Archivio per Bruno Socillo

MAGNIFICAT

Posted in Masters of Universe with tags , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , on 19 aprile 2009 by Sendivogius

 

berlusconi-pescaraCinegiornale Luce

 

 “Non voglio arrivare a dire di azioni dirette e dure nei confronti di certi giornali e certi protagonisti della stampa, però sono tentato…

 (S.Berlusconi, 04 Aprile ‘09)

 

Un buon cortigiano anticipa sempre i desideri del potente. Ne interpreta i voleri prima ancora che questi siano formulati con richieste esplicite. Annusa con fiuto infallibile l’aria che tira e subito si adegua alla direzione del vento, piegando le vele là dove la corrente è più forte. E l’Italia, dove i servi abbondano, vanta una secolare esperienza nell’antica arte di compiacere i propri padroni. 

Infatti la cosiddetta “Informazione”, specie se pubblica (cioè di partito), ha una funzione essenzialmente celebrativa, speculare al potere politico. Se ‘Servizio’ esiste, non può che essere esercitato alle dipendenze altrui, nel nome di un protettore a cui votarsi e di una corte alla quale legare le sorti della propria sopravvivenza. Pertanto bisogna saper valutare, puntando su un candidato vincente, possibilmente dalla fortuna duratura. In Italia non è una scelta difficile…

Bastonate con furore dal sedicente giornalismo ‘liberale’ quando sono al governo, cannoneggiate senza tregua quando sono all’opposizione, le friabili coalizioni di centrosinistra vengono e sopratutto se ne vanno con la velocità di una meteora. Berlusconi invece resta. Sempre.

Brevi parentesi nel (quasi) ventennale interregno del Cavaliere Nero, i governi di centrosinistra durano quel tanto che basta per essere accusati di ogni nefandezza… anche della crocifissione di Gesù Cristo, se necessario all’acquisizione di crediti. Stranamente, l’intransigente spirito dei nostrani liberali svapora in mute nuvole di consenso incondizionato, dinanzi all’enorme conflitto d’interessi e alle preoccupanti anomalie del bulimico monocrate di Arcore… Nulla deve turbare il naturale corso degli eventi: un lungo fiume tranquillo che scorre veloce, incanalato tra solidi argini e ali di folla festante al passaggio in barca di Silvio, l’azzurro timoniere. Per questo, gli avvenimenti vanno filtrati e depurati da ogni contenuto destabilizzante. La TV serve per illustrare le gesta agiografiche del sovrano, incensare le sue virtù, e rassicurare il popolo raccolto nell’adorazione di Silvio il Magnifico. È un aggiornamento dei vecchi cinegiornali Luce. Gli argomenti devono essere semplificati per essere consumati in fretta. I TG diventano i fast food della notizia precotta, immediatamente fruibile come prodotto di massa, per una società che viaggia veloce e nella quale non c’è spazio per le incrostazioni del dubbio. La complessità, la critica, gli approfondimenti… sono il fastidioso companatico di un panino già bello e confezionato, che non ammette variazioni nella sua rigida composizione.

Non si contesta tanto la sostanza, quanto il principio di esistenza di ogni possibile voce dissonante dal peana magnificante.

La trasmissione “Report” della bravissima Milena Gabanelli dedica una trasmissione alla social card ed alle politiche fiscali del ministro Tremonti l’Infallibile? Il programma viene deferito al ‘comitato etico di vigilanza’ della RAI.

