Introduzione

L’infiammazione è un processo essenziale alla vita. Si tratta di un microincendio biologico: inflammare è, infatti, termine latino che indica “incendiare”, “mettere a fuoco”. Può essere di varia entità ed estensione. È finalizzato a completare lo svolgersi ciclico di funzioni fisiologiche o a difendere l’organismo da danni e attacchi, endogeni ed esogeni. Siamo vivi perché abbiamo superato sufficientemente bene triliardi di infiammazioni [1]. L’infiammazione è sottesa e modulata da una complessa attività psico-neuro-immuno-endocrina. In questo articolo verranno analizzate le interazioni immuno-endocrine. Gli ormoni sessuali, estrogeni in primis, siedono nella cabina di regia per la gestione ottimale dell’infiammazione fisiologica in età fertile, grazie a un dialogo intenso e dinamico con i vari protagonisti cellulari della risposta immunitaria [2, 3]. Dopo la menopausa, la loro assenza è uno dei principali fattori di attivazione e mantenimento dell’infiammazione patologica, microscopica e distruttiva, che la caratterizza, a meno che la donna non faccia un’appropriata e tempestiva terapia ormonale sostitutiva (TOS), da iniziare idealmente subito dopo l’ultimo ciclo mestruale.

Nella donna in età fertile, processi naturali di infiammazione fisiologica sono l’ovulazione, la mestruazione e il parto. In essi è attiva un’infiammazione “finalizzata” (resolving), finemente progettuale e coordinata, di breve durata e di intensità limitata a completare il processo, che persegue obiettivi essenziali alla vita dell’organismo femminile. Tra questi, la liberazione dell’ovocita per la fecondazione, il rinnovo dell’endometrio con la mestruazione e la poderosa sequenza di eventi infiammatori che culmina con l’attivazione del travaglio e del parto fino alla nascita di un figlio.

Del tutto negletta, anche in ambito clinico, è poi l’intensa fase di infiammazione fisiologica nel post-partum, con la massiva apoptosi che porta al riassorbimento del miometrio rapidamente cresciuto in gravidanza: dai 60–70 grammi fisiologici, il muscolo uterino in rapida proliferazione raggiunge i 1300–1500 grammi a termine, ancor più se in gravidanze gemellari, per poi ritornare alle dimensioni quasi pregravidiche. Un’infiammazione intensa, attivata da trigger endocrini, con molti correlati clinici. L’infiammazione fisiologica ottimale coordina la restitutio ad integrum, anatomica e funzionale. Concetto sinteticamente ed efficacemente espresso dagli antichi, che nell’integrum concentravano la visione dinamica dell’organismo vivente e sano. Espressione più viva e funzionale dello scarless (senza cicatrici) con cui gli Anglosassoni definiscono oggi l’infiammazione fisiologica [4]. L’infiammazione è progressivamente patologica quando non persegue più un obiettivo anatomo-funzionale di rinnovamento tissutale (e diventa quindi non resolving). Determina allora una progressiva distruzione tissutale e si cronicizza, anche per il persistere di noxae diverse, con intensità infiammatoria variabile ma che può arrivare ad essere fatale.

Menopausa e invecchiamento costituiscono due esempi di infiammazione cronica di basso grado (low grade inflammation) che sottende tutte le patologie degenerative e neoplastiche associate [1]. L’infiammazione è infatti il denominatore comune di tutte le patologie: autoimmuni, cardiovascolari, dismetaboliche, neurodegenerative, oncologiche, reumatologiche e così via.

L’infiammazione si muove dunque lungo un continuum dalla forma fisiologica, finalizzata e di breve durata, alla patologica, non più finalizzata e cronica. Patologie dell’infiammazione si declinano per difetto e per eccesso, come si è visto nelle reazioni fatali al Covid-19. Anche nella modulazione di questi processi gli estrogeni hanno mostrato di avere un ruolo principe, così come nell’autoimmunità (Box 1).

Obiettivo di questo lavoro è analizzare sinteticamente il complesso rapporto tra estrogeni endogeni e infiammazione nella donna. Si è cercato di cogliere gli aspetti distintivi di un rapporto articolato, oggetto di crescente interesse sperimentale e clinico e in rapidissima evoluzione, privilegiando una prospettiva clinica di interesse per l’endocrinologo.

