IL VUOTO

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IL VUOTO

Elizaveta Sudravskaya



Politecnico di Milano Corso di Laurea Triennale in Architettura Ambientale A.A. 2013/2014

IL VUOTO

Relatore: Remo Dorigati Candidato: Elizaveta Sudravskaya


Vorrei ringraziare tutti, che sono stati (vicini e lontani) con me in questa esperienza.


Indice

Introduzione ................................................... 7 I. Il Vuoto .......................................................13 II. Scomposizione (gli elementi) ........................... 23 III. Linea dell’orizzonte ...................................... 35 IV. Il recinto ................................................... 47 V. Astrazione .................................................. 61 VI. Gli oggetti ................................................. 75 VII. Sistema chiuso ........................................... 87 Postfazione .................................................. 101



Introduzione. Il vuoto. Un titolo misterioso. Nonostante il fatto che utilizziamo questo termine tutti i giorni, lui resta sempre una cosa oscura. Quando parliamo del vuoto la prima cosa che ci viene in mente è l’assenza. Può essere il vuoto fisico, quindi l’assenza della materia, degli oggetti, oppure quello interiore immateriale, che di solito vuole esprimere uno stato di abbandono. Pur sempre nella nostra cultura occidentale il termine “vuoto” ha un carattere negativo, uno stato non definito. Con questa tesi, invece, vorrei evidenziare il carattere positivo del vuoto. Non si parlerà della filosofia orientale dove il vuoto è considerato l’inizio e la fine del tutto, il principio ispiratore e formatore, ma solamente di architettura. Per capire l’importanza del vuoto basta dire che senza di esso non possiamo muoverci. (Se fosse tutto il mondo è un cubo solido di materia densa). Il vuoto è la chiave di lettura dello spazio architettonico ed è esse stesso spazio. Lo studio qua svolto prende in analisi alcuni tipologie dell’organizzazione spaziale nei diversi luoghi e nelle diverse culture, focalizzandosi su quella russa e quella italiana. Utilizzando come lo strumento principale di lettura proprio il vuoto, cioè lo spazio di vita. Lo strumento principale del racconto è il disegno schematico che cerca di evidenziare e rendere più chiare possibile le differenze spaziali tra le tipologie scelte. L’organizzazione strutturale della tesi parte dalla definizione del vuoto nell’architettura: lo scompone in elementi sostanziali, con i quali crea e studia le composizioni

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topologiche diverse, come fosse un Lego. E’ una tesi analitica che non voleva arrivare e non arriva a conclusioni definitive e concrete. E’ una tesi che vorrebbe essere un punto di partenza.

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Vuoto per il monumento. Durante la carriera universitaria ho affrontato il problema del vuoto in architettura. Una delle esperienze più significativi è stato il progetto di una scuola materna a Milano. Rispettando la forma urbana della scuola elementare esistente ho creato una corte aperta con un padiglione dei giochi in mezzo. Il recinto costruito serve per creare una condizione di sicurezza per i bambini, ma nello stesso tempo non è chiuso perché vuole lasciare la possibilità di dialogo con il mondo esterno. Così tutte le aule e servizi sono posti sul limite e lasciano lo spazio centrale a un grande soggiorno verde con un padiglione segreto in mezzo. Ho capito già dopo l’operazione da me svolta. Ho creato il vuoto per il monumento. Il monumento è il padiglione dei giochi, un oggetto eccezionale. Il vuoto è lo spazio verde che gli sta attorno ed è proprio quello che rende il padiglione così eccezionale e prezioso. La creazione del vuoto per il monumento è un’operazione utilizzata da tanti architetti, partendo dall’età antica, passando a Mies van der Rohe e arrivando ai giorni nostri. Studieremo questi esempi nei capitoli successivi. Per sottolineare l’importanza di un certo edificio bisogna evidenziarlo dal resto. Questo si può fare utilizzando una forma o un materiale particolare. Ma se parliamo della densità urbana, il modo più forte per evidenziare il pieno (un oggetto) è creare il vuoto attorno a lui.

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Pianta schematica della scuola materna. Pagina a fianco: il monumento, foto del modello

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Il vuoto della corte.

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I. IL VUOTO

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Kazimir Malevic. Quadrato nero.

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1. Vuoto assenza. Filosofia. Il vuoto in filosofia e in fisica vuole esprimere uno stato di assenza. Lo spazio libero da corpi, oggetti o sostanze di qualsiasi tipo. Nella psicologia umana, il vuoto è una grave mancanza in ambito mentale e affettivo. In fisica il vuoto assoluto vacuus significa l’assenza di qualsiasi materia (atomi, particele) e sia una condizione assoluta non raggiungibile neanche in laboratorio. È interessante confrontare la natura del termine nelle lingue diverse. In italiano e inglese vuoto/void derivano dal latino vacĭtus = vuotare. In russo vuoto si dice pustota (пустота). Questa parola deriva dal ortodosso pustъ che ha la stessa radice di pustinja (пустыня) che significa deserto. Deserto o desert inglese invece derivano dal latino desertum che significa abbandonato. Nella cultura orientale troviamo la percezione positiva di vuoto. Esso è considerato un’infinita fonte di ispirazione. Uno spazio vuoto (=non occupato) per i giapponesi è lo spazio di possibilità, di attesa degli accadimenti della vita e una manifestazione divina. Lo studio e accettazione del vuoto in occidente arriva con l’arte astratta del inizio XX secolo. Esso prova di esprimersi nella pittura di Kazimir Malevic, Vladimir Kandinskij, Yves Klein, Luce Fontana, nell’opera musicale di John Cage e tanti altri. Sembra che nel XX secolo abbiamo finalmente fatto il primo passo per superare la paura del vuoto.

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Bruno Zevi. Pieni e vuoti nella pianta di San Pietro.

