30 dicembre 2018 - 16:19

Dischi volanti che non entrano in Ztl a Torino e altre cose del futuro

Il biennio 2018-2019 visto (e giudicato) dai torinesi tra tanti anni

di Gianni Farinetti

Dischi volanti che non entrano in Ztl a Torino e altre cose del futuro
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«Scusi professore, non è molto chiaro che cosa successe nel 2018 e 2019». «Già, ragazzi, bella domanda. È che ci sono pervenute poche notizie su quel biennio fatale, e non tutte attendibili. Poi, come tutti sappiamo, molti archivi andarono distrutti, però si possono ricostruire alcune vicende, seppure in modo frammentario, vediamo». Dietro le vetrate passa a una velocità supersonica un disco volante di prima generazione, un Euro 184 targato Cuneo ormai vietatissimo per entrare nello spazio Ztl. Infatti fa un gran fracasso di marmitta e due caccia-vigilantes dei carabinieri lo stanno inseguendo intorno alla Mole Antonelliana sparacchiando inutilmente. Il terzetto s’inabissa nel cielo dalle parti di Superga. I ragazzi scuotono il capo, certo che quelli di Cuneo sono proprio indietro. Il professore riprende: «Dicevo, vediamo di capire meglio».

«Dunque nella tarda estate del 2018 pare che fu sconfitta la povertà». Un alunno alza la mano: «Ma questa notizia non è stata mai confermata». «Infatti, lo riportano solo dei vecchi filmati YouTube molto rovinati. Proviamo a vederne uno». Il professore accende uno scassato proiettore che fa quasi lo stesso rumore del furgoncino volante Cuneo, assesta una manata sopra, si accende la lampadina e parte un filmato (non uno di quelli quadrimensionali a cui gli studenti sono abituati nelle loro case, ma uno senza neppure l’opzione «odori», roba vecchissima dunque, ma si sa, le risorse per la scuola sono quelle che sono). Sullo schermo parte un video molto sgranato dove si vede una piazza, l’angolo di un balcone, delle bandiere. Sul balcone c’è un mucchietto di uomini che gridano scomposti con strane giacche scure. Ancor più eccentriche le camicie bianche sulle quali svolazzano dei pezzi di stoffa.

Una studentessa in tuta extra acetata 100% made in Venus esclama: «Ma come si vestivano?», il professore ridacchia: «Vero? A proposito ragazzi, non mancate una visita al nuovo Museo del Costume di Biella del periodo antecedente la Terza Guerra Mondiale, sembra fantascienza».

Un altro studente annuisce: «Ci sono stato, prof, incredibili i vestiti di scena di una certa…». Compulsa il cyber quadernetto: «Ah, ecco, una certa Barbara D’Urso».

La ragazza di prima chiede: «E chi era?», «Mah, pare fosse una che aveva un varietà che andava per la maggiore». «E cos’è un varietà?», «Massì, al quel tempo si chiamavano contenitori, o format o non so che accidenti: c’era una musichetta, arrivavano degli ospiti — gente stranissima, forse dei migranti da Plutone —, si sedevano su una poltrona davanti a questa D’Urso e raccontavano i fatti loro».

La ragazza in polyestere ride: «Tipo gioco della verità, insomma». «Eh, più o meno ma non dicevano sempre la verità. Pare che il gioco consistesse nel dire una frase a caso — è famoso un tizio che indossava sempre delle felpe o divise farlocche con le mostrine — e gli altri giocavano a smascherarlo, sono andati avanti per mesi». «Chissà che barba!», «Infatti, ma il gioco era ancora più complesso perché una volta accertato che questo contava delle balle non veniva eliminato tipo XFactor, ma restava lì a dire fesserie».

Il professore tossicchia e fa per parlare ma viene interrotto da una spice-bidella, pure lei di vetusta generazione (sì, quelle del primo tentativo di intelligenza artificiale che si rivelò poi la fregatura che tutti conosciamo) che con voce gracchiante fa: «Professssssorrrrrre, è orrrra di merrrrrenda». «Ah, grazie Ursula».

I ragazzi si alzano rumorosamente. «Be’, a tra poco. E vediamo di non andare fuori tema, si parlava dell’abolizione della povertà». La studentessa made in Venus borbotta a un compagno: «Uffa, chissà con che droga si fa quello». «Con quelle del passato, pare fossero pazzesche». (Ah, buon futuro a tutti).

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