La sinfonia endocrina nella donna: i protagonisti del processo infiammatorio

Il processo infiammatorio è finemente regolato da una sinfonia endocrina che, nella donna, ha come protagonisti gli estrogeni, ma la cui partitura non può prescindere dal ruolo degli androgeni e del progesterone, nonché di ormoni non sessuali quali gli ormoni tiroidei e il cortisolo. Di seguito vengono analizzati gli ormoni sessuali femminili, con particolare attenzione agli estrogeni endogeni, in relazione al loro ruolo nel processo infiammatorio. Verranno brevemente presentate anche le caratteristiche del progesterone e degli androgeni rispetto all’infiammazione.

Estrogeni

Gli estrogeni naturali umani sono un gruppo di quattro ormoni steroidei chimicamente affini (Fig. 1), sintetizzati dalle cellule ovariche a partire dal colesterolo. Inoltre, gli estrogeni possono essere sintetizzati a partire dagli androgeni (testosterone e DHEA) per azione dell’enzima aromatasi, non solo nell’ovaio, ma anche nel surrene e nel tessuto adiposo, nonché in altri tessuti periferici, fra cui spicca per importanza l’endometrio (Fig. 2) [11]. I recettori per gli estrogeni (ERs) si dividono in due categorie [1214]: 1) recettori nucleari per gli estrogeni (ER\(\alpha \) e ER\(\beta \)); e 2) recettori di membrana per gli estrogeni (mERs), di più recente scoperta, fra cui si annoverano: G protein-coupled estrogen receptor 1 (GPER), Estrogen Receptor X (ER-X) e Gq-coupled membrane estrogen receptor (Gq-mER).

Fig. 1
figure 1

Estrogeni naturali umani. Rappresentazione schematica della struttura chimica dei 4 estrogeni naturali umani. Le immagini delle strutture chimiche sono state tratte da ChemSpider (www.chemspider.com), previa autorizzazione

Fig. 2
figure 2

Vie di sintesi degli steroidi sessuali. Tutti gli steroidi sessuali originano dal colesterolo attraverso la sintesi di pregnenolone. Successivamente, la sintesi ormonale segue due vie. La via dei \(\Delta \)5-3\(\beta \)-idrossisteroidi prevede la sintesi di 17-OH-pregnenolone, deidroepiandrosterone (DHEA), androstenedione e, quindi, degli estrogeni: estrone, estradiolo ed estetrolo. La via dei \(\Delta \)4-3-chetosteroidi porta alla sintesi di progesterone, 17-OH-progesterone e testosterone. Il testosterone viene quindi convertito in estradiolo dall’enzima aromatasi. Le due vie sono interconnesse dalla conversione dell’estrone a estradiolo e viceversa per azione degli enzimi 17-beta-deidrogenasi I e II (A. Cuccarollo, 2022)

Gli estrogeni, legandosi ai loro recettori, regolano funzioni sia riproduttive sia non riproduttive. Le funzioni riproduttive sono mediate principalmente, sebbene non esclusivamente, dal recettore estrogenico alfa (ER\(\alpha \)). Tale recettore è massimamente espresso dalle cellule di organi implicati nella sfera riproduttiva femminile: ipotalamo e ipofisi, ovaio, utero, salpingi e vagina, nonché le mammelle [12]. Il recettore estrogenico \(\alpha \) è, tuttavia, ben rappresentato anche a livello vascolare e osseo. Le funzioni non riproduttive, essenzialmente orientate alla riparazione tissutale, sono viceversa mediate prevalentemente dal recettore estrogenico beta (ER\(\beta \)), espresso in tutti gli organi e tessuti, con particolare ricchezza nel cervello (ad eccezione dell’ipotalamo, dove dominano i recettori \(\alpha \)), nel polmone e nell’intestino.

L’estradiolo (E2) è l’estrogeno più rappresentato durante l’età fertile nella donna sana normopeso. Viene dosato in picogrammi per millilitro di sangue (pg/mL). La sintesi avviene prevalentemente nelle cellule della granulosa e della teca del follicolo ovarico e nel corpo luteo, con oscillazioni dei livelli durante le diverse fasi del ciclo mestruale. I livelli variano, inoltre, in gravidanza, puerperio e menopausa (Tabella 1).