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2. Vuoto presenza. Architettura. Il vuoto nell’architettura non è un vuoto assoluto ma concreto. Architettura è l’organizzazione dello spazio dell’uomo ed esso per vivere ha bisogno di muoversi e di respirare. In questa situazione è proprio il vuoto che permette queste azioni primari. Così come dice Fabrizio Pusateri nella sua Ricerca del Vuoto: “Per vivere con la massima possibilità occorre innanzitutto creare il vuoto”. ASSENZA di materia = PRESENZA delle persone Possiamo leggere il vuoto dal punto di vista del movimento. Quindi il vuoto è tutto ciò che permette il movimento, l’assenza di materia. La prima azione che è stata fatta dal uomo con questa logica è lo scavo, la sottrazione della materia alla terra per creare gli spazi per i culti religiosi o le sepolture. L’altro modo di vedere il vuoto è la sua funzione ordinatrice: lo spazio intorno al quale si organizza la vita domestica o quella urbana: la piazza, la corte della casa mediterranea. Il vuoto infinito resta sempre, per noi, nel mondo di architettura, una sostanza che ingloba tutti gli oggetti. Sono tanti gli architetti che durante gli anni si sono occupati della ricerca del vuoto. Uno dei primi a presentare il significato del vuoto è stato Bruno Zevi. Come egli afferma nel libro Saper vedere l’architettura: “L’architettura non deriva da una somma di larghezze e altezze degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui uomini camminano e vivono”. Nel suo libro Zevi studia l’evoluz-

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Rem Koolhaas, OMA. Ville Nouvelle Melun Senart, sistema dei vuoti.

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ione spaziale degli edifici. Potremmo chiamare questa evoluzione la storia del vuoto architettonico. E’ proprio la presenza del vuoto (spazio interno scavato) che rende l’architettura diversa dalle altre arti. La pittura è una realtà bidimensionale, la scultura è tridimensionale ma non vi possiamo accedere. L’architettura invece è come una grande scultura scavata che ci accoglie nel suo spazio interno. Cosi sia’ criminale giustificare essa solamente dalle facciate. Quattro muri, pavimento e soffitto formano una scatola il cui valore è il contenuto. Nello studio di pianta di San Pietro Bruno Zevi parla della discontinuità spaziale tra interno ed esterno. Così stando dentro la scatola non possiamo vedere fuori, e viceversa. Ludwig Mies van der Rohe rompe questa separazione. Le sue architetture sono leggere e fanno fluire l’energia spaziale dall’esterno all’interno al esterno senza gli ostacoli. Inside is outside is inside. “The true task of architecture is to let the structure articulate the space; it is not the building that is the work of art but the space”. Un altro architetto che si occupa del vuoto è Rem Koolhaas. Come egli afferma nel libro S, M, L, XL: “Where there is nothing everything is possible”. Qui ci mostra che il vuoto contiene in se’ le infinite possibilità degli accadimenti della vita. Per lui il vuoto diventa lo strumento principale e si manifesta fortemente nel progetto di Tres Grande Biblioteque a Parigi. In questa opera il vuoto diventa un vero scheletro concettuale. L’edificio è considerato un solido cubo dell’informazione, mentre i “buchi” vuoti sono gli spazi appartenenti all’utente, al lettore. Durante la presentazione del progetto gli architetti di OMA mostrano due

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Metodo rappresentativo di Manuel e Francisco Aires Mateus. Casa a Melides, pianta.

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modelli: il primo fa vedere i pieni (mezzo di costruzione) e secondo – i vuoti. Un altro progetto di OMA poco noto ma molto interessante per l’utilizzo progettuale del vuoto è stato svolto per il concorso di Ville Nouvelle Melun Senart. Il sito di costruzione della futura città presenta una bellissima campagna francese. Rem Koolhaas non ha voluto distruggerla con il progetto del tessuto urbano, ma salvaguarda progettando il vuoto, cioè le “strisce di rispetto” dove non si può costruire. Queste strisce comprendono un corridoio verde tra le due foreste, la ferrovia, una strip del campus universitario e la zona del commercio. Alla fine appare una figura che assomiglia ad un simbolo cinese. E’ il regno del vuoto, mentre tutto il resto è lasciato alla costruzione. Tutto cioè che non è pieno è vuoto. Ma come vogliamo considerare il vuoto architettonico? I fratelli Aires Mateus mettono in evidenza la gerarchia dei vuoti nei loro progetti. Il loro metodo rappresentativo potrebbe essere considerato rivoluzionario. Disegnando in bianco e nero le piante e le sezioni loro non rappresentano i muri ma gli spazi serviti e serventi. La loro logica è ispirata a Louis Kahn e ad un suo studio dei muri dei castelli. I volumi rappresentati in nero sono gli ambienti privati (di solito posti sul limite), mentre quelli bianchi (vuoti) sono gli spazi di socializzazione. Nel mondo della scultura ci sono alcuni artisti eccezionali come Jorge Oteiza ed Eduardo Chillida. Le loro opere diventano architetture: danno la possibilità di entrare al loro interno. Entrambi gli scultori lavorano con il principio di scavo o svuotamento e creando lo spazio delimitato. I vuoto danno l’occasione di entrare in un vero contatto con l’opera d’arte.

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II. SCOMPOSIZIONE (gli elementi)

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Gli esempi del capitolo precedente ci permettono di arrivare ad una definizione del vuoto in architettura. Il vuoto architettonico è una porzione delimitata dello spazio dove accadano gli oggetti e gli eventi. In questo modo è possibile scomporre il vuoto in tre elementi principali: spazio, limite e oggetto. 1. Spazio Lo spazio assoluto è un’estensione tridimensionale illimitata. In astronomia esso è definito come una porzione di universo situata al di fuori dell’atmosfera stellare o planetaria. Lo spazio cosmico è il vuoto che esiste tra i corpi celesti. Ci sono le seguenti concezioni dello spazio in fisica. Per Parmenide ed Aristotele lo spazio è la misura della posizione e delle relazioni che i corpi hanno tra di loro. Così senza i corpi e gli oggetti non esiste lo spazio. Secondo gli Atomisti, invece, lo spazio è un recipiente vuoto ed infinito, nel quale sono posti i corpi e per il quale è possibile il movimento. Il vuoto ha un valore prioritario rispetto alle cose che gli stanno dentro. La teoria della relatività introduce la quarta dimensione dello spazio, ossia il tempo e ne studia le relazioni spazio-temporali. La rappresentazione dello spazio infinito si trova molto spesso nella pittura astratta moderna. Basta pensare allo sfondo bianco dei quadri di Malevic o di bianco assoluto di Yves Klein. Sono gli spazi illimitati con le infinite possibilità. Ma in architettura parliamo di uno spazio concreto, de-

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Jorge Oteiza. Casella vuota.

