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Gionatha Spinesi, il bomber dell'Etna

Nato a Pisa e cresciuto nelle giovanili dell’Inter, bomber di Bari e Arezzo e adottato dal Catania negli ultimi quattro straordinari anni della sua carriera. Oggi parliamo del “gabbiano” Gionatha Spinesi della sua carriera.
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Gionatha Spinesi - Illustrazione Tacchetti di Provincia

I tifosi del Catania si ricorderanno bene di Gionatha Spinesi, l’uomo che nella stagione 2005-2006 ha contribuito a suon di gol a riportare in Serie A la compagine siciliana. E se anche è vero che oggi il Catania, in Serie D a seguito del fallimento della società, versa in condizioni ben meno fortunate, probabilmente ai suoi supporter farà piacere ricordare i bei giorni trascorsi in compagnia dell’amato attaccante pisano, nell’attesa di vivere giorni più felici.

Pisa, la città dei miracoli

Gionatha nasce a Pisa il 9 marzo del 1978, e muove i suoi primissimi passi nel mondo del calcio nel quartiere di Porta Nuova, a due passi da Piazza dei Miracoli.

Lì, nei primi anni 80, le società calcistiche sono solite inviare una lettera per l’inizio della stagione dei primi calci a tutti i bambini che avessero compiuto il sesto anno di età. Una di queste lettere arriva nella cassetta della famiglia Spinesi, che porta il piccolo al campo da calcio del quartiere, dove il piccolo Gionatha entra a far parte della U.S. PortaNuova.

I compagni di squadra raccontano che fin dalla tenera età Spinesi si distingue per la sua statura importante e per il suo talento: l’attaccante dimostra chiaramente di avere una marcia in più, e a sedici anni la sua superiorità in campo è talmente manifesta da spingere il Pisa a prelevarlo dalla sua squadra di quartiere per portarlo nel proprio settore giovanile.

Gionatha trascorre appena un anno di giovanili nella massima squadra della sua città, durante il quale gioca ben 10 partite in Serie D con la prima squdra e mette a segno 4 reti. Non male per un sedicenne, anzi. Il giovanissimo attaccante toscano gioca bene nella città della Torre pendente, talmente bene che già dalla stagione successiva passerà a vestire un’altra maglia dai colori nero e blu, la più vincente e prestigiosa che si possa trovare in Italia e nel Mondo, quella dell’Inter.

Di nerazzurro in nerazzurro

Proprio Spinesi racconta che per lui questa chiamata da parte della Beneamata rappresenta un punto di svolta inaspettato ed emozionante, condito da una serie di aneddoti ed episodi che farebbero girare la testa a qualsiasi diciassettenne amante del pallone:

Passai dalla juniores del Pisa all’Inter in poco più di un anno. Avevo esordito in Serie D e poco tempo dopo mi trasferii a Milano, per me era un sogno. Ero solo un ragazzo, ma non andavo già più a scuola: passavo le giornate a fare fotocopie nell’ufficio del direttore Mazzola, mentre mi raccontava le sue storie leggendarie.”

Nei due anni trascorsi nella Primavera dell’Inter Spinesi si fa valere, ma non riesce a ritagliarsi spazio per esordire in Serie A con la prima squadra di Roy Hodgson. Eppure, come dice lui stesso, questa giovane punta pisana non nutre alcun rancore nei confronti della società, e anzi apprezza ogni occasione che gli viene concessa:

Oltre a giocare con la primavera mi allenavo tre volte a settimana con la prima squadra e addirittura giocai qualche minuto in amichevole a San Siro contro il Manchester United di Cantona. Pensavo di essere arrivato al paese dei balocchi, non volevo più svegliarmi”

Poco più tardi, il DS Sandro Mazzola gli propone un prestito nel Castel di Sangro, appena promosso in Serie B, e il giovane, desideroso di migliorarsi e mettersi alla prova, accetta senza neanche lasciare a Mazzola il tempo di concludere la frase.

Il Castel di Sangro e il Bari

Il Castel di Sangro, gloriosa squadra abruzzese che oggi milita in Eccellenza, al momento dell’arrivo di Spinesi sta vivendo il suo meraviglioso biennio d’oro in Serie B, biennio che ancora oggi vale alla squadra il primato di più piccolo centro d’Italia ad aver mai militato in questo campionato (Castel di Sangro contava appena 5 500 abitanti). Gionatha disputa con i castellani una stagione e mezzo mettendo a segno appena 8 reti, ma quegli anni sono essenziali per la sua maturazione calcistica e personale.

Quando riparte dall’Abruzzo alla volta della Puglia, infatti, è ormai pronto per il calcio del grandi: anche se a livello di numeri forse non convince ancora appieno, infatti, la dirigenza biancorossa sembra aver intravisto il potenziale del ventenne, tanto da portarlo addirittura in Serie A e da concedergli un discreto minutaggio.

