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BENEVENTO
Diploma Accademico
Di Secondo Livello in VIOLONCELLO
-SEMIOGRAFIA MUSICALE-
TITOLO
La scrittura contemporanea
Con l’avvento del XX secolo si ha un brusco superamento della grande tradizione musicale, avutasi
fino al secolo prima, e l’inizio di una nuova visone. Nascono nuove ideologie e modi di fare musica
che si intrecciano con le nuove nascite, esempio: la nascita della musica elettroacustica. Si va verso
una scrittura musicale complessa che ci porta ancor di più ad avere una semiografia personale,
una scrittura che cambia da autore ad autore, con annessa spiegazione nella prefazione della
composizione, in modo da aiutare l’esecutore alla comprensione di studio ed esecuzione.
Le prime trasformazioni sono l’abbandono della lingua italiana nella terminologia musicale e
l’inizio dell’uso di altre lingue come: Inglese, Tedesco, Francese. Un esempio è l’uso della
terminologia musicale di Schoenberg, il quale utilizza la lingua tedesca:
• PRELUDIO = Einleitung
• ADAGIO MODERATO ALLEGRO = Langsam Massig Schnell
• AMPIAMENTE = Breiter
• MOLTO VELOCE = Sehr rasch
• MODERATO = Massig
• IN TEMPO = im Tempo
• PEDALE = Dampfer
Il tentativo di aprire nuove strade in linea con i nuovi tempi, si ha con il ‘Venetian Journal’ di
Bruno Maderna, per 16 strumenti solisti, nastro magnetico e tenore. L'idea di questo lavoro nasce
da un testo di Jonathan Levy. Ad ogni strumento vengo assegnati dei frammenti da eseguire nel
rispetto della successione. Ogni frammento è un episodio assestante, ad eccezione della pagina
contrassegnata con il numero 10. Le lingue utilizzate, come volevasi dal periodo storico, sono
diverse: italiano, inglese e francese.
Uno dei maggiori rivoluzionari è invece Sylvano Bussotti, scrive pezzi di difficile comprensione e
interpretazione, il suo modo di scrivere è molto creativo e originale:
Fin da ragazzo lavora alla composizione musicale così come al disegno e alla pittura; sue mostre
d'arte si allestiscono in vari paesi del mondo. Dall'attività concertistica si sviluppa l'esperienza
teatrale che lo porta ad occuparsi di cinema e di televisione.
Sulla medesima linea di Bussotti c'è Karlheinz Stockhausen, il quale lavora dapprima alla nuova
musica per poi immergersi completamente nei nuovi orizzonti della musica elettronica. Nel XX
secolo, come già detto, si aveva una trasformazione estetica della musica occidentale, ottenuta
grazie a determinati procedimenti compositivi, la quale è stata potenziata anche grazie alle nuove
tecnologie, in particolare con la musica elettronica.
Tra il 1945 e il 1950 nascono: la musica concreta e la musica elettronica, alle quali si unirà anche il
computer come mezzo di produzione sonora. La musica concreta ambiva a comporre opere con
suoni di qualsiasi provenienza, specialmente i ‘rumori’, scelti poi con cura e assemblati attraverso
le tecniche di montaggio. Contrariamente, la musica elettronica operava sulla sintesi di un suono
senza passare per la fase acustica, combinando le sue componenti analitiche in frequenze pure.
Così facendo si aveva con forza l’idea che ogni suono fosse riducibile a 3 parametri (altezza-herz,
intensità-decibel e tempo-sec).
Un altro rivoluzionario, invece, come Bussotti, è John Cage, il suo modo di concepire la musica è
unico. John Cage, noto tra l'altro per le sue collaborazioni con i gruppi d'avanguardia del teatro e
della danza, dedicò pagine per l'espressione corporea e teatrale dell'interprete in concerto. Fin
dall'inizio, la sua produzione mette in moto meccanismi di attrazione che la tradizione musicale
non aveva utilizzato. L'attenta considerazione del silenzio, del caso, del timbro, della teatralità
informale, dell'improvvisazione, intorno all'happening, mai priva di un certo misticismo orientale,
conferiscono alla sua musica un valore che va oltre l'espressione puramente sonora. Dall'azione
teatrale, al rapporto col silenzio di cui il suo 4'33" ne è l'emblema, il suo lavoro esige una capacità
di ascolto che stimola il livello di percezione.
4'33" o il brano del silenzio, con il quale per la prima volta si dà vita ad una composizione per
pianoforte senza l'emissione di un solo suono per tutta la sua durata, risponde fedelmente alla
concezione del silenzio di John Cage. La partitura, come notazione rappresentativa dell'idea
compositiva, comprende unicamente il seguente testo:
I. Tacet.
II. Tacet.
III. Tacet.
l titolo fa riferimento alla durata totale in minuti e secondi del brano. Per la prima esecuzione nel
1952, David Tudor suddivise le tre parti in 33", 2, 40" e 1, 20", indicando l'inizio di ciascuna parte
abbassando il copri tastiera del pianoforte e il finale rialzandolo. Si tratta di un esempio di
teatralità ridotta al minimo, anche se in realtà le sue possibilità immaginative dipendono dal luogo
e dalle circostanze dell’esecuzione, possono essere infinite.