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limitato. Spazio architettonico e una porzione dello spazio cosmico. Dobbiamo introdurre il concetto del limite. 2. Limite La presenza del limite è una condizione primaria e necessaria per la creazione di un vuoto architettonico. Il limite crea il passaggio dallo spazio assoluto a quello concreto architettonico e grazie ad esso il vuoto prende le caratteristiche fisiche: dimensione, proporzione, scala e distanza. Misure. La dimensione è l’estensione di un corpo rispetto a lunghezza, larghezza e altezza. La proporzione è la corrispondenza di misura fra due o più elementi in rapporto reciproco. Così ogni piano (realtà bidimensionale) avrà due dimensioni e il volume (tridimensionale) tre. La scala è il rapporto tra le dimensioni dell’edificio e le dimensioni dell’uomo. E’ la caratteristica principale degli spazi architettonici in quanto essi sono costruiti per l’essere umano. Uno spazio con le stesse proporzioni sarà percepito diversamente se cambiamo la sua scala. Prendiamo come esempio lo spazio scavato da Eduardo Chillida sul Monte Tindaya. Esso presenta un vuoto di 45m x 50m x 65m. E’ uno spazio enorme rispetto per un uomo, pieno di aria e di luce misteriosa proveniente dall’alto. Ma cosa succede se cambiamo la scala? Diminuiremo il volume di trenta volte e avremo una camera di prigione dove l’uomo non sta neanche in piedi. La distanza è la misura (lunghezza) della linea retta che

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Constantin Brancusi. Tavolo del Silenzio.

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congiunge un punto con un altro. Essa dipende dall’utilizzo di uno certo spazio. Quando dobbiamo sederci al tavolo con gli amici prendiamo le nostre sedie e le avviciniamo. Così possiamo parlare e avere una condizione d’intimità. Più conosciamo i soggetti, più ci avviciniamo. Lo scultore Costantin Brancusi realizza un’opera dal titolo Tavolo del Silenzio. E’ un tavolo intorno al quale non si parla. Stiamo in silenzio oppure dobbiamo alzare la voce per comunicare con gli altri perché’ la distanza tre le sedie e il tavolo è così grande che non si può avere un dialogo confortevole. Questi rapporti dimensionali ci fanno percepire il vuoto nei modi diversi. Prendiamo due piazze come esempio: Piazza Navona a Roma e Piazza Rossa a Mosca. La prima è fatta a misura dell’uomo e così diventa un soggiorno dove le persone si siedono per prendere un caffè e godere una giornata di sole. E’ una piazza domestica, umana, mentre Piazza Rossa è una vera plaz militare. A nessuno verrebbe in mente di mettere i tavolini in mezzo ad essa. Piazza Rossa, come quella di Roma, è un luogo sempre pieno di gente, ma rispetto al prima ci fa sentire piccoli, diventa un luogo di passaggio e non di sosta. Sei piani. Parlando dello spazio tridimensionale nell’architettura abbiamo come sistema di riferimento l’asse Cartesiano. Ognuna de tre assi ha due direzioni: l’infinito positivo e l’infinito negativo. Quindi abbiamo sei direzioni in totale. Così per descrivere un ambiente parliamo di sei piani che lo definiscono: quattro pareti, pavimento e soffitto. Le configurazioni possibili di questi piani sono tante. L’esempio più comune della presenza di tutti sei piani è

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LIMITE 6 piani

superficie terrestre

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la stanza. Se togliessimo il piano superiore avremmo una piazza o un patio, la stanza con il cielo al posto di soffitto. Invece, la strada ha tre piani che la delimitano. Di solito parlando del limite intendiamo quello costruito: muri nell’ambiente interno e le case nella città. Ma anche nel caso del deserto e di un prato vasto avremmo sempre un limite primario, che è la superficie terreste, la linea dell’orizzonte. Può sembrare poco ma non lo è. Il limite dell’orizzonte ci ancora alla terra, diventa il contesto, rende un luogo concreto. Altrimenti parleremmo degli oggetti volanti nello spazio, una astrazione totale. 3. Oggetto Cos’è l’oggetto? Un’entità, un volume, magari il punto di Kandinskij. Il dizionario italiano definisce l’oggetto come ogni cosa concreta, materiale, che può essere percepita dai sensi. In Architettura possiamo chiamare gli oggetti quelle cose che riempiono lo spazio, come fossero dei cubi posti all’interno di una scalota. Guardando dal dentro percepiamo i cubi come gli oggetti nella scatola come il limite, il recinto. Se chiudiamo la scatola e la vediamo dal di fuori essa diventa un oggetto in se’. Lo stesso capita in architettura. E’ la quarta dimensione di cui sta parlando Bruno Zevi e la teoria di relatività di Albert Einstein, che ci fa percepire le cose in modi differenti. Una matrioska. Non volendo addentrarci nel campo filosofico mettiamo alcuni limiti sulla concezione di oggetto in questa ricerca. Definiamo l’oggetto un’entità autosufficiente chiusa in se’

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Vladimir Kandinskij. Studio del punto.