“Annozero” dell’incontenibile Michele Santoro denuncia inefficienze nelle operazioni di soccorso e responsabilità nei disastri del terremoto in Abruzzo? Santoro è uno sciacallo politico! Non certo coloro che hanno trasformato la tragedia abruzzese nel palcoscenico ideale di un enorme spot elettorale, dove il cinico reality show governativo sul dramma degli sfollati si mescola con falsi sentimentalismi e leziosità da Mulino Bianco. Si unisce nel “tiro al Santoro” anche Bruno Vespa: il necrofilo della pedemontana. Il direttore Masi, indignato, sospende il vignettista Vauro, per offesa ai defunti…

vauro

In Abruzzo, oltre alla Casa dello Studente, sono crollate scuole ed edifici pubblici come la Prefettura (poteva essere una strage ancora peggiore). Ma per Silvio, spalleggiato dai suoi scatenati lacché, è da “sciacalli” indagare sulle società costruttrici e sulla qualità dei materiali utilizzati nelle costruzioni e sul rispetto delle norme di sicurezza. Bisogna provvedere alla ricostruzione… cioè distribuire soldi per appalti e clientele. Eventuali accertamenti sono il peggiore dei mali possibili, nonché una inutile perdita di tempo. Non parliamo poi degli errori di valutazione inerenti l’attività sismica in Abruzzo, con relativo ridimensionamento del rischio compiuto dalla Protezione Civile. L’argomento è tabù e Guido Bertolaso un monumento nazionale, con appoggi molto più solidi della basilica di Collemaggio. In quanto alle eventuali responsabilità, in quanto alla lettera (ignorata) che il sindaco de L’Aquila aveva inviato alla Protezione Civile: “le responsabilità di controllo sono della sinistra”. Amen! Discorso chiuso.

berlusconi-pompiere

Grande giubilo per l’incredibile somma di 5 milioni di euro offerti dalla Conferenza Episcopale italiana ai terremotati. Le centinaia di milioni di euro che invece pagheremo come pizzo alla Lega, per il mancato accorpamento delle elezioni di Giugno, sono irrilevanti. Tanto ci costa un Bossi al governo. Le spese del referendum? La colpa è dei promotori!

 

CANCELLATA LA NOTIZIA

ELIMINATO IL FATTO

berlusconi-funerali1Nel momento in cui i mezzi di informazione smettono di informare, evidentemente fanno qualcos’altro… PROPAGANDA. 

In alternativa, campano di “emergenze” (vere o costruite per la bisogna), che vengono pompate nel circuito mediatico a flusso alternato, perché anche le notizie hanno una loro data di scadenza. E soprattutto censurano le notizie ‘scomode’, insieme ai giornalisti sgraditi.

 Emergenza Criminalità e Rapine in villa. Tema dominante della campagna elettorale, è praticamente scomparso dai palinsesti televisivi. Ma le rapine continuano con incredibile ferocia, 3 solamente il 16 Aprile: A Vicenza; A Posillipo, dove l’ex “re del grano” Franco Ambrosio è stato ammazzato a bastonate insieme alla moglie; Nelle campagne torinesi dove gli aggrediti, una famiglia di tre persone, hanno dovuto fingersi morti per sottrarsi alla violenza bestiale dei loro aguzzini. Un normale fattarello di cronaca da dimenticare in fretta. Parola d’ordine: le città sono sicure. Ora.

 Crisi Alitalia. Altro tema dominante in tempo di elezioni: Azienda a rischio fallimento; perdite per milioni di euro su ogni giorno di ritardo nell’acquisizione CAI; il commissario Fantozzi minaccia di portare i libri contabili in tribunale… Che fine ha fatto l’Alitalia?!? E soprattutto è decollata la CAI di Colaninno e soci?

 Immigrazione clandestina e sbarchi in Sicilia. Dopo che i media avevano lanciato l’emergenza nazionale, scatenando una sindrome da invasione barbarica, le notizie in proposito vengono costantemente annacquate, stemperate, mitigate. Adesso al governo c’è super Silvio insieme ai castigamatti della LEGA! Infatti le espulsioni degli irregolari sono, di fatto, ferme. La Romania, grande accusata per la l’ondata di criminalità predatoria nelle nostre città, non solo rifiuta di riprendersi la propria feccia esportata in Italia e condannata in definitiva dai pur nostri lentissimi tribunali, secondo gli accordi bilaterali, ma fa pure l’offesa e passa al contrattacco, dopo l’enorme casino delle indagini per lo stupro al Parco della Caffarella di Roma. Di fatto non collabora minimamente, nonostante le sceneggiate del governo italiano. E che dire dell’accordo epocale stipulato con Gheddafi, per bloccare il flusso di migranti in partenza dalle coste libiche? Finora gli sbarchi continuano con una media di 200 arrivi al giorno. Non male come risultato per il cattivo Maroni, ministro che insieme ad altri si presta a ben altre rime…

 Smaltimento dei rifiuti campani. Emergenza conclusa. Il governo lo ha stabilito per decreto ed altro non è dato sapere.

