"7° quadernetto Poetico - Gatti, Sorci, Cani & Porci"

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I Quadernetti Poetici di “SiFaPerFarBenEdizioni”

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“Gatti, Sorci, Cani & Porci”


“SiFaPerFarBenEdizioni”, improbabile casa editrice frutto della fantasia animalesca di Roberto Marzano, presenta il “7° dei Quadernetti poeticiGatti, Sorci, Cani & Porci”, opere ispirate agli animali di ogni tipo. Ovviamente cani, gatti e cavalli ma anche – perché no? - a topi, leoni, rondini, volpi, mosche, maiali, dinosauri, raganelle, lumache, chiocciole, allodole, usignoli, ricci, talpe, asini, pescecani, falchi, aquile, murici, pettirossi, ramarri, serpenti, zanzare, nibbi, libellule, meduse, tacchini, giraffe, mantidi religiose, upupa, locuste, lucertole, leopardi, conchiglie, cicale, galli, pesci-spada, vermi e parassiti. Anche questo “quadernetto” ha visto la partecipazione di tanti (45!) poeti, narratori, pittori, fotografi, da ogni parte d’Italia. Troverete, nell’ordine, opere di Roberto Marzano, Maria Pia Altamore, Claudia Marzano, Alessandro Magherini, Labo Art “Villa Marti”, Alfredo Rienzi, Giulia Bragalone, Roberta Benna, Vittorio Fioravanti, Raffaela Mortelli, Ennio Onnis, Grazia Tatta, Ivana Menichini, Renato Fiorillo, Lidia Guerrieri, Gianfranco Isetta, Teresa Maggiore, Enrica Gugliotta, Angela Donna, Lorella Finocchiaro, Marco Maggi, Emilia Fragomeni, Silvana Canepa, Mabi Col, Sandra De Felice, Nicola Salvini, Fabrizio Casapietra, Lila Ria, Lidia Allocca, Carlo M. Marenco, Sara Menichino, Enrico Mario Lazzarin, Valeria Bianchi Mian, Giovanna Olivari, Adele Ferrari, Marcella Saggese, Adele Libero, Veronica Liga, Luca Oggero, Paola Farah Giorgi, Marco Fabio Gasperini, Izabella Teresa Kostka, Francesco Gallina, Vincenzo Zito e Flavio Casoni. I “quadernetti” sono (volutamente) piuttosto coloriti e colorati, disomogenei nella grafica, un tantino infantili, quasi naif. L’intento è quello di discostarsi dalla consueta veste di altre, pur rispettabilissime – detto senza alcuna ironia – antologie. Proviamo a dare una botta di vita a un ambiente talvolta rigido e ingessato con la tendenza a prendersi troppo sul serio. Qui, di “serio”, non c’è nessuno! La partecipazione è libera e gratuita, fatta solo per amore delle arti e della loro divulgazione. Non c’è selezione, se non quella di pubblicare nell’ordine d’arrivo dei contributi. Il risultato potrà anche apparire kitsch o un po’ pacchiano, ma la nostra “poca voglia di serietà” deve in qualche maniera esternarsi, e i “quadernetti” vanno proprio in quella direzione… Roberto Marzano


RobERtO MarZaNo IL RIMORSO DELLA ZANZARA

IL MIO CAVALLO

Nell'aria pregna di piretro effuso anofelina incombo nella calura appesa sbronza di sangue mai sazia ronzo cupa con titubanza, ma il pungiglione teso bramo una vena, poetica fragranza una poppata intensa di plasma dolce gusto che non sia mai che sugga sangue amaro nella buia stanza di sonno e d'abbandono tra spire tetre di zampironi accesi chiedo perdono alla prescelta preda solo una goccia e vado via esaudita a lei prurito a sfumare in sottofondo...

Il mio cavallo è attaccato col mastice non mette le virgole, nitrisce alle stelle e si muove trottando all'indietro con un buffo saltello.

LA MOSCA Discosto appena dalla tenda impiccata al soffitto assorbo aria dal riflesso della finestra mentre una stella occhieggia ancor desta nel cielo carta-zucchero del nuovo mattino. Una mosca s’appoggia sfinita dopo un’ultima disperata, sbilenca rotta sulla “f” minuscola de “Il processo” di Kafka esausta per la notte passata a cercare una possibile uscita dalla stanza… ma il mio arrivo giunge troppo tardi e, condannata, s’addormenta per sempre senza nemmeno aver dato inizio al primo capitolo. PELLE D'OCA Alla stazione di cambio dei camion stracolmi d'oche grige sgomente in trabiccoli ingordi mani esperte strappano fin le piume dal culo inchiodate le ali tra le ginocchia di ferro danno luogo al supplizio senza farsi beccare da colmar c'è il Moncler, il cottimo incombe cento florin a capo senza troppe domande poi le lasciano nude a starnazzare terrore con la pelle a brandelli ricucita alla meglio… L’ELEFANTE DI CUORI Sei grande poco più di una pannocchia ma non temere amore, avrò riguardo sarò capace di stringerti pian piano ti sgranerò le labbra dolcemente.

Il mio cavallo è sempre contento frequenta molti compagni uomini invisibili, meduse e ragni e con un sorriso a scintille tra i denti se ne va irriverente e sguaiato fischiettando al galoppo. In occasione dell’ultimo equinozio per un suo bizzarro equin-sghiribizzo si è recato eccitato e deciso da "Coiffeuse Tamara" (chiusa per sacro riposo, anche lei poverina, il lunedì, ma solo di mattina)

che gli ha tinto la criniera e le ciglia di un rosso mela infuocato... Si voleva distinguere un po’ dalla massa dei soliti cavalli che s’incontrano in giro e si fanno soltanto i fattacci loro non guardano in faccia nessuno e vanno dritti-dritti e scontrosi col loro carrello pieno di favole che svaniscono come di bolle ancor prima di arrivare alla cassa… FORMICHE NELLE SCARPE Ho le formiche nelle scarpe! Hanno perso la ragione e si son convinte nessuno glielo leva dalla testa che siano, ahimè, la loro casa. S’inventano così percorsi arzigogolati tra tomaia, calze e gli alluci perplessi per tutto quel traffico frenetico ti prendo e non ti prendo... Nella penombra umidiccia un movimento sussultorio mi induce a procedere a passo di danza e a supporre che nella loro opaca lucidità si stiano, lì, accoppiando avendo probabilmente scambiato i miei piedi per un… pied-à-terre!


L'ANIMALE CHE HO IN TESTA

LUCCIOLA IN AMORE

L'animale che ho in testa bussa forte, mi scrolla mi fa strane proposte, mi molesta i pensieri con visioni indecenti, tremolanti istantanee si contorce nei gangli, ne fa scempio, sfracella crude crune divelte da un immane fracasso sfonda a pugni i miei freni, s'accapiglia a grovigli di serpenti ingrippati sotto piogge di fischi e di fiaschi sfiatati che disfano e sfanno il tormento incessante di chi si raccomanda di ben spegner la luce e di tirar la catena tesa al collo di schiavi prostrati in ginocchio che allo specchio non danno nessun peso né tregua porgon proni la guancia agli schiaffi a capriccio di signore indignate dalle unghie affilate lascian graffi di smalto, bende nere sugli occhi da veder sarà poco se non schizzi di spilli e sudore rappreso, molto poco sul serio.

Nel cerchio del lampione a piena luna nel suo frullare d'ali gaia vampeggia la lucciolina avvinta al giallo globo caldo e vibrante, la fa palpitare contempla la maestà di quella palla la tiene a galla nell'afa bassa blu, densa d’amore.

SON TORNATE A FIORIRE LE RONDINI

Non disdegnarmi Signor Mio della Luce Ardente prova ad amarmi e lucciola sarò, ancor più accesa ma fai presto decidi ora ciò che vorrai fare prima che l’alba, fatale ci sorprenda e che il preposto alla tua lampada tolga la tensione e io, sperduta e abbandonata a mezzo volo non so se riuscirò a attender notte…

Son tornate a fiorire le rondini sui davanzali sospesi al disordine bruni grappoli, frecce che esplodono di pazzia, vorticando nei baratri scapestrate ragazze in un turbine ellittico a sfiorarsi l’un l’altra gioiendosi addosso infaticabile azzurro, traiettorie impossibili in un volo infinito da Indianapolis a Disneyland. BECCO A BECCO Le coordinate del mio smarrimento poco più in là portano che a un punto sull'orlo mal cucito di un precipizio ingordo anatre zoppe cincischiano nel fango spettinate da frecce moleste di vento e di nebbia a prendersi gioco del volo goffo come il lamento di zampogne sfiatate tra i canneti che sibilan zuffe in affanno per un boccone conteso becco a becco quando il coraggio cede il passo al terrore il cacciatore e la sua rosa di piombo annichilisce l'inutile lotta per quel verme di vita che proprio adesso finisce con un tonfo sordo sulla riva del fiume che scorre indifferente…

IL POLLO Il collo del pollo si spolpa, si scolla a colpa del colpo che sloga di spalla dilagato alla gola sgolata s'impalla il bolo-glomo all'ingoio lo inguaia la trachea delicata trucemente stroncata di penne lascia la scia del disperato suo verso che scolora sull'aia stranita la sua ultima alba...


GATTO NERO Lascia un graffio indelebile il lesto artiglio felino all’incauta manina lì protesa a lisciare l’ammaliante bellezza nero manto di buio costellato di lampi e riflessi bluastri… Lo smitragliare dei tacchi flamenco denso e stupito rimbombava alla scena delle ferite allineate parallele al dolore, al bruciar della pelle rinunciando al momento all’infausta carezza nasconderla in tasca accontentarsi degli occhi… IL LUPO SI E' PERSO NEL BOSCO Il lupo si è perso nel bosco tra le querce, i castagni e i cespugli di more... La sera che incombe gli dà buia inquietudine non gli basta l'olfatto a ritrovare la tana così s'agita ansioso nascondendo la coda glielo aveva detto la mamma non passare di lì! ma dall'orecchio destro, il consiglio scappa via dal sinistro il lupo è sgomento, divorato dal panico perso il controllo della situazione cade in un fosso e si spezza una zampa ...

sputa, ingoia, s’attorciglia, s’inchioda nel lavello chirurgico d'acciaio insanguinato mani ingorde sezionano le sue grasse carni smembrata in più pezzi non può darsi pace morde l’aria caparbia la testa mozzata digrigna instancabile i denti feroce non vuole saperne di smetter di vivere e ancora lo spera di poter ritornare all'ombra dei castagni nella sua cara pozza in compagnia dei gerridi pattinatori e lasciarsi accarezzare dolcemente la schiena a ogni passaggio sotto il pelo dell'acqua... NON DIRE GATTO Vivi e lascia vivere alla giornata di lavoro tutte le notti insonni vagano nell'aria confusa sensazione di smarriMento solo per difendermi dall'asSalto con l'Asta di gioielli della tecnica classica risposta di chi non ha niente da Non dire gatto se non l'hai nel sacco di patate al forno a gas di Scarico la macchina e salgo subito da te…

Ora è lì disperato, gemente e impaurito (anche i lupi piangono, non è un paradosso) quando contro il giallo della luna nel cielo si staglia la sagoma di Cappuccetto Rosso! Avida da sempre di carne lupina la mostruosa bambina lo sbrana all'istante sgranocchiando le ossa, spolpandole bene lì lasciando soltanto qualche ciuffo di pelo… L'ANGUILLA TESTARDA Contorce l'aorta nel sangue fa sponda nell'onda tagliente della truce tenaglia l'anguilla testarda trattenuta a fatica per la vita la strenua sua dura lotta

RobERtO MarZaNo Nato a Genova il 7 di marzo del ‘59, narratore e poeta “senza cravatta”, chitarrista, cantautore naif e bidello giulivo. Barcollando tra sentimento e visioni, verseggio di vagabondi e di prostitute, di amori folli, di ubriachi, di oggetti inanimati e dei quartieri ultra-popolari dove sono orgogliosamente vissuto. Se vuoi sapere di più (pubblicazioni, premi letterari e altre poesie): https://robertomarzano.jimdo.com


Maria pia altamore L'amore? Girare lo sguardo assonnato del mattino e vedere che il tuo cane di tutti i posti che poteva scegliere per riposare, proprio sulla tua maglietta si mette? Mollemente adagiato e con sguardo tipo “vero che non mi dici niente?” Io? Non solo non la sgrido, ma la guardo con un tale amore..... che ... mi comincia bene la giornata.....

Dal Quaderno di lingua ittaliana di Maria Pia Altamore - Palermo 1967 Tema.: Le mie vacanze. Ricordi. Io ho strascorso le vacanze in paese. Una mattina delle mie meravigliose vacanze, mi sono alzata molto, presto. Per andare a strascorrere u po’ di giorni in campagna con la zia. Nel mendre che mio zio andò a preparare il cavallo io rservai la piazza c’era la fontana che gocecchiolare e un cane che beveva. Dopo un bel pezzo di camminare soamo arrivati. Mi sono sedutta sotto un albero e sentivo – il cinguettio degli uccelli. Ho raccolto alcune foglie per incorlarle nella mia collezione. Da una parte del mio paese c’è il mare e dal’altra la terra.

Maria pia altamore, sembra un nome d'arte, invece è proprio il suo. Bisognava solo abbinare il temperamento artistico, rivelatosi negli anni tanto eclettico da farla spaziare dal teatro comico alla clownerie, allo scrivere teatro e poesia, a gestire eventi a cui partecipa anche come animatrice e cuoca. Insomma una "cuocattrice" (nonché poetessa) titolare del singolare progetto "Cibarty di Mariapia Altamore - La Cucina del Buonumore".


claudia marzano


alessandro magherini IL GATTO COL TOPO Il randagiotto rosso vuole entrare ma il padrone di casa dice no glieli do fuori i croccantini al gatto ché l’altro giorno mi ha portato un topo! Se l’uomo s’è schifato lo capisco ma quel micione rosso di Liguria cos’ha di più prezioso da donare di un topo catturato in un caruggio? Poi ho pensato: che similitudine! Quel topo l’ho già visto, lo conosco stava in un canto sotto il campanile traversava la piazza nella notte quel topo fugge e non vuole morire quel topo è l’amore che non so dire


SATORI L’intuizione del divino sta dentro un pugno di sale c’è chi dice: «È uno e trino!» Io lo vedo in un maiale

alessandro magherini Sono nato a Genova nel 1952. Dopo la laurea in filosofia ho trascorso alcuni anni fra l’America Latina e l’Africa occidentale. Insegnante di lettere al Cpia 2 Milano, risiedo a Cinisello Balsamo. Sono stato fotoreporter, traduttore, redattore editoriale. Amo pensare alla poesia come a un’opzione intrinseca ad ogni essere umano, forse una weltanschauung che potrebbe cambiare il mondo. Ho scritto Sonetti per M.me Kalì (Officina Coviello), La Gru (Gattili), Anaconda (Sartoria Utopia). Ho partecipato all’antologia Milano (Edizioni Versi Umani). Autore ospite del blog «Bibbia d’asfalto: poesia urbana e autostradale», ho inoltre pubblicato testi sulle riviste «Il Vento Salato», «Alla Bottega», «Malvagia», «Pick Wick», «Il Foglio Clandestino di Poeti e Narratori», «Il Monte Analogo», «El Ghibli», «Il Segnale».


