Rinascite culturali

Miracolo ad Aielli: il borgo spettrale in Abruzzo riprende vita grazie alla street art

di Maurizio Di Fazio   17 giugno 2021

  • linkedintwitterfacebook

Il paesino, devastato dai terremoti, era sempre meno popolato. Poi gli artisti ne hanno risollevato le sorti. Merito di un festival che unisce murales e astronomia

La riqualificazione urbana, il risveglio e il miracolo di una landa desolata, di una collettività, di una generazione grazie a spruzzi di bombolette, stencil e ideali fortissimi e sostenibili. Benvenuti ad Aielli, nemmeno 1.500 abitanti in provincia dell’Aquila: oggi questo minuscolo paese dell’Appennino abruzzese è diventato una sorta di villaggio magico e favoloso, come zampillato dalla fantasia di Antoni Gaudì, che intercetta e intreccia sensibilità culturali globali e tradizionali.

Merito di Borgo Universo, un festival di street art e astronomia e soprattutto un progetto lungo tutto l’anno, con tour guidati nel weekend: inaugurato nel 2017, nonostante il Covid-19 l’estate scorsa ha richiamato 50 mila visitatori.

Venticinque murales tatuati sul corpo irto di cicatrici di un centro storico non più spettrale, più altri nella new town sorta dopo il terribile terremoto del 1915. A sfornarli, alcuni tra i più celebri street artist del pianeta, che hanno affrescato e reinfuso un’anima alle tante facciate di quest’agorà morente.

STORIE_AIELLI_MURALES_DI_FAZIO_25_AGF_EDITORIAL_GFD2316155

Racconta Pasquale Gentile, 39 anni, che viveva ad Amburgo ma sta qui da due anni, in smart working dai parenti della moglie: «Gli artisti si calano subito nell’atmosfera locale. Gli anziani li invitano a pranzo e a cena, a prendersi un caffè, un bicchiere di vino, scherzano con loro, la diffidenza iniziale è stata vinta. Anzi, ormai fanno a gara a volerci elargire le loro pareti esterne di casa. Se questa non è un’utopia compiuta!».

La guida che ci accompagna è una 25enne dall’eloquio forbito e con due occhi che sprizzano intelligenza cosmopolita. Martina Gentile è laureata in filosofia ed è “aielliana” da una decina d’anni: «La piaga più grossa era lo spopolamento, che ho praticato sulla mia pelle. Quando ho cominciato a studiare all’Aquila, sentivo che prima o poi mi attendeva la fuga: una legge ineluttabile, genetica. Mi domandavo: “Sì, dovrò levare le tende per trovare un mestiere e una ragion d’essere: ma per andare dove, e a fare cosa?”. E invece, sistematicamente, coltivando in blocco il nostro anelito, sono riuscita a togliermi il tarlo, quel divorante pensiero fisso».

Pierluigi Nucci, 32 anni, è venuto alla luce a poche decine di metri dalle mattonelle della nostra conversazione: «Ho vissuto tre anni fuori: due in Inghilterra, uno in Australia, ma non ho mai messo in dubbio il fatto che sarei tornato qui. Non ci manca nulla: latitava solo un po’ d’organizzazione, e la voglia di volare. Tutti partono per andare a vedere il mondo: noi abbiamo scelto di offrire una visione in più, un supplemento di sogno, affinché fosse il mondo a venire da noi».

STORIE_AIELLI_MURALES_DI_FAZIO_25_AGF_EDITORIAL_GFD2316174

Martina, Pasquale e Pierluigi sono membri di una cooperativa di comunità animata, attualmente, da oltre trenta componenti, età media sui trent’anni, che ha assorbito le varie energie e associazioni e gestisce la manifestazione estiva e i servizi connessi. «Facciamo rete», è il loro motto; la speranza è di gettare le basi per un indotto economico circolare e duraturo. Intanto la stagione del volontariato sta per terminare: già nei prossimi mesi è prevista l’assunzione di quattro o cinque figure.

«Questo è il nostro museo a cielo aperto e sarà un volano per arginare l’esodo dei 20-30enni attuali, e di quelli che verranno», aggiunge Pasquale. Aielli rinasce e si ripopola sulle ali dei murales d’autore, che hanno innescato un cortocircuito formidabile: dalla decadenza, dall’oblio a un laboratorio di palingenesi radicale e a misura d’uomo, che pulsa dal basso.

Proseguiamo il nostro giro nel cuore antico di questo centro marsicano incastonato nel parco naturale regionale Sirente Velino: poco distante c’è la piana del Fucino, la cui agricoltura di patate e carote pregiate sopravvive grazie alla manovalanza dei migranti. Tra una curva e uno slargo, uno scorcio impensabile e un’epifania cromatica, una signora sulla novantina ci saluta e sorride dalla veranda di casa. E si infila la mascherina.

Enzo Di Natale, non ancora quarantenne, sindaco dal 2015, è uno dei motori dell’iniziativa. «Enzo è uno dei nostri». È in effetti indistinguibile dal resto della cooperativa: era uno dei ragazzi che vagheggiavano un avvenire diverso per la sua terra negletta, e quel futuro si è materializzato. «Il sisma di un secolo fa aveva semi-cancellato Aielli dalla faccia del creato. Le grandi emigrazioni degli anni Cinquanta e Sessanta hanno finito di svuotarla. Mettiamoci pure i problemi cronici che attanagliano le aree interne: l’invecchiamento dei residenti, la scarsità di sbocchi occupazionali, l’emorragia della popolazione più giovane…».

