24 gennaio 2021 - 16:11

Che splendida solitudine si conquista nel freddo e sulla neve

Ti metti lì, magari se non sei più un giovanotto, e ascolti ciò che ti sale dal profondo e inizi a scremare: basta code in autostrada, supermercati, basta ansia, basta vanità.

di Gianni Farinetti

Che splendida solitudine si conquista nel freddo e sulla neve
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Direttore carissimo, ecco la sua Annina di nuovo sepolta dalla neve dell’Alta Langa, temo che non smetterà mai, mai e poi mai. A Torino mi dicono: «Piove, piove sempre, che barba!», «Qui nevica», e loro strillano: «Chissà che bello, fortunata te!». Sono ancora un po’ troppo giovane per sparare parolacce, ma mi sto portando avanti. Comunque sì, bello è bello, la collina qui davanti è uno spettacolo che fa venir voglia persino di piangere.

Sa direttore caro che sembra di vivere in una bolla? Cioè tutto è irreale, questo silenzio (a parte degli enormi spalaneve che vanno su e giù sulla Provinciale e loro sì che staccano dei bestemmioni, sa’ nei paesi sono tanto di chiesa). Dicevo, silenzio, passi ovattati anche dentro casa, persino sto maledetto covid sembra lontanissimo, e questo star quassù invece che in città è di certo un privilegio. Ieri sera è venuto a cena il nostro amico scrittore che abita anche lui quassù da solo e che adora, ricambiato, la nonna. È arrivato con tre maglioni, va detto piuttosto bucati, una sciarpa arrotolata cinque volte intorno al collo, degli scarponi che ha comprato nella ferramenta di Camerana e ci ha confessato che saranno sei o sette anni che non si mette la cravatta e una giacca normale, ah, la felicità. Dice che quando lo invitano a qualche presentazione dei suoi libri a volte non lo fanno nemmeno entrare da come è conciato. Ci ha anche raccontato che, non trovando un paio di guanti adeguati a queste altitudini (e dire che ne ho ancora di bellissimi, di capretto giallo) è entrato in una merceria dove la commessa si è scusata di averne solo di pile made in China e non di pelle “da domenica”. Sublime.

Gemma ha preparato i tajarin con i tartufi e dato che i tartufi in pratica qui te li tirano dietro, anche l’uovo al padellino con un’altra generosa sventagliata. Gemma se potesse li metterebbe anche nel bunet. Abbiamo molto riso, ma discorrendo anche di cose serie. Con la nonna hanno convenuto che sì, stare in campagna di questi tempi è davvero un privilegio, e in quattro intorno a un tavolo, più cani e gatti, è già una festa. E la solitudine? In città non ti chiedono altro: «Ma non ti senti solo? Ti penso lassù ramingo, a volte mi spaventate, tu e la tua campagna che magari sì, d’estate stai al fresco e d’inverno certo una gita ci sta, ma tutto l’anno! La noia infinita! Però non ti ho mai visto così in forma, cosa mangi?», «Tume, tume e agnolotti. Dopo un po’ti viene voglia di un ricco sushi, ma passa subito. Però che idea aprire un giapu per dire a Prunetto o a Farigliano! No, no, fallirebbe in un mese».

La nonna rideva. «Sa, signora, un mio amico che è venuto per un fine settimana l’estate scorsa, la domenica mi ha detto: «Gran panorami e aria buona, certo però che bisogna avere una gran vita interiore». «Ah, che meraviglia, cosa gli risposto?», «Be’, abbiamo solo di quella», Gemma gli ha dato una gran pacca sulla schiena: «Gli artisti sono matti secchi, sempre detto». «Dicevamo della solitudine, che è di molti generi, c’è quella dell’essere costretti a stare da soli e non per scelta, ed è una penosa condanna. Ma la solitudine è una conquista. Ti metti lì, magari se non sei più un giovanotto, e ascolti ciò che ti sale dal profondo e inizi a scremare: basta code in autostrada, noiosissimi supermercati — li sì che a volte ti senti solo come un cane randagio —, basta ansia, basta vanità. Ho un amico che certe volte parte al mattino e va per boschi, a volte torna che è già notte».

Gemma lo ha fissato stupefatta: «E cosa fa tutto il giorno nei boschi?», «Niente, ascolta le voci degli alberi, dei sentieri, del mutare della luce». Ci ha sorriso: «Così riconosce anche la sua, di voce».

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