Labo art villa marti Il progetto nasce da un'idea di Mabi Col dedicata al tema : Carte e sfocerà in una mostra prevista a Maggio a Genova-Ponte X presso Libreria Libro + di Battistina Dellepiane. Gli acquerelli originali sono del naturalista, botanico ed entomologo Ulisse Aldrovandi, (Bologna, 11 settembre 1522 – Bologna, 4 maggio 1605). https://g.co/kgs/UUR69W






Alfredo rienzi La questione del nibbio Resta incerta la questione del nibbio quando immobile nell’aria governa le brezze che scorrono tra le piume con ali distese che non mostrano né spasmo né dolore e si fa simbolo: croce imperfetta ed anello dell’immanente morte. Si dice che il rapace fermo in cielo assuma posa come di spirito santo nelle icone pentecostali sulla fronte del Cristo del Verrocchio mentre il Battista innesca il suo destino. Il dilemma è proprio in questo offrirsi paradosso del predatore in veste di bianca e santissima colomba o, all’inverso, nell’atteggiarsi ardito, inebriato e forse commosso della palomba (condannata a un volo battuto ed insistente, miracolata per divina scelta e per un simbolismo di maniera) nella suprema posa del falcone. Ma spesso i ruoli cambiano con le occasioni e tra vittima e preda si stringono alleanze insospettabili: un vicendevole amore dilata l’ostia esigua del dare per avere: io le ho viste bene, arvicole e lepri, squittire e porgersi in luce incidente, chiamare l’angolo giusto alla vista del rapace, scegliersi il carnefice, farsi dono esiziale, nell’attimo estremo amarne l’artiglio e, non trascurabile fattore per le creature di terra, desiderarne il volo. (da Custodi ed invasori, Mimesis-Hebenon, 2005 e da La parola postuma. Antologia e inediti, Joker, 2011)

Il gracchio dal becco di corallo Il gracchio dal becco di corallo (che con discrezione nascondeva tra le penne del petto, poiché tutti ormai lo riconoscevamo) continuò a visitarci nel moto ellittico dei giorni. Ci mostrava il suo passo goffo rovistando larve. Grande amico, sensibile come i maestri che sognavamo: di nascosto spiccava il volo ché non tentassimo di seguirlo sull’abisso che irrideva, fermo nelle correnti. (da Oltrelinee, Ed. Dell’Orso, 1994 e in La parola postuma. Antologia e inediti, Joker, 2011)

Conservo una lucertola a due code Conservo una lucertola a due code in una salviettina ripiegata che odora di lavanda e naftalina la catturò mio padre con un balzo mentre cercava scampo nell’anfratto tra le radici torte di un ulivo era una mattina assolata ai tempi del suo fidanzamento (credo nel maggio del quarantasette). L’offrì a mia madre, dicendole, pare: guarda bene le code: una è di femmina, l’altra di maschio. (da Custodi ed invasori, Mimesis-Hebenon, 2005)


Ah, quegli obliati voli del dronte… I. Ah, quegli obliati voli del Dronte… vita vita vita: eternità a nolo incontrollato dolo, essenza ipsa sponte Oh, del Dronte quegli obliati voli… oh che palpiti per il portoghese marinaio! E poi, certe pretese.. potevamo mica invertire i ruoli! Eh, del Dronte quei voli obliati… Dronte, Dido, Dodo, gallinaccio inetto colombaccio, quanto ve l’ho già detto: i loro geni li hanno condannati! II. Il Dronte divenne raro senza mai essere prezioso, fu uccello ingrato, scontroso mai ci aiutò a capire come preferisse morire se sgozzato o per più rapido sparo. III. Del Dronte ci restano poche tracce d’uccello insulso, ben donde dimenticato: qualche rarissimo esemplare impagliato, citazioni, ritratti, scene di cacce. A noi homens dispensò minimo interesse nullo affetto. Lo dimostra, del resto il suo volersi estinguer così presto indolente, come se al volo…non credesse. (da Pianeta truccato, elusioni!, Pentarco, 1989)

Alfredo rienzi, nato a Venosa nel 1959, risiede dal 1963 a Torino, dove esercita la professione di Medico. Nel 1993 ha pubblicato Contemplando segni, silloge poetica vincitrice del X Premio “Montale”, in Sette poeti del Premio Montale, (Scheiwiller, 1993); i successivi volumi sono Oltrelinee (Dell’Orso, 1994) e Simmetrie, Pref. di F. Pappalardo La Rosa, (Joker, 2000), entrambi segnalati al Premio Montale sez. Editi, e Custodi ed invasori (Mimesis-Hebenon, 2005). I volumi citati sono in parte confluiti ne La parola postuma. Antologia e inediti, pubblicata da Puntoacapo Ed., Novi L., 2011, in quanto opera vincitrice del Premio Fiera dell’Editoria di Poesia (con pref. di G. Linguaglossa e postfazione di M. Marchisio). L’ultimo volume in versi è Notizie dal 72° parallelo (Joker Ed., 2015, con pref. di D. Gigli e postfazione di S. Montalto), Premio Civitella-Pelagatti, con traduzione in alfabeto Braille, e Premio Metropoli di Torino. Ha all’attivo collaborazioni e/o contributi creativi e critici con numerose riviste e siti di poesia e letteratura nazionali ed è inserito in varie Antologie critiche sulla poesia contemporanea (tra cui: G. Linguaglossa, La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte, 2002, e La nuova poesia modernista italiana, EdiLet, Roma, 2010; S. Montalto, Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea, 2008; L. Benassi, Rivi strozzati – Poeti italiani negli Anni Duemila, 2010; G. Lucini, Poeti e poetiche-I, 2012). Ha partecipato alla traduzione di OEvre poétique di L. S. Senghor, in Nuit d’Afrique ma nuit noire – Notte d’Africa mia notte nera, Harmattan Italia, Torino-Paris, 2004, a cura di A. Emina. Come saggista ha pubblicato Del qui e dell’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea, Dell’Orso, 2011, Finalista a Premio Soldati-Pannunzio 2016 e Premio per la saggistica Metropoli di Torino 2016. Attualmente collabora con i comitati di redazione delle collane di poesia di Joker Editore. È tra i collaboratori e sostenitori di Amado mio, foglio letterario torinese fondato nel 2014 da Marcello Croce e Luca Borrione.


giulia bragalone Occhi di gatto. Nessun Amore è più puro di quello di un gatto per il suo padrone. Ovunque andrai, lui ti seguirà... sicuro! Quando ci si mette sa essere un vero coccolone ed anche se non lo ricambierai, lui continuerà ad amarti finché avrà vita! Amalo e non te ne pentirai, lui seguirà le tue orme... sia in discesa che in salita! Renderà i tuoi giorni indimenticabili... come dei bei sogni, da cui trarre insegnamenti ed imparare ad amare... senza chiedere ringraziamenti! Occhi di gatto, da non dimenticare.

giulia bragalone, nata ad Anagni il 22 Gennaio1996. Amante dell'arte (in modo particolare della

pittura) della scrittura e della cultura, studia Filosofia presso l'Università "La Sapienza" di Roma.


Roberta benna Sono stata in un mattatoio. LĂŹ ho davvero visto lacrime di sangue. LĂŹ ho creduto davvero all'inferno. LĂŹ mi sono sentita disumana e avida. Loro mi guardavano spenti e arresi. Ma c'era ancora un filo di luce nei piccoli occhi neri. Sporchi e in poco spazio, abbandonati e morti ancor prima di morire, avevano ancora voglia di vivere e grufolare; ho provato pena e vergogna. Siamo esseri abominevoli. E distruttivi. Ho allungato una mano dentro lo stallo. Malgrado tutto ha avuto fiducia e mi ha accarezzato.

Roberta benna. Nata a Genova il 25 gennaio 1969.Infermiera professionale. Diploma di

segreteria d'azienda. Amo scrivere da sempre, da quando poi compresi di aver scelto, o chi per me, la scuola sbagliata. Brevi racconti, poesia e scatti fotografici di vita reale di chi vive al margine, scorrono impetuosi dal-l'inchiostro. Ho partecipato a piccoli ruoli teatrali.


Vittorio fioravanti UN MUCCHIO PIÙ GROSSO

CONOSCO IL MIO MALE

Ero schiavo di Vanni, il mulattiere; tra i calci mi gridava: Bestia!

Formica tragica, ferma sur uno stelo, il silenzio m'artiglia metallico.

E d'un sermone domenicale ricordava sovente d'essere stato creato a divina somiglianza.

E incessante, a me intorno, su binari d'istinto, scorre l'affanno delle mie genti in rivoli brulicanti: vane ricerche d'assurde sopravvivenze.

L'altra notte scivolammo insieme per la scarpata. Ora io sono un mucchio più grosso di putrida carne. 1955 / 033 * ---

IL RAMARRO In un mattino della mia infanzia, scagliai una pietra contro un muretto, in pieno sole. Tra fili d'erba e trilli di bosco, senza alcun urlo, ma con il dorso arabescato dentro di me verde straziato cadde un ramarro. 1960 / 128 * ---

Conosco il mio male. Per un attimo sembrerò rientrare nelle file anonime, cieche d'indifferenza; ma sarà per farmi calpestare.

assurda, dopo l'irrefrenata violenza risalì cauta la pelle inerte. Solo un cane s'avvicinò, fiutando sospettoso, lungo i limiti del campo. Ma ormai, negli appietriti, aperti occhi la luce s'andava livida spegnendo in nebbie gravide, ove sbiadiva ultimo un contorno di fronde e rami. All'improvviso abbaiare nessuno, giù in paese, ebbe chiara l'intuizione d'accorrere. L'avrebbero ritrovata a notte fonda, morbida e gonfia, con la piaga sguaiatamente in mostra tra le vesti stracciate.

1961 / 144 * ---

1961 / 173 * 053

SI RIALZÒ UN FILO D’ERBA

LA CICALA

Si rialzò un filo d'erba.

E quando lesti si scivolerà insieme nell'ombra del folto oltre il sentiero la cicala tranquilla riprenderà l'interrotto suo canto

Gli alberi intorno serbavan tutti i loro gridi. Brucianti di vita, due uccelli s'involarono rapidi; uno scese impudente a beccare nel solco vicino. E s'udì dal piano un canto ignaro di madre. E una formica

E sarà estate ancora 1962 / 200 * 169


NELLA SPIRALE D’UNA CONCHIGLIA

Stasera m'insinuo nella spirale d'un suono remoto nel meandro abbandonato d'una consunta conchiglia vulva slabbrata che penetro nel sapore salmastro d'un riecheggiare inesausto d'infranti marosi Navigo così ad occhi chiusi violando ristretti orizzonti verso altri lidi e altri mari di chiglia in chiglia lungo scie di vascelli pregni di venti violenti le vele gonfie d'orgasmo Seguo il flusso sommerso d'ignare e calde correnti come un sinuoso delfino lungo folti fondali tra impercettibili movimenti di fili d'alghe e tentacoli chele ritratte in attesa l'argenteo guizzare di mille aguglie Fino ad emergere in vortici di spuma e sale relitto vinto sugli asperi scogli d'un'isola d'alberi verde per restarvi a braccia aperte gli occhi immersi nel cielo tra voli lenti di rauchi gabbiani naufrago finalmente libero nella mia libera mente 2003 / 422 * 147

TSUNAMI

mentre la gente affollava la sponda ignara

Si era appena voltato ormai sottomesso all'incombente liquido muro Dilatati gli occhi atterriti il bambino cercava la madre che lo inseguiva sgomenta giù dalla spiaggia le braccia aperte

Non erano neanche le dieci di quella mattina

Era sceso a piccoli passi curvo a raccogliere gialle conchiglie schiuse rotondi sassi un minuscolo dorso bianco sotto un sole lontano mentre vigliacche nuvole oscure scappavano all'orizzonte

Troppo tardi quel nome urlato invano

Sulla risacca si era alzata improvvisa livida l'onda immane spumosa d'insana rabbia per la razza umana

La donna incontrò il figlio appena un attimo prima ma quell'abbraccio se lo portò via la violenza sfrenata di tutta quell'acqua 2004 / 432 * 009

Anche i cani fuggivano e le vacche avevano preso in fretta il sentiero del colle C'erano grilli sul dosso Volavano via gli uccelli e oltre il fosso le rane in lunghi salti Il flusso si era appena ritratto bassa marea inattesa oltre i limiti usati e il bimbo a piedi nudi si era incauto inoltrato a cercarvi i tesori svelati lasciando fragili orme tracce incerte di mani nell'umida rena Tra le frasche intanto si allontanavano serpi ed insetti

IL GALLO MORENTE Traguardo lasciato dietro è un altro ritorno questo vi puzza il petrolio nell'aria miasma che ammorba dai tralicci grigi allineati sul vasto orizzonte d'acque increspate di brezza Venezia assurda dei Tropici m'inoltro tra sponde usate di tristezza e d'affanno mentre s'affondano ancora nel fango immondo del "río" quei pali secchi delle baracche dove ignorato d'allora rintana più spento un sopravvivere sonnolento ai margini estremi del mondo


Fra le stanche mangrovie sotto le palme aperte la "cerveza" va bevuta a sorsate da lattine affiorate tra il ghiaccio fatto a pezzi giù nel bidone con la scritta "VenzOil" Ebro di noia e di "salsa" ballata tra corpi abbracciati sull'assordante balera ancorata alla sponda vado a gettare i miei soldi in crude scommesse lanciate da risse e scontri verbali là dove "se matan los gallos" Puntare sul gallo prima che riesca a ferire a morte il rivale bagnato di sangue Non farlo sul gallo morente non vale la pena piangere per la sua sorte Ci si deride a vicenda tra spruzzi di "ron" e cocacola a contatto di gomito e fianchi l'ossessione vissuta insieme di negri e di bianchi di mulatti e di zambi nel regno perduto per sempre dagli ultimi "indios guajiros" Acre l'odore di sudori versati a spurgare sangue diverso come diversa è la pelle che ci ricopre pulsioni ed inconsci moventi d'astio e celate passioni E c'è la donna a strusciarsi contro l'anca protesa il seno appoggiato alla spalla So il profumo d'erbe piegate

che ha seguito i miei passi allacciati nell'ultima danza labbra silenti che invocano un solo cenno d'intesa mani ed unghie che sfiorano chiare occhiate d'invito che non potrò poi eludere Calore intenso ristagna intanto umido sotto le frasche Gli speroni dei due contendenti metatarsi affilati come rasoi ali tarpate con cruda malizia che sollevano carni spiumate brevi voli tra polvere e sputi con occhietti rotondi preda dell'ansia insana di riuscire a colpire Si gridano cifre con prepotenza si raccolgono sfide scontrose senza badare ai richiami intorno alla zuffa fatale di zampe destinate a sfiorire Ma ancora una volta ho puntato sul gallo morente spoglia inane ora giace preda d'insetti 2005 / 478 * 017

A FIOR D’ACQUA, SILENTE A fior d’acqua silente e viscido flusso di spuma verde e d’erbe chine su sponde stese nell’ombra quieta d’un sole spento lucido il guizzo d’argenteo ventre vi nuota ignara la preda

Rapace allora vasto un uccello ad ali schiuse cala rauco gli artigli sull’anca d’ambra indifesa Fremono gli occhi la gola accesa d’aspra voglia animale sapore ha in bocca d’oscuro fiotto sanguigno fra il becco stretto e l’avida lingua Così d’improvviso spoglia il caso una vita 2011 / 677 * 225

L’OCCHIO DEL PESCESPADA Ha sulla poppa Mariella un bel nome di donna dipinto a caratteri neri la barca che lascia il molo in rotta per il Caribe nel chiarore che invade d’ombre smunte e di luci il verde golfo e gli scogli Nell'ampia sua scia franta spumeggia l'onda squarciata al traverso dalla prora affilata gabbiani bianchi di sole vi volteggiano a larghe ali aperte Gonfie le vele navighiamo ogni brezza in cerca d’ansia e di prede di spruzzi d'aria salmastra


ebbrezza fresca di droga eccitante nelle nari e le vene A bordo ride il pirata che è in noi ciurma d'avventurieri abbiamo braccia possenti che duro tengono a sbalzi lucenti d’argentei corpi inarcati col gancio infisso nel ventre le pinne tese e sguainata la spada sul pelo a strisce dell'acque ormai perse e come un urlo nel vento muto l'occhio sbarrato Ed ecco infine al tramonto languidamente arrossato dal sangue versato in coperta quell'occhio tondo

su uno straccio raccolto guardarmi dentro nell’anello di fumo d'un umido avana acceso l'affiorare indeciso d'un lieve senso di colpa d'annegare in gola nel whisky il ghiaccio e la cocacola 2013 / 720 * 206

DENSO DOLORE ANIMALE Mandrie scorrere come un fiume di carne in piena vivide masse di sangue gonfie ad occhi spenti lungo i pendii l’ansare cupo di vane stagioni un dilagare di corna di groppe e zampe

Respiro l’odore il sentore di morte la bava che pende da bocche assetate ruvida striscia di vita lungo il sentiero alle spalle Ho nell’animo un grido insepolto da secoli di buio abbandono urlo umano d’ansia e di orrore ma il destino è marcato sulla pelle del muso fra le chiazze del dorso nel colore d’un denso dolore animale 2017 / 784 * ---

Vittorio fioravanti risiede a Caracas, nel Venezuela, da oltre cinquant’anni. Scrive fin da ragazzo, e ha pubblicato da sempre i suoi versi su riviste letterarie e nelle pagine di antologie poetiche italiane e straniere, ricevendo innumerevoli premi e menzioni durante l’intera sua lunga vita. Nel 2004 la sua composizione poetica “Non c’era una volta” ha meritato il primo premio assoluto al Concorso Mondiale “Italia Mia”, riservato agli scrittori italiani residenti all’Estero. Come esponente di riguardo della nostra collettività nel 2013 la Federazione delle Associazioni Italo-Venezuelane ha organizzato in suo onore il tradizionale Festival della Cultura. Due anni fa queste sue cinque liriche - “Razza mediterranea”, “Andarsene via”, “Me n’andrò”, “Un uomo solo” e “Silvia” - sono state pubblicate a Nuova York nell’imponente Antologia Italo-Americana “POETS OF THE ITALIAN DIASPORA”.


Raffaela Mortelli

Ricordo Trixy Resta brava occhi bassi, fissi. Piangenti i miei la tenerezza ritrovata nei tuoi. Scappavi sotto la piazza il contadino ti legava sordo ai guaiti. Resta, brava a casa dilaniavi cuscini materasso scarpe. Impaurita ti accovacciavi al margine del mio vedere. Serva fedeltĂ la tua, mietevi la mia rozza solitudine

Raffaela Mortelli, nata a Genova il 24/11/1972. Diploma di maturitĂ assistente comunitĂ infantile, diploma infermieristica, master oncologia.