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e non scomponibile. Facciamo l’esempio di un edificio. Una casa tradizionale sarà per noi l’oggetto nonostante il fatto che avrà al suo interno ambienti diversi. Il suo principio costruttivo è quello di creare un volume abitativo, che a sua volta ha delle divisioni interne. Diversamente succede nella Mariyama House dello studio SANAA, dove gli oggetti sono dentro un recinto, perché gli ambienti sono stati pensati come le entità a se’. Nel corso di storia e nelle diverse culture si sono sviluppati combinazioni diversi del rapporto oggetto - recinto. I capitoli seguenti studiano alcune tipologie di questo rapporto, il trattamento e le caratteristiche dello spazio vuoto. Come afferma Vasilij Kandinskij, una ricerca parte dallo studio scrupoloso di ogni singolo elemento e poi confronta le loro relazioni.

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III. LINEA DELL’ORIZZONTE

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Il primo limite del reale è la superficie terrestre: la linea dell’orizzonte che tiene insieme i nostri corpi. Il contesto reale che è lo sfondo della vita. E’ proprio questo il limite che garantisce la concretezza agli oggetti e all’architettura. Cielo di Ėjzenštejn. Consideriamo la superficie terreste piatta. Vista in pianta risulta uno spazio continuo ed omogeneo, invece è nella sezione e nella prospettiva che possiamo notare la differenza. Qui vediamo il limite, il confine tra terra (solido, pieno) e cielo (spazio libero vuoto). Questo studio del limite dell’orizzonte e della proporzione spaziale trova un vasto utilizzo nelle opere cinematografiche di Sergej Ėjzenštejn. Il suo celebre film Aleksandr Nevskij racconta la storia della battaglia del principe russo contro i Cavalieri Teutonici. Lo spazio vuoto, il cielo rappresenta bravura e forza dei guerrieri. Nell’inquadratura presa in scena iniziale della battaglia vediamo una sottile striscia di terra e un ampio cielo sopra. Gli uomini sono pieni di energia e coraggio per affrontare la battaglia. Nella scena finale la linea d’orizzonte si sposta. Ėjzenštejn inquadra il campo con i morti, la proporzione tra pieno e vuoto cambia. Prostor (простор). Gli anni 60 del XIX secolo furono un periodo riformatorio nell’ambito politico e culturale. E’ proprio qua che nasce la società artistica di Peredvižniki (передвижники), ossia gli Itineranti o gli Ambulanti. Furono i 14 migliori studenti dell’Accademia di Arte che decisero di portare la bellezza tra le masse popolari, organizzando mostre nelle

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Sergej Ėjzenštejn. Studio della linea dell’orizzonte in film Aleksandr Nevskij. L’inizio e la fine della battaglia sul lago Ciudi.

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città e nelle compagne russe. I peredvižniki lavoravano in stile realista o impressionista e tanti tra loro dipingevano i paesaggi russi. Le vedute prospettiche della linea dell’orizzonte è un tema comune nei loro lavori. Prostor (простор) è la parola che descrive un paesaggio ampio senza confini. Essa viene utilizzata per descrivere il territorio russo ricco di pianure e foreste infinite. I pittori come Ivan Šiškin, Vasilij Polenov, Isaak Kuindži rappresentano i prostori. Tanti dei paesaggisti russi hanno avuto la possibilità di lavorare in Italia. Sui loro quadri troviamo le rovine romane e napoletane, il paesaggio montano degli Appennini e le rocce del mare mediterraneo. La linea dell’orizzonte qua cambia il suo carattere e diventa curva o rotta rispetto alla linea dritta del prostor russo. Ma non è quella la differenza principale tra i due contesti. È l’ampiezza del territorio e la distanza che fanno la differenza tra i due paesaggi. 1812. Il 24 giugno 1812 Napoleone inizia la Campagna Russa attraversando il fiume Niemen con il suo esercito. Lui pensava di vincere in fretta contro armata russa. La Francia fu più preparata alla guerra, l’esercito superava numericamente quello russo. Ma la Russia aveva un’altra grande risorsa. Come disse l’imperatore Alessandro I: “per noi è il territorio russo infinito...per noi combattano il clima e l’inverno”. Napoleone non riesce a sconfeggere l’armata russa nelle prime settimane e arriva fino a Mosca, bruciata dal generale Kutuzov. L’armata di Napoleone è stremata dalle lunghe battaglie, e a Mosca, cuore di Russia, trova una città vuota. Non si poteva pensare di fermarsi

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per periodo invernale in una città distrutta. Quindi Napoleone sceglie di ritirare l’esercito verso l’ovest. La strategia severa di Kutuzov fa sì che i francesi tornino indietro prendendo la stessa strada con quale erano arrivati. Essa risulta una strategia vincente per i russi e fatale per i francesi, che non solo non sono abituati alle distanze enorme tra le città, ma anche esse ora le trovavano distrutte e abbandonate. Un vuoto totale, che distrugge l’armata di Napoleone fisicamente ma più che altro psicologicamente. Uno spazio infinito insieme all’inverno severo che distrugge lo spirito delle persone. Modifica (scavo). La linea dell’orizzonte rappresenta un confine tra solido e vuoto. Così la Terra è un volume di materia, che storicamente viene modificata dagli uomini. Le prime forme di abitare sono state realizzate all’interno di crosta terreste. Si parla della conquista dello spazio, della sottrazione della materia e della creazione dello spazio all’interno di essa. Per gli antichi la Madre Terra fu la divinità principale, l’inizio e la fine della vita umana. Per questa ragione i luoghi del culto, delle abitazioni e del l’ultimo riposo si scavavano all’interno di essa. Erano i luoghi protetti e magici nello stesso tempo. Da tutte le parte del mondo troviamo tombe come il Tesoro di Atreo a Micene costruita nel 1330 a.C. Altra ragione per scavare era la ricerca dell’acqua. Cosi ad Orvieto fu costruito il Pozzo di San Patrizio che scende fino a 53 metri sotto terra. In India venivano costruiti i pozzi a gradini, complessi monumentali che assomigliano più ad una città sotterrata come Chand Baori.

