.. sò l'inseguimento. Vittorio Amedeo si era ben asserragliato con 6.000 uomini in Val Pellice: c a lui non restava altro che tornare ind ietro c terminare le opera zioni d'approccio alla cittadella di Torino. Il l i luglio cominciò il duello; ma non diede ai Francesi il vant aggio che speravano: tutt'altro. A causa delle ridotte scorte di polvere. il comandante ddl'artiglieria ducale. Giuseppe ~ !aria Solaro conte della J\ largarita, clecbe di abbandonare il normale sistema eli fuoco generalizzato e, per la prima volta al mondo, concentrò il tiro d i tutti i pezzi su determinali obbicttivi c !>o lo al m o mento o pportuno. scoprendo, o im·enrando. quello che sarebbe poi -;raro o> nosciuto come principio del concenrramemo ciel fuoco. Applica ndo tale prinl i pio acl un 'attenta coopera7.ione colla fanteria, il marchese di Caraglio. il contt' l)aun. e Solaro della Margarita inflissero ai Fra ncesi delle perdite spavemose in uomini c, ~oprattutto, in materiali. l-3 isognò cornunque aspettare il 20 agosto perché i Frann:si riuscissero fin:d mente a piazzare una batteria d 'assedio nell'unico punto da cu i ~i porevanP battere efficacemente le mura. Conrcmporaneamente i minatori ducali la rag g iunsero con una ga lleria e. nella notte fra il 23 ed il 24 agosto, la fec<:'ro saltarv in aria con tre mine. distruggendo lo spalto delle piazzole e 13 dei suoi 16 can noni: fine dei bombardamenti efficaci .

.!<>La n-1.1/IOnt.: Oaun - meglio nola conw D.IU!l Hackhr~·n

dice " fola/ de la Rlll'll Ali nmWI<'IIC du.,l< ,t:<

l) 996 .. Di <Jill''li. ".9Hl vr:tno pu.:monl e~t Sè('ondo l'anon irn<' l?aP.,P,Uagliu 1-1iomale.


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La parola tornava alla fanteria. l Francesi fino allora erano entrali 111 contatto solo colle opere difensive antistanti le mura e, quando nella notte dal 26 al 27 cominciarono ad an·icinarsi a quelle esterne, furono sanguinosanwnrc respinti. Torino però era ormai agli estremi: le munizioni erano poche e la guarnigione decimara. ~elle loro lettere a Eugenio, sia Vittorio Amedeo sia Da un a' vvnno battuto su due soli tasti: soccorsi e polvere da sparo. Soprattutto la seconda mancava. L'inten'io fuoco dell'artiglieria ciuadina ne face,·a consuman: quantità assai superiori al previsto; c con molta fatica se ne era riusciti a far g iungere un po' in città. Non ci fu eia sorprendersi se in agosto F.ugenio 'ieppl' da Da un che, visti i consumi giornalieri , era rimasta poh ere solo fino al 12 s<..'ltembre, poi addio. Non solo per quC!>ti moli\'i la fine d'agosto vide l'interesse dci due contcndemi accentrarsi sulla citrà come mai prim~t. Eugenio era arriYato; \ 'ittorio Am<..deo er:1 uscito dalla Val Pellice colla cava ll eria rimessa a nuovo c stava rad unando tutte k milizie provinciali possibili e guanto era rimasto di forze cl'ord1 nanza; infine il Duca d'Orléans. battuto \Vetzel in Lombardia e costrettolo a n piegare, aveva preferito non agganciare Eugenio, ma correre a unirsi a La Feuil lade per affrontare insieme i tentati\'i austro-piemontesi di ~blocco. L'a rmata di Filippo d'Orléans arrivò a Torino il 29 agosto. Le sue truppe l '>.000 fanti c 3.000 cavalieri - riportarono a 44.000 uomini - :34.000 fanti ~..· 10.000 ca,·aliL'ri - il dispositiHl delle Due Corone e la zona di circom·albzion~..· venne divisa in tre sellori. Quello da sud a ovest, che fronreggiava la citradell.t. cioè il semicerchio fra la riva sinistra del Po e la destra della Dora re-.,tù a L.t feuillade; quello a nord. un rettangolo fra la Dora e la Srura, sua parallela. d.t Lucento fino alla confluenza di en trambi i f'iumi nel Po. venne a ricadere soli<> la responsabilità del Duca d'Orléan'>; l'ultimo. il semicerchio opposto, quello -.,u rutta la riva destra del Po, da sud a nord passando da est - cioè il settore clclk colli ne - toccò ad Nbergolli. Il 31. dopo quasi dodici ore di cannoneggiamento preparatorio. i Frane< ) Spagnoli lanciarono e fallirono un secondo assalto genera le. La sera stessa il Duca d 'Orléans scrisse al Re: "L 'armo ta del principe r:u;w n io ha passato il Tanaro e la testa si è gicì congiunto co11 le tmppC! di ..Honsigno re il duca di aooia." 1.XXJV Proseguendo, prospettò due possibilità: rimanere ad aspettare entro le line<.. di circonvalla,donc c controvallazione un eventuale anacco dei nemici, oppun: dato il rischio d i vedersi tagliare le comunicazioni con la Lombardia o la Fran eia, "dare loro ballaglia e c 'è da lusingar~i c be sarebbe fmtunata ... .Ifa le co11SC'

p,11e11ze di quC!sfi duC! partiti sono cosi' graui cbe m i accontento di rappresentar/e a Vus/J'C/ Maestà e non mi deterrni11erò per l'uno o jJer l'altro partito Sr! IIOJZ ili seguito ad UJJ ordinepreciso della "\1aestà l 'ostra.''1'\\'\' Ma Yersailles era lontana e solo il 6 serrcmbre Luigi avrebbe firmaro la ri <>posta; e sarebbe stato troppo tardi .


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TI Consiglio di guerra francese rifiutò l'idea di dare battaglia agli AustroPiemontesi. Era su ffi cie nte rimanere entro le linee e ins istere ne ll'assedio per far cadere presto la città. Filippo si rassegnò e le truppe restarono ai loro posti. Jl 2 settembre Eugenio e Vittorio Amedeo fecero occupare Chieri da un distaccame nto di 1.200 cava lieri e 500 fanti e s i spinsero in ricognizione in cima alla collina di Superga 27 da dove potevano vedere disegnarsi ai loro piedi tutta la pianura, intersecata dal reticolo de lle linee francesi. In quel momento erano entrambi decisi a dare bauaglia, ma dubbios i sul modo di farlo. Avevano già scartato l'ipotesi eli altaccare dalle colline che, se ofti'ivano il vantaggio d 'u n minor tenlpo per lo spostamento dalla zona d'attesa alla base eli partenza dell'attacco, presentavano l'inconven iente eli avere tra sé c la città delle fortificazioni di circonvallazione fortissime e saldamente appoggiate al terreno. Restava dunque solo l'ipotesi d'un attacco in pianura- per questo erano saliti a Superga - ma da che parte ? L'osservazione dei due settori di pianura dello schieramenro nemico fornì la soluzione. Poiché la parte fra Dora e Po - quella di La Feuillade - era cinta da circonvallazione e controvallazione. mentre il settore del Duca d'Orléans aveva tutta intera la controvallazione ma, fra Dora e Stura, era privo eli circonvallazione, era evide nte che là, dove essa rnancava , si trovava l'unico punto in cui si poteva attaccare con qualche speranza di s uccesso. A dire il vero i gene rali francesi - La Feui llade per primo - non credevano possibi le un attacco in quel tratto, sia p erché il terreno sembrava impraticabile a un esercito, sia per un motivo puramente tattico: attaccare da là s ignificava precludersi a priori qualunque possibilità di ritirata. Dietro c'erano le montagne e, in caso di sconfitta, l'esercito attaccante sarebbe stato distrutto senza speranza. Chi mai avrebbe rischiaro tanto? Eugenio decise di po1tare fino lì l'a rmata , facendole compiere un largo giro, da sud a nord passando per ovest, e di coadiuvarne l'azione con un corpo speciale. Quest'ultimo avrebbe dov uto accostarsi alle fortifìcazioni ne miche da l lato opposto, quello sulla destra d el Po, venendo da sud-est, in modo da distogliere i Francesi dall 'idea eli lanciare attacchi contro l'ala destra c le spalle del

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A qut-~lo p unto hisognerehht: dire chL· Vinorio Amedeo fece vOlo di <!rigt:!rt' un o.antu ~rio: e i lwt:!re pare proprio di no. Il l<:'mpio votivo po i cretto a Superga deri\'Ò da u n'idea success iva. Il 13 febbra io 1707 Vittorio Amedeo ~nisst:! <li bea lo Sebastiano V~Jfré. uno elci p iù accesi animatori della dit<,,.;a del l706, di a,·er riflettuto al tipo di devozione che si ;.arehht- potuta pratic<Jre in ringraziamcmo dd la vitto ria o ncnuta dicendo chi:! "Ad bonor della l ergine jJofrebbP dedicare fa çbiesa, çhe finir neffa çilladelfa. ò a Sopeq~a. ò in altro luogo, dediçandù l'Affar maMiore afl'lmmacoltlta OmçellùHw di M. l '. e ~li clflri due Affari a fii aflri de mi;tert' per cui. come si vede. a mmes~o. come i:: probabile, clw ViHorio Amedeo ave~se f<tuo un voto per ntlenere 1:1 Vittoria di Torino t' :1111mes~<o p urt· che l'avc~sc fauo su l collt: d i Supt:!rga la st- r:1 del 2 ., ell emb rt• te non è detto) ccrtame niP non dm·e\·;t aver dcci~o in cosa consistesse, se cinque mesi dopo ancorc1 non aveva le idee molto chiare.


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EL'GE'llO, Vrrroruo A,\tt:DEo r LA SuccE~~lONE WAG'IlOLA: 1700-1707

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grosso austro-piemontese finché non avesse terminato il passaggio sulla riva sinistra del Po. ln seguito il corpo speciale si sarebbe dovuto tenere sempre sul lato opposto della città rispetto al grosso e, accostandosi alle colli ne, sarebbe servito da deterrente nei confronti di Albergotti, rimanendo minacciosamente fermo nelle vicinanze. Infine doveva star pronto a spedire a Torino un convoglio di polvere e viveri appena se ne fosse presentata l'opportunità. Il 4 settembre l'armata alleata, forte di 30.000 uomini e articolata su tre colonne, passò il Po a Carignano e andò a fermarsi s ul Sangone, fra Mirafiori e Beinasco. Contemporaneamente il corpo speciale, comandato dal conte di Santena e forte di oltre 9.000 uomini , 28 seguendo una rotta divergente di 45 gradi a destra rispetto a quella del grosso, si spostò da Carmagnola a Ch ieri. La sera dello stesso giorno i Francesi lanciarono l'ultimo assalto generale a lla cittadella di Torino. Furono respinti con gravissime perdite. Il 5 la marcia degli Austro-Piemontesi proseguì verso Rivoli, sempre su tre colonne, tenendo sulla propria destra, a ono chilometri di distanza, le fortificazioni francesi. La colonna eli destra comprendeva la fanteria. quella di sinistra la cavalleria, la centrale i carriaggi e l'artiglieria: in pratica lo stesso schema adottato da Eugenio nella marcia fatta lungo il Va llo Romano subito prima di Zenta, il che avrebbe permesso di sch ierarsi in battaglia immediatamente con un semplice fronte a destra di tutto il dispositivo. Comunque gli assedianti non si mossero, anche se il giorno prima il Duca d'Orléans, pur convinto come rurti gli altri s uoi generali che mai e poi mai il Principe Eugenio e il Duca di Savoia avrebbero osato attaccare, aveva proposto di nuovo di uscire e dare battaglia. La notizia della marcia e di uno scontro al castello di Pianezza depresse i soldati francesi e fece venire i primi dubbi ai generali. Poteva essere il primo atto del paventato taglio delle comunicazioni, ma poteva essere anche qualche altra cosa. Che aveva in mente Eugenio ? Dove stava andando ? Forse sarebbe stato il caso di chiudere colla circonvallazione pure il lratro fra Stura e Dora; c vennero emanati ordini per cominciare dall'indomani , 6 settembre . Il 6 settembre 1706 l'armata dei Savoia pass<') la Dora ad Alpignano, a monte di Pianezza , e andò a disporsi fra la Dora stessa e la Stura, spalle alle montagne, fronte a est, perpendicolare a ll 'estre mità dell'ala destra del Duca ci'Orléans. Dall'altro lato del Po il conte di Santena si avvicinò da Chieri alle linee francesi ed ottenne il risultato voluto eia Eugenio, perché "il duca de La Feuillade e il signor Maresciallo di ]I!Jarsill non vollero sguarnire le alture per timore che il nemico p,el/asse da quella parte socco1:'>i in 7<>rino:·t:XXVI 28 Erd composto dai reggimemi t r ordinanza rnonoballaglione pit>momesi Croc;e Hi:.tnca e Sama Giul ia; dai provinciali Pinerolo (ora 13° Reggimento fanteria ·· va lhella"). Saluzzo. Carmagnola, Fossano, Mondovì. Ceva, Alba c Savigliano, da un banaglionc di Va ldesi. dai reggimcmi imperiali Dau n e Rcg:1J c dal Reggimento Dr<~goni di Picmomc.


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Da Torino il conte Daun vide accesi su lla collina di Surcrga i fuochi che gli annunciava no !"imm inenza della banaglia e tenne pronto il suo corpo d 'operazione di 2.100 uomini - 1.600 tra fanri e militi cinadini e ')00 cavalieri - con 6 cannoni: sarebbe stata la rrentaquanresima sortita dal principio dell'assedio. In e~ec uzion e degli ordini riccvuti, le truppe francesi .scavarono un lungo trinceramento di controvallazionc fra la D ora e la Stura, preparando un [).trapetto pron·isorio, roco alto e poco spesso. con avanti un fossato poco profondo. Inranto l'artiglieria anda,·a a piazzan ·i )9 pezzi. pari a una media d 'uno ogni cento metri circa. Il Signo r dc La Feuillade, cedendo alle reirc rate e insistenti richiesrc di Monsignor Duca e del Maresciallo Marsin, consentì a rinforzare il loro settore spostanciO\·i 6 battaglioni c 34 squadroni dei suoi. Tre persone scrivevano qud giorno. cl campo fuori Torino, il Duca d 'Orléans: una lettera allo zio Luigi XIV ribadendogli che avrebbe voluto uscire d.tlle linec per attaccare, " ma questi Sif.!.nori, ai quali per i loro lumi e la loro esperieJzza debbo credere f>iJì che in me stesso. ci trot•ano tali/i e così importmtti inCOill'ellienti che Jl(Jn è oppor/tulo. nel mio JI(U'iz iato di comando. pre/l{lere sul mio solo parere una decisione così gral'e... e se noi fossimo così forttllltlli c/]( i

nemici ci a/laccassero, cosa cbe non oso n é sperare né temere, procurer() solttlllto ... di 11011 dure cttltiui esempi alle truppe di Vostra Maestéi." I.XXVII A Versailles. Luigi XIV, rispondendo alla ~ua precedente lettera: .... . che.. m i fa conoscere la situaz ione dijjìcile nella quale t'i !1-ol'a/e per le condiz ioni delf'assediu .... l oi mi domandate ordini su quello che dot·etefare e mi dite cbe mi credete che il solo m ezzo per pret•enire i mali da cu i siete minacciato.... sorebbe qu ello d i dare hallctf!.lia. QIIWlltmque io sia. come l'Oi. persuaso cbe il risultato 11e sarebbe }tll'orerole credo... che sia pitì prudente di non arri.sçbiorl'isi... e penmre llllicamente a conserl'ormi quello che mi resltl di.fanter;a e impedire a/nemico dijètre ocutpaz ioni nei territori della domillaZi017e di Spagna ... Prendendo tjuesto partilu. che mi sembra obbligato, 11011 è possihil<: coJtlimwre l'assedio di 'J(,ritw ... quello c be l'i scril'O t'i autorizza sufficielltemellte a fa re quello che stimerete pitì coltl'eniente per il be11e del mio serl'izio e se mi hw rete l'assedio. come J/Oil bo mutil•o di dubitare. prendete liti/e le misure neccssurie."1..>'X\ . 111 Ma il sospirato pcnnesso sarebbe arrivato trop po tardi, perché. al campo della Venaria , scriveva in quel momento Eugenio: '·Domani. a O io pia cendo. si marcerei contro le linee nemiche 11ei modi prescrilli e nelf'ordi11e scguente ..." LXXIX

X) La tattica d'Euge nio Delle tre più grandi \ 'ittorie di Eugenio, Torino è in assoluto la maggiore. Le sue disposizioni per la hattaglia prevedevano, come a Zenw c poi a H hc h sr~id t,


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un'avanzara in ordine di hauagl i a all'alba e l'inframmez;amcmo del!" artiglieria alla fanteria. presentando una pr~1gmmicità noteYole .\la la cosa più notevoll' d i tune è la non preorclina;.ione dei movimenti succcs~ivi. In tulle le sue cliposizioni, adesso a Torino c di nuovo a Helgraclo nl'l 1717, Eugenio presnissc sempre in dettaglio il modo d'effettuare la prima mos~a . ma ordinò sempre che, dopo averla effettuata. si dovesse valutare la situazione e poi decidere cos:.t fare. Ovviamenre lui aveva ben chiaro in testa l'ohieuho da raggiungere. ma sapeva che meno si preorclinano le mosse proprie e meno si tenta di indm·inarc quelle del nemico. pil'1 i:: facile controbanerle. per la famosa regola secondo la quale. se si pre\·edono cemo mosse che il nemko potrebbe fare, sicuramente lui effenuerà la centoum:sima, che nessuno poreYa prevedere. Oi conseguen;a Eugenio muo\'eYa, ossen·ava, decideva ed agiv;l: ed ogni volta agì per il meglio. Per quanto riguarda la disposi zione delle truppe al l'auacco, si è già accenna to che fra ordine in colonna e ordine in linea Eugenio non ebbe preferenze c che, anzi, adoperò una miscela di entrambi. Torino fu un esempio latnpante: l'ordine in colonna - e per colonna ~·inrendeva allora non qul'lla lunga e compatta di ti po napolconico, ma semplicemente una successione di ono o al massimo dieci righe di fanri - come emerge dalle "dispositions" di Eugenio ,·enne adoperato a Torino colle colonne come le si imende\'a allora, ma e..,tendendole molto in linea, se si considera che auacd> '>tl otto colonne, il cui fronte era lungo più di tre chilometri c mezzo, mentre quello di un singolo hauaglionc - circa 500 uomini presenti - si aggirava sui lJ50 metri . .:'-Jé ci si deve stupire per questo peculiare impiego della fanteria. Eugenio era infalli nmo ai suoi tempi non solo come un maestro nell 'impiego di css:1. ma perché pure ·-t 'uso d ello p,rande art(qlieria. ICI resistenza colla ccwalleria k~O,.I.!, iero erano argome11to d ei s11oi stlldii."L'V'(X In altre parole. non era esperto dell'impiego d'un'arma sola, ma eli quello coordinato eli tutte insieme. Era una necessità per chi comharte,·a contro i Turchi. Conrro i loro assalti in massa \a levano sia l'imen ...ità sia la durata dd fuoco e, una YOita messili in crisi, occor-re, ·a un-ulteriore grossa spallata finale, per la quale erano necessarie una velocità e una massa d'urto che solo la Gt\·alleria era in grado d i forn ire. La durata del fuoco era ottenuta da Eugenio con un'al tenta d isciplina del tiro di fanter·ia: p iù volte infatti ordinò, come a Torino, el i sparare solo segu endo gli ordin i dci superiori. L'intensità del fuoco in vece c r;l determinata da l citato inserimento elc i pezzi in prima linea, che era il sistema più rapido cd efficace per fronteggiare l'enorme e costa nte superiorità numerica degli eserciti turchi contro quelli imperiali. la prima grande battaglia in cui Eugenio a\"e\·a comandato c \'into da solo, ~enza imerferenze altrui, ciol' Zenta. era stata un c~cmpio di questo suo impie go dell'artiglieria. E per chi con-;idera Eugenio un ufficiale di cm·a lleria , è sor prendente vedere quale priorità assegnò in quell'occasione all'impiego dei ca nnon i, adoperandoli come rucili: :.1 cliswnza ravvicinata e nei luoghi più avanzati lungo il Tihisco con un o ttimo risu lta to. Zcnw fu. a l utt i gl i effetti, una battJglia


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CAPIT·\ \il Ili C.\\;\ ~ \1< ''"

'ima dall'artiglieria, in cui il Principe si curò molto anche della fanteria e n m eccessivamente cldl 'impiego della propria cava lleria. Il f::ttto è che Eugenio non cm, non fu mai . un uf'fìcialc di cavalleria in wnso stretto. Si. è vero, a\·eva cominciato nei dragoni. ma a quel tempo erano t mteria montata, non vera e propria cavalleria, per cui sapevano comhauere "su i/ cì pied soil à cheuat 29 e eli l'alli spesso rendeva no meglio a piedi che a cavallo . La conoscenza coll'impiego ddla fanteria risali,·a in lui proprio alle gtH.'ITl' conrro i Turchi quando. gi<)\'ane uffìciale, si era trovnro a do\'er combanere negli assedi più sptsso che in campo aperto. Le campagne in JLalia gli avevano poi dato il modo di sf1·•trtare a fondo le sue conoscenze nell'impiego della cavallt'll,l ma. contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il principale teatro in cui .,i trovò a operare in Italia - la Pianura Padana - no n era, e non è, un terreno adatto alle manovre di grand i masse di cavalleria. Troppo intersecata da can,tl1 v fo:,si irrigui, solcata da troppi tìumi. presidiata da troppi po'>ti fortificati - citt.l. cittadelle, castelli o fonezz.c - la Pianura Padana è un luogo in cui senza fantcna non si vince e quasi nemmeno si manovra; per questo Eugenio prima ddl.t campagna del P OI m·e\'a detto che in Italia la fanteria era " necessarissima... Un 'ultima innovazione, passata di solito sotto silenzio, è quella ncll'impi\.·go della fanteria leggera in ricognizione e avanscoperta. Tradi7ionalmcme si ritll' ne che b fanteria leggera '>ia stata adibita a questi ~ervizi saltuariamente solo .1 ranire dalla seconda metà del Secolo :>..'VJJT e po i li abbia assunti in pianta '>l,ll>ile con Na poleone. ln rea ltà non fu così. Chi aveva combattuto contro i Turchi conosceva la duttilità d'impiego delle milizie confinarie e. se ne ~l\·cva. le adorerava . Chi invece non a\'cva esperienza contro i Turchi ma d isponeva di qu.dcosa d 'a nalogo ai Confinari , ne faceva pure largo e buon uso. Per !imitarci all'I talia, vedremo l'impiego di Croati c Varadini in a\'anscoperta da pa1tc dell'.trmata di Carlo Emanuele JIJ di Savoia già nel 17-±"i alla Madonna dell'Olmo, o th mi li zie regnicole - nel G ISO specifico Valdesi - in occasioni analoghe. Eugenio - e come lui Villars, che pure aveva mosso i primi rassi comro i Turchi - adoperò di tanto in tanto b fanteria leggera. in avanguardia c in avanscoperta. 111 modo naturalissimo. Del resto si trattava per l'a ppunto eli Confinari - Croati, L1ssari. Varadini, Licani - i quali. come c meglio elci dragoni, potevano essvr~..· impiegati sia a piedi sia a cavallo cd offrivano, con tale duttilità, un'ott ima solu7.ione alle esigenze della ricognizione vicina e lo ntana. A Torino Eugenio lì adoperò in avanscoperta su ll 'estrema ala sinistra.

XI) Torino Dunque, all'alba del 7 senembre 1706, cioè poco dopo le 5 e mezzo dd mattino, .. a Dio piacendo", l'armata alleata marci<) .. contro le linee nemiche !Wl !.'! Smr a pied. smr fÌ dwral mo11 llmmeur est sa11s <'f.(ar t: i l molto del -1 ° lkgginwnto <.,c:nm·a Ca\ .Ili< ri.r. che ri;~llacda le Mll' tradi.~ioni al d"ciolto lkggimento Dr~rgnni del Gl'neve:w


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modi prescrilli' mentre il nemico ancora dormiva: c gli diede una brusca s\·eglia: "Alle sei de/matti/IO Sua A!Jezza (il Duca d'Orléan~) .fu az•t•isata che i IU?mici marc:iazww ~·erso di noi in ordine di battaglia. il sif!.170r di ,~farsin 11011 potet•a ancora persuadersi cbe i 11emici t•olessero allaccarci per dcwuero. Sua Al-

tezza Reale dispose rnep,lio che poté le poche truppe e lllmldò ordine a qllelle pilì vicine di accorrere; ma no11 giu17sero hl tempo:·L'<X)ZJ "Credo che non t!i j'ossero pi1ì di 16-1 7 bal!aglioni Slflla linea quando i nemici f'allaccarono: le truppe che poterono interl'enire arricarono ansanti e solo quando i nemici at•et'Cl/IO già forzato la nostra destra ed ermto penetrati nei nostri trinceramenti."L'V.."JI

e lla confu sione pill totale le truppe francesi del ~cuore nord corsero ai propri posti. mentre richic~te di rinforzi venivano spedite in gran fretta a La Feui lbde. Euge nio non soltanto a,·eva p reso il nemico completamente di sorpresa, ma era pure riuscito a realizzare il sogno di ogni comandantt:: a parità di forze ne l teatro opermivo - 44.000 f'r:lnCcH.pagno li contro c irGt <12.)00 austro-piemontcsi.30 - aveva la superiorità di seuore; e l'a\'eva in modo ~chiacciante: sarebbe andata dai 3 a 1 del principio dello scontro ai teorici 2 a l della fine. Ai suoi 30.000 uomini pronti a combattere - 2--l.OOO fanti. :).)00 cavalieri imperiali c 2.500 cavalieri piemontesi - il Duca d'Orléans e il ~l a resciallo Ì\Iarsin potevano opporre solamente R.OOO fanti c '5.000 ca,·alieri. che ~archhcro saliti a comple~­ sivame nre 16.000 uomini all'arrivo dci 3.000 dragoni dw La Fcuillade si stava sentendo chiedere in quel mo me nto dai loro dispcr::lti dispacci. Pe r el i più la posizione fran cese e ra brutta pure come collocazione sul terreno. li seuore nord occupJva una s pecie di rettango lo avente s u un lato corto i nemici, sull 'altro. opposto. il Po e come lati lunghi la Stu ra c la Dora Ripari~t. Dall'una all'altra e vicina e para ll ela al Po. correva la strada che da Torino. scavalca ndo la Dora subito fuori della cinà, ,·areava anche la Srura c infine si biforcava. proseguendo ,·erso AoMa c Chivasso. insomma: la posizione rrancc~e era una trappola; c ~c ne poteva uscire solo da tre parti: dal ponte stradale che immetteva a Torino da Po rta Palazzo - imprnticabile pe r ovv i motivi - da que ll o della strada per Aosw e Ch ivasso c he varcava la Stura, da un terzo e u ltimo ponte: que llo su lla Dora, ne i press i del castello di Lucenro, punto forte dell 'a la sinistra francese a ridosso della prima li-

nea . L'idea di Eugenio e ra semplicissima. Voleva sfondare l'ab destra avversaria e, con un mm·imento scm icircolare. come un·ampia l'alcima dalla sua sinistra alla sua destra. awebbc Ja~ciato ai nemici due sole scelte: andarsene altra\'erso

°

1 Cioe .30.000 uomini del gm"o 'olio l:ugenio e \ 'iunrio Amecko. 9.000 col Corm: ùi Santena e 55-o .lbili dc·lla g u;lrnigiom• (ai qu;rli .mdn:hhe1o ,;ommati, H>lendo, p ure i l'irc;r S.OOO uomini componcnli gli H bauaglion i di milizia u rbana).


19H il ponte eli Lucento prima che fo-.'>e troppo tardi o far-.i inchiodare colle .... p.dlc alla Dora. Insomma: avrebbe tagliato al nemico la \'ia del ponte sulla Stura e, facendo perno più o meno su Lucento c col concorso della sortita d i Daun da Port a Palazzo, contava d'aprirsi il passo proprio verso Porta Palazzo e sbloccare la cittù. L'a la sinhtra alleata anebbe dO\ uto , ·ibrare il colpo più fonc c sfond 1re. per q uesto motivo vi si trovavano Eugenio e Villorio Amedeo,-~ 1 al quak· ne spettava il clin..·tto comando. e un maggior numero di cannon i. Fra le lJ c mezzogiorno lo .,chieramcnto alleato era completamente pronto c, essenclo:-.i fermato, come a,·e,·a stabilito Eugenio, fuori del raggio cruu 1ne dei pezzi nemici , era ancora intallo. Lentamente i soldati alleati avanzarono in ordine chiuso c col fucile in :-palla sotto il fuoco dei fanti e dei <:annoni a'' crsari. A dicci passi dal nemie< -;i fermarono. puntarono, mirarono c lasciarono partire una scarica micidiale. poi attaccarono al la baionetta. Il primo attacco fu respinto. Intervenne la seconda linea c. mentre il combattimento infuriava. partì un num·o attacco -.ulla sinbtra. Più o meno in quel momento, gli ussa r i riferirono a Vittorio Amedeo eli ·'' L'r trovato transitabile e completamente sguarnito il leuo della Stura, parzialrlll'll!C ritin.Hasi in quel periodo dell'anno: era la ncmesi della palude di Staffarda. \ rttorio Amedeo prese tutti gli u:,sari, le sue Guardie del Corpo c alcune compagnie di granatieri. scese nel letto del fium<:, oltrepassò l'csrremitù dell'a la rwmica risa lendo la sponda in modo da trovarlcsi d i fianco e alle spa lle e l'atta( cò. La sorpresa riuscì in pieno e dencrò il successo alleato. L'ala de-.tra franCl'"t -.i sfasciò c ripiegò in disordine. Allora la fanteria imperiale si divise in due: l' una pane convergé a destra l' proseguì l'auacco contro la li nea nem ica crodendob. Così racendo aprì però LI n a fall a nel propri o t-.chieramcnto. La C l valleria francese allora caricò, ma la fanteria prussiana l'affrontò in ordine chiu:-.o e la rc-.ptn-

sc. "AccorsC' al disordine il Principe Eu[!.enio; e ajji·elfoti i f!.twstadori, perché o mpliassero i passap,p,i. quando li vide assa i a llarp,ati. spi11se il Gen emle Viscontz-3 2 con i Corazzieri. e co 'Omgoni Tedeschi a cm,ollo co1ttra la cal'a/lerici delle TJ11e Comne:·LX..X.'\111 Mentre i proiettili nemici gli uccidevano un paggio c un valletto, Eugcn•o ebbe il cava llo co lpito sotto eli sé e precip itò nel fossato del tri nceramento. Ne ricmerse indom ito. inJangato c insanguinato, chiedendo un altro cavallo e ordinando eli attaccare ancora.

11 F per qlll''lo motiH> 1 2 ~(K) (·avalien l' dr:~goni pil'lll<>lllt:'i erano ,l.lll ripartiti fra k brigale d1 '·" "lkria d1 'llll,.,tra. dne in ler/.:t line,t lprim:~ di l,l\.tllt:ria) F;~lkl'll'letn e \lon.l,tl·rolo e in quana (~econda th <.t' .llkri.l) '>uV-t:'ndorlf t: Tornon . •<! \'i~cunu .1 ., i ni~tra e il Principe d'A~'i:l D:Hilbladl a dl'~l ra comantbvann le brig;t lt' d i cwa llt:rb n>l11 pom•n1i l'intera ll'r/:1 linea allc.lla. cht: al l't>.,lrl·lll;l ala ;.inistr;l comprend,·va qut:llc di blkt·n,ll'in e 1\lon."l'' rolo..il t't'tUro GreH·ndorf t::-,, h<·llardt t: a d,·,u:l ,\lartign~ e Hon.n 10nc.


199 lnfaui la caYalleria france:-.e si era riorganizzata .... . fJitì addietro. e presentò /"ordinanza . .finché fu di mwco.fèrocemente caricata dallo stesso l 'isconti. e dal SiRnor di Langallaria collo seconda linea,33 anzi dolio stesso Duca di Sacojo.

che alla IC!sta deDrawmi e delle G"ardie Pù.>moltlesi puf!.nal'a con ardore. il map,gior numero di gente o CC/l'olio oppresse il minore. e lo Cal•alleria Gal/ispa'w della diritta, rotta con istmp,e, e con prigionia dC!"Copi, se J?e./Ì(~~~~ parte di /tì della Dora, parte attrauerso la Stura a Ciuasso. e poi sul Milan ese. La Fanteria. uedendosi ({/)bandonata. si rijitg_qì in dit'el:\·i luoghtL'0..;...I\ scappando o ripiegando a grappoli perlopiù , ·erso la ~ladonna di Campagna al cenn·o dello schieramento della loro ormai dbsolta :-.econda linea - e la retrostante comrm·allazione. Fino a quel momento l'ala sinistra francese ave\ a reno bene. Saldamente appoggiata al Castello di Luc:ento, rinforzata da ll'arri\'O dei 3.000 dragoni appiedati ceduli da Le Feuillacle c animata dalla presenz:1 di Filippo d'Orléans e del Maresciallo M;usin, aveva respinto tutti gli att<tcchi dd generale Rhebinclcr c del Principe di Sassonia-Gotlw. La lotta era stata dura, Fi lippo eli Borbon<..: era rimasto ferito alranca e av<..:\a ricevuto tre colpi di fucile nella corazza. ma era restato al suo posto fin quando, quasi contemporanean1l'nrc. non accaddero due cose: le truppe della de'>Lra attesm tcsi alla .\ladonna di Campagna furono tra\ olte e lui e f\Iarsin vennero fe riti; Marsin moltalmente: lui a un braccio. ma in modo tale da essere costretto a ritirarsi dal campo di battaglia. E subito dopo "il Principe Hup,enio. dopo d'al'er l'eduto il Genera/ Visconti

co 'Corazzieri dar addosso a· nemici; caualcò frellolosttmenlf! alla s11a dirilla l'erso la Dora e recale colcì lmone JlltOl'e della sinistra ntezzo l'ittoriosa. rinuigon' i suoi a nuouo assalto. col quole sormontarono le riiiiCIIIenli lriltcee.''txv:.xv Allora le linee imperiali si aprirono per far passare la cava lleria, che caricò, tra\'Oise e mise in rorta i France'>i delrala sinistra, nhhligandoli a fuggire verso i pomi di Lucenro. A Lucerne la guarnigione del castello, appoggiata dai dragoni, riuscì a bloçcare i Tedeschi del Principt> di Sassonia-Gotha, permencnclo così ai resti dell'ala sinistra di passare la Dora senz~1 troppi inconvenienri. fcl frauempo Daun aveva attentamente seguito la harraglia dalle mura di Torino e, verso mezzogiorno. g iud icando g iunto il momento opportuno, era uscito da lla città attraverso Porta l)alazzo coi suoi 2.100 uo mini e 6 cannoni. Quando arrivò sul luogo dd comhartimcmo. dato che la pane dello schieramento nemico a lui più d cirw e ra già crollata. si diresse su l.ucento, lanciò i suoi cavali<..:ri contro il castt'llo e lungo la Dora per tagli~tre b strada alle truppe H 1..;1 "-'contb linea di Gl\'allt·n.l, ( h~· ~·•·• quindi la quarta dd lo '>< hu.-ranwnln .1lkalo, era gli ordmi dd k hnga1e Sinzendorl e lornon, :d n·111ro Uau(• (dit'lro GreH·n dori'), a <kMra \\'ber (che coll.t ~ua .,inhM:t n1rri1':1 parzia lmente k ~p.tlk d<· ll:t dt·,lr:t di Sdwlla rdt ~col la tk 'lrJ <'Ontpktamemc quelle di .\la rtigny l , . lki~i ng. 1\<'n~r.lk· l..ang.lllt:ril.' e comprend~1·: 1 , .1 -.m,l r;~


200 in ritirara , poi dispose i suoi 1.600 fanti e militi dietro il centro franco-spagn olo, anch'esso in ritirata, ed aprì il fuoco. Vista la situazione, il presidio di Lucento diede fuoco ai magazzini poi, pressato da tutti i lati, passò i ponti sulla Dora e li fece saltare, bloccando temporaneamente l'avanzata imperiale. ma tagliando la ritirata ai commilitoni del centro e della destra che, presi tra Daun, il principe Eugenio ed il fiume, poterono solo arrendersi. Intanto sotto Torino, ignaro eli quanto accadeva, La Feuillade stava assolvendo al suo dovere cannoneggiando la città quando, verso mezzogiorno. arrivarono i primi fuggiaschi dal teatro della battaglia. Laceri, disarmati, in disordine e terrorizzati, passarono fra i suoi reggimenti spargenclovi il panico colle poche cose che sapevano ingigamite dalla paura: i ponti saltati, Luccnto persa, l'esercito massacrato, gli Imperiali in arrivo. Le voci si d iffusero in fretta e i reparti sotto la città, temendo di venir p resi in mezzo da ll a guarnigione e dagli Austriaci, s i disgregarono e si clicclcro alla fuga, abbandonando armi, carriaggi e materiali. la battaglia era finita. Intanto Vittorio Amedeo ed Eugenio entrati e s ubito '·sorti/i dalla Cillcì sul lv/onte del Valentino, osservati i movimenti nemictLXXXVJ si accorsero che era in atto una rapida e disordinata ritirata. Un frettoloso cons iglio tenuto da quelli dei generali francesi che erano scampati allo scontro - TI Duca ci'Orléans si teneva a malapena in piedi, Marsin era stato raccolto su l campo e giaceva moribondo Ln una cascina, dc Murcey era starro catturato, Albergorti era al suo C{)mancJo sulle colline - aveva deciso l'abbandono completo dcll"assedio c il ripiegamento su Pinerolo. Contro le colonne in disordinato movimemo, i due Principi eli Savoia lanciarono ancora la cavalleria. Nella notte i movimenti militari prosegu irono. L\:.sercito fran cese in rotta continuava acl afnuirc alla meno peggio a Pinerolo. ca llona to dalla cavalleria austropiemontese, che doveva sorvegliarnc i movimenri. Un'altra parre "sempre inseguita dap,li Imperiali, si ritirò in quella sera al quortiere della Collina, non ancora ahhandonata."LXXXVIJ Albergotti infatti continuava a tenere la posizione, ma a none, "L'edendusi chiuso ogni adito, e m.uniti li passi dalla parte di Chieri dalla truppa e numerosa gente co/letizia comandata dal conte Santena, e così intercetto ogni ritumo nell1talia, deliberarono di abbandonare quel Colle, che ben temeuano sarebbe stato loro sepoltura, per ritirarsi alla citlà di Pinerolo. Come infalli parlinmo dopo la mezzanotte e si ritirarono da quello, che indi jiA occupato dal conte Santena colla sua truppa.".Lxxx.vm La mattina seguente i primi rapporti rivelarono un'insperata e inattesa vcrit~ agli Alleati. Sapevano di aver colto una grande vittoria, ma la liquefazione del le truppe nemiche da tattica la tramutava in strategica c la loro fuga verso Pinerolo, allomanandole da lla Lombardia e dall'unico esercito efficiente rimasto alb Due Corone, la rendeva definitiva.


201 Le cifre delle perdite lo dimostravano perché qul'lk dell'esercito di soccorso ammontavano a 9<f7 morti e 2.30 1 feriti, mcmrc le franco-spagnole. senza calcolare un gran numero di disertori, tutt'ora imprecisato, erano invece 2.'550 morti c 1.500 feriti, sommando ai quali i 197 ufficial i e i '5.210 soldati cattu rat i, si ric.rvava un complesso d i circa 9.'500 uomini. In più i Francesi avevano abbandonato i magazzin i di viveri, foraggi c armamento intatti, riuscendo a bru ciare solo la maggior parte della polvere da :-;paro. Vennero quindi trovati o ltre •LOOO fra muli, cava lli e buoi da traino, 220 pezzi - 164 cannon i e 56 mortai - ed enormi quantità di materiale d'arriglieria. Commentò Eugenio: "C'ome l 'ostra ,IJaestà imperiale si de!!,nercì di rilet•are g raziosissimamellle dalla SlllllmeJit(Jl'C/fa relalion. i> stato co11quistato Lm discreto

lllllnero di ca/1110/li e il Duca se li è presi tuili, lamentcmdosi di al'erne perduto qua e là una grande quclltlità. l o non ho fatto veruna obiezione e solo mi sono fallo scegliere e consegHare alcuni piccoli cannoni eia ctunpag na :·L'\XXJX Infatti anelò tutto a Vittorio Amedeo, insieme alla cassa conteneme 22.000 luigi d'oro c a quattro ·'gioielli con ritratti del Re'' valutari complessivamente altre 60.000 lire. i poteva comincia re a rimeuere in piedi l'esercito ducale.

Xli) La conquista della Lombardia All 'indom ani della battaglia di Torino la situazione del Duca ci'Orléans era disastrosa. fra morti, feriti. dispersi, prigionieri , cliscnori e disarmati, i suoi uomini erano ridotti si c no alla metà; l'unica forza m i.li tarmcnte ancora valida era quella di Albergarti c persisteva la mi naccia degli Alleati . Infatti "S.A .R. ed il PrincifJe E11genio .. .fecero dai J~,C?II erale Martigny Wl! la

sua bri!{Cifa di cal'alleria occupare e premunire i passagp,i della Dora e Pianezza, per impedir loro og ni ritorno nello Stato di ,\ filcmo... bal/eron o di n11o t'O il nemico e /'insep,uirono l'alidamente sino alle t•icinanze di Pinerolo. da doce poi. sforzata quell'armata jirp,gilil'a dalla manccmza de'ci·ueri. si ritirò den tro i colli t•icini a quella cillà ... e Jnalmente si ricol'erò poi tu/fa nella prol'il/eia del Delfinato e nel/i coufini della Sauoja .'·~C D'altra parte così si era pro nu nciato il consiglio d i guerra francese, in considerazione dell 'impossibil ità di raggiungere le fo rze ancora prese nti in Lo mba rd ia senza essere distruu i per strada. E quando i Francesi si rit i r~rrono oltre le Alpi , Et1genio e Viuorio Amedeo si volsero all'eliminazione delle residue sacche eli resi~tcnza in Italia. Cominciarono dal Piemonte. cosa facile perché la disrmzione delle fortezze nelle due precedenti campagne a,·e,·a lasciato i francesi senza nessun appoggio per cui, coll'aiuto dei reparti provinciali e della milizia, recuperarono in bre,·issimo tempo tutta la regione, respingendo il nemico pure dalla Val d 'Aosta e dal forre eli Bard. Dopod iché la marcia fu cl iretta su Vercell i, staccando un corpo ad assediare Chivasso, che cadde con tutti i 1.000 uomini d i presid io in pochi gio rni ; e


202 la stessa sorte ebbe Crescentino. mentre l"esercito alleato ~ · impadroni\'a .Id grossi magazzini nemici della zona. TI passo successivo fu su ~ovara. TI pr<::sid io era piccolo rispetto all'esten -..ione delle mura - HOO fra italiani, spagnoli <:: S\'izzeri - c pure coll'armamento dd cittadini non aveva possibil ità di difendersi. per cu i il Governatore ahbandonù la cinà il 20 settembre con tutli i suoi uomini. Il 22 gli Alleati passarono il Ticino sorto la protezione di 12 pez7i e di akune compagnie eli granatieri. Il 24 erano a Corsico, a meno di sette chilometn da Milano, in cui entraro no nel pomeriggio dd 26 sctternbre 1706. Bloccato il castello. i due San>ia proseguirono la marcia dirigendosi ' er-..o I"Adda. per costringere 1\ léda,·y ad abbandonare le sue posizioni fra quel fiunw e l'Oglio c n ritirarsi nel Mantovano. Lodi 'enne hloccma e si arrese alla prima chiamara. cioè alla prima ingiunzione di resa. Daun vennl' poi spedito ad ~1s:-.ec.Hare Pavia, i cui 2.000 uomin i di presidio non sembravano disposti ad arrendersi tanto in frena. Ma dopo pod tt.' cannonate. per 1<: pressioni della popolazione e della milizia urbana. il co m.lndame francese fu costretto a chiudersi nel castello, da cui uscì l'indomani pl·r ca pitolazione con tutti gli onori militari, lasciando agli lmperiali un magazzino viveri ben forniLo cd una buona dotazione d 'artiglieria. Poiché le piazze da prendere erano ancora mo lte e poco il tempo pnma della ritirara ai quanieri d'inverno, i due cugini si divisero. VitLorio Amedeo .'> i occupò di Pizzighetto ne; Eugenio di Tortona e Alessandria. La città di Torton;t si arrese '>pontaneamente. consentendo agli Imperiali di incominciare suhito ti blocco della cittadella. Alessandria decise d i resistere, ma nell a seconda dcc.tde d 'ottobre le si incendiò ed esplose un magazzino di polvere, cosicclté il Gon·tnatorc. conte di Colmenero, il 21 accettò di arrendersi c. anzi. passò al sen i;to imperiale, incominciando una carrk:ra che l'm rebbe condotto molto in alto. Mentre Vittorio Amedeo si dava c.Ia fare sotlo Pizzighettone, cht.• col \'icinn forte della Gera . o Ghiara. d'Adda costitui,·a forse il più duro osso di tutta t Lombardia, a\'Cndone ragione il 29 ottobre, grazie alla concessione al JXC'>itltn dell'uscita cogli o no ri m ili tari e quattro cannoni, i generali imperiali prcnd<.'' .lno tutte le altre fortezze- Arona, Trezzo, il f01te di Fucntes. M01tara ... - c -.. pv di\'ano pattite di ccl\'alleria lungo il corso deii 'Oglio c nel Cremonese. Le notizie d i tanti d isa~tri arri varono anche a Lu igi XlV c al Du ca d'Orléans c li convinsero a tentare un ritorno offensi\'o in Italia. Fi lippo eli Borbone radL · nò truppe, armi. carriaggi, quadrupedi e cento carri di tende e com·ocù i su<,i genera li in Consig lio di guerra a Briançon. Dapprima si pl:nsù di far sbarcare La Feuillade con alcuni bauaglioni in Liguria per soccorrcrl: To ttona e riprcn<k re Alessandria: ma, prima che fosse pos~ihile cominciare. Eugenio l';n ·cva gt, sa puto e si era attestato nella zona con forze tali da scoraggiare in pan cn z.t l'impresa. Eugenio iporizzò una calata francese aHraverso la Svi7.Zl'ra e '· .. . così bo rc-

f>lllalo a ncbe opportuno ... sopraucedere affincbé 110 11 sia concesso al nem ico


203 rentll passage per la Sl'izzem."'i.CI Allora i France-.i di<.xk' ro circa 1.000 uomini al marchese de Vibray per prendere la Val <JAosw. ma i generali barone di Saint-Rémy e la Rochc d'tdlery gli tagliarono la strada. Restava un'ullima ipotesi OJX'rativa: scendere subito in Italia con tutto l'esercito. Commentò Eugenio: " f)a/ co111o mio non posso il! l'ero comprendere come la menlovata Armata, la Cfllrlh! /;a tanto sojlerto ed è pril'tl di lui/a l'artiglieria, del bagagc e dei magazzini, possa acere in me111e di re11ire a nu.>l/ersi ili paese nemico ora cbe la saisnn è collit 'CI, perché l'anno è p,icì mollo a,·ancirt; lifllal'ia è certo eh 'essa ha ricel'uto do/ s11o Re /"ordine posiri' . di sboccare di nuol'o 11ella plaine. ·•XCII ~la alla fìne proprio Luigi Xl\' sospese la mo-.sa c richiamò a corte il nipme. La notizia tranquillizzò il comando austropiemontesc c k fortezze continuarono acl arrendersi. La ciuadclla di Tortona, presa d 'assalto, cadde il 28 nc)\'embre col massacro della guarnig ione , comandanti inclusi; Casale Monferrato, scn za mura dalla fine della Guerra della Grande Allenn7.a, p rima del principio elcil'assedio capitolò col Duca di Savoia l'uscita elci feriti c ckgli ammalati. La guarnigione si diede poi prigion iera eli guerra dopo 13 giorn i. il 6 d icembre. Vista la mala parata. al lato opposto della Lombardia i Francesi e\·acuarono Castiglione delle Sti,·iere c Guastalla dopo a\·erne demolite le fortificazioni e '>i chiusero in l\ lantm·a. 0!-.tiglia l' nd Scrraglio. prendend<)\·i i quartieri cl'im·erno colle vctto,·aglie prm·enienti dal Ferrarese e dal \ 'eneto. I:cscrcito imperiale seguì il loro esempio. Eugenio distribuì la cavalleria nel Cremonese c nel Mantovano, dispose il blocco delle piazze rimaste sorto le insegne di Filippo V c delegò \XIetzel all 'assedio di Modcn:1 , il cui presidio francese d'occupazione, visti gli Tmpcri ;di che scalavano k rnur:1, si chiuse nella cittadella fino a febbraio, quando '>i arrese al Duca di t\ lodena sopraggiunto nel frallempo. Hesrava ormai soltanto il castello di Milano. ma Eugenio non a\'C\'a fretta. c;ia perché aspettava che la fame facesse senrirc i .suoi effelli. sia soprattutto perché erano in ano le trarrati,·e per t·e,·acuazionc dci Francesi dall·Iwlia, cosa che avrebbe implicato la caduta del Castello di Milano per abbandono da parre d'un:t buona metà della guarnig io ne. Così fu. Luigi XlV aveva tanro bisogno di truppe in Fiandra c in Spagna clll' non riteneva di potersi pennellc re il lusso eli tenernc ferme in Italia; e alla mel<Ì di dicembre aveva dato o rd ine a Sa int-Parer eli sondare il Principe Eugenio. Il sondaggio si era tramutato in negoziato c. il H marzo 1707, i plcnipotenziari francesi Saint-Parer e .Ja\'elier e quelli imperiali Daun e Sch lick sottoscrissero il Trattato. In ba~e ad esso i Francesi avrebbero abbandonato il Castello di ~Iil ano e le piazze e cirraclcllc di 1\lanto, ·a, Cremona, Sabbioneta. 1\li randola. Valenza c Finale Ligu re: si sarebbero concentrati a Susa, portando con sé non più eli l-1 pezzi di grosso calibro e 2"1 da campagna, con '50 colpi per ognuno dei primi c 40 per ciascuno dei secondi. Oci viveri amrm1cchiati nei lo ro magazzini potevano prendere quel che volevano c vendere il resto. i disertori austropiemontes i


20-t arruolatisi sotto le loro band iere avrebbero avuto il perdono c il pe r mc~so di tornare ai reggimenti d'origine c, infine, ci sarebbe stato uno scambio eli tutti i prigionieri fatti in I talia. Il trattato era esteso agli Spagnoli c. ratificato da \ ·audémont a MantoYa il l ·t marzo c da Vittorio Amedeo Il il 16 a Torino. pro,·ocù. come previsto, la resa del castello di Milano.

Xlll) L'assedio di Tolone All a fine del 1706 la situazione generale del conflitlo era abbastan7.a lluida. benché tendenzialmente a irrcvcrsib ile sfavon.: dei Borboni. [n quel momento i fronti europei erano !>Cmpre quattro - Germania. Fiandre, halia e Spagna - ma solo il secondo c il quarto erano realmente ani,·i. Dnpo IWchst~idt la Germania riposava tranq uilla, dietro le linee di Stollhofen c grazie a Marlborough che anraeva su eli sé in Fiandra ogni pericolo . La Spagna non poteva essere determinante finché non ne fossero stati climitì<lri i Francesi. Era un problema che in particolare gli Inglesi a\'e\'<100 studiato c ritenevano di averne tro,·ma la soluzione. Secondo loro un arracco al tenitorio mctn }politano francese avrebbe i.rlU1lcdiatamente risucchiato dalla Spagna ogni soldato di Luigi XIV. Stabilito questo, restava da vedere dove fosse possibile vibrarne uno: e non c'era molto da scegliere. Esisteva una sola possibilitù: eseguire il ,·ecchio piano della Grande Alleanza e im·adcre la Fr.mcia da sud. dal Piemonte. In linea eli massima il progetto venne approvato da Torino e da Vienna, d.t Eugenio c da Vittorio Amedeo come com::tndanri sul campo, da G iuseppe I e Carlo d 'Asbu rgo corne parti dinastiche in causa; ma quando si andò al lo studio dei modi e dei tempi d'attuazione, com inciarono i guai. Le trattative c le pressioni diplomatiche si trascinarono avanti per un pezz< poi si inasprirono e, davanti al crescente malumore inglese, alla fine l'impre..,.l fu decisa. Per la verità Eugenio no n era per nu lla allettato dall'idea di va rca re k Alpi Marittime, passare il Varo c C<lCciarsi con armi, bagagli, cannon i e cavalli per oltre 160 chilometri di stretti c tortuosi viottoli di costa fino a Tolonc. Sape,.a bcni~simo che la Mrada strategicamente piLt redditizia per un attacco contro la Francia era quella attraverso le Alpi, in Savoia e poi in d iscesa dri tti su LionL' e, maga ri , su Grcnol>le. Così sa rebbero sta te minacciate al medesimo tempo b Francia Meridionale e quella centrale c, volendo, si sarebbe potuto marciare verso nord, \'crso la Franca Contea. i \'osgi, il lkno. l\Ja l'l nghilrerra voleva 'l'o ione; e senza imparare nulla l'a\Tebbe H>luta ancora nel 17'-!6 e nel 179.1: e sempre il risultato sarebbe stato lo stesso: un fallimento. Così, quando Lorcl Peterborough gli prospettò il piacere che Sua Mm:stà britannica avrebbe avuto di una marcia su Tolonc, Eugenio, ricordandosi chc la medesima !\laestà britannica c le Province l nite mantenevano i 20.000 palarint. assiani e prussiani che costituivano la quasi totalità dell'esercito imperiale, "ohtorto coll o" accettò.


20')

L'impresa andò male fin dal p lincipio e, con molro campanilismo, duccenrovent'anni dopo le attribuzioni di ogni colpa agli Au'>tro-Piemontesi sarebbero .'>tatc fmle riecheggiare da Churchill, il quale avrebbe dichiar:.no che la marina ingle~e aveva fatto tutto il possibile <..: buona pane dell'impossibile ma che "ora, nel 1707, va ripmtato che il p,forioso principe guerriero .. 11011 si mostrò al! altezza dell 'evento"XCill perché "Non capiuet il mare... non capit,a la stratep,ia anjìbia:·XCIV La verità è ben diversa. con buona pace degli storiografi anglosassoni, erano gli Inglesi a non capire un bel nulla e furono gli Inglesi a compromettere la spedizione. Vediamo cosa accadde. "L 'impresa fu tenuta segretissima: però l'i si diede pri11cipio tardi a cagione delle 11el'i. che non si dilegua11u cosìpresto sup,li AppeiiJiiJii'3 1XC\' che bisognava traversare per raggiungere da l Piemonte la Contea di 'izza. Comunque, se anche la neve si fosse sciol ta prima. non sarebbe stato opportuno avanzare subito verso sud, perché gli impegni prevedevano eli non muoversi altro che eli conserva colla flotta anglo-olanclcse. destinata a raggiungere la Riviera in maggio. Solo che, per le complicazioni vcrificatesi in Spagna, la !lotta vi si srava arrarclando e sarebbe arrivata dopo il pn.:,·isto. Fra marzo cd aprile Eug~:nio c Vittorio Amedeo fecero uscire lentamemc Il' truppe dai quartieri d'im·erno, l e dblocarono nei ntri !>bocchi alpini, concentrandole specialmenrc a Ivrea, Cuneo e R.i\'oli. e. come speravano. misero i franco-Spagnoli nella più toLale ince11ezza. A Busca, nel cuneese, erano stati raccolti pill di 40.000 alll'ari3~ ch iaramente destinati all'im·asione della Francia, ma da dove? Tessé non sapcv~1 dove concentrare gli H:) battagl io ni.36 e 38 squadroni con cu i proteggev~t il Dclfin:tto c occupava la Savo ia: a nord o a sud ? Poi il 28 giugno un informatore mandò una no tizia apparentemente c.li poca importanza: il Reggimento piemomesc delle Guardie si era spostato da Rivoli a Cuneo. l generali francesi capirono subito: 1c Guardie anda,·ano a sud: segui\'ano !>empre il Duca: dunque il Duca andant a sud: allora gli Alleati volevano in\'adere la ProYenza: e l'unico ohbienin> che \'Ì si n·m·ant era Tolone: Tolone e la flotta ! In gran fretta e col terrore di far tardi, ··Jf Maresciallo di Tessé, scoperta la spediz ione nemica in Pro/ 1<!1/Zct, leuò quasi tut/a la Fonteria da 'posti uelle Alpi, e la indirizzò a Tolone. Ordill(), cl.?e s 'istradassero i11 uarj corpi, i quali uia[!,p,iando su dirillura pilì brel'e nel proprio Paese. fWJH'IIIIero i primi nella Piozza rn i11acc ia. la:· '\C\1

\t Alkpoca non ~i f;tC<'\;1 molti difll.'H.'Ill;l fra ·\lpi \lariuime e \pp<:muno nordcx:cidemale: di 'oli10 ri l'Olr.l\ .1110 fr.t gli Appennini 1\llle le motll;tglll' dll' di,·ide,·ano lerrilori il;th.tlll l'nttht• '\in~• lo er.1 JX:r uad•/.toni, hn~u.1 e ~·nstumi- le rnomagn~· ~hc 1.1 w paravano dal Piemollll.' <:r.lllo <\p~nnini.~~ Fr,1nn .W.OOO Imperiali, ~.000 l'.tl.umi. (l 'iOO Pru~,.,iani. 2 'iOO '>a"" <;olhe'i. -.000 l'it'momcsi. 16 Se(ondo altre fomi 111 panilol:t r~· 1.1 Storia del Reg11o di l 'tl/(lrio .llltl'd!'> Il di CARLITI I - i b:tllaglioni di Tc..,se s:m-hlll.'ro Mati 70: invece lllll i '''lltllrano ""sere d'accordo Mt i jH 'quadron1 di c.i\':tlleria.


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Alla fine eli giugno dunque 30.000 alleati - il grosso della fanteria c mctù della cava ll eria- articolati in quattro scaglioni procedenti a un giorno <li distanza l'uno dall'altro. marciarono alla liberazi one della Contea di ·izza. 11 IO l'"tvanguardia arrh·ò in vista di l'\iZ7.a , <;enza grossi danni. Infatti i Francesi st ~l\ ,mo sgomberando rulli gli avamposti, lasciando un centro eli resistenza nel castello di Montalbano e concenrrando tutlo quel che potevano su lla destra del Varo. Per d i p iù Vittorio Amedeo aveva spedito il colonnello Cavalier con armi . munizio ni e denaro a :-.o lle\·are i Camisardi - i protestanti francesi delle Ce\ enne dando altre preoccupazioni a Tessé e contribuendo ancor:t di più a sgomberare la Provenza dalle truppe nemiche. Vedendo la strada libera, 1'11 gli Alleati avanza rono per forzare il Varo a San Lorenzo. in prossimit~ì della foce. in modo da giovarsi dell'appoggio delle aniglierie navali inglesi. L'azione fu condona a tenaglia mediunte un auacco frontale di fissaggio da pane dell'appena anivato secondo scaglione e un aggiramento da nord opera to dal prilllo, che passò il Varo ~1 La Tou r du Pugct e piombò sulla sinistra nemica, obbligando i 7 bauaglioni <.: 4.000 miliziani Francesi ad abbandonare la riva del fiume che pr<.:<.,idia\·ano. Infine, l'avYicinamento alla foce del \ 'aro di cinque ,·ascelli britannici e lo sbarco di 600 marines comandati dall'ammiraglio Norris, impensierirono tanto il marchese de Silly da con vincerlo a ritirarsi lo stesso g iorno con tutte le sue truppe in direzione ovco.,r per non essere accerchiato. ·'le cillà di Grace. e di S. Paolo mandarono ad <~jjèrire la resa. Qttil'i Jit d 'uopo piantare fonti, e procl'edere pane in abbondanz a. docendosi l'iag;!,ìare in Paese nemico. scw:'Ì() di uiceri per moltitudine così copiosa."xc' 11 Inoltre era necessario attendere l'a rrivo degli altri due scaglioni per concentrare le forze. così solo il 15 luglio Eugenio e Vitrorio poterono mettersi in marcia. andando ,1 fermarsi a Biot. Il 16. dopo aver accurmamente evitato Anribcs c le sue fo ttift· cazioni, le truppe erano a Canncs. tanto sfianone dal caldo da rendere nL•n:ssaria una sosta di ventiqualtr'o rc. 11 l B le colo nn<: arrancarono da Canncs a Frl-jus con un'afa ta le che metà della fanteria crollò: <.: solo il 26 le avanguard ie aiTi\·arono davami a Tolone.r Gli Inglesi stigmatizzarono la lcmezza della marcia: i Francesi. invece - e lo sappiamo da Pelel - la trovavano molto veloce, specie per il poco tempo che rimaneva loro per preparare la d ifesa. Ogni uo mo e ogni cavallo disp onibile s1av~1 accorrendo a Tolone, portando il totale dc i battaglioni concentrati intorno alla cirtà a rl. l\kntre nel porto gli ufficiali di :\farina pro\'\'edevano a far togliere alle na\ 1 l'alberatura e acl allaga rne le stive, in modo che, posandosi su l fondo. non ve1" t-:ug,·nio ~.:vitò !.1 co~ta , . passò p~r l'int<·rno. copr<.:n do' 1-n chilometri dd p<.:rn>r-;o in 12 g1orm .•11!. medi;\ d 1 o hr<' 1; a l ~·omo, um1ro i I O o 12 al giorno dc~li ....,erul i del periodo. l' lfllere-..,;mK· not.are <.he r lint>r.mo d .l lui '<'){UÌIO \ <'1111l' ' ceho. dli<'C<'Ili<N''':tnl'anni dopo. l)(: r l ':IUIOMrJ d.l r: HO e il suo ' llodo. [' \ 'iper ToiOJl<'


207 nisscro danneggiate dalrinc\'itabilc bombardamento della nona anglo-olandese. l'essé facc,·a la\·orare febbrilmente soldati c zappatori fuori citt:ì. il 26 Eugenio c Vittorio Amedeo. preceduti da un·a,·anguardia eli 300 grana t ieri, che altaccanclo c ma novr~1ndo spazzarono " i a i l '50 difensori francesi, sa l irono da lla Vallerte alla Croix-Pharon. la sella in cima a Monte Sant'Antonio, da cui osservarono il terreno intorno alla città, lraendonc auspici poco favorevoli per l'assedio. Tolone si presenta va ben difesa da opere campali costruite su un terreno molto accidentato. Era dominata dal monte di Sant:l Caterina. il quale fo1111a va il venice orientale d'un triangolo ::1\·ente come base la linea sud-nord Tolone-Campo eli Sanr'Anna. Il campo. fonificato e protetto da ben cento cannoni , a sua volta costinli\'a il collegamento fra la cirrù e il resto della Francia. \lon era quindi possibile ci rcondare Tolone senza prima prendere il monte di Santa Caterina e il rl'[rostanrc Campo di Sant'Anna; e per eli più le truppe francesi erano pari a una discrera armata di circa 20.000 uomini. Di conseguenza i due cugini " fn uitarono I'AIJintirap,fio Schouel co11 altri l!JJi'z iali maggiori da mo-

re, a uenire a terra: ossen'ctre pc>r 111im1to la sitllaz ione dell'impresa. per render 11e poi giusta contezza in Inghilterra: ed in tanto SIIPJ.!.erire i loro pareri circa le operazioni fu tu re ...xC\-111 li Consiglio eli guerra fu ahha:-.tanza vi,·ace. Eugenio non intendeva anelare a cac<:iarsi in un ginepraio di quel genere, avendo davanri a sé truppe numericamente inferiori alle sue ~olo per 2 a 3 e protelle da fortificazioni; trovando:-.i poi a nord. sulla propria dc!->tra, b minaccia nemica c, infine, alle spalle la milizia loca le in armi, pronta a insidiargli le retrovie. Shovdl insisté per l'attacco. assicurò che avrebbe proweduto lui a rifornire l'esercito via mare eliminando il pericolo della m ili :da t'sostenne che in caso di ritirata la cavalleria si sa rebbe potuta allontanare al ga loppo. mentre la fanteria avrebbe trovato posto Mille sue na,·i. che l'avrebbero sbarcata al sicuro sulla Riviera ninarda o più in lù. Eugenio non si lasciò com•incL·re - in effeLLi le argomentazioni di ShoYell erano per lui un po'semplici...,tiche - e gli Inglesi nemmeno, ma alla fine raggiun!'>ero un compromesso: avrt:hhero as::.alito Santa Caterina l'indomani ponendovi poi le aniglieric, così Tolone ~arebbe finita sotto un bombardamento incrociato nav:_lle e terrestre. i cu i risultati avrebbero determinato il proseguimento o l'abbandono dell'assedio. Come stabilito, il 30 lugli o 1707 7.500 fanti imperia li s' inerpicarono per la montagna. cacciarono i Fra ncesi e si attestarono in tutte le cascine e capan ne che trova rono, sotto il fuoco dd cento cannoni del campo di Sant'Anna . Considerando buono il risu l tato, g li Alleati appoggiarono la propria de!>tra alle nuO\·e posizioni e la flotta cominciò a sbarcare l'artiglieria d'assedio - l 00 cannoni c -tO monai -e le munizioni; ma proprio allora ci si accorse che Eugenio aveva avuto ragione a dubitare dell'impresa. Shovell pote,·a mettere a terra i materiali sulla costa. ma poi bisognava trasportarli per chilometri fino al cam po e, più in l:ì, alle falde eli Santa Caterina. Se poi er:1 no pe r l'appunto dcstinari a Sanra Carerina, occorreva portarceli con difficoltà c f':Hiche enormi dovute alle


208 ripide e sn·erre strade che raggiungevano La cima; c la distan7a dalla spiaggia di sbarco a Santa Caterina si aggirava sui 13 chilometri. tv1igliaia di uomini erano costretti ad ampli are e rinfo rzare le carreggiare, mentre altre migliaia scavavano le trincee per la prima parallela: ma nelle ,·icinanze non c·crano materiali e J, ·gna a sufficienza per i gabbioni , i terrapien i c le ridotte e bisognav~1 apprm ,_ gionarsene mettendo in movimento centin aia di uomini, cavalli e ca rri . Bene o male. dopo giorn i di fatiche tremende nel caldo asfissiante di q udl'afosissima estate, si poterono far enrrare in azione le prime due batterie di 16 ca nnoni c mortai da lla parre del mare, mentre proc<.:devano pill lentamente i lavori di quelle su Santa Carcrina. La guarnigione di Tolone rispondeva con un fuoco intenso, ma faceva p<Klli danni. Per questo dec.:ise cl 'inteJvcnire in m odo più diretto e la notte del 4 agosto effettuò la prima sortita , che fu respinta. Subito dopo gli Alleati furono in grado di far entrare in azione altri •IO pezzi pesami diùsi in due batterie. 111.1 i danni che a loro volta infliggevano ai Francesi erano sempre ridotti. La soluzio· ne sarebbe consistita nel far entrare la t1oua anglo-olandese nel po rro, ma non era possibile perché era ben difeso dai fott i di San Luigi e Santa .\1argherita. {o~ ic.:ch é le navi dovevano limitarsi a tiri lungh i necessa riamente poco effkaci. Finalmente il 7 la prima paral lela fu con1pletata, ma ci si rese conto che -...1rebbe occorso ancora pan:cchio tempo prima di ott<.:nere dei risultati . Eugt.'nt<> fece allora una ricognizione in forze per verificare le possibilità di accerchia re completamente 'l 'olo ne, ma non ce n'erano. La situazione era scoraggiante: la milizia francese contrastava le partite .dlcate di foraggiamento e costringeva Eugenio a mantenere in continua attivita i reparti montati eli Saint-Amour e del barone eli Feltz per d isperderla e renl'tl' aperta la via del Varo; a dispetto del pesantissimo sforzo logistico, non si potl va procedere più in frena nell'assedio e infine, come se non bastasse, i Francl'"' stavano arri vando in forze. L'8 agosto Tessé rientrò a Telone con un insieme di truppe valutato all'equi valente di 27 battaglioni e preparò una sortita per il 15. All 'alba del giorno <.li r<:rragosto partì l'a nacco contro la Croix-Pharon c Santa Cat<: rina. Gli Imperiali dell'ala d<:stra furono soq)resi e sopraffatti. A sinistra i Pmssian i tennero, anche grazie al soccor~o di due reggimenti di dragoni. Eugenio fece affluire subito k risetve, tappò le falle più grosse c riuscì a riprendere le posizioni perse, ma HOO imperiali c piemontesi restarono su l terreno a fro nte di soli 300 francesi. La giornata però non si chiuse del tutto male, perché la sera .ste~.sa il Fol1 l di Santa Margherita si arrese a discrezione . La sua caduta consentì di concentr<t re gli sforzi sull'altro, che dominava l'imboccatura del porto c che, minacdato d 'assalto genera le, 'enne evacuato via mare dal presidio il 19. Vi furono trovati o ltre venti canno ni pesant i, ma la cosa più impottantc era che or:1 la Aorta anglo-olandese poteva avvicinarsi al porro. l bombardamenti navali e terrestri ripresero con veemenza c i danni ~ubiti dalla disgraziata città aumentarono a dtsmisura.


209 Le no tizie eli quanro stava accade ndo fecero accelerare gli sforzi francesi. Già il Maresciallo di Berwick aveva ricevuto l'ordine d'abbandonare la Spagna con dieci battaglioni e 600 dragoni per accorrere alla difesa eli Tolone, mentre allo stesso scopo Vendè>me avrebbe dovuto distaccare dalla sua armata 12 battaglioni e due reggimenti di cavalleria. Con quelle e con le forze già presenti si contava di radunare un esercito da affidare ai ciuchi di Borgogna e di Berry, ma non ce ne sarebbe stato bisogno: il Consiglio di guerra alleato aveva deciso d'abbandonare l'assedio. Più era passato il tempo, più era apparso chia ro che Eugenio aveva avuto ragione a sconsiglia re l'impresa . Sia per questioni d 'opportunità politica, sia perché più oltimisti. o me no esperti, di lui, Vittorio Amedeo e Shovell erano sempre stati favorevoli all 'operazione, ma dopo aver conside rato la situazio ne generale e i possibili svi luppi si convenne che non c'e ra altro da fare. Tolone non poteva essere presa che in tempi lunghi e insistere avrebbe portato solo a trovarsi inchiodati sul posto da forze francesi nume ricamente tanto superiori da non poter nemmeno pensare eli resistere o, addirittura, eli sganciarsi: bisognava andarsene prima che fosse troppo tardi. Deciso il ripiegamento pe r la notte dal 21 al 22, la 11otta cominciò a caricare sui trasponi i feriti , gli ammalati, i materiali, l'artiglieria pesante e le munizioni e distaccò il contra mmiraglio Dilkcs ad attaccare il porto. La mattina del 2·1 i navigli sottili anglo-ola ndesi gettarono bombe e casse di esplosivo sull a banchina , distruggendo tutto il possibile. Alla luce delle navi e dei depositi incendiati, le truppe allea te si misero in movimemo articola re su cinque scaglioni. Avendo in avanguardia rutri i granatie ri agli ordini del Barone di Saint-Rémy, sui fianchi Feltz in sicurezza colla cava lle ria, in retrogua rdia Eugenio in persona, alle spa lle un panorama d i rovine in cui i pochissimi cannoni abbandona Li e resi inservibili troneggiavano in un mare d i desolazione, l'esercito austro-piemontese marciò verso il Varo, devastando tutta la Provenza me ridionale nel miglio r stile francese di quegli anni. la ritirata fu a bbastan z<~ tranquilla perché venne esegu ita con ogni precauzione, consenrendo così al grosso dell'esercito un transito sicuro verso Nizza , dove si conce ntrò tuuo e ntro il 31. Dopo una breve sosta, la notta anglo-olandese tornò in Spagna. L'esercito invece riprese la via dei monti e, attraverso il Col eli Te nda , sempre articolato su cinque scaglioni ma rcianti a intervalli d'un giorno, fra l'Il e il 16 raggiunse prima il campo piemontese di Scalenghe, nei pressi di Pine rolo, e poi Torino. Da là, avendo saputo che il presidio francese di Susa e ra a ncora ridottissimo a causa dci distacchi fatti per Tolone, Eugenio si mosse il 17 con 1O battaglioni c 1.000 cavalie ri impe riali, lasciando a Vittorio Amedeo l'incombenza eli guardargli le spalle col resto e di impedire eventuali offensive francesi dalla Provenza. La sorpresa riuscì in pie no. La città s'a rrese il 22 settembre, la cittadella capitolò il 3 ottobre dopo cinque giorni di cannoneggiame nto. Nel fratte mpo Eugenio aveva distaccato Zumjungen a prendere Chiomonte e il rone di Catinat, che


210 dopo essere stato bombardato da tre hanerie, fu conquistato d'assalto nella notte del 29. Tessé tentò d'intervenire, ma appena si mosse seppe che ViLtorio Amedeo si era sposraro coi Piemontesi fino a Perosa minacciandolo pericolo-.ameme e abbandonò razione. La campagna era finita e :-.i andava ai qua meri d' inverno, con molte recriminazioni, specie da p~11te inglese. Da l punto eli vista dei risultati auesi, l'impresa d i Tolone veniva infatti considerata un fallimento, ma quando i francesi cominciarono a riportare a galla le loro navi dal fondo del porto ebbero una terribile sorpresa: nonostante fo!>sero stati alllltiti dall'acqua , i tiri alleati a palla piena aventno sfondato i ponti e le carene; In marina era d istrutta e il dominio cll'l mare era perso: "La g 11erm delle

squadre mu•ali èjì11i!a. 'f'olone è sa/t'ti: ma la 11os1ra flotta è morta. "XCIX


CAPITOLOVTII

Eugenio in Fiandra, Vittorio Amedeo in Piemonte: 1 708-1712

l) Oudenarde Chiuso il fronte italiano, Eugt>nio venne destinato in Fiandra e arrivò aii'Aja 1'8 aprile 1708 per una confe renza di guerra. Poi torn<'> in Germania per raccogli<.:re le truppe. Luigi X1V aveva deciso di rico nquistare le Fiandre c in primavera cominci<'> a raccogliere intorno a ~ l ons un <.:scrciro di circa 87.000 uomini38 al comando nominale dd Duca di Borgogna cd effettiYo di \ 'endòme. Ad essi gli Alle~ni pote, ·ano o pporre in Fiandra appena 6H.000.)9 uomini, articolati in 113 battaglio ni e LHO squadroni, al comando di ,\larlborough , ai quali se ne sarebbero potuti aggiungere altri 40.000- almeno si sperava - provcniC'nti dalla Germania sorto Eugen io, rallonato dai francesi di Herwick. Ben presto la situazione degli Anglo-Olandesi divenne critica. L'11 giugno. dopo giorni di marce e manovre sotto una pioggia scrosciante, Marlborough si rese conto eli avere ancora roche possibi lità e scrisse a Eugenio d 'affrettarsi. Appena si mosse, Eugenio seppe che pure Bcrwick aveva lasciato il campo con 66 squadroni e .)4 battaglioni. pari a oltre 20.000 uomini - il doppio elci '>Uoi - c sta\·a andando a unirsi al Duca di Borgogna . 'ella migliore delle ipotesi gli Imperiali avrebbero potu to guadagnare un \'antaggio eli due, forse tre g1orni , ma che poi servissero a qua !cosa era rutto da 'celere. Mentre era in marcia venne raggiunw da notizie gravi: i Francesi avevano preso Gand c Bruges. La p rima era stata colta di sorpresa il 6 luglio, d'accordo cogli abitanti stufi della vcssa[Oria occu pazione o lancl<.:se , e la cittadell a avrebbe

1M Le valutazioni delle lor/~ tr.tn< l''i in fiand ra ond~ggiano a ;,,.-~ond.t ddle fonu fra RO.()(Xl e 110.000 uommi c. qu;tnto ;di'organico. tra un "''"'imo d1 139 banaglioni ~ 216 'qu.tdroni l'un minimo d1 HO c 200. Il problema .: diffkile cLt ri.,oh nl'. 1111.1111<> ()(:rdw non t: chiaro a qu.tl.: lll<''l' 'i rifl·ri,cano i cbti l' 'c ngu.tr dmo il 'olo ""'·rdto di camp;1gna o lOillprl·n dano pure le guamlglm11. 111 .,.., ondo luogo, quanto al numero det 'Oldau. perché \ ':t çomunqll<' t~·nuto UllliO ddk• impre'>-'innallli nuttU.tlioni Clll'>al<;" <L'Ili<.' di'>t'r7inni. ~-n muni all'q'KXa .t tuni gli e!>erdti . .W Qu.1111o t.· dcno per i Fr:mn·'i \Otk· pu t c per gli Anglo-Oiandl',l. k tui lorzc ondeggiano nwno quanto .tll'org.llli<"o - cb 112 a 11; IJ:ntagl ion i ,. d.Jun n11nimo di !l'lO a un m a,.,sm1o di 19'7 'quJdroni- e altrt-tt.tnl o '' proposito degli uomim. Mimau l'ra 6-.ooo ,. l)O 00\l.


212 capito lato 1'8 ~c non foss<.: stata soccorsa. La seconda si era data al Duca di Borgogna sempre il 6 e senza la minima esitazione. In un solo giorno Marlborough vedeva spazzato via tutto quello che ~em­ brava aver guadagnato due anni prima a Ramillies. Si trovava a Bruxelles; <.: ora i Francesi si stagliavano fra lui c il mare. gli minacciavano le rerrovie e k comunicazioni con Anver:-a e l'Olanda. che ~i aprh·a indifesa ai loro anacchi. potevano chiuderlo emro Hruxelles e sbarrare tutte le vi<: d'acqua controllale da Gand. La sirua zione era così tragica che Nlarlborough, comprensibilment<.:, ( rollò . "Questo era lo stato d 'a nimo ilt cui lo lrol'ò EugeHio" scris~c Churchill "Si

incontrarono ad Assche. 10 il principe, scol1ctlo da tiJI centinaio di ussari tllt,~be­ resi era auaHz ato nella sua dilif!.enz a con q11a11ro giorni d'anticipo rispetto olia sua caualleria e p,iunsefresco e allep,ro insieme a Cadop,an .·•C Lui ne aveva ' i..,Le di peggiori e la situazione non gli sembra,·a così tremenda come appari' .1 .ll collega inglese. In qualche ora di colloquio, carte topografiche alla mano, glielo dimostrò e cominciarono a preparare il contrattacco. La situazione imponeva delle priorità. lnnazitutlo bisognava impedire dte a\\ cnisse l'unione dell'esercito francese di Vend6me con quello di l:kn\ id, m arrivo attraverso la Vallonia, unione che si .s~uebbe vçrificata nell 'ovest, noè sulla costa, tagliando l 'esercito alleato fuori dai col legamenti coll e !lotte angloolandesi c coll'Inghiltt:rra stessa. Di conscgu<:nza le arm:ue nemiche anda,·ano affromate e barrute separatamente. esercitando uno :,forzo nell'unica direzione redditizia, quella della costa, perché da là sarebbero arrivati i rifornimenti. Pvrdcre la costa, alla luce del taglio delle linee interne eli comunicazio ne coll'Ola nda effettuato da Vend6me, implicava a lunga scadenza il rischio di perdere .~n­ che la guerr~1. Dunque non bisognava marciare direttamcme a nord contro Vcnd()Jl1C, n(' direttamente a sud conlro Berwick, perché, così facendo, conn: nrrandosi contro l'uno e al l'interno del Paese, si sarebbe lasciato libero l'altro- quello momentaneamente non impegnato - di garantirsi il po::.::.csso della costa e eli arrivare alle spalle dell'armata alleata. Come si doveva agire ? Eugenio propendeva per una mossa rischiosa . ..,i, ma molto pericolosa per il nemico, consistente nel passaggio della Dendcr .1 sud. a Lessines o acl Ath. Offriva il vantaggio eli spez7.are in due il fronte francese, in quel momento non ancora assestmo, separando l'eser<:ito eli Vendt:Hnl' a Gand e I3ruges dalla sua principa le base operativa di Mons. minacciando '>ll bito Tournai c , in definiti,·a, meuendo i Francesi di fro nte all'alternativa eli far~• prendere alle spalle chiusi fra la Schclda e la Dender o girarsi c combattere pL'r ri prblina re le comunicazioni con Mons. Due a quel punto le possibilitù: o s'ingaggia,·a subito una grande battagli.! al forzamcnto della Dcnder, o, come Eugenio supponeva. il passaggio sarchlx

'" ,\.,St'. a nordnvl'Sl d i Bruxl'l k''· o;u lla ' lr:td.t p.:r Demkrmond.


EtGEJ'-10 rN FIAN[)RA, Vrrro!Uo AMfllEO ll'i PJE;\ IONTE:

1708-1712

Il principe Eugenio di Savoia

213


21--t: andaw tanto hcne da indurre i ncm1c1 a nurarsi per concentrarsi Intorno a G:1nd. Allora si sarebbe potuta traversare pure la Schelda a Oudenarde per .111 ~ da re a stana rli dovunque si fossero m-rocc<lli. La d ifficoltà del piano consiste,·a neHa rapidità <.i'e<>ecuzione e nella distanzJ da coprire. Lessines distava 35 chilometri dal quartier generale di Marlborough, Ath, ancora più a sud, ci rca 43; si potevano superare in fretta, ma a condizione d'a\'ere poche salmerie al seguito. Tn pratica era la ripetizione della marcia su l orino: aggiramento lontano del dispositi\'O nemico nel punto in cui meno se l .1 · spettava. rapida marcia d 'avvicinamcmo senza salmerie c battaglia decisiva fin:tll'. Il piano impressionò tuili: era Eugenio in gran forma e al meglio delle -..ul.:' capacità. Non solo ebbe l'apprO\·azione eli :\.larlborough, ma i ritrosi c diffident i Stati Generali ordinarono a<.ldirittura d i spalanca rgli i magazzini e di concedergli subito tutto quel che chiedeva: cosa mai vista, specie da lui, abituato all'amn 1 ni<;trazione imperiale. I movi menti vennero ini ziati giù la sera dell '8 luglio, spedendo li .000 fan! 1. HOO cavalieri, sci cannoni c gli equipaggi necessari. a ginarc i ponti sulla lk 1 der. Il grosso dell'Armata '>eguì a breve di<>tanza. Intanto i Francesi avevano deciso d'assediare Oudenarc.lc il 9, ma, quando seppero che gli Alleati marciavano verso sud, temendo un auacco su \Jamw. Charleroi o ~lons. decisero eli sposrar!>i a Lcssines. Giunti a una quindicina dì chilom etri da essa scoprirono che gli Alleati, l'avangu<1 rd ia, c'erano gi;ì dal po meriggio del 9. an;d, che avevano attraversato la l knder e, disorientati, si kr marono. Il grosso di Marlborough ed Eugenio arrivò ,·erso mezzogio rno del 10. trovò i p onti fatti e ben d ifesi. li attraversò e cominciò ad attestarsi sulla spond.1 sinistra della Dender. I Francesi, sempre più indecisi, tennero un rapido Consiglio eli guerra. "// Du ca di lfandomo aueua illsislito cbe si jace:·;se loro opposizione a queltraggillo

Ma altri Generali sconsip,liarono il Duca di Borgog11a dall'elfi re al fallo d'arm i e persuasero, che si trapassasse la Schelda. !l'i collocandosi sulle alture... cl>t' domina 11o Odenard. si serrasse quell 'adito ap,li Ang lo/la ne/esi. Neplicò il Duca di \ 'a nclomo. cbe quanto pi1ì colom s'(4faticcu·m7o per L'fuggire la hattap,lia. tali/P pegp,io L'e p,li obbligherebbe il Prì11cipe Eugenio. 1\on fu credulo...c1 E l'eseroto rrancese si ritirò per una decina di chilometri, scendendo lungo la riva destra della Schclda verso nor<.l, fi no a Gavere - per i Francesi Gavre - dm·e i genivn stavano preparando i ponti. Eugen io e Ma rl i)oro ugh nell a noLLe da l 1.0 all'I l s'avvicinarono l<tpiclamentv a Oudcna rde da sud-ovest tenendo in avanguardia 9.000 fanti, 800 cavalieri t un nugolo di genieri per aggiust<tre le strade e ginare quauro ponti appen.1 avessero raggiunto la Schelda. Ora le posizio ni erano invertite. L'armata alleala aveva alle spaHc la Franci:1 c marciava \'erso quella nemica. che dietro di sé a,·cva l'Olanda . • essuna cklk d ue era in grado d i buttarsi sul territorio dell 'avversa rio se prima non ne di


El'GENIO '" FrAl"llRA. VnToRro A~n'DEO ' " PrrMO'\TF: 170H-1712

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struggeva l'eserci to. Entrambe potevano tagliare le comu nicazioni nemiche c ricevere consistenti rinfor1.i: gli Alleati attendevano le truppe d'Eugenio, ormai prossime a Bruxelles; i Francesi quelle eli I3erwick, la cui avanguardia era già a Namur. Dei due però chi stava meglio era no gli Alleati, perché i loro rin forzi erano più vicini , s ia al grosso, sia a q ualunq ue probabile teatro dello scontro. Berwick, invece, distava ancora circa 50 chi lometri da Bruxelles, non meno di 75 da Lessines e circa 100 da Oudcnarde. Doveva coprire un percorso maggiore, aveva tra sé c Vcndòme l'inlero esercito nem ico e lo si valutava indietro di sei marce, quindi di sei g iorn i, rispetto agli Alleati. L'unico passo che Venclòme poteva compie re per accorciare la distanza e al contempo proleggere le proprie conquiste, consisteva nell'andargli incontro, spostandosi da Gand verso Lilla_ Solo che, per a rrivarci senza urtare nell 'esercito alleato, doveva passare sull'al tra sponda della Schelda in un p unto abbastanza lontano da essere fuori della portata del nemico. Per questo aveva scelto di gittare i ponti a Gavere e per questo vi si era spostato, predisponendo le truppe destinate a presidiare la testa di ponte sull'altra riva. Mentre le 50 compagnie di granatieri e i 2.000 cav:.tlicri dell'avanguardia francese si apprestavano a passare la Schelda al comando del generale Hiron, gli Alleati stavano lctteralmenle correndo verso il medesimo fi ume all'altezza d'Oudenarde. Alle nove del mattino Cadogan seppe dai suoi esploratori che il nemico era ancora sulla sponda deslra della Schelda a circa dicci chilometri di distanza e avvisc'> t\lla rlborough. Alle dicci Marlborough ed Eugenio pattirono al galoppo, alb testa dci venti squadroni prussiani costituenti la cavalleria dell'ala destra. Alle dieci e mezzo i genie ri anglo-olandesi enlrarono in acqua per il g ittamento d i cinque ponti, mentre all'interno di O udenarde ne venivano preparali due provvisori da affia ncare ai due in pietra esistenti. A mezzogiorno e rnezzo la cavalleria cominci<'> a passarvi sopra anelando a schierarsi sulla riva sinistra, mentre la fanteri<l dcJLwanguardia terminava d 'affltJire, col fiato grosso per la marcia ma soddisfatta e decisa a combattere. ··Il P1-incipe Eugenio, soprag(!,ittnto colla Vunguardia. distese fa Fantaria clef!a diritta, gran parte Inglese e Prussiana di sotto a Odenard, lungo la Sche/da, dietro a siepi, boscaglie fossi, e paludi, che vi si trovarono per l'estesa di d11e miglia. In frammezzò a 'siti corweneuoli la CavaJ!eria.''cn Era pomeriggio c, mentre i reparli dell'esercito all eato erano in p ieno attraversamento s u rulli e nove i ponti, le punte di cavalleria di Rantzau s'imballerono in quel le francesi che, ignare eli tutto, stavano tranquil lame nte foraggiando. La scaramuccia che ne seguì venne riferita a Biron, il quale avanzò con dodici squadroni ed e bbe la sorpresa eli scorgere delle linee di fanteria: non aveva davanti dei foraggiatori, dunque, ma qualcosa di più grosso. Avvenì Vcnclòme e avanzò per vedere megl io . Man mano ch e la distanza si riduceva, il numero e la varietà dei nemici aumentava e I3iron staccava una staffetta dopo l'altra per rife rire : identificata una brigata inglese; visti dci ponti militari s ulla Schelda; visti non me no d i quattro battaglioni a presidiarne gli sbocchi; vista una lunga co-


.216 lonna di cavalleria nemica passare il fiume cd allargarsi nella pianura; ,·ist.t til'orizzonte la nuvola di polvere di una grande massa d 'uomini in marcia . Venc16me fu raggiunto dalla prima staffetta quando, appena passata la Schelda, si era accomodato al margine della strada per pranzare insieml ai Principi Heali. 11 primo messaggio non gli sembrò attendibile, il secondo lo sorprese, il terzo l'infuriò: "Se sono là deue Clllerceli portati il dialJolo. Una mo rcia simile è impossibile _rCill urlò. '\fon ave, ·a rutti i torti, visto che dodici orl' prima gli Anglo-O landesi era no a pil:t di venti chilometri da Oudenarcle e dll:tro la Schekla. Era <di'incirca l'una c trenta dd pomeriggio quando si precipitò a conrrollare e si accorse che la sola avanguardia nemica era passata. Il grosso, a giudtt.tre dalle nuvole d i polvere, distava ancora due o tre chilometri dai ponti . l\on tutto era perduto. purché si attaccasse subi[O. Mandò l'ordine a Biron, aYand> alla testa della cavalleria per unirgli~i e chiese, cioè ordinò, al Duca di B orgngna eli seguirlo col grosso. Biro n non se la sentì d'attaccare. Il terreno n on sembrava buono. lui era in stato d'infetiorità numerica. il nemico aumentava di minuto in minuro e a' n a già piazza to una baLLeria di sei cannoni sul fianco: n:stù fermo . VcndC>mc arrivò di lì a poco: perché Bi ron non aveva attaccato ? lntetYl'IHH.' il generale Puységur c affermò che un acquitrino l'impedi,·a. Poiché era ritl'ntlto un ottimo conoscitore del terreno, fu creduto senz'altro; e fu l'errore che <.ktcrminò la giornata. Infatti Vend6 me si ritirò con tutta la sua cavalleria n:r~o m ·est per andare a cercare un punto adatto all'attacco e la-;ciò Biron ~coperto, con soli 7 battaglio ni tra i villaggi cfHeyn~· c d'Heurne e una dozzina di squ,tdroni alle spalle , davanti al nemico che ;.~ume n tava a vista d'occhio. Hitem·' .1 che. se il terreno era impraticabile, bastassero a bloccare la strada da Oudcn.ude a Gand; ma il terren o non lo era c non bastarono. Alle due e m ezza del p omeriggio Cadogan allaccò Biron con 6.000 fanti L' gli o tto squadroni eli Rantzau; e dopo mezz'ora era padrone del campo: tre h. 1t:tglioni francesi era no stati distrutti e gli altri quattro catturati; il tutto souo gll occhi del Duca eli Borgogna , arrivato col grosso a fermarsi in difensiva dieu·(l il f\orkcn, un fiumicello a poca di~tanza. e di Vend6me, non più lonta no di un paio di chilometri. Terminato lo scontro, Hantzau si fermò , va lutò la situazione c decise subito: avrebbe caricato. Coi suoi o tto squadroni assalì i d odici di Biron e li travobc 111 rotta. l fuggiaschi galopparono verso il grosso della cavalleria del Duca eli Borgogna e le piombarono sul fianco sinistro mentre stava terminando di schiemrsi, ponanclosi dietro gli squadroni hannoveriani di Rantzau . Disordinati e scon volti d all'u rto dci fuggiaschi e d alla furia degli Hannoveriani, i cavali<.•ri frann:~t non fecero in tempo a capi re cosa era successo che già Rantzau si :-.tava ritiran do con pochissime perdite, un sacco di prigionieri, timpani <.: cavalli e dieci elci lo ro stendardi: il tutto souo gli occhi dell'i ntero esercito francese. dal Duca tlt Horgogna all'ultima delle reclute.


Et:GFNO IN t!ANORA , VJ ITOKI() A\IE!li'O 1!\ P lEM< l !\'IE: 170H-17J2

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Era un insulto sanguinoso alle armi francesi; e il Duca ordinò d 'avanzare o ltre il orken e allargarsi per l'attacco alla prima linea alleata. "La comandava il Principe Eugenio, e aueua ordinato a 'suoi Soldati che non facessero le scariche se non quando i Francesi.fossero uicin i!J~<;imi.''CIV Sei battaglioni francesi della destra dovevano assalire i Prussiani arroccati nel villaggio di Groenewald. Lo fecero e vennero respinti dopo una breve, violenta e rumorosissima sparatoria. Il fragore fece accorrere Vendo me, che li riordinò, prese altri sci battaglioni dal centro c reiren) l'attacco conducendolo di persona. Ma nel frartempo gli Alleati si erano appostati a ·' u". per cui, quando i Francesi avanzarono. li fulminarono da tre Imi e li respinsero con fortissime perdite. Infuriato, Vendome cominci<'> a prelevare reggimenti su reggimenti dal centro francese per prendere Groenewa ld. Intorno alle cinqu e mandò una staffetta al Duca eli Borgogna, o rdin anclogli di far entrare in azione i 30.000 uomini dell'intera ala sinistra per muover!i a ventagli o c attaccare Groenewald da est. La manovra era pericolosissima per gli Alleati perché, per sostenere la medesima posizione, Marlborough stava spostando dal suo centro 10.000 uomini ]asciandovi quasi soltanto i 20 squadroni prussiani di 1'\atzmer e gli otto hannoveriani eli Rantzau. Ma, ricevuto l'ordine, il Duca d i Borgogna s i sentì assicurare dal s uo stato maggiore e da Puységur che il terreno e ra impraticabile per via del famoso e fantomatico acquitrino. Allora spedì a Venc16me una staffetta per comunicargli che non poteva muoversi, ma la staffetta fu uccisa per .strada e Vend6me non seppe che il suo attacco non sarebbe stato soste nulo dal resto del l'armata. ll nuovo assalto francese contro Groenewald fu terribile: ma e rano appena anivati i 10.000 inglesi del Duca c.I 'Argyll spostati dal centro e venne sostenuto. Intanto, man mano che il tempo passava, le forze alleate aumentavano. Da ogni ponte venivano migliaia di uomini de l Conte Lotrum, subito avviati in linea, e, dietro eli loro, altre migli8 ia elci 18 battaglioni assiani e hannoveriani. Tanto Marlborough quanto Eugenio erano preoccupati. Si rendevano conto d'essere sul filo del rasoio, specie a sinistra, e di non avere ancora abbastanza forze in campo, quando arrivò loro la notizia sospirata: i 25.000 o landesi del generale Overkirk stavano attraversando la Schelda sui ponti d'Oudenarcle. Marlborough doveva essere presente. per cu i lasciò a Eugenio il comando dell'intera ala destra e del centro, fino a Groencwalcl inclusa, c assunse quello della nuova ala sinistra. che si stava formando coll'entrata in linea dell'esercito olandese. Eugenio si trovò davanti un compito davvero difficile. ll terzo attacco di Vencl6me, per quanto contenuto, stava sviluppando una pressione crescente su Cadogan, che aveva perso Groen ewald e il vicino villaggio c.l'Herlegem; mentre il resto del centro e della destra restavano assai deboli. rvTarlbo rough lo sapeva e rimedi<). Fece avanzare in prima linea i diciotto battaglioni assian i e hannoveriani freschi . Attraverso il loro schieramento fece ripiegare le truppe eli Lottum. ordinando loro di spostarsi a destra a sostenere Eugenio e rimase acl aspettare gli Olandesi. sempre più vicini. Ma quando sembrava fatta, uno dei ponti ci'Ou-


218 clenarde crollò e rallentò rafflusso dei reparti d'Q,·erkirk, facendo loro accuullllare un ritardo di circa un 'ora. Adoperando gli Olandesi giù arri,•ati, J\larlborough anaccò per alleggerire la pressione nemica; e contemporaneamente mosse tutta la linea alleata. Vendome perse Groene\\ald ed Herlegem e ,-enne re<>pinto sulle posizioni di panenza. 11 sole si avviava al tramonto quando entrambi gli eserciti cercarono d i .ntingere rinforzi. r France:-.i ~n-evano ancora a disposizione da met<Ì a un rcuo delle loro truppe. ma lontano. Gl i Alleati pure, ma almeno stavano finalmente rice\Tndo ìl gro~so degli Olandesi, cosicché Marlborough poté distaccare ~ull a destra 17 squadroni della cavalleria britannica a rinforzare Eugenio, proprio in tempo, perché i Francesi lo stavano attaccando. Poco prima. verso le ~etle. ìl Principe aveva accolto una richie...,ta di Lolll m e a\'e\·a lanciato all a carica gli squ;H.lroni hannoveriani e prussbni. Natznw r aveva sfondato la linea della cavalleria francese e aveva caricato la retrostantl' fanteria , ma era stato controcaricato dalh1 Maison du Roi e. costrett i alla ritir:ll.t. i suoi si erano ~alvati dietro la fanteria alleata col <!S% di perdite. ~uhito i Fr~ 1ccsi avevano cominciato acl allinearsi per un;l carica , ma proprio allora giurt..,e la cavalleria inglese e si ~piegò minacciosamente. Stanchi . i ca\ alie1i francesi rcswrono fermi; c lo stesso fecero g li Inglesi per ordine d 'Eugenio, tenendo da soli l'ala destra fino a notte. Intanto a sinistra Overkirk era entrato in azione. Non è ckl tullo chiaro ..,e abbia agito d'iniziati,·a o abbia eseguito un ordine eli Marlhorough e, in que..,ln secondo caso. non è chiaro se l'idea Marlborough l'avesse avuta da sé o gli fo:-.se stata suggerita da Eugenio. i\ seconda degli autori le versioni cambiano: tr >t capita tot scntenliae. Comunque, dovendo portare acqua al mulino della glon.t ~abauda, prendiamo per buona la versione secondo la quale Eugenio s'accor-.l' che l'eserciro francese era schierato così da poter essere avYolto sulla destra l alle ~palle se la retroguardia olandese, che in quel momento terminava eli pas:-..trc su i ponti , fosse salita su lla collina fuori Oudenarde c ne fosse discesa. lasci.tnclosi :-.ul lato il castello di 13everc, dritta ~ull 'esrrema destra nemica. Secondo .11cuni biografi suggerì la mossa a Marlhorough, il quale ordinò ad On?rkirk d'e -.~ guida. Quartro brigate olandesi c dod ici squadroni danesi attaccarono e spazza remo via tutto quel che trovarono sul loro cammino, mentre Cadogan facc,-a .Il treuanto uscendo da G roe newa ld. La desrw dci Fra ncesi piegò all'indietro; p oi anche il centro c, lentamente, il loro schieramento assunse la forma d'un fern > eli cavallo, nlt!ntre gli Olandesi, costitucmi l'csrrema ala sinisrra. avvolgendo li. giungevano ad assalire alle spalle i n:paiti che fronteggia\ ano Eugenio. F.ra ormai none e, nella confusione generale gran parre della destra francl'"l' si diede alla fuga. Una pa11e dei cavalieri si clires:,e ver~o Tournai ; un 'alrra, in sieme a migliaia di fanti e dragoni shandatisi nei boschi, verso Lilla; altri ancora , diecimila si disse poi, addiriaura verso la fronriera francese. Non sapendo b~:ne cosa stesse succedendo. alle no,·e di sera Marlhorough ordinò ai :-.uoi di ce:-.~arc il fuoco c di sdraiarsi :-.u l posro fino all 'alba.


ELG"''ITO TN rli\:-IDTIA. VrnOJUO A.\IFPEO 1:>: PIE~IUl\IE: l ì0H-17 l2

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I francesi tennero una specie di Consig lio di guerra a Huysse. Vendome

voleva riorganizzare le truppe, approfittare della notte per radunare il resto dell'esercito e riaccendere lo scontro la mattina dopo. Nessuno fu d'accordo: uno dopo l'a ltro, tutti i generali dissero che il caos era già tale da sconsigliare un prol ungamento della lotta. Aspettare fino all 'alba avrebbe significato aspettare la distruzione dell'esercito. L'unica soluzione consisteva nel ritirarsi a Gand. Davanti al parere del consiglio d i guerra, Vendome sganciò l'esercito c l'avviò per cinque diversi itinerari i n direzione di Gand, riempiendo la strada alle sue spalle di centri di fuoco per rallentare la probabile avanzata alleata. Contemporaneamente Eugenio c Marlborough dirigevano l'afflusso degli ultimi 20.000 uomini del loro esercito c davano disposizioni sia per resistere ai tentativi nemici eli esfiltrarc: attraverso le linee, sia per prendere prigionieri. Per questo Eugenio adoperò un trucco semplice ed efficace. Hadunò tutti gli ufficiali ugonolli al servizio alleato e li sparse lungo le linee alla testa di robusti distaccamemi anglo-olandesi, a c hiamare l'adunata gridando i n.omi dci reggimenti francesi e cattura ndo quanti accorrevano. Per tutta la notte restò in sella con Marlborough a prepararsi al nuovo scontro che si attendeva per l'alba; ma l'alba portò la sorpresa: l'esercito francese non c'era più. Avevano vinto. U 12 luglio gli Alleali tennero Consiglio eli guerra a Oudenarcle nella casa del Governatore. 11 successo de l giorno avanti e ra stato imponente: il nemico aveva perso 4.000 morti, un numero al momento incalcolabile di feriti c disertori e o ltre 7.000 prigionieri, tra i quali quattro generali altrettanti brigadieri e dieci colonnelli, contro 1.500 morti e circa 2.000 feriti alleati. Era una grossa vittoria. La crisi era passata, l'anello francese spezzato la si tuazione riportata in paritù. E ora che bisognava fare ? Eugenio e Marlborough ne discussero pri ma del Consiglio e Marlborough ritirò fuo ri l'idea dello sbarco in Francia. A Eugenio la cosa non piaceva affatto. Pe r q uesto il 12, quando incominciò il Consiglio di guerra a O udenarde, venne avanzata la proposta d 'Eugenio d 'assediare Lilla. Sembrava una pazzia e invece era un rischio calcolato. Lilla era il perno occidenrale del sistema difensivo francese d i frontiera , una piazza eli prim'ordine e, proprio per questo, la sua caduta sarebbe stata rovino sa. Prenderla significava forare la cin tura fo rtificata nemica separandone l'estremità - Warneton e Ypres - e tuno il dispositivo costiero fino a Dunkcrque dal resto. Se ci si ri usciva la via della Francia c di Parigi poteva essere aperta c. senza dubbio, Vendome avrebbe abbandonato Gand e Bruges per precipitarsi a chiudere la falla. In linea eli massima poteva anche darsi che poi si potesse effettuare uno sbarco ad Abbeville, come voleva Marlborough. Comunque e ra cetto che prima di tutto bisognava prendere la città e dopo si sarebbe visto il da farsi. Era il miglior stile d'Eugenio: mai programmare tutto ne i particola ri , ma predisporre il pri mo passo e poi decidere in base agli sviluppi.


220 L'assedio, per quanto difficile, a\Tebbe presentato il ,·amaggio di ..,,·olgL rsi abbastanza vicino al mare da consentire alla llotla anglo-olandese d i rifonme l'esercito. 11 piano fu approvato ed Eugenio si spostò a Hruxellcs, per prendere il comando delle truppe imperiali appena giunte\'i e radunare tulto il materiale necessario all'assedio. Staccò 4.000 uomini a difesa della fromiera o landese e p.tssò i giorni successi,·i nei preparati,·i. Dal ca nto suo. nella notte dal 13 al l 4. Marlborough cominciò dd mm imenti per cui arrin'> in breve a minacciare Lilla da nord. Tagliandole le comunicazio ni con Ypres c Courtrai e mcuenclo in pericolo quelle con Tourna1 la fronteggi~wa con uno schieramento a mezzaluna da nord-ovest. per nord , a c...,t. Vendé'>me non si scompose e restc) fermo a Gand , a dispetto eli tutte le pn.:ssioni del comando francese e delle preoccupazioni dei Principi eli Borbo ne. Senza saperlo fece il gioco degli Alleati. i quali avevano bisogno di tempo. Dovevano riunire ~tll 'esercito tune le loro sa lmeric rimaste dietro la Dcnde1 e far affluire da Am·en..a e !\Iaastricht a Bruxelles, lungo i canali interni comroll ni dagli Olandesi, gli ingenti rifornimenti di polvere c palle necessari all'assedio. Da I3ruxelles li awehbero dovuti instradare fino a Lilla e in quantità tale cht .1 conti fatti si calcol ò a 16.000 il numero dei cava lli necessari ; t: si decise di IL'quisirli pre,·alemementc in Francia. Fia ndra francese, Artois e Piccardia ricevettero ingiunzioni severe. Tutt'c lrc le pro,·ince nicchiarono e tentennarono, prese fra b minaccia alleata e la collera d i Luigi XIV se avessero acccuato eli pagare. Marlborough mandò loro il conte Tilly con 11.000 uomini e mano libera. Baste'>. Arrois e Fiandra francese chtL'sero subito di pagare. la Picca rdia tentennò. Venticinquemila soldati alleali 'i sostennero l'ultimatum c cavalleria e ussari furono lasciati liberi d 'agire: la Ptl'cardia ne avrebbe portato le tracce per anni. Ben.Yick cercò d'arginare la mare~1 mon tante, ma non era facile. In quel momento, con Vcnclomc ostinatamente fermo a Gand. il suo era l'unico eserliro francese a difendere il confine c doveva pensare a lutto. Mentre questo accadeva, cioè nei dieci giorni immediatamente successi,·i .tll.t battaglia, Eugenio stava preparando i convogli. San; bbero stati due. uno formalo dalle salmcrie dell'esercito vincitore a Oudenarde, l'altro, molto più grande. il grosso convoglio" come lo chiama rono all ora , che avrebbero porlato davanl i a Lilla 100 cannoni d'assedio, non meno di 10 mortai e le rdatiYe dorazioni di nutcriali, pol vere e pa lle utilizzando 5.000 tra ca rri . ca rrimatti e carrette, snodandosi per 25 chilometri di lunghezza e coprendone 115 di percorso comple::.-.ivo. 11 ;j agosto Eugenio raggiunse Atb e i 40.000 uo mini del grosso ddl'armar.t imperiale, che spostò a Soignies per attendervi "il grosso con\'oglio", finalnwn tc partito da Bruxelles per Li lla. Protetto da 25 squadroni c altrettanti battaglioni di Marlborough, da 3'5 squadroni sotto il Principe cl'Assia-Casscl e scottato complessiva mente da circa 50.000 uomini, il convoglio snodò le sue teorie eli cm·alli c traini per due itinerari diversi e paralleli. ognuno lungo circa 2) chilomctn .


EL'GF'<10 IN FLAJ'<OKA. VnTOII IO fu\IJ::DEO l'< Pw_\fO~: 170H-17 11.

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come previsto. La loro rotta puntava su Mons, sia per tenersi alla larga da Berwick, fermo a Douai, sia per ing:a nnarlo fino all'ultimo mo mento. E difatti lui ci cascò e s postò 7 battaglioni a rinforzare Mons. Il 7 il convoglio raggiunse Eugenio a Soignies. U), prima dell'alba, ne uscì in direzione ovest, anziché sud, come si aspettava BcJwick, quindi abbanclonù la via di Mons e si diresse ad Ath e ai ponti su lla Dcndcr. Di nuovo Vend6me non poteva far nulla; 42 sq uadroni di cavalleria nemica si frapponevano tra lui e il convoglio già fuori Oudenarde e protessero "Il grosso convoglio" quando passò il fiume il 9 e nel suo viaggio verso la Schelda, traversara a Pottes il l O, proprio in faccia a Lilla. Il grande assedio pot<:.va incominciare.

ll) Lilla

Lilla era ottimamente fortifica ta. Aveva un presidio eli oltre 12.000 uomini al comando del maresciallo 13oufflers e tali riserve di viveri , denaro, polvere e palle da far esclamare a Vendt>me che ··Un comandante sagg-io quale il principe Eugenio non s'irnharcherebbe in un 'impresa del genere."cv Eugenio aveva condotto molri assedi nel corso della sua carriera, ma mai grandi come questo, al quale si dedicò con attenzione, mentre Marlborough gli proteggeva le spalle. Il 14 il Principe distribuì nei quartieri intorno alla città i 25.000 fanti e 8.000 cavaLeri destinati all'impresa. Lo stesso giorno migliaia di guastatori aprirono la trincea, un anello di ci rca 16 cbilometri, profondo due metri e settanta, e ne impiegarono la terra di scavo per alzare i ripari, s pessi quattro e sessanta. In consiglio di guerra era sta to deciso d'esercitare Jo sforzo principale a nord, contro la porzione compresa fra le porte di Santa Maddalena e di Sant'Andrea, sulla strada di Menin, a cavallo ciel corso della Du li e, là dove q uesta usciva dalla città. Per questo, terminate la comrovallazio ne c la circonvallazione, gli approcci furono scavati da 4.000 guastatori, protetti a loro volta da 5.000 fanti e 900 cavalieri, e, dopo un primo vittorioso scontro preliminare alla Cappell a della Maddalena, zigzagando con decisione puntarono verso la cortina, da sotto la quale usciva il fiume e che era fiancheggiata da due bastio ni . Questi a loro volta erano coperti da tre rivellini, uno in mezzo e due ai lati, detti "I Tcnaglioni", i quali erano fiancheggiati da due opere a corno davanti alle due citate porte di Sant'Andrea c Santa Maddale na, con altri rivellini c uno spalto dei migliori che correva lungo rutto il perimetro. agevolando molto la difesa . Dopo aver stabilito i turni in trincea, il 27 Eugenio fece aprire il fuoco alle Batterie Olandesi41 e in meno d 'una settimana aveva già aperto una d iset·eta breccia e colmato il fossato coi detriti cad uti dalle mura.

4

J Co~ì c hiamate• perché tunc le loro s pese erano so.-;lem ne dalla Repubblica d'Olanda.


.222 Preoccurato, Boufflers ordinò il ritiro della maggior parte dei cannoni ndla cittadella e attese l'inevitabile assalto alla controscarpa. Gli All<:ati lo fissaro no al 7 settembre, il secondo c glorioso anniversario di Torino, perché nel frattempo i Francesi si erano mossi. f);wanti al pericolo in cui si tt·m·ava Lilla , Luigi XIV si era deciso e a\'C\ .t ordinato al nipote, a Ycndf>me c a Berwick di unirsi e rompere l'assedio. Il D agosto l'esercito del nord e quello del sud si erano messi in movimento a gran velocità, si erano incontrati, aveva no ragg iunto e traversato la Schelcla a Tournai c, il 4 settembre, erano arrivati a Mon s-cn l)cvèle, circa 16 chil ometri a sud eli Lilla, con Il 0.000 uomini e 200 cannoni. La noti7ia era stata trasmes'>a ad Eugenio, che a\ eva subito lascito l'assedio alla resta di -.000 cwalicri e J2.000 fanti per unir'>i a ~Iarlhorough prima ddl.dba del 5, seguito di poco da altri sene battaglioni. Quando il sole si Jeyò sulla campagna . illuminò 109 battaglioni e 209 squ:tdroni alleati - circa 7').000 uomini- davanti ai quali i marescialli di Francia e.:.itaro no. Marlborough aveva preso posizione sulla riva del fiume Marque. Eugenio l'aveva raggiunto e, tra tutti c due, avevano messo in piedi uno schieramento difensi\'0 ben articolato in rrofondità su tre linee. Visto che i Francesi non si muo\ e\·ano, la manina del 5. dopo aver es;u ·1i · nato il terreno con occhio espcno, Eugenio propose a ,'vlarlborough d 'impieg.t re l'attesa a fortificare l'intero fronte, che era compreso tra i due fiumi Marqul' e Dulle. Turti i generali alleati confermarono la giustezza delle opinioni th.:•l Principe; alla fine anche Marlbo rough convenì sull'utilità del trinceramento e furono diramati gli ordini necessari. La sera del 5 l'esercito alleato si tramutù in un esercito di talre e scavò un bel fossato, largo tre meui e settanta e profondo due e ottanta. ·· .. . Rido/lo il/acoro a qualche altezza, il Principe coi prop1:j Fallii

ritornò a ll 'assedio."C\'1 Era tranqui llo perché sapeva che i Francesi non si sarebbero mossi. E clif:ttti Venclome, Luigi eli Borbone c Bem·ick, dopo aver r assato in ri cognizione tutto il 5 e il 6 eli seuemhre, attirandosi parecchie cannonate. avevano tenuto con..,iglio di guerra nella notte dal 6 al 7 c, incerti <>ul da farsi a\·evano serino a LUJgi XJV. Mentre le staffette galorpavano in d irezio ne eli Versailles, Eugenio radun ~l\ ;t le truppe per il primo assalto g<.:nerale aRia citradella d i Lilla. All e 19.30 ciel ..., settembre, sostenuti dal fuoco di J50 pezzi d'art iglieria c diretti dal Re Augusto di Sasson ia, dal Princire d'Assia-Casse! e da Eugenio in persona. 2A00 granat1v ri. altrettanti fucilieri e 4.000 guastatori a\·anzarono contro i Tenaglioni. Le palizzate esterne dello sralto furono raggiunte e superare. l granatien \1 si arrestarono sotro un fuoco d'infàno di tutti i pezzi francesi disponibili. Quattro mine esplose ro sotto i loro piedi e le perd ite lievitarono in pochi minuri Ilno a 500 mo rti e 3.000 feriti. 13ourtlers contromanovrò con estrema abilità. G r.1 nate. razzi incendiari e centri di fuoco impedirono agli Alleati di prendere qual cosa più degli angoli dello sralto.


El'GF~lO IN FIA \fDH/\, VllTOHlO A ,\lEDEO l :>l PlE~lOYFE: ! 70H-17 12

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La mattina seguente Eugenio considerò la situazione con occhio esperto e fece collocare delle batterie nei posti conquistati per battere in breccia le linee francesi, facendo al conte mpo allargare c migliorare i ricoveri per la truppa assediante. L'11 i Francesi dell'esercito congiunto sembrarono imenzionati ad attaccare Marlborough, salutando il nuovo giorno con un diluvio di cannonate. Di nuovo Eugenio lasciò l'assedio e coprì in fretta gli S ch ilometri che lo separavano dal collega, ma di nuovo i tre marescialli non fecero nulla e si limitarono a continuare a sparare coll'artiglieria. lntanto a Versailles erano arrivati i corrieri dall'esercito di Fiandra e avevano consegnato al Re i dispacci elci suoi nipoti 42 induccnclolo non solo a scrive re d'attaccare, ma spedendo loro addirittura il ministro cieli:.~ guerra Chamill art per obbligarli a farlo. 11 13 e il liJ il Duca eli Borgogna eseguì nuove ricognizioni. Le impressioni riportate non furono favorevoli. Chamillart, si rese conto de lla difficoltà dell 'impresa e scrisse al Re che non c'era altro da fare : bisognava ritirarsi e rinunciare a una battaglia. Se s i voleva aiutare Lilla, occorreva trovare un altro s istema . Visto che il nemico continuava a esitare, Eugenio decise eli non perdere altro tempo e tornò all'assedio. Dopo un tempestoso consiglio di guerra nella notte, la mattina del l5 i Francesi decisero d'anelarsene e marciarono su Tournai. Avrebbero cercato d'aiutare Boufflers in un altro modo. Poiché l'assedio non poteva procede re se nza munizioni, bisognava tagliare i rifornimenti alleati. Per questo le truppe francesi si allungarono sulla Schelda e bloccarono la strada ai convogli provenie nti da Bruxelles e, per maggior sicurezza, fecero uscire cl.a Douai e Arras 3.000 cavalieri per controbattere i foraggiatori alleaLi. Eugenio aveva fatto provviste di polvere ma i ca nnoni gliene consumavano molta più del previsto. Gli storiografi che si sono occupati del tardo XVII c del primo XVlll secolo, a partire da Davicl Chandlcr nel suo "The art or \'(farfare in the age of Marlborough ", hanno sempre sostenuto che gli assedi e rano preferiti dai generali di allora perché le spese, i tempi e i consumi eli viveri, materiali e uomini erano facilmente q uanlificabili , ragion p er cu i, sapendo cosa si aveva, s i poteva indovinare facilmente la durata e l'esito dell 'impresa che si stava ini ziando. La realtà pe rò era ben diversa da quanto questi s ignori hanno creduto eli capire. Sono pochissimi gli assedi del secolo XVIII - non parliamo eli q uelli pre-

' 12 LI Duca d i 13orgogna era i l figlio maggiore del Gran Delfi no luigi. primog~ n ito d<:!l llt' Sol<:!; il d tJC<t de Vendome, l'ra a sua vn ha ni pote' dl'i Re in quamo <benché irregolare. perché dbn:ndt>nlt: <1:1 Gahri<:!lle d'E.~lré<:!s) bis-ni pote eli Enrico rv, nonno di Lu igi À1V. l.krw ick, infì nc, era anch'esso nipol<' di Lu igi XIV, i n quanto figlio d i Giacomo 1.1, che en1 cugino del re di T'ranci<t perché era il 't'condo figlio maschio di Carlo l (' d'Enrichetw di Borbone. ~ort• ll a di Lu igi :\11[.


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cedenti - che abbiano rispettato la tabella eli marcia prevista. BasLa and:IIL' a guardarsi i diari degli as~edianti c degli a~sediati per rcnclersene conto. ~ lontmélian, Pinerolo, Verrua, Torino, Milano, Pizzighettone, Gera d'Adda, tanto per !i mitarci ad alcuni d i quelli brevc 111ente descriui fìn 'ora , ebbero tulli un decor-.;o assai diverso, in perdit<.:, impegno e durata, da ciò che si era ipolizzato al pnncipio. E' \·ero che di solito gli anzidetti storiografi sono per la maggior pane mglesi e prendono in considerazione quasi soltanto i settori e i fronti sui quali operarono le truppe britanniche, ma è pure vero che lo stesso assedio eli Lilla dowebbe aprire loro gli occhi. A di~petto eli quanto si era pensato al principio, nella seconda metà di settembre del 1708 le '>Colle di polvere c palle erano l .llate tanto da destare gravi preoccupazioni nel comando alleato. Quando a quel calo si aggiunsero decine el i migliaia eli francesi a bloccare tutte le strade, i generali anglo-olandesi si preoccuparono ancora di pill. L'esercito assediante e quello eli copertura erano isolati da Bruxelles; e Bruxelles era a sua volta isolata da ll'Olanda. La situazione appariva disperata. Marlborough fece interven ire la flotta cd Eugenio cercò d'affrettare la caduta di l.dla organizzando un secondo assalto generale. LI 21 settembre le navi britanniche cd olandesi sbarcarono a Ostenda nlontagne di rifornimenti, 6.000 fanti inglesi e il generale Erle, al qua le Marlborough inviò istruzion i chiare e dettagliate sull'inoltro delle munizioni e della polverL La stessa sera Eugenio lanciò l'assalto generale. Dopo un furioso combattimento, 15.000 alleati presero la parte sinistra della strada coperta e si sta' .1no attestando su metà del Tcnaglionc di destrél , quando Eugenio vcnne colpito eli striscio alla te~ta. Marlborough lo rile\'C) in comando c la mattina del 23 lancio il terzo assalto generale, rrendendo pane dd Tenaglione di sinistra. Adesso la situazione di Boufners cominciava a divenire pesante, specie pL'rché anche lui aveva visto calare paurosamente le proprie scorte eli polvere L'. a differenza degli Alleati. non sapeva neanche come a\'\'Crtire \'enclòme o lkr\\'ick. Riuscì a far arrivare al Duca di Borgogna una lettera d 'aiuto; e gli man<.brcmo una colonna di cavalleria. Ma la man ovra fallì parzialmente, rerch0 ~olo la testa della colonna riuscì a entrare nella cittadella con circa 30 tonndlatL' di roh·ere da sparo. Eugenio la considerò la prova evidente delle difficoltà del nemico e alla hne di settembre, alzandosi apposta dal letto, panecipò al consiglio eli guerra .11leato dichiarando che "garalllil'tt il successo. a palio che gli venissero fomite le

m u 11 iz ion i."C\'Il le difficoltà di rifornimento erano srate accentuate dai Francesi. La 'ia da ()stenda a Li lla passava atlraverso i territor i di Ypres, l\ieuport c 13rugcs c Sl' 1:1 prima e la terza erano delle fortezze ben munite e pericolose. la seconda a' l'\ .1 - ed ha - una notcn>le imponanza strategica come centro di controllo dclll' chiuse che regolano il livello deii'Yser. l Francesi k manovrarono cd inondarono una vastissima zona, rendendo l'afflusso elci riforn imenti assai diffici le e costretto a seguire un percorso pressoché obbligato.


Et Gf l\10 IN FJAJ'IORA, VJTIORlO A\IEflW Il\ P lf.MUI'\TE: 1708-171 2

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Poi cercarono d'intercettare il primo convoglio, ma fallirono. Eugenio ricevé i rifornimenti. aumentò gli sforzt e finì di conquistare il Tcnaglionc di destra. Dopo idenrificò il punto critico della difesa nel rivellino in mezzo ai d ue Tenaglioni. Dominava il Tenaglione di sinistra, era molto ben difeso e sarebbe staLo difficile impadronirsene senza perdite, perciò occorreva giocare d'astuzia. '·Ordinò che, a stancare il nemico, si dessero frequenti allarmi per due notti seguenti. Indi ordinò l'assalto a mezzo il giorno sep,uente.'·CVI!l Stanchi per i continui allarmi nonu rni, i Francesi vennero colti nel sonno c il rivellino cadde, insieme ai cinque cannoni che conteneva. La sua perdita li obbligò a evacuare il Tenaglione di sinistra e, prese le fortificazioni esterne, a quel punro non restava altro da fa re che preparare l'attacco alla breccia. Eugenio impiegò le prime tre settimane d'ottobre a consolidare le conq uiste t~ttte, ad impadronirsi del resto dello spalto c a preparare le batterie. La difficoltà principa le restava quella della polvere. Il 3 ottobre Vendome aveva ria llagato tutta la zona da Nieuport a Ypres. TI momento era stato scelto bene. Eugenio era nuovamente prossimo a terminare le scorte di polvere e a Ostenda stavano sca ricando il materiale destinato al secondo convoglio. che però avrebbero dovuto attraversare non meno eli 15 chilometri d i acquitrini. Di nuovo la capacità o rganizzativa eli Marlborough salv<) la s ituazione e grazie a lui gli sforzi del Principe si avviavano al successo. La strada cope1ta era stata presa così saldamente da consentire eli p<me in batteria sul fossato 24 pezzi , i quali aplirono altre brecce nelle cortine della città, mentre tagli c derivazioni facevano calare sensibilmente l'acqua dei fossati. Per il 24 era previsto l'assalto generale e tutto indicava che quasi sicuramente sarebbe sta to quello definitivo. Boufflers valute') la situazione c, davanti ai danni subiti, il 22 fece bartere la . chiamata per la resa de lla città. Eugeni o g li chiese la Porta eli Santa Maddalena a pa1t ire da ll'indomani e gli concesse: tre giorni per ritirarsi con tutto il presid io nella cittadella; la sa lvaguardia dci feriti e dei malati, o il loro trasporto a Douai; il trasferimento a Tournai c Douai delle fam iglie e delle p roprietà degli assediati c ampi vantaggi alla popolazione civile. Entrati in città, gli Alleati cominciarono l'assedio della cittadella l francesi non osteggiaro no mo lto g li approcci, perché , scarsi di polvere , serbavano ogni carica per contrastare l'assalto generale. Così, sostenuti dal fuoco di 103 pezzi , gli Alleati passarono il mese di novembre a farsi sempre più sotto. Per di più , la riduzione dell'assedio alla sola ciuaclella, aveva consentito loro di reimpiegare decine eli migliaia di uon1ini fuori Lilla, aumentando le preoccupazioni dei Francesi e l'afflusso dei rifornimenti . Venne immagazzinato tutto il grano reperibile in Fiandra , continuarono le contribuzioni delle provincie francesi c Vendome decise di dove r inte rvenire di nuovo. Prese d i sorpresa Ostenda e tagliò alla radice il sistema logisrico alleato, così Marlborough ed Eugenio furono obbligati ad attingere ai magazzini di f3ru-


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xclles. Di nuovo i Francesi intervennero. Max Emanuele di Baviera \·emw "PCdito ad assediare Bruxelles con 20.000 uomini. Questa era la manO\Ta dt·n..,i\'a per la sorte di Lilla. ~e riusciva Eugenio doveva togliere l'assedio, M ..' t.dliva Boufflers sarebbe sta to costretto acl arrendersi. fa llì ; c acl Eugenio non restò elle attendere la resa di Bouftlers. Fu concordata la consegna della Porta Rt.·ale per il 9 dicembre e l'uscita del presidio il 1O cogli onori militari, garantendo salva la vita e le proprietù ai malati c ai feriti intrasportabili e il permesso di ponare via 6 cannon i con dodici colpi. In tre mesi e mezzo l'impresa da tuni reputata impossibile. o almeno difficilissima, era '>lata portaw a termine nonostanre ostacoli d 'ogni genere. Eugcn1o e l\tlarlhorougll avevano neutralizzato Vend6me e Berwick, aperto la chi;l\l' del sistema difensivo nemico, preso un'imporrante cittadella intatta, con 100 cannoni di bronzo c 15 tonnellate di polvere. infliggendo al nemico perdite per - 000 uomini tra mo rti e feriti. Le loro perdite per l'intera operazione di Lilla v del suo rifornimento vennero fatte ascender<: a 5.632 morti e 8.322 feriti, la metà d<:i quali, si disse, dcn:duta. ~~ clisfana era stata graYc e Luigi XI\' ordinò ai propri Marescialli di .tnd tre ai qu ~uticri invernali. J\larlborough da tempo aveva deciso d'approfitt:Hill per ten tare l a riconquista el i Gand e l~ruges. Aveva precli~posto tutto; e l'esercito alleato già il l O dicembre poté marciare verso le clut: città. L' 11 era in ' isl.l di Gand. Era ben fortificala e bisognava chiamare pure Eugenio. Quest'ultimo. ~ri­ n ) il 17 e il 18 la citt:ì fu investita. La vigilia di Natale fu aperta la trincea: d 2' venne p reso il Forte Rosso e terminato il piazzamento delle batterie. Il 29 la guarnigione batté la chiamata, il 30 si arrese. Uscì il 2 gennaio 1709 cogli onori militari, 6 pezzi d'a1tiglieria. una decina di colpi per soldato. 'i' eri per cinque , giorni c via libera per Tournai. La resa d i Gand provocò l'evacuazio ne a catena di Hrugcs, Plassendad e Leffinghe e il ripiegamenro dei francesi lungo la costa fino a Dunkcrque. Q este erano le ultime d'un bel numero di vinorie notevoli e gli Sta t i Generali :-.t n..,sero all'Imperatore riconoscendone il merito acl Eugenio .... . qu i il/arum f )(li'S

11/tl.\.'imajitil et cuius prudentitte, fJirtuli etfortiludilti posi Dei i111mmtalis opem plurimam pmeclare gestonun laudem debemus.''-I ..K IX

ID) Malplaquet Tutti i testimoni oculari della campagna del 1709 concordano sul fano d 11. .t un inverno rigido seguì una primavera piovosissima, che rese d ifficili gli spost.tmcmi e fece marcire i foraggi. l francesi erano in difficoltà per carenza di vi\·er1.

' ' ·· ... il qua!t•ji1 il prolaf.!.OIIisto JWil!dJiolc• di C'SSe e alla prudenza. !'a/or e e j Ì)J1ezza delle cui ~e,w. rlufx • t'h!' a Dio immorltll<'. d ohhimm> 11/ustn e /tl(l//c1•1ici lodi.'


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gli Alleati avevano i cavalli ridotti a pascolare su lutti i prati disponibili e sempre affamati e, prima che l'erba terminasse, decisero che era necessario muoversi. Eugenio e Marlborough raggiunsero l'esercito alleato accampato intorno a Gand il 12 giugno; 191 battaglioni e 320 squadroni lo componevano e la maggior parte era già là e pronta a marciare; ma in che direzione ? Lo doveva stabi lire il Consiglio di guerra, o meglio, i consigli di guerra che si tennero intorno alla metà di giugno. Occorrevano informazion i e vennero effettuate ricognizioni da tutte le parti. Eugen i.o ne aveva fatte c fatte fare; Cadogan si era travestito da contadino per andare a osservare eia presso le lince nemiche e tra tutti erano giunLi alla stessa amara conclusione: non si poteva atraccare frontalmente con speranza di successo, le linee francesi erano troppo forrL e il 24 giugno il Consiglio di guerra <ùl'unanirnità scartò l'idea. Restava l'approccio indiretto, cioè la presa d'una fortezza ca rdinale per la difesa . Ce n'erano due: Ypres e Tou rnai. La prima avrebbe consentito una pcnctrazione lungo la costa, riprendendo il progetto. caldeggiato da Marlborough in precedenza, di giungere a Boulognc c Abbevillc, per poi voltare all'interno e risalire la Somme verso Amiens e Parigi. Le truppe alleate potevano essere rifornite dalla tlorra, sostennero gli Inglesi, e l'operazione poteva avere un grande successo. Tournai invece era la soluzione per cui propendeva Eugenio. La sua conquista avrebbe aperto una falla al centro del sistema fortificato nemico e avrebbe consentito una maggior libertà d i manovra, menlre. operando sulla costa, io caso eli sconfina ci si sarebbe trovati colle spalle al mare c l'Olanda aperta all'invasione fra ncese. I delegati o landesi e i rappresenranti degli Stati germanici appoggiarono in pteno il progetto d'Eugenio. essu no vedeva d i buon occhio la costa. Tolone aveva dimostrato che una fl mta non proteggeva nessun esercilO da un esercito più grande che gli venisse addosso. Era poi rutto da dimostrare che le navi anglo-olandesi fossero in grado di rifornire a sufficienza l'Lttto l'esercito operante c che, in caso di g uai, potessero evacuarlo in direzione dell 'Olanda . . La divergenza tra i piani degli Inglesi c quelli degli altri è comunque interessante perché fu allora, d urame la Successione Spagnola, che apparve per la prima vol ta la propensione britan nica , poi divenuta tradizionale, per le direttrici operative continentali che permettessero alle truppe inglesi d i fugg ire per ma re. La Successione d 'Austria avrebbe visto d i nuovo tale propensione; e le guerre della Rivoluzione, prima, e poi dell 'Impero l'avrebbero confermata con l'esempio più importante c meno evidenziato: quello eli Waterloo, scelta da Wellington proprio perché gli consentiva la più rapida ritirata possibile verso la costa. Il piano d 'Eugenio, invece, aveva non soltanto il vantaggio eli rassicurare gli Olandesi coprendo c.Ia lontano la loro frontiera, ma pure quello eli offrire una più ampia scelta d i di rettrici operative successive alla prima vittoria , o al la prima sconfitta. Quanto a Marlborough. '·si sottomise senza esitare all'opinione del Principe Eugenio."cx


228 L'assedio di Tournai fu approvato all'unanimità proprio il 2<t giugno c J'e.,ercito si apprest<'> finalmente a marciare. Muovendo in modo da far credere al nem ico di voler attaccare La Basséc, le truppe a\·anzarono celermente, convinte eli dover assalire di fronte le forti ficazioni campali a\'\ crsarie. Anche Villars lo credé c ritenne opportuno rinforzare le guarnigioni clll gli patYero più minacciate e, per sua disgrazia, lo fece attingendo a quella di Tourn,ti. Alle 11 di sera del 26 giugno Eugenio diede ordine alte sue truppe eli ,thbandonarc hl ro~.'a a sud e di piegare a nord-ovest, convergendo poi ancora verso est. Marlbor.~ ugh fece praticamente lo stesso e, tra la sorpresa di amit.ì e nemici. le truppe si presentarono davanti a Tournai bloccandola da ogni lato. Stan>lta i ruoli dei capi alleati furono invertiti. 1\larlhorough comandò Lt'>'>t'dio ed Eugenio l'esercito eli cope11ura; c elci due fu il più fortunato, o almeno quello cui capitò il lavoro piC1 leggero. Tou rna i :1v eva pochi cl ife n sori, ma disponeva di un sistema cl i mina e contro mina esteso e pericoloso quanto se non più eli quello di Torino. La guarnigione se ne servì a meraviglia c la guerra si trasferì nel sottosuolo. Le mint.' k contromine, i cannoneggiamenti continui e lo :-cm·o delle gallerie presero ru t<t l'estate. Il 2H luglio il presidio batté la chiamata per la resa della città, ottcm:nclo il permesso eli mandare ammalati e feriti a Douai e Valcnciennes c di ritirarsi col resto nella cittadella. Là resse fino al 31, poi chiese di capitolare. li ) ~t.·t­ tembre Tournai era in mano agli Alleati e i loro movimenti ripresero con una mossa contro Mons. Il fano era che Eugenio e l\larlborough si rendevano conto benissimo di quanto poco risoiU(iva fosse la presa di Tournai se non si liquidava l'esercito di Viltars. Dato l'elevato numero di fortezze c campi trincerati, l'unica solu zione sembrava con~istere in una manovra accerchiante ad ampio raggio, volta più .t garantirsi delle l>uone posizioni d i pa1tcnza per la campagna del ' l O che un immediato successo strategico di gran rilevanza. Ora, Mons era l'obielliYo più adatto. sia perché socldisface\'a gli Olandesi come completamento della rico.,tituenda Barriera . sia perché facilitava l'accerchiamento del dispo'>itivo di \ 'illar'>. Di conseguenza già il 3 vennero impartite le prime disposizioni in merito, ncll.t notte dal :3 al 4 le truppe si misero in moto c il S tutto il dispositivo alleato era proiettato su Mons. Nelle primissime ore clclJltaltino del 6, il principe d'Assia-Casscl si avvicin<') alla città con 6.000 cavalieri e -1.000 granatieri. Alle sette era \'icinissimo ed .1 mezzogiorno, dopo alcuni scontri d'avanguardia, intorno ad l l aure e Bo:-'>l l. ave\'a aperto il passo all'eserdw anglo-olandesi..' c bloccato la città. Più o meno a quell'ora si seppe che Villars stava iniziando una ricognizione in forze e sembrava intenzionato ad instracl;trc copiosi rinforzi in direzione di Mons. l.a notizia raggiunse Marlborough cd Eugen io a tavola. Il pranzo vcnllL' lasciato per la sella e tutti e due cavalcarono in gran fretta a porsi alla testa ddle truppe.