Ennio onnis La domenica i maiali non vanno a messa ( dal Sole 24 ore ) “ Per eccesso di capi in offerta i Futurs sulla carne di maiale sono ai minimi dal 2009 ”. Così siamo stati avvertiti su: il sole 24 ore, alla pagina “ Mercati e Investimenti.” Pertanto, al momento i maiali van considerati il più rischioso Investimento. Ma i veri beneficiari di tale abbondanza saremo noi, i Consumatori, con Prezzi al Banco vendita in ribasso. Pertanto, data l’enorme richiesta, si prospetta un extra lavoro nei nostri Macelli con turni forzati per “processare ”e trasformare i nostri suini in prosciutti, salami e cotechini; inoltre, in caso di necessità saranno consentiti turni lavorativi domenicali. In tale circostanza garantiamo che non ci saranno proteste sindacali; loro, i nostri cari e generosi maiali sono sempre pronti e disponibili per noi. Loro la domenica non vanno a Messa. Ennio onnis, nato a Torino nel 1941, di origine sarda, da

sempre affianca alla sua attività di pittore attivo in ambito nazionale quella più discreta, e pericolosa, di autore di poesie. Al suo attivo tre libri di poesie: “ Mercati di Sterminio “- 2013; Mulino Nero “ – 2014; “ Dogma” – 2016.


grazia tatta


grazia tatta, nata a Bisceglie (Ba) il 28.6.1955, sono in possesso del diploma di maturitĂ magistrale; vivo e lavoro a Torino. Nel 2014 e nel 2015 ho frequentato il laboratorio di scrittura creativa del Centro Donna della 6^ Circoscrizione e quello organizzato dalla Biblioteca Civica Centrale “Caro amico ti scrivoâ€?. Mi piace leggere. Scrivo e faccio fotografie a livello amatoriale. Ho partecipato a concorsi letterari e fotografici, ottenendo vari riconoscimenti.


Ivana menichini PRATICHIAMO ATTI DI BELLEZZA PRIVI DI SENSO … Jannis uscendo dalla stanza buia e fresca che dà sul porticciolo, vide un gabbiano volare basso disegnare veloci ombre sinuose dietro le lenzuola assolate appese alle canne. Senza pensarci tracciò nell'aria un gesto elegante con le dita, ne avvertì il riflesso nell'aria mossa. Nessuno lo vide, ma di lì a poco un bambino segnò la stessa figura sulla sabbia prima che un onda la portasse con sé. Si seppe qualche giorno dopo che nell'isola vicina comparvero incomprensibilmente sui muri che circondano le carceri dei graffiti colorati senza apparente significato, ma che facevano pensare ai voli di fenicotteri visti dall'alto. Qualcuno raccolse le piume rosa per confezionare orecchini per la donna amata che li indossò felice il giorno della festa di S.Andronico così che tutti poterono giocare con i riflessi delle perline mentre lei ballava. Quando a mezzanotte spararono i fuochi d'artificio, a Kryton parve di riconoscere nella traccia rosa infuocata del salice piangente le linee del corpo di Irene. Corse a casa ed infilò tra i capelli della moglie un rametto di belladinotte poi scomparvero tra le lenzuola profumate di acqua di mare. Lei sognò di volare alta sopra il golfo, ma lo dimenticò. La vicina, la mattina dopo, annaffiando i gerani, si sorprese nel cantare una vecchia canzone italiana...nel blu dipinto di blu... che pensava di aver perso nei ricordi. Così per segnare l'avvenimento staccò una foglia di salvia e se la mise tra i seni. Il giorno dopo, a scuola, nella terza classe, un bambino scrisse nel tema: "..così ogni volta che mio padre parte per la pesca gli infilo nella tasca una foglia di salvia perché assomiglia alla pinna di un pesce o all'ala di un gabbiano." Il vecchio maestro Georghios si commosse e decise di ritirarsi a coltivare rose perché solo così sentiva di potere onorare la grazia del suo alunno. Qualche settimana dopo, Anastasio, figlio di Elena la pescivendola emigrato da anni a San Francisco, telefonò trafelato perché, passando sul ponte, aveva sentito chiaramente una colonia di gabbiani sistemata sui piloni cantare la canzone di Dandarandan che sua madre gli ninnava da piccolo per addormentarlo. Nel momento stesso in cui posò delicatamente la cornetta in preda allo struggimento, John e Joan, nell'appartamento accanto, concepirono il loro primo figlio. Nacque, tra la gioia dei parenti, con una splendida voglia rosa a forma di ali sul fianco sinistro. L'ostetrica, pittrice dilettante, durante il fine settimana come in preda ad un raptus, produsse un quadro di straordinaria intensità. Una specie di alba che poteva essere anche un tramonto o un lenzuolo svolazzante oppure un battito di mani o la gioia di un grillo mentre salta. Padre


Elmuth insistette per adoperarlo come colorato spartito da cui trarre nuove armonie per il coro del quartiere. Ne venne fuori un canto che piacque molto e fu richiesto e ripetuto per mesi nelle feste di compleanno, nei matrimoni, alla fine della messa. Quando Elisa tornò dal suo viaggio in Africa mostrò agli amici le fotografie delle danze del popolo dei Dongo. Parlava con entusiasmo dei ritmi e delle voci che aveva ascoltato e del fatto che le erano sembrate così cariche dell'energia dell'alba . Nelle foto, sul terreno asciutto ed ocra, si poteva riconoscere nelle tracce dei passi dei danzatori come la forma di un battito d'ali o una bocca aperta al sorriso. Ad Enrico lì per lì quelle immagini non fecero effetto, ma qualche mese più tardi, incomprensibilmente, smise di fare l'avvocato e si aggregò come attore comico in una tournè teatrale a sostegno degli orfanelli del Mali. Fu durante quell'esperienza che incontrò Acmath e se ne innamorò. Ebbero dieci figli dalle infinite sfumature di colore. Un giorno il più piccolo, volendo disegnare un uovo di emù, fece uno scarabocchio. Sorprendentemente ne nacque una farfalla che subito volò via proprio mentre il più vecchio del paese moriva beato ascoltando il suono del riso del proprio nipotino. Molti anni dopo al colonnello Jhoannes Von Nhein, volando a tremila metri di altezza sul golfo di Allonissos durante un’esercitazione militare, parve distinguere nella sua cabina di pilotaggio come il profumo di una rosa antica, si dimenticò delle sue mansioni, fece una serie di virate così da disegnare nel cielo un otto sdraiato o due occhi o due ali aperte e sparì, senza più ritornare, nel blu… Ivana menichini -Ivana Menichini-

Fotografo con occhi inversi così come canto con note improvvise o cucino abbinando i colori o scrivo lasciando che sia l'altro che mi abita a raccontare… insomma una personcina perbene!


Renato Fiorillo


Renato Fiorillo è nato a Carrara (MS) il 12/07/1958 e risiede a Chiavari, nel golfo del Tigullio in provincia di Genova. Proviene da una famiglia dove scorre la vena poetica: la sorella Annalisa, lo zio Salvatore si sono più volte cimentati nell'arte di comunicare sensazioni e immagini attraverso le parole scritte. Iniziò a scrivere da ragazzo, cercando di esprimere sulla carta i suoi pensieri. Per anni ha tenuto custoditi i suoi scritti, che affrontano spesso tematiche sociali di rilievo, rendendoli partecipe a pochi intimi. Usa termini semplici, ma molto incisivi, con forte potere descrittivo. Scrive di getto e l'ispirazione gli permette di farlo in breve tempo. Con il passare degli anni, le sue capacità di scrittore si sono affinate e la sua maturità di poeta si riscontra nelle ultime poesie.


Lidia guerrieri 1 L' UPUPA

il mondo se ora, rapida,

nella violata alcova della rosa,

ignara del pericolo,

e tra i fitti cespugli si ridesta

Becchettava per terra, alla pastura

finisse senza un gemito

dal suo riposo l'Ombra, e i panni scuri

di grassi vermi piccoli e mollicci

tal nullità purpurea.

sciorina, freschi, al lume della luna,

l'upupa madre, grigio-coronata,

allora, in gocce limpide di gioia,

e l'arte alla nidiata ( solo un figlio)

Però...com'è difficile

con puntigliosa cura

non credere un miracolo

s'ingegnava a trasmettere.

la perfezione unica

Si gonfia, l'inno, nel piccolo petto,

di zampe sì incorporee,

di gioia, incontenibile, canora

veloci ed invisibili!

che in mille nodi si discioglie al cielo,

Lui, ai miei occhi uguale per misura e per la stessa vestina rigata,

lo benedice e tutto l'innamora.

non imparava, e lei...toc ! Sulla testa

Divino punto rotola

proprio come se fosse un pelandrone!

sul foglio... e fugge via.

Spiarli era una festa e, di sottecchi, vederli avventurarsi alle poltrone

distilla l'usignolo chiare note.

La luna acconcia la canuta chioma, seduta sopra i rami dell'ulivo

USIGNOLO

dove noi restavamo fermi e zitti!

già mosso a tenerezza il casto cuore, ascolta; e piano si domanda come

Della calura muta, quando il vento

possibile fu mai la strana cosa

Ora passano a volo, non si fidano!

è un gabbiano senz'ali e sotto gli alberi,

che Dio scordasse fuor dal Paradiso

Questi son tempi tetri!

arrochiti dal fiato della terra,

sì illustre e raffinato trovatore.

C'è Kuki ora, chihuahua in pieno “incarico”, s'impantanano fiumi di silenzio, con la potenza del suo abbaio fiero,

passata è l'ora.

con le orecchie a parabola,

Ecco, invisibile,

il petto in fuori e tutta l'imponenza

chissà dove si desta l'usignolo,

Appena si scioglieva la calura

dei suoi venti centimetri.

mutevole gorgheggio che s'intrica

del giorno estivo e l'ora della sera,

fra i rami, si disbroglia

alzava l'orlo rosso della gonna

sfrangiando l'ombra e le sottili tele

scendendo per tappeti di frescura,

dell'aria immobile e più in alto sale,

veniva a visitare le sontuose

Precipitoso rotola

scintillando, agli austeri recinti

stanze delle mie rose

in corsa sul mio foglio

delle vuote pianure senza nuvole

un ospite discreto

un punto infinitesimo,

e il suo fiore le colma

in rapido vibrare silenzioso,

sottile come polvere

di tenera pietà ed ingentilisce

in ali di traslucido pallore;

di rame o bronzea cenere,

la crudezza del cielo.

immobile restava, lì, sospeso

PUNTO DIVINO

creatura indecifrabile.

LA FARFALLA COLIBRI'

e si mesceva coppe deliziose, IL TROVATORE

di nettare pregiato.

distruggerlo in un attimo!

Nell'ora che s'imbruna sopra l'orto

Tremulo s'addolciva della Sera

Non sa ch'è scelta mia

e chiude l'ipomea l'azzurra porta

lo sguardo viola mentre rispecchiava

che viva, né sospetta

sognando il sole nella notte scura,

l'immagine minuscola impegnata

qual dio potente io sia!

quand'ebbra di rugiada s'addormenta

a saccheggiare brocche sì odorose.

Un niente mi sarebbe

nell'arnia, l'ape laboriosa, e posa E affatto cambierebbe

il verme vellutato, in fondo sonno,

E quando sulle tiepide corolle


sognavano nei luoghi più segreti,

d'avere a tetto un ciel di rondinelle

IL RAMARRO

l'aurora ben più timide farfalle,

e quando sotto l'ala pieghi il capo

io l'aspettavo, non vedevo l'ora

cedendo il posto al gufo ed alle stelle,

Ecco, mi coglie l'occhio il movimento

di contemplare l'azzurra livrea

nient'altro chiedi tu, nient'altro sai:

fulmineo del ramarro in mezzo al prato;

e il lungo rostro flessile ed ardito,

cos'è la morte né se c'è il domani

rasata è l 'erba, fosse stato lento,

finchè calava l'ombra e, in alto, il gufo,

o se quest'oggi è tutto quel che avrai.

verde fra verde, non l'avrei notato!

IL FALCO

Guarda! S'immobilizza e resta attento

s'alzava in volo a spolverar le stelle. Il PASSERO

scrutando attorno, col capino alzato: Stride sull'erta cima della roccia

qualcosa che non vedo, sottovento

Chissà dov'è il tuo trono,

il falco pellegrino, e si disperde

gli giunge, e per istinto l'ha captato!

o spirito di gioia

l'eco nella vallata, dove goccia

che di ciarliere note riempi l'aria

l' ultima neve e s'apre il primo verde.

in ombra di boschive chiome o in mezzo

Se non l'avessi proprio qui davanti non avrei colto il dramma silenzioso

ai vispi pigolii d'una tettoia

E come al cerchio estremo l'aria imbruna, del falchetto piombato giù in picchiata;

e fino allo sfiorire della sera,

scioglie nel vuoto l'ala remigante

in garrula brigata, vai cianciando

e il volo ardesia sfiora della luna

l' afferra, s'alza...e non ci sono santi;

dei fatti dolci della Primavera!

la sfera in opalina ombra raggiante.

dentro il ricurvo artiglio sanguinoso senza un grido una vita se n'è andata

Lieto di quel che sei,

Verso il costone, dove l'occhio acuto

contento solamente del presente,

stana la preda, sfreccia, e giù, in picchiata, come ogni cosa nata

hai scordato l'Inverno, non ti chiedi

l'attacca nel silenzio più assoluto;

sotto le stelle, che, pur grande e forte,

se torneranno i tempi delle nevi,

la sbilancia di fianco e di stoccata,

s' invola in un istante con la Morte.

di alcun futuro, non ti assilla alcuna

d' artiglio la sospinge dove è brulla

LA LUCERTOLA

memoria di pericolo o accidente

la terra: un alto grido e poi... più nulla.

non ti tormenta l'opaca incertezza

ed il tuo trillo sola t'è certezza. Nè confronti il tuo verso e la sua trina

Ha terminato la sua breve Estate LUCCIOLE

e un balocco sventrato è la lucertola

( madrigale AbBcDDcEEgHH)

abbandonata al sole

da pochi soldi al pizzo raffinato

nel biancheggiare del ventre traslucido;

dell' usignolo, né d'invidia rode

Malizioso s'accende il lampioncino,

e già dimentichi di tanta gloria,

il canto dell'allodola regina

e palpita fra il grano,

ora dormono placidi i miei cani

che al sorgere del sole in alto s'ode,

quando cerca, la lucciola, il lontano

allo squittio delle foglie del noce,

né questi o quella, intanto,

compagno, e a sè l'invita

scoperti i denti quasi ancora a mordere.

delle proprie virtù mai si fa vanto.

poiché l' Estate e l'umido tepore

Ma solo di una goccia di rugiada

versa il suo vino scuro nel suo cuore.

Immobili, le zampe a tratti scosse

ognuno è grato, e dell'avere accanto

Così è la nostra vita:

da un fremito di corsa, ecco già sognano

la sua compagna e un nido pigolante

s'accende nell'amore l'età lieta

stragi d'ingenua crudeltà innocente,

cui far ritorno quando il sole immerge

ed è l'amore sprone e gioia e meta.

assaporando il sangue delle origini;

le vesti dentro l'acque d'occidente.

Saggezza dice: ” è vano!”

e rotolano, i sogni,

Ma ascolta Giovinezza altro richiamo,

sopra il perplesso stupore dell'erba.

Trabocca la ricchezza

ebbra d'un canto solo :” T'amo T'amo!”


Lidia guerrieri Ho poco da dire perché la mia vita è stata semplice e si è svolta fra scuola e casa Sono nata a Piombino ( Li) il 10, XII.'46 , unica figlia di famiglia povera. Ho studiato grazie ad un amico del mio babbo che mi passava i libri della figlia che era più grande di me ed ho frequentato il Liceo Classico “G. Carducci” di Piombino e, dopo, l'Università grazie ad una borsa di studio piuttosto consistente che vinsi per un tema sulla morale nel Manzoni e che mi vide prima in tutta la provincia. Mi sono laureata in Lettere all'Università di Pisa il 21 Marzo del 1972 con una tesi sperimentale sulle miniere del massetano che sapeva più di Geologia che di Lettere, ed ho insegnato Lettere in scuole di vario ordine e grado fino al 2004, quando sono andata in pensione. Scrivo poesie da circa tre anni ed ho cominciato da zero. Mi ha “trovata” in un gruppo su fb il poeta Mimmo Martinucci che mi ha contattata e mi ha presa per mano insegnandomi praticamente tutto perchè io non sapevo nemmeno riconoscere un accento. Ho poi approfondito altri aspetti della metrica da sola e discutendone con altri appassionati più esperti di me. Amo la metrica perché, a mio avviso, se ben usata dà armonia al verso, ma non le forme metriche chiuse; preferisco l'alternanza di endecasillabi e settenari. I temi che amo trattare sono gli affetti familiari, i ricordi e il rimpianto, il quartiere in cui sono nata, il passare del tempo, la natura, cose comuni a tutti. Non sono un'appassionata dei concorsi di poesia, partecipo raramente e di solito se me lo chiede un amico. Non m'illudo di essere un poeta e scrivo solo per avere un impegno nella vita di tutti i giorni ed amici su fb con cui parlare di questo comune interesse.