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Sono tante le città antiche scavate dentro la roccia. Prima di tutto per ragioni climatici e per l’assenza di altro materiale da costruzione. In Cappadocia, Turchia le persone ancora oggi vivono nelle abitazioni scavate nella roccia. Ma c’è forse un’altra ragione dello scavo? Quella di entrare dentro e possedere il limite. In un paesaggio deserto non si vedono i confini tranne la linea dell’orizzonte. Non è detto che non ci sono altri limiti tridimensionali, ma essi sono così distanti che l’occhio umano non li percepisce. A questo punto tutto diventa vuoto, omogeneo ed infinito. Senza gli oggetti sulla linea dell’orizzonte, senza neanche un campanile. Un deserto tutto uguale, dove l’unica cosa che resta concreta è la terra sotto i piedi.

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IV. IL RECINTO

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La linea dell’orizzonte segna un limite, il piano di origine. Un altro tipo di limite è quello costruito, il recinto. La natura del recinto è la protezione. Può essere una protezione fisica dal clima o mentale dal mondo esterno. Nel caso del recinto vuoto tutti gli oggetti sono posti al suo bordo e diventano anche loro un tutt’unico con esso creando un vuoto centrale, che diventa il principio ordinatore. Culto della Terra. Gli artisti come Robert Morris, Eduardo Chillida e Jorge Oteiza studiano lo spazio vuoto nelle loro opere. L’osservatorio di Morris è una scultura paesaggistica che nello stesso tempo presenta sottrazione e addizione. E’ uno spazio dove accadano gli eventi naturali: il tramonto. Un piccolo sentiero ci porta dalla strada verso un muretto fatto con il terreno. Dentro quello troviamo un passaggio scavato. Entriamo dentro e ci troviamo all’interno di un vuoto circolare che assomiglia i vecchi luoghi di culto come Tempio di Vesta a Roma o Stonehenge. Uno spazio misterioso legato al culto della Terra e creato con essa. Casa patio. Il clima caldo mediterraneo è stata la ragione della costruzione della casa patio: la domus romana o la casa araba. E’ proprio il clima caldo secco che è stato la causa di questa tipologia. Per raggiungere le condizioni ambientali migliori bisognava costruire una casa a forma chiusa verso l’esterno, con ampia corte interna ombreggiata. Comune è la presenza d’acqua che raffresca il clima interno. I locali più utilizzati si affacciano verso l’atrium (o giardino) centrale, mentre non vi sono le aperture verso esterno op-

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Abitare il limite: domus romana e casa araba. Pagina a fianco: Yazd, Iran

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Spazio immutabile del Chiostro Grande alla Certosa di Pavia.

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pure esse sono estremamente piccole per evitare il riscaldamento della casa. Così si evitava la presenza di troppa luce solare e si creava una condizione di privacy. La città di Yazd in Iran è un magnifico esempio della forma urbana a patio. Guardando la mappa della città notiamo le sagome, che però non sono i pieni (edifici) come sarebbe nel caso di una città europea, ma i vuoti, i patii delle case. Le strade sono molto strette che fa sembrare Yazd un unico volume bucato. Il vuoto centrale ordinatore è la corte della moschea. Il vuoto diventa il centro della vita domestica e cittadina, creando una tipologia abitativa introversa, una casa che guarda dentro di se’. Recinto sacro. L’utilizzo di un grande vuoto centrale nelle strutture religiose si presenta anche nella cultura europea. L’hortus conclusus è la forma tipica di giardino medievale, legato soprattutto a monasteri e conventi. Dentro il giardino chiuso i monaci svolgevano il lavoro fisico coltivando piante e alberi. Lo spazio del giardino era completamente definito dal progetto e corrispondeva alla porzione del cielo sovrastante. Nell’arte medievale esso spesso veniva considerato il Paradiso Terreste. L’hortus conclusus rappresentava un universo in se’ compiuto. Esso era anche uno spazio di pulizia mentale. Dentro il vuoto i monaci curavano il giardino nello stesso tempo curando la loro l’anima. Era una attività che assomigliava alla meditazione buddista. La Certosa di Pavia fu fondata nel 1396. I monaci certosini svolgevano lavoro fisico coltivando piante e alberi.

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Piazza Anfiteatro a Lucca

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Ma nel caso della Certosa questo processo avviene fuori dal hortus conclusus, sul terreno affianco del Chiostro Grande. La Certosa possiede due chiostri. Il chiostro piccolo è un vero hortus conclusus con la presenza d’acqua sul incrocio di due assi. Il chiostro grande alla Certosa di Pavia, invece, presenta un vuoto silenzioso e intoccabile. Le casette dei monaci sono posti sul bordo che dà la forma al grande spazio centrale. Il vuoto di Chiostro Grande è uno spazio fuori dal tempo, uno spazio in attesa di Dio. Come dice Remo Dorigati: “L’assenza di eventi lo rende immutabile ed eterno”. Scena urbana. Dal vuoto sacro passiamo a quello urbano. La piazza è il centro della vita cittadina. Un vuoto scavato all’interno della città che dallo sfondo diventa figura. Il recinto costruito dalle case circostante possiede un grande spessore e nel rapporto dimensionale supera la piazza tante volte. Grazie a questo fatto le piazze diventano i segni di lettura dello spazio urbano. Guardando una mappa capiamo subito la gerarchia. La piazza è il posto dove si incrociano i flussi e si svolge lo scenario urbano. È importantissimo lo studio dello spazio urbano svolto da Giovani Battista Nolli. Lui intuisce e rende visibile la continuità di esso. Le piazze sono I centri della vita e le strade – corridoi che le connettano. Nella cultura italiana la piazza è la manifestazione di questa cultura stessa. La piazza italiana è un vuoto studiato perfettamente rispetto alla scala umana. Nata come luogo per il commercio nei secoli successivi essa diventa un punto di ritrovo dei cittadini e la manifestazione del potere politico. Così tutti gli edifici più importanti si affacciano sul-

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Robert Morris. Osservatorio.

