A fine febbraio, è stata pubblicata su Science Advances un’interessante scoperta fatta da un team cinese dell’Università di Pechino, che ha svolto uno studio genetico sul DNA del panda rosso (Ailurus fulgens), un mammifero endemico delle foreste dell’Himalaya, tra Nepal e Cina.
Il sequenziamento del genoma ha permesso di stabilire che il panda rosso dell’Himalaya (Ailurus fulgens) e il panda rosso cinese (Ailurus styani) sono due specie a se stanti, con caratteristiche morfologiche e abitudini diverse, una differenziazione che non era ancora supportata da evidenze genetiche.
Una grande scoperta scientifica subito funestata, però, dal rapporto pubblicato da “Traffic” e dal “WWF”, presentato pochi giorni fa in occasione della giornata mondiale della biodiversità, che ha evidenziato il rischio di estinzione per entrambe le specie.
La piaga del bracconaggio
A Nuova Delhi è stata, infatti, pubblicata una nuova valutazione delle attività di bracconaggio e del commercio illegale del panda rosso dell’Himalaya nelle zone dell’India, del Nepal e del Bhutan.
In India e Bhutan è stato registrato un numero moderato di sequestri (13), riguardanti una trentina di pelli appartenenti a questi piccoli animali, ma in Nepal, nonostante questo paese negli ultimi anni si sia distinto per una politica repressiva nei confronti dei traffici illegali di animali con grandi successi, la situazione appare più critica.
Nello stesso periodo di riferimento, infatti, il rapporto di Traffic segnala in Nepal 25 casi di bracconaggio con 55 animali uccisi, e sono presenti anche evidenze che riguardano altri 15 esemplari vittime dei bracconieri.
Dobbiamo immaginare che per ogni singolo animale o pelle sequestrata, ve ne sono un numero indefinito che sfuggono ai controlli e questo sottolinea la fragilità del sistema di controllo e tutela verso questa specie. Alcuni locali avrebbero dichiarato che i panda rossi finiscono vittime di trappole con lacci preparate per i cervi.
Popolazione in calo
Il commercio illegale non vale solo per le pelli: nel rapporto di WWF e Traffic si segnala anche la richiesta di alcuni turisti stranieri disposti a pagare anche grandi cifre per potersi portare a casa un panda rosso vivo.
L’ennesima dimostrazione dell’ancora alta richiesta di animali selvatici da parte del mondo occidentale.
Nel 2015 un monitoraggio scientifico stimava una popolazione mondiale di circa 14.000 esemplari, di cui solo poche centinaia in Nepal.
Una stima che è certamente diminuita negli ultimi 5 anni, a dimostrazione della necessità di intervenire con programmi di tutela e vigilanza sul mercato nero più attenti, scrupolosi e restrittivi.
Lo studio sul bracconaggio riguarda solo il panda rosso dell’Himalaya (Ailurus fulgens) mentre le luci della ricerca si sono appena accese sul panda rosso cinese (Ailurus styani) e per lui il bracconaggio potrebbe essere ancora più minaccioso.
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