Gianfranco isetta IL BOSCO DI FRAGOLE E UN LOMBRICO Nel bosco di fragole si aprì un varco tra il fogliame e una lumaca canterina scivolò via, pian piano verso un campo di miniature d'oro. La scorsero giovani elefanti bianchi che subito vollero partecipare al suo canto. Sette piccole nuvole chiare, scese dalla montagna sin lungo il pianoro e disposte ad arco, si unirono anch'esse all'insolito e variegato coro. Pareva un sibilo, quasi un respiro senza spezzare l'aria coi suoi legami. L'umore fresco della terra, al suo risveglio, rispose a quel richiamo e così pure il letto del torrente che ne accolse devotamente il suono per condurlo sino alla valle. Col suo silenzio, asciutto, per non disturbare. Poi la lumaca, stanca di viaggiare, si fermò un poco per sostare e rimirare intorno a sé le cose di quel mondo. Ma un sottile filo di noia scosse le ragnatele della sosta, sporgendo dagli anelli di un lombrico che muoveva dalla terra, scavando dove i respiri chiedono silenzio. Solo un istante poi, con lesto movimento orizzontale, e a rotazione oraria, si svitò il guscio

offrendolo ad un elfo di passaggio per dipingerlo d'azzurro, come incontrava il cielo tra il fitto delle chiome. Con lenta maestria scivolò via verso il bosco di fragole, con la sua piccola storia di passaggio, lasciando solo l'alito della sua curva scia. Gianfranco isetta è nato a Castelnuovo Scrivia (AL) nel 1949. Ha conseguito il diploma di laurea in Statistica presso l’Università Cattolica di Milano. Ora in pensione, Ha pubblicato: Sono versi sparsi (Joker, Novi Ligure 2004), Stat rosa (Puntoacapo, Novi Ligure 2008), è uscito nel 2011, sempre con la “Puntoacapo” di Novi Ligure, un terzo volume "INDIZI...forse" una raccolta antologica delle poesie pubblicate più una cinquantina di inediti, nel 2014 PASSAGGI CURVIPoesie non euclidee (Puntoacapo-Pasturana ) Ancora nel 2014 una plaquette: FOTOPOESIE n.1, sempre a cura di Puntoacapo, Ancora con “Puntacapo” nel 2017 GIGLI A COLAZIONE. E' del 2015 la realizzazione di una plaquette del pittore Adalberto Borioli contenente alcuni suoi testi poetici di Isetta Questa pubblicazione fa parte di una serie da collezione che vede presenti tra gli altri Fabio Pusterla, Giampiero Neri, Franco Loi e Gabriela Fantato. Ha aderito con una sua poesia al progetto “ L’IMPOETICO MAFIOSO”. Un altro suo testo : GAZA è inserito nella raccolta KEFFIYEH -Intelligenze per la Pace. Entrambe le raccolte a cura di Gianmario LUCINI. E' presente nell'antologia BIG SPLASH NETWORK POETICO che raccoglie opere presenti a Palazzo Reale di Napoli a cura dell'editore FERMENTI di Roma. Ha vinto il Premio nazionale di poesia “ Andrea il Pisano” di Pontedera per una silloge di poesie ed è stato finalista al Premio Nazionale Laurentum a Roma per il libro Stat rosa e menzione speciale della giuria per la poesia “Come uno scialle”. Stat rosa ha vinto (ex-aequo) la XXIV edizione del Premio internazionale di poesia e letteratura dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli. Ha vinto nel 2013 la III Edizione del Concorso Nazionale Letterario Oubliette 03 con il libro di poesia INDIZI … forse. Ha vinto recentemente la IX edizione del Premio Internazionale di poesia città di Acqui Terme con il libro PASSAGGI CURVI poesia non euclidee E' membro della Giuria del XIV CONCORSO NAZIONALE DI POESIA E NARRATIVA "GUIDO GOZZANO" – 2013 – 2014-2015- 2016-2017


Teresa maggiore

CURIOSITA’ – 2017 – acrilico su tela – cm. 70x50 “Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso” (Albert Einstein)


PICCOLA PERFEZIONE – 2017 – acrilico su tela – cm. 40x30 “Anche il più piccolo dei felini, il gatto, è un capolavoro” (Leonardo da Vinci)


ENIGMA – 2017 – acrilico su tela - cm. 60x60 “Ora penso invece che il mondo sia un enigma benigno, che la nostra follia rende terribile perché pretende di interpretarlo secondo la propria verità” (Umberto Eco)

Teresa maggiore Nel 1966 si diploma presso il Liceo Artistico “Nicolò Barabino” di Genova dove studia con i maestri Aldo Bosco, Libero Verzetti, Lorenzo Garaventa e Stefano D'Amico. Dopo il diploma si trasferisce a Milano dove inizia a dipingere frequentando l'ambiente artistico milanese e partecipando anche a mostre collettive in Lombardia. Nel 1968 conosce Giuseppe Motti, dal quale apprende lezioni di vita e di pittura, e nel 1973 conosce e si avvicina a Bruno Munari e al suo metodo progettuale. Dal 1967 al 1969 frequenta la Facoltà di Architettura di Milano e dal 1968 al 1974 insegna Educazione Artistica e Disegno, presso istituti medi e superiori, pubblici e privati, della provincia di Milano. Nel 1975, si abilita all'insegnamento dell'Educazione Artistica. Rientrata a Genova nel 1975, sospende l'attività artistica e, dopo una significativa esperienza manageriale in Multinazionali di servizi, dal 1986 intraprende un'attività imprenditoriale nell’area della Formazione e dello sviluppo delle Risorse Umane, attività che termina alla fine del 2013. Nel 2011 si iscrive alla Facoltà di Architettura dell'Uni.Te. di Genova e, dopo anni di inattività nel campo artistico, ritorna con passione a dipingere. Nel 2014/2015 frequenta il corso libero di pittura dell'Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e dal 2015 è socia del Centro d'Arte La Spiga.


Enrica gugliotta Nenè Nené la notte si prende Cura di te ..... Nené Nené Vicino ai tuoi piedi Si addormenta .... E la notte ti scalda ! E mai ti abbandona ... Nené cerca le coccole E sul tuo cuore dorme Come un bambino Appena nato Nené Nené Si prende cura di te !

Enrica gugliotta nata a Genova il 7 Maggio 1977. A 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Nel 2002 sono entrata in semi-finale al Festival internazionale di poesia La città dei poeti. Nel 2002 hanno pubblicato la poesia la città nell'antologia del festival la città dei poeti. Nel 2007 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie dal titolo: Diario dei pensieri notturni. A seguire: Il risveglio, La rinascita, Gocce di poesia, Emozioni, Sogni ad occhi aperti, Scatti e versi, Poemys, La mia seconda vita. In preparazione: 40 anni in versi. Biografie : Breve vita romanzata di Eugenio Montale, Breve vita romanzata di Alda Merini, Le poetesse liguri. 15 antologie poetiche, Ebook vari, eventi poetici, un calendario un cd musicale, video su YouTube. https://www.facebook.com/search/str/enrica+enry+gugliotta/keywords_top


Angela donna Crimine “Milioni di vite gaie e dolci chiedevano ogni attimo di essere risparmiate e la risposta era quasi sempre un rifiuto” Anna Maria Ortese, Le piccole persone, 2016 Proporremo alle legislazioni illuminate di punire penalmente, a scopo esemplarmente rieducativo, i torturatori e mutilatori di insetti sia di minore che di maggiore età. Non esistono insetti nocivi. Guido Ceronetti, Insetti senza frontiere, 2009

“Facciamo dire messa al prete!” Così il giovane si fa avanti in mezzo ai campi e si trascina dietro una banda di ragazzi. Lui è il più grande tra loro. Il capo. Dunque ciò che fa è venerabile. Giusto. Coraggioso. E’ un primo pomeriggio d’estate. Un’estate in montagna come ce ne sono tante. Gli spazi aperti nel pendio favoriscono una camminata veloce. Eppure il passo deve essere nello stesso tempo guardingo. Non bisogna fare troppo rumore né smuovere gli steli dei radi arbusti e alberelli affocati dalla calura….altrimenti… Il prete viene sorpreso e immobilizzato senza difficoltà. Forse il sole a picco del dopo pranzo lo ha intorpidito. Forse non si aspettava un attacco e per di più così determinato e sapiente. Forse semplicemente nel suo mondo mite non esisteva nemmeno quella possibilità. Forse. Tra le dita del giovane un piccolo corpo affusolato blu metallico cerchiato di anelli gialli. Batte e pulsa come un cuore aperto. In lontananza lo zillare ossessivo delle cavallette. Noi d’attorno. Ora vorrei non esserci stata. Vorrei poter tornare indietro e cancellare la mia complice tortura. La mia partecipazione a un delitto. Invece ero lì. Con e come tutti gli altri irresponsabile del crimine contro natura che stavamo per compiere. Un filo di paglia secca staccato lì attorno dai lunghi fili d’erba ingiallita dalla calura d’agosto. Un gesto abile rapido e senza esitazioni del giovane. La pagliuzza penetra a fondo nel ventre del prete che impalato comincia a danzare. Sbatte le sue ali scure punteggiate di bianco con ritmo veloce. Spasima di sofferenza. Agita le nere antenne e noi ridiamo: “Ecco che il prete dice messa!”1. Messa sacrificio del sangue e del corpo di Cristo. Messa sacrificio del corpo e del sangue di tutto il Creato che urla di dolore. Ma noi non possiamo sentire. Lo stridere delle cavallette è lì a occultare il grido. Grido d’innocenza profanata Angela donna poetessa scrittrice da una vita (ormai). Attenta agli umani, confesso di essere stata inconsapevole del rapporto profondo con Madre Natura fintanto che, una dozzina d’anni fa, l’incontro con i miei 4 splendidi gatti, mi ha aperto l’occhio del cuore. Dal libretto per me fondamentale “Pietà verso gli animali” del filosofo Piero Martinetti (mio conterraneo di Spineto presso Castellamonte nel Canavese) edizioni il Melangolo, Genova 1999, giù giù fino a “Gabbie vuote la sfida dei diritti animali” di Tom Regan il filosofo americano paladino e portavoce mondiale della difesa degli animali (Sonda, Casale Monferrato 2005) ho scoperto un mondo. Gli animali sono come noi “soggetti di una vita, cioè consapevoli del mondo e di quanto accade loro …” perciò tratta gli animali con lo stesso rispetto con cui vorresti essere trattato tu, IN FONDO NIENTE DI PIU’ SEMPLICE! Sul tema, in questa Collana, vedi anche il mio contributo nel Quadernetto poetico n. 2

1 Amata phegea. La fegea (Amata - ironia della sorte!- phegea ) secondo la classificazione di Linneo del 1758 è un lepidottereo appartenente alla famiglia Erebidae diffusa in Eurasia. Familiarmente, per la sua livrea e le sue antenne nere, che la fanno simile alla veste sacerdotale, è chiamata in alcune regioni “il prete”. Fu spesso obiettivo degli scherzi sadici dei bambini della mia generazione. Me compresa


Lorella finocchiaro La bambina dei topi. Sull’appennino Tosco-Emiliano, in un borgo di poche case, c’era la casa di mia nonna Orlandina. Tre stanze, una sopra all’altra, con finestre piccole, soffitti e pavimento di assi di legno. L’odore meraviglioso di resina e vecchi mobili, procurava un senso di conforto e buonumore che accompagnava le nostre estati bolognesi. A mezzogiorno in punto, da ogni porta e viuzza uscivano uomini, donne e bambini che si avviavano, come in processione, alla fonte ai bordi dell’abetaia, poco distante dall’abitato del paese. I contenitori per l’acqua erano di ogni tipo e dimensione, io, avendo solo sei anni, avevo un piccolo fiaschetto impagliato, decorato con sottili fili di rafia rossi, lo avevamo comprato dall’uomo che con il suo furgone carico di cose per la casa, nei mesi estivi,faceva la spola da un paese all’altro,era il fiaschetto più bello che avessi mai visto. A mezzogiorno e trenta eravamo tutti a tavola attorno al massiccio tavolo rotondo, ricordo perfettamente il giorno in cui il topino si affacciò incerto dalla tendina sotto al lavandino di graniglia. Era piccolo piccolo, naso rosa, occhietti acuti a punta di spillo e lunghissimi baffi in continuo movimento. Per un attimo restammo tutti in silenzio, si arrestò anche il rumore delle stoviglie. Sccc, disse la nonna, altrimenti si spaventa, prese un pezzo di pane e lo mise vicino ai suoi piedi, il toporazzo, con la velocità del lampo, lo afferrò e scappò da dove era arrivato. Il giorno dopo e quelli a seguire, il sorcetto ci venne a far visita puntuale alla stessa ora. Avendo piantato una grana perché volevo essere io a dargli da mangiare, fui nominata ufficialmente nutrice del topo. Lo aspettavo così tanto, che da quando mettevo il primo boccone sotto ai denti, iniziavo a guardare la tendina sotto al lavatoio, quando vedevo spuntare il suo naso, mi veniva sulle labbra, un sorriso di beata felicità. Sono grata ai miei nonni e genitori per averlo accolto con la naturalezza con cui si sfama un grazioso uccellino. La mia storia con i topi era destinata a continuare. Alcuni anni dopo, giocando per strada,avevo notato, in un avvallamento ai piedi di un muro da cui gocciolava costantemente acqua, una pallina di pelo grigio, grande come un acino d’uva, era il topo due della mia vita. Lo avevo preso, delicatamente fasciato in un fazzolettino di stoffa che avevo in tasca e portato a casa. Come previsto, mia madre non aveva fatto una piega. Lo avevo messo un una scatola cilindrica trasparente, una di quelle da cioccolatini, sopra un letto di erba e carta di giornale, lo nutrivo con briciole di pane, pezzetti di verdura e frutta. Un giorno gli appoggiai vicino un bel acino d’ uva dorato, notai che era più grande di lui ma lui non si perse d’animo, cominciò a girarlo con le zampine mentre con i denti lo rosicchiava tutto intorno. Dopo pochi giorni il suo peso era praticamente raddoppiato, il pelo scurito aveva perso l’aspetto lanuginoso, probabilmente da li a poco sarebbe diventato un possente topo di fogna. Dopo aver lasciato per lui un po’ di scorta di cibo, lo liberai nel luogo dove lo avevo trovato e lui lesto si infilò in un buco del muro. Non si voltò, in un attimo vidi scomparire la punta della sua coda. I miei topi non avevano nome, erano semplicemente da noi chiamati “il topino”.

Lorella

finocchiaro

nasce a Genova nel 1960. Le origini siculobolognesi ed i ricordi dell'infanzia ispirano i suoi scritti prevalentemente ambientati in Sicilia e sull'Appennino Tosco Emiliano. Vive a Genova dove lavora come insegnante di scuola materna.


Marco maggi Il mio gatto la sera Perché non faccia danni il mio gatto la sera va chiuso in una stanzetta areata-illuminata da una grande finestra. Se tenta la fuga gli offro una scatoletta con qualche prelibatezza la trappola ideale per una lingua gattesca. Quando chiudo la porta davanti alla ciotola piena desolato m’osserva già schiavo in coscienza della propria ingordigia. Così capita ogni sera che la colpa m’afferra e avverto tutto l’abominio di chi vuole imporre ad altri il proprio dominio. Marco maggi. Nato a Tortona (1968), vive a Castelnuovo Scrivia (AL).

Ha partecipato a reading di poesia in varie città italiane, tra cui spiccano Genova, Milano, Roma e Matera e suoi testi sono stati pubblicati in numerose antologie e riviste sia cartacee che online, tra cui spiccano Bibbia d’asfalto, La rivista Euterpe, i quaderni di Èrato e Il Babau oltre che in collettanee di numerosi premi letterari. Nel 2014 ha pubblicato la sua prima silloge, “Punto di fuga”, per Collezione Letteraria della Puntoacapo editrice. L’uscita del suo nuovo libro, “Il quadrato delle radici”, è prevista per il mese di Marzo pubblicato da Edizioni Ensemble di Roma. Si è appena classificato al 3° posto nel prestigioso premio “Ossi di Seppia”.


Emilia Fragomeni Nel vortice del tempo (a Buck) La vita spesso scorre su binari imperfetti, logora affetti, blocca capriole del cuore, ruba stelle ai firmamenti, taglia fili all’amore. Stanotte, nel cuore della penombra del mistero, avvolge il gomitolo del tempo nelle sembianze occulte dell’eterno. Nel cielo cristallino di gennaio spegne residui di luce di un’esistenza, di un’innocenza pura e di un amore nel prepotente impulso dell’estrema comprensione. Io leggo il suo passaggio negli occhi sbigottiti, colpiti da una luce che l’assorbe. Vi è un’immensità che non so dire, forse quella di un essere che sorride ai ricordi dell’odore dell’erba. Poi... nell’oscurità tutto si perde. Restano solo emozioni frammentate, nodi d’amore, di dubbi e di dolore. Resta un sapore amarognolo di sogni, ai bordi della mente, e il sospiro di un bacio che si è arreso al vortice del tempo, alla quiete perfetta del silenzio.


Polvere dappertutto, ancora calda di memorie... Domani cercherò di rintracciare le orme dei suoi passi sulla soglia e i mucchietti di peli sui tappeti. Oggi vi è un’immensità di dolore, che scinde come fredda faglia l’anima, ma che mi avvolge di intensa tenerezza e amore. L’assenza del più fedele degli amici apre voragini incolmabili nei cuori.