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la piazza centrale. Ed è proprio la presenza del vuoto della piazza che sottolinea l’eccezionalità di essi. Dagli architetti contemporanei la piazza viene portata all’interno della vita domestica. Una lettura moderna della domus romana. Il vuoto come principio gerarchico e luogo di socializzazione viene utilizzato dai fratelli Aires Mateus. Nei progetti come Casa a Brejos de Azeitao e Casa a Melides le stanze private sono poste sul bordo delle case, creando così il limite e lasciando lo spazio centrale libero per gli accadimenti della comunità. Nel caso del recinto senza un contenuto materiale, il vuoto centrale diventa il vero protagonista. Negli esempi studiati il vuoto è il principio ordinatore, il perno centrale dell’energia: è uno spazio vacante che diventa vivo e prende la voce solo con la presenza dell’uomo; è intero e definito. E’ uno spazio interno, posseduto dagli abitanti del recinto.

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V. ASTRAZIONE assenza del limite

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L’astrazione è un’attività della mente umana che permette di vedere e leggere gli elementi fuori dal contesto. Separazione delle cose che nella realtà risultano inseparabili. La parola deriva dal latino trahere, che significa tirare fuori qualcosa dalla totalità. Si può dire che l’astrazione sia equivalente alla decontestualizzazione, cioè l’attività che permette di tirare le cose fuori dalla realtà. Così possiamo portare l’oggetto dell’analisi fuori dal contesto e fuori dal reale. Un corpo che vola nello spazio in tutte le direzioni possibili. Suprematismo. L’inizio del XX secolo è segnato dalla nascita’ dell’arte astratta e dal suprematismo in particolare. Le radici di essi si trovano nella pittura degli impressionisti e principalmente di Paul Cézanne. Come dice Kazimir Malevic nei suoi scritti, l’impressionismo è la sensazione della luce. Così il cubismo non dipinge le figure ma la sensazione di esse, e il futurismo - la sensazione del movimento. L’arte astratta non ci fa vedere le immagine delle cose reali ma la loro essenza percepita attraverso l’uso dei colori, texture, linee, forme geometriche. Nel 1915 Kazimir Malevic dipinge Quadrato Nero segnando così l’inizio del Suprematismo e di una nuova era nell’arte e nell’architettura russa. Nei suoi scritti teorici lui parla dell’obbiettivo dell’arte: non dobbiamo copiare le forme della natura ma trasmettere le sensazioni. L’arte è la capacità di creare una costruzione basata sul peso, velocità e direzione del movimento. Così gli elementi più importanti per la pittura sono il colore e la texture. L’intuizione è la nuova mente creativa.

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Il Suprematismo è la pittura di energia, che tramite l’astrazione trasmette l’essenza. Il Suprematismo è l’arte senza oggetti, che Malevic considera parte del mondo materiale. Nel suo scritto sull’architettura egli stabilisce che l’obbiettivo della vita è la liberazione dal peso. Cosi gli oggetti e la materia interferiscono con questa liberazione. Il pittore russo arriva anche a proposte architettoniche più concrete. Architekton (архитектон) è lo studio volumetrico, la composizione costituita di parallelepipedi di dimensioni diverse. Però non è ancora il prototipo di un edificio reale. Planite (планит) è la casa dei terresti, un disegno grafico. Sono forme geometriche semplici che rappresentano un nuovo rapporto spazio-volume: spostamento, sporgenza, asimmetria, corpi volanti. Gli esperimenti suprematisti di Malevic sono stati fonte di inspirazione per il gruppo di Still e per gli avanguardisti russi come El Lisitskij e Ivan Leonidov. Proun (проун). Negli anni 20 in Unione Sovietica si sono sviluppate tre correnti principali: suprematismo, costruttivismo e razionalismo. Il primo, come abbiamo visto, si basava sulla forma e colore; il secondo sulla struttura dell’edificio e il terzo sulla percezione umana dello spazio. El Lisitskij diventa l’artista che riesce a comprendere tutti i tre. Prima che Malevic inizia gli esercizi volumetrici, nel 1919 El Lisitskij disegna i proun (progetti di affermazione del nuovo). Fu lui a trasferire il Suprematismo dal piano al volume. I proun sono le composizioni assonometriche, che all’inizio fluttuano nello spazio. Ma dopo vengono appoggiati su un piano.

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El Lisitskij. Proun.

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El Lisitskij fu, nello stesso tempo, pittore e architetto. Ciò gli permette di leggere e interpretare in architettura lavori di Malevic, nei quali gli oggetti volavano nello spazio senza riferimenti. Invece, El Lisitskij li appoggia a terra, rendendoli così più concreti. Asse Cartesiano. È difficile parlare di astrazione in architettura, essendo questa una materia reale. Ma studiando i progetti dei costruttivisti russi si nota subito il metodo di astrazione da loro. La forma e il contesto sono astratti. Gli edifici avanguardisti sembrano volare nell’infinto come navi spaziali, però pronti per atterrarre e possedere lo spazio Ivan Leonidov fu “il poeta e la speranza del costruttivismo russo” come lo chiama Le Corbusier. Fu il più giovane delle stelle di quell’epoca. Già nel suo progetto di laurea Leonidov presenta un’idea rivoluzionaria di organizzazione dello spazio urbano. L’Istituto Lenin progettato dal architetto possiede il vuoto circostante, misurandolo come il centro del sistema Cartesiano. Il nucleo del complesso scientifico è l’auditorium sopraelevato, una sfera volante, con la copertura in vetro. Due ali di aule, la strada sopraelevata e la torre del deposito libri formano tre assi Cartesiani. Il complesso è posizionato su un ampio territorio non edificato. Leonidov non progetta lo spazio scavato all’interno della città, ma l’oggetto che possiede lo spazio circostante su tutte le direttrici. Il vuoto non è posseduto dalla città ma è uno spazio libero ed infinito.

