Povero Plutone. C’era una volta un pianeta…

‘È lo spazio interiore, non quello esterno, che dobbiamo esplorare. L’unico pianeta veramente alieno è la Terra’ (J.G. Ballard)

Di Marco Stracquadaini

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Cosa ci distrarrà dalla lenta e interessata ossessione per Marte, che comunque ci porterà là irrimediabilmente, prima o poi, nel bene o nel male? Forse la disinteressata curiosità per le lune di Giove, che la sonda Juice raggiungerà fra otto anni. O la curiosità per Plutone, che fa presto a diventare affetto, a conoscerne la sfortunata storia…

Plutone non è più un pianeta da quasi vent’anni. Ma la colpa è di Xena (cioè di Eris), scoperta vent’anni fa. Eppure nove era un buon numero. Multiplo del famoso virtuosissimo tre. Dispari per non mentire: per non dare all’Universo, o al sistema solare, quell’aura di parità, ordine, equilibrio che non ha. Dalla retrocessione di Plutone, dal luglio del 2006, i pianeti dunque sono otto. Numero scarso di valori simbolici. E decisione piena di ambiguità, insidie, incertezze come il più delle cose umane. Per fortuna ci fu uno sgambetto più grande, involontario, precedente di alcuni mesi. Una vendetta previa. Nel gennaio dello stesso anno in cui al Congresso di Praga si sanciva che non fosse più un pianeta, la sonda New Horizons partiva per fargli visita. Visto che era là, si sarebbe dedicata un poco a Caronte, luna di Plutone, e avrebbe dato un’occhiata alla Fascia di Kuiper. In quella fascia che iniziava oltre Plutone ora starebbe anche lui, compagno di tanti corpi non più piccoli, che qualcuno chiamava già plutini, gelidi allo stesso modo.
Ci ha messo nove anni New Horizons ad arrivare. Lungo la strada ha visitato Giove, celebrando l’incontro con delle foto. Lasciandolo ha approfittato della sua forza, e con una “fionda gravitazionale” si è data la spinta per riprendere il viaggio. Dal 2015 dell’arrivo a Plutone sono passati altri otto anni e New Horizons continua a navigare e ricercare. Mentre scatta e registra entra in un silenzio da cui non può distrarla nessuno. Finita la sessione di lavoro, emette il bip per dire che ha finito. E che c’è ancora. Di questi bip, il più emozionante è stato il primo. New Horizons è grande “come un pianoforte” e, tanto per ribadire il concetto, o la portata dell’impresa, è arrivata ai limiti del sistema solare e li ha superati. E adesso dovrebbe trovarsi nella Fascia di Kuiper.


L’astronomo americano Clyde William Tombaugh (1906–1997). Scoprì Plutone nel 1930, il primo oggetto osservato in quella che fu poi identificata come la Cintura di Kuiper.

Perché è colpa di Xena

Il declassamento di Plutone è stato deciso dall’Unione Astronomica Internazionale, ai voti, dal 5% degli astronomi mondiali. A quel fatidico convegno non ci sono andati tutti, chiaramente. Poi in un congresso non tutti restano fino alla fine, e dei 2’500 partecipanti delle prime giornate i votanti sono rimasti 424. Già da un paio d’anni, dalla scoperta di Xena – ovvero di UBU 313 –, le cose per Plutone promettevano di farsi più difficili di quanto fossero: una luna un po’ troppo grossa, Caronte; orbita che taglia quella di Nettuno, caso unico… E ora si vede che Xena è più grande di lui, anche se di poco. Il congresso comincia con queste tre possibilità: pianeti da nove a dodici: inclusione cioè di Cerere, Xena e Caronte (e Plutone diventa l’unico pianeta doppio); lasciare tutto come sta; declassamento di Plutone. Sappiamo com’è andata e perché Xena cambiò il nome in Eris, dea della discordia. I partecipanti alla missione di New Horizons hanno appreso la notizia a fischiate, naturalmente. Qualcuno non avrà dormito dalla rabbia o dalla delusione, altri hanno ghignato di indifferenza. Avevano altro a cui pensare almeno per altri dieci o vent’anni. Gli amici di Plutone avevano visto quasi tutto giusto su di lui, ma le notizie mandate dalla sonda, che annunciassero conferme o novità, furono accolte con gioia. Massa rocciosa, superficie di metano gelato, montagne di ghiaccio alte 3’500 metri, vulcani che invece che lava emettono ghiaccio fuso… altre conferme o nuove scoperte sulla composizione dell’atmosfera. Temperatura di 230 gradi sottozero. Per fare un giro intorno al Sole impiega 249 anni terrestri. Da quando è stato scoperto, nel 1930, sono passati 93 anni. Poco più di un terzo della rivoluzione completa. Ha una macchia enorme a forma di cuore.