229 Nel corso della serata Villars avanzò fino acl auendarsi a circa 15 ch ilometri dalla si nistra delle truppe del Principe d'Assia, sulle qua li stava serrando tutto il grosso. ln quel momento fra gli Alleati e i francesi si stendeva una cintura coll inare, boscosa e solcata da numerosi corsi d'acqua, che era attraversata da due soli varchi. L'inte nzione di Villars sembrava chiara: attraversarla per anelare a disturbare gli All eati impegnati davanti a Mons c, se possibile, sbloccare la ciuà. Tanto Eugenio quanto Marlborough avevano ancora qualche dubbio. Erano partiti pianificando un assedio cd ora si profilava all 'orizzonte un consistente esercito nemico. Cosa era meglio ? Aspetrarlo o attaccarlo ? L'8 tennero un consiglio di guerra a Quévy e decisero che l'assedio sarebbe stato proseguito dal Princire d'Assia-Casse! sotto la copettura eli e ntrambi verso la cinta boscosa: Eugen io avrebbe presid iato il varco eli Boussu; Marlborough quello eli Au lno is. Il medesimo giorno Villars seppe dai suoi ricognitori che Boussu era transitabile e nella notte ordinò eli spingcrvi una forre colonna di cavalleria e imradronirsi degli sbocchi eli q uello e dell'altro varco. All'alba del 9 l'operazione era ultimata e l'esercito francese si mise in marcia per attestarsi sull'orposto lato della cintura boschiva. Quattro colonne attraversarono il varco alla loro destra - Aulnois - e ne occuparono lo sbocco. Poche ore dopo Eugenio ne fu informato. Raggiunse Marlborough c insieme, protetti da una grossa scorta. anelarono a vedere. A distanza eli tempo non si può credere che siano stati sorpresi da Villars. Tutto fa pensare che abbiano lasciato i varchi non protetti a bella posta per inciurlo a una battaglia che, probabilmente, speravano distruttiva e quindi strategicamente decis iva. Lo si intuisce da parecchi e lem e nti. lntanto perché, in linea generale, il movimento di Villars attraverso la cintura boscosa equivaleva al passaggio eli un fiume attraverso due larghi ponti. Nei boschi i Francesi non potevano manovrare c dovevano raggiungere lo sbocco etei varchi- esa ttamente come se fossero due teste eli pon te - per spiegarsi r oi in pianu ra. Era una crisi di rassaggio piuttosto pericolosa che però non venne osteggiata. Perché? E' vero che in quel momento gli Alleati non aveva no le truppe concentrate, perché solo la lo ro s inistra, composta dagli Olandesi, era già pronta, ma è pure vero che proprio davanti alla s inistra stavano comparendo i nemici, per cui il primo scontro poteva essere più o meno alla pari. Poi che sarebbe successo ? I soldati d'Eugenio distavano dal probabile teatro di combattimento una decina eli chilometri, cioè circa due ore di marcia, e l'ala destra non sa rebbe stata in grado d 'arrivare che molto più tardi. In teoria quindi i Francesi avrebbero rotuto battere i tre corri d i battaglia uno doro l'a ltro. In realt.::ì. gli Olandesi s i sarebbero potuti ritirare tranqu illamente sul grosso senza farsi agganciare e la battaglia poteva essere ingaggiata d ieci chi lometri p iù indietro, obbligando i rin forz i francesi a compiere una strada più lunga.


230 E' dunque evidente che Eugenio c Marlhorough non furono così sorpn.·..,i come si potrebbe pensare, ma fecero del loro meglio per attirare il nemico in tr.tppola, fuori dalle sue poderose lince trincerate c su un terreno a loro noto. v indurlo a combattere, nella speranza eli distruggergli l'esercito una volta per tullc. Del resro proprio la mattina del 9 Eugenio ave,·a scritto all'fmperaton. ·'Il

11emico è ricino. hencbé.finora 11011 abbia corso alclfll rischio e rimanp,a tlletro le Slfe fortezze e trincera menti.. . !)a parte nostra. poicbé non cunoscia m o hene la configumz ione del terreno, ahhiarno ancor meno intenz ione di correre rischrc)a Pill chiaro di così ... Villars continuò a non corrt>n.· rischi. lm·cce di lanciare le sue puntt> nella pianura, una volta assicuratisi i varchi vi si fermò e cominciò a fortificarsi, in att<.>sa d'essere raggiunto dal resto delle sue truppe. Man mano che i pezzi lranCC'>i arriva\·ano in linea venivano messi in baLLeria cd apri\·ano il fuoco. '\el '1rimo pomeriggio le aniglierie inglesi e olandesi cominciarono a ri~pondcrl' l' lentamente l'intensità del Liro crebbe lungo tutta la linea. Nella notte i Francesi continuarono a fortificarsi e all'alba del 10 app;uYe chiaro che \'illars non anebbe anaccmo e gli Alleati nemmeno. Tanro Eu g~·n io quanto J\larlhorough preferivano avere sonomano rurre le truppe disponrbili prima di avanzare contro il nemico e, poiché stavano arrivando altri 'l 1.000 uomini"~' da Tournai, era meglio a!->pettare. ispezionare allentamcme il tcrrc·no e predisporre la bauaglia per l'indomani. Ai comandanti francesi intanto s'aggiunse Bouff1ers. Esaminate le pos izioni nemiche. Eugen io era giunto alla conclusioni! che erano difficili da attaccare ma che c'era qualche possibilità in pil:r se si commcim·a da quella comandata da Alhcrgotti nel bosco eli San. Visto che si protendeva a punta all'infuori, poteva essere as~alita e colpila da tre parti sim ult;w eamcn te. La sua caduta avrebbe implicato, o almeno l'acilitato. quella elci ' ,uco d'Aulnois c in seguito tutto lo schieramento francese poteva es-;ere preso di ro,·escio e disarticolato. consentendo alla Gt\'é.llleria d'infilarsi nel ,·arco per a.......tlire quella nem ica dall'a ltra parte. Decise di cond urre persona lmente l'attacco alla resta della fanteria. che dispose in semicerchio su tre linee. L'im·estimcnro del centro francese vennl' .!lfidaro ai reparti inglesi e hannovcriani; gli Olandesi re!>tarono a sinistr'd. Non sappiamo con esa ttezza quanto forti fossero i due opposti schicr:rmenti. perché dopo la bauaglia entrambi spergiurarono d'essere stati più deboli ddLt,·versario, possiamo però supporre con una fondata sicurezza che il rappono fosse di l a l sia in uomini che in canno n i. Furono proprio i cannoni a cominciare. I primi tiri vennero effettuati intorno alle sette c mezzo del mattino. Come: nei giorni precedenti, il bomhard.tmcmo crebbe progrcs~i,·amentc d ' intensit~t. finché alle nove ~Jarlborough non

11

10.000 l.mti ' ll 19 h.lll<~).!lu>nl ~ 1.000 t',\\ .llkri MI I O '4u.1uroni. l utu th ' arie n.uion,lhtà .


Etr.E'lO 1 ~ F tAKDRA. V1rmR10 A\I EDEo Il\ 1'11'\IU'J'I E: 1708 1712

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diede l'ordine per l'attacco. Tutti e 103 i pezzi dell'artiglieria anglo-olandese spararono allora una tremenda salva, il cui rimhombo fu il segnale dell'avanzata. Entro un'ora dall'inizio dell'anacco, i 15.000 fra ncesi d'AlbergonL aggrediti da tre lati e sottoposti al tiro di 35 cannoni si videro atterrare i loro trinceramenti e respingere nel hosco, fin quasi alla rctrostante pianura. A cavallo a lla testa delle truppe dell 'ala destra, Eugenio aveva guidato q uell'attacco micìdiale, sotto u n fu oco a ltrettanto micidiale, uscendone illeso. Oltre 7.000 uom ini , tra morti e feriti di entrambe le parti, giacevano dietro di lui nel saliente la cui superficie superava d i poco i due eltari, mentre 30.000 fanti alleati terminavano di respingere i circa 5.000 francesi sopravvissuti. A sinistra gli Olandesi invece si trovavano in d ifficoltà e stavano subendo delle perdite altissime. Alle undici e mezzo la s ituazione dci Francesi era critica ma non ancora disperata. In precedenza, dopo averne chieste invano a Bouft1ers, in quel momento impegnato a fondo cogli Olandesi, Villars aveva prelevato truppe dal centro per resistere all'attacco d'Eugenio al saliente e ora le stava lanciando al contrattacco. l 'azione gravò sui Prussianj di Lottum e sui misti di Schulemburg, mettcndoli in difficoltà ed obbligandoli a retrocedere. Eugenio avanzò allora sulla linea del fuoco e raclun<'> le truppe per ripOitarle all'a ttacco. Un colpo lo ferì di striscio dietro l'orecchio. Lo pregarono di farsi medicare . .. Se dobbicuno morire qut rispose" non vale la pena di medicarsi. Se vinceremo ci sarà tempo stasera."CXIL Il suo esempio e la sua presenza giocarono ancora una volta un ruolo impottante. In meno di mezz'ora il contrattacco francese fu respinto c il bordo del bosco raggiunro. Schu lemburg riuscì a portare fin là sei cannoni pesanti c fece aprire loro il fuoco s ulla cavalleria nemica schierata nella pianura , mentre riordinava le sue unità per fa rle avanzare all'aperto appena gliel'avessero ordinato. ln quel momento venne raggiunto da Ma rlborough cd Eugenio. I due comandanti in capo videro i Francesi schierare nella pianura non meno di 50 battaglioni coll 'evidente intenzione d'attaccare di nuovo. Se erano là , non potevano essercene rimasti molti a presid iare il centro, suppose Marlborough, per cui tornò indie tro e diede gli ordini opportuni. Sostenuto dal fu oco dell'artiglieria, intorno all' una ciel pomeriggio il -centro alleato avanzò contro q uello fmnccsc c lo travolse q uasi senza difficoltà. Adesso i varchi erano presi e attraverso di essi poteva passare la cavalleria a lleata per anelare a spiegarsi nell a retrostante pianura, in faccia al nemico. Ma mentre si stava mettendo in movimento ed e ra ancora lontana dal bordo del bosco, Villa rs, che stava incominciando il suo contrartacco, fu informato della perdita delle posizioni de l centro c, capendone la gravità, deviò 12 dci suoi battaglioni a lla loro riconquista. Contemporaneamente Eugenio decise eli prevenirlo e lanciò in avan ti i suo i dal limitare dd bosco, scatenanclogli addosso un uragano d i fuoco dalle conseguenze decisive. La grandine di pallottole ferì Albergotti a una coscia; uccise Cllemeraul t e colpì Villa rs alla gamha sinistra, mentre il suo cavallo cadeva a terra fu lminato.


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Il tvlaresciallo S\'enne per le fitte e si risvegliò ">Oitanto a Quesnoy dopo In fine della battaglia. La perdita di Chemerault, Alhergoni c Villars fece sri' oLtre il comando sul generale Puységur. il quale clccis<.! che la situazione era ormai ranro compromessa da imporre lo sganciamcnto. Così, mentre Eugenio fan·,·a srabilire i suoi sulle posizioni conquistare, vide ripiegare ord inatamente tuili e 50 i battaglioni e la cavalleria del nemico. Era passato poco più d'un qu.1rto d'ora dal ferimento di Villars e c.lell"imponenle schieramento francese si ,·cdc\"ano solo le spalle e le code dci cavalli. Anelatosene un nemico, Eugenio ne vide pçrò arrivare un altro. I3ouftlers. da poco informato d"essere din~nuto il comandante in capo, era accorso alla testa ddla cavalle1ia e stava caticanclo gli squadroni eli testa di quella a!Jeata - olamk"i respingendoli. Il Principe fece allora manovrare l'aniglieria in modo da ostacoLtre ai Francesi almeno l'avvicinamento agli sbocchi del bosco. Coperta dal tiro dd -,uoi pezzi, la cavalleria olandese si riordinò e quella inglese poté uscire dai varchi, spiegarsi a sua volta e pa1tire alla carica. Venne respinta. mcnrrc eli nuovo i pezzi d'Eugenio entravano in azione insieme alla fanteria per coprirne il riordinamento. Per sei volte la cavalk'ria francese caricò qudla allema impedendoli.. di ~quaclronarsi nella pianura, finché Eugenio non si presentò di persona alla tl-.ta dell'appena arri,·ata ca\'alleria imperiale. aggiungendo le sue forze a quelll di ~larlborough. Allora. vi~la la mala parata, Boufflers decise di far ritirare i -,uoi su ll'altura eli Malplaquet. Ci<'> non lo saln) c.Ia un'altra ora abbondante di cariche di cavalleria, ma le controbané per coprire la ritirata <Ici <>uoi disfatti regginwnti di fanteria in direzione di Quiévrain, Bavai c Maubcuge. Eugenio proibì d 'ill'il'gui rl o. Le truppe avevano dato rutto cd era pericoloso buua rle ancora avanti ; e se era lui a dirlo doveva davvero essere così. Erano circa le tre c me:tzo del pomeriggio quando la battaglia si pote dire \ inra dagli Alleati. ma era una vitto1ia di Pirro. Malplaquet. come \'C!lnl· poi chiamata, era costata 6.000 moni e non meno di l <1.000 feriti agli Alleati c - POO moni. non meno di 10.000 feriti e 18 cannoni ai Francesi. Scrisse Eugenio a \'itrorio Amedeo: ··.\'o11 cop,lio tralasciare d'ii~/(Hn ltlre l '.A. R... della grande l'il/oria che ripo11anzmo ieri su/11emico, che occufXIl'O pusizioni molto.fcnti. Il comhattirnento durò a lunp,o eji1 assai sanguinoso per ellIJ·ambe le parti. Senza dubbio questa vi/loria coJttrihuirà assai alla sicurezzo cci al riposo dellEuropa."CXIII Il 15 fu canrato il Te Dcum della vittoria, poi si riprese l'assedio di Mons.

Vennero terminate le opere eli circonvallazione. li p<1rco d'assedio arrh·o il 2S e l'operazione cominciò. Facendo rcsoro cldl'a~~edio francese del H)91. Lu· genio fece dirigere il fromc principale d"attacco contro la p01ta di Kartamonl. clri7.7.ando altre batterie contro quella ci"Ilaure, a e'>l. Le operazioni sul tern no vennero dirette dal Principe d'Orange e così bene che. nonostante la dura rv-.isrenza opposta dai Fr:1ncesi, la cittadella .si anese nella seconda mct<ì cl"ottohrl' c gli eserciti poterono andare ai quartieri inverna li. Di nuovo la parola pa~s:J\ a ai politici.


ErGE'-~0 Il\ F!A\IDM, VI1TORIO A~IFDF.O l'l PIEMO!'mo: 1708 1712

233

IV) Le campagne di Vittorio Amedeo sulle Alpi

Mentre Eugenio combatteva i.n Fiandra , Vittorio Amedeo nel suo piccolo si dava da fare sulle Alpi. Per il 1708 i suoi obbiettivi erano limitati. anche se strategicamente importanti. Voleva semplicemente allontanare i Francesi dalla testa delle valli Dora e Chisone, togliendo loro la Perosa, Fenestrelle, Exilles e, potendo, Briançon cioè, in una parola. tutti i valic h i che consentivano !"accesso all'Italia. Il piano era semplice. Si doveva entrare in Savoia attraverso il Cenisio c il Piccolo Sa n Bernardo, fingere di minacciare Lione e, appena i nemici vi si fossero concentrati, volgersi a sud e indietro, verso la testa della Dora , puntando direttamente su Ulzio e Cesana, concentrandovi tutte le truppe d isponibili per passare subito agli assedi di Exilles e fenestrelle, interponendosi tra le fortezze e la massa di manovra nemica . Radunati 54 battaglioni - 23 suoi e 31 imperiali - per un totale di 32.345 fanri e 1.261 cavalieri, Vittorio Amedeo raccolse 30.000 sacchi eli grano a Morges, sul Lago di Ginevra. A rnetà aprile requisì 1.500 muli, contrattò l'acquisizione eli altri 4.000 e sparse ai quattro venti grandiose vanterie sulle enormi contribuzioni di guerra che avrebbe imposto a Lione non appena l'avesse presa. Diviso l'esercito in due colonne, affidata la minore - 3.345 fanti e 350 cavalieri - a Scbulemburg, che avanzò per la Val d'Aosta c la Tarant.asia fino a Moutiers, Vittorio Amedeo si a pprestò a compiere rune le finte necessarie al suo disegno. Con la colonna più fo1te - 29.000 fanli e 911 cavalieri - e seguito da 3.000 muli, il 16 luglio entrò in Moriana, spingendo l'avanguardia fino a La Chambre. Aggiungendo questa mossa alla costituzione de i magazzini nel Genevese e alla presenza di Schulemburg a Moutiers, il dispositivo sabaudo sembrava effettivame nte sbilanciato in avanti, verso Lione. Per convalidare quest'impressione, Vittorio raccontc'> in giro d'essere deciso all'offens iva e fece grandi preparativi installando altri magazzini dappertutto. Poi, improvvisameme, seguendo i piani, si fece raggiungere a sud dalla colonna di Schulemburg auraverso il Passo delle Encombres, raccolse tutti gli altri distaccamenti meno quell i d'avanguardia , tornò indietro c si assicu rò il Colle della Rolie, per il quale fece passare tutta la s ua colonna, dirigendola all 'assedio d i Exilles. Il l 0 agosto Villars s 'accorse d'essere rimasto con un palmo di naso c 73 battaglioni e "17 squadroni davanti al vuoto o quasi. Era un guaio, perché secondo lui la protezione del Delfinato dipendeva dalla conservazione della Savoia. Se cadevano le fortezze contro cu i Vittorio Amedeo stava m:.trciando, il rientro dei Francesi in Ttalia sare bbe staLo impossibile; e invece possibilissima l'incursione in Delfinato in quals iasi momento. Allora chiese rinforzi a Luigi XIV, ma la situazione in Fiandra era tale che in pratica gli vennero rifiutati. Ebbe solo 9 battaglioni e 8 squadroni in più. Questo gli dava una proporzione di circa 5 a 3 in suo favo re, ma sulla carta, perché le sue truppe erano sparse tra il Delfin ato. il Lionese e la Savoia e anelavano prima concentrate. Così Villars il 2


23-J agosto, invece di marciare subito con 27 battaglioni a soccorrere rulle le lonezt.e minacciate. decise di sah·are il sah-abik c puntò su Briançon, ordinand( ~he altri 16 battaglioni si spingessero verso il J'vlonginevro, man mano che fo~..,c ro arrivati, cosa che però avvenne solo il 9 ~1gos to. lmanto Vittorio Amedeo avc,·a allegramente cominciato gli assedi di h 1lles - il 6 - e dclla Perosa. La prima era difesa da 600 uomini. la seconda da .:;oo fl 9 seppe che Villars era entrato a Hriançon con 60 battaglioni e 25 squadroni e ord inò a Sch ulemburg di prendere 5 battaglioni ed oe<:upare le alture di rxilks, per impedire al nemico d'inoltrare aiuti all::t fortezza. 1.'11 la Perosa s 'an·c~e .. el pomeriggio si ebbe uno scontro di avangu.mlie a Cesana. G li Alleati ebbero 150 mo1ti, i Francesi qualcosa di più e si amma..,sarono in fondo alla vall ata, sulla sinistra della Dora. :--Jella notte Vittorio Amedeo fece spostare il corpo del generale Rehbinder nc11a \'alle di Pragelato, in m( ,do da ~baiTarc al nemico la strada di Fenestrelle, richiamò 3d l' li~io il grosso l , il 12, lo avviò a Salbertrand, rinfor7.anclo b posizione d i San Colombano. in modo da proteggere gli assedianti di Exilles. ormai agli C.'>trcmi. La mattina dopo. 13 agosto. anche F.:xilles s'arrc~e . Adesso re~tava da prl'ndere Fenestrelle e, mentre il gro~so alleato si dirigeva a sostenere Rehbindcr a Bal hotet, dove gi unse il 15. Villars, appresa il 13 la caduta d'Ex illes, i1 l 5 ..,i ~po­ stò verso l'Assietta, trovandosi la strada chiusa da 1 hattaglioni alleati. Ordmò di riattare le ~trade per far passare i cannoni c sostenere i1 forzamento del pa'>saggio, ma cit> portava via tempo. Allora spedì altri '5 battaglioni al Passo deiI'Aibergian, ma Vittorio Amefdeo lo seppe e ce ne mandò 7, che si fecL'I'O trovare dal nemico già trincerati la mattina del 17. Allora Villar~ rinunciò ad ogni altro rcmati,·o c restò a vedere cosa sarebbe succc.t>'>O prima: sarebbero arri\ ati i rinforzi o sarebbe caduta la fortezza ? Cadde la fortezza, il 31 agosto, e ..,l'gnò la fine della campagna dell'8 sulle Alpi. La sconfiua in Fiandra c la disgrazia in cui era incorso \'enclome dopo Ouclenarde portarono a una rotazione eli generali. Villar~ fu spostato in Fiand r.t c sulle Alpi arrivò Berwick. La campagna del 1709 si apriva con grandi progeui. Secondo gli Alleati l'.trmara sabaudo-imperiale doveva entrare in Savoia. risalire lungo la vallata dd Hodano, raggiungere la Franca Contea c unirsi all 'esercito imperiale sul Heno. Luigi lo seppe c lo comunie<) a Bcrw ick, il q uale aveva pi ù o meno le stesse forze prima a disposizione di Vi llars: H·1 battaglioni c 30 squadroni . Stud ic'l a fondo la morfologia dd probabile teatro opermivo e schierò k sue truppe l >l centro molto più avanti delle ali. in modo da costringere le truppe di Vitrorio Amedeo - dovunque volessero anela re - a percorrere l'arco d i ci rconkn..•n:ta lungo la cui corda lui avrebbe invece spo~talo i suoi uomini, manovrando per linee interne. Appoggiò la destra al ,\leditcrraneo, fra San Lorenzo ed Antil>e..,, ·1 centro a Tournoux, facendo perno su un forte campo trincerato contenente pure i magazzin i, e allu ngò la sin istra fino a Barrea ux , dove fiss<) u n altro campn trincerato.


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236 ViLtorio Amedeo quell'anno lasciò il comando al cont<.: Daun cd al barone Rehbincler, i quali si affacciarono oltre le Alpi dal Moncenbio tra l'R e il IO luglio. saggiarono la linea francese qui e là c, per Are, arrivarono a MontÌl'r<; il 26. Il 27 ingaggiarono uno scontro, che terminarono vittoriosamente il 28 . ..,fondando, con una durissima azione d'avanguardia di tutti i granatieri, due lin<:e di resistenz:,~ nemiche nelle gole di ;\lf>tre Dame d i Brianc.,:on. Si apri rono la stt ,tda per Conflans c ci arrivarono dopo ;1\·er agganciato c battuto ancora il nemico a Cervin~. camtrandogli tre bandiere e più di 300 prigionieri. Ma, visto il non positivo andamento delle operazion i imperia li sul Rc:no e la sconfitta del cmpo staccato di Rehbinclcr subita a Briançon. che rendevano impossibile la congtunzione alleata in Rcnania. Oaun optò per il ritorno in Italia e mise fine alla umpagna. Venne il 1710. A fine giugno l'esercito austriaco arrin) in Piemonte souo il conte d"llan·ach. Vittorio Amedeo assunst' il comando supn:mo detl 'armat,t tlleata in Italia c, ~taccalo di m tovo un corpo sotto Schulemburg verso la \'al d'Aosta, si dires~e a Susa col gro~so. Betwick raggiunse la :-.ua armata nello -;tesso periodo cd occupò le mcd~.· ....ime posizioni detranno prima. La nolle del 6 luglio Vittorio Amedeo passò il Moncenisio, il 9 effettuò dl'i distacchi per rinforzare c coprire alcuni scrrori e il l O occupò Moutiers. Poi. l·.,_ w la disposizione dei fr~tncesi, non potl: passare in Moriana e si accampo 111 Tarantasia. Schulemburg intanro aveva attaccato un 'a liquota nemica a Confbn-.. il che permise alrarmala alleata d'avanzare e mandare dei distaccamenti a llh~.·­ mre Annécy ed altri luoghi. Berwick si ritirc'> nel capo di Barreaux e lasciò campo libero agli Alleati, che prese ro Miolans, il 24 luglio, c il 27 Rtunilly e Chambéry, dove posero il loro campo. Adesso Vittorio Amedeo non pote\'a più a\·anzare se prima non prend1. \.t 13arrca ux, ma po iché i f"oraggi scarseggiavano, la stagione era inoltrata. le comunicazioni sarebbero state rese difficili dalrinverno e non avrebbero pernlt ..,_ -.o eli restare a :-.vcrnare in Savoia, decise di soprassedere c l'H ago-.to si rimi"'-' in marcia verso l'ltalia, mettendo te rmine alla campagna. Del resto gli stavano arrivando notizie eli concrete trattative diplomatiche in atto fra l'Inghilterra 1. l.t Francia. Da Londra gli Yl'l1i\·ano fatte delle propo:-.le eli scambiare la corona di Savoia con quella di Spagna, per cui era meglio restare a Torino e seguire dappresso gli avvenimenti. Per lui la guerra guerreggiata era finita, ricomincia\ .l quella diplomatica.

V) Le campagne d'Euge nio fino a Utrecht Anche: Eugenio aveva sentito parlare di pace, m<t non ci credeva. Le tratlali ve intavolate fino all'estate del 1710 erano andate a \ ' LJOto rer un mori\·o o p~.·r l'altro e non c'era da aspetta rsene di p il:t concrete in fu turo. L'unica soluzionc


liiKoi"'<IO l'li l'lA '<I>KA. V nTOKIO ,\\lrDro l'li l'Il \IO'IITL:

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237

sembmva essere nella vinoria ~ul campo, ma prima una macchinazione di corridoio a Londra che diminuì l'infl u enza di J\larlborough ~ulla Regina Anna. poi la mancanza di risulrari grandio~i in campo militare, cominciarono a far scricchiolare l'a lleanza. Il 25 luglio 17 1O Eugenio scrisse all 'Imperatore informandolo che: "lo stato confusionale degli affari dell'fnghilterra è p,illltlo ad una crisi decisil'((.

La regina non sopporta pilì i \'(1/.Jigs e il partito di ford Marlhorough. benché abbia ancora una certa colt:ìidemz ione. anche se decrescei/te, per la persona del du ca stesso. il che forse potrehhe essere una ragione per esitare o per posticipare la questione. In caso dil'erso il par/amellto l'errà sciolto e i suddelti Whigs. insieme a tuili coloro che sono fcworeroli a ford Jfarlboroug h. t'f!ITctllllO allolJimwti dalle cariche. .. i tories sono assoli t la mente decisi ad arrit •are alla pace.··CXI\ La situazione si sbilanciò quando il 17 aprile 1711 l'imperatore Giuseppe l d'Asburgo morì di vaiolo. ;\/on av<:va figli maschi, perci<\ secondo la Legge salica e le regole di successione, la corona poteva passare solo al maschio più vicino per parentela; e non ce n'era che uno: suo fratello Carlo, in quel momento re d i Spagna. Ora il problema militare scompariva in confronto a quello politico. Se gl i Alleati non erano dispo~ti acl acçettare l'unione franco-spagnola , a maggior ragione nessuno di loro \'Oie\'a ,·edere sulla mede~ima t<.·st:l le corone di Spagna e d ell' rmpero. poiché la potenza asburgica awebbe minacciato, in quel caso. di superare anche quella del defunto Carlo\'. costituendo un pericolo momtle per l'Europa. Cogliendo quest'occasione al volo, la Francia ripre~e le trattative segrete , ma stavolta cogli Inglesi c, favorita dal passaggio del governo nelle ma ni de i Tories, notoriamente contrari al contlitto, mirò a onencn.: la pace con loro ncll'cstme del 1711, firmandone i preliminari in autunno. Per C\'itare la defezione inglc~t: - ancora non certa , ma nel l'aria dopo il passaggio dd gO\·erno nelle mani dei Tories - Eugenio fu spedito a Londra. :\la non scn·i a nulla. Quando 'idc la regina Anna la tro,·ò ·· .. .piullosto imbarazzata e distaccata .

Le spiegai !Jrecemellfe la mia missione e da ultimo le chiesi coJI quale ministro dovessi parlare. Notai però cbe dot'eL'a essere stata imbeccata i11 anticipo, perch(• comè tutta risposta mi dissl> che l'qflèLre di cui già sapet'O per ir{(ormazio11i sep,rete, douesse essere discusso esclusiua mente in 0/cllld(( e che non potez'a derup,are da questo."cxv Marlborough intanLo venne messo sotto inchiesta per malversazione, condannato e mandato in esilio; e nelle sue lettere all'Imperatore, il Principe giunse all'amara cd eYidenre conclu~ione: .. questa p,ellte ha ormai fallo i coliti con

la Frcmcia :·CX'\ l Le trattali\·e di pace anglo-francesi e la firma dei preliminari dcll'ouohre l7ll portarono pesami conseguenze per gli Allemi ~ul piano militare. In primo luogo era cambiato il comandante delle truppe hritanniche: aclc~­ so era il duca d'Ormondc, che giunse all 'Aja il 9 aprile. l n secondo lu ogo gli


23H Inglesi stavano per tradire gli Alleati. TI 6 luglio 17 12 i loro plen ipotenziari conclusero a UrrcciH le trattati,·e coi Francesi e. come scrisse un utì'iciale hriunnico: .. _.. a nostra l'ergo!{na raMf.?ill!lsero una pace separata che escluderai nostri

Alleati."cxvn Solo che a Eugenio c agli Olandesi non era stato ancora cleuo. Quando lo seppero si infuriarono; c con loro i contingcm i ausiliari pagati dalla Gran Bretagna e gli stessi soldati inglesi. t\ Ia mentre questi ultimi dm·e,·ano obbedire a quanto veniva loro ordinato, i primi il I6 luglio rifiutarono d'eseguire k disposizioni impartite da Onnoncl<:. con una minima eccezione limitata a non piu di un migliaio di uomini. L'Olanda si assunse l'onere finanziario eli subentrare all'Inghilterra nel loro mantenimento ed Eugenio, separatosi da Ormoncle, rimase nonostante tutto con circa 90.000 uomini. Quando poi Versaillcs mi..,e Dunkerquc in mano agli tnglesi, da londra .tn·ivò l'ordine all \•sercito di Fiandra di partire. Qui il tradimento divenne ancora più grave perch(•, non solo Ormonde a\-visò Villar~ di quanto ~tm·a facendo. ma gli mandò pure la nota dettagliata delle truppe che se ne anelavano con lui - l L.OOO fanti c 2.500 cavalieri -eli quelle che restavano con Eugenio c dci loro obbictti,·i immediati. Villars fece i suoi conti. Aveva I07.000 uomini - 112.000 fanti e 26.000 Cl\':1lieri - e sape,·a che Eugenio intendc\·a assediare Lanclrécies. Cosa avrebbe potuto fare ? La risposta si disse che gliel'aYL'Sse suggerita proprio l'ambasciaLOre inglc..,c, Lord Strafford. t:ra il caso di volgersi contro il più debole dci due avvt"rsan nnwsti: gli Inglesi potevano marciare su Gund c 13ruges per intimori re l'Olanda . contemporaneamente i Francesi potc,·ano assalire c distruggere l'e.'>erciLO olandese. Sia come sia, sta di l'atto che Ormonde ricevé cd eseguì gli ordini inerenti .tile due cinà e Villars si mise in moto contro gli Olandesi del conte ci 'A ibemarl<:. ~ ugcnio intanto aveva chiesto agli Starl Generali l'autorizzazione ad attacc.t· re i 1-'rancesi. Lo si autorizzò a fare degli assedi. perché le battaglie erano trop po rischiose, c lui ne approfittò per anda re a ficcarsi sotto la più pericolosa di tutte le fortezze nemiche, landrécics. Era ben addentro al disposith o difcn"i' 1 avversario c difficile da prendere ma, un:1 volla cattu rata, avrebbe causalo un bel po' di noie ai Francesi. TI problema dell'assedio di landrécies consisteva nella lunghcZLa delle \ 1L' d i rifornimento. Dai magaz7.ini eli Marchicnnes c Denain le sa lmcrie dovc\·ano percorre ·l'> chilometri di strade e ponti sulla Schclda L' la Scarpe per raggiungere la controvallazione. Per questa ragione Eugenio era stato costretto a porre 3.000 uomini a Marchienn<.:s, -;ulla Scarpe, i 5.000 fanti e 3.000 cm·alicri olandc si d'Albemarle a Dcnain a guarda re la Schclcla e altri :5.000 fanti tra Denain 1.. Thiant suii 'Escaut. I ntorno a l.andrécics il Principe d'Anhalt ~l\'Cva I6.000 fanti L 3.000 cavalieri per l'a:-,:-,eclio. Eugenio coi rimanenti 57.000 uomini si rcnn<.: al


ft;c;E."qo IK f iANDRA, VllTORIO AMEDEO IN PIEMONTE: 170R-17 l 2

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centro, lungo il corso deii 'Escaut, pronto a intervenire dove i Francesi avessero anaccato. Non era molto soddisfatto, specia lmente della posizione dei magazzini di Oenain c .Marcbiennes, che gli sembravano troppo avanzati per essere al sicuro. Aveva eletto c ripetuto che li avrebbe preferiti più indietro, in qualche piazza ben fortificata come Qucsnoy, ma i delegati o landesi avevano risposto che più indietro il costo dei trasporti sarebbe aumentato, per cui dovevano restare là; e lui aveva dovuto accettare. Questa e ra la situazione quando, pochi giorni dopo l'entrata in v igore della tregua cogli Inglesi, Villars radun<') quante più truppe poté, passò la Schelda a Cambrai, si allargò fino a Chateau-Cambresis e alla Sambra, su c ui gittò dei ponti , e fece passare dall'altra parte 3.000 cavalieri dando l'impressione di voler soccorrere Landrécies. Eugenio diede ordine di chiudere la circonvallazione intorno a Landrécies, e si avvicinò alla città col grosso. Ma la notte tra il 23 c il 24 luglio Vil lars cambiò strada e si volse contro Denain. La mossa era pericolosissima per gli Alleati, perché prendere Dcnain significava tagliare alla base il lungo collo del saliente a bottiglia la cui parte più larga e ra costituita dall'esercito intorno a Landrécies. La notizia della marcia, grazie alle precauzioni prese dai Francesi, raggiunse tardi sia Albernarle che Eugenio, con conseguenze disastrose. E' difficile dire con precisione eli chi sia stata la colpa dello scacco olandese del giorno dopo. Alcuni all'epoca sostennero che Albcmarle non avesse preso alcuna precauzione, lasciando le proprie linee senza servizio d'avamposti; altri affermarono che fosse stato un ufficiale non meglio idenrificato a suggerire al Conte di lasciar perdere le ricognizioni di cavalleria pe r non affaricare i cavalli. Si diede la colpa alla scarsa pratica bellica dei general i o landesi - poco credibile dopo dieci anni di guerra inin terrotta - c si a rrivò a parlare d'uno scambio eli le ttere fra Albemarle ed Eugenio, in cui il Principe avrebbe risposto alle allarmate missive de l Come dicendogli eli non preoccuparsi c che non aveva nulla da temere purché eseguisse gli ordini che gli aveva daro. Può darsi. Certo è che Villars aveva spedito avanti 12.000 fanti c 1.000 cavalieri a gittare i ponti, facendo li seguire da Albergolti con altri 8.000 fanti c 4.000 cavalli, memre lui veniva ultimo con tutto il resto dell'esercito. Davanti a una simile srroporzione eli forze Albcmarlc avrebbe potuto soltanto avvertire Eugenio, distante da lui tre ore di marcia, c reggere il più possibile a Denain, benché sia lecito supporre che, davanti a una forza nemica tanto supe riore, difficilmente avre bbe resistito fino all 'arrivo d 'Eugenio. A questo però bisogna aggi ungere che una certa incuria da parte o landese c'era stata. Eugenio stesso aveva ordinato di giuare un secondo ponte sull a Schelda, in un punto in cui il fiume e ra ancora lanto vicino alle sorgenti da essere streno e relarivamente poco profondo. La costruzione era stata giudicata realizzabile in due giorni. ma dopo otto l'intelaiatura e ra ancora solo abbozza ta e il passaggio assai complicato.


240 Sempre Eugenio aveva ordinato di istituire una regolare corrispondenza fra i due centri di D cna in e Bouchai n, ma non era stata organizzara, come non erano state piazzate nemmeno le guardie lungo la ri\·a della Schelda fra le dLII.' cittadine. Lo stesso Villars in seguito sostenne che se a\·esse incontrato a ì\eu h ille o altrove degli avamposti olandesi che avessero dato l'allarme, avrebbe so~peso la manovra p erché gli sarebbe mancato l'essenziale fattore sorpresa. lnsornma, mancando g li avamposti e le gua rdie, i 13.000 francesi dd l'a' .tnguardia ebbero nttto l'agio eli poter gittar e quanro ponti in pieno giorno proprio fra Denain c l3ouchain e passarci sopra allegramente con rutto il grosso. Prima che qualcuno se ne accorgesse, erano già a D enain , sulla riva sin tstra della Schelda. Alhemarle fu sorpreso in pieno; addirittura dopo Eugenio, che ricevé le prime notizie alle undici. quando da circa sette ore i Francesi '>lé:n'ano schierandosi intorno a Denain. 11 Principe saltò a cavallo c partì a brig lia scio lta colle truppe disponibili , ordinando la marcia immediata ad altri 7.000 fanti. Arrivò a Denain intorno alle due del pomeriggio e trovò la situazione gravissima ma ancora rimccliabile. I Francesi avevano attaccato da circa un·ora, e in quel momento, assal ite e prese le trincee della prima linea, sotto il fuoco di sci pezzi olandesi st:l\ .tno avanzando contro il centro, mentre i 3.000 cavalieri olandesi erano schierati in parte a fronteggiare i nemici clelia guarnigione di Valenciennes. appositamcmc usciti, c in pane, sono Albemarle. contro Villars. il quale stava allargando le sue schiere per aggredirlo sul fianco. Con uno sguardo Eugenio afferrò la situazione e diede gli ordini oppo11u ni. Le salmerie dovevano subito abbandonare i trinceramenti e passare sulla sponda destra del fiume, dove si rrovava lui, lasciando il posto a 3.000 imperiali e palatini che ave,·a portato c che fece entrare in D enain in aggiuma ai 5.000 fanti olandesi giù presenti. Poi ritirò sulla sponda deMra anche la cavalleria e spedì una staffetta dietro l'altra acl affrettare la marcia dei 7.000 fanti p<lltiti dopo eli lui. E qui cominciarono a vedersi i risultati della disorganizzazione. L"incompletezza del nuovo ponte impediva alle salmerie di servirsenc. così si concemrarono nme su quello vecchio. che crollò sotto il loro peso c tagliò la ritirata alla fanteria . Contemporaneamente, sorto gli occhi d'Eugenio che aspeuava i rin forzi su una collina dell a riva destra, le cannonate francesi fecero franare il parapetto del trinceramento olandese - si disse poi che era stato costruito con terra caui,·a. sassosa e poco compatta - nel fossato antistante, ricmpiendolo e facilitando il passaggio agli attaccanti. Questi allora entrarono nel trinceramem o , tagliarono fuo ri l'ab sinistra alleata e, nonostante la disperata resistenza dc i centri d i fuoco frettolosamente apprestali da Albem arlc nell'Abbazia e nelle case, misero la maggior parte degli Alleati in fuga verso il fiume. do' c molti annegarono . . el frattempo erano arrivati gli attesi 7.000 fanti imperiali, ma il crollo dei ponte aveva impedito a Eugenio d i lanciarli a sostenere la difesa, per cui aveva


potuto solo schi~rarli sulla riva per limitare i danni della barraglia irnredendo ai Francesi il passaggio del fiume e bersagliandol i quanto più possibile. Adesso si che la battaglia cm r~ rsa . Albemarll' e ra prigioniero con 4 generali, 200 ufficiali ~ 1.000 uomini; altri due generali c 2.000 soldati erano motti e Dc nain era in mano ai francesi, che se ne servirono sia per obblig:trc Eugenio a togliere l'assedio da Landrécies. sia come bas<.; per l'occupazione di tuni i passaggi sulla Schclda fra Yalencienncs e Bouchain. Caddero le posizioni alleaw di Sain t-Amand. Anch in , Monwgnc, Ilasnon e, dopo una lunga resistt:nza del presidio d i 3.000 uomin i, della stessa Marchienn~s il .30 luglio. Con Marchiennes caddero i famosi magazzini che Eugenio avrebbe voluto al sicuro più indietro. l Francesi s 'impadronirono di 70 cannoni grossi, dieci piccoli, 150 chiant: cariche di munizioni e viveri c soltanto i 6.000 barili di poh·ere sfuggirono loro, pe rché prima della resa il presid io a\'C\'a fano in tempo a buttarli in acqua. Trattandosi di materiali olandesi, il danno rer le Province Unite era enorme c ad Amste rdam se ne incolrò il conte d'Aihema rlc. Indicandolo come il respo nsabile della catastrofe d i Denain. Le operazioni, però, continuarono, o meglio, gli Olandesi ritennero di continuarle impastoiando Eugenio tra i loro timori c k bizantine disposizioni date ai loro Delegati presso di lui.

VI) La p ace di Utrecht l contatti anglo-francesi proseguivano c quel roco che ne trapelava all'Aja era sufficiente a spa\'entarc gli Stati Generali. Alla fine, in marzo. la guemt arrivò alia conclusione Londra voleva c hiudere la contt'sa in fre[ta, m;1 senza r erdere i risu ltati che le era lecito atte nde rsi dor o o ltre dicci anni di g ut:rra. Vcrsa il les doveva uscire dal conflitto al p it."t presto e col m inor numero d i danni, Torino aveva tutto l'inte resse a chiudere la questione al miglior prezzo e prima che gli altri ~i accordassero alle sue spalle. !asciandola sola da\·;.uHi alla francia. Tncidentalrncnte, questo fu il destino che toccò invece all'Austria. Come sappiamo, le trattative anglo-francesi erano rir resc nella primavera de l '12 ed aveva no avuLO come risu ltato la sepa razione milita re dell a Gra n Bretagna dagli ::tlrri Alleati. Poteva sembrare un successo della Francia, in realt;ì era un punto a vantagg io dell'Tnghilterra. J presuprosti della politica londinesc mira,·ano a C'> itare la ricostituzione d'una potenza pari a quella del defunto Carlo V e a ottenere il controllo dei punti militarmente e commercialmente strategici in alcuni scacchieri da essa repu tati impo rta nti pe r i propri inte ressi. Gli altri con tendenti aveva no ognuno un bel bagaglio eli richieste e non embravano disposti a !asciarle cadere senza pressioni pesanti o contropropote adeguate.


L'Olanda domandava la Barriera; la Prussia la Ghclclria Superiore c il riconoscimento del rango regale per il proprio sovrano; H Portogallo delle modifiche eli confine nelle colonie: i Principi tedeschi chicdc"ano le cose più di!>p,trate; l'Imperatore ,·okva tutta l'eredità spagnola. Que!>to implicava uno scontro coll'lngh il tcrra. Infatti, tralasciando quello che per Vienna era il nocciolo della questione, cioè la presenza d'un f~orho ne sul trono spagnolo rivendicato da Carlo VT, dal punto eli vista ingk'>e il re di Spagn~t ideale sarebbe stato un '>o\'l·ano fidato. cioè fedele alleato della C11·an Bretagn<1, non forte. dunque incapace di condurre una politica indipendente da Londra, e che foss<.! d isposto a concedere.: al commercio inglese l'aperrura dci mercJti appartenenti all:l Spagna in Africa. Asia, America ed Europa. Filippo V pote,·a fare al caso. ma. per evitare il ripetersi delle ingerenze francesi già \'istc subito dopo la '>ll<l salita al rrono, sarebbe stato molto meglio scegliere qualcun altro, comunque non Carlo d 'Asburgo, la cui potenza era già talmente ampia d a minacciare el i d ivenire eccessiva se un ita a quella de ll a Spagna. l)cl resto si sapeva quale egoismo gli Asburgo avessero e non era proprio il caso di '>precarci piLt di tanto tempo. Partendo da questi presuppoMi. è facile capire perché la politica ingk~L· mirasse ad un accordo coi Francesi , più che a una guerra a oltranza. Tutto ~t.l\ .1 nel vedere se e (j U~l n to Luigi XIV e Fil ipp o V avrebbero accettato le proposte britann iche; e la cosa sembrava molto più concretamente realizza bile del 'eclerle accettare da Carlo VI. 1\ella speran7.a che Filippo V potesse (.k•cidere eli lasciare il trono. Lord Saint-john aveva ideato un complicato balletto con scambio di corone, alla fi ne del qua le si sarebbero visti Filirpo governare l'Italia Meridionale, Carlo vl indennizzato in vari modi c Vittorio Amedeo Il incoronato re di Spagna. Quest,l era la '>oluzione ideale per l'lnghiltcrra. perché \'inorio Amedeo godc,·a sia ddle simpatie della regina Anna, in quanto suo parente, sia di quelle del goYerno inglese , grazie agli entusiastici rapporti el i cui Lord Peterborough l'aveva fano oggetto; anche se, a dire il vero, probabilmente aveva giocato molto nella stvsura eli quei rapporti la cotta che Peterborougll s'era preso per la figlia narurak poi leginimata, che \'ittorio Amedeo aveva ~tvuta dalla contessa di Verrua. Insomma, il Duca di Savoia aveva delle buone carte. Era un crede legittimo della corona di Spagna, gradito all 'Inghi lterra per motivi personali e per la sua intri nseca debolezza, che avrebbe reso i domin ii spagnoli eli fatto dipendenti da Londra; infine non era amico della Francia né ckll'Austria c. cosa che allora cont,t,·a molri~simo agli occhi degli Inglesi, non solo aveva dimostrato toller:.tnza m : 1 confronti dei Valclesi, ma aveva pure ingaggiato delle aspre contese con Rom:t in materia giurisdizionale. il che per dei Prolestanti era quanto eli meglio un so vra no cauolico potesse fare. E lui che ne pen<>a,·a ? Esita\'a. L'asces;.r al trono di Spagna o. come previsto da un'altra ipotesi. ,1 quelli di Napoli e di Sicilia, avrebbe im plicato la cessione degli Stati ered ita ri e.


En;rNIO l~ FIANDRA, VnT <JI\10 A~IEi llO l \1 P IF\10\IH: l /Ol{-1712

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al di là dei se e dei ma, Vinorio era affezionaw al suo Piemonte e troppo italiano per andarsene senza rimpianti. Già nel 1710, al baluginare delle prime ipotesi eli cambio di trono era restato perplesso e. proprio a proposito dell o scambio, aveva ord inato al proprio cons igliere Pietro Mellarede. in quel momento in Olanda per i negoziati in corso. '·che voi prendiate occasione di ragionarne col Principe Eugenio (nel tempo però che non potrà nuocere alla sua ef/èlluazione) per sondare i suoi sentimenti. trattandosi in questo caso cl'un cosi gra1tcle trapianto della Casa, per rendercene un esatto conto."CXVIII Non se n'era fatto nulla solo perché Eugenio era già partito per il fronte e Mellarede non aveva potuto seguirlo, ma la questione restava in sospeso. E l'Austria e ra disponibil e alla pace ? :'-Jon tanto. Le cosiddette "richieste specifiche " avanzate da Vienna .si potevano riassumere in tre parole: ·'tutto o niente", dove però ··niente" s ignificava la prosecuzione a olrranza del conflitto. Dall'Olanda sia l'ambasciatore Sinzcnclorff che Eugenio avevano inondato la Hofburg di rapporti c lettere il cui conrcnuro era sempre lo stesso: bisognava avvicinarsi alle posizioni inglesi e olandesi per trova re una linea comune; l'Austria risc hiava d'essere abbandonata a sé stessa. li Min istro \'XIratislaw era della medesirna opini one, combatteva strenuamente a Vienna, ma si scontrava non solo contro il '·Partito Spagnolo'' composto dagli intelligenti arrivisti radunatis i intorno a Carlo in Spagna, dal m.archese di Rialp al conte Stella, ma contro la stessa pervicacia eli Carlo VI. che di abbandonare quanto spettava ·'alla nostra nobile Casa'· non voleva neanche sentir parlare. Quando a i primi d 'aprile del 1712 si fece strada il progetto d i passare la corona spagnola a Vittorio Amedeo, Wratislaw reagì nel modo più pragmatico e preparò un progetto d'indennizzo per cu i l'Impe ra tore avre bbe avuto in cambio della Spagna gli stati dei Savoia. ma Carlo s' in furiò e lo respinse. eliminando qualsiasi margine di trattativa di cui potessero giovarsi i suoi ambascia tori al congresso. Sempre nella primavera del 1712, non curandosi del rifiuto asburgico, SaintJohn arrivc) a un passo c.lall'obbierrivo del 1709. Luigi Xl V era disposto a non soste ne re più il nipote e, se Filippo V avesse accettato di lasciare Madrid , la gHetTa sarebbe stata terminata . Ma il destino volle far abbatte re la sua scure sulle decisioni degli uomini. In dieci mesi la morte colpì ripetutamente la Casa di Francia, portando ne ll a tomba tutti gli eredi di Luigi XlV meno due: il b isnipotino Luigi, duca d'A ngiò e Filippo V. E se il piccolo c malaticcio Duca d'Angiò non fosse sopravvissuto, la corona a chi sarebbe passata ? Al ramo cacleno degli Orléans o a Fili ppo ? La questione era gravissima perché si ripresemava lo spettro dell'unione eli due pote nti corone. Saint-John chiese e ottenne che Filippo V scegliesse se restare a Madrid o passare in Fra ncia e, pe r essere pronto a qualsiasi evenie nza , chiamò a Londra il. conte Annibale Maffei. p le nipo tezia rio di Vitto rio Amedeo a Utrecht, perché potesse essere presente all 'eventuale designazione del Duca di Savoia q uale n.: di Spagna in caso eli rinuncia da p arte di Filippo .


Nonostante l'offerta di Napoli, della Sicilia e della Savoia se avesse optato per la Francia, il 29 maggio 17 12 Filippo scd sc la Spagna. Da,·anti a un primo punto fermo, il 17 giugno Saint-:lohn poré almeno presentare al Parlamento britannico le condizioni di massimJ per la pace, ouencndonc l'assenso c cominciando finalmente il vero lavoro per la chiusura elci conflitto. i\ el medesimo periodo vennero mandati in Fiandra gli ordini rcstritti,·i che fecero cessare i comhartimenti alle truppe britanniche e, insieme alle notizie <.hplomatiche, misero l'Olanda colle spalle al muro. Dcnain tagliò le ga mbe ad ogni ulterio re velleità olandese di resistenza l' la noti7.ia dei contatti sempre più stretti tra Lo ndra e Vers;tillcs induss<: il G ran Pensiona rio d'Olanda Heinsius ad accenare le tranatiYe. Ci<'> portò a due risultati. Da un lato Sainr-john accelerò le trattati\ e coi France~i. temendo che Heinsi u ~ ne intan>la~se eli separate, dall'altro l 'acce'>~IO­ ne olandese ai negoziati fece capire a tutti gli Alleati d 'avere l'ultima occasione per salire sul carro del vincitore. altrimenti se la sarebhero dovuta sbrigare da soli contro la Francia. Così gli ambasciatori di Portogallo. Prussia e Savoia fecero sapere che i loro sovrani erano disposti a fare la pace. Per Londra restavano a questo punto due questioni importanti. Quella commercia le era in via di soluzione mediante accordi di vario genere, tra cui il monopolio della tratta degl i schiavi - '' l'Asiento" - in rurta l'America spagnola . ma non era risolto soddisfacentemente l'assetto mediterraneo. Agli occhi marinareschi dei commerci:lnti e dell'Ammiragliato d 'Inghilterra, le chiavi del Mediterraneo erano due: Gibilterra e la Sicilia. La prima era g ià inglese , ma la seconda no e non doveva nemmeno diventarlo. Un dominio sulla Sicilia sarebbe stato troppo difficile da mantenere contro le pretese imperiali l ' francesi c él\'rehbe implicato un esborso eccessivo in termini militari. ~lcglio ..,,, .. rchhe .;raro applicare alla Sicilia su sca la minore i canoni giù previsti pt' r la Spdgna , mcnerla cioè in mano a un sovrano debole, fedele all ea to di Londra c non amico di Versai lles c Vienna. A chi. dunque, :-.e non all'Altezza Reale di Viuorio Amedeo II ? In un solo colpo si sottraeYa il controllo del ì\lediterranco alle potenze maggiori. ci si garanli\'a la perpetua riconoscenza della Casa di Savoia. ..,i adempiva alle promesse fattele elevandola al rango regale, si accontent;n·a 1.t regina Anna e ci si assicu rava un domin io commerciale su tuuo il Mediterraneo giovandosi d'una base marittima di prim'ordine. il cui mantenimcmo sarchbè stato a spese dei Sa,·oia: meglio di così ... Può sembrare campanilistico dedicare tanto spazio alle questioni rchlli\ c .11 Savoia cd all'Italia, ma non lo è, perché al trcllanlo ne fu dato allora e ancora di più gliene sarebbe stato anribuil o al congresso di Rastadt c nelle succ<:ssive discussio ni di Baden. TanLO era importante l'assegnazione della Sicilia per i Savoia . tanto lo era per gli Inglesi e tanLO lo era per lo stesso l mpc rmorc c, quando fu C\ 'idcntc che quest'u ltimo non avrebbe accettato né quel la né altre soluzioni proposte, Lon -


dra proccdé dritta per la '>Ua !->trada, incurame dì quanto \'icona potesse dire o fare. Dal canto loro i diplomatici sabaudi a\·evano istru/.ioni chiare e operarono al meglio. "!Savoiardi si sono buttati a procurare la Sicilia. et adesso anno di grandi speranze di polerkt COI/Sf!f!,lfire.. . "CXL\: scrisse l'ambasciatore toscano. Versaillcs accettò l'irotesi. anche perché la cessione de lla Sicilia non impLicava mi nacc<.: dirette al proprio conrinc alp ino, nl: vere e proprie perdite per Filippo V. Le notizie del crescente acnxdo anglo-francese misero Carlo Vl davanti al fatto compiuto e l'Austria comìndù a piegarsi. ln febbraio Vicnna inviò a Londm le sue proposte per un accordo globale. ma la francia dichiarò di non poter accerrare quanto prevì'>to pl'r la Ba\'ìera. L'elettore i\lassimiliano dO\·eva e'isere reintegrato nei suoi Stati, in turri i suoi Stati. Que!->to significava far manda re giù all'Impero il re insediamento di quello che per Carlo era un u·aclirorc clelIa causa tedesca c, sopranuuo, implicava la necessità eli trovare un comp<.:nso per l'Eletto re Palatino, al qua le si sarebbe dovut:l toglie re la porzione el i Bavil'ra concessagli anni addietro in cambio dell'aiuto milìrarl' in Fiandra. Qui i Francesi credettero eli poter giocare sul sicuro. Sapevano che l'Inghilterra era ansiosa di arrivare alla pace e, ceni del suo appoggio sotto forma di pres ioni nei confronti deii'AuMria. alzarono il tiro e ..,i fecero paladini dei piccoli Principi italiani. li 22 marzo Sinzcndorff comunicò eli poter acced<.:rc all'accordo generale a condizione che la Francia facesse cadere le sue ultime ri<:hieste.Questo mise i diplomatici francesi in serio imbarazzo. 0lon potevano recedere dalle posizioni prese, specie considerando che t utti i Princip i italiani a,·cvano ad Utrecht i loro inviati, c del resto erano cerri di spuntarla, per cui dissero di no. Per l'Austria era una questione tutt'altro che trascurabile. l riconoscimenti dci titoli regi ai Savoia e agli l l ohcnzollern non erano cose da prendere al la leggera , ma cambiamenti gravidi di conseguenze per il nord e il sud clcli'Tmpero. li passaggio dei secondi da re "in" Prussia a re "di" Prussia implicava un riconoscimento di parità di rango con quelli che fino allora er.mo stati gli unici re eli tutro l'Impero. cioè· gli Asburgo. i quali per mantenere il titolo di re di Boemia avevano combarruto la sangu inosa Guerra dci Trent'Ann i, Coll 'ascesa <li rango di re ''di'', cioè di re riconosciuti come tali anche all'l'stcro, gl i 1-To henzollern intraprendevano il lungo cammino che li avrebbe portaLi a estromettere gli Asburgo dalla German ia nel l H66 c ad unif icarla sotto il loro scettro quattro anni dopo. Non era meno pericoloso il riconoscimento della corona reale a Vittorio Amedeo. Significa\·a rendere completamente autonoma una dinastia che, ancora cinquant'anni prima, per bocca di Carlo Emanuele li , a\ C\'a chiesto all'lmperatorc l'im·estitura formall' dl'gli Stati di Savoia, accenando la propria posizione di vassa lb della Casa d'Asburgo. Per di più il Duca di Sa\·oia era un tipo pericoloso che non si sarebbe accontentato finché non ~1\·essc ri unita tutta l'Italia SOLto il prop rio scettro.


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Se cr:1 già pesante dover accettare del le modifiche nell 'a mbito delle gerarchie dell'Jmpcro. era intollerabile ,·edere la Francia proseguire nella su,t -..olita politica alla Richelieu :-ollevando e sostenendo i malumori c le pret~:se di rutti i piccoli feudatari padani. ;-Jon poteva essere tollerato e Sinzendorff s'irngidì: ne:-:-una concessione né per l'Italia né per la I3a,·iera. Per sicurezza s;uehht: rimaMo a U trecht fino alla firma dell 'cventua le Lratrato. sperando in quale h<.: umhiamento all'ultimo istante. poi sarebbe swta la gu<.:rra. Dopo aver concluso le discussioni a proposito delle questioni commerciali t: doganali. il l~ maclo l.ord 13olingbroke comunicò a Torcy d'essere pronto alla tìn m L' Il aprile 1713, dopo a\·er offerto un'ultima volta aii'Austri:l di <l<.krire, venne messa fine al conf1itto che da o ltre dodici anni insanguinava il mondo Alle due ciel pomeriggio furono sorto:-nitti i trattati di pace e eli commL·rcio tra la francia e la Gran Bretagna. Subito dopo firmò la Savoia, poi. alle olio di sera. il Portogallo: alle undici la Prussia e. due ore dopo mezzanoue. i plt:nlpotenziari ola ndesi. L'indomani i cannoni tuonarono ancora una volta c i corrieri partirono a spron battuto verso le rispetti\ e capitali per far sapere che "Sia 110/o

a tu/ti i prese11ti e i jilluri. cbe essendo piaciuto o Dio dopo 1111a lullp,hissima e san;..:uiJwsissima p,uerm d'ispirare a tutte le Potenze cbe l'i sono interessote. t/1 1 sincero desiderio di pace. e di ristabilimento della tra nqu i//itcì pubblica. i IU~t<o­ ziati cominciati a UtrCJcht per curo della sereJiissima e potentissima Principessa A1111Cl. per la grazia di Dio Nel~i1w della Gran Rreta;..:na. so110 stati per la pmdente co11dotta di q1testa Pri11cipessa portati al punto della conclusione d 'una pace ;..:enerale: a cui. desiderando contribuire il serenis..-:imo e potentissimo Prin cipe luip,i XTF per la p,razia di Dio Re crisi ianissimo della Frc111cia e di Narorm. che durante la presente p,uerra ha sempre cercalo i mezzi eli ristabilire la quiete ge1wrale de//Europa; e Sua Altezza Reale Vii/orio Amedeo 11. per la p,m:zw di Dio nuca di Sa mia e di Mol{jèrrato. Prill(.:ipe di Jliemonte. Re di Cipro ecc. deside!WJdo col/Correre ad Il n'opera sì salutare... hanno dato i loro pieni pote~ri per tra/fare. concludere e.finnare la pace... ··CX\. Il 14 maggio tutte le ratilkhe erano st<tle ricen1te a Versailles <.: il l' Lu igi XIV fece annunciare: ·· .)'/ F<A !:>/IPERJ:: a tuili quelli a cui competerà. cbe ww lmo-

na, ferma. stabile e solida Pace. con U11'omiciz fo intera e sincera. c'stato folle! ed accordata ji·a 1/1/lissimo. Eccellentissimo e Potentissimo l'rincipe U1Cl. per la urazia di Dio Re di Francia e di Nava rra, no.•;tro Sol'rttno Signore; l'Altissimo. J::ccel/entissima e Potelllissima Pri11cipessa AJ\',\/1. Regina della Gron Bre/o<!!,na !Altissimo, Eccellelltissimo e Potentissimo Principe FFDERJCO GU(,'TJELHO, Re di Pmssia; !Altissimo. Hcce/lentissimo e Pulentissimo Princif>e vrrrORIO A.\11 DEO, Duco di Scwoia: ed i SJC.\'ORJ Stati Generali delle Prol'i11cie l 'llite dei Poesi JJassi. i loro Vassalli, sogp,elli. Seruitori. in tutti i loro Neami. Paesi. Terre e signorie di loro ohhedienza:·c:<.xt Te Deum, feste, celebrazioni e cerimon ic costellarono quei giorni e scppcl lirono col loro fasto e il loro fragore il ricordo dei luui e dd dolori che an~\·anc insanguinato i dodici anni precedenti.


2-!7 La guerra era finita c n.trti i contendenti. ca~o raro. ne uscivano più o meno soddisfatti . La Francia perse pochissimi territori. che peraltro aveva presi in passato ai Duchi di Savoia. e si garamì, ritn<Jncndo Filippo V re di Spagna, la tranquillità sui Pirenei. La Spagna perse i possedimenti italiani c le Fiandre; ma il suo sovrano era, almeno p er il momenLO, abbastanza content o d 'aver salvato il trono c le colonie da non badare troppo al resto. L'AusLria per il momento si teneva i Ducati eli .\1antova e di Milano. Orbetello c lo Stato dei Prcsidii. i Hegni di )Japoli e Sardegna e le Fiandre Spagnole. Gli Olandesi ebbero la facoltà eli presidiare la loro Barriera di fortezze nelle Fiandre ora austriache. come garan7ia contro e\·entuali aggressioni da sud. Il Re di Prussia rice,·eue la Ghelclria Superiore e si vide riconoscere il titolo di Re di Prussia, I l Duca di San>ia ebbe il Monferrato. tolto ai Gonzaga . le Langhe. la Valsesia, la Lomellina. Vara llo. Casteldelfino. Alessa ndria, l Jizio, Fenestrdlc 1'i in cambio eli Barccllonette, cedutu ~1i Francesi , c la corona di re di Sicilia, che però non gli fu riconosciuta da Ca rlo VI; in definiti va dunque ben più di quanto gli fosse stato promesso nelle 1rattative del 1702, dal momento che otteneva un regno vero e proprio. A' l'\'a raggiunto un risultato politico enorme. Per la prima volta gli ambasciatori dei ~a' oia erano ammessi. in riena parità con quelli delle Grandi Potenze. a discutere i problemi del Continente e del mondo. l.o Stato sabauclo era entrato nel sistema politico europeo da rrotagonista. {nfinc l'Inghilterra: la vera vi ncitrice della guerra. Le Po tenze continentali uscivano dal coniliuo divise in due blocchi, borbonico ed asburgico, di forza equ ivalente e separati da una se rie eli Stati cusci netto, legati all 'Inghilterra o da essa intluenzati. La Sragna era controllata da lle basi britann iche di Gibilterra c eli Minorca (che consenti,·a no alla flotta di op<.:rarc comodamente nel J\.kditerraneo) e dal Portogallo. conunercialmente legato a Londra. La Francia era tenuta d'occhio. a nord. dall'Olanda che. coll'acquisizione della n arriera. era costrerta a d istogliere la propria :menzione dal commercio marittimo. lascianclO\·i un vuoto che gli Inglesi avrebbero colmato; acl est dagli Stati germanici, tra i quali l'llannover il cui sovrano. o ltre acl avere voce dirctra nelle questioni clell 'lmrcro. essendone u no degli Elettori , sarebbe stato re d 'Inghilterra dal 17'14 col nome di Giorgio I. A sud , infine, anche Vittorio Ameck:o II aveva aperto i suo i Stati al commercio britannico cd era u n'a ltra uti le reclina da muovere, di volta in volta, contro

'~ Il tr~lltato ('olia SaH>ia fì,,l\ .1 tl u>nfìne .tlpmo .sulla displu\'iale: kt dm~· le alqu~· piova n!:' lo-..-.cro -.('e 'C a l'si '.lrt'hl)(;' sia la terra uet Sa,·ot.t: .1 m e~l dd Rt' di Fmnci.t. Poidll' qu~·ll.t p.tnc dd trauaw del ,- U non

<' mai stal.t abrog.tta o mO<.Iifìc:u.t, <.:<N e .mc ora oggi. Questo "ignllka dw, dopo l,t ct's,ione della S.l\ ol.l all.t Fmn~:ra rwl IH61. la cima del :\1om~· lli.lnto "' ~>lata automaticamente cd l'qu.tn1l'nt ~ di,·isa in due: c. anche ~l' le l·an~.: fmncc'>i. dd ttHIO arbitraria trwnt <· <· M' ll l.:t alcun fondamento. :t>'q~n:mo la dma a lla Fmncia, e~'" <· per mct:ì tta lia na c• per met;ì fwm·L•.,<·.


248 Vienna o contro Versailles quando una delle due avesse minacciato di turbare l'equilibrio europeo appena instaurato e che a Hastadt sa rebbe stato confermato. Così la Gran Bretagna pore,·a. nel caso che uno dei due blocchi fosse din : nuto troppo potente cd avesse minacciato di port:ule danno, allearsi coll'altro e sconfigger !o. Iniziava la "Halance of Powers" - il I3ilanciamento delle Potenze - che sarebbe stata la costante del la politica britannica fino al la fine della Seconda Guerra Mondiale. Londra aveva in mano buone carte; c la sua éllti,·ità non avrebbe girato a n1oto né si sarebbe fermata per mancanza di fondi. Le colonie d'America e delle Antille, i trattati commerciali coi Savoia cd i Braganza. il privilegio esclusivo d'inviare ogni anno un ,·ascello a commeruare nell'America spagnola e, soprattutto, il monopolio per trent'anni della tratra degli schiavi in Sud America garantivano nuove c abbondanti sorgenti di guadagno. il cui flusso a\ rebbc arricchito e fortitìcato la Gran Bretagna più di 4ualunque altra nazione europea. H.estava l'Austria: c l'Austria voleva combauere.

VTI) Rastadt Sin zenclorff partì da Utrecht pochissime ore dopo la firma dei trattati. al mattino del 12 aprile 1713 c si recò subito a Vienna per riferire a Carlo \'I. l a guerra riprendeva. Adesso Eugenio doveva spiegare tutta la sua bravura. Era solo contro i Francesi. Loro ave,·ano 80.000 fanri e 30.000 cavalieri; lui ne allineava rispettivamente 40.000 e 20.000, ma con una notevole cli fTerenza. Villars aveva l'esercito già conccnrrato tra Fiandre e Reno, lui invece dm·eva aspettare i contingenti tedeschi; e i Principi che li fornivano, rendendosi conto di quanto buona foss~..· l'occasione. mercanteggiarono coii' Jmpcrawre la concess ione delle loro truppe. Vienna fu inondata di richieste e solo quando fornì precise garanzie. i contingenti germanici com inciarono ad arrivare. Così al 24 maggio, quando le opcl ,lzioni stavano riprendendo. Eugenio non aveva vhto altro che i soldati austriad Le truppe imperiali precedentemente al ~oldo anglo-olandese si mossero dall1 Fiandra con g rande lentezza. l Sassoni c g li Hannoverian i anivarono soltanto .d principio d'agosto. i Wlirttemberghesi li seguirono di circa una settimana: ~li Assiani si fcn:ro vedere a ferragosto. Come se non bastasse, il grosso delle stesse truppe asburgiche era as,..,~li lontano. Un contingente ancla,·a spostato dall'Italia, un altro dall'Ungheria. un ultimo di 12.000 uomini dalla Catalogna; e questo non fece in tempo ad arri,·a re. Di conseguenza, nell \ litima settimana di maggio Eugenio poteva contarl esclusivamente su una decina di migliaia di soldati dci presidii renani e sul1.1 massa eli manovra costituita dall'esercito preceden temente in Fiandra, pari a dr ca 15.000 uomini.


Et<.t:/>10 IN fiA '<DRA, VllTORIO A~rfr>EO '" PIE\10\'"m:

17013-17!2

249

Inferiore a Villars per 1 a 4 non poté fare altro che mettersi sulla difensiva c si arrestò sul Reno . Rinforzò le guarnigioni di Landau, Friburgo c Magonza, attorno alle quali fece costruire nuove fortificazioni campali, sistemò presiclii e guardie lungo i 75 chilometri compresi fra Magonza e Philippsburg sulla riva del fiume , rafforzò le linee eli Esslingen e distaccò nella Selva Nera Vaubonne con 10.000 uomini a chiudere il passo verso Friburgo. Concentrate le proprie forze a Lauterburg, Vi llars esordì t~1cendo avam:are il conte de Broglie con 8.000 fanti e 2.000 cava lieri per tagliare le comunicazioni tra Landau e il resto de lla Germania. Superati alcuni avamposti, clistrihui le proprie truppe in quattro grandi accampamenti. Il primo appunto a Lauterburg, dove lasciò il contingente di Broglie; il secondo di 20.000 uomini verso Philippsburg; iJ terzo eli fronte a Mannheim con Albergolli; l'ultimo a Frankenlhal con 10.000 cavalieri del marchese d 'Aligre, che impedivano l'accesso a Landau. Posto il suo quarlier generale a Spi ra, Villars assegnò al Maresciallo de Hesons e ai suoi 28.000 fanti e 5.000 cavalieri l'assedio di Landau. La d ifendeva il principe Alessandro del Wùrttembcrg con 6.000 fanti c, vista aprire la trincea il 25 giugno, resse come poté fino al 19 agosto, quando capirolò a condizioni abbastanza dure. Nel franernpo Eugenio non s'era mosso o quasi. Non poteva fare altrimenti perché non solo, come sappiamo, non aveva ancora ricevuto le truppe tedesche, ma, man mano che arrivavano, scopriva che avevano ord ini più o meno segreti dei rispettivi sovrani, per cu i dovevano astenersi da ce1te operazioni o aspettare disposizioni dalle loro corti. Insonuna, era stato più facile avere a che fare coi Delegati olandesi che coi Principi tedeschi e i loro comandanti sul campo. Così, caduta Landau , Villars poté passare senza lroppi inconvenienti all'assedio eli Friburgo e. convinto che Eugenio g li sarehhe stato addosso appemt avesse indovinato il suo obbiettivo, ricorse al trucco d i dare un ba ll o la sera in cu i era previsto eli marciare al forzamcnto delle Lince eli Esslingcn. La sorpresa riuscì. Le perdite furono minime c al mattino del 20 settembre le linee erano superate, mentre Vaubonnc distaccava una colonna a rinforzare Friburgo e ripiegava su Rmrweil col suo grosso. Friburgo era difesa dal generale Harsch con 7.000 uom ini , inclusi gli ultimi mandatigli da Vaubonne. Villars fece le cose in grande e l'assediò di persona con 40.000 fanti e 9.000 cava lieri. Harsch si difese con ogni mezzo, dalle inondazioni delle trincee alle mine, sparando con tutti i cannoni c i mortai disponibili c vendendo ca rissima la piazza. La notte dal l o al 2 novembre si ritirò nei forti di Friburgo con tutto il presidio . ViJlars tentò in rutti i modi di farlo capitolare e non ci riuscì neanche colle più dure minacce. Poiché la capiLOlazione proposta ad Harsch e ra dura , ma non si poteva protra rre la resistenza , uno dei generali in sottordine fu da lui incaricato di recarsi da Eugenio e chiedere cosa fare. Gli fu risposto d 'arrenders i.


250 La questione era ormai politica c, come del resto avrebbe farro n :nt anni dopo, in condizioni analoghe durante la Gue1Ta di Successione Polacca. l ugcnio, conscio della debolezza austriaca, non aveva intenzione d'impegnar~• ~ul campo altro che per favorire una soluzione ncgoziale. ·cl precedente mese eli luglio, la Dieta dell'Impero riunita a Ratisbona .t\ eva appoggialO la decisione asburgica di proseguire l:.t guerra, prometrcndo uomini e denaro per condurla. Il problema però consisteva nella difTeren7.a d i ohbictrivi. Gli Srari dell'Impero non volevano impegnarsi oltre il Reno e mira\ .mo soltanto a protcggersi dai Francesi , Carlo inH·ce avrebbe voluto cstemkr il conflitto a tutti i fronti possibili. Per di piCt i Principi tedeschi avvertivano sul collo la stretta crescente dd riorganizzato Impero e speravano che la guerra avrehlx· permesso alla Fra1Ki:t di riaffacciarsi almeno un po· oltre il Reno, consentendo loro eli tornare ad altalenare fra Versailles c Vienna. La caduta di Friburgo fu il segnale del principio delle trattative. che pero a livello ufficioso non erano stare interrotte altro che per un brcvi~simo pl'tindo dopo Utrecht. '\el corso dell'esratc Luigi Xl\ a\·e,·a incaricato \'illars d'efknu:lre dci sondaggi fra i Principi tedeschi per verificare b clisponihilir;ì imperiale a una pace negoziata. Preso contatto cogli elettori Palatino c di Magonza, Villars aV<..'\'a fatto -.t d1c a Vienna e in rutta la Germania '>i venis~e a conoscenL:a della buona n >lontà francese, aggi ungendo a questa la notizia dK· alla fine d'agosto re Luigi g li ,t \'L'va mandato un 'amplissima plen ipotcnza per il caso che. del turro inaspetutamenre, la eone imperiale decide'>'>e di trattare. La cadura di Frihurgo influì sugli Stat i dell 'Impero, i quali si affrettarono a d ichiarare di non poter prosegu ire la guerra. Carlo allora si p iegò ai negm i.tti in modo ufficiale. Tramite l'Elettore Pabtino i contarri erano srati an·iati bene c si era giu nt a stabi lire un appuntamento per le discussioni vere c proprie. La plenipotcnza imperiale sarebbe stata affidata a Eugenio e le due delegazioni si sarebbero lflcontrare a Ra'>tadL nel castello che il defunto margra' io Luigi a\ e\·a ultim.Ho poco prima delle sua morte quakhc anno prima. Villars arrivò per primo. ·•Jf dopo pranso de '2 6 Nouembre arrit•ò a Rast({{/. e occupò le s11e istanze il maresciallo ... Un 'ora dopo L'i percewze i/ l)rincipe Hup,e11 io.'•CXYJJ

l temi principali erano due: l'Italia e la Catalogna. Eugenio aveva un corposo memoriale in merito c lo sottopose a Vill ars esauamente come se si fosse trallato della capitolazione d'una città assed iata. Sulla colonna d i destra era n<1 scritte in buon francese le proposte imperiali, su quella di sini~·.tra ii J\ Ian: sciallo segnò i propri rilievi e il duello com inciò. A farla breve : l'Impero domandava relativa mente poco riguardo alla Gennania e su queo;to, salve le apparenze. Villars a\·e,·a l'ordine di clir~i d'accordo.


Er.;ENIO l '< FrAI\1) R:\, V rnoKIO A.~UJ lEO l'< PIE.\10'\TF.: 1701{- 1712

251

La Cata logna era un prol)lema, come pure l'amnistia borbonica per i sudditi italiani, fiamminghi c spagnoli che avevano seguiro Carlo VI e chiedevano d'essere prosciolti dall'accusa di tra d imcnto c di riavere le loro proprietà confiscate; ma Luigi XlV aveva stabilito d 'aggirare il tutto facendo rispondere che '' Hssendo i Catalani indiscutihilmente sudditi del Re di Spagna, quel Principe amministrerà loro la giustizia e non ~peua punto alle Potenz e straniere d'immischiarvisi."cxxm

11 nocciolo dell a questione venne a gall a dopo. ro n soltanto I'Tmpcratore poneva una serie di questioni a proposito dell 'Italia , ma, al l'u ltimo comma dell'articolo 6°, aveva scritto: "il Signor Principe di Sauoia ha pure ordine di domandare per Sua Maestà Imperiale il Regno di Sicilia:·CXXIV La risposta francese fu secca e minacciosa: "TI Duca di Savoia è divenuto Re di Sicilia; non è uerosimile che il Re glifaccia laguen-a. per spop,liarlo d 'un Reame, del quale ep,fi è in possesso in virtzì dei tra!lati che ha firmato con Sua Maestà e col Re di Spagna. EgLi attende dalla giustizia dell'Arciduca l 'intera esecuz ione del trattato del 7703, e il Re la domanda congiuntamente alla Regina della Gran Bretap,na."c~xv Era quasi una dichiarazione di guerra, ma il tono duro era frutto dell'imposizione britannica. non d'un desiderio francese. Il 23 novembre Torcy aveva già comunicato all'ambasciatore sabaudo, barone Perrone: ··Voi non avete nulla da temere da q11el lato. Il Signor Maresciallo de Villars ha riceuuto ordine dal Re Cristianissimo dijàr inseri1·e nel trattato da stendere l'articolo che riguarda il Re di Sici/ia:·CX)(VI E questo perché, come aveva fatto cl ire Pcterborough a Vittorio Amedeo: "Vos/ra Maestà non deve darsi pena se i Francesi non obbligheranno l'Imperatore a renderLe quanto Le è dovuto; avendo gli Inglesi delle guarnip,ioni in a/eu ne buone piazze delle Fiandre, che non renderanno qfJàl!o al/Imperatore se lui non da soddi.~fazione a Vostra Maestà_"cxxvll Poiché ai Francesi non poteva far piacere veder resrare gli Inglesi a Gand c Bruges, specie dopo aver accettato d i demolire le fortificazioni di Dunkerque e aver ceduto la Barriera agli Olandesi, e poiché o ltretutto a Versailles si riteneva preferibile lasciare la Sicilia a un sovrano debole anziché a uno forre, la Sicilia non poteva essere cla ra all'Imperatore c la q uesrione diventò centrale. La diplomazia sabauda seguì con estrema attenzione ogni più p iccolo avvenimento verificatosi a Hastadt ed ebbe molto da fare , perché Eugenio negoziava con la p iù consumata abilità e cercava di raggiungere tuni gli obbiettivi desiderati da Carlo, pur sapendo che e ra q uasi impossibile. Nel gennaio del 1714 entrambi i negoziatori mandarono alle rispettive capirali dci memoriali riassuntivi di quanto era stato ottenuto e di quel c he si poteva ancora sperare di raggiungere. Da essi risultava c he le questioni relative ai Principi italiani venivano liquidate, mentre restava in ballo la Sicilia. Intanto Eugen io aveva condotto le tratlative come un mercante levamino,


252 alternando minacce di troncare i colloqui a controproposte pesanti per la Francia. In gennaio Vi llars ritenne d'aver concluso la sua missione. Aveva sparato tutte le sue cartucce e non aveva ricavato nulla o quasi, perciò, quando Eugenio gli propose di far spedire un ultimatum da Vienna a Versailles per sbloccare la situazione, accettò. Entrambi sapevano in qua li condizioni fossero i rispetrivi eserciti e quanto poco si potesse contare sull 'appoggio logistico che i loro sovrani erano in grado di fornire, ma proprio per questo speravano di porerli spaventare agitando lo spauracchio della ripresa delle operazioni. Insoddisfatto di Villars, Torcy gli fece eli fatto revocare la plenipotenza, allida ndo la trattativa a Contades col preciso incarico di convincere Eugenio c ntirare l'ultimatum senza da re l'impressione che la Francia l'avesse respinto. in modo da evitare la guerra. Contades andò a Stoccarda, tirò e mollò e alla fine, con qualche accomodamento, si arrivò all'accettazione delle condizioni più importanti per entrambe le parti. Luigi consentiva a veder usare, ma non a riconoscere, a Carlo VI il titolo di He di Spagna; Eugenio consentiva a far finta che Utrecht non ci fosse mai stata a proposito di Filippo V, comunque accettando c riconoscendo tacitanwnte il suo insediam.e nto sul trono spagnolo. Alla fine, "i suddetti Ambasciatori straordinari e plenipotenziari tanto di )'a M.tà lmp.!e che di sua Mae.à Oist.ma banno sottosu·'itto il presente J'rattatu di loro proprie mani, e ui hanno apposto i Sigilli delle loro armi. f'atto al Palazzo di Rastadt questo sei marzo mil!eseL/ecento e quattordici Eugenio di Savoia, il m.o Duca de Villar-S'cxxvm stabilendo che la Francia avrebbe conservato Strasburgo e l'Alsazia cedendo quanto aveva sulla sponda destra del Reno- Kebl, Friburgo , Alt Breisach - tenendosi Lanclau e garantendo ai Wittelsbach il ritorno sui troni d i Colonia e di Raviera. L'Imperatore conservò le s ue conquiste italiane e riuscì a passare sotto silenzio le sue pretese riguardo alla suprema signoria feudale su Parma e Piacenza , che invece la Chiesa aveva come feudi dal },'VI secolo. Questo spaventù il duca eli Parma e le conseguenze di tale spavento si sarebbero viste entro pochissimi a n n i. Venne rimandato il congresso definitivo al giugno del 17Jtl, fissandon e il luogo d'incontro nella città svizzera d i Baden, in Argovia, li 18 giugno infatti Villars cd Eugenio vi si presentarono a fronteggiare una folla inferocita eli ambasciatori dei piccoli Stati tedeschi e italiani e della Spagna. I memoriali piovvero in gran quantità su di loro senza scuoterli nemme no un po'. D'altra pa rte sia la Francia che l'Austria avevano altro per la testa, Ann,t d'Inghilterra stava morendo, Carlo XII di Svezia si stava agitando, la Turchia brontolava. Con tutte quelle nubi all'ori zzonte, fu facile arrivare alla rapida fi rma del trattato di Baden il 7 settembre. Carlo VT lo ratificò il 15 ottobre a noml' della Dieta dell'Impero: la s uccessione di Spagna era finalmente chiusa; ora cominciavano gli strascichi.


25.)

VIO) La riorganizzazione de ll'esercito sabaudo del17 13 Di solito la cessazione delle ostilità comporta una riduzione dell'organico, passanclolo dal piede di guerra a quello di pace. Ma l'acq uisto della Sicilia, l'aum<.:nto dci territori in Italia Settentrionale e i l perduran: de ll'i ncerta situazione politica internazionale , fecero si che Vittorio Amedeo l l si compa ttasse in modo opposto. L'ordinamento del 1713 infatti stabilì un organico triplo rispetto a quello del 1700 c superiore anche alla forza massima mobilitata in guena, il cui apice era stato raggiunto coi 2).000 uomini alle armi nel 1710. Al termine della riforma, Vittorio Amedeo avc\'a al suo ser"izio 2"!.600 uo mini, di cui 1-.300 sul contincnre e - .300 in Sicilia. Il presidio della Sicilia consta\·a eli truppe piemontesi, sa\'oiarde, svizzere, siciliane - 2.000 uomini - c includeva 1.000 fra marinai l' galeotti, perché il lk aveva deciso di mertere in piedi una flotta degna di tale nome. Le risorse finam.iarie del 17 13 erano molto superio ri a quel le del 1700, ma la massa sottoponibilc alla leva non si era accresciuta in proporzione, perché la Sicilia aveva m antenuto il privilegio dell'esenzione dalla leva, di cui aveva goduto sotto gli Spagnoli. Questo implicava un aumento delle tmppe d'ordinanza nazionali o ::.traniere e dunqUL' un aumento delle ~pe~L'. Si dovettero cercare dci corrcuivi c se ne trovarono riducendo dal 15 al 100 o della forza totale dell'e~erci­ to le truppe eli cavalle•ia e ampliando le forze d'ordinanza intcgrandole con una milizia organizzata, ch iamala a servire per un periodo limitato. Poi. sempre nel 1713, si migliorò il sistema del la milizia scelta, fu o rdinato il censimento degli abili al se•v izio e se ne rim isero i risultati ai Governatori delle Provincie cd all'Ufficio del Soldo, istituendo, il l 9 aprile 1714, 10 rcggiment i provinciali, 46 eia riun ire per l'acldestramemo due voJt<: all 'anno. a maggio c a ottobre. Le tru ppe sicilia ne erano sost~mzia lmente quelle istituite dagli Spagnoli, cioè i due Heggimenri monobauaglione Giocni e Valguarnera, che nel 1718 sarebbero Mali riuniti nel m•ovo Reggimento eli Sicilia. La guarnigione originaria dell'l ..,ola indude,·a il Battaglione Presidiario. forte di 1-t compagnie. in cui erano inquadrati i soldati delle fortezze e i militi eli presidio alle torri costiere . impiegaLi in fun zio ne d'avvistamento e resistenza di primo tempo contro le incursioni dei pirati. Ai 2.000 sicilia ni, Villo rio Amedeo aveva aggiunto i 4.500 uomini elci battaglio ni dei reggimenli 17 portati con sé dal Piemonte quando si era fatto incoronare a Palermo. Poiché le ultime due galere dell'Ordine dei Santi .M aurizio e Lazzaro erano stare perdute nel 1675. Vinorio Amedeo, che per arrivare in Sicilia aveva avuto 1

1 ' ' In S,l\Oiil 1 Rt>ggimenli <.h l.lrarU;i'i.l \.'di Chi;~ble,.e. in l'u.>mom<: 1 Rq.:wnwnli <.h\o~I:L dd .\lonferr.no, d1 Vcrrdli. d1 Pint'rolo. eli '\iZI..I, Tonno. "''i \.' J\londm ì. ,- Er.1no 'i <.·omragnit' ùci Dr:~goni d1 l'k•n1onlt', i primi ban~glion1 d<'l I'<'Kf.(imcnli Guardie. Monft•rr.llo c S:t ii i ZZo <'i ,<><:ondi IY,1nagl ion i elci reggin wnti di :-,~,·oia. della t- l ~rina, di l' it·mont<:, Fucilit'ri t' dt'l rt:ggimento .wiucro I la<. khrcu.


bisogno di farsi trasportare dalla flotta ingk~e. decise di ri co~tituire una tlona che lo rnettesse in grado di te ne re i collegamenti fra 1\izza c Palermo. Della vecchia Squadra de l Hegno di Sici lia ricevuta dalla Spagna al momento ciel trarasso di poteri, solo la gale ra ftfililia reggeva ancora il mare, cosic1.. hé fu necessario un vasw programma di costru zioni n<n ·ali. al termine del qua11.. la marina '>abauda allinea\'a S galere - Capitana Reale, Jlilitia. Padr01w. \an Francesco e Sa11t'A nna - e tre fregate, che nel 17 17 sarebbero state sostituire da altrettanti vascelli a vde quadre: il San Vittorio, il Beato Amedeo e la Santa Rosalia. Il primo regolame nto della Marina<-JH f'u e manato nel 17 17 e venne mod if icato dopo il cambio de lla Sicilia con la Sardegna, il 18 gennaio l7 2:3. La fanteria di marina venne fornita dal lkggimento izza. tra~formato in tn nuon> lkggimcnto della i\ larina. che dal J717 incorporò anche il prcc~btente Battaglione delle Galere siciliano. di .350 uomini su "i compagnie.


CAPITOLO IX Di nuovo contro i Turchi: 1716-1719

I) Petervaradino

Ratificata la Pace d i Carlowitz del 1699, la Sublime Porta approfittò dell'impegno europeo nella Guerra di Successione Spagnola per ricostmire la tlotra che il quindicennio di operazioni contro i Veneziani aveva distrutto e riconquistare tutto quello che le era stato tolto, per terra e per mare. Liberatasi del pericolo russo colla vittoria del Prut contro lo L:ar Pietro, attese pazie ntemente il momento più favorevole, che le parve giunto nel 1714 e attaccò i Veneziani in Grecia. Venezia chiese aiuto a Vienna, ma su consigl io d'Eugenio l'Austria aspettò a muoversi, anche perché il suo dispositivo militare era ancora sbilanciato verso Occidente. Il Principe rimarcò che le promesse veneziane erano notevoli, ma l'esercito non c'era ancora e. se era vero che per mare la Repubblica avre bbe sostenuto la guerra, la mancanza d 'un esercito avrebbe scaricato tutto l'urto tu rco su i territori impe riali, completamente impreparati a sostenerlo. Per di pil:1 restava il rischio d'un intervento spagnolo in Italia, volto alla riconquista di Napoli c della Sa rdegna. Se Venezia e Roma si fossero assunte l'impegno di dife ndere i clominii imperiali d'Italia, l'Imperatore forse avrebbe accondisceso all'intervenro. Comunque il 13 aprile 1716 fu stip ulara l'alleanza austro-veneta, il resro della primavera passù senza novità e solo in giugno l'esercito imperiale attraversò la Sava agli ord ini de l Princi pe Eugenio. L'obbiettivo dell 'lmperatore consisteva nell'estensione del p roprio dominio nei Balcani arrivando alla costa prima che ci arrivassero i Veneziani; e con questo fine chiaro in mente, Eugenio si apprestò a combattere. A grandi lince per raggiungere la costa doveva innanzirutto assicurarsi l'entroterra bosniaco, il cui punto strategico più imporrante era Belgrado. Come sappiamo, però, rer prendere Belgrado era necessario controllare il Danubio e le vie d 'acqua c he vi confluiscono - T ibisco, Drava e Sava - lungo le qua li doveva no scendere i ri fo rni menti; e questo implicava l'eliminazione della presenza nemica da Ternesvar. Insomma, b isognava ricominciare da dove si era rimasti l'ultima volta .


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Eugenio ricevè la dichiarazione di guerra nem ica a Futak e non si scompose affallo. Alle sue dipendenze aveva 65.980 fanti su 31 reggimenti, pari a 85 battaglioni, e 32.944 cavalieri, articolati in 34 reggimenti per un totale di 222 squadroni. L'artiglieria allineava 90 pezzi da campagna c un centinaio d 'assedio. A queste for7.e poteva aggiungere altri 53.380 uomini sparsi nei vari presidii e circa 15.000 confinari: mai l'esercito imperiale e ra stato altrellanto forte e agguerrito. Le forze a disposizione del Gran Visir Damad Ali Kumurci e rano note\·oli, ma inferiori a quanto sostenne allo ra la propaganda ottomana e sbandierò quella austriaca. l calcoli più recenti49 le ridimensionano dai 200.000 dichiarati all 'epoca a circa 86.000 militari; c neanche tutti combattenti. Fatti gittare i ponti sulla Sava, il Gran Visir l'attraversò in tre giorni, fra il 26 c iJ 28 luglio, e puntò direttameme s u Pelervaraclino, andando ad accamparsi nei pressi di Semlino. Eugenio spedì il conte P{tlffy in ricognizione con 900 cavalieri e 400 ussari ed ordinò alle sue unità di convergere sulb fottezza. Poiché essa occupava l'interno d'un gomito del Danubio, collocò le proprie truppe davanti acl essa , cioè fra le opere fort ificate e la parte da cui sarebbero arrivati i Turchi; sistemo il campo sfruttando le linee fortificare campali fatte costruire dal maresciallo Caprara nel '1694, lasciò due ponli per restare collegato al grosso della cavalleria, che aveva disposto s ull'altra riva del Danubio. e attese i nemici. P<Hffy intanto li aveva trovati. Ingaggiato uno scontro colla loro avanguardia, aveva perso 400 uomini, s'era disimpegnato ed era tornato rapidamente a riferire. La sera del 3 l'armata ottomana arrivò c dispose il proprio campo a tre chilometri di distanza da quello imperiale. scavando trincee ed erigendo parapetti. Il Gran Visir aveva tutti i suoi 86.000 uomini, Eugenio era riuscito a concentrLtrne circa 50.000: 32.000 fanri e 18.000 cavalieri. La mattina del 4 venne un messaggero con un'intimazione del Gran Visir. Eugen io rimandò indietro il messaggero senza risposta, "la quale non aure/Jbe potuto essere che impertinent,"cxxrx ordinò di controbattere il meno possihik i tiri dell 'artiglie ria e dei fanti nemici per non danneggiare le armi e non rid urre la scorta di polvere; poi ''Convocò presso di sé i principali Comandanti e partecipò loro La risoluzione di assaltare la mattina de5 il campo del Visir da tu/le le parti. Diede loro in iscritto le disposizioni dell'attacco e raccornandò loro il segr·eto, perché nulla trapeLasse al nemico."CX>.'X Il piano e ra semplice. la fanteria doveva uscire dai ripari c avanzare in ordine c hiuso coi 3.000 uomini del principe Alessandro di Wùrttemberg in avanguardia, che avrebbero assalito l'ala destra nemica. Sarebbero stati seguiti dalla prima linea, comandata dai generali Regal e Massimiliano Starhemberg, sostt'-

,y Crr. 13ru no Ml'G'I:\ 1, L 'e serciiO ollolucmo da Ccmclia t i Passarolcilz, Vol. 2°, Venezia. Fili pp i, 199H.


()l M0\0 coq"Ro l TlRCIII: 1~16 1~19

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nuta dalla seconda coi generali T-ht rracll e Bcvern. Contemporaneamente la ca\'alleria imperiale, traversati i ponti. si sarebbe presentata sulle ali dello schkramento turco e le avrebbe attaccare eli conserva colla fanteria. Presa la prima linea avversaria con rurtc le sue batterie . .. Se Dio Ollllipotente- come è da sperare -ci concederà la .f~!Ylzia di poussi rcn i/ nemico, si dourà iiiiiCIIIZitutto procurare d 'impedire ogni con f'usio n e disordine, prendere posizio11e sulle prime alture

lasciando la t•ctlle diiiUIIZi a sé per annientare il 11emico che occupa le altre alture:·CXXXl A quel punto il grosso del nemico sarebbe stato respinto. accerchiato e distrutto. la mattina del 5 l'a7.ione cominciò in ritardo perché nella notte alcuni mulini ga lleggianti avevano urtato e danneggiato i ponti. per cui bisognò aspettare che venissero resi nuovamente transitabili. Quando la cavalleria fu pronta. il principe Alessandro attaccò coi suoi fanti c in breve lo scontro divampò su tutta la linea. l Turchi reagirono molto bene c contrattaccarono con un tale impeto da far retrocedere gli Imperiali fino a penetrare nei loro trinceramenti. Eugenio si trovava in prima linea, in mezzo alla fanteria, e corse il rischio di essere ferito, però i reggimenti della seconda linea intervennero abbastann in fretta c chiusero la falla. Tre reggimenti di cavalleria caricarono e respinsero i Giannizzeri, mentre alle spalle la fanteria imperiale si riordinava c g iungevano altri cin<-JUC reggimenti a cavallo per intensificare l'attacco. Un tentati\·o di comrocarica della cavalleria turca venne stroncato dal fuoco di fila della fanteria austriaca, poi il front<.: onomano si sfasci<'> e gli Imperiali si aprirono de i varchi nelle fortificazion i campali avversarie. Contemporaneamente, sulJ 'a ltra ala, la cava lleria imperiale stava caricando con 10.000 uomini la destra turca. A dispeuo dell'intenso tiro d'artiglieria. raggiunse le trincee e le pia7.7ole nemiche. le superò c penetrò nel campo onomano. cogliendo di sorpre~a c mettendo in rotta tuui quelli che \'i ~i trovavano. Caduto il Gran Visi r c distrutta la cavalleria avv<.:rsaria, quella imperia le, che si era allargata oltre le due ali nemiche, convergè verso l'interno del fron te nemico, prendendolo da lle spalle c schiacciandolo contro la fanteria amica. In una riedizione di Canne, .. due ore dopo mezzo Riomo /Esercito del/Imperadore

fu pienamente padrone del campo T11rchesco, asteso ad o/lo miglia, in monti. valli e piani, come anche di tutta l'm·t,;v,tieria, d i sopra 160 pezzi.''cx.:x_,'\ll Con calma Eugenio raggiunse la tenda del Gran Visir. che si era riservata come parte dd bonino. Gli Imperiali avevano per~o 2.122 morti c 2 ..)58 feriti; gli Ouomani non si sa, ma dovettero essere molti perché gli Imperiali non \OlIera fare prigionieri - ne presero una ventina scarsa - c, corne si seppe poi "Il

Conzanda n le di Peten •a radino m ·uisa eh 'il numero de 'morti si riconosce sempre magg.re dalla lvan quantità de 'cadaveri che si lmt•ano semi1wli per quelle Camp.e sino a/fiume m·o...cx.XXllt Più di cent'an ni dopo, Arneth li ,·aiutò a 6.000. ma probabilmente si aggirarono sui 10.000. Completarono il trionfo l 6R pezzi d'a1tiglieria, 165 bandic n: , 'i


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code eli cavallo, numerosi timpan i e una c inquantina di collari di ferro risen·;Hi ai prigionieri cristiani.

II) Temesvar Il 24 luglio gli Ottomani, abbandonarono l'assedio di Corfù: e ra fin ita c.: l'Adriatico era salvo. Fallito l'attacco anfibio contro l'isola e distrutto l'esercito davanti a Petervaraclino, il Sultano per quell'anno aveva pe rso l'iniziativa. Eugenio ne approfittò. F.ra troppo tardi per un assedio eli Belgrado, ma a hbastanza presto per prepararnc uno da effettuare l'anno seguente. Bisognava però aprirsi la strada fino al Danubio assicurandosi prima le spalle eliminando ogni fo1tezza eli qualche rilevanza rimasta ai Turchi. Nella sua lettera del 20 agosto, Carlo VI aveva anche lasciato li bero Eugenio eli va lutare l'opporrunità d i compiere un assedio a Temesvar prima di puntare su Belgrado. La piazza e ra importante e il Principe l'aveva messa in programma. Il 26 agosto, tre settimane dopo la vittoria eli Pctcrvaradino, l'armata imperiale le s i presentò davanti . Tcmesvar era presidiata da 7.000 fanti e non meno di 3.000 cavalieri agli ordini eli Mehmet J>ascià e non facile da prendere perché divisa in quattro parti, separate e protette dai vari rami del fiume Bega. Per non perdere troppi uomini , Eugenio fece esegu ire gli approcci con calma, privilegiando la sicu rezza rispetto al la velocità. Fottunatamente le cortine erano in cattivo stato e poco resistenti, per cui era relativamente facile supcr:1re la difesa. La tri ncea fu aperta il l o settembre a nord, contro la Porta d'Araci , scavando u na lunga parallela c guarnendola con 4.000 fanti e 2.000 cavalie ri , a copet1Ur<t dei 3.000 guastatori che proseguivano i lavori. La mattina del 6 due hatterie imperi a li ap ri rono il fuoco c nei giorni ~e­ guenti il bombardamento appiccò parecchi incendi nell'abitato. Gli assediati tenta rono una sortita in forze , ma l'intervento delle risenT li respinse. Né setvirono a nulla i tenta tivi seguenti. Si sperava di poter aprire una prima breccia per il 19, ma comparve un g rosso corpo di cavalleria turca e tartara , con una colon na di g ia nn izzeri - in totale circa 20.000 uomini - che si avvici n<'l a l settore d'assedio comandato da Palffy . Eugenio accorse a rinforzarlo di pe rsona con un forte distaccamento di Ltnreria e, quando ver!>o mezzogiorno del 23 settembre i Turchi attaccarono, vennero respinti tre volte con notevoli perdite. Fu l'un ico tentativo di sbloccare la citt<l. che comunque si di fese molto bene. T.a guarnigione adoperò razzi e bombe, costrinse gli imperia li a costruire sci ponti per superare i fossati e i rami del Bega e, quando li vide pronti. li incendiò c danneggiò con altri razzi e granate incendiarie.


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DI Nl'OVO COI\TRO l TI '~( 111 : 1716-1719

SOFIA© 0

100

Il tean·o opera tivo balcanico dove comh;mé Eugenio fm il loH3 e il 1719.

200 krn.


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Eugenio li fece rifare e, appena seppe che le brecce erano aperte, ordinò d 'assalirle. la mattina del 30 settembre, con 30 compagnie di granatieri e 10.000 fanti. Andò personalmente in prima linea a segu ire l'attacco, che ebbe successo e permise d'attestarsi a circa cinquanta metri dal fossato della città. Nel corso del combauimento gli Imperiali persero 450 morti e 1.500 feriti; i Turchi circa 2.000 uomini. Il passo seguente consisté nell 'avvicinare gli approcci alla città vera c propria e spostare le batterie, cosa che richiese dieci giorni. Il 6 ottobre i primi 14 monai austriaci <i 'ìrirono il fuoco dalle nuove piazzole. Nei giorni successivi ne entrarono in azion·- altri 16 c al mattino dell'll ottobre erano in 43 a tirare su lla disgraziata città. Vistosi senza speranza di soccorso, lo stesso giorno il Pascià decise di capitolare e la mattina del 12 alzò bandiera b ianca, inviando un messaggero a portare una proposta di capitolazione. Poi il presidio turco consegnò una porta agli Imperiali il 13 e uscì il :15, con tutti gli abitanti che volevano pa1tire, sotto la garanzia d 'aver otto giorn i di tempo per raggiungere Belgrado senza essere infastiditi o assaliti. Gli Austriaci trovarono nella piazza 190 ca nnoni e 10 mortai e, dopo 161 anni, riaprirono e riconsacrarono le chiese. L'ultimo lembo dell' Ungheria era tornato alla Cristianità. L'autunno era ormai inoltrato e sarebbe stato il caso d i andare ai quartieJi invernali. Le operazioni erano andate bene in rutto lo scacchiere serbo: la Sava era stata passata c Brod era stata presa insieme a tutro il s uo circondario: ma Eugenio ritenne opportuno spedire Mercy a fare una puntata sotto Belgrado con una colonna abbastanza forte. Quest'ultimo il 9 novembre arrivò a Banczova Palanca, nelle vicinanze della città, c la fece cap itolare la mattina dopo. Poi prese Vill apalanca e vi si attestò. ln questo modo aveva posto le basi per le operazioni della campagna seguente e minacciava la navigazione nemica sul Danubio.

m) Il miracolo di Belgrado

Nella primavera de l 1717 la situazione turca era di nuovo cattiva : sul ma re non c·erano grosse speranze; le trattative intavolate tramite le Potenze Marittime erano state stroncate su l nascere c.Ia Carlo Vl coll'assenso d'Eugenio e r c~er­ cito imperiale era in marcia verso Belgrado. Tutto stava a vedere se si poteva soccorrere la cillà. A questo fine ven ne approntata una poderosa annara e la si fece marciare verso nord. Eugenio aveva cominciato a preoccuparsi per la campagna del '17 fin d:lila vittoria di Petervarad ino. Alla fine d 'agosto del '16 aveva spedito le p rime istanze a Ca rlo VI perché volesse p red is porre i denari c i mezzi per la campagn:1 venrura.


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L'inverno del 1716-17 era pa~sato in grandi preparati,·i . Era stata allestita

una flottiglia fluviale e scavato un canale na,·igabile, che dal Tibisco le consentisse di passare bene nel Danubio alraltezza di Belgrado. L'esercito ebbe ordine di muoversi verso la Serbia dopo la metà d 'aprile per trovarsi a futak, nei pressi di Peterva radino, il 12 di maggio. Eugenio aveva a sua di~posi z ione 124.956 uomini, detratti dai quali i circa 24.000 di presidio allc f01tez;cc bosniache, ungheresi e transilvanc, ne restavano J 00.774 - 65.100 fanti e 35.674 cavalieri - con 106 pezzi da campagna e un imponente parco d'assedio. appositamente prcpararo per l'assedio eli Belgrado. Questo era valido sulla carta , nella realtà la forza era minore. ma pur sempre molto ele,·ata risperro al pas!>ato. l magazzini, una ' o lta t amo. ,·ennero preparati con largo amicipo c forn iti di tutto roccon·ente. Puntuale, la sera del 2 1 era a Futak. Il 9 giugno fece levare il campo e passò il Tibisco a Titul. Proseguì fino a tra,·ersarc la Bega c il Temes e diede ord ine di passare subito il Danubio , g ittando un ponte in gran fretta poco al di sotto di Belgrado, a Banczova. l Turchi non se l'aspettavano. I loro piani avevano previsto d'avanzare lungo tre direttrici. lJn corpo uc)\'cva marciare su Petervaradino e Temesvar per conquistarle, un secondo aveva l'incarico di passare il Danubio a L; j Palanka c irrompere nel Banato, l'ultimo, comandato dal Pascià eli Bosnia , si sarebbe uon tto pottare in Croazia. Adesso invece avevano gli Imperia li a poca distanza da Belgrado e ne erano stati colti separati e così di sorpresa, che non tentarono nemmeno di contrastar loro il passaggio del Danub io. La mattina del 15 gi ugno Eugenio fece esegui re un'operazione anfibia, intcressame perché, insieme a quclb sul Po, è l'unica che abbia mai effeuuato, anche se solo su un fiume. Fece a\·anzare tre Yascelli , seguiti dai trasporti copctti '>Ui lati da saiche armare. Un vascello si collocò all'imboccatura del Teme'>, gl i altri due, colle saiche e i trasporti scesero il corso dc..·l fiume fino al villaggio di Vuns. luogo scelto per la costruzione d\m grosso ponte. in modo da proteggerlo da eventuali offensive provenienti da I3elgrado o dJ Viddino. Le imbarcazio ni si accostarono a riva sparando e protette dal fu oco elci vascelli . La fanteria sbarcò rapiclan1entc la propria avanguardia - seLLe compagnie di granatieri - c un rincalzo eli prima schiera , consistente in altre compagnie di granatieri c sci ca nnoni leggeri, poi mise piede a terra il grosso e. infine, venne sbarcato il mmcrialc da ponte. Assicurata la testa di ponte. venne effeuuaw il transito della seconda schiera, comprendente fanteria c cavall eria, e si cominciò a costru ire un ponte da 8 1 harchc, su cui l'indomani passò il resto dell'esercito. L'operazione non costò neanche un ferito. specie pcrchC:· i Turchi non si fecero ,·edere, e venne considerata un capolavoro. Lasciaro un forte presidio a Banczova c Uj Palanka c coll ocativi i maga zzini, Eugenio si accampò, eseguì persona lmente le prime ricognizio ni sotto Belgrado


262 il 18, facendosi accompagnar~: da una scorta di oltre '+.000 cavalieri e. il l9. andò a piantare il campo davanti alla città coi circa 75.000 uomini che .1\e\·a a disposizione. Belgrado si trm ava allora Luna compresa nella penisola creata d.ll l.t confluenza della Sava nel Danubio cd Eugenio la trattò come i Turchi aH~Yan o fatto con lui davanti a Pctcrvaradino: distese il suo accampamento dalla rh·a del Danubio a quella della Sava e chiuse la citt:ì fra sé e l'a<:qua. Per assicurarsi i movimenti c i rifornimenti, fece gittare due ponti sulla ')a,·a c conservò quello sul Danuhio. La guarnigione di I3e lgraclo natura lmente provò subito a contrastargli il passo. n1.a ogni movimento imperiale in avanti era effettuato sotto la protezione dell 'artiglieria, che impediva pure l'an·icinamcnto alla tlottiglia tlu' iale turca. on c'era nulla cb fare. ll 20 Eugenio fu raggiunto dal corpo ckl generale ~adasty e prosegu1 b costruzione delle opcn: campali , erigendo .sia la ci rconvallazione che la controvallazione. Si aspella,·a dei tentativi nemici eli sbloccare Bdgrado molto più consistenti c decisi di quello effettuato l'anno prima sotto Petervaraclino e non n>lc,·a correre rischi inutili. Per maggiore sicurezza ordinò al generale Tiauben, rimasto a Pctervaradino con circa 5.000 uom ini. di scendere lungo la Sava e a<:camparsi sulle alture di Semlino. in modo da proteggere i due ponti imperiali da eventuali ')Orpre..,e nemiche. Ordinò eli mcrrcre due \'a'>celli a so~tegno di Ilauben. altri clue a proiezione del ponte gettato sul Danubio e di collocare i restanti quauro più in ha:,so sul fiume, per impedi re il passaggio ai navigli avversari provenienti eia "Jicopoli e V iddino. l\ lustafà Pas<:ià, comanclante elci circa 20.000 ottomani del prc:,idio di Belgrado, fece di tullo per rompere l'anello che lo stringe,·a sempre pill durallh.' nte. ma non concluse nulla. Poi cominciarono i tiri ck:ll 'artiglieria assediante c in b reve I3elgr~tclo fu ridotta a un cumu lo di rovine. Il 23 luglio Eugenio a\'\'l'rtì l'Imperatore che l'armaw nemica di -.occnN> ·passata la ,\lorara è già ad Hassa11 Pascià Palanca'5° e marcia in qlfa. 1Jico110

a11cbe le informazioni, e sembra esser(! l'ero, che! si raccolp,a inoltre 1111 co1po di là dal Oanubio. o cbe debba esserl'i lragillalo, su di che però si aurtì mag~iore sicurezza tra brel'e:•CXXKl\' Il 26 inoltrò la conferma: ··il nemico. a qlfanto sembm. 11011 marcereb!Je pilì COJT/ro il Bcmato di Temesca1: mo cerrebbe co11 tutte le sue forze unite colltro d i noi, fJer lentiren la fortuna me111re la garnison .fàrebhe t/Ila poderoso sortita.... lo in/alitO conti1111 o a ponni in clssetto."cxxx.v

"'' D.no 11 nome. '~~ondo Bruno \lugna1 donehlx· lr..lll.lr'l d 'uno >Calo lortllìcno ,uJ D.111uhio. 1ra Bd~1.1 do e \ 'iddino. uuiwlaLo a u n nolO Capudar) l';rM·i:ì ddla Ootugil:l fluviale onon1:111a, appunto Ha".111 J'a,d:t.


Dt ,rovo cor-.T ilO t Tl•RcHt : 1716-tì 19

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Pochissimi giorni dopo arrivò l'armata rurca di soccorso: erano gli 80.000 uomini del bostançi Halil e dovevano liberare la citrà a ogni costo. Nei giornl tra il 29 e il 31 luglio, i comandanti ottomani compirono delle accurate ricognizioni della circonvallazione imperiale c giunsero alla conclusione che non la si poteva a ttaccare. Di conseguenza , decisero, l'unica cosa da fare consisteva nell'assediare l'assediante e il l o agosto posero il campo alle spalle di quelJo imperiale, in posizione domina nte per poterlo banere coi cannoni . Per Eugenio non e ra una nO\rità, anzi, e ra quasi una tradizione di famiglia, visto quanto e ra successo a suo nonno Tomma.so a Torino ne l 1614, assediando i Madamisti Del resto Eugenio aveva previsto quamo stava accadendo e vi si era preparato bene. Le sue fortificazioni di circonva llazione erano robuste e ben fornite d'a rtiglie ria , l'esercito era al sicuro e Belgrado prossima a cadere: doveva solo aspettare. I Turch i pere'> non erano disposti a restare fermi. Tentarono d'avvicinare dei pezzi alle linee imperiali, ma ne ebbero un danno maggiore dell'utile. Per tutta la prima metà d 'agosto le cose restarono in questo stato. In tutta Europa si sapeva che il Princi pe Eugenio era circondato dai Turchi e che ne veniva bombardato subendo perdite tali c he sarebbe stato costretto ad arrendersi o a vedersi distruggere l'esercito. Le cose non stavano per niente così. Eugenio poteva anelarsene quando voleva attraversa ndo i pomi sulla Sava - li aveva fatti apposta - sempre protetti dal contingente di Hauben e dai vascelli, o quello su l Danubio, ritirandosi o in Dalmazia o verso Temesvar. Scarseggiava il foraggio, que llo s i, ma le provviste erano sufficienti, mentre sapeva che a 13elgrado ·'i magazzini di viveri, eccetto uuo che si è ordinato di kanoni re n e bombardiren, sono incendiati. il palle è scarso e non vi è a/fra carne che di cauallo e costa molto.. .. , infa1lto è saltato in aria stamane per effetto di una nostra bo1nba un deposito di granate:•C>..'X)..\'l Però, col passare dei giorni, anche nel ca mpo imperiale si cominciava a risentire della durezza e della durata dell'assedio. Le pe rdite erano alte; il vcttovagliamcnto aveva qualche limitazione dovuta alle difficoltà di navigazione sul Danubio, serpeggiavano le malattie e, soprattutto c'era il proble ma dell 'incursione turca in a tto contro la Tra ns ilvan ia. Se Belgrado fosse caduta, quell'azione sarebbe stata abbandonata; ma finc hé gli Ottomani avessero mantenuto la posizione, le loro orde avrebbero potuto aprirsi la strada pe r l'intera Transil van ia, il Banato e addirittura l'Unghe ria. Il 12 agosto i Turchi ricevette ro altri rinforzi, che però hastarono si c no a ripiana rc le perdite subite fino a q uel momento. Infatti dovevano lavorare ai loro trinceramenti sotto il fu oco continuo di 7'5 pezzi imperiali di vario calibro e i caduti erano molti. Intanto le operazioni d'avvicinamento alla cittadella eli Belgrado proseguivano. Il ·14 s i verificò l'avvenimento cruciale per le sorti della città: •· uer~'>·o le ore 12. volò opportunamente dalle batterie Cesaree sul Sauo una homba, cbe accese


.fitoco in Il/l grosso mctRazzino di poh·ere della Cilici assediata. e lo sbal::.o in aria con tanta l'io/enza, che a/ferrò molte fabbriche, e po11ò grosse pietre dr ctrra e di là; uccidendo e stroppimrdo pi1ì d'un mip,liaio d "Assediali, eji110 Ile! C{/mpo Cristiano colpi' sei persone co sassi /anciatiui." 0 •')..__''" 11 Adesso la città <.:ra senza munizioni c, a ca usa dci danni subiti. non pott:va nuocere. Eugenio decise dunque di attaccare l"escrciLo di soccorso e giù d 1/j diede le prime disposizioni. Il 15 i Turchi cannoneggiarono il campo imperiale, ma non provoca rono danni dì rilie\'0. ·el pomeriggio Eugenio comunicò ai suoi generali il pt tno d 'atTacco e nella notte diiTu'><..' la sua 'Disposition per la bmaille" coi ··runU.t da ossen·are prima e durame l"action. ·· Il 16 concentrò i reparti in previsione della hauaglia dell 'indomani , lasli.tndo nelle linee d'assedio le poche migliaia eli miliwri necessari alla sotYegllanza e alla continuazione del fuoco. Riferì poi: "E<>sendosi il l/emico della Fede di Cri:·;to auuicinato sin dal / 0 wrre/1/e mese con linee ed approchen al nostro ca111po rcrranchìrl in Rllisa da mo-

lestar/o di COiltinuo, da si11istra. da destra e da frollte co11 cannoni e homhe. be11ché senza effetto proponionirte. avendo .flnalmelrte cominciato a fore l'im .fuoco di moschetteria contro il Corps de Batailk. a comi11ciare dal Regg/111<'11/o NeRa l sino a quello di Drap,oni l 'eble11 ed esse11dosi deciso a tentare. secondo l'apparenza e le informazicmi. rm al/acca in rc>Rola come aceca già temirl illl'll170 co11 alquanta Rente contro l'opera staccata. si esaminò bene i/15 la situ,ttton e.fil rcsolvirt di attaccare noi l'i11domani il nemico occupato nel suo !acoro. per cui.fit emanata la qui 1111ila disposition :·Cx:>-u"'{VIIJ Per la mattina seguente erano disponibili un po' piCt di 50.000 uomini. IW·o<.:illat i a dovere, ebbero l'ordine di attaccare nel tipico modo eli Eugenio. '>Vlllpre lo stesso: silenzioso attestamento nella base di panenza clcll"anacco '>UhtiO prima dell'alba: a\·anzata. altrcttamo silenziosa, alle prime luci del giorno: atr tcc.·o deciso e rapido contro la prima linea a\Yersaria c. ~c presa, immediato l':-.amc della situazione e scelta delle mosse successi\'e. Intorno alle 4 del mallino, sfruttando la luce del plenilunio, la ca\·allcria unperiale si mosse al comando di Palffy clistenclendo~i verso la Sava per pn:nc.krc di fianco il nemico. Mercy veni va dietro ma improvvisamente scese una fitta nebbia e sorse un ostacolo imprevisto. l Turchi avevano eretto e guarn ito nuove trincee e, accotti'ii degli Austriaci. aprirono il fuoco. Vennero sopraffatti in breve tempo e Palffy prosl'guì la manovra, rimenendo per quamo possibile un po' d'ordine nelle sue schiert onostante la nebbia riuscì a raggiungere la base di partenza prc\ ista t· :t partire all'assalto del fianco nemico. Gli Ortomani reagirono e non si ririrarorH>. obbligandolo a reiterarc le cariche, mentre il re~LO del fronte si anima\'<! l' i comhattimenti si accendevano un po· dappenutlo. Sul far del giorno la nebbia si levò ed Eugenio, che cercava di rendersi conl o dcll 'andamemo delb battaglia, vide uno spettacolo da far gelare la schiena ~~


265 chiunque: le sue truppe, disorientate dalla nebbia si erano anunassatc istimi\ amente verso le ali, lasciando al centro un enorme \ 'UOto in cui si erano infilati i Turchi. Prontamente il Principe f<.'Ce avanzare la seconda linea e chiuse la ralla prima che i Turchi la sfruttassl..!ro. Erano circa le otto del matcino quando lo sconrro s' intensificò. Bersagliata da 18 pezzi nemici in balleria su una collina, la fant<:ria imperiale li prese d'assa lto c conquistò nel giro di pochi minuti. Girati i pezzi contro il nemico. gli Austriaci li misero in azione e frantumarono il contrauacco lanciato dai Turchi. Un nuovo tentati,·o da parte della ca,·alleria ta•tara non sonì miglior effeuo. Il fronte orromano cominciò a ondeggiare e, alla fine. si spezzò c .,i sfaldò in fuga. Erano le Il del méutino del 17 scnembre 1717: la bauaglia era vinta, il nemico disrrurro e Belgrado virtualmente presa. Gli Imperiali avevano avuto circa 5.000 morri; i Turchi qualcosa come 20.000. Eugenio aveva guadagnato n uova gloria, la sua tr!..!cl icesima ferita, l 30 cannoni , 30 mortai , 9 code di cava llo , 59 bandiere. 12 timpani e, come a Petcrvaradino, la renda del Gran Visir, tanto ricca e grande eia richiedere il lavoro eli SOO uomini per essere piantata. Vietò :,everamente il saccheggio del campo nemico. totalmente abbandonato, perché, come dicent spc.:s'>o, non temeva Lamo l'armata turca, quamo il suo accampamento. per il disordine che inc,·itabilmeme porta,·a nelle truppe che lo prendevano. La notizia della vittoria decise la guarnigione el i Belgrado alla resa. Lo stesso giorno venne chiesto eli ca pirolare alle stesse condizio ni concesse l'anno prima al presidio di Temesvar c, il 18, il Principe eli \XTCJrtrcm lw rg prese possesso d'una dell e porte della citt:l. Il 22 il presidio uscì abbandonando flottiglia, cannoni c.: materiali. Poté portare con sé le armi e le proprictù personal i e fu concessa l'evacuazione di tulli i civili che desiderassero andar~ene. Pattirono in totale oltre 20.000 persone armmc e forse altrenanri fra donne. ,·ecchi c bambini. Se a Vienna la notizia scatenò grandiosi festeggiamenti. fra i Turchi ponò la costernazio ne. Semenclria fu abbandonata, Mchadia anche. Fu interrotta l'incursione contro la Transi lvania, furo no evacuati caste lli !..! presidi sulla riva del Danubio e, a Costan tinopoli , pur riuscendo a ev itare l'invasione della Bosnia, si cominciò a pensare alla pace. La preoccupazione della Su blime Porta per l'andame nto d elle o pera zioni era ben fondata. Anche in mare le cose conti nu avano a non andare bene. Dopo alcuni altri piccoli scontri. rifornita c rimessa a nuo,·o. la flotta veneziana ave\'a sa puto che quella nemica era stata richiamata da Corone a CoMantinopoli in conseguenza delle viuorie imperi ali nei Ba lcani . Si decise allora di passa re alle operazioni anfibie, occupando Prevesa - il 18 ottobre c Vo nitza, ca tturandovi 8 galeotte. Po i venne presa Ca ttaro e si assediò Antiva ri .


266 Dal canto suo l'esercito veneziano aveva respinto un allacco nemico vontro Segna ed avanza,·a dalla Dalmazia in F.rzegm·ina, facendo cadere l moschi e raggiungendo Mostar c la Narent::t. Temendo la congiunzione dc i Vener.iani cogli Imperiali in Bosnia. d (~ran Signore prestò orecchio alla mediazione offenagli dalle Potenze Marittimv e attraverso di loro avanz<'> proposte eli pace. Eugenio, il "potentissimo ,·isir dell'Imperatore Tede-;co.. , era il refcrentL migliore e a lui venne mandata la proposta di pace clelb Porta. La in oltrò a \ icona, c po i panì anche lui per rientrare nella capitale. Là fu raggiunto d,t Jltri messaggi c, sentito l'Imperatore, ne ebbe il pernwsso di rispondere che si potevano intavolare dei negoziati . l negoziati si svobero in Serbia, a PassarO\\ itz, sulla i\lora\·a, don~ i plenipotenziari imperiali, turchi c veneziani si trovarono in maggio, ma occor....cro parecchi giorni e forti minacce di riprendere k operazioni prima di arm ,tre a una conclusione. D 'altra pane l'Austria an.'' a fretra. perché in Italia erano sbarcati gli Sp.tgnoli. La Sardegna era persa, la Sicilia minacciata e la prossima mossa potc\ .1 riguarda re Napoli, duntjue bisognava chiudere in fretta i negoziati colla Porr.1 Per gli stes'>i motivi imece i Turchi cerca,·ano di tirarb in lungo, tanto dH.: al principio d i luglio sembrò che dovesse ro riprendere le ostilità fra loro l' I'Au~.rr i a.

Finalmente il 19 luglio i plcnirotcnzi ~lri allea ti firmarono la race a J>assarowitz sulla base dell'liti possidctis per tutti. Da quel momento e per i succe-.si\ i 14 anni l'ani,·itù d'Eugenio sa rebbe stata esclusivamente diplomatica e ,·olu a evitare la guerra o, dovendo ne combattere un:t, ad evitare di perdcrla . La lotta si spostò quindi dai campi di battaglia ai corridoi della Holhurg. contro il Partito Spagnolo, che punLava ~Id urù:s pansione dell 'Impero nel mon do media nte una politica di commercio navale.


CAPITOLO X La componente diplomatica dell'aziotze d 'Eugenio

Prescindendo dalle questioni personali c limitando~i alla sfera puramenLL' politica, il programma del Partiro Spagnolo non pote\·a essere realizzato se prima non si neutralizzava il Parlito Tcck:sco, e questo si poteva fare solta nto togliendo il pott.:rc a Eugen io, che ne era il capo riconosciul o . Il motivo, sempre sotto il profilo politico era semplice: Eugenio non voleva l'espansione m arinara deii 'Tmpero, sia per le forti spe~e da affrontare per o rganizzarla. sconsigliabili fìnché le casse erano vuote . ..,ia per la probabile reazione ostile anglo-olanck~e da\ ami alla comparsa d'una concorrente nuo,·a e fino a ieri alleata. Quello clcJrostilità delle Potenze i\ larittime era un problema che Eugenio non voft~,·a tro\'are sulla strada dell'Austria per ragioni politiche e militari. La Guerra di Successione ~pagnola non ~l\·eva risolto quasi nulla. anzi. an~­ va lasciato aperto un pesante contenzioso austro-spagnolo. Ca rlo VI voleva tut to ciò che era stato asbu rgico e tullo ciò che spenava al He d i Spagna, che era lui c nessun altro. Per contro t'i l ippo V poteva anche essere disposto a non hadare tro ppo :1 quello che aveva perso, ma certo non v:1kva altreuanto per i Grandi eli Spagna, ai cui occh i b Spagna era stata derubata di .'Japoli. Sicilia. \lilano. Sardegna. Presidii c Pac..,i Ba~si. Filippo era un Borbone ed era O\Yio che in una contesa austro-spagnola la Francia, se costretta a entrare in campo. rawebbe fatto dalla parte della Spagna . Po iché l'Austria da sola non era in grado di reggere :di'offensiva francese e ancor meno a quella franco-~pagnola. le occotTC\ ':t aiuw; c l'unico aiuto in cui si poteva sperare era quell o dell e Potenze Marittime. Alienarsele avrebbe sign ific~llo isolare l'Impero e ind urre ' ' ' Spagna e probabi lmente b Fra ncia ad aggredirlo. Po iché sarebbe stata l'csp:1 nsione mariuima a rendere Inghilterra e O landa sicuramente ostili aii 'Austri:l , l'fa meglio rinunciare ad essa ed ai suoi spermi ed aleatori vantaggi in cambio della sicurezza dell'a lleanza difensiYa con loro. L<J questione era ranro più impmtante in quanto la Spagna era veramente pericolosa, I'Jtali<~ cercava in tutti i modi di scuotere il giogo che gli Asbu rgo le Mavano rcimponendo c la ~uccess i one austriaca era rurro meno che salcla menrc riconosciuta dal mondo. L'Impero istituì una Compagnia per il comme rcio ndk Indie, che Eugenio non arpoggiò c successe qu;tnlo lui aveva previsto. Nel l 726 le Potenze Marit-


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C\l'llA.' l lll C A.'i.\ !:>\\01\

rime cominciarono una guerra commerciale contro l'Austria. La Francia si offrì come mediatrice e nel J 727, ai primi di maggio, l'ambasciawre duca de Richclieu consegnò a Vienna un vero c proprio ultimatum con cui si chiedeva lo scioglimento della Compagnia entro un mese. L'Impero si piegò. Per salvare la faccia emanò un decreto con cu i ne sospendeva le auività per sette anni. Ma il maggior vantaggio che ottenne, o meglio, che Eugenio ottenne dalla moribonda Compagnia fu politico, non economico. Quando nel marzo 1731 per fronteggiare la minaccia spagnola su Panna riacco~rò l'Austria alle Potenze ~lariui­ me, banmò la Compagnia ci'Osrenda col riconoscimento anglo-olandese dl'lla Pr<c1gmatica Sanzione, cioè della successione austriaca in linea femminile, c coll'alleanza militare fra Londra, Vienna e l'Aja. La liquidazione della Compagnia di Ostenda segnò anche l'inizio della torale preminenza pol itica d 'Eugenio a Vienna, che si dedicò subito al consolidamento dei rappo1ti fra la Casa d'Austria e i Principi tedeschi. La questione che più stava a cuore aii'Tmperatore adesso consisteva nell 'assicu rare la successione alla propria primogenita e, emanata la Pragmatica Sanzione. restavano sia il problem::t eli fmla riconoscere prima delb motte di Carlo VI, sia di farla rispettare dopo. Eugenio poteva credere alla soluzione della prima parte del rroblema. cioè che fosse relativamente faci le far riconoscere la Pragmatica Sanzione. ma, come abbiamo già detto. non si face,·a la minima illusione sul dopo: .. /f/1 p, rosso capi-

tale e 200.000 soldati ben esercitati sarebbero la miglior garanzia perla L'OStra Prammutica Sanzione:·c::o,:xrx

r falli segu iti alla sua morte gli avrebbero dato rag ione. Adesso rcrò si pote' a fare il possibile per prevenire un futuro connitto adoperando le armi del la diploma zia, spc:xie le pill sotterranee e così fu fatto. Gli Elettori \Tnnero an·icinari. ascoltati, sondati e circuiti per onenernc il riconoscimento dello Pragmatica Sanzione. Fu un lavo ro lu ngo e faticoso. che si estese pure agli altri Stati. I l giù citato riconoscimento da rane dell'O landa e del l 'Inghilterra avvenuto col trattato d'alleanza del I 6 marzo I 7:31 "firmato in casa del Principe Eugenio··, fu considerato un piccolo capolavoro d'Eugenio, alla cui lungimirante attenzione nei confronri clei i ' F. ~t si dové sia la lea ltà e la tranquillità dell'llngheria verso gli Asburgo, sia il l'appro,·azione russa della Sanzione, sia, infine, il trattato austro -russo-danese del 27 maggio 1732. Firmato a Copenaghen. il Trattato era un documento fondamentale per gli Asburgo. Sette scarni articoli stabilivano un'alleanza mi litare fra le tre Potenze contraenti, impegnavano ognuna a non allearsi agli a\ \Crs~ui presenti o futuri delle altre, a sostenersi vicendevolmente colk armi e, p~:r quanto riguardava la Danimarca. a riconoscere la Pragmarica Sanzione. Ratificato entro agosto, il Trattato garantiva agli Ashurgo la più completa lranquill ità sulle frontiere settentriona li e orientali, mettendo del tutto fuori causa l'influenza rrance~e nel Baltico c nell'Europa Orientale. Era un 'alleanza che, salvo la breve parentesi cie l 1812, avrebbe unito Vienna e San Pie-


269 troburgo fino alla guerra di Crimea e, dopo, con alti c bassi, ancora fino al

1914. Insomma la politica d'Eugenio fu esemplare. La sua abilità strategica veni,·a a ma lapena eguagliata da Ma rlborougb c que lla tattica si e no da Vendomc facendone il più grande gcncrale del tempo. A\'eva ricchezza. cultura, fama, intelligenza: era il migliore. Ovviamente ai suoi nemici e ai suoi dctratlori occorreva trovare un punro debole, un grave difetto per colpirlo. Non era sposato ? Subito partì l'accusa più infamante: omosessualità. Le donne non lo interessavano perché preferiva gli uomini. si diceva. i\la la voce era sospetta, perché dovuta ancora alla maligna penna dell a Palatina, la quale. quando era piccolo, aveva scritto che nel gruppo formato dagli amici e dai cugini lui "rappresentm·a la parte di una dollltd' c ne era chiamato "La t·eccbia SiRIZOra."

l suoi aV\·ersari sostenevano l'accusa - c i suoi detrattori dei secoli seguenti avrebbero farro lo stesso - con molte chiacchiere e nessuna prova: a Venezia, quando \'i si era recato per le tranari\e nel Carne,·ale dd 1687, non a\'e,·a intrecciato relazioni; tre anni dopo non aveva manifestato il minimo interesse a sposarl' Francesca di Sassonia-Lauenhurg e il dolore dimostrato davanti alla salma eli Commcrcy, ucciso a Luzzara nel 1702, dimostrava - asserivano - che il r..tppono con lui clove,·a l'SScre stato "speciale··. Ancora: nel P IO la contc!'>sa d'Orléans lo aveva accusato di preferire i paggi alle donne; e si sarchbe costruito un monte d i malignità su un'affermazione eli Lady Srrafford. !imitatasi a scri vere nel 1712 che egli si t'ura\'a pochissimo delle signore londinesi. Allora: la Palatina - cioè la duchl'~sa d'Orl(·ans -è ancora adesso ben nota agli storici per la sua mablingua e va quindi preso con le molle quanto affermava nella sua corrispondenza. La sua prima biografa, Arvéde Barin. nel 1909 scriSM! tre \'Oite in meno di trecento pagine che. senza un riscontro, non ci si dO\ C\'a mai fidare di quanto d iceva; c aggiunse che le testimonianze della Pa latina erano sempre inancndibili quando si tratlava eli donne a cui Luigi XlV aveva prl'stato allcnzione. Perché ? Perché era innamorata del Re Sole - anche se forsl' nemmeno se ne rcnde\·a conlO - c odiava btintivamentl' tutte le possibili rivali. Luisa d<: la Valliè·rc ebbe eia lei dc i commenti non offensiv i solo dopo essersi ritirata in convento, la lvlainrenon non ne ebbe praticaml'ntc mai. La Palatina sapeva di essere brutta. ma sapeva pure eli es!->l'rc ben acccna a Luigi XIV per il proprio spirito. Era arrivata in Francia nel 167 L, cioè nel momento in cui a corte l'astro pill brillante era quello di Olimpia Mancini. p rincipessa eli Savoia Ca rignano e comessa eli Soissons. Poteva parlarne bene ? ì\lai ! E di Eugenio, figlio della sua avversaria e. secondo pettegolezzi del turro inattendibili. del Re. poteva dir bene ? :\!l'no che tnai ! E allora, giù fango ! Secondo: la contessa d 'Orlèans, figlia della Pabtina, scrisse nel 1710, quando Eugenio era lontano dalla Francia da ventiscrtc anni: e Ici, nata nel 1676.


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C\PII.\" 1 0 1 C \ ' \ ! \ \\<)(

cht: aveva solo selle anni quando lui lasci<'> Parigi per non tornarvi pit\ non poteva sapt:re nulla dircltamcnte, ma solo ripetere le vo<.:i maligne che ave,·a <>entito, o\'viamente e in primo luogo dalla madre. t\t1a alle voci maligne ne f~t<.' eYano eco almeno altrcLtante molto più benevole e eli tipo del rutto opposto. :-.Jel 17 J 2 il duca de Richelieu .. allora giovanissimo subalterno delle Guardie Francl'si, partecipava alla campagna in Fiandra c, nel ca pitolo nono de lle sue memorie, a proposito di t\ larchicnnes assediata dai Francesi, disse: "L "amante del

Principe Rugen io. italia n a d 'origine, ui tenetJa allora una piccola corte: e jJOicbe ella temel'a ilji·agore delle armi e i mol'imenti che esse implicano. si era caccio la in quello cil!cì che credet•a inal/accabile... .il Maresciallo de l'illw:-;... comandò al C..cmte de Brop,fie d'andare (..id assediare JVIarchiennes. e disse a Contades. a qualcbe altro aiutante di campo ed a me, sia in .fbrma di scherzo sia seriamente, che ci lasciat'a l 'amante d 'f:'ugenio se prendeoamo la piazza."CXL Alcuni altri addirillura sosrene\·ano che Eugenio "m·eL'a scelto .llorcbienne~ per il deposito de 'suoi magaz zini, t{[{ine di ueder più spesso ... un 'T!Clliana molto hellu che era in questa Città e che allora mantelleva:·c xu Ma francamente non sembra possibile che il Principe avesse sottom~sso al cuore la condotta dcll~ operazioni. Acl ogni modo Marchiermcs cadde il 3L ma '·JI 29 il Principe Ruge

niu let•ò l'assedio di Landrecié'S e condusse la sutl bella italiana. cbe era ci!TiL'ota sino Cl lui sana e salua e senza essere riconosciuta dagli assediallli, co11 p,n111 delusio11e di tutta la giot'elltlì a<qgreRala al Jtaresciallo Villm-s. il qutlie ce l'arel'Cl promessa con1e ricompe11sa del11ostro coraggio:·C.'\lll Terzo, Commercy: certo che era speciale ! Si conoscevano da vent'anni ! A\'l'\·ano combauuto insieme a lungo in mezza Europa; era un bravo gencrak e !'r:1 i poch issimi che Eugen io considerava veramente ami<:i, ovv io che lo addolorasse tanto la sua morte. Quarto: veniva suggerito come prova il disinteresse dimostrato dal Principe per le donne a Venezia nel 1687 e a Londra nel 1712 ? ~1a si tralascia\·a di ricordare - o non sì era in grado di ctpìre - che entrambe le occasioni erano sratc assai de licate per motivi politici. '\l'd primo caso :,i doveva firmare la Lega d'Augusta, stabilita in Germania l'anno precedente in funzione amifrancesc: e Venl'zia pullu lava di spie c di nobi li amici della Francia. Eugenio era cugino eli Virrorio Amedeo Il di Sa,·oia .. il quale in quel momcmo era alleato c quasi vassallo eli Luigi XIV. Abb iamo v isto che Vittorio Amedeo ccrca,·a di staccarsi dalla Francia per portare il Ducato in campo alleato e che era pre~cme in incognito a Venezia in quel periodo. Eugenio lo sapeva cd era al corrente delle trattative in corso. Porcva rischiare di compromettere l'adesione della San)ia alla Lega antifrancese per una parola incautamente uscita di bocca durame un incontro galante ? E soprattutto, se lo poteva permettere al principio d'una brillante carriera, col rischio di vcdersela sfumare per un'involontaria indiscrezione ? Ovviamente no; e poiché Eugenio fu sempre p rima un m ilitare. poi un politico e infine un uomo. non c'è da stupirsi della sua "astinenza·· ,·encziana.