Tabella 1 Livelli di estradiolo nella donna, in funzione della fase di vita (da [34])

L’estrone (E1) è sintetizzato nel tessuto adiposo per conversione degli androgeni da parte dell’enzima aromatasi. Pertanto, più la donna è sovrappeso o obesa, più saranno elevati i suoi livelli di estrone [15]. Legandosi ai recettori estrogenici \(\alpha \) induce la proliferazione delle cellule mammarie e uterine, endometriali in particolare, ma anche miometriali. Tale effetto spiega l’aumentato rischio sia di fibromatosi sia di neoplasie maligne mammarie e uterine che si manifesta in proporzione all’eccesso ponderale. Alti livelli di estrone possono anche comportare cambiamenti del microbiota intestinale, in un circolo vizioso fra obesità, alterazione del microbiota e comorbilità associate (Box 2) [16].

L’estriolo (E3) è sintetizzato dagli epatociti a partire dalla pubertà. I livelli ematici sono generalmente bassi, solo relativamente maggiori nelle donne che abbiano avuto figli. Durante la gravidanza i livelli di estriolo aumentano in ragione della sintesi placentare a partire dal deidroepiandrosterone-solfato (DHEAS), fino a più di 20.000 pg/mL. Durante il ciclo mestruale i livelli oscillano fra 30 e 800 pg/mL. In menopausa i valori sono solitamente inferiori a 20 pg/mL. È considerato un estrogeno “gentile” rispetto all’estradiolo, in quanto agisce prevalentemente sui recettori estrogenici \(\beta \) e per questo media effetti antiproliferativi e riparativi. Per quest’ultimo aspetto presenta anche un promettente ruolo immunomodulatorio in diverse patologie autoimmunitarie, infiammatorie e neurodegenerative [21].

L’estetrolo (E4) viene sintetizzato unicamente durante la gravidanza nella placenta e nel fegato fetale. È un estrogeno naturale di eccezionale interesse clinico: su tutte le cellule e i tessuti ha funzioni simili all’estradiolo con l’eccezione della mammella, sulla quale agisce in senso anti-estrogenico. Si ipotizza, quindi, che il suo ruolo principale sia la protezione delle cellule mammarie rispetto agli elevatissimi livelli di estradiolo caratteristici della gravidanza [22]. In virtù di questa sua azione anti-proliferativa selettiva sul tessuto mammario è oggetto di ricerca sia per la terapia ormonale sostitutiva in menopausa sia per la terapia anticoncezionale [23, 24]. In particolare, nel 2021 è stata approvata in Italia l’immissione in commercio di un contraccettivo orale a base di estetrolo monoidrato 14,2 mg e drospirenone 3 mg/per compressa. Il ruolo degli estrogeni sulla modulazione dell’infiammazione è molto articolato. Dipende da: tipo di estrogeni, loro livelli plasmatici, tipo di interazione con i recettori di membrana sia estrogenici, sia degli altri steroidi sessuali. Un elemento critico paradigmatico è dato dal ruolo nettamente pro-infiammatorio della caduta dei livelli estrogenici, in particolare dell’estradiolo, prima della mestruazione, durante il travaglio, dopo il parto e dopo la menopausa (Box 3).

Progesterone

Il progesterone è un ormone steroideo tipicamente femminile, sebbene in piccola quantità venga prodotto anche dalle cellule di Leydig nel testicolo. La sintesi nella donna è prevalentemente ovarica e, in piccola parte, surrenalica. Durante la gravidanza viene secreto anche dalla placenta. La produzione quotidiana varia molto: in fase pre-ovulatoria il tasso di produzione è inferiore a 1 mg/die, mentre in fase ovulatoria la sintesi aumenta a 20–30 mg/die. I livelli ematici sono inferiori a 1000 pg/mL prima della pubertà e nei maschi sani, nonché in fase pre-ovulatoria. In fase luteale i livelli variano circa da 3000 a 15000 pg/mL [26].