Povero Tombaugh

Torniamo un poco indietro. Nettuno non si comportava come previsto. Se ne dedusse che un altro corpo celeste, dopo di lui, ne condizionava gli spostamenti. E si scoprì Plutone, nel 1930. Poi si vide che era troppo piccolo, un terzo della nostra Luna, per influenzare le orbite dei vicini. Ma crederlo era servito a trovarlo. L’aveva scoperto Clyde. W. Tombaugh, 24 anni, con un “comparatore a sfavillio di immagini”. Apparve su una lastra il 21 gennaio, anche se la scoperta fu annunciata due mesi dopo. Tombaugh morì nel 1997, a 90 anni, ben cosciente e sofferente degli ostracismi subiti dal suo pianeta, ma al riparo da quello definitivo. Mah, come se qualsiasi cosa che si dica o pensi di lui potesse toccarlo.
Quanto a noi estimatori o amanti di Plutone, modello di emarginato universale, è come se fossimo stati là, su New Horizons, a registrare e ritrarre il più possibile, sbalorditi da quel cuore enorme. E le parole che scambiò con la sonda al momento dell’incontro è come se le avessimo sentite allora, prima che leggerle qui di seguito…

DEV’ESSERE UNA SACCO DI TEMPO…

– Ciao Plutone.
– Ciao. Conosci il mio nome?
– Me l’ha detto Nettuno, passando.
– Ah.
– Scherzavo, lo sapevo già. Ti conosco da quasi dieci anni.
– Anni? Dieci? Una parte di quello che mi dici non la capisco.
– Un anno è il tempo che occorre a un pianeta per fare un giro intorno al Sole. La Terra, da dove provengo, ci mette 365 giorni. Tu 249 volte tanto.
– E dev’essere un sacco di tempo.
– Tantissimo.
– Il Sole è quel puntino luminoso che si vede là in fondo?
– Esattamente.
– Chi sa che freddo fa laggiù, se è freddo qui.
– Lì veramente fa caldo. Ti sciogli molto prima di arrivarci.
– Come ti chiami?
– New Horizons.
– Inglese?
– Americana. Conosci la lingua inglese?!
– Alcune cose sì le conosco, poche credo.
– Io molte, tutte tecniche, e ne ignoro di più.
– Quelle che conosco me le insegna Nettuno. Al quale le ha insegnate, mi ha detto, Urano. A lui le ha dette Saturno. A Saturno...
– Ho capito. E credo di aver capito dove inizia la catena. Questo vuol dire che siamo più vicini di quanto pensassi.
– …
– Posso scattarti qualche foto?
– Fa’ pure, ma mi vedi bene?
– Io non tanto. La mia macchina fotografica è stata creata apposta per vederci al buio.
– Quanto ci hai messo ad arrivare fin qui?
– Un momento: avvio la macchina, scusa.
– …
– Nove anni terreni, ci ho messo. Per le misure plutoniane, come essere partita ieri e tornare domani. Sempre che torni.
– Non vorrai girare tutto il tempo, senza mai fermarti.
– Perché tu non giri tutto il tempo, senza mai fermarti?
– Non posso scegliere, e mi sembra di star fermo, veramente.
– Io vado ad anni brevi, eppure da qui in avanti sarà lunga. Non oso immaginare la noia smisurata, da queste parti, misurata coi tuoi tempi.
– Cos’è la noia?
– Una sensazione di vuoto. Voler fare o pensare qualcosa per occuparlo e non sapere che. O non potere, o non volere.
– Tranne il nome, so di cosa parli.
– Con il cuore che hai, amico, che nemmeno tanto buio riesce a coprire, avrai una sensibilità notevole. Ne sono certa.
– Horizons, ringrazia chi ti ha mandato. Con tanti pianeti e stelle, satelliti, hanno pensato a me così lontano. Un pensiero che mi lusinga, e mi conforta anche.
– Lo farò senz’altro. Se riesco a tornare.
– Prosegui un poco o inizi il rientro?
– Proseguo. Ce ne ho per molto ancora, un lungo giro per la fascia di Kuiper. Sarà tutto scuro come qui?
– Già lo sai, Horizons.
– A presto, Plutone. E grazie. Ci vediamo al rientro.
– A presto, buon viaggio.

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