271 Stessa storia. anche più delicata. a Londra dalla prima metà eli gennaio alla fine di maggio del 1- 12. F.ugenio clove\·a cercare di com incere il g<werno Tory a riprendere la Guerra eli Successione di Spagna, intrapresa dal caduto governo W hig contro la Francia; e si trattava di riuscire a poter d isporre ancora dell'esercito inglese e degli elevatissimi sussidi finanzìari che la Gran Bretagna annualmente \ ersava alle casse a-.burgiche per continuare la guerra. La tensione fra i due schieramenti poli tici era al mas~imo. la posla in gioco altissima c lui era al centro dell'attenzione el i tu tti. Ogni suo gesto era riportato e commentato. In quella situazione dare la preferenza ad una dama avrebbe implicato una scelta di campo politicamente pericolosa. ·on c'era nobildonna inglese in q uel periodo che non fosse fiera sostenitrice di una delle due fazioni; e proprio un 'inimicizia fra dame aveva determinato il crollo di Marlborough c il cambio di governo. Preferire una \\'hig avrebbe significato dichiar<trsi contro il gon: rno in carica e f~t r f:1llire in partenza la m issione. Accostarsi a una Tory non a\'rebbe portato a null'altro che a perdere le simpatie di cui il Principe già gode,·a nel partito opposto: per non parlare della possibilit:ì d 'ingelosire qualche influeme e potente mariro, od amanre in caric~l. Come a Venezia \ enticinque anni prima, Eugen io a Londra era conscio dell 'esistenza d 'una sotterranea rete di relazioni personali che lo circondava; e sapl'\'a pure che. proprio perché essa esisteva ma lui non la conosce,·a, non pote\·a pre\·edere fin don~ potesse far arriYare la notizia - magari ddormaw per fini politici - di qualsiasi suo gesto o atto. C'è da stupirsi che con tali interessi in gioco non abbia dato occasione a chiacchiere. addiriuura CYitando di ballare nelle feste ? Certamente no. Infine la questione del suo mai a,·,.emno matrimonio. Eugenio era stato sentito dire: ·'Gli amanti so1w nella società ciò cbe ifwwlici so11o Jtella rel(f!,iom!'r.xuu vedendoli quind i come gente che aveva perso il hcn c.lell'inrcl letto. Ma in realtù il discor-.o era complesso cd è difficile da capire .,çnza una spiegazione della mentalit:J c degli usi dell'epoca. A quel tempo non ci si sposava per amore. Un matri monio era un contratto e. più si saliva nella gerarchia socia le, più assumeva le tinte di un'alleanza poli tic<l, di un riconoscin1cnro d'imporranza e di una presa di posizione in un ambito ristretto come era quello di una qualsiasi corte. Q uando Eugenio arri vò a Vienna era u n cadetto, per di più appartenente al ramo cadetto - i Soissons - dei Savoia-Carignano, a loro volta ramo caclcno d'una Casa regnante. si. ma di poca imponant.a c. oltretutto, di I~Hto Ya:,salla della Francia, tradizionale nemica dell'Impero. Era eli ottimo sangue, ma senza un soldo: in q uelle nmdizion i non po t cv~t sposarsi. Quando fu nominato colonnello dei dragoni la questione pote\'a cominciare ad essere presa in considerazione; ma a quel punto, scart~Ha una doppia ipotesi spagnola p rospettatagli da sua madre - quasi sicura ment<.: perché, V itLorio Amedeo, nella sua qualità di capo della Casata. gli aveva negato il pro-


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prio consenso- :,i prospettavano due solu zioni: o sposava una principessa partenente a una Casa regnante, o si accontentava di un 'appartenente alla nobi ltà austriaca. La prima ipotesi non era praticabile per molte ragioni. Intanto la sposa do,·eva essere cattolica, perché i matrimoni iJlterconfessionali allora non erano consentiti; e le spose accertavano eli com·cnirsi alla fede del mariw solo nel caso di nozze con principi ereditari. Eugenio non lo era e quindi doveva limitarsi alle principesse canolichc. ,'vJa qui saltava fuori l'aspetto politico, perché bisognava vedere se e quanto una Casa rede!>Ca cattolica era disposta a imparentarsi con un ramo cadetto di una Casa minore del confine meridionale dell'lmpero. Certamente nessuna delle maggiori, che erano pochissime e p raticamente limitate ai Wittelsbach eli Baviera, tradizionale serbatoio matrimoniale dcglt Asburgo d'Austria . c ad alcuni rami di quella di Sassonia. Poiché tutte le minori mi ravano in alto - c lui in alto non era - a Eugenio sarebbero restati gli scarti - per aspetto, dote, o rilevanza politica, o rutt'e tre e avrebbe fatto un pessimo alTare . lk:.tava la seconda ipotesi: una nobik austriaca; ma era peggio della precedente. A un personaggio del livello di Eugenio si permetteva un matri monio dd genere solo se politicamente c finanziariamente \'antaggio~o. Il caso dei suoi stes~i genitori era csemrlare: si erano srosali perché le sorelle c le cugine di sua madre erano entrate nelle famiglie eli Conti - ramo el i q uella reale francese - di Borbone-Condè - altri principi del sangue - in quella margravialc di Baden, regnante in Germania; in quella d'Este - duchi di Modena - e infine perché sposare una Mancini, o una Martinozzi . aveva significato accostarsi al loro ricchissimo c pOlentissimo zio. all'eminentissimo ministro Mazzarino. Solo per questi motivi un Savoia- per di pi LI non in buonissime condizioni finanziarie- aveva accettato un matrimonio tanto "in basso." Ma, a differenza di suo padre, lui non aveva questa possibilità, perché a Vicnna non c'era nulla di simile a sua madre c alle sue zie. Per di più , anunesso pure che avesse deciso d i sposare una nobildonna austriaca, ammesso pure che il Capo della Casata - il duca Virrorio Amedeo - gliene avesse dato il proprio vincolante permesso (e l'avrebbe fano solo dopo aver valutato attentamente gl i eventual i va ntaggi politici per i Savoia), ammesso infine che ci fosse una delle più importanti famiglie principesche austriache, o boeme, o morave, o ungheresi disposta ad accoglierlo -sempre perché era un cadetto non ricco e con una posizione ancora di basso profilo - gli sarebbe convenuto? Ancora una volta la risposta era negativa. D ata la faziosità della nobiltà di corte viennesc. il suo matrimonio sarebbe stato una scelta eli campo. Lo avrebbe reso, " ipso facto'', alleato de i parenti vicini e lontani di sua moglie e della loro cerchia c nemico dei loro nemici. Se avesse sposato una damigella di una delle più imporrami famiglie d'origine italiana - Gallas, Colloredo, Montecuccoli, Caprara, Piccolomini. Collalto - si sarebbe sicuramente tirato addosso l'm·versione dell'aristocrazia non italiana, che accusava -e non sen%a ragione- gli


L\ CO~Il'ONENTE Dll'LO,\IATI\.A DF.I.L'AZIOKE D'EI JGI'I\10

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Italiani di aver monopolizzato le maggiori cariche dell'esercito dal tempo della Guerra dei Tre nt'Anni ; e la sua carriera ne avrebbe cerrameme sofferto. D'altra parte, se avesse contratto matrimonio in una de lle principali famiglie austriache , o di altre zone elci te rritori asburgici, le cose non sare bbero cambiate. Anche per lui prima o poi sarebbe venuto il mo mento del '·redde rationem, " della prova eli forza. Dai nobili loca li il caso era fronteggiato appunto organizzando opportuni matrimoni fra rami di famig lie diverse, magari, non particolarmente legate fra eli loro, ma il cui braccio poteva influenzare o affievolire le manovre po litiche delle famig lie avversa rie. Contemperando e bilanciando le relazioni e le pare nte le delle famiglie dello sposo e della sposa, si otteneva una rete di salvataggio che impediva o allontanava sgradevoli sorprese nel corso della carriera. Però Eugenio a Vienna non aveva la copern.tra della fami gl ia paterna; e quindi sarebbe stato inglobato in quella dell 'eventuale moglie , con poco o nessun peso, divenendone un semplice strumento esecutivo. Non avrebbe avuto autonomia. In caso di crisi gli sarebbe mancato un sufficiente spazio di manovra e la sua carrie ra ne sarebbe uscita interrotta, o peggio annullata. L'unico precedente assimilabile al suo caso e cronologicamente non troppo lontano, cioè di un cadetto di una Casa regnanle italiana messosi al servizio asburgico c in cerca eli moglie, era stato quello di Anniba le Gonzaga, che nella prima metà del secolo xvn aveva sposato proprio una dama delle medesi ma Casa eli Sassonia-Lauenburg alla quale apparteneva quella proposta a Eugenio nel 1690. Ma in quell'anno a Eugenio la carriera lasciava presagire notevoli sviluppi. Il suo incarico in Itali a richiedeva forti appoggi a Vienna c una Sassonia-Lauenburg francamente sarebbe stata un po' poco, anzi, del tutto insufficiente a ga rantirgli che il Consiglio At1lico non gli facesse strani scherzi coi rinforzi, i rifornimenti e le paghe mentre era a combattere in Piemonte. Negli anni seguenri la siluazione si com plicò sempre di più. Man mano che la sua importanza cresceva, la scelta diveniva politicamente pil:1 d iffi cile e limitata a una cerchia sempre più ristretta. I suoi interessi viennesi sconsigliavano la ricerca di una moglie al di fuori de lla Capitale - in Italia, in Francia o nella stessa German ia - per le negative implicazioni politiche. Ma a Vienna l'aria gli era avversa; c ancora di pitì lo diventò quando, nel corso della Successione Spagnola, raggiunse le massime cariche militari. Alla fine della guerra la scelLa era ormai d ivenuta imrossibile. Eugenio era talmenre in alto - e talmente in rotta con amri settori della nobiltà , tra cui il suo antico e influe ntissimo amico Gu ido Starhemberg e i potentissimi Althann che il minimo passo falso sarebbe stato la tìne. E un matrimonio "in basso" sarebbe stato un terri bile passo falso. Infine c'era un elemento di rilevantissima importanza politica. Quando i suoi genitori si erano sposati, negli anni '50 del secolo precedente , la Casa eli Savoia era di fa tto vassalla di q ue lla di Francia . Il Ducato era sottomesso e stret-


CII'IIAI';I u1 c~,, S.·\\• ~~~

tameme controll ato dalle fortezze di Pinerolo e Casale e un matrimonio d'un cugino con una nipote del primo ministro francese era una buonissima scelt 1 agli occhi d'un vassallo com'era il Duca di Savoia: Carlo Enwnuck: rr non avt'\ ,t potuto non approvare ; e se anche avesse volu to, U suo parere avrebbe contato poco. Ma la situazione del 1713 era radicalmente diversa. La Casa di Savoia et.t ora la Rea] Casa di Sa,·oia, padrona della Sicilia. Fra le circa quattro centinaia dt teMe corona te e potestà varie che affollavano l'Europa, Vitrorio Amedeo Il er:t uno dei soli dieci autorizzati a fregiarsi del titolo di re ed ave,·a raggiunto un 1 posizione politica di rale rilievo da non poter passare sotto silenzio. Per di pill 1 Savoia stavano progressivamente annientando i giù tenui legami coll'Impero nei cui confini rientra\·ano almeno il Principato del Piemonte e il Marchesat11 del Monferrato. Allora, a JXll1e il fatto che non era neanche ipotizzabile la presenza di un Savoia, un appartenente a una Ca:-.a Renlc, al servizio dell 'lmperarore - c si fa ceva un'ovvia eccezione pt·r Eugenio non solo perché la carriera se l'era fatt t da solo, ma perché tuni sapevano che il \'ero padrone dell'Impero era lui - ~l pure Eugenio a vesse deciso di sposarsi. sarebbe stato il capostipite d'una Ca:-.a di S<l\'oia al s<:rvizio dell'Imperatore; c Carlo \'l, teso a riaffcrmarc in tutta l.t sua pienezza b por<:stà imperiale su ll'Italia del nord, avrebbe certamente cerca to di servirsene contro Vittorio Amedeo. ~ientc gli sarebbe stato più facile del l'emanazione d'un decreto col qunle il suo fettdatario Vittorio Amedeo di S:t voia, Principe di Piemonte, Marchese del Monferraro e Vicario Imperiale sut Feudi delle Langhe. veniva privato delle sue caTiche passandole al cugino. il Serenissimo Principe Eugenio, la cui appartenenza alla Casa eli Savoia avrebbe testimoniato la \'olonrà impe1ialc di mantenere la medesima Casa in posses:-.o dci propri Stati, portandola in n:alrà nclk bramose e fameliche braccia clcll'lm pero. Eugenio era cena mente conscio eli 1uno ciò e si rendeva sicuramente conto di due svantaggiose implicazioni: se un l'atto del genere si fosse verilìcato - l' certamente Carlo VI era tipo da farlo verificare, perché quando si trattava di tct ritori da prendere non bada va a nulla - Francia e Inghi lterra si sarebbero mosse in difesa di Vittorio Amedeo e del bilanciamento austro-francese. Sarebbe scoppiata una nuova guerra e, probabilmente, ;Jila fine l'Impero avrebbe perso tutto quel che ;1\·eva preso in Italia. Ma :-.e pure non fosse scoppiata una guerra, Eugenio si .sarebbe dovuto re ca re a Torino per governare il nuovo Stato e la sua assenza da Vienna avreblx· implicato la coagulazione delle forze a lui comrarie presemi a corte, con conseguenze inimmaginahili. Torino gl i sarel)be costata tutto quello che aveva a Vienna e non gli anebbe recato alcun \'antaggio. In questo senso andava ad esempio letto il rifiuto dcll'atlraentissima investitura di Mantova. offertagli da Giuseppe l nel 1709 insieme alla mano della son.:lla, l'arciduchessa 1\ laria Elisabetta. Pure qui esisteva un precedente: quello


dell'arciduchessa l\largherita d'Asburgo, al governo dci Pa~:si Bassi al princtpto del XV Il secolo. Anche allora c'era staw un principe che ;1\ e\·a sposato un'arciduchessa c ottenuto un gm erno - in quel caso per conto degli Asburgo di Spagna - ma poi era divemato, lui come la moglie. poco p itt d'un decorativo fan toccio, pri\'t) eli qualunque effcuh·:• autorità. Euge nio non era disposto ad accettare nulla del gene re; e rifiutando l'un a e l'a ltra , ma soprattutto la prima. era apparso un disinteressato difensore deli'Tm pero, al quale premeva più l'integrità dell'Impero stes"o che il proprio meschino tornaconw. Accettando sarebbe invece stato cosrrcrro a passare tutro il suo tempo a \Janto,·a e a\'rchhc pL·r-.,o posizioni a Vienna. Da capo dell'Impero sarebbe sce::.o a!rintìmo gradino di feudatario provinciale c parente pm·ero della Casa d'Asburgo: il gioco non \ ak,·a la candela. Il matrimonio non ,·ale,·a la candela. F. poi lui ormai aveva toccato i cinquant'anni c forse s i era abituato a srar da solo; c più la politica lo assorbiva e più si allo nranav<1 dal matrimonio. Qua ndo infine la sua posizione fu del rutto inattaccabile. negli anni '20. era talmente in alto che solo k: nozze con una principessa rcak - o imperiale, ma non L:lisabetta. onnai oltre la quarantina.:;• e. guarda caso. mandata a reggere i Paesi I3a~si come l'antenata - :-.a rchbero state degne di lui: ma sussiste\·ano i motivi politici contrari esistenti già una decina d 'anni a\'.mti. Poi lui era troppo vecchio. ~1\·e,·a ormai allacciato la sua relazione con la ,·edova contessa Batthiany - e a \'ienna si sussurrava, nemmeno troppo copertameme, che fosse lui il vero p<tdre dei eli Ici figli - cd era una relazione tanto intensa da fargli ristrutturan..: il proprio castello ungherese di l{achevc per esserle vici no pure qu:mclo ella era in Unghe ria. E così, dolcemente confortato dalla sua più cara c ancora p iacente amica, trascorse i suoi ultimi anni , ·icnnesi andandola a trovare ogni sera - Guerra di Successione Polacca permettendo - c fermandosi a lungo a giocare con lei a cane. Lo fece anche b sera del .W aprile l ~ 36. l'ultima della sua vira teiTena. vita durante la quale ~l\ eva sacrificato la famiglia alla carriera.

~ ~ l~ra l:1 ~ccondogcnira di L<·o po ldo 1: I L~lla L1L'I l 6HO. morì nel 17· 11 .



CAPITOLO XI La fine di due vite parallele: 1730-1736

l) Abdicazione e morte di Vittorio Amedeo

Se il 1730 fu un anno tutto sommato tranquillo in Germania , non si poté dire altrettanto per I'Ttalia. Nel periodo immediatamente successivo alla crisi della Sicilia il potere asburgico non aveva incontrato grandissimi ostacoli, ma con questo non si poteva dire che la sua politica fosse stala accolla bene dovunque, specie in Italia. Al principio del marzo 1730 la salute di Vittorio Amedeo sembrò peggiorare per un attacco di calcoli . Ripresosi, il Re si trovò in un'intricata situazione di isolame nto pol itico. Già in cris i con Roma per le questioni giurisdiziona li del Regno di Sicilia, quando nel 1718 la Spagna aveva assalito ed occupato prima la Sardegna c poi la Sicilia si era trovato davanti acl una vera e propria insurrezione dci nobili del partito filospagnolo, sostenuti dalle gerarchie ecclesiastiche. La gua rnigione sabaucla, inferiore per quasi 3 a l rispetto all 'esercito spagnolo d 'occupazione, aveva rello il pi·LI possibile, conse1va ndo almeno Siracusa fino all'a rrivo degli Imperiali , ma il loro inte1vento contro la Spagna e l'avversione del nuovo governo Whig c.:l' lnghi lrerra contro tutto ciò che i To ries avevano fatto - inclusa la cessione dell a Sicilia ai Savoia col tra ttato di Utrccht - avevano imposto a Vittorio Amedeo lo scambio dell'isola e della s ua corona col Regno di Sardegna, acquisito veramente solo nel 1720. Il trasferimento dalla Sicilia alla Sardegna non aveva migliorato le cose col Varicano, perché le contese giurisdizionali in materia ecclesiastica si e rano semplice me nte spostate dal triangolo Palermo-Torino-Roma a quello Cagliari-Torino-Roma. Nel fratte mpo Vittorio Amedeo era riuscito a rinfo rzare definri vemente la struttura politico-militare degli Stati sabaudi. Aveva irreggimentato la vecchia nobi ltà savoiarda e pie montese in un rigido sistema di carriere, per cui il nobile doveva se1v irlo sia in pace sia in guerra , ramo nell'esercito quanto a corre o nella diplomazia. Non sfuggiva al Re nemmeno il pil! piccolo patticolarc, non il rninjmo pettegolezzo di quamo accadeva nelle famiglie aristocrariche . Il controllo era tanto capillare da far esclamare a Monresqu ie u che, dopo averlo visto, preferiva di gran lunga vivere da sconosciuto negli Stati di un grande sovrano anziché c.Ia persona importante in quel li di un sovrano minore.


278 Quelli di \ 'inorio Amedeo non erano però clt>i timori del tutto infondati. Il pericolo di adesioni dc i nobili alle cause delle grandi case regnanti vicine con tinu;wa ad esistere. Durante la Cuerra di Successione Spagnola, nel periodo piu pericoloso dell'assedio di Torino. lo spionaggio a fan>re dci Francesi era stato praricaro su larga scala e b fed<:l tà alla Casa eli Savoia era stata molto meno gl' neralizzata ed assoluta di quanto la '>Ucccssiva sroriografia piemontese a' rebl w avtllo il coraggio d'ammettere. Quando \ 'ittorio ,\mcdeo finalmente era uscito da tulle le compl icazion i eli carattere bellico che lo avevano \'isto coinvolto fino al 1720. si era trm·ato a fronteggiare una notevole carenza di contanti c contempo raneamente a poter risokerc una ,·olta per tutte la questione della fedeltà delLtristonazi.t Il primo alto di quesra doppia soluzione era consistito ne ll'ordinare ai nohilì di presentare le pron.' delle infeuclazioni di cui erano titolari. Chi non fos..,v stato in grado di d imostrare. carte alla mano, da chi. quando e come la . . u.t famiglia era srato nominata titolare d'un feudo, avrebbe dovuto rcndl'rlo :Il propr ietario. cio(· al sovrano. La massa di feudi - c dei connessi titoli nobiliari - resisi disponibili con questo sistema venne messa in vendita. Chi aveva denaro sufficiente, polt>\'a comprare terra c titolo e goderne tutti i , ·antaggi. In un colpo solo nel 1723 la vecchia nobiltà vide diminuire la propria forza l'd importanza e fu costrena ad appoggiarsi più eli prima, come mai in passa to. alla Casa Reale; la nuova nobiltà. nata dall'acqui'>to dci feudi c for mata da ricchi borghesi eli estrazione mercantile, agraria e forense. a sua ,·ol la si dové appoggiare alla Casa Reale per esserne legittimata di fronte all .t vecchia. da cui veniva sprczza nternente indicata come "la nobi lt<Ì del 1725." Entrambe quindi ebbero come punto di riferimento il Re, il quale oltretutto si trovava in una posizione eli magg ior forza rispcHo al pa<>sato. sia perché le due fazioni erano più impegnate a guardarsi in cagnesco che a g uardare verso la francia o l'Impero, sia perché entrambe ~i erano impm erill', o per l.t perdita o per l'acqu isro elci fe ud i , sia pe rchC· lo ~lato- d unque la Casa Reale - aveva gudagnato somme enormi dalla 'cndiw dei medesimi feudi, cioe da ll'i mpoverimento del la vecchia e della nuova nobi ltà. sia infine perché la debolezza del ceto nobiliare ,·ecchio c nuovo semplificava moltissimo il controll o sulle sue auività. Così , a parrire dal 172j, raristocrazia degli Slllti sabaudi era divcnut~• uno dei due pi lastri del potere dei Savoia. L'altro pibstro, anch'esso strettamente conrrollmo da l Sovrano ed intimamente legato all a nobiltà, era l'esercito, la cui gerarchia era composta da uomini che erano nobili di famiglia, uffici:1li per gra zia sovrana c che. col passar del tempo. se dimostravano la loro assolutà affida bilità. la loro incondizionata fedelt~t ed ubbidienza, poteva no essere pre m i~n i venendo nom inati dal lk generali. d iplomatici o funzionari dei lh·elli più alti. Il problema della saldezza clelia classe d irigen te era risolw nel modo migliore. ma sistemato l'asserto politico. militare ed amministrarin>, resta,·a da risolvere il contenzioso giurisdizio nale in materia eccles iasri<.:<J in piedi dal J 715.


!.A FINE D I lllW \ l'il' I'AilNJJir: 17:$0- 17:$6

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Si è detto quanto le posi?.ioni di Roma e Torino fossero distanti. Per alleggerire la tensione, Vittorio Amedeo aveva pensato di ricorTe re a l vecchio trucco d'intimare a i Valdesi la conversione al Cattolicesimo. spera ndo di rabbonire il Papa. Invece non solo non vi era riuscito; ma addirittura aveva ricevuto da Prussia, O landa e Cantoni Svizzeri la richiesta di lasciare tranquilli gli e retici. A questa no ia nel 1730 se ne aggiunse una molto più grave: quella della prossima successione d i Parma. TI duca Antonio Farnese non aveva figli, a meno c he la moglie, che si dich ia rava incinta, no n rarto risse un maschio; e la legittima crede era qui11di Elisabetta. Regina di Spagna. Ma in g razia delle trattative scaturite dalla crisi del 1718, le Potenze avevano deciso di fa r salire sul trono parmense, e su q uello toscano dopo l'estinzione dci Medici, il d i lei primogenito don Carlos di Borbone. L'attività diplomatica era proseguita alacremente fin o a sfociare nella firma del Tratta to di Siviglia del 9 novembre 1729. Erano sorte però delle forti d ive rgenze fra l'Austria, che non aveva aderito, ed i contraenti. Non si e ra trovata una soluzio ne in tempi b revi e Carlo Vl aveva cominciato a incrementare le proprie guarnigioni italiane. Gli Alleati risposero annunciando l'arrivo in Italia eli una 11otta di 60 navi da guerra e 100 trasporti con un corpo eli spedizione di 40.000 uomini, mentre il Re di Francia d ichiarava di esser pronto a s pedire due eserciti, s ulla Mosella c verso Milano, per sostene re don Carlos. La situazio ne cominciò a peggiorare nel marzo del l730, quando le trurre imperia li inizia rono a scendere in Italia. ln maggio erano già 30.000 ed e ntro settembre sarebbero ascese a 60.000 fant i e 20 .000 cavalieri. Davanti a tale spieg::tmento di forze gli StaLi ital iani rimasero incerti. Venezia si dichia rò nuovamente neutrale; ma arruolò tre nuovi Reggimenti nelle Isole Ionie e fece rie ntmrc da Levante c Dalmaz.ia buona pa rte delle sue truppe, spcde ndole aJJe frontiere col Milanese e con Mantova . TI G randuca di Toscana, che avev<l permesso agli Spagnoli d i e ntrare nei suoi Stati, dovette consenlire agli Impe ria li il passaggio attraverso Pontre mo li e la Lunigiana , del che profittaro no gli Austriaci pe r mandare 2.000 uo mini a Massa, o bbligando la Repubblica d i Lucca a pagarne il mantenimento. Come al solito i Savoia ve nivano corteggiati grazie al loro esercito. Non sap e ndo bene come regolarsi c volendo ma nte ne re la maggior libertà di manovra possibile, Vitto rio Amedeo decise di tenere il piede in e ntrambe le staffe. Si dichia rò ufficia lme nte neutrale; ma in segreto firmò due contrastanti trattati d'alleanza. TI primo gli fu rroposlo dall'Imperatore: se avesse fo rnito 8.000 fanti e 4.000 caval ie ri contro gli Sragnoli, Carlo Vl l'avre bbe nominato governa tore perpetuo del Milanese e g li avrebbe versato subito 300.000 scudi pe r le s r ese di mobilitJzione. Vitto rio Amedeo, in q uel momento re lativamente a corto di forze perché aveva spedito pa recchi reggime nti a presidiare la Sardegna per proleggerla dalle incursioni dc i pira ti barbareschi. accettò, firmò segretamente nel giugno de l 1730 ed incassò la cifra pamr ita. Secondo J{adicali di Passerano, intanto era arrivato in incognito a Torino don Be rna rdo d 'Espolella. ambasciatore di Spagna a Ge nova e, ignorando


280 quanto era già successo. aveva proposto al Re un'altra alleanza. Il Re Canolicc c quindi gli Alleati, per i quali garantiva l'incaricato d'affari di Francia Blonclel. gli avrebbero dato ovara, Pavia e una larga fetta dell 'Oitreticino in cambio della sua accessione al Tranato di Siviglia. Viuorio Amedeo decise che la proposta era buona, forse anche migliore di quella imperiale, e accettò. Non sembravano esserci rischi, anche perché la situazione generale si anelava complicando sempre piC1. Ma le truppe austriache aumentavano a vista d'occhio; e k intenzioni bellicose degli Alleati non sembra' ano sufficienti a banerlc. Proprio in giugno !"Impero chiese al Papa eli consentire l'entrata e l'acquartieramento di 6.000 uomini tra il 13olognesc e la frontiera con ·apuli. A Carrara c'erano S.OOo austriaci, 2.000 stazionavano a Massa c ce ne stavano arrivando altri 3.000. 3.000 '>i trova,·a no in Lunigiana c qualche migl iaio nelle zone adiacenti. Scimil,t erano infìne di riserva. Il nuovo Papa, Clemenne Xll pensò che fosse meglio acconsentire; e le truppe imperiali entrarono nello Stato Ecclesiastico. In questa convulsa successione di awcnimcmi Vittorio Amedeo si trovò im provvisamente spiazzato perché qualcosa trapelò a Vienna. Carlo VI chie:-.e spiegazioni; Vittorio Amedeo gliele fornì, ma seppe dal suo ambasciatore ,t Viennn che l'Austria sembrava prcparar~i ad un accomodamento cogli a\'\ crsari cd all'acce~sionc al Trattato di Siviglia. Hendcndosi conto che ~e le due pani s1 fossero accordate sarebbe venuta a galla la sua doppia al leanza, decise che l"unica cosa da fare era ~comparire. Per questo, e non per stanche7.za o per ragioni di salute come si disse allora e in seguito, decise eli lasciare il trono. In agosto sposò una sua vecchia fiamma, la vedova contessa di San Sebastiano. Da Ici aveva avuto un figlio, che ora, col cognome del padre legale. Navarina eli San Scbasriano, era ufficiale nel reggimento delle Guardie. Poi, il 3 settembre, Vittorio annunciò di abdicare in favore dell'crede al trono, Carlo Emanuele e si ritirò a Chamhéry. ordinando che lo si tenesse settimanalmente al corrente degli atTa ri di Stato. Prima di partire disse all"ambasciarore austriaco eli riferire a Eugenio: .... . cbC'

/bo sempre amato e stimato. che lo prego di compatirmi dove debbo essere compatilo e di renderrni giustizia, dol'e la merito. Gli raccomando mio .fìglio; si ricordi che siamo tuili dello stesso san,f5ue."C:XLI\ Ma nel settembre 17.31 tentò di riprendere il potere, minacciò d'appellarsi all'Imperatore e, davanti al pericolo d 'un 'interferenza asburgica negli affari del Regno, rer o rdine di Carlo Emanuele 111 venne arrestato da 20 ufficiali ed un distaccamento di dragoni, appositamente mandati a Moncalieri c rinforzati da una guardia di 600 fanti il cui comandante ;wc,·a l'ordine eli guardare Vittorio A mcdeo a vista. Subito si diramò la versione ufficiale: Vittorio Amedeo era impazzito: ma la colpa del tentativo di riprendere il trono era della moglie che voleva essere regina a rutti i costi, non sua. Del resto lui stava male già da tempo, lo stesso inviato francese. Blondcl, poteva tcstimoniarlo, r erché proprio da Vittorio Amedeo l'aveva sa puto.


281 Questa ,·ersione, dinllgata immediatamente in tuue le coni europee. trovò credito sia perché era ovvio che l'Armata Sarda era pronta a ~ostcnerla contro chiunqut: avesse passato il confine per controllarla. ~ia perché la questione di Parma non era ancora chiusa c nessuno aveva interesse ad alienarsi le truppe di Carlo Emanuele 111 per così poco. Carlo V I pens<'> di barattare il riconoscimento austriaco della nuova situazione con quello della Pragmatica Sanzione da pane di Carlo Emanuele 1l! e inviò al ~uo residente a Torino istruzioni in merito. \lon :-.c ne fece nulla. Allora Eugenio si prestò a sondare il terreno e chiese maggiori informazioni su quanto cm accaduto a suo cugino. Si trattant dei suoi parenti c non c'era niente di Mrano, ma tron) un muro davanti a sé. Il giorno di arale del 1731 gli rbpo~e infatti l'inviato imperiale a Torino: "Non ho potuto rispo11dere alla /el/era che VA.S. m'bCI fallo l'onore di scl'irermi il 5 del corre111e pri111a d'aver auuto l/Il colloquio col ministro sugli tll't'isi cbe Lei s'è degnato di dw'llli sullc1 materia cbe ril!,utmla f'acmn i mento l'er{/ìca tosi .fm i due Re e su i d([Jèrent i ra{~ionamenli cbe si sol/o te11uti /asstì (cioè a Vienna) come sui disegni delle Due Coro11e di

riwu:ia e di Spagna di immischiarsi per riconciliare iljwdre e il jìglio. Egli m ·ba assicurato cbe questa Cm1e 11011 ascolterebbe mai alcww proposizione e che io potew assicurare S ..\ l./. e l ·.A.S. che era gicì pro111a la risposta per loro. la quale potrebbe ben es..'iere presse~ppoco simile a quella che si è data a Blo11de/. Quel!,li. qumtdo è n'tornato da fJarip,i, mlel'a comi11ciare a parlare di quesl'ajjétre; il Marchese d'Ormea gli ha domandato se il Re \'il/orio era stato arrestato al di ltì di Pont de Beauuoisin (che era la località d i confine tra francia c Sardegna in Savoia), al cbe lui ba risposto di I LO; e quello ba pmset~,uilo dicendo cbe, se è s tato arrestato nello Stato di Piemonte, 11011 si delle renclerne conto a nessu llo.'·c:XL\' \ 'itlorio Amedeo morì prigioniero nel castello di l~i\'(>li all'età di 66 anni il 31 ottobre l ì32. Sorto di lui il Piemonre <l\'C\'a riguadagnato la propria indipendenza. allargato i suoi confini e ~i era inserito nel gruppo delle Potenze" 2 di rilievo. Grazie a lui la dinastia a,·e,·a mosso i primi fondamentali passi che l'avrebbero portata, per accrescere il proprio porere, ad unificare l'Italia, ed il prossimo dci qual i doveva <.:ssere, appena possibi le, l'acquisizione del Ducato d i M ilano. La crisi d inastica sabauda sl:guì c quasi coincise colla soluzione della succes~ionc eli Parma, che conscnlì a don Carlos d'insediarsi sul trono parmen~e. lo a\ rehhc conservato fino al 173-1, quando la successione di Polonia gli a,·rehbc donato una corona reale a "Pe~e degli Asburgo.

'~l " i rkord<l d1e il !ermine "l'olo.:nt.l , .1 pplicno ;~d uno Sia! o, non llldll.l una 'lla particolare impor!:Jil/.a o fm~a. 111<1 'olo la sua pien~1 cap.1ci!.Ì di o.:nun.m: leggi. aven: un:1 poli ! it'.1 o.:Mo.: 1.1 autonoma. propria 11l<l11l'l:l e foi'Zl' arma le


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II) L'ultima guerra e l'~ùlievo migliore: Eugenio e Federico, 1733-36 La successione al trono di Polonia , apertasi nel febbraio 17:$3. si pre!->cnt<'J !->Ubito come una questione complic:Ha. Uffkialmcnte la Polonia era una Hepubblica. a capo clcUa quale si tr<)\'a\ a un re eletto dai nobili. 1\la poiché non cli'>poncva d'un esercito che gli pcrmett<.:sse d 'imporsi all 'a ristocrazia. era total mente privo d 'autorità: e le grand i l'amiglie decide\ ano la dta del Paese secondo il proprio tornaconto. La situazione era favorevole alle Potenze confinanti, Prussia, Hussia ed Ausrri,t che. sostenendo le proprie fazioni in quella nobiltà. evit<l\'ano qualsiasi preoccu pazione eli sicurezza lungo i confini polacchi. Per questo motivo le tre Naziom appoggim·ano la candidatura di Augusto di Sassonia. figlio del defunto Re. J\Ja rroprio ch1 quL' ...,to sorgev<lno 1<: comp licazioni. Era infmti ancor~t vivo Stanislao Lcszczynski, che aveva perso la corona dopo la '>C<mfiua dd suo protettore Carlo XTJ di Svezia c che, grazie al matrimonio della prorria figlia Maria con Luigi XV. aspirava a tornare sul trono coll'appoggio francese. Il primo ministro del Cristianissimo. il cardinal Flcury. spinto dai tanti cortigiani desiderosi di rivedere l'inf1uenza francesL' affacciarsi sul Baltico, eli ritrO\ are un alleato che minacciasse rTmpero <.la nord, e convinti eh<.: l'elezione ciel principe eknore Augusto di Sassonia sarebbe '>lata un oltraggio al pn..·stigio della monarchia borbonica, decise di appoggiare pienamente Leszczynski. La parte francofila del patriziato polacco fu mossa ed adeguatamente '>0\'venzionata. cosicché, in quello stesso anno. l'ex-Re fu rieletto dalla maggioran7.a dell 'aristocrazia. \'ienna e San Pietrohurgo si armarono. Immediatamente entrò in scena l'esercito russo e, sorto la sua protezione, un p iccolo gruppo di nobili proclamò a :-.ua volta re Augu:-.to rn di Sassonia. La questione. in sé c per sé. non sarchhe stata tanto grave da costituire un casus belli se non si fosse inserita in un complicato intreccio eli opposti imeres si, che avevano in comune una sola cosa: potevano esse re risolti a spese della Casa d'Asburgo. Jn primo luogo la Franci~1, oltre alle pretese dinastiche per il proprio candidato. mirava ad eliminare la preponderante prcsen7.a austriaca in Italia; e il minbtro francese Cha uvclin aveva elaborato un p iano politico che, se eseguito a dovere. avrebbe liberato l'Italia dall'inlluenza direttamente esercitatavi dall'Austria, sostitucnclola con quella francese, indiretta, ma più pesante c completa. OccoiTe\·a una guerra: e que!->to signifiGt\'a trovare alleati per vinccrla. Dovendo combattere in Italia, il primo da nccatrivarsi era il Re di Sardegna. padrone incontrastato elci pa:-.si alpini. Carlo Emanuele 111 va lutò la :,ituazìone. L'appoggio che la Francia o ffriva avrebbe portato a disporre eli una potenza militare almeno pari a quella au'>triaca: c dunque era il caso di approfiuarc dell'occasione per ridurre o, magari, eliminare la presenza asburgica che si frappone,·a fra i Savoia c il dominio sull'T-


28.3 talia. Somn1ando poi a ciò la promc~sa di rice,·ere i Ducati eli l\lilano. sicuramente, e di Mantova. probabi lmente, divenendo così il padrone dell'Italia Settentrionale, Ca rlo Emanuek TTI d ecise che il g ioco valeva la candela ed accertò l'alleanza. l'n altro alleato che non ~i fccl.' pregare ad entrare in guerra contro l'Austria fu la Spagna. Qui gli interessi erano diffen..·nri e. per molti ,·er:-.i. potevano entrare in collisione con quelli sardi e francesi. t\on contentandosi di quanto aveva gi~1 f;Hto per don Carlos, la Hegina eli Spagna mirava a tenere Par111a e Piacenza , acquisire definitivamente la Toscana, formalmente ottenuta col Trauato di Siviglia e da due anni presidiata da (>.000 spagnoli. prendere .\Iantova c J\ l ilano e recuperare sia ~a­ poli che la Sicilia. Chiaramente la prima cosa da fan..' era eliminare gli Austriaci. Il fallimento anuo nd 1718 a\'e\·a fatto comprendere che. senza almeno un appoggio francese, ogni iniziativa in lta li;l era destinata :di'insuccesso. Per questo motivo la Spagna, o meglio. la regina di Spagna, cobl' al volo l'occasione che si presentava cci cnn·<'> a far parte dell'alleanza contro Vicnna. La Prussia , per so:-.tcncre i propri interessi, si alleò coll'Austria; e cominciò la guerra. TI problema principale che ..,j pone,·a al cardinal Flellly con~isH?\ ·a nel condurre il conflitlo senza perderlo. ma e,·itando anche eli provocare, con una vittoria ccccssivam<: ntc rilevante, l'intervento ingl<:se contro la Francia. a salvaguardia della ·· t ~alance of Pmvers ... In primo luogo, seguendo il solito piano strategico francese giù stroncato a Blenheim e Torino, la guerra fu combattuta nei territori dell'Impero più vicini alla Francia. cio(· Italia e Germania. Poi Fleury riuscì a garantirsi almeno la neutralità dell'Elettore el i Baviera, scaricandosi di parte del peso del conniuo in Ge rmania. La crisi no n era del tutto inmtes;l. Le sciabole ;tvcvano cominciato a tintinnare a V icnna e ndk altre capitali con un largo anticipo rispetto al principio delle ostilità, ma tulti a,·cvano creduto che sarebbe stata tro\'ata una soluzione negozia le Tn particolare alla H ofburg si era così poco preoccupati , che Eugenio era andato a passa re qualche settimana alla Schlosshof. Quando tornò a Vienna seppe dello scopp io della gue tT~l c si preoccupò anche meno. Nelle sedute elci consiglio era stato uno dei fautori cl'una politica di forza e la guerra non lo spaventava. Purtroppo l'età gli m·c,·a giocato un bruno scherzo. l\on <l\'e\'a per~o nulla della sua brillante intelligenza. ma la vecchiaia e la cattiva salute gli a' cvano impedito d 'ispe; ionare le truppe con la frequcnz<~ desiderabile. Aveva corn lxmuro molti abusi. a cominciare da Il a vendita elc i brevetti da ufficiale. e aveva ce rcato di mantenere l'esercito a li velli di efficienza l.' eli numero soddisfacenTi: ma. appunto, l'et:J gli a\'eva impedito d i controllare l'esecuzione dei suoi ordini, per cui soltanto il suo Reggimento era perfettamente a posto.


284 D al punto di vista numerico, poi, la situazione non er..t ottima. :'-iel 17 27 Eugenio era riuscito a riportare l'esercito da 146.000 a 180.000 uomini, ma proprio l'anno prim~l. nel 1732. aveva dovuto accertare che l'Imperatore. per ragioni di bilancio effettuasse una drastica riduzione di oltre .... 0.000 uomini e non ne era stato contento. Secondo Eugenio un fone esercito era l'unica garanzia di 'eder felicemente realizzata la Prammatica Sanzione a cui Carlo VI t<:neva tanto e inoltre cono.;entiva di risoh ere parecchie altre situazioni spinose, come quella che si sra,·a presentando. Come al tempo della Successione Spagnola, era necessario garantirsi l'appoggio dei Principi dell'Impero, ma i risultati furono piuttosto deludenti. Faticosamente si riuscì a con\'incere il Re d'Jnghiltena a panecipare al conOitto nelb sua qualità d 'elettore d'!Iannover, menrrc il re di Danimarca consentiva a mandare 6.000 soldati c quello eli Prussia Federico Guglielmo T :,i facc\'a pregarL. Solo le insistenti manovre clell 'ambasci;Horc asburgico a Berlino, Seckendnrfl. alla fine lo con\'insero a concedere 10.000 uomini all'armaLa dell'Impero. ln vcce non ci fu nulla da fare col Pabtinato, Colonia e la Baviera. L'Ek'ttore Palatino scelse la neutralitù; T Wittclsbach si dimostrarono decisamente o-.tilt Avevano un vecchio conto, aperto dal 1702, cogli Asburgo e, se dovevano col lahorare militarmente, preferivano farlo coi Francesi. Per il momento però stavano fermi c buoni in arresa degli evenri, ma la loro era una neutralità minacciosamente fragile. Il 13 marzo 173·1 Carlo VJ dichiarò ufficialmente la guerra: " Il Re di Francia.

e il Re di Sardep,11a corne Duca di 5'auoia. coi loro Aderenti. Generali, Soldati Sudditi, e V'assalii dol'ramw essere tenuti per nemici di Sua 1llaestà lmperiole, e del Sacro Romano lmperio."C>a.VI Il piano francese era esattamente lo Messo della precedentt: guerra: avanza la parallela eli due annate

in Ita lia setrentrio nak e Germania cent rale. loro unione in Tirolo e marcia su Vienna. Stavolta Eugenio preferì assumere il comando in Germania. a!Tidando quello in ftalia a Mercy, che oltre a essere l'unico generale restato in servizio di cui si fidasse, era pure l'ultimo de l gruppo di giovani con cui aveva cominciato b carriera delle armi davanti a \ 'ienna nel 1683, cinquant'anni prima: un altro secolo, un altro mondo, un'altra vita. Il Principe lasciò la capitale il l'i aprile 173 l, c assun!>e il comando dei circa 60.000 imperiali che clov<.:vano difendere la G<.:rmania. ··il comando di essi

tocccu •a a tu/lo huon diritto al principe Eugenio. a quel l'ecchio nemico della Francia e di Luip,i XIV che 11011 apparte11eva già pi1ì come Villars, a q11ella tattica n uol'a che Belle-fs/e dovea far salire a tal/IO onore... cll'ea a che fare col maresciallo Bencick prode senza duhhio, ma strategico di seco11d 'ordine ... e con lutto ciò il Principe Eugenio nulla operò di grande e di ardimentoso in questa campagna: stelle quasi sempre sulle difese; ma egli era invecchia lo ... de!Jole partigiano della guerra presente. Huge11io la l{llerrep,p,icll'a a malincuore. la


285 quale disposiz ione d 'a nimo contril?lliua a ralle111are /'an dcunento de!ICJ sue operazio n i."CXLvli Questo è uno dci rami giudizi che. sotto,·occ gi:ì in quegli anni e pubblicamente in quelli seguenti, parecchi incompetenti emisero con sicurezza . Le cose invece era no assai diverse da come apparivano. Al 26 aprile Eugenio aveva a d isposizione solo circa la metà degli effettivi previsti, perché i contingenti imperiali non erano ancora arrivati, né sarebbero giunti prima di giugno, e la siLuazione non era per nienLe facile da affrontare. I Francesi erano gW in zona d'operazioni e ;n·evano compiuto le loro solite mosse. Una guerra conlro la Germania cominciava regolarmente cogli assedi di Kehl e Philippsburg. Volendo. se si avevano uomini e fantasia. ci si poteva occupare anche di Spira. ,\1agonza, Alr e Neu Brcisach e Landau: ma Kehl c Philippsburg erano dei punti obbligati. Per questo, tanto per cambiare, l'esercito francese, comandato da Her\Yick. aveva preso Kch l nell 'a utunno del 1733 c ora da l principio d i marzo, impadronitosi d i Spira - ovviamente - doveva andare ad assediare Phi lippsburg, nella sorpresa generale: chi se lo sarebbe mai aspcrtato ? Un secondo corpo di lt.OOO uomini si era allargato verso Tre,·iri e, di passaggio, aveva preso Traerhach sperimemando contro di essa con successo un nuovo tipo di bomba. TI Lerzo c ultimo corpo dell'esercito francese, agli ordini del duca de oailles, era dalle parti di Kai~crslaULern e Sta\ 'a marciando p er riunirsi a quello di Berwick. Il 2 rnaggio Bcrw ick fece passa re il Reno al grosso clcllc sue truppe dalle parti eli Fort Louis c il 4 forzò le linee di Esslingen . Erano presidiate da circa 12.000 imperiali forniti dai circol i della Svevia c della f'ranconia e ·:Jìt da tutti

lodata i11 quella occasione la helfa ritirata cbe fece fa re a quelle truppe il Prillcipe Eup,e11io di SalJoia."tXL\'111 Senza i rinforzi imperiali c coi 13avarcsi reca lcitranti alle .spalle, pronti a buttarsi in guerra dalla parte elci Francesi , Eugenio non era tanto pazzo da rischiare una bauaglia campale in condizioni d'infcrioriLà numerica così marcata. La sua armata era turta la rroLezionc di cui disponc,·a l'Impero c, in quel momento, era di 1 a 2 inferiore a quella nemica. Se fosse stato sconfitto avrebbe aperto a Berwick la via di Yicnna. Le cose andavano già abbastanza ma le in Ita lia, dove Carlo Emanuele I I I aveva preso tutta la Lomba rdia, e non era il caso di farle andare peggio con uno scacco in Germania. Per questo Eugenio l'l l maggio si accampc'> a Hcilbronn e, illustrata la sua opinione ai genera li e ricevutonc pieno assenso ed appoggio, si dispose a Lemporeggia re. Conrcmporaneamcme tenev<:l d 'occhio l'Eletto re di Baviera che, se ::\\·eva trovato mille pretesti per non dare un .solo soldato all'es<.·rcito imperiale, ne aveva per<) arruolati ben 20.000 per il proprio L' si faceva sempre pill minaccioso.


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Berwick sapeva con che razza di vecchia volpe aveva a che fare e. vista 1.1 forza della posizione di Heilbronn, tentò tutti i mm imenti possibili per indurn.. Eugenio a !asciarla. 1'\on ci riuscì e, poiché g li premeva di più garantirsi con1 pletamente la riva destra del Reno. decise di O<:cuparsi a fondo eli Philippsbur).. L"investimento incominciò il 2-+ c fu una sorpresa. Come abbiamo dettll, non era che nessuno se lo aspeltasse, al contrario, ma era ottimo il sistema di circon\'allazionc e conrrm·allazione adoperato dai Francesi. Il 26 gli approet 1 erano molto avanzali e, d i lì a poco, b loro <!rliglieria allineò 140 pezzi comin ciancio a bombardare la ciuà. La trincea fu aperta la none ciel 1° giugno. l lavori proseguirono sen;..:a esst rt• disturbati da Eugenio, ma venendo contraswti ferocemente dalle artiglicm clelia piazza. che la mattina del J 2. con un colpo fom.111ato, uccisero Be•wil J,. mentre stava osserva ndo il punto che in tendeva f~t r attaccare. Il l i giugno Eugenio si mise in mm imento con tutta l'Armata c si -,postù 1 Bruchsal. l francesi si preoccuparono moltissimo e pensarono che ackliritlu ra ,·olesse passare il Reno e fare chi'>sà cosa, ma non ne a\'e\·ano ragione. percht il Principe restò tranquillo a guardarli. Secondo il suo architetto ed ingegncrt militare l.ucas von l lildebranclr , era disorientato dal sistema eli fortiikazionL campale adottato dai francesi e per questo non li attaccava, pur <1\·endo riCC\ uto i rinforzi auesi. A nche dn queste parole nacque un equivoco, che fu intcr prerato come una prO\·a dello scadimento intellcnuale del Principe. "'la le co..,t non stavano così. Effettivamente lo stesso Eugen io. dopo ave ri i riconosciull . aveva detto che non aveva mai \'isto nu lla eli simile a quei trinceramenti, non perché fossero panicolarmente strani, ma perché erano fo11issimi e gli sarebht· ro costati un elevato numero eli perdite. Quindi non attaccava non per incapa cità personale. ma perché le considerazioni straregiche giù esposte erano pìu che mai valide c, specie all a luce delle notizie provenienti dalla Baviera. non era proprio il caso di rischiare i pochi soldati disponibili. li 6 lugl io giunse al quanier genera le imperiale il Principe ereditario di Pru~ sia. Il futuro Federico il Grande doveva seguire attentamente le operazioni, ag gregato allo Stato Maggiore d'Eugenio, in modo da impara re l'arte della guerra in ogni suo particolare. Eugenio lo ricevé con molte attcn;..:ioni. La Prussia era uno Stato potenzialmente pericoloso per la Casa d'Austria ed era meglio mant<.'nerc i buoni rapporti esistenti. Comunque l'attcggiamcnro del giovane Principe lo colpì. Vide in lui elci caraneri ben precisi: '"lutto in mi I'Ìl'ela cbe sarete 1111 Riorno 1m grande ccmdottiero··C:VJ.J'\ gli disse. Federico se ne ricordò e, molti anni dopo, durante la Guerra dei Selle Anni. raccontò di aver appreso da Eugenio tuuo quello che sapeva e, in particolare, la necessit{l d'aver sempre ben presen t<.: il tullo per poter analizzare il pa rticolare ... Volete sapere cosa c ·era di sillROiare

nel Principe t:up,enio? Po:·,-·sedet·a una straordi11mia l'isione Rlobale. in guerra col/W in politica, che p,li consentiva di utilizzare le proprie superiori capacità in parte per uoiRere il corso depJi cu•t•enimellli a s11o cantaggio. ili parte per rimediore agli errori commessi, 11isto che anche i p,ra11di uomini shap,/iano."c:t


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Il 1H luglio, non soccorsa da Eugenio, sempre fermo a \XIiesenthal, Philippsburg capitolò. In Germania '>i gridò allo scandalo: il Principe non m eva sbloccato la fortezza ! Che ne era del brillarne condottiero di Torino ? Il b rillante condottiero levò le tende il 20 c tornò a Bruchsal, pago d'aver tenuto fermi i Francesi per metà dell'estate e pronro a r:1llcntare le loro prossime mo~se. Adesso, assicuratisi il Reno, i Francesi avrebbero dovuto continuare la loro avanzata nel cuore clelia Germania, arrivando possibilmenle al confine bavarese. Qui Eugenio manovrò da maestro. li 4 si spostò fra l\1annheim e Heidelbcrg e staccò \'Crso ~ l agonza 2.000 Ca\'alieri, in modo da impedire ai Francesi di assalirla La noue da l 12 al 13 agosto loro si mossero c marciarono verso Worms. Eugenio li seguì da ,·icino e finì per accamparsi Ira Heidelhcrg e )Jekcrhausen il 27 agosto. Si tenc\ a tanto ' ici no che i Francesi non ebbero il coraggio di intraprendere l'ipmiaato assedio el i I.andau c, dopo qualche altra giravolta, passa rono ai quartieri invernali nd mese di settembre. Lui li imitò c in oltobre partì per Ulma. da dm·e proseguì via fiume fino a Vienna. Se aveva salvato la sirua?:ione in (~ermania, non era anelata alrrcnanto bem: in Italia, dove la partita si era giocata ancora più su l serio Grazie soprattu llo a Carlo Emanuele Ili di Savoia, alla fine della campagna del l 73-+ la presenza militare a'>hurgica in Italia si riduce\'a a poche piauc siciliane. che sarebbero cadute nel giro di s<.:i mesi, ai Prcsidii, :.tl Trcntino c a Man10va bloccata. Per fortuna almeno l'inverno fu tranquillo, mentre non si poté dire lo stesso della Gcr mania, dove la catth·a stagione passò Ira le scorrerie clcllc due parti. Comunqu<: per Vienna I'an·enimento di maggiore importan?:a fu, il 12 febbraio 1735. il matrimon io della primogenita di Carlo VI. i\11aria Teresa, col duca francesco Stefano di Lorena. Eugenio assist(· alla cerimonia, che nelle intenzioni dell'Imperatore dove,·a assicurare un quieto trapasso dei poteri alla sua mottc e che. invece, awcbbe scarenato. eU lì a neanche sl..'i anni, una nuova e sanguinosa guerra di successione. Il l 1 maggio Eugenio era di nuO\'O ad Hcilbronn per la campagna del 1735. L'esercito imperiale era accampato fra Heidelbcrg e Bruchsal, più forte dell'anno prim;.t ed aveva d ava nt i un'ottima armata fra ncese, di SO.OOO uomini 52.000 c IH.OOO cavalieri - comandala dal conte di Coigny, che nella campagna precedente si era particolarmenre distinto in Italia. barrendo e uccidendo ~Iercy a Parma. Stavolta però k: operazioni furono molto rncno impegnative. In Italia le co se stavano andando di male in peggio e Vienna stava porgendo un orecchio sempre pil'1 ancnro alle proposte ingle:-.i di mediazione. Eugenio voleva agire o!Tcnsivamcme contro l'Elettorato di Tre,·iri, più per guadagnare forza cliplomalica che per ottenere risultati militari. Se proprio fosse andala male. pole\ a aspeuare fino all'arriYo dei 20.000 fanti promessi in rinfor-


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C~I'ITA \ l Ili c"~

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zo addirittura dalla l{ussia e che si erano m~ssi in marcia il 16 aprile dai loro quartieri polacchi. Cominciò coll'accamparsi a Bruchsal, inondò la zona circostante sfrunando le acque eli tre affluemi minori del Reno poi , lasciato il duca d'Arhemberg .1 sorvegliare la zona c staccato il generale Seckendorff verso 1\tlagonza per formare un corpo oper<Hivo insieme ai contingenti sassonc c hannoveriano. si ~postò !)li l ·ckar per aspettarvi i Russi . Magonza era stata rinforzata molto bene c i Francesi si limitarono ad alcu ni contrastati foraggiamenti in giugno, nmi abbastanza riusciti, meno quello del 19. che costò loro la cattura del generale La Croi.x, portato prigioniero a Eugenio. Il Principe non aveva fretta. Dal suo campo di Bruchsal spediva distan amenti a guarnire le ri\e del Reno da ;-.Jannhei m a ~lagonza per interdire l'aunversamento del fiume al nemico, ispezionava la l inea e faceva <:ostruire dei ticloni per l'artiglieria. r Francesi non si muovevano, i Russi invece si e il 20 giugno erano Lutti a1 confini orientali dell'Impero La notizia indusse Eugenio a levare il campo c 1 spostarsi per andare loro incontro acl Heiclelberg, dove infatti arrivarono il agosto. Il loro a\\ icinamemo e la manowa del Prindpe preoccuparono tanto t Francesi da far loro caricare granaglie , viveri c for<tggi su un convoglio eli J')O carri c ripiegare prontamente su \Vorm'> il 27. Sostennero qualche scontro di H' troguardia e il 30 agosto 71.000 francesi erano riuniti a Bremersheim, con almv no altri ).000 sull'Alto Reno. Eugenio, fissato il proplio campo a Heidelherg. aveva invece 50.000 uomini, Russi compresi, ai quali se ne aggiungevano altri 20.000 a Magonza. Al principio di settembre tenne consiglio di guerra e. il 1. spedì a Vienna un corriere chiedendo il permesso di attaccare. Il 16 gli fu nsposto eli no: l'Austria era impegnata in trattative e non bisognava turbarle con azioni militari. rJ Principe si limite} allora a qualch<.: asscstamcnto dd!<.: lince, mcmre i ne lllici si spostavano di qua e di lù. ma. tolto uno scontro a,,,·enuto il 7 ottobre a ~chmidhurg, non accadde nulla d 'imponanre. Eugenio però non era più in comando, perché, visto il procedere dei nego7.iati. il 4 ave\ a lasciato l'armata al duca di Wi.irttcmberg ed era paniro per Vicnna. Passò prima da Monaco a trovare l'elettore Carlo Alberto di Baviera, proseguendo infine verso Vienna per partecipare alle trartative. el complesso. dunquc, a proposito delle tre campagne in Germania invcce delle chiacchiere francofi le c volterriane diffuse nei sccoli successivi. risultù assai più esatto il giudizio che diede del suo operato l'anonimo contemporaneo che scrisse: .. TI

r

principe Eup,enio ehhe l'ahi/ità d'arrestare i progressi delle armi della Francia. 7ilfto ciò che poterono fare i suoi rivali di fronte a q11esto recchio ~uerriero CUII sisté iJ1 sapie1zli marce e colllrumarce. delle q11alì il conte de Belle-fs/ejìl 11no dei principali CIII/Ori. 11el conseruare le conquiste f{/tte e Ile/l 'appostarsi sempre così t'antaRP,iosamente. o di tri11cerarsi così bene che non potessero essere costretti a


LA fr"E 01 ()l t \ Hl 1'\R\I.l.D.E: 1 7.:\{1- l i~6

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combatlere. Ma nello stato di,\ perato i11 wi eremo gli Cf(/'ari dell'!mperatm·e per le perdite considerevoli cbe at1eca subito 11ei suoi oltri possedime11ti, fu un colpo da maestro da parte del s11o generale di rid11rre i Frmzcesi a li/W specie di dijellsiva, pur i11 mezzo alle loro rittorie: e S11a Maestà Imperiale s 'accorse troppo tardi della sa~-:..c.:ezza del Principe F.up,enio. contro il cui aul'iso cwel'a intrapreso questa guerra:•CI.l I negoziati avevano determinmo la stesura elci Preliminari di Vienna del .3 ouobre '35 e alla fine ~l\·evano porrato l'l l alla firma dell'arrnbtizio e a un progetto di as~ctto politico. D al rientro a Vienna nell'ottobre 1735 Eugenio trascorse il MIO tempo equamente diviso fra le atlività politiche c il picchetto quotidiano nd salouo della comessa Bauhiany, infa~tidito soltanto dalla sua bronchite cronica c da una certa sonnolenza. frurto degli anni c delle fatiche. Reduce da una fastidiosa febbre, abbastanza ben curata, il 20 aprile 1736 era parricob rmente stanco. La manina rresiedé il Consiglio a casa propria, ma lo interruppe più presto del solito dicendo: "i/1·esto a domani, se sarò L'it•o."CLll Quella ~era si fece mettere a letto ~enza cenare. La manina dopo lo trovarono morro. nella stessa po~izione in cui s'era addormentato. La corte prese il lutto c ordinò solenni funerali. Il corpo fu sepolto in Sam o St efano; nella Cappella del Crocifisso, v icino alle tombe elci fratelli Luigi Tommaso e Giulio c elci nirote Emanuele; il cuore fu portato in Piemonte. a Superga, l'anima se ne anelò, si suppone. in Paradiso e, in terra, cosa restò del Princire Eugenio ? ln primo luogo, anche se può sembrare rrosaico dirlo, una grossa eredità. che la nipote Vittoria dissipò in pochissimo tempo, vendendo la a destra e manca. Carlo Emanuele TTT comprò la quadreria e la in~erì nella Pinacoteca Reale di Torino. dove ancora si tro,·a; Carlo \'1 acquistò la biblioteca, sal\'andola dalla dispersione, c la incorporò in quella eli rotte; poi riscattò il Beh·edere, Schlosshof c il palazzo clelia Himmdpfongasse. T tCtTeni ungheresi furono venduti e, di fron te a tanta dispersione, un epigramma in francese commentò ·'T!' mai possibile cbe del Principe Eugenio la Rloria. sia terminata da 1111a sll'illana l 'itloria _::>·CLTJJ Dal punto di vista politico restò di più. L'Impero riorganizzato da Eugenio restò sostanzialmenre immutato fino al 19H:l e, e questo fu il suo disastro. non conobbe ma i più uornini politici del ca libro di quelli che l'avevano conc.lo uo attraverso la Grande Alleanza e la Successione Spagnola fino al primato sull'Europa Orientale. Kaunirz c, doro eli lui, .vteuernich, furono, al massimo. in grado di tenere in piedi la struttura erena nel 1713 e rinforzata c riorganizzata da Eugenio nei vent'anni successivi, ma quando i tempi camhiarono, l'edificio che un Savoia aveva creato, la Casa di Savoia tenacemente clistrussc fino all'ultima briciola c, per ironia della sorte, come vedremo. ciò accadde solo cloro l'ascesa al trono di Torino di quel mt:dcsimo mmo cadetto dei Savoia-Carignano al quale era appartenuto Eugenio.


290 1 Orcl11w di S.A .R fx>rtame r<'f?Olamell/1 per la flmteria. cld 16 sel/embre 16 73, in C. DI lBOiì\, J<a, , •lta per ordi1w di matet·ia delle le)IJI, i, cioè edili i, patenti. ma n ifesti ecc. emmw ti lle[di ,\la/l Sardi sino a l/'8 tlicc·m/Jre 1798. LI) vol i. , Torino. l R16- 1869. \ 'ol. XXVIII. pag. 879. 11 Carlo f'manudc• 11 t! lap,1wrm di'l P/l'monte nmtro Gencwa nd/'mmo 16-2. m -Bolkmno ddll ffi<JO Storico·. Roma, USSMI~E. 1933. ))(>Z7.a, ndi'Mch i1·io dd l'lJffirin Swrico ddlo St.:tto ~Ltggion: dc.:l l'l~er<cilo da or.t in poi AL:SSME, l•.~. H, Lavori svolti. pag. 10. 111 Si n·tl.lno ad l!'l'mpio - Il' Pap,he tlell't1111p,liena dal mar=o 1699, llh., copia ex Ard1ivio d1 :O.Iato di Torino- d'ora in poi \:-..T. \ l h 129; le Pap,beespeltanzedell'ortip,liena. tld 1708, m,. in Al.'>:O.:\IC. L;\, h, l.a ,·mi wohi; l'a,qbe e spelttiiiZI.! rh paçe 1.! di g uerra. dd 170 l- 171 :l. in t\ USSME. fondo l'i t; P(lmllele de la /"il'< ,.,, tempsdepaL\'et dep,ue1Te, m' AliSSME,l'x A.S.T. llllil'io dd :O.oldo. 1-01-1 - 13. 1\ S1 ncdano il Rc'J.!olamemo t/elle piazze di Quartiere d 1111~'1"110. cii cluali gwi.,nmo ,P,il f Jfizialt cii .fimterùl rl'f?Oialt fl ss lO cadtma ed a N l di jìe11o cad111W 11 p,iol'lw, come mrche dd tlllllrmte che godww !t ua, ~ '(!Jji'ziali e soldati wnw 11ljr·a , in ,·igor~ d:t l 12 d in•mbrt: I"'O l c il Hef.IOictlllt!ll/11 stabilito da S.,l H fl{'r le wppe, del -$ agosto roo. in l.>lmziom lll CommL'<Sl/11 di J<llerm dd ') khbraio l-'il , rip. in OliB()JI\ \O) X;>.IX, pag. 1)69. ,. Cfr. il l:t ~cicolo, 'f l 'C'IlO di j n·w iandu· scbenw cnmulogico dd p r m·H•clillleu ti fll'esi. ms. in AliSSt\1 F. L 5. K l'l Rew1lamento per I'LJ}ì::ioRl'llemle dC'/ soldo dd ~H giugno 17:10. rip m DUBOIC\, ,·nl '\. pag. (,<;o \'Il Si \l'da com.- ~·~mpio ti Haffnmto fra i pre::::i delle t/errate ati AcJ.~Ia e a n,,-;,w fassa dC'/ fnc•z;;o delle• \ 'eltot·a.~lle clw ·'' I'C'Itdcmo nella JYtlle d/losta, d.:l 1691, tlls. in Al :-:-.M F., L .t I l , Stati l're un itan l'it·· 111011[('.

'Il! 1In ~·~empio l' fornito dal mamk-,to del .! l nm·emhr~· 1691 l:he mconunnt con "/.LI contiiiiUIIt• · tldla J<twn·a fXJrla con w stl.!ssa la IWCes;,lla dc•/ sost<~IW defle 'li11fJ/)(! nell'lmt'I'IIO", ,1 lìrma \ 111orio Amnl,·o Il lll'll<.:gardl', Cranerij. ,\l:m·ll i, sta mr:tto in 'l'ori no. pl'r Anto nio \'alletta ~tampatorc.: d i S.A.R. l' dl' II'Ecn·lknli''

C;ulll'ra. 1691. IX Si \ etbno C011ll' ,•<,empto k Rimo.,trallze clt•llc1 Ci/là cii \ 'erce/11 n m sue n'fJOS(('. /(Jcumte il 1(111H1h r cl l my•mo dd 1695, m,, in A.S.T.. l m pr~Sl' ~l i htari . Ma7zo sod'add iziotw. x Rip. in SCALA. dt., pag. 2~. Xl A. RI'\IEE. J..e, nwces de lfa::arin. Pari,, f'inmn Didot, 18')6. pag 206. ' 11 Fc•rrt•ro ddl.1 Marmorrt .ti Due~• \ Il torio Anwdc.:o Il, P.tngi, ') m.trzo 16H.~. in A.S.l .. ~t'Z. l. .\ luli,ln E~h:ri, Fra nt ia, anno i6lH. " 111 Padtl' Marro .ti :-.~gret.uio di St,lto cardin;tll· Alderano Cyho. l'adm·a 2'), nm·embrc 1683. np. in /' l farco d il! m no, Cmn,ponde11UI111istolal'('. ; ,·oli.. ,\hano T~·rm(·, Piovan Editorl'. II)H6. \ 'ol l. Ecclò~;t-11.-i . p.tg. 83, kttl'ra n. 27. '\tV Il 1\un1io di Savoia a l Cardinall' :-.:greta rio di Stato. 'l'orino. 51l dicl'mhrt· 16Sl t. in Archi' io Sl•grt·to \ .tticmo- d 'or:t in rxu \ .S.\'. '\un7iatur.t di SaHu.t, ;t n no 16H 1 '\\' Il ì\unzio dt ~;tvoi:t al Cardinak '><·gr~·tario dt Stato. Torino. 6 gennaio 168'), in A.S.\'., Nunzt:ll ur;t d1 S:t\'oia, anno i6il5. '''1 Ferrt·ro dell.t ,\ larmorJ al Duca \ tllnrio Amt·tku Il. l':trigi. 21 m.trzo 1()8'), in A.S T '>ez. l \hnhtrt E.,t,·ri. frrmna, anno 1()8<; ' ' 11 fEHllARl . l 'illl e CalllfX'I!,glamelll i del Sere111., ,imo Pn11cipe Fran w.,co Hugc>llicJ di Smc!;a. SII/)1'<'11/U <" /1/0IIdllllte degli eserciti cesarei c• tldl'lmfx•rio. Napo li. appre.,~o Domenico l.a nr iano, 1-'i.... pag. 1-. ldt·m. pagg IH 19. \IX l.ou\oi' a Cattn;tl, \'er,,uJks, IO nuggio 16')0, rip. tn H. ~ IOSCAI I , Diretlitv• de/fa jxlilttca e.,tem .\Il hr111da, Mil ano, ISI'l. l<) iO. pagg..~6-.)7. xx Tuttl' questt' tnformazJOni ~>ono lctklmento: riportato: d,t mon~ignor ~to,tt. nunzio pontilìcio tn Pie· mome. ndLt 'tta corri,pondenl.t col Ctrdm:tle Ottohoni. La 'ua tl':.ttmonianza o: parttcolarmentl' alftd.thtk J1l' tché ~ ltu " ri\'Clbl' \ 'illorio Amedeo non .,o)o pcr rh icdl'rg lt )'i ntl'rv~ntn dd Pa p: t, m;l p urt· per pn'garlu l' fu accont<.:t11ato- d i int.-rcedl'r<' rersona lmt·nte JXl'~") Catinal r..to,.,ti infatti si rt'Ùl al campo fra n< ew d'Orha-.."tno <col pretesto th ••~~icur.tr-i che 1 fo.•ttdi ddla '>.tnta ~ed,· 111 l'i.-montl· non ,,,rchhero ''"'i d:mnl'AAJ:IIi d;u f'r.tnCl''l nd co,.,o d 'eventualt osttl ita l' parlò sia con Cati n;H, ,.,;a coi tappre,enrami di Viitorio Amcdl'o l'abate di Vl·t-rua <.: il ma rche~l' f'errl'ro. in ca ricati d.-ll l' lt~ltlath·l'. 1 ' " Rip m D. C \ Rl TTI . .\/oi'UI del Ht'f?l/11 di l )1/(1/10 .-lmeclt'<l/1. Firentl'. Le ,\ lonnier. 18(>.\. pag. 1!1. 11 ' ' 1tlt·m '" 111 il \l unzio d i '>: ti'Oia :ti Card in:tll' S<.:grt:tario di Siato. Tori no, ) agoslo l690, in A.S. V .. Nu nzia llt ra d1 ..,,,,·oia. a nno 1690.

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29 J ' '1' R1p 111 C...\SSl'\1, htgt'IIIO cb \an1111. Tonno. P<!r~l\·i:l , 19.W, p.l~. 19. ''" \.:- .T.. ~ez. L Impr<:''<.' \liliuri . \l.1uo .! e \lazzo 1. ,.Wl DF RIE:\COURT. llistoirc• th•l.om' \/1. P,m,. Barbin. H19'>. Tomo Il. P·'~ 11 1 _,.,_..,,, c; li\1\CAR.l.O BOERI t'Cl HO P\ OI.VITI. fAI bcllla,Qiia dt StrtjJ'rmla. 'u · P.mopil.! ··..\nno \111. n. 21. 19%. \'\'\Ili Ci\'1'11\AT• .lfémoires. p:l).t . .:\OH \\IX Cugl ielmo I l i a lldnsiu, , Londra l " gl'11ne~ io 1692, rip. in ~ 1 0'>( Xtl,, i t. . po1g. 1t. xxx l'uftt•nio a Vitw rio Amedc•o Il. dal l':l lll J>O del l:! Ma~agl ia il l 1 lu).tlio l (>'J2. 1\.~.T.. Casa l{cale, Letli;rc· l'rlndpi, Epi~10Ltrio del l'nncipc Eugc·nio d1 S:m>b-Carign:Jno. \XXI Il 1\un1io di S:l\·oia .Il C.lrdin;~k '>t·gn: t<trio di Stato. 'ti>ri no. 26 m.lgj.(IO IC.9.:1. in A S.\'., 1\unzi:nura di S,l\·oia. anno 1695 \\\Il L'Ah:nc· L<:'porini al Duc-.1 th .\ lo<.kn.l . Torino. 26 giugno 16<J.{. in \rdlh io th Stato di \lod<•Ju , Lcllc'· r<: nunhtn . ..,,1\oi;l :1nno 1690. ' "111 Il '\unz1o di Savoia .11 C.1rdlll.lk· "e~ret.Jrio di Stato, Torino. IH luglio 1(•9.t ul A S \'., '\unzi.IIUr.l di S;l\·oia. anno HJ9.:1 \.:\.\1\ Idem. Torino. 29 luglio 169.:1. 111 .\ .S \ .. :\unzi:nura di San >la, .mno 16•H X.\..\\ lklaiJc>ne uftìciak pkmontl'W, rip 111 La guenrr della lt'Rll dt . ltt.f.itl .,tajilw alfa bauaglia tlt Orha.,Sttno, t'il .. Jl"~· 11-J. XX~\ l FE HHi\ IU. cit.. pag. 30.

XXX\ 11 Hc-lazione ufficiale p ic-monlc'.'L', rip. i n /.t'l guerm dellll Lega di , ltt,L:IISI<I Jiuo lllln fmlloglia di O t·· {)(ISSt/1111, d t. . pag

I l -!. \.\\\ 111 lkl.lziolw della hauaghJ di 0 1h,1,,,111o. 11f1kiale- ri~l'n.lla, 111 A.S.T. Sc•;io1w 11 . Imprese \lilit.1ri ,

\!ano 1 ' " " Hd.17ione uftìciale piemonte'c cii .. 1\ i . II'Rit\RI. cii .. pagg. :11-:12 '\l R1p 1n Lli,Qtl<'rm della l.t'Rll cii .lugu,fafino alla lxtllaglia di Od""-'tlllo. ut . p.tg 31. \.1.11 I'ERit\RL nt. pag. 31. ' 1111 Netuelf cles instructum' dmtm;e., au.\' ambassadeurs et mtnf,/1'<'·' de Frtlltn•· Sacoie-Sardmgne <'l .lltllllltlll', tomo l (Xl\' ddl.1 colle7iont·l: hti"\1/IOill .1 Te,~.:. del l ~ 111.1rzo 16%, Jl:IK~ 1~1- 1-R rip. in 1 \ 10'-,C·\ \.1

T i , ci t. , P·' l-t· 12. Xl i\ h 1n11ion i al Principe Eugl'nio p,·r h Ca m pagna dd 169". in Cttlll/)(1,11,11<' di'i l 'rincipe Euge11io d i Sa(1() /11, li vol i. . Torino, Si'"1RE. IHH9 JH92, \'ol. l 0 , pag. :1'>3. Xl\' Ibidem. ' " 1 Fu gl'nio all'im[)t'r.llore LL'Opoldu l. d.d c;1mpo pre.,so Pclel'\'arolt hno. " 'l'llc'l11hre 16')7, ri p. in Ca m { XII{IIl' . , \ n l

2°, 'UppJ., pag. 26.

\.1\ 11 l:uj.tc'lliO ~lll'impt'ratore i.l'opoldo l. d.1l tampo pre.,~o Z<·nl.l,

t'> '''llc·mhrc· 169" rip. in CamJ)(I,~II<',

\ ol 2 • ,uppl .. pag t9 ,. 'eKg. 111

Idem. Il 'unz1u a \ 'i<:nna ;~l Cml111:1ll' "q.~rctarìo th St:110. \ 'ienn:1 () j.tìugno l 'iO L 111 A.'.\'., '\un7iatur.l di Gl'rmanb. anno l l. l l'l'l{!{ \IU. d!.. pag. '"

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MI HATO R1 . •4nnafi d'flafia. l .:l ,·nll.. r'-..1pol i. Lombardi. !8(J9, ' "l '\I l , ,\nno J\IDCCI, pag. 526. Ili rF HHA HI, d t. . pagg. .,, L' "''i. 1111 l'tl~l'l110 aii'IITipt'ratorc Lcopo ldo l. r:lppo rto dal C:1 111po di o,ti:tno de'l ,; lt•IJbr:IÌo 1702, rip. in Ca/11p agtl(', Vol. 1°, Mlp pl.. pag. 29 Il\ CARLO A 'ITOI'\10 S' lloE" \lUI\ l, Cnmaw Cr emmzesP, pag. 2.6, np. ~t l k P·'AA -1'iè e -1 58 ddla Cruna <.:a d t l 'wllel ico di 13JRF,7L " Fugen1o all'nnper.uore Leopoldo l . 1.1ppono <bi campo di (),ti;~no dl'l ~ khhr.no 1702, rip. in Campa

f.IIW.nt .. lll l.\1 \ OL 1.\IIU:. S'iècle de /(lnis \ 'Il . 1 'oli. 1';111'. 'otUliJ><:'. 1- 91. \ 'ol l. p.1g . •~17. 1·' 11 Fuj.t\.'1110 .11 Re dei Rom;~ni (ÌIIIWJlJ'll'. d.ll umpo di Lll77:1r;l, 21 aj.to,to 1-02. rip in Campagne, \'ol •1°, 'tlppl .. pag. 20'i. " 111 CJ J,\ IU.I·:!'- LO LI!'> DE SfCO,I>AT B \ HO :-lE DE !\10'\TISQt ilEI·, l UI,II,Qio ili l/alia. B~ri, Lll<'rz.l, 1971, j)dj.t. •1•1 11 ' Il cont<:' l.:mdrbni al Duc:1 \ 'iunrio Anwdt•o I l , .\lilano 1° ottoiiJc 170:1. rip . in C. T H.AULTCCO, illl'f'/f)(' sa m/arda e l'assedio d i '/ brino, Torino. Foj.tnl:l . 197H. pag. 21.


292 L' rip. in W.~. CHURCHILL. Morlhom11gh, 2 voli , Torino, I JTET. 1'.>73, Vol. l , pa~ ()() 1. LXI Idem.

L' Idem. p;tg. 616. D.lll l.uigi Xl\' a La Fc:ui llade, rip. in D. GUEIHUNl, l Granatieri di Sanh~na 1659-1900, Roma . C.do Di\'. Gr;tn:llieri.l962. p:1g. .i~O. nola .t t.'-1\ FFRRAHI, l'it .. pag. 160. " ' Eug<:lllfl .11 duca \inorio Amed<:o Il , RoH:rc:ro, 16 aprile 1706, rip. i n PIFRO PIER!. (;1 n11~1 d i). l'nnCl/X' Ell}ll'lliO di \(1/'0ia. la C{ll/lfXIf.lllll d'lllllill del l Roma. Ed. Ronu , 1936. rag. SI L'-' l l'ugenro dr SaHu.l, Di.,JXI'illlon f><:r il Colonnello B;ml:e pc:r il pa:-..saggro dell Adrge·, '>.111 \lan mo, 1

-ou.

luglio 1-06, rip. i n PIER!. l'il, pJg. 159. I.WII Eugenio d i 'i .,oia al Dtu.:a \ 'iuorio Ametko Il . caJllf)() dr Carpi, >~ ,tgosto 1706. rip in l'IERI nl . pag. 1-6. L\'\ 111 EugeniO di S;l\. ,;a :rl Con w D<tun. Campo di Carp1 5 tt}losto l 70<5, in I>!Eill , ~·i t. , p:1g. l 77. L'l\ Eugeni o di S:1v01;. al Dul;t \'iumio Amedeo Il , GllllJ><> di C.trpi. -t ;tgosw l-o6. rip tn PIER! , 11 pag. r-h. L\"\ l:ugenio d i S;I\OI<I ;~ l Contv l h un, ra rnpo di San Pm~rero di Heggio, 1·1 a~o;,lo 1706. rip. in l'll'lll , l'iL. pag. 192. L\\l Fugenio di '>aHna ;ti Duc1 \'inorio Amedt·o Il . campo di C.Ndlazzo. li ago.slo 1706, rip. 111 l'Il Hl, l il., pag. .!07. 1.'-\ll FFRMIU, cit.. paK 1"'6. "\JII .\10'\/TFSQliFl . CÌI .. pag 191. 1" 1' ftl ippo d i Borbone dura d'Orlc.':ub al re l,uig1 X I V. campo ~0110 'l orino. 3 1 ago'to 170(,, rip. in Cl,• cneme A'ì<;UM, l 'assedio t• la ballaRiia di 1briiiO del l 706, Torino. Giani. 1926, r.tgg. 160 161. L~'\ Idem L~\ l Oe ~1 auroy. rip. in C. A..,S l ,\1, o p li!., p<tg. 1'.>0. L\'X\'II Il Duca d'Orkans al rt• Lu igi Xl\'. dal campo .s otto 'l orino. 6 ,,eltemhrl' 1706, rip. in A..,.,l 1M. L 'a'"' t/10 e la ba/taglia .cii.. p.tgg. l8'i IH6. I.XX\III LtHAI XIV al duc:1 d 'Orl~ans, \'t·~aillt:l> 6 seuembn· 1706, rip. in C. ASSUI\1, op. cil. . Appem.hcc pagg. .2.W-.240. 1.\\1\ DbiXNtion rx>ur l:t halaille de Turin, lane au Camp de la \'enerk le 6 - hrc 1-06", np m Il (;I.'ERI~I'IJI, cit.. 1\ ppendkc, pag. 7 1:\. '>i noli che iiH·Mo del Cuerri ni ri po rta i n pa rallelo. ~u due colo nuc. due· dell e 4uan ro , ..,r,inni d ell'ordine a oggi nmo.-.ciULl'. l.;t prim.r (• quella più nola. dd m.ulchcriuo dd Krieg-.1 t·hi'' dr \ 'icnna, ll;tlia r-o6. r\, 1.2.•t 'uo lt'lllf><) puhhltc:uo da lp•.sich t' Konwr': l'aiLrd cm cee t- nd meno no >· 10 m.1no,crino 2H7 bis dl'll.t Bihliott:ca lk:rk d i Torino, puhbl1ca10 dal Gut'rrin i 'lesso nella prima edm ww d el suo libro nel 1902. L\X\ R. C\PFFIGl F. IlliRi Xl t'il suo 't'<ofo. \lilano, Bononi e '>l;oui. I H:\1. \1>1. l. tomo Il. p.tg. 92 L~'\l Oe ,\httlfO}. rip. in C. A'>'> l ~1. Lu.~e11iodi ~'amia, Torino, 1'.1r.l\ia. l9.~'i. pag. l ll. L'\:-.\ll De Cha marandc al miniMro Chamilhn. rip. in ASSl i M, L'a."edio... ( 'Ct:.. d! pag. 19H. L'-\ \Ili Ferrali, op. CII.. pag. IH'\. 1.\"\\l\ Ibidem. tx:-.w Idem, pag. lll<1. 1\\\\'l Idem. p.rg. lHH 1.'-'"11 lbidt·m. L.XXX\111 lbitlt' lll. 1\.\.XIX Eugcnio di !'>a,·oia, 'Happono .tii'Jmperatore·. Tonno. 12 senemhrt• r-06. rir in P1FRI, l'iL. p.tg

212. X(.

Na,f!.guaglio Ri onwle dell 'tiSSI'dio r!t Tori11o CfJIIIillcia/o li Jj maAAio l -06 e lifx'mZirme dd medc•,imu

~<'RIIilll !t ~ seltemllre dd medesimo anno, a (Urd di C

C.oda. Torino. Il l'umo. 1<)1!0, pag. 12:\. 1706, ri p. in , PII~H I,

XCI Eugenio .1ll'lmper;r1ore Grthcppe l , rappono dal Gtmpo di Trct·alc, Z2 "cllemhrc

di., pag. .216. XCII Eugemo all' l m~·r;llore GIU'<'PPl' l . rappono dal camp o dr Lodi, 1° onohre t-o6, rip. 111. PIER!. nl. pag. 119 XCIII CliURCIII I.L. cil., Il ,·ol.. pag. 827. X< " Idem. pag. 826. X<' FFRRAIU , t'i l.. p.1g. 20~ .


LA FINE IJI DL'F l ll'E I>M(tii.I.ELE: 1730-1736

293

XC\~ Idem. pag. 206. xcvu Idem. pagg. 205-20(). X<YIII Idem. pag. 209.

XCLX Rip. in CHli HCHil.L, op. cii., vol li, pag. 831.

c Idem. pag. 885. Cl FI'RHAIU. cii., pag. 225.

e u Idem. pag. 226. CIII Rip . in CH l JHCHII.l., dt.. mi. Il. pa g. 9l·i. CTV Idem, pag. 227. cv Rip. in CHliHCH ILI., cit., m i. Il . pag. 937. CVI Idem, pag. 238. cvu Eugenio, rip. in CHI ' I{CI-!11.1., rit., vol . Il. pag. 9'i•t. CY111 FERRAJU. cit.. pag. 2·17. ax Gli Stai i Generali a S.1\U . (;iuseppe l. rip. in A.TASSONI ESTENSE. Enge11io di Smvia, l\·1ilano, Garzami , 1939. pag. 11.3. ex Rip. i n CHIIRCH IU., cit. vol. Il. pag. 1018. CXI Eugenio :•ll'impemLore Giuseppe J, 9 seuemhre 1709. rip. i n CHURCH ILL. cii., vol. 11 , pag. 1066. CXII Rip. in CHURCH ILL, cii .. vol. Il , pag. 1086. 0.111 Eugenio a S.A.R. Vittorio Amedeo li. dal campo presso 1\·l alplaquet. Il settembrt> 1709, rip. in P. FRJSCHA l iEil. Il l'rincipe l~·ugeHio, ,\1 ilano, Bompiani, 1935. pag. 322. cxrv Eugcnio aii'Impl'raLore Giuseppe L d al campo presso SainL-Pau l. 2'5 luglio 17 10, rip. i n CIIURCIIILt, cit., vol. Il, pag. 11'50. o.·v Eugenio aii'Impcrator(' Giuseppl' l , Lond ra . 17 gennaio 1712. rip . in CHURCHILL. cii .. vol. Il , p;~g.

1253. cxvr Eugenio all'Imperatore Giuseppe l , J.ondre~ , s.d, rip. in W. OPPF.I'\liEI,\IEH, r:ugenio di Samia, ~·fi la­ no, Editoriale N11ova, 19HI. pag. 1.25. '-X"11 R. PARKER. :lfemoirs oftbe Most J<emarkahle Mifitary Tramactiow; ji-otn tbe Vear 168.$ lo l 718, w nlaining a more Pwticular ACI;ount thcm er·e1· yet publishecl q/tbC' SC't'eml baules. sie,~es. etc. in /reland aut/ Fl~mde1s dnring tbe reiP,IIS q/K. W'illiam amf Q . ! In ne, hl' Cuptai11 Roberl Parl'el: Iute r~/tbe Royal l<ef!,illlenl o/ Fao/ in lreland, ll'bo u ·a:; an ( 1'eu•itne:;s to most Cll tbC'm. In David Chand lcr. (a cu ra di), ,\filitmy memoirs of Marlborough~çcampa(f<llS 1 702 - 1 712. Lonclon. Gret>nhill, 199H, pagg. 121- 122. CXI'III S.A.H. il duca Vinorio Amedeo Il~~ Pietro Melbrede. To rino, l·~ aptile 1710. rip . i n C. CONTESSA. l regn i di Napoli e di Sicilio nelle aspirazioni italiane di l il/orio 11nwd<>o Il di .'icJI'oia. Torino, tvliglietr;l , l ').)5.

pag. 73 C'XIX Il marchese C:trlo Rinuccini a Sua /\hezza Serenissima Cosimo Il , gr:1nduca di Toscana, l.'lrt>chr , H seneml>re 17 12. rip. i n :vtOSCATI , o p. dr., pag. 61. cxx Tra nato fra la Savoia c la Francia, Premes.~a, rip . in MOSCATI, ci t. . pagg. l Z'S e segg. CX.'\.I Ordrmnance du l<oy de l;mnce pour fa fi/x•1té du Conmwrce tant pur Terre que par :\1er; Domzée à Mar~)' fC' di:>e sept :lfay l 713. rip. in M. TOPI!'., /. Humpe el ll's 8ourbons sous l .ouis XIV. Paris. Didier el C.e. 1868, pag. 3')7 CXXII FERRARI. cit, pag. 3'53. CXXlll llip. in MOSCATI. cir., pag. 66. cx:m Rip. in MOSCATI. cit., pag. 67. c;o..·y Hip . in MOSCAT I, dr., pag. 68. CXX\1 11 ministro Torcy al ba rone Perron.e, rip. da Perrone stesso nel d ispaccio d a Pa rigi al He \'i110rio Amedeo Il del 23 novernhre 1715, rip. in A. MANNO. Refazio11i dipfomaticbe della monarcbia di Sm•oia dalla prima alla S<'conda restauraz ione 1559-18 14; Fm11cia. l'eriodo 111. 17U-1719, :\voli.. Torino, Bocça, IHH6 - 1891, l vol. . pag. SO. C)(](\11 Lord Petc'rborough al baronl' Penune, rip. da Perrone sl<>"·'o nel dispaçdo d:.~ Parig i al Ile Vittorio Amedeo Il del Z din:rnh re 17 1.). rip. in MANNO, cit.. p<tg. 'iti. C.J<X\111 Trattato el i Rastadt. articolo ;()(XVI I, Vienna, copia in Bildarchiv der Oesterreichischen :-<arionalbibliothek. CXXIX Eugenio al Consiglio Au lico. 8 agosto 17 l o, rip. in Campagne, cii., vol. 16°, suppl.. pag. 70. CXXX f'E IWA IH, cit. , p:tg . .)71-372.


29i

C~l'll\'1 DI C\\\ '>\\1)1\

Cl\"'\"'\l H l( ;F.'\JJO l )l '>AVOlA, /JisjKJ.IIIÙJII per domm11. 5 agosto l., U>. allo cf/l file si rlmnlnno ({//r'lll'f"t' la jimteria. la cm"UIIeria e /'arl(l!lh•rùl, rip. in (.'ampag/11', dL. l'O i. l 6°, JXl~. l 12. 0 ·"'-'11 ~FRRARI . tiL. pa~ ~-6. C\'\\11l Il nunzio l.li (;t'rmanu :~1 Card11ule '>t'gfl'Urio di "Ialo,\ wnn;t, 29 a~o,lo 1'71(>, ìn A. 'i.\ , '111/f,l-

lur:• eh C.crrn:111ia, Pl6. CX\ \li Il PrindJW Fugen1o aii'Imrx•r;llore Cu lo \'1, d.tl <,.;uni x' 'ono 13dgr:tdo, 2'1 luglio lì l-. n p. 111 UtlllpaJ!.III', t·it. \OI. 1- , suppl., p:1g. )Ili C'\\ X\ TI Principt• 1:ugenio .!ll'lmper:tlort• C1rlo \l, dalc1mpo sono lklgr.tdo, 2(> luglio 171-. rip 111 Cìml f>rl,f!,l/1!, cii., voi 17°. suppl.. pa~. 108. 1 \l\'\ \l Il l'rinnp<.' Eugen1o .tll'hnJWratore C.trlo \1. dal rampo .,otto Fklw.tdo. 2 .tgo,to 1-1-, np. 111 Cnmpap,11e, uL. n>l. l- 0 , suppl., p;tg. 111 CXXX\ Il rE ilHA IU, lil., pa~. i OH. CXJ\'X\ Ili El 'GEI\10 DI Si\\'011\, Relazinlle al/'imjJ<'mturl' <.tlrlo l l'""" bal/aglia di IJ<'IJ!,rado, d.ll <.111111<' th Bdgr.1do. .!.') ag<No 1-1 - . np. tn Clllll/)(l,f/,111!. dt 1·ol. 1- 'llppl.. pa).l 11R o,"\\1\ lltp. in Ol'l'El'\ II F1~11 H, dL, p.tg. 1- t. CXI ,\flinwires du /Juc de Nithelieu. l'ari,, Karha Plon, .... ti .. ma fim· 'HOO, ca p IX, lì 1.2. p;•g l 'i. C \li Biogr<tfìa dd l'rinor": Fugt'nìo. in \'umn tli:::ionanu l.,torico. orn•ros:.w \loria ili umtJII!IIcltu. \ol l\, \<101<1 \ l' \l, 1\,t",\11<1, .l 'iJ<.'S<.' 1krnondtlll, 1-9(>, ,t d \ '( X t'lll, fUg . .:\- 2. C\LII .lf<'moire., du nuc dt• N1chelieu, id. C'i.LIII Rip. in ,\1/u/ 'fJ diZ:itiiUII'W, cil.. p;~g :\ì.t C\U\ Rip m 1 \'>'-0'1 E.'> 1r-.:sr:. ut. pagg 19'i·l'X>. <'\L\ lllollle Filippi all'nnnpe Eug<•nio. Toru1o, 25 dit't'lllhre 1-,1 , np. in \IOSCATI, di, pag. 1 H.~ CXL\'l "Dichia ra~ione di gtll'ITa pullh1icata in Halishona l nmro la Fr.mcia, l' 'uoi Alleali". lau;a a \'il' nn.• d l~ marzo l") l. rip in \'\10'\l\10. \toriacldl'muw 1"'31. \erwna , Pilll'ri, 1-:1- . L1hro 111. p.1g 1-1 t' 't'J.:g CXJ.\ll C.\l'EF1vll.. cii.. \'ol l, pagg. 91 92. C\1,\111 Storiu ddl'm11w 1 7.~ 1, Libro 11 1, pag. l HO. C.XII\ R1p. in OPI'EI\HFJMl R, ('il.. p.tg lfP. CJ Felk-rico al rd.llort' lX: C.m. rip. 111 OPPF'\111'11\lEH. nt • pag_~. ur-1};8. n.1 1\ '\i . \ 'ie pm~·c• de Louis Xl ' 011 f>rinci[Jrllf.\ euhwllll'll.,, particularitè C'l mrecdotc•.< de SVII J'C'RII<'. l 'oli .. Londra. Lyton. I"'H.:\. Toano 11 . pag.l.:\. CUI lllp in T.\!ùOI'\1 E,<;TF,'>E. nt.. pag. 206. cun H1p. in IAS!'.0'\1 E.'>TE'IJSE, cii., pag. 210.


PARTE ID

CARLO EMANUELE m



CAPITOLO XII Dall'avvento al trono alla pace di Vienna: 1730-1738

l) Dall'avve nto al trono alla prùna campagna Nato nel 170 l , quartogenito di Vittorio Amedeo li c di Anna ci'Orléans. Carlo Emanuele era il secondo fig lio maschio. Come cadetto fu trascurato per qualche anno, ma dopo la morte del fratello maggiore, Vittorio Amedeo, nel 1715, l'attenzio ne di lutti si conccntrc) su di lui. I1 padre l'm eva sempre con~iderato uno stupido. ma lo non era e lo dimostrò non appena cominciarono ad btruirlo al compito che l'ancnck?\ a. Vittori o Amcd<.:o g l i insegnò a gove rnar<.:, a curare l'amminiMrazione c l'esercito, a co ntrollare l'esecu zione degli ord ini dati. Provvick a ce rcargli una moglie - la prima dell e tre che avrebbe avuto - c la trovò in Germania. Morra do po due anni. gl ie ne Lrovò una seconda: Polissena d 'Ass ia-Rehinfels. ·on era bella, ma d 'a ltra pane non lo era nemmeno Carlo Emanuele1 e insieme si trovarono benissimo. Anche troppo secondo Viuorio Amedeo. il quale g li \'ictò di d o rmire co n la moglie pill di una volta a settimana e, nel 172H, arrivò pure a rimprovera rlo perché era co n lei eccess ivamente wnero. l 'abdicazione fXtlerna del 17:30 lo pottò sul trono senza sua eccessiva soddisfazione; ma. con gran senso del dm·ere. si dedicò ai suoi compiLi, tralasciando sempre più l'a malis..<-;ima caccia. Mariw fedele c amministrato re severo - per suo ordine ogni camino del palazzo reale non porcva bruciare più di tre ciocchi di legno al g iorno - politico attento e astuto, n d 1733 entr<'> nella coali zione franco-spagnola con tro l'Austria per la Successione di Polonia, colla formale promessa di Lu igi XV eli ricevere il Ducato di Milano. Gli accordi fra \ 'ersaillcs e Torino prevede,·ano l'in\'io di •10.000 uomini. comandati dal i\ laresciallo Vil1ars. d1e si sarebbero po">li agli ordini di Carlo Emanuele lll insieme a 2'1.000 piemontesi.

1 1\cl suo l'iaAAW ili Ila/in. avr.~bJ,.. s(-riuo th lui Charles de Aro"l.'' . .:he gli fu pre>ent;uo n.-1 17~0: "ha 1111 aspeuo spiace/YJI<', ,ftiiiii'CI p1ccola e jànHl illlllpllllca ... -.


298 Nel 1732 l'a rmata sarda allineava 24.608 uomini. La fanteria si articola\·a su un totale di 13.200 uomini divisi in 7 rcggimcnri d'ordinanza 2 nazionali, 1 estLri ,3 e uno - il Heggimcmo Sicilia - italiano, ai quali si porevano sommare i IO reggimenti prm·inciali 1 e <tOO uomini delle -1 compagnie presicliarie s;-~rdc c i 720 cldle 8 compagnie degli invalidi. La truppe a ca\·allo contavano 2.421 uomini su due reggimenti d i cavallen.t - Piemonte Heak e Savoia - e 3 d i dragoni - Dragoni di Sua Maestà, del Gene vesc e di Piemonte - ma \'i rientravano pure k tre compagnie delle Guarclu.: del Corpo, quella dci Dragoni Guardiacaccia c le due dei Dragoni di Sardegna La guerra portò l'elc,·azione del dispositivo a 37.67<-t uomini, di cui 6.0( n erano fanti provinciali , e <l.971 truppe a cavallo. G razie ai sussidi versati dagli alleati. furono reclutati quarrro reggimenti ed un banaglione S\ izzeri,"i un regg mento grigione, 1 un battaglione valclcse,U uno urbano della città di To rino e uno lomhardo, devando la fanteria a 25.920 uomini. L'artiglieria passò progrl sivamentc dalle 8 compagnie del 1733 alle 1.2 del 1734 e alle 20 del 1735. Con queste forze Carlo Emanuele ITT entrò in azione eli solo il 28 orrobn.. 1733 occupando Vigevano; il 29 hlocd> le piazze austriache d i Novara e Tortona Il 31 le sue tnrppc entrarono a Pavia: il 2 novemhrc iniziò la marcia su J\lilann facendovi entrare il 3 i 12 battaglioni e 9 sqmclroni del generale conte di Coign} I l governatore austriaco, conte Daun , avendo saputo dell'avvicinarsi deii"Ar mara Sarda, aveva messo un po' di soldati nel castello di Milano, altri 800 " Mantova c si era ritirato oltre il M incio chiede ndo disperatamente aiuto a Vien na cd abbandonando a se :-.tesse le fortezze della Lombardia . Carlo Emanuele 111 lasciò Coigny a predisporre le operazioni contro il ca stcllo eli 1\ l ilano, andò ad assediare Lodi e, dal 7, il sistema fortificato Gcr.t d'Adda-Pizzighettone. Il 15 i Francesi ··11011 tardarono a comparire e a riunirsi ai Sardi. formando

insieme con essi. loro a lleali, quell 'a rmata formidabile che gli lta/ioni cbiama l'ano l'armata dei G'allo-Sardi." 11 ' Come era già accaduto nella guerra preced ente, l'assedio del p ill imporwntl' sistema clifensi\'(> della Lombardia , dopo i\l an to,·a, cominciò dalle fonificazinn1 di Gera d 'Adda , che fu assalita da tutti i granatieri il 10. La notte fra il 17 cd il 18 nm·emhrc venne aperta la trincea, impiegando 2.000 sterrato ri proteu i da due lxmaglioni sardi, da due francesi e dalle c.:omtx tgnie granatieri dci reggimenti D auphin, clu i\la ine. d 'Angiò e Savoia.

l Cu:tnJk·. Savoia, \tonfi:~ ra to. Pu; mont e. ~a l uz~n. fud il<·n.

u1 ,\ b rina.

~ Schulemburg - :dcn1.1nno - lkhbintkr - tede,co - fk..,portt·'· poi ridenomlll.Ho Atttlilkrt

mi~to

Belmo nl, po• ri<knonun;no lhcdtman - ~,·iuero ,·au ..,,mo. ' Chi:l bk~l· e Ta mntasia in Savoia, Nizz.t ncUa Contea omoni11t.l . Ao., ta. Torino, \ 'e rLt'lli, Asti. ~londo\1 ~ Il hatt,l~hone e1.1 valle.;;mo e diwnne •Ili l dL'I ll(:gginwnt o Riedtman ; 1 nuovi rq~gimen t i erano i hemc· .;i (;u ihcn e Roguin. poi ridenom in<tto llie~lxtt h, e i c.lw: mhti l>upa,quier e t.hnlt


299 Tre giorni dopo iniziò il cannoneggiamento della fortezza. che si protrasse fino a turro il 23. La notte !:>ul 2-+ i granatieri di 16 compagnie sfondarono le difese austriache e presero la srr~1da coperta della Gera. L'indomani ci si dedicò a Pizzigheuone, aprendovi la trincea. \'isra la situazione, il pre:-.iclio della Gera chie.<>e d i trattare la resa, che fu accordata, a condizione di comprendervi anche q u ella d i Pizzighellone se entro l'H dicembre la sua guarnigione non avesse rit:e\ u to ..;occor:-.i. La capitolazione fu conclu..,a il 30 novembre e il 9 dicembre gli Imperiali uscirono da Pizzighettone coll'onore dell e armi. Il 10 il Re rientrò a l\lilano con parte delle '>Ue truppe, mentre il grosso dei Gallo-Sardi pone,·a l'assedio a tutte le altre fortezze lomharde meno ;o. tantova. La notle l'ra il 21 cd il 22 dicembre 45 pezzi d'artiglieria aprirono il fuoco sul Castello di ~lilano. Il 29 fu apetta una hrl'C<:Ìa c ne seguì la resa. La guarnigione imperiale uscì il 2 gennaio 1~.11 ..... m •endo chiesto e ollenuto tuili gli onori di g uerra, ta m hu ro ballenle, bandiere spiegate e carri coperti.fino o tltan-

tot•a, doz·e ç '(>l'Cl il quart ier f!.ellerale dei Tedescbi che 11011 m·et •o 110 an co l'Cl adunatoforze St(fJìcienti per opporsi aì progressi dei nemù.:i."1' I l 3 Coigny aprì l;t trincea sotto o,·ara, la cui guarnigione capitolò il 7 c ri piegò su .'vlanrova. 11 5 gli alleati pre:-.ero il ca:-.tcllo di Scmn·alle. Il 26 assediarono Tortona: Yi entrarono l'indomani. Due noui dopo aprirono la trincea sono il caste llo, nel quale s'era rifugiata b guarnigione. lo bomba rdarono con 1'5 cannoni c l() mortai e costrinsero i l.:~OO imperiali che lo pre~idia,·ano a capitolan.'. il '5 febbraio, e ad evacuare verso !\.l anto\ a il 9. Liberatosi degli Austriaci. Carlo Ern:.tnuele III assunse il titolo di duca di Milano cd iniziò ad arruolare i Lom bardi ..... per rinforzo c/(>// 'Armata. e la lel'a fa -

cevasi con del s11ccesso. correndo co11 mtillzo alacre 11011 pochi ad arrolarsi sotto lo Stendardo del Re di Sardeg11a. in cui n omej(mnaz •ctnsi li Re!!,l.!,imentr\· senza interrompere le operazioni militari. nonostante fosse giù im·erno. Entro la fine el i febbraio tuue le fortezze lombardc erano c:1clute.

n ) La campagna de l 1734 In marzo. passata la rassegna dell'Armata, forre ormai di 70.000 uomini, si tenne un Consiglio di guerra. Poi le truppe si spostarono ch.1\·anri a Parma e Piacenza, per proteggerle in quanto appartenenti a don Ca rlos di Borbone c quindi alleale. Carlo Emanuele a\·e,·a però un problema politico da risoh ere. La Regina eli Spagna desiderava che ai suoi figli l'ossero dati 'ap oli , Milano e Mantova; c questo conrrastava coi trallati tra francia e S:1rclcgna. che stabilivano l'atl'ribuzione dei due Ducat i ai Sa,·oia. Ora. se a\·e,·a già J\ lilano. Mantova. non essendo stat:l conquistata. l'l'a ancora da assegnare.


300 Parma , che sa rebbe toccata a don Filippo di Borbone, d a sé non era gran cosa ma, '>e fos!>e stata unita a ~ l antova, si sarebbe ripresentaLa la situazio nl· d u rata fino al 1707, con i Savoia circondati da Franc ia c Spagna. Il punto fondamentale della politica di Torino era quello di Emanuele Filiberto e Vittorio Amedeo: mantene rsi in equilibrio lra la Francia c g li Asburgo appoggiandosi all'una contro gli altri, o viceversa, ogni volta che fosse stato op porluno; e ci si poteva riusc ire solo conservando la possibilità di ricevere trup pe dall'alleato di turno. O ra , me ntre dalla Francia l'a rrivo deg li eserc iti si verifi cava dire ttament<: perché confinava dircllamente col Regno di Sardegna, non era lo stes-.o da l l'Impe ro. Infatti non bisognava dimentica re c he eventuali rinforzi prove · nient i dall'Austria, arrivati in Trentino, dO\'evano o chiedere il permc'>so di transito alla Repubbli ca di Venezia, tradiziona lme nte: francofi la, il cui lerrito rio si cstenclc\·a ad a rco dal confine svizzero, presso Sondrio. fin quasi all' I sonzo, isolando rotalm.entc il Ducato eli Mi lano dall'Impero, o imbarcarsi. al traversare il Lago di Garda da nord a sud e discendere il Mincio fino a 1\Ian rm·a. Caduta qucsra in mano ai Rea li di Spagna , i Savoia non avrebbero mai po tuto ricevere aiuti daii'Au!>tria e sarebbero stati schiacciati dalla tenaglia horbo nica al primo accenno di politica antifra ncese. Venezia si era pronunciata per la neutralità ma, non fidandosi della com.·ttczza dei due contendenti, visto quanto era capitalo nella passata guerra , ave' .1 rinforzato le proprie guarnigioni del Bresciano e del Veronese c a \'Cva farro alf1u irc truppe dal Levante e dalla Dalma zia. Ciò testimoniava quanto poco affidamemo si potesse fare sulla spcranz.1 che in una guerra futura le truppe austriache. magari a lleate dei Sardi. potesse ro passare attra\·erso il Veneto Dominio di Terraferma c. di conseguenza, qua n to fosse importante aggiud icare a Torino o. se non c i .si riusciva. lasciare a Vienna il possesso di Mantova. Così Carlo Emanuele III decise cl'aspctl:.lrne l.t definitiva assegnazione p rima eli iniziarne l'assedio. cl frattempo 27.000 spagnol i, .sbarcati a Lin>rno agli ordini del conte d i t'vlonte mar, si unirono a i rqx uti dell'I nfante don Carlo prove nien ti da Parma 1..' marciarono ,-erso sud. alla conquista elci regni di apoli c Sicilia. ln maggio ripresero i movimemi d egli eserciti nella Pian ur;l Pada na. L'armala austriaca, agli ordini del conte di Mercy, ricevuti 1inforzi dal Tremino. auravcrs<'> la Lombardia c, getta ti due ponti a Porziolo. ribuuati g li avamposti sa rd i da Borg hetto e San Benederto. il 1° maggio 173-1 passò il Po ed entrò nel Du calo di Parma, dirigendosi ,-erso Colorno. L'indomani i Franco-Sardi auruversarono I'Oglio divisi in tre colonne e con rratraccarono. La prima colo nna assa lì Curtato ne scacciand onc al primo assalto il presidio. La terza, com posta esclusivalllentc da cav:.tlleria, attaccò c respinse i corazzieri austriaci che si lrovava no a Borgoforte.


30 L La seconchl marciò verso il nemico con un'avanguardia speciale: il Re di Sardegna con 100 Guardie del Corpo cd il ,\larcsciallo \ 'illars con 80 granatieri francesi. Arrivati verso Martinara, i due comandanti vennero assaliti ed accerchiati da 500 in1pcriali, ma li contrauaccarono con tanta foga da riuscire a catturarne 2·1 e meuere in fuga gli al tri . A ~era le colonne si congiun sero a Borgoforte, da dm·e fecero partire una colonna di granatieri contro i ponti costruiti da i nemici. Ma Mercy li aveva smontati e s'era già ritirato. Aveva finto di voler entrare nel Parmigiano c si era arrestato a San Benedetto con 70 squadroni, 40 bauaglio ni, 12 compagnie di granatieri c 60 cannoni, c si sentiva sicuro, perché sapeva eli poter contare su altri 5-6.000 uomini, tra fanteria c cava lleria, stanziati fra sé c Mantova, c su i l S battaglioni c l .000 cavalieri della guarnigione di Manto,·a stessa. Il 22 mosse le proprie truppe, arricolare su tre colonne, e puntò ~u Colorno. La mossa produsse elci dissidi fra i ca pi alleari. Villars voleva attaccare, marciare su Mantova ed assediarla. Carlo Emanue lc invece ohbiettava che non era saggio andare ad assediare una simile fortezza a' endo nelle vicinanze tanti nemici. La spuntò, anche perché da Vcrsailles arrivarono dt:i dispacci coi quali ~i chiedcva d 'impegnare quanto più possibile g li Austriaci in Italia, ma senza batterli definitivamente. per evitare che potessero abbandonare quel fronte c concentrarsi in Germania. Villars dunque dovette cedere e, mettendo a\·anti la sua malferma salll[e/ 1 chiese ed ottenne eli lasciare il comando dl..'i Francesi , che fu assunto da Coigny. Contemporaneamente il conte di J\Jcrcy, colpito da un attacco apoplettico. doveLL\..' fa rsi tra~p01tare a Padova per essere curato c passò l'esercito al principe Luigi di Wi.intcmberg. Ultimata la paremcsi sanitaria, che li avC\'a tenuti fermi per un paio di giorni, g li orposti schierament i si rimisero in moro e si sconrrarono cinque ,·oltc in dieci giorni. Le danze furo no aperte a Colorno da 4 compagnie di granatieri alleaLi, che si azzufEtrono con 200 dragoni imperiali per il po~~csso del castello il 2'5 maggio. L·indo mani gli Austriaci, decisi a garant ir~i la fortezza, mandarono 800 granatieri cci altretwnti corazzieri a disputarla al nemico. Ma i '.100 franccsi del presidio non furono del parere di !asciarla c li respinsero. L<.t cosa era gra,·e; cd il l o giugno si fecero avanti .~.000 fanti e 1.200 Cl\'alieri imperiali, che intavolarono una discussione, sostenu ta dall'artiglieria. col signo r di Contacles. Dopo ave r intrarrenuto l'avversa rio pe r tre o re, clara la sitll azione generale, Conlaclcs fu autoriaato a sganciarsi c riparò con tutti i suoi,

h S1.1va male d;tnl'ro. infnui di li a poco mon a Turino. nd b ' Lc:-sa ~1:uv. 1 <' nd mctk-,inlo leuo in <Ui c:ra nato Hl anni prima.


302 senza perdite di sorta, dietro una linea di 10 compagnie eli granatieri c numerosi picchcni, mandata avanti per coprirlo. La cosa non piacque però al Re di Sardegna. Pertanto, avendo Sua Maesta ordinato di riprendere Colorno ed il suo ca~tcllo. il ti le ~ue truppe <Wanzarono e cleci~ero di fare un 'escursione oltre il l'iumc Orno e verso la forte7.za. Gli Au~triaci rinforzarono il paese. posero il gro~-.o al di qua del Parm,t 111 ordine di battaglia c si dimostrarono così decis i a non voler accettare visite sul loro lato del fiume che, dopo tre ore di combattimento alla testa del ponte. gli Alleati cambiarono idea. lkstarono sulla propria sponda. misero i pezzi in batteria e fecero p<tssare la notte in bianco ai difensori del castello. Contemporaneamente gettarono due ponti sull'Orno. li attra,·ersarono c punr.trono su Parma, inducendo gli Austriaci a spostarsi a Sorbolo nella giornata del .::; Il 7 Mercy, guarito, ripres(.' il comando c l'iniziati\ a. farri rinforzare i pre:-.Kh dc i propri magazzin i a Reggio e gillati tre pomi sulla Lenza . li varcò il ·1.1 e s·.tccarnpò presso San Prospero. Il giorno dopo ordinò di a~salire b fortezza cii Monte C:hiarugolo il cui presidio. 100 miliziani del Duca di Panna, assai saggt.tmente, si arrese alla prima intimazione di res<t. Gli Alleati si portarono allora a Cervera, a circa due chilometri e mezzo dal campo nemico, c si fermarono. Tuni i mm·imenti fatti fino a quel momemo ;n eva no una ragione ben precisa. G li Austriaci volevano Len<:re sepa rati i Gallo-Sardi nella Pianura Paclana dagli Sp~1gnoli, presenti in Toscana <.: nell'Italia Meridionale, per raggiung<:re questi ultimi c distruggerli prima che s'impadronissero completamente dei regni di Napoli e Sicilia. Infatti l'Imperatore non aveva modo di far affluire laggiù un consistente quantitati\·o delle proprie truppe altro che per via di terra . perché era privo di una flotta adatta. Proprio per que~to i Gallo-Sardi cercavano invece di rimanere a poca distanza da ll 'armata imperiale e Mercy, accortosene. i m ettì la marcia e s·a\'\·icinc') a Panna.

ID) Parma e Guastalla ln assenza di Carlo Emanuele III, partito i l 20 per raggiungere a Torino b moglie, gravemcme ammalata , il Maresciallo Coigny. a\'\'ismo da una spia. ;n'eva spiccato in ricognizione due reggimenti francesi, 29 compagnie di granatieti francesi e 7 di granatie1i sa rdi. Arrivati alla Crocl.'lla, in \'i~La dci ha~tioni di Parma, trovarono i circa 46.000 imperiali c 10 ca n noni di Mercy c ingaggiarono il combattimento, sostenuti rapidamente dal grosso. Morì il conte di Mercy, colpito da una cannonata: caddero quattro Marescialli francesi e Coigny venne ferito durante lo scontro. Dopo nove ore, il principe d i WC!rrtemhcrg ord inò la ritirata alle sue forze che. raccolti i feriti. ripiegarono Yer~o Reggio, decidendo in fa,·orc degli Alleati l'esito. fino allora incerto, dell a hanaglia.


303

Carlo Emanudt• Ili di Sa,·oia Re di ')ard<:gna.


.304

,. TI Re di Sardegna ... non arrivò che il dì dopo q11ella gran <l!,iornata. e trot•ò il campo di ballap,lia ch'era ancora di morti seminato. TI dolore di llOn essere stato all'azione. per aver parte della gloria, p,li tin) delle lagrime dagli occhi.''' 1 Era la mattina del 30. T conventi erano stracolmi di feriti; circa 5.000 alleati c 9.600 austriaci7 giacevano sul terreno, offrendo uno spettacolo così orribile agli stupefatti Parmensi che Carlo Goldoni, che assisté alla battaglia dalle mura della citrà, nelle sue Memorie parla addiriuura c..II 25.000 caduli. l Gallo-Sardi partirono all'inseguimento ma, per difficoltà eli rifornimento. si fermarono già il 30, dopo ~1\"er preso Guastalla, Parellara e 1.400 prigionieri. Poco tempo dopo, Carlo F.manuele lll, diffidando dd Duca di Modena e ri tenendolo un po' troppo ben disposto verso l'Impero, stabilì di far occupare il Ducato da lle truppe alleate. A dir la verità Rinaldo d 'Este, avvicinatos i all'Austria perché sperava di meL tere le mani su Comacchio8 aveva già sborsato una grossa cifra ai Franco-Sardi per "l'indulto di godere Le prerogatit•e di una intera neutralità."''" Quando seppe che cosa stava per accadergli. decise che fosse meglio fuggire e si rifugi<'> a Bologna, lasciando al marchese Rangoni l'incarico di perorare la sua causa davanti al Re di Sardegna. Appartenenti ad uno Stato neutra!<:, colte d i sorpresa c prive eli ordini, le guarnigioni estensi si comportarono in modo differente. Quella di Reggio rifi utò di capitolare; e i reparti alleati entrarono in città a discrezione. Quella di l\1odena, invece, il 20 luglio acceuò una capitolazione che la privava delle armi t' scioglieva la milizia, ma le garantiva piede libero, rifornimenti di viveri e mat<:riali eli casermaggio e, soprattuno, salvaguardava diritti, giurisdizione, e rendite del Duca. Nello stesso periodo fu risolta la questione sona fra le truppe imperiali e lo Stato della Chiesa, a caus:.1 degli sconfinamenti delle prime sia nelle zone intorno a Ferrara e Bologna che. da parre della guarnigione dello Stato dci Presiclii. nei feudi pontifici di Castro c Honciglione. Il resw dell'estate trascorse in manovre e tentativi d i ogn i genere , fra i quali una fallita scorreria imperiale il 9 agosto contro il quartier generale di Carl o Ema nude TJI , fino a settembre, quand o il feldmaresciallo conte eli K<>nigscck, nuovo comandante imperiale, riprese il piano d i Mercy e marci<'> dril-

l'reci,arnentc 4.000 sold:11ì c 6HO uiBdali tr.J morti~· feriti da palle dc~li Allc:lli. 9.600 tra morti e t't-riti. (.)i CUi 360 uflìçjaJi gli Imperia h Quc,li i dati ripOIUll nella Li.\te de f>et1eS SOI({fet1<-'> par (es de/IX pm1ÌS ( 1111{)(!rfaux et Françaìs) ti la batame de Panne 19 septembre 17.1-1. OriJ.:inale inizialmente: in AUSSME Fondo L .3- ~. ora tr.J,fcrito in AUSS\11' Fondo Antico. In reaho'i, senmdo 1 cakoli fa111 in ~t"guito, 1 nu>ni doncbbero e,,cn" .,lati circa '1.000 l"r:1 gli Alk'ati t' un migliaio in più fra gli T111pcriali. H Comacchio, appartenente al Papa dJ quando ~li E.">tensi an•vano pcr-,o Ferr:1ra. erJ St;JI,t occupal:t nd 1708 tla tn1ppe imperiali l' modem:.,i, rc~a dall"t\ustri~• ;~Ila Ch ic"~' nel 17 ..1-1. uuov;uncnle cx:cup:•ta 1WIIa gut:r r.1 in t:orso . (;li E't<: aHt:hhero tent.llo d1 r1.'ntpcr:1rla .tncor.1 fìn dopo la Gucrr:• di 'iucct:,,icmc: d'Au~tria . 7


DALl'AVVF.'ITO Al TRONO ALI.:\ l'ACE DI V JE\INA: 1 730· 17.~8

305

to su Guasta lla. Passò il Secchia a Quistello la notte del 15 e prese di sorpresa gli AJleati. TI Maresciallo di Broglie, colto dall'attacco nel suo quartier generale, "... ebbe appena il tempo di salvarsi in camicia. Jug~endo dalla porta di dietm della sua casa insieme con alcuni pochi della suafamig/iav 111 ..• comparendo davanti al re e a tutta l'annata senza brache dopo aver perduto tutto ciò che aveva al mondo di più caro: la propria reputazione, i suoi beni, la .famiglia1x ... Il resto delle sue genti, la sua guardia, composta d i 50 uomini con una Bandiera, diversi Uffiziali, e tra questi il Brigadiere Conte di Chamaran, suo figlio maggiore, furono presi con tutto il bagaglio, per fino al suo Cordone dello SjJirito Santo, le sue Carte e la Cassa oue avea una somma considerabile in oro."x Messosi alla testa della Brigata di Cha mpagne, Hroglie, tenendo il fronte, riuscì con Coigny c col Re ad evitare che lo sfondamento verificatosi divenisse un disastro, facendo affluire a copenura le fanterie sarde, riuscendo , bene o male, a ritirarsi su Guastalla e perdendo, colla giornata del 16, 400 morti , altti 500 fran cesi e tre interi banaglioni sardi presi prigionieri con i loro stendardi. Gli lmperiali si accamparono poi a San Benedetto, rimettendosi infine in moto verso Guasta lla, dove Carlo Emanuele, riordinato l'esercito e appostatolo su un ot.timo terreno scelto d i pe rsona nell'ansa del Po, li attendeva. Aveva disposto tutta la cavalleria e parte dell a fanteria sulle ali. li centro, tenuto dalla fanteria sarda, era appoggiato a tre cascine. Gli Austriaci attaccarono il 19 settembre. Non è chiaro se K<)nigseck avesse davvero intenzione d'attaccare o se ci sia stato costretto dall'iniziativa dell'avanguardia, così come non è chiaro se sapesse d'aver di fronte tutto l'esercito franco-sa rdo o se credesse eli fronteggiarne solo la retroguardia. L'errore potrebbe , dovrebbe, essere stato dovuto al movimento della cavalleria alleata, scorta dagli Austriaci mentre attraversava il fiume allontanandosi dalla zona di Guastalla. Secondo un fonte coeva , .sarebbe stato però un trucco, probabilmente ideato da Carlo Emanuele III, per cui la cavalleria lransitava su un ponte in vista del nemico, facendo vedere che se ne andava, per poi ritornare indietro ripassando il fiume in una zona più lontana e non visibile. Sia come s ia, K()nigseck fece avanzare le s ue truppe non in massa ma a scaglioni successivi e non poté g iovarsi di tutta la sua forza . Anche così l'attacco, o meglio, la successio ne degli attacchi , risu ltò difficile da contenere. Il primo tenta tivo fu compiuto da 12 compagnie di granatieri , sostenute da alcuni cannoni e da due reggimenti di cora zzieri contro i Sardi. Furono respinle dagli Alleati, che controcaricarono colla cavalleria cd alleggerirono la pressione nemica su lle proprie ali. Sperando di sfondare il centro alleato, te nuto dai Sardi dci reggimenti Guardie e Pie monre arroccati nel le cascine, avanzarono allora 7 battaglioni della riserva. Contemporaneamente Ko nigseck fece avanzare tutta la sua cavalleria ammassandola in uno spazio ristretto, ma , prima che potesse finire di squadronarsi, fu caricata sul lato da quella alleata al completo e battuta , mentre i due


306 reggirnenti sabaudi contrattaccava no alla baionetta la fante ria nemica, ralleman dola c fermandola. Al lora Kè)nigseck fece avanzare 29 pezzi d'artiglieria c po1tò avanti tutto quel lo che gli era rimasto per gettarlo sull'a la sinistra alleata, te nuta dai S:lrdi. La pre parnionc de ll'assalto fu lunga e diede a Carlo Emanuele Ili il te mpo eli accorgu senc e preparare le contromisure. Fece avanzare 10 cannoni a copertura dell'al1 sinistra , contrali<'> che nessuna minaccia si profilasse comro il centro e la destra. ordinò che cinque brigate francesi si spostas...,ero dalla destra alla sinistra e taglio corto d 'autorità a lle proteste dei genera li francesi che non vedevano l'utilità clel1.1 mossa. Le truppe si spostarono in tempo per sostcnerc l'attacco nemico. che tu infranto. Contemporaneamente Cn rlo Emanue le dové far contrastare una puntal:t nemica attraverso il fiume contro l'ala sinistra, che venne rinforzata spostanclm 1 lO squadroni eli carabinieri e un reggime nto eh Dragoni fa tt o appiedare. Inta nto continuava lo scontro sulla destra , che richiedeva lo spostament< progressivo di altre unità eli fanteria francese. Verso le quattro del ponwriggio l'improvvisa comparsa di due squadroni imperiali spaventò la Brigma france.,~_ de Souvré, che :-i scompigliò e mise in disordine anche la vicina fante ria pie momcse. I due squadro ni ca ricarono e sfondarono verso Gua~ralla. Ma , a partl il fano che Konigseck non aveva più riserve pe r sfJUttare l'occasione e che al cu ni suoi re parti stavano già cominciando a ritirarsi, Carlo Emanuele chiuse im mediatamenre la falla accorrendo di persona a riordinare k truppe e a ricon durle in linea. Così. al tramonto, do po oltre sei ore di lotta. persi 5 cannoni, 224 ufficiali, H.500 uomini e molte bandiere l'esercito impe riale si rifugiò a Luzzara. Quattro mila soldati e 360 ufficiali franco-sardi9 restarono su l terreno. Gli Austriaci e rano clefinitivarncnte confinati o ltre il Mi ncio e. dopo q ualclw mm imento nei mesi seguenti ed un abbozzo d'assedio fatto dai Fran ce~i al c:1 stello di Mirandola, tblla me tà eli dice mlxe e ntrambe le armale presero i quartieri d'inverno. Hcstav~l da risolve re la questione eli Mantova, che Carlo Emanuele non era minimamenre dbposto a lasciare ai Borboni una volta caclut:l; e la faccenda :-.r faceva urgente perch6 gli Spagnoli , conquistali i regni d i Napoli e eli Sicilia, sta vano risalendo la Penhola diretti proprio là.

IV) La campagna d e l 1735 e il blocco di Mantova A Parigi si e ra dec iso, d 'accordo con Torino. che il Re di Sardegna avrebbe rname nuto la carica di generalissimo dei tre eserciti alleati. i quali awehbcro

'' Quòw k pcrdlt<· secondo la Sntice sur /(1 b(ltmlle de c:uast(l/1(' eu tre IC's Amn·es Afli<;c'S et 1/njteriales rfu 19 S<1il<•mbre 1731, Al ''i'ìNIE, ghì in l. j - 7. 01~1 in Fondo Antin>.


307 cooperato. Gli Spagnoli si sarebbero occupati del Parmigiano. poiché si trau~wa dello Stato ereditario di Carlo di 11orbone. e gli 83.000 10 franco-sardi. a\Tebbero impegnato gli Imperiali, destinando '50.000 uomini contro l'alto e 30.000 contro il basso corso dell'Oglio. G li Imperiali erano dblocari nel Serraglio Mantm·ano c guarnivano le rive destre del Po e deii'Oglio con una deci na d i d istaccamenti acquartierati tra Bozzolo e Viadana. Il loro piano pren~de, ·a di arrire la partita con la presa di Vescovato, che avrebbe dato qualche serio fastidio agli Alleati. Co~ì il generale \Vallis pre..,c 1.000 uomini e nonetempo u~d dai suoi accampamenti: ma quando all'alba arri\ ò sull'obbielli,·o, scoprì che la guida si era sbagliata c l'a' C\ a condotto non a \ c!>covato ma a Scandolara. La prese e tornò ai ~uoi quartieri. A fine febbraio tentò un colpo contro Luzzara, ma non concluse nulla. Gli andò meglio quando spedì un corpo olt re I'Oglio. perché fece prigionieri i Francesi che guarn ivano due posti avanzati. Il successo lo incoraggiò a perseverare; c in marzo saggi6 la li nea a\·versaria qui c là. Il 16 il conte di Khnigseck rientrò all'armata c diede le disposizioni necessnrie per la riapenura della campagna. Intanto Luigi X\' an.'\ a affidato il comando delle ~ue truppe in Italia al :\laresciallo eli '\Joailles. semprl' in subordine a Carlo Emanuele III. Prendendo spumo dalla richiesta c1 ·e~oncro per moti,·i d'età a\·anzatagli dal Maresciallo d'Asfcld. comandante de ll ·e~ercito francese sul Reno. a\·e,·a destinato a sostituirlo Coigny, pensando, non a totto, che la presenza in Italia di Noailles avrebbe facilitalo i contmti cogli Spagnoli. visto che ne lla preceden te guerra eli Successione era stato no1n ina ro da Fil ippo V Grande eli Spagna e Cctpitano Generale degli esercit i spagnoli. A d ire il ,·ero il problema non era immediato, perché gli Spagnoli non si affrettavano molto. preferendo dcdicar~i pritna ad assediare le piazze di Po11o Ercole c ~lontc Filippo nello Stato dci Presidii. Il 22 aprile quel ciclo operativo era t<.:rminato c Montemar ordin<'> di puntare sulla Lombardia. All'inizio di maggio gli Spagnoli erano a Bologna e wnnero ad unirsi ai Franco-Sardi. L' ll maggio Ca rlo Emanuele III tornò :di'armata. Aveva tardato a causa del la morte clelia mog li e, avvenuta il 13 ge nnaio; ma non si era ve ril'icato nessun comba[(imcnto fino allo ra e la sua presen:!.a non era stara necessa ria. Dopo il suo arrivo. le truppe alleare. concentrale fra il Po c l'Oglio. ricevettero l'ordine di gittare un ponte auraverso il Po. fra Viadana e Brescello e di avanzare. Il 17 l'esercito termin<'> il transito del fiume e a,·anzò verso Guastalla , mentre nello ~tesso tempo tutti i distaccamenti francosardi sparsi nei ducati dì

10 ~~condo k IHe pubhlic11e .tllor.1, .lil'inizio ddla camp;1gn;' i r r.1nn·., i 'ducrcl\·ano ';7 ..1'10 uomini, i S:1rdi 2(1 ·1'\0 c gli Sp~gnol i , l imilal:u n~niL' a ll' ltC~Iia dd nord. 2).190.


308 Parma e Modena lasciavano gli accantonamenti c venivano a riunirsi al gro~~o. Gli Alleati si atticolarono così '>LI tre lince: la prima. centrale. da Reggiolo tl Secchia era comandata dal Re e da Noailles; la seconda , che costituiva l'ala dl'stra, era comandala da Montemar, dal marchese di Susa e dal marchese de lktz e copriva il l\ lodencsc. La terza. l'ala sinistra, aveva un comando francosarc.lo ~: andava da Viadana a Bozzolo. Subito dopo fu tenuto a Guastalla un Consiglio di guerra. nel quale Carlo Emanuele fil, d'accordo con Noailles e Montcmar, stabilì di ricacciare il nemico oltre il Po a qualunque costo. se possihi lc manovrando. se no attaccando con decisione, dirigendo il grosso dell'Armata alleata contro Mantova c diswccando un'aliquota contro Mirandola per assed iarla. K6nigscck a\'C\'a piLI o meno capito a cosa mirassero i nemici, ma credl'\ .t che volessero forzare il passaggio deii 'Oglio, ragion per cui vi aveva destin:tto 20 battaglioni c altrettante compagnie di granatieri, appoMandole a San BcnLdcno, rinforzando le mettendo aIle loro spalle dragoni e corazzieri . Poi ave\ .t piazzato altri due reggimenti - uno eli dragoni e uno di corazzieri - a Gonzag,t cd il tenente generale Leutrum, con un grosso corpo. suii'Oglio stesso. Ma quando seppe che il Re di Sardegna stava facendo costruire il ponte ,1 \'iadana per andare a Guastalla. decise eli concentrare turro l'esl'rcito a San lk nedctto e eli fortificarvisi , mantenendo alcune posizioni. Carlo Emanuele III decise d'eliminarle e il 20 maggio spiccò il ~Jaresci,tll o de Noailles, con l H battaglioni, '5-! cornpagnic di granatieri, 6 reggimenti di dragoni e 6 pezzi contro Gonzaga; mentre il marchese dc J'vlaillcbois punta,·a -.,u Reggiolo con due brigate di fanteria, due reggimenti di dragoni e sci squadront di cavalleria. L'impre~a richiese una dozzina di giorni ma ebbe pieno ~ucce~so. li :l,O maggio 1'\oailles auaccò Gonzaga, passò il trinceramento nemic"o, bombard<'> d castello c le mura e li conquist<'> d'assalto. carturanclo il presidio imperiale dopo una furibonda resistenza. Due giorni dopo Maill<:hois a....salì c conquist<'> lkggiolo, facendovi 140 prigionieri. Avuta la notizia dei due successi. Carlo [manuele II! mand<'> un grosso dt staccamem o o ltre I'Oglio ad impadroni rsi eli Gazzuolo e San Michele, dopodi ché tutta l'armata marciò su Bondancllo per attestarsi sul Secchia. Poiché gli Spagnoli avevano intanto varcato il P<maro, Kònigscck c 1pì final mente: a cosa mirassero gli Alleari c rirass<'> il Po su due ponti , disponendo k sue truppe ~ulla ri,·a sinistra per contrastare la loro avanzata. Ci riu:,cì appcn;l in tcmpo. perché le p unte avanzate all eate era no ormai a circa tre chilometri di distanza. AtTi,·arono al fiume mentre i genieri imperiali avevano cominciato .l smonta re i ponti e cominciarono sub ito a sparar loro addosso. Gli Austriaci ri~poscro al fuoco coll'artiglieria c misero in acqua delle barche cariche di dragoni <.: Croati, che coprirono colla loro fucileria l'opcr<t dci ponticri. i quali poterono terminare il ripiegamento dei ponti c S\'ignarsela in barca giù per il fiume.