Androgeni

Gli androgeni sono ormoni sessuali steroidei, identificati per la prima volta nel 1936. L’ovaio produce prevalentemente deidroepiandrosterone (DHEA) e androstenedione, e solo una piccola quantità di testosterone. Nella corteccia surrenalica gli androgeni sono prodotti intermedi nelle vie di sintesi dei glucocorticoidi e dei mineralcorticoidi. Circa la metà della produzione giornaliera di DHEA e androstenedione deriva dal surrene. L’altra metà dell’androstenedione circolante è prodotta dall’ovaio, mentre il DHEA rimanente è prodotto per un quarto dall’ovaio e per un quarto dai tessuti periferici. Il testosterone è prodotto per il 50% da conversione periferica di androstenedione e DHEA, per il 25% secreto dall’ovaio e per il restante 25% dal surrene.

L’importanza degli androgeni nella fisiologia femminile è facilmente intuibile dal fatto che nella donna sana non in gravidanza la sintesi giornaliera di estradiolo si attesta attorno a 0,1–0,3 mg/die, mentre quella di androstenedione è di circa 3 mg/die e quella di testosterone di circa 0,2–0,3 mg/die [26], con livelli ematici di androgeni di molto superiori rispetto agli estrogeni nella donna sana (Tabella 2).

Tabella 2 Valori medi di steroidi sessuali nelle donne (valori espressi in picogrammi/millilitro). Tradotta e adattata per cortesia di R. Lobo (1999)

La funzione degli androgeni è mediata da un unico recettore, nelle sue due isoforme, il quale gioca un ruolo fondamentale nel cross-talk epitelio-stromale, nella guarigione scarless dell’endometrio durante la mestruazione e nella regolazione della proliferazione cellulare. In quest’ottica, lo sviluppo di farmaci selettivi per il recettore degli androgeni (Selective Androgen Receptor Modulators, SARMs, e Selective Androgen Receptor Degraders, SARDs) può aprire nuove prospettive nel trattamento di malattie quali l’endometriosi e il cancro dell’endometrio [4, 26, 27].

Lo stesso si può dire per farmaci selettivi per il recettore degli estrogeni (Selective Estrogens Receptor Modulators, SERMs). Questi farmaci sono già ampiamente utilizzati nella donna. Tra questi: il clomifene, utilizzato per ottimizzare l’ovulazione; il tamoxifene, utilizzato nella prevenzione e cura dei tumori mammari; il bazedoxifene, utilizzato nella terapia combinata con estrogeni equini per il trattamento della menopausa quando si voglia avere una maggiore protezione mammaria; l’ospemifene, utilizzato per via orale per la cura dell’atrofia vulvovaginale, ora inclusa nella Sindrome Genito-Urinaria della Menopausa (GSM), grazie alla sua azione anti-estrogenica protettiva sulla mammella e simil-estrogenica sulla mucosa vaginale, della quale migliora significativamente il trofismo, migliorando anche la lubrificazione.

Altra variabile critica nell’azione degli ormoni sessuali è la loro produzione intracellulare (Box 4).

Sul fronte della regolazione immuno-endocrina dell’infiammazione, nella donna è di crescente interesse clinico l’interazione tra estrogeni, progesterone e testosterone (Box 5).

Cellule infiammatorie, fattori dell’infiammazione ed estrogeni

La pregevole Rassegna di Straub dal titolo The Complex Role of Estrogens in Inflammation è utile per approfondire in maniera sistematica il tema del rapporto fra estrogeni, cellule infiammatorie e fattori dell’infiammazione [3]. La Figura 3 indica come livelli medi di estrogeni giochino una complessa e delicata modulazione immunitaria fra stimolazione e inibizione dell’infiammazione. Viceversa, la caduta netta dei livelli estrogenici, come avviene prima della mestruazione, dopo il parto e dopo la menopausa, sposta tale modulazione in senso pro-infiammatorio. L’espressione di recettori degli estrogeni da parte delle cellule immunitarie è stata documentata da diversi studi sia su cellule murine che su cellule umane (Tabella 3). La varietà di distribuzione dei recettori \(\alpha \) e \(\beta \) tra diverse cellule del sistema immunitario fa intuire la molteplicità di registri attraverso i quali gli estrogeni e le loro fluttuazioni possono modulare l’intensità e le caratteristiche della risposta immune.