 Crisi economica. A giudicare dal tenore delle dichiarazioni di Tremonti, lui la crisi l’aveva prevista con largo anticipo rispetto al resto del mondo. Infatti ha stilato una finanziaria triennale come se nulla fosse. La Crisi non esiste, il sistema bancario italiano è solidissimo, ed i disoccupati vadano a lavorare!

Lasciamo poi perdere il noiosissimo piano di riordino delle frequenze televisive. A gennaio dovrebbero essere scattate le sanzioni di mora da parte della UE per le inottemperanze dell’Italia. Ma non è concesso avere notizie più certe.

In questo, le ‘nuove’ nomine RAI sono davvero il male minore in un ‘eterno ritorno al sempre uguale’. A tal proposito, se volete, potete leggervi un articolo di Sebastiano Messina, datato 06/11/03. Noterete come tutto si ripete in uno strano ciclo perverso…

 

“La novità del berlusconismo è il telegiornale di Mimun e il giornale radio di Socillo.

TG e GR: la fabbrica delle notizie che non disturba mai il governo”

Cosa sta succedendo alla tv italiana? Ha ragione Francesco Rutelli, quando accusa il centro-destra di aver “messo sotto controllo politico l’informazione televisiva” e di star trasformando la democrazia italiana “in una oligarchia mediatica dominata dal monopolio berlusconiano”? Alla vigilia della delicatissima battaglia delle europee di primavera – e mentre il governo spinge verso il voto finale, con tutte le sue forze, la contestatissima legge Gasparri – la questione dell’equilibrio dell’informazione torna al centro dello scontro politico. Con una novità non di poco conto: per la prima volta nella sua storia, il principale telegiornale italiano – il Tg1 di Clemente Mimun? È contestato sia dalla maggioranza che dall’opposizione, bersagliato da attacchi convergenti, accusato dall’Udc di essere diventato “un monumento al servilismo” e dai Ds di praticare addirittura “un giornalismo marchettaro”. Mimun ha risposto con querele e richieste di danni. Ma ormai non si tratta più di casi isolati, di polemiche personali, di episodi sporadici. Più del fondamentalismo militante del Tg4, del cerchiobottismo apparente del Tg5, delle romantiche divagazioni del Tg2, del clima da riserva indiana del Tg3 e della furba latitanza del Tg di Italia Uno, la vera novità dell’anno terzo del berlusconismo è proprio la normalizzazione del Tg1. Una testata che non è mai stata antigovernativa, certo, ma che oggi è diventata il luogo dove la politica viene metodicamente sminuzzata, frullata e bollita per cucinare ogni giorno un minestrone dolciastro dall’effetto soporifero, un bollettino perennemente ottimista e fiducioso nelle magnifiche sorti, e progressive, del governo Berlusconi. Mettiamo, per esempio, che il governatore della Banca d’Italia accusi il governo di aver peggiorato i conti pubblici, di aver fatto salire il deficit statale, di non aver ridotto il debito. Come si fa a ignorare una così autorevole bacchettata? Nessun problema: basta trovarci il lato positivo. Il Tg1 di venerdì 31 ottobre presenta la vicenda con un titolo insapore: “A confronto sull’economia”. Poi, nel sommario, il conduttore spiega con voce profonda: “Fazio: risanamento e riforme perché l’Italia riparta”. Tutto qui? No. Almeno un accenno, ai conti pubblici, bisogna farlo. Così: “Sui conti pubblici, dice Tremonti, andiamo meglio di Francia e Germania”. Del gelo tra i due, della “fredda stretta di mano” su cui titola il Tg5, non c’è traccia nel sommario del Tg1. Insomma, l’allarme di Fazio diventa un incoraggiamento al governo e il ministro dell’Economia tira già le conclusioni: siamo tra i migliori d’Europa. Un piccolo capolavoro… Mettiamo che il centro-sinistra vinca le elezioni in Trentino Alto Adige. Come si fa a nascondere la notizia? Semplice: la si elimina dai titoli e dal sommario, riducendola a una notiziola. Mettiamo, infine, che la riforma dei tribunali minorili venga clamorosamente affondata in Parlamento. Come si fa, di fronte a una simile sconfitta, ad addolcirne l’impatto? Basta usare le parole giuste: e così, ieri sera, il Tg1 titolava: “Confronto nella Cdl”. Come se invece di un agguato dei franchi tiratori ci fosse stato un convegno di accademici. È un lavoro di forbici e colla, il cui esempio massimo rimangono l’aggiunta di un uditorio posticcio al discorso del presidente del Consiglio all’ONU? meritoriamente smascherato da “Striscia” – e il taglio al sonoro di Berlusconi che prometteva all’eurodeputato tedesco Schulz un posto di kapò in un film sui nazisti. Unico telegiornale europeo? Insieme a quello svedese, per essere precisi? a negare ai suoi ascoltatori l’audio di quella gaffe, il Tg1 ricevette allora gli ironici complimenti del Financial Times: “Il telegiornale sovietico di Breznev non avrebbe saputo fare di meglio”.