NOTAZIONE DEL XX SECOLO
I sistemi di notazione e di grafia della musica del XX secolo hanno destato grande interesse sia dal
punto di vista espressivo che artistico-plastico. I continui mutamenti del mondo sonoro e le
trasformazioni di ciò che è stato ereditato dal passato hanno comportato una profonda riflessione
sul rapporto tra segno e idea compositiva. La molteplicità delle idee ha coinciso con una
simbologia altrettanto varia e a volte contrastante.
Nella rappresentazione simbolica del suono ricorrono spesso alcuni segni.
Le frecce:
possono indicare:
Quelle appena viste sono le alterazioni ‘microtonali’ che ritornano dopo millenni di musica. Le
denominazioni sono diverse, abbiamo i MONESIS, TRIESIS (il quarto e il terzo di tono ascendente),
quindi in aggiunta al ‘diesis’. Lo stesso succede per i bemolle, che diventano: SEMIBEMOLLE,
SESQUIBEMOLLE (il quarto e il terzo di tono discendente).
Uno degli effetti comunemente acquisiti per tutti gli strumenti come ripetizione non controllata
numericamente, che è il tremolo negli strumenti ad arco, il flatterzunge negli strumenti a fiato e
pronuncia continuata di vari tipi di R nella voce. Esso è rappresentato con segni diversi:
Anche le linee parallele orizzontali si utilizzano con diverse finalità. La più comune, quella che
costituisce il pentagramma, continua a mantenere la sua funzione storica di mezzo per la
determinazione delle altezze. Da un punto di vista strumentale è la forma più comprensibile, per
questo la si mantiene senza riserve. Aggiungendo più linee, il pentagramma ha comunque
conservato un criterio di selezione delle altezze:
IL MODO IN CUI SI ESEGUE LA MUSICA CONTEMPORANEA
Tra i primi compositori che analizzeremo, vi è Giacomo Manzoni, le quali esperienze compositive
girano attorno al secolo scorso. In lui sono già evidenti i nuovi mezzi di espressione, a partire da
"Parafrasi con finale" per 10 strumenti. Scrive meticolose istruzioni per gli archi:
Un pezzo per archi "Percorso F" per contrabbasso, è l’evidente ricerca di un rapporto tra segno e
carta musicale. Sono presenti in questa composizione le indicazioni delle figure precedenti, dove il
segno è in funzione del suono e non fine a sé stesso.
Composizioni, che destano particolare interesse alla semiografia contemporanea, sono quelle di
Armando Gentilucci, esempio ne è "il tempo sullo sfondo". Il compositore cerca la produzione di
effetti completamente inusuali:
In alto alcuni esempi della scrittura di Ligeti per gli strumentisti ad arco.
I NUOVI SEGNI PER GLI STRUMENTISTI AD ARCO
La maggior parte dei compositori di musica contemporanea si serve di simboli di loro creazione, in
modo da rendere meglio le intenzioni compositive. Diversi compositori si sono occupati e
continuano ad essere interessati agli strumenti ad arco, creando idee, simboli completamente
nuovi.
Un primo esempio lo abbiamo con il compositore Girolamo Arrigo, interessato, in una delle sue
composizioni, al contrabbasso a 4 o 5 corde, segnando:
Il compositore, Azio Corghi, invece, nonostante sia interessato principalmente alla chitarra, dedica
anche un ristretto quadro personale agli strumenti ad arco:
Nel mondo asiatico, invece, sono pochi i compositori che si affacciano al mondo della musica
contemporanea. Hifumi Shimoyama, dedica particolare attenzione al violoncello, richiedendo dallo
strumento sonorità fuori dal comune:
1. Molto vibrato
2. Vibrare lentamente
3. Suonare con l’arco sulla tastiera
4. Suonare sul ponte
5. Ottenere effetto percussion
6. Tremolo molto veloce
COSA SUCCEDE PER IL QUARTETTO D’ARCHI
Il quartetto d'archi rappresenta il genere nobile per eccellenza: l'ascolto di un quartetto sarebbe
sinonimo di contemplazione delle forme musicali per ciò che sono, in opposizione a un ascolto che
verrebbe guidato da un programma poetico.