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Ivan Leonidov. Progetto per l’Instituto Lenin a Mosca.

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Kazimir Malevic. Quadrato bianco sullo sfondo bianco. La rappresentazione dello spazio infinito.

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Il vuoto nell’arte astratta è lo spazio bianco infinito. Gli oggetti volano liberamente dentro di esso. L’astrazione nell’avanguardia russa raggiunge il massimo con le pitture di Bianco sul Bianco di Malevic. Il Quadrato Bianco è la conoscenza di se’ stesso, lo spazio infinito della mente umana.

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VI. GLI OGGETTI

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Gli oggetti sono dei punti liberi e in qualche modio possessivi che misurano lo spazio. Nel mondo reale ogni oggetto non vola come in mondo suprematista e ha il suo limite, il piano d’appoggio. Il piano che esso è distinto a misurare. Monolito. Dal dizionario italiano: monolito è una struttura architettonica ricavata da un unico pezzo. L’opera di Jean Nouvel è uno cubo in mezzo alla natura vergine, posto sul piano dell’acqua. Un vero segno della presenza umana. Il Monolite è un corpo estraneo al suo contesto, un oggetto astratto e alieno reso reale con il suo atterraggio. Vista dall’esterno l’opera di Jean Nouvelle sembra essere un cubo pieno. Come il punto di Kandinskij è rivolto dentro di se’. Si trova immutabile e immobile al suo posto, come fosse fuori della realtà. L’unica cosa che lo rende concreto è la fusione con la superficie del lago. Casa russa. Nella prosa di Gogol e Dostoevskij troviamo le descrizioni dei viaggi dei personaggi nella campagna russa. Sono le granie distanze che essi superano con fatica e all’interno di quali si trovano i piccoli oggetti, che al prima occhiata possono sembrare abbandonati. Essi sono le case russe, unici punti di riferimento nell’immensa campagna. Ci sono due tipologie di case note: izba e usad’ba. La prima è la casa contadina, costruita con legno, il materiale più diffuso ed economico. È un’unità abitativa costituita di solito da una sola stanza, dove la famiglia cucinava, mangiava e dormiva. Nel centro dell’izba c’è sempre una stufa che

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Aleksej Savrasov. La casa del consiglio in Fili.

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riscalda la casa. Sulla stufa, che è il posto più confortevole, dorme il capo famiglia. Il resto della famiglia dorme vicino alla porta. In passato non c’era neanche la canna fumaria. Per non perdere il calore un terzo della casa è sotterrato. A causa del clima freddo le izbe sono il più piccole e il più compatte possibile. Usad’ba è la casa padronale di una famiglia ricca. Di solito questo termine descrive un complesso di edifici, che possiede un grande territorio. Usad’ba è una tipologia molto più complessa rispetto all’izba, spesso costruita in pietra. Sono le case - simbolo della vita nobile dei XVIII-XIX secoli. Dvor. Prima che Pietro il Grande costruì la “finestra nel Europa” la cultura russa era più legata alle tradizioni Bizantine ed asiatiche. Il nucleo urbano di Mosca fu Cremlino, una fortezza recintata. Durante l’espansione urbana sono stati creati Kitaj-gorod (città cinese), Belij gorod (città bianca) e Zemlianoij gorod (città di terra). Le aree più lontane dal centro furono edificate senza nessun piano urbanistico. I lotti urbani si chiamavano dvor, che significa uno spazio posseduto dalla casa, dove oltre a casa padronale si trovavano altri edifici serventi. Le strade si presentavano come labirinti, la pavimentazione non c’era e alcuni edifici stavano in mezzo di esse. Nel 1742 uscì la legge “Sulla costruzione delle case a Mosca”. Fu la legge che progettava i vuoti, cioè le strade. Tutti i palazzi dovevano essere messi in linea e attaccati uno all’altro. La larghezza della strada doveva essere uguale in tutti I punti. La forma urbana prevista era a corte come

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Ulitsa Tverskaja negli anni 50-60 del XVIII sec. Tipologia urbana scomposta.

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nelle città Europee. Nonostante il piano le proprietà urbane rimassero organizzate come prima. Nella pianta di via Tverskaya (ora un’arteria centrale di Mosca) degli anni 1750-60 vediamo ancora gli oggetti singoli al posto di recinto. Il limite della proprietà in questo caso non è costruito, ma è mentale. Mikrorayon. E’ un’unità della struttura urbana costituita da palazzi residenziali e da edifici di uso pubblico, come scuole, asilo o club. Mikroraion era diffuso in Unione Sovietica e in altri paesi del blocco socialista partendo dagli anni 60 dl XX secolo. La forma urbana presenta oggetti messi in mezzo allo spazio verde. Infatti i progettisti sovietici si ispiravano alle idee della Città Giardino. Nonostante il fatto che la posizione dei manufatti tende a creare una tipologia a corte aperta con un edificio pubblico al centro, questa sua importanza non si percepisce. Lo spazio “vuoto” tra gli edifici è lasciato al verde e risulta quasi impraticabile. L’altra questione è la scala. La distanza tra i manufatti non è studiata rispetto alla figura umana. Infatti stando dentro uno di questi “cortili”, la persona si trova in mezzo ad una foresta. L’idea di vivere in mezzo al verde è una piacevole proposta ma possiamo mettere indubbio quanto sia adatta alla realtà urbana. Il vuoto verde degli Mikrorayon spesso resta davvero uno spazio vuoto, privo di uomini.

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Jean Nouvel. Monolito dentro il lago.

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Gli oggetti nel vuoto rendono questo spazio concreto e restaurano le relazioni tra di loro, creano un sistema. L’aspetto fondamentale qua è la scala e la distanza tra essi. Perché’ il vuoto è concreto solo quando è percepito così dal suo utente.