DALL'AVVENTO AL TilOI\"0 AU.A PACE l.)l VLEI\"'IA:

1730-1738

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Fatto questo, Kè>nigseck lasci<) il conte Neupperg nel Serraglio con 11 battaglioni di fanteria e 5 reggimenti di cavalleria e si diresse col grosso verso Ostiglia. Là lo aspettavano i pontieri e là ricostruirono i ponti , in modo da consentirgli di passare a Revere. Aveva infatti saputo che un corpo francosardo stava puntando su San Benedetto, mentre gli Spagnoli si stendevano su l Secchia fino a Quistello, e voleva fare una ricognizione. Traversò il fiume e si diresse verso Quingentole, dove sapeva essere un posto avanzato della cavalleria spagnola di cui si occuparono gli ussari. All'alba del mattino seguente, 6 giugno, Kònigseck poté osservare a lungo il campo alleato, notando che le truppe si erano messe in movimento, ma senza riuscire a capire se stessero andando a Revere o a Mirandola. Solo in tarda mattinata il dubbio fu sciolto colla comparsa a circa due chilometri da Revere d i tre colonne di granatie1i francesi, seguili dall 'artiglieria pesante c da tutta la fanteria e la cavalleria. n corpo alleato, che era comandato da Noailles e Montemar, attaccò i posti avanzati degli imperiali intorno a Revere e se ne impadronì dopo qualche ora di combattimento, poiché Kè'migseck preferì lasciare la cittadina, poco utile, e far ripassare il fiume alle sue truppe , ripiegando i ponti cd attestandosi sull'altra riva. Presa Revere, gli Alleati v i piazzarono una batteria d'artiglieria pesante e aprirono il fuoco sul nemico, che rispose. TI duello continuò fino a notte. intervenne anche la flottiglia di galeotte imperiali da poco arrivata sul Po, che però si trov<'> presto a mal partito. l suoi equipaggi entrarono in azione nonostante i loro ufficiali non volessero. Non essendo dotate di pezzi forti quanto quelli terrestri degli Alleati, le imbarcazioni austriache si trovarono subito in difficoltà. La loro Capitana fu crivellata di colpi in un istante; c tanto bastò agli equipaggi per indurii a prender terra sulla riva opposta , abbandonarvi le galeotte e disertare. Sospeso d urante la notte, il duello d 'artiglieria ricominciò la mattina seguente, 8 gi ugno; ma Kònigscck ebbe la sorpresa di accorgers i che il fuoco alleato non era di preparazione al forzamento del fiume, bensì d i copertura allo sfilamento dell'armata verso San Benedetto. Infatti la medesima sera Carlo EmanueLe m entrò a San Benedetto con gli ultimi 30 battaglioni cd altrettanti squadroni clell"annata, vi pernottò e ne ripartì la mattina seguente con rutto il grosso, !asciandovi il marchese de Ma ill ehois con 12 battaglioni, 8 squadroni cd un distaccamento di ussari, come collegamento a Montemar e sorveglianza del tratto del Po compreso tra il Secchia c Borgoforte . L'11 il Re fece attendare l'esercito a Bozzolo, distaccando granatieri e cavalle ria a protezione dei d ue ponti che ordinò eli gittare suii"Oglio. Contemporaneamente fece traversare il medesimo fiume a 12 battaglioni di fanter ia e due compagnie di dragoni per prendere Marcaria . A questo punto Kònigseck. informato eli q uanto accedeva e te1nendo di vedersi tagliare le comunicazion i, fece levare il campo in gran fretta c, nella not-


310 te, clire!'>se il suo grosso da Ostiglia a Governolo, lungo il Mincio, rimanendo ,t Ostiglia con tre reggimenti eli cavalleria c consistenti aliquote di fanteria regolare c croata per <:oprire il più lento mm i mento delle salmerie. Il 1<-f l'armata imperiale era sono ~lanro,·a. li 15 Ki'>nigseck la raggiunse colle retroguardie c i carriaggi c decise che l'unica cosa che porc,·a fare per non rimanere isolato dalrAustria era aumentare b guarnigione di !\lanto\ a e ritirarsi in Trentino in attesa di rinforzi. Detto fatto, aggiunse alla guarnigione 7 battaglioni di fanteria. '>Laccò 5.000 cavalieri verso Goito in osser\'a7.ione e accampò il grosso a Virgilio, colla destr,l verso San Biagio c la sinistra verso il M incio. Ma, visto che i mm·imenti di Carlo Emanuele 111 sembravano dircrri ad occupare Valeggio. Kònigscck decise di defilar,-;i, levò il campo, richiamò i corpi d'osservazione. si spostò a Valeggio c da là il 19 giugno instradò Yerso il Trenrino le salmeric. i feriti c gli ammalati. Spera,·a che Carlo Emanuele Tl1 a\ rl'hhe ral lentato la st1a avanzata, anche perché i soldati alleati dovevano essen: stanchi dopo quindici giorni di marce c controman:e ininterrotte: ma il He continuc'l imperterrito: e al i\laresciallo non rimase che la ritirata immediata \ erso il nord Abbandonò 300 carri di l"oraggio. che rurono catturati dalla cavalleria alleata a Goito. e puntò sull'Adige. Carlo Emanuele g li mandò dietro 12 battaglioni Ji fanteria c .3 reggimenti di dragoni c lo agganciò proprio sull'Adige mentre si apprestava a varca rlo su due ponti. Poiché si trova,·a in condizioni cl"inferiorità numerica. il distaccamento in-.cguitore chiese rinforzi al Re, che gli sredì subito tutti i gr;.1natieri, ·10 squadroni di cava lleria e 100 uomini da ogni battaglione eli fanteria. mentre Montcmar in,·ia,·a tutta la sua c;n·alleria. Ma i rinforzi non giunsero in tempo: e Konigseck poté attraversare il fiume e rip iegare i pon ti in relativa tranquillità il 22 giugno per poi risa lire in direzione di Trento. L'annata imperiale L'ra ridotta a soli 12.000 fanti, 8.000 cavalieri, ,100 c:1rn per le salmeric, 100 per la polvere eia sparo ed un numern imprecisato per le munizioni d"artiglieria. perciò Kònigseck acquartierò le truppe e partì per \ icnna, lasciando il comando al conte von Kevenhullcr. Inranro nella Pianura Padana Carlo Ema n uele aveva affidato il blocco di t\ lanrova a Maillebois. Questi piazzò -o cannoni e 10 morrai d"asseclio intorno alla ciuà. Organizzò una tloniglia d i barche porta mun i7.ion i e, impaclronito~i delle ga leone abbandonate dagli Austriaci all 'inizio dd mese vicino a Revere. le riutilizzò per pattugliare le acque del lago ed impedire che la città potesse essere approvv igionata. I nfine stahm le sue truppe i n un largo anello intorno a Mantova. in hlocchi di l. ')00 uomini ciascuno . • on potl' fare di più perché l'aria malsana delle paludi ed il caldo nuocevano alle truppe cd impedivano d i avvicinarsi eli più alle fortificazioni cominciando un assedio \'ero e proprio. Con tcmporaneamenw andava risolto il p roblema della gu~l rnigione austriaca ancora presente a Mirandola. Carlo Emanuele affidò il compito agli Spagnoli.


DALL'AWF\ITO AL TRONO ALLA PA<.:E 1>1 VJENM: 1730- J7~-\8

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che vi si p resentarono nella seconda decade eli lug lio c, con molta calma, aprirono la trincea il 20 dello stesso mese. Il 30 agosto il presidio batté la chiamata e si arrese dopo 40 g iorni di trincea aperta. Tranne che a Mantova, non c'erano più Austriaci in Lombardia. E, per ottenere questo risultato, a Carlo Emanuele era bastato manovrare. Senza scontri di 1ilievo aveva passato il Po, obbligato g li Austriaci a ripiegare in Trentina e li aveva insegu iti fin sull 'Adige. Un ottimo risultato con pochissime perdite.

V) Le manovre in Veneto e la f'me della guerra

L'unico pericolo che a quel punto poteva minacciare l'assedio di Mantova consisteva in un ritorno otTensivo degli Imperiali dal Tremino, magari con la collaborazione degli Svizzeri. Effettivamente Carlo Vl aveva preso conratto colla Repubblica dei Grigioni per ortcncrnc aiuti; ma, saputasi la cosa a Versaillcs, Luigi XV fece partire un inviato straordinario, che il 20 agosto presentò ai Grigioni una cortese quanto velatamente minacciosa lettera, sufficiente ad indurii a respingere qualunque proposta austriaca. Eliminato il rischio d 'un inte rvento svizzero, Carlo Emanuele si preoccupò di chiudere e presidiare i passi da cu i potevano arrivare gli Imperiali se avessero voluto ridiscenderc in Italia. Formò quindi quel la che chiamò Armata cl'Osservazione, composta da tutte le truppe alleate non impegnare nel blocco di Mantova, e la fece entrare 1'8 settembre in territorio veneziano. l Francesi furono ripartiti in Veneto, i Piemontesi vennero concentrati a Salò per difendere la riva sinistra del Garda; e gli Spagnol i dovettero avanzare sul basso Adige e nel Veronese. Si ripeteva la medesima situazione strategica del 1701. Come allora g li Austriaci provarono a scendere nella pianu ra; ma a rrivc) l'inverno e rutto si fermò. In tutto questo, Mantova sembrava essere stata dimenticata, nonostante per la sua posizione strategica e la sua destinazione - ancora da decidere - fosse senza dubbio un obiettivo di pri maria importanza. Il motivo di ramo apparente disinteresse era sempre nell 'incertezza di chi l'avrebbe avuta dopo la guerra. La complicazione maggiore per la condona dell'assedio era quindi politica e non militare. Fra l'altro era a nche sorta una disputa in merito al comando supremo, perché Elisabetta Farnese pretendeva che i suoi soldati ohbedissero esclusivamente ai Borboni eli Spagna cd ai lo ro rappresemanti, cioè a suo fi glio, il n uovo l{e eli Napoli Carlo, c a Montcmar che, a sua volta, non avrebbe dovuto riconoscere alcun altro superiore; mentre sottosravano al comando di Carlo Emanuele 11 l i Sardi come i Francesi. Quando a questo ed a lla destinazione di Mantova si aggiunsero pure delle q uestioni riguardanti l'attribuzione della Lombardia, la misura, s pecie a Versailles, venne ritenura colma. Così il 1\e di Francia, seccato dalle continue e perentorie richieste che venivano avanzate da lla Regina eli Spagna, inviò c h.iari o rdini al duca d i Noailles, che li passò per


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Cwn 1 ~1 DI c,,,, S11n .1

competenza al marchc~c de J'vlaillebois il quale, ricevutine di analoghi da Tonno, li eseguì alla perfezio ne, col risultato che sotto Mantova in prmica non si sparò più un colpo. almeno da pane dci Franco-S~ucli. Ci furono infatti ..,olo due piccoli scontri fra Spagnoli ed Imperiali in agosto. Intamo l'intervento russo aveva permesso all'Imperatore di disimpew1are truppe dalla Germania per im·iarle in Jtalia. E con lodevole senso di solidarietà gli Spagnoli levarono le tende non appena appresero la not izia, sperando in una disfalla d<.!i Gallo-Sardi che. cacciandoli dalla Lombardia , ne rimeues...,c m discussione il dominio. Ma l'esercito di soccorso non arrivò a Mantova cd i Franco-Sardi prosegui rono l'assedio. Poi un principio d'intromissione diplomatica da parte delle Potenze Marinime indusse Vienna ad avanzare delle proposte d i pace. Fleury, ben lieto d'aver evitato l'intervento militare inglese, le accettò, arrivando ai Preliminari di Vienna del 3 ottobre '3S. ed al conseguente annistizio, che stabili,·ano un progcno d i assetto politico. Col procedere delle trattative gli esercrtt incominciarono ad abbandonare i territori occupa t i, terminando entro la fine dell'autunno del 1736 e venendo progrcssivamcntc smobi litati. li La Pace di Vi enna del 18 nm·embrc 17 jH stabilì il num o as..,etto poi itico territoriale europeo che, specia lmente in Ita lia , presentava delle grosse no\'ir;J. Augusto Ill rimase re di Polonia; Lcsczynski ricevé la Lorena, la contea di Bar e :'\ancy, colla condizione che, alla s'tra morte, sarebbero passate al1.1 Francia. Il Duca di Lorcna, che aveva sposaro Maria Teresa d'Asburgo, unica figlia ed erede dell 'imperatore Carlo VI, fu trasferito in Toscana. dove la Casa Medici s'era estinta nel 1737 con la morte del granduca (~iangastone. Carlo d i Borbone fu riconosciuto re di Napo!i 12 c d i Sicilia; mentre l' Impero riacqu istò Milano, tenne Mantova e si aggiudicò Parma. Carlo Emanuele Ill. privato della Lombardia perché le altre Potem:e aveva no deciso di evitare l 'usc ita degli Asbu rgo dall 'Italia, dove potevano fare da contraltare ai I3orhoni. ouenne solo le province eli . m·ara c Tonona cd il feudo imperiale comprendente Cairo e Millesimo. Avrebbe comment:Ho Vo lt aire: " il Trattato, in ueritrì. J/On soddisfece né la Spagna né la Sw•oia. ma do11ò la Lore11a alla Francia.

e. qrumdo bisouna scegliere ji·a i propri alleati e la propria patrio, 11011 L'i i' conjronto."x1

11 Dt'll<lgli in m~·rito alla ,mobilitaziorw si hanno dal Hl'RW l 'iRiieuo L·cmleneule i.slnczwut al/ 'ispellon• ,v,e· uemle del/afamerra WJI'ra alcune dt.sposiztolli a dm-;1 riguardo ai 1'1.1/.RIIIU'ntipmrmcinli. ckl li ago,lo ~~~6. rir. in D l HOI'i, voi J(XV!II, pag. '528; <bi Regio J:'cltllo per la /('t'li ed il nmpiazzwlwlllo de're~inw11/t prorill citt!ì del 4 marzo 17:P. rip. in DI 'BOl.'>f. vol. X,'(VJ II, pag. '>:H e dal Parallelo del/a forza di Heggimenll ti'Ordi/l(mza tloJXI In riduzione ~111ta nel 1-:~6 a quella che si propone di jt1re nel 1-18 con la dmmstraztmw del ptede in cui t't'ano nel corso dtque.sta guerra, ms in AI JSS\IC, L~. 11. ~lati Prcuniran- Piemomc. Il S;m:hhe stato :-.cmpre ricordaw <·ome· Carlo 111. ma qlto.:,lo era l'ordinale con cu i :tvn:hbc regnato ,uJI.t <.,pagna. Come re di Napoli era Carlo \ 'Il


31.)

Due le conseguenze della guerra. La prima , di ordine politico, consisteva nello stabilimento d'un assetto che, a pa11e qualche mutamento anche di una certa rilcvanza. sarehhe restato in piedi per oltrl' 120 anni, scomparendo dalla scena del mondo solo coll'Unità d'Italia. li potere dell'Austria veniva ridirm:nsionato, ma restava; cd accanro ad esso ne appariva un altro: i Borboni cl i N~1 poli. Avrebbero tentato di espandersi o no ? Quanto sarehhero risultati pericolosi per la Sardegna nella loro indubirahile qualità di alleati fissi della Francia c della Spagna in caso di guerra? Quali sa reblx:ro state, insomma, le consegul'nze dell'instaurazione a Napoli del dominio di Carlo di Borbone su l progeno sabaudo di assoggettazione dd l'l'Sto d'lla li~l ? L'unica cosa certa era che. comunque volesse agire, la mbura della sua potenza sard)he stata clara dall'unico strumento diplomatico 'era mente risoluth·o. cioè dal suo esercito. In Italia stava per n:1srere un !':more militare nuovo, e quest<J e ra la seconda conseguenza della guerra. ma le sue capacità e rano un'i ncognita. Sconosciuto, perché ancora da organizzare. per il momento l'esercito napoletano pote\a dare una sola certezza ai politici della penisola: quella che o..,arehbe stato un dememo di c ui tener cont o in fururo. Dopo pochissimo ten1po, la Cue rra di Succl'ssione d'Au:.tria lo avrchbe dimostrato.


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CAPITOLO XIII La Successione d'Austria

l) La Pragmatica Sanzione e il voto di Boemia: 1740 Carlo Vl d'Asburgo, come il suo rredeccssore e fratello Giuscrpe l, non aveva figli maschi. Per questo motivo aveva en1anato il pnwvcdimcnto straordinario, noto come la Pragm:uica ~anzionc del l 9 aprile 171:3. con la quale sanci,·a l'ordine di successione al trono, l'indi' isibil itù di tutri i suoi Stati ereditari e. in sostanza, il diritto della propria primogcnira, ~laria Teresa. di ricen.:re la corona. Entro il 17'10 il documemo era stato riconot.ciuto da turri i principi tedeschi e da q uasi tu ll e le Potenze eu ropee; e lui poté spegnersi tranquillo, il 20 ottobre, sicuro che sua figlia sa rehbe stata imreratrice. Ma naturalmcnrc la faccenda non poteva scorrere così liscia. La rietra dello scandalo fu il cosiddetto ..,·oto di Boemia"' .. econdo la Holla d'Oro. il documento con cui nel l 'i •9 l'imperatore Carlo V aYeva stabilito le regole della trasmissione del potere nell'Impero. la corona di Boemia - una delle novc 13 che davano il di ritto d i <:leggere il nuovo imreratore - poteva essere ereditata da una donna; ma la connessa faco ltà elettora le poteva essere esercitata solo da un uomo. La nu ov~1 regina di Boemia era Maria Teresa d'Asburgo e, arpena entrata in possesso dell'eredità. si era afirettata ad associarsi come Reggente, col rcscritto del 21 non:mbrc 1740 il marito. il granduca di Toscana Francesco Stefano. duca di Lorcna e Bar. Se Francesco Stefano avesse ri fiutato. cosa che m·viamente si guardò bene dal fare. il voto boemo sarebbe r imasto vacanre. Gli Asburgo si sarebbero ugualmente potuti candidare al t rono imperia le, come del resto qualsiasi principe tedesco; ma non avrebbero avuto \'oce ncll"ckzione. Sicuramente la loro candidatura ~arcbbe riuscita sconfitta c questo li avrebbe fatti precipitare al ran-

1{ In realt:·• ;ti 1\"tllpo dt C trln V <·r:mo dt llll·nn. Da l le ì dd primo '600,- Colol1i<l. ,\·l:lgon;o~, l're\ iri. Palatin.uo, Sas,oni:t, llrarl<khurgn <' HoemLI ,,thmno ;J H qu:mdn b dignila t'11·1Lorak \ 'l"I11W ,.,lL'':t .li due~ di H;t\ tna .llb fine del LI Cu,•rr:t dei Trem .\11111 l' d•n·maro11o 9 d:tlla lìtw d<· li~ <;ucce,,iont• !">p;tgnol.t. quando 'i t'rl.''"-' in dcuor:llo ,l!ll hl.' n l.lllnO\ er.


316 go d i un qualunque sovrano germanico di seconda categoria. facendo loro perdere nmo il potere di cui avevano disposto fino allora . Che questa fosse la ragione vera lo si capì subito. perché il medesimo 21 non:'mbre la eone di Vienna oltre all'Alto di Reggenza, ne stilò un altro, col quale Maria Teresa commetteva al marito la f'acolt:ì d'esercitare le funzioni elettorali di Boemia. Ne nacq uero contestazioni a non finire da parte degli EI<.:Uori di Sassonia v di Baviera e, poiché non c'è due senza tre, apparve un ultimo pericoloso scontento. Sua Maestà Federico II di Prussia decise che ew giunto il momento di chiudere una ,·olta per tutte un 'amica comroversia fra Hohenzollern ed Ashm go e stabilì d'occupare il D ucato d i Slcsia. sul quale b sua Casa vantava diritt i antichi quanto dubbi. Così, il 12 dicembre 17LIO, p ubblicò una dichiarazione sulla Slesia e il 16 dicembre passò il confine, dando inizio alla Guerra per la Successione cfAuMria Maria Teresa, sperando nel sostegno delle altre Potenze, si oppose alle richieste prussiane: ma Federico trovò appoggio ed aiuto nelle persone degli Elcuori di Baviera c di Sassonia. T due Principi avevano sposaro l<.: uniche due figlie di Giuseppe I d'Austria e l'flohenzoller suggerì loro che. se b Pragmatk.t Sanzione srabiliva la possibilità eli succcssion<.: in linea femmin ile, era più giusto che il rrono boemo toccasse prima alle due figlie eli Giu-.eppc I , che era .'>lato ti più anziano dci due scomparsi imperatori. anziché a quelle del più giova ne .. l partire da Maria Teresa. L'idea piacque all'Elettore di Baviera, ma interessò mollo anche Versailk~ e Londra. La rrancia aveva sempre cercato di tornare ad una situazione all .t Richelieu , con una Germania divisa ed indebolita il cui capo fosse, evenrualmentc, controllato da Versa illes. Erano fallit i i tentativi eli collocare propri uo mini sui troni elettorali del Pal;uinato e di Colonia , che erano costati la Guerra del la Gra nde Alleanza; ma ora si presentava un'ottima occasione. Un allea LO, ché tali erano i \Vittclsbach fin dai tcm p i della successione spagnola, il qua le fosse asceso al trono imperiale ed il cui an tagon ismo cogli Asburgo era la miglior garanzia di fedeltà alla Francia, era quanto di meglio si potesse ck siderarc per sottom euerc la Ge rmania. Questa linea politica venne sostenuta dal ~laresciallo dc Bellc-lslc, ambasciatore francese presso la Oiera dell'Impt•ro, e r iscosse co nsensi sia in Francia sia in Germ ania, dove i prin cipi vedeva no sempre di buon occhio ogni occasione per ridurre il giù minimo potere dell'lmperatore. Per contro l'Inghilterra, che tramite il re Giorgio Il, Elettore di H annovcr, aveva voce diretta nell'elezione de i sacri romani germa nici sovrani . non gradiv:t certo un aumento della potenza francese a scapito eli quella austriaca ed a detrimento della Balancc of Powers ed era proma a osteggiare un ca ndidalo filofrancese. Ogni indug io \·enne messo da parte quando si seppe che il 1O aprile 17LI I l'esercito prussiano aveva clamorosamente sbaragliato quello austriaco.


~~-'~S_L_ <(_E_"_I<_>,_I_I>_·A_ I_ ,n _l_ ~ __________________________________________________~31 7

La Francia si armò ··per proteggere le liberrà wdcschc·· e mise in moto la propria diplomazia. l\lentre, il 5 giugno, Luigi XV riconosn:,·a la Slesia come proprietà di re Federico, i suoi ambasciatori premevano sulla Svezia perché assalisse la l{ussia, alleata all 'Austria dal tempo del Principe Eugenio, e si accordavano coi Prussiani per sostenere la candidatura di Carlo Alberto di W ittclsbach al trono imperiale. Po i, visto che l 'impresa sembrava sicura, vi si unì anche la Spagna. rispolverando le sue mire su Parma, Mantova e Milano. In agosto un "esercito ausiliario·· francese pass<'> il Reno per unirsi ai B:l\'a resi ed entrare nei territori asburgici. sempre per ..garanrire le libe1tà tedesche" . La Svezia dichiarò guerra alla Hussia e in seuembre, caduri gli ultimi dubbi, anche i Sassoni. proiettati verso la ~ l oravia e l'Alta Slesia. mossero contro .\laria Teresa. Tutto il Centro-Europa c ntr~l\·a nel conflitto. L'Austria era :.1ssalita da ogni parte c, nella tempesta, poche erano le buone notizie: l'LJngheria si era dichia rat<l in bvore di Maria Teresa , che ne aveva confermato i dirilti ed i privilegi ; la Turchia , nonostante le sollecitazioni francesi, rifiuta va di aggredire l'Austria ; l'Inghilterra, travagliat:.l da un'intricata situazione politica interna, non poteva intervenire, ma elargi\ '3 un su-;sidio annuo di 300.000 sterline per sostenere gli eserciti austriaci. Poiché Yenezia si era di nuo,·o dichiarata neutrale, re:-.t:.t\'a una sola Potenza che non si era anco ra mossa cd era la Sardegna. l Savoia in passato avevano riconosciuto la Pragmatica Sanzione Carolina; ma poiché il problema formalmente verteva sul vmo d i l ~oemia e non su eli essa, Carlo Emanuele UT era li bero di fare come meglio credeva e veniva correggiato dagli Alleati c cbll'Ashurgo, attralli entran1hi dal suo esercito. I primi gli offrivano ingrandimenti in Lombardia , da dividere però coll'Infante don Filippo di Borbo ne; la seconda si limiw va a promettergli Vigevano. Insieme al marchese d 'Ormea il Re cercava di non far precipitare la situazione italiana e di prendere temro. ma. a,·vicinatosi al blocco franco-spagnolo. vide con preoccurazione profilarsi all'orizzonte l'insediamento di un altro Borbone in Lombardia. Sia il He che il suo ministro, badando più all 'autonomia politic:t che alringrandimcnto territoriale, inutile se fossero stati circondati dai llorboni, compresero che non c'era che una strada da seguire c comunicarono a Madrid che, se le truppe spagnole avessero tentato d'entrare in Lombardia, l'Armata Sarda avrebbe sbarr:l!o lo ro la .strada. Era cominciata una nuov;J guerra mondiale, al cu i termine le cose sa rebbero rimaste com e erano prima .

11) L'Armata Sarda della Successione Austriaca La smobilitazione del 173H no n aveva ri portato l 'Armat~t Sarda esattamente al piede d'anteguerra. Infatti, invece di tornare ai 2it .600 uomini del 1732, era


318 stata compn:ssa solo fino a 30.500, cioè a 7.000 In t! no dell'organico di guerra raggiunto nel 1733. La fanteria d'ordinanza era stata consetvma a 17.700 dTettivi- '-+.'500 piu del 1732 - la provincia le ne a ll ineava 7.200- 1.200 più che in passato- l'artigliL'n,\ era rimasta sulle 12 compagnie raggiunte in guerra e solo la costosa ca\·alkria era tornata ai 2.1J20 uomini d 'anteguerra. inserendo petù anche nei repat1i di Dragoni i cinque carabinieri per compagnia tipici della Ca\'alleria vera c propn.t Erano stati riordinati i premi d'ingaggio c gli stipendi 1 ~ d i tuua l'Armata a piedi e a cavallo. il Battaglione d'Attiglieria ave\'a avuto una num·a rcgolamenrazione nel 1739, i~tituendo fra l'altro le Regie Scuole d'Artiglieria e FortifiGtztone solto la dire?:ione dd Primo Ingegnere colonnello Ignazio Bettola. Infine k piazze degli Stati ~abaudi erano state anentamente ricontrollate e. dm·c era il caso, ri nfor:r.ate e rimodernate. La guerra si accostò lentamente all'Italia c diede alla Sardegna il rcmpo di prepararvisi bene. Si cominciò dagli organi centrali 15 e, dopo la stipulazione dell'allean:r.a prm \ isoria coll'Austria. rima'>e abbasran7a tempo per dispo rr~ l'Armata all'entrata in campagna. N<: Il a primavera del 1742 la forza 16 dd le truppe sarde destinate al teat ro operativo della Pianura Padana ammonta\·a a roco più di 19.000 uomint 16.800 fanti e 2 ..300 cavalieri -che vennero fatti entrare in campagna ai rrimi di marzo. Il grosso vantaggio di cui disponeva Carlo Emanuele consisteva però ndLt presenza al suo fianco eli bra\·i<;simi generali, l'operato di molti dei quali rl''>t,t ancora impossihik distinguere nel la\·oro complessivamente svolto. Lo Stato Maggiore Sardo funzionava a perfezione, rello da quauro tenenti generali del calibro del barone Schulemhurg e dci marchesi d'Asrremont, di ~u­ sa e di Ca raglio. Ad essi si affiancavano i cinque marescialli di campo Moml >t.·rullo, de Thonaltz, della Chiesa di Cinzano, Hiscarcrti e Hicdtman, i quattro brigadieri barone Leurrum , cavaliere d i Cumiana, l celTe e G uiberr, il quanie nnastro dell'Armata Aud ihett, il Maggior Generai<.! della Fanteria conte della Ron:a. i colonnelli deii'Attiglieria - . icola - c degli l ngegneri - Benola - coadiuvati da 20 aiutanti d i camro. dal personale de lla Direzione degli Equipaggi. della P n.'\ ostum c dell'l 1fficio del Soldo. In totale erano si e no 70 persone, che si avvak\·a-

1' Come" C\incc tb l Rew>/(lnwnto eh,• S.M. cw11malllla deblm d 'or in m ·u nti " ·"-' t'l1'llrsi da tuili !t re~ lmenti di jim/ei'ÙI (compreso quello di c:uardia) che 111 quelli di caralleria e IJmp,cmi d nule soli/l/IL' da Jl<l,"llr" tanto{)('r p,lt m•mim rolo/Ilarit d t tic/uta dll! jJI!r ttllelli lll <"-.\em altre I'OIIe W/l'ilo m•lle tmpj}( della .Il \ ,,_ me fJIIre h Soldati cbe a Ctlf!.ioue de Iom cml.~edi 111111/ali ... dtll~'ssem essere 1'11/Rflf!,gillll, dd!' l l gl'nnaio 1~,1H. ms in Al ''ì'ì;'vlE, L :~. Il, Stati Preunl[ari. Pkmomc. 1 ' Cnl Re)lolamentt d t 'U1 /11'1'/e :X'RI'I'Ierie d t \fato - /)('Ifa Se[<reteria d t P,llenrl ùd 29 gl'llll;IÌO r ..~. 111 DUDOll\, vol. '\, pag. ~ •'). l' col l?ef!.Oltllllc'II/O dato rla S.•ll. pel f!.un•nw ecu1111miço delle• azielttl<' dumlltc· la CWIIJia,(.t llrt. dd l i lll<ll'ZO 17' 12, rip. in Dll llOIN. 101110\111. \ol X. pag. 'O'. lh QU<''iti d ati '><mn tll',umi ùall' Etat )lènéml cle.< tmiiJX~' du Rot de \{trdat)lm! dd ,- ~1. un.• cui cop1a t: m A\ ·,~,\IE, L 3. H. 1~1\'0rl ''ohi.


319 no di un perfetlO sistema logistico. sviluppato grazie ad un 'amministrazione co~ì funzionale da fare invidia agli Austriaci. ··,lfi piange il C/101-e'' scriveva il generale Walsegg dopo averlo esaminato da vicino .. quando io appre11clo in qual modo è servito il re eli Sardegna. mentre nel nostro governo nOli si l'eclano che COI?{IIsio-

ne e ruherie_ .. xn

ID) La questione di Modena , barGHi alla Spezia e ndlo Stato dci Presidi, 12.000 fanti e 1.300 cavalieri spagnoli anra\·ersarono la neutrale Toscana per andare ad unirsi alle truppe napoletane che, al comando del Duca di Castropignano, stavano Iisalendo, per l'Abruzzo. verso la Romagna. Dal momento che .Madrid mostrava di non curarsi d<:i ~uoi ammonimenti e metteva a repentaglio la sicu rcn~• de l Milanese, Carlo Emanuele III stipulò, il l 0 febbraio 1742, un'a ll eanz~l provvisoria coli'AustriaXll l cd ali ene'> le proprie forze. Ai primi di marzo varcò il confine, dirigendosi verso Piacenza, Parma ed il Pm·csc con un primo scaglione di 9.000 uomini, seguito da un '>econdo di pari entità, ponendo il suo Quanier Generale a Piacenza e di~locando l'esercito nel territorio delle tre città paclanc 1- in modo da pmerlo riunire in un ~ol giorno. A questo pumo si ponc\·a il problema di Modena. Francesco !Il d'Este vole\ a restare neutrale e aveva 10.000 uomini 1R da impiegare contro chi avesse cercato di fargli cambiare idea. Da un punto di vista m ilitare generale, l'ideale per i Sard i sarebbe consi:-:tiro nell ' impedire a Montemar d 'oltrepassme il confine ponrifkio sul Po; ma Francesco 111 si sarebbe opposto sicuramente ~di'idea di dover alloggiare e mantenere l'Armata Sarda c quella austriaca. prontamente rientra ta in Italia dopo la "Convenzione Pro\'visionalc" d'alleanza colla Sardegna. In piC1 al Papa non ;.J\Tebbe fatto per nulla piacere trm arsi le forze ispano-napolelane nelle Legazioni; e Carlo Emanuele 111 a\·eva ottimi moti\·i per non irritare l{oma. già abbastanza filofranccsc per como suo. Allora. :-.e gli Spagnoli non pote\·ano stare sul territorio cccksiastico per motivi diplomatici. né su quello parmense per ragioni strategiche, se il Duca di Modena non voleva scendere in campo a fianco degli Au-

1 " P~·r l'appro\Tigion:.tlntmto -.i diedero di,lxn-~zioni di vario gen<·n·. k· piu imrortanti delle quali 'ono qul'lk- \Ont,·nute nelle lstmzioni date al n11m commissario nel Ptacentilw per la forma::ioue dei ma)laz::.1111 di /)(IJ.IIIll fieno l! ll!1!,11fl per sen·1zio dd/a tmppa. rip in Dl'BOI1\, ,·ol. 'X 'X l'X. p;t).:. -~- e nelle Jstmzioni dtllt• dt1/ 'oJira tll/endellle alfa direzi011<' t'C<momitll del Piacentino ... al t'l'f./io tiJI/11111.'-"'nn suffa prorristal!formaZiUIIl' tletiii{I)IUZZ<'Ili fX'Ifomggw t/effe t'<'RII' tlli/J/X'. rip. in DliROii\ , Ì\ ì 1 " l'In d.tlb 'ua ~alit<l al trono nd ~-~ Fr.ll1<"t''Ul 111 :1\('\J potellZI.I(O ìl propno t:''>t:'fdlo rrendendo il Rt'AAinlento S' iat:'ro Gros, arn~<>landont· uno dùrdmanza comand.no d.1l \Oill\' (\·,.tre della P:.tlude, d.ll qua le prendl·'a il nonw. t:' organi/./..tndo 1 lkg).:illll' llti :-.lazinn<tli delb Garf.tgn.tn;~. di ,\l<x.lena . tli Reggio <'dd Frign:lno. lnt'ndo ad es.'>i 1.1 ,\Jilizia l lrh.tn;l c Forl'.,l'. g li artig lkri e un nunimo <h cavalleria, inclu'e k- 'li<' Guardk· d<~ i Corpo, arri v:l\·a a metter<· in t.unpo un non disprenahilc l''{·rl'ilo d i 10.000 uumin1.


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stro-Sardi, la soluzione migliore consisteva nel l'avanza re nel Parmense. in modo da costringere gli Spagnoli ad accamonarsi nel Modenese e al tempo ste-.-..o impedire loro l"accesso alla Lombardia. Poiché aveva detto chiaramente che se uno dei due contendenti l 'avess~: danneggiato. lui si sarebbe schierato con l'altro, era necessario evitare t he Francesco III capisse il tmcco, almeno finché le armate sarda c austriaca no 1 fos:-.ero completamente radunate: e a questo sa rebbero bastate le ani diplomati che de l marchese d'Ormea. Francesco III da parte sua si mosse molto ingenu,t menrc, non rendendosi conto che i suoi inLercssi avevano cominciato a din:r gere da quelli sardi da quando .si era dichiarato neutrale. Per di più 1:1 Spagna premeva, all<.:ttandolo con promesse amplissime, molto ascoltate dal momento in cu i era sta to costretro ad alloggiare nel ModenL'"L' 12.000 Austriaci; e gli Austro-Sardi lo .sape,·ano e non si fidavano; <.: lui sapL'' t che loro sape,·ano ma riteneva si fidassero. In breve: Ca rlo Emanuele III, visto che il Duca prof)rio non voleva schiera r si con lui ma aveva detro eli considerare l 'accantonamento austriaco ai suoi danni come una Sf)inta a bunarsi colla Spagna. decise di neutralizzarlo. Accello la neutralità dì un mese da lui propo~ta, ben sar>endo che gli serviva a ricevvrl· dalla Spagna la risposta al negoziato c he stava conducendo e, quando il tenni ne scadde, le sue t1Uppe erano arrivate, l'artiglieria pure e gl i intimù la con-.l' gna delle cittadelle di Modena e Mirandola. Francesco lasciò al comando di Modena il genovese Francesco del <.:ro. 1' 1 ordinò di concentrare nella cittadella tutti e q uattro i reggimenti di l~1 nreria , r>crmise alla città di capitolare. a condi%ione che la cittadella resistesse. mise al k porte la Milizia Urbana coll 'ordine di lasciar passare gli Au~tro-Sarcli e, .scottato dalle sue Guardie del Corpo, andò nel Ferrarçse al campo ispano-napoletano . Giuntagli la notizia, Carlo Emanuele mandò immediatamente 10.000 uomìnt contro Modena , ne bloccù la cittadella c, respinta una sortita di 300 fanti este n si, la bombardò finché il 29 giugno non si arrese. L'indomani 6.000 sardi .si spostarono ver.so Mirando ln, il cui assedio, intrapreso il 15 luglio, grazie ai futios i cannoneggiamenti di 44 pezzi cl"arriglieria l.' nonostame una sortita della guarnigione. terminò alla SL'Conda intimazione tll resa falla al comandante, signor Martinoni, il 22 di quel mese. In tanto il Duca eli Mon te mar, comandame dei Napol ispa ni , av<.:va compiuto alcuni movimenti ma, fiacc<tto dalle diserzioni, che ave,·ano raggiunto il nume rodi 10.000 su 2""'.000 effeni,'i iniziali, non poté fa r altro che ritirarsi dal Panaro fino a Rimini, dove arrivò alla fine elci mese. Tallonato dal contingente sardo. fu costretto a ripiegare ancora fino a Foligno, battuto s<.:nza aver Sf)arato un colpo in tre mesi , a patt<.: alcuni piccoli scontri di retroguardia.

1'1 i\ s.:contb d ei ca'i. in fo17a dd la lllulen >k gra l"ia dei nomi del te111po. lo ,j tro,·:t d1i.1mato Oe t\ 1gri . Oe t\egn. 0.: !\egro ~ "11gri.


321 Il 1; agosto il contingente sard o era sulla riviera Romagnola. nei dintorni eli Rimini, quando ricevé rordinc di portarsi al più rresro sulle Alpi. Vi era arrivato l'esercito dell'in fante don Fi li ppo d i Horbone il quale, a causa della squadra navale inglese che incrociava nel Mar Ligure, aveva deciso di tentare la via dei monti. E poiché la Contea eli 'i7.Za era srata ben fortificata da 3.000 sardi e l.HOO inglesi, ;n ·eva preferito, col suo esercito di 15.000 uomini, entrare in Savoia il 2 settembre. Per p rima cosa Carlo Emanuele ordinò alla popolazione ed alla Milizia sa\'Oiarda di reagireXI\ contro gli im·asori. Poi si mise in marcia a tappe forzare. La testa della prima colonna sarda, guidata personalmente da lui, raggiunse la zona della Th uile, al Piccolo San Bernardo, il 3 ottobre, il che, per quei tempi, era una specie di primato di velocit<Ì. C'erano già stati due scontri d'avanguardie, in Taranrasia ed in ~loriana: c Carlo Emanuele passò alroffen~iva risolutamente con tutto l 'e~ercito liberando in dicci g iorni la Savoia dagli Spagnoli, che si dov<:m:ro ritirare ne l Delt'inato in attesa di rinforzi. Accadde per<'> un imprc,·isto: la Francia emanò un indulto per rutti i suoi SUdditi che in !)aSSalO aYessero diSellatO; e l'esercito Sabaucfo perse imj)ro\"\ i~a ­ mente lt o 5.000 francesi, che disertarono per rientrare in Patria. Nello ~lesso periodo arrivarono i rinforzi avversari i qua li, portata l'armata nemica a 20.000 uomini, le permisero eli riprendere l'offen:-.i\'a. costringendo Carlo Emanuele a ritirarsi da Annécy e Chambéry nel dicembr<.! di quell'anno.

IV) Da Camposanto a Worms: 174 2-174 3 La campagna del 174; si apriva con incerte prevision i per tutti. Poiché in Germania gli Alleati stavano subendo alcuni insuccessi, nonostante un ottimo inizio, ed in Italia erano ridotti a mal partito, Versailles tentò, come nelle guerre precedenti, di sraccare Torino dall'A ustria. 1 cl corso del l' inverno, le corti eli M adrid e, sopratullo, di Versailles, benché la Francia fosse ancora formalmen te neutrale, fecero di tutto per ~ottrarre Carlo Emanuele III all'alleanza di fatto che lo tene\·a legato all'Austria cd alla Gran Bretagna. Era o pportuno soprattutto perché in febbra io gli Spagnoli avevano subito una netta sconfina a Camposanto. Il loro nuovo comandante de Gages avc,·a ricevuto ordini tassativi: doveva attaccare c vincere. Lui veramente non era in condizione eli farlo, "'endo l'esercito decima to da malattie e diserzio ni , ma ci p rovò ugualmente. Il l o febbraio organizzò la marcia e l'indomani, lasciati indietro circa 6.000 ma lati, avanzò su Crc,·alcore con 10.000 fanti. 2.·100 cavalieri e 12 cannoni e il 3 passò il Panaro a Camposa nto. Gli Austriaci - 4.000 fan ti , 2.000 cava lieri c 12 pezzi - stavano !'e rmi a Bomporto, indecisi sul da farsi. Se Gages li avesse assaliti subito probabilmente ~i


322 sa re bbe ro ritirati: ma lui avanzò len tamente c permise al conte d 'Apn:monr d'arri\'are in zona d'operazioni con i 5.000 fanti c ccn-alieri sardi e IO cannont rimasti nel Parme nse. Ora le forze era no pari, con una netta pn..:valenza c.l':tniglie ria per gli Austrosardi, c.: si poteva combattere. Gages ripicgc'>. Il nemico lo addossò all 'argine e n~ febbraio lo cosuinsl· allo scontro. A me:t.cogiorno le opposte artiglierie aprirono il fuoco, poi la Gl\·alkri 1 austrosarda coma ndata dal gencr:1le Preislx:rg avanzò. Fu presa di fianco da quell a spagnola, che e ra nascosta dietro l'a rg ine, scompigliata e distrutta. invece tenne benissimo la fanteria sarda. il cui contrarracco a sera deci...,L 11 battaglia. anche se poi entrambe le parti canta rono vitroria e mostrarono k· bandiere pres<: al nemico.-20 Con questo risultato l'Armata Sa rda confcrmava la corre nte opin ione eu n,_ pca. !->econdo la C]Uale era una delle migli01i organizzazioni militari del tempo L' assicurarsene la cooperazione significava ottenere la Yittoria in Italia <:. di conseguenza, ne ll a globalitù del con!liuo. Proseguirono dunque i sondaggi diplomatici borbonici a Torino. ai quali ti Re di Sardegna prestò ascolto, facendolo trapelare a Londra e Yienna. rl mott\ c, e ra semplice: voleva che lo sforzo bellico sostenuto, a favore della Casa ci'Au stria , venisse compe nsa to soddisfacentemente e fosse ga rantilo da un trattat o. Era una necessitù nata :-.ia dall'esperienza della precedente guerra. sia dal fa tto che Maria Tere:-.a d'Asburgo stava giù ampiam<:nLe tentando di sfrunare grati-.. ILtruppe sahaudc. Q ua ndo le proposte franco-spagnole arrivarono ad essere tanto convenit•ntt da far ~upporre che la Sardegna le awebbe potute accettare. Carlo Emanuele nu::,cì a far sì che Inglesi cd Austriaci lo sapcssero e si convincessero che L'r.t tempo d i correre ai ripari. La consegue nza fu la firma clc:l Tra ttato di \\'o rms. col quale Lond ra. \'ienn,t e Torino passa\'ano da un'alleanza di fatto ad una ufficiale. con rurro ciù cht implicava quanto <l compensi territoriali pe r i Savoia. La trattativa e ra stata lunga; e so lo acl agosto si era s parsa ht notizia clt'il.1 conclusio ne di essa. ron era stato un caso. ma un'abile manona d i Carlo Em,lnuelc. poich0 Francia e Spagna ~1 vevano e \·itato di riprendere le operazio nr contro i Sardi in primavera proprio nella speranza eli farsel i allea ti . né aveva n<> poi accennato a muoversi in estate. visto c he i negoziati fra Borboni e Sa,·oi ~t sembravano procedere bene. In questo modo il Re di Sardegna e ra riuscito a far sl irtare l'aHacco nemico fino a settembre, quando e ra troppo tardi pc.:r operare efficacemente prima che: il fn:ddo. la pioggia e la neve rendcs~ero le strade impraticabili .

~u C.tg<:., ne a ' t'\':t 2 ;~ ustriadw ,. t 'lenùardi t ' un pa io eh !impan i del la l'.l\ .11lcri:t ,,,m ia. l he inni! .t \1 .1 drid al lk. 1an ::ndn JX:r<) il fatto t h .1\l.'rnt· la , CI.IIt' :1 lll mano at Plt·monte' i.


323 V) Casteldelfino Quando Carlo Emanuele ebbe la certezza della conclusione dell'alleanza cogli Inglesi c gli Austriaci '·... jèce dicbiarare dal Jlifarcbese d'Ormea al Mar-

chese di Senelterre. Ambasciad01·e di Francia a Torino, cbe... Sua Maestà non giudicava, cbe il suo interesse, nè il suo onore, p,li penne/lessero di lasciarsi più intertenere in sirnil guisa, e che in conseguenza aoeua preso il parli/o di tralasciare ogni negoziato con la 0>1te di Spagna. e d i non ascoltare phì alcuna proposizione. ··xv· A q uesto punto, gli Spagnoli, che erano restati fermi fin o a metà agosto, limitandosi da allora a settembre solo a saggiare le difese sn rdc in qua le h e punto, avendo ricevuto 15.000 francesi eli rinforzo, tentarono un attacco attraverso le montagne, a Casteldelfino. L'operazione fu lunghissima, farraginosa e d isastrosa. In primo luogo la marcia d'a vvicinamento fu continua , si, ma lentissima a causa del pessimo stato delle strade, che no n permettevano il passaggio dei traini d':11tiglieria. Articolati su quattro colonne , i 35.000 21 soldati dell'I nfante si misero in moto il 24 settembre a ttraverso l'alto Delfinato: ma solo il 3 ottobre riuscirono a concentrarsi nella base di partenza prevista, cioè il villaggio fra ncese di Molines, ai piedi del Colle dell'Agnello, mentre i Francesi prendevano posizione sulla destra, alla base del Colle di Saint Yeran. Ma ormai "il Re di Sardegna, che... aveva g ià dati i suoi ordini per la raccolta di tutto il suo esercito" e ra andato "a mettersi alla testa delle sue truppe, di-

:)ponendole dietro i fo rti tri11cieramenti che aueL'a ne ' passi stretti a Castel De!fino''XVl già da quattro giorni.

Pe r prima cosa, gli Alleati spedirono in ricognizione verso la cima del Colle dell'Agnello 14 compagnie di granarieri e ussari appiedati, preceduti da 200 micheleui , i qu ali però, scontratisi con un picchetto di Valclesi che lo presidiava , si ritirarono. l.a mattina seguente ritentarono con forze maggiori e i Valdesi ripiegarono o rdina ta mente e le ntamem e fino a Ch ianale, dove rimasero il resto del giornata c tutto l'indo mani , me ntre i Franco-Spagnoli scendevano dalle montagne verso la va lle e i Sardi li stavano tranquilla n1ente a guarda re. L'indomani, 6 ottobre, i michclctti si arrampicarono sulle a ltu re de lle Corbiere, di fronte al campo de l Re, ma non suscitarono alcuna reazio ne , perc hé Carlo Emanuele si trovava su una posizione molro più fone c più vicina a i propri magazzini . rJ 7 gli Spagnoli uscirono da l campo c he aveva no costituito a Chianalc c.: si fecero sotto con a lte rni risultati: al Monte He ll ino 2.000 uomini e i m icheletti che li precedevano in avanscoperta venne ro "ricevuti sulla sommità dalla Bri-

21 Cio<! 22 B:H l:tglion i di i"anl<•ria. per compJc, sid l -t .OOO uomini, e 6.000 C:tv:t licri, più i Citali l ').000 francesi.


32'-l

CAPI T·\ \Il f>l C:\~;\ ~.\\ ( Il\

gata Guiberti (Guihert). che difendem il passo"X\'1! e ri!)pediri a valle dopo "1111a zLtjfa molto mtimata:·X\'JII Al centro, invece, gli ussari e altri micheletti pre-.,cro il villaggio ddla Chiesa. il primo dei due antistanti il e<tstello, vi portarono dut' batterie di sei pezzi d 'artiglieria e bombard arono quello di Caste lponte. 1 com battimcnri durarono l 'intera giornata c, al termine. i Sardi si ritirarono in buon ordine dal castello. che fu occupato subito dopo da un picchettou eli granatieri spagnoli. A questo punto i Fmnco-Spagnoli erano finalmente nella base di partenza dell'attacco c C0!-1. la mattina dell'S. avanzarono su tutta la linea. Carlo EmanueL li ao.,pettava. Li aveva logorati per bene nei giorni precedenti, aveva rinforzato le proprie posizioni c non correva il minimo rischio. Anche se k: sue truppe, 24.000 uomini, erano numericamente inferiori a quelle an·er-.,,trie. qucsre ultime si erano andate a cacciare in una sorta di budello proprio gr.tzie alla presa di Castelponrc, ed ora le batterie sarde potevano colpirli da tre 1.111 La mattina clell'8, dunque, i pc%zi spagnoli furono l'atti avanzare fino a Castelponte da dove aprirono il fuoco sui Sardi. Intorno a mezzogiorno le fanterie andarono ad attaccare di nuovo gli ~' izzeri di Guibcn, che erano sta ti rinforzati proprio nella notte precedente, nu

"f11rono respinti, come anca il dopo pranzo che tornarono all'assalto: perc/e/1(/u in queste due occasioni da cinquecento uomini. Nello stesso tempo altre si Seti gliarono contra il centro. dovera la brigala di Sawja: alla di cui prima scarica dot•el/ero 1'itirarsi. 1V1entre la sinistra e il centro erano in questa gllisa attaccrtti si osservò, che la Brigata d'Angiò composta di cinque Ballaglioni, con mille 5~>tt gnuoli e duecento .11ichelelli appresso. condo/la dal Signor di Con·olan, messasi dietro la mo11togna, procuraca d'andare dall 'alto della medesima, per dare ad dosso alla destra. Sebbene avendo ritrouate le strade impraticabili, ftt in nr:ccss1 tà di ritirarsi nel fondo della valle per la strada maestra tra Corhiere e il Ctllnp(J Piemontese. Come dol'et•a per ciò sjìlare alla scoperta sol/o i trincieramenli /t(miei, i Granatieri e Pichelli dei 1Hedesimi2:5 s'al'anzarono sopra le eminenze. e avoicinatisi a liro di moschetto alla colonna. fecero tlll fuoco così ueemenle e continuo sopra lt1 stessa. cbe maltrallolla a dismisura fino a Poni: dol.'e fallo.'t l/Il altro maggiorfuoco dall'artiglieria e dai lrincieramenti della sinistra. se 1/()/ / era per tm COJ1)(> di Granatieri e Carabinieri, inoltrato dal Genera/ de Las ,lfin.as con dell 'artiglieria, cbe coprirono la precipitosa sua jitga, sarebbe stata in teramenle di~j'alla; conlultociò arril'ò il dann o sojjèrto a pitì di qual/rocento tto mini. e a buona parte del baga<~lio ."XIX Udendo il frastuono della fuci leria da quel lato, Carlo Emanuch:: III doman dò ai suoi ufficiali cosa stesse accadendo "Non è nulla - fu la dura e impi<:t osa

u l 'n piccheuo l'r:l u na minort· unilà opt'l':ltil'a di fanlt'ri:l chC' ave,•a, :Jl l'epoca, una nm~i,tcnza di ll'l11 <> uomi ni. ! l Cht' er,mo quelli dd Rq~gunt·mo Gu.udll'.


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La ba uagl ia eli Casteld e lfi no , 1743.


326 risposta del maresciallo savoiardo Du Verger - H' solame111e la Brip,ctltl delle Guardie dw si dit'erte c1 pa.ssare perle armi In 8rigata d'An,~ i<J.''XX Visti..,i respinri dappertutto. i comandanti franco-spagnoli tennero Consigl io eli guerra per esaminare la situazione: non ~:ra buona. Il terreno era loro sf.H orevolc e, quindi, adauissimo a un'efficace difesa da parte piemontese. Oltre a questo si era sapu to che erano arrivate a Vilbreuo, centro dello schieramento sardo e sede del comando di Carlo Emanuele, l'artiglieria pcsame e l<..: truppe di rinforzo attese. Infine era comparsa la ne,·e. Di conseguenza, poiché se anche si fosse riusciti a prendere Yillareno, cd era difficilissimo, si sarebbe comunque corso il rischio di rcswre bloccati dalle nevicate senza rifornimenti sufficienti e perdere l'intera armata, non rimaneva altro da fare che ritirarsi oltre le Alpi . Vennero diramati ordini in tal senso. A causa della poca distanza che li separa' a dai Sardi. i generali prcscri..,..,ero alle truppe eli eseguire lo sgancia mento due ore prima ckll'alba del l O c senz.t aumentare né far diminu ire i fuochi elci bivacchi. Qualcuno ebbe però la bella idea d'incendiare Castelponle. Alla luce delle fiamme i Sardi '>Corsero le colonne nemiche in mo,·imento l' cominciarono a cannoneggiarle furiosamente, causando loro molte perdite l' obbligandole acl abbandonare prccipitosamcnle parecchi maleriali. L'll l'esercito franco-spagnolo partì da Chia na le " ... per njJassare il Culle Agnello: ma nel! 'ascender/o fu rap,p,ilmto dalle Squadriglie di Vàldesi. e di (,m -

natieri. mandate a inseguir/o alla coda. Lna di quelle ritnwò 12 CClllltoni con l'armi di Francia, restati indietro a cagio11e delle strade. rese impraticahili dalla gran 11ece sopral'Uellula; e ajutata da un 'altra di Gra.nalieri, costrinse i Micbeletti, che moslra L'ano di uoler d{j'e11dere quell'arlip,lieria, ad abbandoncnlr1 dopo auer/a incbiodata e rulli i letti. 1ì'C1Spm1ati quei dodici calli/Oli i a Che11al. .Jitm no poi trasmessi con comodo a 1l>rino. dol'(? 11011 si trot•arono tanto ml'il/(ffi che 11011 possano Cl/teora serl'irc> S(!/1Za rifollCierli. f.'n 'a ltra Squadriglia di l '({/de sifece 1/JI ricco ho/lino di 400.Muli carichi d 'eqtujJaggi sol/ili e d'effe/li prez iosi. tra i quali l''era !'arp,e111eria della Cappella del Reo/Infante. rìii'OIIO fatti in queste due occasio11i molti priRioni. e ferili e morti 11011 pocht 1ze!la precipitosa ritirata. oltre allo RI'Clll diserzione, inet'ilabile i11 tali iiiCOIIIri. ___ Questo fu l'esito della gra 11d'impresa di possa re le Alpi .. _ e che In l lo cliserziOII(! che ji1 grande .fin dal prillcipio, i disap,i sq!Jerti, i LJari attacchi, !t1 ritirata, le s01prese. si può asserire senza esagerare, costò 5 ili o mila uomini di 35 mila cbe lo intmpresero; essendosi tutto rido/lo all'ince/1(/io di due o tre l 'il/e. al l'arriro presso ai lrincieramenti nemici e ad 1111 ritorno stentato 11ella Sar(HO senza /)(f r/e dell'w1ip,lieria, e i migliori hap,ap,li. ... Il Ne di Scm/(!p,llrl ... partì ai 19 da Castel De(jìno: e il p, iom o dietro (frril'<Ì nella sua Capitale eli ritorno dalla breue. IIICI gloriosa campap,na, che 11011 gli era costala pi1ì di 200 soldati. 'li-e p,iomi dopo riceeè le 11otizie degli ulteriori ranlctg({i, riportati dai l 'a ldesi sul Colle de/Ap,11ello: per lui/e le rjltali henedi;:;ioJti, spw:'\e dal Cielo sopra le sue (frmi. a preserl'azione dc<woi Stati e a tftliete


327 dell 'Italia. ji1 cantato soh'1111C'J/Jellfe il Te Deum ai 20.nella Ca!tedrale. con f!.rtllldi dimostrazioni d'al/ep,rezza in tulto il ,l{iorno: al'emlo S.Jl. pranzato in pubblico colla Reale Famip,/itl o/ rimbombo di contilllll! scoricbe d'al1iglieria. ed essendosi illuminata la sera tu/lo la Città. "X'A1

VI) Cuneo e Madonna dell'Olmo La bauaglia di Camposanto ~1\·e,·a hloccato l'avan;:na degli Spagnoli. ~1a uno dei motivi del loro inclcbolimenro era sraw lo ~ganciamento napoletano. 1\loti,·ata da Carlo \'Il col fatto che i reparti mandati al nord erano stati un tempo spagnoli- suo padre Filippo\' glieli <n·eva dari nel 17:3 1 per conquistare il Regno di apoli, e glieli aveva chiesti indietro per rinforzare la propria annata in ltalb - la parteci pazione napoletana era stma poi interrotta dagli ln gl e~i con un'incursione della loro tlotta del Nlediterraneo nel porto di Napoli e la minaccia di bombardare la cittù se enl ro due ore il He non si fosse dichiarato neutrale e non si fosse impegnato a richiamare le proprie unità. Carlo avrehhe anche resistito colle forze cli~ponihili. ma era stalO preawi..,ato dai dispacci cliplo matici di Francia e Spagna chl' Ja flotta inglese imharca,·a ben 7.000 fanti di marina l'cl era pronta a u..,arli. La guarnigione di 'apoli, tra fanteria e ca\'allcria. non raggiunge,·a i 5.000 uomini. la squadra regia era inf'cricm: a quella britannica c i cannoni costieri da soli non sarebbero bastati a n.:~pingcrc lo sharco: l'ra giocoforza sotromenersi; c così Carlo fece. In seguito. vinti a Camposan to, gli Spagnoli avevano ririegaro fino al confine tra lo Stato della Chiesa ed il Regno eli Napoli , su l Tronto. e là erano rimasti a svernare. sperando che il Re consentisse loro l'ingresso in Abruzzo. salvandoli così da ll'attacco distrunivo austriaco. prevedihile alla ripresa delle operazioni nella prima' era deJ '-!'+. Carlo era indeciso. Da un lato. conscio dell'imprepar~11ione militare delle Due Sicilic. non clc~idcr~na rompere la neutralità e~tortagli dagli Tnglesi. ben <>apendo che l'ospitalità che avrebbe potuto fornire agli Spagnoli avrebbe costiruito il casus belli coll'Austria ; dall'altro si rendeva con to del fano che. senza il SliO aiuto, l'armata spagnola sarehhe stata distrutta. lui avrebbe perso l 'appoggio politico c militare paterno e sa rebbe comunque stato aggredito dalrAustria alla prima occasione. trovandosi molto p iLI debole di q un nro non sarebbe stato ~e si fosse unito ~1perramenre alla Spagna. Così, a partire dal dicembre '<~5. il Re decise di armar~i. Ordinò la costituzione di 12 reggimenti. da le' are nelle altrettante province dd Reame. la fusione di nuo\'i cannoni da campagna c da fortezza, la ricostruzione c migliorarnento delle fcmificazioni, specialmente eli :'\apoli sul lato mare. e mandò al Conte dc G:1ges il permesso di en trare in Abruzzo, marciandogli incontro. li temuto attacco navale ingle.se non si verificò, perché la tl orta dell 'ammimglio Mallhcws era impegnata lu ngo le coste della Provenza. per impedire il


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transito via mare dalla Francia all' Italia dell'armala dell'infante don Filippo L'Austria protestò , come previsto; e Maria Teresa decise d 'attaccare Napoli. D'a ltra parte si sa che lo avrebbe fatto comunque, basandosi sulle notizie gon fiate e sulle pressioni fornire dai 'apoletan i filoausrriaci fuggiti nel 17:3-i. un piccolo gruppo dei q uali era a Vienna e si teneva in contatto con 1\apoli trami te un altro p ill consistente gruppo di esiliati residenti a Roma. La ter7.a c ulti ma conseguenza fu che Carlo aumentò le ~ue truppe, per<1 L l'esercito spagnolo passò ai suoi ordi ni e marciò a sud per unirsi al M IO c cost1 tuirc una massa eli manovra leggermente superiore alle truppe austriache. Ch i si rese conto dci guai che anelavano profilandosi all'orizzonte fu Carlo Emanuele 111. Fece di tt1Lto per impedire a M~uia Teresa di assalire Napoli, hl'n sa pendo che l'apertura eli un secondo fronrc c J'enrrma in campo dell'armata napoletana sarebbero state due incognite nel migliore dei casi ; due pericoli di perdere la guerra nel peggiore. Chiese quindi l'invio delle unità austriache 111 Piemonte, anziché nel Meridione, per parare il colpo che don Filippo , appog giaro dai Francesi, si preparava a ,·ibrargli su lle Alpi e nella Contea di :.fizza ma non fu ascoltato. Maria Teresa mandò in Italia un nuovo generale, il principe di Lobkowitz, al q uale fece pervenire poi l'ordine d'invadere il Regno eli Napoli. Facile a di r..,, ma non a farsi. Lui scelse la v ia eli Roma, più lunga nw più facìlc e sicu ra da percorrerv. D all'Abruzzo Carlo Vll fec<.: precipitosamente convergere a sinistra le proprit truppe, po rrandok nel Lazio meridionale per inrercettare il nemico più a nord che fosse possibile. Si fermò a Velletri , in una zona tatrica menre forte e strategicamente ri levante che gli consentiva di sbarrare la via di Napoli con facilità e d1 controllare la pianura fino al mare. I.c posizioni erano naturalmente salde e. "t pure le avesse perse, avrebbe potuto ritirarsi appogg iandosi ad una serie di li nee difensive successive fino a quella Gariglia no-Gaeta. Infine, alle spalle aveva terreni fcrtili e le basi logbtichc dei porti di Anzio 1.. c;acta e, poiché il suo intento non consisteva nel distruggere l'esercito austria co, ma solo nell"imped irgli d 'invadere il Regno, poteva attendere a lungo. Però g li Austriaci non pote\·ano aspettare: dovevano attaccare e 'incere .d più presto; e ogni giorno di ritardo peggiorava la loro situazione. Quindi arrivarono acl accampa rsi eli fronte a Ve ll etri il I 0 g iugno . diedero il v ia ad una SL' quenza di atti tattici , complessi ed elementari , svoltisi fino alla finc d'ottobre furono sconfitti e, ridotti a soli 17.000 uonùJ1i, il 1° novembr<.: si ritirarono ver so no rd . Insegu ito dal nemico, Lobkowitz si accantonò nelle Legazioni per l'inverno. ma ormai il danno era fatto: un nuovo esercito ispano-napolcrano era entrato in scena e stava arrivando nella Pianura Padana. Al nord, la ripresa della guerra. nell'aprile del '44, aveva intanto vi'>to l'invio di altri 10.000 uomini in rinforzo a don Filippo, il quale aYcva marciato contro la Contea di izza. e era derivata una scric di ferocissimi c sanguinosi com-


329 battimenti alla fine elci quali i Sardi avevano perso la Contea. A quel punro i Franco-Spagnoli ~1\·evano pre'>O in esame la possibilittì di entrare in Piemonre da sud ma, accortisi che, tra i campi trincerati, le fortezze e la massa di manovra dell'Armata Sarda, da quel lato l'Lmpresa equivaleva acl andare a cacciarsi in un ginepraio, avevano deciso di trasferirsi sulle montagne. Tallonati dalle truppe awersarie, a tre mesi da ll 'invasione, lasciarono la Riviera c si ripresentarono sui passi alpini. Carlo Emanuele se l'aspettava almeno dall'anno prima. Nell'inverno aveva predbposto la fortificazione cam pale delle valli Vamita, ,'\laira e Stura e a pattirc da marzo vi erano stati fan i dci Ja, ori imponenti, costruendo fonini, camminamenti, ridotte e batTicando interi villaggi. DisgrazialtllllL'nte alla massa nemica in arrivo, valutata in 75 battaglioni, pur richiamando truppe dal ·izzardo il Re poreva opporre poco. Chiese aiuto a Vien na. gl i fu promesso, ma non lo ebbe in tempo. La diffi colt~1 maggiore per la difesa era nell'incertezza sulla direttrice di marcia del nemico. Tutti i soldati sa rdi , concentrati, sa rebbero bastali a fermare l'avanzata , ma dovendo presidiare tanti valichi disperdendovi le truppe, diveniva difficile riuscirei. Intanto i Franco-Spagnoli , di\ bi i loro reparti in no\ c colonne, si avvicinaremo contemporaneamente alle linee sarde per non far capire quale fosse il loro reale obiettivo c puntarono \'erso tutt'c tre le , ·alli Varaita, Maira e Stura. I.a terza era quella da cu i intendevano passare e là diressero il grosso, accompagnandone il movimento con azioni diversive in altri settori, in particolare quello della Val Varaira. Là , il 18, s'avvic') una colo nna di 5.000 uomini al comando del gene rale Givty, che salì fino al passo di Buondormir. prese ai Sa rdi la ridotta di Pietralunga, infliggendo loro perdite per 732 fra motti e feriti su '+.000 combauenti. I Francesi ~n ·evano perso 1.65 1 uomini; decisamente molti per un attacco diversivo, specie considerando che era stato inutile. perché il loro grosso dal gior no prima aveva superato le barricate di Stura ed era già penetrato nella vallata. Il Re seguì l'esempio del trisavolo Carlo Emanuele l e concentrò le sue unità a Sa mpeyre, ma Sampeyre poteva reggere finché resisteva Demonte; c poiché, a ca usa d i un incendio scoppiato nella polveriera, Demonte cadde più rapidamente eli quanto tutti si a s pctt:-~ sscro, i Franco-Spagnoli poterono avanzare fino a Cuneo, bloccando la c iniziandonc l'assedio. Nell 'agosto manovrarono nel Monferrato per indurn: il Re eli Sardegna o a acccnare una barraglia, che avrebbe perso perché più debole, o a ritirarsi da quella pro\'incia. Ma Carlo F:ma nuele era troppo esperto c non s'impegnò in campo apeno. preferendo lasciare ,·ia libera alla l\fili zia , che s'abbarré sui nemici come uno sciame di cavallette. l loro rifornimenti furono interrotti, le loro unirtì aggredite in ogni luogo c le comunicazi oni minacciate a un punto tale che si ridussero sotto Cuneo assediata . l Franco-Spagnoli avevano più o meno chiuso il blocco intorno a Cuneo


330 alla fine di agosto e, da 1 2 settembre, avev~t no incominciato le operazioni d'a-;seclio vere c proprie. A,·evano posto il loro accampamemo principale a San Rocco, concentrato la maggior parte del le artiglierie a Santa Maria dell"Olmo L' cominciato il bombardamento della città il 3. Le operazioni erano rese però as:-;ai difFicili da una serie di fattori. In primo luogo l'estensione delle fortificazioni a,e,·a impedito agli assediami di chiuderne un buon terzo, dalla parte di Mondovì, col che la ciltù restava in romunicazionc coll'esterno c in grado eli ricen.'rc soccorsi. Tn secondo luogo la guarnigione si rivelò estremamente coriacea c comh.tttiva. l n fatti. aperta la trincea il 12. giù il giorno seguente il barone LeutiUlll, u lmandante della città. aveva effettuato una sonita t remenda, contenuta a stenro. grazie all'intervento di -1.000 Francesi, c che comunque aveva m inacciato seri.tmcntc di tra,·olgerli. Il 18 i Franco Spagnoli ne subirono una seconda, sostenuta dalle aniglicrit: della cinadclla, che spararono in massa a cartoccio su di loro ··... e ji1 p,nuule lo strage de11e lrllpfJl! che erano ap,li allaccbi. C! dei lol'oratorì'X.'\:JJ c poi una teru. al trettanto grave, pochi giorni dopo. lnfine persistL'\'a la guerriglia a cui le truppe alleate erano ~ottopostc. C trlo Emanuele aveva fatto armare i contadini, peraltro già abbastanza ben adclest rari fin dal tempo di pace: c il t\ larchesc d 'Ormea. a\'e,·a raccolto un corpo di 12.000 altri miliziani nei territori eli l\lonclovì e Ct>va, proprio ad orienre di Cu neo, a sostegno dci qua l i il Re :n·eva inviato anche delle aliquote di truppe regolari. La loro allivirà risu ltò così efficace che i comandanti alleati furono costretti a distogliere parecchi uomini dalle operazioni d'as~edio per destinarli o alla '>Corta ck:i convogli, o a forma re elci d istaccamenti che attaccassero i villaggi dove -;i erano arroccati i miliziani. A questo si aggiumcro le squadriglie Valde~i. Entrar<.: in azion<.' con tro i con vogli in arrivo dal Delfinato e diretti a Cuneo, operarono tanto bene che presto determinarono nel campo alleato una forre penuria di 'iveri, obbligando i Princip i a indebolire ullerio rt1lente il dispositivo d'as::.cdio per awnentarc ancora le truppe destinate a scortare i rifornimenti. Fu così che. tenuti sotto controllo c to rmentat i da i miliziani piemontesi c presi dall"a..,sedio d i Cuneo. in cu i avevano impegnato in quel periodo 3'> battaglioni di fanreria e 55 squadroni di cavalk'ria e dalla cui riuscita dipencle,·a q uella dell'i ntera campagna, non sepp<.:ro dx· il 1\<.: di Sardegna marciava contro di loro. Ind ipendentemente da q ud le che potessero essere le sue idee, aveva avuto certo un gran peso sulla decisione di Carlo L.:manuele un cambiamento verificatosi nelle opern ion i d'assedio. A ll 'inizio i Franco-Spagnoli avevano ind i,·iduato tre possibil i fronti d'attacco. Il primo lungo la riva della Stura, il secondo su quella del Ge~so, presso la cui


331 confluenza colla Srura si trm·a Cu neo. c l'ultimo nella piana compresa fra i due cor:.i d'acqua. Questa era la parre più forte, ma era stata scelta ugualmente perché non !'>i rischiava di rimanerci isolari da~le impro\·visc piene de i d ue fiumi, le quali avrebbero ostacolato o imped ito ogni comunicazione cd inondato le trincee scavate ne i loro pressi. Ora, a causa della din1 inuzionc elci rifo rnimenti dovuta alla guerrig lia. le tru ppe delle Due Corone rima~l'ro a corto di munizioni d'artiglieria e capirono di non poter continua re ad aggredire la città dalla parti.:' dm··era più fortificata. Di conseguenza. per poter portare a\·ami l'assedio. furono costreue a :.postare. il 25 ~cttembre. il fronte cl'anacco dal lato del Ge.'-òO, dw era il meno resistente. Ca lcolavano di riuscire a demolirne le opere in terra con un centinaio eli cannonate cci in poco tempo. Lcutrum non poteva far nulla per impedirlo e. qucll:l stessa no tte, segnalò con dei fuochi il pericolo in eu i si trovava, chiedendo soccorso al Re. Già dalla fine d 'agosto Ca rl o Emanuele III aveva com inciato a ricevere i primi dei circa 7.500 uomini promessigli dagli Austriaci come rinforzo. 2"' A metà di setrembre i rincalzi erano arrivati tLmi c. il .26, lui aveva lasciato il campo eli Saluzzo con la maggior parte delle truppe sarde e austriache, dando disposizione che le rimanenti lo '>Cguissero al pill presto. ~larcianelo sulla sinistra, in modo da poter disporre in qualsiasi momenro i reparti in ordine d i hauaglia, dTcttuò un movimemo assai cauto, per non far capire all 'avversario quale fosse 1~1 sua meta. In rre giorni fece tre acct~mpame nti in altrettanti luoghi diversi. La manina del 30 uscì da ll 'u ltimo di questi , che era a l{o nco, e avanzò coi suoi circa 26.000 uomini disposr i in ordine di batmgl ia per eseguire una ricognizion<.' \'erso la ,\ ladonna dell'Olmo, dov'erano poste le artiglierie nem iche che spar~wano su Cuneo. La fanteria cont~l\·a 1'5 battaglioni cci era disposta !'>LI due lince. 1-'ra queste marciava una colonna eli Croati e \'aradini. alla quale spettava il compito di agire come corpo di riserva dell'ala sinistra , dove il Re contava di eser<.·itare lo sforzo maggiore. L'estrema destra era formala da lla cavalleria. Da questo dispositivo furono staccate in avanscopcna le unità leggere austriache le quali, spimesi tro ppo avanti, un'ora dopo me7.7.ogiorno urtaro no il nemico. Per Carlo Emanuele f'u una sorpresa. Aveva previsto d i atlaccarc solo il giorno dopo per d~ue tempo alle sue unità ancora in vi~tggio di raggiungerlo. F. la sorpresa gli costò la hattaglia, perché si trovò a doverla combattere in crisi di movimento. senza nme le truppe ed all'improvviso.

~· '>i tr.ttLJ\a ddla n1.1gginr p.1rt<· til-1 prv,1tlio th .\l,mto,·:1. di dut· rt'J.t).:lfllt•nti r~gotui. di par~<.:d1i~ un11.1 1rn:gobn, tompo,tc d:1 t"ire• 1.000 C:roa11 ~ \'.tradtni. e del corpo dlt'. ,l.lt"<.:ato d.dr~...ert·ito del Pnndpe di Lohl..<"' 1LZ a \'dktri ed imharcato'i a 1'1lllll1CII10. dov<:\'<1. sh;1rca nuo a Uvmno. :1vanz:1rt• verso nord " .:ollt·

ga rsi a l gm,,..o,


3.:32 Poiché i Croati e i Varadini che costituivano l'avanguardia erano stati rcspmti, per sostencrli il Re fu costretto a far avanzare le compagnie granatieri dl'll'ala sinistra e, dietro di es!>C, la Brigala Savoia. l granatieri respinsero il nemico, che incendiò le cascine in cui si era appo . stato e ripil'gò \'erso la Madonna dell'Olmo. Gli Austro-Sardi lo inseguirono e. in questo modo, vennero :.1 scont rarsi col grosso avversario nel punto dm·e era più consistente e meglio fonificato. Nonostante ciò. avevano messo in seria difncoltà il centro franco-spagnolo. quando il fuoco delle cascine fece esplodere un ca~sone di polvere da sparo d'una balleria sa rda, uccidendone il comandante e quasi tutti i cannonieri. Il nemico approfittò del disordine causato dallo scoprio. fece ripiegare l.t Brigata Monferrato fino al punto di partenza e s'impadronì dei pezzi della hat teria devastata dall'esplosione. ~la il contranacco fu fermato dal tenente genera le D ella Chiesa d i Cinzano, eh<.: respinse i Francesi alle loro lince, si fen' an mazzare due cavalli sono e riconquistò i can noni. I Franco-Spagnoli intensificarono il fuoco, tanto d'attiglieria che eli fucileri.1 Bloccarono il contrattacco ma non riuscirono a spezzarlo. Int:mto il Principe di Conti aveva fatto arri,·are la cavalleria c i dragoni. guidandoli personalmente al la carica. "Ma essendosi rap,grupj)a/u la fanteria dei Piemontesi. quegli squadro-

ni jìtrono ricm·uti co11 1111 jiwco così l'it•o cbe 11011 le si poterono nepp11re m·t•icinare:·xxm Perciò si ritirarono c presero posizione sul fianco dci Sardi, mina<. · ciandoli co~tantemente di un'altra carica. Carlo Emanuele lanciò altri tre assa lti verso la Madonna dell'Olmo e. per so stenerli, l'esercito si sbilanciò ulteriormente, impegnandosi per la maggior part\. sulla propria ala sinistra. 11 nemico decise d'approfittarne per auaccare la destra sarda con tuna la cavalleria. La carica gravò sul Reggimento Guard ie al completo. ma incontrò un ost,t colo imprevisto: una gran quantità di ca,·alli di Frisia , che in Occidente non s1 usavano più dal secolo precedente e che arrestarono i ca ,·alli nemici sorto il suo fuoco micicli~tle 2 :; Appoggiati da l tiro della cava lleria sarda e elci peai d'artiglieria, i fanti cldl.t Brigata Guardie c del Hcggimento Pallavicin i riuscirono a spezza re tuui i rentativi avversari. imrcdenclo che la cantlleria amica venisse anche minimamenl\.' danneggiata da quella nemica, alla quale inflissero forti perditc. 16