Borgo Universo ha rovesciato il tavolo del pessimismo, ere geologiche di fatalismo. Con un valore aggiunto, sottolineato da Martina: «Il tessuto sociale delle persone del luogo. Il turista non trova porte e finestre chiuse, ma condivisione e partecipazione. Abbiamo prodotto qualcosa di importante, trascendendo noi stessi».

Scorrono davanti ai nostri occhi le opere di Giò Pistone, Luca Zamoc, Orodé Deoro, Millo, Matlakas Aris, Ericailcane. Il murale forse più fotografato, frutto del genio e dello spray di Okuda San Miguel, protagonista planetario dell’arte urbana col suo surrealismo pop, psichedelia cromatica. Applauditi in India come negli Stati Uniti, in Giappone e in Brasile, nel Sudafrica e nelle capitali europee, i suoi lavori ragionano sul senso della vita, inebriando lo sguardo.

L’immenso spazio siderale è un tema ricorrente a Borgo Universo, e tra poco capiremo il perché. Cunicoli temporali, giochi geometrici, panteismi in 3D, fantasmagorie di simboli. Ecco la famosa costituzione italiana trascritta nel 2019, i suoi 139 articoli riprodotti in toto su una parete di 60 metri quadri, con una stampante speciale: «Un muro parlante».

Tra tutti i comuni tricolori, Aielli è stato il primo a sviluppare quest’intuizione. L’obiettivo? Veicolare i principi della nostra carta suprema in maniera eterodossa, e quindi polarizzante: la libertà, la dignità umana, l’uguaglianza, il rispetto per il bene pubblico e per il prossimo ricordati e ribaditi day by day, a schermo gigante. «L’alternativa sarebbe stata quella di fare qui delle toilette: utilissime, per carità, ma nella vita, anche amministrativa, occorrono delle priorità», dice il primo cittadino.

Nel mentre, tre ventenni tedeschi in visita col nostro gruppo si soffermano sull’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Sono in viaggio in bici, nei giorni precedenti erano stati a Siena e nella Val d’Elsa, hanno inserito questo spicchio un po’ esotico d’Abruzzo nel loro Grand Tour, nel pomeriggio ripartiranno per la Germania. Diritti, e Letteratura con la maiuscola: «Tra qualche giorno inaugureremo un mega-murale con la riproduzione integrale della Divina Commedia di Dante. Un manufatto ciclopico, decine di pannelli collegati tra di loro che daranno l’impressione di un unicum in alluminio serigrafato», conclude Di Natale.

Ma da dove deriva il nome del festival, e della serie permanente di eventi che ha originato? Dalla connessione tra il cielo e la terra: Aielli è conosciuta, in parallelo, per la sua Torre delle Stelle, risalente al 1400, che ingloba l’osservatorio astronomico più alto dell’Italia centrale, quasi 20 metri. Il suo cittadino più illustre fu infatti un astronomo ottocentesco, Filippo Angelitti, a cui è dedicata la piazza principale e la relativa statua.

Carlo Maccalini, maestro elementare, capelli lunghi più sale che pepe, gestisce la torre in tandem con Paolo Maria Ruscitti. Assomiglia a Shel Shapiro, il cantante dei Rokes: lo immaginiamo intento a illuminare i misteri della volta celeste, con i suoi trucchi da autostoppista galattico. «Tutto questo che vedi era fiorito, inizialmente, proprio attorno all’osservatorio, aperto nel 2002. Siamo un paesino di montagna che era destinato ad assottigliarsi inesorabilmente: oggi chi torna, e si imbatte in tutto questo movimento, stenta a crederci. La tendenza si è invertita in modo drastico: approda gente dal resto della penisola, da mezzo globo, e chiede se ci sono appartamenti da acquistare. Vorrebbero trapiantarsi qui. Per me è un’emozione enorme, sconvolgente. E chi ci scopre, per caso o per affinità elettive, se ne innamora perdutamente, complice il contesto: questo scenario, queste montagne, questa tranquillità».

Pierluigi Nucci è sintonizzato sulla medesima lunghezza d’onda: «Tante persone stanno ricominciando a prendere casa qui, comprando persino ruderi nella zona vecchia, terremotata». La forza e la poesia di un borgo che è un universo. E che ha radici in un altro capolavoro, in questo caso del Novecento.

Nel 2018 Alleg, al secolo Andrea Parente, ha copiato su un muro, con l’acribia di un amanuense post-moderno, l’intero “Fontamara” di Ignazio Silone. 53 mila parole, tre chilometri di righe, 80 metri quadri. Ha impiegato un mese e mezzo per portare a termine il suo immane lavoro. Silone era di Pescina, a una manciata di chilometri da Aielli, dove venne ambientato l’omonimo film di Carlo Lizzani. La memoria che si ibrida nel contemporaneo.

Antonio Curitti, 32 anni, due lauree umanistiche in tasca, ha vissuto altrove, pure all’estero. Poi ha deciso di rientrare: adesso fa il contadino, è una delle colonne portanti del progetto e invita sempre con calore, senza formalismi, gli artisti di passaggio. «Penso che sia accaduto qualcosa di straordinario: un tempo, da queste parti, soffiava soltanto la tramontana. È il riscatto dei nipoti dei cafoni di “Fontamara”, che avevano vissuto in eterno ai margini della geografia e della storia. Siamo usciti finalmente dal buio dei secoli. E, per giunta, attraverso la nostra nemesi, i nostri deficit pregressi: l’arte, la cultura, la scienza. Un’avventura meravigliosa, la nostra». La parabola di un’unione di giovani che volevano rendere il mondo, il loro mondo, un posto più bello. Ce l’hanno fatta ascoltando il consiglio di Banksy: «Se non ti piace, dipingici sopra».