Emilia Fragomeni, nata a Siderno Marina (RC), vive a Genova dal ’66, dove si è laureata e ha insegnato Lettere Classiche. Socia e membro del Direttivo del “Corimbo” di Genova; socia e Accademica di numerose Associazioni Culturali in Italia e all’estero, si occupa anche di critica letteraria e di giornalismo. E’ membro di importanti giurie dipremi letterari e promotrice di manifestazioni culturali. Collabora, anche mediante articoli e scritti, con le Comunità Libere e con le Associazioni Antimafia, con l’obiettivo di un riscatto dalla paura, dai soprusi e dalla violenza, seguendo lo slogan “Non limitiamoci a sperare, organizziamo la speranza!”.Scrive poesie e romanzi sin dall’adolescenza. Partecipa a concorsi nazionali ed internazionali, affermandosi spesso nelle prime posizioni. Ha vinto più di trecento concorsi, sia per la poesia che per la prosa. Ha vinto anche il I premio assoluto nel “Certamen” di poesie in latino e un I° Premio per il giornalismo. Ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui:“Il Trofeo Medusa Aurea” della Presidenza del Consiglio, il titolo di “Poeta d’Italia“, l’Oscar della cultura Italiana, l’Oscar della Cultura Europea, il titolo di “Cavaliere della Cultura”, il Premio per la Poesia per la pace “G. La Pira 2006, 2010, 2011”, il Premio Mondiale “Nosside” 2012, ecc. E’ Ambasciatrice della poesia “Nosside” nel mondo. Le sue poesie, le sue opere di narrativa e le sue critiche letterarie compaiono in numerose antologie, riviste letterarie e culturali e siti Internet; la sua biografia, con note critiche sulla sua poetica, compare anche sull’Enciclopedia degli Autori Italiani e sul “Dizionario della Cultura Europea. Ha pubblicato vari libri di poesie, tra cui “Alba sul mare della vita”, I ed. “I fiori di campo”, II ed. “Ed.“Tigullio-Bacherontius"e “Il respiro del tempo”, casa ed. Montedit. “Lacci di vita”, ed. Vitale,"Il senso della vita", narrativa e poesie, edito da Carta e Penna, 2017. Altri libri, di poesia e di narrativa, stanno per essere pubblicati.


silvana canepa

Mino


Mabi col Calzini Vedere negli occhi dello specchio per essere quello che non s’è. Sognare fra nebbie di speranza quello che ci piacerebbe reale. Essere quello che non si vuole per rendere felici i grilli nei prati. Irrilevante è la nostra stagione d’asini grulli attaccati al carretto. Comprerò i calzini per strada perché amo l’avventura.. Ciò che unisce Solo il gatto riconosce sussurri e silenzi e le clave del giocoliere non arrivano mai al cielo. Si consuma la storia di ognuno nella faida dei giorni futuri fra rintocchi di campana e giochi ossidati da veleni compulsivi. Picnic Farfalle e libellule esploratrici attente di questa spiaggia deserta. Incontri casuali irriducibili ombre. Bagni rubati d’autunno fresca carezza del mare su tutto il mio corpo

momento incantato. Picnic solitario nel tiepido vento d’ottobre. Serenità. Le ali delle libellule

in un bicchiere di cristallo corriamo indaffarate verso l’infinito… Lucciole

Lampi di gioia Liberarsi del male di vivere sul prato nero della luna dei tormenti che liquefanno il cielo trascorrono silenziosi per ricami di nuvole nel silenzio della notte, e trine di vento. stelle di vita Tredicesimo tarocco energia, sesso, felicità la morte rinnova la vita, m’accompagnano la speranza e l’incostanza. nelle lunghe ore senza sonno Nella polvere e nel vento verso un’alba assai lontana… voglio essere libera Vedo passare la vita come le ali delle libellule e non so se fu la mia che a settembre o di qualcun’altra: colorano la spiaggia. una tragedia greca un testo strano Stelle un canovaccio d’improvvisazione dove ognuno si adopera Appese a un filo sottile a render l’esistenza le stelle di dicembre strampalata, scombinata, diventano gennaio sgangherata, disastrata… nel freddo cristallino In questo dormiveglia della notte smaltata ansioso, pensoso d’onice nero e ossidiana. speranzoso, dispettoso Dondola la luna combatto una battaglia persa sonnecchia e non si accorge fra sonno, adrenalina dello sbattere inconsulto caldo, freddo, buio, luce… di ali di farfalla e mentre io annaspo ai bordi dell’universo fra stelle e lucciole vuoto e muto. fuori da questa stanza Che vuoi che importi la vita corre frenetica di una piccola candela ansiosa, dispettosa accesa in mezzo al niente? gioiosa, speranzosa Allegre bollicine verso un alito di niente… Nata Milano nel 1947, Mabi col si è dedicata con passione all’organizzazione di eventi artistici. Si occupa anche attivamente di pittura, collage, poesia, saggistica, computerart, mailart e critica d’arte. Ha pubblicato due saggi di archeologia (Zeus C. e Penelope e le altre ), sei raccolte di poesie di cui alcune in numero limitato con copertine manuali (La Vispa Teresa, Polenta e caramelle di menta, Musica, Poesia per gioco, Chiaroscuri, Crespi di seta) e una serie di dialoghi poetici con altri autori (2 tazze, Rumori e silenzi al tavolino di un caffè, Due paia di occhiali, Piano pianissimo forte fortissimo, Luci sospese, I volti discreti della case, Giro in bici, Scombinamenti) e una serie di diari di viaggio a più mani. Ha pubblicato anche un libro di fiabe (La lingua del serpente). Altre notizie sono rintracciabili sul sito http://web.tiscali.it/mabicol


Sandra de felice


Sandra de felice è nata a Scafa (Pe).Vive e lavora a Pescara. La sua opera prima il libro di poesie d’amore “Frammenti di luna”è stato pubblicato nel 1998 dalla Casa Editrice "TRACCE" di Pescara. Con la suddetta Casa Editrice ha partecipato alla realizzazione dell'Antologia "La Scrittura delle Donne " nell'anno 2001.. La sua opera seconda il libro di poesie “Trasparenze” è stato pubblicato nel 2011 dalla Casa Editrice Aletti. Per la stessa è presente in diverse Pubblicazioni Antologiche con numerose poesie-La piu' prestigiosa L'ENCICLOPEDIA dei Poeti Italiani anno 2009 raccoglie tre Poesie di Sandra. Nel 2014 ha partecipato all’ Antologia “ Vortice” con un componimento di poesie intitolato Il Mare, gli amanti e il poeta”. Dal 2014 pubblica poesie su diverse antologie ebook curate dal poeta Matteo Cotugno. Per la “Casa Editrice “ Pagine” ha partecipato alla realizzazione della Collana Riflessi 2014 con una Raccolta di poesie dal titolo ” Bagliori Autunnali”. La sua Terza Opera di Poesie dal titolo "DIPINTI POETICI" è stato pubblicato a Marzo 2016 dalla Casa Editrice ERMES Servizi Editoriali Integrali S.R.L. I citati libri sono pubblicati anche online sul portale www.calameo.it ed altri. Nella poesia di Sandra De Felice spiccano la scorrevolezza e l’immediatezza del testo che permettono al lettore una notevole comprensione dei temi e dei contenuti trattati. Tuttavia la silloge testimonia una complessità di motivi e di sfumature espressive in cui carica sentimentale e tensione emotiva compongono un dettato di grande incisività. L’amore è il protagonista di questa poesia, visto nelle mille sfumature del sentimento e dell’espressione.


Nicola Salvini SOVRAPPOPOLAZIONE mangeremo gli insetti mosche e mantidi locuste cavallette vermi e larve le robuste tarantole gustose dal peculiare aroma di salsiccia l'industria alimentare farà sfoggio di confezioni belle e appetitose con suggestivi nomi del prodotto sicché ai palati dolci e decadenti non parrà d'ingurgitare formiche piuttosto proteine in abbondanza senza le note ideologie nemiche della mattanza e della flatulenza

si opporranno a tornare come prima inerti e inconsapevoli di sé e a quel punto l'industria alimentare senz'altra via d'uscita non potrà che ammannirci la nostra stessa vita

e quando gli insetti saranno anch'essi a rischio di estinzione toccherà all'anima sfamarci e ai sentimenti così intensi in miliardi di persone l'industria alimentare sarà in grado con la fratturazione emozionale di estrarre cibo dai cuori di pietra e acqua dalla crudità umana sicché ai palati dolci e decadenti piacerà questo viatico moderno in sottili metafore indulgendo se d'amore o di pancia gli appetiti e quando poi i profondi giacimenti dell'anima saranno esauriti e vuoti i granai dei sentimenti l'industria alimentare onnipotente sarà ancora capace con la chimica di elaborare un'anima sintetica uguale alla benzina dei tedeschi e sentimenti in più copie da imprimere nelle cose e nella materia immobile... contro la fame, dunque, ecco il patto universale: alla materia un'anima e a noi un corpo, sì, per quel che vale ma l'equilibrio durerà assai poco le cose non vorranno rinunciare all'anima novella per sfamarci ci prenderanno gusto a fare sogni ad amare i momenti dell'amore a commuoversi se qualcosa muore e si degrada e vien buttato in strada

Nicola Salvini è nato a Torino, dove lavora e risiede. Nella sua vita coltiva da sempre alcune passioni speciali: la lettura, la musica (suona la chitarra ed è autore di canzoni), la montagna e, soprattutto, la scrittura, l'amore per la parola e il verso. Nel 2011, dopo decenni di scrittura sotterranea, ha creato il blog Archiplano (www.archiplano.net), dove ha pubblicato molti suoi testi, ispirati a tematiche personali e sociali, spesso sorretti da una forte vena ironica e autoironica e da un approccio visionario e paradossale. Nell'aprile 2015 ha pubblicato con Matisklo Edizioni la raccolta “I poeti segreti”. Ha partecipato a svariati poetry slam. Membro del collettivo poetico Incontroverso, di Torino. Ideatore e realizzatore del “Poeta che gi-oca”, ovvero il vecchio gioco dell'oca rivisitato e pensato appositamente per dare spazio a letture poetiche.


Fabrizio casapietra A TUTTI I CANI DEL MONDO Cani che ti lodano con gli occhi, un po’ ironici, un po’ con labbra semiserie da piccola fuoriserie: cani che ti sbarazzano con garbo di una zavorra troppo conosciuta, di una pena mai perduta. sono giochi veloci, che saltano ore in secondi, con una linea sinuosa di rosato sorriso; e anche i cani non tuoi, diventano fratelli, lotte stemperate a rasoterra, carambole di ilari guerre: perché tutti i cani sono la tua terra, la tua umiltà perduta che trae profumo dalla polvere: tutti i poveri cani, grandi e piccoli, che inarcano la tua solita consolazione

Fabrizio casapietra, cantautore genovese, molto apprezzato da cantanti ormai noti a Genova come G. Zazza e Bobby Soul. e' stato recensito, con ottimo apprezzamento di pubblico e critica, da "La Repubblica", "Il secolo XIX°" e "Mente locale"; scrive canzoni e ballate pop melodiche, dolci, graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ha partecipato a prestigiose letture di poesia e concerti, fra cui "Faber e la città vecchia" (centro storico, per un tributo a F. De André).


Lila ria SATURO (IL PORCO)

LEI (LA TESS)

“Lo aveva ricucito Il Pera su quella pancia gommosa e ne aveva ricoperto la ferita con un cerotto di carta. E lo avevano fatto gridare tutta la sera tra i tavoli degli sposi e le facce annoiate del cameriere ingrigito. Che poi era lui che doveva entrare in acqua ma restò fuori, abbandonato in giardino mentre i fratelli dello sposo e poi lo sposo Giulio e poi gli amici dello sposo, si spogliarono dai loro abiti cerimoniosi per farsi quel primo e ultimo bagno all’una e trenta di notte. Tra la gioia dei vicini che, a volte accade, a quell’ora chiamano la polizia.”

"Si poggiò sulle mie gambe/ e poi, a poco a poco,/ si protese sul mio petto/ e giunse fino al collo, per baciarlo/ e farmi sorridere.

- - - -- - - Io. Ho. Paura. “Di svegliarmi e vedere sul soffitto i geki che fanno l’amore il mio corpo ricoperto di municedde il fetore stantio nelle lenzuola.

Da quella finestra laggiù si era sporta/ la folle corsa e il suo sguardo/ ora innocente su di me/ l'agitarsi della coda sul pavimento/ quel musino baffuto, incantevole." Dedicata a La Tess, un cagnolino bassotto ispirata a "La sentinella" racconto di Brown

- - - -- - - - Ieva / Il gatto “Guardava il paesaggio scorrerle accanto. Come frammenti della sua vita. Seduta in seconda classe ricordò gli scatoloni, i libri impilati per terra i capelli nel lavandino, la tazza sbeccata e il gatto. Il gatto! Si era scordata di dargli da mangiare e ora? Avrebbe miagolato fino a sera, per poi riaddormentarsi sul calorifero.”

E quella bolla d’acqua nel seno che piange la notte viaggia nella mia testa e mi ruba il mare e la sabbia.” Mi chiamo Lila ria (Ilaria Pamio), sono nata a Busto Arsizio (VA) nel 1980 e vivo a Cassano Magnago (VA). Dal 2010 lavoro per una compagnia aerea. Nel 2008 sono stata recensita dalla rivista internazionale Storie - All Write – Leconte Editore, numero 62-63. Nel 2007 il racconto “Luce” è stato pubblicato sulla rivista Prospektiva e nel 2010 il racconto “Nel nome del Padre” sulla rivista Youthless Fanzine#31. Nel 2010 alcune mie poesie sono state illustrate da dodici studenti del Biennio di Grafica dell’Accademia di Brera di Milano e hanno costituito un libro d’artista in esemplare unico. Vincitrice del Premio Logos Perrone Editore nel 2010, con la poesia “[Visioni da una fotografia#2]”, scritta con lo pseudonimo Viola Rossi. Finalista nel 2013 di “Subway Letteratura” poesia under 35, con la poesia “Mais”, mi sono classificata terza al contest letterario “Una stanza tutta per me” della Leconte Edit. (Roma) e sono stata segnalata tra gli autori del “Premio Rimini Parco Poesia 2015”.


Lidia Allocca Verrà la morte e avrà due fiori al posto degli occhi. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi tra le falangi scarne, incavate orbite piene di odori da gustare e feste di vermi nella giugulare. Infesteranno la safena le farfalle e quando su te stessa sarai piegata esploderanno gli organi di mosche. O cara vita, sei il silenzio e sei il nulla. Per tutti la morte ha uno sguardo. Verrà la morte e avrà due fiori al posto degli occhi. Sarà come immergersi in stagni di tramonti come far scivolare in gola la bellezza. Tutto ciò che abbiam distrutto non è perduto, nell'erebo giace posato e ci scenderemo per godercelo da soli: due fiori all'occhiello e un mazzo di ossa.


Lidia Allocca, 22 anni. Disegnatrice e scrittrice di racconti e poesie di genere prettamente surrealista. Iscritta a diversi gruppi di scrittura e sperimentazione, è alla continua ricerca della forma e della parola perfette. Tra i suoi interessi figura anche la fotografia, anche se a livelli prettamente amatoriali.


Carlo M. Marenco Gioco con te In pace ti stiri, pigro, svogliato T’annoi, ho deciso: gioco con te! Raccolgo la frusta scampanellante Diviene serpente iridato ch’agito innanzi al tuo occhio felino Reagisci inatteso, scostante Non corri ed azzanni, non mordi e fuggi, Fuggi soltanto, nascondi il capo, ben sotto il cuscino, Il corpo indifeso esposto al fato “Povero gatto! Crede non esista quel che non vede!” “Stupido gatto! Crede non esista, perché non lo vede!” Ripongo la frusta, perplesso, nascondo il capo qui sotto il cuscino Umano o gatto, stesso destino.

Carlo M. Marenco nasce a Genova nel 1957. È molto attivo nei primi anni 90, come coordinatore della rivista Il babau, per la quale pubblica poesia, narrativa, critica e saggistica. In quegli anni inizia ad offrire la voce ai versi propri ed altrui in alcuni spettacoli musical letterari. Dopo un lungo periodo di lontananza dal mondo letterario, si ripresenta negli ultimi anni con la versione web della rivista ilbabau.net e, come socio fondatore di GenovaVoci, organizza presentazioni letterarie e reading vari. A latere di questa attività, ne coltiva una come sceneggiatore ed attore non professionista.


Sara menichino




Mi chiamo Sara menichino (Sara Menichino), vivo ai margini del bosco poco sopra la città di Torino. Ho frequentato l’Istituto d’Arte nella sezione di restauro ed un anno di Accademia di Belle Arti che ho abbandonato prematuramente per lavorare. Inizi 2016 conosco una persona speciale che vive per ciò che ama più al mondo: la sua musica. Il suo cuore, la sua arte, la sua passione mi fanno ricordare che avevo anch’io, molti anni prima, una voglia di urlare al mondo lasciando segni sulla tela, una stretta allo stomaco, un universo solo mio... Torna il desiderio di esprimermi attraverso la mia pulsione artistica e così eccomi qui.


Enrico mario lazzarin N153. COSI' E': LA PIANURA dissolve sbadigli degli amori di lucertole gentili tornate a vegliare uova in luminosi angoli.

N37. COSĂŒ Ăˆ: La Ragazza che vende Fibra al centro commerciale fibra ottica veloce per comunicare piĂš in fretta ......mi guarda e mi dice "da ieri hanno messo i dinosauri" "mi fa piacere "le dico sorridendo poi arriva una signora forse Austriaca che si fa un selfy con la bestia di cartapesta Io penso a come comunicavano loro i bestioni estinti muovendo la coda digrignando i denti o magari vi era un dinosauro poeta?