Fig. 3
figure 3

Effetti pro- e anti-infiammatori dell’estradiolo (E2) sui diversi tipi cellulari in funzione della sua concentrazione (modificata da [3])

Tabella 3 Espressione dei recettori per gli estrogeni da parte delle diverse popolazioni cellulari. Il simbolo + indica che il recettore è stato documentato in quella cellula, il simbolo - che ne è stata documentata l’assenza; se non indagato la casella è vuota. Tabella tradotta e modificata da [2]. In questo lavoro originale non sono citati i granulociti, i basofili, gli eosinofili e i neutrofili

L’endometrio è il milieu dell’infiammazione catameniale. Si tratta di un complesso tessuto multicellulare, costituito non solo da cellule endometriali propriamente dette, ma anche da un’ampia popolazione di cellule immunitarie residenti, solitamente misconosciute dai clinici (Fig. 4). Tali cellule sono disperse nella componente stromale e fra le cellule epiteliali nello strato endometriale funzionale, e formano aggregati linfoidi nello strato basale. Gli aggregati linfoidi si formano durante la fase proliferativa e sono costituiti da un nucleo centrale di cellule B circondato da linfociti T CD8+ e più esternamente da macrofagi [29]. Le tipologie di cellule immunitarie e le loro rispettive quantità nello strato funzionale dipendono da una fine regolazione ormonale. Nell’endometrio proliferativo normale i linfociti T sono la popolazione maggiormente rappresentata, seguiti dalle cellule Natural Killer (NK) e dai macrofagi. Viceversa, nella fase secretoria avanzata le cellule NK costituiscono circa il 70% dei leucociti residenti, i macrofagi circa il 30% e i linfociti T meno del 10% [29].

Fig. 4
figure 4

Interazioni delle cellule immunitarie nell’endometrio normale (modificata da [29])

Gli ormoni sessuali, come accennato in precedenza, vengono sintetizzati non solo a livello sistemico (sistema endocrino) ma anche a livello locale endometriale (sistema paracrino e intracrino), per azione di diversi enzimi, fra cui spicca l’aromatasi. Entrambi questi livelli di regolazione endocrinologica contribuiscono al fine-tuning della funzione tissutale nella donna sana e, viceversa, alla sua disregolazione nelle condizioni patologiche [4, 27].

Di seguito vengono brevemente analizzate le varie popolazioni di cellule immunitarie, sia sistemiche sia residenti nell’endometrio o in altri tessuti, in relazione all’influenza che gli estrogeni e gli altri steroidi sessuali hanno sulla loro funzione.

  • macrofagi: svolgono un ruolo centrale sia nell’immunità innata sia in quella umorale; riconoscono e fagocitano i patogeni, agiscono come antigen-presenting cells (APC) nell’attivazione dei linfociti T e partecipano ai meccanismi di rinnovamento tissutale [30]. Nell’endometrio normale queste cellule si localizzano fra l’epitelio luminale e lo stroma sub-epiteliale dello strato funzionale, negli aggregati linfoidi e nella lamina basale dell’epitelio ghiandolare. La loro percentuale rispetto al totale delle cellule endometriali varia nelle diverse fasi del ciclo (1–2% in fase proliferativa, 3–5% in fase secretoria e 6–15% in fase mestruale), in maniera dipendente dai livelli di estrogeni e progesterone [29]. L’aumento durante la mestruazione è legato alla loro funzione fagocitaria, ma intervengono anche nella successiva riparazione tissutale, concordemente a quanto fanno in altri tessuti in termini di angiogenesi e guarigione di ferita, contribuendo quindi alla risoluzione dell’infiammazione, con restitutio ad integrum dell’endometrio [29];

  • cellule dendritiche (Dendritic Cells, DC): cellule specializzate nella presentazione degli antigeni (APC) nella risposta immunitaria cutanea e mucosale. Se consideriamo il sistema immunitario come il corpo armato di difesa dell’organismo, le cellule dendritiche possono essere considerate come la polizia di frontiera. Sono distinte in plasmacitoidi (CD123+, HLA-DR+), di origine linfoide, e mieloidi (CD1a+, CD11c+, HLA-DR+), di origine ematopoietica. Le DC plasmacitoidi (pDC) intervengono nella risposta anti-virale e secernono interferone (INF), mentre le DC mieloidi sono coinvolte nell’attivazione dei linfociti T. Le DC mieloidi sono il sottotipo cellulare più rilevante nell’endometrio e si distinguono in base al loro grado di maturazione. Le DC immature (iDC) sono presenti nei tessuti periferici, dove riconoscono e processano gli antigeni. Diventano quindi DC mature (mDC) e presentano gli antigeni ai linfociti T. Le DC sono presenti in piccole quantità anche nello strato funzionale e basale dell’endometrio sano. Non è chiaro se le fluttuazioni dei livelli di DC durante il ciclo sia dovuta a un effetto diretto degli estrogeni e/o del progesterone, o piuttosto a un effetto indiretto modulato da citochine e chemochine secrete da altre cellule immunitarie. Ad ogni modo, il loro aumento durante la fase secretiva e mestruale ne suggerisce un ruolo nella mestruazione. Infatti, tali cellule secernono metalloproteinasi (MMPs), enzimi fondamentali in tale processo [29];