2' "lale <'»iX:tlient~·. ll<'nt·he non piu in tN> nell'l:uropa O<:cidem:\le. t•ra ancor.1 adop•:r.tto n >n '-lll"<'''o tl•

~~~ .\ustn.•ci in queii:J Onentak. durante le !{liL'ITe comro i Turch i, l'uluma delle qu;di c•~• l~·rmin;tl <t ci1t.t cinqu<'

anni prim:t Adon:uo da Carlo rmanu~·lc Il i f(>rsc tlil·tro :-.u~erimemo dd gt•nerale p,,u,l\ i<'ini. non ~·mhr.t 'h<· 'i" 't:no poi riu1ihzza1o in altn• <><.:ca,ioni. ne tl.li Sanli, né d.u Fr:tnto-~pa~noli. ne tlagh ,,e,-.i Au,triao. !f> l; t relazione fra ncese v :• ~sa i \,tga su questo. Si limila inLHti :J dire che il' unit~ di ca\·;~llcrb .11 <.:oman do dci !,Wncrali Du Cavia c f'l!{!latdh rkc\erono dJI Prinup<> di Conti l'ordine th rme,uare l'.tla de,lr.l nem1 e.I. Du Cayb allora, fallo :t\';tl1t:tre qu.tkhl· ~>quadrone. :1\'l'\.1 ri it'\';llo dll' ti terr,·no. :ml hc st· non d,· i tmglio ri. non era dd tuuo inadauo alle Gtrkh<'. 1\ht Pignatelli. in mancan7.1 di pn:nsi ordini 'upcriori. -.i riflliiÌl di t tan:art>


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La banas-:lia della .\ladonna dell'Olmo. 1- 1 1. Originak a rotori. fano a mano. con.,en ato al ~lu:-.eo dei Granatieri di "ardegna. su cui !"autore ha ~aino: :'\. l - "·\rmata piemome:-.e in hauaglia difl·o,a da una linea di ca,·alli di Fri..,ia _ '\_ 2 - Trim.et<Hncmi nemici che furono inutilmeme assa liti dei Piemontc..,i". ì\. _'\ - "XXI \ ' Compagnie eli Cranatièri". !'\. ·t "Hilirara dei Pll'monte~i''. l'\. 'i - C:t\'~llleria nemk'a chc: a~salì la de>.tra pi en 1 or1te~e c fu resp inta" . :-.1. 6 - QLr ~Htkri cle ll'lnf:1nte Don Filippo ml'ntre d e lla b:ru aglia"•.

vvv-


D'altra parre. il conte ddla Manta aspcum·a solo che i Franco-Spagnoli pa-.,sassero i du<: fossi che li separavano da lui, per caricarli a sua volta con Lulta la cavalleria sarda su un terreno a lei fa,·orcn>lc. Tra quella minaccia. l'indecisione dci comandi e l'aspetto de l terreno. rotto e tagliato da parecchi fossi, i Franco-Spagnoli preferirono rinunciare all'attacco. Nel frattempo si combatwva al vill aggio d i Borgo, dove i Franco-Spagnoli di presidio ai magazzini cd agli ospedali erano stati assaliti da tt.OOO miliziani e 1.000 soldati regoh1ri. e si era verificata una sortita della guarnigione di Cuneo. L'assalto contro Borgo venne respinto da i due battaglioni di presidio, rinforzati da un reggimento cavalleria e da uno squadrone di Dragoni . La sortita non ebbe miglior successo, poiché i soldati che vi si erano impegnmi, dopo an:r fatto qualche danno c riempite alcune trincee. erano tornati in cinà alla prima scarica pa1tita dalla parallela, abbandonando molti aurczzi cd alcuni fucili . Davanti a questi poco esaltanti risultati , dopo sei ore di combattimento e un breve Consiglio di guerra con tulti i generali, vista imm inente la notte. Carlo Emanuele 111 diede l'ordine d'approfiuare dell'oscurit:ì c delle folte boscaglie della zona per ritirarsi dalla parte di Murazzo. Grazie al buio. il movimento fu eseguito abbastanza bene da non far capire all'avv<.:rsario cosa stava succedendo. L'inseguimento da parte dei Franco Spa gnoli fu tarcli\'o cd eseguito solo da akuni distaccamcmi, che presero qualchl' prigioniero e i due cannoni lasciari a sostegno dd la retroguardia i quali, essendo senza i traini e non potendo essere portati 'ia, erano stati rovesciati in un fosso dai granatieri sard i. Per non farsi agganciare, la retroguardia decise d 'abbandonare anche i cava lli eli Frisia e i carri delle munizioni e dd la san ità e, intorno alle l l di sera. tutta l'Armata Sarda rientrò a Ronchi. Aveva perso 1.036 morti, 2. ~95 feriti, molli dci q uali cattu rati da l n<.:mico, e 8'54 dispersi. Alle Due Corone la battaglia era costata 825 morti - ~i74 Spagnoli c 351 Fr:.t ncesi - e 1.873 feriti. 1.073 dei q uali Spagnoli. Il 1° ottobre Carlo Emanuele IH decampò da Ronchi p<.:r tornare a Murano c mandò un commissario al campo nemico, pregando l'infante don Filippo eli far medicare i feriti austro-sardi e chiedendo di sostenernc le spese. Fallito il tentativo el i sbloccare Cuneo. alcuni giorni dopo, l'H ottobre, gli riuscì però di farvi penetrare 1.200 uomini con v iveri, denaro c mu nizion i.27 Pose poi il suo campo a Fossano. a circa sei tniglia da Cuneo, in modo da minacciare gli assed ianti c rifornire c libera re gli assediati alla pri n1a occasione. Sapeva che questa non avrebbe tardato. La ~tagione era ormai inoltrata c, poiché fino allo ra i Franco-Spagnoli non solo no n avevano preso nessuna delle opere esterne della cerchia difen~i,·a cittadina, ma non erano riusciti a conqui!' Il mnnc-ro .t mollo comroH'r.-<>. l don11nen1i (Ontahili rela1in : tlrop~·ra/.ionc p~trlano di (>52 uomini. l;t maggior parlc clt:i qual i Mliglieri E' pmhabil<" però 1.ht: si rif<:ri.,(·;mo solo a qudli de~ltn.lli ;t nrnan<"r<: a Cu n('(> <: non ad t'\ <:nlualt r<:paru di '>(:Ort.t. o cl.tppoggio per il forzamc·mo ddl<: linel.' nemtt he.


3.3') stare neanche uno dei fortini, che pure ne erano separati c isolat i, o facevano cadere la piazza in pochis'>imo tempo. e lui an·ebbe cercato d'impedirlo in qualsiasi modo, o toglievano l'assedio e rientravano in Francia. Eflcttivamentc i Franco-Spagno li intensificarono le azioni; ma non gliene andò bene una. Prima tentarono di stabilirsi nel fortino grande d i destra: c ne furono :-.cacciati. Poi prepararono una mina per far salrare quello più a\·anzato: ma i loro minatori sb<1gliarono di due perriche le mi:-.urc e l'esplosione restò senza effeuo. Allora. raccolti i migliori uomini dell'armata, li lanciarono all'auacco dei due fortini che custodi,·ano la pane anti'>tante il loro frontt: principale: furono respinti con gravi perdite. A quel punto si resero conto che l'unica era levare l'assedio. '\Jon si poteva neanche pensare di assalire le fortificazioni principali. sia perché era pericoloso farlo senza aver eliminaro quelle esterne, sia perché il terreno era disseminato di mine, nei cui confronti le loro contromine non funzio n~wano a causa del l;t gran quantità d'acqua che :-.caturiva dal terreno ad ogni scavo. Le loro U'Ltppe diminui,·ano. e per la diserzione e pt:r le perdite in combattimento, i rifornimenti di vi\ eri erano ~cmpre riù ridotti d:.tll'attivitù dd miliziani e dei Valdcsi e, oltrctutto, cominciava anche a nevicare. I due Principi però, sapendo che stava per arrivare un rinforzo di 6.000 uo mini , riunirono il Consiglio di guerra l' 11 ottobre e. d'accordo col generale marchese de las i\llinas, cercarono di convincere la maggior pane dei generali che fosse il caso d'insistere nell'assedio. La lo ro autoritù preva lse. ma per poco, poiché il tempo peggiorò ancora. Ll' piene dci fiumi tr.t\olsero i ponti militari che conscnti,·ano le comunicazioni con D emonte. L'intera valle di Cuneo fu allagata e k trincee rimasero sommerse. Cera in giro tanta d i quell'acqua " ... che le truppe 17017 trouat•ano luop,o osciutto do porre ilfJiede'·':>..'Xl\' c fu giocoforza ordinare la ritirata.

·· Fi11gendo impertcmto di continuare l'assedio. si fecero subito disposizioni tali. mandando tflt p oco a lla uolh1 lo Ca.va!lerio, i hap,ap,li. e p,li ottrezzi ue1:"o Demoni, cbe accortosi il Re di Surdel!,na del/oro disef.!,IIO. ji!ce dei distaccameli/i sotto il coma11do del Jlarcbese Pallal'icini per disturbare lo !or ritirata. Ahballdonarollo poscia i Pri11cipi a/fallo l'assedio ai 22 di Ottobre. dopo quarti/t/a giorni di trincea aperta ... "xxv Dopodiché, inseguiti da Carlo Emanuele e persegu it ati sia dagli irregolari piemontesi che dal maltempo. abbandonarono del turto la partita c ripassarono in Francia, d1iuclendo così la campagna alpina del 17tl'l. Sugli altri fronti il con fli tto aveva avuto alterne vicende. L'entrata ufficiale in guerra clelia Francia, il l S marzo 1744, contro Sardegna ed lnghiltem1. e il 26 aprile contro l'Austria, a' t•,·a rinsanguato potentemente le file alleate, logorate dagli insuccess i dell'anno precedente, cd aperto un altro fronte. l Frances i infatti avevano assa lito le Fiandre, dove Maurizio di Sassonia aveva fatto capitolare le fortezze asbu rgiche in un crescendo impressionante e


336 rapidissimo, cd erano stati capaci di combattere contemporaneamente in Olanda, Germania ed llalia, mentre Federico II, che entrava ed usciva da lle ostilita a seconda dell'andamento della guerra in Germania, si era di nuovo messo m marcia conquistando Pragu. Intanto Don filippo di Borbone, acquat1ieratosi a Nizza b vigilia di Natale, aveva fatto compiere alcune ricognizioni nel territorio di Genova senza incon trare opposizioni da parte della Repubblica, che pure era neutrale. La cosa insospettì mo lto sia Ca rlo Emanuele, le cui tru ppe disrurbarono quei movimenti, che il Re d'Inghilterra. La Superba no n mancò di fornir<.: spie gazioni all'ammiraglio Mauhcws. comandante della squadra britannica in i\1cdtterraneo, come anche, tramite l 'ambasciatore a Lond ra Guasraldi, allo stesso Giorgio Il, assicur.tndoli della propria neutralità. In realtù, preoccupata dal Trattato di Worms. che prevedeva di farle cedere il Marchesato eli finale al Re di Sardegna, ano per il quale si erano fatte garanti Austria ed Inghilterra , la Serenissima stava considerando la possibilit;ì d·unirsi alle forze borboniche per salvaguardare la propria integrità territoriale.

VII) Bassignana La guerra ricom inciò presto ranno dopo.

Il l o febbraio Gagcs radunò le truppe spagnole e napoletane 28 <l Perugia. Grazie ai rinforzi arrivatigl i dalla Spagna a Civitavecchia, disponeva eli 24.000 uo mini , con 46 pezzi d'artiglieria. Marciò poi verso Fano e il 28 era a Pesaro. Lobkowitz non poté fermarlo, perché troppo infcriore di forze, c si ritirò ai Panaro dove conlaYa di ricevere i due reggimenti a suo tempo mandati a Carlo Emanuele e un contingente sardo. Disposti i suoi 14.000 uomini tra Camposanto e Modena, non suppose che l'intenzione di Gagcs fosse di raggiungere le truppe dell'Infante, anche perchtnon poteva immaginare che Genova stesse per abbandonare la neutra lità. Con una lunga e lenta marcia atrraverso l'Appennino e la Repubblica di Lucca, l'esercito ispano-napolctano passò da l Panaro alla costa tirrenica, clo,·e fu raggiunto da un altro corpo napoletano d i 6.000 uomini. Poi, g razie atramicizia di Genova, poté cong iunger~i sul territorio ligure a quello fra nco-spagnolo eli don Filippo proveniente da ovest c costituire una formidabile ma~sa di manovra. Il 16 giugno 1745 i Genovesi firmarono i l Trattato di A.ranjuez col quale si impegnavano a fornire all"lnfante un corpo di 10.000 uomini con un treno d ·ar-

lll Il conti ngl!nlc n:1poletano ~:ra formalo da un bau.aglionc dd ReAAimemi Regma. Re.tl Palermo. lkal Borbone. Borgogna, Man:doni,l e l Luna tU. da due dei lkgginll'rlli M'izzen Wirtz c T~chudi c tb 9 :,quaclrnni dei rcg!(imcnti cavalleria Re c Ros.~iglione c del RcAAimemo dr.1gon• Tarr.tgona. per un tol;llc d1 cirt.l 10.000 uomini


LA SliCCES>IO;-.!Iò t>'All~TRJ.~

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riglieria, da utilizzarsi però, in qualità di ausiliari , contro il solo Re di Sardegna come risposta alle s ue mire sul Finale. Il 29 giugno l'ambasciatore della Repubblica a Torino consegnò la dichiarazione di guerra. "Sua Maestà non è rimasta punto m.eravigliata''XXVJ fece laconicamente rispondere Carlo Emanuele c l'indomani dichiarò la guerra. Quindici giorni dopo l'esercito delle Tre Corone - eli Napoli, Spagna e Francia - rinforzato dai Genovesi, che marciavano in retroguardia al comando di Giovan Battista Brignole Sale, avanzò verso nord per entrare nel PiemonLe meridionale e passare nel Ducmo di Parma. Carlo Emanuele sapeva ben issimo di essere in cond izio ni di netta inferiorità. L'unica strada che poteva seguire consisteva nel difendersi evitando la batt.'lglia campale decisiva ed attende re eventuali rinforzi austriaci. Perciò adottò la solita tattica di resistenza passiva, imperniata sulle fortezze, a loro volta appoggiate dall'armata in campagna, che però non doveva essere impegnara altro che in caso estremo. Per questo non intervenne quando cadde il castello eli Serravalle Scrivia il 2 agosto. Né si mosse per aiutare Tortona, sotto la quale la trincea fu aperta 1'8, il bombardamento cominciò il 13 con 67 pezzi e la cui cittadella , colpila da 91 pezzi, resse fi no al 13 settembre. La prolungata resistenza di Tortona costituì un primo problema per Gages, perché, contrariamente alle attese, si era prolungata fino alle soglie della cattiva stagione. Per di più. dopo la sua caduta, i Genovesi, dichiarando eli essere in guena solo contro la Sardegna, si erano rifiutati di proseguire verso Parma e erano tornati a Genova. Gages si trovò infine in contrasto coi Francesi. Maillehois voleva distruggere l'Armata Sarda prima di prendere Parma e Piacenza, ma le istruzioni di Madrid davano l'assoluta precedenza all a conquista dei Ducati, obbligando Gages a far marciare su Piacenza una colonna di 6.000 napoletani. Questa s'impadronì della città eli sorpresa e, !asciativi un migliaio di uomini, proseguì su Parma, dove entrò il 16. Carlo Emanuele inranto attendeva gli evemi quasi colle armi al piede. Non poteva fare molto, soprattutto per colpa degli Austriaci. Il loro comando infaui aveva spostaLo il proprio grosso verso est, indebolendo il collegamento coi Sardi. ln più erano in corso delle trattative segrete fra Torino e Versaill es, con cui la Francia sperava di separare la Sardegna dall'Austria per garantirsi il libero passaggio attraverso le Alpi - subito- e la preponderanza politica in Italia alla fine della guerra. Lo spostamento austriaco lasciò i Sardi quasi soli davanti ai 65.000 borbonici concentrati a Castelnuovo Scrivia e li obbligò a sgomberare la riva destra del Tanaro rischierandosi sul fiume tra Pavone e Rivarone. Scoperla la loro posizione, i 13orbonici decisero di sospendere per il mo mento l'investimento d'Alessandria e di cercare eli distruggerli con una battaglia risolutiva . All 'una del mattino del 27 settembre sei colonne franco-spagnole guadarono il fiume e pio mbaro no sui Sardi, prendendoli di sorpresa e dirigendosi su


338 Bassignana. Catrurarono una batteria sarda, poi cercarono di accerchiare i reggimenti Piemonte e Ricdt, ma la manovra non fu condotta bene e consentì a Carlo Emanuele lo sganciamcnto e il riordino dei suoi \·erso Panmc e Ak'>.'>andria, sotto il naso di due colonne francesi. la cava lleria piemontese restò a copertura, ma il cont~.: della Mama non caricò. perché il terreno davanti a lui era in dbcesa c pieno di piante e fossi. Preferì staccare in avanti i granatieri e i carabi n ieri, convergendo col resto a schierarsi di fronte a Bassignana. Assicuratosi che i carabin ieri e i granatieri face\'ano il loro dm ere, benché premuti da una brigata eli dragoni spagnoli, Della J\lanta ordinò un'ulteriore conversione e lo sganci;lmento di rulla la cava lleria vcr-;o Valenza. Carlo Em;:muele staccò elci Iinforzi per b guarnigione eli Alessandria c si ritirò su Casale. Aveva perso 4') ufficia li e 1.800 soldati contro i 700 del nemico : ma a\'eva evitato la distruzione dell'Armata. Contemporaneamente le truppe borboniche avevano operato pure sulle Alpi, im·esrendo Exilles per garantirsi il passaggio altr~wer:-.o le montagne oltre che per la l~i\ icra. Exilles rL'Sisté bene, venne sostenuta dal contingente cii 2.000 regolari, 3.000 miliziani c· 1.000 valdesi del brigadiere dc Rossi, costò '500 uomini ai Francc-;i e li com·inse a tornare indietro. Sempre per garantirsi le comunicazioni, i Borbonici impiegarono il 111e:,e d 'otrobrc nell'investimento di Valenza cd Alessandria. La citwclella della seconda resisté abbastanza da indurii a trasformare l'assedio in blocco e a trasferire le artiglierie sono Valenza, investita il l-t da (~ages. La dil'enc.leva il marchese Balbiano. Si di rese bene, ma aveva solo :3 battaglioni, rinforzati all'ultimo momento da altri '500 uomini, ed era bombardato da 38 pezzi. Fece varie sortite poi , visto che gli avevano aperto una breccia nelle mura. la notte dal 29 al 30 ottobre approfittò della nebbia. inchiodò i suoi pezzi, lasciò nella foltezza 120 tra feriti e ammabti e si sganciò oltre il Po. Il 2 novembre i Franco-Spagnoli decisero di pass;u·e agli investimenti di Asti e Casale. Carlo Emanuele fece -;gombrare la seconda il 5. ritirando a Villanm·a i 20 battaglioni che vi aveva. Poi si trincerò fra Crescentino c Trino Verce ll ese per coprire la .strada di Torino, menrre gli Austriaci si piaz7avano a ovara per bloccare la \'ia di !VIilano e i Franco-Spagnoli prendc, ·ano :,i;l Casale, sia Asti. Visti gli imperiosi o rd ini provenicnri da Madrid, invece d i consolidare k conquiste, il 16 dicembre gli Spagnoli entrarono a Milano. Lo stesso giorno la Sardegna finn<'> con la Francia dc.:i preliminari d'armistizio e un mese dopo l'armistizio vero e prorrio, mentre gli Austriaci ripiegavano fino in Tremino. Le Tre Corone sembravano rrossime alla vittoria, ma la loro posizione era molto meno solida d i come poteva aprarirc. Le cronache del tempo dicono chiaramente che tutti gli osservatori <l\·evano pre.:.enti i motivi ddla riuscira di quella campagna. prcvedenc.lone però la caducità de i successi . Intanro l'imregno austriaco in German ia, che aveva impedito l'afflusso di rinforzi asburgici


LA Succrc~~JO"<F n'At'STRIA

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in Italia; poi il fatto che l'ingresso in Piemonte, conseguenza della giunzione fra l'esercito del sud e que llo dell'Infante, era avvenuto solo grazie all'entnHa di Genova nel conflitto e non ad una maggior forza de lle Tre Corone. A quei risultati inoltre si contrapponevano le forti perdite subite, ben maggiori eli quelle austrosarcle, il fatto che nessuno dci due eserciti, sabaudo e asburgico, fosse stato batluto verameme, conservando entrambi una buona capacità offensiva e, infine, l'obbligo, per i Borbonici, di presidiare le conquiste fatte e di prosegu ire. impiegando larga parle delle proprie truppe, gli assedi di alcune città e castell i, tra i q uali qu el lo di Milano, che non si erano arresi insieme alle città. Ebbero ragione i critici, ma non subito. L'inverno del 1745-46 vide ancora alcuni progressi delle Tre Corone: ma a Versa ill es non si e ra tanto sicuri eli quel che avrebbe portato la primavera perché, avendo Federico TT ottenuto definitivamente la Slesia colla pace di Drescb del dicembre 1745, l'Austria poteva inviare rinforzi in Italia. Era vero che le truppe borboniche e genovesi assommavano a circa 90.000 uomini, ma era pure vero c he molti di loro erano chiusi a guarnire le fortezze conquistate c quindi non potevano essere adoperati sul campo, a tutto vantaggio del nemico. Così, per ev itare guai, dalla Francia pa1tì il Signor de Maillebois, fratello del Maresciallo, diretto a Torino p e r concludere la pace col Re eli Sardegna. lncontratosi col ministro Bogino, succcduto al da poco defunto Ormea, si sentì per<) rispondere: "Non esser a11cor tempo di deporre l'anne, non essendo se non due l.tiorni eh 'era iniziata la campagna.·•)O...'VlJ

le truppe sarde ed austriache s'erano rimesse in moto con effcrti rovinosi.

Vlll) Asti, Alessandria e Savona Dopo che il principe di Liechtenstein s'era unito ai Sardi con ·12.000 uomini, erano iniziate le operazioni per liberare Asti ed Alessandria. Il 4 marzo il barone Leutrum, con una colonna di 20 battaglioni, segu ita da un ·altra di 11 che portava i rifornin1enti, e da 30 squadroni , s'era posto in cammino verso Asti . La città fu cannoneggia ta aprendo tre brecce nelle mura e, la no rte del 7, il presidio, 5.000 uomini con 8 cannoni c 27 bandiere, si a rrese. Saputa la notizia, il Maresciallo di MaiJlebois, che con 15.000 uomini era arrivato a poca distanza dalla città per soccorrcrla. non solo tornò su i suoi passi, ma lasciò anche il blocco di Alessandria e si ritirò. I Sardi g iunsero il 10 souo quella cittadella e, trovate le postazioni nemiche abbandonate, vettovagliarono la guarnig ione da tempo ridotta a mangiare i cavalli e che ne aveva o rmai per due soli giorni ancora. Il 12 una nevicata ecceziona le indusse Leurrum ad ordinare l'acquartieramento delle fanterie c il rinvio ai quartieri di tutta la cavalleria. E i Franco-Spagnoli ne approfittarono per cavarsi dai guai ripiega ndo senza pe rdite.


3-+0 Tutte le loro forze erano ormai in piena ritirata. Milano fu abbandonata il l9 marzo. quando le a,·anguardic austriache erano letteralmente alle porte. Il Par migiano era perso; ed anche Parma lo fu. perché gli Austriaci, vincitori il 2H a Sorbolo, giunse ro là i l 3 aprile, intimando la resa , il !J, agli oltre 9.000 solcbti del marchese di Casteh1r, che riuscì a e\·acuarc la città cd a riparare a Sarzana con H.OOO dei suoi uomini dopo una durissima marcia attraverso le momagnl'. Mentre il 27 aprile il barone Lcutrum con 3 battaglioni di fanteria ed un cor po di 600 micheletti dopo sei giorni d i trincea apena riconquistava Valenza. k· operazioni proseguivano intorno a Piacenza. Gli Austriaci c'erano già, Carlo Emanuele ci stava arri,·ando, ma aveva ancora due giorni di marcia davanti a sé, mentre 50.000 borbonici vi si erano già concentrati. Profittando della separazione dei nemici, il 16 giugno i Franco-Spagnoli decisero di assalire gli Austriaci. Attaccarono all'alba su serre colonne, batterono la prima linea, \ennero fermati dalla seconda, caricati dalla cavalleria e alla fine battuti. Persero 17.000 uomini contro i lt.600 cl<.:gli Austriaci e ogn i speranza eli tenere i Ducati padani: dov<.:ttero sganciarsi. Gages passò <.: ripassò il Lambro per coprire il mo\'imento dci 1.000 carri c dei '1.000 muli carichi dci suoi materiali tallonato da vicino dagli Austriaci e dai Sardi. Riuscì a farli scostare dalla strad.l che voleva imboccare e sfilò sono la loro ala destra dirello al Tidone c poi a Tor tona, passando il Po il 9 agosto e facendosi saltare i ponti alle spalle. Dopo un'tllteriore sconfina subira a Ronofrcno, riuscì a sganciarsi ancora e a ritirarsi verso la Liguria in gran fr<.:lta, lasciandosi di<.:tro 1.800 morti e fl"riri , 1.200 prigionieri, 18 cannon i e gran parte dclk salmcril'. Saputa la notizia. Pia cenza si arrc~e il 12. mettendo in mano agli Austriaci un'ingente quantitù di materiali bellici. Intanto a 1vladrid era morto improvvisamente Filippo V; c il nuovo re, Ferdinando TV, mandò a sostituire Gages col marchese de las Minas il quale ordinù d'abbandonare la Lombardia e la J.iguria. ra~trcllando tuni i miliwri delle Tre Coron<.: in grado di mum·<.:rsi. Attraversata rapidamente la Riv iera, sorda ai lamenti di Genova, che si ve deva lasciata inerme in balia del n<.:mico avanzante, l'annata clclk: Tre Corone. ridotta da malattie, diserzioni, morti e catture a soli 25.000 uomini, riparò oltre il Varo. Gli Austro-Sardi. giunti insieme al confine della Liguria, si divisero, puntando rispettivamenre: alb Bocchetta c poi a Genova i p rimi; a 1-'inale ed a Savona i secondi. La -'>ituazione dei Genm esi era a dir poco tragica. La ~erenissima era rimasta sola davanti ad un nemico agguerrito c potente; non sarebbe mai stata in grado di fronteggia rlo senza aiuti e 1<.: sue risorse erano a malapena sufficienti ad imbastire una difesa 2 9 .N 11a,li pen~;u~· dll' le mi~>ur~· pn:.,e nt'il:i p rilll;J ver,l tk:l 17 i(') r c:r rinfor/.. JW l'e~ernlo cr:1nn COIN'Iilc'

nel h;~ndire il rt>dU(;ll11l'l1lO di 56 tompagnie di 60 uomini cia,nma, ai quali. pcr di più. ,j promelle\·;• il Ulll gedo dopo 'olo St:'ll~· lllc'i.


li 4 settembre gli Au~rriaci del ~l aresciallo Borra erano a Sampierdarena. Genova, indifesa. s·appellò allo stato di non-belligeranza che ancora vigeva con Vienna. La risposta fu secca: poiché grazie al suo aiuto i Franco-Spagnoli erano potuti entrare in Italia, unendosi ai Napoletani ed occupando la Lombardia, la Serenissima non aveva altro da fare che sottomettersi alla dura capitolazione che ora le sarebbe stata presentata. L'S gli Austriaci calarono la mazzata ordinando il pagamento eli un milione di gcnoine entro 48 ore, eli un .secondo entro orto giorni e di un terzo entro quindici, pena il saccheggio della città. ll medesimo giorno in cui gli Austriaci notificarono l'importo dei danni di guerra, 1"8 settembre, dopo una marcia resa lenta dalle pessime strade della Val Bormida. l'avanguardia sarda arri\ ò \'icino a Savona. Il 9 Carlo Emanuele III incontrò prima una delegazione di sei nobili. ai quali assicurò che avrebbe trauato la città con clemenza, e poi il vescovo c i dttadin i piLI ragguardevoli che gliene recavano le chiavi. TI 10 il comandante de] castello, un nobile d i casa Adorno, respinse l'intimazione di resa; e Carlo Emanuele, predisposto l'assedio, riprcst: la via della Riviera vcr~o occidente. Il l') scrremhre entrò a Finale fra grandi acclamazioni e vi si fermò un mese. in auesa che i suoi reparti liquidassero le residue sacche di resbtcn~a dei presidii la~ciati dai Franco-Spagnoli in Liguria. Il IH ottobre le tmppe sarde an:·,·ano termina[() di ricacciare gli avversari oltre il Varo e poterono passare ad occuparsi delle piazzeforti. Poi 43 battaglioni austriaci, 20 sardi e 45 ::.quadroni di cavalleria attraversarono il Varo, d ivisi in sci col onne, e bloccarono i\ntib<:s, in attesa clell'~trtig l i cria pesante per assed iarla , obbligando i nemici in rott~l a riparare sono le fortificazioni di Tolonc. Nel frattempo. il 30 novembre, giunse a Genova la decisione di Maria Teresa in merito al condono del terzo milione: e fu ancora peggio della peggiore previsione: non solo era re~pinta la grazia. ma dopo il terzo milione ~e ne do\'<..'\·a ,·ersare ancora un altro per il mantenimento dci 16 reggimenti asburgici accantonati a San Pier d 'Arena. Bisagno c nei \'illaggi circostanti la Dominantl'. t:ra il disastro. Occorreva reagire in q ualche modo, ma non era facile. Il pretesto migliore capit<'> per la disorganizzazione asburgica. Secondo le decisi o n i prese nel consiglio di guerra austro-anglo-sardo ten uto a Savona in settembre e relativo all 'attacco con tro le rrontiere meridiona li della Francia, l'ammiragl io Townsencl. comandante della squadra britannica. doveva provvedere al trasporto dei rifornimenti e dei rinforzi destinati alle opt:raàoni in Provenza. l vascelli inglesi si presentarono dunque a Genova per caricare le artiglierie pesanti destinate all'assedio di Antibe~: e gli Austriaci, ai quali tocca,·a fornirle e che non ne aveYano eli proprie. stabilirono di prelevare quelle che guarni,·ano le mura della città per in\"iarle al teatro d'operazioni.

"Il dì 5 dicembre ~-tli 11/emcllnli strascinauww wz Mortaro da bombe. epos sando per il gran quartiere di J)orlol'ict, si sfondò la stmdo sotto il di lui peso: co-


sajàcilissima ad a ccadere in Genoua. dove le strade di sotto sono uote. lncap,liato così il tmsporto. i Tedeschi m i/ero sforzare il minuto m/go a dar loro c~juto per sollel'arlo. Questo resisté alquanto: ma poi obbligati dalle minacce. t'i si accostarono molti. sebbene di mal animo, 0 11de 11011 dm•aJlo l'ennl ajuto. Ciò t'ed endo tnw dei Tedescl.i i alzò il bostone e lasc iò corrC're alcuni colpi. Tanto bastò fJer clarjif()CO a tullo l'incendio. lln rap,azzo. l'eduto questo tratto, diè di pip,liu aclw1 sasso. e rivolto ai compawti. disse: La rompo: accordando gli altri. lmtcic) 1111a sassola al Soldato percussore. Ftt il lampo quello. a cui .w.>gtlì iJ7COitlcmente t ma p,rmtcline di sassate cosi furioso cbe mise ili }i tp,a i Tedeschi ... ;..,.;..'11 1 L'insurrezione armnla in pochi giorni obbligò Botta a ord inare la ri ti rarn :tlla Bocchetta. dove si rio rganizzò per to rnare indietro e procedere all'assedio della città, mentre i Geno,·esi tentaYano di sbloccare San>na. La loro squadra u-;cì in mare. eli conser\'a con un corpo avanzante \ 'hl terra: ma i ~ardi del conrc della Rocca avanzarono da Savona c lo fece indietreggiare, mentre il con voglio, scortato da tre g::~lcrc, dové tornare ind ietro per la prese nza del la flotw inglese: così il castello capitolò il 19. lasciando 1. 100 prigionieri in mano ai Sardi. intanto Bona an;:,·a orrenuto rinforzi dalla Lombardia e '>i era rimYicinaro .1 Genova. \la nel frattempo le corti di francia c Spagna ;l\ e\·ano rice\ llt<> dci rarpo rti favorevoli dai loro osservatori a Genova e stavano mandando rinforzi, grazie ai q uali la difesa riebbe ahhastanza cbstic iL~ da tornare atLiva. Il 31 marzo i Genovesi assa lirono c ripresero il pas~o della Scoffcra. Tre giorni dopo gli Austriaci ottennero l'aiuto sardo. Carlo Emanuele ordinò al conre della Hocca di avanzare ,·erso c;enova con 12 battaglioni, ma trattenne l'artiglieria finché non seppe dell'a prrontamento del!<.: piazzole . Temeva una nuova disfatta austriaca im provvisa e rov inosa quanto la precedente c non voleva rimetterei i ca nno ni. TI 1S della Rocca arrin) all'assedio e le truppe cominciarono a combattere il 21 maggio 1747, prendendo il convento della ,vtadonna della 1\.lisericord ia c respi ngendo il successivo l'Ontrattacco di 1.700 francesi c rni li ti urbani genovesi.

IX) L'Ass ietta Intanto, già dall'a utunno, la Francia av<.:va aperto trattat ive con O landa e G ran Bretagna, senza però ottenere risu ltati concreti. D<.:cisc allora di an·h·are ad una posizione di preminenza militare tale da consentirle di accelerare i tL'll1pi c di condurre il gioco negoziate come meglio le convenisse. U n tentativo di mcrrc r in piedi una nuova coa lizione antiashurgica in C~er­ man ia fallì per mancanza di adesion i. Provò l' in vasione dell 'O landa, ma non ne cavò il successo sperato. Gli scontri in Asia ed America non potc,·ano essere risolutivi c, dunque. non restava che il fronte italiano. Per questo il 3 giugno furono inviate truppe che operassero su due direrrrici. L<.: prillle, 4S battagl ioni di fanteria c un bu on sostegno <.l 'a rTig lieria coman-


l.\ St 1<l'""'~ n'At '>nn~

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dati dal .\laresciallo de Belle 1-,le. puntarono 'er'>o la Ri\ iera. L'niramente agli Spagnoli di las .\linas. olrrcpas-,arono il \ 'aro, ripresero ina. ì\lontalhano e Villafranca, assediarono Venrimiglia t:. colla loro preponderanza, costrinsero Leurrum a ritirarsi sui monti di Ont·glia. Saputo però che il castello di Venrimiglia resiswva, il Barone chiese rinrorzi al Conte dell a Hocca per soccorrerlo. d frattempo Carlo Emanude fu informato dell 'arri vo nella zona alpina elci rep;,uti dd Cavaliere de l klk:- lsle, fratello del Maresciallo e ordinò subito a della Rocca di lasciare l'assedio di Genova con tutte le truppe. Il Conte obbedì il 2 luglio: due dei suoi hartaglioni andarono a rinforzare l.eutrum. gli altri 10 pre<>cro la via del Piemonre. Coi Sardi se ne anelò anche la flotta inglese che blocca\ a il porto di Genova; c gli Austriaci furono costrl'tli a levare l'assedio, auestando:,i alla Bocchetla per non perdere le comunicazioni col Ducato di 1'vlilano. Intanto i due Belle-lsle si av\'icinavano. Jl Maresciallo occupò la Liguria, ri stabi lendo i contatti fra i (rcnovesi e l'esercito delle Tre Corone e lasciando ai Sardi la sola Savona. 11 C:a\·a liere invece marciava verso le montagne con "10 battaglioni di fanteria c numerosi pezzi d 'a rtiglieria . l suoi esploratori gli avevano riferito che le Alpi Co;ie erano sguarnite e priH: eli fo1tificazioni di rilie\'O. così "ai 74 e 15 di

luglio. quindici ballaglioni Gal/ispani COil 300 ussari e altrellanti Jfichelelli, co mandati dal Cal'alier di !Je/lisle. passarono il .\fonte Ginel'ra e portarollSi linealmente a Sesano e Oulx ot•e si trol'auano le nostre miliz ie dell'alto Prap,elas. le qualifurollo costrette di ritirorsifìno al Ponte di Sestriere."X\JX A Torino si profilava una catastrofe. In tutto il senorc interessato erano presenti si e no 10 battaglioni di fanteri a e .30 squadron i d i cava lleria , q uasi inutili in mont~1gna: non più di S.OOO uomini. Il l<~ giugno Carlo Emanuele approvò il piano difensi\'O elaborato dal marchesl' l3albiano: ci si sarebbe difc~i al colle deii ' As~iella. Avc\'a il vantaggio d'impedire gli assedi di reneMrelle ed Exilles, era l'unica postazione che con senti'>se di difendersi bene e ne furono frettolosamente rinforzati i trinceramenti predisposti fin dall'anno prima. Tutto quello che si riuscì a trovare fu inviato là: 9 battaglioni sardi, senza cannoni, agli ordini de l tencnrc ge nera le conte di Bricher:1s io. All'ultimo momento giunsero ancora ti bauaglioni austriaci, condotti dal generale Coll oredo; ma anch'essi erano privi d'artiglieria . Poco disturbati da scaramucce colle mi lizie valdesi. i nemici 3rrivarono all'Assietta la sera del 18 luglio: erano circa 30.000 uomini contro 7.-!00. La posizione clifensi,·a sarda a\·e,·a pressappoco la forma di un'ipsilon con un lunghissimo gambo, che a metà era piegaro 'cr-,o ~ini~tra. Il Gran crin era la po~izione dominante, l'A'>'>ietta quella cemralc, la Te~ta dell'Assierta la più espo~ta c la Tenaglia della Tcsra del i'Assieua la piLI pericolosa. Là fu posta la compagnia granatieri del .l b:nt~1glione de lle c;uardic, com~mdato dal tenente colonnello Paolo ~ava rina cont<.: eli San Sebasriano, il figlio che V ittorio Ame-


eleo ave,·a avuto dalla contessa di Spigno c che il conte di San Sebastiano si er,1 proclamato onorato di riconoscere legalmente come proprio. A mezzogiorno del 19 luglio 1747 cominciò il fuoco di preparazione, contt nuaro fino alle 16.30; poi " ... i Frcmcesi diedero principio all'assalto in numerc

di 10 Battap,lioni, dil•isi in tre colonne, prot•t•eduti di nove cannoni di quattm libbre di palla e spallep,giati du altri otto battaglioni di riserua."XXX La forte pressione nemica portò Bricherasio a ordinare il concentramento dt tutte le forze al Gran Scrin, ma San Sebastiano. i cui uomini avevano già w spinto tre assalti e ucciso lo stesso Belle-Isle giudicò rischiosissimo l'abbandono della linea c non obbcdì. Visto ignorato anche un secondo ordine di rilirata. ti comandante del serrore ne mandò un terzo, il cui latore arrivò alle trincee pro prio mentre i Francesi tornavano all 'assa lto. Si dice elle il conte di San Sebastiano, letto il foglio, abbia risposto: "namn

ti a/nemico non possiamo colgere le spalle...X"':\\l Sia vero o no, resta il fauo che o rmai gli avversari erano troppo vicini ed il combattimento si riacccse v iolentissimo: "L 'assalto fu fallo co1z tanta forza e t'a/ore che già i Frcmcesi lrol'al'ansi due ore at•anti sera alle falde dei trinciem 111e111 i co11 p,!i ìstru rne11ti necessmj per abbai/erli e rouinarli ... e furono sempre costcmten'lellle respinti con corattRiO dal canto nostro e gra11 perdita loro. ··},"':\:-.Il "doppo fallii bei L'ctlltaggi si acuicillCil'allO le ore sette... la po!t•ere commi11ciaro n mancarci e l'armi quasi tutte j11ori di serl'izio li Rrtmalieri continuaua11o a ballersi pilì a colpi di pietra che coljì,tcile .. xxXII! e anche i nemici erano allo stremo. •·Jn jì11e soprap,giu111a la !ZOlle. furollo costretti di ritirarsi cerso estriere inseguiti coll bravura da alc11ne compagnie di Granatieri, unite ad un co1po di Austriaci, che no11 cessaro11o di molestar/i con la Sciabla aliti mmzo ji11o al df!t to Sestriere."XXX'I\ Era finita; ed era una grande vittoria: "QuaJ7lo alla perdita dei nemici, si accerta. ed essi pure il confermano. che tra m orti, ferili e prigionieri, asceNde o cinque in sei mille uomilli.''XXX\' Erano caduti due general i, cinque brigadieri , nove colonnelli, 423 ufficiali L' '5.:300 soldati. L'esercito nemico si ritirò, abbandonando tutti i suoi ferili - o lrre 600 - ai vincitori, dai quali aveva ricevuto ~•ssicurazionc che li avrebbero ra< colti e curati. Gli Austro-Sardi avev~1110 perso invece: 2 ufficiali c 2'5 soldati i primi, 7 ufficiali e 185 uomini i secondi. Un trionfo; ne pari<'> tutta l'Euro pa. Contrariamente a quello che si pensò per molLo tempo, le relazioni ufficiali sarde, pur se non tulle, parlarono ampiamente del Conte di San Seba~tiano "//

Sip,.r Conte S. Bastiano, col soccorso mandatogli dal Sip,. Conte Colforedo, COIISistente in due Compagnie di Granatieri ed ttlt Picchello si è 1na11tenuto costantemente nella ridotltl, la dol'e degnamente ha meritato lo stima di tutti gli ltj{icialt che combattevano solto li di lui ordini."XX'XVI E' vero però, ed è comprensibile, che ci si guardt> bene dal dire quel che era noto acl ogni Piemontc~e. che cioè il merito di una così grande vittoria spettava a un figlio naturale di Vittorio Amedeo II, a un fratello basta rdo del


Sovrano regnante. ;-..Jon era il caso di scatenare un putiferio di chiacchiere e scandali sul defunto Re, sull'ancor viva Contessa c sul buio periodo seguito all'abdicazione de l 1730. Si parlò tanto, ma si tacque quel che tutti sapevano. Così, nel corso degli anni, si dimenticò mollo c. quando nell'Ottocento si ricominciò a parlare della battaglia, alcuni sostennero che non \"i fosse menzione del Conte eli San Sebastiano perch(· lo si era ,·oluto punire per non :.1\'er obbedito agli ordini. Altri ipotizzarono che la sua colpa più grande fosse sua madre, tuni pensarono di turto; c questo accadde semplicementt: perché nessuno aveva letto i documenti conservati negli Archivi eli Torino, ne i quali non solo veniva fatto il suo nome in relazione alla \' iltoria, ma si diceva pure che aveva proseguito la carriera, era stato promosso generale ed aveva anllo una pensione. L"Assiem1 fu l'ultima grande battaglia della guerra, perché le operazioni dei dodici mesi seguenti furono tune di piccola enritù e limitate alla Ri,·iera Ligure cd alla Corsica.

X) Carlo Emanuele e la Corsica La Corsica era dominio di Gcnm·a dal Medioevo e le si era rivoltata contro fin da l 17:30. Quando la guerra si allargò fino a coinvolgere Cenova, la G ran Bretagna spedì la sua notta in Mediterraneo a bloccare il traiTico navale spagnolo e a cooperare strategicamente col Re di Sardegna e colle truppe austriache; e le conseguenze per la Corsica non si fecero attendere a lungo; solo fino al tardo autunno del 17·1'5. Prima arrivò un'incursione navale inglese a Hastia. Mentre la guarnigione genovese rispondeva al cannoneggiamento dal mare, i cittadini, da tempo in contatto coi MalconrenLi - come e r~tn o definiti gli insorti contro C~enova - minaccia ro no di sollevarsi e, giovandosi dell'arrivo davanti alla città di un corpo comandato dal colonnello Domt:nico Rivarola, Corso al setYizio dd Re eli Sardegna c sbarcato nell'Isola già d a ouobrc.3° convinsero il Governatore ad e\·acuare la città trasmettendo provvisoriamente i propri poteri alla Magistrarura. Q uesLa accettò la p rmezione eli Carlo Emanuele li l che Rivarola offriva alla città ed a tutta la Corsica e partirono subito i corrieri direlli a Genova e Torino coll'imponanre notizia. Per Genova era un disastro: el momento in cui pensava d'aver risolto gran parte dei propri guai grazie alla fortunata campagna sostenuta in Iralia insieme a tre potenti alleati, mentre il Piemonte sem ioccupato sembrava prossimo al

10 Ri,·arob er:1 .,t:llo l"iu:console di ~p;tgn;t a Uastia: nel

l7 ' H " '"""" ouenuto dal la Repubblit·~, il perrne:-.lle!-:gimc·nto Cor!>ica - per il R.: di S:1rdegna. poi L"f:l fuggito perch(• òKCli';Jio di ma h er"I/IOill', pentlato ed ;tpproprt.I7ÌOI1<:' indebita com.: anumni:-.tratore f1,c,1k Pc·r rJppr.:sagha. la Repuhhlic.l arr~·,to 1 'lloi tìgli "' h lr.l,fcrì .1 Ge;>no,·<L MI di ;tHUolare un r~·ggmwnto di Corsi -


crollo. Carlo Emanuele III la colpi,·a nel punro in cui era meno difesa c . con 1<> na\'i inglesi c un colonnello, rimerteva in discu~sione qu indici anni di sforzi pl'l mantenere la Corsica. ~ l a il peggio clo\'eva ancora venire. Ai primi eli dicembre le n;l\ i ingle...,, bloccarono dal mare San Fiorenzo, mentr<.' Hivarola l'assediava da terra c m inacciava d'avanzare contro le altre piazze genovesi. 11 Commissario Generale dt Genova , il marchese Mari, le rinforzò ~postando truppe da Cal,·i. ma non c·er,t nemmeno da pensare a riprendere il controllo dell 'Isola. Rivarola , infani, '1 aveva diffuso la Patente con cui Carlo Emanudc l!J concedeva la sua protezione ai Corsi c promclle,·a eli aiutarli contro G<..·nm·a. 1\la ai primi eli febbraio del 17-:~6 i Ba::.ticsi pre~ero contallo col marchc'>c Mari e, il l), reinnalzarono la bandiera della Repubblica sulle mura. mentre Ri ,·arola infuriato lasciava San Fiorenzo c rorn~l\·a verso Hastia per assediarla. l n cominciò ai primi di marzo, ma non riu~cì a concludere l'assedio. Ora, se era comprensibile che il lk eli Sardegna e I'Jmperatricc non si l'ossi.:' ro elmi troppo da fare ad aiutare la Corsica durame la prima pane della campa gna del r-Lt6, quando erano ~Lati impegnati a cacciare l'esercito franco-bpano napoletano-genovese dalla Lombardia e dal Piemonte, ci se ne poteva però i<: giuimamente attendere qualche soccorso in autunno, quando invece erano padroni della Liguria. occupavano Genm·a e ~ta,·ano a~sediando il ca~tello di ~a­ vona, dopo aver ricacciato in Provenza i rranco-lspano-Napolctani. Qualcos,t non andava c i JVlalcontenti. nell'arresa di capire cosa , levarono il controllo di San Fiorenzo a Rivarola. el gennaio dd 1747 si sparse la voce che, grazie al forte contributo dato dai mi litari corsi all'insurrezione genovese del precedente dicembre. b Hepuh blica anebbe accolto le richieste del popolo di Geno,·a perché ,·enissero soddi sfatrc tutte le istanze elci Malcontenti. Ma nessun invì<lto ufficiale comparve . mc.:nrre in vece arrivarono lettere in cui il Re di Sardegna prendeva l'impegno di aiurare e proteggere i Corsi nella pro~ccuzionc della guerra e nelle future trallati\C di pace. l Malcomenti quindi dccbero di rimanere ribell i all 'mnorit;ì gcnmTsc. attendere gli eventi e badare ai propri alTari senz;1 com piere ulteriori passi. Questo non anda,·a bene a Rìvarola. al quale l'assenza eli rinforzi austrosardi ave,·a reso difficile essere creduto. Per n1iglìorare gli aspri rapporti esistent i fra lui e i ribelli, decise dì agire auto nomamente e preparò un atracco eli sor presa a Bastia, che però si tramutò in assedio c fallì quando arri,·ò dalla Ligu ria un com oglio che trasporrant 500 ~oldati genovesi c 200 granatieri francospagnoli. Poi i Genovesi marciarono su San Fiorenzo, ma i M<tlcontenti '>i con centrarono rapidamente c il Commissario G<..·neralc ritenne opportuno abbandonare l'impresa. Subito dopo geunrono l'ancora a San Fiorenzo due v<1scelli ingksi che por Lavano lettere e rifornimenti mandati da Ca rlo Emanuele Hl. finalmente. dopo la lunga e pericolosa campagna esti\ a che a' c,·a \ 'isto gli Austrosardi perdere il 1\iizzardo, dover levare l'asscdio da Genova c sventare all'Assielta il 19 luglio kt


minaccia d'inva:-.ione francospagnola elci Piemome, c'era ~tato il temrx> e il modo eli provveder<: alla Corsica. Rivarola avvi:-.ò i tre Genera li dc.:i Malcontenti, (;allori, Matra c Ciuliani, e li invitò a venire da lui. Comunicc) loro che il Re eli Sardegna confermava l'impegno <.l'aiutare i Cor-,i comro i (~L~non~si e che era opportuno a\'crc con lui un incomro. Così il l l ouobre Ri' arola e Giuliani s'imbarcarono alla 'olta dd Piemonte. A Torino furono accolti con grandi segni di ~tima e rin.· ,·eucro ampie a~sicurazioni d'imcrvenlO, anzi, mentre erano là, vennero spedi ti gli ordini per armare a Savona i legni necessari al trasbordo in Corsica di truppe e munizioni ; e corse voce elle entro la fine dl'll'anno si sarebbero , ·istc arriv~1re in Corsica due na,·i inglesi con molte barche armate c un battaglione sardo di :SOO uomini. Ai primi del l""' 1H Giuliani riemrù da Torino. dm e era in,·ecc rima:-.to Ri,·arola,31 radunò una Consulta Generale. s·intraucnnc in lunghi colloqui coi collegh i e coi Capi dei Sollevati, ma poiché non fece trapdare nulla ai Capi delle Pievi , se ne ded usst' che qualcosa el i grosso si stesse p reparando. Dal 7 febbr<lio. ultimo giorno ddh1 Consulta. alla fine d'aprile non successe nulla. Poi. a mezzogiorno del 1 111aggio. tra scariche d'artiglieria di sa luto e grida di gioia. il corwoglio degli aiuti au..,trosardi geuò l'ancora nella rada di San fiorenzo. Partito addirinura il ~ aprile da S;l\ ona. Ll\·e,·a n;l\'igaw lentamente per i ,·enri conrrari, o del turro assemi, ma ora eccolo là. sconato da ~ , ·ascelli inglesi e carico <li 1.500 uomin i,5 2 arm i, cannoni, mu ni 7.ioni e v i\Tri. Sbarcate cd alloggiate alla nH.:glio le truppe . il 7 si tenne un consiglio di guerra nel quale ~i decise di assalire B<Jstia. Il 10 il C~l\·alier Cumiana e i generali .i\larra e Gaffori alla resw dei 1.)00 au::.tros<Jrcli c di circa L )00 l\lalcontemi si misero in marcia ,·erso la città. la bloccarono c cominciarono a predisrorre l'attacco . .\la :-.olo il 15 maggio furono disponibili i cannon i e il H) sera cominciarono le opcra7.ioni. il 19 cominciò un hom lnm.Jamc::nto che com inuò incessantemente fi no a tu tto il 22, accompagnato da un intenso fuoco di fucileria ed aggravato dall'entrata in funzione di altre due batterie pesanti . .\ la né il cannoneggiamento, né gli assalti appoggiati da e::.so riuscirono a far retrocedere i GenoYesi dalle posizioni che occupaYano. 11 presidio non sapeva che in quattro giorni di bombardamento conti nuo Cumiana aveva quasi esaurito le.: mu nizio ni e rov inato parecchi pc::zz.i per l"eccessivo tormento. Per questo fu encomiabile il rifiuto che diede all 'intimazione di resa e all'oiTcrta d'onorevole ca pitolazione pre'>c::nwtagli il 2.3 da un ufficiale sardo. Per Cumiana era un guaio. Com·ocò il Con-,iglio eli guerra insieme al quale esaminò l"artiglieria e le munizioni e. trm·ata la prima malridoua e le seconde insufficienti decisl: eli non rroseguire l'assed io.

1

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3<+8 Coperti dal fuoco dci mortai, che continuarono a battere Oastia dalla sen dd 25 alla mattina del 27, gli Austrosardi smantellarono le piazzol e e reimba r carono le artiglierie e le atlrczzature. non senza difficoltà a causa della pioggi.t intensa. che li obbligò a sospendere i trasbordi per tutto il 26. Un'ora dopo il tramonto del 27 le truppe assedianti si mossero e alle nm e di sera del 28 rientrarono a San Fiorenzo. Lo stesso giorno approdò a Bastia il com oglio coi rinforzi francospagnoli. Le operazioni si spostarono verso l'interno, ma ce~sarono in agosto. Poi ar rivò l'annuncio cicli 'a rmistizio intercorso in tu tta Europa fra i bell i gera n ti. Di spacci spediti simultaneamente dal barone Leutrum e dal Maresciallo de Belle ble al cavalier di Cumiana ed al marchese de Cour~ay ordinavano di sospen dere sub ito le ostilitù. Per questo il 6 settembre un tamburino sardo si presen tù a Bastia, latore della richiesra di Cumiana eli mandare un commissario a co minciare le trattati\ c. 1\e seguì la stc~ura della convenzione armistiziale per l.t Corsica. Aperri:,i i negoziati per la racc ad Aquisgrana, i Corsi rensarono di manda re ad ognuno dei plenipotenziari lù convenuti un memoriale nel quale riassun sero tutti i loro motivi c tutte le loro richieste. rl 13 novembre si ebbe un primo risultato. Cumiana chiamò a San Fion.:nL<> i Capi dei ~lalcontenti e comunicò quali intenzioni avessero nei loro confronti Carlo Emanuele 111 , Maria Teresa d'Austria e Giorgio d'Inghilterra. La Sitllazione diplomatica era in quel momento a~sai comrlicata dall'acCOI do rreliminare già raggiunto tra la Francia c l'Inghilterra. Le due nazioni erano le anime delle rispettive alleanze e la loro defezione rendeva ai loro alleat i molto diffici le, ma non impossibik, prosegujre la guerra. L'Austria voleva riprendere la Slesia e far sparire Genova dalla carta gcogra fica; la Spagna non era disposta a terminare la guerra se non oneneva un regno per don Fi lippo; Ca rlo Eman uele III voleva imped irglielo, ma al tempo stesso dm·e,·a rensare a tenere Sa\'ona e il Finale tolti a Genova e a recurerare _ izz.t e Savoia, in mano nemica. Genova :1 sua volta voleva rirrendcrsi ciò che il nemico occupava in quel momento. Insomma, d i moti vi per proseguire ce n'era no a iosa; e fu per questo che le due Potenze maggiori decisero di accordar"• per una pace basata su un ritorno allo statu quo ante, con qualche leggera mo d ifica. Per quanto riguardava la Corsica, Cumiana rese noto che il Re di Sardegna e i suoi alleati pen~a,·ano di lasciare l'Isola sono la protezione del Re di Francia. ln rea ltà Carlo Emanuele IJJ se la sarebbe volentieri tenuta r er sé, ma !:t Francia aveva dichiarato che il ripristino dell 'integrità teiTitoriale della Reruhblica di Genova era una condizione fondamentale per la race; l'Inghilterra, finanziariamente esausta , non aveva avuto difficoltà e s'era imposta perché anche Austria e Sa rdegna accettassero. Agli Alleati non rimaneva che lasciare l'Isola. Concessa a Marra la patente eli Tenente Colonnello e ai suoi ufficiali quella di subalterni del costituendo Reggimento Corsica dell'A rmata Sarda, Cumiana prc


se accordi con Coursay: e gli Austrosardi lasciarono l'l '>ob MI due di,·ersi convogli , entrambi sconati da un vascello inglese. Il primo ponò i Piemontesi a Cagliari ; il secondo trasferì a Savona Cumiana. Marra e i suoi ufficiali e il contingente austriaco, lasciando a San Fiorenzo solo 100 uomini del Reggimento della Marina. Intanto Versailles s'era adattata a firmare la pace acl Aquisgrana il 30 ottobre. Tutti i contraenti ricono i>IK:ro la Pragma rica Sanzione. La Francia riottenne l'Isola Reale e la possibilità eli rortificare Dunkerque da terra , dovette restituire izza e San>ia al Re di Sardegna. che ricevé dall'Austria il Vige,·anese. pane del P:wc.'>e e la Contea di Anghicra. portando così il confine al Ticino. , ia il Duca di loclcna che Gen<)\'a furono reintegrati nei loro possedimenti, Finale incluso. luigi X\' fu costretto a recedere dalle Fiandre austriache; e si ripristinc) la si[Uazione antecedente. a cui l'Inghilterra teneva dal 1713, di frammentazione politica, e quindi di debolezza, su lla costa continentale della Manica. Londra ebhe poi la conferma del "vascello di permesso··, del monorolio sulla tratta degli schiavi ed il riconoscimento ufficiale, da parte di tutti i contraenti del trattato di pace, del Seltlement Act. La Prussia conservò la Slesia ed acquistù la contea di Glatz. In definith·a non era cambiato nulla.

XI) La tattica di Carlo Emanuele ID Al termine della sua prima guerra Carlo Emanuele Tll si era già guadagnato la fama di buon generale in tutra Europa. Dopo la battaglia di Gua~tall<t il Maresciallo di Broglie aveva riferito che " // Re di !:i'ardep, na si è comportato come un principe della Casa Sat:aia. con 1111 Stl11f.?lle Ji·eddo. un 'abilità e 1111 coraggio degJii del SI I O nome."X''X' 11 Gli aveva farro eco Coigny: ·· \ ()JTei poten ·i e:-,p1imere con quanto l'Cl/ore e con quaJita abilità si è compo11ato il Re di Sardegna e come ha inCOI'Cif.?Miato le sue tmppe e le nostre... ..x:-.;\'\111

Due anni dopo la fine dell a guernt. nel 17tl0, avrebbe commentato Charles

de Brosses: " . .. è laborioso, illf<:'llt:C{ente, hrauo politico, !Wior oso ed abile nell 'arte militare. ··~'\XIX L'abitudine del tempo impo neva agli estensori di rapporti e relazioni di magnificare l'operato del sovrano che avesse anche solo presenziaro alla battaglia come se l'avesse vinta lui. Il fatto che Carlo Emanuele 111 fosse zio di Luigi xvt~ rcndc,·a ancor più necessario parlarne bene, col che si dovrehbero prendere tutti questi giudizi cum grano salis.

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Come ,. ricorderà, Lu igi XV <'r;t 11 ~l'\'OtKiogcn ito del du ca di Horgogn;t t' d i ~1a ri(l Adelaide di 'ìm o ia, son.: ll:1 magginrl' d i Ctrlo Etuanuelc Il i.


350 J\la l'orerato di Carlo Emanuele: non si cra limitaro alla 'irroria di Guastali. come i giudizi su di lui non si limitavano a questi cluc. federico il Cìr:mde an·va eli lui e ciel suo escrcilO una buona opin ione. Vollaire, rifcrendosi alla Gut·rra di Succe'>sione d 'Austria. awebbe ~critto di Carlo Emanuele: che "m ostrò (l /lo ra tanto coraggio ed alliuitcì nella CC/I{Sa della Casa d'Austrio qllanta ne acel'o dispiep,ata nella p,uerra del 1733. Fece vedere in queste due p,uerre di cbe cci/or" em la SI ICI alleanztl. e cbe 11011 hisop,nara dime11ticare nulla per grwdap,narlo ( per distmf!.J!.erla: tll'UI 'a dep,li eccellenti ministri, dei buo11i ~-tenera/i ed era lui stesso milll~'ìtro e p,enerale. economo nelle srte .\1Jese. ben orientato nella Sl{a co11 dotta. infaticabile nellal'Oro. e comggioso 11el pericotu: ·XL e andiamo a considera re da vicino il ~uo operaLO, bisogna ammettere dll' eli vittorie veramente ed esclusivamente sue, rianifica te e comandate da lui, CL' ne sono due sole: Guastalla e Casteldelfino. A Parma non c'era e nd resto della c;uerra di Successione Polacca non ... 1 ebbero altri scontri di rilievo. A Cam rosanto non ern rresenre, né lo fu a Pia cenza o aii'Assietta . In compenso fu battulO alle barricate in Valle Stura. all.1 ~laclonna dell'Olmo e a Bassignana. Per<') i contemporanei furono tut t i concordi ndl'aurihuirgli lo st~sso grandi qualità come generale. Pen.:h(· ? l n primo luogo perché conosce' a bene il mestiere, non solo dal runto d ,·ista operativo, ma anche - e que~to era fondamentale- da quello organiz:r.at1 vo. Carlo Emanuele sapeva mettere la persona giusra al rosto giusto. A lui non accadde mai , come invece carirò a Vittorio Amedeo, che il comandamc d\m 1 riazza la cedesse troppo rresto. L'unico caso di resa anticipata fu Demonte, 111.1 per colra d'un incendio che gettò nel panico i soldati e bscic') solo il coma n dame, non per viltù o per accordi col nemico. Carlo Emanuele seppe scegliere, prova ne ::,ia il fatto che i suoi generali :tgi rono sempre brillantem e nt~. nonostante fo~~cro serarari da lui da centinaia d i chilometri. D'altra pane non soltanto sape,·a '>ceglien: i suoi generali. ma sape' 1 anche valutare le mosse più opportune da ordinare loro, tenendo con rutti un.1 nutrita corrisponck:nza. Al principio del GlJ)itolo si è fatto cenno :ti suo Stato Maggiore. Era ridotto ma efficientissimo: e lo era perché lui lo controllava co stantemente da ' 'icino. L'esame anche solo di una rarte della ~ua corrisponc.kn za lo prov:l; e sricga pure perché delegasse le operazioni ai suoi gcncr~di: c'er:l no tropp<: cose da fare simultaneam<.:nle in troppi posti diversi e distanti. \ ritto rio Amedeo a\·e,·a dovuto occuparsi della politica c~tera. di quella interna, dd l'organiz7.azion<.: delle forze a rmar~ . del reperimento dei fondi c:.: delle vcttovagllv e eli combattere: ma aveva dovuto combanere solo su un fronte. Carlo Emanu ~: l<: im·ece no: nella Successione d'Austria si era tro\'ato con eserciti nemici <.hL sbucava no a min;1cciarlo da rune le pani; ed erano parti lontanissime tra di loro perciò era necessario delegare per lungo tempo ce1ti comandi ai sonoposti. Ovviamente, quando pote\'a manonan: colle truppe riunire, era lui a co m~mdare, ma quan te volte fu possibile '


351 Nel 1742 dalla Riviera Romagnola dové accorrere in Savoia, nel '43 si trovò i nemici contemporaneamente in Em ilia, a t\izza e a Casteldelfino; nel '46 dové aprire la campagna simu!Laneamente in più punti c contcmporaneamenle seguire a Torino i conLalli diplomatici colla Francia c coll'Austria; nel "47, infine, i fronti furono tre: 1\Jizza, Genova e le Alpi. Con quel tipo di guerra occorreva un centro eli direzione strategica , che o ltretutto doveva essere continuamente aggiornaro sulla situazione finanziaria , diplomatica e logistica , oltre che su quella militare. La guerra d iveniva sempre più complessa c non permetteva pil:1 di seguire le truppe sul campo. Anzi, il comando diretto durante la Successione Austriaca poteva divenire controproducenre ed impedire un efficace perseguimento degli obiettivi politici generali. Dunque, come lo zio Eugenio e soprattutto il padre, dal q uale imparò. Carlo Emanuele lll sapeva commisurare l'azione rnilitare a q ue lla politica, adoperando la prima in funzione degli obiettivi della seconda. E questo è già moltissimo. Ma con1e operava militarmcnte parlando ? Com'erano la sua tattica e la sua strategia l La seconda non si scostò dalle linee tracciate da Emanuele Filiberto c riprese con s uccesso da Vitlorio Amedeo IT. Carlo Emanuele aveva ben chiari i punti straregicamenle fondamentali per la difesa elci StJOi Stati o per rarracco di quelli vicini . La manovra diplomatica e militare a svantaggio del Ducalo di Modena al princip io della Successione Austriaca fu eli una scorreuezza morale e d'una dTicacia militare esemplari: comunque la si voglia considera re fu una dimostrazione di perfetta abilit<'ì strategica. Fu degna del miglior - o peggior, secondo i punti eli vista - Vitrorio Amedeo. Anche la successione dci movimenti, gli spostamemi sul terreno per s loggiare il nem ico senza combattere, o per obbligarlo e prendere una certa strada, o un a certa decisione, vennero sempre studia li e eseguiti molto bene. L'unico errore che in questo campo gli si possa impulare è la disattenzione c he, in concorso eli colpa cogli Austriaci, permise a Gages nel '46 di sganciarsi c filare in Liguria attraverso la Bocchetta. La tattica invece risulta assai diversa da quella del padre c de llo zio Eugen io. Carlo Emanuele non rischiava e le sue vittorie furono colte più in difesa che in attacco. Del reslo di solito aveva meno uomini del nemico, almeno nella Successione Austriaca, e perdere una battaglia campa le poteva significare perdere tutto l'esercito e il Regno. Né poteva rimediare arruolando più genle, perch<'ì avrebbe privato le campagne di lavoratori, compromettendo il raccolto e condannando il Regno alla fame e alla resa. A Guastalla scelse il terreno, aspettò e vinse. A Casteldelfino fece lo stesso. A Cuneo, dopo la Madonna dell 'Olmo, arrese tormentando il nemico ed alla fine la spuntò. Per l'Assietta approvò il piano proposto da l3alhiano - difensivo- c fu un'altra vittoria . Non si può fare a meno di notare l'estrema attenzione da lui spiegara nello sfruttamento del terreno. Le sue truppe avevano una capacità d'aderenza notevole e i suoi ge nerali tutti un occhio molto hen esercilaro. Se queste fossero state caratteristiche solo eli uno o due generali, di tre o quattro reparti, sarebbe


352 stato possibile credere a un caso, ma e rano b regola; e se la regola e ra questa . vuoi dire c he c hi l'aveva dettata sapeva comandare e sapeva fare la guerra. Lo schema d'impiego variava da battaglia a battaglia. ma, esaminandole nnte, emergono delle costanti. Sostanzialmente Carlo Emanuele contrastava l'avanzata nemica, o corriva la rrorria , con un velo di trupre leggere, logorando l'avversa rio con piccoli , numerosi c cruenti scontri d 'avanguardia. Se si tratta\·a eli attendere su posizioni predisposte, cercava eli rendere la difesa anmzara meno resistente in corri:,pondenza dci punti forti della difesa arretrala. per aniran: i nemic i sul terreno a loro più sfavorevole. La tanica delle avanguardie era quella ador e rata da Eugenio, che l'aveva imparata contro i Turchi, e da Viu.orio Amedeo, che probabilmente l'aveva appresa da Eugenio. Quando il nemico, superate le truppe leggere, arrivava al contatto. scorriva che l'artiglieria era inte!Yallma alle bligatc eli fantelia - a Guastalla come alla i\ ladonna dell'Olmo c, sostanzialmente. a Casteldelfino, terreno pe1mencndo- anziché concentrata su lle ali o al centro e che forniva una maggiore inrcnsil:ì eli fuoco. Q uesto licorda un po' lo stile di Emanuele Filìbe1tO c soprauutto d 'Eugenio. Siamo di nuovo in presenza di qualcosa che \iene dalle campagne d'Cnghctia di fine Seicento ? La cavalleria non \'eniva adoperata molto in battaglia, sia perché, operando prevalentemente in difesa, Carlo Eman uele sceglieva per schierarsi dei terreni accidematissimi - Bassignana né è un esem pio -sui qua li erano sconsiglia te le cariche, s ia perché se ne avvaleva come forza eia dosare attcmamente per raddrizzare o decidere le soni della banaglia. Guastalla è un caso di questi, la posizione arretrata nella zona di Castcldefino un'altro, il mancato impiego alla ,\iladonna dell'Olmo un a ltro ancora. Altra caratteristica delle truppe di Carlo Emanuele III era l'elevata mobilità. La marcia da Rimini alla Savoia è un esempio. forse il più e\·idente. Il Re decampò il 13 agosto, il 16 settembre era a To1ino, il 30 passò le Alpi ed il 3 ottobre era in Savoia con n.Jtto l'esercito. E' vero che le teo1ie di Folarcl, ormai ben note da qualche anno, avevano messo molto in auge le marce rapide, ma non su queste distanze e non a questa velocitù. l circa 430 chilometri tra Rimini e Torino furono percorsi in 35 giorni. con una media di 12 chilometri c mezzo al giorno, che salgono a 18 e mezzo ~e si calcola - come da prassi dell'cp<X."'.t - un giorno di sosta dopo due di marcia. Se si considera che la marcia farra da Eugenio su Torino nel 1706, celebratt in tutta Europa come un esempio d i velocità, coprì 350 chilometri in 31 giorni, alla media eli circa 11 al giorno, mentre quella verso Tolone dell 'anno seguente, che i France:,i considerarono vel<xissima, fu effetttJata a una media giomaliera di l ' l.}' la :J ' l.a qul•qio nc nwrit:l una ,pil:gaziom: pi ù do.:l!agli:.ti:J. La m:trcia medi:1 ddl'cp(>o.:a copriv:1 fra i dkci c i dodil'l chilometri al giorno c non ecn:dc,·a quasi mai i quindici. App:1rcmcmeme un mm·imcntn come qut'llo d' Eugenio wr.-<> Tolonc. di 1-o th ilometri in quindici gtorni. er<t nella mo.:dia. ,\l<t ahbi:tmo \'i~to che t.ugc·nio coprì piu di 1-0 chilometri in dodici gu >rrll. Intatti mos~e le truppo.: il l'> 'eN> lltol. la prima wppa . c le '"e J\ anguardit' arri' :nono ;1 Tolonc ti !6. toprendo p•ù di quauordiu thilonwln <ti giorno c ll'ncndosi perfcnanll'ntc nella mctha dell'epoca. li Lllto ('he er:t l'~tato.:, che face5~c molto e~ldo e che in <JLil'Ì ca;,i in l ulli ).t lì e~cn: ili c'era l 'abitudin(' di npo,arc un giorno inll'I'O ogn i due o tre· di 111ar-


LA Scccr:.•;stoKE n·i\ t '~'11UA

353

media di 12 e mezzo, tenuta per un mese abbondante, denota una notevole organizzazione Jogistica e un ottimo addestramento delle truppe alla marcia. C'è un ultimo aspetto da considerare, che non è il meno imponante per valutare Carlo Emanuele III come generale, sia in assoluto, sia in rapporto al padre ed allo zio. Mentre la Successione di Spagna fu un conflitto di cambiamento -e quindi segnato e deciso dalle battaglie strategicamente fondamentali di Hochstadt e Torino - le due seguenti guerre di Successione furono. nonostante tutti gli sforzi della Francia, dei confl itti d'assestamento c, come tali, privi di scontri strategicamente risolutivi. Lo schema strategico delle tre guerre di Successione, ripetuto al tempo della l{ivoluzione francese, fu sempre lo stesso, quello scelto e messo in pratica dal 1703: avanzata simultanea di due eserciti da ovest ad est; oltre le Alpi o per la Riviera e lungo la Pianura Padana uno, attraverso il Reno e l'Altopiano Bavarese l'altro; loro unione in Tirolo e marcia congiunta su Vienna. Al tempo della Successione Spagnola Hocbstadt c Torino avevano spezzato l'avanzata del primo c del secondo esercito, vanificando in due tempi l'intera operazione stra tegica francese. Le altre battaglie, in Fiandra, in Halia , in Spagna e in Germania furono solo un corollario delle due fondamentali vinte c.Ia Eugenio. Ma ne lle due guerre seguenti, benché il p iano venisse ripetuto dai Francesi nello stesso identico modo, mancarono le battaglie strategiche di portata mondiale che avevano caratterizzato la prima. Ci furono battaglie di grande rilcvanza stra tegica, ma non furono tali da modificare l'andamento del conJlitto e la storia ciel mondo una volta per tutte. Insomma, il teatro era buono, gli attori pure, ma la commedia no, cosicché la compagnia , pur dando il meglio, più di tanto successo non poteva avere. La fama dipende molto dal contesto in cu i si agisce: Federico il Grande è ricordato e magnificato per la Guerra dei Sette Annj, ma vinse molto di più e guadagnò molto di più in termini territoriali durante la Successione Austriaca, solo che, parlando di lui, eli essa non ci si ricorda mai. Le battaglie strategicamente importanti nella Successione Polacca furono Parma , Guastalla e Bitonto. In quella Austriaca Mollwitz, Camposanto, Dettingen , Casteldelfino, Praga, Velletri , Cuneo, Bassigna na, Fontenoy, Culloden, Piacenza e I'Assietta. Nessu na d i esse risolse in modo definitivo il confli tto; tutte potevano essere perse da chi le vinse senza pregiudica re in modo definitivo l'esito della guerra; nessuno di quelli che le perse - coll'eccezione degli Scozeia, coprt"ndo q uindi in media. compresa h so~t~1 . non più d i 40 ch ilometri in q uauro giorni, pari ~~ IO al giorno. fece ., ì che la lllarcia tlt:gli Austro-Piemontes i. che inv<:-ce ne coprivano 56 i n quau ro giorni. apparisse te rril>il meme r:lpida ai Prance,.,i, q uasi un primaw. Il term ine di paragone a c ui allenerei per va llllare la marc ia da Rimi ni a Torino è dunque la copertu ra, nell'arco di quauro giorni. d i -10 chilom..:rri come med ia c d i 'i6 com.: ma!>simu. Ucnc: da Himini a Torino Carlo Emanuele avanzò alla media di 19 chi lom.:tri c 700 metri ogni <t g iorn i . tenendosi molto più vici no al massimo d i Eugenio verso Tolone che alla media dd tem po.


zesi a Cullockn - vide la propria causa irrimediabilmente compromessa . Carlo Emanuele Il1 e il suo esercito furono coinvol li in parecchie di esse, ma siccome no n vennero magnificate, non si videro riconos(.'(..:' I'C i propri meriti . Furono co su·crri a rifare sempre la stessa cosa, a comriere quel lavoro umik c ignorato. ~enza il quale però le cose non ,·a nno a\·anti. o, peggio. crollano. Lo spo~ta mento in Emilia e l'occupazione di Modena bloccarono l'a,·anz;tta borbonic.t 'crso la Pianura Padana. cioè vanificarono l'azione di penetrazione da sud ,·erso Mi lano c, in prospettiva, su Vicnna. Lo spostamento in Savoia impedì che la medesima pcnctrazione avvcnissv secondo lo schema consolidato, cioè· attraverso le A lpi. L'anno seguente la storia fu la stessa: Camposanto hloccò la direttrice eli marcia nemica arrrm·erso ITmilia, Casteldelfino quella per k Alpi. Le obiezioni di Carlo Emanuele III alla discesa di Lobkowitz 'erso Napol nel ·, ,,, si dov(.'vano a questo motivo: in prospettiva -come poi accadde l'anno dopo - si destab il izzava una situaz ione d 'equi librio faticosament e raggiunta nella Pianura Padana, mentre si riusciva a malapena a bloccare sotto Cuneo b solita penctrazione nemica attraverso le Alpi. L'anno dopo. il piano borbonico ,·enne realiznro a metà. perch(· le Tre Co ronc non andarono oltre J\lilano, ma gli Austro-Sard i ebbero bi'>ogno di rutto l'anno seguente per ripristinare la ~i tua zi o n c; c comunque ciò non evitò loro di dover fare tutto da ca po v incendo aii'Assietta l 'anno successivo . Insomma , pur agendo in un conresto meno celebrato e meno apporurorc di ca mbiamenti, pur agendo con minor ardim ento del padre e dello zio, Carlo Emanuele ~vobe un Ja,·oro oscuro ma importante, lo S\Oise henc e. '>C i risultati si limitarono allo spostamento del confine fino al Ticino. non fu colpa sua ma delle circostanze. Gli avvenimenti del 1712 erano stati favorevoli alla Casa di Savoia, quell i d<:! 17·18 non lo fu rono altrettanto. Se pere'> lui non fosse stato un generale di gran lunga m igl iore dell a media, gli avvt'ni mcnti non sa rebbero sta ti per niente favorevoli . né a lui. né alla Dinastia. né all'Italia.

XD) La riforma del '51 Finita la guerra, Carlo Eman uele smobilitò . L'Ese rcito cambiò rorz~t da subi to; dal 1751 anche l 'aspetto, adotta nelo l'uniforme blu . La riduzione dei quadri dd 17 19 lasciò 18 reggimenti auivi di fanrcria3~ ma ne ridusse la forza a 1.150 uomini di\isi in due barraglioni . . el 1'•19 furono licenziati un reggimento lucerne~e ed uno del Hadcn c sciolto il Treno di Provia nda. I'\el 175 1 furono soppressi i Heggimenti Sicilia, Corsica e Lombardia. ~" Quc,ti 1 dati <k-,unti dal Pam/ldo d!'llll .frl/':::a di l<egl~lllll'lllt d'C Jrdllltlltza dojx> lo rùlu:::irJIIe Si!J.:IIilll nel 1-: ~6 a illlel!a '"''si pmpon(' di j(lre nd /-18 COli la tlùnostm:::itll/t' tld piede in nu e/W t" nd corso eli tltte,lll JlUerm. 01' 111 \l '>'>.\Il' L_). 11. '>t.tta l'r,·unil;tri. PiL'mont.-.


adoperandone i quadri per costituirt: i nuoYi reggimenti prm·inciali di Nm·ara l' Tortona. il cu i reclutamento però. essendo effeuuato in ~onc mai state prima soggeuc alla leva. fu un disa~ t ro completo, con renitenza amplissima e fughe in gran numero verso Milano. Alla fine clclb riforma, colle lkgie Determinazio ni del 19 maggio 1751, I'Ar mara Sarda allineava più di :$0.000 uomini, divisi in 22.:~00 fantij 6 appartenenti a 29 reggimenti, 1.083 artiglieri ripartiti fra i 1.02:3 del Reggimento d'Artiglieria ·~~ e i 60 dell a Compagnia Bombi:-.li di Sardegna. :3.2·1<> uomini di 7 reggimenti a cavallo- 2 di GtYalleria c 5 di dragoni·'\H- :3:36 fami di \brina appartenenti alle 1 Compagnie delle Galere, 1.853 dTctti\'i del Banaglionc lm·alicli, 588 uomini delle 6 Compagnie di Disertori Graziati c 725·w delle Trurpe di Casa Reale. assorbendo annualmente 7.92).000 lire di Piemonte c 60.000 '>acchi di grano. l~i formate le tntppe. il lk si concemrò sul risanarncnro dei suoi Stati. comin ciando a pagare gli enorm i <.lcbiti contratti. "Ogf!,i è il pitì hel g iorno di mia l'ila; ho i n questo pu n/o soppresso l'ultima i mposiziollc> si more/in aria" XLI esclam<'> quando finalmente ci riuscì, nel 1763. Lo stesso anno fece da mediatore nelle tratta tive di pace che mettevano fine alla Guerra dci 7 Anni. alla quale non <l\'C\'a volulO partt:ciparc. Il capoYolgimento delle alleanze. coll'unione ~tu'>tro-franccse. lo a\·c,·a imprigionato. L'ideale sarebbe consistito nell'aderire al blocco anglo-pn.t~:-.iano, ma ciù a\Tcbbe ,·oluto dire fronteggiare da o;;olo e -;enza speranza d'aiuro Francia, Austria. Tosca na, Panna. ~ lodena. Gcnm·a. Napoli e Spagna. con Ru...,..,ia. Sassonia e s,·ezia in sono f'o ndo. Federico il Grande n e uscì per un capello - c la Prussia era piL! grande, più ricca, più popo lata c piCt armata della Sardegna - lui non ce l'avrebbe fatta. Avrebbe forse r otuto reggere un anno app oggiandosi alle fortezze, forse due contendendo il terreno palmo a pa lmo; ma certo non sette. Fece bene, non anebbc potuto fare altro.

~. \loro \olta di,·i~i in l~ ban.1glio111 nazionali. 13 l''leri. IO prm mu.1h . l prn111 lorm.l\·:mo i 9 reggnllcn 11 d'ordnunz;l nazionale <~uarthc. :->anu.1. \lonkrrato. Piemonte. '>.1lun:o. Fut lh<·ri hu '>taio maggiore e du<' banaglum1l, La lkgina. la :\larinc~ c '-.mk-gn:1 h u .'>Ialo .\l:!ggiorc c un "'lo h.Ht.tgllonel. l ~e<:ondi fnrm.n.1no gl i H I'<'J:(g>tm·nt i d'on.h nanza cstui: uno ,·ra tllhto, cinque seizzcri <' due a k-m;~nni all'epoca denominati - d.1l nonw dd rbpellivo comancbntl'- t\lonfort ( mi.'>lo). h.~t lbcnnal!l'll h\'i71<'1'0 \illl<·.-.a nol, Roi h\'izzcro berne-'<'), Sprn'h<·r C" izzcro grigionel. l 'Ltig•wr (w il/ero mi,to), Mcyer (svin.l'ro di ~; l:t ri' ed Appcnz<:ll). Schu k' mburg <akm;mno composto d~ Sviz7.eri <· Tvdt•M·h il.: Lcutru m (;1lemanno t<•dt'.'>tol. 1. 1 l,lllll'IÌ<l pnn·inrialt: all inc::l\.1 i Il ti.'AAIIIK'nti di Ch ial>le,e, Tararll:hi;J, ·\<"t:l. Torino. "\izza. o\ londo\ i, \'c:rc<:lli. "\ sti. Pinerolo, Casale, \lm .tra ~· lì>ll<>n.l. ttllti monobatuglione tre~ nn<: '\m <11'<1 e Tonona <:hc, per i noli prohkmi. l'r:lno quadro. <" Il R<:AAÌillt'ntO d 'Artighcri.l t'f,l .lll't•I)(H .1 ancom b<.riltO ndl.l J.,ta di qut•lli di ~.Hll<:ria d 'Ordin:lll/,1 \/anona le ed ,1\ " " ' il - o l)()'>( (l JX'f :lll/1.11111:1. pr··· eduto dal Rcg,~Ìllll'lliO ru. lli<·n l' .....guito da qudlo lkll:l \l:~rina

"' l'temom<: lkak·. S;IHli;l Ca\';tlkri.t. l lr.tgon1 th Su.1 1\ lae~t:ì , Dragon1 di Su.t \hl' t n Rt•<!le. Dugon1 th Pil·n1otlll'. D1~1goni cldla Regin:t, Dragoru th :->.tr<k-gna '' CinO: .~09 ,tppanent'nli a lle: 3 to111p:1gni<: dc•lll' <;uardit' del Corpo di ">U<l ~l.~<•sta. l'Xl dellt' due contp.l gn i<: tk-gli \ rlh ilmg ieri Guardi<: ddb l't•ll.l til Stt,l H1està . 12'1 ddla Comp.lgni;l d<:lb Guardia s,•inera. -1 dd la Coi111Xtgnia <ki l l r:.1gon i Gu:trd iac:lrri:t, 2') della Compagnia Abbard icli di Sa rdq.:na.


356 L'ultimo acquisto terrimriale d i Carlo Emanue le JTI fu nel 1767. Quando Genova cedé alla Francia la Corsica, il 14 ottobre lui fece occupare l'isola della ~ l addalcna da una squadra di 5 legni e una compagnia da sharco, impianrando\'i una ~tazione navale con 100 uomini di presidio. Sono la sua amministrazione il Hegno visse tranquillamenre per venlicinque anni. Morì il 20 febbraio 1773 e fu sepolto nella Basilica di Superga. Lasciava il trono al figlio Vittorio Amedeo lll. Con lui in Casa Savoia finivano i condonieri. cominciavano i soldati.


~LA--~-~-~·(_I_,,_,_,,_,_I_I_>_A_I_,_ ,~ _I_\____________________________________________________________________~357

1 l )t:f>t'IK<' {Xlllr IEntretùm du Rt'J.:ÌIII<'II/ cfé' follai:: n'Riée surle {>led de 'ili ca{utulatwn. ùel 6 mao:o 1-:11.

çopta nh 111 ,\l ..,~.\lE L 3. 11. St;Hi prt·unuan. Ptemnntt'. 11 G'ttfutolazicme falla con il .S 01111<' c/1 l3nchemsw fX't·la lel'tllll tli 1111 Ha1111e thiamatu la Reine. dell·x

aprile 1"'.~ 1. m' tn AUSS.1\1F l. 5. Il, ..,!ali pr<·un tt.m, l'u:montc. 111 C. <.OLDONJ, Memorie. Torino. Fin.tu<li. IVh- . pag. 1:3V. 1' lhidl;'m. pagg. l 46-7. v ANO\IIMO. Storia dell'mnw 17,N, V~: tl<:~.ia, l'ittcri, 1737. Uhro l. pag. VI Slortll de/l'mmo cit., pag. 36.

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VII SIIII'Ìfl rfel/àmw cii., pag. 3~. \ 111 \ '/11/1{/ dell'mwo cit.. pag.

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C. 1>1' BHOSSES. I.RIIere da/1'/lalùl. B.tn. Later~:a. 19- :3. Leuera al "•gnot dt '\<:uilly dd 3 <1prile liiO,

pag. 6<;.~ ' \lon'a cle/1{111110 dt., pag . .~ì. "\OI.T\IHE. Histoiredelaf~uerrt•de , - , P;~rh. <;arnier, 11r l , p:tg Cx1 \Il L<'ll<'f,l dd gener.tle \\ <tbegg .Il \larc.,LMIIo "-<'H'nhulkr, dd <) luglto 1- 11. n p 111 \ . ILARI. G. BOfRI, C PAOIYI"I l. La corona cii lomharcfu1 - f.illerre ed e.,erdti nel/ Ila/m t/d lllt!tflrl \t'ile<'l'll/o r l ì3.)-I - 63J, Ann1 na, 1'\um<· Hitt'rche. 199-. pag. H 1 Xli i Coiii'<'IIIIOIIfJron~'ionellt• pcn11·le '<'lt'IH' mellé cles ge11errmx du Nm de Sortla~l!,m', el de ceux tfe la Re1 IU' de l!rmp,riefaile le 23 )11111 7712 m1 m m p di' OJ!Ie!!,ara demnt .11odeue. Al JSS\.11:. ex A.S.T., Sez. l. \lall'r ÌL'

\1i lit;l ri , l n1pre,e, ~-l ~t %1:0 12. ' 11 Fdil r/11 R<>)' qui ordomw rt 11111' le•, lwiJilliiiiS des prol'inces de Sti/Vil'l', de fJn•lldre /es armes pcntr re fi0/1.\.Wr /nule.< /1'()11/X'S élrrmf.ien's. dd 11 no,·t· tnhre 1"'-12. rip. in DliBOII\, ''"' \."X\1 11 , p<~g. V'i:\. '" A'\0'\JI\10, Storiadellmii/IJ 1-·H. \en<·7i;J, Pìneri. 1- -H . Libro 111. p:~g. 2~-. \\l kkm, pag. r 3. "' 11 Id<·m. pag. 281 " 111 ld.:m. 1\'i. ' " Idem. pagg. ~82-83. "Rtp. 1n {,1 EH.Rli\1. m .. pag jiH \\l 1\1\01\ !r..IO. ~·/oritt del/ ti/li/Cl l~ d, \~·nctla , Piu.:ri. r-H, Libro Ili. p.tg,l(. 2H l 6 ' '11 i\ NOI\ IJ\10. Slona de/l'anno 17•1-1. \'t•m>na, J>iuen, 17•15. l ibro Ili. p. tg. j!.C) \ \Ili D. ,\ 11'\ll TOLI, Rehuinns tfe., Ila/ari/e:;;. çoml)(l/s.... t'W., \'ol I li , pag.-'). XXI\ Storia dell 'alino, cii., Libro Il i , pag..~;17. XX\ l \1, pag. :1:\H \X\ 1 1\ \10'\IIMO, Storia dell 'alli/O 1 7·6 , V.:nl'7i,t, Pil tl;'ri . 17-16. Libro I li. pag. 221 . \\\Il \ \JO~I,\10. Stori11 delf'fllnw l-16. \'cnczia. l'ineri. 17 1 ~. Lihro Il, p;Jg. <)). \\\Ili ld<'lll. L1hro IY. 1x1g _'l'i L " ' ' lkla/lone l 'fficiale S;trù.t 'ull.1 B.Jtt.lgli.t ddi'A,sieua, rip. in .\lm'itt dell'ali li<~ 1 ~ 1-: \'ene7i;J, Piu,·ri. 17 IH, llhro 1\. pag T l. '"' lhidl'lll. l\ l. " " Rip m <il'FHHI\JI. <.il., p.tg. _, " " ' Rd.IZ1Cll1<" S;1rd:1. in '>tona del/ w11111 l"'<~-. Libro r\'. pag 2-1 ' " '111 Nda:::iu11e della tltji.•sa de 7i'iiiCI'mnwnli del Colle dell'rh.> il'//a .JÌil/tl d<1llc• lmfi{X' Pit,numtesi et! .-111 striac/Jc• /t 19/ug/io 1747, .\'lano,crmo miginak 111 AUSS!\-IE, Fondo t\ntiro. (gte~ ncl Fondo L 3. Lavori ,,·ohi, St:lli l'r~:unitari , Picmonte), pag. 5 1'<'<'111. XXXI\ llebàmc ~arda. in Si olia ddl'fili/In 17-17, l.ibro l V, pag. 27-L " " Id l'm. p~t g ...175. ' ' " 1 Nela:::io11e delfo dt{e.<a tfr• 7ì'im('/'fllllt'llli, ci!.. in AL''-,<.,,\ IC. cii., pag. 1 rectc>. ' " ' 11 IKHer.J del \l:lrc~etallo d t nmgh~· ,11 min i,tr<l ddb Cut'rra. Cu.ht.JII,I, J9 '"'"'~mhre 1-:- J·l, originak· in Etal ,\LIIl'lll' Armé<: de Tt'rre- ù 'or.l 111 pm L:.\L\1 ScrYizio ~IOI'Ì('II- \ l rs l, (';111.1 91. rip. nd <;aggio di F JACI'' IO ut La baflaRiia dt Guaslal!tt- catalc(I!,O della mostra S/(11'/Co tlo<lllllc'lllw'ia. Gua,~alla. nm L'lllhr<· 19H l, p.tgg 51 t' 3.!. " " L~·nera dd .\lar.:'l·iallo dt Ccugm "'llllllll'trn della Gu~·rr.1. <iu;J,taii.J. IV 'L'ttt·mbrl' l-3 1. orìgmak m t:1\1AI. Ser. t/.to ~torico- A l 2-'i9, ctn.t •> 1, n p. in JACI:'<TO. m . p.tg .~o. " ' " Cl 1,\HI.F:-. DE RRO:;SE:-, l lll.~l/,111 111 llnlia. Bari. l.ater/a, l •r.~. p.1g. CIS_, " \ OLl ì \IRE. l ftsloire de la J!,llerre de l~ il , Pari'. Garnic·r. 1 9~ l , p.tgg. ')H-'i'). Xli Hip. in ;\1/ot•o dizionario i'/OriCIIOI 't'I'/'(J .\loria 111 comjX'IU110, 12 \Oli .• no. llcmondini, 1"9(>. 1\ d Voccm (.~t rio l'm:mtlt'le 111, 'ol. 3°, 1o mo 1\·, l" 'll· 2•J0.

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PARTE IV

DALIA RESTAURAZIONE ALLA FINE DELIA MONARCHIA



CAPITOLO XIV ViUorio Emanuele II

I) Dalla Restaurazione a Novara Dalla morte di Carlo Emanuele 111 al 1811'1, per settantacinque a nni , nessun sovrano di Casa Savoia scese più in campo alla testa delle sue truppe. Vittorio Amedeo III non partecipò alla lotta dell'Armata Sarda contro la Francia rivoluzionaria. Si tenne lontano dal fro nte e impedì all'erede al trono Carl o Ema nuele di recarvisi, ma affidò il comando di due corpi d'armata ai su o i due figli minori, che nessuno immaginava di vedere un giorno sul trono. Sorto un cen o aspetto l'assenza dal fronte del Re c del Principe di Piemonte sembrava sintomatica. TI comando in capo effettivo non era più un affare gradito al sovrano. L'era dei re coma ndanti e combauenti era terminata, almeno per il mome nto. D'altra p<Hte nemmeno i principi - Vittorio Emanuele c Carlo Felice - e hbero la possibilità di fare sul se rio. Tutto il potere fu concenrraro nelle mani dei gene rali - austriaci, o italiani al servizio austriaco - e nessun Savoia fece nulla pe r impedire la disfatta del 1796. La punizione fu dura: diciouo anni di umiliazioni, sedici dei qua li passati in ristrettezze in Sardegna, coll 'incubo di non Lornare mai più su l trono di Torino. Nel 1814 finalmente Vittorio Emanue le l di Savoia rientrò da re nella capilale c he aveva lasciata da duca d 'Aosta. Scrisse po i Massimo d 'Azeglio: '· TI 20 ma&io 1 finalm.ente arriuò questo Re tanto annunziato e benedello. lo mi trovavo in mngd in Piazza Castello, ed ho ben presente il gruppo del Re col suo stato maggiore. Vestiti all'uso antico colla cipria. il codino e certi cappelli alla Federico 11, tutt'insieme erano _figure abbastanza buj]è: che però a me, come a tutti, parvero bellissime e in piena regola; ed i soliti "cris millefois répétes" accolsero questo buon principe in modo da top,liergli ogni dubbio sull'affetto e sulla simpatia de·suoifedelissimi Torinesi."1 Me ntre a Vienna si apriva il Congresso che doveva rista bilire i confini degli Stati eu ropei, il Re di Sardegna dlcde ordine di ricostituire immediatamente l'esercito ed affidò le mansioni di polizia politica al nuovo Corpo dei Carabinieri Reali. l 18 1'1. 2 N<:'ll'appena cosri[Uira Guardia Urban;1.


36.2 Almeno :,ul piano teorico, venne seguita un'idea ben precisa. L'esercito do ,.e, a essere lo !'>trumento a garanL.ia della monarchia restaurata . ma occorTl'' .1 anche una :,orveglìanza generale di esso e di rutto lo Stato, che fu affidat;l .1ì Cara l>in ieri Real i, istituiti come polizia pol iliC'a più che come polizia e genc.Lu meri a vera e proprìa3. In hre,·e tempo l'esercito appan c pronto: ma la sua ricostinc~ione non era nsultata facile com.c potrebbe sembrare. Sempre d'Azeglio, all'epoca appena nominato su balterno di Piemonte Healc. avrebbe ricordato: "Si ruccop,liel'CI/10 i l'C'di/t 1

clell'esercito./irmcese. si Jlomilwt 'CfiiOgli uJjlcia/i rimef/C!II(/o in piC!di tutti gli mlticbi. jiwr cf'esC'r<:izio da tcmt'alllzi. E'fxJi celeiJre il metodo cbe s'usò a/Iom per co prire i posti 11elle t•arie amministraz ioni. come dello stato militare. Si prese l f.llmti 1wcco di C011e e il Palnwrerdff clell'amzo della partenza del re r1798). Of.?Jlltllu rioccupò il suo impiego d'crllora .... .\fo p,li anticbi, ancbe se11za parlare de· 111011i. 11011 fXJteca no bastare. e cunz ·elzlle cb ia mar de · p,iol'an i ... Quanto a i reduci dop.fi eserciti.fram.:esi. essi .furono ammessi perdendo 1111 grado: il caporale tornò soldo lo: il se1~qente tornò capomle. e su sujìno ai capitani o culonnelli cbejbsse.. .'' 11 "Em una curiosa nwniera la nostra di jbrmare tnl n!p,gimento/ J nostri S/1periori, 11omini dell'altre t'o/te. at•ecnJo scordato tuffo, noi p,ioz·m1i 11011 s'era t/Il com imparato nulla ... ed i nostri i11fèriori. i forieri ed i bassi t(fjìcictli e so/doti usciti quasi tuffi dalla Jnùna scuola del mondo ed CIL'e11do il mestiere sulla jJIIJIta delle dita. ridel'ano di 110i per di dentro. in n ostra presenza. e per di ji1on 111 nostra assenza ... E mi focet •a poi pitì rabiJio il l'edere che... i superiori. che cu•rebbero docuto z1ergop,narsi di comparire, parel'a. a l'ederli, che Napoleone f'acessero cinto Iom/ Ce11o. ad t/l'ere la testa piena di ril'iste, delle parate. delle moJJOI're di .\'apu leone, riuscil'CI amaro t•eder il Jwstro ma,qgiore. la f)om enicu, quando il ,.,~(!,.!!,i nzento si melfet'Ct in mnp,o per andare a messa. imbrogliorsi perfcn;Q,Ii aprir lejì le/ \ 'edere i11 Piazza d'Arme il cokmnello fol'e/1(/o poca memoria. si scril'C!l'O s11 tnt fop,lio!iJw i moz•imeJzti ed i conwndi. e lo scordal'a poi sul suo te/l'olino) l'eder/o cercarsi per le tascbe e poi l'oltarsi ai uicini e gridare: ''Padroni. ·t jJtljJ(ì? Cb i e/o ca la pià l'papè ?" Lo teoria ed il coma11do erano i medesimi dell'esercito Ji·aJJCese; ma i IJostn ZJicconi di corte, naturalmente, 11011 erano l'e/111/i di Sardegna per suhire i capricci de/f'ustii1Jatore. VoleranoJèlre di pitì e meglio. Composero ttna nuot•a leo ' Cfr. fb,·in <..1rhont-, /..e l'inmttJ<'IISe afra/ore nel Rep,110 rll Snrd<'f<llll l dt.<lllllttt rl'mtrm• e la du N l rh f Ortflll<' llifitare tlt .\amia tm ti l ì 'J3 e il 1836, ,u ·Holkuino ddl'Ardll\ io dt·ll'l 'ffkio .,lonro". Anno\ l. n Il. gt•nn:l io-giugno 200(1. 1 rra un p iccolo nlmnnacco, d;lll:l <'0pt.:'rlil1,1 :t/Zurra. non 'l'rde ronll' il nome f:11 dlht· pen,:trt·. <.. 11<' '' :.lamp;l\a ogni .111nn nt·gli .,1:ui <.,..rdi nella 'lalllpt'na di (it.amh:tuhl..t Fon1.1n.t. Con Pri\lkJ.:IO di '>.R.\1 - <' <:Oilll'lll'\,1 i nonu d1 11111<' k per.ont• di una n'l1.1 tmponan/,1 nd Rl'gno. k <.lrid1e d:t loro 11\l',lilt:. ilt.llt·u d,1rio. l'dt'nco ddk il'Mt:' rchgt<>-<' mobili e l' '""· g h orari dl'l k d il igt'n/.e, k o r,· tl1 Francia t' d'lla lb per IIIH" l'anno. le fa'i dd l;t lu n:1, il samo tk·l g iorno e !alli<' a l1 re noi i tiok· di UM> cotT<'Ill<'. l'oidll~ vra tk•ainalo .11 po· polino. d ire dw fu .1dopera1o il l':dmaverdl'. implira un giudil.trt• di b;IS~I"inlo li,·dlo e tl'un;t roZZl'/./:1 noi< 'o le k mndalil:i d'a"t·gnatinne dt·glt incarid11


VnTORJO EMM\l ELI' Il

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ria col comando in italiano"~ e.fìn qui, lXI a l'nerauiglia; ma le altre iJmouazioni o invenz ioni hisogna11a t•edere !" 111 La citazione è lunga ma ha il pregio di fornire un ouimo ritratto dello Stato e dell'Armata Sarda nel 181-1. Il ripristino del gruppo dirigente amministrativo e militare del 1798 era il minimo che c i si potesse arrendere da una dinastia che aveva sempre cercato nei suoi subordinati in primo luogo l'affidabilità. Era ovvio che il Re restaurato si fidasse d i chi aveva condiviso con lui le ristrettezze dell'esilio sard o o eli chi, restato in terrafe rma, aveva conosciuto le persecuzioni p iù o meno pesanti del governo d'occupazione francese pe r la propria fedeltà a lla Casa di Savoia. Altrettanto ovvio era che il Re non avesse la minima stima né la più piccola ombra eli fiducia per chi all'ombra del potere francese aveva prosperato. Per q u esto motivo non ci si poteva arrendere nulla d i diverso da q uanto accadde, quantomeno nell'a mbito amministrativo. Del resto, tanta gente era servita acl arnministrare gli Stati Sardi nel 1798 c tanta ne occorreva adesso. Le esigenze non erano cambiate - almeno dal p unto di vista de l n umero di funz ionari ed impiegati necessari - e s i poteva benissimo rimettere al loro posto q ue lli fede li, eliminando i sospetti. Non si poteva fare lo stesso per le forze armate per la semplice ragione che, con le poc he eccezione dei militari originari degli Stati di terraferma che erano riusciti a raggiungere la Sardegna, ufficiali, sonufficiali e soldati nel 1798 erano stati incorporati d'ufficio nell'esercito francese e là e rano ri masti. con avventure varie quamo su·ane, per i successivi 17 anni. Dovendo rimettere in piedi un esercito degno di tale nome , era chiaro che non ci s i poteva limitare ai c irca 2.000 uomini c he avevano composto le Truppe Regie durante l'arroccamento in Sardegna. Occorreva ammetterne in servizio degli altri, parecchi a ltri, i quali però avevano se1vito coi Francesi. Qui il problema diveniva grave, perché sotto nuove spoglie si ripresentava lo spettro delle fazioni fi lofrancese c filoashurgica che (IVCvano dato tante preoccupazioni a duchi di Savoia dal 1560 al 1690. D i nuovo si profilava la spacca tura. la nto pill pericolosa q uanto pill debole era lo Sr.:-uo appena restaurato per grazia delle Potenze vincitrici. Si poteva rischia re ? Ovviamente no, ma non si poteva nemmeno eliminare dalle ricosliluende forze armale ch iunque avesse servito agli ordini clcll'Impcratore, anzi, dell 'usurpatore. Restava una sola soluzione, un;1 soluzione di compromesso che non e ra soddisfacenre, ma c he bisognava seguire perché era l'unica: affidare i comandi superiori esclusivamente ad ufficiali sicuri, devoti alla corona e controllare con attenzio ne c severità il comportamento de i subordinati , inte rvenendo duramemc c in ti·etta appena avessero d imostrato di non meritare fiducia.

"Si ricorcb che. fino all'uni tit <J'IIalia, i l lkgno, di Sardegna fu u ffki:tlmente b il ingue. l coma ndi, b corrispondenza, gli ani c· i n.:gobmetlli dd l'e,.,ercitu furono emanati, per tuuo il 700, indifferentc'l11c'11l<' in Italiano e in l't~t nce~e. con una nella pn.:v:Jicnz;t di quest'ultimo. che c'l'a 1:1 lingua in cu i si e"'primevano di solito sia i l Re. lìno a Vittorio Amedeo III , che l:t nohih~. d:t çui pro\'eni,·a la gl'an parte dL'gli ufììci:tli. L'11;.o t'sclu'i,·o dell'Italiano rome li ngu:t di sc;>r.i7io dell't\ rrn;Ha Sard:t ris;1le appunro a dopo la Rcstaura~.ione.


\'ITIORIO F\1 "' fU

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Per questo motivo i quadri di comando vennero riempiti cogli ufficiali che avevano servito contro i Francesi e Napoleone fino al 1796, cioè fino a vent'anni prima, e che poi non avevano più sparato un colpo né \'isro un combanimento. La sceha era politica e derrata da ragioni politiche, ma ebbe una dtsastrosa conseguenza tecnica. La ricostituzione dci quadri eli comando cogli ufficiali sconfi ni nel '96 portò ad una sclerosi totale degli alti gradi, i quali, ovviamente. non mancarono eli favorire la carrier a di chi la pensava come loro, tanto in termini politici, quanto in termini profcs~ionali. Il patrimonio tecnico-profe~­ sionale accumulato da chi aveva militato negli eserciti del Primo Impero -.i dissolse steri lmente, sopp iantato da un sistema che, g ià superato nel '96, resuscitava ora, risultando ancor più disastrosamente inaclano. Per rimediare a quegli inconvenienti si sarebbe do\'Uto eliminare in blocco ogni ufficiale che non avesse scn ilO coi Francesi. !\la que~ro anebbc re..,o l'esercito politicamente inaffidabile; c non crJ una prospclli,·a piacevole, specie nel ·14 c nel '] 5 q uando, sia all'interno eh<.:: all'esterno la situ azione era ulquanto mu tevole. Così il primo confliuo di scelta fra un esercito poi iricamente sicuro ed uno professionalmente ,·alido ,·idc pre,·alerc le considerazioni di paiano su quelle tecniche. 1 milirari capirono che dove,·ano essere fidari prima che capaci c che, ai fini della carriera, contavano più k manovre di corridoio eh<: quelle sul campo. Mettere in discussion<: gli CH'clini cd i regolamenti era, prim:1 che un atto d'insubordinazione. una dichiarazione di guerra all'ordine, restaurato allora e costituito poi, c comt' tale cknota,·a l'inaffidabilità dell'ufficiale c la sua pericolosità, dt'terminando la fine della sua carriera. I guai delle campagne risorgimentali derivarono proptio dai guasti prodotti dalla Resta urazione. l giovani suba lrcmi del '14 furono i generali ciel '4K Gli al lil'\ i clell'Accaclcm.ia di Torino, della quale già Alfieri ave,·a parlato malissimo. c diventata Regia Acc~tdemia ~ Iilitare il 2 novembre 18 L'5, uscirono dall'Istituto con un.t mentalitù spenta c chiusa, che era il frutto ddl'ottusità degli "Zi t CCOJZi di corte renuti di Sm't.legna", contrari ad ogn i innovazione perché apport atrice della rivoluzione giacobina. Così nacquero le sconfine del IH48 e del IH f9; c ancora quelle del '66. 'é l'inunissione in servizio dci generali c dcll'ufficialirù napoletana. dopo il ·61, moditìcò il quadro, perché capirono suhito come era bene compottar'>i. t'via, tornando alla Restaurazione, il problema del predominio dd l'orientamento lcginimista all 'interno dell.'cs<:rciro era comunque una conscgu<:nza dell'atmosfera nazionale. a sua volta influenzata da quella intcrnazionuk. Le Potenze 'incitrici erano decise a modificare dra~ticamentc la carta d'Europa: c Casa San>ia aveva rischiato seriamente di non recuperare il Piemonte. Ora , a parte la simpatia dello Zar, la salvezza per Vittorio Emanuele T era consistita nella presenza di Talleyrand al Congresso di Vienna. Partendo dall'a~­ sunto che ogni questione andasse risolra secondo il principio della legittimità. il Principe ;l\ e\·a enum<:rmo in ordine d 'imponanza i quattro interessi principali della politica francc:-.e, il primo dei quali era "Impedire all'Austria di jètre re dt

Sardep,11tt 1111 princtpe della propria casa."t\


.36S Manowando abilmente, Talleyrand era poi di,·cnuto l'arbitro della prima parte del Congresso, riuscendo a far prendere il proprio punto di vista su tulte le questioni, salvando lo Srato ai Savoia ed ampliandoglielo coll'aggiunta dei territo ri della scomparsa Repubblica eli Genova. li regno sabauclo, al pari dell'Olanda, accresciuta delle Fiandre ex-Austria che, era , come nel 'IT IJ, uno Stc.tto-cuscinetto fra l'Austria e la Francia , utilizzabile da partt: austro-inglese com e primo fronte contro una futura eventuale ripresa dell'espansionismo francese; ma anche eia Ila Francia in funzione am iasburgica. Per questo era fondamentale che rornas ...c a Torino il Re legittimo c non un Asburgo. il quale a\ rebbe agito in senso antifrance::.c c la cui presenLa avrebbe inoltre aggnwato c rc~o dcfiniti\·o il predominio austriaco sull'Italia. A scanso d'imprevisti, il 3 gennaio 1815 Talleyrand riuscì a mettere in piedi un 'a lleanza militare fra Austria. 1:rancia cd Inghilterra, invitando Sardegna, Baviera, llannover ed O landa ad accedervi. Questo però significava che i Savoia erano nuovamente intraprola ti fra due Poten ze alleate tra di loro e che non sarebbero stati in grado di condurre una politica cstt:ra autono ma. Anco ra una volta l'acquisizione di !'vli lano sfumava all'orizzonte; <: in più Chambèry e Annécy rcsravano in mano francese. l 100 giorni di Napoleone furono provvidenziali almcno dal punto eli vista territoriale ... l'ittorio l:.'mallt{(!/e. be11ché reccbio e poco ill salute. si mostrò della

Casa 01tde era nato; e disposto a montar cat•allo. diede ordii W ajfilzché il11ostro piccolo esercito si m et/esse ili 11/0I'Ì//le/1/0. oo\' L'Armata Sarda, 15.000 uomini con poca cavalle ria, perché solo i cavalleggeri erano già mon tati, al comando del vecchio generale de La Tour, ben li<..: lo di far pagare ai fra ncesi l'armist izio di Cherasco, entrò in Savoia e la riconqu istò, insit:mc a 85.000 austriaci. Grazic all'interven to. Villo rio Emanuele poté condudere una pace separata, riacquistando la porzione della Savoia che non a\·e,·a avuto nel 181-i. Il Congresso di \'icnna terminò i .-.uoi Ja,·ori nel l Hl';; e due furono i rbultati politici importanti che ne scaturirono. ll primo. seguendo la linea di Londra. fu il ritorno all'equilibrio fra le Porenze cominentali. Il secondo im·ece fu la suddivisione degli Stati in due ord ini. Qud li del Ptimo Ordine - Inghilterra, Prussia. Ru<>sia, francia cd Austtia - si riservarono il diritto di decider<: fra loro ogni questione. escludendo dalle consultazio ni tutte le altre Nazion i, le quali sarebbero state unica mente avvc1titc delle decisioni prt:sc; c solo se e quando le avessero toccate. Ciù significava il crollo del regno eli Sardegna ~1 d un livello d'importanza paragonabile a quello antecedente la Guerra eli Successione Sragnola. Lo Srato sahaudo resla\·a indipendente, ma perde,·a qualunque rossibilità di tornare a impcr..,onare quel ruolo eli protagonista degli affari italiani che \ 'inorio Amedeo Il c Carlo Emanuele 1Jl a\T\ ano rivestito. La Restaurazione fu un di..,astro anche r er i nobili c i borghesi che ave\·ano partcggiato per i Francesi pcrch(· riportò, o pretese di riportare. tutto a come era rrima. Volle cioè rrivare <..Id potere acqu isito una classe che ad esso aveva


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reso, che l'aveva almeno parzialmente ottenuto :11 tempo elc i Francesi - c per 4uesto era !>lata dalla loro rxtrte - c che, una volta privatanc, ad esso avrebbe ripreso a tendere con tutte le sue forze. "Jé pote,·a costituir<.' un ostacolo sufficiente a fermarla il .. Com m en not'm7totf' - come nel ·o,·;mtotto -cioè il 'oler tornare all'assoluti~mo antecedente l'annessione del Piemonte alla Francia, che era il credo politico d i Vittorio Emanuele l e d i Carlo felice. Come l'esercito era stato il principale puntello dello scomparso Regno ftalico. così ora l'esercito, anzi gli eserciti. della Restaurazione sarebbero stati i custodi della volonrà di rivincita della borghesia. Non a caso in essi rnilita\·ano, dm e più e dove meno. i m ilitari ex-napokonici molti elci qua li sarebbero stati alla testa dei moti insurrezionali del 1821. del 18:31 o vi sarebbero stati pesantemente coinvolti. come l'erede al trono di Sardegna, il principe eli Carignano Carlo Alberto. Quando poi fosse arTi,·aro l'anno dci portenti, il l&1H. i motivi di ha'>l' ddl'insurrezione sarebbero stati gli st<..'ssi della buona accoglien7.a riservata ai Francesi a M ilano nel 1796: la classe ricca , privata clcl l'eserci7.io elci potere politico nel 181 <f, avrebbe voluto riavere almeno ciò che un tempo aveva conquistato. E quando finalmente un so\'fano- Carlo Alberto- avrebbe accettato il compro messo di gara ntirle il potere politico. essa gli avrebbe fano avere la corona d'I ta lia. li beneficio sarebbe stato ambivalente. Tanto i Savoia avrebbero guada gnato in te rmi ni di accrescimen to di potere e tanto avrebbe guadagnato la borghesia, che sarebbe passata nuovamente dalla mancanza alla pienez7.a dd godimento dd potere politico, per di pill con un'ampiezza maggiore che nel periodo napoleonico, perché non avrebbe p i LI dovuto dipendere dall'esterno c perché avrebbe dominato .su tutta l'Italia anziché su un<~ limitata porzione . La morLe del re Carlo Felice. nel 1831. portò al trono di Sa rdegna il ramo cadetto di Savoia-Carignano. quello cominciato duecent'anni prima col Principe Tonunaso e da cui era uscito il Principe Eugenio. Carlo Alheno I. per gra7ia di Dio re di Sardegna, Cipro e Gerusalemme, .si trO\ ò a dover riordinare la macchina .statale che l' inc: tpace spiri to reaz ion~t rio e oscu rantisra di Carl o Felice aveva completamente bloccato. Le ri i'orme si sussegu irono, anche se non troppo in frena. e Loccarono pure l'Armata. A partire dal 1839 il dispositivo militare sardo anelò as'>umendo un nuo\ o assetto, esercitandosi ad operart.: nella Pianura Padana, quind i in funzione di un eventuale impiego contro l'Austria anziché, come in passato, in montagna, cioè in vista d 'un 'azione contro la Francia . i'Jegli anni · 10 la forza di terra appari,·a omogenea e ben articolata, ma in realtà era minata dalle carenze di due settori. fondamentali per il succc'>s<> d• ogni campagna di gucrr~t. Il primo era quello logislico c d 'intendenza che. rin.' la tosi gE1 inadatto d urante la sped izione dd ' l '5 nel Ddfinalo, doveva venire corretto solo dopo la Cuerra eli Crimea. Il -;ccondo, infinitamente pill imponame. era lo Stato ~laggiore. Già s'i.· deuo quale fosse la mentalir;ì corrente negli alti gradi sardi. Era protesa alla rcgnlamentazione eli ogni singolo e m in uto ano pil:1 che allo studio della guerra c alla


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sperimenrazione delle innovazioni per vincerla. Ebbene, lo Stato Maggiore risentiva in pieno di questa distorsione. Da esso dipendevano l'Intendenza generale dell'Annata, i comandi delle Guide, dei Carabinieri Reali, deli"Artiglieria, dei Cannonieri conducenti e degli Ingegneri; gli ulTiciali medici, quelli dei servizi , i cappellani c, addirittura, gli specialisti fotografi ma, ed ecco l'errore fondamentale, non lo studio, la pianificazione e il controllo dell'esecuzione delle operazioni. In altre parole: lo Stato Maggiore coordinava, ma non comandava le grandi unità,6 che erano alle dipendenze del Re c non del Capo di Stato Maggiore, il quale era inteso quindi come una sorta di capo dei servizi e nu lla piLL Ne derivava che, in assenza del sovrano, mancava il punto di riferimento; ed i comandanti di corpo d'armGlla si sentivano autorizzati ad agire autonomamente, il che significava di solito scoordinatamenre, con risultati disastrosi. Inoltre, poiché ognuno tendeva a primeggiare nei confronti elci colleghi, conseguenza questa dctrautonornia, nascevano invidie, rancori e gelosie: che porravano a decisioni motivate dall'amor proprio e dall'orgoglio anziché dalle contingenze tattiche o dalle necessità strategiche; c questi JXllticolarismi , che costarono la campagna del ·-18 e quella del ·66, furono stroncati solo da Caclorna coi famosi siluramenti della I Guerra Mondiale. Ma questo ancora non si sapeva e, negli anni '40, la po.litica albe1tina attirò lentamente sulla Sardegna lo sguardo di tulli gli Italiani che speravano in un rivolgimento politico. cl 1845, d 'Azeglio , di ritorno da un lungo viaggio attraverso l'Ital ia, chiese di parlare al Re per metterlo al corrente eli quanto aveva visto e udito. Gli espose tutto quello che sapeva sulla situazione italiana, riferendo quanto aveva fatto e deuo lui stesso venendo a contatto coi vari patrioti incontrati nel suo giro. " .. .. Aspellai la risposta, che la ji'sionomia del Re mi prometteva non acerba; ma che. quanto all'importmlle. m 'immaginauo douesse essere.... da sapen1e dopo tanto come prima. lncece... disse tranquillo, ma risoluto: "Faccia sapere a que· Signori che stiano in quiete e non si muoz>ano, non essendovi per ora nulla da fare; ma che siano certi che, presenta11dosi l'occasione. la mia vita, lo vita de'mieifigli, le mie armi, i miei tesori. il mio esercito, tutto sarà .~peso per la causa ilctliana .. : •V I Con q uelle parole e tramite d'Azeglio. Carlo Alberto accettava il pallo che la borghesia italiana gli offriva: la corona d'llalia in cambio della partecipazione al potere politico garantita da una Costitu zione. Tutto stava a trovare l'occasione. Venne il 1848 c con esso l'attesa occasione. ma fu sfruttata malissimo. Carlo Alberto non era un gran genera le e lo dimostrò ampiamente. L'ArmaLa Sarda era al suo comando e si articolava sui due corpi d'armata dei genera li Bava e De Sonnaz. Ognuno era su due divisioni (D'Arvillars, Ga6 Sono Gr;Jndi l 'n i1:1 qud le com po~tc d a più un ità. cio(• reggime nt i q lx nwglion i, comand ale da u n uftì ciale genera le, che si diviuo no in '"<:lcm cntari" t b rig:Jtt' c div i~ion i ) avenl i u n organ ico n..,~o. gcncrn lmcntc ;u·ticolato ~~~ due unit:1 dd ltvello inferiore. c immutabile e così ( hi:Jm ale pcrcl1~ compongono le altre, cleuc• "comp les..,e" k orpi d 'arm:ua L'cl <lflnat(') il eu i n rg;mico è inven· variabi le.


:368 reni di Ferrere, Broglia di Casalborgone c Fcclcrici, poi sostituito dal Duca d i Genova, sccondogenito del Re) alle quali se ne aggiungeva una quinta, eli riserva, comandata dal duca di Savoia, l'erede al trono Vittorio Emanue le. Ogni divisione era articolata su due brigate binarie di fanteria, 7 due reggimemi di cavalleria. un bauaglione bersaglieri , artiglieria e servizi: in totale l'esercito alli neava 55.000 uomini con 120 pezzi d'artiglieria. Il problema era nel fatto che i due comandanti di corpo d'armata erano in disaccordo fra eli loro, tendevano ad agire ognuno per conto suo c, se proprio dovevano rr·ova rc un accordo, lo f:.~cevano a spese del ministro de ll a Guerra, il generale Franzini, che aveva le funzioni di Capo di Stato Maggiore. !.c decisioni dunque venivano prese con lentezza. Occorrevano dci Consigli di guerra lent1. lunghi, sfibranti e contrastati per oncncre un minimo accordo, che poi salta\ .1 appena si era sul campo. La forza era not<.:vole, ma non bilanciata. Sommando ai Sardi i militari italiani provenienti dal resto della penisola, regolari c volontari , si :.trrivava a un totale di ci rca 100.000 uomini. ma prevalentemente appiedati c privi di un efficiente coordinamento col già zoppicante Stato Maggiore sardo. Questo c~crcito e la guerra che combané furono la scuola pratica di Viuorio Emanuele II. Dopo alcun i scontri iniziali, il 30 aprile Carlo Albnto con 1.~.500 uomini attaccò e prese Pastr<.:ngo, più per caso e per la carica dei Carabinieri l{eali dw seguendo i piani, poi decise d'investire la fortezza di Verona. Avrebhe prcf<.:rito andare per gradi, assediando prima Mantova c Peschiera che erano le due fortezze pill occidentali del Quadrilatero, ma i suoi generali lo dissuasero. ragion per cui si dové accontentare di Verona. Ma ci furono altri disaccordi. Lui avrebbe voluto un attacco in piena regola e ordinò a Bava <.IJ preparare un piano in tal senso. Bava lo fece, poi ne parlò con Franzini, cltL' pose dei limiti all 'azione; e all a fine l'atraccn si ridusse a una ricognizione di tutta l'Armata sotro la città il 6 maggio. Si sperava d'indune il nemico ad accettare uno scontro in campo aperto, al quale avrebbe don.Jto fare eco entro le mura un'insurrezione, che l'a' rcbbe intrappolato tra due fuochi. L'operazione in realtà doveva essere un attacco vero e proprio, perché era stra tegicamente fondamentale per la riuscita de lla guerra. La presa di Veron.t avrebbe tagliato orizzonta lmente in due lo schicramc..:nto austriaco, portando Il' truppe sarde a unirsi a quelle venete e pontificie e a isolare le unità nemiclw arrestate su l basso Po, a Mamova e Legnago. Bloccando tutte le vie. flu, iali e terrestri, per le quali a\'rebbero rormo ricevere rinforzi, le ultime due fortezze del Quadrilatero sarebbero faci lmente cadute e, con esse, anche le possibi lità austriache di vincere la guerra. Prendere Verona significava aver vinto la ca mpagna per lre quarti. Non sarr>iamo quanto


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Carlo Alberto se ne fosse reso conto ma, dall e mosse e dalle obiezioni fatte al piano, possiamo essere s icuri che nessun generale sardo l'avesse intuito. Lo scoordinamento de lle colonne sarde c la mancata insurrezione cittadina indussero il comando piemontese a ordinare il rientro negli accampamenti, mettendo fine a uno scontro breve e caotico. Dopo aver colto l'unico successo della giornata prendendo Santa Lucia colla Brigala Guardie, Vittorio Emanuele coprì colla Cuneo il ripiegamento d i tutlo l'esercito, contenendo il contrattacco ne mico su Santa Lucia. L'obbiettivo strategico e ra stato mancato: la campagna era vittualmente persa. Il 27 maggio il comandante supremo austriaco, il feldma resciallo Racletzky decise eli mettersi moto con 40.000 uomini. Nella notte fra il 27 cd il 28 effettuò una rischiosa marcia di fianco c raggiunse Mantova. Riprese l'avanzata il 29 mattina e andò a cozzare contro i militari toscani e napole tani schierati s ulla linea Curtatone-Montanara. Li batté dopo sette ore, ma fu costretto a far riposare le proprie truppe fino a tutto il mattino del 30, ordinando solo a mezzogiorno di ripre nde re l'avanzata. Nelle s ue intenzioni doveva raggiungere la zona di Goito pe r riorclina tvisi ed attaccare poi, il 31, i Sardi, che supponeva ancora ferrni a Volta. Invece la situazione era cambiata. Bava, informato della prima mossa nemica e sapendo che i Toscani e i Napoletani. il cui grosso in ritirata e ra arrivato a Goito, e rano stati battuti il giorno avanti , ma non vedendo comparire gli Austriaci, né sa pendo dove potessero essere, aveva fatto avanzare di circa 10 chilometri tutti i suoi uomin i, attestandoli sulle alture s ubito a sud delta cittac.lina. 8 Poco dopo te ·14 del 30 maggio i re parti avanzati eli Aosta Cavalleria ebbero i primi contatti cogli ussari imperiali e segnalarono a Bava grosse forze nem iche, colle cui av;mguarclie si scontrarono per circa un'ora c mezza. Alle 15.30 la resta della colonna a ustriaca di Jestra, che avanzava tranquillamente in ordine eli marcia, e mn) ne l raggio d'azione dell'artiglieria s;uda. Subito tutti i pezzi aprirono il fuoco. Sotto una grandine d i proiettili g li lmperiali si sch iera rono in ord ine di hallaglia, tentando di controbattere coi propri cannoni, che p e rò sa ltarono uno dopo l'a ltro per il ri ro preciso eli quelli sardi. Le brigate Cuneo, Casa le ed Acqui a ndarono all 'attacco della brigata austriaca Benedek. alla cui sinistra il generale Woblgcmuth iniziava a spiegare i suoi. Terminò alle 17 ed assalì la Cuneo per alleggerire il collega. Per parare la mossa Bava ordinò allora l'avanzata dell'ala destra. Vittorio Emanuele, che a Pastrengo aveva dovuto restare in riserva e a Verona aveva potuto concl udere meno di quanto spe rava, e ntusiasta si porrò alla Lesta della Brigata Grana tie ri Guardie grida ndo: " A me le Guardie, per /'onom d i Casa Savoia "'"11 I.a Brigata urlò: '·Viva il Duca di Savoia !"VIli e pa rtì all'attacco, B l n rrim~ l int"'a aveva, da :>ini.-.tr.J a deslra. le b rigale Casa le, Cu neo e <ìranalieri Crua rdie; in seconda la Acqu i P la Aosta, di etro le quali erano d i riserva Genova, Savoia e Nizza Ca,·alleria; in avanri i bersaglieri c le rattuglie di Aosta Cavalleria. ~ull'al1ra sponda del Mincio i Toscani reduci da Curtalonc c ,'<lomanara.


370 seguita dalla Aosta. Bloccò gli Austriaci e li sopravanzò sulla ~inistra, con una mischia furibonda in cui il Princire P:reditario fu ferito. Fissati delle brigate Cuneo, Casale cd Acqui e sorxavanzati sulla sinistra dal la Granatieri e daii'Aosra, Benec.lck c WohlgemuLh, poiché la Brigata Strassoldo non arrinl\·a. né '>i faceva vivo l'altro corpo d 'armata, alle 19 si ritirarono e\ ir~tndo di stretta misura l'accerchiamento. Fu un grande :-.uccesso tattico, purtroppo non sfrullato, perché· Bava non lanciò i suoi <J reggimenti di cavalleria in un serio inseguimento ciel nemico. Caduta Peschiera quello stesso 30 maggio, il Comando sardo decise non ~o­ lo di assediare Mantova, per imraclronirsi saldamente di tutta la lin<.'a del Mincio. ma anche di estendere il fronte fino all'altopiano eli Ri\·oli e 'ora. In qul sto modo però lo ~chieramento si allungò trorpo e, a causa delle tn1rpc nece:sa rie alle operazioni sotto J\ lant<)\':l. risultc) statico c debole. facendo perderl" definitivamente a Carlo Alberto ogni possibilità d 'iniziativa e d'offcn~iva. Radetzky ne approfittò. In g iugno si assicurò le spa lle e in luglio lanciò l'o rerazione eli forzamento del Mincio nota come b~lltaglia di Custoza. Per \'inorio Emanuele tutto cominciò il 23 luglio. quando Carlo Alberto orcli nò il concemramento eli quattro brigare eli fanteria e due di C<l\'alleria a Villafranca. Le u-uppe furono a\Tisate nella tarda mattinata c dO\·enero t~trc una marci,t l'orzata , a zaino :1 fl~lrdellato e con 35 gradi di temperatura. Alcune compagnie persero tanta d i quel la gente che arrivarono a ch:sti nazio ne con un decimo della forza. G li sbandati continuarono a marciare come poterono e raggiunsero i loro reparti alla spicciolata durant<..: la notte. All'alba dd 2 1 luglio i reggimenti erano stanchissimi. ma piLI o meno pronti al combattimento. quando si serre che un.t brigata austriaca aveva preso Salionzc prima che \'i potessero arri\'are dci rinfo171 Mentre quatrro brigate imperiali passm·ano il Mincio, le truppe italiane pn: senti sulla sponda occidentak si ritirarono per concentrarsi a Volta cd inrerdirl' ai nemici almeno il passo verso Mantova. Intanto. poco prima d i mezzogiorno. le forze sarde proveniemi da sud. giunte nella zona eli Custoza. entrarono in contatto colla Brigata Simhschen, in arrivo da Legn~1go. \ 'ittorio Emanuele spedì il l 0 Granatieri ad assalire e conquistare Monte Torre, mentre un battaglione del Reggimento Cacciatori Guarclic, inviato in rinforzo verso Sommacampagna. c::llturava un migli aio eli prigio nieri e una bandiera. La res iste nza di Si mbschen durò fino a sera, quando si ri tirò. lasciando il campo fino a Sommacampagn~1 nelle mani dei Sardi. Saputo che gli Italiani erano a Sommacampagna, cioè fra lui c Verona. Radetzky. temé elle gli \'Oies!)ero tagliare le comunicazioni e ordinò al grosso <.h tornare dal Mincio verso Verona l'indomani. Carlo Alberto invece, incoraggiato dal buon esiro dell'attacco, aveva deciso di nvanzare verso il Mincio. La sua intenzione era el i assalire Valeggio eia entrambe le sponde del !'iume, agendo di conserva coi reparti presenti su lla ri va destra e facendosi coprire dalle due di\'i!>ioni comancbtL' dai Duchi eli Sa\oia e di Gc 11()\'a, che a\ rcbbero dovuto blocca re il nemico attaccandolo a ~Jonzambano.


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Solo che, così facendo, 20.000 sardi anelavano acl urtare in più eli 40.000 a ustriaci senza saperlo. La mattina del 25 luglio incominci<') l'azione. La Granatie ri Guard ie, centro della linea sa rda, doveva operare contro Monte Vento c Salionze passando per il Monte Mamaor. Ma invece di muovere alle 6 del mattino, a ca usa del ritardo nella distribuzione dei viveri , si poté muovere solo alle 10. Questo implicò che l'attacco, sferrato in orario dalla Brigata Aosta contro Valeggio, non fu alimentato dai rinforzi - le tru ppe dei due Duchi- c rischiò di risolversi in un disastro. Per evirare la distruzione della Brigata, Bava dové sganciarla, retrocedendo in ordine sotto la crescente pressione clell 'avversa.rio. Finalme nte arrivarono le truppe della Divisione d i Riserva, ma e rano ridotle a 11 battaglioni sfiancati dal caldo. I soldati crollavano a squadre intere. Altri si inginocchiavano c restavano così per non cadere a terra, incapaci di muoversi n el caldo e per la fari ca c la fame. Appena a rrivaLo, Vittorio Emanuele fu bersagliato dalle richieste d'aiuto da patte della Aosta. Allora impegnò Lu tto il 1° Granalieri contro Monte Mamaor. riuscendo a sloggiarne il nemico. Ma suhito dopo fu costrello acl inviare il 2° Granatieri al contrattacco a Monte God i, appena preso dagli Austriaci. De Sonnaz ancora non s i vedeva, cosicché, a causa della sproporzione di forze, i S<ucli si trovarono a mal partito c, vista minacciata d'avvolgi mento la lo ro ala destra, furono costretti a ritirarsi a Villafranca. La protezione del movimento venne affidata alla Granatieri Guardie, disposta intorno a Custoza. "Foté il Re tnimre l'intrepido suo primogenilo combattere come un leone al di là del Tione... e sep,uito solo ... dal secondo<J reggimento delle Guardie tenere in scacco le brigate Clam e Suplikaz . sostenute da numerosa artiglieria, per sr lungo tempo che Bava ebbe agio di riordinare le masse alquanto COI?/itse dietro il pendio dei colli." 1x La riLirata da Custoza, il fatto eli non essere riuscito a prendere Valeggio e la notizia che i rinfo rzi non poteva no arrivare emro la notte s ul campo di battaglia, decisero Carlo Albeno a disporre il ripiegamenLo su Goito, unico passaggio rimastogli per varcare il Mincio. Si diresse su Milano - pessima mossa sotto il profilo mil ita re - per proteggere la città contro gli Austriaci, ma, sconfitto ancora davanti alle mura e otte nuto uo anr1istizio d i tre giorni per rie ntrare in Piemonte, il Re incaricò il suo Capo di Stato Maggiore di firma rne un secondo, valido fino alle 12.00 del 20 marzo 1849. Puntuale, il 20 marzo del 1849 l'Armata Sarda si rimise in campagna e cominci<) a traversare il Ticino. Ma, per un'imperdonabile k:ggcrczza del generale Ramo rino, anc he gli Austriaci passarono il Ticino, in senso opposto, a Pavia c puntarono verso nord .

~ In realtà era i l 1° Rcggiml'mO.


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Saputolo in serata, il nuovo Capo d i Staw Maggiore, il po lacco Chrzanowski ordinò il dietro-front al grosso, già proiettato verso Mil ano, per farlo concentrare tutto a sud di Novara, fra Mortara e Vigevano, e bloccare il nemico, che avanzava su due colonne parallele. Nella giornata del 21 le truppe delle divisioni di testa sarde incomrarono gl i Austtiaci de lla colonna destra alla Sforzesca, respingendoli, ed a Morra ra. Qui la P Divisio ne di Dura ndo e la Divisione di Riserva del Principe Ereditario, che la seguiva, attraversaro no la città. La lll s i d ispose a sud insieme ad una colonna al comando di La Marmora ed ebbe l'ordine d i accampars i, quella di Riserva proseguì. Ma poiché non si preordinò alcun servizio di sicurezza , né vennero installati avamposti, a l tramonto le truppe di Durando c La Marmora furono attaccare di sorpresa dalla colonna nemica eli sinistra e si sfasciarono, ripiegando all'inlerno de ll'abiLato. Penetrativi g li Impe ria li , si accese una confusa lotta per le strade, alla cieca , fin ché i Sard i non uscirono da lla c ittà ritirandosi su Vigevano, Novara e Vercelli. Vittorio Emanuele intanto aveva invertito la marcia e stava accorre ndo a Morlara. Incontrò La Marmora c Durando in un improvvisato Consiglio d i guerra in una cascina vicino a Castel d 'Agogna. Sentite le prime notizie, mentre i due ge nerali propendevano per lo sganciamento "Il duca stette qualche momento sopra pensiero, indi con accento risoluto: "M(~Iior partito, disse, è eh 'io prellda

con me la brigata guardie e piombi, all'improvviso, alla haionetta, sugli Austriaci ammassati in Mòrtam. Dopodiché. ripetendo di aver piena.Jìducia 11ei propri soldati, già si accingeva a mettere in atto l'ardita risoluzione, quando u 11 ujficiale di Stato Maggiore venne ad awertirlo cbe un falso allarme aveva ml?sso il disordine nelle truppe; egli, allora. a malincuore, rinunciò alla contrq_ffesa e diede gli ordini per la ritirata su Robbio.'·X Appresa subito la notizia clelia sconfitta. Chrzanowski pensò d'accorrere coi 30.000 uomini c he e ra no a Vigevano ed assal ire g li AusLriaci ma. dissuaso dai gene ra li p ie montesi, ord inò la ritirata verso Novara, dove te rmin<) di concentrare l'Armata il 22 marzo. Il 23 gli Austriaci mossero guardinghi, senza sapere che a ;-.Jova ra li a rtenclevano i Sardi. Chrzanowski aveva schie rato i suoi 50.000 uomini su una posizione poco a sud de lla citlà, lunga circa tre chilomeLri e favorevole alla difesa. In prima linea. da destra a sinistra, aveva le divis ioni de i generali Durando, Des e Perrone; in seconda q uelle del Duca di Savoia e del Duca d i Genova. Iniziata alle 11.00. la battaglia rimase indecisa fino a sera , quando a rrivò an che l'u ltimo corpo austriaco, cbe permise a Racletzky di sfe rrare l'attacco definì tivo. Il Comando sardo ordinò la ritirata attraverso la città c si c rearono subilo degli ingorghi stradali dappertutto. Solo la strenua resistenza delle unità della Divisione eli Riserva , lasciata inaniva per tutta la g iornata , che riuscirono, coi fanti delle brigate Pie monte e Pinerolo, a contrastare !"armaLa avversaria , impedì la rotta comple ta dell'esercito.


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A sera il Re abdicò in favore del duca eli Savoia Vittorio Emanuele. Ottenuta una tregua, il nuovo Re incontrò RacleLzky a Vignale e gli fece un'impressione tanto buona e da strappargli delle condizioni inaspetlatamenre favorevoli, tali da far dire a Vienna che Radetzky sapeva comandare ma non sapeva negoziare. onostante questo, il Regno di Sardegna fu costretto a mettere in moto ogni arte diplomatica cd ogni appoggio, personale ed inrcrnnionale, per ridurre l'ammontare dei danni di guerra da pagare all'Austria dall'esorbitante cifra di 200 milioni a quella più accessibile di 75. on poté però evitare di cedere la citladella di Alessandria come garanzia a termine e eli sobbarcarsi del mantenimento d i 20.000 uomini e 2.000 cavalli , che gli Austriaci fecero stazionare là e nel T\ovarese fino alla firma del trattato di pace, avvenuta a Milano il 6 agosto 1849. Vittorio Emanuele avrebbe potuto ottenere delle condizioni di pace ancora migliori se avesse accondisceso alla proposta austriaca eli revocare lo Statuto. Non lo fece, ci guadagnò il soprannome di Re Galantuomo - perché teneva fede alla parola data - c soprattutto lanciò un segnale chiarissimo a lla horghesia liberale: i Savoia , benché sconfitti, sarebbero stati ai patti, bastava aspettare.

II) Generale e capo di Stato Viuorio Emanuele II salì al trono all'età di 29 anni appena compiuti - era nato il 14 marzo del 1820 - dopo essersi fano una sufficiente esperienza mili tare ed un minima esperienza poliLica. Era privo di cultura, ma aveva una buona istruzione, un profondo buon senso e una gra nde intell igenza , dote , q uest'ultima, che ben poch i sono stati disposti a riconoscergli. Eppure i fatti lo elimostrano. L immagine corrente eli Vittorio Emanuele II è quella eli un autoritario e baffuto egoista. D'un rozzo cacciatore eli donne c di stambecch i, privo di inte ressi intelleltuali e, di conseguenza, incapace eli idee c azioni sofisticate. Tn questo senso si comprende bene perc hé uno dei suoi migliori biografi Francesco Cognasso - pa rlandone sotto l'aspello militare, abbi<1 scritto che "Certo il Re non era uno stratega e non aurehhe potuto dirip,ere un esercito in una guerra complicata. Avrebbe trasformato tutte le guerre in allaccbi alla baionetta. Però aueua intuizione e uedeua chiaramente con rapidità e lucidità."Xl

on avendo mai effettivamente esercitato il comando supremo de lle operazioni in guerra , è difficile dire se Vittorio Emanuele fosse o meno uno stratega. on lo sappiamo; né possiamo fidarci del giudizio dei s uoi generali Allora in che modo possiamo valutario ? Un generale si g iudica per ciò che fa , per ci<') che pianifica e infine per quanto lascia scritto.


Vediamo, dunque. Scritti non ce ne sono. Tr~1nne Emanuele Fìlibeno, nessun Savoia scrisse mai opere su ll a guerra: Vittorio Ema nuele non rece eccezione: scrisse un sacco d i lettere, ma nessun libro, né c'era da aspcllarscnc. Pianificò ? Qui le cose si comrlicano. Non lo sapr iamo, perch~ tutto il lan >ro di pianificazione appare sn>lto dai suoi generali - La Marmora, Fami, Cialdini .... - così come l'esecuzione è da loro effettuata. l\ fa non ci si de\ e dimenticare la caratteristica di Casa Sa\ oia: l'uso dell'a ;rione militare in funzione di quella politica . Considerate sotto questo asperro le cose g ifl si presentano in rutr'altro modo. La politica eli Vittorio Emanuele Il ebbe successo. lbggiunse l'obiettivo indicato da Emanuele Fi liheno trecent'anni prima e perseguito da ruui i sowani di Savoia e di Sardegna. Ma la politica fu sua ? E ci fu o no l'uso dell'azione militare in funzione di quella politica ? Esaminando i farri, la risposta non può che <..'Sscrc positiva ad cnrrambe k> domande. Ca\'Otlr wrnò dal congresso di Parigi nel 18'56 convinto di a\'er concl uso poco, perché non avcv:1 guadagnato territori; Viuorio Emanue le invece comprese tanto bene la portat;l de l successo diplomatico, da prcmiarlo coll'Annunziata. Qw..:sto voleva dire che il Re sapcv<t dm·e stava andando e quali risultati intermedi -..i dm·evano ottenere per raggiungere quello finale. E lo dimostrù di nuovo dopo Villafranca, quando ~cppe accettare l'annistizio, che Ca\ our sulle prime non mandò giù. Quanto all'azione militare: cinque guerre- ··t~-l-'· 1 9, Crimea. ')9, '60-'6 1 e '()6 - c una campagna per prendere Roma in ventidue anni. alla media di una guerra ogni quatrro e mezzo, k\'ano ogni dubbio. Però c'è una differenza ri'>peuo all'antico -;istema settccentc'><:O: per via della situazione internazionak. nell'Ottocento ~i interviene in guerra in modo meno clireno. Se -..i pri,·ilegiano l'intervento straniero diretto - nel ·:;9- o eli sostegno- nel '66 - come in passato, si ricorre pure acl azioni indi rette, che permettano di evitar<-' attriti diplomatici troppo forti . P:' il caso della campagna del 1860-61, specie se cons iderata nd :.uo insieme, cio(· come aziOtl<..' svol ta in tutta l'italia centrale c nH. :ridionale, ma c:.· il caso pure dell'Aspromonte c di t\ lentana. \'a da sé che in una situazione del genere. con una politica bellica del genere, era più importante avere dei buoni alleati - stranieri o italiani. incluso Gariba ldi- che dci buoni generali. Dunque all 'indomani del 1R<t9 si poteva e\·itare di rinnovare clrasticamenre g li alli gradi , epu randoli da quanti :1vcvano daLo ca ttiva prova. Ma poiché nella primavera de l 181t9 la poi i ti ca dci successivi \·enr'anni non era nemmeno ipotizzabile. perch(· i generali incapaci non \'ennero congedati ? L'unica cos:1 certa in quel momento era che rrima o poi. comunque non prima del 18'59, si sarebbe rifatta la guerra all'Aust ria. E allora, in vista eli quest\ lllica certezza c considerando il fano che i n dicci anni si potevano rinnovare completamente c senza traum i i gr:1d i medio alti <..' alti, non era mcgl io rendere verameme \·a lido lo strumento militare ' Per quale moti,·o Vittorio Emanuele con-..ervò dei gcncrali e degli ufficiali che \ 'ittorio Amedeo II <.l\ rcbbe cassaro