Enrico mario lazzarin nasce a Torino il 22-9-1958. Si interessa di poesia da sempre. Dal 2016 presiede l’Associazione Culturale Due Fiumi. Poesie e brevi racconti di E M Lazzarin su: www.meteodiario.blogspot.com www.meteosettimo.blogspot.com


Valeria bianchi mian FRUTTI CHE FANNO MALE ALLA PANCIA Dei ricci di mare hanno scritto in tanti, definendoli eleganti come i ricci di terra e come quelli belli tra i tuoi capelli. Sono stati presi ad esempio, i ricci, per indicare

le

personalità

introverse,

una

certa

timidezza, e la capacità di tenere un segreto. Sotto uno scoglio abita la famiglia Ricci, sulla quale, invece, nessuno ha ancora scritto una sola parola. Se ne stanno nascosti lì – padre, madre e due figli – ad aspettare il piede del vecchio pescatore, del bagnante aitante, del ragazzino fetente che si diverte a catturare animaletti sul fondo del mare o tra le rocce. I

Ricci

drizzano

gli

aculei

tutti

insieme

contemporaneamente, colpendo il malcapitato. «Vai così, papà!» salta su Ricciolino, gridando contento. «Noi combatteremo fino alla fine, così come ha fatto il bisnonno Ricciolo prima di cadere nel piatto dei frutti di mare.» «Almeno la soddisfazione di fare male» afferma mamma Riccia ridendo e agitando le sue punte. Domani, i Ricci saranno catturati per essere cucinati e serviti al Ristorante del Porto e così termineranno le loro coraggiose vite nello stomaco e negli intestini del Signor Adalberto Francavilla e di sua moglie, l’Ada Morelli detta Dada. Ci vorrà una certa dose di citrosodina per finire il pasto funereo e per dire addio alla nera famigliola. Di notte, nel loro letto, Adalberto e la Dada si rigireranno, insonni. «Dada sto malissimo, libera il bagno!» griderà più volte il marito alla moglie. «Perché, secondo te, io mi sto divertendo?» ribatterà lei, piccata, seduta sul water. «Almeno la soddisfazione» canterà l’anima della Signora Ricci ritornando al mare. NOVE VITE La prima vita l’ho vissuta da gran guerriero cacciando topi giorno e notte nell’Eocene; della seconda ricordo pranzi succulenti e cene e le carezze di Cleopatra al dio che ero. La terza vita è stata invece un po’ più dura scarso il vitto, precario era l’alloggio – d’altronde una strega mi forniva appoggio almeno così m’han detto, ma è storia oscura. Della quarta mi ricordo ancora meno: manco il tempo d’aprire i verdi occhi di grattar via due pulci e tre pidocchi che ero già morto stecchito in un baleno.


La quinta è stata davvero molto bella nei saloni della corte servito e riverito il pittore che prendeva le misure con un dito per cogliere il mio sonno tra le braccia dell’ancella.80 La sesta vita l’ho trascorsa marinara come mascotte di un famosissimo pirata peccato il cibo, a volte solo una patata ma poi le feste per gli assalti alla tonnara. La settima vita non mi ha disturbato mentre la guerra imperava dappertutto. Dei giochi umani io mi godevo il frutto fino al giorno in cui una bomba mi ha beccato. L’ottava volta cominciavo a esser stanco guardando il fondo della ciotola pensavo ai tempi antichi dell’eroe che ricordavo al coraggioso che nei bar teneva banco. Ora sono qui con te, ed è la nona storia di fusa senza darmi poi da fare disteso al sole guardo dritto oltre il mare sperando che il tempo me la mandi buona.


IL CIRCO? SENZA ANIMALI (GRAZIE) L’equilibrista aveva un cavallo ma il cavallo era triste e andò fuori pista. Il domatore aveva un leone ma il leone era stanco di fare l’attore. Il pagliaccio aveva una scimmia ma la scimmia era morta dormendo all’addiaccio. La trapezista aveva una foca ma di foche dal filo

ne era caduta una lista. La ballerina aveva un cagnetto che sapeva ballare una bella manfrina. Col gatto e col topo sul capo ballava ieri, ballava oggi e il giorno dopo. Lo spettatore aveva un biglietto un biglietto di sangue fatica e sudore. Oggi il circo ha chiuso i battenti: è tornato all’inferno con bagagli e armamenti.

I brani sono tratti da “Favolesvelte”, Golem Edizioni, 2016

Valeria bianchi mian è psicoterapeuta e psicodrammatista di orientamento junghiano. Vive a Torino e conduce gruppi di vario genere: supervisione, formazione, terapeutici, laboratori espressivi. Pubblicazioni: “Poesie aeree”, Matisklo Ed., 2014; “Favolesvelte”, Golem Ed., 2016; “Utero in anima” (con Ceresa, S.G.; Putti, S.), Lithos Ed., 2016; in “Psicosociologia della genitorialità” (a cura di S. A. Martini), ha scritto con B. Lattanzi il cap. VI (“Figli delle cicogne); in uscita per settembre 2018 il romanzo noir “Non è colpa mia”, Golem Ed. È redattrice per la rivista www.niederngasse.it (rubrica “Fonderie Favolesvelte”) e per www.psiconline.it (rubrica “Contemporanea/Mente”) Illustra articoli e libri con i suoi sketches.


Giovanna olivari LA RAGANELLA CURIOSA Le raganelle saltano. Le raganelle salgono. Questa è giunta stamane scalando il barbacane. È salita sui muri per portarmi gli auguri. S’è bagnata di luna per portarmi fortuna. Ha bevuto i miei fiori e poi dentro da fuori è entrata. Stupita se ne sta sulle dita. Ecco, è pronta a danzare. Io l’aiuto a volare… IL RICCIO E LA TALPA TALPA: Ti conosco, amico Riccio! Tu hai perso ogni capriccio fin da quando, una mattina, messo hai il dito nella spina, nella presa di corrente, e la scossa immantinente è arrivata!! Era d'agosto. Amico mio, ti riconosco! Presto, presto! E la zampina ti ho staccato dalla spina! RICCIO: Tu la vita mi hai salvato e perciò ti sono grato! Da quel dì i miei capelli non son più ricci né belli, ma son lunghi, dritti, duri, appuntiti, e più sicuri hanno reso i miei momenti, più guardinghi i movimenti. Ora ho smesso di specchiarmi, pettinarmi, ed arricciarmi ciocca a ciocca i miei capelli con il phon per farli belli! Or non son più capriccioso,

egoista, vanitoso. Ho capito che BELLEZZA nulla val senza SAGGEZZA. E starò più attento, sai, a non mettermi nei guai! L'ODE ALLA LUMACA E sia lode alla lumaca muta, sembra, come un pesce, lenta, onesta, sempre in casa, anche quando se ne esce e per strada la scia lascia per non perdere la strada che la porti - ohimè che ambascia!dritta dritta fino a casa. E sia lode alla lumaca, che riflette, sente e … gode (?) ma qualunque cosa accada d'uno spillo non si muove. Senza anni, senza tempo, non s'arrabbia, non s'affretta la lumaca, e 'l suo andar lento certamente non la stressa. E sia lode alla lumaca, che in un mondo di ghepardi, elegante, chiara, snella, si rilassa e lancia sguardi, ed osserva, allunga gli occhi, tutto vede, tutto pensa, ed appena tu la tocchi si ritira, e … resti senza. Ma lei c'è! Se non la vedi, se la credi ormai finita, lei è lì. Sogna, ricorda, tira i fili di una vita. Ed appena poi si sente più sicura d'esser sola, len- ta- men- te si di- sten- de… Ch' esca anche la … parola?!!

LA MANTIDE RELIGIOSA La Religiosa Mantide un dì mi disse : “ Portami. L’esile zampa ruppimi; or se cammino zoppico e non mi rialzo più.” “ Sul vetro della macchina – le feci cenno – attaccati. Non corri alcun pericolo.” Sottili ed invisibili le zampe sue posò. “ Al mare – disse – recati. Lo sai, sono frangibile. Quel mare è taumaturgico, e so che son guaribile sol se mi bagnerò.” Io mi lasciai commuovere e, pur restando incredula, pensando allo spettacolo, al mare in pochi attimi, giunsi. Lei si tuffò. Questa è una brutta favola, v’avviso, amati pargoli. Il ciel si fece nuvolo. Poi pioggia, tuoni e fulmini, e l’onda s’ingrossò. La Religiosa Mantide, tutta tremore e brividi, fidando nel miracolo, dell’ali sue dimentica, lì stette. E lì annegò. Ma come nelle favole sempre c’è una morale. “Vai con le tue risorse quando ti butta male!” Ecco. Più non dirò


Giovanna olivari Giovanna Olivari è nata a Genova dove tuttora vive e lavora. Scrive poesie, haiku, racconti, favole, monologhi, che si trovano pubblicati in diverse raccolte antologiche, e-Book , tra cui “ I quaderni di Erato”, “Voci di poesia”,”Luoghi di parole”, “Il Federiciano 2015” “ Divergentemente 2015” “Estemporanea” 2016, “Genova canta il tuo canto” 2015 ed Zona, “Essenza di un’isola”2017, a cura di Acqua dell’Elba e Io Donna, “Genoese Hours. Le ore genovesi di Henry James”2017 a cura di Beth Vermeer, “Binari InVersi2016”e “Poetando 2017” a cura di Roberto Marzano, in riviste, tra cui “Illustrati”( settembre 2015, maggio 2016, marzo 2017) ed.Logos, ed inseriti in rappresentazioni teatrali. Ha collaborato col Circolo Letterario “Banchina”. Fa parte del gruppo di Poeti di Genova Voci e del Coro dei Poeti di Genova Voci. Ha partecipato e partecipa a numerosi eventi, spettacoli, reading, festival, mostre. Nel 2017 la mostra”Versi Sospesi: poesie di Giovanna Olivari su cieli di Mario Pellegrini”. Ha ricevuto diversi “attestati di merito”, “ menzioni” e “segnalazioni”. Nel 2015 ha pubblicato il libro-oggetto “INFERNO-INTERNO. Parole Immagini Emozioni” (trailer su Youtube): https://youtu.be/nFfQwhHU8Hg


Adele ferrari Filastrocca degli animali Passeggiando per il bosco amico mio non ti conosco Quando incontro un grosso rospo che volea saltar nel fosso Su di un fiore volta e gira si sofferma l’ape regina, Gira e volta un calabrone a volar ci prova ancora Cade poi va a tentoni s’è ubriacato di lamponi. Or si ode una cantilena sembra un fischio di balena Ma è solo una falena rimasta sveglia tutta la sera Echeggia da un dirupo l’ululo d’un lupo Ed or che è giunto il giorno il cervo affila il corno Sul tronco come raschietta si gratta la schiena l’orsetta Mugolando si allontana alla vista di una rana E come Carlo Magno anche lui voleva andar allo stagno Ma fu fermato da un grosso ragno. Alice che di norma fa la stiratrice Mostra un mucchio di rifiuti e una vecchia lavatrice, Ma ancor non è finita perché in tutta fretta Arriva Anita in bicicletta Pedalando senza fiato sentì un latrato Su quel prato con l’aratro Su un tubo di tufo un vecchio gufo Vola il falco e fa un calco là nel cielo come un palco Per quel sentiero va il forestale e ne va fiero . Poi bel bello arrivi all’acqua d’un ruscello Lì c’è la talpa Trude che fa la tana nella rupe Ha la zampa che le prude E se pur le rode fa passar la lepre allorché s’ode Un fragore un botto era un salto d’un leprotto A momenti me la faccio sotto Pure Tip il topino anche lui ne fa un pochino. Tremante con le zampe e il muso velocemente Scava un buco quando sente Un lupo che si avvicina Ma che vedo quasi quasi non ci credo Lascia il topo e se ne va Oh! va là segue i fiori di lillà Ma tu farfallina resta qua. Assonnata e frastornata giungo ad un cancello Mi rallegra il canto d’un uccello Non so se allodola o civetta Ma non c’è poi tutta sta fretta. Che sia usignolo o cardellino Non hanno il cartellino Forse è un fringuello? Si è proprio quello Intorno al naso zizzagara Una vespa un’ape e una zanzara. Zizzizi zizzizi state zitti finitela lì. Son noiosi questi insetti e un vecchietto poveretto Assediato dai mosconi si sta tirando dei schiaffoni Sta tranquillo che ti piglia c’è la triglia Nel cestello Per la signora del castello Volano le rondini nel cielo come frecce nere,

Sono virgole d’ inchiostro nel blu Si rincorrono, squittiscono da lassù. Distante tante stanze di fatto un portento Perché in un momento Mi balza il cuore in petto Quando vedo la rondine fare il nido sul tetto Mentre un gufetto color cappuccino Non passa più dal camino. Quindi scendo verso l’abbazia E arrivo a casa della zia La zia con Nando governando sta i porcelli Le do una mano con i miei fratelli Poi canta un gallo sul piedistallo Fa chicchiricchì ma non finisce lì Nella vesta trova appiglio Allungando il suo artiglio Fino a che sente un raglio. Zio si allena con l’ochetta E con la balestra A scoccar un dardo presto s’affretta. Nina offre della sua torta una fetta. Una colomba ferma sul filo Conta le anatre fino al Nilo. Fermo il cancello con un masso Si sta avvicinando un tasso. Ma un tasso lui non era. Era una volpe con tante colpe Molto affamata predatrice lei è nata Dagli ovini è attirata e Non è proprio una fata Oh che disdetta! Ma il nonno in tutta fretta Non gli occorre la scaletta Non si fa prendere per il naso Gli tira un grosso vaso. Lesta scappa in gran carriera Vien fermata da una corriera. Appoggiato ad un ramo torvo C’è un gracchiante corvo. Della strada non si cura Pensa solo di arrivare all’uva. Mucca, capra, pecora e asinello Ed in mezzo uno sgabello Lo sgabello è del pastore Che le munge in poche ore. In mezzo a questo parapiglia C’è chi brinda e chi il cavallo striglia. La piccola di casa Mariannina Ride rincorrendo una gallina La gallina va al pollaio Mariannina con le uova fa un bel guaio Poi ritorna trafelata ha già fatto la frittata. Beato chi trova la gallina Che ha fatto le uova stamattina Nonna Lina pulisce il pesce


In cucina Marina ci cresce Con lei il gatto Ma si oda lui da lì non schioda Indovinate senza fare bischerate Da lì non esce vuole un pezzo di quel pesce Se non basta arriva il gatto che fa per quattro Quatto quatto Come a chiedere un riscatto. Il gattino lui stravizia ozia e gioca Fa dispetti senza posa Corre e salta mai si stanca Corre e zompa e con la zampa Corri qua e salta là Qualche danno sempre fa. Nonno declama e canta la cicala L’ ascolta il bimbo e s’incanta sulla scala S’incanta e s’addormenta arriva una tormenta Che sradica una pianta di menta. Vi era un pipistrello appeso a testa in giù Come un ombrello teso e nulla più Sono paga di questi incontri Forse è meglio che l’ora conti Torno a casa felice e stanca Non faccio rumore per farla franca E mi siedo sulla panca. Conto uno due e tre e a casa vieni con me. Agli animali manca solo la parola Spesso le parole turbano ciò che è naturale e semplice Spesso le parole Deturpano, confondono la verità sepolta dall’orgoglio Spesso fanno soffrire anche chi le dice Spesso le parole seppelliscono l’amore Sotto macerie di fiumi di preoccupazioni Sovente con le parole si fanno danni Si dicono cose deleterie o spesso inutili Alcuni dicono il contrario di ciò che pensano A volte a parole, si maschera un sentimento Altre volte si esagera nel dire ciò Che il sentimento, solo lui, sa dire. Il gatto mi guarda silenzioso Ed è già quanto basta! A loro manca solo la parola. Asini siamo noi Dal chiarore delle stelle la ricerca Della mia provenienza e … Mentre il vento E la sua origine in altre terre Mi riporta il senso di libertà Che va e arriva ovunque Dal mare alle onde Fino alle cime innevate Il tempo scandisce l’ansia di vita Con la consapevolezza Della fine e dell’eternità Ed io tempesta e voce

non posso andare come vento Come suono, come luce Io sono irrimediabilmente Prigioniera sulla terra Libera in catene, aquila senza ali … Quante e quali domande al cielo E alle evasive stelle così distanti! Quando dalla diafana luce della luna Si scopre per magia di qualche velo Ci giunge un canto antico E l’ululo d’un lupo Il progetto a lei è noto Mentre il Tutto indugia celato nel suo volto nascosto Asini siamo noi! Non chi così chiamiamo C’è chi si beffa di noi. Filastrocca felice Dice la presentatrice all’oca Al Doge e al suo vice Ad un’operatrice con una calcolatrice Con una mano di vernice Ha assaltato una locomotrice Canta la filastrocca imbonitrice felice Acciaio vivaio pollaio Amaro come il fiele L’ape ha fatto il dolce miele Nei fiori l’ape va più di questo lei non sa Neanche il vate con le orate Sa che sono regalate al frate “Mens sana in corpore sano” Per il pane quotidiano le promesse non render vane dai il pane pure al cane Spocchia la chioccia boccia la doccia Dalla soglia nella paglia raglia Un asino che trova se non vola Lo puoi capir da sola Il lombrico Federico se lo sai non te lo dico Fa uno sbadiglio per puntiglio Sotto un tiglio un coniglio vermiglio Un colombo e un bombo Un maiale sta male se non si lava nel letame Un vitello poverello è rimasto orfanello L’autrice Berenice vede una pernice Il marito conserva le sue penne nelle camicie La pernice è un quadro con cornice Mentre Eurenice vede una farfalla sulla parete Beve acqua per la sete E un allodola si sbrodola Non sa della sorpresa che l’aspetta Neanche il tacchino le da retta La ruota è tutta storta Poggiata sulla porta Per consolarla le danno un pezzo di torta La torta è di ricotta ed è una gran botta Per il dolore ci vuole il dottore