  • cellule Natural Killer (NK): costituiscono la prima linea di difesa del sistema immunitario innato contro virus e neoplasie. Contribuiscono inoltre all’omeostasi tissutale. Sono la popolazione leucocitaria predominante nell’endometrio sano. Variano in quantità durante le diverse fasi del ciclo mestruale (30–40% dei leucociti nell’endometrio proliferativo e fino al 70% nell’endometrio secretivo), sotto l’influenza degli steroidi sessuali. Questi ormoni possono influire sia sulla migrazione dal circolo al tessuto endometriale sia sulla proliferazione delle cellule NK residenti. Le cellule NK residenti nell’endometrio hanno citotossicità inferiore rispetto alle circolanti: mantengono comunque una funzione di difesa contro i patogeni. Si ritiene, tuttavia, che la loro funzione principale sia facilitare l’impianto dell’embrione e la formazione di un ambiente che favorisca la placentazione [29];

  • mastociti (Mast Cells, MC): sono granulociti coinvolti nei processi di infiammazione, nonché di riparazione e rimodellamento tissutale. Le fluttuazioni ormonali li attivano prima della mestruazione: essi, pertanto, prendono parte ai meccanismi di distacco a stampo dell’endometrio. Se aumentano di numero e di attività (up-regulated) in maniera non finalizzata, contribuiscono a esacerbare l’infiammazione rilasciando fattori pro-infiammatori che, a loro volta, richiamano altre popolazioni di cellule immunitarie mantenendo attivo il circolo vizioso dell’infiammazione progressivamente patologica [29]. L’attivazione dei mastociti, conseguente al crollo premestruale degli estrogeni, non avviene però solo nell’endometrio, ma anche in tutti i tessuti in cui tali cellule siano particolarmente rappresentate in funzione di un processo patologico locale o sistemico, per ragioni genetiche o acquisite. Si ha così l’esacerbazione catameniale di patologie infiammatorie e autoimmunitarie in tutti i tessuti affetti;

  • eosinofili (EN): cellule immunitarie attivate dal legame alle immunoglobuline E (IgE), che prendono parte all’infiammazione nell’asma e nelle patologie cutanee e cardiache. Producono mediatori che inducono: effetti vasoattivi, rilascio di istamina da parte dei mastociti, attivazione dei macrofagi e delle cellule endoteliali. Sono circa il 3–5% del totale delle cellule endometriali in fase mestruale, mentre sono sostanzialmente assenti fra il 5° e il 26° giorno del ciclo. Questo andamento suggerisce un loro ruolo nel distacco a stampo dell’endometrio (secernono MMPs) e nella successiva rigenerazione tissutale [29]. La massiccia degranulazione degli esosinofili, a livello dell’apparato respiratorio, in fase premestruale, in risposta alla caduta dei livelli di estrogeni e progesterone e, in parte, di testosterone, è responsabile dell’“asma catameniale” che colpisce in modo severo il 27% delle donne asmatiche [31];

  • neutrofili (NT) o leucociti polimorfonucleati (PMN): leucociti più abbondanti in circolo, con un ruolo essenziale nell’immunità innata. Costituiscono il 6–15% delle cellule endometriali in fase mestruale. Sono abbastanza abbondanti in fase secretiva, mentre sono più scarsi durante la fase proliferativa. Il loro aumento nell’endometrio mestruale è dovuto probabilmente a fattori chemotattici secreti dai mastociti, dai macrofagi e da altre cellule. Contribuiscono alla proliferazione vascolare ciclica dell’endometrio e alla riparazione tissutale, oltre che all’impianto embrionario [29];