375 senza misericordia, se non mandati al patibolo, e che Carlo Eman uele 111, pill benevolo, avrebbe neutralizzato levandoli dall'esercito l Eppure li conosceva bene. Aveva mi litato con loro e sono di loro nel "48 e nel '49. Per dare retta a Bava e Fra nzini era fallita l'azione di Verona, per obbedire a Bava non era stata sfruttata la vittoria di Goito: per la lentezza di De Sonnaz era andata male a Custoza, per !"imperizia di Durando c La Marmora si era avuta la sorpresa eli Mortara. Vittorio Emanuele li conosceva tutti personalmente e conosceva abbastanza il mestiere da saperli val utare; e allora perché se li tenne ? Per rispondere occorre una lunga digressione. La difficoltà maggiore per chi voglia trattare il periodo risorgimenta le consiste nel farsi u n 'idea di come sravano veramente le cose e d i chi erano veramente gli uom ini del Risorgimento. La storiografi <~ italiana ha distorto molto i fatti, i caratteri, i rapporti e le persone e. senza un esame approfondito. almeno elci testi più antichi, se non dei documemi originali, si rischia di commettere degli errori eli valutazione enormi. Si rischia d 'accettare per buoni dei giudizi tradizionali che buoni non sono affarro, ma che, a nzi, sono totalmente errati; e non in buona fede. Così. grazie all'agiografia post-risorgimentale, degli uomini politici di que l tempo si ha una visione nobile: erano dc i patrioti. altruisti, disinteressati, onesti, sempre pronti a pagare di persona; forse non videro sempre chiaro, rna fu perché si fecero trascinare dalla loro grande generosità c dal desiderio, dalla passione. d i unificare l'ltalia . Loro erano i buoni, gli altri i cattivi. Tutti q uelli che stavano dalla parte dell'Unità - la parte buona per definizione - erano, dovevano essere, per definizione, buoni, dunque onesti. corretti, seri , disinteressati, disposti a l sacrificio personale per il trionfo della causa c d i ampie vedute. l cent'anni seguiti all'Unità d'Italia videro cabrc sulla realtà u n velo che la maschen\ la distorse c fece dimenticare la virulenza degli odi, l'intensità dell a presu nzione, la boria orgogliosa che mosse molti uomini del Risorgimento, <~n­ zi: che mosse tutti q uegli uomini del Hisorgimento che non combatterono. che si tennero be n lontani dal campo di battaglia. che teorizzarono sulla pelle altrui, che fecero rischiare la vita agli a ltri. La storiografia del Risorgimento d imenticò - volutamente - o, quanto meno. non divulgò che l'ondata rivoluzionaria del 1848 fu vista da tu tti come un ritorno dei Giacobini del 1793; c q uando si dice d<l tutti, significa non solo dai benpensanti reazionari, ma dagli stessi progressisti rivoluzionari. .!\'cl '48, della Rivoluzione i primi temevano lo spettro, i secondi vedevano l'occasione c. tanto più la speravano, tanto più si agitava no per scard inare l'ordine costituito. Già a distanza el i cent'anni - tre generazioni - dal 184R, nessuno ricordava più la virulenza con cui la classe dei p iccoli avvocati, dei notai e dei med ici eli provincia, dei possidenti e dci commercia nti e ra saltata in p ied i per afferrare il potere, per rovesciare i troni restaurati, per fare i propri interessi. Il Pa rlamento suba lpino , c he poi per anni sarebbe stato poltato ad esempio d i corrertezza, di si-


376 gnori lilà , eli disinteressnta ed alta coscienza dei destini della Patria, fu teatro di scontri c risse verhali spaventosi. Gli insulti pesanti, le calunnie sfacciate. k meschine congiure di corridoio. i comploni antimonarchici , gli auacchi all.t Chiesa, la ,·iolenra c crescente richiesta di laicizzazione e clcmocr..ttizzazionl' dell o Stato, prodromo dell a Rivoluzione e della Repubblica, scossero dalle fondamenta il trono dei Savoia. La stampa si schierò dalla p~u'lc delle sinistre giacobinizzanti, gli attacchi vennero da ogni parte. le società segrete rialzarono il capo e semhrarono forri anche se non lo erano. Se la Casa Reale non venne ~balzata dal trono nel 18 1H, fu solo perché, in mezzo alle sue indecisioni, Carlo Alberto seppe cogliere il momento, seppe saltare su l treno in corsa della rivoluzione prima che lo travolgesse. Perse la corona. ma la salvò alla Dinastia. I patrioti non gli furono grati dell 'intervento quanto avrebbero dovuto. Per loro Carlo Alher1o e la sua Armata erano uno strumento: c neanche elci piCt utili. Meglio farne a meno: "Buone nlfove: i Piemontesi soNo stati battuti. Ora sa-

remo padroni di noi stessi, jàremu noi la guerra popolare. cacceremo noi p,fi Austriaci dall'ltalia e faremo la repubblica federale:·XII L'autore di queste pa role, che alla luce della situazione generale del luglio 18-tH :-.uonano come delle vere c proprie idio:de è il tanto celebrato Carlo Cattaneo, l'intelligem~a del Kisorgimen to lombardo ! L'uomo che evitò di fare a fucilate cogli Austriaci in marzo- "' Quando i rauazzi han11o il sopral'l'ellto gli uomi11i I'C/11110 a casa !'" 111 a,·c,·a detto, infilandosi nella sua, nella prima delle Cinque Giornate - sa lvo pot correre a far pane della giunta milanese di difesa; in 1\lunicipio pere\ lontano dalle barricate. La gente come questa veniva spesso dalb provincia. mancava o quasi di contatti al di fuori dd Regno cd an..> va vedute molto ristrette. '\Jon capiva che l'Italia non pote,·a fare da sé perché nessuno all 'e:-.tero l'awebhe consentito. Questi uomini non avevano neanche la più vaga idea di cosa era un guerra e di cosa serviva per condurla c vincerla. Nella loro ignorante e presuntuosa boria , si esaltavano affermando che il popolo, che non sapevano nemmeno cosa fosse. sarehhe in:-.ono in armi cd a\Tebhe cacciato lo Mraniero. Immaginavano sa Dio cosa, si convincevano che i loro pazzi sogni fossero verità c chiamavano codardo e traditore, servo~<) dell 'Austria e del Papa chi provava a farli ragionare o, più modestamente, cercava di indirizz~t rl i su scelte r iù concrete. Com inciò al lora la frattura che avrebbe caratterizzato la politica italiana fino alla fine del secolo ventesimo, la frattura fra chi teorizzava nelle stanze della politica senza saper nulla del mondo. concependolo solo in funzione delle proprie idee e dei rropri interessi , c chi, al di fuori delle medesime stanze, era a coni<Htn colla rea lr:ì , faceva quotidianamente i conti con essa e sapeva bene cosa si rischiava a compiere certi passi e quali sarebbero state le conseguenze di certi altri.

IU S~IIIJ)I'l' C:manco non ,,; J1~' ritò di dc~ rt' a Mazzini del " vt'ndutn :1 Carlo Allwrto !"


Vn-romo C.\ IAi\l EI.F 11

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Basta rileggere le parole di fuoco con c ui Garibaldi boli<) l'operato di Mazzini a Roma nel 1849 pe r farsi un'idea dcUa divergenza fra i pratici e i teorici, fra

chi agiva rischiando vita e averi e chi parlava. Carlo Alberto fu tra i primi, perse e pagò. Pure Vinorio Emanuele fu tra i rrimi, ma imparò subito la lezione del padre, capì come regolarsi c vinse. Ed eccoci al perché Vittorio Emanuele si tenne dei generali incapaci. Quando finì la ca mragna del '49, la s ituazione del Piemonte, già difficile dopo la sconfitta dell 'anno prima, divenne terribi le. La Francia e ra reazionaria, aveva annientato nel sangue la rivolta parigina eli sinistra ciel '4R e vedeva malissimo qualunque svolta progressista ai suoi confini . L'Austria era in attesa d 'un 'occasione che le rermettesse di distruggere il Piemonte una volta per tu tte. Metternich a suo temro aveva detto d 'aver ingessato la s ituazione politica e che non sapeva quanto l'ingessatura avrebbe rello . Dall 'Italia roteva venire l'incrinatura che avrebbe distrutto l'Impero. in Piemonte se ne avvertivano i segni e non si poteva rermettere che la situazione degenerasse, ne andava della vita stessa cle U'Austria. Ovviamente la Sinistra italiana di allora non se ne rendeva conto e vedeva nella Francia la sua protettrice ed il suo esempio: e ra o non era la Francia la madre della Rivoluzione e dei Diritti dell'Uomo ? Aveva o non aveva portato in Italia i Principii dell '89 l Aveva o non aveva dato alla borghesia - ma questo non si diceva - il rotere po litico ? Aveva o non aveva costituito un esempio di democrazia l Come si poteva pensare che la Francia non avrebbe soccorso l"Ita lia. la sua sorella latina prediletta ' on ci si rendeva conto che la francia in quel momento era reazionaria quanto l'Au stria e guardava con sospetto alla Rivolu zione italia na . Un ragionamento così perico[oso e sentimentale , che prescindeva dall'esperie nza del passato c dalla rcahù del momento, sarebbe stato fatto s istematicame nte dalla Sinistra ital iana, prima garibaldina, poi socialista, di nuovo al tempo del fascismo, dopo la Seconda Guerra Mondiale e ancora in seguito. E nessuno avrebbe mai accettato di vede re le cose come stavano, nessuno avrebbe mai accettato l'idea che la Francia e ra tesa solo al proprio inte resse nazionale e tutti sarebbero stati pronti a vedere solo ciò che preferivano. Così, anche nel 1849, nessu no nella Sinistra subalpina era disposto a capire Due potenti eserciti - francese e austriaco - e rano pro nti ad inte1venire contro Ja Sardegna; e in questa terribile situazione, i rarlamentari della Sinistra subalpina vociavano che volevano q uesto e quello, la Repubblica e l'a utonomia, le leggi eversive e la luna , se nza rendersi conto che da un momento all'a ltro il Piemonte poteva essere invaso e cancell ato dalla ca rta geografica. Lo capiva benissimo invece il Re. Ma car iva rure d 'essere in una situazione deli catissima. Fare concessioni avrebbe potuto provocare l'inte rvento stranie ro in Pie mo nte; non fa rne avrebbe inasprito la situazione, già tesissima, provocando disordini e offre ndo alle Potenze confin anti un pre testo per inte rvenire. Nel-


378 l'uno e nell'altro caso si rischiava l'invasione e la fine dell'autonomia politica, forse addirittura dell'esistenza, del Regno. La linea seguita da Vittorio Emanuele fu concettualmente semplice, ma non fa cile da realizzare. Bisognava assestarsi, specie in vista della ripresa della guerra in futu ro. Per f~ll·lo occoneva sgonfiare la contestazione politica, impedendo che sfociasse in Iivolta annata. Se e quando si fosse arrivati ai moti di piazza, bisognm·a soffocarli subito e senza misericordia, sia per far vedere ai contestatori che lo Stato era fotte c non accettava illegalità o imposizioni, sia per dimostrare che non c'er;.l bisogno d'aiuto esterno. L'un ico strumemo adoperabile per questa politica era l'esercito. on occorreva un esercito bell icamente preparato, bastava che fosse in grado di svolgere mansioni di sicurezza interna, di polizia. Di conseguenza non se1vivano i generali capaci eli vincere la battaglie, ma quelli polilicamenre sicuri. J generali al ve1tice delle Regie Truppe in quel momento, ancorché sconfini. erano tutti d i sicura e provata fede monarchica, dunque non dovevano essere cambiati. Alcuni fra loro erano delle pecorelle napolcon.ichc tornate all'ovi le della Monarchia- Bava era uno eli questi - e a maggior ragione andavano te nuti buoni . Gli alu·i appanenevano a famiglie che servivano la Casa di Savoia da secoli : un de Sonnaz era morto alla testa dcllc:t cavalleria s~tvoiarda già nel 1591; i La Marmora avevano fra i loro diretti antenati il marchese di Parella , di cui Vittorio Amedeo H si era tanto serv ito; i della Rocca dei vari rami si erano distinti in tutte le guerre dd secolo precedente. I generali erano il sostegno della Monarch ia; le loro famiglie permeavano rutti i gradi dell'ufficialità; non si poteva fare a meno eli loro: era meglio tenerseli. E Vittorio Emanuele li tenne. Grazie a loro su·oncò la rivolta eli Genova, grazie a loro controllò il Piemonte, grazie a loro controllò l'Italia. Forse non sapevano dare ordini, ma li sapevano esegu ire, purché fossero chiari e semplici. Non si poteva chiedere loro cultura, né agi lità mentale; ma se ci si limitava a domandare fedeltà, precisione, stretta aderenza agli ordini e di sciplina, erano tutti più che soddisfacenti. Q uesto serviva, questo Vittorio Emanuele ebbe, di q uesto si accontentò, questo adoperò. All'occasione, quando si dové fare veramente sul serio, ci si salvò sempre per grazia ricevllla. ln Crimea perché il Corpo di Spedizione era troppo piccolo per agi re autonomameme. Nel 1859 perché c'erano i Francesi e perché Gytlla i c Francesco Giuseppe non e rano all'ailezza eli comandare un esercito in un:l guerra moderna; nel 1860-61 perché al centro Italia non c'erano gra ndi ostacoli e al sud Garibaldi aveva fatto il grosso del lavoro; nel '66 perché, tra Garibaldi in Tremino e i Prussiani in Boemia, gli Austriaci avevano troppe seccature contemporaneamente; nel '70 perché i Francesi a Roma non c'e rano piCL Allora: Vittorio Emanuele era un fine politico ma, tornando alla domanda iniziale, che gene rale e ra ? Valutiamo i fatti, i pochi fatti che abbiamo. La campagna del '1 848 non è significativa, perché in essa il suo operato fu di pura esecuzione degli ordini. Giù nel 1849 emerse qualche elemento in più. L'idea di contratwccarc gli Austriaci a Mortara era giusta e c:tvrcbbe probabilmente ristabilito la situazione. certo non


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l'a' rehhe peggiorara. Analogamenre. Lmacco che \'iuorio Emanuele a' rchhe voluro lanciare a Custoza nel IH66 a\Tcbbc ri!->olto la giornata c pcrmcs!:>o una conclu'>ione del conflino mollo più dignitosa. 1'<<:1 1859 il comando supn.'1no fu assunto c.Ia f\'apokonc III. Nel 1860-61 l'Esercito agì in corpi separati l' le un iche battagli e campali -Castelfidardo e Mola di Gaeta - fu rono comhallute l'ra avanguard ie della forza d 'una divisione. l n entrambe le campagne Vittorio Emanuele rimase in ombra; e l'unica caratteristica che apparve - c che gi:'t !'li era Yista a Goito - fu l'irruenza con cui trascinava gli uomini all'arracco. battendo'>i come un leone e ri'>cuotendo la loro ammirazione. Pale!:>tro e San ~ l artino fanno tc'>to. C(· altro ? l\'o. Che 11<.' deduciamo ? Che era un generale dalla rarrica efficace anche se primitiva. An~, ·a occhio, senso del terreno c dcll'opponunità; era te nacc e combattivo. Senza dubbio era molto superiore alla media. specia lmente de i suoi generali. Ma è solo un~t deduzione priva eli riscontro. Sappiamo cosa accadde quando Vittorio Emanuele comandò una divisione, non sappiamo cos<t sarebbe successo se avesse comandato un esercito da solo. Poss iamo solo fan: delle ipotesi in base alle iniziati' c che prese - in disaccordo coi suoi generali nella campagna del

·w.

m ) Caporale sul campo Dopo ovara, l'attesa fu lunga: dicci anni. Venne il IH'59 e con esso la fine delb tregua. L'Austria d ichia rò guerra c la Francia intervenne. Ultimata la concentrazione delle proprie forze. apolconc III assunse il comando supremo dell'annata alleata ed ordinò l'invasione della Lombardia. se guendo pressappoco la stessa strada battuta da Carlo Alberto dieci anni prima. Ut mossa in quel momento era rischiosa. poich(: si pow,·a fare solo con una marcia a'cnclo il nemico sul fianco destro. c Gyulai pote,·a neutralizzarla con dei ..,cmplici sposramenti del suo grosso. Come s'è detto, il Feldzeugmcisrer non era un'aquila, ma in questo caso superò qualsiasi aspettativa. rnfani rimase fermo e compì solo due tentativi eli disturbo. che si risolsero nelle vit torie alleate d i Montebello, il 20 maggio, e di Pa lestro, il 30 c 31. Vittorio Emanuele si batté a Palestro colla consueta irruenza c gli zuavi francesi del 3° lkggirnento lo acclamarono lo ro capora le.l 1 Dopo quegli insuccessi, Cyula i ripiegò oltre il Ticino e convergé su l\1ilano. da dm c un altro dei suoi corpi d 'annata d(we,·a uscire per ,·enire ad attenderlo a J\Jagcma. Scontratosi proprio a i\ lagenra. il 1 giugno, colle truppe alleate. che ottennero un buon sucCC!->'>O wuico, ripiegò Yerso il Quadrilarcro.

Il ,\na log.llllt:!lle. Carlo Alber1o ,·ra M.ll< l 1'.1110 Glpomlc dai granalll•ri fl~tllù''i in Spagna, duran\l' !.1 Gllll p~g11a d1c.: udmiuò col la presa del 'l ror;ldc·r<>.


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Franco-Sardi entrarono a J\lilano e agganciarono e hauerono una retroguardia nemica a Melegnano 1"8 giugno. Dopo due giorni di sosta proseguirono l'avanzata. mentre Garibaldi impcr versava nella Lombardia seuentrionalc. Scrisse poi nelle sue memorie: "lo ero stato chiamalo dal Re al suo quarliN

generale di San Salvatore. h;t.tli mi ricevette benel'Oimente, rni diede delle islmz ioni e dellejàcoltà larghissime... e porlarmi... SI( l/a destra dell 'esercito austriaco per incomodarlo:·Xl\' Trattandosi di Garibaldi chiaramente i politici e La J\lannora cercarono d1 rendere inesecuti\·i quegli ordini. benché scrilli. t\ la Vittorio Emanuele Il, che come disse Garibaldi stesso, ·· di coloro che l'allornial'allo 11el ·59 11011 era certo il peggiore'·:..."\' si intendeva a meraviglia con Garibaldi c gli ·· ilwiò un seconcl'or

cline di marcia llerso il !.ago Mag_qiore per operare sulla destra dell'esercito au s/riaco. Ciò 110n piacque forse alla camarilla, ma a me moltissinw; e mi trouaro quindi libero nelle mie manoure, posizione che mi oa/eua un tesoro.")..'\'! Così i suoi 3.000 Cacciatori delle Alpi , lasciati i ca rriaggi in Piemonte, gli zaini a Biella e applicando in pieno la tattica da lui appn:sa in America , shara gliarono i circa 40.000 uomini del generale l lrban, aprendosi la strada per l.t Valtellina e scendendo tìno a Bergamo e Brescia. dove arri,·arono il 13 giugno . on possiamo fare a meno di sottolineare due cose: I'appro,·azione di Gan baldi nei confronti delle qualità di Vittorio Emanuele - magari non specificamente militari - in rapporto ~~ quelle dei generaU sardi c il fatto che l'idea di lanciar( Garibaldi in un'azione diversiva sul fianco nemico venne a Vittorio Emanudc. Anzi, era cosl convinto elle fosse buona, che vi insislé, rci.tcranclo gli ordini che invece La Marmora tentava d i annullare o, almeno, di neutralizzare. Garibaldi sa peva il mestiere delle armi e non era prodigo dei suoi apprezzamenti; e dunqut· questo di Vittorio Emanuele, relativo al ·59, assume un valore non trascurabile. Oltrepassato il .Mincio, Gyulai ave,·a ordinato la sosta al grosso. Fu il suo ul limo ano. perché il 18 giugno Francesco Giuseppe lo esonerò dal comando l gli subentrò di persona. Poi. mentre teneva d 'occhio gli Alleati in a\·vicinamento a Peschiera. a Fra n cesco Giuseppe giunse la notizia che era in arrivo da sud il V Corpo franco t<> scano. 1\e sopravvalutò la consistenza a 60.000 uomin i e ordinò ai suoi di pa.., sa re sulla destra del Mincio per attaccare subito Napoleone lll. Così, la manina del 23 g iugno, i Francesi scoprirono truppe austriache si.t sulle alture, da Pozzolengo, per Solferino, fino a Cavriana, sia in pianura, in po sizioni tatticamente forti, a Guidizzolo e Medole . • apolcone lii le ritenne delle retroguardie e, non immaginando che il nemico si fosse messo apposta tra le fot1i posizioni da lui tenute ed un fiume inguadabile. ordinò l'avanzata per l'indomani. Il risultaro fu un'inattesa battaglia cl'incomro fra I.)O.OOO ·alleati c 150.000 au · striaci, schierati lungo 12 chil ometri di fronte. dalle coll ine di San Martino .. t sud cl<: l Garda, fino a Solferino.


VnTORJO EMA,\ILIELE II

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Vittorio Emanucl<..: n di S<IVOia, Re el i Sardegna dal 181iR al 1R6l Re d'lt<llia dal 1861 :~1 1878.


.3R2 movimenti alleati incominciarono alle 3 del mattino dd 2 1 giugno 1R19, quando 80.000 francesi mossero verso Solferino, Cavriana, Medole e Guidizzolo senza sapere che erano tenute da 90.000 austriaci. Più a nord le divisioni sarde marciarono verso Pozzolengo. Com'ergendo la 5~ DiYisionc da nord-m ·est lungo la rin1 meridionale del LIgo di Garda; la 3" da ovest, '>eguendo la ferro\ ia ,\Jilano-\'enczia e, da sudovest, la 1J, seguila dalla 2·', si trovarono da,·anti, auesrato sulle alture di San Martino, l'Vlll Corpo del generale Benedck, sostenuto da du<.: brigate del V. per un totale di se i brigate nemiche. In base alle informazioni ricevute ed all'opinione corrente, anch<.: Viuoriu Emanuele riteneva d'avere davanti delle rerroguarcli<.:, probabilmente in ritirat,l Solo per un'elementare precauLione bellica ;n e, ·a l'atto precedere le sue di' tsioni da aliquow staccate d'avanguardia e. quando queste ultim<: comunicarono d'essere in contatto col nemico, nessu no si rese conto d i cosa avevano \'eramente davanti. Non è faci lissimo ricostruire nei dettagli il ruolo del Re. Molta retorica si L' accumulata e molte verità sono stare distorte nel senso a lui più favorevole . l farri sono che, ignare del mm·imenro in ;n·anri ordinmo da Francc<>co Giuseppe la l a e la .i" Di' isione sarei<: arri,·arono contcmporaneamenr<: ci:1Vanti a quelle che supposero essere delle ridotte aliquote avv<:rsarie, rispettivam<:nte alla Madonna della Scopetta ed alla poco distante collina di San Martino, e le attaccaremo. Qu<.:sto comprensibile errore di valtttazione dei comandanti, unito alb formazione di marcia scaglionata, per cui i reparti sardi giunsero sulla linea del fuoco troppo distanziati l'uno dall 'altro, causò un susseguirsi di prese e perdite del ciglio dei due rilie\·i durato fino a sera senza essere risoluti\·o. Vittotio Emanuele seguì la banaglia dal portico d'una cascina . Quando s'accor se che le truppe presenti non bastavano, ordinò che la Btigata Aosta, appartenente alla 2~ Divisione d i Fanti, accorresse a sostenere la 3a Divisione a lkvoltella. Poi ordinò il concentramento delle forze ma, prima che venisse uiLimaro. la Brigata Aosta entrò in azione con un attacco avvolgente contro il settore sinistro m'Versario a San Mattino, inc:hi<xlanclolo sul posto ed impedendo a Benedck di mandare aiuti vet~<;o il fronte eli Solferino da dove gliene chicd<:vano urgentcmeme. Progressivamcme la Aosta fu rinforzata dalla Pinerolo c poi da lla Cuneo portando 1ìnalmcme a sette a sci la proporzione fra le brigate sard<: e quelle ausLriache - sollo un uragano estivo, finché, poco prima del tramonto. Vittorio Emanuele ord inò l'assalto generale sulla linea San Martino-Corbù-La Conrracania. Spronate dalla frase del Re: "Fieui. centa piè San J1arfill. se ct·J/0 i alman lo

fan fè a 1111i !'''"-1 1 - "Figlioli i'(!llife a prendere an Martino se no i tedeschi lo famwfare a noi !" 12 e precedute dal fuoco delle artiglierie divisionali, avanzaIl "Fare S:m M:1nino". o "far fare S,111 \ttnmo" I'Oit:\':1 <hrl' ·,log,l(iare" e si riferh·a :d liuto che, tradi7ion.tlmcntc. in Piemn nll' l' in gran pane d 'l!.di;t. il giorno di S.m \l,tn mo. l'Il nO\'e mlm: 'l.H.klano i corllra ni d ':1ffino. !l cut ma nell o rinnm·o nnpli1·a, .t l'ahh.tnd ono <.Id i :~lloAAI<>


VITfORIO EMANll:I.E ll

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rono, da destra a s in istra , la Brigata Pinerolo, l'VIII Battaglione Bersaglieri, la Brigata Aosra, il T Bersaglieri, le Brigate Casale, Cuneo ed Acqui e il V Bersaglieri per l'assalto fina le. La cresta fu presa e su di essa vennero portati rapidamente i cannoni, che fulminarono gli Austriaci, obbligandoli ad un lento ripicgamenro, accelerato poi dalla carica dei Cava lleggeri del Monfe rra to. Alle 21 cessò il fuoco s ul nemico in ritirata; ed a ll e 22 il generale Fanti entrò a Pozzolengo. l Sardi avevano perso 5.500 uomin i, gli Austriaci circa 1.800 a San Martino e 21.500 a Solfe rino, i Francesi 12.000. A Sa n Martino i .soldati e rano così stanchi che molti crollarono addormentati dove s i trovavano a l cessate il fuoco, incuranti del terreno fradicio e della vicinanza dci cadaveri. Il Re rinunciò a [Ornare al suo q uartier generale a Calcinato, si fermò in una cascina a Castel Venzago e disse che qualcuno andasse a Calcinato a prendere da mangiare, ma quando la cena a rrivò, lui dormiva e nessuno ebbe il coraggio d i svegl iarlo. La battaglia non si poteva giudicare ben condotta, le divisioni non erano state mosse con u na buona coordinazione; ma che importanza aveva ? Era stata vinta e tanto bastava. Vittorio Emanuele, per la prima ed ultima volla in vita sua, aveva comanda to tutto il s uo esercito s ul campo contro il nemico ed aveva vinto. L'azione era stata secondaria rispetto a quella di Napoleone !TI a Solferino, limitata a poco pil'1 d'un solo corpo d 'armata avversa rio, ma tatticamente rilevante e piuttosto dura: ne poteva andare fie ro. Poi ven nero Villafranca, l'armistizio, le convulse giornate dell'autunno e dell'inverno. TI nulla osta franco-inglese all'annessione delle legazioni e della Toscana , la cessione di Nizza c Savoia e, ancora, l'impresa di Garibaldi e la campagna dell'esercito regolare nell'Italia cenrrale e contro Gaeta. Q ui giocò più la pol itica della capacità mili ta re sarda. TI Re. beni nteso, avanzC> alla testa delle sue truppe, ma q ueste agirono in corpi separati: il IV, coma ndato da Ciald ini, accanto nato sulla costa adria tica e composto da tre divisioni - la 4~, la 7'4 e la 13"- e il V, agli o rdini d i Morozzo della Rocca, schierato in provincia di Arezzo, a ridosso del confine umbro. articolato invece su due sole: la l 2 Granatieri c la Divisione Speciale eli Riserva. A questo apparato organicamente impone nte corrispondeva no in realtà solo 30.000 uomini. poiché la maggior parte dei reggimenti era ridotta, invece elci q uauro regolamentari, a due o tre battaglioni , che pe r d i p iù avevano solo la norma le forza di pace di 600 effettivi l'uno. 1 30.000 sabaucli si mossero rapidamente a partire dall'll settembre 1860. 11 TV Corpo scese verso Pesaro c Fano, occupanclole dopo un breve scontro, men tre il V avanzava in Umbria , facendo e ntra re la propria avanguardia a Città di Castello. I 20.000 pontifici erano spezzellati fra i presidii delle città e tre colonne mobili. Il 13 senembre a Sant'Angelo Cialdini ne sconfisse una, i cui resti si buttaremo in Ancona. In b reve tutte le colo nne nen1ichc vennero distrutte. Dopo la vittoria di Ca-


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La harraglia d i San Martino de l 24 giugno 1859.


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!->tclfidardo, colta il 18 settembre, i due corpi sabaudi ~i riunirono, raggiun~cro Ancona. l'assediarono col concorso della flotta c la fece arrendere il 29, catturando 3')0 ufficiali e 7.000 soldati. li 7 otlobre I'.Armat:l Sarda, sostituita la 13' Divisione colle Brigate Aosta e He, l :l che però dovevano essere in viate a t\apoli via mare, si divise nuovamen te in due colonne e mosse verso sud . ll lV Corpo, col Re, scese, per Pescara c Chkti, <l Castel di Sangro. Lù si congiunse al V che, ripass:Ho da Città di Castello e Perugia. m·eva attraversato Spoleto, Rieti e Sulmona. Da CaMel di Sangro. \ ia bernia, \'enafro e Mignone. dopo un primo vittorioso !'>contro coi Borbonici al i\lacerone il 20 ottobre, k unitù sabaude raggiunsero la zona di Teano. dove il .26 il Re incontrò Garibaldi. L'l·:sercito Regio subentrò a q uello ~lcridionale nella condona delle operazion i. J Borbonici vennero chiusi entro Gaeta e l'assedio fu demandato a Ciakli ni , mentre Della Rocca ven iva nom inato comandante mi li tare delle Due Sicilie. Virtorio Emanuele tornò a Torino c il 18 febbraio fu proclamato He d'Italia, per grazia d i Dio e volontì della Nazione.

IV) La cessazione del com ando supremo e la valenza simbolica del Re

cl 186'-i, mentre Italia e Francia firma\·ano la Con\'cnzione di Settembre per sposrarc la capitale della prima a Firenze e le truppe della seconda \'ia da Rom:1, ~i svolse in Germania la Guerra dei D ucati danesi- Schleswig e Holstein -che in breve tempo mutò l'Austria e la Prussia da :llk:ate in nemiche. Lk rlino cercò appoggio a Firen ze. perché l'intervento dell'Esercito Italiano avrebbe d istratto qualche decina di migliaia di Aust riaci dal la Boemia. Vienna, rendendosi ben conto del pericolo. offrì quanto avrebbe comunque perso. cioè· il Venero. in cambio della neutralità. \1a l'offcna venne respinta. Bisogna\·a tener fede ai patti giù presi con Berlino e poi. '-l'Condo La " larmora, il conllillo avrebbe cenament<..' permesso di prendere anche il Tremino. Fu così che nell'aprile del 1866 venne firmato un traltato segreto colla Prussia, mediante il quale l'Ir:llb avrebbe ottenuto il Veneto in ca mbio del proprio imervento in guerra; c fu il primo errore della campagna. A che serviva l'are una guerra per prendere qu anto si poreva ricevere restando neutrali ? Il secondo fu commesso dividendo l'Esercito LLaliano in d ue corpi separati e nel riporre troppa fiducia nei gene rali. La Marmora era un buon gregario e fino allora a\ C\ a dato dignitose prove in ~eguito alle quali era stato considerato. a torto, come "i vide poi. un bran> generale. Cialdini si era comportato passabilrncnre nel ·.:;9, alla Lesta della ._.a Divisione. e si era costruito una fa m a durante la campagna del ·60 -·61 ma. c que-

1.\ L:1 <:>. sa,·o ia, che a\·ev:J c:1n11Ji:IIO nom~· in ~c:guito alla ce~siom· di qud Duca to :tll:t Francia.


386 sto era grave, e ra estremamente insofferente ed indisciplinato. Per tali motivi. quando si oppose alla ventilata invasione del Venero attraverso il Mincio ed il Quaclri latero, non si trovò di meglio c he tacita rlo afficlanclogli un Corpo d 'Armata di 8 divisioni per attaccare dall 'Emi lia attraverso il basso Po, olrreturro agendo in modo totalmente indipendente da La Marmora, c he pure e ra il Capo di Stato Maggiore. fu la prima avvisaglia dd pasticcio, ma anche la p rima volta che il Re non esercitò piCr le mansioni eli comandante in capo. Lo SLatuto Albertino recitava, all'a n icolo 5: "Al Re solo appartiene il potere esecutivo. t.;u,ti è il Capo supremo dello Stato: comanda tlltte le forze di terra e di mare: dichiara la guerra: fa i trattati di pace e d'alleanza, di commercio ed al tri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse e la sicurezza dello Stato il permettano ed unendoui le comunicazioni opportune."XVIII Da nessuna parte era scritto però che il Re fosse obbligato ad esercitare il comando effettivo in guerra . Poteva anche non fa rlo , o meglio, poteva delegarlo , in tutto o in parte, a q ualcuno. el caso specifico poteva affidarlo al Capo d i Stato Maggiore, che p roprio colla campagna del '66 cominciò acl assumere k vesti del comandante in capo. Ma al Capo di Stato Maggiore nessuna legge alliclava alcun tipo di comando al di sopra dei titolari eli Corpo d'Armata. Le sue mansioni restavano quelle di coordinamento dei servizi come nel periodo albertino. E allora ? Si profilava un vuoto eli potere effettivo. Formalmente il comando era de l Re e nessuno glielo toglieva, di fallo non era più esattamente così. Le cose si complicarono per mancanza di regole. La nebulositù poteva far comodo, ma i nodi vennero al pettine in fretta. Nel 1848 si era visto che Vittorio Emanuele e ra un buon divisionario; rna <l San .Martino, manovrando tutte Le division i, le sue carenze tecniche e ra no apparse chiaramente. Non sapeva coordinare bene i movimenti di gra ndi masse d 'uomini e el i materiali. La logistica non faceva per lui. Aveva delle buone idee, ma non e ra in grado di realizzarle e non si domandava nemmeno se fossero realizzabili. Fantasia ne aveva parecch ia. Avrebbe scritto poi Garibaldi, chiamato a comandare i volontari come Teneme Generale de ll'Esercito: "Qui io det•o dare giustizia al Re. Sino dai primi momenti in cu i si com u nicaua la sua intellzione di propormi al comando dei uolontari. egli l'ni partecipava !idea di gettarci sulle coste dahnate, per cui mi sarei i1Ueso collàmmimglio Persano, l! si disse che tale determinazione jit assolutamente combattuta dai suoi generali, e in particolare dal ~qenerale La Marmora:•XlX D ifficile d ire se l'idea fosse buona o meno. Stud i assai posteriori 14 affermano eli no con valide ragioni. Certo Vittorio Eman uele sembrava se non piCr prC'parJ to , almeno più fanwsioso e aggressivo dei suoi genera li.

1 1 Hicc mlo 1'\ASSICH. nd

suo ( .1/Sioz a . u,sa e di11torui. appa rso su ··RiviMa Italiana Oift'!>:l ... n. 2. l99H. ha d imo..,Jra to p iullo." o ben~ l'ill1pos~ibil i tà logistica d i al imentare una .'>imilc o pcrazio nç <t lfllt'U'<:p oca.


387 Ora però si tranava eli manovrare non più i (lO.OOO uomini dell'Armata Sarda, ma i 280.000, :$6.000 cavalli e 4'56 pezzi d'ari iglicri:1 dell'intero Esercito lLaliano, articolati in q uattro corpi d'a rmma. a loro volra inquadranti 20 divisioni. Se con cinque di\ isioni Viuorio Emanuele si era trm·:uo in difficolt:ì a San Martino, che ancbbc fano adesso che ne ave,·a il quadruplo ? Occorrc,·a un tecnico. ma chi ? J on Della H.occa. con cui c'era stato poco accordo nel ''59, non La Marmora. che il Re trovava anripatico da un pezzo c col quale gi~1 alle prime battu te de ll a II Guerra d'lnclipcndenza erano nati i disaccordi, per esempio in merito a Garibaldi ed :d suo r uo lo. Cera Cialdini, ma il Re lo giud icava troppo orgogli oso e ne diffida \';L Resta,·a Petirti eli Roreto, vecchio della Crimea e del ·:;9, di cui a\·e\'a buona opinione e piena fiducia. Perciò \ 'ittorio Emanuele dichiarò che awchhe messo Della Rocca, Cialdini e La Marmora a capo di alrn:ttanti corpi d'armata. riservandosi il comando supremo c dando :1 Petitti J'incmico di Capo di Sta lo Maggiore cd esecutore degli ordini. Gl i ordini però sarebbe ro stati concertati fra il R<.' e i t re com andanti di corpo d'Armata. Poiché era evidente che De ll a Rocca, in quanto comanclame della riscrYa. anebbe a\'lHO poca \ 'OCl' in capitolo, la partita san..:bbc '>lata giocata tra il Re, Cialdini t• La ,\larmora. '\(· l'uno né l'altro :n C\'<l \ ' Oglia di avere a che fare col sovrano, perché sape' ano che avrebbe interferito in conrinuaz.ione. Ciald ini cominci<'> a dire che a\ rchbe visto bene il comando su premo, o alm<."no la carica di Capo di Stato Maggiore. in mano a La Ma rmora. T.a Marmora avrehhe vol uto invece che le castagne dal fuoco le levasse il collega. 11 29 marz.o IH66 !>i sn>lse a Torino un consiglio dci ministri per '>tucliare il problema. Il lk. !->eccato, spiegò al ministro della Guerra perché insbre,·a ramo sulla sua idea di Petilli: "Co11 Lo ,\/ormom e Cio/clini. 11011 passerebbero due

gior11 i che ci m 111peremo la testa."'':\ Si discuss<.' a lungo. Cialdini tenne duro. Il progeuo del Re eli "''ere Pelilli Capo el i Stato Maggiore c tre corpi cJ'armara tramontò. Della Rocca scomJXIIYe all'orizzonte insieme al progetto e re-;tarono in scena gli altri due . .Alla fine l.<.t :\lannora acceuò l'incarico di comando che. si noti bene, lìno a quel momento non 3\'CV<.l ancora una definizione né un nome precisi. La ,\l<lrmora cli\'enne "Capo di Stato tv laggiore" solo perché qua ndo il 111inistro della Guerra, Pettinengo, chiese al H.e se dovesse essere ind icato nei documenti col titolo di Generale Maggiore, come Ch rzanowski nd 1Wi9. o con quello di Capo eli Stato ~1aggiore, V ittorio Emanuele, scelse il secondo c poi, acido. commentò: .. Tuffo ci() del resto è illdi}ferenle: come

gicì le dissi o 1èwillo. dopo due giorni ci romperemo la testo illsieme:·\ ' 1 A\·eva ragion<.'. La ;\larmora <.: Cialdini si accordarono su un piano che faceva acqua da tutte le pa rti. Avrc:i)be poi commentato Garibald i : ",lJedilando pa-

cata mente sulle CCII /Se del ro11escio c/(!/ n ostro esercì/o, e lasciando da parte f'in copacità di CC'I'Ii comandi ... si può arditamente stobilire esser dijèllosu ìl piano di campagna adot/clto sino dal pri/l(.:ipio ... Minacciare SII l'ari pii n/i co11 dil'isioni o al phi c011 c01pi d'esercito. poi CO/l una massa di circa cento ollanta mila


VITIORIO E.\IA"I Il i

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uomini dar il colpo decisil'O al forte dell"esercito nemico. questo sembrami il pn mo errore commesso dai110stro p,enerale in capo. Le foci del Po, io credo fosse il punto pizì adep,uato per il passaggio del <~m11 de nostm esercito, 01 •e si poteoct no auere qua n t i se 11e uolel'a no, pirosca.fì e IJa rche ... Accorrendo il nemico per combatterci, egli non w•rehhc> avuto alme>l lo 11 sostewto del terribile qu adri/a tero.">..'XI r Vitto rio Em anuele conosceva il nemico e il terreno. Tra il 21 ed il 22 d i:-.cu~ se con La Marmora e gli dis:-.e che. secondo lui, gli Austriaci, concentrati a \l' rona. sarebbero ,renuti all 'offensiva. La ,'vlarmora respinse l'ipotesi e il 23 giu gno ordinò di pa.>.;are il 1\ lincio. Senza saperlo, cobc di sorpresa il nemico !X'r ché. invece eli puntJrC a sud come quello s'aspettava pensando che avrebh~ fatto massa con Cialdini. ordinò di marciare verso nord-est. attraverso il Quadn !;.nero. allargando progressivamente le proprie forze a \'Cntaglio. C ii avamposti austriaci, ri ti ratisi prontamente, avevano avvertito il loro co mando del suo arrivo; e l'arciduca Alberto, suppone ndo di poterlo cogliere in crisi di movimento attraverso il Mincio. decise di avanzare. Lui intan to, sicuro che il nemico sarebbe restato su lla difensiva, non predì spose un efficace servizio di ricognizione e di avamposti. Di conseguenza, Lt manina del 2·1 giugno 1H66 i due eserciti ingaggiarono, ina~pettatamente I)L'I entrambi. una battaglia d'incontro su un fronte lunghbsimo. il cui centro er.t pressa p poco a Custoza. Quando quel 21J manina gli Austriaci spumarono in cima a Monte Crocl'. Vittorio Emanuele guard<'> il suo Capo di Stato Maggiore c lo rimproverò: .. !o

p,lir!l'aueuo detto .r· il La Marmora rispose imbarazzato:" 'v'ostra Maestà ha giusto dire, ma bisogn erebbe sapere tuuo.''XXI11 L'estensione della linea fece sì che solo una parre dell'Armata venisse impe gnata in combattimento. Così la superio rità numerica complessiva si trarm.tl ò in un'inferiorità numerica locale che alla fine costò la battaglia, anche perché I..t ,\ larmora era ineperibile, avendo preferito aggirarsi per i ,·ari Corpi anzicht- n manere con lo Stato :\laggiorc. Alla fine. quando la divisione del generale Govone ancbhe potuto salvar~ la giornata semplicemente ricevendo rinforzi, il princi pe ereditario Umberto l Nino Bixio supplica rono l'i rremovibile Della Rocca - loro supetiore diretto - dt permettere loro di soccorrere Govone colla 16;' c 7" Divisione di cui erano co mandanti, ma non ci fu verso: Della Rocca, .spaventato da una ca rica eli cava lleria su bita al mattino, preferì tener ferme tre divisioni , auenersi alla lettera dcglt ord ini d'operazione ricevuti c inviare a Govone non l'atteso rinforzo ma l'ordì ne di ritirata, confermato poi da una staffetta di La ,\,larmora. Il He avrebbe voluto lanciare un comrattacco. Probabilmente awebhe sa h .1 ro l'esito della battaglia. ma era un Re costituzionale e non esercitava più il co mando effettivo: erano pa:-.sati i bei giorni di Goiro c San Mattino. Così. privo di aiuti , a :-era il IIl Corpo ri piegò su Goito copen o dalla 7'' Di visione di Nino Bixio, che lasciò il campo intorno alle 2 1.)0, ponendo fine allo slegato pasticcio tattico che va sotro il nome di seconda battaglia di Custoza.


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onoMante la battaglia fosse smta tutt'<tltro che deci'>i,·a. anzi, del tutto marginale. col tipico autolesioni~mo italiano ci si affrettò a definirla catastrofica c a farne il pretesto per tutte le polemiche possibili. La ,'vlarmora si ritirò fin suli'Oglio. Cialdin i, raggiunto dalla notizia della battaglia, ripassc'> il Po c tornò in Emilia. La magra figura eli Custoza d ivcnrava così una figuraccia, non giuslificahile dall 'entitiì c dai risultati dello scontro. Di nuovo Gari bald i commentava: "L 'eser-

cito principale si ritiraua dal Mincio ali'Ogliu. e si ritiram dopo d'essersi hattuto. E l'esercito di destra. cioè del Po. perché si ritirat•a? Coli 1/0lmt/a mila uomini ed llli.fìume come il Po dal'anli al /1(/So, quell'esercito si ritimL'a. i11seguito da cbi? Il 11emico al'ea ottanta mila 1/0IIlilli sul .\ fincio. e be11ché l'illorioso ... quegli ottanta mila uomini dorel'ano esser almeno me11omati e stancbi. Hperché ritirarsi dal Po si11o a/l~ppennino? lo 11011 me ne posso dar mgione."-o::T\· lkne o male si riprese l 'offensiv~l dopo una ventina di giorni, seguendo pe rò adesso il piano di Cialdini. l.a sua massa eli manovra fu rinforzata a spese di quella eli La Marmora, che fu ridotta a 6 divisio ni e destina ta a compiti d'osservazione, all'investimento del Qua<..lrilate ro ed alla sorveglianza delle linee dì comunicazione dell'armata proveniente dal Po. La massa p1incipale avanzò risolutamente verso nord, agganciando però il nemico in ritirata solo il 25 luglio a \ 'ersa. sul Torre. oltre l'lsonzo. Sconfini. gli Austriaci ripararono oltre lo ludrio. menu·e un loro parlamentare sì face,·a a,·ami per comunicare che Austria e Prussia avevano concluso l'armistizio: la guena era tìnìta. Dopo la pace. Vittorio Emanuele visse ancora dodici anni. durante i quali cond u ~sc la navicella de llo Staro anraverso le infide acque delle crisi ministcriali , della prosecu zio ne dell 'Unir{! c delle d ifficolt;ì internaziona li. La rivolta d i Palermo elci '66, Men tana nel '67, la presa d ì Ro ma tre anni dopo furono i fatti che segnarono il Regno fino al 1870, poi com inciò l'~lssesta ­ mento e con esso il Re assunse sempre eli pil! il carattere eli simbolo dello Stato, di punto eli riferimento. '\on era facile cementare I'Unitù. specie in un Pacsl' in cui la ridotta cla~se colta l'ra unita fin dal J\ledicK'\ o. ma la preponderanre da'>~C bassa era analfaheta c incapace di compn: nclcrl' concetti astratti, pre~sata com'era innanzitutto dal l)isogno di nu trirsi e ripara r~i. Ad essa occorn:vano pochi, semplici e chiari simboli che spiegassero che si era uniti e cosa voleva di re. Occorrevano pun ti eli riferimento immediati e comprensibili: c i più chiari c semplici erano t re, strettamente connessi: il Re, la bandiera c l'esercito. Il Re magari rcsmva un'immagine lontana, ma finché la corona fu su l capo di Vittorio Emanuele. fu un'immagine vi,·a, pla~tica. 11 Padre clelia Patria - e anche di molti llaliani, '>i ridacchiava alludendo alle scappatelle del ....m rano - il Galantuomo. Vittorio L.:manuele, era una per..,onalità così concreta. che non si poteva fan: a m<:no di sentirlo ,.iYo anche s<:nza averlo mai visto di persona. La sua immagine era stata diffusa in m ilioni di stampe popolari, in bianco e nero o a colori. A cava llo o a piedi, da ~o l o o col Papa. poi con Garihakli , con Mazzini. con Cavour, con Napoleone 111 , coi suo i generali, coi suo i figli , l'im magine di Vitto-


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\ llTORI<l [\1\'\1111

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rio Emanuele. bene o mal raffigurato. ma sempre ricono~cihile dai baffoni e-.. gl•rati e dall'uniforme blu. riempì l'italia. Le seri ne '' \ 'i,·a VERDI" che a\·e,·an') <.Il-corato i muri di tuna la penisola, contrabbandarono solto la forma della pa-.. ~ione musicale l'acclamazione a "Viuorio Emanuele lk D'Italia" c ne imprcsscrll il nome in tutti gli Italiani . Gli altri due punti di riferimento erano la bandiera c l'esercito ed entrambi aprxtrivano altrettanto concretamente sono gli occhi di tutti. L'Ital iano, da qu,d siasi parte del nuovo Regno provenisse, vedeva ovunque lo stesso tricolore. ILMesse uniformi e le stesse imposizioni disciplinari applicate a rutti. La Patria er 1 la bandiera; la bandiera era onorata da tutro il Reggimento c da tutto I'Esen:ill LI Re era il comandamc dell'Esercito; e come tale apparh·a di persona e nei n traui, ,·estendo sempre l'uniforme che. a diffcrcn7a dei suoi predecessori dvi secolo diciottesimo, non era la divisa di un solo Corpo o Reggimento, ma l'uni forme ]) ILI ereditata dal Risorgimento, con cu i era sempre stato raffigurato c 01.1 comune a tutti. Il Re diventava dunque, v isto di pcrson:.t o attraverso i ritratt i. sulle monete e sui francobolli . qualcosa eli concretamcntL' riconoscibile: un ull1 ciale come quelli del Reggimento in cui il paesano analfabeta prestava servizio che indossava la medesima uniforme blu del soldato e, dal 1871, le medesimt '>tl'iktte. 15 Era quindi anche lui un soldato deii'E~ercito, e anche lui come tuili gli altri onorava sicuramente la Patria. rap]ìresentata dalla bandiera, sulla qu.tk• del resto spiccava lo stemma ddla .Monarchia. E grazie a questo intreccio di stemma, bandiera, sovrano ed Esercito. il contadino scttcmrionale, il pescttol\ meridionale e il pastore dell'Italia Centrale trovavano un comune riferimento che rendeva concreta ai loro occh i l'idea di Patria c d'Unità. 11 Regio Esercito era il mezw principale di manrenimento del potere; 111:1 questa volta operava su tutto il territorio n azionale c quindi con maggiore dTi cacia. ll Regio Esercito dd quale il Re era il primo soldato ed il comandante th reuo, la cui bandiera era solo quella nazionale, il lkgio esercito che imprinK'\ . il -..uo marchio suii'Jraliano altra,·erso la chiamata alle armi L' il scn·izio di ]c, .1 portandolo in giro per la Penbola per quattro, poi tre e infine due anni era. p111 della scuola - assai poco frequentata - più di ogni altra cosa, il reraggio comu ne, semplice, immediato c chiaro. al quale tutti potev:.1no fare riferirncmo SL'I1/. t fatica; prima con fastidio, poi , congedati. con una noswlgia che crescent quan to p it't passava il tempo c la giovinezza si allontanava. Così l'Esercito divcnfa\',1 l'incarnazione simbolica c sintetica della Patria, il cemento dell'Unità, l'ani111:1 ~o.· il custode dello spirito nazionale e, come recitava l'ultima frase del giuramen11 1 militare. del ·'bene illsepamhile del Re e de/la Patria."

1' lntrndottc col Regio Dt'<T<"lo 15 din·mhrc IH- l. dJ<:' ordin.t\.L ali bercito <:d all"·\rmata - um: alb \l,t tin.1. \:ht.l m.n~t Arm;t W di 1\ lar~·- di l'l<lllat~·. conK' ,, egno Clr:tllenstico ddl.t di\·;,,, militare. le ~tdkue ~~ <inqu< pu nt~· ,u) h;twro della rispet1i1·.1 di\ L~a nul ilare: a tìrma di Su:1 \l:te~l:l Vi11ono 1'111anuele Il, dd Generai<- l < , :tre Ri cotti, ministro del la (;uerra. dell'ammiraglio Augu~to RibO[J. mini,l rt> dl'li:l l\1arina.


CAPITOLO XV Il filo conduttore e gli ultimi sul cam,p o: Vittorio Emanuele III e gli Aosta

l) Il Principe di Napoli Vittorio Emanuele Il :l\'l'\' :1 due figli maschi kgiuirni: Ll m berlo e Amedeo. Entrambi mi litarono nella guerra del IHG6 con onore, cn traml>i divennero lk: L'mbcrro d'Italia, Amedeo- per brc\'e tempo- eli Spagna. Umberto, sposaLO alla cugina Margherita. figlia di Ferdinando di Sa,·oia. duca di Genova e fratello minore di \ 'inuriu Emanuele Il . ebbe un solo figlio: \ 'ittorio Emanuele. Con lui la clina-.ti ~l dm·e,·a salire ai pil'1 alti fa-.tigi. con lui ciO\·eva cro llare. Vittorio E1nanuclc Gennaro Ferdinando di Sa,·oia nac4uc a . apoli l' 11 no vembrc LH69, festa eli San .\lartino, santo patrono dell'Arma di fanteria. Ehhe subito il tirolo eli Principe di 1\aroli , appena possibi le - :di'età di 9 anni - fu immatricolato nelle Forze Armatl'. Colui che doveva passare all a storia come il "Rc soldato'' cominci<) però la sun carriera come marinaio, venendo iscritto nd ruoli dell 'equipaggio della Regia rirocorveua Camcciolo. l)i\'L·nuto sortocapo torpediniere. nel 1881 lasciò la Regia Marina per il Collegio !\lilitarc della ·unziatella. c he frequentò fino al l881 insieme al cugino Emanudc Filiberto di San>ia. futuro duca d'Aosta. Sottoteneme nella 2~ compagnia dd l o Fanteria "Re" dal l 0 gennaio l xs-. percorse la classica carriera a razzo elci Principi Heali: fu infarti promosso tenente con anzianità 26 ottobre 18~7 c trasferito al 'i° Fanteria "Aosta". Capitano 1'11 novembre deii'SH, m;Jggiore il 29 maggio 'R9, tenente colonnello 1'11 novem l.,rc del medesimo anno. lasci<'> il 5° quando fu nom inato colonnello comandante del l o Fanteria nel 1890. i\11aggior Genera le conwndame la 13rigata Como nel 1892. divenne Tenente Genera le comandante la Di,·isione di Firenze nel IH9 1 c , all'ano della sua ascesa al trono. il 30 luglio 1900. comandanre supremo di tuue le forze di tt' rTa c d i mare. Figlio unico , più has::.o ck.'lla media. dotalo d'un'intelligenza eccezio nale c d'una cultura ,·astissima. conoscitore perfeuo di tre lingue 'ivc o ltre all"Italiano. chiuso, freddo, cauto nd concedere fiducia, sospettoso, pragmarico, appassionatissimo eli caccia, pesca e fotografia, novità tecniche. \'ita militare e monete . insol'f'l'ren tc delle cerin1onie inuti li e de ll e piaggcric, anticlericale e geloso delle


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lr m o c.o\iorrrroRE F. Gr.r l T Tl.\11 Sl ' L c.\.\IPO: VnToRro E~tA:-JliELE JH E Gr.r A< h l\

sue prerogative sovrane, Vittorio Emanuele TTI è tra i Savoia il più discusso, il più giudicato, q uello su cui in assoluto si è scritto di più. Fra quanri si sono occupati di lui, Dome nico Bartoli è stato il più preciso e attendibile, Matreo Muredclu il piLi impietoso; c sarà bene evirare l'assegnazione delle palme di pill inesatto e di più glorificatorio fra gli autori, anche se ci sarebbe da scegliere. A lu i furono attribuite sonoramente, o virulentemenle negate, tutte le qual ità civili e militari e tutti i difetti poss ibili . La veri t ~t non la sapremo forse mai, Perché ogni personalità è tanto composita, tanto piena di luci ed ombre, tanto capace di mettersi in evidenza o eli nascondersi a seconda delle situazioni , degli ambienti e delle persone con cui eli volta in volta ha a c he fare da impeclirl' un giudizio nello e breve. Del resto quello che interessa qui non è l'aspetto genera le di Vittorio Emanuele lll , ma l'aspetto del gene rale e capo di Stato Vittorio Emanuele TTT. Per grazia d i Dio e volontà dell a Nazione Re d 'Italia, per grazia delle consuetudini c volontà del padre generale. Vittorio Emanuele non esercitò mai il comando s upremo, né quello della più piccola unità minore in alcuna operazione bellica. perciò sarebbe improprio inscrirlo fra i condottieri della Casa di Savoia e, se qui ne pa rliamo, è perché è sembrato opportuno valutarnc l'operato in guerra e in pace, per gli e normi e deci sivi risvolti che ebbe s ulla storia cl'l talia nell a prima metà del secolo ventesimo. Salito al trono in seguito all 'uccis ione del padre, a Monza il 29 luglio 1900. Vittorio Emanuele impresse una drastica sterzata alla politica naziona le, chiamando al potere i moderati e poi Giolitti cd inaugurando un 'epoca che. dopo le pesanti repressioni del periodo eli Umberto c Margherita, fece apparire il primo decennio del suo regno e del Novecento una piccola età dell'oro. Vittorio Emanuele si tenne il più possibile lontano dalle questioni eli governo, preferendo agi re come supre ma autorità. Fu eq uidistante per avere maggior li bertà eli manovra e potersi all'occasione servi re di questa o di quella fazion e. Appatvc dunque come "ultima ratio" cd "ultima spes·· a molti , se non a tutti. Per questo evitò le interferenze dircrtc tipiche d i suo nonno. le pressioni c i cambi di presidente del consiglio abituali a suo padre ed agì in modo più sortile e indiretto, specialmente nei settori da lui ritenuti riservati alla monarchia: b politica estera e le Forze Armate. De l resto conosceva bene sia l'estero - prima di salire aveva visita to Svizzera , Germania, Inghi lterra, Russia e tutto il Mediterra neo orie ntale - sia gli alti ufficiali dell'Esercito. A leggerlo bene, il famoso aneddoto di Giolitti c he, a Vittorio Emanuele chl' criticava e giudicava ine tti i generali dei q ua li gli sottoponevano i decreti di nomina, aveva deLlo "Vostra Maestà parla cosi dei generali perché non conosce p,fi ammiragli" , indicava non tanto che il Preside nte del Consiglio ritenesse gli mnmiragli degli incapaci, ma c he il Re conosceva a me nadito il caratrere e le cap:lcità di tutti gli alti gradi de ll'Esercito e sap eva chi mette re in quale posto.


IL fli.O CONillriTOHE E 0U l!l:il \11 ~Il. <A\11'0 : VrrTOHIO h\IA,I'fi.F Ili F CJ l AO~Tt\

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La questione era eli enorme rilevanza perché all'epoca la carriera militare terminava al grado eli Tenente Generale - cioè eli comandante eli Divisione - e le unità complesse erano rette da Tenenti Generale designati eli volta in volta al comando el i Corpo d 'Armata, d'Armata o d 'Esercito. Questo consemiva al Re una certa liberlà di manovra perché, se era vero che il Ministero proponeva i nomi e il consiglio dei Ministri decideva, era anche vero che senza la firma sovrana nu ll a aveva efficacia, petTi<) il Re poteva, all 'occorrenza, influenzare in modo decisivo la composizione degli alti comandi in pace e, soprattutto, in guerra. "D 'ora in poi il re firmerà soltanto i propri er~··on")O..'\i aveva eletto al presidente del consiglio Saracco, facendo capire chiaramente che intendeva riservarsi una parte attiva nella condotta degli affari poli tici del Regno. Il primo caso - evidentissimo - fu quello del successore eli Tancredi Saletta nella carica eli Capo d i Stato Maggiore del Regio Esercito. Salelta - vecchio anigliere, oncsro. serio, preparato, a suo tempo comandante delle tru ppe che avevano occupato Massaua inaugurando la colonizzazione dell 'Eri trea - doveva lasciare la carica alla fine di giugno de l 1908. In lizza per la successione erano piCt o meno tutti i tenenti generali, ma il favorito sembrava essere il conle piemontese Lu igi Cadorna. Ora, nel marzo del 1908, cioè tre mesi prima della fine del mandato di Saletta, il generale Ugo Brusati, aiutante d i campo del Re, domandò a Caclorna quanto c'era eli vero nelle intem.ioni, attribuitegli dalla voce pubblica, che, una volta Capo di Stato Maggiore, in caso di guerra avrebbe impedito al Re d 'esercitare il comando supremo. Caclorna rispose in modo rispettoso, ma implicitamente confe rma ndo la veridicità della voce e gli venne preferito Alberto Pollio16 lasciandolo da parte fino al giugno del 1914, quando Pollio morì all'improwiso e lui ebbe la carica di Capo d i Stato Maggiore. Tanto nella designazione di Pollio nel 1908, quanto in quella di Cadorna nel ·1915, Vittorio Emanuele ebbe la parola decisiva, come l'avrebbe avuta nelle oscure giornate dell'autunno del 1917, quando avrebbe scelto Armando Diaz. Naturalmente si trattava di una parola decisiva che teneva semrre conto clelk opinioni c del peso delle persone che ci rcondavano il Re. Era, cioè, una pa rola definitiva che chiudeva una mediazione e defin iva spesso un compromesso, più che una scelw del tutto autonoma. Esisteva però un ambito in c u i Vittorio Emanuele 111, re costituzionale limitato dallo Statuto Albettino, e ra sovra no assol uto e quest'ambito era la Famigl ia Reale , in tutte le sue d ira mazioni. Due e rano i rami cadetti della Casa di Savoia all a fine del secolo XIX. Il defunto Ferdinando eli Savoia, seconclogenito el i Carlo Alberto, aveva dato origine l() IAt que,;tione del comando poteva però essere solo un pretesto per far sl itt<tre la nomina , u una per· sona in quel momento no n in primis-;imo piclno e più gradi ta ai circoli milil ~ ri :tustro-tedeschi. che all'epoca era 11t!Cessario tenersi buoni J causa dci brontoli i di guerr:~ prevenliv;t aii'IJ:tlia provenienti da Vicnna e c:tusati da Conracl von l Jèitzendnrff.


391 alla Real Casa de i duch i d i Genova, da cu i ven iva la Regina Margherita c a cui appartenevano i duchi Tomm.aso, ammiraglio c fratello d i Ma rgherita. c i suoi figli Ferdinando, anch<.: lui in Marina c prossimo d uca eli Genova, Filibctto, duca di Pistoia, Adalberto, d uca eli Bergamo ed Eugenio, duca d'Ancona, ru ni d esrimlli all'Esercito. Il secondogenito di Viuorio Eman uele II, Amedeo, aveva d aw origine a lla Rea l Casa dei duchi d 'Aosta, formata da i tre fi gli maschi n ati d <ll primo matrimonio e c.Ia un quatto n ato dal secondo, che era il conte d i Salemi - Umbe rto Maria - morto a venti nove a nni ne l 1(.)'18. l tre giovani principi d i Casa Aosta sarebbe ro srati tutti m ilitari - due nell 'Esercito ed uno nella Marina - c tutti sarebbero s tati ben conosciu ti. Su rutta la Famiglia Realt:. in turri i suoi rami Virtorio Emanuele III esercitava un potere assoluto, il s uo ruolo e ra quello centrale, che legava e coordinava a i fini dinastici le vite di tutti gl i ::dtri . La s u a parola d i capo della Casa e ra legge e nessu no poteva disubbidirgli . Per questa d isciplina dinastica il principe Eugenio nel XVH secolo e ra rimasto scapolo, per questa discip lina dinastica ora sarebbe s tato vietato il matrimonio - con un'ereditiera americana - ad un altro principe. c he sarebbe anch'egli rimasto scapolo per tutta la vita: il Duca degli Abruzzi.

ll) n Duca degli Abruzzi Amedeo di Savoia duca d'Aosta ebbe tre figl i masch i. C no d i essi - il conre eli Torino - ebbe una vita senza infamia c senza lode, avara eli soddisfazioni . turra dedicata alla Cavalleria cd alle Forze Annate. Gli altri invece raggiunsero un notevole fama: uno, il primogenito come generale. l'altro come esploratore cd ammiraglio. Luigi Amedeo d i Savoia-Aosta , d uca degli Abruzzi, nacque a Madrid il 29 gennaio 1873, cinque settimane prima della ri nuncia di suo padre a l trono spag nolo e de l rie ntro cleli a sua famig lia in Tra lia. Terzo figlio tnascbio del ramo Aosta. a sei anni c mezzo entrò in Marina . Appena l'età lo permise. passò all'Accademia di Livorno, da c ui uscì il 20 giugno 1889 col grado eli guardiamarina per imbarcarsi sul Vespucci. Per servizio g irò i mari eli lutto il mondo, per passione si inerpicò sulle montagne d i lutto il mondo e si spinse verso il Polo Nord . La s ua sped izione, grazie al comandante Cagni, raggiunse gl i 86° e 41' di latitt1d ine: n essuno fino a llora era mai arrivato così a nord. Scalò il Cervino, il Rosa, il Bianco, ma anche il Sant'Elia - !).515 metri - in Alaska . il Ruwcnzori in Africa orientale, il Broad Pcak- 8.047 metri - nel Kashmir c scoprì la via d'accesso al K 2, sempre seguiro da l fedele Cagni. Promosso contrammiraglio il 19 novembre 1909, nel genna io 1910 assu nse la direzione gen era le del l~eg i o Arsenale d i La Sp ezia e la te nne fino a l 26 settembre 1911, quando, ne ll'immi nen za de ll a guerra di Libia. venn e nominato Is p ettore d e lle s il uranti, in nalza ndo l' indomani la s ua insegna s ul Vettor Pisani.


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Luigi Amedeo di Savoia Aosta Duca degli Abruzz i in u niforme d i anani1·aglio.


Luigi Amedeo entrò in guerra colle idee chiare: in guerra si combatte, dunque bisogna allaccare. Idee chiaris/iime, del tutto opposte a quelle del governo. L'Italia incom inciò presentando alla Turchia un ultimatum. Alla /iUa scadenza. la manina del 29 settembre 1911, i repa1ti del Duca ~1\·evano l'incarico d i -.orvegliare il litorale albanese c l'ordine di impedire alle quattro torpediniere turche presenti a Prevesa di uscire in mare. Luigi Amedeo eseguì in modo personale: ·· Neputo forze sufficienti compi-

mento missione. Manderò silurclllti Preresa verificare presenza torpediniere turche imponendo co11segna macchinari e ricorrendofbrza se necessario."YJ..'\1 Tn altre parole, avendo gi~ì dislocato le sue unit<Ì al di fuori delle acque territoriali nemiche. anaccò. Aveva ricevuw un telegramma in cui gli iii diceva chl l'ultimatum scade,·a alla 14, ma che per il momento c'era ordine d 'c' irare qual ~iasi atto di gu<:rra; e lui non ne renne conto. Poco dopo le 1-+ il caccia Alpino del comandante Ricci, arraccaro da una si lurante turca, l';wcva fatta incagli are in costa, facendone rientrare prccipitosamcnrc in porto una seconda; alle 14 e 45 rullo era finito. Grandi querele dei Turchi: gli Italiani a\·e,·ano attaccato prima della :-.cadenza dell'ultimatum ! La mattina -;cguenre a Gomenizza i caccia ilrlif!,fiere e Corazziere s'impa dronirono cl"una nave da dipono, distrussero un cacciatorpediniere e ne fcccw incagliare un secondo. Infine l'incrociatore Marco Polo, aggregato alle forze del Duca, catturò il p iroscafo nemico Sahah. A q uesto pu nro l'Austr ia-Ungheria protestò. Basandosi sull':1ccordo del 1897 a proposito dell'Albania, riteneva che gli ani bel lici italiani nelle acque ottomanc dell'Adliatico fossero inammissibili c - ma lo si sarebbe saputo .,olo quando il ministro Sonnino nel 1915 avrebbe pubblicaro il Libro \"erde - and:l\a oltre. affermando anche l'inammissibilità della prosecuzione in acque albanesi - e dunque nemiche. essendo l'Albania patte dell 'Impero onomano - di azioni incominciate al di fuori di esse. In altre parole, secondo l"Austria, in base ai parli del '97 le navi italiane dovevano desistere dall 'inseguimento di q uelle turche non appena fossero entrate nelle acque albanesi. Le pressioni austro-ungariche a Roma si intensificarono e alla fine, dopo uno scambio di fuoco tra due navi italiane e un migliaio di nemici a terra nella rada di San Giovanni di .Medua, dov'erano pres<..!nti una goletta ed un piroscafo battenti bandiera austriaca, determ inarono l'ord ine che "essendo ormai costa al-

hanese completarnente esplorala. considerazioni politicbe esigo110 assolutamente che la sorueglianza siajàttaji10ri de/!Adriatico."~'" 11 TI Duca informe'> il Ministero d'aver ordinato di limitare le crociere fra Capo Linguetta e Prc,·e.sa; ma era troppo, ancora troppo ! ·· Cincide11te .. . a San Cio-

ramzi di Med1w p11ò at•ere consep,11enze politicbe gracissime: è assoli/la mente illdispensahile che non si facciano operazio11i in Adriatico m•endone il Regio governo preso formale impegllo.'·XXVl ll Per di più Roma ordine'> lo spostamento delle forze del Duca prima ve rso il Canale di Corinto. poi in Lc,·antc. per appoggiar<: le operazioni nel Dodecanne~o e contro i Oarclanelli.


IL Ili O C<)" )\ 71TORE E (jU LLII\11 '>LI ( \\11'0 ; VitTORIO 1-:\L\'\\'ELE 111 E t .U ,\()' l l

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Il 12 aprile del 1912 Luigi Amedeo lasciò Taranto per ~tampalia; ma in pratica non \'i furono più opera;ioni di rilie,·o. Tornò in Italia alla fine della guerra, Nel maggio del 1912 fu promos~o ,·ice-ammiraglio e il 26 giugno lasciò il co mando clcli'Tspettorato delle torpediniere a Enrico M ilio, passando, il l o agosto, a coma ndare il 1° Dipartimento Marittimo. La sua prima prova come comandante eli forze navali non era stata gran cosa; ma non per colpa sua. La disgrazia del Duca degli Abruzzi era consistita nell'appartenenza alla Triplice dell'Italia - considerata inoltre la nazione pil:1 debole dell'alleanza - c nel conrrasro austro-italiano in Adriatico. 'é in quel periodo l'Italia poteva appoggiar....i ad altre nazioni, perch(· tutt<: a,·,·ersaYano l'impresa libica. Per questo la presa eli posizione austro-ungarica contro le oper;.lzioni navali italiane m·eva portato al blocco dell'anività in Adriatico. In caso di crisi coll'Austria, nessu no avrebbe aiutato I'Iralia. A Vienna - ed era noto - si parlava da anni di guerra preventiva contro l'Ita lia. Se n'era già prospettata l'ipotesi all 'Imperatore una prima volta al tempo dd t<:rr<:moto di Messina , sosten<:ndo che si doveva profirtan: dd dislocamento in Sici lia ck:lle forze navali e di gran parte del Regio Esercito per attaccare e distruggere I'J talia. Adesso lo Stato Maggiore austro-ungarico era tornato alla carica im·ocando la guerra prevenJiva contro l'alleata. :-,i poteva combattere contro la Turchia. ma non contro l'Austria c la Tur chia: dunque l'Austria anda,·a tacitata e il Duca calmato con ordini precisi. Fu fatto; e Luigi Amedeo doYette a!->pettare un'altra occasion<.>. t\ lancava poco. li 5 agosto 19H l'Italia clichbrò la propria ncutra lit;ì nella Guerra Mondiak che stava scoppiando. li 26 agosto il Duca degli Abruzzi ru nominato ammira glio comandante in capo delle forze navali riunite. il 30 alzò la sua insegna sulla corazzata Regina Mm:f!.herilo. L'inverno passò lentamente. Le trattative per il tran!->ito dell'ltalia dalla Triplice Allean za all'Inresa si fecero più serrate e comincic'> un lento incremento delle Forze Armate. l.a Regia Marina concenrrò il grosso delle sue 120 unità fra Taranto e Brindisi cd in i zie'> a richiamare i riSL'f", isri. TI Corpo Rea le Equipaggi Marittimi passò dai 37.000 uomini dell'agoslO 19 14 ai 5S.OOO del maggio l 9 l'>. mentre il comando dd l~1 llona si trovava dava nti un grosso problema : elle attcggiamento tenere una volta entrati in guerra ? Ol'fL·nsivo o difensivo? Era un problema notevole. Se un esercito :J II 'epoca poteva agire in un modo o nell'altro senza ca mbiamenti di rilievo nell'organico e nell'armamento, leg gcro e pesante, per la .Marina non era così. L\drimo quarto del secolo prcce dente era stato carancrizzato dalla disputa fra i sostenitori d 'una piccola flotta eli grandi e potenti na' i e quelli d 'una grande lloua di piccole na\·i leggere. :-,u questa cli!->cussione si era inne~tato il problema degli obblighi operati\·i che all'Italia spetta,·ano per la sua appartenenza alla Triplice. Ancora nel 1913 la J\l arina aveva protestato che nelle cond izioni in cu i si trovava, non era nemmeno ipotizzabile adempiere quanto era stato previsto in ~e d<: d'accordi intcrnaziona-


39H li. O si cambia la politica, o si cambia la J\larina - era ~taro l'a\Tertinwnto Ack~~o era stata cambiata la politica, ma hisogna\'a decidere come eseguirl<l.

'\elle rorze Armate di allora tutti si conoscevano c, se questo valeva per I'Fserci to. che pure allineava cen tin:.~i a eli migliaia eli uomini e decine eli migliai.l di ufficiali, tan to più valeva per la Marina, ne cui forze ammontavano a meno d 'un decimo eli que lle eli te rra. Tutti si conoscevano, tutti sapevano rutto di tutti: tutti appartenevano a un gruppo di sostenitori eli certe idee opera tive contro altre. Il Duca degli Abruzzi !>OSLencva una concezione offensiva; ma molti - l' in primo luogo l'ammiraglio Tllaon di Revel - non concli\'icle,·ano questo suo .n teggiamento, così come non lo concli,·iclevano gli Alleati. Il Duca voleva cominciare col cbre la caccia alle siluranti ed ai sommergibili nemici, poi, una \ 'Oita el iminatili dall'Adriatico, distruggere le basi del na,·iglio .souile nemico o. almeno, farle oggetto eli con tinue incu rsioni rcnclenclole inagi b ili . ln finc intendeva occupare 4 ualche isola, per provocare la flotta austriaca e disrruggcrla in una battaglia navale definitiva. Per quanto è dato di cap ire dopo tanto t<.:mpo. que~Lo .sarebbe stato sol o un primo passo. L'eliminazione della flotta nemica dall 'Adriatico avrebbe con sentito il contatto facile e diretto con la Serbia e, in prospeni,·a, coi Rus-.i. :'>!d la rrima,·era del 1915 era inf~mi ancora ritenuta rossibile la giunzione fra Ru~~i provenienti da est c gli Italiani provenienti da -.ucl. proprio attr~l\·er:-.o l.1 Serbia c la Slovcnia. Poiché il rifornimento dei Rus!>i era il chiodo fisso elle avcn1 indotto francia c Gran Bretagna a la nciare l'impresa dei Dardane lli, an ciancio incontro a un disastro nava le di poco inferiore a quell o terrestre, l' idea eli creare una testa eli ponte ba lca nica sulla sponda dell'Ad riatico poteva non essere cattiva . Insomma. la manovra adriatica pot<.:va essere determinante nel quadro ddl.1 strategia generale del contlitro. poteva adcliriuura dedclerlo, proprio meuendo :1 dispo-.i7ione delle inHncn'>L' ri~or.sc umane dei Rus:-.i k ~confinate risorse ind u'>triali dci Franco-Inglesi. La difficoltà consisteva nel numero di variabili. Occorre,·a che i Serbi reggessero- e fino a quel momento avevano retto bene - che i Russi avanzassL·ro - c non sembrava sicuro che cc l'avrebbero falla - che le marine alleate di struggesse ro quella austri aca ne lle sue acque, piene d i m ine c di sommergibili tede.sch i. Secondo Franc<.:s i e Inglesi i vamaggi ottenihi li in questo modo comportavano molti più problemi eli quanti non ne risoh·cs~cro. A loro. scottati dall'e:-,pcricnza dci Dardanelli. sarebbe bastato chiudere l'Adriatico tra la Puglia e la c;recia imbouigliando\'i dentro la tlotta austriaca. Attaccare - e lo dissero senz.1 me;u:i termini -era un .suicidio. Per contro gli Inglesi non ~lVC\ ano nulla in contra rio a lasciare il comando supremo navale in 1\ driatico al Duca. mentre ai france.si .sa rebbe anelato quello della squadra di riserv<L


IL mo CO'\Dl'lTOKI l Collllll\11 ,,.l C.\.\11'0: \ lriOKICl E\1"1 ElE 111 t Coli

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Dal runto di v ista francese esbte\·a magari un moti\'O in più. oltn: a quelli puramente m ili tari, per desiderare la stasi del settore Adriatico. La Fra ncia voleva il comando di tutte le Forze A lleate, a costo d'irnpiegare l'intera guerra per riuscirei; e l'idea di avere a che fare con un comando indipendente contrastava con questo programma. Pote,·a essere accettabile solo a condizione che quel comando non agisse. cioè, in pratica. non esisrcssc. Comunque resta,·a in programma l"acquisi7.ione anche del comando cleii"Adriatico. pur se, finché lo reneva un Principe Reale. non la si poteva ottenere . A lla posizio ne degli Al leati raccva riscontro un p iccolo fronte, che an noverava tra i suoi componenti rammiraglio Thaon di Hcvd. rl futuro Duca ciel Mare era una persona di notevole buon ..,cnso, forse pure eli troppo buon senso. e considerava praticabili ..,olo le idee che fossero facilmente realizzahili c . sopram•tro, in linea con quelle degli Inglesi. La Regia J\Jarina a\"t:'\'a incominciato fin dagli anni successivi all"l Jnitù a perseguire un accordo tota le. una speci1.' d'alleanza solo navale, colta Ma rina inglese. come si era visto, ad esempio. nel 1900 in Cina. Ora gli Inglesi si accontentav:.tno della steri lizzazione dell'Adriatico e questo era. per di più, un programma dettato dal buon s<.•n..,o: Thaon di Hevel lo sposava in pieno: e con lui tutti i suoi ..,o..,tcnitori o. quantomeno, tutti quelli che la pensa,·ano come lui. mentre il Duca non la pensa,·a affatto così. Sia come sia. nei primi giorni <li guerra le cose procedettero con alti c bassi. Da parte ital iana e da parte aust ri aca fu cssen?.ia lmente il naviglio sottile a muoversi con incursio ni, rag li d i cav i Lelegral"ici, cannoneggiamenti contro la costa e l'occup:uione italiana <.k: ll" i~o l a di Pelago-.;:1 r Il luglio. Ad essa do"e,·a seguire. il 19. un bombardamento della costa dalmata. ideato dall'ammiraglio Millo. fedelissimo dd Duca: e q u i cominciarono i guai. i\llolti anni dopo. nel 1935. \'ittorio Emanuele 111 ria..,~unse la \'iccnda al .VIarescialto Cavigl ia. che la ripo rr<') nel suo diario così: .. il duca coJn misl! l'ari erro-

ri come CO II!a//dc/1/te supremo. t:;u,li orclinù a qlltlltm naui n ostre, con la Garibaldi nal'e nmn1imp,lio, di C/1/{/ore a hombardnre alcuni stabilinll!llli austriaci sulla costa dalmata. Comm1dOl'll la ~pediziu11e /'ommirap,lio Tr(/ari ""1111 soldotolle ... Sua .1/aestcì co11 questo parola l'IlO! dire cbe l!ra 1111 imperterrito esecutore degli ordini. Lo squadra }il art•h;tata do due oeroplani austriaci, i {jiW!i. dopo auer l'Oitef!j!,iato sulle nostre nal'i. ritornarono alloro aerodromo. L'antnlirap,fio radiotelegrafò al Co111nndo S11pre mo che> era stato l'isto e che non l'i em ~peran­ za di so1pres((. Il Coma n do Supremo ordin ò che eseRu isse ug ualmente l'ordine. Ora. l"opera:::ione era da farsi se .';i sfJeraca cbe i risultati fossero superiori alle possibili perdite. Se gli aeroplani m 'C'l'allo cu•t·istatu le nostre JWt 'i. la .w npresal'eJiil'a a mancore e i rischi superat'CIIIO i l'antag~i sperohili. Può dCII:'>i che il d11ca a/JIJit1 creduto cbe !"at •t•isttflltento degli aeroplc111i non f osse l'ero; che l"clllllllirap,lio. o chi per lui. l 'a1'esse incentato per 110 11 ese~-tuire la pericolosa opemzionc>. In questo cc1so commise l 'errore di non I'CIIIft({re g iusta11/en/c' l'ammiraglio che doce/'C/ esep,11 ire !"operazione. 1n1 uomo che merital'a o,u,ni jìducia:·'\XI\.


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IL FILO cmmtrrroRI' l'eu t ·tn.'n ;,t 1. CA\IPO: Vtnotuo E .\ IA'I IItiLt IIT F GU i\<"L'

Le conseguenze del reiteramento dell 'ordine furono tragiche. "L'indomani. appena cominciato il bombardamento della fen·ovia, due siluri sono lanciati in pieno contro la Cm·ibaldi, nave ammiraglia. Il primo è schivato, ma il secondo colpisce in pieno. la nave si inabissa in pochi minuti.''xxx TI 17 agosto 22 unità leggere austro-ungariche si presentarono davanti a Pelagosa, la cannoneggiarono e distrussero t·utte le install azioni. Tl presidio - 21 uomini, incluso il comandame - non poté far nulla. Nulla avrebbe potuto fare il sommergibile di servizio, che per col mo el i sfortuna quel giorno non era sul posto; n ulla poté fa re il Regio cacciatorpediniere Quarto, che accorse appena semita la chiamata dall 'isola, ma, distante 127 miglia, arrivò quando tutlo era finilO e la squadra nemica era scomparsa <lll'orizzonte. Aveva detto il Duca. " ... ritengo che l'occupazione di Pelagosa non p ossa

cornpensare da sola i rischi che per essa si corrono, ma acquisti valore soltanto se considerata come il necessario complemento dell'occupaz ione di Lagosta. ddla quale Pelagosa dovrà rappresentare il natumle collegamento ottico con la nostra ten·ajerma:·XXXl Distrutte le installazioni di Pelagosa, negato dall 'Esercito il supporto all'occupazione di Lagosta, si decise di abbandonare l'isola e tutta l'operazione. D'a ltra parte c'era un rnotivo strategico di maggior rilievo per lasciare tutto: i Serbi stavano crollando. Erano stati sconfitLi , il loro governo si e ra rifugiato a Ve nezia, prima. c poi a Corfù; e il loro esercito si e ra ritirato lentamente verso il mare. Toccò alla Regia Marina provvede re all'inoltro dci rifornimenti. Organizzata dal Duca, il 22 novembre cominciò una delle piC1 colossali operazioni logistiche della storia navale. Le navi mercantili c militari italiane portarono a Durazzo un corpo di sped izione italiano, destinato a tener aperto l'unico corridoio che perme tteva di rifornire i Serbi, poi incominciarono a fare la spola. All'andata portavano viveri, abiti, armi, munizioni e materiali per i Serbi; ritornavano cariche di profughi, feriti, malati e prigionie ri austriaci. Con 584 crociere, rifornirono la sponda opposra; e con 202 viaggi portarono in salvo in Italia 115.000 dc i 175.000 superstiti dell 'esercito serbo e i 22.298 sopravvissuti dei circa 70.000 prigionieri austriaci che i Se rbi avevano evacuato ritirandosi. Ultimata l'op erazione relativa ai Serbi, il 26 febbraio del 1916 incominciò lo sgombe ro del corpo di spedizione italiano da Durazzo. Te rminato anche questo, il 6 agosto iniziò il trasporto delle truppe italiane destinate al fronte Macedone. Fu un grandissimo successo, molto ammirato anche dagli Inglesi e dai Francesi. Ma la Jogistica non commuove, non fa impressione. La piC1 determinante vittoria logistica non scuote nessuno , non fa neanche un decimo dell 'effetto di una disastrosa , inuti le e romantica carica eli cavalleria. Per questo il 1915 non fu conside rato un buon anno per la Regia Marina; né lo fu il ] 916. A conti fatti. dal principio della guerra alla fine del '16 la Marina aveva pe rso due incrociatori - I'Amaljì, silurato nelle acque di Venezia, e il Garihaldi- e tre corazzate:


IL HLO ( 0\lll'lTllRF. f (iU I'LTI\11 ,Il. ( \~Il~>: \'in c)HIO E.\1\\I"Fl.E 111 r (ili An' l\

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due - Benedetto Brin c Leonardo da \ 'inci- affondate per sabmaggio in porto e la terza. la Rep,i11a Marp,berila, finita 1'11 dicembre :-.u un campo minato mentre usciva da Valona. A queste perdite cbmorose non facevano riscontro successi di pari po11ata; c il Ducc.1 era considerato il responsabile, visto che era il comandante in capo. A proposito del Leonardo da Vinci, per esempio, anche secondo il Re aveva delle grosse colpe: "U11 giorno ... nel porto di Tara n lo si 11/CIIZijestò il fuoco a bor-

do di /(}/{/ naue. Il comandclllle domandò /"aiuto delle 1/at•i t•icine che rnandarOJIO i loro mezzi. L'incendio 11on era gr-cu•e. jit subito domato. ma il Comando supremo fece tm p,race appu11to al comandante della lltll'e per al'er chiamato l'aiuto delle altre llat•i e disturbato tutti. mentre m •rebbe potuto cm·arsela coi propri mezzi. Qualcbe giorno dopo si manifestò il jitoco sulla !,eonardo da l 'in ci. TI comandante di questa. ommaestrato dall'esemjJio prececlel1/e. 12011 chiamò l'aiuto e mise ili opera tuili i suoi mezzi. Ma la Leon{frc/o saltò. Allora appc11re l 'errore precedente. Che illljmrtcwu che si disturbassero lui/e le navi, se uém /'ill(:endio ti bordo di una ?'XXXII Sommando a questo i malumori smtemmei clo,·uti ai più disparati motivi. il malcontento crebbe ....... Vi }i trono. allora. questio11i ili parlamento. chiacchie-

re. polemiche. così cbe il p,ot•enw dOL •ette sacrificare il ministero. Viale ricel'elle ww /el/era dal duca cbe p,li cbil!del'a la sostituzio11e del suo capo di stato ma.~ giore. ammiraglio Corsi. Ora. l'cllllllliraglio Corsi era stato desig11ato a prendere il posto di \liale. Quando Corsi assunse lo carica di ministro. trot'Ò sul /at•olo la /el/era del duca, cbe atlrilmiua a lui liti/i i p,uai accaduti. Ciustciii/C!I!Ie tolse il comando al duca e lo diede a Thaon di Neu(!/.''XXXI II l n realtà le cose non andarono né così in fn.:tla. né in modo così automatico. F.ra "L'l'O che il prestigio dd Duca era in declino e che si cercava di farne un capro espiatorio, ma ci \'ollcro elci mesi prima della conclusione. Alla fine del 1916 l'ammiraglio Cagni passò eta Homa c !>i rese conto della tcmpL'Sta che covava. Scri:-.SL' poi alla moglie: ·· Tuili jitriho11di COillro Jlillo. il

Duca e Corsi. Senatori. deputali e pubblico. Che dire? D((esi per quanto era possibile, e appena gi1mto qui Il(! il!formai il Principe e J"lillo perché si p,uardino le spalle. !l ministro è incece 11(?//a pi1ì p,rande certezza di essere sul granito .... Ed c? sulla pece l Come dirglielo ?''<XX IV Se Corsi ostentava sicurezza. conscio della precarictù della sua posizione. stava in realtà cercando una :-.cappatoia. Alla fine decise di cavarsi d'impaccio scaricando la colpa su chi :t\'L'\·a le maggiori responsabilirù di comando. deca pitando il gruppo del Duct -comprendente Cagni c 1\lillo. entrambi piemonte si -e coprendo con altri i loro incarichi. La pr()\';.t - il primo assaggio. la premessa- si ebbe quando alla fine di gennaio del 1917 il Corriere della Sera puhhlicò un<:~ serrata critica dell'operato dcll:.t llorm nel basso Adriatico. Nonostante si fosse in tempo di guerra, la censura lo lasciò passare . Apparve ev idente che il permesso, anzi l'ordine, doveva esse-


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[L fiLO COI\1Jli1TO~f L· GLI \ ILTIMI SI I CAMPO: V riTORIO E M:INliELE llJ E (~ LI A <l"'\

re venuto dall 'alto, dal ministro stesso - si disse - altrimenti come avrebbe potuto un quals iasi censore far passare un pezzo del genere? Poi ci furono contatti nell 'ambito del Governo, della Marina e, il 4 febbrai o 1917, il cerchio venne chiuso. "E stata una bomba" commentò Cagni "Sbarca il Principe, lVIillo e io. E u n hel boccone al puhh!ico per salvare la barca. ma è un po ·troppo grosso .... Così non si poleL'a andare ava n ti e un bel giorno avremmo finito per (!Ssere uiti i me

noi davanti al paese.... Così invece siamo vittime di una camarilla. Siarno in buona compagnia e la marina comincia già a dire che hanno 1nesso da parte Il! ltniche tre persone capaci e oneste:·xxxv Gli scriveva Millo. riferendosi a Corsi: " ... a me pare che la manoura di buifare rullo itl mare per salvare il nocchiero non debba riuscire; e che il nocchieru andrà a picco presto:·>DO(\TJ Di falli il risullato fu quello previsto da Millo; e di lì a poco anche Corsi cadde, lasciando la poltrona all'ammiraglio Triangi. Il Duca degli Abruzzi emanò il suo ultimo ordine del giorno il 4 fe bbraio 1917, sbarcò il 7 e non ebbe più a lcun comando. Chiese eli andare sul Carso al comando d'una compagnia d'arditi e gli fu negato. Nel 1919 anelò in Somalia , nello llebi Scebeli . vi fondù la Socie tà Agricola lta lo-Sornala- S.A.l.S. -ne fece un'azienda modello con stabilimenti industria li, 85 chilometri di strade , chiesa, case, moschee c due ferrovie. Una specie di colonia nella colo nia, la cu i capitale era il Villaggio Duca degli Abruzzi Salvo brevi viaggi in Patria ed uno in Etiopia comt.: rapprese ntante del Re. non si spostò più. Morì il ·18 marzo 19.3.3 e fu seppellito là, nel villaggio che portava il suo nome. Che comandante fu ? Tutti quelli che lo conobhero ne ebbero un'altissima opinione come comandante c come organinatore . Del resto le spedizioni <b lui effettuate vennero ruue o rganizzate benissimo, così come fu onima l'organi zzazione ed esecuzione del rifornimemo e salvataggio dell'Esercito Serbo. Opermivamente il discorso è difficile, a causa dellt.: limitanti sin.wzioni opem tivc in cui venne a trovarsi. Nell' l l dimostrù la medesima spiccata tendenza olfensiva cht.: riappan1e nel '15. Se nell' Il non poté concl udere nulla eli grande. lo si dové esclusivamente al fatto che la flotta turca no n e ra gran cosa, preferiva e vitare gli scomri e, infine, che tutre le azioni navali eli qualche ri levanza, semrrc relativa, si svolsero in teatri o periodi lontani da quelli in cui doveva operare lui. Nel 1915 la sua impostazio ne offensiva era chiaramente in funzione di una più ampia vis ione strategica del confliuo. Questo è un buon segno, ma non basta a defin irlo un g ra nde ammiraglio. Troppo ridotto il teatro adriatico, trorpo adatto al m1viglio sottile c con troppe limi tazion i di nuovo tipo rispetto al pa ~­ sato , dai sommergibili agli aerei. La guerra s i sarebbe dov uta combattere col naviglio sollile - e in questo aveva pienamente ragione: e i fatli degli anni 1917 e 1918 gliene avrebbero data ancora - ma all'epoca il pubblico non e ra in grado di capirlo.


IL H LO CO'<DI rroKF ~ t :u t>LTIMI \ liL CAMPO: Vrn o mo E~IA!':t 'ELE Hl F eu 1\ 0 !'>TA

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In un certo senso, l'altività operativa nella Grande Guerra ebbe sul mare le n1eclesime limitazioni impreviste c he conobbe in terra. Come a terra Je g ra ndi battaglie di uomini nelle uni formi sci ntillanti, colle bandiere al vento e la cavalleria alla c;:.uica avevano lasciato il posto al fango delle trincee ed alla consunzione di uomini e materiali neJ grigiore c nell'abbruti mento quotidiano dci bombardamenti c dci reticolati, così in mare Je grandiose battaglie tra possenri flotte irte di cannoni ccdetrero il passo atragguato dei sommergibili, ai campi eli mine. agli agguati delle torpediniere e dei MAS e no n lasciarono nessun posto all'immaginazione . Il Duca degli Abruzzi fu vitti ma anche di questo, non tanto per iJ suo sbarco, quanto per il giudizio che si può dare di lui come ammiraglio. Probabilme nte aveva tutte le caratteristiche dci pil'1 grandi ammiragli italiani, di un Andrea Doria, un Lazzaro Moccnigo, un Francesco Morosini, ma, come e più che nel caso di Carlo Emanuc.lc III, il teatro era buono, gli attori pure, ma la commedia no, cosicché l'attore, pur da ndo il meglio, più eli tanto successo non poteva avere. Insomma, l'unica cos~t c he possiamo dire è che. probabilmente, in un altro contesto sarebbe stato bravo.

ID) IJ piccolo Re e la Grande Guerra: agosto 1914-maggio 1915 Vittorio Emanuele lll aveva sempre avuto una pessima opinione dci Tedeschi - opinione che avrebbe mantenuto inalterata nel corso degli anni - una forte antipatia pe r Guglie lmo Il e una netta diffi denza ne i confronti dell'AustriaUngheria. L'aver .sposato una principessa del J\llontcncgro accentuava la sua propens ione antigcrmanica, pure se non la sostituiva necessariamente con una parricolare affezione al mondo slavo ed alla Hussia. t\ella neua divisione fra le POLenze che segnava l' Europa del primo Novecento, grazie alla Triplice Alleanza l'Italia e ra troppo rig idame nte legata alla Germania ed all 'Austria, ne veniva trattata con poca considerazione c si trovava in una posizione politica che avrebbe infuriato Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele Ul: non aveva spa7.io eli manovra. Doveva recuperarlo. Vittorio Emanuele III sfruttò la situazione internazionale meglio c he poté per intraprendere una lenta marcia d'allonwnamento dalle posizioni trip liciste, il che però non significava raggiungere un 'alleanza coi Francesi ed i Hussi. L'ideale e ra un accordo di massima coll 'Inghil terra, a quel tempo all'apogeo della sua potenza e fiera del suo ··splendido isolamento" anche se ai s uoi più accorti governa nti esso appariva sempre meno sostenibile. Londra vedeva infa tti la propria posizione dom inante minacciata dall'ascesa economica e militare della Germania e, specie dopo l'avvento al trono di Edoardo VII. cominciò a cerca re di isolare la Germania allontanandone i due alleati. La mossa fallì coll'Austria-Ungheria, ma riuscì bene coli ' Itali~t. Del resto un'intesa coll'Inghilterra


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li I li <> CO\il>l"lTORE E t.U t Lll \ 11 'I l.< \\11" : V nT<JRIO E\l\'\L fl~ III J <o li ' ' " "

anda,·a benissimo. Rientra\'a nella tradizione diplomatica dei Savoia. permellL 'a eli liberarsi dalle paswie d'un'alleanza senza sonomeuersi ad un'altra, con sentiva d'appoggiarsi alla rnassima potenza del mondo di allora e, in prospetti va. lasciava intravedere delle buone possibilità d i ricom inciare a condu rre la ti p iea politica altalenante dci Savo ia, che era sta t.a dovuta alla debol ezza del Pie monte rispetto ai vicini e che ora era necessa ria per la debolezza dell 'l ralia in confronto alle due alleanze nemiche che incon1hevano sull'Europa. La politica clefinit<l dai Tedeschi "dei giri eli valzer". incominciata colle farno'>l' dichiarazioni del ministro degli Esteri Prineni in merito alla neutralità iralian.1 'erso la Francia se quest'ultima fosse stata assalita dalla Germania. si accentuo quando trapelarono le notilil' della necessità d'una guerra preventi\'a contro l'l ta lia caldeggiata dal capo di Stato .M aggiore austriaco Conrad von H()tzendorfl. che nel 1908 voleva attaccare approfittando del rischieranwnto di ingen ti forze ita liane al sud per fro nteggiare le conseguenze del te rremoto eli Messina. Nello stesso anno non fece una bella im p ressione a l~oma l 'annessio ne au striaca della Bosnia-Erzegovina, fatta sen za alcun preavv iso né, ovviamente. 1.1 fecero l'atteggiamento antif:l liano tenuto da lla Germania al tempo della Guerr:1 di Libia e il rifiorire a \ 'icnna ckllc idee di guerra pn.:' enti va contro l'ltalia ap profittando del medesimo impegno militare dell' 11 contro i Turchi in Libia , Le 'ante c Mar Rosso. Per queste ragioni, quando nell'estate del 'l-1 l'orizzonte si oscurò ed i lampi del conflitto illuminarono il cielo europeo, Vittorio Emanuele III si trOYÒ pel fettamenle d'accordo coi suoi m inistri nel non entrare in guerra a fianco cleiL1 Ge rmania e dell'Austria; ma si trovò in d isaccordo com pleto con loro quando appa rve il suo desiderio d i un irs i agli Alleati occidenta li per prendere Trento c Trieste. Da più pani si è attribuita a Vittorio Emanuele la maggiore responsahili1,1 dell'entrata in guerra nel ··maggio radioso" del 191 '5. La \'tTità è difficile da st.l hilire. Ceno, se lui non ;l\'esse n>luto. l'ent rata in guerra non ci sarebbe stat.t ma \ 'ittorio Emanuele m non ha lasciato nulla eli serino tranne qualche agcnd.1 c il poco che si sa su lle sue idee e sui suoi punri eli vista lo si ricava, faticosamente e frammentariamente, solo dalle testimonianze di chi gli fu vicino J1L' I periodi più o meno lunghi , come i suo i aiutanti d i campo che ne scrissero Solaro del Borgo, Sca ro ni , Puntoni - o com e chi el>l>e con lui conta tti sporad ici c ne lasciò traccia in dia ri e memorie, come Bottai, Mussolini, Caviglia. Ciano L' pochi altri. Questo implica un problema mctoclologico non indifferente. Quan to possiamo fidarci delle fonti e della loro affidahilirù se corriamo cosranremen te il ri~chio che gli autori le abbiano condizionare, di~torcendo. amplificando o sopprimendo le notizie in loro possesso per sosrencre i propri fini o dimo~rr:ll'l la fondatezza delle proprie resi ? Le note di Sob ro del Borgo sono attendibili, sicuramente, ma di una insignificanz:~ c eli una hanalitù spaventosa. Q uelle di Sca ron i sono certamente valide cd affidabili, ma riferite ad un periodo trop po breve a metù degli anni '30. l testi


[L FILO \.01\ 0LT I'O KE l; GW ULTIMI Sl'L CAMPO: V ITTORIO F:'tAI\l•Llf Ili E GLI A O>Ii\

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di Ciano sono stati sicuramente rivisti dopo l'abbandono del Ministero c - eli nuovo, o eli pill - dopo il 25 luglio, per accattivarsi il Re; quelli di Mussolini sotto il notissimo titolo Il tempo del bastone e della carota: storia di u11 anno porrebbero essere stati stesi con poca sincerità e certamente più per autogiustificazione ed addossamento di colpe alla monarchia che per testimoniare la verità. Dunque Vittorio Emanuele 111 rimane e nigmatico nelle sue intenzioni e nei suoi moventi. Possiamo solo supporre le ragioni che lo spinsero a compiere ce1ti atti, ma non possiamo essere sicuri d'aver colpito nel segno. Di conseguenza turto quello che si potrà fare consisterà in un'esposizione dei fatti noti c delle testimonianze conosciute e nel tentare di dedurre dai primi e dalle seconde un quadro c he , più c he per qualsiasi altro sovra no d i Casa Savoia, sarà necessariamente incerto e discutibile. Uno dei quesiti più dibattuti è sicuramen te quello elci rapporti con suo cug ino Emanuele Filiberto duca d 'Aosta. Si è detto e ridetto, sussurraro e scritto, ipotinato c assicurato, che Emanuele Filibeno mirasse, abbia sempre mirato. a prendere il trono e che per impedirglielo Vittorio Emanuele ahbia compiuto delle scelte forzate. Si è atttihu ita a questo contrasto ed al filofascismo del Duca d 'Aosta la chiamata di Mussolini alla resta del Governo ne l ·1922 - ma è una questione su cui s i tornerà in seguito - e si è detto c he, per non mettere in troppa luce il cugino, il Re nel maggio del 1915 non g li abbia affidato il comando dell'Eserci to. T contrasti fra i due furono smentiti pubblicamente da entrambi in una commoventissima scena, avvenuta a l capezzale del morente Duca d 'Aosta nel 1931 , quando, a Emanue le Filiberto che gli chiedeva eli testimoniare c he mai aveva tenta to nulla contro d i lui, Vittorio Emanuele rispose: "è uero." La risposta poteva essere vera, ma poteva anche essere totalmente falsa e data apposta per salvare l' immagine dei Savoia. Come saperlo ? E' uno dei r.anti casi della vira eli Vittorio Emanuele III in c ui non si può avere certezza del fatto testimoniato, non per difetto del testimone, ma per l'intrinseca inaffidabilità del fatto stesso. Per quanto riguardava la delusione del Duca nel non vedersi assegnare il comando s upremo ne l 1915, la risposta più semplice che si può azzardare perché nessuno mai ehhe il coraggio di chiederne conto al He - è che non lo ebhe sia perché non era possibile né consigliabile camhiare Capo di Stato Magg iore all'atto dell'entrata in guerra, sia perché se Vittorio Emanuele conosceva bene i suo i generali c le loro capacità, conosceva a perfezione il cugino c sapeva c he era preferibilc tenersi Cadorna.

IV) "ll Duca invitto" e la 3'-' Armata 11 24 maggio 19·15 il Regio Esercito mosse oltre b frontiera, articolato su 4 armate ed una riserva , comprendenti 14 corpi d'armata per u n totale di 4 divisioni di cavalleria , 35 eli fanteria eli linea. l di Bersaglieri e 2 gruppi alpini.


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IL FII.O COr-. llU TO Rf l· (;LI IILTI\11 ' lll CAMI'O: VllTORIO EMAI\l l"LE Ili F. l·LI All'T'

Un milione e mezzo cJ'Iwliani affrontavano l'Austria. la nem ica ereditaria delle ultime tre generazion i, in quella che fu definita cd era sentita veramente come la Quarta Guerra d'Ind ipendenza. Delle quattro annate, due, la l'l e la 4!!, dovevano operare contro il Trcntino e due, la 2~ c la 3" oltre lo Iudrio, sul Carso e suii'Isonzo. Comandava la 3~ Armata Emanuele Filiberto di Savoia, duca d'Aosta. Aveva allora 46 anni- era nato a Genova il 13 gennaio 1869, dieci mesi prima del cugino Villorio Emanuel<: fil ; fino a quel momemo la sua vita non aveva conosciuto grandi avvenimenti , dopo quel periodo non ne conohbe altri. ella sua qualità di Principe Reale, secondo in ordine di successione al trono dopo il nipote Umberto, il Duca d'Aosta era una figura d'enorme rilievo nella vita italiana. Aveva intrapreso- ovviame nte - la carriera militare e ne aveva percorso i gradi colla solita rapidità dci Principi Reali. Alla Nunzimella insieme al c ugino , se n'era separato andando all'Accadem ia di Torino nel 188t1 per uscirne sottotenente d 'artiglieria nell'87. ell'Arma percorse tutta la carriera, divenendo colonne llo comandante il 5° A11iglieria da campagna nel 1895 e maggior generale comandante l'artiglieria del Corpo d.'Armata di Torino nel H397. Tenente Generale comandante la D ivisione di Torino nel 1902, nel 1905 aveva avuto il comando del X Corpo d'Annata. Tnsignito nel 1909 della medaglia d'oro di benemerenza per l'opera svolta nel soccorso delle popolazioni colpite dal terremoto del 1908, nel 1910 era stato designato per il comando d'un'a rmata in guerra; e per questo il 26 maggio del 1915 aveva avuto la 3a Armata. Sotto di sé' aveva quattro Corpi d'A rmata: il VI, il VII, l'Xl ed il X, ai quali si sarebbe aggiunto poi il XXIII. In tcori:l. secondo la dottrina d'imp iego italiana, essendo il Corpo d'Armata già in grado eli ingaggiare c condurre una battaglia, un'Armata, per c.li pili quaternaria, avrebhe potuto pianificare c affrontare tranquillamente qualsiasi batraglia. Pertanto Emanuele Filiberto - in teoria - sarebbe stato in grado c.li mostrare subito le sue qua lità militari, se ne aveva. Nhl il StiO ruolo restò puramente decorativo. Cadorna non voleva interfe renze. da parte di nessuno. Aveva chiaramente ribad ito all'atto dell 'assunzione della carica di Capo di Stato Maggiore che non avrebbe consentito al Re d'esercitare il comando s upremo in guerra cosa che, come sappiamo, gli era costata. a quanto si era detto, il posto eli Capo già nel 1908, q uando l'avevano dato a Pollio - e ci si può imn<aginare con che occhio potesse vedere eventuali velleità condottieresche del Duca c.l 'Aost:l. Pe1tanto gli mise alla costole un ottimo capo eli Stato Maggiore d 'Armata - il generale Vaccari - un bravissimo esperto al comando dell'artiglieria dell'A rmata - il generale Roberto Segre - e non gli ch iese altro che cl"ubbidirc agli ordin i. I piani eli Caclorna erano improntati ad una decisa offensiva, per superare le Alpi Orientali, sfociare in Slovcnia c congiungersi ai Serbi provenienti da Sud e ai Russi in arrivo da Est per poi marciare su Vienna . Il procedimento tanico cardinale per conseguire questo ampio risultato str<lregico e ra l'attacco fron tale, già esposro in una sua opera d 'anteguerra ed as-


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~unto ai fasti piU alti colla circolare n.191

del 2!) febbraio 1915. imirolara <l p punto '·Attacco frontale ed ammaestramento tmtico. " Restava da vedere se ciò fosse realizzabile; e qualunque persona meno cm c iuta c più pragmatica dd Capo di Stato Maggiore del Hegio Eserci to non avrebbe esitato a rispondere di no a tale domanda. D ue elementi in possesso di tutti erano in grado di fornire una buona chi:1 ve d' interpretazione del futuro. L'armamento, intanto, tuu'altro che consistcnt<..' rer quanto atteneva alle clota7.ioni dei reparti di fanteria e la comparsa dcll.t guerra di trincea, cui nessuno degli eserciti del mondo era rreparato c che richiedeva nuove anrezzature ed impostazioni tatrichc. L'impantanamento subito dai contendenti sul fronte francese non pote\·a <..'" sere un caso. Se era accaduto su un terreno piatto come le Fiandre, ce lo si po Leva e doveva aspetta re in Friuli, dove il suolo era accidcnratissimo ed incorn i ciato dalle alte montagne de l confine itala-austriaco. Ma, paradossalmente, n(· il Comando Supremo italiano né, ed è ancora pil'1 incredibile, quello austrounga rico, presero in considerazione t·ale eventualità. Anzi, a chi gli aveva chic'ito come e cosa prcvcdes~e per l'andamento dl'l lv operazioni, Cadorna aveva risposto: ··Tutt'al pùi Sl'c>rlleremo a Lubiana:·>-'AX\ 11 L'unità complessa cui ~penava la maggior parte dello ~forzo offensivo era Lt 3" Armata. costituente l'estrema <tla dc~tra dello ~chieramcnro italiano e de~Lina ta a prendere Trieste. Le 6 divisioni eli fanteria e le due di cavalleria che !.1 componevano si stendevano dalla rotabile Cormons Gorizia al mare. A sbarr~tr loro la strada stava l'Armara austroungarica clcii 'Ison7.o, comandata dal gcncrah: Uo roevic. che si sa rebbe d imostrata un osso assai du ro da rodere. Fedele ai propri piani , Caclorna aveva esordito o fTcnsivamente lanciando d primo attacco - la l Battaglia ddl'Isonzo - con cui inl<.:ncl<.:va aprirsi la strada \l'rso Lubiana e Trieste. Alla 3" Armata erano stali assegnati sia lo sfondamento sul litorale che la presa di Gorizia. forzato l'Isonzo il 1 giugno c oltrepassato il Canale Dottori, le truppe di destra giunsero a prendere J\ lonfalconc c acl all l'starsi a !\fonte Cosich, dm c incontrarono le prime rea7.ioni dell'artiglieria nem1 ca ecl i primi pesanti conrrartacchi. Q ueste a7.ioni erano stare la premessa, l'auesw mento nella zona di parrcn za del l'a tta cco e nu lla eli più. La prima grande l):.t ttaglié.l fu lanciata fra il 2:1 g iu gno ed il 7 lugl io, ma senz:.t grossi risu ltati. La r rcscnza dci reticolati impL' d iva anche solo l 'avvicinamento alle trincee nemiche e vanificava ogni sfoo.o . Si decise allora di provare ad usare contro i reticolati le pinze tagliafili. ell.t ."$·' Armata se ne distribuirono 20 per compagnia ad ogni rerano impegnato in prima linea, ma si conMatò che neanche intaccavano il filo spinaro e ser\'i\ .1 no solo a far uccidere da' anti ai reticolati i volontari che le dovenm o adop<..' rare. Vista la nullità dei risu ltati, dal 29 giugno si pa s~ò ai lllhi di gelatina esp l o~i va. Di ferro, cavi , lunghi da 6 a R metri, conteneva no una carica d i gelatina. l:t cui deOagrazione d istruggeva il filo spinaro.


[L 1'11.0 (.0i\ I H T rORf E (,J.I l fi.TIMI " fl. (.A,\11'0: V ITTORIO EMANI Cl E Ili P <òll AOSTA

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Durante la no tte le squadre strisciavano fino ai reticolati nemici e vi spingevano sotto i tubi, poi ne accendevano la miccia. di solito con un sigaro, tenuto fino acl a llora in bocca dalla parte accesa per evitare che il nemico ne vedesse il bagliore. I risultati, cerro migliori di que lli ottenuti colle pinze tagliafili. non e rano comunque rallegrami , visto che la profondità dei passaggi a pe rti non conse ntiva quasi mai di superare la fascia dei reticolati. Nel resto di luglio la 3;~ Am1ata rimase relativamente tranqui lla; e l'avvenime nto di maggio r rilievo ne ll'arco del mese fu la distribuzio ne delle maschere antigas, al cui uso le truppe furono rapidame nte addestrate nei turni di seconcb linea. Il 18 luglio l'offensiva venne ripresa, ma né Gorizia né lo sfondamento sul Carso vennero raggiunti. Ci furono dei buoni successi locali, ma l'innegabile real tà era che gli obbiettivi strategici e rano stati mancati. Il 3 agosto termin<) anche questo secondo ciclo operativo, poi conosciuto come Seconda Battaglia ue ll 'lsonzo, e s i vide che il risu ltato complessivo era a lquanto deludente. Nelle due battagl ie dell 'Tsonzo e ra no cadtlti 568'13 italiani contro 57.038 au striaci; e gli unici risu ltati concreti , peraltro assa i ridotti, erano stati o ttenuti nella I dalla 3" Armata coll'attraversamento del Canale Dottori c la presa di Monfalcone. In tutti gli altri setrori la durissima r<..:sistenza nemica era costata un elevato numero di vite per niente. Po iché gli occorreva un successo prestigioso per ria lza re il morale delle truppe e la fiducia nutrita in lui da l Governo e dal Paese, Cadorna tentò a ncora il forzamento del Carso per un hsulrato di gran risonanza. L'obbiettivo strategico della Terza Battaglia dcll'Isonzo, iniziata il 18 ottohrc 17 c che sa rebbe dur;ta fino al 4 novembre, con 290.000 uomini c 1.363 cannoni contro 105.000 austriaci e 625 pezzi, sarebbe stato la presa di Gorizia. Per raggiungere la città occorreva però o ltre passare una fo rmidabile linea difensiva , che andava dal Monte Sahotino, a nord , a ttraverso la catena collinosa di Peuma ed Oslavia , fino a l Podgo ra , a sud. L'operazio ne fu assegnata al VT Corpo della 3~ Armata c cominciò all'alba del 28 ottobre 18 quando l'aniglic ria italiana aprì il fuoco sul Sabotino con un'intensit;ì senza precedenti. Verso mezzogiorno uscirono le squadre portarubi, ma rit1scirono a far poco. Poco dopo le 13 iniziò l'assalto . Subito i pezzi austriaci, tenuti al riparo nelle caverne, aprirono il fuoco d'interdizione per bloccare i rincalzi , me ll[re la fuci leria e le mitrag liatrici si concentravano sugli auaccanti, che avanzavano ra pidissimi. 1" In ;Lutun no comi nciarono ad ;uTiV~lrt' fr<J i con1plt:!menti d("'l in:.lli alla 3a Arm<WI pa rec('hi ll;1liani irredenti, fra loro tre giovani scTil tori trie:.Lini: Scipio Slaraper ed i l r:llelli Carlo <: Gian i Stupa ridL. l\ rutti furono impo~te fabe generalità. per e\'Ì L:t r loro d 'e;,sere impiccali c'o llle traditori se fossero Mali c:murati e ri conosciuti dagli Austriaci. l>l L;L sera del 27 o tw brc, ai primi baltaglioni dei Rcgguncnti 111caricati del l'azio ne, fu rono distribuite 300 bombe a 111<1no. 6 tub i csplosi,·i. 8 p inze tagliafili e. per la prim<J volw, 10 eln1l'tli metallici del modc·llo fr~nct:'se "Adri:m··. Fino :1d ~I lor:• . i nf<Hl i. i sokb1 i avt:'vano ~''tllo come unico c:opric1po il ht:'rrelto d i tela con l 'isier:L


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IL Hl.O c o :-<DLTIOKE t GJ 1 t JT J\11 .,t 1 C~\IPO: V1rroRtO E\tA'\I'F:J.r. Ili r ,;u Ao'r'

Ma il fi lo spinato era ancora imano e ci si dovette fermare, in attesa dell'arrivo di nuovi LUbi eli gelatina da piazzargli sono. Non servirono a nulla. I reticolati rimasero imrenetrabili e, doro lunghe ore passate nascosti d ietro ripari minim i od in piccoli anfratti, esrosti al cominuo fuoco avversario, gli Italiani ebbero l'ordine di rientrare nelle posizion i di ra rlenza . Gli a ttacchi vennero ripetuti ininterrottamente su tutta la linea nei giorni seguenti. La truppa era in condizioni disastrose: il colera imrazzava; la pioggia continua aveva reso il campo di battaglia un pantano c le trincee fossi. Il freddo era intenso ed i reparti spaventosa mente assottigliati. Dopo aver assistito d:1 vicino agli assalti. il generale Capello, comandante del VI Corpo d'Armata. scrisse d'aver visto "non degli uomini, ma dei pezzi di janp,o ambulanti. che fa ticosamente si trascinauano verso il nemico. Ad essi non mancaua la volontà ... ma ... la forza fisica"XXX\TJII e che i rincalzi e rano ta li per modo d i dire, trattandosi eli "truppe che uimno da giorni nell'acqua e nelfango."XXXJX Il 2 novembre ci fu l'ultimo tentativo: i "pezzi di fango ambulanti" saltarono coraggiosamente fuori dalle trincee urlando "Savoia !"c sguazzarono più in fretta che roterono su per il Sabmino. Come sempre capitava, caddero s ubito quasi tutti g li ufficiali e i sottufficiali. l plotoni vennero ad essere comandati dai caporali; e ancora una volta l'a ttacco s'infranse su i reticolati. Quando finì anche quella terribile giornata e si tirarono le somme delle perdite s ubire in Battaglia, si seppe che fra morti, feriti c dispersi mancavano all'appello 67.000 italiani . Nella 3" Armara le perdite si aggiravano sul 30 o/o degli effettivi. Saboti no, San Michele, Se i Busi, Oslavia , Quota 188, Calvario, Trincea dci rani, Trincea delle celle, Trincea delle frasche: ogni nome equivaleva ora a un cimitero. Ma Caclorna insisté. Il 9 novembre i comandanti della 2ll e 3ll Armata ricevettero l'ordine d'operazioni n. 0 21. che imponeva la ripresa degli attacch i sugli stessi obbieuivi per la mattina seguente. Dieci novembre 1915: inizio della Q ua rta I3attaglia cldl'Isonzo. Nebbia c nu bi basse, pioggia gelida a Lonenti e vemo freddo impe rversavano sui fanti italian i all'artacco; 16 novembre, 17 novembre, 18 novembre, 19 novembre: atracco su attacco, motti su morti co.n tro reticolati inestricabil i. Q uando di nuovo constatò la totale inutilità degli sforzi. Cadorna si rassegnò ad accenare la sconfitta . Era costma 116.000 morti, contro i 70.000 degli Austriaci. L'inverno passò in re lativa calma. l comandi supremi esaminarono la s iruazione e da pa1te austro-tedesca venne considerata molto favorevo le: era giunto il momento di colpire violentemente a ovest prima che anivassero agli Alleati i rinforzi dai territori dell 'Impero britannico. Non e ra un'impresa faci le e, per ave re la sic urezza di riuscire, sarebbe occorsa l'unione delle forze e la loro concentrazione su uno solo dei due fronti occidentali. E qui iniziarono le divergenze. Jl tedesco fa lkenhayn aveva prer arato u n attacco s u Verclun per ingaggiare un'enorme battaglia d i logoramento. a J term ine della q uale colle riserve avreh-


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hl' ~paumo via i Francesi , riprendendo la guerra di mo,·imento e conqui..,tando P~trigi.

L'austriaco Conrad i m en· 'olcva che i Tedeschi concorressero allo sfondamento delle linee isontine, elimina ndo l'Italia da l c-onllirro e portando gli Austro-Tedesc-h i sulle A lpi occident~d i e la Francia al coll:tsso. Nessuno elci due la cedeue ~di 'a ltro e, dopo lunghe d iscu<>sioni, decisero eli agire ognuno per proprio conto: per fortuna degli Alleati, perché mancò poco che sia l'anacco di Verdun che la Strafexpedition di Conrad a\'essero succc::.so. Cominciarono i Tedeschi il .21 febbraio 1916. con una ,·iolem;a ed una capacil<Ì di fuoco inaudite. ,\ Jentre la battaglia di \ 'l •rdun sembrant \'olgere a loro f:n ore. il Comando france....e, temendo che il fronte cedesse, chiese :1 quello italiano di auaccare sull'lsonzo per attrarvi le forze tedesche. Cadorn a accettò c l'Il marzo. con un tempo infame, lancie'> la 54 Battagl b clcll'lsonzo, il cu i fine era il fissaggio delle riserve nem iche per impedire il loro spostamen to in Francia. l.'offerbiva terminò il 29 marzo c d iede i soliti minimi guadagni di terreno. Seguirono alcune operazioni al Pa'>SO della Sentinella il 16 aprile e la mina del Col di Lana il l....,; ma il succe:-.so maggiore fu la conqui..,ta dell'Adamello da parte degli Alpini. portata a termine fra il 12 aprile e la metù eli maggio. Sono di questo periodo alcune lettere dello !'lcrittore triestino Carlo Stuparich. sonotenente del 1° c;ranatieri c eli lì a poco .'\ledaglia d 'O ro al valor milita re alla memoria, che danno un quadro vivido e pacato della vita quot idiana elci soldati dell a 3i! Armata: "2 / j'<!bbraio 1976.... UIIa IlO/le ahbiamo scal'alo 1111

cc/111111 i n a mento. 5'ei ore di !m·om pesa n te. Qllalcuno si ripiegoua nel solco fa llo dal suo piccolle es ·addorlllenlm 'ti col capo }i-a le p, a 111/Je. Non si deue dormire .' lo lo SCI/O/O. non risponde. poi 111 i p,11arda. poi ricomincia il suo !tu·oru. il dorere è pi1ì forte della compassione. nomattina quel ccmlmilullnento potrà sa/rare due cile. e phì è pr~fondo e pi1ì protegp,e. Soi j{tticbiomo molto meno. Ciani /w dello: è! gi11sto che L~fJìciali 111110im10 pi1ì dei so!dati."'-L ".2Gfehhraio 1916. !.ct no/te cbe siamo andttti ap,li w·umposti ( 23 feh!Jra io) sarà memorabile: qualcosr1 di leggendario. 131~/era di neue e acqua cbe I'Oiel'a por/arei l'ia. fJoi mclllf.!, itl re,dorm ire, resjJira re neljètnp,o fra il fai/go sul fango sol/o il fango . FA NGO. Le ,(!,!W/afe ci spmzz anojèlllJ!.O. i\1a questi uolllilli sono così eroici da acceltare con sorriso e huona t•o/ontcì di essere pilì hestie delle bestie. F:: per la p,uerrct moderna(~ necessario. Qui sta P,IWI parte della t•irl/ì."X1 1 ..... Of.Wi è il secoll(/o ,({iomo cbe si riposa: due Ilo/ti si jit agli acamposti ili tri11cee di sasso e di pino ... Ap,li aramposti c'è molto si!e17zio. e OJ!.ni tanto''" mormorare come nelle ca mere dei maiali. p,li uomini stw11w molto quieti. fucile ricino; se c'è il rcmcio si S<!llle 1111 poco di shat!ere di lotto; le t•edette CII IS!riocbe sport/Ilo periodicamente, con1e orolop,i, 1111 colpo dijil cile.''XLIJ


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IL I IW CU " DL!T I'UKE E G U L"Ll nll ~l 'L CA.\ IPO : VnTORIO E MAI\I 'FLE Ili t· G LI Ao l'L\

"2 marzo 7976. ... Dopo quell'ora di sole che le raccontavo nell'ultima cartolina è riconti nuata la pioggia, pesa il fango in o,gni spazio. Tutta la nostra energia deve collsumarsi ne/lavoro difort(jìcazione. Si fa questa vita: il mattino si dormicchia a qua11i d 'ora. la notte si lauora senza tregua per dodici ore. lo sono tormentatore e tormentato. Se gli occhi hanno voglia di chiudersi bisogna punp,ersi e bastonarsi, pungere e scuotere. Ah questi uomini! M.ttti e sospirano, ma le braccia si muovono, il corpo si a.c;ita ne/lavoro e nella nottejÌ<I p, li scoppiettii dei fucili delle vede/le austriache e il sibilare delle palloL!ole sparse si sente il continuo lavoro dei nostri att1·ezzi.Tutto ciò cbe manca si sostituisce con tutto ciò che si trova. Sono come i muli, colla testa bassa e senza voce. Il settore dove opera il nostro reggimento comp . rende la fronte che dal Sabotino va circa sino a Oslavia. Poco più a destra c 'è il Podgora dove è morto Scipic/9.- da certi punti lo l'ediamo benissimo. Il terreno è in gran parte jm·fite. Colle piogp,ie s'è convertito in un Jancf5aio enorme. Ci si entra )ìno al ginocchio. Le buche fatte da11e granate sono hagni inaspettati e maledetti. l rifornimenti, lutto il movimento (cambio d'avamposti, rancio eccetem) cw viene di notte. Le notti sono di pece. Si figuri tre quattro cinque colonne che vanno per la stessa strada in sensi diversi. l rijlellori battono molto e qualcosa danno di luce. G'li a11striaci lanciano rnolti razzi luminosi. sparano tu/la la notte, colpiscono a casaccio parecchi dei nostri lavoratori. L'a11iglieria brontola più di giorno. Ma se appena si ha il sentore di un attacco nemico, ecco l'inferno."Xl.111 Tutto sommato un quadro di relativa calma, che stava per term inare. Conrad, come è già stato accennato, mirava allo sfond ame nto del fronte p e r sfociare ne lla pian ura veneta cd eliminare l'lltalia dal conflitto. Il suo piano prevedeva un a ttacco dal Trentina che portasse le truppe in pieno Veneto, alle spa lle de lle annate italiane presenti in Friuli su ll 'lsonzo, accerchiandole e distrugge ndo così l'intero Regio Esercito. A fronteggiarle era la P Armata del gene rale Pccori Giraldi. Nonostante tutti i segni premonitori, le informazioni raccolte dal servizio informazioni della P Armata e quelle date dai disertori e dai prig ionie ri, Cadorna continuava a non credere ad un'offensiva ne mica da l Tre ntina. Invece, a l mattino del 15 maggio 1916, fu sferrata l'offensiva: la Strafexpedition. Il fronte italia no, attaccato subito su lla sin istra, in ci nque giorni retrocesse lentame nte fino al Passo Buole e d al Pasubio, dove s i attestò. Sulla destra la difesa ind ie treggiò tìno a lla linea Caldiera - Monte Cima - Cima d'Asta e si stabilizzò.

19 Scipio Slalaper, 'uba llerno di famcria, caduw il 3 dice mbre del 1')15.


IL ~11.0 CONDl rJTORE E GU IILTlMI "Li CA\IPO : V IT TO RIO f.MA:-.illEI.F. Ili E Gl.l A OSTA

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Il 20 maggio gli Austriaci assalirono il centro in direzione degli Altipiani. La resistenza italiana, fino allora tenace rna scoordi nata, si andava organizzando. Le riserve e le trurpe disponibili <lffluivano rapidamente. Nella no rte d al 20 al 21, Cadorna decise di costiruirc nella pianura vicem ina una 5a Armata. a ffidando al Duca d 'Aosta il comando di tutto il fron te giulio. La manovra ebbe successo, riuscì in soli 12 giorni <..: consentì di profittare de i lre successivi per approntare un q uinto corr o d 'armata prima di passare al contra ttacco. La Strafexpedition - la Spedizio ne Punitiva - era fa llita; ma aveva inflitto perdite terribili al Regio Esercito. Una buona parte dell'a lleggerimento della pressio ne a ustro-ungarica sul fronte itali ano si doveva al Re. Cominciata la Strafcxpedition, Vittorio Emanuele aveva scritto allo L.ar di sua iniziativa, chiedendogli un'azione russa d 'alleggerime nto sul fronte o rienta le, in Galizia . Nicola II gli aveva risposto: "lvfi sono deciso a compiere qllesto sforzo per accorrere in aiuto delle brave truppe italiane e in considerazione della tua ricbiestd'xuv ordina ndo l'inizio eli quella che fu poi conosciuta col nome di Offensiva Brusi lov. E' vero c he, q uando essa cominciò, le truppe italiane sugli Altipiani avevano già colto i primi s uccessi clif"ensivi , ma è vero pure che distolse forti tru ppe austriache dall 'Italia a tuuo vantaggio della seguente operazio ne di Caclorna. che fu uno dei più grandi successi alleati della g uerra. Mentre la 3;[ Armata effettuava sul Ca rso delle "operazioni di concorso a lla controffensiva nel Trcntino·· che sarebbero durate fino al 29 giugno, Cadorna esaminava la situazione c, ai primi eli luglio, visto stabilizzato il fronte trentino e indebo lito il dispositivo austriaco in Italia dall'offensiva russa in Galizia, tornò al progetto de ll'a nno precedente c organizzò un attacco della 3il Armata contro Gorizia. In una settimana .).000 treni fecero la spola fra Udine, Vicenza , Venezia, Thiene, Caste lfranco e l'Jsonzo , trasportando 302.884 uomini , 150 cannoni , 57.1Yi quadrupedi c montagne di munizioni di ogni tipo c calibro, senza che il ne mico riuscisse a rendersi conto della consiste nza e degli obbiettivi dell'attacco in pre parazio ne. Anzi, Conrad non riteneva possibi le a lcuna offensiva degli [taliani prima della metà d'agosto, convinto che no n fossero in grado eli rischierarsi dal Veneto a l Fri uli prima eli allora e che, comunque, avessero subito perdire troppo elevate per pote r auaccare. Invece, su un fron te di 11 chilometri, il Duca d'Aosta poté me tte re in linea il Vl e l'Xl corpo, per un totale di 6 divisioni e 1.329 bocche da fuoco di tulti i calibri , con in riserva altre d ue d ivisioni, una brigata ed 80 pezzi d'artiglie ria. Se poi s i consideravano anche le riseJvc e il concorso dell'ala destra della 211 Armata a lle operazioni, gli Italiani avevano destinato ad opera re contro Gorizia ben 16 d ivisioni d i fa nreria ed l di cavalleria, con ·1.260 pezzi d 'artiglieria c 770 bomba rde. Il piano di Cadorna prevedeva un 'azione diversiva da patte di al iquote de lla 3~ Armata nel settore el i Monfalcone per attirarvi l'attenzione c le forze de l ne-


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Il HLO CO'IDilTOKI' l· 1~1.1 l I.TI \11 M L CA\l l'O : V IT TORIO E\1~\1 n.F I li ~GLI J\(), 1 \

mico, seguita dalla gravitazione ck:gli attacchi sui due lati del campo trincerato eli Gorizia, cioè sulle alture, dal Sabotino per Oslavia al Podgora, da pane del Vi Corpo d 'Armata e dalle cime del San Michele a Doberdò acl opera dell'Xl. L'altacco diversivo contro Monfalcone iniziò il 4 agosto, con una violenza tale che gli Austriaci , i qua li avevano solo 7 divisioni, non si resero conto che si trattava d'un'azione secondaria . Com inciarono a pensarlo il 5; poi, alle 7 del mattino del 6 agosto, il fuoco tambureggiante simultaneo dei 530 pezzi del \l Corpo d 'Arma ta tolse loro ogni d ubbio. Dopo un'ora entrarono in azione anche le 390 bombarde, il cui tiro doveva distrugge re i reticolati c ogni trenta minu ti veniva sospeso per consentire alle pattuglie della fanreria eli uscire a verificarne gli effetti. La pianificazione e l'organizzazione del fuoco preparate dal generale Segre ebbero pieno successo. Quando alle 16 scattarono i fanti - i primi avevano dei dischi bianchi sulla schiena - le a rtiglierie allungarono il tiro parall elamente al procedere dell'assalto. In soli 40 minuti il Sabotino fu aggirato c preso c le avanguard ie iniziarono a scendere verso Salcano e Gorizia. Più dura la resistenza sul Peuma, sul Podgora e s ul Grafcnberg, dove comunque, dopo mischie feroci. i difensori doverono indie treggiare, permettendo alle pattuglie avanzate italiane d i raggiungere i ponti di l.u cinico e Peuma. Sul San Michele g li Austriaci fecero l'impossibile pe r non cedere; ma a sem , le quattro vette della montagna, erano in mano italiana. 1'8 il VI Corpo traversò I'Isonzo c consolidò una testa el i ponte sulla s inistr:l. Alle 6 del 9 il sottotenente Baruzzi, del 28° fante ria Pavia , inna lzò un piccolo tricolore sulla stazione ferroviaria di Gorizia. 11 10 gli Austriaci si ritirarono su una linea d ifensiva arretra ta, già parzialme nte predisposta ad oriente di Gori zi:L Là irrigidirono la loro resistenza. Tl Duca d'Aosta ordinò d'insistere e, ne ll a giornata del 14, gli attacchi venne ro p rosegu iti; ma il risultato fu un inutile mass:t ero, che venne fatto cessare il 17. Terminate anche le operazioni rninori, il 25 agosto la Sesta Battaglia deii'Isonzo e ra finita. Souo il profilo stra tegico il risultato non e ra un granché. Era stata presa una grande città, d'accordo; ma l'unico vantaggio che se ne potc\·a tra rre consisteva nella rettifica de l fronte giu lio che, così accorciato, era più dife ndibile. Quanto al resto, non e ra andata meglio delle altre volte: gli Austriaci avevano perso 70.000 uomini, cd in questo i due contende nti e ra no pari , ma :-.i erano ritirati senza troppi incidenri su una linea salda almeno quanto quell a abbandonata ed i c ui punti fo rti sarebbero risultati imprendibili q uanto i p recedenti, facendo risuonare lugubremente i loro nomi: San Nlarco, San Gabriele. Monte Santo, Vodice e, verso Trieste, I'Hermada. Infine, delle due tesre el i ponte c he avevano sulla riva destra dell'lsonzo, i nemici ne avevano conservata una, quella d i Tolmino da cu i, quattordici mesi dopo, sarebbe partita l'offensiva di Caporctto. La presa di Gorizia era stata possibi le principalmente p e r l'a bba ndono clell'auacco frontale. 11 Sabotino, perno de l sistema. era sta to assalito da due


415 colonne che si erano congiunte ~tl l e sue spalle, ai ponti di Salcano, facendolo cadere per manovra; memre, in due a nni di attacchi frontali , le 14 brigale c he v i s i erano avvicendale non avevano potuto concludere nulla. Ma Cadorna non sembrò re nd ersene conto e pian ificò tutte le cinque successive battagl ie isontine sempre e solo alla luce della sua tattica preferita. Anzi. cons ide rando que llo di Gorizia un successo che provava q uamo indebolito fosse l'esercito austroungarico. decise eli non perdere tem po e di affrettarne il logoramento con la Settima Battaglia clcll'lsonzo. Emanuele Fil iberto invece si fece venire i primi dubbi c li manifestò a i suoi general i. Già in precedenza era restato poco convinto della validità dell'attacco fron tale, ma ora non e ra il caso di torna re alla manovra ? l du bbi ri masero pu ra specu lazione . .1'\ess uno ebbe il coraggio eli sollevare la questione, anche p erché in ogni comando di Corpo d 'Armata e rano presenti degl i ufficia li inferiori , che dipendevano direttame nte d a Caclorna, coll'incarico di riferire. per iscritto e du e volte a l giorno . tutto q uello che s uccedeva c si diceva nei comandi dove si trovavano. Fascicoli personali gonfi di rapporri segnavano e condizionavano la vita di ogni generale e, se deviava da lla linea di cieca e assoluta o bbedie nza voluta da Caclorna, arrivava il siluramento. Nemme no i Princip i Re-ali potevano ritene rsi a l sicuro: il Duca degl i Abruzzi ne e ra l'esempio vivente. anche se in Marina. Dunque pure a lla 3~ Armata s i sussurrò qualcosa c non si fece nu lla di più . Anzi, no : s i p ianificò, col benestare di Cadorna, la Vll 13auaglia d e ii ' Isom.o c la si iniziò il 14 settembre. Ma i guadagni furo no così scarsi - piccoli successi intorno al Veliki e ne ll'ansa del Vipacco, l'occ upa z io ne di San Grado di Merna e una breve avanza ta nel piano di Do berdò - che proprio Cadorna l'imerruppe d 'autorità il 16. Il 9 ottobre ord inò l'inizio dell 'VIII Battaglia de ll'lsonzo, i cui risultati si condensarono nella conquista della seconda linea austriaca ad est del Vallone di Doberdò, nclL:tvanzara verso il Pecinka e ne ll 'allargamento dell'occupazione intorno a Gorizia . Terminata il 12 o ttobre. l'offe nsiva fu ripresa il 31 con la lX. Battaglia cle ll'lsonzo, che po rte'> la 3ll Armata all'occupazione del Pecinka, de l Veliki Krib e de l faiti Krih ed a ll 'avanzata fino a Castagnevizza. Ma se s i osservava freddamente la situazio ne . bisognava ammettere che. al di là dei magniloquenti ti to li de i giornali , la realtà e ra dura: in due mesi g li Italiani avevano avanzato d i c irca c inque chilometri perdendo 85.000 uomini ed o tte nendo dci vantaggi puramente rattici. Acl ogni modo, per l'opera di comandante svolta dal principio della g uerra fino alla fine del 1916, il Duca d'Aosta venne insignito della gran croce de ll'Ordine Mi litare d i Savoia. I mesi che seguirono non po rtarono grandi novità e alla fine di maggio del 1917 scattò la X Battaglia deii 'Ison zo. Il pia no d i Cadorna prevedeva che la "Zona d i Gori zia'' - un 'armata creata il 4 ma rzo, comandata dal generale Capello e formata dai corp i TI, VI, VIII c X.XTV - dopo un bombardamento di rre o quattro giorni su tu tto il fron te da