All'inizio del XX secolo il quartetto è, per alcuni compositori come: Claude Debussy, Leos
Janacek, Alexander v. Zemlinsky, Arnold Schönberg, Alban Berg, Anton Webern, Maurice
Ravel e Béla Bartók, un analogo alla sperimentazione, una ricerca di un ideale in campo di
composizione musicale, a tal punto che il critico musicale Dominique Jameux parla di "laboratorio
delle forme". I
Il quartetto di Gabriel Fauré (scritto nel 1924) è l'opera di un musicista desideroso di ultimare la
sua lunga carriera di compositore con un capolavoro di purezza ed ascetismo, al contrario di
Darius Milhaud (autore di 18 quartetti), Heitor Villa-Lobos (autore di 17 quartetti), e
soprattutto Dmitrij Šostakovič (autore di 15 quartetti), che hanno contribuito a rinnovare la
tradizione di questa forma musicale.
Partiamo subito dall’esempio più lampante della nuova scrittura, della ricerca: Allegro pizzicato, IV
movimento del quartetto per archi n.4 in Do Maggiore di Béla Bartók.
Nell'Allegro pizzicato il quartetto sembra un concerto di chitarre, in quanto gli esecutori non usano
l'arco, ma pizzicano le corde, non un pizzicato comune, ma rude, tanto da sentire il rumore della
corda che sbatte contro la cordiera. Nella melodia circolare che la viola presenta per prima, tra le
strappate ritmiche degli altri strumenti, non è difficile ravvisare una trasformazione del rapido
saliscendi che costituiva il tema dello scherzo precedente (Prestissimo, con sordino).
È stato, successivamente, dato un nome a questo pizzicato, detto pizzicato alla Bartók o pizzicato
Bartók esso è un pizzicato in cui la corda è pizzicata verticalmente, tirandola e facendola sbattere
sulla tastiera. Produce un suono simile a uno schiocco di frusta ed è indicato in tre modi differenti:
Andando avanti con gli autori, ci iniziamo ad avvicinare alla scrittura dei nuovi segni anche per i
quartetti d’arco, un esempio lo è il pilastro della nuova musica: Luigi Nono. Dove in composizioni,
quali ad esempio "Fragmente-Stille, an Diotima" per quartetti d'archi, osserviamo segni come:
*SALVATORE SCIARRINO
*GIANVINCENZO CRESTA
Ora osserviamo i segni nella partitura:
Trattiamo per finire Salvatore Sciarrino, che fra il 1967 e il 1992, compose sei quartetti d'archi. Il
più sostanziale di loro, il primo, dura poco più di quattro minuti; il più breve, il secondo, finisce in
meno di un minuto e mezzo.
Sciarrino descrive questi quartetti come "una costellazione non di movimenti normali, né solo di
aforismi, ma di qualcosa nel mezzo". Ognuno di loro sembra esplorare un modo diverso di
articolare il mondo gestuale immediatamente identificabile di Sciarrino, con la sua preoccupazione
per i suoni sfuggenti e fragili, le armonie ai limiti delle capacità degli strumenti, e i ritmi e le
ripetizioni che sembrano essere sul punto di migliorare o scomparire del tutto.
Rispettivamente a nove e 18 minuti, i due quartetti successivi, il settimo (1999) e l'ottavo (2008),
sono molto più sostanziali, sebbene abitino lo stesso fugace mondo musicale dei loro predecessori
miniaturizzati. Sono pezzi belli e inquietanti; un tentativo, dice Sciarrino, di applicare agli strumenti
ciò che ha sviluppato nella sua musica per le voci.
Osserviamo, prima di tutto, lo specchietto dei segni che vedremo all’interno dei 6 quartetti:
INDICAZIONI GENERALI
1. Di legno
2. Di crine
Assieme ai pizzicati
Molto delicato rispetto agli altri due, presenta più avanti figurazioni strette come terzine o
quintine di biscrome ma i protagonisti sono gli armonici che vanno e vengono.
Il IV è pieno di cambi di tempo, e il protagonista indiscusso è lo spazzolato:
1. I trilli
2. Il grattato
L’ultimo quartetto, il VI, è lento, il suo titolo è “la malinconia”. Questo quartetto, rispetto agli altri
cinque si sviluppa su più effetti, inizia con un glissato al violoncello, poi ripetuto all’unisono da
tutte e quattro le voci:
Gli altri effetti che vediamo sono gli stessi già presentati negli altri:
Possiamo dire che, l’ultimo dei quartetti brevi di Sciarrino, presenta maggiormente i trilli come nel
V, accenna agli armonici lunghi del III, ma ha comunque un suo effetto protagonista, quale è il
glissato:
BIBLIOGRAFIA:
Cecilia Andreis, Brevi line di semiografia musicale, appunti per i bienni nei conservatori di musica, Roma
2020
Villa-Rojo Jesus, notazione e grafia musicale nel XX secolo, Varese 2013
Leonardo Pinzauti, in Enciclopedia Treccani, LIGETI György, IV Appendice 1979
Andrew Clements, in the Guardian, classical music, Sciarrino: Sei Quartetti Brevi-review, U.S.A. 2013