Tagliare e cucire, troncare e sopire. Non è solo Berlusconi, l’oggetto delle premurose attenzioni del Tg1. Quando Bossi straparla, per dire, si dà il minimo indispensabile, possibilmente la frase meno spinosa, quella più commestibile. Mercoledì 22 ottobre, il giorno in cui il ministro leghista definisce il mandato di cattura europeo “criminale”, frutto nientemeno che di una “follia nazista”, il Tg1 cancella queste parole dal suo servizio, e già che c’è anche la durissima risposta del segretario dell’Udc Marco Follini: “I ragionamenti, se vogliamo generosamente chiamarli così, dell’onorevole Bossi?”. La sera stessa, il partito degli ex DC? quelli che un tempo erano gli “editori di riferimento” del Tg1? Bolla il telegiornale di Mimun come “un monumento al servilismo”.

 Ma il vero segno della nuova stagione? più del brusco ridimensionamento dello spazio per l’opposizione – è nella mutazione genetica del giornalismo televisivo. Una volta i telegiornali intervistavano i politici: il giornalista faceva delle domande, e il ministro (o il segretario di partito) rispondeva. Oggi l’intervista è scomparsa dal Tg1: è un lusso concesso solo al direttore. Il contraddittorio è stato abolito. I cronisti sanno che non devono fare domande a nessuno. “Quando c’è da far parlare un politico, per esempio Schifani? racconta un cronista parlamentare – parte una sola persona: il telecineoperatore, l’uomo della telecamera. A fare la domanda ci pensa il suo addetto stampa, Edy Benedetti. E noi mandiamo in onda la risposta del capogruppo al suo portavoce”. Ai ministri sta bene così. Non a tutti, però. L’ultima volta che Gianni Alemanno ha visto arrivare il telecineoperatore ha chiesto: “E il giornalista, dov’è?”. “Ma lei sa già tutto, mi hanno detto?” ha risposto l’altro, imbarazzatissimo. “No, io non so niente. E non mi piace farmi le interviste da solo” è sbottato il ministro. Sono molti, i giornalisti del Tg1 ai quali non piace questa riedizione tardiva del collateralismo militante. Ma nulla possono, contro il metodo blindato del “panino”. Cos’è il “panino”? E’ il contrario del “bidone”, che era il sistema adottato dai telegiornali dell’Ulivo: ogni giorno un cronista seguiva il centro-sinistra e un altro si occupava del centro-destra, poi a fine giornata ciascuno dei due amalgamava le notizie sul suo schieramento (in un “bidone”, come fu subito soprannominato questo contenitore dalla forma elastica) e il Tg mandava in onda i due servizi affiancati. Con l’arrivo di Mimun l’era del “bidone” è finita. Il nuovo direttore ha voluto il “panino”, ovvero una specialissima nota politica nella quale il ruolo del pane e quello del companatico sono assegnati in partenza: la prima fetta di pane spetta al governo, in mezzo c’è la fettina di mortadella dell’opposizione (che in genere “protesta”, “attacca”, “contesta” o si produce in altre attività negative) e poi arriva, puntualmente, la seconda fetta di pane, quella della maggioranza. Se manca il governo, poco male: l’ultima parola deve toccare comunque al centro-destra, anzi a Forza Italia, ovvero a Schifani o a Bondi.

