Quel luogo di Potenza illuminato dalla luce d’oro dei lampioni rotondi

Un posto possibile, umanamente vivibile

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Prevale il gusto del freddo nell’arte di arredare le città. La nostra non è esente da questo stile nordico, diciamo così, che imperversa  quasi ovunque, nelle piazze e nelle gradinate.

In aggiunta alle scelte di cemento, possiamo vantare un’illuminazione di alta qualità e sicurezza, almeno così si legge nelle pubblicità per le città di tutta l’Italia:  l’illuminazione al led.

Il design ipermoderno è essenziale. Sceglie la linearità degli arredi, stilizzati, esili, quasi a voler rendere evanescente l’oggetto. Basti pensare alle sottili e lunghe”sbarre incolori di ferro” che dovrebbero essere i lampioni che illuminano Piazza Prefettura.  Alla fine culminano in getti di luce fredda, al led, appunto. Non piacciono quasi a nessuno.  E così abbiamo esili steli che dal vertice diffondono questa…luce.

E così una città già svuotata, per ragioni che tutti pensiamo di avere compreso, ha acquistato l’aspetto di un luogo spettrale. Viale di un cimitero rispettoso del silenzio e della pace dei morti. Osservando intorno, quando si esce, in periferia come in città, quella è la sensazione. Come se questo stile così adottato anche all’estero volesse ignorare intere zone dell’animo umano. Ma com’è triste!

Anche là dove si insinua, nelle case, procura malessere ai mobili, agli oggetti posti su di essi, alle tende. E pensare che solo pochi mesi fa tutto era ridente, sotto la luce dorata dei lampioni rotondi. Anche le pozzanghere diventavano preziose e vi si potevano vedere mondi caleidoscopici. Tutto si è spento.

Un luogo, però, ha conservato la luce d’oro dei vecchi lampioni (e guai se li cambiano!): Piazzetta Maffei.  D’estate guardano sornioni come si svolgono gli spettacoli del Pretoria Cafè e strizzano l’occhio ad un bar meno visibile perché è in un angolo, riservato e timido come il proprietario.  Qui vi sono comode poltroncine per gente che si vuole appartare pur restando in mezzo agli altri. Qui non si vedono sfrecciare le automobili ad un passo dal marciapiede, nè si vede gente preoccupata per come ha parcheggiato. Qui si viene a piedi. Qui ci sono panchine di legno e non di ferro, dove siedono coppie, pensionati con bastone, robuste badanti con aggrappate al braccio una fragile creatura dagli occhi smarriti.

Un posto possibile, umanamente vivibile. Illuminato dalla luce d’oro dei lampioni rotondi.

Maria Teresa D’Aiuto


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