Quando arriva, Spinesi nota che nella squadra Primavera si sta facendo largo a poco a poco un giovane barese davvero promettente, che al tempo viene soprannominato da tutti Peter Pan. Questo soprannome, un giorno, verrà sostituito da Fantantonio e il Fenomeno di Bari Vecchia: stiamo parlando di Antonio Cassano, che a poco a poco si ritaglia spazi sempre più importanti in Prima Squadra e che dal 1999 al 2001 gioca diverse partite in coppia d’attacco con Spinesi.

Poi arriva la Roma, Antonio parte, Gionatha resta. Anzi, Gionatha a Bari ci rimarrà per ben sei anni, fino al 2004, mettendo a segno una valanga di gol: 52, per la precisione, quasi una media di una rete ogni due partite.

Il gabbiano di Catania

Dopo il Bari Spinesi torna per un anno nella sua terra natìa, in Toscana, perché Pasquale Marino, al tempo allenatore dell’Arezzo, lo vuole in maglia amaranto in Serie B.

Gionatha, che ha giocato diverse stagioni in Serie A senza sfigurare, è un innesto d’attacco importante per gli aretini, e riesce a mettere a segno 22 gol e a conquistare il titolo di capocannoniere della Serie B, oltre a contribuire significativamente alla salvezza della squadra.

Ed è a questo punto che si verifica quello che sarà l’evento più significativo per la carriera dell’attaccante pisano: mister Marino passa al Catania e convince la sua punta a seguirlo alle pendici dell’Etna.

Spinesi lega le sue sorti e il suo nome alla squadra siciliana per quattro meravigliosi anni, durante i quali riesce addirittura a migliorare la media realizzativa dei suoi splendidi anni a Bari. Una stagione in B con gli Elefanti, una sola, perché con 23 gol trascina la sua squadra in Serie A nella travolgente stagione 2005-2006: una sola stagione, forse anche meno, per conquistarsi l’amore dei tifosi, che lo soprannominano “il gabbiano”.

Ecco, sull’origine del soprannome ci sarebbe poi da parlare. Spinesi non esulta allargando e sbattendo le braccia (come era invece solito fare l’airone Caracciolo), e viene da una città vicina al mare, sì, ma non da una città di mare. E poi certo, stacca bene di testa, ma non è così specializzato in questo gesto atletico da ricordare addirittura il volo di un uccello.

La ragione dietro a questo soprannome sembra essere avvolta da un alone di mistero, anche se a seguito di alcune ricerche sembra farsi strada una teoria divertente e suggestiva. Il collegamento Spinesi - Gabbiano potrebbe nascere dall’assonanza tra il nome dell’attaccante, Gionatha, e la sua versione anglofona Jonathan.

Ora, chi di noi non ha mai sentito nominare un celebre romanzo breve di Richard Bach dal titolo “Il gabbiano Jonathan Livingston”? Si tratta di una teoria, ma alcuni tifosi rossoazzurri sono convinti che il soprannome possa trarre origine proprio da questi, e se tutto questo si rivelasse vero si potrebbe affermare con una certa convinzione che il soprannome di Spinesi rientrerebbe tra i più colti della storia del calcio.

Ad ogni modo, il “gabbiano” Spinesi e il suo Catania affrontano insieme la massima serie italiana dal 2006 al 2009: l’attaccante affronta la prima stagione alla grande, la seconda un po’ meno, e alla terza, complici i molteplici infortuni che gli impediscono di rendere al meglio, decide a sorpresa di appendere gli scarpini al chiodo.

Come racconta lui stesso, dei 49 gol messi a segno coi siciliani il gol che più di tutti ama ricordare è quello realizzato contro il Milan nella stagione 2006-2007, terminata 1-1: per far commuovere eventuali tifosi rossoneri che dovessero leggere queste righe, aggiungiamo che l’altro gol lo segna Alexandre Pato.

La rete di Spinesi è propiziata da una grande conclusione al volo di sinistro, anche se lui non la ricorda solo per la bellezza del gesto tecnico:

Il mio gol preferito? Quello contro il Milan nella gara disputata a Bologna. Non tanto per il gesto tecnico, anche se fu certamente un bel goal, ma per il legame familiare che ho con quel momento. Pochi giorni prima, infatti, era nata la mia seconda figlia che fu subito ricoverata in ospedale per un piccolo problema cardiaco. Partii per Bologna con una situazione molto complicata e la sera prima della partita contro il Milan, ogni due ore per tutta la notte, chiamai il primario in ospedale per avere notizie su mia figlia che nel frattempo era stata sedata. Nel momento esatto in cui io segnai il goal, mia figlia si rivegliò ed è per questo che sono molto legato a quella rete.

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