Certo, i giornalisti non sono obbligati a rispettare questa direttiva. Possono anche dare l’ultima parola a un esponente dell’opposizione. Però poi la pagano cara. Il cdr ricorda il caso di Andrea Montanari, che un giorno doveva montare una risposta del diessino Calvi all’avvocato Taormina. Lui seguì la logica, invece di accogliere il ripetuto invito a invertire l’ordine delle dichiarazioni. “Non posso dare prima la risposta e poi la domanda” spiegò, testardo. Risultato: il servizio venne sfilato dall’edizione delle 20 e mandato in onda solo a mezzanotte. Quanto a Montanari, quel servizio se lo ricorderà per un pezzo perché da allora non gliene hanno più affidato uno, neanche a Pasqua o a Ferragosto.

 Il dissenso nella maggioranza è sfumato e addolcito. Le proteste dell’opposizione sono diventate una sfoglia sottile nel panino quotidiano. C’era ancora uno spazio incontrollato, nel Tg1. Relegato dopo la mezzanotte, tra Vespa e Marzullo, ma c’era: la rassegna stampa. Alla fine del telegiornale, ogni sera un ospite diverso era invitato a commentare i giornali dell’indomani. Capitava che ai titoli dei quotidiani, qualche volta severi con Berlusconi, si aggiungesse anche l’opinione dell’ospite, incidentalmente non filogovernativo. Non poteva durare. All’inizio dell’anno la rassegna stampa è stata ribattezzata “Non solo Italia”, le prime pagine sono state ridotte a una sola (quella del giornale dell’ospite) e le domande rigorosamente limitate alle notizie dall’estero. Poi, a settembre, la rassegna è stata definitivamente abolita. Niente più giornali irriverenti, niente più ospiti impertinenti.

Per una singolarissima coincidenza, la stessa sorte nello stesso momento? È toccata alle interviste ai direttori dei giornali che erano diventare un appuntamento fisso del Gr3 delle 8,45. Ogni mattina, a turno, i giornalisti che guidano i sette maggiori quotidiani italiani venivano interpellati dal caporedattore centrale Licia Conte sulle notizie del giorno. Poi, un giorno, il nuovo direttore del Giornale Radio, Bruno Socillo, convoca la Conte. “Bisognerebbe allargare la rosa da sette a quattordici direttori”, dice. Lei esegue, però non basta. “Bisognerebbe registrarle prima, queste interviste, invece di mandarle in diretta”. I direttori si rifiutano. “Bisognerebbe delimitare il tema delle domande e delle risposte” insiste Socillo. Non funziona: evidentemente si parla ancora troppo di Berlusconi, in quelle telefonate alla radio. Insomma, da settembre i direttori dei giornali non vengono più chiamati dal Gr3. La rubrica è “sospesa”. Fino a nuovo ordine. È in questo campo da gioco desertificato, è con questa informazione militarizzata, che si combatteranno le prossime sfide tra la Casa delle Libertà e l’Ulivo. Non si sa come finirà: quello che è certo è che il suo derby decisivo, Berlusconi lo giocherà in casa.