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Basilicata, Conte e M5s impallinati. Calenda a bocca asciutta, e Renzi...

Basilicata, Conte e M5s impallinati come piccioni. Calenda a bocca asciutta, e Renzi ne approfitta

“Dopo attenta riflessione voglio comunicare la mia rinuncia alla candidatura. È una decisione presa con assoluta serenità e anche nell’interesse delle forze politiche che hanno voluto propormi. Avevo dato la mia disponibilità, ma non posso non registrare le reazioni che ci sono state in seguito”, così Domenico Lacerenza, oculista, mette fine alla sua breve candidatura per il centro-sinistra.

Ma dietro questo disastro che ha messo peraltro alla berlina il professionista c’è sempre lui, Giuseppe Conte, che aveva rifiutato il candidato del Pd, Angelo Chiorazzo che si era, come dire, un tantino risentito della cosa. L’accordo era stato raggiunto mercoledì dopo giorni di tribolo e dubbi, ma è bastata la reazione del Pd locale per far capire a Lacerenza che non era proprio cosa. Nel caos che era seguito non poteva mancare Carlo Calenda che cerca di ficcarsi ovunque ma non lo vogliono, per sua stessa ammissione. Ricorda un po’ quei piccioni floridi che circondano gli avventori dei bar a colazione e che puntano le briciole dei cornetti la mattina, si avvicinano imperterriti e impettiti e poi basta un movimento improvviso del piede per farli volare via rapidamente ma spesso finiscono in zone occupate e presidiate da altri piccioni, che gli fanno il deretano. È la crudeltà della natura e della politica.

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Infatti Calenda, con rapida giravolta, aveva cercato di offrirsi anche al centro-destra, è la nota politica dei “due forni” democristiana anche nota che come “Franza o spagna basta che se magna”. Ma la pappatoia questa volta era già occupata da Matteo Renzi, piccione di più lungo corso di Calenda, che già si era offerto al centro-destra per tempo. Comunque pare che Calenda sia stato impallinato da un veto diretto di Conte.

In questo caos riemerge però incredulo e grato agli dei, il primevo candidato progressista e cioè Chiorazzo, sorretto dalla gilda degli amministratori locali del Pd che non ci stavano proprio a farsi scavalcare da Roma e da Conte. Così in serata ieri sera comunica: “Mi candido a governatore. Noi ci siamo. Con me chi vorrà starci. Per seminare occorre voltare pagina. Per questo, abbiamo deciso, insieme a Basilicata Casa Comune, di candidarci a rappresentare questo moto di popolo. Assieme a noi ci saranno altre liste civiche e chi vorrà sposare questo progetto”. In tutto questo Caos piccionaio ha poi ripreso il boccino in mano Lui, il mitico Conte, l’uccisore politico di Di Maio, Grillo e pure Draghi. Fiutata l’aria, ha subito ricattato il Pd ventilando l’ipotesi di poter correre da solo con Alessia Araneo, consigliera comunale di Melfi. Ma la commedia goldoniana non era finita.

Visto che lo avevano fatto fuori Calenda ha mollato lo spago serale con cui si nutriva ghiotto e avido in quel dei Parioli in Roma e ha tosto e ratto dichiarato: “Il Pd ritrovi un po’ di orgoglio, mandi a quel paese Conte e si costruisca un’alternativa seria, di governo, che non può essere condizionata dai cialtroni”. Nel frattempo i Pd locali si riarmano e vanno nuovamente contro Roma e la Schlein, riproponendo Chiorazzo, “usato sicuro” che tira fuori l’asso dalla manica e si fa promuovere da un pezzo da novanta locale e cioè tal Tonio Boccia.

Tonio Boccia, ex presidente della Regione, scrive: “Non vi pare che è arrivata l’ora di farla finita? Abbiamo un candidato sicuro, che si chiama Angelo Chiorazzo, che può ancora far vincere il centrosinistra allargato o non. Mi sembra l’unica strada percorribile”. Ma il sabato lavorativo e primaverile di marzo è stato poi allietato dal finale con l’intervento di Lui e cioè Quinto Massimo Giuseppe Conte, comandante della legione Apulia, che ha chiosato: “Abbiamo trovato una sintesi su un candidato, si è scatenato un tiro al piccione. Diciamo alle altre forze politiche, la persona che abbiamo trovato aveva i requisiti, un professionista serio competente e capace, un civico. Hanno iniziato a impallinarlo come me quando ero premier”.

Vedete che c’avevo ragione che i piccioni c’entravano?






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