  • linfociti B: cellule responsabili della risposta immunitaria umorale. Si differenziano in plasmacellule, che secernono anticorpi, e cellule della memoria. Sono solo l’1–2% dei leucociti nell’endometrio normale, senza significative variazioni nel corso del ciclo mestruale [29];

  • linfociti T: effettori della risposta immunitaria adattativa. Si distinguono in: linfociti T CD8+ (linfociti T citotossici), che riconoscono MHC I; linfociti T CD4+ (linfociti T helper e Treg), che riconoscono MHC II; linfociti T che non esprimono né CD8 né CD4 (cellule T natural killer e cellule T \(\gamma \delta \)). Rappresentano l’1–2% delle cellule endometriali. Nell’endometrio normale il linfociti T citotossici (CD8+) sono circa il doppio dei linfociti T CD4+, con un rapporto inverso rispetto a quanto hanno in circolo. Rappresentano complessivamente il 40–60% dei leucociti in fase proliferativa, localizzandosi prevalentemente negli aggregati linfoidi dello strato basale, mentre sono meno del 10% in fase secretiva tardiva. Tale variazione ciclica suggerisce l’influenza degli estrogeni, e in particolare dell’estradiolo, nella loro funzionalità. Il progesterone ne inibisce l’attività citotossica durante la fase secretiva, allo scopo di favorire l’impianto embrionario [29];

L’epifenomeno mestruale è quindi sotteso da un’intensissima attività immunitaria, finemente orchestrata dalla caduta estrogenica e progestinica premestruale.

Infiammazione fisiologica e infiammazione patologica

Come anticipato nell’introduzione, i tre eventi infiammatori che caratterizzano la vita riproduttiva della donna (ovulazione, mestruazione e parto) sono regolati da meccanismi squisitamente psico-neuro-immuno-endocrini, sottesi alle fluttuazioni di estrogeni, progesterone e androgeni. Progesterone e androgeni hanno una funzione di inibizione e regolazione dell’infiammazione, viceversa gli estrogeni rivestono, in funzione soprattutto delle fluttuazioni dei livelli di estradiolo, un ruolo duale nel mantenimento dell’equilibrio fra stimolazione e inibizione dell’infiammazione (Box 6). Nello specifico, l’effetto degli estrogeni in senso pro- o anti-infiammatorio dipende da molteplici fattori, fra cui [3]:

  • tipo di stimolo immunitario (antigeni esogeni o autoantigeni) e, conseguentemente, dallo specifico tipo di risposta immunitaria che viene ad attivarsi (in linea di massima la risposta T cellulare sembra essere inibita dagli estrogeni, mentre la risposta B cellulare sembra essere stimolata);

  • tipi diversi di cellule immunitarie coinvolte, che possono variare in fasi diverse di una medesima patologia;

  • microambiente specifico dell’organo o degli organi coinvolti nella risposta infiammatoria;

  • stato riproduttivo della donna e conseguenti diversi livelli di estrogeni in relazione alle diverse fasi della malattia;

  • concentrazioni degli estrogeni;

  • variabilità nell’espressione dei recettori ER\(\alpha \) e ER\(\beta \) (e delle loro isoforme) nei diversi tessuti;

  • metabolismo intracellulare degli estrogeni con produzione di metaboliti che presentano un diverso profilo pro- o anti-infiammatorio (intracrinologia).

In aggiunta, l’asse ipotalamo-ipofisario, il sistema nervoso sensitivo e il sistema nervoso simpatico subiscono le influenze degli estrogeni nello stabilire un milieu pro- o anti-infiammatorio (Box 7) [3].

Conclusioni

Gli estrogeni possono avere un effetto sia pro-infiammatorio sia anti-infiammatorio, in relazione allo specifico tipo di estrogeno e ai fattori sopra elencati, nonché in virtù della fluttuazione dei loro livelli (“effetto duale”) in relazione alle diverse fasi del ciclo mestruale e alle diverse condizioni della donna (gravidanza, puerperio e allattamento, menopausa). In particolare, il crollo dei livelli estrogenici alla mestruazione, al parto e alla menopausa sembra avere un effetto marcatamente pro-infiammatorio, come analizzeremo nei prossimi due capitoli (“Estrogeni, infiammazione e comorbilità” e “Estrogeni, infiammazione e menopausa”) di questo breve ciclo di Rassegne di Endocrinologia Ginecologica.