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l t ~ILO COI\ Ill 1T O HF F C.l.l l liTI\ 11 '>HL C.AMPO: VnTORIO EMAJ\ L ELE Hl E ( ,IJ !\O' l e\

Tolmino al mare per clisoriemarc il nemico, attaccasse da Tolmino al Monte Santo atti rando su di sé le riserve avversarie. Poi Capello doveva restituire 20U pezzi d'attiglieria alla 3'1 Armala nel giro eli 48 ore; dopodiché le 16 divisioni del Duca d 'Aosta avrebhero assalito frontalmente il Carso e I'Hermada. Obbil'ltivo finale: Trieste. Avrebbe ricordato poi Carlo Salsa, subalte rno eli fanreria: "A notte alta il co mandante di bal!aglione mi ha mandato a chiamare. Nella tana bassa ho trovato gli altri comandanti di compagnia. - Alle cinque e trenta/re l 'artiglieria allunghercì i tiri e si dovrà uscire a!/'w:salto. -Sta bene. - Ecco qua: si esce dalla trincea, si raggiunge questa quota, poi si obliqua a destm. si valica quest'altra: difronte. I'Hermada. Si piglia 11-Iermada. -Benone. 1:." sinp,olare come sulle carte topograficbe le qfjènsiue si conducano ferm amente a buon punto.")([V Come stahilito, il 12 maggio i 1.288 pezzi a disposizione di Capello aprirono il fuoco con una violenza tale che, q uando la fanter ia attaccò, riuscì ad allargare la testa di ponte di Plava e ad occurare ttnta la riva sin istra dell'Tsonzo, il Kuk, il Vodicc c a mettere brevemente piede in cima al Monte Santo. Gli Austriaci concentrarono là tutto quello che poterono dei loro 4 corpi d'armata e 1.325 pezzi, sbilanciandosi c facendosi coglie re indeboliti dall'attacco che la 3a Armata iniziò il 23 maggio, col tiro di 'l. 280 hocc he da fuoco di ogni calibro. Ma anche la X Ba ttaglia dell 'lsonzo, ter minata il 7 giugno, si risolse in un nulla di fatto costato 133.757 uo mini. Dopo un arretramento iniziale di 4 o ') chilometri f'ino a Medeazza ed alle foci del Timavo, gli Austriaci avevano fattu affluire un quinto corpo d'annata ed e rano riusciti a riconquistare quasi t:ult() quel lo che avevano pe rduto nel settore destro del Carso, con un numero el i caduti di gran lunga infe riore a quello del nemico: "solo" 75.700. Cadorna no n si diede per vinro. Il 17 agosto, i 2.380 canno ni e 1.199 bombarde della 22 Armata iniziarono il liro eli prepara zione per le 2'1 d ivisioni di fanteria destinate all'attacco di Te rnova e de lla 13ainsizza. Poche ore dopo, all'alba del 18, il fronte della 3~ Armara fu scosso dal boato di altri 1.363 cannoni e 638 bombarde c he tiravano sulle postazioni austriac he del Carso, dal Vippacco al mare. Nella notte fra il 18 ed il 19 cominciò il forzamento dell'alto corso dell'Tsonzo da parte della 2;~ Armata . Dopo una lotta accanita il XXJV Corpo del generale Caviglia sfo ndò le difese ne miche e le fanterie italiane dilagaro no Avvolte t' aggredite, caddero come castelli di carte tutte le posizioni che e rano sembrate tanto imprendibili: Monte Santo, Kobile k, Osced rik e Jelenik. Q uasi 20.000 prigionieri, con J25 cannoni e 200 milragliatrici si ammassarono nelle retrovie, menrre la fanteria insegu iva il ne mico in piena ritirata. li 19


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partì ranacco delle 18 di' isioni della Y Am1ata per conqubtare l'altopiano di Comeno; ma gli Austriaci ~c l'a~peuavano. ave\'ano due Corpi d'Armata con 9 divisioni hen trincerate c fu un massacro tale che il Comando Supremo interruppe l'azione dopo 48 or<.: solamente. Ade~so però l'Austria era in g inocchio. Scrisse llindenhurg, capo di Stato Maggiore clcll'esercilo imperiale germanico: "i l nostro alleato ci dichiarò cbe non ourehhe al'uto pi1ì la forz a di resistere a un dodicesimo attacco sullo fronte dei!Jsonzo ... [Si trarta\·al del crollo di tutta la resiste11za austroullgarica ."x 1' 1 Aggiunse il Quartiermastro Generale Ludendorff: .. Al principio di seflemhre continuò la lotta: fu '"' llttoco successo dell'esercito itolia11o .. . il/oro [degli Austriaci] morale era tanto basso che nei circoli compete11ti... entrò la com•inzione

che le ormate austrowtppricbe non aurebbero sostenuto la contimtazione della battag/ia."\.1.\ 11 Cadorna ce l'aveva fatta ! L'ul timo sforzo gli era costato 18.794 mor1i, 89.193 ferili r..: j').087 dispersi, elci quali c irca la metà prigionk'ri ; ma gli Austriaci avevano perduto qualcosa come 110.000 uomini e la Hainsizza. In piC1. dal 4 al 12 scttcmbre, il VI e I'VTTI Corpo d'Armata avevano attaccato il Veliki , il San Gabriele ed il San ~larco, c quella era la cominuazione della lotta di cui parlm·a Luclendorff. Ma il 18 senemhre Cadorna :neva ordinato di passare alla difensiva . . on sapeva, non pmeva sapere rhe il ncmico era al lumicino c , di fronte alle terribili perdite subite ed agli scarsi risu ltati ottenuti. non si era sentito d'insister<:. Gli alleati franco-inglesi che, im pantanati a Ypres in una lotta s<.:nza speranza, avrebbero vol uto un ulteriore attacco italiano per d istogliere unità tedesche da lle Fiandre, appr<.:so l'ordine di C:adorna. per ripicca ritirarono daii'Halia tutte le loro scarse forze: solo artiglieri con ncanch<.: 100 cannoni , la maggior parte dei quali inglesi. Un breve periodo di calma scese sull'lsonzo. Cadorna. davanti alla dissoluzione dell'esercito russo, si era reso conto che gli Austriaci potevano irrobustire il fronte italiano. mentn: i Tedeschi, impegnati conrro gli Tnglcsi nelle Fiandre ma, in quel momento, non su l l'rome francese vero c proprio, potevano contribuire ad u n'azione sul Carso o su ll'lsonzo. Il pericolo era concreto, visto c he il Governo del lk aveva d ichiaralo guerra alla Germania nell'estate del ' 16. Ad ogni modo la cessazione delle offensive, secondo il Capo di Stato Maggiore, do,·eya servire all{egio Esercito per ripianare il materia le consumato, riempire i vuori nelle file e, quando possibile. \'ihrare un altro colpo, probabilmente decisivo. l Tedeschi, dal canto loro, erano molto preoccupati. ~!ono Francesco Giuseppe nel dicembre 1916. il nuovo imperatore Carlo l a\ C\ 'a subito manife~ta­ mente ceretto l'armistizio c la p~1ce separata cogli Alleati. Ora. dopo le due sangu inose sconfitte estive, a maggior ragione ci si porcv:1 auendere uno sganciamc nro austriaco.


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Occorreva dunque agire in frena, perché era evidente che gli sforzi degli italiani stavano per aprire la strada di Trieste, la cui caduta avrebbe avuto una tale importanza da provocare , forse , il crollo dell'Austria -Ungheria c, di conseguenza , l'eventualità dell 'ape rtura d 'un fronte itala-tedesco addirittura in Baviera. Così, in Italia, le divisioni degli Imperi Centrali salirono a 37 coll'arrivo sull'Isonzo di 7 tedesche dalla Francia e eli altrettante austro-ungaric he da ll 'Est, mentre i pezzi d'artiglieria raddoppiavano, passando da 2.044 a 4.126. Il resto si sa e non vale troppo la pena di tornarci su con dovizia d i particola ri. La 14ll Armata del generale von Below, composta da 7 divisioni tedesche e 8 austriache, dopo un'intensissima e rapida preparazione d 'artiglieria, il 24 ottobre ·1917 assalì e sfondò il fronte presidiato dalla 2il Armata italiana . Eseguendo il loro piano, gli Austro-Tedeschi, superate la prima e la seconda linea italiane, sfilarono rapidissimi per i fondova lle, lasciandosi d ietro i presidi nemici sulle monrélgne e gettando nel caos le rctrovic. Alle 15 del 24 erano a Caporetto. A sera l'avanzata continuava ancor più veloce. Il 25 furono superati i tentativi di resistenza imbastiti sul Globokak e sul Kolovrat; il 26 cadde Monte Maggiore . Le strade erano intasate dalle truppe in ritirata e da i civili in fuga. Hegnava il disordine più totale. Gli Austro-Tedeschi erano così rapid i c he non s i sapeva dove fossero arrivati, né q uali unità della 2"' Armata esistessero ancora e dove. Il pericolo era enorme: gli Austro-Tedeschi stavano scendendo dritti verso la pianura veneta ed il mare. lasciandosi a sinistra parti della 2~ Armata e tutta la 3>!, cioè , complessivamente, metà del Regio Esercito. Quando il movimento fosse stato ultimato, tutte quell e truppe sarebbero risu ltate accerchiate e perse irrimediabilmcnte. Davanti al disastro incombente, Cadorna prese l'u nica decisione mi litarmente logica c, il 27, ordinò la ritirata di tutto l'esercito fino alla sponda destra del Tagliamento, lanciando la cavalleria contro il nemico per ritardarnc l'avanzata. :--.lei frattempo il caos aumentava. 11 27 i Tedeschi e rano a Cormons. Il Comando Supremo italiano lasci<') Udine nel pomeriggio dello stesso giorno. L'indomani ci e ntrarono gli Austro-Tedeschi. 1nta nto le tru ppe della 2ll Armata si a mmassavano verso il Tagliamento, intasando le strade e, sopratutto, i pont i. senza che nessuno indicasse loro su quale dovevano passare, quali b isognasse difendere c quali si potessero distruggere. La q uasi totalità dei resti della 2a Armata ebbe l'ordine di passare sui ponti eli Codroipo, che vennero distruni prima del necessario, alle 13 del 30 onobre, abbandonando in mano agli Austriaci decine di migliaia di prigionieri e centinaia di cannoni , incolonnati su lle strade in attesa di traversa re il fi ume. li XXIV Corpo fu invece salvato dal s uo comandante. Caviglia in teorin avrebbe dovuto aspettare e traversare il Tagliamento a Codroipo. Tn fisc hi andosi degli ordini. discese lungo la riva sinistra d el fiume e , arrivato a La tisana alle 2


IL 111.0 tn-..lll'lTIIIU F c;u 11.11\11 ' ' ' c \\11'0 \'ili ORIO EM\"' 't:l.f 111 1 c;ll ,\o' , _ __ _ _ __ _ __ _ '-i:..;l;:..;.. 9

di notte del 3. tro,·ò liberi c intalli i ronti su cui era rassata poco prima la 3·' Armata al complcto. 20 Cadorna stava meditando di re"istere sul Tagliamento qunnclo seppe che le avanguardie avversarie erano gif1 riuscire a varcarlo nel la notte fra il 2 ed il :3 nov<.:mbrc ricostruendo il fXIJ7.ialmcntc distrutto ponte ferroviario di Comino. A qud punw si rassegnò all'incv iwbi lc ed ordinò la ririr:1ra al Piave. Già il 27 aveva indicato questa possihili rù. che ora diveniva n:ak:. ma, memore degli insegnamenti napoleonici. aveva studiato quella linea fin dal 1916 quando, dall'alto d'una montagna, l'a\'C"Va indicata agli ufficiali del suo Stato Maggiore, cresta per cresta, ansa dopo ansa. soiTermandosi su ogni paese e su ogni isolotto c terminando colle parole: ''Sip,11ori. i11 caso di disgrazia. ci dijèmderemo qui.").1·' 111 Furono diramati gli ordini. La -t' Armata lasciò il Cadore c le truppe iniziarono a muoversi, di nuovo col nemico alle calcagna, riuscendo a traversare il Piave c ad allesLarvisi. La riti rata era proprio fi nita. Di 4'> divisioni in li nea su li 'Jsonzo due settimane prima, ne erano arrivate sul Pia,·e solo 29 in grado eli combauere. Le altre si erano sfasciare dopo aver tenlato di resistere: 20.000 morti c •10.000 fe1iti testimoniavano la durezza degli scontri di quei 16 giorni. a riprova del fatto che il Regio Esercito non si erano dato alla fuga ma :1\'e,·a tentato tuuo per fermare il nemico.

V) "Molti dubitavano, ma Lui a Peschlera non dubitò" Contrariamente a tultc le aspettative. il colpo di Caporeuo non era stato monn lc, anzi, cr;:t meno grave di quel che ci si san.:I>IK· potuti attendere. Intanto le truppe dell'ala destra della 2~ /\rmara e eli tutta la .3" non erano state accerchiare. cosa che non sarebh<: stara troppo difficile agli Austro-Tedeschi se avessero -;ubito marciato da Udine 'erso il mare. Poi c'erano 100.000 sbandati che, con un po· di pazienza. pote' ano essere rimessi in condii' ione di combattere e rientrare al fronte in tempi relati\·amente hre,·i. Inl'inc le lince di rifornimento italiane si erano accorciate tanLo quanto si erano allungate quelle austriache le quali, olrrcrurto, non erano neanche immediatamente utilizzahili a causa delle interru zioni verifkaresi in due ann i c mezzo eli g uerra su ll e strade e su lle ferrovie dove avevano intersecato il fronte.

'" \l .?Cl ouohr~ 191- ~i lrm,l\ ,tno 111 /.Oil.l 1201cx.omoli\·~ e ~!W)() (.uri k-llo\l;ln d1 , ·ario gt:ncrc. 1),11.1 l'ur~cll/a dell·e,acua/.ion.:. il n>lon11<:llo O'C.Ir \puwlli . capo dd 'erd/io krrm1ano dc.:lla 3• Annaw ;l \.111

(;ior~lo th 'o~.1ro prc'e la cor.1g_~io-..1 dt•u,u•nl· d1 an 1arc 1 m:ni a -d,,l,lll/.1 t h "·~n;• le-. cioè senza n'l'll..'lla

re H r•~·' ;,,o l!lll:r\'allo di dieci minuli Ira un l'OIWoglio l' l'altro. Rl'<ht,l\ a 1:1 !untu ione anche 1x-r un "''" il1dd~·nl\' t hc 'i fo,sc \ 'Crilìcato m 'l').llliiO .1 l;ll•· ordine. contrctno .1 llllll 1 rc:~obmcnli. \ndi> l'k:'l1t' Gr.uk• " lui i ll'rrmwri d\·ili c· militctri IIU"'"uuno .1 'P"·'!. tre 111 "<'ntiquattr'orc a c~·n l).llUno 1u11o quello çhe era a <;r.l di,t'a. Sa)-:1~1do, Ronchi, \ 'ilb Vic~·ntina L' .\quil cia. Tra il 2H e il 29 il tr.lffil'O ,; 'j)O,IÙ 'cmprc più \ 't'NI l'i111er· no e il ~o la <!"'''' tol a l it~ del m;1tcri;1k' c1.1 ollrc il Tagliamento. Fan•11dn 1.1 'pola in cont inuazione. I O~ !reni avcvano ;,ah-:Ho la .)·' Arrnala.


r20 Anche se meno grave di quanto sarebbe stato possibile. era comunque er.1 ur bd disastro e. chiaramente, scoppiarono le polemiche contro lo Stato 1\laggiore. Cadorna si era difeso fin dal primo momento col noto comunicato del 29 ortobre; ma non servì a sa lvarlo: se ne doveva andare. LI Paese non ave\'a piu fid ucia in lu i; e gli Alleati dichiararono che non avrebbe ro fornito alcun aiut() finché Cadom a fosse ri masto a capo del Regio Ese rcito. I\on aveva fatto peggio dc i suoi omologhi francesi, austriaci e inglesi. Visto a distanza di tanti anni può essere considerato un generale nella media del tempo, solo che :'bbe In disgrazia di perdere di colpo un gran territorio clurantL una guerra in cui :e conqubtc erano minime e le :n·an;are alleate si misurm·:mo in metri anziché in chilometri. ln realtà la crisi di fiducia da parte alleara era la scusa che maschera\·a il tentativo francese eli assumere il comando del fronte italiano. Nel corso dei mesi precedenti era stata infart i avanzaLa l'ipotesi di un coordinamento delle azionr <.k:gl i Alleati, ma era ri masto in sospeso il problema di chi dovesse essere il co ordinatore; e acl aggiud icarsi q uella carica miravano appunto i Frances i, nJL· diante una politica dei piccoli passi. ei Balcani l'annata alleata era agli ordini di un loro generale fin dall'ini;io. l' in Francia, ov-viamente, avevano larga voce in capitolo. anche se mira\·ano ad ~1\·e rla esclusiva a danno degli Inglesi. In Italia, im·ece, Cadorna si era sempre sotrrano al coordinamento e non aveva neanche mai dato molta retta alle pressioni che gli perYeni\·ano da Parigt perché attaccasse sull'lsonzo ogni volta che il fronte francese entrava in crisi. O ra, dopo una catastrofe come quella di Capon~tto, Foch pensò che fossc giunta la buona occasione di sl)arazzarsi del suo cocciuto collega italiano ba rat rancio l'aiuto alleato colla sua testa. Così, fra il 30 ottobre cd il 2 novembre, 6 div isioni francesi e britannid1l' passarono le Alpi, ma non vennero mandare in linea: furono dislocate nella ;o na di Brescia per parare un·e,entuale offensiva comro il Garda. Praticamente privo delle unità alleate. Cadorna estese il frorHe della 1'' Ar mara ed attese il colpo che prevedibilmenre sarebbe stato ,·ibrato sul Pian: t sugli Altipiani dagli Austro-Tedeschi. Il 6 ed il 7 si svolse a Hapallo il convegno de i capi alleati, politici c militari. nel quale. p resente il sorrocapo d i Stato Maggiore Porro ed assente Cadorna, i Franco-i nglesi neg<J ro no qua lsiasi aiuto se n on fosse stato pri ma cambiato il Capo di Stato Maggiore italiano. l rappresentanti del Governo accettarono; m:t sorsl' la questione di dove si dovesse fem1are la ritirata. Si pari<'> del .Mincio. dunque dell'abbandono dell'intero Veneto, si discusse e alla fine i capi france -..r c inglc<>i andarono a parlare col Re. E' noto a turri che Vittorio Emanuele I IT passò al fronte l'intero contliuo. allontanandosi solo per bre' i licenze. Diari e ricordi parlano delle sue quotidianL visite ai rep:uti in prima o seconda linea, alle retrovie c ai comandi . Poch issimr per<'> ha nno accennaro <l ll'i ntlusso che il Re può aver avuto sulla condotta delle operazioni. Ma ne ebbe' E, ~c si, fino a che punto?


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Il problema non è eli poco conto. Secondo lo Statuto Vinorio Emanuele era e restava il comandante supremo in terra c in mare. L:.l tradizione inaugurata da suo nonno nel 1866 stabiliva che delegasse il comando a un generale, ma, se avesse voluto. nulla gli avrehhc legalmente impedito eli riassumerlo e nessuno avrebbe avuto il diritto di contestarglielo. Cadorna aveva mantenuro la parola e, fin dall'ini zio della guerra aveva tenuto il comando, lasciaro il Govt:rno a ll'oscuro di tutto cci il lk all'oscuro quanto p ili possibile. Chiaramente non pmev~1 nascondergli rutto, ma era evidente che meno lo informava e più poteva poi ~l\'ere mano libera. Dopo alc.:uni mesi - sintomo preoccupante - cominciò ad omettere dalle disposizioni imp<.Htite ai comandi dipendenti la trJdizionalc fra'>e preliminare "presi gli ordini da Sua Maestà il Re'', poi Virrorio Emanuele inizi() a lamentarsi d'essere stato tenuto all'oscuro di alcuni siluramcnri eli generali. Pen), per quanto facesse, Caclorna non pareva evitare, così come.: non lo avrebbe potuto poi Mussolini. che la prc~cnza elci Re si risolvesse in un 'i nfluenza più o meno d irc.:lla. D'altra patte, se V ittorio Emanuele si fosse impuntalO, a Cadorna non sarcbl x: restato altro che ubbidire. Fino a Caporetto sembra però che, a patte la lettera del 1916 a Nicola 11 per sollecitare l'offensiva russa d'alleggerimento in Galizia. l'unica , ·olta in cui Vittorio Emanuele abbia agito in modo determinante. l'unica ,·olra che si sia impo'>tO a Cadorna sia stata quando. 'iMe le altissime perdite antte nel luglio 191- nel Tremino dopo la presa <.kii'Ortigara. consigliò - dot' in pratica ordinò - la cessazione dell'offensiva. Dopo Caporetto il Re si era spostato a Homa per consultarsi col nuovo Presidente del Consiglio Vittorio Ema nuele Orlando c, d'accordo con lui, il 28 ottobre decise di sostin.1irc Cadorna. Q uando i delegati alleali il 9 novembre arrivarono a Peschiera. il Re parlò con loro per due on.:. Difese a spada tratta i soldati, attribuì la colpa dello sfascio in parte alla nebbia che aveva f<norito il nemico, in parte alla propaganda pacifista socialista e clericale, in parte alla carenza di ufficiali esperti - numericamente insufficienti quelli d'Accademia. non abbastanza preparati molti di quelli di complemento - poi parlò della decisione eli tenere la linea del Pia,·e. "Durclllte tutto la COI!/erenz a il morale del re dltalia opporce allcFXLLX scrisse poi il primo ministro inglese David Lloyd George. Avrebbe commentato Mussolini , riferendosi alla rx:ssimistica depressione che regnava nel Paese ·· in 1111 periodo d'incertezza, molli duiJiltlf'aJIO, ma Lui, a Peschiera, 11011 d11bitò."L Poi Lloycl Gcorge chiese che Caclorna fosse sostituito; c il Re non ebbe clif'ficoltù a rispondere che aveva g i<'1 provveduto e che era stato scelto il generale Armando Diaz. La notizia destò un <:erto stupore frd gli Alleati. che a\'C\'ano in mente il Du ca d 'Aosta. ma causò un'enorme sorpresa in rutto I'E:-.ercito. Scavalcando turti i generali designati d'armata, o di corpo d'annata ma r>iù anziani di lui. il genera le Oiaz, subordinato del Duca d'Aosta in quanto comandante del XXTTT Corpo, :1ssumcva la carica di Capo di Stato Maggiore de l Regio Esercito, clivcn<:nclo coma ndante del proprio precedente comandante.


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)1. FII.O CO,OlTrORF f Gli l ' Lll.\11 ' l L CA.\11'0 : VllT ORJO E~lA'>:LIIc.l.E IJl E t,IJ A <hll

Il Duca - pare - rimase male. Sembra che, in seguito ai contatti avuti specialme nte coi Francesi, sperasse di ricevere il comando supremo e che fosse particolarmente dispiaciuto di ritrovarsi agli ordini di un suo sonoposto, ma ormai e ra farra e si adattò. Restavano - e restano - da chiarire il motivo e la paternità della scelta di Diaz. Orlando scrisse d 'averlo suggerito lui al [{e il 28 ottobre a Roma e chl' Vittorio Emanuele 111 avesse risposto d 'averlo avuto già in mente anche lui. E' vero c he d i solito una storia quanto più è autentica tanto meno sembra arrend i bile, ma riesce molto difficile pensare che il da poco nominato Presidente dd Consiglio avesse una ta le e tanto detlaglima conoscenza dei generali da poter fare il nome giusto al prirno colpo. Solaro del Horgo asserì che il Re avesse de signato Diaz il 4 novembre, incontrando sull'argine dell'Adige presso Rovigo il ministro deJia Guerra, generale Alfieri. Del resto il Re aveva conosciuto di persona Diaz. l'aveva incontrato una prima volta in udie nza privata il 13 febbra io 191.3, per conferirgli l'Ordine Militare eli Savoia al riemro dalla Libia , poi non poteva non averlo visto nei due anni in cui Diaz e ra stato Capo del Reparto Operazioni del Comando Supremo. Sul campo il Re lo ritrovò nel 1916 :1\ co mando della 49il Divisione e de l XXIII Corpo, dove lo vide in azione nel giugno e poi il 16 luglio del 1917; ma sappiarno che in realtà i contatti erano stati molto più intensi, perché. secondo la testimonianza dell'aiutante eli campo Tenente Paoletti, il Re anelava a trovarlo quasi ogn i settimana al comando dd Corpo d 'Armala. Dopo la visita del 16 luglio ' 17 - Solaro del Borgo lo racco nta - il Re anelandosene aveva detto ''Questo generale un p,iorno potrà seruire:·u Insomma, nonostame il Re lo conoscesse, non ci sarebbe ancora nessuna ragione di negare a Orlando la paternità della nomina, perché ne avrebbe parlato al Re sei giorni prima dell'incontro di Rovigo, ma da dove gli ven iva l'idea d i Diaz ? Sapeva che, dopo aver comandato la Brigata Siena, nel 1915 Diaz era stato chiamato da Caclorna a capo del Reparto Operazioni del Comando Supremo ~.· che vi era rimasto fìno al giugno del 1916, cioè fino a quando non era stato p romosso e messo al comando della 49il Divisione, passando a quello del X:.,"{Jil Corpo soltanto dopo dicci mesi, nell'aprile del 1917 ? Si, O rl ando lo sapeva, perché quando era anelato al rrome e al Comando Supremo Caclorna, in disaccordo con lui, aveva rifiutato d i riceverlo, delega ndo, con un notevole sal to gera rchico, proprio Diaz, anziché il Sottocapo Porro. Così Orlando aveva conosciuto Diaz e l'aveva sicu ramente apprezzato; ma tale apprezzamento e ra sufficiente a proporre al Re un generale che aveva il comando d 'un Corpo d 'Armata da sei mesi scarsi ? Tutto questo porta a pensare che abbiano ragione quanti han no sostenuto che fu un 'idea eli Vittorio Emanuele 111; ma come gli sia venuta e perché vi si sia soffermato resta nel campo delle teorie. E' certo c he l'ottima memoria di cui era dotato doveva avergli fatto ricordare rutto l'operato eli Diaz come Capo del Repatto Operazioni. E' poi evidente che ancora una volla la Casa di Savoia, davanti a una crisi, cercava rifugio salvaguardando gli altissimi gradi dell'Esercito dall'ombra della disfatta per servirsene in caso d'emergenza. Infarti l'ipotesi più attend i-


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bile sulle ragioni della nomina è sicuramente quella ~1vanzara da Franco Bandini. Nel suo Il Piave morrnomva sostiene che la scelta fu casuale e dovuta a ragioni non militari ma politiche. Occorreva, dice, un generale che potesse essere bruciato con t~tc ilità da un'ulteriore sconfitta. senza compromettere né il Duca d 'Aosta, al quale - e lo sappiamo chi Leonida Bissolati - il Re contava eli lasciare il trono in caso di disfatta, né i più a lti gradi dell'esercito, sicuramente affidabili in caso di crisi politica. Se poi la scelta si fosse rivelma felice , tanto meglio per tutti. Quel che è ceno è che il più stupito fu proprio Diaz. Si trovò subito sotto pressione. Neanche 24 ore dopo la sua nomina Comad lanciò 7 divisioni contro l'Altipiano di Asiago. Fu respinto dopo due giorni. Ritentò fra il 12 c il 16, ma non concluse nu lla. Il 13 le 9 divisioni del generale Krauss attaccarono le 4 ita liane che difendevano il monte Grappa ma, a pane qualche guadagno minimo, non riuscirono a far niente. Più a sud Boroevic provò ad o ltrepassare il Piave. ma poté conquistare solo una lesta di ponte nell'ansa di Zenson. Intamo, 1'11, Diaz aveva saputo, con una certa sorpresa, che non avrebbe potuto utilizzare le divisioni alleate, perché i rispettivi governi ne avevano v ietato l'intervento finché le truppe italiane non si fossero dimostrate capaci di tenere il fronte. Quattro giorni dopo. il XXVTJ Corpo d'Armata rientrò in linea, col Vi di rincalzo. Erano i primi soldati della sconfilla 2~ Armata a tornare a combattere. Lo stesso giorno Conrad riprese l'offensiva su ll 'altopiano eli Asiago, lanciando, sorto gli occhi dell'imperatore Carlo, :33 battaglioni contro soli 11 italiani; ma fu respinto e l'indomani conside rò l'offensiva fa lli ta e propose eli sospenclerla. La battaglia d 'arresto e ra tcrrninata. Il 4 dicembre gli Austro-Tedeschi tipartirono: 44 battaglioni e 500 can noni assa lirono i 36 battaglioni italian i che. con 160 pezzi d'artiglieria, presidiavano gli Altipiani, respingencloli prima sulle alture della Val Frenzela e poi, la vigilia ed il giorno di Natale , prendendo il Col del Rosso ed il Monte Valbella: rna senza riuscire a spezzare il fronte. 1'11 Krauss aveva attaccato il Grappa ed aveva occupato l'Asolane, me ntre Boroevic si ributtava contro il Piave già cb due giorni. Il 18 entrambi si fermarono. Boroevic, in patticolare, non aveva guadagnato nulla ed era, anzi, così pressato dagli Italian i della 3il Armata che abbandonò l'ansa di Zenson il 27 dicembre. Il primo urto dopo la battaglia d'arresto era stato retro bene; ora toccava al 1918.

VI) Il "Re Vittorioso" Il nuovo anno non si presentava sotto i migliori ausp ici rer l'Intesa. La Russia, sconvolta dalla rivoluzione bolscevica, si era arresa. Col trattato di Brest-Litovsk del 15 dicembre 1917 aveva dato agli Austro-Tedeschi la vittoria assoluta


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ad ork:me. Ora, da quello che era stato il fronte ru~!->O. affluiYano verso l'Eu ropa Centrale vi,·eri , materiali bdlici c non, ma, sopratutto, le divisioni che. non più necessarie ad est, venivano a rinforzare l'ovest. Infine la Romania era st:.tta liquidata da un pezzo. l'italia aveva subito un colpo terribile, il fronte balcanico era fermo e le truppe americane giungevano troppo lemamente. Al principio dell'anno erano anivare in Europa solo 6 delle 42 divisioni statunitensi preannunciare cd il loro ritmo di sbarco cm di appena una al mese. A Vec'iailles i capi alleari, calcolando di poter disporre di un numero di divi..,iont inferiore a quello degli Imperi Centrali. decisero di tenersi ...uua difensi,·a per nnt<, l'anno. attendendo i contingenti amcticani e pren::dendo l'offcnsi,·a per il 1919 0\'\'iamcnte dall'altra pane le cose erano considerate fa, ore,·olmcntc. La pace definitiva colla Russia era stata firmata il 3 marzo. Da quel momento Ilindenburg aveva com inciato a preparare quello che riteneva l'attacco conclu..,Ì\ o su l fronte francese. Sapeva di dove rsi affrettare, perché bisognava vincere pnma dell'arrivo del grosso delle truppe america ne, ma poiché non se ne prl'\'l' ck:va lo sba rco che in autunno, calcolò che i sei mesi d i tempo che aveva da vanti fossero sufficienti. Chiese. come già nel '16, un aiuto agli Austriaci, ma d.t Vicnna risposero che non erano in grado di fornirglido perché il fronte ital ian() era di nuo' o in fermento. LI <.: 28 gennaio il 10° Gruppo Alpini a\C'' a riconquistato il Cornonc in Val Frenzela; la Brigata Sassari a\'e\'a ripreso Col del Ho~:-;o e la IV Brigata Ik1 saglieri la cima di Monte Va lbella. Tra febbraio e marzo del 1918 la riorganizzazione del Regio Esercito pote\ .t dirsi conclusa. Erano tornati al fronte 104 reggimemi tra fanteria di linea, alpini c hers;1gl ieri, 47 battaglioni complementari, 8 12 compagnie mitragliatrici. 69 di zappatori c varie d i altro genere. L'artiglieria era stata rimessa in sesto; il ~bt l' ma dei trasponi incrementato. Gli Austriaci a\evano dunque ragione a preoccuparsi ed era comprensihtk il rifiuto di mandare ad l !indenburg le di,·i.sioni chic~te per il fronte occidenr.tlc. il guaio fu che venne ripetuto l'errore del 1916. quando il mancato accordo fra Conracl e Falkenhayn aveva dato vita alle due distinte offensive di Verdun L' degli Altipiani e, come allora, mancò poco che gli Imperi Centrali vincessero. D i nuovo incom inciarono i Tedeschi c arrivarono vicinissimi alla vittoria. Poi, il 23 marzo del 1918 l'imperatore d'Austria approvò il piano elaborato dal suo Sta to Maggiore riguardo al fronte italiano. Le forze austro-ungariche erano divise in due gruppi d'armare binari. Il primo doveva as:-;:-tlire dal Trentino il fianco sinistro degli Iraliani fissandolo e. eventualmente ma non necessarianwn re, '>fondandolo per prendere alle spalle le loro linee ~ul Piave. Contemporaneamente dm l'\ a scattare l'artacco frontale dd secondo gruppP armate, comandato da Boroe,·ic. Pre~i fra i due grurri, i difensori sarehherP crolbti, consentendo il raggiungimento dell'Adige c dci due obbierrivi dcll'offcn siva: qudlo strategico, Verona, e quello di prestigio, cioè Venezia , difesa dalla Y Annata, che stendeva le sue (, divisioni da Pala zzon, presso il Montello, al rnare.

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lL f11.0 CONmrrrORE F. GU lfi.TI~Il ;,t 'l. CA.\I PO : V ITTORIO F.~11\NIIFL E fn E <.; LJ A O!>'! A

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I preparativi erano stati di tale consistenza che, come quasi sempre avviene, qualcosa trapelò o ltre le linee. on tutto, come si affermò poi, ma abbastanza da mettere in allarme il Comando Supremo italiano ed indurlo a predisporre le necessarie contromisure. All'alba del 12 giugno l91R le a rtig lierie del Gruppo Armate Conrad aprirono il fuoco eli preparazione per l'attacco sugl i Altipiani, nome in codice: "Operazione Valanga." Controbattuto tanto efficacemente da essere sospeso già alle 5.30 del mattino del 12, alle 5.30 dell 'indomani il fuoco austriaco riprese e, dopo mezz'ora, la fanteria partì all 'a ttacco. Fu bersagliata selvaggiamente dai cannoni italiani e massacrata. Sul Piave non andò meglio. Boroevic aveva attaccato con foga ed era riuscito ad ottenere alcuni buoni risultati che facevano ben sperare. TI Montello sembrava sul punto di cadere e due teste di ponte erano state create su lla riva destra, guarnendole con R divisioni. Ma Diaz, constatato che il successo difensivo sugli Altipiani aveva cancell ato ogni rischio, fece affluire le riserve a sostegno dei terribili contrattacchi che tutta la linea difensiva lanciava in continuazione sostenuta a fondo dall'artiglieria. Il 19 Boroevic chiese di poter ritirare il suo stremato Gruppo Armate sulla sinistra del fiume c, avuro il permesso, effettuò il passaggio nella notte fra il 22 ed il 23 giugno, limitandosi a conservare u na sola testa di ponte su l basso Piave. Con tro questa il Coma ndo Supremo italiano decise di agire a partire dal 1o luglio; e gli scon tri nel settore continuarono fino al 6, quando gli Austri aci cedettero e ripiega rono , permettendo l'avanzamenro del fronte di 6 chilometri. In Francia, in luglio, i Tedeschi avevano tentato la loro terza offensiva. Grazie al sacrificio del II Corpo d'Armala italiano, Poch l'aveva bloccata ed aveva poi deciso eli attaccare contin uamente per logora re il nemico. Utilizza ndo la gran quantità eli truppe ameticme , c he sbarcavano ora al ri tmo eli 2-300.000 u omini al mese, gli Alleati cominc ia rono la riconquista dci territori persi con la seconda offensiva germanica, bersagliando il nemico con un'ininterrotta serie eli battaglie locali , che sarebbero durate fino all'armistizio e che sono complessivamente note con1.e Battaglia eli Francia. Il 14 agosto il Consiglio dell'Impero germanico, presente il Kaiser, decise di passare alla difensiva strategica , attuando poi, fra il 4 ed il 22 sellernbre, il ripiegamento sulla linea Siegfried . Q ueste notizie sul favorevole andamento dell a guerra al fro nte francese, le voci, sempre più consistenti, relative al peggioramento delle condizioni interne de ll'Austria-U nghe ria e l'annuncio dell 'attacco alleato contro la Bulgaria decisero il Comando Supremo ita liano a predisporre l'offensiva s ul Piave. Diaz temporeggiò fin o al 25 settembre quando, alla lu ce del favorevole andamento gene rale del conflitto, il presidente del Consiglio , Orlando, cominciò a tempestarlo perché attaccasse.


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Il. 1'11.0 CO,Dl TIORF f GLI l -IT I\fl .'l 'l. Ci\~IPO: VllTORJO E MA:-Il.'ELE lf] f { ,f.l AO>l\

Il 29 il Capo di Stato Maggiore si decise. La Bulgaria aveva firmato l'armistizio c gli Austro-Tedeschi avevano distolto varie divisioni da i rispettivi fronti pet imbastire una linea difensiva ai confini sud-orienta li dell'Impero asburgico. Il momento era propizio, anzi, a posteriori, si può affermare che fosse il più propizio in assoluto. Le forze austro-ungariche in llalia ammontavano a 57 divisioni e mezza, con 6.030 pezzi e 564 aeroplani, ed erano articolale in tre gruppi d'armate: quello del Trentina. ora comandato dall 'arciduca Giuseppe, binario come l'altro di Boroevic sul Piave, ed il nuovo Gruppo d'Armate di Belluno, incaricato della difesa tra Piave c Brenta c sottoposto a von Goglia. In totale però solo 36 di\ isioni e mezza erano in prima linea, perché l'Imperiale e Regio Stato Maggiore aveva schierato le proprie forze prevalenremenre in difesa. sulle due lince all'uopo predisposte: la Kaiserstellung, profonda 2 o 3 chilometri, e la Konigstellung, in via di completamento. Dall'altra parte Diaz aveva, da si nistra a destra, le armaLe P, t}il, 12il, fP, IO·' e 3ll. Complessivamente, su 57 d ivisioni c he aveva, ne poté mettere 22 in prima linea c 16 in seconda, con 4.150 pezzi cd oltre 600 bombarde e nella terza settimana di ottobre tutto il dispositivo era pronto per quella che è passata alla storia come la battaglia di Vittorio Veneto. L'onore del primo colpo speltc) alla 4" Armala, le cui 9 divisioni attaccarono gli Austriaci sul Monte Grappa il 24 ottobre 1918, a un anno esano dall'offensiva di Caporetto. Su ll 'a ltopiano di Asiago entrarono in azione g li uomini c.ldb 6e. me ntre quell i della 122 attaccavano sul Piave. TI 25 ed il 26 il fiume in piena arrestò le operazioni lungo tutto il suo corso, mentre la 4 11 Arma ta continuava a combattere , passando sul Grappa da una mischia sanguinosa all '::lltra coi tenacissimi difensori. Nella notte fra il 26 ed iJ 27 il Genio gittò ponti e passerelle sotto un fuoco d'inferno, consentendo alle armaLe 8~, 10ll e 12 ~ d i traversare il fiume c costituire dell e teste di ponte , rispettivamente verso Sernagl ia, Yaldobiadckne ed Ormelle. Gl i Austriaci si difesero con tutre le forze su tutta la linea, concentrando il fuoco delle loro artiglierie sui ponti appena gittati e che il Genio doveva continuamente ricostruire per gli effett i delle cannonate e ddla piena. 11 28 Caviglia fece passare il XVIll Corpo sui ponti usari dalla 12~ Armata l' lo fece convergere sul nemico, consentendo l'ampliamento delle teste eli ponte. Nella notte il Genio gittc) un'altra serie di ponti per i rinforzi che permisero di prendere Susegana e minacciare Vittorio Veneto. Davanti a una simile situazione Boroevic, nel pomeriggio stesso del 29, ordinò la ritirata sulla seconda linea difensiva. Il giorno seguente 1'8" Armata forzò la stretta di Serravalle, la 10" arrivò sul Livenza, la 12ll prese la strettoia eli Quero e la 3\ ricevurone l'ordine, passò il Piave. 11 31 ouohre 1918 l'avversario contro c ui gli lwliani si hartevano da olrrc cem'a nni , l'Imperiale e J{egio Esercito Austro-Ungarico, si sfasciò per sempre.


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Alle 15.15 del 3 novembre la 1" Armara entrava a Tremo, mentre bersaglieri e marinai sbarcavano a Trieste tra scene indimenticabili . Alle 15 dell'indomani la guerra su l fronte italiano finiva. La sera del 4 in ogni città d'Italia venne data la lettura pubblica del famosissimo bollettino eli guerra numero 1268, diramato a ll e 12 de l 4 novembre 1918, che cominciava colle parole: "La guerra contro l 'A ustria-Ungheria che, solto

l'atta guida di S!la Maestà il Re -Duce ,'ùtpremo- I'F,sercito Italiano. iJ?fèriore per numero e per mezzi, iniz iò il 24 maggio 1915 e con fede incroltabile e te11ace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è uinta.··LII Era veramente finita , era la vittoria; c le conseguenze fu rono inca lcolabi li . l p lenipotenzia ri austro-ungarici si e rano presentati alle linee italiane già il 29 ottobre. latori eli una richiesta di armistizio. 11 Comando Supremo aveva fatto loro presenti le proprie condizioni, c he furono accetrate subito tutte, perché previste, meno una , che riguardava l'immediata messa a disposizione del Regio Esercito e degli Alleati delle reti di comunicazione dell'Impero. Il nodo era serio, perché l'imperatore Carlo aveva dato ampie assicurazioni a Guglielmo 11 in merito a ciò, pertanto si dovettero chiedere ordini a Vienna. Dopo il Consiglio della Corona del 2 novembre, dalla capitale giunse risposta affermativa; e l'armistizio fu sonoscrino accettando quella e le altre condizion i. Il 4 Diaz telegrafò a Parigi comunicando c he, se i Tedeschi non si fossero arresi, gli Italiani avrebbero marc iato contro eli loro da sud-est. Intanto lo Stato Maggiore de l l{egio Esercito cominciava a pianificare l'invasione della Germania attraverso l'Austria occidentale c l'Altopiano Bavarese. Per i Tedeschi era un guaio irrirnediabile. Appena il 28 ouobre, il generale Gallwitz aveva affermato: '· ... gli avversari sono sta11chi, hanno suhito molte jJer-

dite. Però, se l'Austria face::,-se pace separata, la sii uazione sarebbe disperata."uu Avrebbe poi scritto Ludendorff: ''Ne!l'ottohre 7978, ancom una volta sulla fronte italiana rintronò il colpo mmtale. A Vittorio Veneto l'Austria non aueva perduto una baltaglia, ma az•eua perduto la guerra e se stessa. trascinando la GermaJtia nella propria rovina. Senza la battaglia distnr/1 rice di Vii/orio Veneto noi avremmo potuto. in unione d'armi con La JV!onarchia austroungarica, continuare la resistenza disperata per tutto l 'inverno. avere in tal modo il tempo e La possibilità di conseguire una pace meno dura, perché gli Alleati erano molto stancbi..,uv Da parte s ua l'imperarore G uglie lmo non aveva sce lta: o p roseguire la g uerra acl oltranza o a rrendersi su b ito. La prima possibilità e ra u n assurdo: J'apertun-1 eli un fronre in Baviera sa rebbe stata troppo. Non c'erano più solda ti a ltro che per tenere la linea dall 'O landa alla Svizzera. Un a ttacco da sud avrebbe portato a l crollo ed all'invasione della Germania; e q uesta non era un'eventualità ma la real tà. Poiché gli Italiani avevano rifiutato di ammellere ai coll oqu i il p lenipotenziario tedesco presenrarosi insieme a quello austriaco il 29 ottobre, il che significava che non volevano una pace separata colla Ger-


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mania, era evidente che o si accettava subito l'armistizio a qualsiasi condizione, o il Regio Esercito avrebbe marciato su Monaco eli Baviera, con conse guenze inirrunaginabili. L'Imperatore lo capì, come l'avevano capito i capi alleati anche se poi si sarebbero presi rutta la gloria della vittoria, negando all'Italia il ruolo fondamen tale che aveva licoperto, e 1'8 novembre abdicò e se ne anelò, aprendo la porta alla pace. Ma i Tedeschi non capirono. on erano stati sconfitti su l campo, né sul mare. L'esercito era ancora forte, dunque perché arrendersi 1 La Germania era stata tradita, ecco la verità, l'unica possibile spiegazione. Quando a lle 11 dell 'l J novembre 1918 il cannone finalmente tacque pure sul tì·onte occidentale, c'erano già tutte le premesse per affermare che presto avrebbe fatto nuovamente sentire la sua voce. La 3u Armata fu sciolta il 29 luglio 1919 e il Duca d'Aosta - il Duca Invitto promosso Generale d 'Esercito per merito di guerra e nominaro membro del Consiglio dell'Esercito, si ritirò a Torino, simbolo vivente dell'Armata che non era mai stata sconfitta dal nemico. Ma come era staro il generale Emanuele Filiberto di Savoia ì Francesco Saverio Nitti, itTitato con lui per l'appoggio che aveva dato a D'Annunzio nell'impresa di Fiume, ne diede in seguito un giudizio durissimo, nel quale però non poté fare a meno di inserire qualche e lemento positivo: "In 8Lterra stette bene al s1w

posto: tutta la sua opera però, fu l'opera di due generali, Vanzo e Vaccari."I.V Più sereno, Angelo Gatti avrebbe scritto: "Il duca ha buone qualità joudamentali: buona intelligenza, carattere, ma è il nemico di ogJZi entusiasmo.. ..se un 305 gli scoppia vicino e non gli fa nulla. egli non si scompone.. .. H' certamente ztamo di un certo valore. Una volta. nei primJ tempi. era quasi nullo: stava a sentire i vecchi generali, non si arrischiava a dire il suo parere. Poi si accorse che spesso indovinava pùì degli altri ed osò... Ha, insomma. assai pitì ill telligenza che cultura. Se avesse avuto la passione per il mestiere che ha il conte di Torino, avrebbe potuto essere ueramente un ottimo generale; ma ... è poco colto; gli manca questo: e la passione. " L'-'1 Con un giudizio del genere, qualunque generale è stroncato, non per la mancanza eli cullura, ma per quella della passione.

Vll) Vittorio Emanuele da Re a Re-Imperatore Se la vittoria obbligava il duca Emanuele Filiberto a ritirarsi a vita privata . costringeva il Re a occuparsi di questioni difficili e gravi, sulle quali incombeva lo spettro della rivoluzione c del disastro. La fine del conflitto aveva gettato l'Italia nel caos per due motivi. Il blocco delle forniture industriali per la guerra dopo l'armisrizio aveva provocato un 'improvvisa contrazio ne della produzione e quindi una valanga di licenziamenti.


[ l Fll.O CO :-l l> L TfORE t GLI IILTIMl \l IL ç,\ MPO: VnTORlO E MAI'il 'F.I.E Ili f. (; LJ A OSTA

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Poiché però gli operai avevano goduto dell 'esenzione dalla chiamata alle armi, salvo una minoranza arruolata nei corpi tecnici, la loro d isoccupazione e ra un fenome no grave, ma indipendente da quello molto p iù vasto dell 'immissione improvvisa sul mercalo del lavoro di milioni eli giovani reduci congedati, appartene nti a lla borghesia , da cui e rano stati tratti gli ufficiali d i complemento, ed alla classe contadi na, che aveva fornilo i soldati. Gli uni e gli altri non poLevano essere Lrattenu ri in servizio perché non lo volevano c perché lo Stato era fina nziariamente esausto. La guerra era costata 148 miliardi di lire, cioè dieci volte più del previslo. Le casse erano vuote c la p ri ma cosa da fare era ridu n·e le spese e, poiché le maggiori e rano q uelle milita ri , si doveva tornare a lla forza d'antegue rra. L'enorme massa eli congedati si rovesciò allora sul Paese per trovare un'occupazione e si aggiunse ai licenziati dalle industrie. 1l costo del lavoro cadde a livelli min imi per eccesso di offerta; il prezzo del pane fu calmierato; il cambio col dollaro americano precip iLc) da lle 6,34 lire del 1918 alle 18,47 del primo semestre del '20 per oltrepassare le 26 nell'ottobre 1922. l prezzi lievitarono, gli stipendi rimasero fermi c I'Ttalia conobbe uno spavenloso periodo eli recessione. Il malcontento acuì la tensione pol itica ed accentuò l'isolamento del Governo, favorendo il Partito Socialista cd il nuovo Pa1tito Popolare di don Sturzo. Entrambi si proponevano al popolo come i più adatti a rappresenlarlo ma, mentre i secondi erano gente pacifica, i primi erano così fram me ntati da non riuscire a controllare le loro fazioni pill violente. Queste in breve tempo s i fecero sempre pill pericolose e , già nel '19-'20, si cominciò a parlare di rivoluzione rossa, insta urazionc della repubblica sovietica e soppressione della proprietà privata. La borghesia si spaventò, si vide minacciata dalla stessa violenza che aveva devastato la Russia e l'Ungheria provocando centina ia d i migliaia eli morri c cercò p ro tezione . Lo Stato liberale non era in grado d i ga ra ntirla , i popolari non erano dei violenti: no n rimaneva che una forza. A q uella la borghesia si appoggiò c quella fece sua pe r salvar.siì dai bolscevichi. Così il Fascismo fu la ris posta an nata che la borg hesia italia na d iede a lla minaccia della rivoluzione socialista. Ora a Vittorio Emanuele lll s i presemava un problema di1Ticilc da risolvere . Come Re, si era tenuto al eli sopra delle p arti. Se non gradiva i Socialisti e i rivoluzionari, non per q uesto apprezzava i Fascisti, c he sven tolavano il loro prog ra mma repu bblicano. Come in Luui periodi di crisi, i Savoia contavano sul le Forze Armate e in particolare sull ' Esercito. Le truppe erano sratc adoperate in funzio ni di ordine p ubblico a p iLI ri prese, sia contro una fazione politica - ad esemp io q uando a Spezia l'anuniraglio Cagni aveva messo a terra i marinai, con reticolati e milraglia rrici e i cannoni delle navi puntati, a presidio della città in occasione delle dimostrazioni operaie - sia per tene re separati i Fascisti dai Socialisti , come era successo a Parma, ma sembrava sempre più evide nte da c he parte si sarebbero schie rate nel caso fossero state o bb ligate a una scel ta di campo.


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primi chiamati in causa e rano i Carabinieri Rea li, c he la voce pubblica ind icava simpatizzanti coi Fascisti, in contrapposizione all a Gua rdia Regia, 21 che, a detta eli tutti, e ra contro i Fascisti. Un'altra difficoltà consisteva nella simpatia che ai Fascisti dimostrava il DuC<l d'Aosta. Era fascista Emanuele Filiberro? La voce pubblica lo affermava, i Fascisti lo dicevano e il s uo alleggiamento pareva confermarlo. Aveva legami col movimento di Mussolini ' Qui si entrava nel vago. Lui l'appoggiava apename nte, ma non si poteva dire c he si fosse schie rato. Pe rò si sch ie ravano, più o mcno dire ttame nte, alcuni degli ufficiali che gli e rano stati vicini in guerra 22 F.ra un caso che la medaglia d'oro generale Gandolfo. si fosse dato da fare per milita rizzare il movimento fascista ? Era un caso che un leale generale come Emilio Dc Bono fosse ai vertici dell'organizzazione fascista c frequentasse il Duca d 'Aosta ? Cosa c'era da aspetrarsi dal Duca d'Aosta ? ln caso di conllitto tra la Corona e i fascisti avrebbe accettato di cavalcare la loro rivoluzione per raggiungere il trono ? Pe r la borghesia italiana l'unica forma di governo affidabile era la monarchia. Vittorio Emanuele lo sapeva; il Duca lo sapeva e lo sapeva Mussolini , c he capì el i dover scegliere fra il mantenimento del suo originario programma - popolare c repubblicano - e l'adeguame nto ai desideri della borghesia. Scelse la seconda strada e fu premiato da un aumento di consensi e finanziamenti tale da metterlo in condizione di Lentare il grande salto. 11 movimento rivoluzionario e repubblicano, che voleva dare la terra ai contadini, s i era trasformato nel partito dell'ordine, ordine che oltretutto dimostrava di sap er imporre e mantenere. Le cooperative rosse distrutte, le camere del lavoro devastate, le se7.ioni socialiste incendiate erano la prova che i Fascisti facevano sul serio; c incontravano favore. L'estate del 1922 segnò la fine della vecchia Italia liberale uscita dal Risorgimento. A capo del governo e ra l'onorevole Facta , sul cui nome era caduto l'incarico dopo una crisi minisreriale lunga e snervante. Mussolini era all 'opposizione

! l Sono que:,to nome anch1'·a comu ncmente la Regia Guardia IX'I' b Pubblica Sicu rezza. Tsti!ll ita da 1\'il!i nel 1919 sopprimendo il prcesistente Corpo delle Guardie u i Cin:'t, era presente in wnc le magg1ori citti1 c p reposta al mantenimento dell'ordine pu bblico l' al disbrigo delle auivit<ì di polizia anlministr<Hi"<l c giudi:t.ia ri:1, esd11>C però quelle in,·estigati,·e. App<lrtene\'a ;d Ministero dell'Interno. m<~ faceva p;~rte dell<:' Forze i\1 · m:He- i suoi membri '"·eva no le stelleue- e, organiz:r.a1a su un Comando c.;enerale. rell o da u n Tent'nl<' Ge· ner.Jie. e 7 Legion i. ;1l l in<:'av~ 577 ufficia li e eia 2 1 a 2';.000 tm ;;ouu ffi('ial i e guardie, a second a dd periodo 22 Un esempio t;'ra il tenente colon nello Adt:mol lo dei Ht:al i Ca rabin ieri. Dal 1916 alla fine della gul'rr:l era stato al Comando dei Carabink ri della 3' Armata. ~crupolo;.u c rigido cs..:cutorc degli ordini del Duo che dopo Caporcno lo aveva spedito ai pomi d ella Delizia a "mc·Hcrc ord ine" tra gli siXIndati - ne era così stim;Ho che Emanuele Filiberto lo ;l\'C\'a voluto accanto ;1 ~é nel momento cldla k tw m del Bollcuino delb Viuoria, regala nclogli poi, come ricordo, i p ropri gemelli d'oro. Dal 1919 <:'ra stato messo al comando dt•i C.1· rahinieri di Manto,·a e dur<Jnle le Lr<~ giche giornate rosse del 1920 ave,·a repres.'o con t<Jic• fe rmez:r.a - e con solo u na vt:nlina di Car:il>inieri - i lt'ni;Hivi dei So(·ialisli d'impadron irsi della d nà. che ,vlantm·a er:1 ~l ata una dt:lle st:i cill.:l itali :me in cui l'autorir:ì del Cm·emo non fosse stata minin1amt:ntt: le., a. Entrambi i lìgli maschi d el colonnello Ademollo figu ravano Ira i membri fondatori drd Fascio di i\'lantova.


431 e preparava la Marcia su !{oma. "f.: per ottenere un più largo consenso 11ella borghesia .filo-fascista, Musso/in i abbandona la tendenza rep11bblicana e si dichiara monarchico. r.:· l'uovo di Colombo:·L\'Tl Gi<'ì. ma monarchico sono quale Re ? - ci si domandava ancora - Vittorio Emanuele III o Emanuele Filiberto l ? Il dubbio durò poco. Dal congresso fascista di Napoli uscì l'ordine di marciare su Roma, col chiaro avvertimento che la monarchia non e ra in discussione se accettava di non mettercisi, cioè se accettava d i non contrastare il Fascismo. Scrisse poi Leo Longanesi, fascista della prima ora: '·TI piano è molto infantiLe ... Tutlo è contemplato. salvo una cosa: la resistenza dell'avversario ... Ma tutti cmdono che le camicie nere siano dauuero te m i bili... Nulla di pilì inesaflo: l 'armata fascista non esiste; è una massa festante, abit11ata alle adunate e ai col/gressi, completamente disarmata. ma sicura di non incontrare alcuna seria resistenza.·•L''111 Siccome. però, tutti erano convinti che i fascisti fossero realmente ben a rmati ed organizzati, nella capitale ci si preoccupò moltissimo. Avvertito dell a situazione. Viuorio Emanuele lasci<') la tenuta pisana d i San Rossore e alle otto di sera del 27 arriv<'> alla stazione Termi ni . Al Presidente del Consiglio, che era andato ad accoglierlo, disse che si rifiutava d i prendere qu alsiasi decisione sotto la pressione de i moschetti fascisti. Trasferitisi a Villa Savoia, Vittorio Emanuele affe rmò di non volere a Roma '·quella gente!': che Facta gli presentasse delle proposte condivise d<1 tutto il governo ·poi vedrò io cosa sì devejàre." 1lX Durante la notte la situazione peggiorò . Le prefetture e gli uffici telegrafici venivano occupati. le linee ferroviarie e rano interrotte e gli alti gradi del Regio Esercito non sapevano come comportarsi. Alcuni si opponeva no ai Fascisti, altri no. A l{oma i genera li Badoglio, Capo d i Sta to Maggiore, e Pugliese, comandante de l presidio, e ntrambi contrari a Mussolini, decisero per la linea dura e diedero l'alla rme. Avevano 28.000 uomini a disposizione e si valutava la massa della Camicie Nere in arrivo a non più di 25.000. Alle 23 la guarnigione cominciò a muoversi per anelare a presidiare i punti d 'accesso alla capitale e quelli nevralgici, insieme a reparti della Guardia Regia e dei l{eali Carabinie ri . Le stazioni vennero sgomberate e gua rnite, mentre re palti di fanteria e di bersagl ie ri sa livano sui treni, diretti a rinforzare i posti di blocco intorno a Roma. A mezzanotte e mezza il gene rale Pug liese ebbe ordine dal Ministero dell'Interno d i assumere tutti i poteri militari c civili. Patruglioni dell'Esercito giravano per le strade e le porte erano presidiate. i\lle 6 Facta riunì il Consiglio dei Ministri, che decise di promulgare lo stato d'assedio; diede ordine d'affiggere i manifesti e andù dal l{e per farglielo firmare. fu ricevuro solo alle 9 da Vitlo rio Emanuele, che rifiutù la firma: '·Queste decisioni spettano soltanto a me ... Dopo lo stato d 'assedio non c 'è che la guerra civiù!' e poi: "Ora, bisogna che uno di noi due si sacriji'chi." ·'Vostra Maestà non ha bisop,no d i d ire a chi tocca"LX ris pose Facta; e si congedò. Poco dopo il He uscì dallo studio . C'era lì fuori il tenente colonnello Morozzo de ll a Hocca, che e ra l'a iutante di ca mpo effettivo eli servizio quel giorno. Vit-


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I L l' ILO co:-.rm r n ·oHE E GJ.J Jl.T IMJ :-1 ·1. CA \11'0: vm·oRIO E.\1 ·\ \fllPJr III F GLI An' lA

torio Emanuele gli mostrò il decreto portatogli da Facta e disse: ''Volevano farmelo firmare, ma io non l'ho firma.to"LXl Poi se lo mise in tasca c se ne andò. lo stato d'assedio fu revocato e Mussolini, dopo aver fatto capire che non avrebbe accet:L:'lto d i entrare in un governo presieduto da Salandra, ricevuto il telegramma col quale lo si incaricava eli formare il nuovo gabinetto, si presente) al Re la mattina del 30 ottobre . Poi varò il ministero, comprendente solo altri tre fascisti - alle Finanze, alla Giustizia ed alle Terre Liberate - e infine, a sera , s i ricordò di dare l'ordine di marcia re su Roma. Così la Marcia su Roma si svolse in piena tranquillità , a partita vinta, mentre il Regio Esercito rientrava nelle caserme. Per decenni gli storici si sono scervcllati per capire come mai Vittorio Ema n uele, che alle 5 del mattino del 28 ottobre era deciso a resistere - lo si sa perché a quell'ora il suo aiutante eli campo, genera le Cittadini, era al Viminale e parlava in tal senso ai ministri riuniti - alle 9, q uando ammise Facta alla propria presenza, aveva cambiato idea. Anche qui si resta nel campo delle ipotesi c l'unica accettabile sembra essere il desiderio d i evitare la guerra civile minacciata dai Fascisti. Non è questa la sede per d ibattere una simile vexata quacstio che non sarà mai risolta. Ricostruzioni dettagliatissime sono state tentate, ma nessuna ricostruzione potrà mai entrare nella resta del Sovrano o farci scoprire se in quelle ore egli subì delle pressioni, da chi e di che genere. 11 fano che resta è quello noto: il Re chiamò Mussolini al governo e ce lo tenne per i successivi ventun'anni. Che ruolo svolse esattamente Vittorio Ema nuele in quei ventun'anni ? E' difficilissimo capirlo . Tutti gli storici che se ne sono occupati concordano che, durante quello che passò alla storia come "il Vcntennio" , il Re venne messo sempre pi l:1 in ombra, ottenendo dei contentini formali sempre meno consistenti q uanto più passava il tempo c quanto più Mussolini si sentiva sicuro. Le guerre si combattevano sempre più lontano e per motivi sempre più squisitamente politici. Nel 1936 la vittoria in Etiopia diede a Vittorio Emanuele la corona ci'Imperarore, nel 1939 la Spagna sembrò decretare l'apoteosi di Mussolini, nello stesso a nno fu occupata l'Albania, dando a Vittorio Emanuele IJ1 la terza corona e all' I t~-tlia un punto d'appoggio nei Balcani c il controllo dell'Adriatico. Ma era veramente così l Davvero Vittorio Emanuele non contava più nulla ? In realtà non possiamo esserne sicuri perché la sto riografia s ul Ventenni<> redatta dal 1946 a tutta la fine del secolo XX, è stata viziata nella sostanza dalla presenza dci sopravvissu ti che -coscientemente o no, per motivi privati o politici - hanno portaro delle testimonianze monc he, poco attendibi li o apparentemente a tte ndibili. Ma dalla me morialistica relativa a quei ventun'anni, sembra trasparire un ruolo del Re un po' d iverso da quello tradizionalmente attribuitogli. Sono piccole schegge, che appaiono qua c là, ma che messe insieme clanno l'immagine di un potere enorme, tenuto inattivo dalla volomà dello stesso Re e temuto da Mussolini molto più eli q uanto non si ritenga di solito.


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Ad esempio , tutri concordano c he fu il non intervento di Vittorio Emanuele a salvare il pote re fascista dallo scandalo dell'affare Mattcotti; c questo è un punto a favore dell'esistenza di un conc reto potere del Re, anche se non esercitato. Un secondo caso - p iù complesso c molto mal conosciuto - è quello delle lotte del 1929 a proposito delle teorie d'impiego dell'Aeronautica La vicenda è poco nota c difficilissima da ricostruire. In s intesi: De Pinedo, allora sottocapo di St<lto Ivlaggiore della Regia Aeronautica, aveva fatto preparare e diffondere agli Stati Maggiori di lerra e di mare le Df1·ettive per l 'impiego coordinato delle unità dell'Armata Aerea, che e rano la prima teoria d 'impiego de ll 'Aeronautica e la loro logica conseguem:a operativa, che era l'Ipotesi Gl'est, Ipotesi Hst, Ipotesi doppia. considerazioni generali, redatta per i casi di guerra contro la Francia, la Jugoslavia, o entrambe. Poiché la loro resi eli fondo consisteva nell'avocare all 'Aeronautica la condotta strategica di q ualsiasi futuro conflitto, quei documenti scatenarono un 'opposizione feroce, specie da parte della Marina, che ne chiese l'abrogazione. Su i documenti. a quanto pare di capi re, Balbo temporeggiò, ma approfittò del dissidio con le altre Forze Armate per indebolire la posizione di chi li aveva fa tti red igere e d iffondere, cioè De Pinedo, c he reagì chiedendo di fatto al Duce la testa di Balbo. Mussolini non rispose e De Pinedo insisté:. C'era da aspettarsene un appello al sovrano; e fu probabilme nte la paura eli questo che clctenninò il Duce a silurare Dc Pinedo. dimettendolo dalla carica di Souocapo eli Stato Maggiore dell'Aeronautica nell'agosto del 1929. Il fatto, in sé apparentemente marginale , imp licò l'avvento eli Valle c il p iù o meno tacito mantenimento in vigore delle Dire ttive, che sarebbero poi state eseguite praticamente alla lettera s ia in Spagna sia dura nte la Il Gue rra Mondiale. Che ruolo abbia avuto Vittorio Emanuele nell a vicenda no n sappiamo. Passivo nell'estate del '29, anche perché non venne raggiunto da appelli diretti, benché sapesse sicuramente cosa stava accadendo. Più attivo lo ebbe forse in segu ito . Lo deduciamo da Silvio Scaroni, c he nell'aprile del 1934 fu interrogato in merilo dal Re , che poi gli disse: "Lo schieramento secondo l' '·Ipotesi est-ouesr; così come mi dice lei, pare anche a me che sia il migliore."l.XlT Questo implicava un sostanziale accordo e sostegno del sovrano non solo all' "Ipotesi'', cioè al documento specificame nte o pe rativo, ma a nc he alle Direllive, che ne e rano la base teorica; e ciò aiu te rebbe a spiegare come abbiano potuto rimanere in v igore - anche se mai più citate, tanto da far rite ne re acl alcuni c he non siano mai esistite - per essere applicate si può dire aiJa lettera dalla Regia Ae ronautica durante la Guerra eli Spagna c la Seconda Guerra Mondiale nei cieli d 'Europa c d 'Africa. Ancora: dal diario eli Ciano sappiamo quanto il Duce si lamentasse del Re e ritenesse il futuro avvento al trono di Umbe rto Il il fattore determinante pe r la fine del pote re monarchico e la completa realizzazione de lla dittatura: ne deduciamo che, almeno in funzione di deterre nza, il pote re de lla corona, di Vittorio Emanuele W, fosse considerato efficace e temibile a nche da Mussolin i a ncora ne l 1937-38, cioè nel pe riodo d i massimo sple ndore della dittatura fasc ista.


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ll fragore delle armi ed il clangore delle vittorie non impediva all'anziano Re, ormai Re-Imperatore, di diffidare della situazione. Riceveva molte persone, le interrogava, le ascoltava, non parlava c meditava su quanto aveva sentito. Sapeva del progressivo depauperamento delle risorse militari italiane, impegnate quasi ininterrottamente in operazioni di guerra in Libia - dal '28 al '32 - in Etiopia, nel '35-'36, e poi da l 1936 fino al 1940 in quasi tutto il neoconquislalo Impero; in Spagna dal '36 al '39. Sapeva delle enormi spese fatte per sostenere la presenza militare nazionale, diffidava dei Tedeschi , ma non aveva il coraggio d'opporsi a Mussolini. che sembrava sempre piLI fo1te , sempre più popolare e sempre più sicuro. Si tranava insomma di un bi la nciamento eli due paure: da un lato quella nutrita dal Duce nei confronti del potere legale e costituzionale del He e del suo ascendente sul Paese, dall 'altro quella del Re nei confronti del crescente ed inarrestabile potere del Duce. Il colpo p iù du ro al potere regio fu senza dubbio il conferimento della carica eli Primo Maresciallo dell'Impero a Vittorio Emanuele III c a Mussolini. approvata per acclamazione dai due rami del Parlamento. Il Re si infuriò: mai si era visto nella plurisecolarc storia della sua Casa c he allri oltre il sovrano avesse il massimo grado della gerarchia militare. Non l'aveva il Principe ereditario, non l'aveva nessuno degli altri membri dei vari rami de lla Casa Rea le , come poteva averlo il Primo Ministro ? Come poteva essere legale una simile cosa ? Naturalmente Mussolini si affrettò a c hi edere un parere legale c, naturalmente, esso fu positivo. "Data l'imminenza di una crisi internazionale, non voglio aggiungere altra carne al fuoco, ma in altri tempi, piultosto che subire questo ajj1-onto. aurei preferito ahdicare"l.}..1 !l disse Vittorio Emanuele. Commentava nove anni dopo Domenico Bartoli: '·Cast il re ch iuse l 'inciden te. Non aveva difeso i diritti di lihertà sanciti dallo statuto; ma reagiva non appena si profilava una rninaccia alle sue prerop,atiue, che uoleua mantenere j(Jrmahnente integre. Non aueva capito, quando era in tempo per rimediare, cbe le sue prerogatiue poteuano avere uita e significato soltanto in lflt sistema costitu z ionale: cadute Le garanzie dello statuto, non solo i cittadini, ma anche la monarch ia stessa doveva restare sottoposta di fatto al dittatore."LXIV ln realtà. non è che non l'avesse capito. Il fatto è che in quel pe riodo, negli anni successivi alla Guerra d'Etiopia , Viuorio Emanuele lll stava combattendo una disperata battaglia di retrogua rdia per sa lvare le preroga tive della corona dall'avanzata della dittatura totalita ria. La s ituazione istituzionale in cu i I'T talia si trovava allora era decisamente strana. Il Partito Nazionale Fascista, che aveva accentuato in tutti i modi la preminenza della propria immagine s u q uella dello Stato, aveva mirato all'esaltazione, tip ica d i ogni cliuatura , della figura del Capo, cioè Mussolini. Ma l'operazione proragand istica e ra inva lidata dall'insopprimibile presenza del Re. Mussolin i restava, formal me nte, una persona alla quale Vittorio Emanuele TU aveva delc-


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gato alcuni dei propri poteri e alla quale. almeno in teoria , nulla impedi,·a che li pote:-.:-.e togliere se e quando lo m e:-.:-.e ritenuto opportuno. Que:-.ta b teoria; ma la pratica qual era ? ln altre parole: se il Sovrano ~!\ ·es­ se deciso d i riprendersi i por<:ri, avrebbe avuto la capacità, ovvero la for7.a. d i farlo ? Cosa sarebbe accadu to se Mussolini , messo davanti ad una sim ile eventualir:ì , si fosse rifiutato di n:stituirglieli? Questo era il problema elle si poneva a Vittorio Emanuele; ed era tutt'altro che accademico. l tradizionali pibstri della monarchia sabauda erano tre: il popolo. l'apparato burocratico dello Stato e le forze Armate. Di questi: il primo era, a quanto si pote,·a ,·edere. nmo fascistizzato. La capillare opera di propaganda del Regime sembra\ a :l\ er anno pieno succcs:-.o. 1\ lil ioni d 'italiani erano iscritti al Partito Nazionale Fa:-.cista. Era difficile d ire {_fuanto lo fossero per con vinzione e qua nto per opportun it :ì; e non era possibile capire da che parte il popolo si sarebbe schierato in caso di scontro fra Mona rchia e Pattito. l.'cntit:ì dell a reazione eli gio ia seguita ai falli del 25 luglio 19/tj sa rt:bbe stata una so rpresa pe r turti perché, dopo ,·cnturù1nni cl'imbavaglianwnro del dissenso l' di magnifkazione della \'astità del consenso politico, ne!'lsuno aveva più modo di comprendere la realtà della situazione. Lo ~tesso discorso vale,·a per la burocr..tzia. L'appara((.) ~ratale era ormai composto solo da funzionari iscritti al P~111ito. Co~a ci -..i pote\'a aspettare c.Ia loro ? 'kssuno poteva dirlo. Re:-ra,·a l'ulrimo pilastro, il pir) ,·ecchio, il più sicuro, il più for1e. Per quanto int cn:ssava b soluzione d'una crisi istituzionale intern~r ci<') che conrava era il control lo del territorio, che solo le trupp<.: di terra pot<.:va no garantire. Ora, ne lle l'orze Armate in generale <..' nel Rcgio Esercito in pa rticolare, il personaggio pil't importante in assoluto era e rc:-.t:wa la Maestà de l Re Imperatore. Al secondo posto veniva Sua Altezza Reale Urnbet1o di Sa\ oia . principe eli Piemonte, erede al trono, generale d'armata ed ispettore cldl'Arma di Fanteria; poi. terzo. il Duce. ~l a ci si porc\'a fidare deii'E:-.ercito, delle Forze Armate ? L'Aeronautica, per e:-.cmpio, non era da tutti consider<.tta l'Arma fa~cista per eccellenza ? F. gli ufficiali suha lterni eli tutt'e tre le Forze Armate non erano tutti g iova ni cresciuti nella propaga nda fascista ? E b M ili zia ? Quanto sarebbe stato possibile superare una prova d i forza in un territorio ca pillarmente controll aro dalla Milizia che era Ferroviaria. Postelegra fo nica, Porruaria . Confinaria, Forestale. della Strac.la , Marinara. per la Difesa Antiaerea Territorial e e Univcr:-.iraria ' l l Re era una pcr:-,ona cautbsima e proprio per questo propensa a sfuggire lo ~contro dircno. D'altra pane a chi sì sarebbe potuto appoggiare ? Agli Italiani? Era un rbchio. Alle nazioni straniere ? Si sarebbe tirato addosso l'accusa di tradimento. \ìon c'era scelta: hisogna,·a opporre una resistenza passiva e ritardare quan!O pil't possibile la fine c.lt:lla monarchia per mano della clirtarura . Per questo ormai Virrorio F.ma nuclc Ill era riclotro :1lla mcra ratifica deliL' decisioni del Duce. Una clelll' pochc su cui non ehhc molro da ridire, limitan-


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do~i acl esprimere un dubbio presto dissipaw. fu in merito al nuo,·o viceré d'L:tiopia propostogli da tvlus!>olini nel 1937. L'L:tiopia era stata conqubtata in fretta. Il Maresciallo Badoglio era entrmo in Addis Abeba il 5 maggio <kl 1936. aveva ricevuto l'investitura a duca d 'Addì., Abeba e la nomina a viccré <l 'Etiopia, ma, invocando tutti i pretesti possibili , si era tenuto l'investitura ed aveva lasciato il vicereamc al suo collega. nemico l ' successore Graziani. Questi aveva comi nciato a combattere cnergicameme i fo colai di resistenza accesisi qui e là nel neoconquistato impero, ma aveva ecc<.' elmo. Era stato fatto oggetto d'un attentato, aveva reagito anche peggio di pri ma c la situazione si era così ina~prita da consigliarne il richiamo. Mussolin1 ;1\ e' a proposto allora al sowano la nomina del terzo ,·iceré: era il terzo Duct d 'Aosta, Amedeo di Savoia.

VITI) Amedeo dal Carso al Sa h ara, all'Amba Alagi Amedeo di Savoia, da l 1901 duca delle Puglie, era nato a Torino il 21 otto brc 1898 da Emanuele Filiberto ed Elena d'Orléans. A diciassette anni ancora non compiuti, il 2 giugno 191 S. si era arruolato volontario come semplice ani glicr<.: nel Reggimento Aniglieria a Cavallo. inquadraro nella 3~ Armata , e si L'l,t distinto tanto per la sua condotta da terminare la guerra coi gradi di capitano l due medaglie al valore - una di hronzo ed una d'argento - meritate indipcn dcntemente da lla sua qualitù di Principe Reale. Come il padre e g li zi i, aveva proseguito anche lui la carriera m il itare L'. seguendo le orme del padre. era rimasto in artigl ieria. Dopo un congedo tra scor~o in Africa - in Somalia con lo zio Luigi Amedeo e nel Congo Belga ave va ripreso servizio. ,'vlaggiore nel 1923, nel 192) a\'eva fallo domanda per essere trasferito in Libia c il 22 ottobre dello ::.te'>S<> anno era giunto a Tripoh col grado di Tenente Colonnello. assegnato al fortino di 13ucrat el Hsun. nd la Sirtica. 'on aveva fano nulla di speciale fino al 1926, quando in aprile era rientrato in Italia, dove aveva frequentalO un corso di pi lotaggio o ucnendo il breverro in settembre. d dicernbre 1926 il ministro delle Colonie Fcdcrzoni p resemò il suo piano per ultimare la conquista de ll a Libia e. approvatolo in linea di massima , Jo :-i applicò a partire dal gennaio 192H. Si cominciò dall 'occupazione del resto della Tripolitania in ,-ista di qucll.t del desenico Fezzan . Amedeo di Sa,·oia partecipò a ,·a ri scontri sorto il comando di Rodolfo Graziani. Alla tc~ta della 3;1 e della 1• colonna sahariana. il -) marzo 1928 prese :--.Jufilia, dopo a,·cr espugnato . eddan c Zudla ed aver compiuro una marcia di 2.000 chilometri a dorso eli cammel lo nel deserto. c i successivi combattimenti di Tagrift rischiò la v ita e meritò l'Ordine Mili tar<.: di Savoia. Poi operò nel Fezzan . Promosso colonnel lo nel 1929, partecip<'>


fL FILO CO NDlnTO RI:. 1:. Gl.l lfl ll.\ ll Sll. CA,\IPO: V TITORIO F.~IANl FI V f{l lo <;LI AO,TA

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il 21 gennaio 1930 alla presa di Murzuck, riconquislala dopo 15 anni dal suo abbandono. Restava Cufra. Graziani pianificò e diresse la presa di quell'oasi con la sua solita competenza e abilità, affidandone la realizzazione al generale Franchetti, che la conquistò nel gennaio del 1931. LI Duca delle Puglie partecipò, sorvolando l'oasi in ricognizione col suo aereo. Terminate le operazioni colla definitiva sottomissione della Libia, tornò in Italia con un'altra medaglia d 'argento al valor militare per il ruolo svolto come pilota in tante difficili missioni. Ebbe poi il trasferimento in Aeronautica, mantenendo il grado eli colonne llo e ricevendo il comand<) del 4° Stormo Caccia; fu promosso generale di Brigata Aerea, poi di Divisione Aerea ed ebbe la Divisione Aerea Aquila. 23 Nel ·1935 si vide rifiutare dal Re il permesso d'andare a combattere in Etiopia e. improvvisamente, nel novembre del 1937, fu chiamato a Roma e si sentì dire che era stato non1inato viccré d'Etiopia. Il Duca d'Aosta - aveva ereditato il titolo al la morte del padre, avvenuta il 4 luglio 1931 - arrivò ad Addis Abeba nel dicembre del 1937 e rilevò dal suo predecessore, Graziani, una situ azione tragica. L'occupazione del 1936 non aveva raggiumo Lulto l' Impero. Le operazioni di Polizia coloniale, cioè di vera e propria conqu ista erano state portate avanti da Graziani con una durezza tramutarasi in feroce repressione dopo ranentaro eli cu i era rimasto vittima. Politicamente Amedeo fu un'ollima scelta , ma non ebbe il comando delle truppe tranne che di nome. Infatti la condotta dell e operazioni vcru1c affidata al generale Ugo Cavallero, che assunse l'incarico il 12 gennaio 1938 e nel triennio seguente lo esple tù con pieno successo In quesLO risultaLo aveva pesato forse più la politica eli pacificazione del Duca c he la forza delle truppe eli Cavallero. Amedeo d'Aosta aveva saputo instaurare otlimi rapporti co i capi c i maggiorenti indigeni. Mantenendo se stesso e g li Ital iani equidistanti fra le varie e tnie che componevano l'Impero, era stato capace di divenire in pochissimo tempo il naturale punto d i riferimento di rutti gli abitanti dell'Africa Orientale Italiana. Sono d i lui l'organizzazione civile dell'impero aveva proced uto a grandissimi passi. Diviso in cinque governi e un governatorato, a loro volta a rticolati su 300 coscrizioni amministrative inferiori, l'Impero venne d ota to di ospedali, uffici postali , farmacie, dispensari, scuole, mulini, panifici, officine, impianti telefonici e radiotelegrafici. Le strade s i irradiarono per tutta l'Etiopia, raggiungendo in breve tempo l'estensione eli 4.540 chilometri, 3.000 dei quali ultimati e ntro il 1938. Ponti, d ighe, viadotti c gallerie mutarono l'aspetto de l Paese, collega ndo zone impervie e prima inaccessibili. l camie ri portarono agli abitanti dell'interno un primo contatto colla civiltà del XX secolo , diffondendo notizie , dando denaro

23 Al çu i comando meritò una tcrZ<l me<bglia d 'a rgcmo per an~r salvato un pilota Lrae ndolo fuori da un aereo i ncendi~llosi.


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in cambio del lavoro e rivivificando o creando dal nul la il commercio locale fino a llora imperniato s ul baratro - al quale si rivolgevano per tutti i generi al imentari e i materiali necessari. Ampie zone vennero irrigate, fu introdotta la concimaz ione dei terreni, vennero combattute e in gran parte debellate le pil'1 pestifcrc ma lattie tropicali che mietevano vittime dappertutto; e di ogni cosa il Duca si informava, controllando, incoraggiando e ispezionando, tanto le attività civili, quanto i reparti militari . Grandi cure vennero dedicate ad Addis Abeba, Vi furono installate banche, scuole, o fficin e, imrianti idrici, fognature c un acropo11o. Vennero costruiti palazzi moderni , portando da ll 'Italia rullo il necessario, compresi gli impianti igienic i per gli appartamenti, e fu completamente cambiato il volto dell a c ittà fino a farle davvero meritare il suo nome - Nuovo fiore - rendenclola una vera capitale. Quando sembrò che l'organizzazione interna fosse ormai avviata, Amedeo d'Aosta si dedicò ai contatti esterni, recandosi di persona, in volo e informaimente, a far visita ai governmori di alcune colonie britanniche confinanti. Insomma , sia pe r l'esaurimento dei ribelli, sia per ridurre gli attriti e le spese. sia soprattutto per la sua grande capacità di governo, nell'annata 1939-1940 il Duca d'Aosta aveva raggiunto un modus vivend i che aveva rese l'Impero abbastanza tranquillo. 24 Proprio nel 1939, il Capo del Dipartimento Egiziano 2'i del Forcign Office avrebbe commentato: "Non si pilÒ assolutamente dubitare del fatto che le forze italiane ahhiano ora il controllo completo dell 'Rtiopiu."Lw Lo avrebbero mamenuto per poco, perché la guerra mondiale stava per lravolgerle.

IX) L'ultima guerra dei Savoia Il 10 giugno 1940 Mussolini dichiarò la guerra. TI Regio Esercito in quel momento era diviso nei 3 Comandi di Gruppo d'Annate, Ovest, Est e Sud e nei Comandi Superiori deii'Afì·ica Orientale, della Libia e dell'Egeo. Tn totale 1.746.0102()

l ·t Lo ~tesso Ahebi' Aregai ritenuto il ca po ribelle p iù impon;mte e periçolo!:>o venne scortato da un ufli eia le d'ordi nanza del Duca ad u n colloqu io sc9,reto col Duc;t d'Aosta. Len uLosi nel pa lazzo 'icercalc. col lo quio d:tl quale risu ltò un compromesso !<ile d<t far vit1u<tlmen te ces.~are l'insurre.donc annata. L'infnrmnionc• venne p ubb licamente forniLa ;t Hom:1 l' I l maggio 1997, :.11la rievocazione d i S.t\ .1{. Ank·dco dt Savoi:~ n uc1 d'Aosw. dal Geoer:de di Squ<tdr:l Ae rea FJa,·io Danit'li - al l'epoca aiutamc di volo elci Duc;1 d'Aosta - il quale. St'n7.a nes.,un prea \Yi~o. si vidt:! contp:uire da,·ami nell'amic:Hncra dd Duca u n u ffici:d<:' it<tliano ed u n Etiop<·. appr<'ndendo sub ii o dopo che si rrallava di Abcbè Arcgai. lS Era il dipanimemo preposto all'Africa Orit·nralc, nclb cu i sfera ricadev;t l'r'\01. 2<• Fonte: VlRG lUO I LARI. S/oria del serl'i zio 111iliJare in ftolia, ,·ol. IV. 1'\c"i lolale ;.ono incluse la t\1ilizia la lVJilizia Comt~tcrca. la Polizia dcll'Afrio Italiana. la lkgi<t Gu:1rdi:1 d i r inanza o ltre, naturalmente, i Reali C;l rabin icri.


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uomini. 199.973r dei quali nell'Impero, articolati in 2 divisioni - una sp<.Tiale, la Granatieri di Savoia, cd una in via di formazione, la Africa -c 28 brigate co loniali cd unità minori. Al comando delle truppe in Africa Orientale era sta to nominato il generale Trczza ni , buon teorico di tal.lica e benvoluto da Badoglio. Trezzani, preso atto della situazionc 2l'ì c degli ord ini el i Roma, ave\'a clivbo 1:1 struttura militare clcll' l mrero in tre scacchieri: Nord, Est c Sud. Arruol:tndo i civil i nazionali presenti in Africa Orientale si ebbero altri 8 battaglioni di Camicie f\ere ed il totale clcllc trurpc salì a 321i.OOO uomini. di cui 5 1.000 italiani. 2'> con una compagnia carri mcdi. uno squadrone cu-ri ,·eJoci. una squadriglia autoblindo e circa 200 aerei. La guerra in Africa Orientale ebbe però ddk caralleristiche peculiari che. sommandosi ai noti problemi del Regio Esercito. determinarono il collasso dell'impero in tempi brevi. Intanto gli Inglesi avevano infiltrato alcuni loro agent i segreti, llaliani al loro serv i7.io. in Etiopia fin dal 19j'5, facendoli arruolare l'ra i volon tari legionari. l n secondo luogo il rilassato d ima politico coloniale aveva attirato nell'Impero numerosi dissidenti. akuni cb quali, già 1'11 giugno. iniziarono a complottare per accordarsi cogli Inglesi c cercare di far cadere il Fascismo almeno in Africa Orientale. magati per mezzo di una pace separata fra il Duca d'Aosta c Londra. Infine bisogna ricordare che le unitù presenti erano numerose, ma non ben dolate e.1° nel complesso non furono ben comandate. Alcuni :-.ostcnnero che, nonostante gli ordini. non c'era volont<Ì di colpire, un po' perché si rendeva a lasciar COll't're cd un po' J)erché si pensnva, forse non del tutto :t torto, che I'AOT, isoi:lta com'era, sarebbe caduta inevitabilmeme e che quindi fosse n teglio d ifendersi anzieh(· attaccare. Ma altri attribu iscono gran pa1te, o b tota lilù, della colpa dell'inazione :tgli ord ini provenienti da l{oma , che anebbcro legato le man i al Duca d'Aosta.

~- Font•·: 'omo;- ~opr:t: r<:r<> ha,ogna br prt''<'nl<' eh.:. :-<.:nmùo l l'lltno -.toranl dd lo Stato .\b~aor..: ddI'F't'rttto, i mihtari italiani t>d indtgt•na 111 ,\ .0.1 "ar..:h11<'ro '>l;Ua 2M.OOO .al IO giugno dd ' 10. Siccom..: b puh hlit.lli<>lll' da Ilari puù anch·..:,"t <.:"l'f<' tnn,idt•r<H:I uffìci:ale <edit.l dal Cl'nlro \Ila '>ludi della Dife,al. ma po 'leri<>ll' l' pttl <kll:agliata. ripono i MIOI d.lli lill'llendoli più prt><.i'i .!X '>t'COndo Dc 13i:t>c. l'i\.0.1. al gaugno del Il) aO ùi,pone\':t di 1(>.000 '<'ltoli. da nai ( 1.615 auw(·arril, 9H 1 c Jnnoni, 2"''i monJi, 3 milioni "' meno di proal'llil i. ·t.OOO mitr.agliatrit i P<'';ll1li. '; 000 k:ggere. 67 2.H(){l l udii. 1.071.000 hnmhc :• m:um , . ben L6 tllili o ni l' m..:zzo di Gll1uCc('. Ci limili:lmo .ad ""sc·rv:are che ra li cifre, certamente in apr<'·''inn:tnti in a., suluto. d il l'nl: tno rid icole- se messe in relatiotH' :dl:t fnrz:a mohilitata. Lnfani. dau Lt for1.1 d1 32t.OOO uomini, 'i h,a: un .IUlO<clrro ogni L99 uomini. ciol: 'i l'no uno pvr compagni:! (gli altri \l'Ìnlli non 'ono rill'\'anti in una gu~;·n~• ,, l'l·r ogr\1 'old:nn: .) homhe a mano,. 'iO <.l rlu< re. S<' poi dal mome GHtuctl' lll' dt·duu.ll\lo .mche "olo .!(Xl rx·r ogni milr.aglaatrict•. la douzaon..: and11 adu.ale. l' non t;Kendo lt> ll<'X:<'"•' rit' thlft'll'llll' fra urtucce da pi,lOI.a ,. d.1 luulc. 'ccnde a .,.<; a ll''l.l '<'11/,1 1.1 po,,ihilita di rke,·ert' riform fll<•nll d.alb \ladrqxuria . Trl' homlx· .1 m.mo .... 6 colpa a te.t,a per 1.1 dur.n.a dun·tmer.l guerra 1 _., \'a ricordato che 'ull'l'fft:tttl a n>n'i''''n7.t dd le forze ùell'lmpt"ro tl h.<lkno ddk ciirt• è tale tLl "<·or.l).().(i.lr<· 'hiunqu,'. :andando da a WH.O<K, d t< ht.ar.ua d;all'lmt·ndeme genenalt· di .ttlor.1 ai lllO.OOO indk:ni da 0.,1\IF LffiKIO Storico. ~· Hl'.,l.l comunqut> il f;~uo dK· n..:l g •ugno 19~0 gli Alk<Jli nnn polt'\',1110 oppom:• ;all'AfriGI Oril'lll.llt• .d lro d1l' d tl':l JO.OOO uomini. nt'.'>Sllll 111<'1/0 cor.tncllo e un Ct'ntinaao da ,ll'l'l'i <Cllllro i circa .)00 dell a lkgi:t A<'l'lll1:tlllll':l.


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IL 1'1 1.0 CONDlTITORE E GLI llLTJMJ >l'l C:\MI'O: VnTOHIO F.~Ji\NI ·l'l F l Il l. c;11 A<-bH

Il problema fu, caso mai, che le truppe italiane erano poco mobili c che, alla lunga, gli Inglesi ne avrebbero saputo profinare. Per gli autocarri c'erano pochi pezzi di ricambio, da tre a se i mesi d i nafta e di benzina e niente gomme di scotta. Ogni volta che si mandava un'autocolonna a pottare rifornimenti alle truppe opera nti in Somalia c Kcnya, si doveva dare per scontata una perdita di due autocarri , cannibalizzati per rimettere in sesto gli altri, usurati da lle miglia ia d i chi lometri percorsi. Sia come sia, a dispetto del pessimismo dei comandanti, suffragato ed alimentato da informazioni del Servizio Informazioni Militari che gonfiavano all'inverosimile le forze avversarie, le truppe nazionali ed indigene appena si misero in moto conquistarono, in Kenya il sa liente compreso fra Moyale ed El Uach; al confine fra Sudan c Kenya la sponda nordoccidentale del Lago Rodolfo; ed in Suclan Kurmuk, Gallabat c Cassala. Se gli alti comandi avessero tenuto gli occlhi apetti, si sarebbero resi conto che le vittorie colte nell 'estate 1940 indicavano la presenza d 'un avversario debole; ma non fu così. La presa della Somalia Britannica, ultimata dal generale Nasi con 40.000 uomini contro 13.000 btitannici il 19 agosto, non solo non insegnò nulb ma, addirittura , fu criticata. La si d isse inutile e d ispendiosa, perché aveva logorato risorse meglio impiegabili in Sudan. Forse era vero, ma a parte il farro che, una volta tanto, le truppe italiane si erano liberate di quella che poteva divemare una pericolosa tesl.a di ponte nemica, l'effetto psicologico di tale vittoria, otten uta contm tmppe nazionali inglesi, sul morale degli Italiani e degli stessi Britannici fu wlc da costituire già solo d i per sé un'ampia giustificazione all'operazione. Caso mai si sarebbe dovuta raggiungere anche la costa sudancsc del Mar Rosso, occupando Suakim in modo da impedire, o almeno rendere difficile, l'invio eli rinforzi nemici dalla Penisola Arabica. Ma anche in q uesto caso, al tenenre Amedeo Guillct, comandante del Gruppo Bande Amha ra, che aveva proposto l'operazione, venne risposto che Roma non consentiva. In settembre Graziani invase l'Egitto. Sarebbe stato il caso d'assalire il Sudan dall'Africa Orientale; ma non fu fmto anche a causa della stagione delle pioggic, che re ndeva impraticabi le il terreno e gli italiani restarono fermi fino a novembre. Intanto gli Inglesi si rin forzavano facendo affluire truppe imperiali, sudafricane c nazionali in Kenya e usando proprio quei porti che Guillet avrebbe voluto occupare, in Sudan. Fecero il primo tentativo il 6 novembre contro Gallabat, ma i tre battaglioni italiani del colonnello Castagnola respinsero l'attacco, riprendendo Gallabat c distruggendo metà dei carri nemici.31 Era una vittoria di gran risonanza a livello africano, ma di nuovo non fu s fruttata in alcun modo; e le forze italiane continuarono a restare ferm e . Non così gli Inglesi , i quali il 18 dicembre cominciarono a farsi sentire in Somalia.

3L Memre la Hegia Aeronautica abbancva nnti i vel ivoli nemici del seHore sen za ripor1<lre perdite.


IL rli.O CO\IDFlTORF. E Gl.l l lTI.\11 ~l'l CA \11'0: V ll1'0RIO E MANl 'ELE li! E GU A OSTA

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Davanti all'incombente minaccia, il Duca d 'Aosta ratificò l'analisi della situazione fatta dal generale Trezzani e , considerando la supe riorità nemica in aerei, mobilità c mezzi corazzati, il 21 dicembre 1940 accettò il suo schema difensivo, articolato sulla costituzione di un ridotto in ogn i scacchiere. Là si sarebbero dovute concentrare tutte le risorse per esercitarvi l'ultima resistenza quando fosse venuto l'éHlacco inglese. Non tarde). In Africa Settentrionale la vittoria eli \Xfavell su Graziani permise il distacco verso sud dell'intera 4<! Divisione indiana con artiglierie, automezzi e carri armati. Dal Sud Africa affluirono in Kenya due divisioni; ed il piano britannico - otTcnsiva da nord per Cassala verso l'altopiano etiopico c, da sud, lungo la rotta seguita da Graziani nel 1936 verso Addis Abeba -scattò nel gennaio 1941. Il 19 il Generale f\iasi decise saggiamente di abbandonare Cassala e ritirarsi in Eritrea per accorciare le proprie linee; ma le truppe nemiche gli vennero dietro rapidamente. Dopo un'accesa battaglia, presero Agordat e, per procedere verso l'altopiano etiopico, si apprestarono a superare un crinale montuoso lungo 240 ch ilometri il cui unico passaggio praticabile da forze motocorazzate era Chcren. Il generale Carnimeo, coadiuvato dal generale Lorenzini, anima della difesa, assunse il comando della piazza. Profittando dell'interruzione causata dalle retroguardie della L).i! Divisione Coloniale, che in ritirata da Agordat avevano fallo saltare alle proprie spalle il ponte Mussolini, sul Barca, fermando gli inglesi per 8 o re, Carnimeo gettò una manciata d 'uomini sulle cirne face ndoli lavorare a rotta di collo ed ordinò al Genio eU far precipitare un lungo tratto di roccia sulla strada incassata nella stretta di Dongolas, in modo da ostru irla completamente. Gli Inglesi non potevano aggirare la città a nord, perché il terreno lassù non avrebbe permesso il passaggio dei loro mezzi, e non potevano provare a sud, perché l'unico valico, o ltre a essere così aspro da aver costretto gli stessi Italiani in ritirata ad abbandonare i propri veicoli, era ora sbarrato e p residiato da una brigata coloniale. L'unico accesso a Cberen era la strada , bloccala dalle rocce fra nate e domi nata dai rilievi circostanti, tutti saldamente in mano agli Italiani. Dunque bisognava prima arrampicarsi sui monti, poi p renc.lerne le cime. altrimenti non si sarebbe potuto iniziare lo sgombero della rotabile, e infine, ultimato il lavoro, avanzare su Cheren, per la cui difesa Carnimeo poteva contare su 12.000 uomini. Di fronte a loro, fra Sudanesi. Inglesi, Indiani, Ycmcniti ed Egiziani, artiglieria, corazzati ed unità varie c'erano complessivamente 51.000 uomini. La lotta cominciò il 3 febbraio c proseguì in un incessante infur iare di attacchi e contratracchi fino alla terza settimana eli marzo, mentre la HAF aumentava le proprie fon:e c la Regia Aerona utica vedeva crollare le sue a soli tre apparecchi. Lenrameme gli inglesi riuscirono a prendere le montagne dominanti la stretta di Dongolas e a com inciare lo sgombero de i detriti.


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I L HLO CO:-IDLTIOK~ t Gli l i.TI\11 ' l l \.A\11'0: VrrrORJO E\IA'Illtlt 111 E GU A o,T.\

Il 26 marzo g li Italiani effettuarono l'ultimo attacco della ballaglia eli Cheren: ma le cannonate nemiche li costrinsero a ripiegare; ed il Comando dello Scacchiere Eritreo ordinò la ri tirata eli tutte le forze da Chcren verso Teclesan. All'alba del 27 i primi corazzati bri tannid superarono la strettoia el i Dongolas, o rmai liberata, ed alle 8 entrarono a Cheren, dopo 55 giorni di scontri , trovandola vu ota. Da Addis Abeba venne fatta muovere l'u ltima risetva dell'Impero - il rcsro della Gra natieri el i Savoia - attestandola nella zona di Ad Teclesan il 28 marzo. L'offensiva britannica supen) anche quella linea di resistenza e la ritirata proseg uì per Asmara su Massaua. dove gli Italiani arrivarono il 2 aprile sera. La piazza eli .Massaua, tra reduci da Cheren, Regie Guardie el i Finanza, Marinai e Camicie Nere arrivava si e no a 3.000 uomini con tre batterie da 77/ 28 e una da 120. 11 :3 aprile la 5" Divisione anglo-indiana, rinforzata da unità della Francia Libera , si avvicinò alle lince italiane e fu bombardat<l , poi, nel pomeriggio del 5, gli Alleati intimarono la resa: ma Roma ordinò la resistenza acl oltranza. L'apparato difensivo e ra debolissimo. D ue soli i carri leggeri. niente mezzi anricarro, niente aerei; la difesa più consistente era costituita dai e<tmpi minati. All 'alba dell'8 iniziò l'attacco fina le . Dopo una disperata resistenza i settori sud ed ovest furono sfondati c gli Inglesi entrarono in c ittà. Gli ultimi difensori di Massaua deposero le armi alle 13.30. L'Eritrea e ra rersa. Non era andata meglio in Somalia. Provenienti da sud. gli Inglesi vi erano entrati contemroraneamcnte all'offensiva vibrata contro l'Eritrea nel mese eli febbra io . TI l O la pressione delle truppe britanniche c sudafricane aveva obbligato gli Italiani ad abbandonare Afmacl u ed arrestarsi sulle rive del Giuba. 11 fronre era però troppo lungo per poterlo presidiare bene, cosicché il nemico aveva rotuto supcrarlo in vari punti, vi ncere uno scontro a Gobuin e impadronirsi di Chisimaio. I genera li Santini e De Simone aveva cercato d i tenere almeno il G iuba, ma in una settimana di combattimenti erano stati respinti, perdendo pure Mogad iscio il 25 febbraio e ritirandosi in Etiopia. Tentata e rersa la battaglia d 'arresto a Passo Marcia , De Simonc era stato costretto a rinc hi udersi a Di re Daua, dove si sarebbe arreso il 29 marzo. A metà mese gli erano stati inviati rinfo rzi per imbastire una linea d ifensiv:t sul fiume Auasc; ma l'Barar s i stava sfasciando. l soldati africani delle truppt' colon ia li , d i fronte a ll'incombente disfatta, d isertavano a centinaia al giorno e, mentre il nemico ava nzava, agli lta liani, le cui file s'assottigliavano sempre di pil't, non restava che ri tirarsi, combattendo senza .il minimo appoggio aereo. Il l o aprile le unità italiane si ri uni rono, formando una colo nna di cinque scaglioni per ripiegare su Sciasciamanna, lasciando s ull'Auasc un'aliquota d i copertura , che fu assalita c sconfitta. O rmai era aperta la strada per Addis Abeba; e la città fu sgomberata rapidamente, mettendo i pochi militari rimastivi nei fortini c ircostanti, per difenderla dalle decine di migliaia c.li ribelli eliorici in arrivo. Quando già sembrava che


lL ~l LO CO'iDl 'lTOlW F G li l l TJ\11 'lll CAMPO: VrrrnRIO E'iA ' l iflf Ili E GU AOST.\

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h 11101 O'il>t'ITORF E GU tl.TI\11 ' ' ' 1 \\11'0: \ rnoRio E\t\.'\t'ELE 111 E 1.1.1 A o,,,

niente potesse impedir loro di entrarvi e massacrare i 10.000 civili italiani che \'i si trova,·ano, furono mitragliati, spczzonati a bassa quota c dispersi dagli aerei britannici. Alle 10.30 del 6 arrile la I Brigata sudafricana arrivò ad Addis Abeba c riccvé la resa del presidio. Il Duca d'Aosta intanto si sLava ritirando verso nord, doro aver lasciato i poteri e la cassa dell'Impero al Comitato Italiano eli Acldis Abeba. In seguito a una bauagl ia durata dal l 7 al 26 arri le nei pressi di Combokià, il l o maggio :-.i arroccò sull'Amba Alagi, gesto altamente simbolico m<l militarmente poco utile. Già la sera dell'8 la guarnigione, fiaccata dalle diser;ioni dei militari indigeni c dagli <Htacchi nemici, era ridotta a circa quattro battaglioni nazionali, con podll pc:ai di piccolo calibro a cono di colpi. l giorni seguenti videro continui tentativi di peneLrazionc anrersaria. TI l 1 maggio un potentissimo atlacco rermise al nemico di rorlare le proprie arti glierie su posizioni da cu i j)Olé colpire ogni tratto clcii 'Ami>a. Per tre giorni, SL'gnati da bombardamenti aerei e terrestri la guarnigione res isté; poi, il 17, il Duca d 'Aosta decise la resa, conclusa il 19 maggio. Non restava altra scelta, specie visto che gli Inglesi avevano l'atto infiltrare nel sistema difensivo italiano, a C:lpisaldi. qualcosa come tO.OOO guerriglieri etiopici e minacciavano di scatenarlt al massacro degli Italiani quando avessero finito le munizioni se non avessero acC<.:ttato la resa.32 Il rresidio ebbe gli onori militari: se li er a meritati. In 17 giorni la sola artiglieria britannica l'aveva bombardato con 35.000 colpi. I l giorno dopo, gli Inglesi, colla loro nota correw..:zza, sequestrarono agli ul ficiali itali ani la pistola d'ordinanza che, durante le trattative di resa, avevano promesso di lasciar loro '' permanentemente;" fu !asciala solo al Duca. Ora rimanevano gli ultimi due centri di resistenza incentrati su Gondar neii'Ambara - c Gimma, nel Galb e Sidamo. Entrambi contavano 40.000 uomini; il rrimo dipendeva dal generale . asi, il secondo dal generale Gazzem. Gazzera resse per tre mesi contro due di,·ision i nemiche; ma, il 3 luglio 19 1 l , dopo un ultimo comharrimemo nei pressi di Gore. dm·é chiedere la resa asi resisté più a lungo - ~ettc mesi - fino a novembre. TI 2H novembre fu arraccato per l'ultima volla. I3;mura da un terribile bombardamento aeroterrestrc da lle 4 del mattino, senza munizioni c con pochissimi viveri, la guarn igione d1 Gonclar rcsisté una decina d 'ore rrima di vedere le prorrie difese sconvolt e L' dislrulle più e peggio di quanto era accaduto a Massaua. el rrimo pomeriggio 1\Jasi constatò inutile ogni resislenza. l corazzati nemici erano ormai entrati in città e le munizioni erano finite: non restava che la resa . Alle 1'-l del 28 non.'nt brc 19·d, Anno XX dell 'Era Fascista e Vl dell'I mpero, la guerra regolare in Afn ca Orientale era finiLa. ~~ l nl'orrn:1zione fornila a Rom;l l' l i m.t~~io 1\)<F, :dia rie\oCa7iollL' di "A l{ Amedeo di ~avoi.l Du <.' d'i\<bt.l . dal (;enerale di Squadra i\\?fL':I l'l,l\·io D:111 iel i. all'epoca aiu t:tlllL' di \'o lo del Duca d'i\oM3 c quindi JXl'~l'l ll<' nel ~uo :-.taiO MaggiOI'l' :tll'Amh.t Ala).(i.


lllll ()(()\llt 'l T ORf EGll l 'LTI.\11 ,, L ( \\11~) \ 'lrt<liUO E\t\'>l l:LE 111 F (;ff i\(),1\

a~i fu destinato in Kenya, nello stesso campo di pngtonia dov'era :.taro portato il Duca d'Aosta. Que~t'ultimo era gravemenre malato. Le sue condizioni peggiorarono e il 3 marzo 19t2 la sua anima raggiunse quelle dei suo soldati. Fu sepolto nel cimitero milit;.m.· italiano d i Nyeri, dove ancora riposa. Fu l'ultimo elci Savoia a comandare le tru ppe sul campo.

X) L'assenza del comando e la f"tne della monarchia La partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale non era sembrata una buona idea a Vittorio Emanuele 111. on ,.i si era opposto, più perché timoroso clelIa prova di forza con J\lussolini che per altri motivi, ma non l'aveva gradita. Conscio dell'impreparazione mi l i tare italiana, ma com·into, come molti, che il Duce l'nvrchbe fa tta franca grazie alla sua fortuna, il lk -Tmperatore aveva ce rcato d i partecipare al confl illo come venticinque anni prima, tenendosi presso la prima linea e girando in macchina ad ispezionare quotidianamente i reparti. Era stato sulle Alpi occidentali al momento della bre,·e e ingloriosa campagna contro la Francia, nel 19 11 aH'\'a o.,eguiro le operazioni contro la Jugosla,·ia ag girandosi fra le tntppe operanti daii"Istria contro b Dalmazia e la SlO\·enia. poi ave,·a ,·isiwto I'Aibanb in maggio, subendovi un Jllentato; ma dopo d'allora non s'era più recato al fronte, che del resto si era Jll ontanato sempre di più, in Russia c in Africa Seuentrionalc. Del resto non poteva fare pil't nulla. Se nella Grande C~uerra avev::t almt.:no nom inalmente rivestito il comando su premo, racendolo esercitare ai Capi d i Sla lo Maggiore di terra c di mare, adesso aveva qualcosa eli meno. L' l l giugno ·19-10 c'era stata l'ennesima prm·a di forza f ra corona c d ittatura e se ne era usciti coll'ennesimo compromesso. Il Ouce a\-eva preteso il comando supremo. li He ~l\·eva rifiutato di cederlo ed era stato minacciato d 'essere messo cla, ·anti al fatto compiuto. Alla fine ~i era raggiuma una o.,olulione per cui conserva,·a una forma affievolita di comando supremo. mentre affidava a Mussolini il comando delle truppe operanli su rutti i fronti. Non aveva avuto scdta, non si era fatto ill u~ion i . Jn un appunto dato all a Regi na perché lo trasmettesse al Princi pe Umberto, :tveva analizzato freddamente le tre possibi lità che gli si erano parate davam i nel giugno del 'ljO. Avn: hhe poruro rifiutare la guerra c destituire Mussolin i, il qua le poteva resistere c~tusando la guerra ci\·ile e ottenendo l'aiuto tedesco per vincerla. soppri mendo la monarchia c il Re stesso. A\'febbe potuto rifiutarsi di fi r mare la dichiarazione di guerra, abdicare, andare in esilio e tornare sul trono al seguito delle arm~lle alleare quando avessero vinm la guerra. A\Tebhe, infi ne, potuto firmare la d ichiarazione di guerra. JX:~rdcre il trono in caso d i vittoria de ll'Asse o, in caso d i sconfitta, essere ritenuro responsa l)i ]e della stessa C, forse, cacciatO dal po po lo.


• ell'appunto33 \'inorio Emanuele non dice\·a quale soluzione preferis~L·. ma. da come si comporr<\ appare chiaro che, qualunque potesse essere, scl'i'>L' la terza. che poi fu quella che si verificò. Possiamo -;upporre che. ritenendosi comunque perso e non cn:dc nclo poi troppo alla v irroria degli Alleati. a \'L·~~c deciso di rischiare seguendo l<l possib ilità che gli lasciava almeno un'ipotesi di sa lvataggio. Le cose restarono così fino al 19'-13. quando prima la dbfatta deii'H4 Armata Italiana in l{ussia, poi la resa della P Armata in Tunisia e la perdita dell'Africa v infine lo sbarco anglo-americano in Sicilia fecero aprire gli occhi anche ai piu ottimisti. Fino a quel momcnro il terTitorio metropolirano italiano era staro toccato marginalmente da lla gu<..'rTa. a pane alcune incursioni aeree d'emità rdativamcrHe ridotta; m a ora le cose cambiavano. Perso l'Impero. persa parte dd territorio metropol itano e bombarda to il resto, constatata l'incapacità dei Tedeschi di vincere la guerra ed il loro sempre p iù evidente proposito di di fendere la Germania in Irali<l, i vertici politici e militari <Jvevano cerc<Jto, fin dal p ri nci pio dell 'anno. d i fare in modo che Jvl ussolini si sganciasse da Hitler c ponesse termine al conflitto con una pan: separata. \'i~to che il Duce era invece :,empre più succubc di l Titler e totalmente in capace anche solo di far presenti k: esigenze e gli interc~~i italiani, le speranzl cominciarono a convergere sul Re. Vittorio Emanuele si trovava in gravi difficoltà. Per uscire dalla guem1 don~­ va sba razzarsi di M ussolin i; e per riuscirei doveva almeno neutralizzare il Fascismo, se non eliminarlo ciel tutro. Si pro filava una prova d i forza, alla quale i Savoia del passato avrebbero risposto ricorrendo al rradi;.ionale pi lastro del loro poten.:, cioè alle Forze Annate L', in particola re, aii'E:,crcito. che avrebbe con sentito il controllo del territorio . .\ la il problema era che anche questo pilastro era re'>o poco sicuro da duv fauori, esterni ad esso ma dccisi,·i: la guerra c la i\ l ilizia. che facc,·a da contrai rare al lkgio Esercito. Fra le due pani non correva buon sangue poiché I'F.~cr cito glrardava alla ~1ilizia come un professio n isra guarderebbe un clilenanre prL sumuoso, venendone ricambiato col rimprovero d'essere poco fascista. ciOL'. implicitamente, poco patriottico<.: poco italiano, perch(• apoli rico e dunque. dal punto di vista del Partit o, inaffidabile. Ciò era ovv iamente una garanzia di lc;dt::t al Re ma. essendo le Forze Armate impegnate a fo ndo in una guerra, quanl<l k si sarebbe potute adopera re contro il Fascismo in caso d i crisi. specie se la ,\<!ilizia a\'esse rivolto le anni contro la i\ lonarchia ? Quc-;ta naturalmente era UJÙ.' , ·entualirà. ma si face,·a più concreta man mano che ~i a\'Yicinava la fine dd conflitto. qualunque pote~se essere.

11 Jntegr.1lmcnte riron;,to d•• Anton io SI'I.\IOSA nel StiO \'il/orio /:ma1111de /Il. /'a:;lllzùt di 1111 n•. Ck'. ,\ londatori. 199~. p<tgg. 5)9-560.


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Ili L <Oli \ <" \

Infatti, in caso di sconfitta, ci sarebbe stata sicuramente una crisi istituzionale; e la Corona per sopravvivere avrebbe potuto giocare solo la carta del la dissociazione dal Partito, riversando su eli esso tutte le responsahilitù dell'entrata in guerra c della carti\'a condotta della medesima. L'operazione non sarebbe certo stata indolore cd avrebbe \ isto la sopra\'Yi\ enza solo della pitl forte delle due parti, cioè della meglio armara . ."vla se invec<.' l'Asse avesse trionfato. parado'>salmente la Monarchia sarebbe stata altrettanto c forse più in pericolo che nel caso di una sconfitta; c questo perché, come sappiamo. era da lungo tempo in atto una loua sotterranea fra essa ed il Regime. Il Fascismo, da anni, rendeva a relegare in secondo piano la Corona con alli piccoli ma significtti\·i: ad esempio l'innalzamcnto di "Gim·inczza" al rango di inno nazionale..·. da suonare dopo la .\larcia Reale. questo si. ma riducendo quest'ultima a così poche battute da farla sembrare l'imroduzione all'altra. Ancora: il conferimcmo paritario. al Re <: al Duce, del grado di Primo Maresciall o clell'l mpero, avvenuto dopo la conqu isw dell'Etiopia. a simboleggiare l'uguale i1uportanza gcr~lJ'(; hico-milirare delle due persone, proclromo dell'estorsione. ché tale era stata, al Sovrano della delega a Mussolini del comando supremo in guerra. Si tralla\·a di faui apparentemente minimi. ma che. oltre acl avere un enorme peso i~ritut.ionale e ad irritare terribihm:nte il Sowano. concretavano esteriormente il desiderio di ,\ ,lussolini di eliminare la t\lonarchia e rimanere l'unico e indiscusso capo della Nazione; e nella rea li zzazione eli questo desiderio avrebbe sicuramente ricevuto il sostegno di Hitler, che si era sempre proclamato suo allievo. amico cd ammiratore e che a\'C\'a spesso lasciato trasparire una forte insofferenza per la monarchia italiana. Ora. poiché il Duce a\'e\·a appunro dichiarato a pill riprese. andK· se in forma privata. il suo inrendimento d'appoggiarsi al Flihrcr per sbaranarsi della Corona dopo la guerra e poiché , di solito, i muri intorno ai politici ha nno molte piCt o recchie di quanto non s'immagini e sempre almeno una bocca per raccontare quel che hanno sentito, l.· molto probabile che il Re si sia reso perfenameme conto eli quale rischio correva. La fine \'iLLoriosa della guerra a\'l·ebbc portato all'instaurazione dell'Ordine "Juovo e. di conseguenza, alla totale preminenza della Germania sul mondo. acl un rafforzamcnro del prestigio eli ."vfussoli ni cd alla concreta possibilit:J che si sentisse abbastanza forte per eliminare la Monarchia. Vit torio Emanuele fil però agì con una lentezza cci una circospe;done tali da far pensare che non :l\'rebbe fatto nu lla senza il genera le Ambrosio. lnfani gli eventi che portarono alla caduta di Mussolini partirono dal proposito che Ambrosio, succeduro al generale l'go Cavallero nel gennaio 19-Q alla testa del R<:gio Esercito c, sempre a Ca\·allero, nel febbraio ·d. allo Stato Maggiore Generale. formulò, appunto nei primi mesi elci 191.3, per togliere eli mezzo il D uce. condicio sine q ua non era possibi le sganciarsi dalb <~crmania e concludere una pace separata cogli A lleati. Sia come sia. tra febbraio e luglio. man mano che la sconfitta si materializzava all'orizzonte. marurél\'a il colpo di Srmo militare. La convocazione del Gran


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Consiglio del Fa!>cismo, il fatto che Dino Grand i ave~se prepararo un ordine del gio rno contro Mu~solini e la norizi<1 che alcuni fra i più alti espon\.!nti fascisti avevano preso conta tto con alti funzionari della lkal Casa si intersecarono con l<1 preparazione della congiura e ne determi narono la data. Occorreva però trovare qualcuno che aves~e nome c consenti~:-.e al Re di non impegnarsi in prima persona nel dopo-Mussolini. per questo il 2 1 luglio Badoglio, assente dalla vita pubblica da d ue anni, fu informato che a\Tehhe dovuto prendere il posto del Duce, ma non gli fu specificato quando. Poi il ge nerale Castellano, longa man us eli Ambrosio, convocò il generale Ruggiero, comandante della Gra natieri di Sardegna, e g li ord inò eli staccare dalla sua divisione, collocata in difesa costiera, alcuni repani da inviare a Roma. Ruggiero ubbidì: cd il 25 mallina giunsero in città due battaglioni di granatieri, che furono di~locati uno intorno al Viminale e l'altro fuori d i Villa Sa\ oia, residenza privata del Re. 11 Gran Consiglio iniziò alle 17 d i sabaw 24 luglio e terminò alle 2 del maltino del 25. Alle 3 Grandi , estensore dell'ordine d<.:l giorno che aveva posto Mussolini in minoranza, inform<) il duc<1 Acquarone, ministro della i{eal Casa. che. a :-.ua volta. alle 6 riferì al He. Quando Vittorio Emanuele IIT apprese l'inaspettato esito della riunione - 19 ' 'oti fa\'orevoli a Grandi, R contrari ed un astenuto comprese che il Partito Fascista era così spaccato da non essere in grado di so stenerc una prova di forza colla Coro na e decise di ch iudere la parrita. Alle 17 Mussolini arrivò <1 V ill a Savoia . Ne uscì venti minu ti dopo, chiuso in un'ambulanza e scortato dai }{cali Carabinieri . Alle 22A5 il giornale radio comunicò che: "Sua Maestà il Re e Imperatore ha acce/lato le dimis.sioni dalla carica

di capo del p,ot•emo. primo ministro sef!.retario di Stato del cal'aliere Benito ,\lussolini ed ha nominato primo ministro segreta rio di Stato il caraliere 11/arescia//o d'Italia Pietro 13adoglio.'·L\.\'l F: fu il tripudio popolare. Cortei sponwne i riempirono le strade d i tutta Italia, svenLolanclo bandiere ed inneggianclo al Re e a Badoglio, i cui ritratti campeggia vano un po· dappertutto. Perché Badoglio ? Il motivo era sempre lo ste:-.'>0 per cui Virrorio Emanuek Il ;we\'a tenuw accanto a sé i generali sconfini nd 18-t8. D ata la situazione gc nerale. occorre\·a qualcuno elle fosse in primo luogo fidato, poi capace. Bado glio appariva fi(hllissirno. La sua carriera aveva laLi molto discussi su cui non i: mai stata fatta p iena luce. Coinvolto nel disastro di Caporctto cd , anzi, in buona parte responsabile eli esso, era stato però l'unico a uscirnc con una promozione - da con1andante di Corpo d 'Armata a :.onocapo di Stato 'v1aggiore del Hegio Esercito, grazie a Vittorio Emanuele Orlando e. si disse, a Ugo Ojetti t' Leonida Bissolari - di\·enendo poi Capo di Staw 1\-laggiore. Avc\·a saputo cogliere tune le occasioni ed era :>talo considerato dall'opinione pubblica un generale di valore. Invece era stato visto come un soggetto sgradito da l f ;tscismo, che no n aveva dimenticato il suo alleggiame nto del 1922 c se n'era provvisoriamente liberato spedendolo in lhasile come ambasciatore. Ne era ritornato quando ~lussolini a\·e\·a don.Ho ingraziarsi le Forze Armate durante la crisi del-


449 l'affare Nl3tteolti. Era divenuto governatore della Tripolitania e poi aveva colto altri allori in Etioria. O meglio, la v itto ria in Etiopia nel 1936, anche se dovuta ad altri, era stata mtribuita a lu i. così come le responsabilità del disastro in Grecia nd 1940, in gran parte sue. non erano venute all 'orecchio della geme, rer cui le sue dimissioni nel dicembre di quell'anno l'a,·e,·ano fatto apparire una ~orta di carro espiatorio degli errori di ~ l ussolini. Ora, dopo quasi tre anni d·a~scnza, Badoglio veniva chiamato perché militare, perché contrario al Fascism o e perché fidato. Assunse l a carica e agì sul p iano interno con du rezza c decisione. Non furono consentiti disordini , i Fascisti p iù noti furono incarcerati o !'>i diedero alla marchia c l'Italia venne retta da un regime di Polizia che differiva dal precedente solo nella forma. • ci "!5 giorni in cui resse il governo, Badogi io prese contatto cogli Alleati ed arrivò rapidamente alla firma dell'armistizio di Cassibi le, il 3 ~l'tlcml>re, trovandosi. a questo punto . davanti al problema di com e comiX)Itarsi coi Tedeschi. Dopo l'arresto di M ussolini la Wehrmacht aveva subito inviato in lla lia altre 6 division i, raddoppiando quindi i propri cffcuivi, e poi altre ancora. Hitler era convinto che la Corona avrebbe fatlo b pace separata e si preparava a garantirsi il possesso della Penisola con tutti i mezzi. A tanta decisione dci Tedeschi gli llaliani opponevano il più completo smarrimento e una cena lentezza. ll l:{egio Esl'rCito, numeri ca m ente fortiss imo - all 'R settembre co ntava 3.700.000 uomini - era sparso ai quallro venti. l' 11'' Armata presidiava la maggior parte dd territorio ellenico; la 2" era in Croazia e Dalmazia; la 9" in Albania e nella Jugoslavia meridionale. Altre unità erano nell 'Egeo e. dal novembre 19-12, in Pro\'enza ed in Corsica. Premesso che i rrimi timidi contatti coi Tedeschi per avvisarli che Roma meditava di richiamare in Patria le proprie truppe d'occupazione in Francia e nei Halcani avevano g iù messo in allarme Berlino, che avrebbe cert<tmenle reagito rua lc, cosa avrebbero dovuto fare gli ltaliani all'allo della pubblicazione del l'armistizio' Era \·eramcnte un salto nel buio, perché mai prima d'allora era capitata nel mondo una co:-.a del genere. L'unico accostamento che si tentò di fare era col carovolgimcnto di fronte eli ViLLorio Amedeo 11 nel 1703; ma il paragone non reggeva. Allora i Savoia erano swri cotteggiati, sollecitati ed allellati in tutti i n'lodi dagli Alleati , che poi aveva no manten uto le prop rie promesse. O ra invece era stata intimata cd accenata la re~a senza condizioni, anche se temperata da promesse verba li, che poi però non sa rebbero statç mantenute. ì el 1703 l'cst•rcito ducale era diviso in due parti: una in Piemonte cd una in Lombardia. Cosa sarebbe sucn:s!'>o ora che quello regio era diviso in ono ra1ti ? Per condurre in porto felicemente una simile operazione sarebbe occorso un abile eq uilibrista, deciso, rapido e sprcgiuclic llo; ma non ce n'erano e Badoglio dimostrò tulli i suo i limiti portando l'Italia alla peggior catastrofe che avesse \'isro da secoli. Premesso che all'ano della resa le 49 divisioni e rcp~uti ' 'ari del Hegio Esercito clipenclentno dallo Staro Maggiore Regio Esercito :-.c stanziate


l'50 in Italia, Slovenia (considerata territorio metropolitano perché annessa), Croazia, Corsica c Provenza; c dallo Stato Maggiore Generale - insieme alla Regia Marina eu alla lkgia Aeronautica - se st:.~nziatc in Erzegovina, MonLencgro, Albania, Grecia cd Egeo, la sroriografia ufficiale sostenne in seguito che quanto era accaduto dopo l'armistizio andava imputato all'equivoco in cui Badoglio, Ambrosio e CaMdlano erano caduti riguardo alla data di pubblicazione delrarmistizio stesso. E disse pure che, comunque, lo Stato Maggiore del lkgio Esercito " ... aveuafalto peroenire alle Grandi Unilà dipendenti ... disposiz ioni precise

e lttllo sommato tempc>stive: memoria 44/0P del 2 settemhre 1913, marconiJ.!.ramma 11/.3 570H del 5 settem hre. memoria 45/0P del 6 settembre, fono a maIlO 36415 del giomo 8. .. "LX'VII Ora, è abbastanza ,·ero che le disposizioni arrintrono acl una parte dci comandi, venendo diffuse talvolta fino al livello reggimentale, ma è altrettanto ,·ero che non vennero atruate. Sul come e perché ciò avvenne molto è stato scritto in opere spccifichc c dunque non è il caso d i tornarci sopra. Ma va notato che da molte parti si sostenne, anche su pubblicazioni ufficiali, che lo Stato Maggiore Generale emanò .. d1~çposizioni tardit •e, sostcmziahnenle i11attuahili e che in taluni casi nemmeno giunsero a destinazicme"l.>.'\lll e che il testo della famosa 4!J / OP, n:sraro pressoché sconosciuto al grande pubblico per decinl' d 'anni, era assai oscuro. Per ragioni di segretezza, infatti, essa doveva essere, e fu, distrutta dai destinatari subito dopo la lettura. Caso volle che poi, di tutti i comandi di grande unità complessa che la riceverono, solo pochi. riuscirono a sopravvivere alla bufera; e tra questi cc ne fu uno del quale sappiamo rutto, cioè quello della Cor:-;ica. Al di là di qualunque commento c polemica, vale la pena riportare il contenuto delle "disposiziom precise e tu/lo sommato tempestil'e"5 1 che giunsero laggiù in quei g iorni. Ce lo dice il generélle l)c Lorenzis, all'epoca generale di brigata a capo della fanteria del la D ivisione 1:riuli, stanziata in Corsica: ·'Soltanto il 4 settembre el!,fi:'l~ polel'a prendere l'isimw della famosa ..l14emoria 44" (porta tagli da Roma da un ufficiale di Stato Maggime) nella quale peraltro ll011 si.facel'O parola di alcuno pilì o me 110 prossimo armistizio. Si accelliUil'a però alla probabile eL•entuolittì di ap,gres sioni tedesche, sup,p,erendo misure di precauz ione per oppon1isi (disposizioni proletlìue per euitare swprese e distruzioni o imllilizzazione di map,azzini, de positi, mam{jèJ.IIi eccetera). Un illdubbio preal/arme dunque n ei rip,uardi dc1 Tedeschi_!>6 ma 11111/a di pitì.

Jo l·n·altr.J ri<:o,lnO/tOilt' della +·l 01' (· d.tt;l da Paolo .\londh nd 'li<> Roma 1943. tx·n·, e indirena e h:t

·'~'w 'li quanto g li fu tkth> d;~ chi la le"<.: n 11L' d>fx- notizi:t. 5'> Si parla del gl·rw1~tle 'vlagli, com:tnd:ll1tt• del VII Corpo d 't\rtn:na . cioè ddl<: tntppP d 'ocntpat.ione del la Corsica. riL·mr:uo da Horn. t il giorno prim:t c <'olnpktamc-nte :tl l'tN uro dcll'imminvnt<' armi!>lizio. no no~tantc :wc,~e :1\1.110 numero~i conwui coi piu ahi gradi dello S. M.IU~. l<> Inoltre. pc:r m;t~ior 'l.'grctczz:•. nt•ltt·,to t.ldla 11 'OP non" p.trl.l\.1 che di -comuni-ti . lOI qual<' tcr111111\.' " ,-olevano indrt:m_. 1x•rò i Tedcsdti. l.trllo JX'f b chiarc:-zza c 1.1 prt•t·i,inne.


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La ''Memoria 15", di pitì chiaro indirizzo e urientarneuto p,li giungeua solltllllO il I O sel/emhre. due giorni dopo l'anntutcio dell 'armistizio, quando gli

Italiani in Corsica erc111o già in gue1nt coi Tedescbi. E soltaJJto il malliJJo del giorno l l p,li perl'ellil'a (per tramite del ComaJJdo MariJJcl) tUI telegramma di definitil'a chiarijìcazione a firnra p,enerale Roal/tl: "Considerate Tedeschi come nemici." Quale tempestioità !"LXIX Se que~lO fu quel che accadde per comunicare gli ordini alla Corsica. si può facilmente immaginare il caos in cui poterono trovarsi gli ahri comandi, a parlire da quello della Piazza eli Roma. Alle 17.45 la Reutcr diede n oti~ia dell 'a rmistizio intercorso tra gli Alleati c l'Italia. Alle 19.45 Badoglio lesse ai microfoni c.kii 'E.T.A.R. il cornunicato italiano; e cominciò la catastrofe. Il messaggio dd ì\laresciallo era stato molto generico perché aveva solo parlato di reagire a tutti gl i attacch i da qualunque pane fossero venuti ; ma cosa si dovesse fa rc veramente nei confronti dei Tedeschi e degli Alleati non l'aveva eletto. ·on sarebbe d<wuto essere difficile tenere Roma , distruggere le unità nemiche e bloccare la ritirata di quelk presenti nell'Italia Meridionale; ma non successe, perché al momento cruciak mancò il comando c coordinamento proprio da parte del vertice del le Forze Armate. Se ne erano anelali lulti: il Re , il Principe ereditario, Badoglio e il Governo. Nella noue dall'8 al 9 avevano tenuto una specie di riunione al t'v1inistero della Guerra. Badoglio era terrorizzato, il Re sembrava privo di qualsia~i energia c in balia degli avvenimenti. Né poteva essere diversa mente. Non aveva mai comandato , aveva sempre mediato cd era sempre stato lontano dallo scontro. Aveva trascorso la sua vita a evitare le crisi, a costo eli tutti i compromessi, ma ora c'era una crisi che non permetteva alcun compromesso. Per \ 'iuorio Emanuele IIJ la situazione era ~enza via d'uscita, per Badoglio - abile navigatore nelle nebbie del compromesso c delle sfumature dci gabineu i - era sen7.a via cl'us('ita . Nessuno dci due aveva saputo prendere in mano la situazione c tutto ciò r lw si era deciso era stato un compromesso arrangiato alla meglio c di nessuna utilità: il trasferimento al Sud per dan: all'I talia una continu ità di governo. Era stato un errore: sarebbe :-lato meglio combattere c distruggere le divisioni tedesche presenti fra Roma c Salerno. Qualunque fossc stato il prezzo della lotta , non sarcl>be stato mai tanto alto quanto quello che venne pagato in seguito. Il Principe eredita rio l'aveva intuito. Ave\·a detto eli voler rimanere a Roma a prendere il comando della Resistenza contro i Tedeschi, ma il Re e la Regina gliel'avevano formalmente vietato, lui aveva obbedito, suggellando con quell'ultimo errore la fine della Monarchia. Poi n.1tti avevano lasciato la cap it~d c in auto dir(.'tti a Pescara. ciO\ c si era no imbarcati per la Puglia. Così a Roma il Minbtero dell:t Guerra e gli Stati Maggiori, rimasti privi dei loro vertici e totalmente all 'oscuro del contenuto degli accordi d'armistizio e delle disposizioni della !Jii/ OP, non furono in grado eli fornire b minima spiega-


zionc.: a chi ne chiedeva dalla Francia, dalla Grecia, dalla jugoslavia, daii 'Alhania, dalla frontiera, dalla città stessa. Lasciati a se stessi, i Comandi di rutti i livelli improvvisarono. Alcuni si sfasciarono, altri cercarono di resistere e furono sorraffatti, altri ancora reagirono con decisione c fottuna e raggiunsero qualche buon risultato, ma la maggior parre delle For/l' Armate italiane e della .:\fazione ,·enne travolta dal disastro dovuto al vumo decisionale che si era creato. La catastrofe dell'8 settembre fu clovut~l alla disciplina, alla pau ra di compiere la mossa sbagliata e alla mancanza d'ordini. Se cc n" fossero stati sa rebbero stati eseguiti. Non ve ne furono e. non sapendo cosa fare ufTiciali e trupre non agirono, disciplinatamcnrc nella maggior parte si fermarcno e arresero: la loro rovina. Quesro fu l'atto che distrusse la monarchia e che costò alla Ca'>a di Sa,·oia quel trono al quale aveva miraro per tre secoli c che a\·cva raggiunto da soli ottant':mni: la 111<1ncanza d·anituclinc militare proprio nel momento in cui più ce n'era bisogno, la mancanza clcll 'csc:.:rcizio de l comando quando esso diveniva rill necessario che mai. Vittorio Amedeo II era stato sempre presente e non si era mai risparmiato, conscio clell"inutilità di salvarsi se non si salva,·a lo Stato. Aven1 anno ragione ed ~l\·eva salvato lo Staro. la corona, la dinastia e sé stesso. Duecentoquarant'anni dopo, Virrorio Emanuele TTl anleponev8 la salvezza propria a quella dello Stato abbandonando l'unico strume nto che poteva ancora garantire in qua lche modo l'una e l'altra. Abbandonando l'apparato militare a sé stesso, !asciandolo senza ordini e incapace d'agire, la monarchia per mano del suo capo credeva di sopravvivere ma si uccide,·a. L'avrebbe capito trentatré mesi dopo.


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Il J)'A/F(;IIO, ut., pagg l ~i-l 111

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"'" IUp m \ 'TO\JIO '>l'l'\ O'> \ , l '!l/mio tmmwele 111: l'asili zia di uu re, Ck·'· \lond.tdori. 19');\. p.t~ 90. 1 \.'\'\' Il u>ntramnur.tgho '> \ J( Luigi .·\ medeo di Sa\'oia~Ao,ta duu (k•gli \hrun1 ;tl Capo d1 '>l.lto \l,tgglo· re ddb R<·~ta \l.1mu . .!9 '''lh·mhr.: 1911. np. m l l B.\LDO DEGIJ l BER11, l tiiiiiiiÙ11f<ilo l111~1 ti! .'ituow dnw deglt . ll1m:::::1. Tonno. P;lf';t\ 1.1 . 1910. pag. 119. ''" Rtp ul DE<,! l l IIFHll. l'Il .. p.tg. 1';9. \\\ Idem \\1\ Ei\HICO ( \\'I(;JI \ numo. rtp. in. SIL\'10 13ERTOLDI. lnsta. Rh a/In \llmùt, \lllano. RI/IClli. 191C. pag 211 \\\ DE< :1.1 I IIIFRTI ut . p.1g. l 'JO. \\\1 l(ip in J)f'<il.l l 111 HTI. dt . pag 193. \\\Il

c \\' 1( ;u.\. op l i t .. llj) in. Hrrrrotm. Ul., pag. .!'1'1.

\XXIII ld,·m.

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CAC \JJ, rip. i rl (~IOH<; J o PI\JI. l 'iIii di l 'm1J<'J10 Cagni. \'eron. t. ~Jond.1dori, l 9.~ .... pag. ~'i.! .

XXX'\ Ci\ C\JI. rip. 111 ( ;I()J((;J() PI\JI , cil .. pag. 3'53. 'C\'X\l F\JHICO .\11 1.1.0. rip

in C IORC IO 1'11\ 1, !'iL. p<rg. _y;_1.

in I'IV\ NCO UANDIN I. Il Picwe mormotm ·a ... , Mil;lt)O, Long:ut\.'~1. JC)6H, p:rg. l 11-1. X\WII1 C:1pd lo, rip. in (j JA"-11\ 1 ROCCt\, C'ttdoma. cap.'Toh lt' lrincl'e". pagg. 102 -;\ (' in MARIO SI L\' 1:STRI , ISUII'ZC! l () 17, t'a p. "Ct>-i ,·omhatlcl·a l'e.-t•rdto". \XXI\ Id<! Il), ili. \"XX\ n Cadorn a. rip

:>.l C!\ HLO ~ 1'1 11'•\I(ICI I, rn Tutto la (,'rwnYt. o cura d t Giusc·rpe Pr.:zzolini. ~ l ila no, l.ong.tr1L''I. 19(Jil, p.1g .

290. \I l C. \1(1.0 '>'1'1 11'.\HICII. kk-m. p.tg. 291-2. \I li C \IU.O 'iTl l'Al{ l(.] l, Kk-rn. pa~. 29 1-'i. \l.lll C \HI.O '>Tl 1'.\RI CII, tdl!rn . Jl"l'!

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\JicoLt Il :1 \ mono J:manm•lt• 111. np 111 ""p•no,~~. ('il. p:.g. 1--l. \L\ C \H LO ..... \L..,.\ lm"c~· ,\ lil.mo. "onzo~no. 19.)'1. pag. .?.21.

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\l.\l III'J)f'\Bl RC, /.il 111/ll l't/a. np. in ~IARJO (. \HACCIOLO. Silll<'sl slm'ict, polittul della ~uc•1m mtm dia/e /911 1918. Touno. -.duoppo. 19;\ll. p.tg. 15 L \1\ll l l [)f'\DOHI'I'. llemmw. n p. in <...\1{.\ CCJOIO. cit.. pag.I 'i l.


h 1110 ""un'JOKt. 1 <~Il Ili TIMI, •• < \\11~>: VnToRJo E\1·"1111 Ili f GU AO,lA

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ro.

I.XIX 1'(;() n ... LORI ~I\'7.1S, nal fJI'i lllo afl'llft l mo RHJ1'110, Mibno. p:1g 2'i9.


INDICI



INDICE DEI NOMI Attenzione: a causa della mutevole grafia avuta dai nomi europei fino al primo ottocento, non stato possibile identificare con sicurezza alcuni dei personaggi minori, cos come non detto che i no mi qui riportati sia no sempre scritti nel modo pi diffuso e comunemente accettato, anche se, per sicurezza, sono state riportate le varie grafie riscontrate, disponendo gli opportuni rimandi.

Acquarone, Duc-:1 Pietro, ministro itnliano, 448 Aclémollo. Amedeo, generale italiano. 430 nota Adorno. Agostino, 341 Alba. Ferra nte c.J'Avalos, duca d', generale spagnolo, 20 Albemarle, Arnold _loost van Kcppel, conte d'. generale olandese. 238-241 AJbergoni, cunte Francesco Zenobio Fili)Jpo. generale italiano al servizio rrancese. 164. 167. 189.