La tartaruga è in fuga non vuole più una ruga Il pulcino del vicino pigolando vuole un canarino L’orsa con la borsa lo segue nella sua folle corsa Le gazzelle son gemelle Il serpente del parente fa finta di niente Parla col sergente Un ragnetto nell’armadietto E’ allontanato dalla scopetta in tutta fretta Da una racchia con la cornacchia spocchia Nella macchia fa la pacchia Una miscia biscia striscia liscia Il topino sfugge e si scompiscia Un cavallo con una striscia mescia Esce il pesce che gli accresce Un elegante elefante lampante campione esce Va al circo sotto un lampione segue il copione Del visone Saluta la presentatrice Bice, il Doge e il Vice Con questa filastrocca felice Fortunato è chi la dice Il suo graffio è la Griffe Miagola il gatto quello di campagna, libero Quando si risveglia con lui il predatore dimenticato L’istinto primordiale vince sempre Cerca qualcosa che palpiti caldo Per appagare ed esternare la sete primitiva Fa sfoggio delle sottili adunche unghie E manifesta la sua brama di affondare gli aguzzi denti Si compiace della riuscita della caccia E di soddisfare quell’eco felino mutevole Che si esprime nella luce fredda dei suoi occhi Che si accendono come il fuoco Ma pure di magnetismo luminescente Di notte- allorché termina il suo ozio E scatta elettrico, si arrampica Sfugge flessuoso e il suo graffio E’ la firma della sua natura di piccola tigre Di piccola belva trascurata nel tempo Per la tanta coabitazione con l’uomo Espressione solo sopita Come rifiutare la naturalezza delle cose? Come negarne l’evidenza? Quando questa salta fuori con lui E si palesa nel suo marchio Nel regalo di stamane che ferma, trattiene Con le zampe e che poi rilascia fiero e Riconoscente ai miei piedi Un uccellino morto! La gatta In questo accenno di giorno dal cielo truce Non degno d’esser vissuto Dove si perdono le idee che scendono con la pioggia Arriva la gatta attenta ad ogni rumore … Nume tutrice del mio angolo caldo Guarda fuori con le sue pupille mistiche Senza osservare, dignitosa, immersa nella sua mente

E’ una giornata uggiosa e nessun varco in cielo Avvertiamo l’arrivo d’un temporale Che non piega la sua calma e la fierezza L’indipendenza di colei che giudica e decide Mi ronza attorno elettrica Morbida carezza felpata che cela artigli Discreta mi si accuccia accanto. Si scrolla le zampette come per nettarle dal pavimento E dal resto del mondo. Mi guarda … misteriosa Come attendesse una risposta al punto interrogativo Del suo musetto e della sua coda Fino a quando pacifica inizia a lavarsi minuziosa Mi guarda ancora aristocratica Come se consentisse alle mie carezze Poi mi si distende accanto. Si accosta Si gonfia di pelo Fino ad occupare tutto il posto restante Socchiude i suoi incredibili vaghi occhi cangianti D’agata e smeraldi ricchi di luce Riduce la linea nera sottile delle sue pupille Due scintille fluorescenti che varcano la notte Ed io con lei mi distendo elastica Felina in soave quiete Assaporo il dono di concessione dignitosa Della sintonia che ci accomuna Nonostante la sua indiscreta Noncuranza al mondo Che non resta indifferente a lei Elegante, sicura regina Dello stesso casato da lei stabilito S’impadronisce del mio posto! Sovrana indiscussa di un regno Da cui non intende abdicare Pescecani e strategie Siamo l’esercito di un’armata che non c’è In un giorno d’estate prigioniero dell’afa C’è chi decide obiettivi predefiniti da raggiungere “A vantaggio del vertice!” Si sussurra Strategie complesse e diverse In questo tempo dove tutto passa, tutto cambia In un mondo di ladri dove è definita normalità Ciò che non ha niente di normale Noi siamo l’esercito massiccio dei risparmiatori L’effetto sorpresa è fondamentale Per vincere il blocco, le caste I nostri obiettivi sono alla luce del sole e non segreti Come evitare che altri osteggino la riuscita? Ogni potere detiene un dispositivo decisionale Chi ha lanciato il dado ha disposto la borsa e il bavaglio Nessuno lo ha imposto alla maggioranza Basterebbe un no, non mi adeguo, dissento, rinuncio! Il nostro esercito è ormai un’armata silenziosa … un gregge “Occorre essere cauti” rimarcò qualcuno. ”La Borsa è un mondo di pescecani! ” All’inizio dell’investimento ciascuno disponeva di capitali Pareva una strada favorevole in apparenza. Le quotazioni erano alte. Ora c’è una panchina al fresco in cambio di una identità


In questo tempo dove tutto va così veloce, cambia in peggio. Non lo faresti mai! L’attenzione deve essere alta o rischi di restare in mutande! Ma se fosse … Resterei a combattere … forse ne morirei Sei tu, amore cane Di una morte lenta Combatterei per la persona che eri! Se tu mi colpissi ai fianchi Con la mia fiducia con la mia lealtà Non me l’aspetterei, non da te! Per quanto …? E comunque non cercherei … motivazioni Ma resto immobile fra tanti perché Sei tu! con la tua fiducia, la tua lealtà! Con un collare come una lacerazione Davanti a me ci sei tu, due occhi immensi Ma solo dopo essere morti, si risorge E con la mia vita fra le tue mani Ci sono momenti che è solo leggere Se mi colpissi al cuore … Le sfumature dei nostri giorni E a te basta così poco per essere contento Se tu mi abbandonassi … Una presenza, ad esempio Lungo un tuo cammino? Per il tuo amore cane. No, non me lo aspetterei

Adele ferrari: sono una mamma e lavoratrice di Genova. Da quando ho ricordi, da quando presi una

penna in mano, la mia storia ad oggi sta nelle righe della mia poesia. Io non mi preoccupo di scrivere e ciò che scrivo che potrebbe preoccupare gli altri. Io sono un recipiente immerso nell’oscurità contenente matasse di fili colorati, aggrovigliati, che filano sotto la mia penna e si sbrogliano nella scrittura. Ho degli ideali ma non mi illudo. La scrittura è il mio manifesto con essa io mi racconto, dissipo nodi e dubbi e mi rivelo. La poesia è una forma di espressione molto personale ed essa mi svela più di ogni altra espressione.


Marcella saggese Lamento di un maiale al mattatoio

Pettirosso

Non avrei mai pensato di essere nato per poi essere mangiato molto velocemente ingrassa prosciutto cotto prosciutto crudo salame cotto salame crudo salamelle salsiccine e alla fine bistecchine pizzicagnoli alla porta non importa mi hanno detto che un senso c’è nutrire il pianeta morire per nutrire dietro le sbarre stretto solo in piedi posso stare in questo ghetto piango perché non ho futuro penicillina ciprofloxacina chissà se ho salvato la terra che ho inquinato non ho scampo il rullo avanza, inciampo nella stanza appesi a un gancio sanguinano i miei compagni giù la testa perdo le forze mi lascio trasportare il cerchio si sta per completare

Il pettirosso era davanti alla porta stordito aveva battuto contro il vetro si è lasciato prendere come addormentato le piumette rosse erano irte il petto gonfio tutto rotondo non avevo mai visto un pettirosso da vicino gli batteva forte il cuore nella scatola dove è stato sistemato più tardi è volato via Caccia I cerbiatti correvano inseguiti dai cani correvano verso di noi ci hanno visti e sono andati lontano ho temuto per loro quegli inutili spari eran segno di caccia rompevano l’aria e il silenzio i cani abbaiavano forte anche noi ci sentivamo braccati camminavo lenta guardando l’azzurro il sole ci scaldava anche dentro

Mi chiamo Marcella saggese, sono nata e vivo a Torino. Sono una neuropsicomotricista dell’età evolutiva e lavoro presso l’a.s.l.to2, scrivo da parecchi anni sia poesie che racconti. Ho partecipato a parecchi eventi poetici tra cui quelli di Settimo Torinese per “Poesia Vagabonda” e ad alcuni Poetry Slam. Ho pubblicato su varie riviste e libri collettivi. Nel dicembre 2015 è uscito il mio primo libro di poesie “ Madre per sempre” pubblicato dalla casa editrice Achille e La Tartaruga. Ho presentato il libro presso vari Caffè Alzheimer a Torino e provincia. Nel 2016 e nel 2017 ho partecipato a vari reading di poesia organizzati dall’Associazione Culturale Due Fiumi di cui faccio parte come socia.


Adele libero I due cavalli Insieme cavalchiamo, amore mio, le impronte noi lasciamo sulla spiaggia, profonde si dipingono nel mondo, e corrono veloci contro il vento. Un soffio ci accarezza nei capelli, il sole all’orizzonte par dorato nei nostri volti innamorati e belli di ragazzi che un sogno han catturato. Ma le corse non durano per sempre, il tuo cavallo, stanco, si è fermato, ed al mio cielo il sole hanno rubato.

Né sa se come e quando la caverna di nuovo s’aprirà al cocente sole e rivedrà la luce ed i colori, per tanti mesi grigi e senza sale. Ma l’Uomo già conosce il suo domani, pure se in fresca età è qual gigante, eterno, grande, a spazio esorbitante, nel suo celeste prato dell’amore. Ma poi d’inverno, chiuso nel suo guscio, con le spalle piegate dal passato, trattiene il fiato per non domandare: ma che sarà di me, nel tardo andare? Cavalli della notte

Amore mio, perduto nella nebbia, d’un alba di un giorno da scordare, di te mi resta un’orma sulla sabbia. Il filo della formica

Stan correndo le nuvole al mattino, lasciando il fumo nero della notte, qual cavalli che scorrono il destino, noi li seguiamo per le immense rotte.

Chissà qual è nel filo di formica la sua preoccupazione principale, quando d’inverno, chiusa nel suo guscio, attende il ritornar di primavera.

Per mano ci terremo dentro al niente, il Tempo perderà le sue lancette, lo spazio sarà luce risplendente la Terra solo un punto irrilevante.

Adele libero. Nata a Napoli il 28 dicembre del 1950, laureata in

lingue e culture moderne. Ho lavorato per tanti anni. Sposata. Una volta in pensione ho iniziato per hobby a scrivere poesie ed ho pubblicato due sillogi “Poesie per tutti i giorni” e “Le mie chimere”. Le mie poesie sono state inserite in antologie sia in stampa che on line ed alcune hanno vinto premi di poesia. Tratto dei problemi della vita moderna, di temi esistenziali, dell’amore, insomma di tutto ciò che mi emoziona e mi rende viva.


Lidia guerrieri 2 ALLODOLA Da quale sorgente s'attinge

vassallo della Luna,

in armatura candida e dall'alto

esci e governi al lume della notte

dirige la tua marcia sotto l'onda;

sulla terra e sull'acque.

ecco, avanzi, insensibile

il cerulo canto che colma

a caldo, pioggia, vento

l'immenso cratere superno

Coprono gli schinieri

nell'ora che tutto l' inebria

la scabra curvatura delle chele,

il vasto fulgore vermiglio

e l'armatura avvolge

sull'umido labbro e sul ciglio

il tuo corpo di pietra e di animale,

ancora assonnato d'Aurora?

che ha appreso dentro l' aule dei millenni IL RICCIO

sotto la bellicosa scorza ruvida, silenzioso, in pacifica contemplazione dell'immenso argento

quanto più sia appropriato E quale rugiada distilla il frizzo di liquide note che riempie, sì che ne trabocca, la coppa smaltata del cielo nel tempo che, verso la sera, il casto pallore del velo di tenere stelle riluce? Saltella la Gioia, canora, nel mentre fra sterpi sfaccendi al fragile trillo giocondo! in eco s'infrange tra ciocche di nubi, scintilla e ritorna al cuore innocente che ignora i mali e le colpe del mondo. L'Artefice della Natura s'incanta alla tua melodia che ai Cieli compensa la pena di troppe speranze deluse, e in grazia di questa dolcezza, minuscola dea della luce,

affrontare le ondate della vita non di fronte avanzando, ma di lato. Si slarga su di te l'onda schiumosa: laminata di maglie scintillanti, e ondose frange d' alghe; proprio là, sotto scogli consunti e indecifrabili, dove cantano sabbie e gusci infranti, è il sobrio trono che la notte lasci al silenzioso, candido richiamo. E quando il vento spinge l'onda sonora al bacio frastagliato della scogliera, pronta sentinella, t'affretti all'adunata, per annunciare ai marinai e al mondo la mareggiata.

Tu cingi la corona dei due regni, guerriero trasversale, che alzi il ramato scudo a far testuggine fra odor di sale e scaglie di marea, e dal tuo feudo di strettoie e scogli,

con misurata grazia il tuo violaceo passo, fiore d'aculei, che in globulosa rilucenza brilli nei giardini dell'onda. Ruvida, l'armatura, in spinoso cammino appena sfiora la monacale veste di alghe brune, dei minimi fondali consorelle, ventagli d’oro in trasparenza d'acque e quando sulle secche cala la notte e palpita la luna, da letti di conchiglie ascolti quieto il canto delle stelle. Poco ornamento ha il semplice tuo corpo, ma nel bocciolo di petrosa rosa

IL MURICE

la raggiata freschezza si nasconde del salmastroso odore di marea.

T'illude di perenne sicurezza la corazza spinosa,

LA CHIOCCIOLA

ispido astro dorato delle costellazioni ampie del mare!

per te, tutti noi benedice. IL GRANCHIO

Da scoglio a scoglio muove

Si frantumò la notte in schianti e lampi, ma l'alba estiva è già tutta un sorriso,

Sotto il tuo cielo d'acqua ascolti quieto

ogni foglia è una brocca di rugiada.

il tamburo dell'onda

E mentre Aurora siede con il fuso

che batte sullo scoglio ripetendo

sui gigli dell'oriente a filar rose,

le sue sillabe verdi,

da oscure stanze sali, nel mattino,

e come rosa emergi dalla sabbia

compagna della terra e della roggia,

o dai muscosi anfratti

modesta figlia del furor del cielo,

quando la luna scende dagli oscuri

ancella silenziosa della pioggia.

bastioni della notte

A pascoli di verde t'avvii in pace


per sentieri d'argento;

petalo di marine primavere,

sul guscio biondo il bruno si ravvolge

padiglione di luce. Solo dove la vita è ancora vita

e il corpo freddo e molle, che duplice in amore si compiace,

M'incantò la tua pergola lucente

sopra i sassi modelli e sulle zolle.

di grappoli vetrosi, il moto ed il respiro

Come è felice l'andar tuo sereno,

RONDINE

ormai porti il tuo volo, o peregrina spodestata da questi cieli ruvidi di smog e di fuliggine.

del corpo evanescente

Si rovescia il tuo grido

come polla che sgorga non fra sassi,

sopra i cortili azzurri della sera,

ma dal solco dell'onda

quando già sale l'ora della luna,

e mi scostai

e tu sfrecci in brigata,

dal tuo diamante vivo,

sotto le gronde di un'età diversa,

dai barbagli lunari di cometa,

di una diversa casa,

dalle tue spine di rosa del mare,

mentre posa il gabbiano il giallo piede

dalle tue trecce

su letti d'ulva bruna

di tremulo cristallo

e nel suo torchio l'occidente spreme

E' infantile stupore

tirandomi da parte,

l'uva rossa del sole.

una libellula in raggiante volo

via dal veleno

sulla coda dell'ore meridiane;

del tuo fungo dei boschi di Nereo!

traccia di giorni andati, quando ancora

Ruscellavano intorno

aveva la Natura ingenue vesti

cascatelle di luce, ed io mi chiesi

di modesto splendore.

quale oceanina avesse mai perduto

lungo passi di quiete e di frescura! nulla ti dà premura: e ignara te ne vai fino al destino del laccio di una mano, né pensiero ti opprime o affanno, come invece l'uomo che conta gli anni e mastica veleno. LA LIBELLULA

sì vezzoso cappello Vento nuovo ormai corre sulla terra,

di gale e nastro viola.

orfani delle lucciole fa gli orti;

Mi lasciasti un messaggio nel passare;

brilla ogni mela di sciapo rossore

e parlava di verdi trasparenze

e pendono tra i rami rugginosi

d'acque tiepide e chiare,

stracci di cieli smorti.

di praterie perdute,

Parte di me s'incanta alla sottile grana delle iridate trasparenze, ma a insospettata molla mi balena l' istinto di ghermire. M'accorgo, con sgomento, d'essere parte della razza umana. LA MEDUSA

e del segreto del tuo ritorno a nuove giovinezze, chè non ti uccide il tempo. Ma nulla è senza fine. ed io ti ritrovai, stella caduta, spenta la luce in opaco pallore, il giorno dopo, sulla stessa riva; ti schiumava d'attorno la marea il mare, traditore abituale,

Non fu facile scorgerti

cullandoti ti aveva abbandonata

così, fra mare e mare:

a morir sulla sponda

un volo d'acqua,

nell'ora quando il sole cavalcava

che mi veniva incontro,

sulla groppa dell'onda terminale.

LA VOLPINA Tu con la tua zampetta malandata, io con fin troppi acciacchi, ci incamminiamo in viottoli segreti di campagne vicine su, lungo le colline fra il giallo arrampicarsi dei canneti ove uggiolar di bracchi ci giunge in eco d'oltre la vallata. Cala l'Estate, l'aria è rinfrescata ma tu, lieta, t'insacchi nell'umidore fitto di sterpeti ed in melmose pozze ti disseti sperando in fieri attacchi se spente tracce incontri di covata. Nell'ora appena nata, tra brividi di brezza mattutina giunge a tratti l'odor della marina.


VERONICA LIGA RONDINI RAMINGHE Rondini sbandate dal vento contrario, oramai lontane dal nido e dal Sud, Migratrici senza rotta fra le pieghe e le piaghe del mondo umano, Cibandosi al volo dell'aria nutriente, Portando l'armonia nel caos, Portando la confusione nell'ordine… Una rondine non porta primaverae due? Due rondini, sono il principio di uno stormo e la premessa di una tempesta d’estate e di fuoco!