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VII. SISTEMA CHIUSO

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Un recinto contenitore ha la funzione di legare gli oggetti contenuti insieme, di dargli un’unità topologica. Non è più uno stato d’attesa, ma un’affermazione della presenza. Gli oggetti messi sul piano sono già in relazione tra di loro, ma quelli dentro il recinto creano un sistema chiuso come una cellula del corpo umano. Il recinto - contenuto è un sistema complesso, dove il vuoto interno diventa un mezzo di relazione. Questa tipologia contiene in se’ due contradittori: il recinto e l’oggetto. Città medievale. Una città medievale è quasi sempre una fortezza. Il Medioevo fu un periodo tumultuoso segnato da molte guerre. Così una città aveva bisogno di protezione, di alte mura difensive. Troviamo tantissimi esempi di questa tipologia in tutta l’Europa. In Italia si potrebbe citare San Gimignano, una città dei torri posta su una collina e recintata. Anche Milano nei tempi aveva i muri che si modificavano con la crescita’ urbana. L’esempio russo più noto è Cremlino a Mosca. Una fortezza costruita nel 1156 prima in legno, sostituito in seguito dalla pietra bianca e poi ancora del mattone rosso. I monasteri russi nonostante il carattere religioso erano le fortezze. La situazione politica complessa e la posizione tra due forze armate (mongoli al sud e svedesi al nord) vincolava ogni nuova fondazione ad essere protetta. La funzione delle alte mura è anche quella di proteggere i monaci dalle tentazioni e dai pericoli del mondo. All’interno delle mura si trovano oggetti come la cattedrale centrale, altre chiese, refettori, celle dei monaci ed edifici amministrativi. Un bellissimo esempio è il Monastero della Trinità di San

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Due esempi dei sistemi chiusi: Monastero della TrinitĂ di San Sergio, 1345.

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SANAA, 21st Century Museum, 2004

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Robert Morris. Oggetti contenuti.

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Sergio fondato nel 1345. Il monastero è un mondo in se’ i cui oggetti contenuti hanno ognuno la sua funzione. Rispetto a Piazza dei Miracoli a Pisa che risulta immutabile nel tempo, i monasteri si modificavano continuamente. In essi gli oggetti nuovi venivano aggiunti in modo caotico creando una densità sempre più compatta. Tipologia scomposta. Gli architetti giapponesi come Sou Fujimoto e studio SANAA si occupano della ricerca di tipologia scomposta. Gli esempi come House NA e Tokyo Apartment di Fujimoto o Mariyama House e 21st Century Museum di SANAA. Mentre Fujimoto lavora con i volumi liberi, quelli di SANAA sono uniti da un recinto. 21st Century Museum si trova nel centro di Kanazawa. L’edificio ha forma circolare bassa con i volumi più alti che sporgono dalla copertura. Ognuno dei volumi posti all’interno del recinto circolare ha la sua funzione e la sua dimensione. Così ci sono gli spazi per le mostre, per il auditorium per i convegni, un patio, il ristorante, lo spazio per i bambini e cetera. Questi spazi sono allo stesso tempo lo scavo dentro il volume principale e l’addizione in esso. La forma finale è dinamica e vista dall’esterno ci fa percepire il movimento e la ricchezza della vita che si svolge al suo interno. Vuoto per il monumento. Tanti oggetti dentro un recinto formano la città, un oggetto è il monumento. C’è differenza tra il recinto vuoto e tra il recinto con oggetto posto in mezzo. La differenza è la presenza, un’affer-

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Palazzo d’Arnolfo. Piazza divisa a San Giovanni Valdarno.

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mazione. Se decidiamo di aggiungere un oggetto all’interno del vuoto sacro significa che è davvero importante. La città di San Giovanni Valdarno fu fondata nel 1296 come uno dei punti del sistema difensivo fiorentino. E’ una città a struttura quadrangolare romana. Nell’incrocio dei due assi principali fu creata un’ampia piazza, sui limiti di quale furono poste due chiese. Ma invece di tenere il dialogo tra due edifici religiosi e la continuità’ spaziale essa viene divisa in due con la costruzione di Palazzo d’Arnolfo, il centro del potere. E’ un monumento aggiunto all’interno dello scavo urbano, che è destinato a cambiare il carattere di questo vuoto. Il Castello Sforzesco di Milano fu un’entità messa a se’, staccata dalla piazza centrale e dalla chiesa. La sua dimensione superiore rispetto al tessuto urbano lo teneva a parte rispetto alla città. Nel periodo del Napoleone la città stava raggiungendo il castello, che però essendo il centro del potere politico non doveva essere inglobato dalle case circostante. Il progetto per Foro Bonaparte di Giovanni Antolini prevedeva la costruzione di un’enorme piazza intorno al Castello Sforzesco. Per crearla Antolini propose di costruire un’imponente colonnato dorico, recintando il nucleo del potere. Questo limite doveva tenere lontano il tessuto urbano e proteggere l’identità del monumento. Lo spazio vuoto intorno al monumento è la manifestazione della sua eccezionalità.

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Vuoto per il monumento. Progetto del Foro Bonaparte di Giovanni Antolini.

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In un sistema complesso il vuoto diventa un mezzo di relazione e di espressione. Più oggetti ci sono dentro il sistema, più complessa è la forma del vuoto. Un oggetto solo, il monumento non distrugge ancora l’unità del vuoto, mentre aggiungendo più oggetti spezziamo lo spazio, in cui silenzio si rompe come fosse un bicchiere di cristallo. Aumentando la quantità di oggetti, aumentiamo anche la densità del vuoto, che perde la sua leggerezza e passa allo stato appiccicoso come citoplasma all’interno di una cellula animale. Non è più un volume d’aria libero ma legante del sistema chiuso.

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Postfazione (sulla relazione limite - oggetto).

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Nostalghia di Andrej Tarkovskij. Unione di due mondi tramite un’inserimento spaziale.

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