192, 200, 201. 230-232, 239. 2·i9 Albornoz. Cardin:tk governatore dello Stato eli Milano, 77 A ldringer, Gio,·::mni. gencn1 lc imperiale. 72 AJessantlri, mastro di campo italiano, 'i6 Alfieri. conte CaLa lano. generale sabaudo. 92 Alfieri. contl' Vittorio, trag..:diografo iwliano, :$64 AU"ieri. Vittorio, genemle e ministro della guerra, 422 Althann, .Johann Michael, come von, 273 Ambrosio, Vittorio, gener<t l..: italiano, 447, 448, 450 Ancre, vedi Concini Andelm. vedi Coligny Anhalt-Dessau, Leopoltl principe von, genera le' pruss i :.~no . ckrto '·I l vecchio Dessau", 23R Anna d'Austria , vcdi Asburgo, Anna cl' Aragona, don Martino cl', generale spagnolo. 78 Arcy. marchese d', ambasciatore francese. 127. U3 Arcgai. Ahebè. guerriero etiopico. -13S nota Argyll , lord John C 1mphdl , duca di , gencr:~lc inglese, 217 Arhemberg, Leopoldo Filippo de Ligne. <.luca von, generale iH1periale, 288 Arneth, Alfred von. storico austriaco. 257 Aro Conte cJ, gencrall: spagnolo, 92 Arouet. françois-M:Hie, detto "Volta ire", 166, 312, 550 Asburgo Casa d'. 20, 24, .30. 53, 61, 72, 73. 75. 76, H9, 245. 272, 300, 316 Asburgo, Alberto cl'. arciduca e generale austriaco. 38R Asburgo, Ann a d ', detta ·'Anna d'Austria'·, regin;1 c reggente eli Frn ncia, 92 Asburgo, Carlo l. cl', imperatore d'Austria e re d'Ungheria. 417. 423. 427 Asburgo. C;u·lo Il d', Re di Spagna. 159 Asburgo, Carlo V d', sacro romano imperatore tedesco e re di Spagna. l 'i, 17-20, 23, 24, 30, 76,

131, 237, 241,315 Asburgo, Carlo Vl cl', sacro romano imperatore tedesco, 159. 204, 237, 242. 24:$, 245, 247, 250-

252. 258, 260, 267. 274, 279-281, 284, 287. 289, 311, 312, 315 Asburgo, Caterina, duchessa di Savoia, 4{)


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IKDI\.E lll:l ~0\11

Asburgo, Ferdina ndo d', arciduca d i Stiria. 59, 60, 67, 71 Asburgo. Filippo ll cl', re eli Spngoa, 17, 24, 25 , 2R. 29. -'iO, -12, 44 Asburgo, Filippo lli cl', re di Spagna, 52, 70, 90 Asburgo, Filipro IV d ', re di Sr agna, 72, 91 Asburgo, Francesco G iuseppe r d', im r eratore d'Austria e re d'Ungheria, 378-382. 4 17 Asburgo, G iuseppe cl', arciduca c gcm·ra lc austriaco, 426 Asburgo, Ci iuseppe I d', sacro romano imperatore tedesco, 204 , 237, 271j , 315, 316 Asburgo, Lcop oldo I d ', sacro roma no im permore tedesco, 125, 127-129, 131, 134 , 14-1, 159, 169171, 275 nota A~burgo, MargheJita cl', arciduchessa e governatrice dc i Paesi Bassi spagnoli, 275 Asburgo, Maria d', arciduchessa, 15 Asburgo, Maria J~ lisahcua d', arciduchessa e governatrice dei Paesi IJassi austriaci, 274, 275 Asburgo, Maria Teresa d'. sacra romana imrx:ratri<:e tedesca, 287, 312, 315-317, 322, 328, 34 l , 3'1H Asfekl, Claudio Francesco Hidal , marchese d', rnarcsdallo di Francia, 307 Asprcrnonl , Francesco Luigi d 'AIIinge, conte d', general e sardo, 3 18,322 Assia-Casse!, vedi llcsscn-Cassd Assia-Dannstaclt, vedi H essen-l )armswd Assia-Rchinfels, Pol bsena d', regina eli Sardegna , 297 Audibcrt, G ian Picl ro, quaniermastro svizzero dell'Armata Sarda. 318 A uersperg, Leopoldo conte von, generale c diplomatico imreriale. 171 , 173 Aviano, fr:He Marco cl'. religioso italiano, 125 Avis, Casa di, 2-18 Avis, Uca tricc di, duchessa d i Savoia, 1'5 Avis, Emanuele I eli, re del Portoga llo, 15 Avis, G iovanni III eli, re del Portogallo, 15 Avis, 1sahdla di , sana romana im peratrice, 15 nota Azegl io, Massimo Tapa rclli marchese d '. suiuore, riuore e politico iraliano, 361, 367 Baden, Luigi Guglielmo margravio di, eletto "TOrkcnlouis'" - Luigi dei Turchi, 37, 123-126, l2R. 130, 17-1, 250 Badoglio, Pietro, marcsdallo d 'llalia, IJ31, -136, 439, 44H-45 1 Balbiano, Alhe1ico, marchese Di Via le, g(~ne rale sardo, 538, 343, 351 Balbo, Italo, m inistro imliano, 4:"$:$ Ba ndini, Fra nco, s1orico militare italiano, 425 13arberini, Mattco, Ca rd inak' <roi U rbano \1!!), 6-1 Barberis, Walter. storico italiano, 50 nota Ba rin, Arvéde. storica francese, 269 13a no li, Donwnico, storico italiano, 392, 434 Baru zzi, Attilio, sottotencntc italiano, 414 Battée, Niklaus von, colonn ello imperia le, 185, 199 nota Ba11hyany, comessa Eleonora, 275, 289 IJava, Eusebio, generale sardo, 367-371, 37'5, 378 13dle-Isle, Carlo Luigi Augusto Fouquct, n mte de, maresciallo di Francia, 284, 2&>. 316, 343, ,141-l Belle-lsle, Armand Fouquet, cavalier dc, generale francese. 343-3-1'5 Rdow, Olio von. generale tedesco. 418 Ueneclek, Luigi Augusto von, genera le austriaco, 369, 370 Bertola, Ignazio, colonnello l'rimo ingegnere sardo , 318 Henv ick, James, fìtz-Jallles, duca di , maresciallo di Francia, 209, 211 -226, 23-1, 23'5, 284-286 13..:s, Michele, generale sardo, 372 Uesons, o Uezons, Giacomo 13azin dc, maresciallo di Francia, 249 Hiscarerti, maresciallo di campo S(l rdo, :318


I NOIU' DEl 1\0\11

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Bissolati. Leonida. politico it(l!iano. 423, 448 Bixio, Nino, generale itn liano, 3~H Rlagnac, Renato conte di, generale sahaudo, 177 Bionde!, Louis Augustin, diplomatico francese, 187, 280 Bogino, conte G iovanni Battista Lorenzo, ministro sabaudo, 3:)9 Boli ngbroke, vedi Sa i nt~John Bo naparte, Napoleone IJJ, imperatore d ei Francesi, 379. 380, 383, 389 Borbone, Carlo d i, duca eli l\e.rry, 209, 216, 220, 22:\ now Borbone, Carl o d i, re d i Napoli come Carlo VII , di Spagna come Carlo LIL 279, 281, 283, 299, 300,307,311-313,327,328,333, 33~ Borbone, Cristina eli, J'vlaclama Reale duchessa reggente di Savoia, 72, 81-89, 11~ l3orhone. cl on Fi lippo eli, duca di Parma e Piacenza. :)00, :)17. )21, .128, :)48 Borbone, Enrichetta Maria d i, regina d 'Ing hilterra, 223 nota Borbone, Enrico IV di, re di Francia e di Navarra. 13-/[9, 223 nota Borbone, Ferdinando IV di, re di Spagna . 340 l3orh one. Filippo V d i. duca d'Angiò e poi re di Spagna, 1S9, 160, 167, 171, 203. 242-245, 247, 2'>1. 267, 307, 3/(0 Borbone, Luigi di, d elfino di Francia, dello "Il G ran Delfino". 223 nOLa l\orbone. Luigi eli, ciuca d'Angiò. vedi Borhone Luigi XV. re eli Francia 13orhonc, Luigi di, duca di Borgogna. 1)0. 209.21 1-2 18.220,221,249 now Borbone. Luigi Xrri di, re di Fran cia c di N:1varra. 57, 5R, 62. 70-73, 75. 77, 78, 81, 85, 86. 89, 213 nota Borbone, Luigi XLV di, re di Fr;m cia e eli Navarra, 57, 91-9.?, 96, 11~, 116, 120, 123, 124 nota, 125, 127, 129- 140, H3, 1'59. 160, 164, 165, 167, 179, 180, 189, 194, 203, 204, 21 1-215, 220-223, 233. 231 , 2/[2, 2/[3, 2'>0-252, 269, 270, 2SI( Borbone. Luigi XV di, re di Francia e eli Navarra, 243, 282, 307, 311, :31 7, 349 nota Ilorbone-Conclé, Luigi 11 di, due<1 ci 'Engbien e prin cipe d i Condé, clerro "il Gran Conclé", 90 Rorhon e-Condé, Lu igi-Enrico, dUGI di Borbone, p oi p rincipe di Conclé, 125 Borbone-Conti, Luigi Am1anclo di, principe di Conti, 332 Borbone-Orléans. A nna di. duchessa d i Savoia. poi regina eli Sicilia e poi eli Sardegna, 185, 297 Borbonc-Orlb u1:;, Carlo tta Elisabetta di, contessa ci'Orléans. 269 Borbone-Orléans, Elena d ', duchessa d 'Aosta, 436 Borbone-Orléans. Filippo eli, duca d 'Orléans e Reggente di Francia, 1R'i-191i, 197-202 13orhon e-Soissons, Maria eli, contessa eli Soissons e principessa di Carignano, 79. 12:~ Borgo, vedi Solaro Boroevic, Svetozar, Barone von Bojna, ge nerale austrounga rico, 408, 423-426 l3o tta Aclomo, Anroniono, feldmaresciallo austriaco, 341, 342 Botta, Carlo, storico ita liano, 87 Bottai, G iuseppe, ministro i1aliano, 404 Boufllers, Luigi Francesco duca di, maresciallo di Francia, 172, 22"1 -226, 232 13ouillon, duca eli , generale francese, 24 Brich erasio, G io vanni Battista Cachcra no, conte eli, genera le sardo, 345, :344 Brignole-Sale, Giovan Bau.ista, generale e doge di Genova, 337 Brissac, Charles de Cossé, signore di , generale francese, 19 Broglia eli Casalborgone, M<1rio, generale sardo. :)6B Broglic. Fra ncesco Maria, Conte d c, marescia llo d i Francia, 249, 270 Broglie. Vittorio Maurizio, conte de, maresciallo eli Francia, 305. 319 l3runet, G .B. , storico militare francese. 187 BrOnswick-Bcvcrn, Augusto, duca eli, generale impcriak. 257


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INDICE DEl ~OMI

Bri.inswick-Luneburg Giorgio Augusto, figlio tk:l seguente, rrincipe ereditario di 11annovcr poi re d'Inghilterra col nome di Giorgio Il, :H6, :336, :348 Brtìnswick- I.Lill(:bu rg, Giorgio Luigi di, elettore eli Hannover c re d'Inghilterra col nome el i G iorgio l , 183. 247 Brusati, Ugo, generale italiano, 39:3 Rullonde, signor de, maresciallo di campo francese, 141 lluonapartc, Napoleone 1, irnreratore di Francia e re d'Italia, 95. 100, 103. 104, 362, 364 Caclogan, barone, poi conte lord William. quaniennasrro generale inglt~sf:, 212, 215-2 1R,227 Cadorna, come Luigi, maresciallo d' Italia, :367, 393, 40'i-·i21 Cagni , Umberto, ammiraglio ed esploratore italiano, :394. 40 1, 402, ti29 Caluso, marchese d i. generale sabaudo, 54 Camisarcli, 206 Capello, Luigi, maresciallo d'Italia, 4!0, 416 Capizun·hi, Biagio, marchese e generale toscano, 52 Caprara Cas;l. 272 Caprara, conte Enea Silvio, signore di Sziklòs. generale italiano al servizio imperiale. 1-.t<l. 2'i6 Carabinieri, vedi Reparti, Sardegna, corpo dei Carahink:ri Reali e, Italia, Carabinieri Reali Caracciolo, Tommaso. generale napolemno al servizio spagnolo, 57, 64 Caracena. Luigi, Marchese di, generale spagno lo, 87, 92. 93 Caraglio, Angelo Carlo Maurizio l sna rd i dc Castello marchese eli , generale salxllldo, 188 Caraglio, marchese di, generale sardo, 318 Carbone, Flavio, storico iLaliano, 362 nota Carlo Emanuele l, vedi Savoia, Carlo Emanuele T d i, duca eli C~t rlo Emanuele H, vedi Savoia, Carlo Emanuele Il d i, duca di Carlo Emanuele 111, vedi Savoia, Carlo Emanuele 111 di, re d i Sardegna Carlo Emanuele lV, vedi Savoia, Carlo Emanuele IV eli, re di Sardegna Carlo Felice I. vedi Savoia, Carlo felice l d i, re d i Sardegna Carlo T, vedi Asburgo, Carlo I lf Carlo Il di Spagna, vedi, Asburgo. Carlo II d' Carlo 111 re di 1\apoli, vedi Borbon e, Carlo d i, re d i Napoli come Carlo V!L di Spagna <.:ome Carlo

nr Carlo V. im peratore, vedi Asburgo, Carlo V cl', sacro romano im perato re tede.sco e re eli Spagna Carlo VI imperatore, vedi Asburgo, Carlo VI d', sacro romano impcraton.: tedes<.:o Carlo VII imperatore, vedi Wi ttel:-:bach. Carl o Albeno d j Carlo À11, re di Svezia, vedi Palminato-Due Ponti, Carlo XTl d i, re d i Svezia Carnimeo, N icola, genera le italiano . 44 1 Caru tti. Domenico. barone d i Canlogno, storico italiano, 125. 20'5 nota Casaulx, Charles, politico marsigliese. 44. 46 Castagnola, Ezio, colonnello italiano, 440 Castclar. Bn ldassarn:: Patino, marchese eli, generale spagnolo, 340 Castellano, Giuseppe, genera le italiano, 448. 450 Castellamonte, Amedeo con te di, maresciallo di campo sabaudo, 171 Castropignano. Francesco Eboli, duca di, ministro c generale nar oletano. 319 Catinat. Nicolas dc, maresciallo d i Francia, 134-146, 14i:l. 161- 165 Cattaneo, Carlo, patriow itali<1 no, 375 Cavalier, Jean, colonnello francese al serv izio sahaudo, 206 Cavallero, Ugo, maresciallo ci 'Tralia, 437, 447 Caviglia. Enrico, maresciallo d'Italia, 399, 1 104. 416. 418, 426 Cavour, Camillo Benso, conte di, primo m inistro sardo, 374, .389 Cesare. Caio G iulio, generale e politico roman o, 96


l '<Ili( l l li l "'ll\11

Chamamnt, \ iuorio Francc·sco. conte di. brigadiere france~e. figlio del mare-.<.iallo di Bro~lie . .30"i Chamillart. \lkhcl tk·. minbtro france-.t> . .223 Chandler, Da\ id, ~torko militare ingle-.e, 223 Chauvdin, Teodoro C hL'\ ignard. ~ignorc· di Gcrm:.tin Louis dc, mini-.tro hanu:M:. 2H2 Ch:-t\ ignv. amb.t-.ciuon: eh rranda a Torino. 8S Chiabrcra, Gabridlo, poeta italiano. S8 Chrzanow-.1~.~. Alhen, generale pol.tc<.:o al :-.ef\ izio ~ardo, 3-.2. _)8Churçhill, John. n-<11 ~l.arlborough Churchill. \'\'in-.ton "Penn·r. politiw L' storiogmfo inglese, 1-6. 205 Cialdini. Enrico. gent>rak italiano. r"~. 38.3-389 Ciano, GalcaZ/.o, nuni-.tro it.aliano. 10 l, 10S. 133 Cirwdini, t\ rwro. gL'nL'r;ak it.diano, 13.2 Clemente \'111. (fppolito Aldobrandini). pap<1. -6 Clemente Xli, (L<m:nw Cor-.ini) pap::1, 2HO Cognasso, Fran<·csco, -.to rin> it,diano, 37 3 Coigny, f'r:anrc:-.ço c;uillot, poi l'ranquctot, conte. poi duc1 di. marc.-.ciallo di Fr:1nd;a, 2H7, 29H-,102, ,1-+<) Coligny, Caspan.: d i, ~ignore d'Andelo t, amn1iraglio francese . .2S, 26 Collalto, Casa, 272 Collalto, Hamhn ldo di, gt·ncrak italiano <1l ~ervizio imperiale. 72.-7·1 Colloredo, Ca-.a. 272 Colloredo. generale au:-.tnaco. 3 13. 3 1 1 Colmcncro, contc Fr:ancvsco. gc1wr:~lc :.~1 ~cf\·izio spagnolo. poi imperiak. 202 Comitato Italiano di \ddis Abeba. <1 H Commerc~. \~di Lon:na, Carlo principe di Concini, Concino, mare.-.ciallo d'Ancre. s~ Cond(>, \'l'di Borhorw Conde Conr.td \Oll HoctiL'ndoriL Franz. gcnt>~tle au::.triaco. 393 nota. ;0-1.; Il. 112. 121. t2S Contade-.. Gtorgio G<t..,JXlre, marthe..,e de. generale france..,e. 252. TO..~01 Contarmi, <;ullOJW. amha-.datorc \ enezi:Jno. Comi. \'t'di Borbone Conti Corrado Il. impL•rawrc. 11 Corsi, Camillo. anuniraglto e mini..,Lro dd la .\larina italiano. ·IO l. 10.2 Cor:.o. Alfon!>o, g<·m·rak• ualiano al ~c1Yi7io francese, -d Cour...ay. mar~hl'!:-l' di. gen~··~•k tòncT..,L'. jo.Jl:l. 5;9 Crenan, conte d<.:, geno:r:tk l'n mce:,e, 1"1H C r(·q t~i , rr.ancc ...co, m:trche:;e de, generale france ...e, d, 63. 69, 7·1, 77. ì8 Croy, Adriano di, come di Hm·t~ lx. genc rak· fiamm ingo al i>Crvizio impcriall', 20 Cumiana. cav:lliert• di, hrigadit•rL· sardo, j Il:!, .347-.349 D 'Annunzio, Gahrielo.:, pol;.'ta italiano, o.J2H rYA rvi ll a r~. Federico Millet. marchesc, ~enerale sardo, 367 ci'Ha rcoun , Luigi l :nrico, mardwsv dc Bellnon. poi duca. gcnemk fr:lnce...c. H(H>H Damad Ali Kumurci, gran \'i..,ir turco . .2'S(> Danieli. Fl:n io. gencr:tl o: it:tltano. •.3H. ·1·1·1 Daun, Philipp Lort•n;. \X'ieridt, r>rincipe di Teano. marchese di Ki\'<lli ..: contL' von, g<.'lll'r.lie imperi:tl<.:. IH6. lHH 191, 19H 200. 20.2. .203. .235. 29H De Bono. Emilio. genl..'rall' italiano. -l:$0 De Rro-.-,e .... Charle-., pre,idente del parlamento di Borgogn:l e diari...u fr:mç~·.-.c. 29~ not;l. .3 19 Dt· Ckrmont 1 on ..·rrL>, gcneralc it.aliano. HH Dc Con-.oli. Cbudio. ..,ton(o uali.mo. SO nota


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l NDICE I li:l N0\11

de la Meilleraye, Armando Carlo rvl:!y<.:nm: dc la Pone, dllca, Maresciallo d i Fr:tnda, 90 D<.: la Tour, Sallicr, Giuseppe Amedeo. generale sardo. :365 Dc Lorenzis. Ugo, generale italiano, 450 de Luo. Pietro. come de la Hoche d'AlleJy, generale saiJaudo, 178, 203 De Pinedo, Franc.:<:sco. gcncrak: italiano, 4:33 dc !{ossi, G iacomo, gencmle sardo, 338 De Simone, Carlo, generale iraliano, 442 De Sonnaz, D'Habéres, Ellore Gerbaix, generai<: sardo, 367, 375, 378 de Thonaltz, maresciallo di campo sardo, :)18 cl c Vins, generale francese , 42 Deak, Pau!. colo nnello ungherese al servizio imperiale, 155 Del Nero, Francesco, ufficiale ligure al servizio modcncs(', .)20 dclla Chicsa di Cin zano. Alcssio, nurcsciallo eli c:unpo sardo. :318. :3:32 clelia Gatta. don Carlo. generale napoletano al ~ervizio spagnolo. 87-89 della Rocca. Ottavio Cacherano d'Osasco, conte, maggior generale della fanteria sarda. 318. Y l2.

}13 des l laycs, Gaspare, barone e marchese di Mussano, gen erale sabauclo. 178 D in, Armando, maresciallo d 'Italia. 393. 421-426 Dilke.'>, sir Thomas, contrammiraglio inglest:, 209 Dogliani. Ciuscppc Loclovico Solaro di Morcrw. marchese eli. 63 Ooniì , Antonio, ambasci:nore veneto, 54 Doria, An cl rea, ammiraglio italiano, 17, 40.) Doria, G iangero lamo, 63-65 Doria, G iannanclrca, generale genovese, 46 Du Cayla. generale francese, 332 nota du Plessis-Praslin, Cesare de Choiseul. duca, maresciallo d i Francia. 90. 92 Du Verger, Carlo Filihc,1o, haronc, hrig•1dic rc sardo, 326 Durando, Giacomo, gen erale italiano, 37 2., 575 Egmont, come cl', 28 Elisabena Carloua del Palatinato, vedi Nt:uburg, Flisahcna Carlotta del Palminato, duchessa d 'Orl6<1ns Emanuek FiJib eno l. vedi Savoia. Emanuele Filiberto l d i . duca di Eperno n, Gian Luigi de la Valette, duca d', generale l'rancese, 112-fl) Erle, Thomas, gcneralc ingksc, 224 Espolctt<J, Bernardo cl', ambasciatore spagn olo, 279 Este. Cas:1 cl'. 272, :$04 Este, cardinale d', 92 Estc, Franccsco l cl', duca di Modena, 78, 9:3 Este, Francesco llllJ, duca di Modena, 319, 320 Este, prin cipe Luigi d', 78. 8H Este, Rinaldo d', duca di 1\llockna, 304 Fs1r6cs, G~1bri c ll a cl', amante di Enrico IV di Francia , 22.1 notn Facta, Luigi, Politico italiano, 4:$0-432 Falkenhayn, Enrico von, generale tedesco, 4 IO, 421t Fami, Manfredo, gc.:ncralc italiano, 374, 382, 38:3 Farncst.:, Casa, 279 Farnese, Antonio, duca di Panna e Piacenza, 279 Farnese, Elisabetta, regina d i Spagna, 279. 311 Farnese, Odoa rdo, duca di l'arma l ' Piacenza, 77, 78 Fcclcrici, G iovanni Uanisra, genera le sardo, :)68


INDICE llEI NO~II

Federico V, vedi Winelsbach Federzoni, Luigi, m inistro uelle Colonie italiano. 436 Felts, Carlo Colonna, barone von, ~enerale italiano al servizio imperiale, 208, 209 Feria duca di, governatore spagnolo di Milan o, 64-67 Ferrero. Tommaso, marchese della Marmora, ambasciatore sahaudo, 125. l l7 Filippo rr re d i Sragna. vedi, Asburgo. Filippo !T d'. re eli Spagna Filippo 111 re di Sp:.tgna. vedi Asburgo, Filippo ([l <.l'. re di Spagna Filippo IV re d i Spagna. vedi Asburgo. Filippo IV d', re di Spagna Filippo V re di Spagna. vedi Borbone, Filippo V d', re eli Spagna Flcury, Andrea En;ole, cardinale e pri mo rninistro francese. 282, 283. 312 Foch, Ferdinando. maresciallo d i l'r:mci:-t, 420, 4.25 Folard, G iovanni Carlo, cavaliere di, uftìciale e teorico militare francese , 105 nota, 352 Francesco l, vedi Valois, Francesco I d i. re eli Francia Francesco Il i, vedi Este, Francesco lll u' Franche tti , Raimondo, genera le iw liano, 437 Francia, Cristina eli, vedi Borbone, Cristina di, duchessa di Savoia Franzini, Antonio, conte, generale e ministro della guerra sardo. 568 . .175 Fronda. rivo lta della, 92 Fuen t~. don Pedro Eruiquez clt• Azcvedo, conte di, generale spagnolo, 60. 61 GafTori, G iampietro, generale dei Malcontenti corsi. 347, 549 Gages, llenry T hierry du Mom come de , generale vallone al servizio spagnolo, 521, )2.2, 327, ):$6-358, .HO, 35 1 Galasso, Mania, conte, generale italiano al servizio imperi<ile, 72 GallwiLz, generale tedesco, 427 G:~ n dolfo, Asdepia, generale ital i:.~no, 130 Garetti eli Ferrere, Vittorio. conte, generale sardo. 367 Garibalui, G iuseppe, generale italiano, 37..f, 376, .'$78-5!:\7, jl:\9 Galli, Angelo, generale e scrittore m ilitare italiano. 428 Gattinara, i'vlercu rino, Arhorio d i. 30 Gazzera, Pietro, generale italiano, 444 Giol iui, Giovanni, politico italiano, 392 Giorgio l d'Inghilterra, vedi Rrùnswick-Llinehurg, Giorgio Luigi eli , eletrore di Hannovcr c re cl 'l ngbiltcrra Giorgio li ci'Inghilterra, vedi BrOnswick-LUnehurg Giorgio Augusto, re d'lnghiherra Giuliani, generale dei Malcontemi corsi, 31t7 Giuseppe l, vedi Asburgo, Giuseppe f d', sano romano imperarore tedesco Giuseppe 11. vedi , Asburgo, Giuseppe Il. d', sacro, romano i111pera1ore tedesco Givry, generale francese, 329 Coglia, Ferdinando von, generale austriaco, lt26 Goldoni, C::rrlo, commediografo italiano, 304 Gonzaga, Anniba le, 272 Gonzaga, Ferdinando, duca di Manrova, 51. 52, 56 Gonzaga, Ferrante, d uca di Guastalla, 6H Gonzaga , l'errante, governatore spagnolo di Milano, l 7 Gonzaga, Francesco, duca d i Mantova, ')l Gonzaga, Maria. 68 Gonzaga, Vincenzo, duca di Mantova, 52, 68 Gonzaga-Never:;, Casa di, 7 2, 247 Gonzaga-t\evers, Carlo eli , d uca di Mantov:1, 68, 69, 71. 74, 75 Gonzaga-1\'evers. Ferd inando Carl o II di , duca di Manrova, 140, 160

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INOICJ' OEJ KOMJ

Govone, G iuseppe, generale italiano. 3H8 Grandi, Dino, ministro italiano, 448 G ranvelle, Antoine Perrenot, ca rdina le dc, detto "cardinale Granvcla", 20 Graziani, Roclolfo. maresciallo d'Italia. 436, 437, 440, 441 G regorio XlV, (Niccolù Sfondrati), papa, 43 Gregorio XV, (Alessand ro Ludovisi), papa. 62 Gropello, G iovan l:lartisra. come di 13orgone, ministro sabaudo. 142. 143. 145. 147 G uarini, G iambanisra. 58 Guastaldi, ambasciatore genovese a Londra, 334 Guibert, de Sissa!, Alessandro, brigadiere sviz7.c;ro al servi7.io sardo, 318, 324 Gu iller, Amedeo, barone, tenente italiano, 440 G uisa, vedi Lorena Gyulai, Francesco, barone von Gyula, fdclmaresciallo austriaco, 378-380 Halil , bostançi e setTaschicre turco, 263 Hannover, vedi Brftnswick-LCineburg Harrach. Ferdinando Bona ventura, conte von. maggiordomo maggiore dell'Imperatore. 171 llarrach, Giuseppe Filiberto. conte; von, generale imperiale, 23'i. 257 Hassan Pasciiì, capudan pascià della f1oniglia turca del Danubio, 262 nota Hauben . .Johann F. generale imperiale. 262. 26.? Heinsius. Amhonic;, G ran Pensionario delle Province Unite, 245 llessen-C;Jsscl. Friedricb von BrOnswick, princi pe credit<trio di. poi Langravio e infine Re di Svezia, 185, 220. 222, 228. 229 Hessen-D armstad t, Giorgio principe von, generale imperiale, 197 nota l fildebranclt, l.ucas von, ingegnere militare e architeuo austriaco, 286 H indenburg, Paul von , generale tedesco, 417,423 Hitler. Aclolf. cancelliere tedesco. 446, 447, 449 Hoffmann, maggiore imperiale, 166 llo henzollern Casa d i, 245, 316 Hohenzollern, Federico Guglielmo l d i, re eli l'russia. 246, 284 Ho henzollern. Federico I d i. re in Prussia. poi re eli Prussia. eletto " il Grande Elettore", 136 Ho henzolk:rn. Federico TT d i. re d i Pru~~>ia, dello "Federico il Grande", 97. 286. 316, :)17. :)56.

339. 350. 353 Hohenzollern, Guglielmo Il eli, re eli Prussia e imperatore di Germani:1. 403, 425, 427 Ho rti z de Pros, Diego, conradore generale del Duca eli Savoia, 3:-s l nnocenzo Xl, (Benedelto Odescakhi) papa, 125, 132 Innocenza Xli, (Antonio Pignatelli) papa. 159 Inojosa, governmore spagnolo eli M ilano, 52-56 Kaunil.7., Anton \Xlentzel , come von, ministro austriaco, 289 Konigseck. o Kbnigsegg, Lotario G iovanni, con1e von, generale imperiale, 304-310 Kmuss. Alfredo. generale austriaco, 423 Ll Croix, genera le francese, 2H8 La Feuill:1de. Francesco d 'Aubusson, marchese, poi duca de, generale f rancese, 178-180. 187-191 ,

197, 199. 200, 202 La Marmora, Alfonso Ferrero de, generale piemontese. 372. 374. 375, 380-389 La Roche ci'AIIery, vedi De Luo Pieu-o La Valcu.e, comandame francese, 85 Landriani, conre Pietro Paolo, d iplomatico sabaudo, 172 Langallerie, Filippo cle Gemils signor de, generale fra ncese, 199 tas Minas, duca de, generale spagn olo, 324, 334, 340, 343 Leg<~ n ez, conte d i, govern atore d i M ilano, 78, 84-89


lj65

hnt< r nn -.;o,u

Lcg:mez, Diego Felipt• de Gu;r.man y ~pinola, marchese de. gm crn:11orc sp:~gnolo lh J\libno, 1·14. H9, 150 Lcmery. ambas('iatorc d i Francia a Torino. HS l.l•opolclo L imperatort·, vedi Asburgo, Lt.:opoldo l d'. sacro romano imperatore tec.lcM·o Lt·sdiguièrcs. Francc.~c.:o dc Ronnc, duca dc. maresciallo eli Franci:l. t3-70. 80 Lcvc.:zynska. ~laria. regina di Franda e d i \1,t,·arra, .28.2 Lc.,zczynski, Stanislao, re di Polonia, 282 , ;\ 12 Lcutrum. Federico Cugliclmo. barone c tenente generale tede,co al :-.el'\izio ::.ardo . •~lH. .~29. :3.19. 3-JO, 3-13, 3-18 Leva, Antonio de, principe d'Ascoli, gcn~;;:rak spagnolo. S.2 Levo. Giovann i Antonio. ~· l Le} nì. Andrea, l'rovana di, ammiraglio ~ahaudo, 3S. 39. 12 l.icchtenstein. prindpt· dt. generale au~tri.Ko, :$39 l.hdone la Palatina, 'cd1 \.~:uhurg. Ebab~::ll.t Carlona del Palatinato, duchessa d'Orléarl'l.ivio, Tito, storico rom:tno, % Lloyd Gcorg<: 0:1\ id. politico ingl.:sc, ""'21 Lobko,, itz, G iorgio, principe di. generalv :1ustriaco, 528,551 no1:1, :1."16, 3">4 l.ongane-;i, Leo, scrillor<· ed editore, 't5J l.orl·na. Carlo di. prindpe di Commerc}. gcnl'r..il.: al sel'\·izio imperiale, 1+1, .269 . .t''O Lorena, Carlo Fnnco. principe di \audcmont. detto "il \'l'Cthio pnnupe di \àud(·mom· . ~o,·ernator<.:· ddlo ~lato di :-.lilano c padre del -.egucntt·. 1(10, 16·t Lorena, Carlo Tomm;I'>O di. principe di \ ;~udémom, ùeuo ·'il gtO\';IIW principe di \'aud~..·mom " . gcnemle al sen·1;.io impctiale e lìglio dvi precedente, l:;:; Lo rl•na, Carlo V di, duc;1 <li l.orcna, generak· al sel'\1izio impcriak•, 37. 1.25. 126, 12H, 129, 1,16 Lo rcna, Enrico di, duca di Guisa. 9 1 Loren:t. Fran<.:t'.'><.:O <.: 11 . duca di Guisa, 2H. 29 Lorena. Francesco ~td.1no di, duca di l.on·na t..' 'acro romano imperatore tede::.<.:o. 211-.•11 S Lorenzini. Orlando. g~..·ncmk italiano. 1 11 l..01tlllll. conte e generJie olandese. 21H. 1.~1 Louvigny. conte di. gO\ ernatore spagnolo di ~1ilano, 156- 140 Louvois. Fran(ois .\·l il hel le Tdlier, tmtf'l 'llt..'se de, ministro frall<'l'~c. l 5.1, 135 Ludcnclorff. Enrico, gl'lllT:tk tedesco. 117, 127 l.udovisi, cardinale. ')7 Luigi Xli l. \'t'eli Uorhone. luigi Xlii di. re di Francia c di '\1;1\ arra l.uigt :'1.1\'. \·cdi florhonc , Luigi :\ì\' di. rc di Francia e di avarr.1 Lui~i X\'. ,·cdi Rorhmw. Luigi di. du<.:a d'Angiò, IX>i Luigi >.'\ re.· dt l.ullino. marche:-.e di. 16 J'vLldam:t Reale, vedi Borbone, Cristina di. duchess;t reggente d i :-.avoia <: S:1voia- '\lemou rs, Ciova nna U:ilti:-.La di. duchessa rcggt..•ntc di Savoia Mafft.:i. <.:ontt: Annibale. diplomatico s:tba~1do. lH"I, 2'i5 \!agli. Giovanni. g<.·twralc italiano, 1SO nota ~lailleboi~. C<l\·alier dc. diplomatico frann:~l' . 3.39 ;o.J;tilkhois. Giamhatll,l:l Fr.1nccsco Desmorct.,. marchc"c de, gt>nerale fr.tnceM:, 308-.~10, ~12, .'35- .

n -.

539 MalcontenLi cor!'>i. .3 t "i j t<) Mn lt:l , Ordine di, 35, l S3 Mancini. Olimpia. principessa d i Savoia-Carignano c contl''>1'a di Sois~ons, 12.3, 12LI. 269 l\lansfdd. Eme~to. lOnL~: \'on, generale lt:lk:~co. 'iì. 60, 62 '\lanta, conte della. gl'nerale sardo. 355..~5H


166

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\largarit.t. Giu~eppe Maria ')olaro. nmu: ddla. g~.:ner.tle ~al>audo. 18H .\larino, GiambauiMa. poera italiano. "il-l r.Jarlborough. john Churchill, dura di. generale e polirico inglese. 96. 99. 100. 172, 174-177, l Hl , 11-lj. Hl-4. 20-t. 211. 237. 269, 27 1 Mar~in, o Marcin, Ferdinando con te dc, marcs<:iallo di Francia, 17 i, 176. 195. 197. 199, .20 1 M:trtigny, Ch arl e~ du Han conte ck, g~·n<:ra l c imperiale, 200, 20 1 M:trtim:11go, conte Francesco, gt·nera lv sahaudo, t\2, 44 M:trtinoni, ufficiale modcn<·sc, 32H Ma11~1. All-rio Francesco. generale dei J\lak'ontellli corsi, 317, 3 19 J\,lalll'Olli, Giacomo. politico itali:.ulo, 155. H9 i\l:lllhc'' .,, Tommaso. ammiraglio ingll•-.t·. 3r ..U6 Mau.<trino Giulio. cardinale italiano e mini~.tro francese. ~6. H<J. <)l, 92. 123. 131, z-2 i\h1nini. Giuseppe. patriota ilalìano. j~"i. }"6. .)89 i\l(•d.t\'y, Giacomo Eleonoro Rou:-.cl. contt' <il' Granct·y c de, marc-.dallo di Francia, 186. 102 1\il'dici, Ca:-.a de'. 279 Medil'i, Caterina de·, regina di Francia, 29 Medici, Pt•relinando Jl dc, duc:t di Toscana, tj/1 -'16 M1.:did, Giangastonc l dc', grandunt di Toscana. :312 \kdici , \1aria dc', regina di Francia, 16 nota. "il, '57 \kdki, principe Francesco de', gcn~.:rak- tm.çano, '52 \lchml..'l pa~cià . generale n1rco, 211-l ~ldlarc.:dt>, Pietro. conte di lkuonct, nuni:-.rro ~abaudo. 2-t:$ J\'krq. Claudc Florimonde, come ù 'Argt>nteau. generale lorcm·:..l' al ~1..'1'\ 11:io imperiale . .260. 2(, t lH 1• .300-jOJ M<..'tll'rntch. Klernens Augu~t. principi..' von. diplomati<.:<> e mini~tro au:..llinco. 1R9 Mil lo, Enrico. anuniraglio iraliano, .397, .399, 101, •102 Mombcrullo, maresciallo di campo s:mlo, 31H Mondli Paolo. giornalista it ~tli ano, 1'50 nota MontlTllccoli, Casa di,272 Montemar, .Jo~é Carrillo de Alhorno7, cont<..' dc c duca di Ritonto. gen~.:rak ::.pagnolo . .300. 3tr-

3ll.319 .\lontc.~pan , Fr.ttKesca Atcnaidt• d<..· Rodtechoual1, marchesa di. I.B \lont<:~quicu. Charlcs Loui~ dc ~econd.tt. barone di L1 Urède <..' <k-. 'rnllore politico e filo,ofo lran<'t'~l'. 1-1. r7 1\lontmorenq, Anne de. mare:,ciallo <..' connc:..tahile di Francia, 21. .26. 29 Monlpcnsic:r, duca eli, generale tmnl'l..'~l', 26 Moro:-ini. Francesco, ammir~1glio c doge di Venezia, 403 Morono della Rocça, Enric.:o, gcn~.:ralc italiano, :SH.:S-385. 3H7. 3AA Morono della Rocca, Federico. g<..·nerak italiano, 43 1 Mugnai, Bruno, :..torico militare italiano, 262 nola Mumtori, Lodovico Anronio, eccle:..ia,tico e ~torin1 italiano. ·17, 93 r\l ureddu. ,\ latteo. funzionario ddl.t r~.:al ca~a. 392 r\lu-.~olini. lknito, diuatore italiano, 101, -!05, -121. 'l:$0-436. t}H, 1 1'5 119 i\lu~lafà Il. :-.ultano, 15 1 Mu~1aE1 Pa~cià, comandanre eli Belgrado, .262 \la-.i, Guglielmo, generale italiano, 111. 11 1. l' t'i \la-.:..au -Ouwcrkcrk. llcndrijk va n, generale o landese, 217, .21 H Natznwr, Ciovanni G iorgio, gcm:ralc prus~iano, 217, 2 18 Nn·ITv. brigadiere :-.ardo, 31H


(1\lll< l Ili l '\0\11

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t'uhurg. F.li.,abena Carlona dd Palallnato. duche-.sa d'Orléan:-.. 26<J ì'wuppt•rg, n11ue \On. generale .twMi:Ko, 509 J'l<icola, n>lonnello del!" Artiglieria .,arda. -~l H Nit11. Francesco ~:tvcrio, mini-,tro italiano. t2H, 1,)0 nota No:tilks, Adriano Maurizio dl', nmlt', poi duca cJ 'Ayen, mart'sdallo di Francia. 2HS . .307-309, .31 1 Not ris, .John. ammiraglio e diploma ti co inglest', 206 O jell i, l lgo. g iorn;l l i~ra italiano. ' l tH O li,·are.... C: t'>parc dc Guzmùn, coni\.' d', tt tinistro spagnolo, 72 Orangc. Guglielmo Il i cl'. r<: d'lnghii!Cml. 129, UO, 11 1, 142, 151. IH.~ Omnge-Na-,sau. Giovanni Guglidmo. prindpe di. generale olandl''>l', 1.~2 Orl.mdo. \ 'illorio Emanuele. nHnJ'>Iro it.tli.tno. -121. -122. ·t2'>. -11H Ork-.111'>, 'ed• Borhone-Orléans Ornwa. Carlo \ incenzo ft'rrero th Roasio, marchcst• cl', ministro -.abaudo, 2Hl, .) l~. _)20, .325..~l<J .

.W> Ormontk. lord J:tnJes Butler, duca di, gt•nerale ingle~e. 237. 23H 0Mt·nd:l, Compagnia imperiale d', 13 1 Overkirk, vedi Nasl'au-Ouwerkerk Paciotti, t"ontl' Francesco, ingegnere milit: 1re it:iliano, 32 Palatina. 'cdi Neulntrg. Elis:tbl·tta Carlo11a Pai;Hinaro-Due Pomi. Carlo Xl i di. rL' di -;, ezia, 2'>2, 282 Paltly oh l:rdt'id, janos. come. bano di Croazia e generale unt:hert:-.e al "{'f\'i7io imperiale. 1+1, 2'>6. 2';H, 16 t Palla\ ilm•. Filippo Guglielmo. h.aronc d1 ...,aim-Rémy, o di San lkmit:to. g<.·ner:tle ~abaudo. 20:3.

209 l'alla\ k in i, marche:-.e e colonnello ,Jl"triaco. :B.l nota . .35 1 l'amphi li, mon-.ignor G. Ballbta (poi cardin:de>, 64 Parvi la, Akss io l.ora nzé dei signori d i, t l'~<>rk-re d i mil izia dd cluGJ di Sa1·oi:a, 33 Part:lla, C:~rlo Em ilio di San Martino 111;1rd u.:se di, generale sabaudo. :$7H Pare l la, m:trclaese d i, ge n era i~: ~· ;amlxasl'iatorl' sabaud o ( padre dd p rn·t·dentc ), 16 l'c<.·nri G ira Idi. conte Guglielmo. gt•nt·ntl e italiano. 412 Pl·rront·. Carlo Filippo barone di ~an i\la11 ino. diplomatico ~ahautlo. 2'i l Pcrront·. l.ltore, generale -.ardo. :P2 Per-.;uto. Carlo Pdlion di. ammiraglio italiano.•1H6 Pl'terborough, loro Charles ~lorci.Jllnt, nlflle di. generale e diplomatko inglcst:, 20-J. 2-12. 2'>1 l't•tilli di Horeto, Agostino Bagliam. conte. gcner:1le italiano. 38"" Pl'ttinengo, lgna7io, ministro ital iano ddl.• Cuerra, :$H7 Pfalt /.wl'ihruckcn, vedi l';ll:ninato-Dul' Ponti Pianl'~~a. Carlo di Sirnia na m;arche-.t· d i Livorno-Ferra ris c: di, g<.'lll:ralc sah:wdo. H7 l'ignatd li, gl.'ner:de napoletano al st-rv i ~io .~ pagnolo . .352 Pluw rto . .swrico greco. 96 Poitil·rs. ()iana d i. amante di Enrico Il di l~randa, 2<) Poll io. Alht•rto, gl~ncrJic italiano.;\<):\. t06 Porro. Carlo. generale italiano. t20. tl2 l'rt·.-.IK·rg. generale au~triaco. 322 l'ri(·. n•di Turineni Prinl'tti, (~iulio, ministro italiano, -10 1 Provan;a , n~d i Lcynì J>ugl il'sl', Em:muele, generale it:a li:mo, d l l'untoni. Paolo, gcnerJie italiano. ·IO 1


"TIICF DII '-0 \ 11

Pur.,q~ur. Gi:tcomo Fr.tncesco dc Ch:i'tenet. marchese dc. mare.~dallo th Francia . .216, 232 Quazta. Romolo. ~torico iwliano. -j nota R:ttk·llh.). Giuseppe Venccls:H>, barone 'on Radetz, feldmare.,ciallo austn.tco. 369, 3-0, r2. r j !{amorino. Gerolamo, generale :-ardo, :l- l Ran~oni. Ludovico, ma rche~e. m inbtro modenese. 30,1 Rami.:IU. c;ugliclmo, gencrale p ru~:-, iano, 21 'J-.217 Renan, marchese di , generale fmncl'sc. 66

Reparti

Austria Gruppo d'Aml:Jtc 13orocvic 1l'i Gruppo d'Armate di Belluno, ·t26 Cruppo d'Armate Conratl, ·t2'i i\ rm;rw ckll'lsonzo (lsonzoaml<.:e), 10H l ·t" Arma ta, 'l 18 \' Corpo d'Armata. 382 \ 'Ili Corpo d'Armata, 382 ilrigata l31:'111.'dck, 369. Brigata Cl.un Galla::.. r l Arigata '>trnlbchen. Brigata Stra.,.,oklo. 3-0 Brigata <iuplihaz. r l Brigata \X()hlgemuth, :169, :PO lkgginwnto corazzieri di :'1/euhurg, 1(>2 Reggimento cor:1zzicri Vaudén1onL, 162. Rcggimento Dragoni di Savoi:1, 126. l 1i nota. 162, 283 Reggimen to D ragoni Vehlen. 2<l·t l{cgginwnto Fanteria Daun. 19j nota, :1<~7 nota lkgginK·nto Fanteria Rcgal. 19,~ not.t. 261 Reggimento Fanteria Pallavicini, .1:12 Reggimento l ls-,ari Pal Dd h. l 'i')

ro

ro

Fr.1ncia Guard ie francesi, 270 Mai~on du Hoy, 218 l~eggim~nto- e hrigat;1- d'Angiù, 297 . .'\2t\, 326 lkggilllt:nlo- e hrigara- de Sou' n.:·. 306 Reggimento - e brigata - eli Champagnl', ~O'i Reggim~:nto l huphinc, 29Rq.:gimento clu J\laine. 29j 0 lkggnnento Zua\ i. 3-9 Inghilterra •t• D ivi'>ione intliana, 'l'd s• D i\'Ì'>iont• anglo-ind iana, ., t.2


469

l NlliCF [>El \lOM I

Modena Guardie del Corpo, 3 19 nota, j20 Milizia Forese, 320 Milizia urbana, 320 Reggimenro clelia Palude, 319 nota Reggimento G ros, j19 nota Reggimento Nazionale del Frignano . .?19 nota Reggimento Nazionale eli Carl~tgn ana. jl<) nota Reggimento Nazionale eli Modena. 319 not<L Reggimento Nazionale eli Reggio, 3 19 nota Napoli Reggimento Cavalleria Re, 536 nota Reggimento Cavalleria Rossiglione, 336 nota Reggimento Dragoni 'l'a rragona, j,16 nota Reggimento Borgogna, 336 nota Reggimento 1-Iainaut, 5.)6 nota Reggimento Macedonia. 356 nota Reggimento 1kal Borbone. 336 nota Reggimento Real Palermo, 336 nota Reggimento Regina, 336 noLa Reggimento Tschucli. 356 nota Reggimento Wirtz. .?36 nora Savoia - Sardegna Truppe della Real Casa. 155 Archibugieri Guardie della Porta d i Sua Maestà. 35') nota Compagnia Alaba rd ieri eli Sardegna. j')l nota Compagnia dei Dragoni Guardiacaccia. 297 nOLa, 355 nota Compagnie Jelle Guard ie del Corpo di Sua .Ylae:>tà, 170 nma. 198. 297. 30l. 355 nota Compagnia delb Guardia Svizzera, 355 n ota Guardie del Corpo, vedi Compagnie del le Guardi..: del Corpo Enti centra li e scuole lkgia Accademia Militare d i Torino, 364. 406 Regie Scuole d'Artiglieria e Forrilkazione, 318 StaLO ivlaggiore. 566, 367 Intendenza Generale deii'Arrn:.tta, 367 A rtiglieria c Genio Barlaglione d'Aniglieria, 518 Comando dei Cann onieri Conducenti, .367 Compagnia 13omhiMi di Sardegna, 55') Reggimento Artiglieria, .:$55


~70

t\ lili7ia. hwalidi c \' ari Batla).(lionc di Piemonte. li 'i. 1)1. 172 . .329 Balta).(liont' Prcsidiario di Siçilia, 2'i3 Comando delle Guide. .367 Compagnil' cl<:i IJisc.:n ori G razimi. .iSS Corpo dei Carabinieri Ren li, 36 1. 362, 367, 36H Gunrdi:a urh:ana. 361 !\lili;ia Gent'rale, ll6 \lilii'ia "celta, 11 S. 116 Trl·no di l'rm iancla, 3'>-l

l )ivi~iom· di Riserva, 36H nota, 570-57 2. 5H5 1• D ivbion1.•, 57L . .382-38.3

2'' Divisione, 372. 3H2 J' Divi~ionc, .372 1• Divbione, 37 2, 5H5, .3H'i ')·' l )i\ biOill'. .382 -• Dt\ isiont'. 5H3 13' l>i\ i'>ione . .385 Cavalleria Ccndarmi o geni d·arme, l 15 now lkgginwnlo Aosta Cavalleria, .369 Heggimt>nto Genova Cava lleria, 170 nola, .369 nota lkgginwnto Marchese eli Livorno. Il 'i nola Reggiml·nto J\iu;t C::tvalleria, 170 nota, 56<) nota lkgguuento Piemonte Reale. 1,0 nola. 29...,, .~'i'i nota lkgginK·nto l'rindpc di Piemome. Il 'i nota Rcgginh:nto Sa\oia Cavalieri<•. 1-o nota. 29'. 35'i nota. 569 not;t Rc).(ginwnto Ca\·alleggeri del t\ lonkrr.uo. 3H.3 Regginwnto Dragoni dd Cc.:nçvc-.,c.:, 170 nota, 196 nota, 297 lkggiment.o Dragoni della Regina. :~S"i nola lkggim<.:nto Dragoni d i Madama Heak. 11:; lkgginlc:nto Dragoni eli Picmont(', 170 nota, 193 nora. 255 not;l, 297 lkgginwnlo Dragoni d i Sard egna, 297 . .i'i"i nota Heggimc:mo Dragoni eli Su;1 Ahc·na lkal~:, 11 S. l <-~6. 170 not:t, .)'i"i nota lkgginwniO Dragoni di Sua .\1ae-.,t:l, 297 . .3"i') nota ~quadronl· di l'içmontc, 116 nota. 5'i'i nota ~quadrone di Sa\ oia. 116 nota


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Fanteria Brigate

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Urigata Acqu•. 569. Urigata Ao,ta, ;P l. iHl. 51U. .'\H"i Brigata Catdaton ddll: Alri. 3Hl> Rrigal:l Ca..,ale, 569, .iHJ Urigata Cuneo, :~(IH nota. 5Hl . .)Hj Urigat~• Gr;markri Guardie, 56H nota, 571 Rrigata l'it·mome ..~'"' 2 Brigata Pinerolo, .n 2. •~Hl. :$H:\ Urigata Re . .)H_~

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ro.

ro.

lkggimenti Reggimento (;u:mlit:, l l), l 17 not:1. 120 nora, 139, 170 nora , 20"i. l."i.) nota. 2HO, 297 nota, 50'5. 32 1 nota, .i26, _ijl., 5 d Yt'5, J')') n ot~t l 0 lkggimento Gr:111:11 ieri Cuardie, 570. 57 1 2. 0 Reggimento Cr:m:llkri Guardie, .)71 Regginwnto ( ;i<x•n i, 2'i.~ Rl'ggimento Va lguanwra , 2'i5 lkggimento Ao~ta , l l "i. 170 nota, 2'i5 nota, 297 nora Reggimento Audib~._• • t . 1.<)7 nota Reggimento lldmont. 297 nota Rq~ginwnw Cacu:uori <.uardk. _-s-o Reggimento Cor,ict. -~ t"i nota, 5 tR .)"i 1 Reggimento d'Alba. 195 nota Regginwnto d 'i\nigileria. 5'i'i Rcggimemo d'i\..,ti, .2"i5 nota. 2.9- nota Reggimento ddla Cr<KI..' Bianca, 11 9. 19.-$ nota Regginwnto della Marina, o La 1\'Jarina. i 19. 2'5.) nota, 25'-1, 197 nota. -~ .- nota, .it9, _i')') nota Reggimento ddla lkgin,t, o l ~• lkgma. 3'>5 nota Rcggimemo De...,pone:-., 1.97 nota Reggimento di Ct nnagnob, 195 nola Reggimen to di Ca-..ak·. 297 nota Heggimcnto di Ceva. 195 nota Hcggimento di Ch ia hks~..·. 119, 170 not<t. 2.)5 nota, 297 not:1 Reggiml·nto d i Fo~.sa no. 19.i not:1 Reggimen to d i Mondovì, l .iH, 195 nut:l, 2'53 not:1, 297 nota Reggimento di •" lonferral o. I l 'i. 170 not;.1, .255 nota. 297 nota, 33.2, .i"i'i no ta Reggimento di \lina, l l 'i, 2'i.i nota. 2'i i. 2<)7 nota Rcggilllcnlo di Piemonte. Il'), 170 not:l , 2')5 nota . .297 nota . .iO'i, 5.11-l, 3'i"i not; t lkggimento di Pinerolo, 193 nota, 255 nota, 297 nota lkggimento di ~~•lu;;.o, Il'). 170 nota. 195 not:J, 2')3 nota, 297 nota, .~5') nora Reggimento d i ~avigliano, 195 nota Reggimento di Savoia. Il "i, 120 nota, 170 nota. 253 nota, .2<)' nota . .~2 1. 352 . .3'i"i now Reggimento di Tarant.l-..i,t. 2'>5 nota. 197 nota Reggimento di Torino. 2"i.i nota. 29 7 nota Reggimento t h \crtdli. 1"i5 nota. 29- not••


Reggim~.·nto Dic'>hach. 29- not,l Rcggunt>nto Dupasquier. 29- now HcgguiH:nto Fucilieri. 170 nota . .l'i:$ not<l. 29- nota. 3'5'> nora lkggmK'nto Ghydt. 297 nota Reggimento Guihcrt. 297 nota, 32·1 lkggimcnto Hackbrett, 2):3 nota lkggimc.:nto Kalbermatren, :$S'l not:1 lkggimcnto l.cutrum. 35'> nota lkggimcnto Lombardia, :3'> 1 Rcggimt:nto }.leyer. 355 nota lkgginwnto .\lonfon. 3'55 nota Rcggiml·nto 'lovar..t. 355 Reggimento Rehhindcr. 29- nota Hcggimt:nto Riedt, 338 Hcgginwnto Hit•dtman. 297 n()[:l Rcggiml·nto Hoguin, 297 nota Reggimento Roi, 55) nota Hq~gim e nto Sa ma Giulia, l \>5 not.l H~.·gginwnto Sa rdegna. 355 nota Rcggim1.:111o Schulcmhurg. 170 nota, 2<)7 nota. :)S'i nota Rcggim~:nto Sicilia. 253 . .l97, 3'i 1 lkgginwnto :-.precher. 3'>5 nora lkggim~.·nto Tonona, 35'> Rcggimt'nto Uttigucr. :355 nota

IJmtaglioni l Batta).(lione lkrsaglieri. 383 V Battaglioni.' Bersaglieri. 3H.1 \ '111 Batt:•glionc 13crs:~glicri. 3R3 \brina Batugliont' hiciliano) dclk Galc.:n:. l'i 1 Co1npagn•e delle Galere. 3SS ga lera Capiteli/a, 35 gall·ra Capitai/a Neale. 251 gnlc.:ra De((i11a, 55 ga lvra Mw;qberita, 55 ga ler:1 .1/ilitia. 25 1 gn IL•ra .lforellrl, 35 galer~l l'admnn. 15'f galcra Piemontesa. 35 gakra '>mnt-Pie!Te. •15 gakra )(Il/ r'rancesco, 25 l gale m .\ani 'Anna, 25~

vascello Beato Amedeo. 2S'-1 vasçcllo Stili l 'il torio, 25'1 vascì..'llo Sa11tu Rosalia, 254


473

INiliCE DH '<0~11

Italia

Anni e Corpi vari Corpo di PoliL.ia dell'Africa Italiana, lj3fl Cacdatori delle Alpi, 380 Carabinieri Reali , ~67, :$68, 4.:30. 458 nota, 448 Corpo delle Guardie d i Cimi. 430 now ìVfVSN. 1138 no ta, 1139 Regia Guardia eli Finanza , 438 nora Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza, 430 Gruppi Armare c Comandi superiori Comando eli Gruppo d'Armare Esr. 438 Comando di G rurpo d'Armate Ovest, ·138 Comando di G ruppo d 'Armate Sud, 4~8 Comando Superiore clcll'AJrica Orientale, 438 Comando Superiore dell'Egeo. 438 Comando Superiore della Libia, 438

Armate

P Annat:t, 406, -HZ, 426, 427, 446

za Armata, ti06, tilO, til3, 116, ·118, 419, lf-19 3• Armata, lj06-'•28, 437 4" Annata, 406. 419, 420, 426 5a Armata, <113 (Ja ArmaLa, 1126 ga Armata , 426, 4'16 9~ Armata, 449 10a Annata, ti26 l F Armata. ·149 12~ i\Jm ata. 426 Zona eli Gorizia (Annata). 415 Corpi d'Armata l! Corpo ci'Anmna. 415. 425 III Corpo d'Annata, 388 fV Corr o d'Armala, 583. 385 V Corp o d 'Armata franco-ro~cano, :$80 V Corpo d'Annata. 58.':\, 585 VI Corr o d'Armam, 406,409. ·HO, ·113. 415, ti17, i23 VTI Corpo d 'Armata. 406. 450 nola VIli Corpo d'Armaw . 415, 417 X Corpo d'Armata. 406 Xl Corpo d'Annata. IJO(l, 113, liti


474

(NDICf. DEl r-.0.\11

XVI l l Corpo d'Armata, 426 XXlll Corpo ci'Annat:l , 406, 42 1, 422 XXIV Corpo d'Arma ta, lt15, 416, 41H XXV!l Corpo d'Armata, 423 Gruppi l 0° Gruppo Alpini, 424 Di v i~ion i

l a Divisione Granatieri, 38.) 4~ Divisione Coloniale, 441 7~ Divisione, 383. 3HH

13a Divisione. 383. 385 16a Divi:;;ionc, 388 49~ Divisione, 422 Divisione Africa, lt39 Divisione Friuli. 450 Divisione Granatieri eli Sardegna, 448 Div isione G ranmieri eli Savoia, 439, 442 Divisione Speci:.t lc <.li Riscrva, 383 Brigare RrigaLa Aosta, 3R5 Brig:m1 Como, .:$9 l Brigata Re, 385 Brigata Sas~ari , lt24 Brigata Siena. 4.22 IV Brigata B ersaglieri, 424

Reggimenti Artiglieria Reggimento Artiglieria a Cavallo, lt36 '5° Rcggimento Artiglieri<! da Campagna, 406 Cavalleria

1° Reggimento Nizza Cavalleria, 170 nota 2" Reggimento Piemonte Reale, 170 nota 3° Reggimemo Savoia Cavalleria, 170 nota 4° Reggimento Gcnova Cavallcria, 170 nota, 196 nota C ruppo Bande Amhara, 440


IJ7S

lNDKr IWI '-<>MI

fanreria 1° Hcgginll'mo Famcria lk. :Wl 0 Heggimelllo Fantl.'ri.t :-.an Giu,.,to, 1-o nota 1° Regginwnto Gr:matk·ri di ~ardq~na. Il - nota. -tll '-1° Reggimento Fan1<.:n.1 <;ua,.,t,tlla. J-o nota so Reggimento Fanteria i\o~ta ..Wl '5° Heggimento Fanteri.t Col ddl.t Berl·tta, 1-0 nota 13° Reggmwnto l antt·ri.t Vallwll.t, 19.1 nota 28° Reggimcmo fanteria J>a,ia, tl'-1 3' Colonna Saharian, t56 ljA Colonna Saharwna, t36 ]

Regia Aeronau ti ca Divisione ,\ crc:t Aq11 ila, 1 .~7

4° Stormo Caccia, t;i7 .'vlarina

Accademia di Livm no. 5<) 1 l o Dipanimcnto .".larinimo, .W 1, 397 Corpo Re:tk- Equipaggi \lari li imi, 397 lkgia J\aw ;tlpmo. 59'i Regia l'\a' e Amalfi. tOO Regia an• Amen.~o l (!SfJ/KCI. 39 1 Regia an· ArliJ<Iien·. .39'5 Regia '\;l\ e Be11edello /Jri11, 10 l Regia 1\::n e Ca maiolo, 59 l Regia 1\ave Comzzi<•re, .W'i lkgi:• '\aw Gari!Jaldt, 599, tOO Regia 1\':n l' lermardo da \ 'i lt' 1. 10 l Regia Nave ,ltarco Polo, 39'5 Regia N:tw Q11arto, tOO Regia Nave Rep,i11a illm;l.!,herila, :$97. -101 Regia Nave l 'eflor f>iscllli. 59 1 Spagna :.quadra d e lle gale rl.' di Na poli, 31, 52, H<) squadm d c ii..· g:tk-rt· di Sardq.\n:t, .11, W> squ:tclra delle gakrt• di Sidli: t, :S'i. 52. H9, 254 Terzo IJolognino. H7 not:t Terzo di T: l\ ora, H7 nota lktz, marchc'c dc. gcncr.tk lr.mn:~e . :SOH Rhehinder, Bernard-Othon. ~enerale baltico al serYizio sah:tudo, 199, 2.~ t • .23'5 Rialp. ,·edt \'ilana Pc.:rl.1~ Rihoty. Augu~to, ammtr:1glio ~· mini~tro ddla Marina italiano. ;$90 nora Ricci, t:lpi!;ll1o di 'a-.ccllo italiano. :SYS


476

hDICE IlEI N0\11

Richelieu, jacqucs Armand du Plessb, cardinale de, ministro francese , 57. 63, 66, 68. 70-77. 80, 81,85-87,89. 131, 246.3 16 Richelieu, Luigi Francesco Armando dc Wignerode du Plessis duca di, diplomatico e maresciallo eli Francia, 270 Ricotti. Cesare, generale c ministro della Guerra italiano, 390 nota Hivara, marche~e eli, generale ma ntovano. 75 Rivarola, Domenico, colonnello corso al sc1vi7.io ~a rd o, YIS-349 Roccavi one, Come Ludovico, come generale imperiale, 198 nota Roatta lvlario, generale italiano, 451 Romano, Nicola li, Zar d i Russia. 413, 421 l:{omanov. PieLro T, zar eli Russia, detto " Pietro il Crantle", 255 Ruggero, genera le italiano, 11R S.A.I.S. vedi Societiì Agricola ltalo-Somala, II03 Sabac, governatore al servizio madamista, 86 Saint-Frcmonr, Ciovan Francesco Ravend, marchese de. generale francese, 162 Saim-john, Lord 11cn 1y, viscome Bolingbroke. ministro inglese, 21[2, 21[3, 245. 246 S:.tinr-Pater, signor de. generale francese, 203 Saint-Rémy. o San Remigio. Filippo Cugliclmo Pallavicini. barone eli, generale sahaudo vedi Pallavicini Sainr-Simon, Lou is dc Rouvroy duca de, dirlomarico e cli:arista francese, 125 Salandra. Antonio. ministro italiano, 432 Salctta. Tancrecli. generale italiano, 593 Sallustio. Caio Cri.spo. storico romano. 96 Salsa, Carlo. scrittore ira liano, 416 San Lazzaro, Ordine eli, :$6 San 1\llaurizio, Ordine di. 36 San Sebastiano, Anna Ca rlotta Teresa Canali~. contessa di. 280. 341[ San Sebastiano, Paolo Navarina conte di , tenente colonnello sardo. 280. }13-31[5 Sa ngallo, G iuliano eia. 32 S:n1t'Anna. signor di. generale sabauclo. 64 Santena, Carlo O rravio 13enso conte d i, generale sahauclo. 193, 197. 206 Sami Maurizio e Lnzaro, Ordine dci, 36, 253 Santini, Huggero, generale iraliano, 442 Santo Stefano, Ordine d i, 35 Saracco, Giuseppe, politico italiano, 393 Sassonia, Maurizio, conte eli, maresciallo di Francia, tlerto "Il [vlaresciallo di Sassonia''. 97. JOL 334 Sassonia-Gorha, Federico principe di, generale imperiale, 199 Sassonia-Lauenburg, Francesc-1 principessa d i, 269 Saulx, con tessa di, nobilclonna provenza lc. 42. 44 Sauveur. joscph, ingegnere militare e matematico fran cese. 124 sa,·oia Casa di, :H, 248 Savoia, Amedeo eli , ciuca d'Aosta, 391 Savoia, Amed eo VTTT conte e poi ptimo duca di, 11 Savoia, Carlo t:manuclc l di, duca d i Savoia, 54. 36. 39-75, 79, 93, 117, 118, 12:$, 129 not:1, 1.:H. 135. 329 Savoia. Carlo Emanuele Il eli, duca d i S;woia, 36, 37, 8 L 85, 87. 115-117. 123, 245, 271I Savoia. C::t rlo Emanuele III d i, re di Sardegna. 3R, 100. 105, 117. 119. 196. 280-283. 28). 287, 289. 297-:)46, 349-3'56. 36 1' 365. 375, 103 Savoia, Carlo Emanuele LV di. re di S::trdegna,361


INDICE DEi 1\0,\ 11

477

Savoia, Carlo lll due<l di, detto "il buono". 11, 15. 16, 19, 24. 70 Savoia, Carlo Felice l di, re eli Sardegna, 361, 366 Savoia, don Amedeo di. generale sabaudo, -10. -12, 113 Savoia. don AniOnio di. 129 Savoia, don Gabriele di. generale sabaudo, 37. J 17. 118 Savoia, Emanuele Filiberto di, gene rale del Ma re del re di Spagna, 'i-1 Savoia, Emanuele Filiberto l di, duca di Savoia. <.ktto "Testa di Ferro". l l. l 'i-43, 48. 70, Hl, 9), 11 7-11 9, 121. 133, 177. 300. 351. 352, 374 Savoia, Ferdinando di. duca di Genova. 36H. 370 . .391. 393 Savoia, Filippo di. conte eli Racconigi, 39 Savoia. Francesco Giacinto di, duca di Savoia, 78, 8'1 Savoia, Ma ria Adebide di. duchess<J di 13orgogna. 150. :349 nota Savoia, Maria Luisa di. regina di Spagna. 279 Savoia. Maurizio eli. cardinale. 3. Hl, H'!. H6. H7 Savoia. Tommaso d i, vedi Savoia-Carigna no. Tommaso. principe di Savoia. Umhcrto "da lle bianche mani" conte di. detto ''lli:mcamano'·, lJ Savoia, Umberto l di, re cl'lw lia, 388, 591. 392 Savoia, Umberto IJ di, re d'Italia, 1133, -135 . ..j tl'), -151 Savoia. Viuorio Am<:deo di, principe d i Pk:montc, 297 Savoia, Vittorio Amedeo l di, duca di Savoia. 36. 57, 65, 69. 72. 73. 75-79, 81. 117 Savoia, Vittorio Amedeo II eli. duca di Savoia e re di Sicilia. poi di Sardegna. 31. 37, 38, 96. 102, 105, 11 5-151. 159-16 1, 170-173. 177-lHO . 1R6. 193, 197-210, 232-23'5. 2·12-217. 2'5 1-254, 270272, 274, 277-281, 297, 300, 344. 350-352, 36'5. 374. :FB. 403. 449. 452 Savoia, Viuorio Amedeo lll eli , re di Sardegna, 356. 361. 563 nota-566 Savoia, Vinorio Emanuele l eli, re di Sardegna . .)61, 36-1, 366 Savoia. Viuorio Emanuele TT d i, re d'Ita lia, 123. 368-:39 1. 448 Savoi:J. Vinorio Ema nuele Ili d i, re d'Italia e d'Albania e imperatore d'Etiopia. 391-436. 445-453 Savoia. Vinorio Francesco. vedi Susa. Viuorio Francesco Savoia. Amedeo eli. duca d'Aosta e re di Spagna, 391 Savoia-Aosta, Amedeo <.l i. duca delle l'uglic, poi duca d'Aosta c viccr(: d 'Etiopia, 436-445 Savoia-Aosta, Emanuele Filiheno di, duca d'Aosta, .191. 401--+28, 430. 431, 436 Savoia-Aosra, Luigi Amedeo di ciuca degli Abruzzi, ammiraglio ed esplormore italiano. 3911-10:3, -115, 136 Savoia-Ao.sla, L'mheno d i, con1e di Sa km i. 394 Savoia-Aosta, Vinorio Ema nuele eli. conte d i Torino. 394. 42H Savoia-Carignano. Carlo Alberto I di. re d i Sardegna. 79. 123. 366-370, 373. 375. 376. 379. 393 Savoia-Carignano, Emanuele Fili!Je rto di. p rincipe d i Carign:mo, dctlo "il muto", 123, 127 Savoia-Carignano, Eugenio Maurizio di. conte di Soissons, genemle italiano tll servizio francese, .?7. 123 Savoia-Carignano, Gi useppe Emanuele di, conte di Soisson~. 123 Savoi ::~ -Carignano, Luisa Crist ina. Ma rg ravi:-~ eli fhclen, 123, 124 Savoia-Carignano, Tommaso di. p1i ncipe eli Carignano, 36. 6:$. 69, 79-9.?. 118. 123, 263, .366 Savoia-Carignano-Soissons. Emanuele d i, come eli Soissons. colonnello imperiale. 2H9 Savoia-Carignano-Soissons, Eugenio, prindpe di, 37, 93. 96. 99, 100, 103, 105, 11 8, 121, 123-1"57, l 'i9- l69, 172-177, 180-233. 23'5. 236. 238-24 1' 243, 24'5. 247-252. 25'5-275. 280, 282-289. 317, 35 1. 355. 366, :59""i Savoia-Carignano-Soi~son~. Fili ppo, C<l\'aliere di Malta, deuo ·['abate eli Savoia··. 124 Savoia-Carignano-Sobson". Luigi Giulio. cavaliere di Savoia, ufficiale al servizio i m pc ri~d e. 124. 12'5, 289 Savoia-C;uignano-Soisson:,. Luigi 1ommaso. come eli Soissons, generale al senrizio imperiale. 124. 2H9


478

I NDICE DEl '1()\11

Savoia-Ca rignano-Soi.ssons. Maurizio di, 36 Savoia-Genova, Adalberto di. duca eli Bergamo, 394 Savoia-Genova, Eugenio d i, d uca d'Ancona, 394 Savoia-Genova, Filiber1o, duca d i Pistoia, 394 Savoia-Genova, Ferdinando, duca di Genova, 394 Savoia-Genova, Margherita di, regina d'Italia, 391.:$92 Savoia-Genova, Tommaso, duca d i Genova, 391 Savoia-Nemours, Giacomo d i, 29 Si!voia-Nemours, Giovanna Battista d i, duchessa reggente eli Savoia, 11 6, 127, 133 Savoia-Tenda, O norato di, 26 Scalenghe, conte d i, generale sabaudo, 7!J Scaroni, Silvio, generale asso dell'aviazione, 404, 433 Schulemburg, Levin Friede1ich, generale tedesco al servizio sardo, 318 Schulenburg, Mat.tia, conte von der, generale tedesco al servizio imperiale e poi veneziano, 231. 233 Scckcnclorf, Frieclrich Heinrich, conte von. generale imperiale. 284, 288 Segre, Roberto, generale italiano, 406, 414 Seneuerre, marchese de, ambasciatore francese a Torino, 323 Serra, Marchese dc, 87, 92 Shovell, Clouclesley, ammiraglio inglese, 207-210 Silly, marchese de, generale fr&ncese, 206 Sinzedorf, Filippo Luigi cont<.: von, ambasciatore e m inistro irnperiale.2-13, 245-24S Sisto v, (Felice Pereni). papa, 43 Slataper, Scipio, scrirtore italiano, 409 nora, 412 Sohieski, Jan TTT, re di Polonia, 125 Società Agricola ltalo-Somala, vedi S.A.J .S. Soissons, conte eli , 81 Solari, o Solaro, conte Lorenzo, generale italiano al servizio imperiale, 167 Solaro c.ld Rorgo, Vittorio, generale italiano, 404, 422 Solimano, gran visir turco, 127 Spinelli, Oscar, colonnello italiano, 419 Spinola, Ambrogio, generale italiano al serv izio spagnolo. 72-74 Starhcmberg, Guido, conte von, generale im periale, 16 1 Starhemberg, Massimiliano, generale imperiale, 256 Stella, come Rocco, membro del Consiglio d i Spagna, 2-13 St.erranti no, Francesco, storico militare italiano, 143 nota Strafexpeclition, 413 Strafford. Lady, moglie del successivo, 269 Strafford, lorc.l Th oma~ Wentwort, b arone d i Raby e con te di, amhasciaLOre inglese, 238 Stroppiana, G ian Tommaso, Langosco di, nohile piemon tese, Strozzi, Piero, condottiero fiorentino al servizio francese, 17 Stuart, G iacomo TI, re d'Inghilterra, 132, 151, 223 nma St.uart, Anna l, regina d'Inghilterra, 183, 1R4 , 237, 242, 245, 246, 2) 1, 252 Stuart, Ca rlo 11, re cl 'l nghilten<t, 131, 183 Sruart, Enrichetta, duchessa ci'Orléans, 183 Stuparich, Carlo, scriuore italiano , -109 nOLa, lt l l Stuparich, Giani, scrittore ita liano, 409 nota, 4 11 Susa, Vittorio Francesco Filippo Amedeo eli Savoia, marchese eli. 308. 3 18 Tacito, storico romano. 96 Tallard. Camillo. conte, poi duca dc la fkaume cfl lostu n, maresciallo di Fr:tn cia. 174-177

lo


INDICE DI'l 'IOMI

479

Talleyrand, Charles Mauricc d,· l'crigord, principe eli Uenevenro, d iplomatico francese, 361-365 Ta~so n i, Ortavio, poeta ita liano, 58 Tavora, m<1rchese eli , mastro eli campo sp~1gnolo, H7 Terrnes, signor de, 2H Tessé, Renato Froulay, contt: d i, genera le c diplomatico francese, 142. 143, 14';, 147, 14R, 160,

162, 164, 177, 20)-210 Thaon eli Revel, Paolo, ammiraglio italiano, 39H, 599, 401 T illy. Claudio Federico conte de TSerclaes dc. Capitano genera le olandese. 220 Tokdo, don Pedro dc. governatore spagnolo eli Milano, S6-'5H Torcy, _lean-Baptiste Colhett, marchese dc:-. m inistro francese , 216, 251, 252 Townsencl, ammiraglio inglese. 34 J Toyras, G. Bonnet, conte d i, genera le francese, 75 Trczzani, Claudio, genemk: italiano, 4:39, 441 Tri;mgi, Altttro, ammiraglio ita liano e ministro della ,\•farina. 102 Trifari, Eugenio, ammiraglio ita liano. 399 Tu renna, Henry dc la Tour d 'Auvcrgnc, visconte eli, maresciallo eli Francia, 37, H7, RH, 123 Turineni. Ercole, marchese d i Priero, d iplomatico sabaudo, deno '·il marchese d i Priè", 171 TOrkenlouis, vedi Uaclen, Luigi eli, margravio di Baden Umbeno l , vedi Savoia, Umberto T di. re d' ltali<1 Unione Evangelica. 60 Urban. Carlo. barone, generale austriaco, 380 Urbano VII, (Giambmlista Castagno), pap<~, IJ3 Uscocchi, S3, 56 Uxclks, marchese cl', generale fmncese. 69 Vaccari, Giuseppe, generale italiano. 406, 428 Valfré, don Sebastiano, sacerdote, cappdlano militare c heato, 191 V<1llc. G iuseppe. generale italiano, 4:33 Va lois, C;Jsa eli, 17, 28, jO, 40 Valois. Claudia eli, 29 Valois, Enrico [! di, re di Francia, 21J, 29 Valois, Enrico 1[1 di. re di Francia. 40, 43 Va lois, Francesco l eli. re eli Francia, 131 Valois, Margherita d i, duchessa di Savoia, 29 Vanzo. Augusto, generale italiano, 428 Vauhan, Sehasticn dc la J>restre de, ingegnere militare francese, 101. 121J, 1R7 Vauhonne, Giuseppe Guilberto, marchese de, urfi ciale francese poi generale imperiale. 249 Vauclémont, vedi Lorena Vendomc, Luigi Giuseppe dc, cluc;:a di Penthièvre, poi duca eli, maresciallo d i Francia, 96. 163.

166-17:3. 178-180, 209, 211-226, 234, 2·69 Vemaa, Augusto Filiben o Scaglia alxne eli, diploma ti<.·o .sabaudo. S3, 58 Verrua, Jeanne-Bapti ste d'AII,reL dc l.ttynes, contessa di, 242 Viale, Leone, m inistro ddla !Ylarina italiano, 401 Vil ana-Perla~, Raimondo, m:1rchese el i Rialp. n ain ìstro asburgico, 243 Villa, Guido. marchese eli Cigliano, generale sahaudo, 77, 78, 8S-R7 Villars, Claude Louis Tlecror march<.:sc, poi ciuca de, llKlresciallo eli Francia, 164, 196, 228-252.

234, 23R-252, 270, 297. :30 1 Villeroi , Francesco de Neufville, duca de, maresciallo di Francia. 16.ti-J66, 171 Visconti, Vercellino, generale lombardo al servizio spagnolo, R7 nota Vittorio Amedeo l l'Celi, Savoia, Vittorio Amedeo l eli Vittorio Amedeo Il, vedi Savoia. Vittorio A.medeo Il eli


480

JN DICE UEI 1\0MI

Viuorio Amedeo T!T, vedi Savoi;~. Vittorio Amedeo Ili di Vittorio Emanude T re d i Sard egna, vedi Savoia. Vittorio Emanuele l eli Vittorio Emanuele Il re d i Sardegna, vedi Savoia, Vitrorio Emanuele Il di Vittorio Emanuele 111, re d 'ltali<l, vedi Sa\·oia, Viuorio Emanuele !Il di Volra ire, vedi AroueL Wa llcnstcin, Ern est conte von, generale imperiale, 37 \Xiallis. Oliviero , maresciallo aust riaco, 307 \Xfalsegg. generale austriaco, 319 \Xfasa, Gustavo Adolfo, re di Svezia, 37, 73 nota, 95, 106 Wavell, Arciba ldo, generale inglese, 441 Wellington, Arthur Wellcsley, duca di, generale e politico inglese, 227 Wettin, Augusto III, elettore eli Sassonia c re di Polonia, 2H2, 312 Wettin, Federico Augusto IT d i, elettore di Sassonia c re di Polonia, 222 Wctzcl. gcner<J le imperiale. IH5, 1H6, 189. 203 W inelsbach, Casa d i, 252, 272, 284, 316 W iuelsbach, Carlo Alberto eli. elettore eli Raviera e sacro romano imperatore tedesco, 288, 31 7 \XIittdsbach, Fedcrico V di. elettore Palarino, 60 Wittelsbach, Massim iliano Emanuele, principe elettore di Uaviera c generale imperiale, 37, 129. 130, 169, 174-177, 226 \Xlra tislaw (o Vratislav) z Mirrovic, Giovanni Venceslao conte von. d iplomatico imperiale, 243 Wùm embcrg, Culo Alessandro, principe e duca \'On, generale imperiale, 21\9, 256, 257, 265 Wtlrttemberg, Lu igi, principe l'duca von, generale imperiale, 288. 301, 302 Zurnjungen, G iovanni Geronimo, bn rone von. generale imperiale. 209


INDICE DEI LUOGID, DEGLI STATI, DEI TRATTATI E DELLE BATTAGLIE

Abbeville, 219. 227 Ahruzw, 319, :327, 328 Acqui. 52, 6'5. 66 171. lHO Ad Tedesan, 442 Adamello, monte, 1\ Il Adda, fiume, 161. 181-1/B, 202 Addis Abeba, 4:36-4:38, 442-444 Adige, fiume, 161-163, 1Siì , 18'5, 310, 311, 422, 424 Adriatico. mare, 35. 161 , 2'58. 396-401. 432 Afrnadu, 442 Afric'l, 151. 242, :39'1, <i33, 4:36-444, 446 Africa Orientale Italiana, -136-ljtJ., Agnello, colle dell', 69, 32.?, .:$26 Agordat, 44 1 Aiguebelle , 177 Aix-en-Prove nce, 42 Aja, 13'5 nota, 141, ltJ2, 192, 237 , 242, 268 Alaska.:W4 Alba. 19 nota. 51, 52, 68. 69, 75. 92. 187 Albania, 396, 432, 44'5. 449, 4'50, 4'52 Albenga, 63 Alhergian, passo dell', 231 Aless<Jnclria. 19 nom, "iH, 65. 75, 171, 173, 180. 202, 247, 3:37-339, 37:3 Alpi catena monruosa, 11, 31-40. 4'5, 101 Alpi Marittime, 204, 205 Alpi Occidentali, 11 , 4'5. 49, 51, 53, 68, 74, 140, 141, 143. 147. 160, 171, 177. 201, 204, 2332:36. 321, 326, 328, :337-338. 343-345. 35 1, 353,354, 411, /j20, tJit5 Alpi Orienta li, 406 Alpignano, 193 Alsazia, 6 1, 252 Alt Brcisach, 252, 285 Alta Slesia , 317 Alto Adige, 173 Altopia no Bavarese, 173, 353, 427 Amba Alagi, 444 America, 151, 242. 245, 248, }i2, 380

Amhara, ' Ì44 Amie ns. 227 An<:hin. 211 Ancona, 383, 585 Anghiera, 349 Annecy, 236, 32 1, 365 Annunziat<t. fone dell', 32 Antibes, 206. 234, 311 Anrivari, 265 An\'ersa, 212. 220 Anzio, 32, 528 Aosta, .1.42, 177. 197, 201 Appc:nnini , 161, 3:36, .)89 Appenzell, camone eli. 355 nora Aquileia, 4 19 nota Aquisgrana. pace eli. 348, 3tl9 Ar<1n juez, rrarmro d i. :356 Are, 236 Arezzo, 383 Argovi:.t, 252 Arona, forte di, 202 A.rras, 225 Arsiero, 162 Artois, 2'5, 220 Asia, LJ9 , l'il , 262, 342 Asiago. Altiriano d i. 423, 426 Asmara, 442 Aso]one, monte, 423 Aspromonte, 374 Asse. 212 Assia. 15 Assierra, 119, 234 ..74.3-346, .350, :35 1, 35:3. 354 Asti, 19 nota , 54-57. 66, 81J. 87, lOJ, J/j2. 180. 338. 339 Ath. 2 12, 2 14, 220, 221 Auasc. fi ume, 4-12 .Augusta, (Gcnmni<l), 24, 132, 1:36, 173 Augusta, Lega di, 128, 129, 132 Aul nois. 229. 230 Auste rlitz, 95


4132 Austri<l. 5.1, 69. 75, 12'5. J:Sl. ILJ8, 161. 172- 177, 1Hl. 1H'5. 2•12-2'52, 25'>, 266- 268, 279 2H22~H. 297. :$0"1, :HO, :$12, :H7-:$19. 32 1, 355. 36 1, 370-385, 396. 1117, •127 A\·igl iana, 57. 73-75. 1.jO A\·ignone. 62. 132 Baden, Svizzer~t . 2'15. 252 Badia Polesine. 162 Bainsizza. altopiano della. -l 16. -Jl7 Balbotet, 23 1 Balcani. 9'5, 255-266, LJ20 , '-1:$2, 449 Banczova Palanca. 260. 261 Bar. contea di. 151. :$12 Barca, Ciu me, 1·1l [ktrcdlona, 17. 61, 1-J2, H7 Barcellonetta. h3, 2'17 Bard, 17iì Bard. rone di, 20'1 Barge, l <) nota Barreaux, 236 Barriera. 150. 228. 2-12. 247. 251 Basilea. ·12. 151 IJassignann. :$:$H. 550. 5'52 , 5'5:$ Bastia, }15, } 16, 5·18 Bavai. 232 Baviera, 20, 17·1, 286, 118. '127 Baviera. elo.:normo eli. l:$2. 172. 17:$, 2"15. 2-16. 2'52. 2H3-2H8. 316. 36S IJ~·cl izzo le. 18'1 Bega, fiume. 258. 261 Ueinasco. 19:$ Belgio. 20. 2 1, 28, 267, 275. 365 Belgrado. 10:$, 118, 119. 125. 128. 129, 1'5.1, 15 l. 157 195 255, 258, 260-26.), 265 IJt>llu no. -126 Bene. 87 Ucrgamo, 161. :$HO Berlino. 28 1. 385, ' l 19 Berna. "'5 Bcrre. 1•1 IJevere. cn~tdl o eli . 218 Biella, 178, 380 Bim. 206 Bisagno, 3 11 Bitonto. 5'5.'! Blenheim, vedi Rlind h<:im. Blinclheim, 17'5-177, 2Ri Blois, 57 Bocchetta. 6.1. 340. :$'12. 5LJ5, .'351 Boemia, 60. 61,215,315 nola, 316, 37H. 385 Bologna, .104, .107 Bo111pono. 32·1 l\onclanello. 30H Bonn. 136

Il\ DICE f>IJ 1.1 O <òlll , l)f< ;J.J 'TAl'l , IlEI TRAlTATI f. lll'l.l E Jl,\ 'ITA< ;u~

Borghetto, 500 Borghi, 19 nOLa Borgo (Cuneo), 353 Borgororre. 16H. 300. 301. 509 Borgogna. 11, -16, HO. 18 1 Borgo~na. ducato d i, 39 Borgor~mo.

l R(l

Bormida. IH6 11osco. 186 nota Bosnia, 157, 26 1, 265, 26(,, -ìO-'i Bourg-cn-Bressç. 32, -16 Bourges. ·i5 llozzolo. 307. 309 Brù. 19 Brandehmgo. 60. 1.32. 159, .3 15 nota Brecht, 72 Brembate, l B l Brennero, p:1sso dd, 169. 17;$ Brescello, 307 Brescia. 16 L 16 J. .380. '120 Bre.N.', .31. ·il Brest-Litovsk, trmtato eli, 12.3 Bri ~nçnn , 202, 2.):$, 2.3LJ. 2:'16 Bricherasio. 6 , 75 Broacl l'cak. 39LJ Bruchsal. 286-2H8 IJruges. 21 l , 212, 219. 22-i, 226, 238, 25 1 Bruxelles. 19. 23. 21. 2H. HO. 212-216. 220. 22:$.

21't, 226 Bruxelles. monastero di San Paolo, 21 Bucb, 126-128, 1'5'! Buerat d Hsun, forte d i. 1.36 Bugey. 51 , -J7 Bulg:tri:t. 12'), i26 Buondormir. passo d i. 329 Busca. 19 nota. 20'5 Cadore. LJ.l<) Cagliari, 277, 3'19 Cairo. 65, :$12 Calais, 2H, 29 CakiJ1ato. UH. 585 Cakliera. 112 Callonge!>, 43 Caluso. Sì Calvi , 3-16 Cambrai, 2.39 Camen iez. l '57 Cantpo~amo, 521. 327, 5.36, .350. 3'55, 3'5'1 Canalhianco, 185 Canale Dottori, ·!08, i09 Can;1vese. Wi. 88 Candia. isola, antico nome tli Creta, \'etli Creta, Canne. 257


Canne.... 206 Capo Linguell.t, ;\9(1 Caporello, -';1, 111 , 1IH 121. 1.?(1 Carhign:mo, 1-H Carbonera. wrn: ddb. Cardcro. 19 not.l Carçn7.Ul:l. .:; 1 Carignano, l') nota. -9. l~'). l~-. 195 Cangnano, pontt' d1. 15Carlowill. 2-';'5 Cannagnnl.1. 19 nnt•t. 10, 1-. H 1. H">. 112. IH-. IHH, 193 Caro~ io. 6 1 Carpi, I H6 Carpi d i \ 'ill:t lbrtolonwa. 1(11, l(d Ca IT:l ra. lHO Cn r~>o. 101. ·106- tlO C;1sak- '-1onfcrrato. 19 nota, l'i. (JH 7S. 87. HH. 92, l i H, l r, 155. l JO, l 1 1. J 16 l 'iO. 205.

r1. :HH Ca'>:lkllv . ..,, Cas:tl maggiorv. 1(17 Cas,al.t, 1 10, 111 Cas-.ano, l H l l H5 C:l~'>ihile. 1 19 C:t~ragn.1 ro. 162 C:l~ragneto. l HO Ca,ragn<.'\ i//:1. Il-'; ca . .tel d' \gogtu. ;-2 Ca-.td di -..1ngro..~.:; Ca..,td :-.an C: im ann1. IH6 nota ca. .td :-.:111 l'ktro font• di. 69 Ca.,td \t'Il/ago . .1H:~ ca. .rt:lddfino. 119. 21-. .125·526. 5'50 5'5 l Ca.,tdfid.mlo. 5-9. 5H-'; Castelfranco, 1i3 Castdnuo\'o Bormid.1. l H(, not,l Ca,.,telnum o "cri\ i:1, l H(1 not;r ..~.r Ca.srdponte, 32 1, }2(1 Castiglion dd IL· Siivivl\', l (l 1, 205 C l,tiglione. l 1) nota Cnl'trn, 50 1 Can rlogna, ')0, l 11. l 1'i. l 19, 2 1H. 1SO. .2'51 C:ueau C:unhrl':--b. \ t•di Ch:tll'au C:unbn:"i" C:uinal, forte di . .20<) Cauaro, 26'5 Ca,·our, ""6. 15Ca\ riana, ,)HO, 5H2 Cencio. H-'; Ceni-.io. 2.1.1 Cemallo. Il) nota Ce n c1:1. ,102 Ccn ignano dd Friuli. 119 nol.t

Ccn·in,, .2,">6 Cc-;ana. -16. 25.1. 251 Ct·,·a. 19 nota. 66..1.10 Ct:\Tllllt'. l<X1 Chamlx·ry. -16, H'i. l·C. ~--. 2HO, .UI. ,1(1.:; Champ;~gne l'i Charleroi. 211 Chateau-Camhre.,io,. 29. 52') Cher.1.sco. 19 nota. H'i. IHh Chera:-.co. armbti7io di l 1-'X>l. ~(1-'; Cht>ra~co. LJ:Ilt:Ho di. -:; Ch\.'ren, ·H 1. 112 Chianal\.'. :H3·326 Chiara. tJ Ghiara. d'i\dd:1, n·d i ( ;vra d 'i\dd.l Chi:Hi. 16-l. J"'J Ch ie ri. 19 nota. H 1. H-, 19 1, 195. 200 Chi ese, fi ume.:, l H(1 Chieti ..)R'i Chiomonl.;, 16, 71, 177, .209 Chisimaio, 1 12 Chi~ola. lorrcnlv, l ,.:; Chi~one. \'alle del, U 1. 2.B Chiu... ano. 19 nol.t Chi,·as...o. 19 nota. H'i, l-H IHO, 1•r. 201 Cima <L\ ... ra. -112 Cina. :)99 Cinqu~·chie~c:. J.?H Cipro. .~66 Città di Ca~tdlo..~H5. ,1H'i Ci\ ita\·ecchia ..U . .1.~(1 Codroipo. tiR Col del Ro-.:-o. 123. 12 1 Col di Lana. t li Colonia. 1.21. 132. 156. 1-2 Colonia. elenor:tto di. 1.) l. 15(1, l ì 2. 2-';2 . .?H 1. :)l'i nora . .) 16 Colorno. 500. 502 Comacchio, .~0 1 Comhnki:ì. -l-l 1 Comcno, n:d i Car~o Como. lago di, (11. 61 Cond ove, 7<~ Conflan~. 16, 2.36 Copenaghen, 26H Corbiere. 3.2.1-.)2'5 Corbù, .1H2 Corlll . .~'>. 2'iH, tOO Corinto, Canale: di. 596 Cormom•. -l OH. ~l H Comino. 11!) Cornonc. monte. -12·1 Corone, 26'i Correggio. 92, IH6


J-,;mcF OEJLI 'OGIJJ , Dita l '1~11. Dll ll<ATI\TI f; On.J.f fi\Tf\(,JIJ

Cor-.iça, 29. 63. 65. 3 IS. 3'56. 1 19-·1'51 Cor-.ico. 202 co~tanlinopoli . 26'5 Co.~t~mz;t, lago di. 61 Courtrai, 220 Cremona. ')2, l (J'-1. 203 Cremona. çhiesa di Santa M:tria l\: uova, J 'i Crcmon:1. palazzo Ofrcdi, 166 Cremona. porta d'Ognissanri, ! 66 Cremona, porta S;~nta ,\ largh erila, 166 Cn:~çenlino. 19 nota 56. 66, 1~8. 1~9. 202. .33R Crera. boia d1. 35 Crc' .tkore. 321 Crimea. 269..~66. 3- -1. }'8 Croa;-ia, 130, 151,261, '-1-19, "''iO, ·l'il Cron:1ra , 502 Cufrn. •37 Cullodc.:n , ,;•d. 3'54 Cuneo, H7, 101, 141, 143, 17H, 20'5, 329, .330, 331. 3:H. .:53'4, .351. 354 Cuneo, 1\ladonna dell'Olmo, 196. .330-3:~3 . .350 3'i2 Curt:llone. 300, 369 Cu.,to7a. l, 375, .r9. 3AA. 3H9 Dalmuia, 263. 266, "l'-15, +t9 Dalma7ia ,·cneta. 279. 300 DanimarGI. regno di, 62, 131. 152 Danubio. tìumc, 61, 126. 129. 130, IS 1, 157. 17 1- 177. 255-265 Dardanelli , stretto elci, 396, 39R Dclfinalo, 110, t1 2, tl3. 4H, 69, 71. 11H. l <1 :\. 205, 233. 321. 323 . .330. 366 D..:monte, 1H, 329. 334, 350 Denain. 238-2-Jl. 2'45 D..:nain. ablxu:ia. 2·10 Dendl'r. fìunK'. 212. 214. 220. 221 Dcmk·rmond. 212 nora De.,enzano ~ul Garda, 16--1 Dcuingen, 3'i3 Dire Dau:t. 4·t2 Doberdù, 1Jti, 115 Dockca n neso, .396 DonaLtwiirllt, 17tl Dongolas. wctta d i. 44 1 Dora B.tl tea, fiume , 46, 85, 189, 191. 193 Dora Hipari:t.lìumc, 74,191,197,201,23 1 Douni, 221, 223. 225 Dr:l\ a. fìume. J28, 255 Drc-.da, pace di <r'l5), 339 Dronero. 19 nota Dulie, fiume, 221. 222 Dunkcrqltl'. 2 19, 226, 238, 2S l , 3 t9 Dur:tzzo, '100 Dun: nza. fiume. 4')

o

ro. r

Egeo. isole dell', 1 19. <1'iO Egino, 4"10 El Alumein, 'H El Uach . '1-JO Elha, fìumc. 16 Elba. isola cl', 90

Emhru n , Jli.) Encombre<>. passo dt>lle, 2.13 En7..a. fiumc. 'H Eritrea, :S9:S, -t 1l 1 11 Er7..egovina. 266, t'iO EscauL tìumc. 23H. 239 Esslingen, linee ùi. 2·19, 285 Etiopia. -t02. ~.3.2. 13.3. 136- 115. +19 Europa, 12, 35. 60. l :B. 1'12. 1<!9. 23'7. ~ 3H Europa Oricntuk>, 95, l lH. 119 Exilles. lt6, 233. 2.h :B8, :3'-l:S Fagiani, isola dei, 9 1 Faiti , -1 l'i Fano, .336. 183 Favria, 19 not:l Fenestrelle, 2.33. 2 1'"'. 3 13 Femtr. t, 93, .10 1 Fezzan, -t36 Fiandra, l~. 19. .W , HO. 84. 93. 99. 101. 109. 118. 123, 1.31. I _U , lt2. 113. 1-t7, 1'19. 151 . 203, 20 l, 212-25 1. 2-tS, 349. 353, tOH.

ro.

417 Fiand ra fran cc~e. 220 Fiandra , Cammino d i, 17. 61-63, 67, 75, 77, H'i Finale, 61 Finale Lig ure, 17 1, 203.310,3-11 Finale. marc he-.alo dd. 8), R8. 93. 203, 336, .337. 3'19 Fiorenzuola, JR6 nota Frrenze, -t6, 58'>. 391 Fiume, t2R Fiumicino, 331 nola Flessinga. 226 Foligno. 320 Fontcnoy. 3'>3 Formia, l'Celi Mola di Caeta Fo11 Louis, 2H'i Fossano, 19 nola, 33.3 Franca Conle<l, 17, 20•1, 2:$-t FrJncia, 2-t. 2'5, 2R -~ 1, 11-16. 50. 80, 8-t, 87. llR. 20t.20'i. 219.220 . .236. +6. -149, l'iO Francia. (stato), Il. .'\0, 39. 12. 'i8. 59. 62. -o. -3. 7·1, -6. '"'9, 88.91.93.116, 119. 1.23. 12-1. BI 1~o. 1•7. 118-1'>1. 159- 170. 2.3~. 2'12-2'i2, 267, 26H, DO. 273, 282, 28.). 299. 300, 312, 3 16 3'iS, 36'5-385, 396, 40-t, -1IH Franconi:l, 28') Frankemhal. 2·~9


l l\ DICI' DEl Ll OCHI. DEGLI >TATI, DEl TRATTATI F. DF.I I.F BATfAGLic

Frascarolo, 77 Frassineto. 69 Fréjus, 206 Friburgo, 249, 250, 252 Frieulingen , 172 Friuli, 408-428 Fuentes, fon e di, 202 Funlkirchen, vedi Cinqucchiese Futak, 256-261 Gaeta. 32H. 3H3. 3H5 Galla e Sidamo, 444 Gallabat. 440 Gand, 212-220, 227 23H, 2')1 Gand. fone Rosso. 226 Gap, 143, 144 Garda, lago di, 160- 16:), :500, .)11, 3HO. 420 Garigliano, 328 Gassino, 19 nota Gavardo, 181 Gavere, 214 Gavi. 63-65 Gavre. vedi Gavere Gazzuolo, .)OH Gellcs, fiume, 137 Gcnevese, 170 nota, 233 Genova, 61, 63-65, 80, 117, 537, 341-313. 378,

406 Genova, convento della Madonna della M isericordia; 342 Genova, Repubblica di, 55, 67, 68, 70. 76. 116.

123, 159, 279, 336, 339, 340-34:3, 345, 348, 349, 355. 356, 365 . Gera d'Acida. 181. 183. 202. 224. 298. 299 Genuania, 17, 20, 24, 12, 60-62, 71, 73, 75, 76, 80, 84. 95, 101. 118, 132, 136. 160. 169, 172, 173-178, 1H4, 204, 212, 2tl5-252, 270, 277, 282-287, 297. 301, 312, 316-321, 336, 338,353.385,392,404,417,427,416 Gerusalc.:mmc, 366 Gesso, torrente, 330 Gex. 31. 17 G hent, vedi Gand Gibilterra, 245, 2tl7 Gimma. 444 G inevra, 40. 42, 46, 50, 170 nota G inevra, lago d i, 233 G iuba, fiume, 442 G laris, cantone eli, 355 nota G lat7., 349 Glohokak, mo nte, 418 Gobuin, 442 Goito, 163, 171, 186, 310, 369, 371. 575, .179,

388

485

Gonclar, 144 Gonzaga, 308 Gore, 444 Gorizia, 54, 408, t!09, 413- 415 Governolo, 3 10 Grace. 206 Gradisca, 53. 54. 419 nota G rafenherg, monte, 414 G ran, 126 Gran Bretagna , 55, 62. 131. 132. 136, 148, 159,

165. 183. 204, 236. 237, 242-252, 267, 271' 277, 28/t, 316. 317, 321, 336, 345, 348, 349, 365, 392, 398 Gran San Bernardo, 11, 75, 177 Gran Serin, 343-345 Gran Varadino, 153 Gravclines, 28 G recia, 255. 398, 449-452 G renoblc, 87, 143. 204 G re7.in, pome d i, 47 Grigioni, 60, 61, 64, 67, 311 Groenewald, 217. 218 Guastalla, 119, 16R, 169, 186, 203, 504-308, 349-353 Guidizzolo, 380, 382 Guines. 28 Guisa, 25 Gyul<1, 153 H an nover, 247. 284, 315 nota, 365 Har;~r, 442 Hasnon, 241 Hassan Pascià Palanca, 262 Haure, 228 Heicl elberg, 287-288 Heilbronn, 285-287 Herlegem, 217, 218 Hermacla, mome, tlltl, 416 1-lesdin, 23. 24 l leurne. 216 llcync, 216 llòchsti.icl t, 119, 173-177, 194, 204, 353 Ho lstc in, 385 I-Iuyssc, 299 I f. ca:;tello cf, 44-46 Imoschi, 266 Imperia, 63 Jnghilrerra. regno d i, vedi Gran Bretagna Jngolstadt, 16 l nn. 61 Isernia, 385 Isola d'Asti, 186 nota bonzo, 54. 389. 406-420 Isu·ia, -1!f5


11\fli<.E I>FI 1.1 <Xò!ll, ll[ <il.l

lta li;r, I l, 15, 2-i, 2R, 31. 39. 51-HI, 101, 123, 127, 156. HO, 1•17. 150, 159-173, 17H-210, 2-16. 250. 251. 253-255. 266, 27:), 274, 277. 279-285. 287, 301. 302, .)07-454, 446-·!52 Tuclrio, 389 iiTea. 85, 1·12 Jdenik, monte. 416 j onie, i~o l e. 279 jugoshwi;l, 435. •H5, qLi9-'+'>2 K 2, :39--1 Kaiscrslautcrn .. 285 Kara nsc:hcs, 129 Kashm ir. .)9 '1 Keill, 252, 2H5 Kenya. t<'IO. -11 1, -i'-l'i Kobila, 155 Kohile". monte. -116 Kolonat, monre, --118 Kovil, l'ecii Kohih1 Kuk, monte, LJ 1Ù Kurmuk, -140 La fbss(·t·. 228 L:1 Capdlc, 80 La Cil:unhre, 2.).) L:t Chiusa, 19 nota L:r Cislerna. 19 nota Lt Contracania, .)82 La Hogue. 11J7 La Rochelle, 70 La Spezia..319. 42<) La Spezia, Regio Ar:-;enalc. :39<-~ La Tour du Puget, 20(l Lago j\·1aggiorc , 7 6. 7H. 580 Lago Roclolfo. <-~40 Lagosta. 400 Lambro, :3•10 Lamorra, 19 nota l.andau . 2<'19. 252. 2S5, 287 T.andré<.:ies. 23H-259. 2'11. 270 Langhe, 55, 85, 1.'3 •-t, 2'-l7, 27·~ Lanslebourg. 177 Lanzo, 19 nom Lalisana, 418 L:lllingen. 176 Launsb eim, 17'-1 Lau tnbu rg. 2'-1.9 Lecco, IH I Lcffinght·, 226 Legnago, .)6H . .)70 Lenza, fiume, 302 Lepanto, 35. 36 Lessine!>, 21-1 Libia . .)9'-l. 40.1. '-122. '-15'-1. -1.16. -t_-37

,,-,m, DF.I T ll\TIArl f llEI.I.E I!A I'I•\ ( ,I.If

Licgi, 1 2<-~. 17 2 Liguri:1, 50. 51 202. 5<'10-,3!13. 546. 351 Lilla. 215, 2l il-22H Lilla. Cappella della Maddalena, 221 Lilla. c ittadella, 22 1-22~ Lilla. rona di Sant'Andrea. 22 1 Lilla, pona eli Sama i'vladd;Jicna, 22 1, 225 Lilla, porta Reale, 226 Lilla, strada eli Mcnin, 221 Lilla, Tenaglion i, 225-228 Linea K:Jiscrstcllung, 126 Linc:t Kòn igslellung, ·126 Linea Sit·gfricd, -r25 Lione. 2H. 17. HO. 1-i 1. 201. 2.'$3 l.ippa., 129

Livenza. i26 Livorno, 90, 300. 531 nota. 39-+ Lodi. 202. 29B Lombardia, 61. 62. 67, 72, 7+ 77. 91-93. 13.3. l 1} 1'!:9, 159-173. 200, 20:3, 2R5, 29S, 300.307. .:Hl. :HZ, .Jlì. 320. 3-tO 542, 3 r6-.)S), 119 Lomellina. 77. J73 Lonato, 1H4 Lonclr;1, 150, Hh 236-238. 2 12-2 16, 248. 269271. 3 16 Lorcna. <-~4 Lorl'na. duello di, 60, 151, 312 Luhiana. '!OH Lucca, Repub blica eli, 279, 336 Lucedio, 56, 57 Lucento, ca~1 e llo d i, 200 Lucento, ponte di. 19H Lucin!co, -41'-1 Lugos, 129 Lunigiana. 279. 2HO Lussemburgo, 29 LOtzingc:n, 175, 176 LUZZ<ll'a, 16B, 269. 306 LUZZ<ll'<l, C'<IS!Ciio o torre di, 167 \ •lan·ronc, 3H5 'VIadd alen:r. isola della. 356 !VI:Jclonn a della Scoperta. 5H2 !'vbd rid , 17, 50. 43, '-1"1, 47, 51-5H, 62, 72, 76. 1'50. 171, .3 17. :H9. 33H. 3'-10 Magenta. 579 M agonza. 152. 156. 24<), 285, 2H7. 2RR Magonza. denor:tlo di. 1.)1. 250. .)15 nota Malplaquet. 119. 232 l\laltrr. isob. :35 J\'lannhcim . 249. 287. 2HH M;Jntov:t. -10. 51-5H, 61. 69, 72. 75. 160. 16.1. IO<i, 167, l RS, 20_), 201J, 287, .Z<)H-301. 30H. .) 10·312. 319, 551 :)6H-570. '-1.10 nota


487 Mamova, ducal.O di, 68. 7 1, 7'5. 7(l, 1.-17, 27·1. 27\ 1.79, 2H5, 300, 306, 317 fvla r Ligure. :)21 l\!:1r Hosso. -t04. -J40 Marcaria. 309 !'vl:lrchiennc'>, 25H-2ci0, 270 ~vb rienbou rg. 2'5 ,\ larquc. fiume. 1.21. ~larsagl ia . pi ani della, l l'i Marsiglia, 42, <f'l ,'vlartinara, 501 1\ lasonc. (l) M:t~sa, 279. 28(/ i\lassau:1, )l)), -Hl.. •H-1 ~1a u heuge. 232 Mc·cka. '5'-l i\kdeazza. ·116 1\kditcrr:tn<.:o, mare. 1'. 6.'1, IOH, l J l. l·l·l, l•1H. 1'53. 231.327.336, 3 JS-3 t9. 392 1\kdok . .380. :)82 .Mehadia . .26'5 !\kk.·gn:mo, :3l:l0 Menin. 22 1 \lcnrana. 57"1, .189 .'viet L. 20, 7 l ,\ lignont·. .38'5 ,\li lano, l 7, 2·1 12, ') J . '58, ()0-65. ()'),W. H-1, 1-19, 16-1. to6. 1òH. zo2. 279. 28 1. 297-299. 5.38. 3S·I, }')'), 366, .37 J-.37S . .)7'), :379. .180. :$82 t\lii<J no, castl'llo d i. 1.0:$, 20-1, 22-1. 299, 559 Milano, ~lato di, t "i. ')'), ()'), 7 1, 77, H"J, 92. <):\ , 1.3:3. 156. 1)9. lCJo-180. 20 1. 2· t7, 26..,, 2H3. 298-500 3 12. 317, 3 13 1\lillcfiori, vçcJi i\lirafiori Millesimo. 3 12 Mincio, fi umt·. lW. J(, l. 16:\. 171. 18\ I R6, 500,506.310. .369 57 1. :3HO, 3H6. :$8H. <f20 l\1ino rca. isola, 1.-17 i\li ra l'iori, 195 M im ndola, 20.1 :$0(,, 308-:SIO, 320 .M odena, 92. 186, 30 1, :)OR, _)20, 356. :fi l , :$'i-l Mockna, ducmo di, 92, :119. :\S l. 3'5) Mogadiscio, · l 12 .'Vlol:1 di Gact:1, :379 Molines, 525 \lon acn eli II<JI'icr:l. 129. 288 Monastero Bo rm ida, 80 Monh;llclo ne. 7H :vtoncalieri, 19 nota. 280 ,\ lonc ll\'0, S l, 69 ,\loncenisio. passo deL 177, 2:36 Moncucco. 19 nor;-~ Monclo\'ì. 52 R7, RB. 117. t\'lonfaicmK', '5-t. <fOH. -10<), ·115. "1 1-1

:no

J\lonk rr:Jro. m archesaro del. 19, 29. 10. )0-SS. 'i7. "JH. 6'i, 61'1. 70. 72, 75. 76. 78. 92. 13-1, 11 1, 173. 178, 1.46. 2-1 7 . 2ì•l , 529 !'vlonginevro, pas~o del, 2}-1. 5·d ~·vtonresw i l. +~

Mons, <)9, 212. 2h 22 1. 22H, 229 .'vlons. pon:.~ cl'lla urc. 2:~2 ,\·lons. porta d i Bart:tmonl . 232 :vlon~ -en- Pè\·ek. 222

,\ lontagna Bianca . 60. 75 i'vlomal b:111o, 206. -~"~:i ,'vfontan<lra. 369 Monte Bdlino . :325 ,\ lontc Bianco, 2·17 nota, .19·1 Monle Cervino. 39o.~ i\·Jontc Chi:uugolo, l'o nezza d i, 302 Monte Ci111a. 112 Monte Cosich, -10H l\ fonte Cro('(·. 5HH !\lonte Filippo, :~Oì !\lome Codi, .:'.71 ~·t onte Grappa, ·123. ·126 Mom e Maggiorv. -! l X \1onte t'vlamaor, :171 .VIonte Rosa . •W 1 :--· lontl' Sant'Elia. 39·J ,\lollle Sant o. ·Il l , •1l 6 ,\•lontt' Sei L~u ::.i. -H O ,\ !ome Torre, 570 Monte V;1lhdla. -t25. -12·1 Monte Vento. 371

Monrdx·Jio. :n9 Montello. Il J, 12S Mnntcnegro, -10.1, '·1'50 Monl icl1iari, lB·t J\lnntm(·lian, :$2. ·H , 16, ·1'. 7'), H7. l -12. 1-6. 1·J8, 177. 1 ~-H. 22<f J\lonzamhano. ;FO Monzon, 67 1\Jor:wa. fiume. 262, 266 !\1orav ia. 5l7 r-.1orèa. 1):1 Morges. 235 r-.1orian:1 , 47, 2:~6. 521 .'vlon ara. 202. 572. 37'5. 57H .'VIo~c l b . fiume. 20. 279 ,'do~La r, 266 Motta, S-1 Moulie r:-.. 16. 255. 2.36 ,\ Joyak. -1-10 ,\ ·Whlberg . 16 t\ li.lnSt('l', B9, 17-1 M urazzo . 535 Namur, 17, l <f2. 21-1. 2 1')


488 Nancy, 312 Napoli, 58, 61, 77, 8~. 91, 171,242.244,327, 328, 385, 391, 131 Napoli regno di . .?5. 160. 247, 255. 266, 267, 280, 283, 299, 300. 302, 306, 311-:H.J, 337, 355 :-.farenta. fi ume. 266 ='Jebelbach, torrente, 17'5 \Jeckar, fiume, 2AA Nedda n,436 Ne kerhausen, 287 Neu IJreisach, 285 Neufv ille, 240 Nicopoli. 262 Nic::upon, 221i. 225 Nieu wpoo1t, ved i Nicupon Nimega. 151 1'\i.mega, pace di, 131, 151 l\'is!;a, 15tl 1'\izza. 11, 29, 52, 63, 87, 136, 14 1. 184 205. 206, 209, 298 no ta, 321, 328, 356, 545, 348, 38.:$ Nizza de lla Pag lia, 51-53. 186 nora Nizza J\!lonfemuo, 186 No ra, 370 Norken, fiume, 216, 217 Nutre Oame d e Briançon, 236 Novara, 202, 280, 298. 299, 3 12, 338, 372, 379 Novi, 65 Nufilia, 4.:$6 '\lycri, dmilero militare italiano di. 445 Oberglau. 175, 176 Oglio, fiume. 161. 164. 166, 186, 202, 300, 307-309, 389 Olanda, pe r este ns ione a ind icare la Repub blica delle Province Unite. '55. 59. 61, 63, 131, 132, 135, 148, 151, 159, 165, 172. 174, 18.'3, 214, 224, 227, 237, 238, 2112252, 267. 279. 336. 365. 427 Olanda, re pu bblica d i. 229 nota Oloy, 25 Oneglia, 55, 6'5, 92, :343 O rba, 80 Orbassano, 134, 1.:$'5, 143 no ta, 145-147 O rbetello, 61 . 89, 90. 217 Ormelle, 426 Orno. fiu me, 302 Ortigam , 421 Oscedrik, mo nte. 1 16 Oslavia, 409, 410, 412. 4 14 Ostenda, 221 , 225 Ostia, 32 Ostiglia, 203, 309, 310 O uclenarde, 119. 139. 2 14-221. 234

(\fi)I(:F DEl LI UG I-II. DEGU 'iTAI'I, t>H TRATIAn P DEU.r R,\Tf·\G I W

Oulx, vedi Ulzio Ovad a, 6::\ Padana, Pianura, 42, 48, 50. 51, 71, 7'5, 101, 160- 173. ::$00, 302-310 , 318-315, 354, 366388 Padova, 301 !':~<:s i Bassi Austriaci, vedi I.lelgio Palanca, Hassan Pasci:l, 262 Pa lat.ina l.o , 136 Palatina to, elettorato di, 132. 185, 315 nota. 316 Palazzon. 4.24 Pa lermo, 251 , 277, 389 Palestro. 379 Pa naro, fiume, 30R, .)20, 356 Pancalit:'ri, 137 Par<:l la ra , 301 Parigi, 24, 25-28, <+5, 62, 67, 69, 70, 75-77, 811, 90-92, 123-126. 1.)6. 219, 227. 270 . .306. -127 Parigi, congresso di 08'56), 371 Parigi, lega di, 62 Parkan, 126 l'arma. (torre nte), 302 Parma, 77. 7~ . 186, 287, 299, 308, 319, }'10, 350, 353, 129 Parma, ducato eli. 76. 252, 268, 279. 281, 2H3, 300, 312, 317, 337. 355 Passarmvitz, pace eli. 266 l:'assavi<t, 125. 173 Passemno, 19 nota l'asso Buole, 412 Passo della Sentine lla, 41 1 l'asso Marda, 142 Pastrengo. 368. :$69 l'asu hio , monte, 112 Pa,•ia, 58. 66, 95. 202, 298, 371 l'avonc, 19 nota, 337, 33R Pecinka, 415 l'dagosa, 399. ·iOO Pellice, Valle, 188, 189 l'cloponneso, 153, 157 Penisola Antbica, 440 l'enna, 63 Perosa, 144, 210, 2.?3. 23Lr Perosa Argt:ntina, 1'13 Perosa. valle, 75, .233. 234 Perugia, 336, 385 Pesaro, 536, 38.? Pescara, 385, 4'51 Peschiem, 163. 368, .:$70, 380 Peschicr<l, convegno di, 421 Pest, 126 l'ctcrvaradino, 151, 155, 256-265 Perro nell, 126


<!89

hi)lll DII U<k.lll, OHòiJ 'oT;\TI. DII 11(\n\111 Ili ili 11\ri\Gllt

l'l'lllll:l, s l, t09. -t l-l Plulipp~burg, IO'i, 132,151, 2t9. 1H'i 2H"' Piaccn7.t. l H6 nota. 252, 283, 199, 3 19, .B7. ,'\ 10, ,'ISH, 3S3 l'i:tnC77.:1, CIS!CIJO di, 19.3, 20] Pia l'e, 'i 19, 123. 12'5. 126 J>kcarclin, 23, 2H, 80. 220 Piccolo Riwno, canale. 1H2 l'kmlo San Bernardo, passo. 1-12, 23j, 32 1 Piemonte, 11. 17, 19, 2·1. 29-33. 11-60, 63. 66, - .3. -:;, - 6. ""8. HO. 8-t. !C 90. 92. 9"". 100. 109. 12.~. 121. 133. 13'>-119. 160. 1"".3. ~-­ !HO. !H 1 20"). 2.36. T.3. T -1. lBJ. 52H. j29. :B9. .3t3, }16. 36-t-r1. 5HO. t 19 l'il-t r;1lunga. ridotta di . .329 Pint>rolo. 19, t'i. 7-t. 75. 99. 1r. U.3. 1,16, 1_)7. lt2. Jt"), 117, 1-t8. t")O, 200. 20 1, 221. 271 Pinl'rolo. Sama Brigida. forte di. l t'i. l 17 Piombino, 90 Pirenei, 111o1Hi, 2117 Pirl'nl•i, paçc dci. 1.31 Pia.iglu:none. 202. 22'-l. 29H. 299 Pb..,sl·nd.wl. 2.26 Pla\a. tl6 Po. fiuml·. 10, ~H. --.~. 92. 1r. t:*!. 1"12. 161-1-1, l""H-186. 19"" Podgora, monte. ~09. -t12. 30"). 30""-;\09. YJR. .~H6-5H9

l'ok-... dl;l, l H'i Polo nord, 39-t l'olonglwm. 147 Polonia, 2H l , 2H2. 297 Pont civ lk'au\·oisin, 281 PontdtaiTl'. ·t 1 l'ontl' di ~l·,.o~ric·rl'.•">-d ponte 'lus...olini. -1-11 l'ontt·.,tura. H7 Pontremoli. l-9 Populonia. 90 Port'Ercole. H9, .~07 Porto Longone, 90 Porto M;lllrizio, 63 Porto fl•rra io, 90 Portoga llo. !'), 89. 172. 2<~2. 2·t4, 2·t6. 2·17 Por;iolo, 300 l'o..,illipo. 91 Pouc.... 221 Po//olengo, :$HO. :$83 PrJga, 60. _)36, 3S3 l'ragd:no. 2.1-t. :S-1:3 Prato, 'i2 l'rca lpi Veronesi. 162 Pre~l lurgo, 126 l'resid ii . .sr:no dei, 89-91, 247, 267. 2H7, :$0·1, 307

Pre' e:-.a. 26'> . .396 Procida, 91 PrO\ enza. 12. 11, tS, 'il. (d. 90, 205-210, 327, 34 1. 346, + t9. ISO Prov i andhau~. n·di C:1s:1 di sussistenza Provincl' Unitl', lkpuhhlic:l ùi, \'edi Olanda Prussia, regno di. 212, 2"14-246, 279. 2H2-2H4, 349, 3")5. 5H5, 5H9 Prut, 2'5'> Puglia . .39H. ·l'i l Quaclrilatero. Y~. -\-9. :)H8, 389 Quesnoy. 232. 2.W QUé\). 229 Quiévrain. 2:\l Quingentole. ,309 Quistello. .)09 Quota 1HH, 1IO Raah. fiume. 12S Racconigi. H7 lbcht'\'C, 27'i Rapallo, com egno di , t lO Rastadt. 2·1 1. 2S0-2'i2 Rmi:,lx>na. 1"".3. 2'iO RaLishona. lralt.llo tll. ""S Reggio Emilia, IH6, 301. 30-t Reggio Fmilia ll,ltlato di. del 27 febhmio 16t9.

92 Reggiolo. 30H Renania, ·17. 61. 101 , 12R. 129, 1.31. !8-1, 2:$6 Reno, fi ume, (J! 7(J. 101 , 132, 141 , 14'5, l 'i l , 1H4. 20't, 23'1, 2.~6. 2 19, 2SO, 286-288. 507. .3 17 Re,·ello, 19 not:1. '6 He\·ere. 309 Rieti. 3H5 Rij..,"·ijck. l 'iO Rimini. 100. .310. 321. :)")2 RiLOt1o, çanak, IH2, IH.3 Riva del Garda, 6S Rivarolo, 19 not:t Rivarone. 337 Riviera Ligtll'l'. 65, 6">, 66. 70, 205, 33H. 3-tl.

:$4') Rivoli . l'il'montl'. 7 ~. 19:1. 2H1 Rivoli. trattato di. 76 Ri\'oli, Veneto, .170 Robbio. ;-2 Rocroy, 25 Rodano. fìumt:. 1"", 23t Roma. 17. 5H. '2. 73, R 1, 1,3"), 2-t2, 255. 277. 279. 319. :$74. r6, 37H, _1R5. 389, 396, tOI, '-!0-i, -t21, 122, t3 1, ~32, -t57, -~<tO, 4-tH-'112 Romagna, 3 19. :1'51 Ronchi, (Trh·eneto), iJ 19


490 Honciglione . .JO·L Ron co, ~31 Ro~siglione , 6~. 64 Rottofreno. :)40 Rorrwei l. 249 Rolic. 233 Rcl\'ereto. 161 Rovigo, 422 Rumilly, 32, 236 l{ussia. 100 nola, 153, 2H2, 2HH . .)17, 3'5'), 592, ·10.'), ·L23. 124, "129. LJ<[') Ruwenzori. 394 Sabbioneta, 203 Saborino. monre. 409, 'IlO. "112. 4 1'1 Sagrado. 419 nota Saint-1\mancl, 241 Saint-l'aul, Fm nci;1 merid ionale, 206 Saint-Veran, colle di. 323 Salhcnr:.tnd. -15 Salcano, 4 1 1. •11 5 S:.~lerno. l5 1 S:.~lionze. 370 Sal<\ 1Wf, 51l Saluzzo, 19 nota, "!0, ' L2. 46-49. 70. 75, H7. U7. 139 140, 143, 1+1. 3.':11 Sambra, fiume. 239 Sampeyre, '51, 69, 329 Sampierci;Lrena, 63. }t J San 13cncdctto l'o, 172, 175, 18'5, :300, 301, 30'5. :308, 309 San Benig no, 19 San Ri:.tgio, 310 San Colomba no. 2}1 San Damiano . 19 nota, 6S. 69 San Filippo, R9 San Fio renzo. 546-349 San Floriano. '54 San Gabriele, monte. "ll4. 417 San Germano. 19 nota. 57 San G iorgio. 19 nota San Giov:~n ni di Mcclua. :396 Snn G iov:.tn ni d i Ivloriana, 47, 177 San G rado d i l'vlerna, 4 15 San l.on.:nzo, 206, 231 S<t n Ma rco. mont.e, ltH, :f 17 San Martino, 379-3S3, .)S6, 3SH San Ma urizio, 19 nora San Michele (Emilia), 30H San Mk hele, monte, 54, 410. 4l 'l San Pietro di Legnago. 162 San P ietroburgo, 268, 282 San Prospero d i lkggio, 302 San Quintino, 25-29,36,37. 59, 95, 103, 11R, 131

San Salv<1ron.:. 3H0 Sangone. fiume. 88, 193 Sant'Andrc:1, llnghe ri:t, 126 Sant'Angelo, 383 Santa Brigida, 1·edi Pinerolo, Santa Btigicla Santhià. 19 nota. H') Santo Ste l'a no, W> Sardegna. i.~ola, 121 Sardegna, regno di, 5'5. 123. 160, 247, 25-I, 255. 266,267. 277.299.300.313. 3 17-3 19. :348, 355. 36l-36<~. 366. 37 '1, 376 Salt, bo:-:co eli. 230 Sarzana. 65, 3·l0 Sa rz~mdlo. 6'5 Sassonia, l 'i, 60, 18S, 515 nota, .1 16 . .)'55 s~ml, fiume, 129. l 'i4, 2')'i-2'i7. 265-267 Savigliano, 19 nora, 7'5, S'i Savoia, l L 2{ 29. 30-)7, 69-76. SO, 100, 12:$, 136. 149, 159. 177, 201. 20'-l. 20'5. 2.B. 23-I, 236, 2'14. 246. 270. 274. 5 12, 521. 3-IH. 5 i9. 5'5 l ' .'3'i2, 55'!, .)58 S:l\'Olla, 6~. 64, S'i. 340-343, :3'17-349 Scalenghe . 209 Scandol:m1 Ravar:.~ , 307 Sc:~rpe, fiume, 23R Schclda, fiume. 212-217. 221-228, 23H-2'11 Schcllen be rg, monte, 17·1 S('illeswig. 3R5 Schlosshof. 28.'3 Sclunidburg, 2SH Scoffera, passo della. 3'12 Scri1•ia. 7S Secchi a. lìume. 505. ~08. :309 Segna. 55. 266 Sel v~1 Nera . 174, 2-+9 Semmclria, 129- 130, 26') Scmlino. 256, 262 Senta, vedi Ze nt a Serhia . 128, l 53, 266. 59H S<::rn aglia, lt 26 Serraglio ma nlol'ano, 167. 205, :)07. :$09 Serravalle, M, 1S6, 337 Serravalle, castello di, 299 Serr<tvalle, su·erta eli (Venero), 426 Sesana, 345 Sesia, fiume, 54, 177 Sestriere, 343, 344 Settimo, 19 nota Sforzesc:1, 372 Sicilia, 35, '58, 121. 160, 2'12, 244, 24 '5, 2-17. 251, 253. 25i!. 266, 267, 274,277, 283, :)00, 302, 306, 312 Siracusa. 277


hi>IU 1>1111 [)(,fii,I>I< .II '1-\ll, l>H IK\1'1\111 1>1111 11\1"1\tolll"

:,imct . 15C1 :,i, tglia. trallato di. T9, 2h0, 2H.~ :,ll',ia. ~ IC1. 51~. :t~'>. 5-lh. 5-l9 '>lt" o:n1.1, .~9H. 106. 1 1.:;, ,.:;o ~m. tl cakh1, Lvga di, l) '>OÌ!-(llil'.'o . .220. 22 1 Soll vnno, 1(1 1. jHO-.W~ o.;om,tli:t llri tan nica. 1 tO Som.tll:t ltali. tna. 102. •I:K>. -l-lO .'><lllUll<llollllpagna. 3~0 Sommariv.t. 19 1101:1 .'>omn11.:. fiunlL·. 26. 22'>om i no. 91

Taranta'>ia. t6. t7. ~--. 1.U . 2.~6..\21 Teano. _'>H-) km<.·..;dr. J-)1. l.:;-, 2<i<i Teme:-.,·:'tr. b:tnato di, 2(,2 'l eme~ dr. ca.,ll'llo. 21H 162. 261. 266 Te tnes,':'i r. J1orl. t d' ,\r:td. 2'iH Tc ncb. col di , 209 Te rn tt:'S , 2H 'krmondc. \l'di lkntk·rmond Terno,·a. '"'ha. tl6 Tht•rmignon. ~-­ Therouanne. 20 Thiant. 2.)1{

Sondno. ~00

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Thio:nt:". -t l,>, Thonon. 15 Thuile. 321 f ihisco, fiume. 1-) t- 1-)(l. ll)"i, 2-)-, 261 T ici no. l'iulllo:. ~H. '>5. 202, :~~'>. 5'i-t . .r l. :F<.J T idone. fi unw. IC>~. 5 tO TimaH>. fiume. tlCl Timiso:tr:t. 'l'di TL'Il1l'"' •ir Tiono:. Tirolo :llhtriato. 1(10. J()l), 175. !Hl. 2H 1. _>,-)_>, Titd. 11'1. 261 Tolmino. ti t , o.tlh Tolont:". -11. J ti. 201 210. 227. 511. :312 Tolonc. c:1mpo d1 s.111t' \nn:t. 20~-2JO Tolone. ca ...tdlo di \l.htki. 20H Tolo nL', fon v d i San Lu igi, 20H Tol one. b Croi.\ . .zo- 2 1O To lo rw , l:t \'akuc, 2CJ7

Slll hl\\ L''"'L'ilhu rg. 129 Swr.t. harric:llv di. 529 Slllt.t. ltUil1l', l t1. 1H9. 191. 193. 19 l , Il)- i <J<).

Tu lonc:. monte Sant'A ntonio, 2<.F Tolone. mon tl' S.tnt:t C:nc·rina . Tolone. Phar.ton . .zn~ ·210

Sorbolo. _,02, ·' 10 :--o:-.p~: ll o. (l l

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550. u l Su:t"im. l 10 O.,ud Afm.t. t·tl ..,ud.m. 1 10 '-;uln1ona. '>H-) Sup~.·rg. t . ha, ilic:l di. 2H9. 516 Su po:rg:1. colk- d i, 191. 19'-+ Su:-.a. 19. t(>. (J2, (,:;, ìl-7-l . U6. 1·10. l t i, l l "i, 177. 203, 209. 236 Sltsa. c t 'L ~· II o di o.;an France!'>co. 72 Su ....t. ll':ttl,tl O di. 72. -.) su...~·g.tn.t . t2(, S\t:'\t:t. 2Wi S\l'/ta. 152. :\17. 351 :,, tL/I..'ra. 16. 62, 102. 20.t T9. :Wl. •17 T:tglt:tnwnto. 1lH

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Toul. ì l

Tosc:tna, granclur:uo di. ()-), H9. l 15. 2H3. ,3-)1. 5H.~


492 Tournat. 21H. 220. 222. .225- 22~. 2.30 Tournou". 2.3-1 Traerbach. 2H'i Tr;ln~i l vania. l'i 1. 155. 157. 263, 26'i Tn.:ntino, 61. 6H, 161, 163, 166, 170. 1 7.~. IH-1. 2H7, .300, .310, 311. 338, .378, 385, •103, 406, '112. r1Jj, Li2l, 424 Tre111o, 160-162, 169, .310. 427 Tre\ iri. 2HS. 287 Tre\iri. dcuor:.llo di, Ul, .315 nota Treno, 181. 202 Treno, fort1.' di. 202 Trie~te, .UR •t0.3. -108. •JlJ. t16. ·•2ì Trino. Il) nota. Sl. -5. 92 Triora, 6S Tripoli. 1 .~6 Tripolit<tnia, t.36, t 19 Trm:adero, .379 Trolllo, .327 Tu rchia. :H7, .396 l'dine. 11 3. o.~lH Cebi \cchcli,-+02 L'j Pabnka, -101 L'lm;l, 1-2. l--1. 1HL'Izio. tS, 2.33. 23-t. 2-t- . 3•-~ L'mbria, l)') L nglwria, 119, 128. 136. 15.3-l'iH. 160. 169. 2 IH, 260, 26.3, 268. 275, .317, 5'>2, ·•29 l lngiH:ria superiore, 15'i Urbino, .32, ·i3 lltn.:dll , 25H, 2 t2. 2Lt5, 248 lltrecht , pace di, 2-16, 2':>0, 2)2, 2'" \'al Bormida, 5o.~1 \'al Chi,one, 255 Val Dora. 255 \ 'al fn.'ll/\.'la. -11.3. -12-1 Val '\laira. tO...- . -t8. 329 \ 'al Poln·wra. 63. 6-t Val d'i\o,la, •t6. 201. 203. 233. 236 V;1l Hoia. 6.~ Val Vara ita, tO. '17, 118, 69, 329 V;dd ohiadd\'lle. 1126 Valeggio. 186, .310, .370 ..171 Valt:ncienne~. 2·t0, 2-11 \ 'alen/a. <Piemonte>. 19 nota, T. 7H, 1-3. .338. 3t0 \'ali\.' d't\ngrogna. - 6 \'alle di Lun·rna. - 6 \ 'alle di Om.:glia, 65 \'alle di ~an ,\ hmino, 76 Valk ~!lira, tO. t7, 18, 329. 350 Valli \ 'eronesi. 162 Vallo R0111ano, l 'i4, 155. 195

hl>ILE 01::1 LLOGJil, Ili <Oli 'l 111, l>rJ llt\TTATI E DELLE llAlTI<;Lll

\'allonia. 212 \'alona. '-101 Valsesia, l - 3. 2~7 Valtellinu. 60-62, 67, 76, 77. 80 Varallo, 2·•7 Varo, fiume, 20 t, 206, 20H. 209, 340, :341 Varsavia, 12) Vaucelles, tregua di, 2.'-1 Veliki, Jllonle. •115, •il ~ Velletri, 328, 331 nota, 3<>3 Venafro. .:S8'i Venaria. 19o.~ Venero. 100, 161. 311. 3H'i. 386. tl2. i20 \'enero D ominio di 'lt·rr:.lferma. ·13. 56. 160. 300 Venezia, 17, 51, SH. 128, 132, li)-!. 269-27 l, 382. 113. 12 1 Venezia, laguna di, 161 Venezia, Repubblica di, :H, 3S. 43, 51, 53. S'i, 56, 61, 62. 67. 6'). 75. 7S. 95. 125, 157. 160.

300. 317 Venlo. 1""2 Ventimiglia, 65, (xl. 5 d \'ercelli. 19 nota, 2-t. 52 . •U. 'i t. 5~. 58. 85, 107 nora, 1-H, .3'2 Vercelli, ha-.tionc di San ~eb:htianu, 1/H Vercelli. ha~tiorw di ~.1nta Chiam, 178 Verdun, 71. 11 1, '12 1 Verduno. 19 not:t Vero na, 161, 162, 36H-570. 575.588.424 Vero na, San1a Lucia. :169 Verrua. 19 nola. 6(l. (J7. 1:\"-1 . 155. 178. 1--:9. 187. 22·1 \ 'errua, ba~tiom: di ~.111 C.1rlo. 1-9 \'errua, ba-.riont' di ~.JJ11;1 \lana. 1-9 \ 'errua. forte re;llt·. 1-H \'errua. ridona d 'Ogn1-.,.mti. 1-9 \ 'ersailles, 13 1 13t, ltH. 160, 169. 189. 2+12.52. 297. 301, :\ Il. 316 Verzuolo. 19 nota Vescovato, .107 Viadana, 507 VicenY.a, 160, •ti:\ Viddino. 261, 262 Vienna, 6J. 69. Jl<i- 150. l 3'i. 136. l t 1. 150, 155 nota. 160. I(>H 1-1. l-t. 181. 18t. 20~. 2-rt-251. 26H. 1. r .t T'i. 280. 282. 2Bi . 28- . 2H8, 298. 300.•) 12. 316. _'S'i-!. 38') -!Oi . '-106. -12i, \ 'ienna. castello dd lk)l edere, 2.89 Vicnna, Gllh:dral<: di Santo Stefano. 21::!9 Vknna, Congres~o di, 5(ll, :\6-1 Vicnna, TlilnJHdpl'ortgas~c. 21::!9

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.r


(KDICF 11FI 1.1!0<~111, 11f GI.I STATI. DEl TR:\n·ATI E DEllE I!ATfAGLIE

Vienna, Holhurg, 266, 283 Vietri, 91 Vigcvanas<.:o, 173 Vigevano, 91 , 29R, 317, 372 Vignale, 373 Vignale, armistizio di . .)73 Vigone, 137 Villa Vicemina, 419 nota Villafranca, 370, 37 1 Villafranca , armistizio di, 383 Vilbfranca , con tea di Nizza, 29, 32. }5, 313 Villafranca, Piemonte. 19 nola, 137. 1R6 Villaggio Duca degli Abruzzi, 402 Villanova, 19 nma Villanova d'Asti. 1R7. 33R Villar alanca, 260 Villaretto, .126 Villastellone, 1!57 Villata, 54 Vinon, 44 Vipacco. 415, -116 Virgilio. 310 Visegracl, 126 Vi ttorio Veneto, 126, 127 Viù. 19 nota Vodice. monte, 415, 416

493

Voghera, 1R6 nota Volriano, 19 Volw Mantovana. 369, 370 Voltaggio, 64, 65 Voltri. 63 Vonitza. 265 Vosgi, caten a montuosa, 20'i Vuns, 261 \Xfa itzen, 12() \Xfarneton, 219 \Xfaterloo. 227 Wesrfalia, 123 \Xiiesend1al, 287 \X' na. 123 Worrns. 132. 287. 288 Worms, tra ttato di, 322, 336 Ycpcr, vedi Ypres Yprcs. 219, 220. 224, 225. 227. IJ17 Yser, chiuse dell ', 221 Yser. fiume, 22'1 Zeghedino, ] 56 Zenson. :l!lSa di, •t25 Zema . ,17, 11H, 119, 155, 156, 176. 19:3, 194 Z ih.lo~ . 128

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Rep,o!amento per f'l:Oìzio generale del soldo dd lH giugno 1-30. rip. in D UBOI'=. !<accolta.... vol. X , pag. 610. Rep,o!amelllo stahilito da S.AR. Jx•r le tapjx•. del 3 agosto 1700, in Jstm :io11i m Commissari di f!.IIC'I'I'fl del 9./i•hhmio 175 1, rip. in DUUOIN, Raccolta... , voi XXJX. rag. 969. RICCIOLI, .f.L., /.e J>ruhlème des mah;rids dejiwtchissement ù !'tmm;e d 'ftalie (llalie du Nord l 733 1738), in "H i~toire et Défcnse". -~ 1 11/ 97 RI CCIOLI . .J.L., Le problème d11 paswp,e c/(!s COlli':>' d'eau au XViii siècle. in !.a Jt;I'O!utioll militaire e11 HurojX! ( Xl '-Xl?/1 sièc:les), Paris, EcontJtnica, 1997. RICIIELIEi l, Ll liGI FRA:-.JCESCO AR.\IA\/DO DE \ ' JG\/EROIJE Dll PLESSIS. duc t di. .llémoires. Pari~. Lktrha. ~ .d. ma 1890 circa. SCAL\ , EDOAIU)O. l11tendenti, W llllltissmì <'cf amntinistratori egli eserCII/ sahaudi. in La guen·a del 1866 e alt n grilli, Roma. l ISS:\IE. 1981 SCL OLE D'APPI.ICAZIO:'\"E D'AR.Io,.IA. L1\rmn di Al1iRiieJia - Cenm .\loru:i. Torino. Fotolitografìa delle ~t'uolc d'applicazione d 'Arma. 1<)6<;. SELLA, D .- CA PRA. C .. Il Ducato di ,\li/ano, Torino. LTET. 1984. Sistema politico llllicersale de/li Ducati di Parma e Piacenza, in DI \JOTO, ~ERCJIO (a cura d i).

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_)(l:

Successio ne Austriaca Accordo m! mace//aro Cio. Lodol'ico (;a/lo ... manoscritto, in A.S.T., Ufficio genera le del soldo. Con tr:llt i, anno 17•17.


BIII IIO<oR\FI\

513

; !equi IJ(>//e P.ttcJn• della Pramlllfttil.:(l Su11zione. in "Ri' ista d i ~torLr, A rt e e J\rd1cologia, s.I.. 1901 i\CT0\1, 1-l.AHOLD, IIJorhoni di .\apoli. Firenze. Ciunti, 19H"i. Al..\TRI. PAOLO. l 'f'uropa delle successionif 1-_H I--18J. Palermo, '>ellerio. 19H9 \l B \'\L ALF\'-t,\ '\DRO - Rl\ l R \, come ùi. l ellere all'Ecc. cl('[ .llarcbese d 'Ormea..lfinistm eli S .. ll. Sarda, A.!'>.T., "eziont.: )·' . Roma, Lettere J\1111iMri, ,\!ani 202 ,.. 203. AI.B I ~HTI , ADRIANO, Caral/eristichc• delle guerre dd .\'l'/// secolo, manmcrino in 1\I ISSME, L;\. H. L;l \'o ri svol ti. i\\!l )ERS0'-1, i\1.!'1 .. 'f7Je \vèu· c!f't/J(• t l ttstrian.\ucu•ssicm 1740- 1-18, London. l.on~man. 1995. ,\'\0'\l \10. La stona dell'tnmo 1-10. Amsterdam. rua \cnczia. Pllt<.:ri, 1- -1 l. Aì\0'\l\10. La stori" dell'ali/W l"' 11. Amsterdam, ma Venezia. Piltcri, l - -12. A 1\0'JI:'IIO, !.a stwia dell'alli/o 17 il, Amsterd:rm. ma Venezia, l'itt<: n , 17 13. 1\NO'-l!MO, !.a storia dell'a1nw 17"13. Amst~·rdam. ma Venczia. l'ittc·ri. 1744. A 'JOi\. 1,\10. La storìo dell'an11o 1-11. Am~terdam. 111.1 Venezia. Pilleri. l - -1'i. A '\0'\IJ\10. La stolill ddl'mmu 1-15. \m~terdam. 111<1 \'enezia. Pittl·ri. l ~-16. \ '\0'\1).10. /.a stona dell'rllll/11 1- J(), .\lll'>lerdam, ma \ene.1:1a. 1'111\.'ri. l~.-. \ '\0:\1).10, l.n3toria dell'anno l 7.J"'. Am~ter(i;Jm, ma \enczia, l'llteri, 1--IR. AM)\11.\10, La storia rlell'mnto 1 7·18, i\mstC'rd:lnl, 111:1 \ c nezia, Pittcri, 1'"1<). A '\J0'\1 1 ~10. La storio del/ m n w l., 1CJ, t\rmterdam. ma Venezia. Pittcri, 17'50. ,\ '\Ot\!~10. lellem da Buloww del l~ fehhmw 1 7 ·1 ~. inerente la baltaglia di Gampo '\anfo. 1\ST., Sez. L '\l.tlerie \lilitan lmpre~e. ,\ lauo 12 A '\~ ,\I.DO, GlO\A;>.. '\l. l'ultimoiJogc•. su "Storia lllu~traw ... Anno Il, n. 3. mar.~:o 19'iH. ,Jfi/1111/Wmellfi Jwr la Sl/ssi.stell::o dc•ll'rlrmata 1 f( <he del'<' 111aruare ili l'ieiiiOJ/tc•. presi dal com lllf.,~\arfato di S .. ll.I.R. w11 S . 1:·. il Sif!.. Co11te 1/op,ino, A.S.T. JVlaterie Politicht·, t\egozbzio ni in Austria. IJmulo disciplllllln•jnthhlicato d ordine di S..\1. o/h• compagnie jiwtche de'mlontarii e di nuli::ie. dd r- selll'lllhrc· 1-"1-l. rip. in Dl' IJOI:-\, Raccolto.... \'ol. XX\ Ili , pag. 961. UARBERIS. \'\'.\LTFR. !.e armi del pmnipe - la tmdi::ume milita n• snbauda, Torino, Einaudi, 191*!. BAI DIULLART, AI.I'RED, Philippe l ' c•lla ce>llrdlispop,nc•. 5 \Oli. , P:rris, Firmin Didot, 1890-1<)01. BELli )OR. Relalioll du passage eli JJic;mon t e11 171 1, in "Carnet ck· la 'iabretache, l'a ris. 1903. l\ l t\ 'JCHT. PAOI.i\. /3arcìn Litn)lt c'gli altri: militari .;;rrmzieri 1wl J>ienumte dd \elleC<'IIIo. Torino. (,rihaudo. I')<JH JJJ!rmcio gerterale del 1- 46. mano~< ritto in Al'~!'>,\ l l., L :3. 8 , Ll\ ori ""olti. IJIIrmcio spese gc•nera/i di camfJri,I.!,IIO del l 7 nw1-zo 1 7"12. rip. in D l 1\0I '-1. Racmlta.... \ 'ol. XXIX. pag. 389. BO'\Jt\,\ IICL CA 'iTR l iC<-:10. Oe Lk-1/o ftalico, t\ ugw.. ta \ 'indcliconun (Augusta J.l"'(l 1. BOR:-ARELLI. IL\1. CORI3ELLI. ·\ ., (a cura di>. Carlo i:.'IIUlllltele /Il nella Guc>rm di Succc•s.silill(' aust1iaca f l- 1.!- J ~-13>. Roma. Fd. Roma, l95(l. BOTI:\, CA HLO. \tenia d 'J tal/(/ contillltala da (f/tellu del C7uicciardilli si1w al l -89, LO ,·oli.. Pan gi, 13audry, IH32 liOttRCET. PI E R H I ~. Nc/atiOIIS des httlail/es. ccmtlJats, aj}àires. fxtssa,l.!,eS etc. qui ulll eli lieu e11 l'f<'IIIIJ/11 et en l rafie pendmtl la ~uen·e de Succession d :1tll!iclw de l 7 -13 à 1-18. m~ in ACSS~H·.. fondo Antico. /lrere celti/O delle jll'il}(;ipali upem::icmi militari .\tvlh•si nelle l ·alli Pellice. Clnso11e. GernWRilli.\Cll e nora RifJorw. m~ in AlJSSl\l E, l. 3, 11. Stati P rl·un i t:~ri-Piemontt..·. l3HI<.;I\OU , i'vli\ 1{%11\ :'\10, Sa m )'C' ho1111C' IWIII'e/le, Mih1no. Mursi:t, 19H9. BROC I.I E, JACQL IE~ \ 'l CTOR 1\LI\ERT. due d c. la poix d'Ai.\·-/a-Uwpelle. P~r ri:.., Calmann-li'\\-, IH9'). BHO\\".'o/1:-\G, Rll'D. 7111! r;r{lrc!f·rlw .-lustrian ::.ucw., sion, :\e" York, '>t. \lartin ·~ Pn.:,.,..,, 199:3. lH LPERFTrt. L - COSTAWI \J I, C., Industrio c• mmmercio in lt,l.!,llria nell'età del Risorgimento 1700-1861. M ilano, B.CI., 1% 1.


514

nmuOGUAFIA

Campagna del 1745-46 - Ba/taglia di Bassignana ( 26 SellemhreJ, Mano~criuo in AUSS!'viE, L 3, 11 , Lavori svolti - Piemonte.

Cam{Jag11e de 1747, manoscritto originale in AUSSME, L 3, 11. Lavori svolti - Piemonte. CAMPO RASO, JOSE del. Memoria p oliticas )' mililares para serl'ir de wnti1111aciòn a los ··conumtarios .. del Marqués de San Felipe. .'11· adrid, 13ihliorcca de Autores Espanol<:s, Tomo XCI X, 1892. CAPFFTGUE. RAYMO;-..TD, lui,~ i Xl' e il suo secolo, 2 voli., Milano, Borroni & Scotti. 1845. Capitolazione jalfa co11 il capitano Luigi J1nrzomti et il sig11or Gierolmno e .fi'atdli ne \lecchi e Ambrogio .11onti e C/iu. Maria Piacentino per 300 cal'alli per l'artiglieria di SM. il Re di Sardegna del l tl Dicembre 1742, rip. in D UROIN, Raccolta .... voi XXI X, pag. lORB. Ca{Jitolazi<me.fal/a in l/Ome di s.:vt. col CCII/IO/le di Lucema per la leua di due !Jaflaglioni svizzeri <Reggimemo Keller). del 24 febbraio 1742, ri p. in DL'UOI:--J, Raccolta ... , voi XXVI'II , pag. E ·li. Ci\STAG010LJ, KI:NATO, 'l're secoli di storia dei (Jrwwlieri di Surdeg1w. Roma. Marisegrege. 1961. CIIIARÒ, LO DOVICO. Memorie relalil•e alla uuena del l 742 rical'ate dai registri della Segreteria

di Guerra da me A1•z·. o Ludot•ico Policmpo Cbiabò 11ei rifagli di tempo cbe ehhi in qualche w t IlO pende11te il mio seruizio in essa segreteria da Agosto 1774 alla metà di Dicembre 1795' Torino. Bihliot..:ca Rc:~ l e. M:tnoscriuo n. 93-H. CTTOISF.(lL, Due de, ilt/èmoires l 779-1785, Paris, Plon. 1901. CHOiviON RtJIZ. PIERO, Ballaglie f11 Val Varai/a 1744. su ''Anni An tiche", 1969. CHO.'viON RUIZ. PIERO, Bartaglie ili l 'a/ Varai/a, su "i\m1i A ntiche", 196S. COLIY ITA, PIETRO, Storia del rea me di NafJo!i. Milano. Casini. 19H9. CONTESSA. CARLO, (a cur:~), Nole e relazioni del marchese di Paulmy, Torino, Ci\ eIli, l 901. Con/ratto colla J'v!uuiz iolle <~enerale del pane del 20 marzo 1747. i n A.s:r.. Ufficio gcncr<J ic del soldo, Contr:mi. anno 17··!7.

C.ònt'e/ltion p rocisionelle pour le semice mel/è c/('S wmeraux du Roi de Sarda(~11e, et de ceux de la Rei ne de I lon;~,rie .fai/e le 23 juin 7 742 au ca. mp de Colleuara del'CIIll Modelle, A.S.T.. Sez. l, Materie Miliw ri. Imprese, Mazzo 12. COS1ì\.' .JTIN I, CLAUDlO. La Repubblica di Genoca nell'età modema. Torino, l JTET, 1991. Costi del 'l'reno d'Artiglieria secondo il hilanc;io del 1747, manosniuo in Al 'SSME, L 3, H. Lavori svol ti. D 'AGLIA;\10, .Henwrie Storiche. s.i. DABORMJJ)A. VITTORJO, La lJallaglia dellAssiella. AL'SSME, L .:$- 11, Stati Prcunitari. DATli\, Col. (a cura d i ), Relazione della Campag na dell'wmo 1744./atta da S.M. a dai suoi Generali cun dei empi staccati. 2 voli., Ms in AUSSME. Dess l'(J/1 dem C:eneral Feldt - Wachtmeis/er Grafen mn Colloredo an Micb Genera! Fcldt- Zeugmeister Gn1jim z•on Broune 11ntenn dd. Col! del! asieta den 201en }11y 1747 erla.1sene11 schreihens, copia cbrtiloscritt;J in AUSSM I~. L 11. Determinaz ioni d i S.M. per pmcumre /'ahhondanza di JIÙ'eri al/Annata, del 7 giugno 1746, copia ms AUSSME, L Il. Disposiziolli per le auanguardie, del 26 settembre L744. m.s. in A. S. Torino. t'vhLteric Militari, Imprese, Mazzo :3 1. !Jissertaz ione lslmko-Cronulo;~, ica del Rep,.gimenlo Rea/ Macedone, Bologna. Lel io della Volpe.

1767. DUBOI:--J. C. , Racwlla per ordine di materia delle leggi, cioè editti, patenti. man!festi cxc emmwti negli stati Sardi sino cti!B dicembre 1798, 29 voli., Torino, 1816-lR69.

!:'di! du R(~)' qui ordoww a /uus !es hahilants des prouinces de .Savoye. de prr?lldre /es arrnes pour repousser /ott/es lroupes étmngerès, del 14 novembre l 742, rip. in DU1301N, C.. Raccolta. vol. XXVlll, pag. 9 ">3. Estaclo M;,~yor Centrai dd EjérC'ito. S..:cciò n llisto rica. li/ duque d i! Montemary D . ]osé del C'ampillo, su ''!.a guerra y su preparac iòn", tonto XVII, Ano IX. Num ero l, Madrid. julio de 192'1.


51')

Kll\11(" 'K \Il\

Eta/ ,l!,('nàol de., lroupes du Noi de \tll'llmgne del 17-12. copi;J dattii<NTilla in Al 'SS.\IE. L :3. H.La\ori ~\ohi. E.'Jxl.,tcion de las causas que ccJIICtlrrwroJI. a que las arnws del Nc·r de l .oml>ardia. en el mìo , .... ,]. hasla H de sepliem/Jre dl!f llliMno, no bicicse11 los prup,resos qtt(' Si' esperal>a11. J\ladrid, J7 12. ~. i., copia dalliloscrilla in Al i ~~\1 E. L 3. R. !.avori svolti. t:.\·fmit des papiers trouués sur ,\/. ,\ /r~. de 8el/is/e et D'Anl(m/t IIWS rì l'ullaque de la fmsition de f"Assil'lli' le ! 9jui11N 1747. ms in Al SSJ\.1E. L :3, H. Fuer;;a de/ l~wrdto del Ney .\'.ru S. ('Il l/alia (almeno 17-d c non o ltre il l ~ 16>. manoscrirto. in J\l lS:-.t-.1E. L 3. ~. L:t\·ori sn>hi. Fuerza del c.xercilo del Rey nuestm S e11 '>af}(lya (almeno 1-15 l' non oltH: il 1-·1'>). manoscrillo. in ,\l ~~~\Il~ . L:). R J..<l\·ori ~,·oh1 GALEA ~l ~APIO~E. FK1\ ~CE~CO. Oe/1 flltiKa 111ilizia del Pielllllltle e de/111odo di ristahilirla 111 Le .111/t::ie \{lf}(llfde. Roma. l'd Roma. 19r. CAU FA \JI J)'AGLIAì'\0. GASPARE. (;llwm dell'iemollle dal l"' 1/ al a cura di L. CIBRA 1{10, l'orino. Stamperia Reale. JH 10. n.t;,~unto ms in AUSSME, L 3. ~. GAR1C l. IO, [)A RIO, Le sentinelle di j!h•tm - .fimez.u· e cilladelle dd l'ientollte .;aha11do. Cuneo. L.'Arcil:re. 1997. ( ; I AH I ~I.LI, FRANCESCO, Storia di fJiaC<'IIZf l, dalle origi11i ai l/OSI l'i f.iiomi. l'iacl'nza, Analbi, 19R9. risi. :1nasi .. ed. 1H90. GLIEHRit\1 , DOMEt\ICO. l (Jrmwtieri di \ardef.illtl 1659- 1900. Roma. :1 tura dd Cdo [)i,·. Gr.JO:t· u.:ri, 1%2. 111\l.I'H. maAA .. Oesterreicbiscbe f)'l?/i>f.~c· 1\rieg ~. i . 1101'~ . \l.\ '\1\IILIA '\. Hiner \011. La l}(t((tl/a dc C-m11posalllo. ~u " Dr.t~on;~ ", \nno l. nn. 2. 3. 1.

,-,7.

199.~

IL\RI. \1 R<.;IUO - BOERI. C lA \JC.\){1 O - PAOLETII. CIRO, /.a corolla t h Lombardia: f.illetn• ed <'·'·<·rei/l Ile/l'Italia de/medio Sellc•c·c•lllo r J'"':):)-J763J. Ancona. Ì\uow Hicerche. 1997. II.AHI. \ II{(;IIJO. Storia del sen'IZIO milttare ili Ila/fa. Rom:1, Centro l\1 i lit : ll·t~ ~tudi Strategici- Ri ' i'ila l\1iJit: IIT, 1991.

/I!Sirllcliun pour :l,fr. f) 'Anwllll / •i j uillc·t. manoscriltO in A USSI\'IE, L :) - I l. lstmz ioni date al refiiu cu!lllllissario 111'1 l'iacentillo per la }iii'IIWZillll(' dei maf.iazzini di pct,f.4lill. jìetw <' h:~11a per serl'izio della 11'11/)/Jfl rip . in DLIUOl.\1. Raccolta.... vol. :...'XIX. pag. 717. fs truz ioli 1 date dal sopra intende111e alla ti ire::w11e eco n o m i ca del l'iacelll i no ... al l'l'f.! iO çrnn m L'· soriu sulla prui'L'ista e jiJnJWZiolle dei lllll.l!,(tZzem pel j(JI'llf.!P.ÌO delle ref.iie tmppe. rip. in DI 1101 '\/, Naccolta .... \ ·ol. XXI~. pc1~ -,"A\11'~. IIF~KY. l'hilip \'vfSpain. "-c'' York London. Yale l'ni\e~ìt) Prl''-~. 2001. La halla,!!,IUI de/l Assietta. danilo~uitto ori~in:ll~ in Al SS\IF, L:), 11. LI\ on "'ohi, Pkmontc. L \ BARRF. CAROLE. I.LI.frolltihr•.fmllco-,\ tllXJl'arde: t mis exemj1les th• jimuières.f7t1l'iales Xl ·-xl 7// siede, in Ani del Convegno imcrn.rt.ionalc Frollliere efim[fìca:iolll di.fiwlliera. Firenze. EDI1'Il{. 200 l. LAGRANC I:. Cap.. Fatti d 'm ·me SIICC<.'SSi nel 17-13 ·14.fm le lrtijJjX' Sarde e Gallo-iSJIWW nelle mlli di Stum e t ·m ita. in A l lSSM I~, l. l \ ), l<t \ 'ori ;,volli. /.e of!C•m:::ioni del 1747, dauilosniuo in Al 'SSME. L 5-1 1, Lavori svolti. l'kmonre. I.E PEI.I.1 ·~·1 1 1 :H, I..A .. Sourenirsd'ttll arttlleur( 1-.13-1744). Pari~. Gautil:r. 1 ~97 . Lellem th•/la R. u .\ef!.releria d t f.illel't'll a/{'(f(icio f!.enerale del so/dv perle disposizioni da darsi sopra la cbwmata di colnfJaf!.ttie di mili::w. del 9 giugno 1-,-. rip in DUBOli'\. Raccolta .... \ 'ol. '-;..'Y IJI, pag. %1. l.ellc•trt di Carlo l:'mmmele Ili al Te1wnte Otlmmello J>ictet. del 19 g.: n naro 1ì l.~. m AST. Archh i di ~ucrra. lkgistri kucrc confìckntbli. T. Col. Pictet. Lei/ere del .lfarcbese d'Ormea. copia m:~no ...nitta in AllSSME, 1.:1\·ori ~' o lti. L:~. 9. /,el/ere e documenti dil'ersi relatit'l alla camjJOf!.lta del 1742 in Sm•nia. cop i:• mnnoscritta in AU'>~.\1 1 ~. l. 5. H. l.;n •o ri svolti.

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516 f.ellere scrille dal campo del Re di Sardeg11a dura11te la campagna dei!Tlmilia del 1742. A.S.T.. Sez. l. Marerie Militari, Imprese, Mazzo 12.

Lettre d'11 11 of(icierfrançoi$ dallée de la r•il/e l'iei/le dans la mllée de Queiras en Ua11pbin~' h' 17 octohre 17<13, Torino. Biblioteca Heale. l'vlanoscritti. Miscellanea Stori;l Militare Pa tria. Manoserino "16. Lit•re des drapeart:\' d'i11jà11terie au serl'iw de S.:\1. C7harles Emw ruel Roi de Sardaigne, Roma. Rivista Mi l it~•rc. l 990. LOGFKOT. FEHDINA>JDO. ,11enrorie storiche del Regno delle J)ue Sicilit'. Socictil Napoletana dì Sto ria Pmria. .'\ls. )O,"Vl-C-6. LORJGA SAUII'\A, Soldati: l'istituzione militare nel Piemonte del Se/lecento. Venezia, Marsi! io, 1992. MALINES. HOBERT .JOSF.Pll , comte de l3RU IN. i'vfémoirs. :-..i.

Mani(iesto que oji·ece la L'erdad. sohre las operaciones y ccmdncta del 1-ixcelelltìsimo Se1ìor Duque de ,\/unlemw~ en el tiempo que estrtt•o a su CC/l'gO el tjército de /!alia, e11 la campana del mìo 1742. Madrid. 1743. s i .. copi~ dattilo!icritta in AUSSJvlE. L 3-9. J\1\i\SSONAT, CI.AUDIO. Ricordi storici delle Alpi Marillime, ms in AUSS;vJE, L 3. Stati l'rcunit;lriPiernonte. 1\JELfi\DREHAS lì IMENO. MARIA DEL Ci\ R.f\.1EN, Las campmìas de Italia dura111e los mius 17-U1748, Murcia. Univcrsicl<lcl dc 1\ilurcia, 1987.

Ylemoire col!çcrntlllllesfn m til'res de Piemont et de Sal'oie. pour sercir d 'insl17tclioll /al!/ }Jo11r le cm11{Jement des armées que puur /uijàil'<-' mai/Oltt'rer. MnnoscriUo, Torino. Biblioteca Reale, Manoscritri militari, Vol. 75.

Memoria injèmnatit•a lasciata làJmo 1742 i11 nu1wrdo delf'an-zianilà degli uJ.lìciali dal COliti:' 'l'aglia n/i. ms in ALISS,VI I", L .3 - 9. ,\ Jemorie di u/1/enazzmw di Ril•oli, seri/te 1/e/1755. Torino, 13ibliotC'G1 lkak', t'vlanoscritio !07. MINOLA, MAl ffiO. La batlaglia dell/lssietta, Torino, Gribaudo. 1996. Ml :-JUTOU. DAI'\lELE. Hélatio11 cles C'amjwgnesfailes par S.M. el par ses Générall:\' awc des Cc)/ps Sépa rc's da11s l(!s an11ées 1742 el 17/fR, ') voli. nwnoscrini e 2 atlami topogra fici, Torino, l1ihliole<:a Reale, Mano~critti militari, 11 1. MOLA, ALDO A .. Storia di Cl/Ileo 1700-2000, S:Jvig li ~no. J)ditricc Artistica Piemontese, 2001. ìv!OI"TEMAR F. cluqu e de 131TONTO )'conde dc, Sutis{aciòn(erentes dudas. que se 1Ja11 dil'll(rtado sohre las o)Jeradones del ejércilo del Re)'. e11 LomiJardi'a. en la campmìa de l 742, dehqjo de las ore/el/es del duqu<-' de ,\hmtemar. Madrid, 174.1. :>.i. copia cl artilosnitta in AUSS.\1E. L 3. 8. Lavori svolti . .'vlONTÙ, CESARE 1\'WUA, Storia del/Artiglieria l!a/iaJW, 2° \'ol., Ro1na. Oflkina Tip. d el Genio.

1934 !IK>HF.U.T, EMILIA, (a cura d i), Lei/ere di Benedel!o XlV al Cardinal de 'Ji:•nd11. 5 voli., Roma. Edizioni eli Storia e Lerret~lrura. 195') . •l'vlOSCATl, RUGG ERO. Direllil'e della politica Pslera sahauda da !71/orio Amedeo D a G1rlo EmaIl Ile/e Ili. M ilano, ISPI , 19-11 . J,for•imenli complessivi (delle truppe sarde dal 27 febbraio 1742 in poi;. copi;1 m:~noscritta in AlJSSi\·1E. L 3 - 9. MUV\TORI. LOOOVICO AI\TONtO. A wwli d'l/alia dal prinCifJio dell'era l'O(qare sino al/anno 1?50. 13 voli. '\Japoli, Lo mb:m li , 1869-1870. No/la delle barche. rohhe et al/razzi .. ., tlel 17 aprile 1742. in A.S.T., Registro Viglicrti cd ordini Regi a S. E. il gran nustro cl'arriglieria. 1'\UVOLI. Diario stilla guerra di/alia dal 174 1 al 1749. Torino, B iblioteca Reale, ~·lanoscrirri. Volume 187.

Ohserl'tlli<ms sur la m ute que po11J'aie11t preudre !es Espag11ols da us le dcsseilz de sejeller eH Scti 'Oye, A.S.T. Sez. I , .'Vla[eri e M ilitari. Imprese, Mazzo J 2. Ordine a S. E. il gran mastm d'artiglieria, dd 18 aprile 17 j2, in A.S.T., Hegistro Viglie[ti ed ord ini R(:gi a S.F. il gran ma~·a ro d 'artiglieria.


Hllll.lOGHAFIA

517

Orclinc• a S. /:'. il l!,rtlll mastro dàrt(~lieria. dd · l aprile 17·12. in A.S.T, l{cgistro Viglktti cci ordini Regi n S.E. il gr:111 mastro <rartiglic:ri;L Orcli11e a S. E. il gran mastro dàrti,!!,lieria, del 9 febbra io 171t2, in A.S.T .. Registro Viglieui èd ordini Regi a S.E. il gran rnasrro d'aniglieria.

Ordini di Sua .llaestii con cui si {Jresçriro11o clil'l!l~'i pmçedimenti n('l/i Stati del Siunor nuca di .llodena in data dei 5 Luglio l 742. in AUSSJ'v!E. L ~-9. OSSIA N DE NEGRI. TEOFILO, Storfu di G'enum, i\lilano. .Ma nello. l 97-L Paua di Quartieri e ristre/lo delle spese straordiuarie di cam{Jagna {J<'r il 1742. in AUSSME, T. 3. ~­ Lnvori svolti. l'AGANELLJ , EDMOJ\ 1)0. S11! colle de/1/lssielta le prime radici del Risorgi111ento italictllo. su tl:-illCJ''. Anno XLVIII, n. 213. 1997. PAOT.E1Tl. CIRO- BOERI, GIANCARLO. L 'assedio di Cuneo e la hallcrg/ia di .Hadonnn dell'Olmo. su ·· J>:moplia". n. 19-20, 199LI. PAOLETfl, ClRO. Le conseguenze del 7i'aflato dì Lione su//àssettu di/ensim dello Stato sahaudo. in ·Il Marchesato di S:tluzzo. Da Stato di conline a conline tli Stmo a Europa". aui uel congresso su l quano centenario della pace di Lione, Salu7.7.o. 1° din:mhrc: 2001, Foggia, Bastogi. 2005. PAOLETfl. CIRO, La hollrtp,/ia di Castelde(jhw, su "Ri,·ista Storica". Anno v1JI, n. 7. luglio 1995. PAOLETII, CIRO, G'li italiani in armi. 1491-2000. Roma, USSi\·IE. 2001. PAOI.E'Iì'T, CIRO. !.o,~ istìat e assedi delle guerre dd sel/('cento, su "Panoplia", n. 27-28, agosto-dicemhrc l ()<)6. Parallelo della forza di Reggimenti d'OrdiiUmza dupu In rid11zione segui/a nel l 736 a quella cbe

sì propone eli .fare Jwl 7718 co11 la dimostrazione del {Jiede i11 cui erano nel COJ:I'o di questa ,!!,l/erra. rns in Al JSSME. l. :3 - 9. PASl.\il, abate, ;\ll:'morie storidw. A.S.T., Sez. I. Storia della Rea l C:1sa. Mnzo 25, C:~ tg. 5". PIERL PIERO. L ·emluz:iOIU' dell'arte militare nei secoli XVX\7..\'111 e la guerra del secolo X\1ll, in ;\'uol'e questicmì di storia mode n w , Milano, Marzorati. l 966. J>rezzCJ di a/çune den-ctte in J>iemonte làmTCJ 1748. rip. in DL'ROI N, Naçcolta ... , Vol. XXIX. pag. 787.

PriJtcipali disposiz ioni riguardautì il mi/ira re e l'economico che resia/lo a darsi perfm·e campep,uiare l 1. 700 fclllti e 2 310 Ca l'alli, Tori no. Bihlioteca Reale. i\'lanoscrillo 128. Quadm sinottico ria!llato dalla ·storia " del Saluzzo ... rt'latil·o al periodo 1742 e se~ .. ms in Al ' SSME. L 3-8. Q liAZZA. ROI'v!OLO, Lajòrmaz ioJte pro,r.:ressit•u dello Sta lo sahm/(lu. Torino. SEI. l 9'12. RAPE1ì'f. GIOV.<\~NI. !. 'oçhio drillo della Rc1mbbliw. S;.l\'Cma. Pc:rr:s ris. 1998. Raz ioni per l'eseròto del 1747, copi<~ m:J noscrina in AUSSi\·1~. L 3. 8 , L<~,·ori svohi. Rep)o Editto dei 10 giu,~110 1744 per l'amwlamento di tmppe in Piemonte. rip. in DUUO!l\, Nncmlta... , vol. X:XVJIJ, pag. 221. Negio l'ip,fiello col quale S.M. stahi/isçe fu .Jbrza del reggimento d'artiglieria a 1200 uomiJti, 22 maggio 174'), rip. in DUUOIN. Naccolt:a ... , voi X)UX pag. HO. Rep,io \ ·;glie/lo per /'oJ:~ullizzazìone della milizia i11 Sal'Oia, del 26 ottobre 1742. rip. i.n DUl\01'-J, Raccolta.. , \'OI. XX\•1 11, pag. 950. Negio Vi;!,liello per 1/Jlll !era di duemila IIUIIIilli ondejè>rmare le çompap,nìe risen·a, del 'i maggio 17"12. rip. in DL'UOlN. Racwlta.... vol. XXVIU, pag. 570. Regio Vip,liello per 1111a nuu1•a lem di 700 uomi11i da applicarsi alle compup,11ie di 1isen•a de' reggimenti pml'iJiciali: Aosta. Turfuo. Vercelli. Asti, Mondor•ì, Pinerolo, <.asale. esauste i11 parte perla sommi11istrazione da caduJiu d 'esse(afla alli reR,'(imenti di Sal'oia. j11çilieri ed artiulieria. uel 14 aprile 174(>. rip. in DLBOIN , Raccolta... , vol. XJ(VUJ , pag. 'i77. Regio Vigliello ... che stabilisce gli assegna menfi agli uflìciali e soldati dei co1pi di milizia, 24 luglio l7' 12, rip. in DtlBOIN . Raccolta.... vol. XX\TJ!l, pag. 'i70 .


518 Ré~lem<'lll et ordres de .\ ..11. concernm1s la discipli11e de ses trouj)(!S 1r1111 tf'infal/lerie r{Jte de cuco

ferie ... da1zs !es mr1rcbes. da11s II!S cmnps et da11s /es Cctii/OIIItemc'I/S de l'armée. dd 29 giugno J~ t;~. rip. in f>l UOI\1. Raccolta ... \·ol. XX\lll. p<~g. 162-t. l<é~lements puur le regiiiWIII d'ul}ànterie allemmule.Jtulis aw; ordn'·' du marécbalt<ehiJinder dd 19 dicc..· mhrt' l~ tO rip. in Dl'UOii\, Raccolta .... \OI ;.,.'}..\llf pa g l.~"it Rewilame11ti di S..ll. j><•r le Se!{rctene rli Stato - /Jella \c~~reteria di ~uerm dd 29 g~:nn:tio P · t l. rip. in l)lll30TN, Raù'OIIa .... vo l. X. pag. 1·19. Rq./li/(IJ/1('1//0 cbe s.,t/. ('(J/111/landa c/e/)/}(1 d'or in Cll'CIIIIi OS.\C'I'l'CII'Si da /ili/i li re~iiiiC'I/1/ dijèmleria t ~.·rJIIljlreso quello di C7uardia J dJ<' 111 quelli di all'allena e DmRolll n rca le soli/Ili<' da pagm'>i tmllo per Rli uolllllli rolonlmii di ridula che Jwr quelli aressem al/re tY.Jite sen·ìto 11elle lmppe della .1/.S. co11w pure li So/dali che a ca_c~iolle de loro congedi /imiltlli ... dmc'S'<'ro essere Jin ~a~iali, ddl'll gvnnaio 173B. 111:-. in AUSSME, L .3 - I l. Re~ulftiiU'IIIO da osseri'W:,·i ... nl'e l'l'l'l'ti/IliO allo!{~ioli lmppe di S.. ll. llt'll'entmnte q11artieri d'illl'enm 1745 in l i·J6 del 16 dk\.·mhr~: P 1'5. in rip. in DUBOit\. Nacwlta .. .. \ol .\'Xl\:. p;1g

%:t Re~olmnenlo dato da S. Il pel gun•nuJ <'t'OIIOIIIico delle aziende durame la campa~ua.

del l 1

m:u7o l'-t2, rip. in I>LlBOI"J. Raaulta.... tomo\ 111 . \'ol X. p;tg. ~o-. Rq~o!tllllellto dalo dalla Se[!.reteritl di .~uerra pd 111/0I'U treno di fJml•iaJida i11 CUJII/)(I.I!,IW, del "i

mar1.o 171"i. rip. in DLIBOT!'\. l<acmflo .... voi XX\'111, p;1g. F)·t-. Re~olameu/o delle pia::::e di Quartiere d ilu·en1o. di Cflltili J<iuiscoucJ .~!1 l J)ì:::io/i di jèlllteria rep,o

loti ti ss 10 codu1w ('c/ a N l di jìe11o caduuo il.r.u11rllo. come a11che del COli/ante dw J<odon11/i Bass'l.ffìziali <' soldflli ('()/1/(' III}Ìn. in \igore dal 11 dicemhr~: 1~01 almeno .ti 1-tK, 111!'> in AL ' SS.\IE. R<~~olamento per l'l1,Jì::io Rellerale del Sl,fdo. dd 2H giugno 1730, rip. in l)liBOJN. Naccolta.... vol.

X. P••g. 650. Re~rlfllllle/1/o per le redute ed iltmlllllllelllo ecomJI/1/Co delle ccunpa,I!,IIÌC' dei re,~illlc'l/11 na:::imwli

di Guardia. llonfermto. Piemcmte. Snluz::o. Futilwri. primu IJalla[!.limze dd/a Nep,111a e della .llorina. rip. 111 ()l BOli'\. Raccolw .... \'Ol X),.YJIJ. p:1g. 211. Re,l!,ololll('llfo per le re/111 n' de/1J·e1w dell'artiglieria ili Ctlmpaf{lla, ckl 12 cmohre J -:-. 1 1, rip. in D l lBO l t\. !?accollci .... voi X'Xl X. pag. 1,16. N<'f!,olameJJio stahilili1 da S'.A.R. fJer le tappe, del 5 .tgosro 1700. 111 Istruzioni ai Crmunissari di ~uerm del 9 fl'hhr.tio 1-51. rip. in Dl BO!:\. Nacwlta .... n>l '\'\1'\. pag. 969. Re/ado/l de In l'ÌC/UI'Ìll (/IIC' las a/'11/(1,\ del Rc:r 1/l(/1/(/(/(/a.\ por el t<'IIÌC'III<' w·nemf JJoll.f/ltlll de Ga,I!,<'S wmaron <'Il Crlm!Jo Santo sol1re las o1illas de!l'allnro el dia ocho de Fehrero de este rnìo. culllrtt lus de Cerdc1itl y Austriac((S, con privilegio: vn 1'vlaclrid. Ano dc 17 t3. Nelation de la Batail!e de Cmnpo.,cmtn Rtlllée sur le~ h~fia,v,llols pur t :•Jrm<;l:' com!Jilu;<, de Le11rs .lft1 je.,tes le Noy de \'ardai~ne et la l<c'llle d 1/oiiJ!.IÙ'. le 8eme l'enic•r 1-·13. A.S.T .. ~e/.. l. 1\lateril· ~ht.tari. lmpre~e. \l.11.1.o Il. l<e/aliU/1 de la hatailfe dcmée rì Ca/l/fio 'lauto. A.S.T., St'7. l. \lateri~: .\ lilitari, lmpr\.'~l', ,\ I.II.LO 12. Nelation dt? la Ca/1/fJO,f.!.lle du 17-1.1 tì Chatecw Daupbin, '\.l:mo~nitto. Torino. Bihliotl'Gl Reale. 1\.l:tnoscritti Vol. 75. Relalirm de la d~(<·11se des retmllchc•/1/('JIIs du col de l i lssielle par le., trr,upes l'ielnontrJises et flnJI<'nale.'\ le 19Jm1/et l--1-. An:hin·~ dl· b Gut'rre. \ùluml· 3-t20. \ .*l. \ 'icennc·-.. 1\.' b \t'r:-.ione lrance~e dell'on~mall' italiano qw ..ono ripo11atol Rela::ione della d((esa de trincera mel/li del Colle dr·ll~1ssil:'tltl fii/la dalle tmppe J>ielllcJ/1/esi ed anslliadw li 19111glio 1?17. ms in Al iSSt'viE, fondo Antico. Relatio11 des ccnnpaglies de 1712 l'l 1713 e11 l/a fie <'Il Sm•(Jie el cì G'halenu DwtfJhill. j(tites par !es at'/1/(;es comhi11éc•s 1 l 11~tro - Sardes nmtre !es li.'fJll,l!,llol~. Torino. llihliott'Ca R~:.dl·. ~lanoscrino n "i(J. Rela::io11e dell'assedio della Cilltì eh Gnneo fallo dol! ~ lrmntn G'ohsJifiiW comm1doto daf!'Jn(antc• JJ.Filippo, e dall 1rincipe di Conti l / Inno 1 J../'-1. St:t111 fKTia Hea lt', Torino. 1- 1"i.


Hlllll<x.H\It \

'519

Relazione della ·'fX'dizione faua dal/ ,l multa .lustro-Sarda nella Cor~1ca. e de1 dit~'t'Si comha/11 menfi '<'f.!,Uiti cui Frcmces1 seC()IIlfali do alcune mili::ie Genc1tesi. m .... \ .~.T.. Imprese \liliwn. !>Lino H0 d'addizion~.·. Rda;;;icme di ttllmtlc! è SC!f{llllo ess<•nzialm.le 1tella p,iurnalu di Calli/X' .\'t1nto ricarara dalle lei/ere del \ip, . ,1/aresciallu di Tn11111 in daw dei !..! Fe/1. o 17-13. :-..i Nc•lazio iH' di qumlto è success() nella 11allap,lia di Camposanlo nd p,ionw H t! i Fe!J!Jraro dell'alli lo 17·/.). mmtdota dal sig. don G'iol'WIId di Caj!,eS ai/'J!. nJ o si,f!. . (.'rlrdil/{/f de Al]IIW'Ìl'a i11 dtl/a dd/i 13 di Fe!Jmro 1743. in Al iSS,\1 1:. L .~- 9. I<C'Iu::iolt<' di lflllllllo si è opera/o dtlll'lflf::io della Primarw f.,pe;;;wm• in difwndenza del n:C!,icl edillo 1 marzo 1 -'3 - e delle altre Nt~C!,h' Pmt'riden:;e Sltccessil•am<'l/1<' emmwle sino all'm1110 l~ 1CJ. dd -.cuemlm: l - tH. copia nh Hl \lt<.,S:".IF.. l. 3 - H. l.;.tYori ~\ohi Relazione sulla Ballap,/ia di CamfXJSllllto del/i 8 di Feb!Jm;o 1-1.). S/c'.' ll ai l.! eli Fe!Jbraju l --13 e d11Wfa ai/'Fccellen::a dei .~~C!.· .1/ardwse f) 'Ormea. ministro tli \ ..11 \are/a. '>. t. Rl< CIOI.I , J.l... le pmhlème du f1a.\Sli,C!,<' cles co111o tl'eauau .\TJJJ sit•tle, tn Lo n;Lvllllion militain• <'Il l;'umpe (.\'\ " X\ 'J/1 sièclesJ. l'ati~. Fconomict, 199-. R I CIIEL II~ l ·, Ll ' IGI FRA:"-!CE~CO AH \l t\ \I l )(> DE \1GNERODE D l Pl.l·'\SI'\. duca di, llémuires. l'ari~ . Barba, .~.d. ma 1890 circa. Nislrel/o tlei/Jilando militari! per l'alli/l! 17·10, A ST., S('7.. l. Mal. 1\.lilitnri, lmpre~e. :VIazzo 12. J?islrel/o del hiltiiJCio mi/ilare' /JC'r l'mnw f7·JI, A.S.T., Sez. l. r.. tu. 1\.lilit.l ri. lmpre..,e, :'.lazzo 12. l?i,,trc•lfo del hilt111Ciu mi/ilare fx•r l'ciii/IO 1"'-J.l, t\ ..<.,.T.. Sez. l. ~la!. J\lilitarì. lmpr<.''>l', ,\ lazzo 12. Nislrello dd hilmJCio mi/ilare fx•r lmnw 1- d. ,\ ..'\.T .. ~ez. l. :'.tu. :\lilit.trì. lntprese . .\lazzo 11. HO,CO. M-..TO'I'\0. Balilla e il \11111<'111/IO. Cenm·a. Sag-.·p. I'T'-,.-\1 >l-. DOt\.\TlE:\-AI.PIIO\. <.,)' l'R.\ '\(.:01<., marc..hc..,e de, l ÙIJ!,!!,iCI in flrlflfl Roma . .'\ewron Com pton. 1995 S<.,\1 \ , FI>O \IU>O. flltendetlli. cu/111111.\.\ llri ed tll/llllillislmtori <~C!,Ii ewrdli .~almudi, in l.tt /!,ll<'rm del 1866 <'a/In scritti, Rom,t. Ll<.,'\\IE. 19Hl. SCIIIPA. ,\ IICIIEI.A\JGELO, Il Negllo di .\'apuli a/tempo di Carlo di llorhmw. \;;1poli. Dante Alij.thil:ri. 1925. sCl iOLE 1)',\I'PLlCAZIONE D'AR!\lA, /. :lrmo di tl rl~~lil!riu- G('lllli ,\/(Jrid, Torino. Fotolitografia dvllv Sntok d 'applicnionc..• d 'Arm;t, 19()'i. "'ELL\. D.- CAPRA, C.. !/ IJ11mto di .1/i/mw. Torino, llTET. l 9H t. S<'IIIÌIIIC'III el projel pour entrer d tnt., In \{1/'IJ)'C ti jìn d'eli cbasser le., 1~'/'llgnol~. r\.S .'I .. \lateril' \lilit.lll. lmpre~e. ~lazzo 12. '>GA\ l n l. \ \.T:\0\.10. Cmnache. edito -.ouo il titolo de !.a nm·c• dd/e rhiarle. a cura di '. .:O.tvt.ali. Panna. o ·sL. 1992. <.,()L \HO DFll. \ :O.lARGARJTA. Trmlc;, pniJiics de la Noyale Jlmsw1 de \o mie aree h~' jJut~wmces c•IIWI.f{c'rc•s, t1<1>uis la pmx de Chaleau ( .amhresis jusq11 à JICJs )'1111":-. 'i .., oli Torino, St:.~mrwri.l lk~• lv. l H.~6. Spe.w del/'infelf{/ellza generale tf 'a mf(f/rl dd 17·12, manoscriuo in A l ~~'\IF, L 5, H, LI l'Ori S\'ohi . •\fJcse per il Rc~~~imento di{t1111eria .\a('()irt nel hilancio militare del 1-17. m.s. in Al iS~l\lE, L .3, H, Lavori wo lti. Sj1ese per li sfx•dali reale e l'Oiantc• dd 17 12. illano.,critto in AL ISSJ\1 1·:. l , .1. H. L:l\ ori :-.\·otri. \pese Jlt'r li spedali reo/e e l'o/ante del !"' ,-. m:tno;,criuo in Al SSi\11., l. .~ . H. 1..1\'ori s\·olti. Sl'l'\11. C IOHGIO. S'turin dell'etti modenw. Torino. Einaudi. 19-1. .\ taio di'Ile l illlll'f' t1ec:essnrie per il Tre110 cfi Ire llrip,ale dru1i!!,lieria 11110 di 1 pe:::::i da /b. 8 e due d1 Spe:::::1 da /h. ·f', in A.S.T. \rdlt\ io eh guerra e marina. <.arte \nudw Hegio.;rro Il. n . 222 \fatu c/1 l fil /reno d 'artiglieria d1 .\ .Il.! 1 pe::::i d1 campagna da hlJIJre 1 d1 calhhro con le 11/tllli::w111, r11/re:::::1 . I'ÌSI.'IH'. el nllim.~li nen•., surii per li med.mi nm1pre,,e le 11111111/ioni per l in/{111/e ria" , in A.S.'I ., Archivio di gucrr,1 l' marina. Ca11<.: Anticlw, lkgi.,uo Il. n. 191. StaiiJ ,r.wnemle... per l'alliraglio del/'arti,l!,lieria da campap,1w co/Jif!le/(J t/1 JO pe::::i dil'isa ili quall m MJIIIUire fllgualiJ. in A .S.T.. Ardt i\·io d i gucrr<l e marina. Cane Antidw. Registro Il . n. J(H.


520

BmuoGR.IFI1I

SCSAJ\E. A., Histoire de f'artillerie.frauçaise, s.i. St:SAJ\E, A., 1/istoire de rinjànteheFançaise, s.i . 5 voli. St:SAt\E, A.. l-listo ire de la ccwalerie ji·ançaise, s.i. 3 voli. TAHACCO, GlOVAl'\JNI. Lo stato sahaudo nel Sacru Romallo lmpem, Torino. Para via. 1939. Tahe//a del 1111oco piede. che del'e m 'ere il reJ!J!.imento d'artiglien·a, dd 23 maggio 1743. ms in AllSSME L 5. 8, l ç~vori s1·olti.

Tahe//a generale di flllle le L'ariazioni che sono sr1ccedute nei 10 infrascrilli Regp,ime11ti Prvl'incia/i e loro compagnie di risen:a dal 7° Gennaio 7 742{illo al / 0 Gemwio 1 719, copia manoserina in At!SSME, L 3, 8. lavori svolli.

Tahleau de fu guerre de la Pmgmatique Sancfio11 eu A//emagne et e11 !talie. par un aide de cmnp général de /';trnl(>e d'Espap,11e, Berne. 17H<L riassunto manoscritto in AUSS!'vfE. L 3. H. lavori svolti

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