GATTO RANDAGIO Come il gatto di Kipling che andava per i fatti suoi, a volte ritorni senza preavviso nella mia testa per mandarla sottosopra e per rubarmi le VIVAnde E mentre grido: ”Pussa via, gatto randagio!”, penso che forse non ti meriti un tale complimento! CUPIDO Secondo me, Cupido in realtà è un insetto volante con un pungiglione tossico. Secondo me, non trafigge il cuore Ma inietta nel sangue un veleno stupefacente. Provoca qualche delirio E stato febbrile. Non c’è da allarmarsi: passerà. STRUZZO DEL DESERTO Avevo messo la testa nella sabbia pesta dove l’aria non tocca gli occhi, le orecchie, la bocca – per conservare giusti le viste, i suoni, i gusti... - ERANO SABBIE MOBILI! Quando l’ho rialzata la scena era cambiata e la mia barcana era già lontana dalla carovana.

Veronica liga nasce (nel 1973) e si laurea in lingue a San Pietroburgo – una città interculturale che ama definire “una specie di esperanto”. La sua adolescenza coincide con gli anni dei grandi cambiamenti – la “Perestroika”, la caduta dei regimi socialisti nel mondo. Dalla più tenera età prova una passione per la lingua e la cultura italiana – passione che ha determinato le sue scelte di lavoro e di vita. Dopo aver visitato e girato l’Italia innumerevoli volte, nel 2003 si stabilisce in provincia di Como, dove ancora oggi vive e lavora come interprete. Le esperienze forti e svariate l’hanno portata alla convinzione che non c’è nulla di più universale ed importante del cammino spirituale della Persona. Ed è questo l’argomento prevalente delle sue poesie introspettive, condite con ironia. Scrive in russo da sempre, in italiano e in inglese – da quando li conosce: dipende in che lingua aveva comunicato nell’ultimo quarto d’ora prima del colpo di ispirazione! Ha collaborato con diversi portali letterali, pubblicato su numerose antologie e partecipato con successo ai vari concorsi di poesia. I suoi testi sono stati musicati dal gruppo milanese-irpino “Nuove forme di poesia”, dalla cantautrice modenese Alessia Marani (in arte Almax), dal brianzolo Paolo Fan e dal francese Roudoudou. Ha pubblicato 2 sillogi di poesia: “Le parole sono segnali stradali” (nel 2011 con OTMA Edizioni) e “Regolazione termica” (nel 2013 con Ego Edizioni).


Luca oggero VERSI DI UN ANIMALE BIPEDE

LA GIUNGLA-ZOO

E adesso condenserò tutto il mio benessere e perché no anche un po’ del mio malessere in questi versi di animale bipede che alla frusta ha sempre risposto con i morsi ma ha riposto nelle tasche amore liquido che beve a sorsi e dona a chi lo merita a chi ne fa bere un goccio pure a lui a chi un sorriso un giorno gli ha donato.

Sembra una giungla mentre in realtà è uno zoo e ognuno dalla sua gabbia dorata inserisce l’allarme perché le altre bestie – feroci quanto lui – non vengano a portargli via il 32 pollici dal quale ogni giorno gli ripetono che fuori è una giungla che stare in gabbia è bello che la libertà è roba da hippies che è giusto non fidarsi che è giusto odiare che la tua gabbia è il migliore dei mondi da abitare e durante la pubblicità mille consigli su come la puoi arredare.

Versi muggiti irascibili di toro mai domato se non dal bene altrui latrati versi di randagio cane in affamata ricerca di un tozzo d’affetto e di pane ruggiti in rima di tigre fuori dalla gabbia dalla grazia di dio dentro al cervello mio di cui adesso sono io il padrone dopo anni e anni di sottomissione a quel bicchiere a cui ho detto addio che mi chiamava in continuazione: “Bevimi, bestia mia, che solo io so placare la bestia che ti divora la mente, il coraggio e le interiora con il mio fuoco veleno anestetico”. Versi raglianti di somaro eretico che non si piega al giogo né al bastone ma scalcia versi di rivoluzione: pace tra tutte le bestie e guerra al padrone della terracquea orwelliana fattoria che il vento lui e tutti i porci suoi simili spazzi via. Versi miagolii urlanti di gatto in amore. Versi di pesce quando non ho parole e la mia anima è muta ma muta di serpente in pieno sole che anno dopo giorno dopo ora cambia la pelle sulla mia carne, sempre la stessa di bestiaccia irsuta per continuare a lottare ancora.

BESTIARIO CON VESTIARIO La fauna umana e quella disumana. Giungla di voci sussurri e grida atroci. Cani e caimani e squali con le mani a stringer mani e fottere denari . Simpatici somari pantere e pantegane pulci polli poiane anime ed animali capre e capretti capetti e caporali. I gesti più cordiali pietà sincera la bontà vera e la violenza pura. Le bestie che si credono normali secondo me son sempre le più strane e fan paura.


Luca oggero, scrittore di racconti, romanzi, poesie e monologhi, cantautore, anarchico e dissacrante, lucido e folle, Luca “El Lucho Balboa” Oggero è stato cantante della rock band Uovatomiche. Piemontese, classe 1975, ha pubblicato il romanzo autobiografico “Morte e resurrezione di un povero cristo” con allegato il disco solista “Porci senz’ali ed altri animali” (Araba Fenice Edizioni, 2013) e la raccolta di racconti “Le tragiComiche porNovelle” (Matisklo Editore, 2016). Suoi racconti e poesie sono inoltre stati pubblicati sul book-magazine cartaceo “Antisociale” vol. 2, 3, 4 , 5 e 6 (Amande Edizioni), nel libro di racconti di AA.VV. “Criceti – come correre una vita senza andare da nessuna parte” (Gli Elefanti Edizioni), sulla rivista “Pastiche” e nella raccolta di poesie “Rose & proiettili” (Matisklo Editore). Attualmente lavora saltuariamente come educatore o come altro, scrive sul sito di “sinto-scrittura” “Sintetizziamoci.it” e collabora come giornalista per il magazine “Cinque colonne”. Nel dicembre 2017 è uscita per Libereria “Versi di un animale bipede (poesie, filastrocche e spazi bianchi tra una parola e l’altra)”, la sua prima raccolta di poesie, mentre è prevista in primavera l’uscita di “Absurdia – 15 racconti inzuppati nell’impossibile” per Pluriversum Edizioni.


Paola Farah Giorgi SORCI E PORCI Sorci e porci, entrambi finiscono in orci, esattamente come catorci e scorci. Ma i catorci sono spesso arrugginiti e gli scorci sono spesso pittoreschi, invece (senz’altro lo sapete anche voi) né i sorci né i porci sono arrugginiti e, tantomeno, pittoreschi. Però, a pensarci bene, questo non è del tutto vero. Alcuni sorci hanno pelo di colore ruggine, indubbiamente con sfumature di diverso genere. Alcuni sono più tendenti al classico grigio topo, altri hanno tonalità più metalliche, tipo canna di fucile oppure rame, il classico colore dei noti paioli di rame. Ed è appunto il rame che, spesso, somiglia al colore ruggine, quello tipico dei catorci ma, a questo punto, non del tutto inadatto ad alcuni sorci. Anche i porci, a pensarci bene, hanno qualcosa in comune con i catorci. È risaputo, per esempio, che adorano sguazzare e rotolare nel fango e, quindi, dopo essersi inzaccherati per bene, il loro pelo diventa marrone ma, indubbiamente, non uniforme. Un occhio attento riesce a cogliere, di sicuro, le inevitabili striature colore ruggine. Se vogliamo parlare di scorci, invece, è tutta un’altra cosa. Gli scorci in cui appaiono i sorci, di solito non sono del tutto pittoreschi anche se il termine pittoresco può essere inteso come caratteristico e tipico. Innegabile che Trastevere, per esempio, o il Centro Storico di Genova siano caratteristici e tipici e, pertanto, pittoreschi, pur con presenza di sorci. I porci, invece, nel pittoresco, di solito, non sono presenti anche se, spostandoci in campagna, questo, magicamente, accade. Cosa può esserci di più pittoresco di un’autentica fattoria di una volta in cui i porci convivono amabilmente con capre, galline, oche, gatti e chi più ne ha più ne metta. Insomma, un luogo dove si produce ancora a mano, come una volta, non solo formaggio … anche un ottimo e delizioso prosciutto.

Paola

Farah

Giorgi

lavora presso la Biblioteca Internazionale per ragazzi Edmondo De Amicis di Genova dove ha ideato e conduce laboratori di scrittura creativa per bambini e adolescenti (“Il Giovane Edmondo”). Con Edizioni DrawUp ha pubblicato i romanzi “Desirée perlite”(2013), “L’angelo di Cyprès Méchant” (2014) e “Guimauve” (2016), quest’ultimo vincitore del Premio Jacques Prévert 2012. Come autrice indipendente ha pubblicato “Mecenate d’Eros” e “Il portagioie cinese e altri racconti”, utilizzando lo pseudonimo di Annie Chammas. Collabora con la Scuola I.TV (Interazione TeatroVideo) dell’Infernale Edizioni di Genova dove svolge laboratori e workshop di Scrittura ZEN. www.paolafarahgiorgi.it


Marco fabio gasperini Genova felina Donne cercavano ombre di gatti antichi, gattare…vestali dei vicoli densi, la vecchietta di vico Librari, o la signora Pina, dalla gamba malsana a inerpicarsi per crose scontrose sotto sguardi irridenti…

la libertà crudele di cambiare il pensiero, e d'un tratto da amico farsi nemico. Ma non è questo il caso, e il bravuomo lo nutre e gli parla. Lui scuote le piume, e s'attarda soddisfatto a guardarci con elegante sollievo.

Ma loro sapevano bene che solo seguendo i percorsi dei multicolori scattanti pensosi e curiosi custodi d'inquieta saggezza, nessun segreto di questa città intensa rimane inviolato. Perché come una gatta attenta distesa pigra allungata sull'orlo del mare Genova ti scruta, prima di amarti. Il gatto della vicina Passo ore e ore a rompere la mia ombra dentro un caldo nervoso, sulla terrazza ingombra di piante mentre alla finestra il gatto della vicina rosso e impudente protesta la sua solitudine, e occhieggia come per saltare, smanioso di esercitare sui tetti l'arte sua della fuga. Non conosce il limite che incombe su ogni via di liberazione e nel suo sguardo non vedo la fatica del dubitare...

Marco

Il pettirosso

Dal 1988 partecipa a concorsi di poesia nazionali, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti.

S'avvicina lesto il pettirosso che ha saputo fare amicizia col verduraio, e si muove a suo agio tra le cassette di legno e arriva fino al bancone poi s'arresta, ed aspetta le briciole che spera non mai nascondano inganni. Conosce bene dell'uomo

fabio

gasperini. Nato ad Arenzano

(Ge) nel 1954, ha sempre vissuto a Genova, vagando tra il centro storico, il mare e l’Appennino ligure. Compiuti gli studi classici, si è laureato in filosofia nel 1977 e attualmente insegna in un liceo genovese.

Nel 2005 è uscita la sua prima raccolta di poesie, "Ricerca", edita da Ennepilibri, con prefazione di Arnaldo Bagnasco e illustrazioni di Daniela Kalepyros. Il libro ha avuto una buona accoglienza di pubblico e di critica. Nel 2009, sempre per Ennepilibri, la raccolta “Dissolvenze” con prefazione di Massimo Morasso e illustrazioni di Daniela Kalepyros.


Izabella Teresa Kostka


Izabella Teresa Kostka nata in Polonia, dall'anno 2001 residente a Milano. È laureata in pianoforte, è scrittrice e poetessa, docente di pianoforte, giornalista freelance, traduttrice, organizzatrice e presentatrice di eventi culturali. Ideatrice e coordinatrice del programma "Verseggiando sotto gli astri di Milano ", ideatrice e co - fondatrice del Gruppo per la diffusione della cultura e dell'arte "Valchiria", capo - redattrice del blog culturale "VERSO - spazio letterario indipendente. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti nazionali e internazionali tra cui importanti riconoscimenti per l'attività artistica e letteraria svolta. Ha pubblicato nove libri di poesie, le sue opere sono presenti su molte prestigiose antologie tra cui "Novecento non più. Verso il Realismo Terminale" con lettera di Guido Oldani, "Il segreto delle fragole" LietoColle, le sue pubblicazioni compaiono su diversi siti e su numerose riviste letterarie (Euterpe, Bibbia d'asfalto, La presenza di Èrato, Poetry dream di A. Spagnuolo, Liburni - Arte e cultura, Words Social Forum, Partecipiamo.it, Letteratura al femminile).

MA, soprattutto, è la mamma di Elvis!


Francesco gallina Io sono Kira

Questa sera Francesco, il mio compagno d'avventure, sembra essersi dimenticato di me. E' seduto a tavola da parecchio tempo ormai, e fino adesso, neanche uno straccio di boccone. Eppure io sono qui, accanto a lui, possibile che non se ne sia accorto? Maledizione, sto morendo di fame! Beh, insomma, non è proprio cosÏ... Io ho sempre fame, mi piace mangiare. Che posso farci? Ehi, finalmente si è voltato dalla mia parte! Forse ha intenzione di darmi una di quelle belle coscette di pollo che ha sul piatto... Forse... No, niente da fare.


Per tutte le code, quali potrebbero essere le cause di questa sua noncuranza: durante la passeggiata mi sono comportata bene, ho anche fatto finta di non vedere un gatto che si nascondeva sotto la macchina. Ho mangiato la pappa che mi propina tutte le sere, e per dimostrargli che lui è la cosa più importante della mia vita, gli ho leccato le orecchie, il naso e la bocca. E malgrado le mie attenzioni, si comporta così... Ora basta! Sento l’acquolina crescere a dismisura tra le mie fauci. Devo fare qualcosa per attirare la sua attenzione, quel pezzetto di pollo fumante che sta per addentare ha il mio nome scritto sopra... Ora o mai più! Abbaio e mi dimeno, abbaio e mi dimeno, abbaio e mi dimeno, e... oplà! Il gioco è fatto! Squisito... Purtroppo, anche per stasera abbiamo finito. Oppure no? Mm... sembra che sul tavolo siano rimasti dei rimasugli di pane, un po' di frutta, e di qualcosa di particolarmente dolce... Oh no! Il budino al cioccolato! Accidenti, quello si che vale la pena di una maledetta attesa. Chissà però se me ne darà un po'... Che vita da cani!

Francesco gallina nasce a Torino nel 1971, fin da bambino dimostra una grande passione per tutto ciò che rappresenta il fantastico. Frequenta l'accademia Albertina di Belle Arti realizzando alcune mostre, ma la passione per la letteratura fantastica lo condurrà a perseguire uno dei suoi desideri più grandi: scrivere racconti, ispirandosi alle molteplici considerazioni che ha del mondo in cui vive. I suoi racconti finora sono stati inseriti nelle seguenti raccolte: micro NASF pubblicate da AssoNuoviAutori.org, nelle collane antologiche: BReVI AUTORI pubblicate da www.BraviAutori.it, e su altre due antologie: FELICEMENTE HORROR di A.A. V.V. e I Figli di Cthulhu pubblicata da EF LIBRI. www.facebook.com/FrancescoGallinaloscrittore


Vincenzo Zito Parola al lupo cattivo specchio della realtà Oggi il lupo cattivo sul bordo del fiume accanto all’agnello, bonario mi ha confessato che cappuccetto rosso dal bosco non è mai passata La nonna su in montagna lo scorso nevoso inverno è morta per troppi stenti abbandonata da amici e parenti Sopra la terra muta della sua fredda tomba crescono fiori di giglio al sole d’ogni primavera La pallida luna di notte malinconica illumina tutti

Amico ragno mago netturbino Geniale e paziente lavoro in pia meditata penombra per gravitare animosità di curiosi esseri vaganti Di moscerini gravitati dentro cunicoli guidati, meccanismi in penombra convogliano coscienze Saper tessere ragnatele per convogliar pensieri su invisibili fili positivi verso il centro d’un’idea Meri atti umani, non miracoli, dinamici emotivi e interattivi modellando eteree energie materializzano lucide visioni

Le poesie vissute dal lupo rispecchiano soltanto realtà Il silenzio quassù fa ben meditare e tutti i giorni di qui passa un pastore a pasqua nasconde gli agnelli in ovile Il silenzio accomuna ogni cosa nella calma essenza del bosco Sono passati di qui tanti umani al grido feroce di guerra santa e altri al suono di corni e fucili per uno sport che chiamano caccia L’uomo cammina lento con la volpe sulle spalle da lontano il lupo osserva oggi non ha più fame e non lo attaccherà. - Ti auguro in bocca al lupo mi ha detto oggi un amico - grazie, e che viva il lupo! Abbracci e sorrisi a tutti

Vincenzo

Zito

(Vincenzo Zito). Nato a

Mirabella Imbaccari (CT) nel 1947, è sposato e ha una figlia. Nel 1971 si è trasferito a Torino; ha insegnato elettromeccanica, PLC e informatica nella Formazione Professionale. Ora in pensione si dedica per diletto alla poesia, che per lui è anche riflessione meditativa


Flavio casoni


Flavio casoni Bellunese, pensionato, fotografo per passione, da anni coglie e fissa in immagini attimi di vita intensamente vissuti. Collabora con riviste sportive e segue, per la stampa, eventi anche a carattere mondiale.



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